Affari di Gola - settembre 2010

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settembre 2010

IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO RIO

Oggi le coppie preferiscono un’impostazione più snella e dinamica. Tre aziende bergamasche del settore spiegano le nuove tendenze

Supplemento al n. 32 de “La Rassegna” del 23 settembre 2010 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile Editrice: La Rassegna S.r.l. via Borgo Palazzo 137, Bergamo Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - € 2,60

Matrimoni, non ci sono più i banchetti di una volta VINO

L’esperta: «È finita l’epoca dei prezzi gonfiati» L’APPUNTAMENTO

GastronoBirra, torna l’evento firmato dalla 4R

IL PIATTO

IL FORMAGGIO

Minestroni e zuppe interpretati dai grandi chef

È nato lo Stracchino all’antica delle Valli Orobiche


Nicoli Frutta La nostra frutta e verdura fru per tradizione... p passione... p competenza. Risultato: freschezza e genuinità

Qualità superiore • Miele • Pro Prodotti sott’olio • Formaggi e pasta ffresca del nostro territorio Vendita all’ingrosso di frutta e verdura

Servizio a domicilio micilio per ristorazione ristorazione, pasticcerie, catering, bar e ambulanti San Paolo d’Argon (Bg) Via Nazionale, nale, 9 tel./fax 035.958026 - e-mail: info@nicolifruttasrl.it olifruttasrl.it


SETTEMBRE 2010

SOMMARIO 5

PENNA ALL’ARRABBIATA Piccoli gourmand crescono. Il “miracolo” delle mense scolastiche

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L’APPROFONDIMENTO Nozze, non ci sono più i banchetti di una volta

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L’INTERVISTA La curatrice della guida del Gambero Rosso: “Ci può essere un grande vino a 10 euro”

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CORSI Accademia del Gusto, in cattedra i big della cucina

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FOCUS Non facciamola diventare la solita minestra!

Direttore responsabile: Giuseppe Ruggieri In redazione: Anna Facci Opinionisti: Pier Carlo Capozzi, Enrico Rota

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LA TRATTORIA Toscanini, le delizie della cucina “semplice”

Direzione e Redazione: La Rassegna S.r.l. via Giorgio Paglia, 26 24121 Bergamo - tel. 035 213030 fax 035 224572 affaridigola@larassegna.it

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L’EVENTO La GastronoBirra ingrana la quinta e fa il salto di qualità

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QUELLI DEL FORMAGGIO È nata una nuova perla: lo Stracchino all’antica delle Valli Orobiche

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L’INIZIATIVA La bancarella dei dolci arriva in ospedale

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IL PREZZO FISSO Qui “terra e mare” pari sono

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APPUNTI DI VIAGGIO Disavventure gastronomiche di un italiano in Borgogna

IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO

Editrice: La Rassegna S.r.l., via Borgo Palazzo, 137 24125 Bergamo Presidente: Ivan Rodeschini

Pubblicità: S.P.M. srl viale Papa Giovanni XXIII, 120/122 24121 Bergamo tel. 035 358 888 fax 035 358 753 Abbonamenti: www.larassegna.it - tel. 035 4120304 Registrazione Tribunale di Bergamo - N° 185 del 20 Febbraio 1950 Collaboratori: Michele Andreucci, Leo Bartoli, Marco Bergamaschi, Laura Bernardi Locatelli, Pino Capozzi, Ettore Coffetti, Fulvio Facci, Roberta Martinelli, Roberto Morandi, Lelia Parisi, Rossana Pecchi, Fabrizio Pirola, Pierluigi Saurgnani, Donatella Tiraboschi, Sara Vavassori Impaginazione: Videocomp, Bg Stampa: Litostampa Istituto Grafico, Bg

I NOSTRI INSERZIONISTI 4R, Azienda Agricola Lanzoni, Azienda Agricola Scotti, Brevi due, Cartolombarda, Il Cipresso, Delizie di Mare, Nicoli Frutta, Ortofrutta Ravellini, Orobica Pesca, Salumificio Bonalumi.


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Riservata agli operatori LUNEDÌ 27 SETTEMBRE 2010 dalle ore 10,00 alle ore 19,00 MARTEDÌ 28 SETTEMBRE 2010 dalle ore 10,00 alle ore 19,00 Ingresso libero Il programma della rassegna è consultabile sul nostro sito: www.quattroerre.com

Questa Rassegna si inquadra nelle nostre attività di consulen-

Con il patrocinio

za e assistenza, che da sempre mettiamo in atto per tutti i professionisti del settore. È un’iniziativa con l’intento di raccontare la birra attraverso gli usi e i costumi moderni e di Q U AT T R O E R R E

proporre un grande momento d’incontro tra gli operatori del settore. Quest’anno, oltre ai professionisti di grande va-

lore già presenti nella scorsa edizione, faranno parte del nostro gruppo i fratelli Chicco e Bobo Cerea, chef executive del Relais Gourmand Da Vittorio e Lorenzo Dabove, in ar te Kuaska, uno dei più grandi esperti del mondo birra e docente Master of Food. fratelli Rota

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PENNA ALL’ARRABBIATA di Pier Carlo Capozzi

Piccoli gourmand crescono. Il “miracolo” delle mense scolastiche

È

iniziato l’anno scolastico, in anticipo rispetto ai nostri tempi, quando ci chiamavano “remigini” per via del santo in calendario il primo di ottobre: noi, ragazzi di Città Alta, ci avvicinavamo alla data fatidica giocando a pallone e raccogliendo, a sacchi, le castagne genge che cadevano dagli ippocastani sulla Mura. Poi, fatidica, suonava la prima campanella e allora cominciavano gioie e dolori. Di quel primo periodo scolastico non ho memoria di merendine da consumare a metà mattinata: il Buondì, infatti, prima brioche confezionata a far gola a grandi e piccini, arrivò sul mercato proprio mentre finivo le elementari e passavo alle medie. Scuole in cui il problema dolciario era completamente affidato ai bidelli (ricordo Sangiovanni, un anima lunga e buona, e “Hitler”, che si era guadagnato il soprannome per via dei baffetti corti che avrebbe potuto evitarsi): oltre a gestire i caffè per i professori, durante l’intervallo i bidelli approntavano una vera e propria bancarella con krapfen, veneziane (le pagnottine!), cannoli e tranci di torta trentina, quella che facevi prima ad elencare gli ingredienti che mancavano piuttosto di quelli che ne componevano il ricco impasto. Oggi non è più così: per lo spuntino di mezza mattina, la Coldiretti fa sapere che saranno distribuiti 7 milioni e mezzo di chili tra frutta e verdura a 1.340.000 bambini in 8.400 scuole primarie di tutta Italia. Il tutto con un criterio ben preciso, la stagionalità e le proposte tipiche per area geografica: niente ciliegie o pesche a Natale, ma arance in Sicilia, mele nel Veneto, carote nel Lazio. Con la diffusione del tempo pieno, è poi diventato sempre più importante il pasto dei bambini nelle mense scolastiche e, a questo proposito, un rapido giro d’orizzonte ci schiarirà meglio le idee. Qualcuno di voi si ricorderà del “caso Pangasio”, scoppiato un paio di anni or sono, dal nome di un pesce importato dal bacino del fiume asiatico Mekong, e ritrovato sorprendentemente sui banchi di mercati ittici di casa nostra e, quel che è peggio, in qualche ristorante e in qualche mensa scolastica, a Broni e a Termoli, giusto per fare nomi. Spieghiamo il problema: questo esemplare onnivoro viene pescato soprattutto alla foce del Mekong,

dopo che il percorso del fiume ha accolto con generosità più di 200 scarichi industriali a base di antibiotici, metalli pesanti e arsenico. Pare che, esclusivamente per il suo bassissimo valore commerciale, il Pangasio venga spacciato sovente per sogliola o altri pesci consimili. Evviva. Inquietante, a nostro avviso, la presa di posizione degli amici di questo “simpatico” abitante delle melme, che lo descrivono come un pesce eccellente, un po’ insapore, ma ottimo per le diete, che proviene sì dall’Oriente, ma da allevamenti gestiti severamente e con controlli sanitari da clinica svizzera. Ammesso sia anche vero in parte, ci doA mandiamo, abitanti di una nazione circondata dal mare, che accidenti di bisogno ci sia di importare pesce dalla foce del Mekong. La bella notizia è che nelle mense bergamasche pare che il Pangasio non abbia mai ricevuto accoglienza alcuna. Diremo di più: grazie all’ottimo lavoro della SerCar, distributore leader di pasti trasportati e pronti da cucinare per Bergamo e paesi limitrofi, coordinati dal Comune e dalla nostra Asl, possiamo affermare che siamo all’avanguardia da qualche anno. Per esempio sui pasti “a km zero”, novità introdotta dai Ministeri di Salute e Pubblica Istruzione: già da tempo, da noi, i bambini hanno imparato ad apprezzare gli Scarpinòcc de Par, i Casoncelli, la Polenta con lo Spezzatino, le Verze, il Branzi, il Taleggio. In quanto al pesce, che incontra il favore degli alunni solo in versione simil “Bastoncini Findus”, la scorsa primavera, al centro di cottura SerCar, diversi insegnanti, responsabili delle mense, hanno testato fior di assaggi (spada, salmone, palombo) per trovare la ricetta che piacesse ai nostri gourmand di domani. Per non dire della frutta, che i maestri cercano di suggerire al posto delle nefaste merendine da quasi dieci anni. I primi risultati si vedono: i piccoli, da due-tre anni a questa parte, hanno incominciato ad apprezzare più portate e a diversificare le loro scelte. Certo, le polpette sono le strapreferite e gli spinaci vanno via come il pane (effetto Braccio di Ferro?) mentre i piselli vengono scartati, uno ad uno, quando accompagnano il riso. Però il progetto sta funzionando e si raccolgono i primi frutti. Di stagione, ovviamente.

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L’APPROFONDIMENTO di Roberta Martinelli

Non ci sono più i banchetti di una volta L’era dei ricevimenti interminabili è tramontata. Le coppie oggi preferiscono un’impostazione più dinamica e meno formale, ma rimane la voglia di stupire. Tre aziende bergamasche del settore scattano la fotografia delle nuove tendenze per il giorno del “sì”

C

ambiati i tempi sono cambiate anche le cerimonie nuziali e con loro i banchetti. Certo, resistono gli eventi faraonici con pranzi da diciotto portate (con inevitabile strazio per zii e parenti vari) e sfarzi assortiti, ma la maggior parte degli sposi oggi affronta il “giorno del sì” con un altro spirito e un altro atteggiamento, tanto che sempre più coppie decidono per soluzioni più easy e soprattutto più veloci. I cambiamenti sono diversi e riguardano un po’ tutti gli aspetti della festa. Insieme ad alcuni professionisti del settore fra i più conosciuti a Bergamo - Valter Maffioletti del Bobadilla di Dalmine, Vincenzo e Angelo Tallarini della San Lucio Events di Chiuduno e Silvio Longhi, dell’omonima azienda di banqueting di San Paolo d’Argon - li abbiamo analizzati. Il risultato è una fotografia che parla di un segmento molto vivace. Sì, perché i matrimoni non sono diminuiti (ci si sposa anche in seconde nozze e la fascia d’età delle coppie che arrivano all’altare si è allargata, dai 25 anni in su) e l’offerta da parte della ristorazione orobica è cresciuta.

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COME E QUANDO

Il banchetto piace anche di sera e si fa largo il buffet La prima controtendenza riguarda il momento del banchetto. In passato c’era un punto fisso: il ricevimento di nozze avveniva a pranzo. Nessuno si poneva il problema se era di moda o no, se era quello più adatto o più giusto per gli invitati. Negli ultimi anni invece hanno preso piede i banchetti serali (rappresentano il 25% del totale), una soluzione che consente di accorciare i tempi e rendere il convivio più veloce. Anche la tipologia del banchetto ha subito un’evoluzione. Se prima su dieci matrimoni sette erano di tipo tradizionale e tre a buffet, oggi la proporzione si è rovesciata. «Le coppie non chiedono più pranzi al tavolo chilometrici, ma banchetti con un’impostazione più informale – dice Valter Maffioletti del Bobadilla -. Capitano spesso richieste completamente a buffet, soprattutto nei matrimoni giovani; sono ricevimenti che non c’entrano nulla con quelli tradizionali». La scelta non dipende dal desiderio di contenere i costi. «Non si spende necessariamente di meno perché questo tipo di servizio richiede molta attenzione e questo gli sposi lo capiscono – spiega Maffioletti -. Li scelgono perché


Gli scenari più suggestivi in Bergamasca • Villa Malliana – Almenno S. Bartolomeo • Il Portico del Seminario – Calcinate • Castello degli Angeli – Carobbio degli Angeli • Castello Martinengo Colleoni Cavernago • Castello di Malpaga – Cavernago • Palazzo Maestri – Cenate Sopra • Castello di Marne – Filago • La Corte Berghemina - Palazzago • Villa Surre – Sarnico • Villa Caroli Zanchi – Stezzano • Locanda Armonia – Trescore Balneario • Villa Suardi – Trescore Balneario • Villa Canton – Trescore Balneario • San Giovanni delle Formiche – Villongo

vogliono qualcosa di diverso, qualcosa che sorprenda gli ospiti». Tra il banchetto classico e quello a buffet i più preferiscono una formula mista come indicano Vincenzo e Angelo Tallarini della San Lucio Events: «La maggior parte degli sposi, anche consigliata da noi, sceglie di proporre i primi e i secondi al tavolo e l’aperitivo e il buffet di dolci in piedi. Ciò che chiedono, a prescindere dai costi, è di alleggerire un po’ il banchetto in modo da renderlo più dinamico».

persone, poi ci sono banchetti con 200 invitati e altri con 80, ma sono una minoranza». «Anche sul numero di portate – prosegue Maffioletti la tendenza è a ridurre ed è la scelta più giusta, umanamente non si può stare al tavolo ore e ore. La sera normalmente si comincia con un aperitivo ricco a isola, si prosegue con due portate al massimo tre, due primi e un secondo, per finire con l’isola di dolci. A pranzo si inserisce un piatto di entrata o un secondo in più». In media un pranzo di nozze dura al massimo cinque ore (dalle 13 alle 17.30/18 al più), la cena, che di norma prevede una portata in meno, quattro ore e mezza (dalle 18.30 alle 22). Con una deroga: l’aperitivo è più lungo rispetto a dieci anni fa, per permettere agli ospiti di chiacchierare e di salutarsi. A TAVOLA

Piatti semplici e meno abbondanti, ma ci sono anche menù speciali In tema di proposta gastronomica gli sposi mostrano di preferire piatti semplici, meno abbondanti di una volta ma più di qualità (anche se non manca chi richiede la mangiata tradizionale). In pochi però sembrano possedere una conoscenza culinaria approfondita. «Sui piatti le coppie sono parecchio spaesate – rivela Maffioletti-. Arrivano con le idee chiare per la location e il tipo di banchetto che vogliono ma si fanno consigliare sui piatti e l’allestimento, basandosi molto sulla documentazione fotografica che diamo loro». «Preferiscono piatti semplici, come il risotto, che non manca mai – precisa Silvio Longhi della omonima azienda – per mettere d’accordo tutti e non rischiare di deludere gli ospiti. Poi alcune coppie cercano qualcosa di più, preparazioni più elaborate, anche dal punto di vista estetico». «In generale – segnalano Vincenzo e Angelo Tallarini c’è un miglioramento dal punto di vista del gusto: una volta si pensava solo alla quantità, ora chiedono di stupire l’ospite con piatti buoni e belli da vedere».

