Africa 05 2014 Settembre-Ottobre

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n.5 settembre 2014

anno 92

Poste Italiane Spa - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1 , DCB Milano.

www.missionaridafrica.org

Somaliland

La nazione che non c’è Mozambico

Grand Hotel dei sogni Anniversari

Mohamed Alì a Kinshasa Benin

Le cure del frate-dottore

swaziland

IL RE CERCA MOGLIE


Daniele Tamagni

Alessandro Gandolfi

Dialoghi sull’Africa

ne 4a edizio

Marco Garofalo

Giulio Albanese, giornalista e missionario Alessandra Brivio, docente Università Bicocca di Milano Cristiana Fiamingo, docente Università Statale di Milano Elisa Kidanè, missionaria e giornalista Colette Kitoga Habanawema, medico e psicoterapeuta in Congo Stefano Liberti, giornalista e scrittore

Daniele Tamagni

Daniele Tamagni

Un weekend di incontri per capire, conoscere e confrontarsi

Raffaele Masto, scrittore e reporter Enzo Nucci, corrispondente Rai da Nairobi Marina Petrillo, giornalista di Radio Popolare Gigi Pezzoli, Pres. Centro Studi Archeologia Africana Alberto Salza, antropologo e analista Raffaello Zordan, giornalista di Nigrizia

Quando: sabato 29 e domenica 30 novembre 2014 Dove: a MILANO, Hotel Machiavelli Quota di partecipazione: 200 euro, studenti 150 euro Numero di partecipanti: 40 Info: a nimazione@padribianchi.it 334.2440655 www.missionaridafrica.org I primi iscritti potranno usufruire dell’ospitalità, semplice ma gratuita, offerta dai missionari Padri Bianchi a Treviglio, o del pernottamento scontato in hotel a Milano.


editoriale

di Paolo Costantini

Dementi e incoscenti chi? V

a nessa Ma rzullo (Bergamo) e Greta Ramelli (Varese), 21 e 20 anni; due ragazze tutto cuore e generosità. E ingenuità, forse; ma a vent’anni è normale essere idealisti e voler salvare il mondo. Due ragazze sequestrate da gente senza scrupoli. Si dice spesso che oggi i giovani non sono più capaci di cose serie, che sono tutti mammoni e smidollati. La notizia di questo rapimento, invece, ha portato alla luce un’altra storia, fatta di impegno e di altruismo; ci ha fatto capire che vi sono ancora dei giovani entusiasti, capaci di idealismo. Peccato che si parli di loro solo quando qualcosa va storto. Questa notizia ha anche suscitato un vespaio di accuse, di insulti, di prese di posizione assurde da parte di una certa stampa che conosciamo e dai social network. Le ragazze sono state definite “cretine”, “dementi”, “incoscienti”, “sprovvedute”, e mi limito agli epiteti più educati. Eppure cretine non erano, e neppure sprovvedute. Una conosceva l’arabo e si era preparata per questi incontri interculturali; l’altra aveva già varie esperien-

ze alle spalle: con malati di Aids in Africa, assieme a missionari; negli slums dell’India con le suore della Carità. Ma persone come loro danno fastidio ad una società come la nostra, impegnata a contemplarsi l’ombelico e preoccupata di non perdere l’altissimo tenore di benessere cui siamo stati abituati. Certo, dà meno fastidio chi in questi Paesi si reca per portare armi, trafficare droga o esseri umani: costoro portano soldi a casa, mentre per Vanessa, Greta e persone come loro è possibile che si debba pagare un riscatto o che comunque si debba pagare un volo “di Stato”. C’è chi, a vent’anni, sceglie di passare le proprie

vacanze al mare, in discoteca o altrove, per dimenticare la noia di ogni giorno. C’è chi invece che, senza dire nulla, vuol condividere, sentirsi solidale con chi soffre, anche se ha poco da portare, se non l’amore. Sul profilo Facebook di Greta spiccano questi versi: «Rosso, rosso come quel lettino, e sul lettino il corpicino martoriato della bambina di Aleppo le cui gambe sono state polverizzate da un’esplosione». Parole che valgono più di un trattato. Di fronte alle ipocrisie di una certa politica, all’inazione, quando non è complicità, di chi ha responsabilità per agire e intervenire, la generosità e le prese di posizione imme-

diate di questi giovani mi lasciano senza parole. In Corea, papa Francesco ha denunciato «lo spirito di disperazione che sembra crescere come un cancro in mezzo alla società» facendo pagare il suo tributo a tanti giovani, e ha lanciando un appello perché non siano mai derubati della loro speranza. Queste parole di Francesco e il prossimo mese missionario di ottobre mi spingono pensare a Vanessa e Greta, e a quanti come loro - incoscienti! - volontari, missionari laici o consacrati, hanno deciso di portare un po’ di speranza in quelle periferie dimenticate, abbandonate o disprezzate da tutti. Anche a costo di essere presi a pesci in faccia. • africa · numero 5 · 2014

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sommario

lo scatto 38. La benedizione Dall’Africa c’è sempre qualcosa di nuovo Plinio il Vecchio (I secolo d.C.) EDITORE

Prov. Ital. della Soc. dei Missionari d’Africa detti Padri Bianchi DIRETTORE RESPONSABILE

Alberto Rovelli

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DIRETTORE EDITORIALE

Paolo Costantini COORDINATORE

Marco Trovato WEBMASTER

Matteo Merletto AMMINISTRAZIONE

Bruno Paganelli

PROMOZIONE E UFFICIO STAMPA

Matteo Merletto

PROGETTO GRAFICO E REALIZZAZIONE

Elisabetta Delfini

DIREZIONE, REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE

Cas. Post. 61 - V.le Merisio 17 24047 Treviglio (BG) tel. 0363 44726 - fax 0363 48198 africa@padribianchi.it www.missionaridafrica.org http://issuu.com/africa/docs FOTO

Foto di copertina Per-Anders Pettersson/Luz Si ringrazia Olycom COORDINAMENTO E STAMPA

Jona - Paderno Dugnano

Periodico bimestrale - Anno 92 settembre-ottobre 2014, n° 5

Aut. Trib. di Milano del 23/10/1948 n.713/48 L’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dai lettori e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione. Le informazioni custodite verranno utilizzate al solo scopo di inviare ai lettori la testata e gli allegati, anche pubblicitari, di interesse pubblico (legge 196 del 30/06/2003 - tutela dei dati personali).

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copertina La più bella del reame a cura della redazione e Per-Anders Pettersson

attualità

3 Africanews 4 Ombre sul commercio equo 10 Leader granitici 12 Nel Paese che non esiste 18 Terrore jihadista a cura di InfoAfrica di Marco Trovato

a cura della redazione

di Stefano Rotta e Marco Gualazzini a cura della redazione

società

20 24 Imprenditori geniali 27 Stop ai razziatori di tombe 30 Robocop in Congo 32 Il Grand Hotel dei sogni La fabbrica delle corna di Damiano Rossi

a cura della redazione di Desmond Moodley

di Gustave Kimbundu

di Raffaele Masto e Vlad Sokhin

africa rivista

libri e musica

48 Libri e musica

di P.M. Mazzola e C. Agostoni

cultura

50 Stregati da Ouagadougou 54 Acrobazie a Nairobi di Marco Trovato

di Michele Vollaro e Jennifer Huxta

storia

60 Quella magica notte di pugni di Marco Trovato

sport

65 Mister BMX

di James Nkosi Sithole

viaggi

66 In carrozza!

di Morgan Klingiel

chiesa

70 In pellegrinaggio dal frate-dottore 74 Nella buona e nella cattiva sorte togu na 76 vita nostra 77 di Anna Pozzi e Bruno Zanzottera di Raffaele Masto

a cura della redazione

a cura di P. Costantini

@africarivista

COME RICEVERE AFRICA per l’Italia:

Contributo minimo consigliato 30 euro annuali da indirizzare a: Missionari d’Africa (Padri Bianchi) viale Merisio, 17 - 24047 Treviglio (BG) CCP n.67865782 oppure bonifico bancario su BCC di Treviglio e Gera d’Adda Missionari d’Africa Padri Bianchi IBAN: IT 93 T 08899 53640 000 000 00 1315

per la Svizzera:

Ord.: Fr 35 - Sost.: Fr 45 Africanum - Rte de la Vignettaz 57 CH - 1700 Fribourg CCP 60/106/4

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Uganda

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news

a cura di InfoAfrica

INFO

Africa

www.infoafrica.it

Africanews, brevi dal continente 1 Centrafrica. Un musulmano per la transizione Sarà Mahamat Kamoun a guidare il governo del Centrafrica nella fase di transizione seguita all’accordo per un cessate-il-fuoco raggiunto a Brazzaville tra ribelli dell’ex Seleka e milizie anti-Balaka. I due gruppi si sono dati battaglia portando al collasso un Paese già povero e l’accordo appena firmato resta fragile e appeso alla possibilità che gli scontri armati possano riprendere. Ma la scelta di Kamoun, musulmano, fatta dal capo dello Stato Catherine Samba-Panza costituisce un significativo messaggio di pace.

2 Somalia. Amisomvia nel 2016? La missione militare dell’Unione Africana in Somalia (Amisom) lascerà il paese del Corno d’Africa nel 2016, anno in cui dovrebbero essere portate a termine le riforme istituzionali previste dal piano strategico Vision 2016 del governo federale di Mogadiscio. A dirlo è stata l’inviata speciale

dell’Unione Africana in Somalia, Lydia Wanyoto Mutende, sostenendo che entro i prossimi due anni il governo dovrebbe aver sviluppato sufficienti capacità per gestire in maniera autonoma gli affari interni.

3 Mali. Negoziati e incertezze Mentre ad Algeri, dopo la tregua raggiunta a Ouagadougou lo scorso giugno, si tenta di mediare tra le posizioni autonomiste dei Tuareg e quelle del governo di Bamako, il nord del Mali resta teatro d’azione di diversi gruppi armati con agende molto differenti. La situazione è difficile nonostante la presenza di un contingente francese che si propone ufficialmente di lottare contro i gruppi terroristici attivi nell’area. Conclusa l’operazione Serval, il governo di Parigi ne ha avviata un’altra (Barkhane) che sta coinvolgendo basi militari in Ciad e Niger e che può contare su circa 3.000 uomini.

24 ottobre le elezioni per il rinnovo dell’Assemblea nazionale. In base alla legge corrente, i 63 deputati scelti dai cittadini aventi diritto al voto avranno un mandato quinquennale; tra i loro compiti c’è anche quello di nominare il prossimo capo dello Stato. Pur dotato di un sistema multipartitico, fin dalla sua indipendenza nel 1966, il Botswana è sempre stato governato dal Botswana Democratic Party (Bdp), che alle ultime elezioni aveva ottenuto il 51,7% dei consensi.

5 Etiopia. Mai così tanti rifugiati Il persistere del conflitto in Sud Sudan ha spinto negli ultimi mesi circa 250.000 persone a cercare rifugio

4 Botswana. Urne aperte a ottobre Ian Khama, Presidente del Botswana, ha fissato per il

nella vicina Etiopia, divenuta in tal modo il Paese con la maggiore presenza di rifugiati e richiedenti asilo di tutto il continente africano. La notizia è stata confermata dall’Agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite (Acnur) secondo cui è stato superato il “primato” appartenuto finora al Kenya.

6 Lesotho. Tensione politica Permane una situazione di incertezza nella piccola nazione del Lesotho dopo che, lo scorso 30 agosto, un presunto golpe militare aveva costretto alla fuga il primo ministro Thomas Thabane. Si cerca un’intesa politica con gli oppositori per tornare alla stabilità.

