Africa Nr 6-2012 Novembre-Dicembre 2012

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anno 90

n.6 novembre-dicembre 2012

www.missionaridafrica.org

Mali

Sierra Leone

Gabon

São Tomé

Poste Italiane Spa - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Milano.

Partigiani Nuvole su Il richiamo Missione a Mopti Freetown della foresta nell’oceano

borana

LEZIONI DI CIVILTÀ


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valida fino al 20 dicembre


editoriale

di Paolo Costantini

Pace agli uomini di buona volontà! L

a pace è la “buona notizia”, il “vangelo” che gli angeli hanno proclamato la notte di Natale. Ma questa pace è veramente scesa sull’umanità? Quando parlo con la gente comune, amici e conoscenti, si direbbe di no. Tutti - o almeno in gran parte - si lamentano e sono scontenti: crisi economica, disoccupazione, insicurezza, violenza, corruzione politica e sociale, ecc. E tutti rivangano i vecchi ricordi di quando - pensano - avevano corso ancora certi valori: senso di Dio e della famiglia, onestà, solidarietà, senso del dovere, e così via. Dimenticandosi che anche allora esistevano assassinii, bambini violentati, ladri... Ma non c’erano tivù né altri media e non si parlava di certi argomenti. A dire il vero, Dio con i suoi angeli non ha solo augurato la pace, ma l’ha offerta all’umanità tramite suo figlio, Gesù. Quello che Dio non ha trovato, forse, è un’umanità “di buona volontà”. Anche se tanti uomini “di buona volontà” hanno accolto questa pace e a loro volta l’hanno annunciata ai loro fratelli.

In fondo è questo il ruolo della Chiesa, del cristiano: annunciare la pace, far risplendere la speranza. E, si può dire, che nonostante tutto abbiamo alle spalle una società in cui le norme cristiane dell’esistenza, anche se spesso violate, erano riconosciute praticamente da tutti. Ora, invece, non sembra più così: si direbbe che la società viva in una sorta di «eclissi del senso di Dio». Oggi, chi annuncia il vangelo, la “buona notizia”, deve vedersela con una grande ignoranza (e dunque misconoscenza) della fede, con la violenza e la riduzione della libertà religiosa (non solo nei Paesi a maggioranza musulmana), con il proliferare di movimenti religiosi o pseudo religiosi, con una persistente diffusione dell’indifferen-

za e del relativismo religioso e con un consumismo che sostiene una vita vissuta come se Dio non esistesse.

Nuova evangelizzazione In ottobre, si è tenuta a Roma la XIII Assemblea del Sinodo dei Vescovi sul tema La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana, appunto per affrontare queste sfide. Non si tratta di trovare nuove formule magiche ma di riflettere e agire di conseguenza. Già Giovanni XXIII parlava di “aggiornamento”, di “aprire le finestre” e di cambiare aria. Si tratta soprattutto di riscoprire la centralità di Dio nella nostra vita: l’annuncio di pace deve partire dal cuore, da noi stessi, dal nostro modo di essere cristiani.

Se vogliamo che l’annuncio di pace sia ascoltato, capito e accolto, esso deve venire dal cuore, con un linguaggio comprensibile da tutti e non solo dagli addetti ai lavori; con un approccio il più radicato possibile nella realtà nella quale vive la gente. Bisogna essere sensibili e attenti ai nuovi campi di interesse: l’impegno per la pace; la promozione della donna; il mondo del lavoro; il mondo della politica e della finanza; la salvaguardia del creato; la cultura e la ricerca scientifica... Ma, prima di tutto, la “nuova evangelizzazione” - che poi nuova non è - esige una cosa molto, molto più semplice, ma anche molto impegnativa da realizzare: una più grande umiltà intellettuale che ci aiuti a non dimenticare che tutti - europei, africani, asiatici, ecc. - siamo figli dello stesso Padre che ci ama. Solo allora l’annuncio Pace in terra agli uomini di buona volontà potrà essere vissuto anche là dove tanti giovani, donne e bambini non sanno neppure che cosa sia la pace. Allora sarà Natale anche per loro. Un Natale di vera pace che Africa augura loro e a tutti i suoi lettori. • africa · numero 6 · 2012

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sommario

lo scatto 8. Dopo la battaglia EditorE

Prov. Ital. della Soc. dei Missionari d’Africa detti Padri Bianchi dirEttorE rEsponsabilE