QUANTO

Parola d’ordine “alleggerire” Calano gli invitati e le portate In generale gli sposi mostrano una tendenza a economizzare. Sia per quanto riguarda il numero degli invitati che per quanto riguarda la durata del banchetto. «Le coppie oggi sono molto più attente - dice Maffioletti –. Un tempo il numero di ospiti era molto più ampio, si invitavano anche 180-200 persone, oggi capita di rado. In media al pranzo-cena di nozze partecipano 100-120

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Costante per tutti i banchetti è la presenza di menù speciali. I piatti per celiaci, vegetariani e bambini – un tempo inesistenti - sono oggi diventati di prassi. È una richiesta ormai quotidiana da parte degli sposi che dà loro tranquillità e i ristoratori sono i primi a proporli (su ogni matrimonio ci sono almeno un paio di menù senza glutine). Sulla scelta del vino le coppie, come un tempo, si possono dividere in tre categorie: gli astemi e i non intenditori - che si fanno totalmente consigliare - e gli intenditori che vogliono qualcosa di particolare e sono disposti a spendere qualcosa di più per avere questa o quell’altra bottiglia. Nessuno però rinuncia allo champagne o alle più vicine bollicine di Franciacorta. Sia per i piatti che per i vini la regola è comunque una sola e vale per tutti: prima si assaggia! Al contrario che in passato, quando gli sposi sceglievano il menù a occhi chiusi, andando sulla fiducia.

Il banchetto di nozze in pillole • 100 euro il prezzo medio per invitato • Alla preparazione di un banchetto di 100 persone lavorano 3 cuochi e 8 camerieri • Le prenotazioni si fanno 6-7 mesi prima • Il banchetto tipo si apre con un aperitivo ricco a isola, prosegue con due primi, due secondi e l’isola di dolci (la sera si propone un secondo in meno) • La torta di nozze non manca mai: impazza la wedding cake, meglio se alla frutta • Per l’addobbo floreale si spendono in media 50 euro a tavolo • Le ville storiche sono le location preferite

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IL GRAN FINALE

Bella e buona: alla torta non si rinuncia Il momento finale del banchetto riveste ancora grande importanza per gli sposi.Anche quando scelgono il carrello dei dolci (il 50%) la torta nuziale non manca mai e deve essere «bella e buona». Tra le più amate c’è la wedding cake, torta quadrata a tre piani farcita di frutta o con le creme. Ma le richieste sono di ogni genere e non di rado le torte monumentali vengono fatte solo per il servizio fotografico, per poi offrire agli ospiti torte tradizionali, meno coreografiche ma più buone. Per quanto riguarda le forme, le classiche rettangolare e rotonda sono sempre di moda, ma c’è anche chi sceglie torte a cuore o a libro aperto. Spesso gli sposi si presentano ai ristoratori addirittura con la foto presa da riviste. Accanto alla torta di nozze si sta affermando da qualche anno la pratica di offrire agli ospiti la “confettata” – un buffet di confetti dalle forme e dai gusti più vari - ma per il momento solo il 30% degli sposi decide di farla, dato il costo importante dei confetti. L’ORGANIZZAZIONE

Vincenti il servizio e il prezzo “tutto compreso” Gli sposi spendono per ogni invitato circa 100 euro tutto compreso, inclusi affitto location, allestimento, menù e bevande, torta di nozze e allestimento floreale. «Oggi – dice Angelo Tallarini – gli sposi danno molta importanza al budget. La scelta vincente è di fare il prezzo unico, una cosa che dà loro sicurezza e gli permette di conoscere la spesa finale». Ma non è solo questione di fare economia. Ormai quasi tutti gli sposi, per comodità, chiedono di avere un referente unico che offra un servizio completo, il cosiddetto wedding planner (tradotto,“organizzatore di matrimoni”, una figura presente negli Stati Uniti già da tempo, che anche in Italia si sta affermando). Con il risultato che il ristoratore si trova a dare tutta una serie di servizi che prima non svolgeva. «In passato – afferma Maffioletti - arrivavano con tutti i loro contatti, ora cercano di affidarsi a un’unica persona


per tanti servizi. Ci chiedono, ad esempio, di seguirli anche nella scelta del fotografo o del gruppo musicale. Non rientra nei nostri incarichi ma lo facciamo come servizio di cortesia». Ma a cambiare non è stata solo la tipologia del banchetto. Anche i tempi dell’organizzazione e la scelta della data sono mutati. «Si è ridotto il tempo di prenotazione – dice Angelo Tallarini -. Prima prenotavano anche due anni prima. Oggi c’è chi ha già fissato il ristorante per il 2012 ma è un’eccezione. I più tendono a prenotare più vicini alla data, sei-sette mesi prima». I mesi clou per i matrimoni rimangono aprile, maggio, giugno, luglio e settembre sono sempre più gli sposi a convolare a nozze a ottobre, gennaio e agosto. E anche la scelta dei giorni non è più così scontata. Sabato e domenica rimangono i preferiti ma ormai i ristoratori propongono banchetti ogni giorno della settimana con un notevole risparmio per le tasche degli sposi. DOVE

Ville e corti gli spazi preferiti per coronare il sogno d’amore

prattutto le corti ristrutturate che uniscono al fascino del passato l’eleganza di arredi moderni.Anche l’allestimento rappresenta un capitolo importante delle spese (per un addobbo floreale si spendono circa 50 euro a tavolo e la metà degli sposi decide di investire anche di più) ma se c’è qualcosa da tagliare sono proprio i fiori i primi a “soccombere”. E per quanto riguarda la disposizione dei tavoli, niente più tavolo con genitori e testimoni. Ora gli sposi siedono edono da soli, di norma in una posizione one che permette a tutti gli ospiti di vederli. Infine un ultimo cambiamento mbiamento più di tipo sociologico o che gastronomico, per la verità. rità. Anche l’ultimo baluardo o del potere femminile è caduaduto. Ora non sono più ù le spose a presiedere le decisioni in fatto di bannchetto, anche i futuri mariti vogliono dire la loro e decidere.

Per quanto riguarda la scelta della location, sono rari i banchetti organizzati in casa di uno dei due sposi.Ville, antichi castelli, trattorie e agriturismo rappresentano le soluzioni più in voga e gli sposi sembrano gradire so-

HANNO DETTO:

«Sui piatti le coppie sono parecchio spaesate. Arrivano con le idee chiare per la location e il tipo di banchetto ma si fanno consigliare sul menù e l’allestimento»

Valter Maffioletti:

«Il risotto non manca mai e in genere si preferiscono piatti semplici, per mettere d’accordo tutti gli ospiti»

Silvio Longhi:

«Oggi gli sposi danno molta importanza al budget. Scelta vincente il prezzo che include già location, allestimento, menù e bevande, torta e fiori»

Angelo e Vincenzo Tallarini:

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L’INTERVISTA di Anna Facci

«Ci può essere un grande vino a 10 euro. E meno male!» Curatrice della guida guid del Gambero Rosso, Eleonora Guerini, origin non ha dubbi: «Il prezzo delle bottiglie è andato bergamasca di origine, allontanan sempre più allontanandosi dal loro valore. Un fenomeno nefasto: serve un ridimensionamento e farà bene a tutti». Nella nuova edizione arrivano i “tre bicchieri” che si possono poss trovare sullo scaffale a meno di 15 euro

E

leonora Guerini è l’unica donna a curare una guida dei vini in Italia e quello che si dice un “nome forte” della critica enologica. Bergamasca, di Albino, ha costruito una professione «conquistando sul campo – dice -, e con grande fatica all’inizio, la stima, compresa quella dei “nemici”, di un mondo tutto maschile». Dallo scorso anno è curatrice, insieme con Gianni Fabrizio e Marco Sabellico, della guida Vini d’Italia del Gambero Rosso, dispensatrice degli ambiti “bicchieri” che più di tutti i punteggi sintetizzano i giudizi sulle etichette. Giornalista professionista, è anche redattrice del Gambero mensile. L’interesse per il settore la porta presto via da Bergamo: dalla facoltà di Scienze Agrarie di Bologna a Torino, per un corso di diploma universitario in enologia e viticoltura. Intanto lavora, prima in un wine bar, Tre Galli, poi al ristorante Da Guido a Costigliole d’Asti, ora trasferito a Pollenzo. «C’era una cantina molto vecchia – ricorda – con vini degli anni 70 e 80, è stato molto divertente». Dall’incontro con Daniele Cernilli, creatore della guida e direttore del Gambero Rosso, scattano le collaborazioni, fino al trasferimento a Roma nel 2003. Da pochi giorni è tornata a Torino. Allora il vino era nei suoi progetti sin dall’inizio… «Direi di sì, anche se la visione che ho oggi è molto distante da quella di una ventina d’anni fa.Avevo un’idea poetica del vino, come elemento di incontro, convivialità e legame tra le persone. Oggi prevale l’ottica dello specialista: è un prodotto di cui si riconoscono pregi e difetti. Mano a mano si affina il gusto, aumentano le aspettative e le richieste, le emozioni, invece, sono sempre più rare». Quanti vini ha assaggiato per la nuova guida del Gambero? «Direi 3/4mila.Tutti quelli di Toscana e Piemonte, regio-

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ni che seguo direttamente, più i candidati delle altre commissioni regionali ai tre bicchieri. Da fine maggio ai primi di agosto si viaggia sui 120 assaggi al giorno. È un grande sforzo fisico e mentale, si arriva alla fine stremati». L’uscita sarà a metà ottobre, quali sono le novità? «Abbiamo confermato l’assegnazione, introdotta lo scorso anno, dei “tre bicchieri verdi”, per i vini realizzati con particolare attenzione all’ambiente, e inserito, visto anche il momento economico, quella dei “tre bicchieri” che si possono trovare sullo scaffale a meno di 15 euro. Ne abbiamo incontrati parecchi, è stata una bella sorpresa». E la qualità com’è? «L’Italia sta vivendo un trend positivo da anni, tanto che abbiamo seri problemi di spazio nella guida. Nascono nuove aziende, la qualità è medio-alta e in miglioramento. Il problema è semmai l’essere un po’ troppo vittime della mode. È difficile trovare vini con un profilo costante, espressione di un’idea ben precisa del produttore. Negli anni 90 erano tutti vini muscolari, tannici, grossi, poi è stata la volta dei vitigni autoctoni, ora vanno vini naturali, frutto di una viticultura che impiega meno chimica e di una vinificazione vicina a quella delle origini, al vino contadino.Al centro c’è il concetto di naturalità più che il piacere edonistico. I produttori sostengono che si capiscono pian piano, al termine di un percorso. Ebbene, è un percorso che io non ho compiuto». Quindi il difetto maggiore dei vini italiani è la mancanza di carattere… «Il fatto è che i produttori non bevono i vini degli altri. Restano fermi sulle proprie convinzioni quando dovrebbero essere pronti a conoscere e a confrontarsi con altre realtà. Esperienza e consapevolezza possono


portare di certo ad una maggiore personalizzazione». A che punto sono, invece, le competenze dei consumatori? «L’approccio consapevole al vino è di moda e implica una certa cultura e un modo di intendere la vita. Su queste spinte i consumatori hanno fatto passi da gigante e credo che stiano indirizzando la produzione più della critica. Sono loro i primi a dire no ai vini faticosi e a richiederne di più eleganti, esili e meno forzati. Bottiglie più bevibili, che assecondino la tavola, tra l’altro anche meno care». Si ritorna al prezzo… «Spero che diventi un fattore sempre più importante. Negli anni 90 si è sbrodolato tantissimo sul mondo del vino, c’è stata una mitizzazione fuori luogo e il prezzo delle bottiglie è andato sempre più allontanandosi dal loro valore. Un fenomeno nefasto. Oggi alcuni produttori stanno pagando scelte folli del passato come cantine costate milioni. Un ridimensionamento è necessario e farà bene a tutti». Difficile generalizzare, ma si può indicare il prezzo giusto di una buona bottiglia? «Ci sono territori dove è in partenza più costoso esserci e gestire un’azienda, penso al Brunello di Montalcino. Precisato questo, però, posso dire che un Chianti Classico d’annata va bene se costa 12/13 euro, non 40, e un Riserva può andare sui 20 euro, non a 60, altrimenti non funziona. Non vale la logica che più un vino costa più è buono. Si possono trovare qualità e un territorio da raccontare anche in bottiglie abbordabili. Ci può essere un grande vino a 10 euro. E meno male!». Il “rito” e le terminologie della degustazione fanno sembrare ai profani l’approccio “serio” al vino un percorso difficile e complesso. Serve davvero tanta preparazione culturale e sensoriale per apprezzare un bicchiere? «I gesti alla Antonio Albanese sono fatti più da chi vuole darsi un “tono”. Non si diventa esperti dopo qualche corso. La competenza si acquista a suon di bevute, a forza di essere curiosi, stappare, assaggiare, fare attenzione e ricordare.Alla fine tutto questo allenamento si trasforma in una specie di istinto, di processo automatico».

Da poco il sito del Gambero ha anche lanciato il suo blog. Quali sono, secondo lei, le potenzialità della rete nella comunicazione del vino? «Sarà che ho un caratteraccio e preferisco i rapporti vis à vis, ma per me Internet è un mezzo faticoso. Se esprimo un’opinione che magari va a toccare un campanile o un orticello vengo soffocata dagli interventi. Ma è un dibattito fintamente democratico perché è un mondo di “nick” dove nessuno si prende la responsabilità di quello che dice. Così com’è credo crei solo confusione: è un mezzo furbetto che non assicura trasparenza, competenza e onestà». È l’unica donna in Italia ad avere un ruolo così rilevante nella critica enologica e non a caso l’indirizzo del suo blog, Lady Wine, lo sottolinea. Com’è lavorare in un settore al maschile? «Soprattutto all’inizio è stata dura. Era sempre più facile pensare che fossi in questo mondo per qualche altra ragione piuttosto che per meriti acquisiti sul campo. Mi piacerebbe che ci fossero altre donne. Certo qualcuna ce n’è che si occupa di degustazioni, credo anche che i tempi siamo maturi, ma sino ad ora nessun’altra ha mostrato interesse ad investire in questa professione» Domanda d’obbligo: le sue dieci etichette preferite. «Visto che abbiamo parlato finora di vini italiani restiamo in ambito nazionale. Anche perché se penso alla Francia, mi viene in mente subito la Borgogna, piccole aziende con poco terreno che producono bottiglie difficili da avere che forse proprio per questo mi affascinano. Cito sul momento: i vini della Tenuta di Valgiano, vicino Lucca, il Barolo di Bartolo Mascarello, il Gattinara San Francesco di Antoniolo, il Silvaner R dell’altoatesina Köfererhof, il Chianti Classico Riserva Tenuta di Capraia dell’azienda Rocca di Castagnoli, i vini dell’Etna della Tenuta delle Terre Nere di Marc De Grazia, il Brunello di Montalcino della Cerbaiona, le bollicine Alta Langa 2005 prodotte da Enrico Serafino, un altro Barolo, Le Rocche del Falletto di Bruno Giacosa e il Verdicchio di Matelica Riserva Mirum della Monacesca». A che punto è la sfida tra Italia e Francia? «Sulla qualità media vince l’Italia, la Francia sugli apici ha qualcosa di più da dire. Oltralpe si è iniziato molto prima, c’è una maggiore consapevolezza che il territorio è un punto di forza che, sposato al vitigno, dà l’unicità». Conosce i vini bergamaschi? «Non è una zona che seguo direttamente, ma nella guida ci sono varie segnalazioni. Certo non sono le vigne del Barolo o del Valpolicella, ma lavorando bene si possono realizzare prodotti affidabili»