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7 Liberia. Ebola, quarantene e coprifuoco

Dei Paesi dell’Africa occidentale interessati dall’epidemia di ebola, la Liberia sembra essere quello con più problemi nella gestione dell’emergenza. Ad agosto, il governo ha imposto la quarantena in diverse zone del Paese e il coprifuoco a West Point, popolare quartiere di Monrovia: migliaia di liberiani hanno protestato per le misure introdotte ma anche il capo dello Stato Ellen Johnson-Sirleaf ha criticato la lentezza del governo nella risposta alla crisi.

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attualità

testo di Marco Trovato

Ombre sul commercio equo Una ricerca condotta in Africa solleva seri dubbi sull’efficacia della spesa etica

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La spesa etica in Italia

Circa 83 milioni di euro di fatturato, 84 realtà equosolidali distribuite in 15 regioni, oltre mille lavoratori e 5mila volontari impegnati a gestire 253 botteghe. Sono i numeri dell’Assemblea generale italiana del del commercio equo e solidale (Agices: equogarantito.org), che lo scorso maggio ha presentato il suo rapporto annuale, con luci e ombre. «Sono anni non facili per il movimento italiano del commercio equo e solidale: dopo un periodo di espansione delle vendite, oggi le cooperative e le associazioni registrano una stasi», ha dichiarato il presidente di Agices, Alessandro Franceschini. Tutto sommato, tengono bene i prodotti alimentari, mentre la crisi si fa sentire soprattutto con l’artigianato. Tuttavia le prospettive sono buone. «Il fair trade italiano è vitale e capace di trovare strade innovative e formule inedite per ridisegnare il proprio futuro».

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attualità NUOVI ACCORDI COMMERCIALI TRA AFRICA E EUROPA La data del 1° ottobre si avvicina e sono sempre di più gli Stati dell'Africa che si apprestano a siglare gli Accordi di partenariato economico (Ape/Epa) con l'Unione europea. Quel giorno è stato infatti fissato dalla Commissione di Bruxelles come termine ultimo entro il quale concludere i negoziati e firmare la versione definitiva di questi accordi commerciali. In breve, si tratta di accordi comprensivi volti a sostituire la Convenzione di Lomé (1975) e l'Accordo di Cotonou (2000), che fissavano in precedenza un sistema di preferenze doganali tra i Paesi europei e le ex colonie: in cambio di una progressiva apertura dei mercati africani alle merci e ai servizi europei, l'Ue si è impegnata a eliminare tutte le tariffe doganali ai prodotti importati da questi Paesi. Ma secondo alcuni economisti e leader africani gli accordi sarebbero troppo sbilanciati (Michele Vollaro) a favore dell'Europa.

LA STORIA

Il commercio equo e solidale è nato negli anni Cinquanta, negli Stati Uniti e poi nel Regno Unito. Nel 1964 l’associazione Oxfam UK fonda la prima Alternative Trade Organization (ATO). Nel 1968 nascono in Olanda i Cane Sugar Groups, gruppi di persone attente ai temi dello sviluppo che cominciano a commercializzare lo zucchero di canna. Un anno dopo, in una cittadina olandese, Sos Wereldhandel apre la Third World Shop: la prima bottega etica. Nel 1971 in Bangladesh viene fondata la prima Cooperativa di commercio equo e solidale (Jute Work). Nel 1974 il Fairetrade (Commercio equo) arriva in Francia per mezzo della Union des comités de jumelage coopération che risponde all’appello dell’Abbé Pierre a favore del Bangladesh. Nel 1989 nasce l’IFAT (International Federation of Alternative Trade) - oggi WFTO.

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Ogni giorno migliaia di consumatori acquistano prodotti fairtrade convinti di sostenere un commercio più giusto



attualità

a cura della redazione

Leader Gran Idriss Déby • al potere da 24 anni Ha preso il potere nel 1990 con le armi spodestando il dittatore Hissène Habré e da allora è scampato (con l’aiuto di Parigi) a numerose rivolte, congiure interne e tentativi di colpi di stato.

Omar Hassan al-Bashir • al potere da 25 anni Al potere dal 1989, è accusato dalla Corte penale internazionale dell’Aja di crimini di guerra, crimini contro l’umanità e di genocidio per le sue responsabilità nel massacro del Darfur.

Isaias Afewerki • al potere da 23 anni Ex combattente per l’indipendenza dell’Eritrea, è diventato un dittatore spietato. Salito al potere nel 1991, ha negato la democrazia, il voto, la libertà di opinione. E ha fatto sparire i suoi oppositori.

Yoweri Museveni • al potere da 28 anni Giunto al potere con le armi nel 1986, è stato riconfermato Presidente in quattro elezioni: all’ultima, nel 2011, ha ottenuto il 68% dei voti, rimanendo in carica per altri cinque anni, tra accuse di dispotismo e corruzione.

Robert Mugabe • al potere da 34 anni Leader della lotta anticoloniale, divenuto Presidente nel 1980, all’indomani dell’indipendenza, il novantenne Mugabe (accusato dai suoi detrattori di aver impoverito l’ex granaio dell’Africa australe) ha stravinto per la settima volta le elezioni nel 2013.

Mswati III • al potere da 29 anni Ha ereditato il trono del padre (il leggendario Sobhuza II che ha regnato sul Paese per 61 anni) e accentrato nelle sue mani tutto il potere. Maggiori informazioni nell’ampio servizio alle pagine 40-47.

José Eduardo Dos Santos • al potere da 35 anni Giunto al potere nel 1979, mantiene il controllo sulle ricchezze del Paese: petrolio e diamanti. Viene accusato dall’opposizione di nepotismo, corruzione, gestione oscura del denaro pubblico. 10 africa · numero 5 · 2014


nitici

Sono abili, tenaci, spregiudicati. E, soprattutto, incollati alle poltrone. Ecco i ritratti dei Presidenti africani al potere da più tempo

Mohamed Abdelaziz • al potere da 38 anni Il Segretario del Fronte Polisario che dal 1976 contende al Marocco i territori del Sahara Occidentale è il leader inamovibile del popolo saharawi. Ma si autoproclama un sincero sostenitore della democrazia.

Yahya Jammeh • al potere da 20 anni Ha preso il potere con un golpe nel 1994 e da allora non lo ha più spostato nessuno. Ha fatto imprigionare e condannare a morte gli oppositori e in seguito alle proteste internazionali ha deciso di far uscire il Gambia dal Commonwealth.

Blaise Compaoré • al potere da 26 anni Sospettato di avere collaborato all’assassinio nel 1987 del suo predecessore (il carismatico Thomas Sankara), è stato eletto Presidente quattro volte (due mandati settennali e due quinquennali) e ora punta a ricandidarsi nel 2015.

Record

Il più longevo leader politico di sempre è stato l’ex presidente del Malawi Hastings Banda (1898-1997): quando perse le elezioni, nel 1994, aveva 96 anni. Oggi Robert Mugabe, 90 anni, capo di Stato dello Zimbabwe, è il più vecchio Presidente vivente... Seguito da Giorgio Napolitano, 89 anni, in carica dal 2006.

Teodoro Obiang Nguema• al potere da 35 anni Divenuto Presidente nel 1979, è stato sempre rieletto - l’ultima volta nel dicembre 2009 - con almeno il 95% dei voti, tra denunce di brogli e accuse di corruzione, mantenendo il controllo sulle ricchezze del Paese: petrolio e legname.

Denis Sassou Nguesso • al potere da 17 anni È in carica dal 1997 (ma aveva già ricoperto il ruolo di presidente dal 1979 al 1992). Ha promesso di aprirsi alla democrazia ma la Costituzione che ha promulgato nel 2002 gli conferisce maggiori poteri.

Paul Biya • al potere da 39 anni È il più longevo leader africano. Già Primo Ministro dal 1975, è diventato Presidente nel 1982 e da allora governa un Paese con un livello di corruzione tra i più alti al mondo, mantenendo un controllo rigido sulla stampa e sull’opposizione. africa · numero 5 · 2014

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attualità

testo di Stefano Rotta foto di Marco Gualazzini/Parallelozero

Monumento all’indipendenza nel centro di Harghesia, capitale dell’autoproclamata Repubblica del Somaliland

Reportage dalla nazione fantasma del Somaliland

Nel Paese che 12 africa · numero 5 · 2014

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esiste

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attualità

Tony KARUMBA/Afp

Ha proclamato la sua indipendenza dalla Somalia nel 1991. Da allora vive in pace, sospeso tra Medioevo e globalizzazione. In attesa dell’agognato riconoscimento ufficiale da parte della comunità internazionale

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l confine con l’Etiopia è tirato con una corda. Ma c’è, e si sente. Anche lo Stato c’è, dall’altra parte: prova a esistere dentro la Somalia, Stato che non c’è, come una matrioska intrappolata nel caos. Il Somaliland, dal 1991 indipendente dall’inferno di Mogadiscio, ha il controllo del suo territorio; lì, almeno lì, non si combatte più. Ci sono università e ospedali pubblici, ministeri, giornali indipendenti, esercito e guardia costiera antipirateria. Ma solo una manciata di Stati intrattengono rapporti diplomatici e politici (fra questi Regno Unito, Kenya, Etiopia) con questa nazione musulma-

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na - quattro milioni di abitanti affacciati sul mondo arabo - e porto strategico nel golfo di Aden. È un paradosso, uno dei tanti del Corno d’Africa, uno Stato senza territorio, la Somalia, governa un territorio senza Stato: il Somaliland. Vecchio protettorato britannico, indipendente per qualche giorno nel 1991, oggi è l’unica fetta pacifica e relativamente stabile di questa arena martoriata da guerre, faide, disastri ambientali, corruzione e traffico d’armi. Da vent’anni senza catene e senza guerriglia, senza neppure voce per dirlo al mondo. La sua causa vale poco, in termini geopolitici, un po’

come lo scellino locale: ce ne vogliono 6.000 per fare un dollaro, nelle strade i change (cambiavaluta) impilano le banconote sui tappeti, buoni pure per pregare.

La droga dei poveri Shari’a e scellini, mutilazioni genitali e tanti nuovi laureati. È un Paese in transizione fra Medioevo e globalizzazione a chiedere il riconoscimento. «Abbiamo i requisiti di sovranità richiesti dalle convenzioni internazionali», afferma il ministro degli Affari Esteri, Mohamed Omar. «Siamo, siamo una comunità con un forte senso di identità comune, ben or-

ganizzati a livello sociale (la famiglia, il clan, sono molto strutturati e influenti, ndr) e politico. Ci sono elezioni realmente democratiche e giustizia indipendente». Tiene molto a sottolineare il concetto, che si commenta da sé, di home made democracy. Rovescio della medaglia: abuso diffuso di khat, pianta anfetaminica da masticare che svuota le tasche, accende i sensi, alla lunga nuoce al cervello; e mancanza d’impiego per i giovani, solo il 10% degli ultimi 500 laureati ha trovato un posto. «Sono questi, l’occupazione e la sanità, i nostri due fronti: ridurre gradual-



attualità

a cura della redazione

Ansar al-Islam Gruppo islamico marocchino combattente

Ansar al-Sharia

Ansar Dine - Mujao

Al-Qaeda nel Maghreb islamico

Al Shebaab

Boko Haram

Ansaru - Boko Haram

Seleka

Uamsho

La mappa dei movimenti integralisti che inneggiano alla guerra di religione 18 africa · numero 5 · 2014


Mujao Movimento per l’unicità e la jihad in Africa occidentale È un gruppo terrorista islamista nato nel 2011 con l’obiettivo di portare la jihad anche nei territori dell’Africa occidentale. Ha le sue basi nel nord del Mali, ma è attivo anche nei deserti di Mauritania e Niger, dove si finanzia con rapimenti di occidentali. Il mauritano Hamada Ould Mohamed Kheirou è considerato il comandante dell’organizzazione: sulla sua testa gli Usa hanno messo una taglia da cinque milioni di dollari.

