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Uganda
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Etiopia
La prigione perfetta
Ghana
Missione tra i rifiuti Sport
La Maratona dei Saharawi
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Il teatro di Carlo Magno
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Diario africano Taccuino di un reporter ...«L’Africa rimane un continente tenace, vitale e imprevedibile. Come a volerci dimostrare che un altro mondo non solo è possibile, esiste già»...
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Il mondo dei Dinka
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editoriale
di Paolo Costantini
Sarà vero sviluppo? Q
uello della crescita rischia di essere il luogo comune con il quale nel prossimo futuro si designerà un’Africa passata dal continente della fame, delle guerre, delle carestie a quella del miracolo economico, della nuova classe media, delle eccezionali prospettive di investimento. Come tutti i luoghi comuni, anche questo ha una parte di verità che non si può assolutamente generalizzare. Ci piacerebbe che, per una volta, si designasse l’Africa con un luogo comune dal significato più ampio, più inclusivo. Cioè, ci piacerebbe che, per una volta, si parlasse di crescita intesa nel senso di più occupazione, più possibilità di accesso a sanità e istruzione, più possibilità di viaggiare e di scegliere, più pace; più rispetto della persona, in una parola. Oggi, alcuni Paesi africani vengono definiti autentici miracoli economici, con livelli di crescita a due cifre che le vecchie potenze economiche occidentali
ormai si sognano. Si parla di Smart Cities, faraonici progetti di città che sappiano fare fronte alla turbinosa urbanizzazione di quasi tutte le megalopoli africane. Ma nei progetti non c’è traccia della povertà che colpisce larga parte della popolazione. Allora, ci chiediamo se questi grandiosi progetti saranno uno sviluppo autentico o l’ennesimo vaneggiamento di politici megalomani e visionari. Oppure, peggio, se esaudiranno l’intento speculativo di colossi stranieri in cerca di nuovi business nel continente del miracolo. Pensiamo, per esempio, ai milioni di congolesi che vedono passare sulle loro teste i cavi dell’alta tensione che, dalle immense dighe di Inga Uno, Due e Tre, portano la corrente per duemila chilometri fino alle miniere di rame del Katanga (a beneficio degli investitori multinazionali), ma non hanno elettricità nelle proprie abitazioni... Ci piacerebbe anche che
non si confondesse l’aumento delle comunicazioni con la grande crescita di telefoni cellulari e che, invece, per “comunicazioni” si intendesse più strade, più ponti, più mezzi pubblici e a costi accessibili. Chi l’Africa la percorre e la conosce bene, sa che fuori dalle grandi città, nonostante la dirompente crescita economica dei freddi dati contabili, spesso è come se il tempo si fosse fermato: strade in terra battuta, impercorribili durante le piogge, villaggi che vivono di agricoltura di sussistenza, giovani che non dispongono del necessario per
andare in città a cercare lavoro. Certo, l’Africa non è solo questo, come non è mai stata solo guerre e fame; ma a maggior ragione oggi l’Africa non è solo crescita e miracolo economico. L’Africa è una realtà complessa; continua ad essere il continente abitato da persone, uomini e donne, con il più basso potere d’acquisto del pianeta, con la rete stradale e ferroviaria in assoluto meno dimensionata alle reali esigenze dei suoi abitanti. Ecco perchè la crescita economica è un aspetto, anzi, per ora, solo una chance per pochi. E gli altri? • africa · numero 1 · 2014
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sommario
lo scatto 34. Sostanze proibite Dall’Africa c’è sempre qualcosa di nuovo Plinio il Vecchio (I secolo d.C.) EditorE
Prov. Ital. della Soc. dei Missionari d’Africa detti Padri Bianchi dirEttorE rEsponsabilE
Alberto Rovelli
dirEttorE EditorialE
Paolo Costantini CoordinatorE
Marco Trovato wEbmastEr
Paolo Costantini amministrazionE
Bruno Paganelli
promozionE E UffiCio stampa
Matteo Merletto
progEtto grafiCo E rEalizzazionE
Elisabetta Delfini
dirEzionE, rEdazionE E amministrazionE
Cas. Post. 61 - V.le Merisio 17 24047 Treviglio (BG) tel. 0363 44726 - fax 0363 48198 africa@padribianchi.it www.missionaridafrica.org http://issuu.com/africa/docs CopErtina
Ghana - Una vista delle torri della futura Hope City (foto OBR) foto
Si ringrazia Olycom CoordinamEnto E stampa
Jona - Paderno Dugnano
Periodico bimestrale - Anno 92 gennaio-febbraio 2014, n° 1
Aut. Trib. di Milano del 23/10/1948 n.713/48 L’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dai lettori e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione. Le informazioni custodite verranno utilizzate al solo scopo di inviare ai lettori la testata e gli allegati, anche pubblicitari, di interesse pubblico (legge 196 del 30/06/2003 - tutela dei dati personali).
africa rivista
copertina
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40 Benvenuti nel Futuro di Marco Trovato
attualità
3 4 Bambini maledetti a Kinshasa 10 Africa 2014 12 Ecco Fairphone, il telefonino etico 14 La prigione perfetta Africanews
a cura di InfoAfrica
di C. Six e G. Dubourthoumieu a cura della Redazione a cura Giusy Baioni
di Alessandro Gandolfi
società
20 22 La signora del pallone 24 Microcosmo galleggiante 30 Nel salotto di Mo Un continente di dighe a cura della Redazione di Paola Marelli
di Andrew McLeish/Orizon di Marco Trovato
Nigeria
libri - musica
36 Libri e musica
di P.M.Mazzola e C. Agostoni
cultura
38 Noir congolese 50 L’Africa (distorta) nella pubblicità di Anna pozzi
a cura della Redazione
sport
54 Nel deserto di corsa. Per solidarietà 60 L’anima nera di Lisbona di Anna Pozzi e Bruno Zanzottera di C. Agostoni e B. Zanzottera
chiesa
64 Missione a Sodoma e Gomorra 70 Notizie in breve togu na 72 vita nostra 73 di Bruno Zanzottera
a cura di Anna Pozzi
a cura della redazione
a cura della redazione
in regalo la foto di mandela, da staccare e conservare
@africarivista
COME RICEVERE AFRICA per l’Italia:
Contributo minimo consigliato 30 euro annuali da indirizzare a: Missionari d’Africa (Padri Bianchi) viale Merisio, 17 - 24047 Treviglio (BG) CCP n.67865782 oppure bonifico bancario su BCC di Treviglio e Gera d’Adda Missionari d’Africa Padri Bianchi IBAN: IT 93 T 08899 53640 000 000 00 1315
per la Svizzera:
Ord.: Fr 35 - Sost.: Fr 45 Africanum - Rte de la Vignettaz 57 CH - 1700 Fribourg CCP 60/106/4
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IN REGALO PER I LETTO RI DI AFRICA UNA FOTO RICORDO DEL GRANDE MADIBA, INTRAMONTABILE SIMBOLO DI LIBERTÀ E DI LOTTA CONTRO OGNI RAZZISMO.
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news
a cura di InfoAfrica
INFO
Africa
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Africanews, brevi dal continente 1 Nigeria, agricoltura in rosa
3 Sud Sudan, Juba nel caos
Secondo una ricerca realizzata dal ministero dell’Agricoltura nigeriano, circa il 70% della forza lavoro in agricoltura è composto da donne. In base ai dati, sarebbero quindi oltre 26 milioni. Ciononostante, soltanto il 20% delle lavoratrici ha accesso a finanziamenti o progetti di microcredito.
Quasi 500 morti, oltre 800 feriti e 15.000 profughi. È il bilancio provvisorio degli scontri a Juba, capitale del Sud Sudan, che rischiano di far precipitare nella guerra civile il più giovane Paese d’Africa. Dietro i disordini - che contrappongono diverse fazioni militari e le due principali etnie della regione - ci sarebbe stato un tentativo di golpe sventato dal presidente Salva Kiir, secondo il quale il tentativo di putsch sarebbe da attribuire all’ex vice presidente Riek Machar, licenziato sei mesi fa assieme ai principali ministri accusati di corruzione.
2 Mauritius, a scuola con il tablet Oltre 26.000 tablet saranno consegnati ad altrettanti studenti dell’ultimo anno delle scuole secondarie delle Mauritius. I dispositivi saranno distribuiti dalla Mauritius Telecom, vincitrice di una gara d’appalto indetta dal governo nell’ambito di un progetto di sostegno all’istruzione. Il progetto costerà circa 4,2 milioni di euro e i tablet avranno già caricati in memoria programmi, sviluppati dal ministero dell’Istruzione, di matematica, inglese e francese.
crescente livello di criminalità e per il fenomeno dei sequestri di persona. Una preoccupazione che riguarda in particolare Maputo e che alcuni osservatori collegano alle crescenti disuguaglianze sociali all’interno del Paese.
ta 27 anni. Secondo stime correnti, l’Angola dovrebbe contare circa 20 milioni di abitanti, una buona parte dei quali concentrati nell’area metropolitana della capitale Luanda.
5 Angola, primo censimento
Dalla sua ammissione al processo di Kimberley, il 14 agosto 2012, il Camerun ha esportato 2414 carati di diamanti. Lo ha reso noto il ministero dell’Industria secondo cui il grosso della produzione, gestito dalla società coreana C&K Mining, ha generato incassi per 282 milioni di franchi Cfa. Il 12,5% di questa cifra spetta allo Stato.
Per la prima volta dall’indipendenza (1975), l’Angola terrà un censimento generale della popolazione e delle abitazioni. Le operazioni si svolgeranno tra il 16 e il 31 maggio. L’ultimo censimento risale al 1970, in epoca coloniale; dopo l’indipendenza, il Paese subì una cruenta guerra civile dura-
6 Camerun, export in carati
4 Mozambico, troppi rapimenti Sono stati 64 i casi di rapimento registrati in Mozambico tra il luglio 2011 e il settembre 2013. Lo ha riferito il ministro dell’Interno, Alberto Mondlane, rispondendo a un’interrogazione parlamentare di alcuni deputati preoccupati per il
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Zimbabwe, Mugabe fa novanta
Ha cavalcato la scena politica dello Zimbabwe per più di mezzo secolo, è stato uno degli eroi dell’indipendenza e ha teso la mano anche agli ex nemici della Rhodesia di Ian Smith. Dopo essere stato nominato Cavaliere dalla regina Elisabetta II (titolo revocatogli nel 2008), Mugabe ha toccato la questione della terra coltivabile - per lo più in mano alla minoranza bianca - con una riforma già prevista dagli accordi che avevano portato all’indipendenza: così nel 2001 sono arrivate le prime sanzioni, accuse di crimini e violazioni, un isolamento internazionale imposto da Londra e Washington. Malgrado ciò, nel 2013 Mugabe ha vinto di nuovo le elezioni presidenziali e il 21 febbraio festeggerà il suo 90° compleanno.