Alberto Rovelli

dirEttorE EditorialE

Paolo Costantini CoordinatorE

Marco Trovato wEbmastEr

Paolo Costantini amministrazionE

Bruno Paganelli

promozionE E UffiCio stampa

Matteo Merletto

progEtto grafiCo E rEalizzazionE

Elisabetta Delfini

dirEzionE, rEdazionE E amministrazionE

Cas. Post. 61 - V.le Merisio 17 24047 Treviglio (BG) tel. 0363 44726 - fax 0363 48198 africa@padribianchi.it www.missionaridafrica.org http://issuu.com/africa/docs foto

Copertina Bruno Zanzottera/Parallelo Zero Si ringrazia Olycom Collaboratori

Claudio Agostoni, Marco Aime, Giusy Baioni, Enrico Casale, Marco Garofalo, Raffaele Masto, Pier Maria Mazzola, Giovanni Mereghetti, Roberto Paolo, Aldo Pavan, Giovanni Porzio, Anna Pozzi, Andrea Semplici, Daniele Tamagni, Alida Vanni, Bruno Zanzottera, Emanuela Zuccalà CoordinamEnto E stampa

Jona - Paderno Dugnano

Periodico bimestrale - Anno 90 novembre - dicembre 2012, n° 6

Aut. Trib. di Milano del 23/10/1948 n.713/48 L’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dai lettori e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione. Le informazioni custodite verranno utilizzate al solo scopo di inviare ai lettori la testata e gli allegati, anche pubblicitari, di interesse pubblico (legge 196 del 30/06/2003 - tutela dei dati personali).

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copertina

COME RICEVERE AFRICA per l’Italia: Contributo minimo consigliato 30 euro annuali da indirizzare a: Missionari d’Africa (Padri Bianchi) viale Merisio, 17 - 24047 Treviglio (BG) CCP n.67865782 oppure bonifico bancario su BCC di Treviglio e Gera d’Adda Missionari d’Africa Padri Bianchi IBAN: IT 93 T 08899 53640 000 000 00 1315

per la Svizzera:

Ord.: Fr 35 - Sost.: Fr 45 Africanum - Rte de la Vignettaz 57 CH - 1700 Fribourg CCP 60/106/4

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20. Scuola di polizia Russia

libri - musica

38 Campioni di democrazia

48 Libri e musica

3 Africanews 4 Partigiani a Mopti 10 Africa. Lo scacchiere militare 12 Tempo incerto su Freetown 16 L’isola del castigo 18 Un continente “al verde”

50 Cattedrale nel deserto 52 Afrometal 56 Un continente in movimento

di Bruno Zanzottera

attualità

a cura della redazione

di Adam Nossiter e Marco Gualazzini di Enrico Casale di Anna Pozzi

a cura della redazione di Stefania Garini

società

22 Reti vuote per gli Imraguen 26 La sentinella dell’inferno 28 Lezioni di buon umore 30 Piccoli schermi, grandi emozioni 34 La fabbrica dei videogame 36 Grandi Opere 46 Vita da Regina di Roberto Paolo

di Luca Spampinato

a cura della redazione

di Alessandro Gandolfi di Marco Trovato

africa rivista

Costa d’Avorio

di Paola Marelli

di Michela Offredi

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di P.M. Mazzola e C. Agostoni

cultura

di Raffaele Masto

di Marco Trovato e Daniele Tamagni di Matteo Merletto

italia

58 Benvenuti al Sud

di Anna Pozzi e Bruno Zanzottera

sport

62 Moto-Polo

di Luca Spampinato

viaggi

64 Il richiamo della foresta di Alberto Caspani

chiesa

68 Un vescovo nell’oceano 74 News di Chiesa togu na 76 vita nostra 77 di Marco Trovato di Anna Pozzi

a cura della redazione

a cura della redazione

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news

a cura della redazione

Africanews, brevi dal continente 1 Sudafrica, miniere roventi Non si placa il braccio di ferro tra lavoratori e società minerarie del Sudafrica. La miniera di platino di Marikana è di nuovo in agitazione, dopo sei settimane di sciopero durante il quale sono morte 46 persone in scontri con la polizia. Alta tensione anche nelle miniere d’oro del gigante sudafricano Gold Fields che ha minacciato di licenziare 15mila operai in sciopero. In agitazione anche i minatori del ferro dipendenti dalla società Anglo American a Sishen, dove le forze di sicurezza sono intervenute per disperdere i manifestanti che rivendicavano diritti sindacali e aumenti salariali.