Al-Qaeda nel Maghreb islamico È il movimento qaedista più organizzato. Si finanzia con sequestri di occidentali, contrabbando e traffico di cocaina. Nato nel 2005 in Algeria, come eredità del Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento, oggi opera anche in Mauritania, Mali e Niger, dove punta a instaurare un califfato islamico. Il suo comandante militare, l’algerino Abdelmalek Droukdel, è considerato il braccio armato

MUSULMANI NEI PAESI AFRICANI 0-1 % 1-25 % 25-75% 75/100%

dell’ideologo egiziano alZawahiri, erede di Osama bin Laden.

affiliati vi sono anche miliziani che hanno combattuto in Afghanistan.

Ansar Dine

Al-Shebaab

Il suo nome in arabo significa “difensore della fede”. È un gruppo fondamentalista formato da ribelli tuareg che hanno scelto di imbracciare Corano e Kalashnikov. Apparso sulla scena nel marzo del 2012, guidato con pugno di ferro dal feroce Iyad ag Ghaly, si batte per l’instaurazione della sharia nel nord del Mali, dove mantiene le sue basi, malgrado l’offensiva militare francese Serval.

Questa organizzazione ambisce a instaurare in Somalia uno Stato islamico. Da sei anni conduce attacchi contro il governo di Mogadiscio e le truppe dell’Unione Africana che lo sostengono. I suoi attentati sconfinano anche in Kenya e Uganda, dove frange autoctone fondamentaliste fiancheggiano la “guerra agli infedeli”.

Boko Haram Attivo dal 2002 nel nordest della Nigeria, e nei vicini Camerun e Ciad, è uno dei più spietati gruppi terroristici, artefice di attentati, incursioni contro scuole, attacchi a chiese cristiane e sequestri (clamoroso il rapimento di massa delle duecento studentesse nigeriane, lo scorso aprile). Il suo leader Abubakar Shekau è ritenuto responsabile della morte di oltre quattromila civili. Si batte per l’imposizione della sharia. Il termine Boko Haram significa “l’educazione occidentale è sacrilega”.

Gruppo islamico marocchino combattente Movimento terroristico legato ad al-Qaeda, è autore di sanguinosi attentati: a Casablanca (2003), a Madrid (2004) e a Marrakech (aprile 2011). Tra i suoi

Seleka Formazione ribelle di matrice fondamentalista, ha esportato la guerra santa “contro gli infedeli” in un Paese, la Repubblica Centrafricana, dove musulmani e cristiani hanno storicamente convissuto senza problemi, e dove oggi si massacrano a vicenda.

Uamsho Gruppo separatista islamico originario dell’isola di Zanzibar (il suo nome significa “risveglio” in kiswahili), sta diffondendosi sulle coste della Tanzania, dove i suoi discepoli predicano la violenza contro gli infedeli e incendiano chiese cristiane.

Ansaru L’Avanguardia per la protezione dei musulmani nell’Africa nera (Ansaru), specializzatasi nel sequestro di stranieri occidentali (tra cui l’ingegnere italiano Silvano Trevisan, ucciso

Dilaga in Africa la minaccia terroristica legata ai gruppi dell’islam radicale. Mentre dall’Iraq il califfo Abu Bakr al-Baghdadi esorta i discepoli di Bin Laden a unire le forze per «conquistare Roma e il mondo»

a marzo 2013), condivide l’indole sanguinaria di Boko Haram, nel nord della Nigeria.

Ansar al-Sharia Dalla caduta di Muammar Gheddafi nel 2011, queste milizie salafite hanno preso il controllo della Cirenaica, regione ricca di petrolio, potendo contare su grandi quantitativi di armi provenienti da Niger e Ciad.

Ansar al-Islam Gruppo integralista nato nel 2011, all’indomani della caduta del regime di Ben Ali, artefice di numerosi attentati, può contare su centomila miliziani e su armamenti provenienti dalla Libia.

Jihad islamica egiziana Organizzazione islamista ideatrice di feroci attentanti, è guidata dal medico egiziano al-Zawahiri, il capo di al-Qaeda succeduto a Osama bin Laden. • africa · numero 5 · 2014 19


società

testo e foto di Damiano Rossi

La fabbrica delle

In Uganda, borse e braccialetti vengono prodotti con le ossa delle vacche

Un mondo di corna Le corna sono un’appendice ossea, o di altro materiale, che assolve a varie funzioni: soprattutto comunicativa e di richiamo sessuale, ma anche difensiva. Le capre di montagna hanno corna corte e rivolte in avanti. Gli stambecchi, ritorte all’indietro. I cervi e le renne, lunghe e ramificate. Le gazzelle, piccole e appuntite. I bufali, grandi e curve. Anche alcuni insetti, come lo scarabeo rinoceronte, sono dotati di corni.

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D

all’Equatore arriva una bella storia di successo. Ha per protagonisti tre brillanti imprenditori ugandesi: Charles Ggala, Florence Kata e Issa Wamala. Due uomini e una donna che guidano un piccolo impero economico fondato sulla lavorazione delle corna di vacca. Si tratta di un’attività innovativa, lanciata pochi anni fa, che potrebbe diventare la vera arma vincente nei confronti del commercio illegale dell’avorio, contribuendo così, ogni anno, alla salvezza di centinaia di elefanti, le cui zanne, come sappiamo, sono utilizzate per produrre vari oggetti e soprammobili.

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Vacche a rischio I bovini di razza Ankole (chiamati anche Inyambo) sono allevati lungo il confine tra Uganda e Ruanda. Da queste vacche si ottiene sia carne che latte (quest’ultimo, ad alto contenuto di grassi, viene adoperato per preparare anche burro e yogurt). Anche il sangue è apprezzato dalle popolazioni locali: viene prelevato in piccole quantità dal collo di alcuni capi per preparare bevande energizzanti. Da secoli la vacca Ankole è la fonte primaria di reddito per almeno due milioni di allevatori. Tuttavia, oggi questa razza è a rischio di estinzione poiché i governi di Uganda e Ruanda promuovono la sua sostituzione con razze straniere, più produttive (ma anche più vulnerabili ai parassiti della zona).

renti sfumature di colore, garantendo così un prodotto finito unico, originale e irripetibile nel suo genere.

Minaccia cinese Poiché in Uganda queste vacche sono allevate come carne da macello, non è stato difficile per Charles Ggala e i suoi soci recuperare la materia prima di cui avevano bisogno, a

bassissimo prezzo. «Prima che arrivassimo noi, le corna venivano buttate e i mattatoi di Kampala dovevano farsi carico anche dei costi di smaltimento». Oggi nulla viene più buttato: dall’inizio alla fine del processo, ogni singolo pezzo di corna è usato per realizzare accessori di moda come braccialetti, orecchini, bottoni, anelli,

borse, oppure oggetti per la casa come posate, vasi, contenitori, porta candele. Gli scarti della lavorazione sono utilizzati per creare mangime per le galline e fertilizzante per i campi. I prodotti sono venduti in tutto il mondo: dall’Europa a Hong Kong, dagli Stati Uniti alla Corea del Sud. «Abbiamo in programma di allargarci con un nuovo

stabilimento», rivelano i dirigenti della Horn Products Ltd. «Ma anche noi dobbiamo fare i conti con la concorrenza spietata dei cinesi, che vengono a Kampala per comprare il materiale grezzo e poi lo esportano in Oriente per farlo lavorare dove il costo del lavoro è più basso». La guerra delle corna è appena iniziata. • africa · numero 5 · 2014 23


Quarantacinque straordinarie immagini scattate da grandi reporter per raccontare cosa accade in una giornata nel continente africano

ONE DAY IN AFRICA

La mostra fotografica è disponibile per esposizioni in tutta Italia Può essere allestita in scuole, biblioteche, gallerie, parrocchie, centri culturali Informazioni: animazione@padribianchi.it - tel. 036344726 cell. 3342440655 Anteprima su: www.missionaridafrica.org

RICHIEDI LA NUOVA MOSTRA FOTOGRAFICA


società

testo di Desmond Moodley

Il Sudafrica tenta di risolvere il problema dei furti nei cimiteri

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Per-Anders Pettersson / LUZphoto

società

A Johannesburg i sepolcri sono profanati dai ladri di lapidi che fanno affari d’oro rivendendo lastre di granito e marmo a imprese edili e pompe funebri. Ma ora si è trovato (forse) il modo di fermare il saccheggio

“R

iposa in pace”, c’è scritto sulle pietre tombali. «Un’impresa, riposare! E chi ci riesce più?», sbotta Alan Buff, responsabile dei servizi cimiteriali della città di Johannesburg. «Oggi è diventato impossibile trovare un po’ di pace anche da morti. Col-

pa dei ladri di lapidi». Si intrufolano nei camposanti durante la notte e fanno incetta di marmi e graniti che poi rivendono impunemente ai loro complici: imprese edili e pompe funebri. Un fenomeno di proporzioni inquietanti. «Solo nelle ultime due settimane nei cimiteri di

Avalon e West Park, due zone residenziali e tutto sommato sicure, sono sparite una ventina di lastre di pietra», racconta Mister Buff. Che conferma: «I furti si susseguono da mesi a un ritmo impressionante… Colpa della crisi economica e della disoccupazione galoppante, ma

Spese (e funerali) folli

colpa anche della perdita di valori nella nostra società. I luoghi sacri che fino a ieri venivano considerati inviolabili oggi vengono profanati senza scrupoli da bande di criminali».

Allarme invisibile Il bottino? Soprattutto pietre sepolcrali, ma an-

In Sudafrica onorare il caro estinto costa un patrimonio. Il prezzo di un funerale decoroso sfiora l’equivalente di 2mila euro: un salasso, se pensiamo che il reddito medio pro capite ammonta a meno di 10mila euro, una vera e propria follia, se consideriamo che il 60% della popolazione sopravvive con metà di quella somma. Inutile tentare di economizzare: le famiglie danno fondo ai risparmi, fanno mutui, si indebitano, ipotecano le case, pur di assicurare delle esequie all’altezza delle aspettative. «I condizionamenti della pressione sociale e la paura di ritorsioni ultraterrene spingono i famigliari a spendere cifre pazzesche», spiega il professor Michael Jindra, coautore del volume Funerals in Africa (University of WisconsinMadison, 2011). «Oltre a far fronte all’acquisto delle bare e degli addobbi, bisogna noleggiare il carro funebre e il tendone per accogliere il parentado, e offrire un

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società

testo di Raffaele Masto foto di Vlad Sokhin/Agentur Focus/LUZ

La storia di un’opera faraonica, costruita in epoca coloniale dai portoghesi nella città di Beira, passata in sessant’anni da residenza di lusso a riparo di fortuna per migliaia di poveri 32 africa · numero 5 · 2014


A

rrivare davanti al Grande Hotel Beira è come fare un salto nel passato. Si ha l’impressione di trovarsi davanti allo scheletro di uno di quei mostri

Mario Negri e Donatella Murè

Mozambico, gloria e declino del più grande albergo dell’Africa meridionale

preistorici conservati nei musei: enormemente più grandi dell’uomo, eppure innocui. Il Grande Hotel infatti è uno scheletro spolpato a dovere, minuziosamente, un la-

voro scientifico, compiuto da esperti. O meglio, da affamati cronici, da sottoalimentati atavici che hanno acquisito una professione che esercitano con forme di eccellen-

za, ineguagliabili in altre parti del mondo.