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attualità
testo di Caroline Six foto di Gwenn Dubourthoumieu
Uno sconvolgente reportage sull’incubo dei piccoli stregoni della R.D.Congo
maledetti a Kinshasa
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ifficile distinguere i corpi stesi alla rinfusa sul pavimento di cemento. È un’altra notte senza elettricità nel centro per bambini di strada di Matonghe, quartiere periferico di Kinshasa. In un cortile semibuio una quindicina di shegué - come vengono chiamati i giovani sbandati nella RD Congo - scherzano con i loro educatori del Centro Père Franck, custodi del loro sonno per questa notte. Tra loro c’è Sankas, tredicenne, che ha vissuto per strada fin dall’età di 8 anni: «È stata mia madre a cacciarmi di casa. Mi ha incolpato di aver “mangiato” un cugino. Ho cercato di difendermi ma come unica risposta ho ricevuto insulti e bastonate. Un giorno mi hanno portato nella Chiesa di Bima (Chiesa evangelica del quartiere Bumbu, ndr). Il prete mi
ha accusato di essere uno stregone. Quando siamo tornati a casa, mia madre mi ha detto di andarmene perché ero pericoloso».
Boom di indemoniati Come l’80% dei 40mila bambini che vivono sulle strade di Kinshasa, Sankas è stato cacciato dalla famiglia, dopo essere stato accusato di stregoneria dal pastore di una Chiesa indipendente. A Kinshasa oggi ci sono oltre 7mila Chiese di ispirazione cristiana, spesso classificate come “Chiese del risveglio”, che alimentano le credenze popolari e prosperano con il business degli esorcismi. Un fenomeno esploso negli ultimi vent’anni parallelamente all’acuirsi della crisi socio-economica.
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attualità A migliaia vengono accusati di essere posseduti dal diavolo. E per questo sono cacciati di casa, picchiati, a volte uccisi. Un’epidemia di furore superstizioso, che distrugge vite giovanissime, alimenta nuove sette e procura affari d’oro agli esorcisti Disoccupazione galoppante, mancanza di assistenza sociale, lo stillicidio di malattie e morti: le famiglie sono spesso impotenti di fronte ai crescenti problemi quotidiani. Per questo si affidano ai predicatori - autoproclamatisi “profeti di Cristo”. Anziché aiutare le persone in difficoltà, molti religiosi individuano nei bambini la causa di ogni male. Così fanno dilagare il furore superstizioso che distrugge migliaia di
Dall’alto al basso. Affinché i bambini non comunichino più con Lucifero, il profeta di questa Chiesa di ispirazione kimbanghista gli chiude occhi e orecchi durante un rito di liberazione Il padre di Junior, convinto che il figlio di tre anni fosse responsabile dei suoi fallimenti commerciali, ha cercato di ucciderlo passandogli sopra con l’auto. Il miracolo della sua sopravvivenza è stato visto come una prova ulteriore della sua “stregoneria”. È stato cacciato da casa e da allora è vissuto per strada. Il padre si è dato fuoco Sulla strada vige la legge del più forte: questa ragazzina di 12 anni, costretta a prostituirsi è appena stata aggredita e derubata del suo guadagno: l’equivalente di circa 2 euro 6
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vite innocenti. I bambini, additati come demoni, diventano degli incubi per le famiglie: tanto pericolosi che i genitori, gli zii, nonne e il più delle volte le matrigne, giudicano più prudente sbarazzarsi di loro.
L’accusa dei profeti Sonno agitato, stomaco gonfio, epilessia, bassa statura, insolenza, disabilità: è lunga la lista dei sintomi e dei “comportamenti strani” che indicano che lo “spirito del male” si trova nel corpo di un bambino. «Avevo l’abitudine di lasciare la porta della mia stanza aperta: è bastato questo ai miei familiari per accusarmi di essere indemoniata», ci spiega Nana, 19 anni, che è stata gettata sulla strada e oggi sopravvive facendo la prostituta. Ma tutti questi “indizi” non fanno ancora di un bambino uno stregone. Solo un’autorità religiosa è autorizzata a convalidare i sospetti della famiglia. Uno stregone ricopre a volte questo ruolo. Più spesso sono i profeti delle sette, che riescono a “vedere” tutto del bambino: la sua anima, la sua natura e persino «il colore della sua biancheria intima», sostiene minacciosa la profetessa Landu Jolie.
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a cura della redazione
i volti dei protAgonisti Un panorama dei leader africani chiamati ad affrontare 1 AlgeriA il 76enne presidente le sfide cruciali Riuscirà Abdelaziz Bouteflika, stanco e malato, al potere dal 1999 del nuovo anno con l’avvallo dei militari, a riconfermarsi alle elezioni in tra crisi programma in primavera? Il regime algerino, con ed elezioni quello marocchino, ha
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Il 7 di aprile inizieranno le celebrazioni per il XX° anniversario del genocidio che nel 1994 costò la vita a un milione di persone. Il difficile processo di riconciliazione in corso tra Hutu e Tutsi riuscirà a garantire una pace stabile? L’economia del Paese cresce, non altrettanto le libertà individuali concesse dal regime di Paul Kagame. 10
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resistito all’onda d’urto delle primavere arabe. Ma l’economia - idrocarburi - è in stallo, mentre debito estero e disoccupazione continuano a crescere.
A marzo si torna a votare, in un clima sociale molto pesante. A tre anni dalla caduta di Hosni Mubarak, si riproporrà un nuovo braccio di ferro tra il fronte islamista - senza i Fratelli Musulmani messi fuori legge - e quello laico-liberale che difende gli ideali della rivoluzione. Potrebbe approfittarne la vecchia nomenclatura legata all’esercito, guidato dal generale Abdel Fattah al Sissi.
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8 repubblicA centrAfricAnA
Ad aprile, in concomitanza con il ventesimo anniversario della fine dell’apartheid, il Sudafrica (la maggiore economia e democrazia del continente) va alle urne per scegliere il nuovo Presidente. L’uscente Jacob Zuma, leader dell’African National Congress, punta a guidare ancora il Paese lacerato dal malcontento dei poveri.
A maggio ci sarà l’esame delle urne per Joyce Banda, 63 anni, che lo scorso ottobre ha deciso di destituire tutti i ministri del suo governo, nel tentativo di ravvivare la sua immagine pubblica, offuscata da accuse di mal politica, connivenza con politici corrotti, incapacità di fornire risposte ai milioni di lavoratori pubblici che chiedono aumenti salariali.
Entro la fine dell’anno, il più popoloso paese dell’Africa 190 milioni di persone - dovrà rinnovare il parlamento. Il successore del Presidente Goodluck Jonathan sarà scelto a maggio 2015. Ma le vere sfide saranno: la lotta alla corruzione, la trasformazione dei petrodollari in sviluppo sociale e la pacificazione degli Stati settentrionali martoriati dal movimento Boko Haram.
Michel Djotodia fatica a smobilitare i suoi ex compagni Séléka, artefici del colpo di stato dello scorso marzo e responsabili di razzie e stragi. La Francia, l’ex potenza coloniale, ha già schierato nel Paese 1.500 soldati ed è decisa a usare la forza per ripristinare l’ordine con l’aiuto del contingente dell’Unione africana.
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Il presidente del Mali Ibrahim Boubacar Keita, eletto lo scorso agosto, ha promesso di porre fine alla crisi politico-istituzionale iniziata con il colpo di stato militare del marzo 2012 e l’occupazione della regione settentrionale dell’Azawad da gruppi armati tuareg e islamisti, sconfitti dopo 18 mesi da un’operazione congiunta tra soldati maliani, francesi ed africani. Keita deve affrontare molteplici sfide dall’esito incerto: rinsaldare la spaccatura tra Nord e Sud, riconquistare la fiducia della popolazione, rilanciare l’economia e ripristinare l’ordine nelle zone di Timbuctù, Kidal e Gao. •
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9 MozAMbico
Alla fine dell’anno si terranno le elezioni politiche in un clima avvelenato dalle tensioni tra il partito al potere Frelimo, guidato da Armando Guebuza, e la Renamo, principale forza di opposizione, che ha dichiarato di voler riprendere la lotta armata, terminata nel 1992 dopo 16 anni di guerra civile. Il boom economico mozambicano (basato sull’esportazione di alluminio, oro, gas naturale), non ha attenuato le disuguaglianze sociali.
6 Situazioni instabili africa · numero 1 · 2014
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attualità
testo di Giusy Baioni foto di Fairphone
Ecco Fairphone,
Nasce in Congo il primo smartphone equosol Mentre i colossi della telefonia sono accusati di sfruttare gli operai e alimentare le guerre nelle regioni minerarie dell’Africa, il nuovo cellulare promette una rivoluzione etica
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a anni associazioni e istituzioni internazionali denunciano che quella in corso nell’est della R.D. Congo è una guerra per il controllo delle risorse minerarie della regione. In particolare del coltan, minerale rarissimo altrove e abbondante tra le montagne del Kivu, con il qua-
le si realizzano cellulari, computer, componenti per l’elettronica e l’industria aerospaziale. E mentre in tanti denunciano, qualcuno ha deciso di non stare a guardare: un gruppo di giovani olandesi intraprendenti ha avviato una fondazione per progettare e produrre il
primo smartphone etico. I principi di fondo uniscono quanto di meglio offre oggi l’elaborazione di buone pratiche sociali: il commercio etico (nato proprio in Olanda nel lontano 1969), l’hardware libero, l’open source. Termini inglesi che definiscono prodotti elettronici e sistemi operativi liberi da brevetto, disponibili gratuitamente per tutti e migliorabili da chiunque ne sia in grado (il Fairphone partirà con il sistema operativo Android 4.2 ma si vorrebbe passare in un secondo tempo a Ubuntu Touch).