2 Costa d’Avorio, cresce la violenza Da Abidjan continuano a giungere allarmanti notizie di attacchi, condotti da gruppi di non meglio identificati uomini armati, contro commissariati di polizia, uffici governativi, infrastrutture, centrali termiche e caserme dell’esercito. Il governo attribuisce la responsabilità delle violenze a sostenitori dell’ex presidente Laurent Gbagbo, esiliati in Ghana dalla fine della crisi elettorale del 2011, accusati di voler destabilizzare la Costa d’Avorio.

3 Tanzania, tensione a Zanzibar Disordini tra polizia e giovani della comunità musulmana sono scoppiati sull’isola di Zanzibar, in seguito alla misteriosa scomparsa avvenuta il 17 di ottobre del leader islamico Sheikh Farid Hadi che, secondo i manifestanti, sarebbe stato rapito e detenuto illegalmente dalle forze dell’ordine. Pochi giorni prima le autorità di Dar es Salaam avevano incarcerato un altro leader islamico, accusato di incitamento all’odio religioso, provocando disordini e scontri tra fedeli musulmani e polizia.

4 Sud Sudan, torna il petrolio Il governo del Sud Sudan ha ordinato alle compagnie petrolifere presenti nel suo territorio di riprendere la produzione bloccata a gennaio a causa del contenzioso con il Sudan, con gravi ripercussioni sul piano economico. I governi di Juba e Karthoum hanno siglato degli accordi che riguardano la gestione delle risorse petrolifere, ma anche la definizione dei confini e la creazione di una zona smilitarizzata lungo la frontiera.

5 Kenya, l’università dei profughi Aprirà a gennaio l’Università di Dadaab, primo ate-

neo al mondo per rifugiati. Sarà una sede distaccata della Kenyatta University e permetterà a migliaia di giovani - in gran parte fuggiti dalla Somalia devastata dalla guerra civile - di proseguire i loro studi accademici a Dadaab, che con i suoi 470mila residenti costituisce oramai la terza città del Kenya e il più grande campo profughi del pianeta.

6 Marocco, preistoria cancellata Un gruppo di fondamentalisti salafiti ha distrutto sulle montagne dell’Alto Atlante dei graffiti rupestri risalenti a più di 8.000 anni fa che raffiguravano il sole,

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del nord del Mali, in mano ai gruppi jihadisti e che potrebbero essere oggetto di un intervento militare sotto l’egida dell’Onu.

8 Nigeria, Shell a giudizio Si è aperto nei Paesi Bassi il processo che vede contrapposti quattro contadini nigeriani contro la Shell. L’azienda petrolifera - accusano i contadini - avrebbe infranto la legge perché non ha riparato in fretta i suoi oleodotti, inquinando acque e terreni. L’azione legale potrebbe creare un precedente nelle cause per risarcimento legate alle attività delle multinazionali. Fonti: Ansa, Bbc, Jeune Afrique, Misna,

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additandoli come “idolatria”. Lo ha denunciato l’Ong marocchina Lega Amazigh dei diritti umani.

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7 Algeria, allerta ai confini col Mali L’Algeria ha predisposto un rafforzamento delle frontiere meridionali che la separano dalle regioni

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attualità

testo di Adam Nossiter/New York Times foto di Marco Gualazzini/Luzphoto

Partigiani

Mali, nei campi di

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a Mopti

addestramento dei combattenti anti-Al Qaeda

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entinaia di giovani maliani sono radunati in campi di addestramento nei pressi della città di Mopti. Si svegliano ogni giorno alle quattro del mattino per prepararsi a combattere. Hanno una missione: sconfiggere i miliziani islamisti che stanno seminando il terrore nelle regioni settentrionali del Mali.