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CORSI di Roberta Martinelli

Accademia del Gusto, in cattedra i big della cucina Tra i docenti dell’area dedicata agli operatori alcuni tra i nomi più importanti della ristorazione italiana. Nezosi:«L’esperienza in campo internazionale ci ha permesso di coinvolgere prestigiosi professionisti». E non mancano le proposte per gli appassionati

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iapre l’Accademia del Gusto di Osio Sotto. Quest’anno sono 70 i corsi proposti dalla scuola di cucina dell’Ascom. Come da tradizione, la maggior parte è dedicata ai professionisti (e aspiranti tali) del food: ristoratori, pasticceri, barman e gastronomi; ma anche gli appassionati troveranno molti titoli interessanti pensati per loro. L’area “cucina per professione” – dedicata agli operatori – è all’insegna delle firme stellate.Tra i docenti dei corsi ci sono infatti alcuni tra i nomi più importanti della cucina italiana, dai bergamaschi Enrico e Roberto Cerea ed Ezio Gritti a Enrico Bartolini, Massimo Bottura, Antonino Cannavacciuolo, Pino Cuttaia, Fabrizio Ferrari, Giancarlo Perbellini e Andrea Sarri; insegnanti d’eccezione che spiegheranno i segreti e la filosofia della loro cucina attraverso le loro ricette più conosciute. Anche quest’anno in agenda ci sono i corsi professionalizzanti – sempre seguitissimi – che trasmettono le tecniche e i segreti per diventare pizzaioli, chef, pasticceri e barman. Con alcune novità: ai corsi di miscelazione per barman, ad esempio, quest’anno si aggiunge “Il sommelier dell’espresso”, un seminario full immersion di una giornata dedicato alla pura caffetteria che per-

mette di apprendere, attraverso momenti teorici e di assaggio, le competenze di degustazione del caffè. Per gli appassionati e i gourmand la scelta è variegata: dai corsi più semplici per imparare a cucinare ai laboratori a tema che consentono di approfondire le varie tipologie di piatti (primi, secondi, carne, pesce, dessert e tanto altro). Tra le proposte, molto accattivanti risultano due laboratori: “la cucina giapponese” che insegna l’arte del Sushi e del Sashimi, le tecniche di taglio del pesce, gli accompagnamenti e l’arte della Tempura con le sue salse e decorazioni e “Cucina express”, quattro incontri che offrono ricette di cucina classica e creativa per preparare in un lampo una cena e sorprendere con piatti semplici e veloci dal forte impatto visivo e gustativo, dall’antipasto al dolce. «Ci piace che l’Accademia abbia un respiro sempre più nazionale - dice Paolo Malvestiti, presidente dell’Ascom -. La presenza in Accademia di tanti docenti stellati ci onora. È un riconoscimento alla nostra organizzazione da parte delle persone che hanno lavorato con noi nelle prove del Bocuse d’Or». «Ogni anno – spiega il direttore Luigi Trigona - grazie dal contri-

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buto della Camera di Commercio riusciamo a proporre corsi di altissima qualità a costi competitivi. È un segno che vogliamo dare evidenziando che in un momento di crisi la formazione è fondamentale e può essere anche accessibile». «L’esperienza acquisita in campo internazionale - sottolinea Daniela Nezosi, responsabile di Ascom Formazione e dell’Accademia del Gusto – ci ha permesso di allargare gli orizzonti delle nostre proposte coinvolgendo grandi professionisti che oltre ad avere una competenza riconosciuta sono anche generosi nel trasmettere le proprie conoscenze e quindi risulteranno utili per gli operatori. L’invito a partecipare è rivolto anche a quanti nutrono un po’ di diffidenza verso questo tipo di esperienze. La nostra scommessa è di coinvolgere il numero maggiore di professionisti con la speranza che i cuochi riescano a fare gruppo come avviene in altri Paesi».


Con “Convivium” tour nei locali stellati Da Vittorio la prima tappa Ritorna con nuove mete la rassegna “Convivium di stelle”, ciclo di visite gastronomiche ai ristoranti stellati italiani, promossa in collaborazione con l’Ente Bilaterale alberghiero e pubblici esercizi. Gli operatori della ristorazione – ristoratori, chef e collaboratori - anche quest’anno hanno la possibilità di seguire un percorso formativo attraverso la cucina d’autore. Il tour culinario farà sette tappe: sette pranzi-degustazione guidati ad altrettanti ristoranti tra i migliori d’Italia: si parte “in casa” il 26 ottobre dal Ristorante da Vittorio di Bergamo, eccellenza della cucina italiana e internazionale, segnalato da tutte le guide e recentemente insignito della terza stella Michelin; gli chef Chicco e Bobo Cerea presenteranno alcuni piatti a loro cari e lo faranno banchettando con gli ospiti e illustrandone le tecniche di preparazione e la filosofia sottostante. La seconda tappa sarà il 24 novembre al Ristorante Devero di Cavenago Brianza con lo chef toscano Enrico Bartolini, tra i migliori cuochi emergenti d’Italia. Quindi sarà la volta del Four Seasons di Milano al tavolo di Sergio Mei (13 dicembre). Il 9 febbraio l’Accademia del Gusto sarà a Isola Rizza di Verona al Ristorante Perbellini per conoscere i piatti di Giancarlo Perbellini. Il 27 aprile si sposterà al Ristorante Gualtiero Marchesi (Albereta) alla tavola del maestro Gualtiero Marchesi e il primo giugno sul Lago d’Orta al Ristorante Villa Crespi per incontrare la cucina dello chef Antonino Cannavacciuolo. L’ultimo appuntamento sarà il 22 giugno al Ristorante Piazza Duomo di Alba con lo chef Enrico Crippa.

Il volumetto con il calendario completo dei corsi si può trovare nella sede dell’Ascom di Bergamo (via Borgo Palazzo 137), all’Accademia del Gusto (piazzetta don Gandossi 1 – Osio Sotto) o sul sito www.ascomformazione.it. Per informazioni e prenotazioni: segreteria Accademia del Gusto, tel. 035 4185706 o 4120180 – info@ ascomformazione.it

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di Gualtiero Spotti

“Stella per un giorno”, al Vecchio Tagliere grandi chef ai fornelli A ottobre Bernd Knöller (Riff di Valencia) e a novembre Luca Collami (Baldin di Sestri Ponente) cucineranno nel locale di Zanica

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na delle realtà imprenditoriali più interessanti legate alla ristorazione, ma non solo, della provincia orobica, è quella che nello spazio di quindici anni ha visto nascere quattro locali denominati “Al Vecchio Tagliere”. Artefice dell’exploit è il vulcanico Fausto Valenti, che, con i trascorsi famigliari legati a una celebre macelleria di via Guglielmo d’Alzano, in centro città, ha iniziato presto a camminare con le sue gambe. Ha cominciato inaugurando a metà degli anni Novanta il suo primo ristorante in via Sant’Alessandro, poi non si è più fermato aprendo via via altri tre locali, a Nese, Zanica e a Gaverina, in mezzo alle montagne, in un piacevolissimo ambiente naturale e rilassante. Si tratta di ristoranti con bed & breakfast che, oltre a proporre una solida cucina del territorio (con una predilezione per l’impronta del “chilometro zero” e dei prodotti tipici), negli ultimi mesi hanno collezionato una serie di appuntamenti (musicali, gastronomici, artistici) tra i quali vale la pena segnalare soprattutto quelli denominati “Stella per un giorno”. L’iniziativa in questione vede protagonista, e questo accade perlopiù nel locale di Zanica che si presta all’evento grazie alla sua cucina a vista su tutta la sala, un cuoco titolare di stella Michelin, ospite del “Tagliere” per una cena a prezzo

Luca Collami

fisso. Per una sera l’intero ristorante diventa così una succursale della cucina più elitaria e ricercata, con l’idea di far conoscere ai bergamaschi, a casa loro e in un ambiente informale, alcune delle tavole più intriganti e prestigiose d’Italia, con qualche puntata occasionale anche fuori dai confini nazionali. Le prime cene (tutte a un prezzo fisso che si aggira sui 50 euro vini inclusi) hanno visto coinvolti con successo prima Stefano Cerveni, cuoco del ristorante Due Colombe di Rovato (Bs) e, in seguito, Stefano Masanti de Il Cantinone di Medesimo (So). Ora è il turno di una “stella” straniera con la serata di lunedì 11 ottobre che vedrà protagonista Bernd Knöller del ristorante Riff di Valencia, in Spagna. Knöller, il cui nome tradisce le origini teutoniche, è un brillante interprete della cucina mediterranea e saprà deliziare i presenti con piatti a base di riso, pesce e cordero asado (l’agnello arrosto, nell’occasione cucinato per 36 ore a 62° C).A seguire, lunedì 22 novembre, sarà la volta di Luca Collami, il cuoco ligure del ristorante Baldin di Sestri Ponente, già visto all’opera con successo a Bergamo durante le serate di Ristorerò. Entrambi gli eventi saranno al Vecchio Tagliere di Zanica con inizio alle ore 20.30. (Per info: tel. 035 675002)

Bernd Knöller


Sul Sentierone torna il “ristorante” dell’Ascom Il 3 ottobre la quinta edizione di Passeggiar Gustando. In programma degustazioni e assaggi. Il ricavato in beneficenza

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IL GROSSISTA CHE FA SCUOLA

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orna sul Sentierone Passeggiar Gustando, la festa del commercio e della famiglia promossa dagli alimentaristi bergamaschi Ascom e dai panificatori dell’Aspan. La manifestazione, giunta alla quinta edizione, ha il patrocinio del Comune di Bergamo ed è sostenuta dagli sponsor principali Bas Omniservizi (società del gruppo A2A), Fogalco (la cooperativa di garanzia dell’Ascom) e da numerose e importanti aziende alimentari bergamasche, ed è in programma domenica 3 ottobre sul Sentierone, dalle 10 alle 18. L’obiettivo è portare in primo piano le attività del commercio di vicinato e con esse il loro ruolo di servizio che svolgono all’interno dei centri urbani, la professionalità dei negozianti, la loro esperienza nello scegliere e valorizzare i prodotti, dai tagli di carne ai salumi, ai formaggi fino al vino e alla frutta di stagione. Con una sottolineatura in più introdotta già dallo scorso anno, ovvero la volontà di proporsi anche come festa per le famiglie, e la confermata attenzione alla solidarietà. I dettaglianti alimentari dell’Ascom - gastronomi e salumieri, macellai, fruttivendoli -, la Pia Unione San Lucio (aderente all’Ascom) e i panificatori dell’Aspan scenderanno in piazza con assaggi e degustazioni di prodotti e piatti della tradizione bergamasca che renderanno golosa la passeggiata domenicale nel centro città. Ricette tipiche a base di prodotti delle aziende bergamasche come risotto al taleggio, orzotto ai funghi, polenta taragna, varietà di formaggi e salumi, spiedini e salamelle alla griglia, uva e macedonia, pane e prodotti da forno artigianali. Tutti i piatti saranno offerti in degustazione con offerta (i visitatori potranno acquistare sul posto i gettoni della solidarietà con offerta minima di 5 euro per 3 degustazioni con acqua, vino e pane offerti). Per tutto il pomeriggio saranno proposti spettacoli per grandi e piccini. Il ricavato sarà interamente devoluto per sostenere il progetto di intervento musicoterapico in ambito oncologico e nelle cure palliative dell’Associazione “Con Te Onlus” - volontari Hospice Beato Palazzolo.

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FOCUS di Laura Bernardi Locatelli Lo

Non facciamola diventare la solita minestra! Nei menù è sempre più rara, per non parlare del minestrone. E anche a ca casa si ricorre a prodotti surgelati. Eppure parliamo di un piatto cche ha lunga storia e tradizione. Il fruttivendolo Livio Bresciani offre consigli a chi vuol scegliere le giuste verdure Tre idee “stellate”

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alta cucina, rappresentata da alcuni dei ristoranti stellati della nostra provincia, propone in carta alcune creme e zuppe, a seconda della stagione, che rivisitano ricette della tradizione italiana ed internazionale, celebrano alcune eccellenze del territorio o propongono con creatività nuo-

ve interpretazioni. All’“Osteria La Brughiera” di Almè viene sempre proposta in autunno e inverno la “Zuppa etrusca col cavolo nero e olio nuovo”, una rivisitazione della classica ribollita toscana. In carta, a seconda della stagione, si possono trovare “Consommè di brodo di carne con radicchio

trevigiano, carciofi ed altre verdure”, una “Zuppetta di pomodoro fiorentino con fave e piselli, seppioline e cime di rapa”, una particolare zuppa come la “Minestra di fagioli, cipolle rosse, ventresca di tonno e alloro” e il “Consommè di verdure d’inverno, riso fritto e maialino croccante”.

LA BRUGHIERA, zuppa di coste rosse toscane, pomodoro, uovo di quaglia e pecorino STEFANO ARRIGONI E PAOLO BENIGNI Osteria La Brughiera - via Brughiera, 49 - Villa d’Almè - tel. 0363 49075

Per 8\10 persone Ingredienti: 2 coste di sedano mezza cipolla rossa 1 spicchio d’aglio 3 acciughe pulite 1kg e mezzo di coste 800 g di pomodori maturi

brodo ristretto di carne bianca 2 rametti di basilico e poco timo 10 grani di pepe nero e 4/5 di ginepro 1 uovo di quaglia per persona, 10 cubetti di pane toscano tostato con aglio ed olio extravergine 6 cubetti di lardo di Colonnata croccante 4 scaglie di pecorino fresco

Procedimento Scottare, pelare e togliere i semi ai pomodori tenendo la loro acqua. Preparare un soffritto molto fine con il sedano, l’aglio, la cipolla e rosolare con olio extravergine unendo le spezie pestate, le acciughe e gli aromi, per 10 minuti. Preparare le coste separando il gambo dalla foglia, tagliare i gambi lunghi mezzo centimetro ed unirli al soffritto e cuocere per 10 minuti; tagliare i pomodori a falde di mezzo centimetro ed unirli al soffritto. Cuocere per 20 minuti. Saltare le coste con aglio, olio e poco peperoncino ed unirle alla zuppa, aggiungere il brodo e portare a bollore, continuare a cuocere per 40 minuti circa regolando di sale e pepe. Versare la zuppa, aggiungere l’uovo di quaglia cotto in camicia, le scaglie di pecorino e un filo d’olio.A parte servire il pane e il lardo croccante.