Un’idea contagiosa L’idea è semplice: produrre un cellulare di ultima generazione che non abbia nulla da invidiare a iPhone, Samsung Galaxy o Nokia Lumia, ma che Alcuni promotori del Fairphone in visita alle miniere di coltan del Congo 12
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sia costruito adoperando solo minerali certificati, seguendo poi una catena di produzione che garantisca il rispetto dei diritti e un adeguato salario ai lavoratori in Cina (dove vengono assemblati i pezzi), per finire nelle mani dei clienti che potranno anche modificare hardware e software. Il tutto ad un prezzo equo e anche concorrenziale: 325 euro (di cui circa 3 euro sono riservati all’avvio di progetti nei Paesi in cui il riciclo dei rifiuti elettronici non è ancora ben avviato). L’idea del telefono etico è stata lanciata su internet la scorsa primavera, con il sistema del crowdfounding; in pratica, i promotori hanno lanciato un appello in rete: «Noi vorremmo produrre questo telefono, quanti di voi sono disposti a comprarlo a scatola chiusa, in anticipo, in modo da garantirci i fondi per avviare la produzione?». La rispo-
attualità
testo e foto di Alessandro Gandolfi/ Parallelozero
Etiopia, visita al miglior carcere d’Africa
Nel dormitorio del carcere, Atsede Dimtsu, 18 anni, condannata a un anno di prigione per falsa testimonianza, prova un esercizio di destrezza con tre mandarini. La donna lavora nella cooperativa che produce mattoni nella prigione di Macallè. Ma sogna un futuro da giocoliera
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Nella città di Macallè c’è un penitenziario modello, gestito dalla Cooperazione italiana, da dove nessun detenuto vuole scappare. Dietro alle sbarre si può studiare, praticare sport, imparare un mestiere e reinventare il proprio futuro
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sehay ha falsificato documenti. Mihret non ha saldato i suoi debiti. Meserat e Mebrat hanno rubato un telefonino. Errori che si pagano, e così tutte e quattro sono finite in carcere. «Ho rubato per noia e ho preso quattro mesi. Tre li ho dedicati a un corso di parrucchiera e ora eccomi qui. Sono libera, ho un lavoro e voglio aprire un salone di bellezza», dice Meserat Belay, 16 anni, la spazzola in una mano e il phon nell’altra. Mihret Yohannes, invece, in prigione ha trascorso 16 mesi. Una volta uscita non ha perso tempo: ha chiamato due ex compagne di cella (Tsehay Aberra e Mebrat Shishay) e ha aperto un bar chiamato Whiskey House. «Siamo oneste, facciamo buoni prezzi e abbiamo una clientela fedele», spiega la 29enne appoggiata al bancone, fra profumo di incenso, caffè tostato e immagini dell’ex Presidente etiope Meles Zenawi. «Tutto questo non sarebbe stato possibile senza il corso di business development che ho frequentato dietro le sbarre».
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attualità
In senso orario, dall'alto: - alcune carcerate nel salone di bellezza gestito da una cooperativa interna; - la comandante di polizia Berhan Berhe, 42 anni, responsabile del settore educazione e training della prigione; - una guardia durante un giro di perlustrazione; - 4 infermiere nell'ambulatorio del carcere.
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società
a cura della redazione
Un continente di La corsa africana
dighe Energia pulita e rinnovabile
PRO CONTRO Investimenti colossali Impatti ambientali e sulle comunità locali Inadeguatezza della rete di distribuzione Stagionalità delle piogge e della portata dei fiumi Tecnologia d’importazione
U
n miliardo e duecento milioni di persone nel mondo non ha la possibilità di accendere un interruttore della luce. In Africa la mancanza di elettricità e l’inadeguatezza delle reti di distribuzione costringono metà della popolazione a convivere con il buio. Per rispondere a questa sete di illuminazione, molti governi puntano a sfruttare l’energia idroelettrica. Già oggi i principali fiumi africani sono sbarrati da grandi dighe: basti citare gli storici impianti di Assuan sul Nilo (Egitto), Kariba sullo Zambesi (Zambia), Cahora Bassa sullo Zambesi (Mozambico), Inga sul Congo, (R.D. Congo). Nei prossimi dieci anni è prevista la costruzione di una cinquantina di nuovi sbarramenti dotati di centrali idroelettriche: promettono di illuminare il continente, ma rischiano di essere un buco nell’acqua.
Millennium (etiopia) Il governo di Addis Abeba ha commissionato all’ita20
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alle centrali idroelettriche
in etiopia sono iniziati i lavori di costruzione della più grande diga d’Africa. in R.d. Congo c’è in progetto un’opera ancora più colossale. Nell’intero continente sono previsti altri sessanta sbarramenti nei prossimi dieci anni. Tutte buone notizie? liana Salini Impregilo un megaprogetto da 3,3 miliardi di euro, denominato Millennium: la più grande diga d’Africa, che entro il 2017 sbarrerà il corso del Nilo Azzurro con l’obiettivo di produrre 15.000 Gwh di corrente all’anno (una potenza pari a 6 centrali nucleari di medie dimensioni) e fare così dell’Etiopia il primo produttore africano di elettricità (oggi il 70% degli etiopi non ha accesso alla corrente). Lo scorso giugno sono iniziati i lavori di deviazione del fiume - principale affluente del Nilo - per la realizzazione del primo sbarramento (ne sono previsti quattro), il più importante: un colosso
di cemento armato lungo 1.789 metri e alto 145 che creerà un bacino da 74 milioni di metri cubi d’acqua e inonderà un’area di 1.680 chilometri quadrati. Gli ecologisti hanno lanciato l’allarme, mentre l’Egitto e il Sudan (che dipendono dalle acque del Nilo) hanno protestato contro l’avvio del cantiere.
grand inga (R.d. Congo) È un progetto mastodontico per imbrigliare l’impetuoso flusso del fiume Congo in prossimità delle cascate Inga, a 225 chilometri da Kinshasa. A pieno regime (se verrà mai realizzato sarà in grado di produrre. Se verrà mai realizzato sarebbe in grado di
società
di Paola Marelli
La signora del
Scende in campo la Presidente della Federazione
L
a partita più importante della sua vita l’ha vinta il 30 maggio del 2013 quando, a sorpresa, è stata eletta membro del Comitato esecutivo della Fifa, prima donna nella storia a entrare nel governo mondiale del calcio. Ha ottenuto 95 voti: 25 in più della principale rivale, l’australiana Moya Dodd, data per favorita alla vigilia della elezioni. «È un importante riconoscimento per l’Africa, per milioni di donne, e, naturalmente, per il mio Paese natale», ha gioito subito ai microfoni della Bbc.
Cresciuta in un piccolo e povero Paese dell’Africa, Lydia Nsekera è stata eletta nel Comitato esecutivo della Fifa: prima donna nella storia a entrare nel governo mondiale del calcio
Lydia Nsekera, 46 anni, incarna l’orgoglio e la speranza di uno dei Paesi più piccoli e poveri dell’Africa: il Burundi.
Un calcio ai pregiudizi Come sia stato possibile che da quel fazzoletto di
terra incuneato nel cuore del continente emergesse una donna capace di imporsi nello sport più popolare del pianeta, è un mistero solo per chi non conosce le capacità e la determinazione di Lydia. «Ho scoperto la passione per il calcio all’età di dieci anni», racconta. «Mio padre era presidente di una squadra locale. Io lo seguivo sempre sui campi di allenamento, allo stadio, persino in occasione delle trasferte. «Mi piaceva rincorrere il pallone, sbirciare gli spogliatoi dei calciatori, fare il tifo sulle gradinate gremite di spettatori». Assecondando quella ir-
L’Africa ai Mondiali Ghana, Algeria, Nigeria, Camerun e Costa d’Avorio voleranno in Brasile per disputarsi la fase finale dei Campionati del Mondo di Calcio, che si terrà dal 13 giugno al 12 luglio prossimi. Non ce l’hanno fatta invece le favorite Sudafrica, Egitto e Tunisia. 22
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refrenabile passione (e determinata a lottare contro i pregiudizi di una società fondamentalmente maschilista), Nsekera diventa dirigente di una squadra. Tiene testa ai colleghi che la irridono con presunzione, si mette a studiare diligentemente i regolamenti della disciplina, approfondisce la conoscenza delle norme giuridiche e gli aspetti contabili che regolano la vita delle società sportive, dimostra straordinarie doti manageriali e integrità morale in un Paese allo sbando, sull’orlo del baratro finanziario, minato da una dilagante corruzione.
Missione impossibile? Nel 2004 le autorità la nominano capo della Federazione calcio del Burundi, affidandole una missione che pare impossibile: il Paese è appena uscito da una lunga e sanguinosa guerra civile; la gran parte delle squadre professionistiche è fallita; il campionato è stato sospeso più volte a causa dell’instabilità poli-
società
foto di Andrew McLeish/Orizon/LightMediation
Microcosmo
galleggiante
La vita su una minuscola isola sperduta in
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mezzo al lago Vittoria
La acque prodigiose dell’isolotto di Migingo, nel cuore del più grande lago africano, hanno attirato migliaia di pescatori che hanno deciso di trasferirsi su questo fazzoletto di terra, brulicante di vita…
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società
C
ompare all’orizzonte come un miraggio dopo tre ore di navigazione. Certo non è come avvistare un pittoresco atollo dei Caraibi: niente sabbia bianca e fondali turchesi, nemmeno l’ombra di una palma da cocco. L’isola di Migingo è uno scoglio luccicante che affiora nelle acque limacciose e grigie del lago Vittoria. Dalla superficie, piatta e brulla,
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spiccano un paio di tronchi d’albero piuttosto malandati. Ma ciò che colpisce in lontananza è il riverbero dei raggi solari sulle centinaia di baracche ammassate in quel fazzoletto di terra galleggiante, grande più o meno tremila metri quadri (neanche metà di un campo da calcio): una zattera di lamiere ancorata in mezzo al più grande lago dell’Africa.