Giovani abitanti

Il Grande Hotel è una vasta costruzione a cinque piani, che nelle intenzioni africa · numero 5 · 2014 33


società appena un’adolescente, è incinta e stende panni su una corda tesa tra i pilastri di cemento, anneriti dai fuochi e sbrecciati dall’incuria di questi ospiti che il Grande Hotel Beira, quando fu costruito, non si immaginava certo di dover accogliere.

Progetto visionario

Il Grande Hotel Beira è il monumento simbolo di una storia travagliata e delle contraddizioni del miracolo economico mozambicano. Le sue stanze sfarzose sono state saccheggiate, spolpate minuziosamente di ogni arredo. È rimasto solo lo scheletro

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doveva essere intonata al bianco della città affacciata sull’oceano Indiano, con una hall grande quanto una piazza d’armi dalla quale si dipartivano scaloni da teatro che salivano a spirale. Dovevano essere un preludio a tutti gli altri sfarzi: piscina, saloni, giardini, ristoranti; invece sono

diventati l’annuncio del degrado, della miseria, della promiscuità. Oggi negli ampi sottoscala divenuti abitazioni ci sono bambini che giocano tra i rifiuti, anziani tisici con gli sguardi fissi nel vuoto, uomini a torso nudo che dormono su stuoie consunte e donne che lavorano: la più giovane,

Era il 1954 quando venne inaugurato. Per il Mozambico l’indipendenza sarebbe arrivata solo vent’anni dopo. Il Grande Hotel Beira, dunque, fu l’opera di un colonialismo, quello portoghese, di solito parco ed essenziale nella sua spietatezza, che solo qui si abbandonò ad una costruzione faraonica, che lasciasse il segno. L’hotel era senza dubbio il più lussuoso, a quei tempi, di tutta l’Africa orientale. In stile Art Déco, aveva un immenso giardino sul retro che dava direttamente sulla costa e 120 stanze arredate con mobili d’epoca, lampadari di pregio e quadri di un certo valore. A costruirlo fu la Companhia de Moçambique per conto del Portogallo, che intendeva fare di Beira il principale porto dell’Africa orientale, data la collocazione strategica della cittadina. Serviva cioè territori limitrofi che non avevano (e tuttora non hanno) accesso al mare: gli odierni Malawi, Zambia, Zimbabwe.

Nove anni di vita

Nelle intenzioni, il Grande Hotel Beira doveva



uganda

lo scatto

testo di Ben Simon foto di Walter Astrada/Afp

U

n Bagisu, etnia maggioritaria nell’Uganda orientale, sputa in segno di benedizione un miscuglio di acqua e miglio sul viso di un giovane che si è appena sottoposto alla cerimonia della circoncisione. Questo rituale segna il passaggio degli adolescenti all’età adulta: è importante che durante il taglio del prepuzio il giovane non mostri alcuna smorfia di dolore. Il ministero della Salute ugandese sta promuovendo una campagna a favore della circoncisione maschile, in quanto sostiene - supportato dai risultati di vari studi clinici - che tale pratica riduca il rischio di contrarre l’Aids negli uomini eterosessuali.

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la be


nedizione africa 路 numero 5 路 2014 39


copertina

testo a cura della redazione foto di Per-Anders Pettersson/LUZ

Nel piccolo regno dello Swaziland si rinnova l’appuntamento con la controversa “danza delle vergini”

L a più

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bella del reame Come ogni anno, a settembre migliaia di giovani sfilano nei costumi della tradizione per omaggiare Re Mswati III, l’ultimo sovrano assoluto d’Africa. Che approfitta dell’occasione per scegliersi l’ennesima moglie

S

ono arrivate anche quest’anno da ogni parte del regno. Erano almeno cinquantamila, dai dieci anni in su. Si sono radunate alla periferia di Mbabane, capitale dello Swaziland, sull’immenso prato verde del palazzo reale per rendere omaggio al loro sovrano. Così prevede il cerimoniale dell’Umhlanga, meglio conosciuto come la Reed Dance, la Danza del Giunco. Altrimenti chiamata la “danza delle vergini”.

Gara di bellezza

Un rituale che si rinnova da secoli ogni anno, a cavallo tra i mesi di agosto e settembre, dopo la fine della stagione invernale, quando le giovani suddite non ancora sposate portano in omaggio alla Regina Madre dei giunchi, lunghe canne di vimini, per ricostruire i recinti danneggiati dalle piogge. Per molte fanciulle, la cerimonia è l’occasione per mettersi in vista, esibire la propria bellezza e fem-

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copertina

Libertà negata Nello Swaziland non esiste democrazia né libertà di espressione. I partiti politici non hanno alcun potere. Le elezioni sono una farsa e vengono periodicamente boicottate dall’opposizione. Negli ultimi anni, decine di giornalisti e attivisti dei diritti umani sono stati arrestati per aver osato criticare Mswati III, accusati di «alimentare sedizione e terrorismo». La scorsa estate quaranta organizzazioni non governative internazionali hanno firmato una lettera aperta al Re per chiedere che siano garantite le libertà fondamentali e rilasciati tutti i prigionieri politici.

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minilità, nella speranza di conquistare il cuore di Sua Maestà Mswati III. È infatti in questi giorni che il sovrano dello Swaziland, un regno grande come la Toscana e incastonato tra Sudafrica e Mozambico, si sceglie una nuova sposa. Il sovrano passa in rassegna migliaia di giovani illibate. Per non farsi scappare nemmeno una potenziale consorte, manda i cameraman della tivù di Stato tra le file di danzatrici e si gusta le loro grazie con calma nei mesi successivi. Avrà tutto il tempo per scegliersi la favorita. Come in un concorso di bellezza, le ragazze si preparano all’evento per apparire in splendida forma. Prima della cerimonia, con l’aiuto di amici e parenti si truccano e pettina-

no con una cura maniacale. Indossano gli abiti della tradizione: gonnelline di perline, drappi colorati che lasciano scoperto il seno, sonagli alle caviglie e piume rosse tra i capelli. Abbigliamento minimale, seducente quanto basta, comodo il più possibile. Il protocollo reale infatti prevede che le vergini sfilino a passo di danza e a petto nudo davanti al sovrano. Allo scopo di catturare il suo sguardo.

Potere assoluto Da quando è salito al trono nel 1986, Mswati III, oggi quarantacinquenne, ultimo sovrano assoluto d’Africa, ha già selezionato in questo modo quindici mogli (un dilettante, a confronto di suo padre Sobhuza II, al potere per



libri

di Pier Maria Mazzola

Matematica congolese

SENZA NOME DELL’AUTORE

Amica mia

Un Gran premio letterario dell’Africa nera (2009) assolutamente meritato. Un noir condotto con mano ferma, ambientato in una Kinshasa dipinta a tratti vividi e con humour, dove «la Fame», ossia come farvi fronte, è coprotagonista discreta e onnipresente. Un giovane con la passione della matematica - un “puro” al contempo ambizioso - è convinto che i problemi, privati e politici, si possono risolvere con la giusta formula matematica o principio di fisica. Célio Matemona viene così notato e ingaggiato dall’“Ufficio informazioni e piani”, longa manus del potere per pilotare l’opinione pubblica nella transizione verso la democrazia (di facciata). “Matematik” ha un soprassalto di coscienza grazie all’incontro con il missionario che fu suo insegnante… Ma il romanzo non finisce qui!

Il Che Guevara africano (espressione suggestiva ma con tutte le riserve del caso) rimane il leader del continente nero più amato - Mandela a parte. Militare pacifista (o quasi), golpista cui nessuno ha rimproverato il putsch, difensore di uno sviluppo “africano”, denunciatore dello schiavizzante debito estero, promotore del ruolo della donna, integerrimo Capo di Stato del Burkina Faso, e per di più assassinato a nemmeno 40 anni, Thomas Sankara aveva tutte le carte in regola per entrare nella storia e subito nel mito. Il libro ripropone estratti dei suoi discorsi, brevi testi per capire meglio (di Marinella Correggia, Silvestro Montanaro…) e «racconti disegnati di felicità rivoluzionarie». Disegnati, in forma di fumetto, da diversi tra i migliori e più engagés autori del momento, da Mauro Biani a Kanjano.

66thand2nd 2014, pp. 247, euro 17,00

BeccoGiallo 2014, pp. 144, euro 15,00

Un libro che gli amici dell’Africa non possono mancare - se si sono persi la precedente edizione italiana del 1981 (intitolata Cuore africano) e non possono apprezzare l’originale in francese (1979; ristampato fino ad oggi sotto il titolo Une si longue lettre). Questo romanzo in forma di lettera è il primo di autrice africana ad affrontare criticamente la condizione femminile. Ramatoulaye, un’insegnante senegalese, moglie di un uomo che dopo dodici figli si è preso una seconda sposa, è ora vedova. Nei giorni del lutto stretto confida per iscritto all’amica del cuore - emigrata negli Usa dopo il divorzio - i pensieri che le sgorgano in cuore. Un flusso di ricordi e riflessioni sulla famiglia e la società (politica e religione comprese), che ne fanno un caposaldo per il femminismo africano.

di In Koli Jean Bofane

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di Mariama Bâ

Paolo VI, destinazione mondo

Correre la vita

di Gabriele Rosa

di G. Bernardelli e L.Rosoli

Sostiene Sankara

Modu Modu Edizioni, 2013, pp. 128, euro 9,00

A ottobre sarà beatificato il Papa che incoraggiò le nuove frontiere della missione. La sua Evangelii nuntiandi fu preceduta da viaggi nei cinque continenti. L’Africa vi tenne un posto d’elezione, avendo Montini invocato da Kampala «un cristianesimo africano». Continente che aveva conosciuto già da vescovo di Milano - primo cardinale europeo a toccarne il suolo. Emi 2014, pp. 144, euro 14,00

EFFIMERA LIBERTÀ

Il terzo libro in pochi anni è una bella conferma per la italo-mozambicana Amilca Ismael. È la storia di un’avvenente ragazza che lascia il suo villaggio in Africa per l’Italia, dietro la promessa di una vita migliore. Finirà in un giro di pedofilia e prostituzione. Uno sguardo impietoso sullo sfruttamento sessuale in 140 pagine e per 10 euro. Il blog è: http:// amilcaismael.wordpress. com

Se la maratona è la regina dell’atletica, Gabriele Rosa è il suo profeta. Dal suo Centro Marathon di Brescia, il primo del genere nato in Italia, ai training camps in Kenya, il dottor Rosa si è rivelato un allenatore di prima grandezza. Non è un caso che si vedano sempre più keniani sul podio. È vero, «noi non abbiamo lo scuolabus e per gioco corriamo per andare alle lezioni», racconta Margaret Okayo (due maratone di New York, di cui tuttora detiene il record femminile, senza contare Boston, Londra e Milano…), ma non è questione solo di “razza” o di condizioni ambientali. In Africa, il coach ha scoperto, e saputo valorizzare, una enorme motivazione e autodisciplina. Questo vivace libro ce lo racconta anche tramite molte pagine di testimonianza in prima persona dei campioni del team Rosa. Il Melangolo 2014, pp. 334, euro 24,00


musica

di Claudio Agostoni

SAWTUHA JAKARTA RECORDS

Sawtuha in arabo significa “la sua voce”. Splendido titolo per una raccolta dove nove musiciste provenienti da Libia, Tunisia ed Egitto, reagendo all’evolversi violento e repressivo delle primavere arabe, cantano contro la corruzione, le dittature, la mancanza di apertura mentale e culturale. Un lavoro realizzato grazie alla produzione di Media in Cooperation and Transition, una ONG berlinese. La copertina dell’album esplicita con chiarezza il perché di questo lavoro: una motocicletta, cavalcata da una piramide di uomini e donne, si dirige spedita seguendo un cartello su cui in arabo è scritto Hooriya, libertà. Musicalmente è un mix di musiche arabe tradizionali, di echi delle culture musicali delle nazioni da cui arrivano le nove musiciste, ma anche di varie forme e generi di musiche occidentali.