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N

elle carte dei ristoranti la parola “minestra”, per non parlare del minestrone, si fa davvero fatica a leggerla e sopravvive ormai forse solo in montagna, nei rifugi e in pochi altri indirizzi, soppiantata da creme e vellutate - che peraltro non appartengono alla nostra tradizione - o da zuppe “nobili”, con pesce di mare ed altre materie prime pregiate. Forse la parola “minestra” fa un po’ ospedale e tristezza e la richiesta è veramente bassa e snobba uno dei capisaldi della nostra cucina. La tendenza della stessa cucina casalinga, a cui tutti abbiamo meno tempo da dedicare, opta per lo più per prodotti surgelati o già pronti da mettere sul fuoco o nel microonde, spesso già dosati in brick o buste, con i risultati che possiamo facilmente immaginare. Livio Bresciani, presidente del Gruppo Ortofrutta Ascom, sottolinea l’importanza che le minestre di verdura rivestono ancora oggi nella nostra cucina. Certo, se un tempo si coltivavano le verdure nell’orto, si coglievano e mondavano una ad una, oggi va a ruba il preparato di ortaggi di stagione del fruttivendolo:“È

Al “San Martino” di Treviglio predomina il pesce: viene servita in bicchierini finger-food per l’aperitivo una passata di ceci abbinata a frutti di mare, mentre tra le zuppe trionfano la bouillabaisse, zuppa di pesce di Marsiglia rivisitata da Beppe Colleoni e la minestra di broccoli e arzilla, di tradizione romana, preparata con brodo di ala di razza e personalizzata con po-

modoro confit. Da “Frosio” ad Almè si celebra il territorio con la “Zuppa di funghi del bosco e tartufo di Bracca”, si apre il gusto all’Andalusia d’estate, con un gazpacho rivisitato, abbinato a pesce marinato e si propongono ricette interessanti come la crema di fagioli - o ceci con polpo o frutti di mare e la zuppa di Gewurtztraminer con patate e scampi.

La Bouillabaisse del ristorante “SAN MARTINO”

di funghi di bosco con tartufo di Bracca PAOLO FROSIO Ristorante Frosio piazza Lemine, 1 Almè tel. 035 541633 Ingredienti: 500 g di finferli 500 g di porcini 1 litro di buon brodo di pollo 1 bicchiere di panna fresca tartufo di Bracca cipolla porro olio burro sale e pepe aneto tritato

BEPPE COLLEONI Ristorante San Martino via Cesare Battisti, 3 Treviglio - tel. 0363 49075 Ingredienti I pesci da utilizzare sono tutti quelli delle classiche zuppe, scorfano, gallinelle, gozzo, triglie, sanpietro, ala di razza ed altri, ma non i crostacei tipo gamberi, quelli vanno nelle zuppe toscane come il cacciucco olio cipolla sedano

FROSIO, zuppa

finocchio zafferano curry paprika 1 bicchiere di vino bianco 1 cucchiaino di doppio concentrato di pomodoro Pernod scorza d’arancia

Procedimento Spinati i pesci, con una parte si prepara il brodo bianco classico, mentre l’altra parte si utilizza per il brodo della bouillabaisse. Il procedimento è il seguente: Mettere in cocotte tutte le lische - preferibilmente scorfano e gallinella - con olio, cipolla, sedano e un poco di finocchio; tostare il tutto, sfumare con un bicchiere di vino bianco ed un cucchiaino da caffe di doppio concentrato di pomodoro e coprire con il fumetto di pesce (preparato in precedenza).Aggiungere una bustina di zafferano e curry ed un cucchiaino di paprika. Lasciare cuocere circa 15 minuti a fuoco lento. Filtrare ed aggiungere il pesce; portarlo a cottura ed in ultimo aggiustare di sale, aggiungere un goccio di Pernod e una scorza d’arancia. Accompagnare con pane tostato.

Procedimento Preparare il fondo con cipolla e porro e far soffriggere in olio e burro.Aggiungere i finferli e i porcini tagliati, salare e lasciar rosolare. Aggiungere il brodo di pollo, fino a coprire i funghi e cuocere per dieci minuti. Aggiungere un bicchiere di panna liquida e continuare la cottura per 2-3 minuti. A fine cottura insaporire con tartufo di Bracca tagliato a scaglie sottili e aneto tritato. Servire con pane tostato e croste di parmigiano reggiano.

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pronto per essere cucinato e mantiene intatti i profumi e gli aromi delle verdure: sedano, carota, zucca, zucchine, coste, spinaci, erbette, verza, fagioli, fagiolini, porro, pomodoro e lattuga rappresentano la nostra base. Sono infinite le possibilità di personalizzazione. Si possono aggiungere, oltre alle patate, del cavolo nero toscano, dei fagioli particolari come quello Zolfino di Prato Magno ed altri legumi, come i ceci. Cereali come l’orzo e il farro rappresentano un’ottima alternativa a pasta e riso. Sono molto interessanti e nutrienti anche le minestre realizzate con legumi: fagioli cannellini, borlotti, fagioli con l’oc-

chio, ceci... Un classico intramontabile è la pasta e fagioli, quando è stagione. Nonostante richieda tempi lunghi di cottura e preparazione, si gusta ancora nelle nostre case”. Gli accorgimenti per ottenere un buon minestrone ed una buona zuppa sono semplici:“Utilizzare solo verdure di stagione, impiegare un buon brodo di carne, di pollo ad esempio, o di verdura, preparare sempre un fondo per insaporire con il classico soffritto le verdure e cercare di dare sempre una nota croccante di contrasto a zuppe e minestre per renderle più appetibili, come pane tostato, croste di parmigiano e quanto suggerisce la

fantasia” sottolinea Paolo Frosio, chef-patron dell’omonimo e rinomato ristorante di Almè.

E a novembre arriva il libro sulla antiche ricette bergamasche A cura di Silvia Tropea Montagnosi, il volume rispolvera i piatti della tradizione, dalle zuppe alle minestre

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a minestra l’è la biàa di l’öm (la minestra è la biada dell’uomo) recita un antico proverbio. E non esiste piatto, dopo la polenta ovviamente, più rappresentativo di zuppe, minestre e minestroni per la tradizione bergamasca. Una cucina più da cucchiaio che da forchetta, fatta di piatti che richiedono lunghe cotture a fuoco lento. Una tradizione tutta da recuperare che, a fianco delle classiche minestre e zuppe di verdura, propone straordinari piatti, genuini e semplici a torto bollati da alcuni come “ingenui”, nati grazie all’ingegno delle massaie d’un tempo che riproponevano con gusto e fantasia dettati dalla necessità gli avanzi, dal pane raffermo alla polenta. Silvia Tropea Montagnosi, ricercatrice e storica della cucina bergamasca, autrice de “La cucina bergamasca, dizionario enciclopedico” edito da Bolis, che uscirà a novembre, rispolvera antiche ricette di zuppe e minestre della nostra tradizione, che riportano indietro nel tempo: “Minestre, minestroni e zuppe, hanno un ruolo importante nella cucina bergamasca tradizionale. Le minestre venivano preparate con latte, acqua, brodo di carne o di verdure, con aggiunta di pasta, riso o farina di cereali, ma anche pane raffermo: panada, pà trit, Ris e lač, ris e corada, büsèca, minestra di riso e verza, minestra d’orzo, minestra di latte e zucca, borfadèi, pólt, teàdei nel latte, minestra coi löertìs, minestra di riso e rape, riso e prezzemolo, anolì in brodo e molte altre”. Diversi ricettari italiani ottocenteschi descrivono una Minestra o zuppa bergamasca di magro o di grasso:“Si tratta dei grattini preparati con farina ed acqua e talvolta anche uovo, grana e noce moscata, grattati e lasciati cadere nel liquido

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bollente a cuocere”. Nelle ricette bergamasche spesso viene suggerito l’uso del battuto di lardo, essenziale anche per il minestrone bergamasco preparato con tutte le verdure dell’orto, un tempo anche con le cotenne di maiale, sempre con erbe selvatiche, in particolare la malva.“Ogni massaia aggiungeva un suo tocco speciale (rapa, zucca…) ed il minestrone cuoceva a lentamente sul fuoco, prendendo un sapore che riscaldava il cuore. Infine si aggiungeva la pasta od il riso.Talvolta le verdure venivano semplicemente scodellate sopra al pane raffermo o ad un tocco di polenta…ed ecco così che il minestrù si trasformava in söpa. Le più antiche suppe alla casalenga bergamasche sono quelle descritte dal Cocho, anonimo cuoco bergamasco che, tra la fine del XVII secolo e il XVIII, compilò un accurato ricettario per realizzare una cucina casalinga saporita. Oltre alle innumerevoli versioni di zuppe bergamasche con i funghi (porcini, miste, funghi e patate, funghi e biligòcc), alcuni cuochi propongono piatti antichi che richiedono materie prime ormai difficili da reperire e preparazioni laboriose, quali la zuppa di fosso, con rane, lumache, gamberi d’ acqua dolce ed erbe selvatiche, ormai cucinata solo da Claudio Finazzi e Roberto Omizzolo, cuochi presso Bigio l’Oster al santuario di Altino”. Altre zuppe necessitano di un’ approfondita conoscenza di erbe selvatiche.“Il viaröl, squisita zuppa d’erbe con pane o polenta, è cucinato da Ferdy di Lenna che utilizza petònega, löertìs, cornagì, örtiga… La zuppa di Parre è legata indissolubilmente al cuoco Renato Imberti del ristorante Belvedere, unico conoscitore delle trenta erbe locali che la compongono”.


Il secolo di vita della macelleria Zanchi L

a macelleria Zanchi di Pontirolo, che recentemente ha cambiato l’insegna in Zabo Carni, festeggia 100 anni di attività. Un traguardo premiato anche con la consegna dell’aquila di Calimala - nel corso della festa dei “Maestri del commercio” organizzata da Fenacom 50 & più dell’Ascom il 12 settembre scorso - a Casimiro Zanchi (aquila di diamante), accompagnato dalla moglie Maria Bonacina, che l’ha affiancato nell’attività dal 1950 al 1994, e al figlio Francesco Giovanni (ha ricevuto l’aquila d’argento) che oggi gestisce l’attività, sempre con il prezioso aiuto di Casimiro e della famiglia. La storia della macelleria Zanchi prende il via il 7 agosto del 1910, quando Callisto apre in piazza Marconi il suo negozio con a fianco il macello, che rappresenta un punto di riferimento per tutto il paese. Nel 1950 il figlio Casimiro, che ha affiancato sin da ragazzino il padre in negozio, subentra a Callisto. La macelleria si specializza nella produzione artigianale di salumi tipici bergamaschi e ancora oggi resta uno dei punti d’orgoglio del negozio, oltre che nella selezione di carni (dal maiale al manzo alla scottona) dei piccoli allevamenti della zona. Per diversi anni anche la famiglia Zanchi si è dedicata all’allevamento, una passione che però, a causa degli impegni richiesti dall’attività di vendita e macellazione, si sono visti costretti ad abbandonare una decina di anni fa, con il sogno e la volontà di dedicarvisi di nuovo in futuro. Alla vendita di carni selezionatissime, insaccati e salumi bergamaschi - salame, zamponi, salsicce e cotechini, lardo, prosciutto cotto nostrano e salame di fegato di maiale - la famiglia Zanchi ha affiancato da anni la gastronomia, con una proposta di primi e secondi piatti della tradizione. Il negozio si è trasferito oggi a 50 metri da piazza Marconi, sede del macello di famiglia, completamente ristrutturato in base alle normative Cee, in via Rovelli. Domenica 19 settembre la famiglia Zanchi ha voluto festeggiare in negozio con tutto il paese il centenario, tra ricordi ed assaggi all’insegna della convivialità.

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LA TRATTORIA di Lelia Parisi

Toscanini, le delizie della cucina “semplice” Paste fatte in casa, materie prime garantite da piccoli produttori locali e una proposta stagionale. Così il locale di Ripalta Guerino (a pochi chilometri dalla Bergamasca) convince con piatti legati soprattutto al territorio

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on è certo un locale che cerca ostentazione, la Trattoria Toscanini di Ripalta Guerina, collocata com’è in un paese che è una specie di anacronismo vivente in un paesaggio lombardo ormai totalmente urbanizzato. La prima cosa che avverti, arrivato in centro, è l’odore acre e dolciastro del fieno e lo sguardo va subito ai covoni accatastati nelle stalle che si diramano dalla piazzetta centrale. Paese minuscolo, Ripalta Guerina, che richiama nel toponimo le sue terre d’acqua, terre dell’Adda, dell’Oglio e di tanti canali, un reticolo steso sul verde dei campi che ti insegue lungo stradine di campagna ricalcate su vecchie sterrate, così ostinatamente refrattarie al traffico.Terre che accolsero per qualche tempo Arturo Toscanini, che acquistò una villa all’ingresso del paese - era il 1936 -, dove pare abbia dato gli ultimi tocchi agli spartiti per il concerto inaugurale della Scala ricostruita nel Dopoguerra, magari ispirato dalla quiete del posto. Immutata. Ecco perché giusta misura di questi luoghi è la trattoria, assai più che il ristorante. La trattoria risponde a un’antropologica disposizione alla lentezza, alla frugalità senza tempo. È lo spazio in cui si rimesta lentamente il limo di vecchi sapori per farlo riemergere in superficie, senza fretta, senza l’ossessione del recupero del passato a ogni costo. Qui l’antico non diventa mai vintage, la nostalgia non diventa mai merce.

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Vanna Galvani, Francesco Foppa e Stefania Denti

Così è la Trattoria Toscanini, inaugurata nove anni fa da Francesco Foppa, 57 anni, cremasco - appassionato di gastronomia e musica, ex responsabile commerciale - sui resti di quella che fu, dal 1919 e per i decenni successivi, un’osteria, luogo di ritrovo e svago dei paesani nei momenti di riposo. Una cucina semplice, fatta non solo dallo chef, ma anche dai piccoli produttori locali che l’alimentano in buona parte con i loro prodotti. Semplice, e deliziosa, come la slinzerla di Travagliato, specie di bresaola allungata a base di carne di puledro, servita con crostini di lardo cremasco e crema di fegato d’oca non grasso. “È di un macellaio di Travagliato - “patria dei ladri e dei cavalli”, così veniva definito un tempo il paese -, che la produce ormai solo per noi”, spiega Foppa. I ladri sono presumibilmente scomparsi, sono restati i cavalli, magari in una funzione meno nobile rispetto al passato, sacrificati sull’altare della gourmandise di alcuni estimatori, che ne apprezzeranno le carni sapide e dolci, specie se spruzzate di olio della Tenuta San Guido, lo stesso produttore del Sassicaia. Una vera prelibatezza. Altrettanto il morbido e profumato culatello di Zibello con fichi stagionato 18 mesi, così suadente da conquistare anche i non cultori. Brescia e Crema si incontrano sui tavoli di questo elegante e rustico locale, tappezzato di ritratti di musicisti


IL GIUDIZIO e affini, dove spiccano i primi piani di Toscanini. Un frutto di questa liaison è il Salva cremasco, che accompagna i salumi artigianali della vicina Castelleone. “Il Salva che serviamo è prodotto nella Bassa bresciana con latte proveniente dai pascoli della Bassa bergamasca, ma è invecchiato nel Cremasco perché il nostro microclima ne favorisce l’ottimale stagionatura”. Un sodalizio perfetto, esaltato dall’abbinamento classico con le tighe (piccoli peperoni verdi dolci nostrani). Nei primi, in particolare nelle paste ripiene, si nota la mano abile di Vanna Galvani, chef del Toscanini, nella sfoglia tirata sottilissima, morbida anche sulle giunture. Bresciani i casoncelli, cremaschi i tortelli, questi ultimi derivati da una ricetta della nonna di Foppa. E se i casoncelli, ripieni di erbe selvatiche e saltati con pancetta (una vera leccornia), sposano la filosofia dell’impasto ricco di uova, i tortelli, dal deciso, ma amabile, ripieno dolciastro, prediligono invece l’impasto “povero”, farina, sale, acqua. Implicita ma tacita la rivalità con i tortelli mantovani di zucca. “A parte la zucca nel ripieno che noi non usiamo, la differenza sta nei dettagli: il nostro amaretto è il Gallina al cioccolato, il loro è quello classico da pasticceria”. Raffinatezze da connaisseurs. L’abilità di Vanna si legge anche nei risotti, nel cremoso Carnaroli ai funghi porcini, nel risotto con pasta di salame e nel più sofisticato riso rosso di Baraggia (Vercelli) con battuto di verdurine e piccola parmigiana. I ricchi secondi di terra giocano soprattutto in casa. Da Travagliato arrivano le “travagliatine”, le tagliate di cavallo. Nostrano pure il gallo disossato, di buona fattura, farcito di finferli e servito con polenta. Di manzo Scottona è invece l’ottima battuta di filetto al limone. Molto sobri i dolci e ben eseguiti. Torta di cioccolato e pere, torta di mele con gelato alla crema e poi la “Macchia”, delicato semifreddo della casa al caffè e amaretto. Conto medio adeguato sui 40 euro per un pasto completo senza vini.