Un lago malato Su questo minuscolo approdo roccioso abitano circa 1.500 persone che vivono grazie alla pesca del persico del Nilo e delle sardine lacustri. Si sono trasferite sull’isola per risparmiare tempo e carburante, ottimizzando la loro attività. Sembra che le acque circostanti siano ricchissime di pesce: molto più di qualsiasi altra
Migingo è vicinissima a un isolotto gemello, assai meno abitato a causa dei suoi bassi fondali cosparsi di rocce insidiose e delle sue coste frastagliate. Fino a dieci anni fa nell’isoletta viveva, quasi come in un racconto, solo un pescatore. Poi, man mano che si è sparsa la voce di quanto pescose fossero le sue acque, hanno iniziato ad arrivarne altri, col risultato che ora a viverci sono in 1500
società
testo di Marco Trovato
Nel
Fenomeni
La nigeriana Musunmola “Mo” Abudu è la conduttrice tivù più popolare e autorevole del continente. Decine di milioni di spettatori seguono ogni giorno le sue interviste a politici e vip
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salotto di Mo
televisivi: la regina africana dei talk show
È
la regina africana dei talk show, il volto televisivo più famoso del continente. Cinquant’anni, nigeriana, Mo Abudu, al secolo Musunmola Abudu, è una star mediatica nel mondo nero. Primatista dell’audience, stimata da critici e pubblico, ha costruito la sua notorietà con autorevolezza e una straordinaria capacità comunicativa. Il suo programma di maggior successo, Moments with Mo, trasmesso in gran parte dell’Africa dalle tivù satellitari, ha collezionato più di 300
puntate, seguite ogni giorno da oltre 100 di milioni di fedeli spettatori. Nel suo salotto televisivo intervista leader politici, attori, cantanti, intellettuali, artisti. I protagonisti dello star system sgomitano per essere invitati da lei. Persino l’ex Segretario di Stato Usa Hillary Clinton ha voluto partecipare al suo show durante un viaggio in Africa. E, come sempre, Mo Abudu ha saputo far sentire l’illustre ospite a suo agio, con classe e simpatia, senza rinunciare a porre quelle
domande graffianti e scomode, tanto apprezzate dal pubblico, che l’hanno resa popolare e imprevedibile, influente e temibile al tempo stesso.
«Volere è potere» Nata a Londra da genitori immigrati, rimasta orfana da bambina, Mo è creNel pagina precedente, la conduttrice e produttrice televisiva Mo Abudu. Sotto, da sinistra: un fotogramma del suo programma Moments with Mo; assieme a Hillary Clinton; in studio con due collaboratrici
sciuta con la nonna in un villaggio nel sud-est della Nigeria. Ha trascorso l’infanzia tra campi di cacao e greggi di pecore: un mondo semplice e piccolo, cadenzato da tradizioni ancestrali. «Ricordo quel periodo della mia vita con molto affetto - racconta sul suo sito web -, anche se ad un certo punto mi accorsi di aver bisogno di orizzonti più ampi, di desiderare nuove sfide personali». Raggiunta l’età dell’adolescenza, Mo decide di tornare in Gran Bretagna per miglio-
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ho contribuito a cambiare l’immagine dell’Africa… Ma non mi sento ancora appagata».
EbonyLife Tv
le mie umili origini», racconta lei stessa, peraltro impegnata a livello sociale in molteplici iniziative filantropiche a favore dei bisognosi. «Ho avuto una vita in salita. Ma ho sempre rifiutato il ruolo della vittima. Ho superato le difficoltà con impegno e determinazione. Sono orgogliosa di ciò che ho realizzato: ho fatto carriera, ho creato dei posti di lavoro, soprattutto
Lo scorso luglio ha lanciato una propria rete, EbonyLife Tv, trasmessa (via satellite, web e tecnologia 3G) da Lagos in tutto il continente, che sta già riscuotendo un enorme successo. «Voglio dare visibilità alla nuova Africa: sorridente, operosa, energica», racconta Mo. «Per decenni la televisione ha mostrato solo guerre, miseria, calamità di ogni genere. La gente è stufa di certi cliché e stereotipi. Non ignoriamo i problemi che attraversano la società. Siamo in prima linea a denunciare ciò che non va e che andrebbe migliorato per il bene della popolazione. Ma il nostro continente sa esprimere straordinarie personalità capaci di eccellere in ogni settore: economia, cultura, scienza, spettacolo, moda, musica e sport. I telespettatori vogliono vedere anche questa faccia della medaglia». Il boom di ascolti e di pubblicità sembrano darle ragione. Il pubblico di EbonyLife Tv è composto anzitutto dai giovani delle metropoli, i figli della classe media. Nel palinsesto ci sono programmi di intrattenimento, notiziari e approfondimenti sull’attualità, sit-com, quiz, reality show, inchieste, telefilm e sketch comedy. Naturalmente, la trasmissione più seguita è Moments with Mo. •
star del web La fashion blogger
È entrata nel mondo del web quasi con timidezza: «In questo spazio racconterò principalmente ciò che più mi piace nel campo della musica, della moda e dello spettacolo», scriveva nel suo primo post pubblicato a luglio del 2006. A distanza di otto anni, la nigeriana Uche Eze, 29 anni, viene considerata la regina africana di Internet. Il suo blog, Bella Nanija, oggi interamente consacrato al mondo del fashion e dello showbiz, è seguito ogni giorno da centinaia di migliaia di fedeli lettori e lettrici. Dal suo computer, Uche Eze svela pettegolezzi e retroscena dello star system, racconta il “dietro le quinte” della televisione e degli eventi mondani di Lagos, mostra da vicino i protagonisti emergenti della scena musicale nigeriana, ma soprattutto fa conoscere al grande pubblico le nuove tendenze del costume. Vuoi scoprire in anticipo il colore che farà tendenza la prossima stagione? Il tipo di acconciatura che andrà più di moda? Il significato di una nuova parola che presto sarà sulla bocca di tutti? La canzone che farà ballare nelle discoteche? Il gossip che farà discutere milioni di nigeriani? Basta cliccare www.bellanaija.com: la più visitata e popolare vetrina della nuova “società dell’immagine” africana. Qui, i maggiori brand della moda fanno a gara per mettersi in mostra. Per ritagliarsi visibilità pagano generosamente Uche Eze affinché segnali un abito, un paio di scarpe, un profumo. Così, la più famosa fashion blogger d’Africa è anche l’icona vivente di un nuova generazione di imprenditori fai-da-te, geniali e audaci, che sfrutta le potenzialità del web per inventarsi il futuro. africa · numero 1 · 2014
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libri
di Pier Maria Mazzola
Un giorno scriverò di questo posto
Ombra bianca
di Cristiano Gentili
di Binyavanga Wainaina
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Tutti i cuori del mondo
Collezione Atlantide. Decamerone nero
di Renato Kizito Sesana
di R. Pattarin e R. Salgo
di Leo Frobenius
Il nuovo Stato del Sud Sudan, recita il sottotitolo. Un elegante volume fotografico per scoprire le segrete bellezze del più giovane Paese indipendente d’Africa. Denso di competenza e passione, raccoglie foto e testi realizzati in trent’anni di viaggi fra Dinka, Nuer, Azande, Ateker, Ik… Pastori, guerrieri e nomadi che custodiscono straordinarie tradizioni in uno dei Paesi più martoriati e affascinanti del continente.
Riedizione di una delle opere dell’antropologo tedesco (18731938) che volle dare dignità alla cultura africana, in piena era coloniale, attraverso un vasto lavoro di raccolta di informazioni etnologiche e una visione teorica certo idealistica ma che non inficia il valore delle sue ricerche sul terreno. Questo volume, curato dal grande traduttore e intellettuale Francesco Saba Sardi (1922-2012), propone cinquantacinque storie - miti, favole e leggende - provenienti dalla fascia saheliana. Il titolo di Decamerone appare, almeno in parte, appropriato: vi si ritrova sovente lo spirito boccaccesco, tra divertissement assicurato, temi erotici e lezioni morali. E vi si scoprirà una società africana “tradizionale” ben più articolata e meno tradizionalista di quanto ci si potrebbe aspettare.
Il settimanale Internazionale lo ha fatto conoscere in Italia. Memorabile l’ironia del suo articolo “Come scrivere d’Africa”. In questa autobiografia di quarantenne, l’autore sembra voler mostrare, questa volta in positivo e a partire dalla sua esperienza di vita, come si può “scrivere d’Africa” in modo alternativo. Keniano ma di famiglia “panafricana” (Uganda, Congo) e di condizioni discretamente agiate, al crocevia di una problematica linguistica complessa (l’inglese salva la situazione), ha viaggiato per diversi Paesi del suo continente e, fuori Africa, negli Stati Uniti. Ne esce una figura di africano del XXI secolo, cresciuto nella trasversale cultura giovanile del nostro tempo. «Forse in fondo al cuore sono un piccolo anglokeniota».
Solo da poco si è iniziato ad alzare il velo sul dramma degli albini in Africa. La loro anomalia cromatica impaurisce e li emargina, al punto di renderli vittime degli stregoni, che ne apprezzano gli organi del corpo per i loro intrugli. Del fenomeno si è ora occupato un operatore umanitario, in Darfur (e altri angoli del mondo) prima di sbarcare in Tanzania. Attorno alla storia della piccola Adimu ha scritto un vero e complesso nonché avvincente romanzo, che vale la lettura anche al di là delle finalità di sensibilizzazione. Ombra bianca ha trovato un testimonial inatteso: papa Francesco, che ha prestato la propria voce per un progetto collegato di “audiolibro social”. Il libro, anche in ebook (3,99 euro), è acquistabile sul sito dedicato (www.ombrabianca. com) oltre che sugli store online.