OLÀ CABO VERDE LUSAFRICA

L’estate è ormai un ricordo, ma questo cd è utile per non dimenticarne gli afrori. 18 canzoni per una compilation che inanella i successi partoriti su quei dieci pezzetti di ostinata aridità che i cartografi chiamano Isole di Capo Verde. Ci sono i mostri sacri, come Cesaria Evora che duetta con Lura e Teofilo Chantre. Miti del passato come i Bulimundo, ma anche le nuove star dell’arcipelago, come Dino d’Santiago, Tcheka e Neuza. Settantotto minuti spalmati in un mosaico che ci fa intuire la ricchezza musicale dei suoni che maturano sull’arcipelago. Canzoni languide, pregne di saudade, gelatinosa nostalgia per una terra sempre lontana. 18 canzoni senza tempo che galleggiano sui fumi dei club di Mindelo e Praia.

AFRICAN HUSTLE CARAVAN RECORDS

Si può essere una star della musica africana anche se bianchi e nati in Danimarca? La conferma ce la dà un giovanotto danese che, dopo aver passato gran parte della sua giovinezza in Africa, ha deciso di abiurare il nome che aveva sul passaporto per trasformarsi in Mzungu Kichaa, letteralmente “pazzo uomo bianco”. Oggi, in East Africa, è una vera e propria star, anche perché nel 2010, con il brano Jitolee, ha vinto Bongo Star Search, l’equivalente tanzaniano di X-Factor. Il suo genere musicale è il Bongo Flava, una miscela di reggae, rap, afrofusion e musica tradizionale tanzaniana. La cosa che ha dell’incredibile, è che con Hustle, il suo lavoro del 2012, ha persino ricevuto una nomination ai Danish Music Awards. Un buon modo per conoscerlo è ascoltarlo mentre duetta con la vocalist kenyota Dela.

OCUPAI

IL VIDEO DEL MESE

TRAQUITANA DISCOS

È una banda brasiliana che propone un misto di musica africana, brasiliana, latina e jazz. Nata nel 2010, ha preso il nome da dove ha iniziato a lavorare: studio Traquitana, nel barrio Bixiga di San Paolo. È evidente l’influenza di origine africana per i suoni della musica delle religioni afro-brasiliane e per i riferimenti a Fela Kuti, a Mulatu Astatke e alla musica malinké.

Il video del mese: La Guinée di Moh Kouyaté youtube.com/watch?v=JQ_j4JO3EaY#t=238: una semplice chitarra acustica, suonata in un angolo della strada, con alle sue spalle scene di vita quotidiana. Sono le immagini del video di questo griot mandingo dalla chitarra bluesy. Le sue canzoni evocano un’Africa affascinante e moderna, che Moh ha imparato a raccontare dopo aver suonato con artisti come il grande jazz man guineiano Mömö Wandel Soumah e il percussionista Tony Allen.

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cultura

di Marco Trovato

Stregati da Ouagadougou

La seconda vita degli italiani in Burkina Faso È la capitale di uno dei Paesi più poveri dell’Africa. Non sembra avere grandi attrattive. Eppure è la meta prediletta di molti nostri connazionali che qui hanno deciso di rifarsi una vita

D

iff icile contarli. Vanno e vengono come nomadi del Sahara. Qualcuno decide di fermarsi: in genere per lavoro o per amore. Oppure per fuggire: da un matrimonio fallito, dalle ombre del passato, dalla crisi economica. Sono gli italiani che hanno deciso di vivere in Burkina Faso. Nulla a che vedere coi connazionali ammalati di esotismo che hanno preso casa a Sharm elSheikh (Egitto), Malindi (Kenya) o Nosy Be (Madagascar). Nella città di Ouagadougou, la capitale del Burkina, c’è solo un

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mare di sabbia trasportata dalle folate dell’harmattan. Niente spiagge dorate, palme da cocco, safari in savane brulicanti di animali selvaggi. Chi sceglie di trasferirsi qui, nel cuore del Sahel, in uno dei Paesi più poveri dell’Africa, cerca ben altro: per esempio, un popolo ospitale, sorridente e fiero… capace di conquistare chiunque con la sua cordialità.

Il teatrante

Luca Fusi, 41 anni, origini senesi, vive a Ouagadougou con la famiglia: due figli e la moglie ke-

niana. In gioventù ha studiato a Milano e Parigi per coltivare la sua grande passione: il teatro. Oggi è il direttore degli studi dell’Ecole de théâtre du Cfrav. «Il Burkina Faso ha una grande tradizione e vocazione teatrale», spiega. «Ci sono attori e registi di altissimo livello e circa duecento compagnie attive, alcune delle quali tengono coi loro spettacoli tournée internazionali». Luca non si è certo arricchito scegliendo di lavorare a Ouagadougou. «Non ho rimpianti», assicura. «Non mi manca

nulla di davvero importante. Sono felice di ciò che faccio. Ho ritrovato i valori semplici e genuini vissuti nella mia infanzia in un paese della Toscana. La saggezza del popolo burkinabé non finisce di stupirmi e di arricchirmi. La gente vive giorno per giorno. Senza angosciarsi per le incognite e le difficoltà. I giovani non hanno paura del domani. Hanno entusiasmo, coraggio, intraprendenza. Mentre in Europa prevale il timore di non farcela, la frustrazione di non riuscire più a inventarsi il futuro».


TACCUINO Burkina Faso, ex Alto Volta, indipendente dalla Francia dal 1960

Luca Fusi, 41 anni, origini senesi, nel cortile dell’Espace Culturel Gambidi di Ouagadougou, dove ha sede la scuola di teatro di cui è direttore

Popolazione 18 milioni Etnie circa 40 (Mossi 40%; seguiti da Gurunsi, Senufo, Lobi, Bobo, Mande, Fulani) Età media 17 anni Capitale Ouagadougou (2 milioni e mezzo di abitanti) Presidente Blaise Compaoré (dal 1987) Lingua ufficiale Francese Religione 50% musulmani 30% cristiani 20% religioni tradizionali Malnutrizione infantile 26% Alfabetizzazione 29% Crescita del Pil 8% 46% Popolazione povera Occupazione 90% in agricoltura di sussistenza (cotone, arachidi, sesamo, sorgo, miglio, mais, riso, noci di karité) Esportazioni oro, cotone

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cultura

La locandiera Per incontrare gli italiani che abitano in Burkina bisogna recarsi alla Maison d’hôtes chez Giuliana, aperta pochi anni fa nella capitale Ouagadougou da Giuliana Dacasto, 71 anni, un’altra piemontese trapiantata in Africa Occidentale. È una sorta di ambasciata informale d’Italia: la gran parte dei connazionali espatriati, appena può, passa da qui, anche solo per sorseggiare una birra ghiacciata sulla terrazza panoramica. «L’ho inaugurata cinque anni fa, non appena ho raggiunto l’età pensionabile», racconta Giuliana. «Per una vita ho prodotto pellicce nella mia pelletteria di Cuneo. Poi è subentrata la crisi, la stanchezza e la vecchiaia. In Europa quando compi 65 anni sei considerato una persona da rottamare, nessuno apprezza ciò che sai fare e che potresti insegnare. Dopo una vita di sacrifici ho chiuso l’attività. In cambio ho ottenuto una pen52 africa · numero 5 · 2014

sione di 800 euro al mese. Con quei soldi in Italia non avrei potuto avere una vita serena. Sono rimasta vedova. Nel 2004 ho preso casa in Burkina, un Paese che già avevo visitato anni prima per un progetto di cooperazione promosso dalla Confartigianato. Ho pensato di aprire un bed and breakfast. I miei due figli mi danno una mano. L’idea funziona. Ho ritrovato il sorriso, la tranquillità, la voglia di vivere. Qui la persona anziana viene apprezzata e valorizzata. Dell’Italia mi mancano il fresco, la neve, la carne cruda. Poco altro. Non voglio più andarmene».

Il macellaio in pensione Il pioniere degli italiani in Burkina ha la barba bianca di un vecchio marinaio, un sorriso affabile, occhi che brillano come diamanti. Riccardo Levrani, 71 anni, piemontese, arrivò qui nel 1974 inviato dalla Comunità europea in qualità di esperto di carni. Avrebbe dovuto fermarsi

qualche mese per realizzare un grande macello. Non se n’è più andato. «In Italia la mia ex moglie mi ha portato via tutto ciò che possedevo», racconta divertito. «Qui vivo da signore con una pensione da 650 euro al mese. Abito in una villa con giardino, possiedo due auto, ogni tanto vado a caccia nella savana. Uni-

co cruccio: non posso permettermi di mangiare cibo italiano d’importazione. Costa troppo». Tanti anni d’Africa gli hanno procurato qualche malanno: malaria, febbre dengue, problemi a una gamba. «La salute non è più quella di una volta, ma la testa è ancora attiva. Sono sereno e soddisfatto.

«Qui c’è lavoro» Davide Cucciola, 36 anni, è arrivato un paio di anni fa da Vercelli. In Burkina Faso ha trovato impiego in una ditta di costruzioni italo-ghanese. «Ho sempre lavorato nel settore edilizio», racconta. «Ma la crisi del mattone in Italia ha messo in ginocchio la gran parte delle imprese. Qui il lavoro non manca, anzi si fatica a stare dietro a ciò che c’è da fare. Ho molti amici ed ex colleghi italiani che stanno pensando di raggiungermi. In Italia hanno perso la speranza». Claudio Osio, 57 anni, bresciano doc, ha aperto a Ouagadougou un’impresa di componentistica per macchine agricoli e industriali. «Qui posso abbattere i costi di produzione per sfidare la concorrenza indiana e cinese. Il Burkina, Paese stabile e sicuro, ha una posizione strategica per raggiungere tutto il Sahel. In Italia sto reclutando dei migranti burkinabé interessati a tornare nel loro Paese per collaborare all’impresa. Il futuro dell’economia è qui».



cultura

testo di Michele Vollaro foto di Jennifer Huxta/AFP

ACROBAZIE

a Nairobi In un malfamato quartiere della capitale del Kenya decine di giovani imparano ogni giorno i segreti delle arti circensi. Per cercare di sfuggire alla povertà e alla violenza

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Visita all’accademia del Mighty Jambo Circus


Gli studenti provano i loro esercizi acrobatici al Mighty Jambo Circus. L’accademia circense, situata nel pericoloso slum di Githurai, garantisce agli allievi lezioni gratuite, vitto e alloggio

«Q

uello del circo è un linguaggio universale e il nostro obiettivo qui è trasmettere ai ragazzi più giovani che vivono negli slum di Nairobi la passione per quest’arte e al tempo stesso una professionalità». Utilizza queste parole, Ernest Dindy, per descrivere le attività del Mighty Jambo Circus, un’associazione che si occupa di insegnare le tecniche della giocoleria e dell’acrobatica nei quartieri più disagiati della ca-

pitale keniana. Quando nel 2009 Ernest e suo fratello John decisero di cominciare, la loro fu effettivamente una scommessa al buio: il circo di strada, la giocoleria, l’acrobatica spesso vengono considerate poco più di giochi per bambini, ma i ragazzi che hanno attraversato la palestra del Mighty Jambo presentano oggi i loro spettacoli in giro per il mondo.