TRATTORIA TOSCANINI via XXV Aprile, 3 Ripalta Guerina (Cr) tel. 0373 66171 chiuso il lunedì e il martedì a pranzo

AMBIENTE

7,5/10

In disuso da qualche decennio, il locale della vecchia osteria di paese, che pare Toscanini stesso abbia talvolta frequentato, è stato accuratamente recuperato da Francesco Foppa, che l’ha ristrutturato dandogli il sapore rustico dei primi decenni del secolo. In onore del grande direttore d’orchestra, Foppa ha allestito un piccolo spazio “arredandolo” con strumenti musicali, tra cui un pianoforte a coda, un violino e un violoncello, che vengono suonati in serate dedicate alla musica. Le due sale, arredate con mobili d’epoca e altri in stile, e affollate di ritratti di musicisti e vecchie fotografie, accolgono 70 coperti.

CUCINA

19/30

Cucina di tradizione cremasca, ma esposta agli influssi della Bassa bresciana (da Scarpizzolo arrivano anche il selezionato grana padano e alcuni pregiati formaggi di cascina), quella di Vanna Galvani, che ha costruito sin dall’apertura del locale, nel 2001, uno stretto sodalizio con Foppa, dopo aver collezionato esperienze come cuoca in ristoranti della zona. Il menù è stagionale, con brasati, ossibuchi e bolliti che sbancano nel periodo invernale. La proposta di pesce di mare, tutto fresco e rigorosamente pescato, compone a sua volta quasi un menù parallelo a quello di terra. “Pensiamo - spiega Foppa - che sia giusto soddisfare anche i gusti di chi desidera alternare i prodotti locali con piatti di mare, con un’offerta di buon livello. Non la consideriamo un’eresia per un locale che ha una tradizione radicata nel territorio. I nostri tagliolini freschi con gamberi rossi di Sicilia e asparagi di mare riscuotono lo stesso successo dei nostri piatti storici”. Come a dire, un bravo musicista sa suonare tutti gli spartiti.

CANTINA

11/20

È un po’ il punto debole del locale. Con sole 75 etichette, benché annoveri produttori di qualità, la cantina andrebbe un po’ rafforzata, nei rossi e nei bianchi, considerando anche la duplice vocazione del locale. Con il rischio di restare, specie d’estate, senza scorte. Ricarichi nella media.

COMPETENZA

7,5/10

Buona la competenza tecnica di Vanna Galvani, acquisita sul campo, ma anche frutto di una vocazione da cui deriva la sua facilità di esecuzione e di approccio con la materia da lavorare.“Non ho modelli, vado per la mia strada, non sono interessata a quello che fanno gli altri”, risponde secca alla domanda se si confronta con gli altri chef. Una cucina, la sua, che sembra fatta di getto, un po’ come alcune ricette, costruite con la spontaneità del gioco, oppure mutuate dagli insegnamenti di zie e nonne e diventate quasi parte del suo corredo genetico. I suoi piatti appaiono degli eterni classici, forse perché il passato in cui sono nati non ha avuto il tempo di diventar passato, di staccarsi dal presente e dover essere recuperato, e forse perché i piatti veri della tradizione sono quelli che non sanno di esserlo.

SERVIZIO

8/10

Efficiente il servizio, svolto con garbo da Stefania Denti, che non lesina consigli (azzeccati) agli indecisi e chiarimenti sul menù. Di tanto in tanto, lasciando i fornelli a cui in parte si dedica, si materializza in sala la figura di Foppa con il grembiule bianco sui fianchi, giusto il tempo di salutare i clienti e sincerarsi che siano soddisfatti. Retaggio forse dell’esperienza nel commerciale.

RAPPORTO QUALITÀ/PREZZO

8/10

Buono il rapporto qualità/prezzo in generale su tutto il menù, se si considera la qualità delle materie prime, ma anche la generosità delle dosi. Attenzione solo al coperto: costa 2 euro, ma non è segnalato sulla Carta. p.s.

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APPUNTAMENTI

DALL’8 AL 10 OTTOBRE

In Franciacorta l’expo dei formaggi italiani

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n centinaio di espositori, 400 tipologie di formaggi, prodotti ricercati per un viaggio ideale tra malghe, consorzi di tutela, aziende e piccoli casari. È “Franciacorta in bianco”, rassegna nata nel 1996 per valorizzare il latte degli allevatori bresciani e diventata, anno dopo anno, sempre più ricca di stand ed eventi. L’edizione numero 15 è in programma da venerdì 8 a domenica 10 ottobre al polo fieristico di Castegnato e si propone di offrire un ampio panorama delle produzioni casearie di qualità che caratterizzano la nostra Penisola. Accanto all’esposizione e alla vendita sono previsti convegni, dibattiti e degustazioni guidate, raccolte sotto il titolo “Il Sentiero dei Sapori”. Al concorso nazionale “Assaggio formaggi a latte vaccino, ovino, caprino”, giunto alle 13esima edizione, si affianca quest’anno la sfida per l’elezione del “Miglior yogurt di fattoria”, mentre un’altra novità è la presentazione di formaggi del mondo in abbinamento a vini bresciani. Durante la rassegna sarà in funzione Formaggeria a tavola “L’isola del ristoro”, che servirà paste ripiene arricchite di formaggi di montagna, l’orologio dei formaggi a latte crudo e la ruota dei salumi forniti da piccoli produttori. L’ingresso è gratuito il venerdì, mentre sabato e domenica il costo di dom entrata è di 6 euro. Per le degustazioni guidate la degusta quota di d partecipazione è di d 5 euro. (www. franciaortainbianco.it)

17 OTTOBRE E 21 NOVEMBRE

“Andar per vigne”, visite e degustazioni nelle cantine bergamasche

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utunno tempo di vino, stagione ideale per visitare cantine e scoprire cosa c’è dietro ad una bottiglia. Per chi vuole saperne di più sulle produzioni bergamasche c’è “Andar per vigne” un appuntamento ormai tradizionale che apre le porte delle aziende vinicole e fa incontrare agli appassionati luoghi, persone e storie di vino. L’iniziativa è promossa dal Consorzio di tutela del Valcalepio la terza domenica di settembre, ottobre e novembre. Dopo la giornata inaugurale del 19 settembre, le aziende proporranno quindi ancora percorsi guidati, degustazioni e vendita domenica 17 ottobre e 21 novembre. Grazie alla sinergia con Agripromo, oltre ai vini, in ogni località sarà possibile assaggiare in abbinamento un diverso prodotto agroalimentare bergamasco, in particolare salumi e formaggi, così da ampliare l’orizzonte sulle altre tipicità del territorio. Un-

dici le aziende che partecipano alla manifestazione: Il Cipresso di Scanzorosciate, La Rovere e La Tordela di Torre de’ Roveri, Locatelli Caffi (Chiuduno), Medolago Albani (Trescore Balneario), Pecis Angelo e Cantina Sociale Bergamasca di San Paolo d’Argon, Tallarini (Gandosso), Le Mojole (Castelli Calepio), Castello degli Angeli (Carobbio degli Angeli), La Rocchetta (Villongo).

2 E 3 OTTOBRE

Da un locale all’altro: sul Garda il menù è “mobile”

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abato 2 e domenica 3 ottobre Malcesine, bella cittadina sulla sponda veronese dell’alto lago di Garda, si trasforma in un ristorante on the road con “Ciottolando con Gusto”, rassegna che coniuga paesaggio e gastronomia. Dalle 12 alle 22 appassionati e turisti potranno avventurarsi, camminando sulla caratteristica pavimentazione di origine medievale del borgo, in una caccia ai sapori, scegliendo di degustare qua e là - tra i ristoranti, le pizzerie e le enoteche che partecipano all’iniziativa - i piatti studiati appositamente per l’evento. Si potrà partire dall’aperitivo o dal dolce, organizzando a piacere il proprio menù. Numerose le tappe previste: l’aperitivo, l’olio, la pasta del lago, la pasta di monte, il lago, il monte, il dolce, la merenda, il caffè e il digestivo.Ai visitatori sarà fornita una tessera e la mappa con le inidicazioni per raggiungere i locali. (www.ciottolando.com)


IL PRIMO WEEK END DI OTTOBRE

Salumi protagonisti in Alto Adige e a Mantova

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er chi ama i salumi, nel primo fine settimana di ottobre c’è l’imbarazzo della scelta. Si può decidere di raggiungere la Val di Funes, in particolare il piccolo paese di Santa Maddalena ai piedi dell’Odle, per la Speckfest, manifestazione che celebra uno dei più noti prodotti dell’Alto Adige declinato in tante ricette all’interno di una tre giorni (dal primo al 3 ottobre) condita da musica, mercato di specialità regionali e sfornate in piazza del fragrante pane tipico.Tra i momenti più attesi la “Specküberraschung“, ovvero la tradizionale sorpresa con cui un maestro nell’arte del taglio dello speck presenta le sue composizioni creative. (www. speckfest.it). Nelle piazze del centro storico di Mantova va in scena invece, sabato 2 e domenica 3, Salami & Salumi, esposizione dei prodotti della salumeria e della norcineria italiana - dal lardo al culatello allo strolghino oltre naturalmente al salame mantovano padrone di casa -, con la speciale presenza di preparazioni ottenute da carni diverse dal maiale, come i salumi di selvaggina, struzzo, d’oca, d’asino. Nello spazio “Golosi in piazza” saranno presenti anche altre tipicità regionali. (www.matovaexpo.it)

DAL 21 AL 25 OTTOBRE

Cibo, territori e incontri al Salone del Gusto

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n mercato del cibo, un luogo d’incontro, aggregazione e cultura gastronomica. È il Salone del Gusto, la manifestazione organizzata ogni due anni da Slow Food, Regione Piemonte e Città di Torino, che torna dal 21 al 25 ottobre al Lingotto Fiere. La rassegna dà spazio nelle sue diverse sezioni ad espositori dall’Italia e dal mondo, ai presidi Slow Food, all’Enoteca, alle cucine di strada e al cocktail bar. Poi ci sono gli eventi: Laboratori e Teatri del Gusto,Appuntamenti a Tavola, Incontri con l’Autore e Laboratori della Memoria, percorsi per bambini, attività didattiche, conferenze e proiezioni. In contemporanea torna anche Terra Madre il meeting internazionale delle comunità del cibo, con coloro, cioè, che in tutto nel mondo coltivano, trasformano, commercializzano, cucinano all’insegna della tradizione e della sostenibilità. (www.salonedelgusto.it)

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I fratelli Rota

L’EVENTO

La GastronoBirra ingrana la quinta e fa il salto di qualità Riservata a ristoratori, baristi e scuole alberghiere e in programma il 27 e 28 settembre, la manifestazione della 4R si annuncia più ricca e corposa, grazie anche a protagonisti del calibro di Chicco e Bobo Cerea e Giulio Signorelli

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fratelli Rota, alla guida della Quattroerre di Torre de’ Roveri - azienda leader a livello lombardo nella distribuzione di bevande - hanno dato vita alla ormai nota “Rassegna Birrogastronomica”, giunta quest’anno alla 5a edizione. La rassegna - che dal 2008 ha cadenza biennale per meglio maturare i temi che ogni volta sono al centro del focus birrario - è un’iniziativa che ha l’intento dichiarato di raccontare la birra attraverso gli usi e i costumi moderni e di proporre un grande momento d’incontro tra gli operatori del settore. L’evento si terrà il 27 e il 28 settembre prossimi al Centro Formazione di Torre de’ Roveri (attiguo alla sede storica della 4R) dalle 10 alle 19. In programma tavole rotonde - dove si affronteranno temi come l’andamento dei consumi, con ampie riflessioni su come negli anni si è modificato il nostro modo di vivere il tempo libero creando nuove opportunità da cogliere e nuove occasioni da realizzare - momenti gastronomici imperdibili con degustazioni di ricette preparate dai fratelli Chicco e Bobo Cerea (del ristorante Da Vittorio di Brusaporto), e scuola di cucina, con relativa spiegazione e preparazione in diretta di piatti con la birra. Tante poi le novità della quinta edizione. Da quest’anno, infatti, la rassegna si svolge in due intense giornate che toccano tutti gli argomenti di maggior interesse per i professionisti. Crescono anche i protagonisti della rassegna grazie alla partecipazione di ospiti come appunto i tristellati chef Chicco e Bobo Cerea, il fiduciario e promotore della condotta SlowFood di Bergamo, Enrico Radicchi, che ha contribuito alla presenza di Lorenzo Dabove, in arte Kuaska, e l’esperto affinatore Giulio Signorelli. In particolare, durante la giornata del lunedì, Chicco Cerea terrà due incontri (alle 11,30 ed alle 15,30, solo su prenotazione) dove presenterà le ricette realizzate per l’occasione. Martedì, invece, Lorenzo Dabove, esperto di birre e docente di Slow Food, ed Enrico Radicchi, fiduciario e promotore della condotta locale, terranno due laboratori del gusto (alle 11,30 ed alle 15,30, sempre su prenotazione), coadiuvati dal supporto di Giulio Signorelli, in arte “Ol Formager”.

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La 4R pensa quindi di poter dare con questa manifestazione un contributo valido e professionale a tutti gli operatori che hanno voglia di crescere e di confrontarsi.“Sarà una manifestazione all’insegna del buon bere - annotano i fratelli Rota - con un momento conviviale senza uguali. Ai partecipanti saranno offerti degli strumenti semplici, pratici ed efficienti, in grado di soddisfare ogni esigenza di approfondimento ed elevare l’offerta gastronomica, andando a confermare al consumatore finale quanto sia più interessante consumare il prodotto nei locali piuttosto che a casa”. Grazie a questa filosofia, la Quattroerre ha ottenuto per questa quinta edizione il patrocinio di Ascom, dell’assessorato all’Agricoltura della Provincia e della Camera di Commercio. Affari di Gola è tra i media partner. Chi volesse ulteriori dettagli sul programma delle due giornate può visitare il sito www.quattroerre.com.

5a rassegna birrogastronomica

27 e 28 settembre Dove: al Centro Formazione 4R di Torre de’ Roveri Orari: dalle 10 alle 19 Target di riferimento: ristoratori, baristi e scuole alberghiere Info: tel. 035 580701 www.quattroerre.com


I protagonisti della manifestazione Chicco e Bobo Cerea, “star” ai fornelli Chicco Cerea è cresciuto nel ristorante di famiglia “Da Vittorio”. Sotto la guida del padre è maturato in fretta bruciando le tappe di una carriera che si è rivelata ben presto tagliata su misura per la sue attitudini. Curioso ed attento indagatore, ha costruito la sua professionalità tra il gotha della ristorazione: da Jacques Cagna a Parigi a Heinz Winkler a Monaco, da El Bulli a Roses a Sirio Maccioni a New York. Chicco è un cuoco completo, capace di esprimere una cucina di forte personalità. Anche il fratello Bobo ha assimilato ben presto gli insegnamenti tecnici arricchendo il suo bagaglio con corsi e stage in scuole prestigiose e in ristoranti di gran nome. Il loro ristorante “Da Vittorio”, a Brusaporto, ha da poco conquistato la terza stella Michelin.