Kizito - lecchese ma conosciuto con nome africano fin dalla gioventù - è un missionario capace tanto di sostenere dibattiti di alto livello quanto di parlare con immediatezza al cuore delle persone. La sua arte consiste nel conservare il ricordo di tante «piccole storie di periferia» di cui è quotidiano testimone negli slum di Nairobi o Lusaka, dove si occupa da una vita dei bambini e bambine di strada, e nel trasmetterlo con parole semplici. Da ogni microstoria sa poi trarre una “morale”, quasi fosse una favola dei giorni nostri. Ma sono favole coi piedi per terra, e le riflessioni che padre Kizito ne deduce hanno un gusto di verità necessità assaporabile anche fuori dell’ambiente in cui sono nate. S h i r o , Wa nj o h i , Frédéric o il papà di Kamau: volti che non dimenticheremo tanto in fretta.
66thand2nd 2013, pp. 291, 18 euro
Ota Benga 2013, pp. 320, 10 euro
Emi 2013, pp. 126, 11 euro
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Equatoria 12° parallelo
Silvana Editoriale 2013, pp. 180, 35 euro
SCRITTI D’AFRICA È un’associazione il cui sito, www.scrittidafrica. it, ha ripreso ad essere aggiornato con discreta regolarità. Si trovano segnalazioni di novità africane in italiano e recensioni, oltre ad articoli e schede sempre di carattere letterario. Una maggiore puntualità ne potrebbe fare un sito di riferimento. Il più volte annunciato progetto Africa tra le righe rimane da più di tre anni… un progetto.
Nino Aragno Editore 2013, pp. 368, 20 euro
musica
di Claudio Agostoni
BUlimUnDO / Djâm BrAnCU DjA BuliMundo
I Bulimundo e il loro leader Carlos Alberto Martins, noto con il nickname Katchas, sono gli apostoli del funana, un genere musicale diffusosi a Capo Verde dopo l’indipendenza. Prima del 1975 era confinato nelle aree rurali dell’isola di Santiago e la sua diffusione era vietata dalle autorità coloniali. Nella sua forma tradizionale prevedeva una fisarmonica diatonica e musicisti che raschiavano i coltelli su barre di legno per segnare il beat. I Bulimundo modernizzarono il funana ed iniziarono ad utilizzare strumenti elettrici. Il successo li proiettò prima nella capitale dell’arcipelago, Praia, e poi in Europa. Purtroppo nel 1989 Katchas perì in un incidente automobilistico, ma fortunatamente oggi sono stati ristampati i due album che nel 1980 lo fecero conoscere al mondo. È la possibilità per tutti di riscoprirlo.
rOUnD 2 BlACk BAzAr
Popolipo, nome di battaglia di Mister Beniko Zéro Faute, è una leggenda vivente. Dall’età di 15 anni è uno dei chitarristi carismatici della rumba congolese ed è uno dei membri originari degli Zaïko Langa Langa. È uno dei perni del secondo capitolo di un progetto firmato dallo scrittore e poeta congolese Alain Mabanckou. Un dream team di musicisti provenienti da mezza Africa (più Fanfan de Tabou Combo, che si autodefinisce un congolese nato ad Haiti) miscelano musiche con radici a Kinshasa, Brazzaville, Praia e Lagos, con ritmi tradizionali e fragranze delle discoteche europee popolate dalla diaspora africana. Si parte con un gong per un viaggio che non conosce confini. Ascoltare, per una conferma, il classico afro-cubano degli anni Trenta Black Mami, che per l’occasione ha un testo in lingala composto da Mabanckou…
minD vs hEArT rAPhAel
È l’album d’esordio come solista di Raphael, artista italo / nigeriano già conosciuto come fondatore e frontman degli Eazy Skankers, reggae band d’origine ligure. Ritmi in levare ovviamente anche per questo lavoro, un progetto ambizioso destinato al mercato internazionale e pubblicato dall’etichetta viennese per cui hanno lavorato mostri sacri del reggae giamaicano come Luciano e Anthony B. Quindici tracce inedite in cui Raphael sciorina tutta la sua versatilità: dalle riflessive Soundblaster e Duppies inna dance, alle più solari Wine with me e She cry. Testi impegnati e riflessivi, che partono dall’assunto in base al quale tutti, ognuno a modo suo, possono rendere migliore il mondo cercando il proprio equilibrio tra Mind e Heart. Il lavoro è disponibile anche sulle piattaforme digitali, arricchito dall’aggiunta di due brani.
“ELECTRO CHAABI” DI HInD MEDDEB
http://www.youtube.com/watch?v=hziO8XoFLzY: è il trailer del nuovo film documentario di Hind Meddeb, già autore di lavori sulla nuova scena musicale tunisina e sulla musica della guerra in Libano. In questo caso il lavoro è dedicato alla colonna sonora della rivolta politica che stanno portando avanti i giovani egiziani. Girato nelle bidonville del Cairo, documenta lo sviluppo della musica chaabi, un affrancamento dei suoi rigidi codici nati negli anni ’70…
È MORTO TABu LEy ROCHEREAu
Nato in quello che allora - 1937 - era il Congo Belga, il re della rumba congolese è morto lo scorso 30 novembre a Bruxelles. Aveva suonato a lungo nell’African Jazz, la band di Joseph Kabasele, l’autore di Independance cha cha cha, la hit che elettrizzò il Congo nel 1960, al tempo dell’indipendenza. La sua musica - rumba, soukouss, ma anche motivi liturgici - ricorda il momento magico in cui il riscatto di decenni di sfruttamento e di povertà sembravano a portata di mano…
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cultura
di Anna Pozzi
Intervista allo scrittore Alain Mabanckou
Noir Torna in libreria uno degli autori contemporanei più prolifici e acclamati dell’Africa, il congolese Mabanckou, con un romanzo poliziesco-noir che si legge tutto d’un fiato...
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I SUOI LIBRI Nato e cresciuto in Congo-Brazzaville, Alain Mabackou, 47 anni, laureato in Legge in Francia, insegna letteratura francofona all’Università della California. Se con Zitto e muori (editore 66th and 2nd, 204 pagine, 15,00 euro) si affaccia al genere poliziesco-noir, il suo precedente romanzo, Domani avrò vent’anni (stessa casa editrice), narra di un’Africa agrodolce vista con gli occhi di un bambino. Già in precedenza si era segnalato per romanzi pieni di humor e di vita vissuta come Verre cassé e Memorie di un porcospino (Morellini) o Black Bazar (66thand2nd, 2010), un’immersione nella vita degli immigrati africani a Parigi.
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on all’attivo una decina di romanzi e sei raccolte di poesie, tradotti in una quindicina di lingue, Alain Mabanckou è uno degli scrittori africani contemporanei più produttivi e affermati. Congolese di origine, nato e cresciuto a Pointe Noire e Brazzaville, vive oggi tra la Francia (dove anima il panorama letterario parigino), gli Stati Uniti (dove insegna letteratura francofona) e il Congo (dove lo scorso anno ha portato il Festival Etonnants Voyageurs, una kermesse di letteratura e arti africane con i migliori talenti dei nostri tempi). Insomma, il prototipo dell’intellettuale afro-cosmopolita che, negli ultimi anni, grazie alla casa editrice 66thand2nd, non disdegna di venire di tanto in tanto anche in Italia. Lo abbiamo incontrato
in occasione della presentazione del suo recente romanzo, Zitto e muori. Perché si è dato al noir? È qualcosa che va al di là della scrittura e che si inserisce in un progetto di serie televisiva, intitolato Venerdì 13. È dunque destinato a essere adattato per la televisione. Io ho riletto questo spunto in chiave africana. E poi volevo cimentarmi con il “polar” - il poliziesco noir - un genere molto giovane per quanto riguarda la letteratura africana e facilmente “consumabile”. In Zitto e muori tornano i luoghi, le atmosfere, le vicende intricate della Parigi “africana”, protagonista dei suoi precedenti romanzi. È una realtà che conosce bene e che continua a frequentare? Certamente! E da qui
IN SE RT O
In regalo per I lettorI dI afrIca una foto rIcordo del grande MadIba, IntraMontabIle sIMbolo dI lIbertĂ e dI lotta contro ognI razzIsMo.
a va c c er a st ons c e
copertina
di Marco Trovato
Veduta aerea di Hope City (vedi pag. 48), la futuristica città progettata da due architetti genovesi, Paolo Brescia e Tommaso Principi, che nascerà a pochi chilometri dalla capitale del Ghana Accra: la pianta circolare riproduce la forma di un tradizionale villaggio di capanne, con un grande spazio pubblico al centro (foto obr)
Benvenuti nel
futuro 40
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Tra sogni e realtà. aprono in Africa i cantieri delle smart cities africa · numero 1 · 2014
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copertina
Dal Ghana alla Nigeria, dal Kenya al Ruanda, i governi africani disegnano le metropoli del futuro. Città a misura d’uomo, pensate per gestire il boom demografico e fermare l’urbanizzazione selvaggia
A
ben guardare, le metropoli africane si assomigliano un po’ tutte. In centro sopravvivono gli austeri, spesso decrepiti, palazzi dell’epoca coloniale in cui si concentrano uffici governativi,
banche, assicurazioni, sedi di rappresentanza delle maggiori società. All’estrema periferia si estendono le baraccopoli di lamiera, dove mancano i servizi essenziali e persino l’acqua arriva a singhiozzo: vere
e proprie corone di spine che circondano i quartieri residenziali della classe media. A mettere in collegamento questi due mondi, confinanti ma impermeabili tra loro, sono lunghi viali immersi nello smog
e perennemente congestionati dal traffico.