Soldati motivati

Le reclute non possiedono fucili né munizioni. Dormono sul terreno duro del campo. Non sono un vero esercito, ma una milizia popolare. Che però può contare su un’arma potente che le truppe regolari non posseggono: la ferrea volontà di liberare il proprio Paese dall’oppressione dei ribelli jihadisti che hanno conquistato le regioni del Nord. Nella città di Timbuctu i fondamentalisti hanno imposto una severa applicazione della legge islamica, soggiogando la popolazione locale, che ora viene sottoposta a percosse, fustigazioni pubbliche e persino lapidazioni. L’esercito del Mali non pare in grado di riconquistare i territori occupati dai

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lo scatto

testo di Luca Spampinato foto di Sia Kambou/Afp

Dopo la battaglia

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Costa d’Avorio

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n soldato dell’esercito ivoriano osserva la devastazione del mercato di Abobo, nella città di Abidjan, il giorno dopo i violenti scontri che hanno contrapposto le forze dell’ordine a migliaia di giovani di questo quartiere popolare (noto per essere stato uno degli epicentri delle violenze post- elettorali del 2010/2011 che causarono circa tremila vittime). La battaglia è scoppiata il 15 ottobre 2012, quando la polizia ha tentato di evacuare le zone occupate da venditori ambulanti, sollevando la protesta della folla che ha tentato di respingere con sassi e bastoni gli agenti in tenuta antisommossa. L’escalation delle violenze - ben presto degenerate in un vero e proprio conflitto a fuoco - ha richiesto l’intervento dell’esercito. Dalla Costa d’Avorio continuano a giungere allarmanti notizie di disordini e attacchi che alimentano il clima di incertezza e di insicurezza.

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attualità

testo di Enrico Casale

Mappa delle truppe straniere nel continente africano

Lo scacchiere militare Basi segrete, aeroporti strategici, scali marittimi, aree di addestramento… Ecco dove sono dislocati i contingenti sul territorio africano

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i tempi delle colonie, le nazioni europee avevano militarizzato i loro possedimenti africani. Ai tempi della guerra fredda, Usa e Urss si erano spartiti il controllo del continente armando eserciti e guerriglie. Oggi la presenza militare straniera in Africa prosegue e, anzi, si intensifica. «Le potenze occidentali e i Paesi asiatici emergenti si muovono per garantire i loro interessi geostrategici», spiega Gian Andrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa. «La Francia, per esempio, mantiene una presenza per assicurare la stabilizzazione politica delle ex colonie. Gli Usa invece hanno aperto una rete di basi per contrastare il terrorismo islamico. Cina e Giappone sono impegnate nella lotta antipirateria nello Stretto di Aden, ma anche per dimostrare la loro potenza militare». «Solo Francia e Stati Uniti hanno però basi con guar-

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nigioni, truppe e aeroporti», puntualizza Gaiani. «Tutti gli altri hanno solo approdi. Si tratta di aree attrezzate per assicurare alle navi da guerra i rifornimenti di cibo, acqua e carburante».

L’Armée africaine La Francia è la nazione che mantiene la presenza militare più forte. Parigi attualmente ha basi in dieci aree strategiche: Burkina Faso (poche decine di uomini), Repubblica Centrafricana (240), Ciad (950), Comore (1.900), Costa d’Avorio (450), Gabon (950), Gibuti (2.000), Guinea (150), Senegal (450). Nelle basi dell’esercito solitamente sono presenti piste di atterraggio dalle quali possono decollare anche caccia e bombardieri. La marina invece mantiene proprie unità nel porto dell’isola della Riunione (un dipartimento d’oltremare della Francia). Il numero degli effettivi però nel tempo è calato. Nel 1960 erano

Gli Usa stanno aumentando le basi segrete in Africa per spiare Al-Qaeda circa 30mila; nel 1980, 15mila; oggi sono circa 7mila. La riduzione è il frutto di una rinegoziazione degli accordi militari con le ex colonie. Un ridimensionamento imposto anche dai tagli al bilancio della Difesa che Parigi sta attuando da anni. «Un tempo le nostre forze armate erano chiamate a sostenere regimi “amici”», spiega un ufficiale dell’Armée. «Oggi forniamo assistenza ai militari locali e più in generale ci occupiamo del contrasto dei traffici internazionali di armi e droga e del terrorismo internazio-

nale. Ciò richiede un numero inferiore di truppe e gli aerei ci permettono di spostare uomini e mezzi velocemente da una base all’altra».