Assolari, l’ambasciatore delle birre belghe Cesare Assolari è ambasciatore culturale delle birre belghe e direttore del “Belgian Beer Information Center” (ufficio di consulenza culturale e di rappresentanza della B.B. Brasseurs Belges - Camera di Commercio/Associazione dei Mastribirrai Belgi di Bruxelles). Diplomatisi all’Alberghiero di S. Pellegrino, nel 2000 la CdC dei mastri birrai Belgi lo nomina Chevalier du Fourquet. Nello stesso anno ottiene il diploma B.S.B. di Mastro Spillatore di birra belga. Nel 2007 ha scritto la prima guida sui Locali Birrai in Italia.

Signorelli, “Ol Formager” Giulio Signorelli è un grande esperto del “sistema caseario”. Nella sua famiglia la passione per i formaggi inizia all’incirca nel 1920 grazie al nonno Alessandro che fa conoscere ai contadini i formaggi non prodotti da loro. L’attività continua con suo padre Luigi e dal 1969 è protagonista indiscusso grazie a un’offerta di 120/130 formaggi nel suo negozio Ol Formager, a Bergamo. È docente dei Laboratori del Gusto di Slow Food ed è rappresentante provinciale dell’Onaf.

Garbellini, il barman giornalista Dopo aver diretto una realtà alberghiera e ristorativa e collaborato con alcuni locali, Sebastiano Garbellini inizia a collaborare con diverse testate specializzate nel mondo del food&beverage e dell’ospitalità. Diversi i successi raggiunti: è 1° classificato al Concorso nazionale Aibes Ischia 2006 nella categoria barman emergenti e 2° alla Calvados Nouvelle Vogue International Trophies Normandia 2010 nella categoria giornalisti internazionali. Oltre ad essere free lance per diversi giornali (tra queste Locali Top e Il Mondo della Birra) è degustatore dell’Accademia della Birra.

Dabove, il giudice internazionale Lorenzo Dabove, in arte Kuaska, vive e lavora tra Milano e Genova. Specializzato in lambic, a fermentazione spontanea, è degustatore professionista nonché giudice internazionale alla World Beer Cup negli USa, al Mondial de la Bière di Montreal e all’European Beer Stars di Monaco di Baviera. È autore dei libri “Le Birre” e “Manuale della Birra” e di capitoli sulla birra italiana apparsi su diversi volumi stranieri. Dabove è docente ai Master of Food sulla birra ideati da Slow Food.

Ricupero, l’“uomo birra” della 4R Luca Ricupero è supervisore commerciale e “uomo birra” della Quattroerre. È una colonna portante dell’azienda e responsabile del Centro di Formazione Birra della sede di Seriate. Da anni copre il ruolo di docente dei corsi birra per titolari di pubblici esercizi e ha già istruito oltre 200 ragazzi provenienti da scuole alberghiere lombarde. La sua preparazione si è arricchita in Europa dove ha fatto esperienza in sei birrerie sia di stampo internazionale che di produzione artigianale. Ha già pubblicato la seconda versione di “Conoscere la Birra” ed è il promotore del progetto “Birre Speciali” della Quattroerre.

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Nel restaurato “Borgo San Vitale” approda anche il ristorante Due Colombe Inaugurato a Borgonato di Corte Franca il complesso medievale che ospita le distillerie Franciacorta

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e “Due Colombe”, locale stellato Michelin guidato dallo chef Stefano Cerveni, lascia Rovato e si trasferisce alla corte del Borgo Antico San Vitale, struttura appena restaurata e piccola perla di Borgonato di Corte Franca, nel cuore della Franciacorta.Tra la fine di settembre e gli inizi di ottobre, il trasloco del locale andrà ad ampliare il ventaglio di offerte e servizi del Borgo, che vanno dalle degustazioni alla possibilità di assaggio e di acquisto dei distillati alle visite guidate degli spazi interni del complesso e della suggestiva distilleria artigianale. Già, perché Borgo San Vitale dei fratelli Giuliano, Antonio e Luigi Gozio si propone oggi anche come un innovativo Centro di ricerca internazionale sui distillati, un percorso museale ed esperienziale sulla distillazione e, contestualmente, un’interessante vetrina della storia e della cultura del territorio. Un’iniziativa che si caratterizza per il perfetto connubio tra tradizione e innovazione. Le origini del suggestivo Borgo affondano nell’Alto Medioevo. E oggi, dopo otto anni di approfondita e rigorosa indagine archeologica e un’attenta azione di restauro (grazie all’utilizzo di tecniche e materiali della tradizione, quali pietra, mattone e legno) sono stati recuperati secoli di storia abbandonati all’incuria del tempo e ricreato

l’autentico clima settecentesco del Borgo. Nell’atmosfera alchemica dei sotterranei è stata realizzata l’ampia cantina caratterizzata dal soffitto a volte su colonne, in cui trovano collocazione le “barriques”, le botti in rovere in cui le grappe riposano per lungo tempo per un invecchiamento ed affinamento ottimali. Affacciate sullo splendido panorama della Franciacorta si trovano invece le “Distillerie Franciacorta”, che ospitano anche il Forum Acquavite, che ha il pregio di essere il primo centro internazionale per la ricerca sui distillati e sulle grappe. Liquori, e in particolare acquaviti di alta qualità, sono l’argomento di competenza del Forum: dalla sperimentazione nella produzione alla divulgazione della cultura, della tecnologia al consumo, dalla ricerca storiografica all’organizzazione di convegni, seminari e corsi. Il Comitato scientifico del Forum, presieduto dal professor Mario Fregoni, Ordinario all’Università Cattolica di Piacenza, coordinato dal professor Luigi Odello, contribuisce all’attività di una realtà unica in Europa e fra le più avanzate a livello internazionale. Un centro in cui la produzione di acquaviti di alta qualità è inserita in un percorso espositivo e sensoriale, finalizzato alla ricerca storica, tecnologica e di “analisi sensoriale” delle acquaviti e dei liquori.

IL 30 SETTEMBRE

Porta Osio, serata a base di funghi

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unghi, funghi e ancora funghi. Almeno da questo punto di vista, quella ormai agli sgoccioli, è stata un’estate generosa. Anche a Porta Osio ha deciso di approfittarne. E così il ristorante enoteca di via Moroni ha messo a punto una proposta che inaugura la nuova stagione di incontri enogastronomici. L’appuntamento è per il 30 settembre con la serata “I Funghi e i vini di Hofstatter” ricca di sapori e con un unico filo conduttore: sua maestà il fungo. Si partirà con un antipasto di ovoli crudi, mandorle e formaggio d’alpeggio, per proseguire con il risotto insaporito con finferli freschi. A seguire porcini dell’Appennino (Borgotaro) con polenta bergamasca e strachìtunt. I vini? Per piatti dal sapore tanto intenso Porta Osio propone un accostamento enologico di tutto rispetto: i vini di “Hofstatter “, azienda dell’ Alto Adige che da più di cento anni coltiva e seleziona le migliori uve autoctone. Info: tel. 035 219297

Franciacorta, ad Adro i

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ppuntamenti ad Adro con le cantine storiche della Franciacorta. Alla Dispensa Pani e Vini – regno dello chef Vittorio Fusari – si è aperto il ciclo di incontri «Un’azienda si racconta». Proprietari, cantinieri, enologi e non solo raccontano l’anima di tre tra le più importanti aziende del territorio attraverso la storia,


IL CORSO

Slow Food, sei lezioni alla scoperta del vino

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itorna il master “Vino 1° livello” promosso dalla condotta bergamasca di Slow Food e rivolto ai tanti che di vino non ne capiscono molto, ma vorrebbero conoscerlo meglio. Si tratta di una un’introduzione tecnico-pratica al mondo dell’enologia: i processi produttivi, le nozioni essenziali della viticoltura, la vinificazione, e soprattutto il linguaggio e gli strumenti della degustazione. Ogni incontro è suddiviso in due parti: lezione didattica e degustazione di quattro o cinque vini di diverso stile e tipologia. Il corso, coordinato dalla docente Carla Bocchio, si sviluppa in sei incontri, tra ottobre e novembre, tutti di mercoledì a partire dalle 20, con degustazione finale: 6 ottobre: il mondo del vino, storia e trasformazioni nei secoli 13 ottobre: esame visivo, analisi complessiva, influenza del clima, la vinificazione, la fermentazione 20 ottobre: esame olfattivo, tecniche di riconoscimento dei profumi 27 ottobre: esame gustativo, tecniche degustative, i tannini, l’affinamento 10 novembre: equilibri gusto-olfattivi, il concetto di equilibrio, la personalità di un vino, la valutazione complessiva 17 novembre: servizio, conservazione, l’etichetta, i disciplinari, abbinamenti. Gli incontri si terranno nella la nuova Sala Forum della 4R di Torre de’ Roveri. Uno degli incontri verrà organizzato alle Cantine dell’Azienda agricola Il Cipresso, a Scanzorosciate, dove, assieme agli esperti enologi, si collegheranno gli aspetti teorici a quelli pratici. Info: tel. 035 257515

o incontro con i produttori gli aneddoti, il lavoro e le curiosità. Insomma tutto il mondo del loro meraviglioso vino. La serata di apertura si terrà il 29 settembre con protagonista l’azienda Bellavista. Poi a seguire sarà la volta, il 6 ottobre, dell’azienda Ca’ del Bosco, il 12 ottobre della Guido Berlucchi, il 18 novembre di Barone Pizzini. Chiuderà la rassegna, il 1° dicembre, una degustazione cieca dei 12 migliori Franciacorta. Ad ogni serata seguirà un aperitivo proposto dalla Dispensa. Info e prenotazioni: tel. 030 7450757

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QUELLI DEL FORMAGGIO di Leo Bartoli

È nata una nuova perla: lo Stracchino all’antica delle Valli O robiche Viene cagliato “a munta calda” da un pugno di allevatori delle valli Brembana e Imagna e fatto maturare per una ventina di giorni. Chi l’ha provato ne è rimasto colpito. Anche Slow Food, che ha deciso di lanciarlo al Salone del Gusto

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rano anni che un gruppo di appassionati ne decantava i pregi, le qualità, ma soprattutto l’unicità all’interno della galassia degli stracchini, una delle categorie più popolose e prolifiche del lattiero caseario nazionale, anche nella Bergamasca primatista di Dop. Eppure quello stracchino all’antica, cagliato “a munta calda” da un pugno di allevatori delle valli Brembana e Imagna e fatto maturare, dopo una leggera stufatura, per una ventina di giorni, assume aromi e fragranze davvero uniche. Se ne sono accorti anche i vertici di Slow Food, che nei mesi scorsi hanno effettuato un vero e proprio blitz sulle Orobie per conoscere da vicino le sue peculiarità. La delegazione nazionale, guidata da Piero Sardo, grande esperto di formaggi, presipresi dente della Fondazione Slow Food per le Biodiversità, braccio destro di Carlin Petrini fin dalla prima ora e tra gli ideatori di “Cheese”, non ha potuto che certificarne la straordinaria bontà, creando le premesse per la nascita di un presidio a cura della condotta Valli Orobiche e soprattutto presentando l’invito come “guest star”, ospite speciale al Salone del Gusto di ottobre a Torino, quando allo Stracchino all’antica verrà dedicato, insieme all’Agrì, piccolo prodigio cilindrico di Valtorta, uno dei laboratori più attesi del-

la kermesse (sabato 23, ore 16, padiglione Oval). “Per noi è una grande soddisfazione che anche i vertici di Slow Food abbiano scoperto e riconosciuto la qualità di questo prodotto bergamasco di nicchia che noi stiamo cercando di promuovere da tempo, attraverso il duro lavoro di tanti piccoli bravissimi casari”, spiega Silvio Magni, che con Lorenzo Berlendis regge le sorti della condotta Slow Food Valli Orobiche, capace di far rifiorire (e si spera rendere sempre più remunerativa) un’attività, che fino ai primi anni del Duemila era a rischio estinzione. Ora, invece, una ventina di piccoli casari delle due valli è tornato a una produzione giornaliera accettabile: “Stiamo ancora parlando di 4-5 forme per ogni produttore - premette Magni - ma complessivamente si arriva a sfiorare i cento pezzi quotidiani tali vam garantire il buon esito del presidio”. Questo stracda g chino a latte crudo viene cagliato alla stessa temperatuchin della mucca senza essere riscaldato: prodotto da una ra de mungitura unica, viene maturato solo una ventina di mun giorni, anche se c’è chi si avventura in affinamenti più giorn lunghi.“Piace perché ha un aroma netto - fanno sapere lung dalla Condotta -: un sapore contadino che ci richiama la sta stalla, perché il latte non viene pastorizzato.Ai vertici Slow Food sono stati stregati dalla sua genuinità, daldi Sl sua freschezza, legata alla maestria dei casari che la la su producono, ai segreti della rottura della cagliata, all’abiprod lità a lavorare il latte nonostante le tante difficoltà, non ultimo l’isolamento con cui i produttori devono conviultim vere, anche per commercializzare il prodotto”. Proprio vere per ssensibilizzare i consumatori della pianura sui sacrifici che questi allevatori-casari compiono quotidianamente, la Condotta Valli Orobiche ha anche prodotto men un llungo filmato sulla vita negli alpeggi bergamaschi (ci ssono alcuni canali satellitari che hanno già chiesto l’esclusiva per poi trasmetterlo in autunno), mentre l’esc prima dell’appuntamento torinese, lo Strachì cagliato a prim munta calda ha avuto una sua prima ribalta alla Fiera mu di Sant’Alessandro di fine agosto, seguita dalla festa della Condotta Valli Orobiche ad Almeno San Bartolomeo il 26 settembre. Anche se consiglia-


mo sempre l’assaggio in purezza, facilmente al Salone torinese verrà proposto anche in abbinamento con un produttore di composte di frutta “bio” della Valle Imagna, mentre è ancora top secret (ma sarà sicuraPiero Sardo e il casaro mente extraprovinciale) e Guglielmo Locatelli di competenza Slow Food, il vino che accompagnerà la degustazione. Quello che emerge a prima vista è una bella crosta bianca, con affioramenti giallo-rosati e dalla morbida consistenza: all’assaggio risulta dolce e sapi-

do, con un piacevolissimo sentore di burro di malga. Si tratta di un patrimonio quasi completamente dimenticato che ci auguriamo, anche a grazie all’evento internazionale torinese, possa venire riscoperto e rilanciato come è avvenuto anni fa per un altro stracchino locale, il Bronzone, in grado di vincere la medaglia d’argento, unico Cru lombardo, alle Olimpiadi del Formaggio di montagna del 2005 a Verona.