In cerca di nuovi spazi Negli ultimi anni, complice il boom economico che ha rimpinguato le casse di vari governi africani, al-
Konza techno city Kenya
Situata sessanta chilometri a sud dalla capitale Nairobi, sarà una città ipertecnologica, futuristica, con tanto di università, centri di ricerca, laboratori, hotel e 35mila abitazioni costruite nel rispetto dei più innovativi standard di efficienza: una sorta di “Silicon Savannah”. Sarà dotata di percorsi ciclabili e pedonali, trenta ettari di parchi urbani, un sistema di raccolta differenziata dei rifiuti, impianti fotovoltaici, bacini di raccolta delle acque piovane, nonché di una fitta rete di tram e bus. Avrà una forma triangolare e sarà circondata da una cintura verde di 600 ettari che permetterà di preservare la savana circostante con la sua fauna selvatica. I lavori, iniziati un anno fa, termineranno entro il 2030 (ma già nel 2015 saranno attivi uffici per ventimila lavoratori). Un investimento da 11 miliardi di euro, che graverà solo per il 5 per cento sulle casse pubbliche: il resto saranno capitali privati keniani, coreani, cinesi, indiani, giapponesi e canadesi. konzacity.co.ke
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cultura
a cura della redazione
Occhi come palle da biliardo, labbra enormi, gonnellino tribale, un sapone per schiarirsi la pelle: cos矛 i pubblicitari francesi illustravano l'archetipo dell'africano delle colonie
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L’Africa (distorta) nella pubblicità
tale, n e id c c o ta s li a rn io g n edio che u m o p m te il È . ti u in m o rapito a o Tre is c c u re e s s e d a a g impie senza scorta armata, Mogadiscio
Razzismo e réclame, lo storico intreccio dei preconcetti sull’uomo nero
L’
intolleranza si nutre di ignoranza, ma anche di stereotipi incivili ben radicati nella nostra società. A diffondere i preconcetti razziali in voga negli ambienti xenofobi ha contribuito, per lungo tempo, una certa propaganda e pubblicità “politicamente scorretta”. Fin dagli albori della réclame commerciale, verso il 1880, l’africano è stato illustrato con le sembianze di un selvaggio, una bestia primitiva; nel migliore dei casi, come un essere inferiore e incapace. Per oltre un secolo, gli europei hanno raffigurato i neri con immagini svilenti e denigratorie. Anche nei manifesti e depliant meno oltraggiosi, l’iconografia imperante si è contraddi-
Per lungo tempo i pubblicitari occidentali hanno illustrato i neri come selvaggi, cattivi, servizievoli e arretrati. Così hanno contribuito a diffondere i pregiudizi razziali sopravvissuti fino ai giorni nostri
stinta per un’iconografia pittoresca, intrisa di esotismo, che ha diffuso nell’opinione pubblica cliché e pregiudizi sopravvissuti fino ai giorni nostri.
Un secolo di pregiudizi Venticinque anni fa, il tema fu oggetto in Francia di una mostra che fece molto clamore, dal titoafrica · numero 1 · 2014
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sport
testo di Anna Pozzi foto di Bruno Zanzottera/Parallelozero
Nel deserto di cor
Torna la SaharaMarathon a sostegno del popolo sah 54
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Al confine tra l’Algeria e il Sahara Occidentale si svolge a febbraio la tradizionale manifestazione podistica internazionale a favore dei profughi saharawi costretti a vivere in esilio da trentotto anni
sa. Per solidarietà
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sport
Gambe e cuore, sport e solidarietà. Non importa vincere: partecipare è già un grande traguardo. L’anno scorso la manifestazione non si è svolta a causa della minaccia terroristica
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orrere tra le sabbie, terrorismo permettendo. È una sfida nella sfida quella che si propone la SaharaMarathon, giunta quest’anno alla quattordicesima edizione. Già l’idea di correre in fondo al deserto algerino, unendo idealmente i campi profughi saharawi, ha sempre avuto un valore non solo sportivo, ma soprattutto simbolico e di solidarietà. La SaharaMarathon, infatti, è una manifestazione sportiva internazionale di vicinanza e amicizia con il popolo saharawi, che vive
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quasi per metà nei campi profughi nei pressi di Tindouf, in Algeria: circa 250mila persone che da 38 anni sono esiliate dalla propria terra, il Sahara Occidentale, e che sono costrette a vivere di aiuti e di espedienti con poche prospettive di tornare un giorno a casa. Sport e solidarietà, dunque, sono al centro anche dell’edizione 2014, dopo che quella dello scorso anno è stata cancellata per ragioni di sicurezza. L’operazione militare francese nel nord del Mali e l’attacco terroristico alla base petrolifera di In Ame-
nas (Algeria) avevano indotto le autorità locali e gli organizzatori a sospendere l’evento. Evento che invece è previsto per il 24 febbraio 2014. Terrorismo permettendo, appunto.
Da ogni parte d’Europa Quello dell’estremismo islamico, infatti, rappresenta un ulteriore elemento di destabilizzazione che colpisce, direttamente o indirettamente, anche il popolo saharawi, profugo in terra algerina. E a farne le spese è stata anche questa manifestazione sportiva, che porta ogni anno
Dall’Italia arriveranno una sessantina di atleti. Ugualmente dalla Spagna. Molte altre decine proverranno dal nord Europa e dall’Algeria
viaggi
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testo di Claudio Agostoni foto di Bruno Zanzottera/Parallelozero
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L'anima nera di Lisbona Alla scoperta del quartiere africano della capitale portoghese
Girovagando per il barrio Cova da Moura, alla periferia di Lisbona, si respira l’atmosfera magica e vibrante di Capo Verde. Merito dei tanti giovani immigrati che hanno saputo trasformare l’ex ghetto malfamato in un quartiere vivace e colorato
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ulle guide turistiche lo Chapitô è segnalato come un locale sulla cui terrazza si può bere una bibita e contemporaneamente godere di una delle migliori viste panoramiche su Lisbona. In realtà è molto di più. Lo spazio che oggi ospita lo Chapitô è un ex riformatorio, di proprietà del ministero della Giustizia, raggiungibile inerpicandosi tra gli erti vicoli che salgono sulla collina del Castello di São Jorge. Una grande struttura, articolata su quattro differenti livelli, che il Ministério da Justiça ha messo a disposizione per un progetto di formazione circense e teatro di strada per giovani disagiati.
Invito nel Bronx Lo Chapitô organizza corsi, attività ludiche e di espressione artistica. Concede anche i suoi spazi ai ragazzi delle immense periferie di Liafrica · numero 1 · 2014
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viaggi
La visita
È opportuno concordare la visita del barrio con l’associazione culturale Moinho da Juventude (tel. 214 971070, dir-moinho@mail.telepac.pt, www.moinhodajuventude. pt) che vi fornirà una guida che vi accompagnerà per tutta la vostra permanenza nel barrio. Un servizio, questo, che è parte integrante del progetto Sabura (“sapori” in creolo), il quale organizza queste visite guidate anche per combattere lo pessima fama che il quartiere si è fatto negli ultimi anni. È possibile farsi prenotare un pranzo/cena in uno dei localini del barrio dove, con una manciata di euro, si può fare un incontro ravvicinato con la saporita cucina creola. Nei fine settimana, come companatico i locali offrono musica dal vivo, ruspante come le loro pietanze. Ilha da Cova da Moura è un lungometraggio del 2010 del cineasta portoghese Rui Simões che ben fotografa la realtà del barrio. Su YouTube si può vedere il trailer.
Nella periferia di Lisbona un capoverdiano alleva un maiale sul tetto in cemento della propria abitazione
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sbona. Ed è in una serata in cui su uno dei palcoscenici del locale si esibivano dei giovani rapper di colore che sento per la prima volta il nome Cova da Moura. In una pausa del concerto un cantante mi spiega che lui e gli altri ragazzi arrivano da una enclave africana della periferia di Lisbona. Cova da Moura, appunto. Un barrio dove oggi vivono più di 8mila persone, la stragrande maggioranza delle quali ha meno di vent’anni ed è di origine africana. Più specificatamente, originari di Capo Verde, l’arcipelago alla deriva nell’Atlantico al largo del Senegal. Al termine del concerto, dopo un paio di birre, scatta automatico l’invito per l’indomani: «Perché non fai un salto a Cova da Moura?». Accetto e, come prologo, mi faccio raccontare la storia del
chiese
testo e foto di Bruno Zanzottera/Parallelozero
Missione a Sodoma e Gomorra Dodici anni fa un missionario cappuccino di origini trentine, padre Arcadio Sicher, decise di trasferirsi nello slum-immondezzaio di Accra. Per portare un po’ di speranza tra i rifiuti…
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a zona si chiama Agbogbloshie, ma qui tutti la conoscono con il triste nome di Sodoma e Gomorra: il luogo di perdizione distrutto da Dio con una pioggia di zolfo e fuoco. Probabilmente non ci poteva essere nome più appropriato per questa shanty town, città-discarica non lontana dal centro di Accra, la capitale del Ghana. Agbobloshie è il capolinea di tutte le merci dismesse dai Paesi ricchi: vecchi computer, condizionatori, frigoriferi, lavatrici, 64
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pneumatici vengono bruciati in giganteschi roghi all’aperto per estrarne gli elementi di rame e ferro che potranno essere rivenduti per pochi cedis (la moneta del Ghana) ai commercianti locali. Sono quasi tutti ragazzi quelli che si aggirano tra i fumi e i miasmi pestilenziali dei fuochi trascinando i materiali da bruciare verso la riva del fiume (più ricco di petrolio che di acqua) che separa la zona dei roghi da quella delle baracche. Gli occhi coperti da stracci nel vano tentativo di evi-
togu na - la casa della parola lettere
zambico stia crescendo velocemente, la povertà cresce ancora di più. Intanto il governo si è appena comprato un jet di lusso e navi da guerra. Marinella Busisiwe Fogli
Autodenuncia attualità
testo di Raffaele Masto foto di Gwenn Dubourthoumieu
Party in maschera, concorsi ippici, gare di golf e ricevimenti sfarzosi. Nella provincia mineraria del Congo la comunità degli affaristi europei e sudafricani si trincera in circoli esclusivi. Mentre attorno la gente vive e muore nella miseria
Privé Lubumbashi
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pesso i ricchi non si accontentano di esserlo, debbono ostentarlo, e l’Africa è un palcoscenico ideale per mettere in scena la ricchezza. In questo continente infatti la povertà e la miseria si vedono, sono una realtà diffusa che riguarda la grande maggioranza della popolazione. Di conseguenza la ricchezza non deve far quasi nulla per apparire, chi la possiede deve solo viverla. Automaticamente la ostenterà.
Bacchetta magica?