Africa a stelle e strisce Il Pentagono ha messo in piedi una struttura segreta dedicata alle operazioni antiterrorismo in Africa. Negli ultimi cinque anni, in particolare, ha allargato la propria rete di basi aeree allo scopo di raccogliere informazioni più complete sui gruppi estremisti. La più grande è quella di Camp Lemonnier (Gibuti). Qui stazionano gli uomini dei reparti speciali che compiono raid nel Corno d’Africa contro i ribelli affiliati ad Al-Qaeda. Sempre da qui decollano i droni (aerei senza pilota) per missioni di perlustrazione o di attacco contro i fondamentalisti islamici in Somalia e Yemen. Stessa funzione svolgono le basi di Arba Minch (Etiopia), di Nzara (Sud Sudan) e di Victoria


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attualità

testo e foto di Anna Pozzi

Tempo incerTo

reportage dalla Sierra Leone, alla S A dieci anni dalla fine della guerra civile, la povera e disastrata Nazione dell’Africa occidentale tenta di inventarsi un futuro. Ma c’è chi non vuole cambiare le cose

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ono ancora ben visibili i segni della violenza e della devastazione. Giovani con entrambe le braccia amputate chiedono l’elemosina con una sacca al collo lungo la trafficata strada (l’unica!) che attraversa l’immensa periferia di Freetown, la capitale della Sierra Leone. Sono i sopravvissuti di una pratica barbarica messa in atto dai ribelli del Fronte unito rivoluzionario (Ruf), in gran parte bambini soldato, specialisti in “maniche


su Freetown

vigilia delle elezioni politiche lunghe” e “maniche corte” - ovvero amputazioni delle mani o dell’intero braccio oltre che di un ampio campionario di varie atrocità. Qua e là nel Paese, s’incontrano ancora scheletri di edifici diroccati, distrutti e dati alle fiamme. Dieci anni dopo la fine della guerra civile che ha brutalizzato la Sierra Leone, restano ben visibili i segni di quell’orribile conflitto, alimentato dalla bramosia dei diamanti e combattuto sulla pelle della povera gente. La condanna, lo scorso 26

aprile, dell’ex Presidente liberiano Charles Taylor, giudicato colpevole dalla Corte internazionale dell’Aia di sostegno ai ribelli del Ruf, ha chiuso simbolicamente un’epoca di terrore. La popolazione ha voglia di voltare pagina. Vittime e carnefici sono tornati a vivere insieme, accomunati dall’urgenza di sopravvivere, di trovare un lavoro, di mettere qualcosa in pancia. Insieme si combatte contro i nemici di sempre: povertà estrema, disoccupazio-

ne dilagante, drammatica mancanza di servizi e infrastrutture… Le statistiche dell’Agenzia Onu per lo sviluppo (Undp) classificano il Paese al 180° posto su 187: oltre il 70 per cento della popolazione vive sotto la soglia di povertà. Eppure, qualcosa si muove…

Luci e ombre «Il Paese sta facendo notevoli progressi, ma non basta», dice Christiana Thorpe, presidente della commissione elettorale in-

caricata di organizzare le elezioni generali del 17 novembre. «Dobbiamo creare una cultura del lavoro e dell’onestà, offrendo ai nostri giovani reali opportunità educative, ma anche di impiego, perché possano prendere in mano il futuro del Paese». Una grande sfida, di cui il governo di Ernest Bai Koroma ha cercato di farsi carico. Con risultati in chiaroscuro. Se il presidente, infatti, gode di notevole popolarità nel Paese e di stima all’estero, non è lo africa · numero 6 · 2012

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attualità

a cura della redazione

L’isola del

Uganda, alla scoperta di un misterioso luogo Nelle acque del lago Bunyonyi affiora l’isola di Akampene. Il suo aspetto fiabesco cela una storia terribile, con un finale inaspettato, che una giovane regista italiana vuole raccontare con un film

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all’alto sembra lo sfondo di una pellicola Disney: un bacino di acqua scintillante cosparso di innumerevoli isolotti con vulcani che spuntano all’orizzonte. Percorrendolo in canoa, il panorama regala un senso di pace e armonia: l’acqua color argento scorre dolcemente sotto il lento remare delle pagaie, tra isolette punteggiate di fiori rossi e

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una miriade di uccelli colorati. Nella lingua locale, il nome del lago, Bunyonyi, significa appunto “luogo abitato da molti piccoli uccelli colorati”. Ce ne sono infatti circa 200 specie. Siamo nel cuore dell’Africa orientale, in Uganda, a poca distanza dal confine con Ruanda e Congo. Un luogo ancora poco contaminato e sconosciuto ai più.