La carta d’identità dello strachì La zona di produzione dello “Stracchino all’antica delle Valli Orobiche” è circoscritritta alla Valle Brembana e alle valli confluenti Serina, Taleggio e Imagna. Per la sua ua lavorazione è previsto l’uso di latte di una singola mungitura. Il latte intero, sano no e pulito deve essere prodotto da bovine (non esclusivamente stabulate) alimenntate tendenzialmente con foraggi e fieni locali o provenienti da zone limitrofe. fe. È vietato alimentare le vacche con foraggi insilati, prodotti OGM o alimenti nti che possano nuocere alla qualità del formaggio o che contengano residui di prodotti chimici utilizzati in agricoltura. Il latte deve possedere i requisiti microbiologici e chimici previsti dalla normativa vigente e non deve in ogni caso contenere sostanze o presentare caratteristiche tali da renderlo, anche solo olo potenzialmente, non idoneo alla trasformazione in formaggio. Caratteristiche del prodotto: Forma

parallelepipeda quadrangolare (18 x 25 cm) con leggere variazione in più o in meno in rapporto alle condizioni di lavorazione e alla stagionalità della produzione

Scalzo

Dritto, tendente “a cedere” nelle forme molto mature e nella variante invernale

Altezza scalzo Peso Crosta

Colore della pasta Struttura della pasta

Odore Sapore

4-7 cm 1,7-2,2 Kg Sottile e morbida, di color bruno chiaro, giallognolo o rosato; può essere solcata da muffe azzurre o grigio-bluastre bianca o bianco-giallognola all’interno; giallo paglierino o giallo sotto la crosta Molle, fondente e un po’ filante subito sotto la crosta; più compatta e leggermente friabile all’interno; tende ad assumere un aspetto fondente omogeneo nelle forme mature e nelle nella variante invernale. È senza occhiatura o con occhi piccolissimi. caratteristico, a volte pungente dolce, butirroso e aromatico (talvolta leggermente acidulo) che volge al piccante nelle forme molto mature; tollerata una leggera nota di amaro.

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L’INIZIATIVA di Anna Facci

La bancarella dei dolci arriva in ospedale Storica attività ambulante, la Zanetti di Cenate Sotto ha messo radici e, dopo il primo punto vendita aperto a Stezzano, fa il bis a Milano, nella nuova galleria commerciale del Niguarda. «Collocazione insolita, ma è un luogo molto frequentato» Cristina Gandolfi

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a “bancarella” dei dolci nel bel mezzo di un ospedale. È singolare - ma anche stimolante dicono i protagonisti – l’iniziativa di una piccola azienda familiare bergamasca, la Zanetti di Cenate Sotto, di aprire un punto vendita delle proprie specialità artigianali e di tante altre selezionate golosità all’interno del Niguarda, il grande ospedale milanese che, con la ristrutturazione e l’ampliamento del Blocco Sud, mette a disposizione dell’utenza e del personale anche una galleria commerciale. L’apertura dei negozi è prevista ad ottobre, nella hall dalla scenografica copertura trasparente, dove trovano posto anche gli sportelli dell’accettazione e delle prenotazioni. Saranno 16 attività, oltre a dei chioschi, pensate per rispondere alle esigenze di pazienti e visitatori, come l’erboristeria, l’abbigliamento intimo, gli articoli per bambini, la libreria: non solo punto di riferimento per le necessità dell’ultimo minuto, ma un piccolo shopping center con la presenza di marchi conosciuti, così che per il regalino al parente ricoverato o il pigiama di scorta la scelta possa essere ampia. Genere di conforto per eccellenza e dono sempre gradito, i

dolci ben ci stanno in un contesto simile. Già, perché, a meno di precise prescrizioni mediche, un cioccolatino, qualche liquirizia o una caramella speciale possono allietare la degenza o rinfrancare lo spirito dopo visite ed esami. «È vero – rileva Cristina Gandolfi, seconda generazione al lavoro in azienda – la collocazione è insolita, ma si tratta di un luogo molto frequentato e con le nostre proposte pensiamo di poter interessare gli utenti ma anche il personale della struttura ospedaliera». L’approdo a Niguarda è un’ulteriore sfida nella storia della Zanetti (il cognome è quello di mamma Loredana), da oltre quarant’anni presente con la propria bancarella di dolci nelle fiere della Bergamaca e della Lombardia. Dallo scorso aprile, infatti, l’attività ha messo radici, affiancando alla produzione artigianale e al commercio ambulante il suo primo negozio, all’interno del centro commerciale Le Due Torri di Stezzano. «Diversamente da quanto accade nella maggior parte dei punti vendita di questo tipo – dice ancora Cristina Gandolfi -, non abbiamo optato per la formula a libero servizio, ma abbiamo cercato di riprodurre la bancarella della fiera, a


tutto vantaggio dell’igiene, dell’ordine e di un rapporto più diretto con il cliente, al quale si possono spiegare le caratteristiche e far assaggiare certi prodotti». Il risultato è un banco coloratissimo e profumato lungo il quale si dispiegano, tutte debitamente presentate dal proprio cartellino, almeno 150 varietà di caramelle - gommose, liquirizie, ripiene, frizzanti, di tutte le forme e gusti -, per passare ai dragées con gocce di liquore, al marzapane, alla frutta essiccata, ad un’altra cinquantina di caramelle incartate fino alla nuova moda dei confetti di tutti i sapori. Nel laboratorio di Cenate Sotto papà Italo e il marito Massimiliano Bosio preparano poi il croccante, il filato, mandorle e nocciole pralinate e uno dei prodotti di maggior successo, lo zucchero matricale, antico e semplicissimo “quadrotto” fatto con zucchero ed estratti naturali che non solo risveglia i ricordi dei più anziani ma conquista anche i palati dei più giovani. I pezzi sono irregolari perché tagliati a mano e vanno da quelli più classici alle erbe alpine o rabarbaro e genziana a quelli alla liquirizia, al limone, alla menta, fino alla rosa canina e alla violetta. Da provare sciolto nel caffè quello all’anice. A partire dall’autunno si producono in proprio anche cioccolatini e tavolette; visti poi il crescere delle intolleranze alimentari e la sempre maggiore attenzione agli aspetti salutistici del cibo, non mancano le caramelle senza glutine, senza lattosio e senza zucchero o la frutta essiccata, ad esempio mirtilli e frutti di bosco, da coltivazione biologica. «Rispetto alla fiera – spiega Cristina -, il negozio ci permette di proporre anche specialità “da pasticceria”, che possono essere esposte e conservate nelle migliori condizioni. Certo – rileva - il periodo economico non è dei più favorevoli, ma l’apertura di un punto vendita fisso era un passo che avevamo intenzione di fare. Le prime indicazioni dal negozio di Stezzano sono buone e devo dire che ci sta dando anche un buon ritorno di immagine per l’attività ambulante perché chi ha modo di assaggiare i nostri prodotti poi ci riconosce nelle fiere e continua a sceglierci. L’attività che apriremo al Niguarda avrà la stessa impostazione, magari con un po’ più di assortimento dell’oggettistica, visto che probabilmente ci sarà una maggiore richiesta di confezioni regalo». Insomma una festa per gli occhi e per la gola.

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IL PREZZO FISSO di Fulvio Facci

Qui “terra e mare” pari sono Nel locale di via Pitentino, in città, pesce e carne si dividono equamente la carta, attenta anche al territorio e alla stagionalità. In cucina un giovane chef

“I

sapori… di terra e mare”, ristorante in città a due passi dal palazzetto dello sport, tiene assolutamente fede all’aspetto dichiarativo del proprio nome proponendo, appunto, in ugual misura sia dal punto di vista numerico sia da quello qualitativo, carne e pesce in una carta solo apparentemente semplice. Per ogni portata ci sono infatti tre proposte, sia per il mare sia per la terra, e sembrerebbero poche ma l’originalità dei piatti crea già in partenza l’imbarazzo della scelta: la loro dettagliata descrizione infatti costituisce uno stimolo alla curiosità, alla degustazione. Lo chef titolare è Cristian Iuliano, 28 anni, ma a dargli una mano e qualche consiglio c’è il papà Gianni mentre la mamma, Nives Tomasoni, è in sala. Anche in questa occasione si ripropone, quindi, con successo la sana gestione familiare. «Siamo qui dal 2003 – racconta papà Gianni che ha alle spalle una buona esperienza nel settore – e siamo assolutamente soddisfatti del nostro lavoro. Con mio figlio abbiamo fatto delle scelte ben precise privilegiando la stagionalità e la territorialità e creando a modo nostro una specie di filiera a chilometri zero. Ovviamente per il pesce ci appoggiamo ad

una nota struttura commerciale del settore, ma il resto proviene tutto dal nostro territorio, carni comprese». Il locale non è molto ampio, una sessantina di posti al massimo, ma è grazioso e ben curato.Attento e puntuale il servizio in sala. «Non puntiamo su grandi numeri – racconta ancora Gianni Iuliano – visto che siamo strutturati su base familiare, ma curiamo la qualità. Facciamo tutto noi e qualche volta, scherzando, dico che ci metteremo a fare anche il pane, l’unica cosa che non facciamo». Oltre alla territorialità da “I sapori di terra e mare” è in primo piano la stagionalità. Quello in corso ad esempio è il mese dei funghi: c’è un menù degustazione di porcini proposto a 35 euro, 45 con quattro vini in abbinamento. Ed a proposito di vini è doveroso ricordare che la carta ne offre circa 500 vista la grande passione per gli abbinamenti di Cristian, lo chef, che ha seguito i corsi di sommelier. Il mese prossimo sarà dedicato alle castagne e sono previste anche serate serat a tema. Da non lasciarsi sfuggire quella dedicata al pesce azzurro di imminente prorisposte sono positive – ha concluso grammazione. «Le ris Gianni Iuliano –. Non inventiamo nulla ma un po’ fantasia in cucina ce la mettiamo sia io sia mio figlio, rimane però la scelta delle materie fondamentale ri prodotti. Di certo non abbiamo menù prime, dei prod monotoni, cerchiamo sempre qualcosa classici né mono di nuovo». combinazioni, in termini di menù guidati, sono Le combinazioni diverse ma lla sintesi è indubbiamente rappredal menù degustazione, che per sentata d portata prevede sia il piatto di terogni po ra che di mare, al costo di 48 euro vino escluso e 62 con quattro vini in abbinaesclu

I SAPORI… DI TERRA E MARE via Pitentino 16 v Bergamo ttel. 035 220152 chiuso il mercoledì sera Cristian Iuliano, a destra, con papà Gianni e mamma Nives

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mento. L’intera filosofia del locale è contenuta in questa proposta. Sei piatti più il dessert. E possiamo anche ricordarli tutti. Crudo della Valle d’Aosta con tortino di fontina al tartufo nero, tonno sottolio con cozze in scapece e maionese di soia, gli antipasti. Maccheroncini di pasta fresca con ragù di capriolo e risottino agli asparagi di mare e canocchie, i primi. Sella d’agnello in crosta di nocciole su crema di porcini e tartufo nero, scampi in crosta di lardo su vellutata di finocchi novelli, i secondi. Questi piatti sono anche rappresentativi della struttura della carta del ristorante.

LA PROVA

Menù fisso, ma con classe La particolarità è che il vino per il menù di mezzogiorno viene servito in bottiglia, con una discreta scelta. Per il resto, la proposta si compone di quattro primi piatti, cinque secondi e quattro contorni. Tovaglie e tovaglioli in stoffa e più in generale un mise en place molto gradevole tendono a creare poi una linea di continuità con il servizio serale. Insomma menù a prezzo fisso sì (undici euro per primo, secondo, contorno, vino, acqua e caffè), ma con una certa classe. Reginette all’amatriciana, pasta pomodoro e basilico, ravioli al prosciutto in salsa di parmigiano e pasta alla bolognese i primi piatti che abbiamo trovato nella “carta” per la pausa pranzo. Salsiccia con piselli, scaloppine al limone, prosciutto e formaggio, frittata agli spinaci e lingua di vitello stufata con purè, le proposte per i secondi. Barbabietole in insalata, insalata mista, verdure al vapore e zucchine trifolate i contorni. Reginette all’amatriciana e lingua stufata le nostre scelte. Ottimi sia il servizio sia le portate.Anche questa volta - è un periodo che la qualità dei menù fissi ci sorprende - undici euro spesi molto bene.

Affari di Gola settembre 2010 33


APPUNTI DI VIAGGIO di Valter Mazzoleni

Disavventure gastronomiche di un italiano D opo averle desiderate tanto, il 5 agosto iniziano le mie ferie. Finalmente si parte, destinazione Borgogna: con me ci sono mia moglie, i nostri due figli, mia sorella con marito e figlio. Siamo in sette e ci sentiamo magnifici. Ci aspetta, almeno così credo, una settimana di cultura e buona cucina navigando sul “Canal du Nivernais”. Giunti in Francia, l’auto (francese) di mio cognato finisce kappaò con un tempo di riparazione stimato in almeno una settimana: l’inizio non sembra quindi particolarmente felice, eccezion fatta per la contrarietà dei transalpini nel notare lo stato d’efficienza della mia Alfa. Recuperata un’auto sostitutiva arriviamo alla prima tappa prevista: il B&B “Domaine de Poiseuil” a Poiseuil, dove gentilmente ci vengono fornite indicazioni su dove cenare. Sono le 20.30 quando passiamo dinanzi alle vetrate del “Restaurant le Fleurville Hotel”, a Fleurville, e notiamo fiduciosi che la sala è per metà vuota. Qualche dubbio si insinua davanti al cartoncino posto sulla porta d’ingresso:“Hotel e Restaurant complet”. Sarà riferito all’hotel - pensiamo - la sala è vuota! Nonostante le

scampanellate d’ordinanza, più un paio di contorno, non si vede nessuno per 5 minuti buoni. Quindi si presenta una signora, a cui chiediamo se sia possibile cenare. La risposta, credo insegnata nelle scuole alberghiere, suona più o meno così: “Non avete letto il cartello sulla porta?” La seconda indicazione è generica:“Alcuni chilometri oltre, a Pont-de-Vaux, vi sono diversi locali”. Giunti in loco, percorriamo a piedi la via principale. Passando da un cartello “completo” all’altro, l’ipotesi di dover digiunare si fa sempre più concreta. Mi avvicino ad una pizzeria dai cui vetri fumé filtra un barlume di luce: sulla porta nessun cartello. In quello che potrei definire l’ingresso, quattro individui che guardano la tv. Provo ad entrare. La porta sembra bloccata, ma, dopo alcuni tentativi, i quattro volgono uno sguardo fugace verso di me per tornare poi velocemente a guardare la tv. Alla fine ci ritroviamo a mangiare sandwiches preconfezionati. Questi atteggiamenti, simili a quelli di un impiegato fantozziano che, al preciso scoccare dell’ora interrompe la propria attività, quale

LETTERE

Al ristorante in Croazia

Tutti addosso all’Italia, ma anche all’estero il turista viene maltrattato Caro direttore, dicono dell’Italia, maleducata e cara per i turisti, ed è vero. Il nostro Stivale non perde occasione per farsi del male, per la gioia dei nostri concorrenti, che magari hanno gli stessi vizi ma non la nostra nomea, e ci svuotano progressivamente spiagge e città. Inutile piangersi addosso. Siamo fatti così, senza tante prospettive di miglioramento. Anzi. Se siamo arrivati al punto che il turista da noi ordina il cappuccino al banco e se lo porta al tavolo per paura di dover pagare chissà quale cifra per il servizio, vuol dire che il sentimento generale di chi arriva da noi non è certo dei migliori. Tuttavia, è sconfortante constatare come all’estero non è che poi siano tutti proprio cristallini e perfetti. E così si rafforza l’impressione che all’Italia non si perdoni nulla, agli altri invece molto. L’ennesima conferma l’ho avuta quest’estate, durante un breve sog-

giorno in Croazia. Piccoli episodi, ma significativi. Il primo è accaduto di martedì. Prenotiamo per quattro persone alle 20. Il ristoratore apre l’agenda, annota gli estremi e ci saluta con un sorriso che già ingloba quello d’accoglienza alla sera. Perlomeno, così pensavamo. Già, perché alla 20.05 arriviamo alla meta e di posti a sedere neanche l’ombra. Business is business e il signor ristoratore ha pensato bene di far assettare tutti i clienti che via via si sono avvicinati alla sua porta, alla faccia di chi ha prenotato. Delusi, ci guardiamo in giro, chiediamo spiegazioni ma è un fuggi fuggi generale. Ecco infine avvicinarsi l’ultimo dei camerieri, mandato allo sbaraglio, che ci chiede di pazientare una mezz’oretta. Tralasciamo, per decenza, il seguito della conversazione. Due sere dopo, cena nel miglior locale della città. Accoglienza cortese, servizio di-