Insulto ai poveri I bianchi in Africa hanno un’esperienza lunga di secoli in questo campo e riescono a fare le cose con una raffinatezza che è quasi arte. In questo servizio fotografico da Lubumbashi sembra proprio che alcune situazioni siano state create proprio per fare esattamente da contraltare alla fatica, al fango, al rischio continuo del lavoro in miniera di migliaia di congolesi che hanno avuto la sfortuna di nascere a questa latitudine, in un luogo ricco d’oro, di diamanti, di rame, di coltan. Insomma, il luogo ideale per sentirsi ricchi, per ricordarlo a sé stessi e agli altri. Cosa c’è infatti di più snob, di più superfluo dell’ippica nel bel mezzo della selva congolese? Forse questa pratica, e
Corse di cavalli e fiumi di champagne: il “mondo a parte” dei ricchi nella RD Congo 22
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a cura della redazione
chiese
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Ho lavorato per 15 anni in progetti di cooperazione allo sviluppo nel cuore dell’Africa. Vedendo il bel reportage Privé Lubumbashi (Africa 6/2013), mi sono venute in mente decine di situazioni analoghe a cui ho assistito in prima persona (e un po’ me ne vergogno). La verità è che agli sfarzosi ricevimenti si trovano, certo, i magnati delle pietre preziose e i politici locali che si spartiscono le ricchezze. Ma anche non pochi “cooperanti” occidentali imbucati che declamano i loro progetti umanitari, sorseggiando champagne e gustando caviale. Mentre la gente che dovrebbero aiutare soffre la fame. Stefano Isoloni, Milano
Casta mozambicana Io vivo qui a Maputo e nonostante il Pil del Mo-
visto l’articolo Ruanda sui Pedali (Africa 6/2013) e assieme ai miei compagni vorrei sapere come poter aiutare la nazionale ruandese delle due ruote, grazie.
• A mio avviso si tratta di un ottimo format gestito alla grande, nonostante i troppi pregiudizi e gli occhi puntati contro. Luca Rizzi
Giorgio Milesi, Bergamo
• Un programma banale, senza nessuna idea e tremendamente lento. Unica nota positiva: per la prima volta in prima serata su RaiUno si è parlato di certe tematiche. Ma si poteva fare decisamente meglio. Alessandro Rocca
Per sostenere la corsa degli atleti ruandesi teamrwandacycling.org
testo e foto di Alain Buu/Orizon/LightMediation
Bacchetta magica Fratel Dario, «missionario dell’acqua» in Kenya Comboniano e rabdomante, da trent’anni usa un bastoncino di legno per trovare l’acqua nel sottosuolo della Rift Valley e… dissetare i pastori dell’arida regione del Turkana
È
l’indovino dell’acqua. Esplora le savane riarse dal sole con una bacchetta di legno. In silenzio “ascolta” i rumori impercettibili della terra. E quando sente la “vibrazione” giusta, segna il punto in cui bisogna scavare il pozzo. Fa sgorgare l’acqua dal sottosuolo, ma non è uno stregone.
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È un missionario cattolico. Fratel Dario è nato in Friuli, nelle valli del Natisone, sessantadue anni fa. Nel 1975 è diventato comboniano. Poco dopo è partito per l’Africa orientale. Da allora vive alle estreme propaggini nordoccidentali del Kenya: una regione sperduta e assetata.
Uomo della Provvidenza
Brother Dario indossa pantaloncini e t-shirt, un berretto sulla testa, un paio di sandali usurati ai piedi. Ha un sorriso contagioso e una bella barba bianca. Si sposta di villaggio in villaggio con la sua bacchetta da rabdomante per individuare i fiumi sotterranei. La sua
L’eco di Mission
fama di mago dell’acqua è conosciuta in tutta la vasta area del Turkana, dove le comunità di pastori seminomadi sono da sempre in guerra tra loro per contendersi le esigue risorse idriche (vedi Africa 5/2013). «Dio mi ha donato una sensibilità speciale per trovare la vita che scorre sotto ter-
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Sono rimasto stupito nello scoprire sull’ultimo numero di Africa che c’è ancora al giorno d’oggi qualcuno che crede nella rabdomanzia. I bastoncini dei “sensitivi dell’acqua” sono poco più di una superstizione. E mi stupisce che i missionari si prestino a queste credenze popolari. Eugenio Polimeno, Roma
Solidarietà su due ruote sport
testo di Marco Pastonesi foto di Bruno Zanzottera e Marco Trovato
Il Tour of Rwanda è la più dura delle competizioni ciclistiche del continente. Una gara ricca di aneddoti, colpi di scena e straordinarie favole sportive
È
il Giro del quasi. Ma non è un quasi Giro. È il Giro del quasi nel senso del circa, del più e del meno ma anche del più o meno, del su e giù ma anche del suppergiù. È il Giro del Ruanda o, come lo battezzano loro, il Tour of Rwanda. Per esempio, la prima tappa del Tour of Rwanda 2010: quasi 150 chilometri a quasi 35 di media, ritrovo quasi alle 7, partenza quasi alle 8.15, il via fittizio quasi alle 8.20 - quasi 5 minuti di ritardo significa una puntualità quasi imbarazzante se non quasi sospetta -, quasi 13 chilometri tutti insieme per uscire da Kigali, che è una quasi metropoli, al via reale subito un quasi Gran premio della montagna, 5,9 chilometri al 6,8%, e il gruppo non fa a tempo a scattare che già esplode e si polverizza, e diventa un quasi gruppo. Sul primo colle rimangono in una trentina, cioè poco meno della metà (63 partenti: all’appello sono mancati un francese e due del Burundi, nonché l’intera nazionale del Senegal), poi selezione naturale e stradale. Alla fine, l’ultimo della carovana avrà quasi due ore di ritardo. Ma nessuno sarà fuori tempo massimo.
Montagne, eroi e imprevisti: torna il Giro più emozionante d’Africa
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Sono un appassionato di ciclismo, corro in una squadra amatoriale. Ho
Il “reality umanitario” Mission, mandato in onda dalla Rai lo scorso dicembre, ha animato un vivace dibattuto sulla pagina Facebook di Africa. Alcuni interventi: • La trasmissione non mi è piaciuta: strumentalizza e spettacolarizza le crisi umanitarie Anita Cervi • È stato uno spot per raccogliere soldi a favore dell’Unchr, tuttavia può essere utile anche questo a informare ed educare. Altrimenti non lamentiamoci se buona parte degli italiani rimangono razzisti e continuano a non capire il dramma di chi fugge. Luca Delponte
• Mi chiedo come mai la Rai non abbia scelto di raccontare il dramma dei poveri italiani? Perché, sempre e ancora, l’Africa è stata usata per sperimentare ogni porcheria? I giovani africani ne hanno le scatole piene... Fortuna Ekutsu Mambulu
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promotori e sostenitori della rivista Africa. Stiamo cercando in tutta Italia persone volenterose che ci aiutino a diffondere il nostro magazine e a far crescere il numero dei lettori. Se pensi di poterci dare una mano, invia una mail all’indirizzo animazione@padribianchi.it tel. 3342440655.
sondAggio PAreri rAccoLti suLLA PAginA FAcebook di AFricA L’Africa nel 2025, come sarà? 5% 7% 22% 66%
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Sarà un continente stabile, sviluppato, democratico Assomiglierà agli emirati del Golfo: ricchi di petrolio e ma governati da oligarchie Sarà ancora povera e saccheggiata dalle potenze economiche mondiali Avrà nazioni libere e sviluppate ma anche altre arretrate e dittatoriali
africa rivista
n. 1 gennaio . febbraio 2014 www.missionaridafrica.org
Un modo diverso di “fare missione”
Un’avventura umana e cristiana dove noia e ripetitività non hanno spazio Di passaggio a Treviglio, padre Claudio ci parla dei tanti aspetti nuovi e da scoprire del suo lavoro in questi ultimi anni in Africa australe
Una pausa sulla strada Mongu (Zambia)
di Claudio Zuccala Durante il mio recente soggiorno in Italia, molte persone mi hanno chiesto dov’ero stato negli ultimi mesi e quali fossero le mie attività. È stato difficile rispondere brevemente a queste semplici domande perché gli ultimi due anni sono stati movimentati e variegati, a causa di un impegno dalle varie sfaccettature. Dall’inizio del 2012, infatti, mi sono trasferito da Beira (Mozambico) a Lusaka (Zambia) in seguito a nuovo incarico ricevuto verso la fine del 2011, che va sotto il titolo un po’ pomposo di “Coordinatore provinciale per la giustizia e la pace, l’incontro e il dialogo e la salvaguardia del creato”. Tra le altre cose, significa che, pur avendo una base nella capitale zambiana, sono stato regolarmente in viaggio in altri tre Paesi: Malawi, Mozambico e Sudafrica. Da qualche anno, noi Missionari d’Africa presenti in questa zona dell’Africa sud-orientale, ci siamo raggruppati in un’unica Provincia, cioè in un’unità organizzativa territoriale. Per cui alcuni incarichi, come il mio, richiedono degli spostamenti regolari e prolungati per valutare le varie situazioni locali e cercare di lavorare insieme a qualche progetto comune. Detta così, forse, la cosa non risulta molto chiara e quindi è meglio dare un esempio pratico. Da novembre del 2012 fino a settembre del 2013, i Padri Bianchi hanno ricordato e celebrato in varie
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Da sinistra a destra. Con un gruppo di persone anziane di Beira (Mozambico); incontro di formazione con giovani Padri Bianchi a Nazaré (Mozambico); riunione di animazione dei Padri Bianchi in Mozambico; passaggio obbligato dal carrozziere (Lusaka, Zambia). A sinistra il museo della cultura e religioni tradizionali di Mua (Malawi)
Contro ogni forma di schiavitù
forme e maniere il 125° anniversario della Campagna contro la schiavitù lanciata dal nostro fondatore, il cardinale francese Charles Lavigerie. (I lettori di Africa ricorderanno senz’altro la mostra fotografica Spezziamo le catene, organizzata dalla rivista per illustrare l’impegno passato e presente dei Padri Bianchi nella lotta contro la schiavitù). Nella Provincia dell’Africa meridionale è toccato a me l’incarico di sensibilizzare i nostri confratelli e di organizzare iniziative volte a sottolineare l’anniversario e la sua importanza nel mondo attuale e, soprattutto, in Africa.