Insegnanti volontari Grazie al sostegno di al-

cuni donatori e all’interessamento anche delle autorità locali, è stata creata un’accademia dove ogni anno una ventina di giovani artisti imparano le basi dell’arte circense. La scuola si trova a Githurai 44, una delle tante bidonville che circondano Nairobi. Qui, in un capannone di un migliaio di metri quadrati con una palestra allestita alla bell’e meglio, Magdalene e Zacharia si rincorrono in cerchio sul monociclo lanciando conafrica · numero 5 · 2014 55


cultura

La palestra è aperta per chiunque voglia allenarsi. L’obiettivo è offrire anche agli artisti di strada o agli appassionati di giocoleria uno spazio dove trovare qualcuno più esperto a cui chiedere consiglio. «È un errore pensare che la giocoleria o il circo acrobatico siano un gioco», spiega Ernest Dindy, ideatore del Mighty Jambo Circus. «I nostri allievi devono affrontare un duro esercizio fisico e i pericoli legati alle evoluzioni»

temporaneamente alcune clavette in aria, mentre Anita si mantiene in equilibrio su un cilindro di metallo destreggiandosi con anelli e hula hoop. Loro tre sono tra gli studenti che hanno superato le audizioni, ottenendo così la borsa di studio per partecipare ai corsi. Gli insegnanti, che partecipano tutti su base volontaria, sono professionisti keniani oppure

LA MIGHTY JAMBO CIRCUS ACADEMY Githurai è un quartiere residenziale appena fuori Nairobi, in Kenya. La metà della popolazione (circa 320.000) vive al di sotto della soglia di povertà. Qui, molte famiglie non possono permettersi di pagare le tasse scolastiche per i loro figli. Il progetto Mighty Jambo Circo Academy è nato proprio con lo scopo di offrire una formazione professionale a bambini e ragazzi, fornendo loro vitto e alloggio per due anni e la possibilità di un lavoro dignitoso per tutta la vita. È uno di tanti progetti che sfruttano lo sport e l’arte per rieducare chi ha subito traumi a causa della violenza della guerra o della logorante miseria quotidiana. 56 africa · numero 5 · 2014

giocolieri di fama internazionale che vengono qui per cercare nuovi talenti e insegnare i trucchi del mestiere ai giovani allievi.

Lontano dalla strada Con il tempo, le attività del Mighty Jambo Circus si sono estese anche al di fuori della palestra, coinvolgendo sempre più persone. Ernest è particolarmente orgoglioso dei seminari organizzati presso le scuole primarie e secondarie di Nairobi. «Sono gli stessi studenti dell’accademia a tenerli: in quei giorni vanno nelle aule e insegnano ai bambini», racconta Ernest. «In questo modo, non solo mettono in pratica gli esercizi che hanno imparato, ma si confrontano anche con la difficoltà di

insegnare qualcosa agli altri». È in questo modo che l’accademia di Githurai è diventata un centro fondamentale per la vita dell’intero slum, dove i ragazzi e i bambini scelgono di passare il pomeriggio allenandosi o anche semplicemente guardando le evoluzioni di quelli più grandi e più bravi, anziché bighellonare senza una meta per le strade polverose in mezzo al traffico e alle gang criminali che spacciano e fanno rapine.

Problemi con la polizia «Certo, all’inizio non è stato affatto facile farci accettare dalla gente del quartiere», ricorda ancora Ernest. «Quando cominciammo, per esempio, era passato poco tempo dal-



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Saint-Louis

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Touba

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SENEGAL

Mopti

GUINEA-BISSAU

BISSAU

Ouahigouya

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BAMAKO

GUINEA CONAKRY FREETOWN

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Sikasso

Kankan

BURKINA FAS OUAGADOUGOU

Tenkodogo

Bobo-Dioulasso

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Bolbatanga

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Korhogo

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Alessandria Suez

IL CAIRO

LIBIA

Sabha

ALGERIA

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PIRAMIDI DELLA NUBIA

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NIGER

Nilo

NIAMEY

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Cotonou

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CHIESE RUPRESTRI DI LALIBELA

Massawa

ASMARA

Ras Dascian 4.549 m

Lago Tana

Sarh

Moundou

CAMERUN

Lagos

SUDAN Am Timan

CIAD

Maroua

ABUJA

ERITREA Keren

Kassala

Abéché

N'DJAMENA

Garoua

PORTO NOVO

KHARTOUM

Lago Ciad

Kano

BENIN

OGO

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ALGERI

Orano

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Gondar

GIBUTI GIBUTI

Bosaso

Ngaoundéré

Benin City

Bouar

Port Harcourt

G ol f o di G ui n e a

Douala MALABO

REPUBBLICA CENTRAFRICAN A

SUD SUDAN

Bambari

BANGUI

Berbérati

YAOUNDÉ

ADDIS ABEB

Port-Gentil

Congo

Impfondo Ouésso

LIBREVILLE

SOMALIA

Stanley 5.109 m

Franceville

KINSHASA

o ng Co

RUWEN ZORI

REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO

Lago Kyoga

Mbale

MOGADISCIO

Kisumu

Lago Vittoria

Nakuru

Kenya 5.199 m

Mwanza

Lago Eyasi Arusha Meru 4.566 m

Lago Tanganica

Malindi

Kilimangiaro 5.895 m

Mombasa

DODOMA

LUANDA Malanje

Dar es Salaa

Lago Mweru

CERCATORI DI DIAMANTI

EQUAT ORE

KENYA

NAIROBI

TANZANIA

BURUNDI Mbuji-Mayi

Elgon 4.321 m

KAMPALA

Goma Lago KIGALI Kivu RUA Butare NDA Muyinga BUJUMBURA Gitega

BRAZZAVILLE

Cabinda (Angola)

S

Lago Eduardo

Karisimbi 4.507 m

CONGO Dolisie

Lago Turkana

UGANDA

Lago Alberto

Kisangani

SOMAL ILAND

Lago Abaya

ETIOPIA

Gulu

GABON

Pointe-Noire

Hargeisa

JUBA

Bata

GUINEA SÃO TOMÉ E PRÍNCIPE EQUATORIALE SÃO TOMÉ

Jimma

Harar

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Zanzibar m

Lago Rukwa Mbeya Kasama

Lobito

Lubumbashi

Huambo

Lago Bangweulu

ANGOLA

Lubango

Lago Malawi

ZAMBIA

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LILONGWE

LUSAKA

Livingstone

Blantyre

MOZAMBICO Francistown

WINDHOEK

airlines.co

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Antsiranana

MASCHERE FACCIALI MUSIRO

Quelimane

MADAGASCAR

Beira

KALAH ARI

Toamasina

ANTANANARIVO

GABORONE

Johannesbu

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PRETORIA

SUDAFRICA

MBABANE

SWAZILAND

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Toliara MAPUTO

LEONI DEL KRUGER PARK

BLOEMFONTEIN MASERU

LESOTHO

Durban

CITTÀ DEL CAPO Port Elizabeth

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Moutsamoudou

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MALAWI

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africa · numero 5 · 2014 59


storia

di Marco Trovato

Kinshasa, 30 ottobre 1974: il combattimento

Quella magica

«A

li bomaye, Ali bomaye, Ali bomaye». Il frastuono della folla riecheggia come un tuono terrificante che scuote il ring dove Muhammad Ali ha appena rifilato un micidiale colpo a George Foreman. «Ali, uccidilo», gridano i centomila spettatori accalcati sulle gradinate. È l’alba del 30 ottobre 1974. Nel cuore dell’Africa si combatte il “match del millennio”.

Alba sullo Zaire Il sole è spuntato da poco e lo stadio di Kinshasa è una bolgia che trasuda sudore e passione. All’ottavo round, il campione in carica dei pesi massimi Foreman - un gigante granitico che fino a quel momento sembrava aver in pugno l’incontro - subisce dallo sfidante Ali un gancio sinistro che gli fa alzare la testa, seguito da un tremendo diretto che lo colpisce in pieno volto. Foreman indietreggia, barcolla, tenta disperatamente di stare in piedi. 60 africa · numero 5 · 2014


che ha fatto la storia della boxe

notte di pugni

africa 路 numero 5 路 2014 61



sport

testo di James Nkosi Sithole

In Sudafrica il giovane Sifiso Nhlapo, cresciuto a Soweto, ha spiccato il volo in sella alla sua bicicletta con cui corre - più forte di tutti - su circuiti mozzafiato

Mister BMX È

il beniamino dei giovani sportivi sudafricani. Come, per noi, Valentino Rossi o Mario Balotelli. Ma il ventisettenne Sifiso Nhlapo, cresciuto a Soweto, non corre in moto né gioca a pallone. Lui è il pluricampione africano di BMX, una spettacolare disciplina ciclistica praticata su biciclette monomarcia - piuttosto piccole e leggere, ma solide - con cui si percorrono circuiti di gara caratterizzati da dossi, curve paraboliche e altri ostacoli simili a quelli dei tracciati da motocross. Sziko, come viene chiamato dai suoi fan, ha dovuto lottare contro la sfortuna e gli infortuni che avevano minacciato la sua carriera, ma è riuscito ad approdare alle Olimpiadi di Pechino e di Londra, e oggi viene considerato un fuoriclasse assoluto del ciclismo estremo. «Ho cominciato a praticare questo sport all’età di tredici anni. Prima di allora usavo la bici solo per raggiungere la scuola, poiché nel mio quartiere non esistevano trasporti pubblici. Un giorno, un amico mi ha invitato a provare la sua BMX. In quel momento ho capito di essere nato per guidare questo mezzo. La mia famiglia ha fatto grandi sacrifici per permettermi di coltivare questa passione, ma oggi sono orgoglioso di poterli aiutare con i soldi che guadagno grazie alle vittorie e agli sponsor. Per un ragazzo come me, nato tra le baracche di Soweto, trovarsi in vetta al mondo dello sport è come vivere un sogno». •

Campione eritreo su strada Se il sudafricano Sifiso Nhlapo non ha rivali sui circuiti sterrati, il più forte ciclista di strada dell’Africa si chiama Natnael Berhane, ha ventitre anni e proviene da Asmara, Eritrea. Nella sua bacheca espone decine di trofei e riconoscimenti prestigiosi, come le due medaglie d’oro vinte nel 2011 ai campionati africani di ciclismo. Nel 2013 è stato eletto “africano sportivo dell’anno”. Poco dopo è stato ingaggiato dal team francese Europcar. Quest’anno ha trionfato al prestigioso e massacrante Tour del Gabon: primo vincitore nero nella storia di questa competizione, meglio conosciuta come Tropicale Amissa Bongo.

africa · numero 5 · 2014 65


viaggi

testo di Morgan Klingiel

Locomotive a vapore, carrozze in legno, vecchie stazioni coloniali. E paesaggi superbi attraversati solo dai binari. Il fascino di un viaggio d’altri tempi sulle ferrovie dell’Africa australe

In viaggio su sfarzosi treni d’epoca alla scoperta del Sudafrica 66 africa · numero 5 · 2014


C

i sono angoli dell’Africa australe che non si possono visitare al volante di un’auto. Vanno goduti dal finestrino di un treno. Santuari della natura inviolati dall’asfalto, fiumi sonnacchiosi, cascate spumeggianti, savane sterminate, villaggi solitari e antiche stazioni coloniali. Per scovare queste lande remote non resta che percorrere il fitto reticolo di binari che si dirama in ogni provincia del Sudafrica, da Città del Capo a Johannesburg. Migliaia di chilometri di rotaie, posate tra fine Ottocento e inizio Novecento dai colonizzatori europei per penetrare nel cuore segreto del continente (e depredarne le ricchezze). Oggi la rete ferroviaria sudafricana rappresenta una via privilegiata per chiunque desideri raggiungere bellezze appartate e selvagge, spostandosi in totale serenità

Ferrovieri in pensione

tra le principali città del Paese, cullati dal ritmo di vecchie locomotive a vapore. Non resta che scegliere il proprio viaggio su rotaia.