34 Affari di Gola settembre 2010

screto e piatti nella media (in Croazia è quasi inutile cambiar locale, si mangiano sempre le stesse cose). Alla richiesta del conto ecco che il cameriere muta pelle come un serpente. Da gentile e affabile si fa quasi “minaccioso”: “Ve lo porto subito, ma volevo ricordarvi che qui è tradizione lasciare la mancia al cameriere”. Resto sbigottito e con una smorfia di disappunto lo apostrofo:“È la prima volta che un cameriere mi chiede la mancia, peraltro in modo così spudorato e diretto, ancor prima di pagare. Mi informerò col titolare sulle tradizioni locali”. Il cameriere capisce l’antifona e si eclissa, torna col conto e lo lascia in modo frettoloso. Il pensiero va a quanti abboccano e arricchiscono la stagione del furbetto. Infine, ma questo ci è stato riferito, una coppia di italiani affronta a piedi un sentiero per raggiungere una spiaggetta appartata e trovandosi a corto di acqua (il sentiero è


o in Borgogna che essa sia, ci portano a coniare il motto della vacanza: “Al francés ga borlà zó la pèna”. Il giorno seguente, dopo una visita a Cluny ed un pranzo “normale”, ci dirigiamo a Chatillon en Bazois, base di partenza del nostro tour in barca. Per cena, visto i precedenti, anticipiamo i tempi, e alle 19.30 stiamo già vagando per le strade del paese alla ricerca di ristoro. Dopo aver temuto nuovamente il peggio, troviamo l’unico locale aperto del luogo: “La Tour de Pizz”.All’interno un soprammobile, alto quasi un metro, raffigurante la Torre di Pisa. Siamo a casa? Scopriremo di no. Alla fatidica domanda (siamo in sette, c’è posto?) ci guardano con aria dubbiosa. Dopo aver “controllato in sala”, ci fanno accomodare. La sala ha una decina di tavoli sparsi qua è la, di cui solo un paio occupati. Siamo sempre più perplessi. Le pizze? Una pasta biscottata alta 3-4 mm. che più che di essere tagliata si aspetta di essere spezzata, con un ingrediente comune, quale

particolarmente esposto al sole) raggiunge un piccolo chiosco dove attraccano le barche. Lui chiede una bottiglia d’acqua da 1,5 litri e si sente sparare la cifra di 30 kune, quasi 4 euro e mezzo (prezzo al supermercato 0,75 euro).Ah, dimenticavo. Prima di partire, non riuscendo a trovare tesserini per la sosta a pagamento dell’auto, hanno chiesto informazioni in un ufficio del turismo. L’addetto li ha liquidati così:“Ho per caso la faccia da parcheggiatore?” e si è rituffato nelle sue occupazioni. Tutto, lo ricordo, è accaduto in Croazia, non in Italia. Lettera firmata

che sia la pizza scelta: origano in quantità industriale! La notte seguente la trascorro in compagnia di una bottiglia d’acqua, alla quale chiedere soccorso ogni quarto d’ora. Sabato 7, finalmente, una cena degna di tal nome, grazie all’ottima carne di manzo (qui le vacche di razza charolaise pascolano liberamente, con ciò che ne consegue). La sera successiva, complice un percorso “ricco” di chiuse, siamo costretti ad una discreta escursione in bici sino a Corbigny. Qui scopriamo che bar e pub servono solo da bere. D’accordo, niente “a manger”, ma almeno un’informazione. “Ci sono ristoranti o locali dove è possibile mangiar qualcosa?” chiediamo.“No, non a Corbigny”. Ovviamente ceniamo a Corbigny, e non solo: il giorno dopo scopriamo anche un altro paio di ristoranti a non più di 100 metri dal “nostro informatore”. Quindi, tutto negativo? Certo che no! A salvare l’onore della Francia, oltre alla charolaise, ci pensa Madame Blondeau, gentilissima proprietaria del ristorante “Le Relais Fleuri” a Tannay che, nella serata temporalesca del lunedì, ci offre un riparo dalla pioggia, ci consiglia e ci coccola. A base di anatra, funghi e formaggi, il tutto con ottimo accompagnamento nei calici. Sembra anche che la signora porti fortuna: da lì in poi, infatti, nessun altra disavventura. Gastronomica e di accoglienza.

Che pessima abitudine non mostrare il menù al cliente Egregio direttore, le scrivo per segnalarle due pessime abitudini in voga tra molti locali pubblici: la mancanza dei prezzi nel menù e i ricarichi sul vino al bicchiere, che tante volte può arrivare a costare al consumatore anche cinque volte di più di quello che viene pagato in cantina (l’ha affermato, recentemente, anche Giuseppe Martelli, direttore generale di Assoenologi). Insomma: in certi esercizi la cantina rende più della cucina. Ma partiamo dal menù. Ci è capitato più di una volta di sederci al tavolo di un ristorante, di un’enoteca o di un wine bar e di scoprire che non esiste la carta. Il menù viene recitato a voce dai camerieri, senza poter sapere in questo modo il prezzo dei singoli piatti. Il risultato è che spesso ci si trova a dover saldare conti salati, oltre ogni decenza, e con in mano una ricevuta che non elenca in modo specifico neppure le varie consumazioni. Un modo di lavorare, questo, che reputo poco rispettoso del cliente. Il quale ha il sacrosanto diritto di sapere cosa spende e di scegliere di conseguenza. Come accade ai quando fanno le loro provviste dai fornitori (o hanno il signori esercenti ese coraggio di d affermare che scelgono i prodotti a scatola chiusa?). Altra sottolineatura da fare è quello del vino a bicchiere. Come ha ricordato Mardi ottimo vino a Denominazione di origine controllata telli, una bottiglia b venduta in cantina all’ingrosso mediamente intorno ai 6 euro. Da viene vend bottiglia si ricavano mediamente 4 calici, che venduti a 6-8 euro deuna bottig terminano un ricavo di 24-32 euro, pari a circa il 400% in più! E scentermina di categoria le cose vanno anche peggio. Una bottiglia di ottimo dendo d vino a Indicazione geografica tipica (Igt) viene commercializzata in cantina all’ingrosso mediamente tra i 3 e i 4 euro (è sempre Martelcanti li a rivelarlo), ma capita di pagare il bicchiere quasi al prezzo di intere int bottiglie di vino. Credo che ogni commento sia superfluo. Michele Andreucci

Affari di Gola settembre 2010 35


L’ANGOLO

DEL SINGLE di Marco Bergamaschi

Ricette facili e veloci per chi vive da solo, ma non rinuncia alla buona cucina

Capita a tutti nella vita di vivere per un certo periodo di tempo da soli. E spesso ciò coincide con la rinuncia ai piaceri della buona tavola ed è sinonimo mo di cibo congelato, essiccato, imbustato. Ecco allora qualche idea per preparare ricette “monodose” da mangiare seduti a tavola o rilassati sul divano, a seconda dell’umore, per non sentirsi mai più soli ai fornelli... perché anche mangiare da soli può essere piacevole.

Tonno e pomodoro che accoppiata! Ingredienti per 1 persona 2 pomodori 50 g di tonno sott’olio 1 uovo 1 cucchiaio di capperi prezzemolo q.b. 2 cucchiaini di maionese sale e pepe a piacere Preparazione on un cucchiaio scavate l’interno togliendo i Lavate i pomodori e tagliate in senso orizzontale la calotta; con semi e capovolgeteli per farli scolare. Fate bollire l’uovo in acquaa bollente per 9-10 minuti, sgusciatel sgusciatelo, tagliaspezzett telo a dadini e mettetelo in una terrina.Aggiungete alla terrina il tonno spezzettato, i capperi, il prezzemolo tritato, sale e pepe. Amalgamate il tutto con la maionese fino ad ottenere una crema omogenea. Farcite l’interno dei pomodori con il ripieno preparato e lasciate riposare qualche minuto prima di mangiarlo. Servite il tutto con delle fette di pane di segale.

LA CURIOSITÀ Insalataro, perino, ciliegino, a cuore di bue... il pomodoro è uno degli ortaggi più versatili della nostra tavola, apprezzato per preparare una grande varietà di piatti gustosi nei nodi più disparati. Costituito dal 94% di acqua, è un alimento leggero, ricco di minerali e oligoelementi ed è un’ottima fonte di vitamina C. È anche un eccellente attivatore della motilità gastrica e, grazie al ricco contenuto di acido malico, acido arabico e acido lattico, può aiutare a risolvere problemi relativi alla digestione lenta o ad una scarsa acidità gastrica. A detta degli esperti, poi, non esiste farmaco efficace contro i radicali liberi come il pomodoro, che contiene il licopene, uno dei più potenti antiossidanti presenti in natura. Ecco forse spiegato perché, dopo la patata, il pomodoro è l’ortaggio più coltivato nel mondo.Anche il tonno, unico pesce a sangue caldo, è un’ottima fonte di proteine, potassio, selenio e vitamina B12 ed è ricco di omega 3 e omega 6, utili per un corretto funzionamento delle cellule e nemici di co-

36 Affari di Gola settembre 2010

lesterolo, allergie, infiammazioni e infezioni virali. Nei supermercati è possibile trovare molti tipi diversi di tonno in scatola ed è importante orientarsi tra le varie scatolette, poiché non sempre i prodotti proposti sono di alta qualità. Ricordiamoci che il tonno viene inscatolato con sale e in alcuni casi con olio di oliva; per legge è concessa anche l’aggiunta di glutammato monosodico (E 621), un esaltatore di sapidità che deve essere riportato tra gli ingredienti; così uno dei segreti per svelare la qualità del prodotto è proprio questo: se tra gli ingredienti compare il glutammato o la scritta E621 significa che la qualità del pesce è scadente.Anche la compattezza delle carni la dice lunga: se appare compatto, il prodotto sarà di qualità.Al contrario se si presenta in piccoli frammenti, si tratta di avanzi di lavorazione poco pregiati. Infine il colore della carne deve essere rosato, se è bruno indica lunga conservazione e scarsa qualità delle carni. Non resta che scegliere con oculatezza. Buon appetito.


Drink con lo scienziato in piazza Libertà Durante il festival BergamoScienza allestito un punto di ristoro e incontro

P

er incontrare i protagonisti di BergamoScienza - il festival di divulgazione che dal primo al 17 ottobre porterà in città e provincia oltre 180 eventi aperti gratuitamente al pubblico tra conferenze, tavole rotonde, mostre, laboratori interattivi, spettacoli di musica e poesia, competizioni – c’è BergamoscienzaCafé, punto di ristoro allestito in piazza della Libertà in cui scienziati, artisti, volontari, animatori e appassionati possono darsi appuntamento per chiacchierare di scienza. Un luogo d’incontro informale dove vivere un “happy hour” in compagnia di uno scienziato, mangiare un panino con uno scrittore,“bere una cosa” con un matematico, un fisico, un ricercatore. Il bar della scienza ospita l’Info Point del Festival per rimanere aggiornati sugli appuntamenti, che si possono trovare anche sul sito www.bergamoscienza.it

Festa dei nonni, il gelato è gratis

I

gelatieri bergamaschi fanno un regalo ai nonni. In occasione della loro festa nazionale, il prossimo sabato 2 ottobre, oltre trenta gelaterie tra quelle che partecipano alla campagna “Gelateria di fiducia” - organizzata dal Comitato gelatieri bergamaschi (Co.gel) aderente all’Ascom – offriranno un cono o una coppetta ai nonni e alle nonne che presenteranno lo speciale tagliando pubblicato il giorno precedente sul quotidiano l’Eco di Bergamo. L’appuntamento è ormai consolidato e rientra tra le iniziative annuali di promozione del gelato artigianale e degli esercizi che assicurano un prodotto sempre fresco e genuino. Se ad inizio stagione si tiene “La merenda non si paga”, rivolta ai bambini delle scuole dell’infanzia e delle elementari, con l’arrivo dell’autunno si pensa ai più anziani completando idealmente il messaggio che il gelato è un alimento buono per tutte le età. Quest’anno, in particolare, lo slogan della campagna è «Dolcemente genuino. Il gelato artigianale: una freschezza di piacere» a ricordare che quello tra salubrità e gusto non è un accostamento impossibile, ma trova un’ottima sintesi proprio in un cono o in una coppetta.

L’iniziativa del Co.gel Ascom coinvolge oltre trenta gelaterie

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Affari di Gola giugno 2010

maggio 2010

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TRATTORIA D’AMBROSIO

Parla Giuliana: ÂŤQuanta gente che mi vuole bene!Âť LO CHEF

Bottura: ÂŤCultura indispensabile anche in cucinaÂť IL PRODOTTO

Parco dei Colli, la patata pronta al debutto IL PERSONAGGIO

A Londra il cuoco a domicilio parla bergamasco

Affari di Gola

IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO

Anche a Bergamo il consumo non decolla. Parola di fornitori e ristoratori. ÂŤServe il salto culturaleÂť ÂŹ UPPLEMENTOÂŹALÂŹN ÂŹ ÂŹDEÂŹh,AÂŹ2ASSEGNAvÂŹDELÂŹ ÂŹLUGLIOÂŹ ÂŹ ÂŹ'IUSEPPEÂŹ2UGGIERIÂŹDIRETTOREÂŹRESPONSABILEÂŹ ÂŹ%DITRICE ÂŹ,AÂŹ2ASSEGNAÂŹ3 R L ÂŹVIAÂŹ"ORGOÂŹ0ALAZZOÂŹ ÂŹ"ERGAMO 3 0OSTEÂŹ)TALIANEÂŹ3 P ! ÂŹ ÂŹ3PEDIZIONEÂŹINÂŹ!BBONAMENTOÂŹ0OSTALEÂŹ ÂŹ$ , ÂŹ ÂŹ CONV ÂŹINÂŹ, ÂŹ ÂŹN ÂŹ ÂŹART ÂŹ ÂŹCOMMAÂŹ ÂŹ$#"ÂŹ"ERGAMOÂŹ ÂŹ`ÂŹ

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Anche Bergamo scopre i sapori del mondo

Supplemento al n. 24 de “La Rassegnaâ€? del 24 giugno 2010 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile - Editrice: La Rassegna S.r.l. via Borgo Palazzo 137, Bergamo Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - â‚Ź 2,60

IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO

Viaggio tra i market etnici cittadini dove è ormai facile trovare di tutto

luglio 2010

Pesce azzurro, costa poco ma vale tanto FOCUS

Con l’estate le grigliate tornano protagoniste IL PERSONAGGIO

Mondonico: ÂŤVi racconto la magia del salameÂť IL RISTORANTE

Al San Gerolamo l’esperienza è “interattivaâ€?

Ĝ FRESCA SALUTARE E ANDREBBE VALORIZZATA MEGLIO SIA NEI LOCALI CHE A CASA ) CONSIGLI DELLO CHEF E DEL FRUTTIVENDOLO

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