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In termini pratici, questo ha richiesto un contatto personale con tutti i confratelli presenti nella regione. Prima di investire tempo e risorse in iniziative di vario genere, infatti, era necessario che noi stessi fossimo informati, coscienti e convinti di quello che c’era in ballo. Questo è stato fatto sia utilizzando i moderni sistemi di comunicazione sociale (e-mail, siti web, blog) sia recandomi personalmente nelle varie comunità disseminate su un territorio molto vasto. Per dare un’idea di uno di questi viaggi, sono partito da Lusaka a metà febbraio e, dopo aver incontrato i confratelli del Sudafrica riuniti a Pretoria, ho proseguito per il Mozambico e il Malawi, rientrando alla base due mesi dopo. Se è quasi impossibile quantificare quello che questa campagna ha rappresentato per ciascuno di noi, è più facile segnalare i risultati conseguiti: valga per tutti un volantino “comune” per segna-
lare l’avvenimento ma soprattutto per sottolineare l’urgenza e l’importanza di combattere ogni forma di schiavitù contemporanea. Ideato in inglese in Zambia, con l’attenzione rivolta a problematiche locali, il volantino è stato poi adattato alle situazioni degli altri tre Paesi e tradotto in portoghese e chichewa (lingua ufficiale del Malawi). Ne sono state stampate e distribuite circa 15mila copie.
Giustizia e Pace
Quanto illustrato nel caso specifico della campagna antischiavista, vale anche per le grandi tematiche di giustizia e pace, del dialogo con le altre religioni e con le culture locali e della salvaguardia dell’ambiente, al centro della nostra ragione di essere missionari in quest’Africa che cambia rapidamente. Compito mio è quello di ricordare ai miei confratelli questa centralità, tramite contatti regolari che prevedono non solo la diffusione di informazioni e di promemoria di eventi importanti, ma anche delle visite regolari, insostituibili sul piano della conoscenza reciproca e della pianificazione.
Fedi e culture in dialogo
Da un lato, non c’è nulla di nuovo da inventare a livello di “fondamentali”. L’andare all’incontro di persone e popoli di religione e cultura differenti e il promuovere il rispetto e la dignità dell’essere umano hanno sempre fatto parte della nostra identità, fin dalla nostra fondazione in Algeria, quasi un secolo e mezzo fa.
Farsi prossimo alle persone in mezzo alle quali siamo inviati, animati da un genuino senso di “com-passione” esplicitato in opere di carità, nei campi dell’istruzione, della sanità e della difesa dei diritti umani, ha sempre caratterizzato la nostra opera di annuncio del Vangelo. Di nuovo ci sono le tante evoluzioni, sfide e problematiche del mondo africano che oggi presenta tratti ed elementi totalmente inesistenti o addirittura inconcepibili qualche decennio fa.
Le nuove sfide
Prendiamo, per esempio, il proliferare delle cosiddette chiese o sette locali che richiedono interpretazioni e strategie di avvicinamento totalmente innovative e sperimentali. Oppure il dialogo e lo studio delle religioni tradizionali africane, ancora ben vive e praticate più o meno esplicitamente anche da tanti nostri bravi cristiani. Si pensi all’avanzata di un certo Islam radicale e fondamentalista che non ci può lasciare indifferenti, giacché il dialogo con il mondo mussulmano è stato una nostra caratteristica fondamentale fin dall’inizio. Enormi sono poi i problemi legati all’ambiente. Per rimanere nell’ambito del SudEst africano, operiamo in Paesi ricchissimi di risorse: foreste, fondali pescosissimi... ma anche imponenti risorse di rame (Zambia), di oro e diamanti (Sudafrica), di carbone e gas (Mozambico). Purtroppo, lo sfruttamento sconsiderato di queste risorse sta provocando danni ambientali gravissimi di non facile soluzione, poiché
la difesa dell’ambiente rappresenta un costo molto elevato che le grosse multinazionali non sono disposte a pagare.
Imparare a “Fare rete”
Di fronte a questi cambiamenti e sfide non si può più pensare di agire in modo isolato, non possiamo più accontentarci di seguire cammini ecclesiali e pastorali consolidati nel passato. Siamo chiamati a dare testimonianza del Vangelo nel’Africa di oggi, non nell’Africa degli anni d’oro della missione o in situazioni che esistono solo nei nostri pii desideri. Oltre agli sforzi e all’interesse personale, una buona iniziativa è stata quella di aprire alcuni centri dove queste tematiche vengono affrontate in un modo sistematico e approfondito per aiutarci in questa missione: penso al centro ecumenico di Fenza a Lusaka, a quello per le questioni di giustizia e pace a Lilongwe (Malawi), a Kungoni (incultura-
zione e religione tradizionale) e ai piccoli ma efficienti Advice Office in Sudafrica. È necessario, però, creare un’interfaccia tra questi centri, e tra i centri e le persone che dovrebbero beneficiare del lavoro che vi si svolge. Anche in questo mi sento chiamato a giocare il mio ruolo. Un altro aspetto relativamente nuovo e in cui credo fermamente è quello della collaborazione. Dobbiamo cambiare mentalità e imparare a lavorare “in rete”: con la Chiesa locale, con gli altri Istituti religiosi, con i nostri collaboratori, con le Ong, e con tutti gli uomini e le donne di buona volontà impegnati nelle stesse aree. Per concludere, si tratta di un impegno dai tanti aspetti nuovi e da scoprire che richiede preparazione costante, grande flessibilità, spirito di adattamento e anche l’accettazione di uno stile di vita un po’ nomade, ma sempre profondamente legato all’Istituto e alla Chiesa.
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PROGETTI ATTIVI da AMICI DEI PADRI BIANCHI - ONLUS
AMICI DEI PADRI BIANCHI ONLUS
Progetto 01-10 RD Congo Centro nutrizionale e acquedotto Referente: padre Italo Iotti
Progetto 05-10 Mali Formazione dei catechisti
Referente: padre Arvedo Godina
Progetto 07-10 Borse di Studio Aiutare i seminaristi Padri Bianchi Referente: padre Luigi Morell
Progetto 09-10 Mozambico Adotta un bambino
Referente: padre Claudio Zuccala
Progetto 04-11 Mali Un dispensario a Gao
Referente: padre Alberto Rovelli
Progetto 14-12 RD Congo Con i giovani di Goma
Referente: padre Giovanni Marchetti
Progetto 15-12 Mali Lotta contro la carestia
Referente: padre Vittorio Bonfanti
Progetto 16-12 Mali Scuola di speranza
Referente: padre Jean Le Vacher
Progetto 19-2013 Mozambico Un pozzo per una scuola Referente: fratel Franco Pinna
Progetto 20-2013 Mozambico Un aiuto ai missionari anziani Referente: padre Paolo Costantini
Per ogni invio, si prega di precisare sempre la destinazione del vostro dono (numero progetto, sante messe, rivista, offerte, ecc) ed il vostro cognome e nome
Le donazioni (assegni, bonifici e versamenti) sono detraibili e vanno intestate a: amici dei Padri Bianchi - onLUs ccP: n. 9754036 iBan: it32 e076 0111 1000 0000 9754 036 credito cooperativo di treviglio Bg iBan: it73 H088 9953 6420 0000 0172 789 Paypal: http://www.missionaridafrica. org/progetti/ info: 0363 44726 - africa@padribianchi.it
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MALI – CONTRO LA CARESTIA PROGETTO 15-12 Tra i vari progetti presentati nel 2012 e 2013 dalla rivista Africa, missione cultura, ce n’era uno per venire in aiuto con urgenza alle popolazioni del Mali, direttamente e indirettamente colpite dai tragici avvenimenti nel nord del Paese. Ora c’è un nuovo pericolo di carestia, a causa di una stagione delle piogge catastrofica: le piogge sono arrivate con un ritardo di circa due mesi e nella regione del Bèlèdugu il raccolto è pressoché nullo. Ben presto nei villaggi della regione ci sarà una grave carestia. Già in questi giorni riceviamo notizie allarmanti di persone, soprattutto anziani e bambini, in pericolo di vita per la mancanza di cibo. E, dalle informazioni che riceviamo, pare che questo sia solo l’inizio! Per questo motivo, Africa lancia un nuovo appello per far fronte a questa carestia e ridare un po’ di speranza alla popolazione. Progetto 15-12 Mali Lotta contro la carestia Referente: padre Vittorio Bonfanti
Codice fiscale 93036300163 Ricordiamo che l’associazione AMICI DEI PADRI BIANCHI - onlus tra le sue attività ha quelle di: • promuovere le sottoscrizioni di sostegno alla rivista Africa, pubblicata dai Padri Bianchi; • aiutare le Associazioni umanitarie e i centri di raccolta a favore di popolazioni bisognose di solidarietà; • sostenere le opere dei Padri Bianchi, rappresentati dalla Provincia Italiana dei Missionari d’Africa. Le vostre donazioni possono fruire dei benefici fiscali concessi dalla legge, attraverso gli strumenti delle della detrazione/ deduzione solo se vengono effettuate con pagamento tracciabile: assegno, bonifico, carta di credito, bancomat, Paypal, CCP. È sufficiente allegare alla dichiarazione dei redditi la ricevuta del vostro dono. Versamenti, assegni e bonifici vanno indirizzati a: Amici dei Padri Bianchi - Onlus, V.le Merisio 17 24047 Treviglio BG CCP - c/t nr: 9754036 Cassa Rurale di Treviglio e Gera d’Adda IBAN: IT73 H088 9953 6420 0000 0172 789 BIC/SWIFT: BCCTIT2T Paypal: http://www. missionaridafrica.org/progetti/ Attraverso gli stessi canali potete inviare anche offerte per la celebrazione di Sante Messe.
Un libro per scaldare l’inverno
Diario africano Taccuino di un reporter
Mandela, l’Africano arcobaleno 72 pagine a colori illustrate da Zaü testo di Alain Serres e€12,00
Come racconteremo ai nostri ragazzi chi è Mandela e per quali ragioni rimarrà per sempre un eroe assoluto?
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di Raffaele Masto
Vent’anni di viaggi nel cuore dell’Africa
In omaggio con una donazione di almeno 10 euro a favore dell’attività missionaria dei Padri Bianchi (indicare: Libro Masto)
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