Lusso assoluto Il treno più lussuoso di tutti è il Rovos Rail, un convoglio esclusivo che abbina itinerari di grande suggestione a carrozze di pregio assoluto. A disposizione dei passeggeri, ampie suite

arredate in stile coloniale e un ristorante di charme rifornito dai migliori chef. Il treno parte da Pretoria e fa regolare tappa a Città del Capo e Durban. Trainato da vecchi locomotori a carbone o gasolio, raggiunge le cascate Victoria (in Zimbabwe), il Patco nazionale Kruger (in Sudafrica), Dar es Salaam (in Tanzania), il deserto del Namib (in Namibia). www.rovos.com

Trent’anni fa, a Durban, un gruppo di ex ferrovieri e appassionati di treni cominciò a sistemare locomotrici d’epoca e carrozze in disuso. Nacque così la Umgeni Steam Railway, un’organizzazione senza scopo di lucro gestita da volontari che ancora oggi fanno correre piccoli treni a vapore nella regione del KwaZulu-Natal. I convogli viaggiano l’ultima domenica di ogni mese tra le vecchie stazioni coloniali di Kloof e Inchanga (costruite nel 1895) lungo una valle pittoresca dominata da mille colline. www. umgenisteamrailway.co.za

I colori dell’arcobaleno Il treno turistico Shosholoza Meyl, gestito dalla società ferroviaria Spoornet, collega le principali città del Sudafrica e percorre il cuore della nazione arcobaleno lungo le direttrici africa · numero 5 · 2014 67



TRENI MODERNI

Andate di fretta? Non amate il fumo delle vecchie locomotive? In Sudafrica potete viaggiare su comodi e moderni convogli ferroviari. Veloci e puntuali. Come l’Orange Express, che collega Città del Capo a Durban (via Kimberley); il Diamond Espress (Pretoria-Bloemfontein); il Trans-Natal (Durban-Johannesburg); l’Amatola (Johannesburg-East London); l’Algoa (Johannesurb-Port Elizabeth) e il Trans-Karoo (Città del Capo-Johannesburg). Info su orari e costi: www.spoornet.co.za

Choo-Tjoe, un pittoresco treno a vapore in funzione dal 1928. Ogni giorno sbuffa per 67 chilometri, tra pascoli e campagne, fino a raggiungere la città di Knysna, a pochi passi dalle onde spumeggianti dell’oceano Indiano. Il viaggio è percorso in circa tre ore e mezza: il tempo giusto per godersi il panorama, scattare delle foto e sorseggiare un cocktail fresco. È necessario prenotare. www.outeniquachootjoe. co.za

Apple Express Da Port Elizabeth questo treno turistico a vapo-

re effettua una corsa fino alla località di Rhornhill, con una fermata di due ore per il braai (il tradizionale picnic sudafricano a base di carne arrostita sul barbecue). Il convoglio attraversa una zona di frutteti (da qui il nome di “Treno delle mele”), prima di inerpicarsi sui verdi monti Baviaanskloof, dove supera il ponte ferroviario a scartamento ridotto più alto del mondo (77,4 metri). Le carrozze in legno hanno più di cent’anni, come del resto i binari della ferrovia: attualmente i viaggi sono sospesi per lavori di manutenzione. www.apple-express.co.za • africa · numero 5 · 2014 69


chiesa

testo di Anna Pozzi foto di Bruno Zanzottera

Niger-Benin, il lungo viaggio della speranza verso l’ospedale di fra Fiorenzo

In dal frate

70 africa · numero 5 · 2014


pellegrinaggio e-dottore

africa 路 numero 5 路 2014 71


chiesa

Kiota

FadaNgourma

Tanguiéta

Da quarant’anni un frate-medico italiano cura gli ammalati in un ospedale nel nord del Benin. Tra i suoi pazienti ci sono molti musulmani provenienti da una lontana città del Niger, inviati dal grande califfo…

«C

aro Florent, ti affido questo malato. Sappi che venerdì pregheremo per te in moschea». Il destinatario della lettera è fra Fiorenzo Priuli, frate-medico dei Fatebenefratelli, che vive e opera da oltre quarant’anni nell’ospedale Saint-Jean de Dieu di Tanguiéta, nel nord del Benin. Il mittente della missiva è Moussa Aboubakar Hassouni Kiota, guida spirituale della confraternita musulmana della Tijaniyya, Grande Califfo di Kiota, una cittadina del sud del Niger. Tra il frate cristiano e il dignitario islamico ci sono quasi settecento chilometri di strada: la stessa distanza percorsa da centinaia di malati di Kiota che intraprendono un viaggio della speranza per farsi curare dal medico-missionario di Tanguiéta. Dall’alto al basso: il califfo di Kiota, in Niger, prepara la lettera per fra Fiorenzo che illustra i problemi dei malati che gli invia; il lungo viaggio inizia nel cuore della notte; a bordo dell’auto, due malati accompagnati da un’assistente 72 africa · numero 5 · 2014

La strana coppia «Tutti arrivano con una lettera di accompagnamento che il califfo fa scrivere a una persona di fiducia», racconta fra Fiorenzo aggirandosi nel suo ospedale, che oggi è un punto di riferimento per tutta la regione. «Il pellegrinaggio dei pazienti musulmani è cominciato circa trent’anni fa. A quel tempo, un malato arrivato da Kiota è guarito qui in ospedale. Rientrando, ne ha parlato con il grande marabutto, che ha cominciato a mandarmi regolarmente altri malati. Ciascuno, da allora sino ad oggi, arriva con un messaggio scritto in cui viene descritto sommariamente il problema e mi viene affidato il paziente. La lettera termina immancabilmente con il ricordo nella preghiera». Si illumina fra Fiorenzo quando racconta di questa “strana” amicizia, consolidata da un unico incontro personale. «Non dimenticherò mai la visita che ho fatto alcuni anni fa al califfo di Kiota», ricorda fra Fiorenzo. «Mi sono presentato in maniera molto discreta e ho trovato l’accoglienza di un Presidente!



togu na - la casa della parola lettere Esseri diabolici Sono un cattolico praticante, ho cinquant’anni, mi sono sempre considerato un moderato… Ma da oggi non lo sono più. Ho visto in tv e su Internet le immagini dei miliziani jihadisti che in Iraq e Siria rastrellano i villaggi e uccidono i civili considerati “infedeli”. Donne, vecchi, bambini e ragazzini massacrati senza pietà: un colpo in testa, una raffica di mitra, sepolti o bruciati vivi. Stesse scene viste in molte parti del mondo, anche in Africa. Mi chiedo: ma sono uomini questi fanatici islamici? Secondo me, non sono uomini: sono esseri diabolici. Giuseppe Trovati, Catania

Origine dell’infibulazione Ho letto con interesse sull’ultimo numero di Africa la storia della Figlia ribelle dei Masai che porta avanti una coraggiosa battaglia contro le mutilazioni genitali femminili. Pensavo che questa barbara tradizione fosse legata a qualche cultura tribale o alla religione islamica. Ma ho dovuto ricredermi quando ho appreso che essa è diffusa anche nella cristianissima Etiopia. Pare anzi che il termine “infibulazione” derivi da una spilla chiamata fibula usata nell’antichità dai pretoriani romani... Alessio Fortunati, Napoli 76 africa · numero 5 · 2014

a cura della redazione

Angeli del mare

Fuga dal paradiso swahili

«Decine di milioni di euro buttati nel nulla»: così il segretario della Lega Nord, Matteo Salvini, definisce la missione (senza aiuti dall’Europa!) nelle operazioni di supporto ai migranti, che rischiano la vita nel tentativo di raggiungere il nostro Paese. Vorrei fare presente all’illustre leghista che quel “nulla” di cui parla sono in realtà migliaia di persone - donne, bambini.. Sono stufa dei politici che strumentalizzano l’immigrazione per accrescere il consenso. Chi fugge dalla propria terra e rischia la propria vita è un disperato e va aiutato. Come italiana sono orgogliosa della missione Mare Nostrum (che verrà sostituita da Frontex Plus) e dei nostri “angeli del mare”. Elena Baioni, Firenze

Bello il servizio di copertina dell’ultimo numero, dedicato all’anima segreta di Zanzibar. Grazie davvero per le belle foto e le informazioni, mai scontate, che avete fornito. Amo la cultura swahili e appena posso mi regalo un viaggio sulle coste della Tanzania e del Kenya. Oggi questo paradiso è stato rovinato dalla minaccia terroristica: lo dimostrano i recenti attacchi ai resort turistici condotti dai miliziani fondamentalisti. Mi chiedo quando potrò tornare a riapprezzare quei luoghi entrati nel mio cuore, che un tempo mi infondevano serenità… Liliana Isoloni, Varese

La vergogna di Ebola L’epidemia di Ebola è ormai fuori controllo in Africa occidentale. I morti si contano a centinaia, i

contagiati dal virus sono migliaia. Le autorità ammettono di non conoscere l’entità esatta della pandemia. Medici Senza Frontiere ha lanciato l’allarme cinque mesi fa: inascoltato. L’Organizzazione Mondiale della Sanità è intervenuta in ritardo e ora somministra (sperimenta) dei farmaci di cui non si conosco i benefici e gli effetti collaterali. Ammettiamolo: se Ebola fosse scoppiata in Europa o Stati Uniti la comunità internazionale e i colossi farmaceutici si sarebbero attivati subito. Avremmo già trovato vaccini e farmaci efficaci. Ma è scoppiata in Africa, dove i morti non fanno notizia. Se ora l’Occidente si sta mobilitando è solo perché teme che l’epidemia possa contagiare anche il nord del mondo. Dovremmo vergognarci… Matteo Briganti, Ferrara

Se pensate di conoscere il continente Potete riceverlo via posta con un’offerta africano, non avete ancora visto il nuovo di 10 euro (Paypal o carta volume fotografico One Day in Africa. di credito) a favore dei missionari Che cosa aspettate? Padri Bianchi. www.missionaridafrica.org promo@padribianchi.it

L’Africa come non l’avete mai vista


n. 5 settembre . ottobre 2015 www.missionaridafrica.org

Missione e cultura

Conoscere il passato per meglio vivere il presente

Mali: un centro fondato e diretto dai Padri Bianchi per salvaguardare culture e tradizioni e aprire al dialogo

a cura di Paolo Costantini

Alcuni manufatti del museo. Le statuette non sono decorative ma hanno in genere uno scopo didattico. Il museo del Centro vuole far riscoprire la vita quotidiana, sociale e religiosa dei Senufo e delle etnie vicine

Spesso e volentieri i missionari vengono accusati di aver distrutto - nel loro zelo di convertire gli “infedeli” - tante culture ancestrali. Ed effettivamente è successo in varie circostanze, specialmente davanti a riti e tradizioni che, diremmo oggi, non rispettavano i diritti della persona. Ci si dimentica però di una cosa. Ed è che il missionario, dovendo vivere assieme alla gente e comunicare con le persone, deve studiarne la lingua ed assimilarne la cultura. È quello che, in gergo, si chiama inculturazione. In questa inculturazione, molti missionari sono rimasti affascinati dalle persone che hanno incontrato, stupefatti dalle espressioni idiomatiche utilizzate e sorpresi da culture e civiltà completamente diverse dalle nostre ma non per questo inferiori né superiori. Molti di loro si sono anche

padri bianchi . missionari d’africa

africa · numero 5· 2014 77


Sopra, una veduta del Centro per la cultura senufo. Il Centro offre anche ospitalità ai suoi visitatori: 12 camere di cui quattro con aria condizionata; info: (00223) 68 45 55 00; centresenoufosikasso@gmail.com Sotto, lo staff attuale del Centro. Da sinistra a destra: M. Zacharie Traoré (amministratore), padre Bernard Delay (sezione lingue), M. Elie Bamba (traduttore) e P. Andreas Göpfert (organizzazione e promozione) A lato, una foto del padre Emilio e alcuni visitatori del Centro

preoccupati di salvaguardare la ricchezza di queste civiltà misconosciute e si sono dati da fare creando grammatiche, dizionari, centri culturali e quant’altro. Gli esempio sono tanti. Uno di questi è il Centro di ricerca per la salvaguardia e la promozione della cultura Senufo (Crspcs), creato nel 2005 da padre Emilio Escudero, un Padre Bianco spagnolo.

I Senufo

Chi sono i Senufo? I Senufo sono una popolazione che vive tra il Mali, il Burkina Faso e la Costa d’Avorio. Ma quando si dice “Senufo”, si può intendere popolo, lingua o cultura senufo. In cinquant’anni di vita missionaria in ambiente senufo, il padre Emilio ne aveva assimilato la parlata, gli usi e costumi, le tradizioni, sicché tutte le porte gli erano aperte. Aveva raccolto un materiale enorme, registrandolo su computers, chiavette USB, dischi esterni, dvd, quadernetti, album fotografici, eccetera. Condivideva a fondo quanto l’Unesco scriveva nel 2010 sul dialogo tra le civiltà: «Tutte le lingue sono preziose perché solo da esse nascono le idee e le grandi visioni» e «L’Umanità sta varcando una nuova soglia che va oltre le nazioni, gli Stati, le culture e le religioni». Fu solo nel 2005 che padre Emilio riuscì a fondare a Sikasso, nel Mali, ciò di cui aveva sempre sognato: un Centro di ricerca per la salvaguardia e la promozione della cultura Senufo. Purtroppo la morte interruppe improvvi-

78 africa · numero 5 · 2014


samente il suo sogno il 2 novembre 2012, all’età di 77 anni, lasciando tutti esterrefatti e rattristati perché l’opera era ancora agli inizi.

La nuova équipe

Da gennaio di quest’anno, un nuova équipe di Padri Bianchi, coadiuvati da laici esperti in materia, ha ripreso la staffetta di padre Emilio riaprendo il Centro, le sue ricerche, il suo museo e le altre attività. Negli armadi e nei cassetti si è scoperta una ricchezza inestimabile, non ancora sfruttata: più di quattrocento registrazioni audio, decine di migliaia di foto, centinaia di quaderni riempiti di racconti, indovinelli, proverbi trascritti in lingua senufo e provvisoriamente tradotti in francese, monografie su villaggi, documentazioni sulla lingua supyiire, grammatiche e dizionari. Alcuni testi sono stati digitalizzati ma incompleti. Tutto un tesoro dormiente che chiede solo di essere risvegliato. Si è cominciato a catalogare i racconti senufo con lo scopo di editare una collana di pubblicazioni in omaggio al padre Emilio. Si tratta di un compito abbastanza urgente perché lo sciacallaggio esiste anche nel mondo della cultura. I documenti del Centro, infatti, non sono protetti da copyright e nel corso degli anni molti visitatori hanno avuto facile accesso ai documenti e alle collezioni di oggetti d’arte del Centro.

Il museo

Salvare una cultura non vuole dire salvaguardarne solo la lingua e gli scritti, ma anche le espressioni di ogni genere con cui il popolo si esprime e di farle conoscere. Per questo il Centro ha raccolto in un museo tutta una collezione di maschere, statuette, strumenti musicali e tanti altri oggetti di vita quotidiana in

legno, in bronzo e in terra cotta che il padre Emilio aveva raccolto. Gran parte di questo materiale è di origine senufo, ma vi sono rappresentate anche altre etnie del Mali. Oggi, il museo è molto apprezzato e ben reputato. Alunni, studenti, visitatori maliani e dei Paesi limitrofi, turisti provenienti da tutto il mondo vengono a visitarlo regolarmente. Tutti, stupiti, apprezzano questo tesoro collezionato con amore e venerazione, in tanti anni di vita missionaria, da un padre “straniero”. Come si può immaginare, i problemi non mancano. Tutti questi oggetti, soprattutto quelli in legno, hanno bisogno di un ambiente più propizio alla loro conservazione, ambiente che il clima locale non permette. Un altro problema è quello della valorizzazione di questi oggetti e della loro sicurezza. I locali attualmente utilizzati come sale di esposizione non sempre rispondono a queste esigenze di una conservazione nel tempo e di sicurezza da ladri. Molti turisti lo hanno fatto notare varie volte.

Luogo di incontro

Ma il Centro non è solo un museo o un centro di ricerca storico-culturale: è anche un luogo straordinario di incontro

dove si incrociano e parlano persone di età, di culture, di religioni, di etnie e Paesi diversi. Una sorta di miscela interculturale. Gli alunni vengono un po’ per curiosità ma anche perché i loro insegnanti li mandano a impregnarsi della cultura dei loro antenati senufo. Pensando all’avvenire, i responsabili del Centro progettano una collaborazione più stretta con l’ambiente studentesco offrendo un sostegno ai professori di storia, di geografia e di arte. Conoscere la propria cultura e conservare le testimonianze del passato è una ricchezza enorme per un Paese. Il Centro vorrebbe aiutare tutti a capire meglio la propria cultura e le proprie tradizioni, a riflettere su questa eredità per trarne il più grande beneficio. Anche dal punto di vista religioso, i cristiani debbono imparare a riflettere su situazioni attuali segnate dalla cultura e la religione tradizionale, per vedere come vivere la propria fede nella società di oggi. Vivere l’incontro e praticare il dialogo concretamente, servendosi della cultura; educare al rispetto reciproco, apprezzando i valori che ci aiutano a vivere insieme: anche questa è missione. * L’articolo originale è apparso su www. abcburkina.net, a firma di Bernard Delay et Andreas Göpfert

padri bianchi . missionari d’africa

africa · numero 5 · 2014 79


PROGETTI SOSTENUTI

da AMICI DEI PADRI BIANCHI - ONLUS Progetto 01-10 Rd Congo Centro nutrizionale e acquedotto Referente: padre Italo Iotti

Progetto 07-10 Borse di studio Aiuta i seminaristi Padri Bianchi Referente: padre Luigi Morell

Progetto 09-10 Mozambico Adotta un bambino Referente: padre Claudio Zuccala

Progetto 04-11 Mali Un dispensario a Gao Referente: padre Alberto Rovelli

Progetto 15-12 Mali Lotta contro la carestia Referente: padre Vittorio Bonfanti

Progetto 16-12 Uganda Scuola di speranza Referente: padre Jean Le Vacher

Progetto 20-13 Italia Un sostegno ai missionari anziani Referente: padre Paolo Costantini

Per ogni invio, si prega di precisare sempre la DESTINAZIONE del vostro dono (numero progetto, Sante messe, rivista, offerte, ecc) ed il vostro COGNOME E NOME

DONAZIONI (assegni, bonifici e versamenti) INTESTATI A Amici dei Padri Bianchi, ONLUS Cod. Fisc.: 93036300163 CCP: N. 9754036 IBAN: IT32 E076 0111 1000 0000 9754 036 Credito Cooperativo di Treviglio BG IBAN: IT73 H088 9953 6420 0000 0172 789 Info: 0363 44726 - africa@padribianchi.it

80 africa · numero 5 · 2014

Missionari per una vita

In poco più di un mese, due Padri ci hanno lasciati: padre Silvio e padre “Gigi” di Paolo Costantini Come le foglie in autunno, anche i nostri Padri se ne vanno, in silenzio, uno dopo l’altro. Hanno seminato speranza, infuso coraggio, predicato l’amore. Nel nome di Cristo che li aveva chiamati a questa missione. Padre Silvio Lazzarato Il 13 luglio scorso è venuto a mancare padre Silvio di 88 anni. Secondo di sette fratelli e sorelle, aveva risposto con generosità all’appello del Signore che lo chiamava: ginnasio al seminario di Padova, liceo a Parella dai Padri Bianchi, noviziato a Gattinara(VC), teologia in Tunisia e finalmente prete il 27 giugno 1951. Consacrò 35 anni della sua vita missionaria alla diocesi di Goma, nel NordKivu, nell’attuale RD Congo. È stato uno di quei missionari che non fanno parlare di sé, ma che si fanno apprezzare per la loro bontà. Alla notizia della morte di padre Silvio, il vescovo-emerito di Goma ha così riassunto la sua vita: «Padre Silvio, nella tua vita missionaria sei stato un esempio di apostolo al servizio del nostro popolo. In te ho apprezzato l’uomo pieno di amore, l’uomo della preghiera amante della verità e della giustizia, capace di gesti di carità nella discrezione e nella semplicità». Padre Luigi Vittorio Plebani Il 25 agosto è deceduto improvvisamente padre Luigi, meglio conosciuto come padre Gigi. Da un anno era ospite della Fondazione Piccinelli, a Scanzorosciate (Bergamo). Colpito da un ictus cerebrale, viene trasportato d’urgenza al pronto soccorso dell’ospedale di Bergamo, dove muore poche ore dopo. È stato sepolto il 27 agosto, nella cappella dei sacerdoti, al cimitero della sua parrocchia natale. Nato a Mornico al Serio, il 26 ottobre 1940, primo di nove fratelli e sorelle, entra prima al seminario di Bergamo e poi, nel 1963, dai Padri Bianchi. Ordinato sacerdote nel 1968, parte subito per l’Africa, nella diocesi di Mahagi, nel Nord-Kivu, ove trascorre 22 anni. Purtroppo la malattia non gli permetterà di vivere più a lungo in terra africana: richiamato in Italia nel 1995, la sua vocazione si trasformerà nel portare la croce della sofferenza. Nel suo testamento spirituale ringrazia il Signore con queste parole: «Il Signore è grande, perché sa aspettare che ogni uomo, nella sua vita, lo ami completamente e lo aiuta nel suo donarsi a Lui».

Progetto 21-14 BURKINA FASO Microprogetti a favore degli ultimi

Basta davvero poco per cambiare la vita a una persona bisognosa: lo sa bene padre Maurice Oudet che, in Burkina Faso, con microfinanziamenti di 100-150 euro aiuta donne in difficoltà e contadini poveri per l’avvio di piccole attività (vedi Africa 2/2014). Dal suo sito web, www.abcburkina.net, egli denuncia gli effetti perversi di una macroeconomia che stritola decine di milioni di coltivatori e lancia un grido di allarme, ma anche di battaglia. Ciascuno di noi può aiutare Padre Maurice Oudet a proseguire la sua missione a favore degli ultimi sostenendo il suo progetto sociale tramite la Onlus Amici dei Padri Bianchi: CCP 9754036 oppure BCC di Treviglio Iban: IT73 H088 9953 6420 0000 0172 789 specificare sempre: PROG. 21/2014 - OUDET Info: africa@padribianchi.it


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per l’educazione interculturale contributo 50 euro (anziché 80)

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mensile di economia sociale contributo 60 euro (anziché 70)

NOVITÀ

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Mondo, Donna, Missione contributo 45 euro (anziché 53)

mensile del mondo nero contributo 54 euro (anziché 62)

VERSAMENTI. Specificare la causale e il proprio indirizzo completo da effettuare su: Missionari d'Africa - Padri Bianchi CCP: 67865782 - Bonifico: IBAN: IT 93 T 08899 53640 000 000 00 1315 o via Paypal (http://www.missionaridafrica.org/) info 0363 44726 promo@padribianchi.it


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Gli specialisti dell’Africa

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