Tante sono le leggende che avvolgono il lago, narrate dagli abitanti del posto. Come quella dell’isola dal nome impronunciabile, Bucuranuka. Si tratta di una piccola isola che si distingue dalle altre per fisionomia e vegetazione. Si racconta che un tempo Bucuranuka fosse abitata da produttori di birra di sorgo. Un giorno passò una signora e chiese un sorso di birra. Gli uomini la insultarono e la cacciarono. Quando la signora arrivò sulla terraferma, l’isola si ribaltò su se stessa. Solo per un attimo, il tempo di uccidere tutti i suoi abitanti, tranne che per un pollo che riuscì a scappare svolazzando. Poi l’isola tornò al suo posto, come se nulla fosse successo. La signora era una strega. Da allora più nessuno ha mai abitato nell’isola.

Una storia incredibile Poi c’è la storia, vera, dell’isola di Akampene. In realtà poco più di uno scoglio. Oggi semisommersa, è un ammasso di sterpi e fango con un albero centrale abitato da inquietanti uccelli e il tronco di un altro albero morto. Akampene nella lingua locale significa “punizione”. Qui venivano portate le donne, che restavano incinte prima del matrimonio. Questo era il tabù più grosso per la cultura Bakiga, l’etnia di provenienza della popolazione locale. Si trattava di una punizione capitale: l’isola non offriva cibo né riparo. Le donne, ragazzine incinte, morivano di stenti mentre le più coraggiose annegavano dopo qualche goffa bracciata per tentare di raggiungere la terraferma. Ma alcune si salvarono per mano di prin-


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attualità

testo di Stefania Garini

Un continente

“al verde” Cresce l’allarme deforestazione in Africa Non rallenta il ritmo del disboscamento in Congo, Sudan, Angola e Mozambico. Ma i governi di Liberia, Gambia e Uganda si impegnano a fermare il taglio selvaggio degli alberi

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gni anno in Africa scompaiono 34mila chilometri quadrati di foreste, una superficie pari a quella di Piemonte e Valle d’Aosta messi insieme. E, com’è noto, le cause della deforestazione sono soprattutto dovute alle attività dell’uomo: dalla crescente pressione urbanistica all’agricoltura industrializzata, 18

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al taglio selvaggio di legname pregiato. La maggior perdita di foreste si registra in Centrafrica, RD Congo, Sudan, Angola, Mozambico. In Congo-Brazzaville metà dei terreni disboscati è frutto di tagli illegali. «Il problema - fa notare l’attivista congolese Rock Nzobo - è legato soprattutto alla pre-

L’ultimo polmone dell’Africa fotografato da un satellite. Le foreste soccombono di fronte all’avanzare dell’uomo che si fa largo con il disboscamento

il Parlamento europeo, circa il 20% del legname venduto nell’Unione europea proviene da boschi tagliati senza autorizzazioni.

Una risorsa in fumo senza di imprese asiatiche, cinesi e malesi, poco rispettose dei regolamenti». Ma anche l’Europa non è priva di responsabilità: secondo

«Oltre all’aspetto ambientale, cioè alla tutela della biodiversità e alla riduzione degli effetti del cambiamento climatico,


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Russia

lo scatto

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testo di Serghei Kachine foto di Kirill Braga/Ria Novosti

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n gruppo di poliziotti africani impegnati a frequentare un corso di addestramento all’Accademia di Polizia di Volvograd, la ex Stalingrado. L’iniziativa fa parte di una serie di accordi di collaborazione siglati di recente da Mosca con una decina di governi africani. Dopo una lunga assenza dal continente nero, la Russia guidata da Putin e Medvedev è impegnata a rafforzare i rapporti economici, politici e militari con le leadership dell’Africa. Durante gli anni della guerra fredda, specie nel ventennio Sessanta-Ottanta del secolo scorso, il Cremlino considerava l’Africa un territorio strategico, da sostenere attivamente per esportare l’ideologia marxista e contrastare l’«imperialismo americano». L’interesse era scemato con la disgregazione dell’Unione Sovietica. Oggi i principali partner di Mosca sono Algeria, Nigeria, Libia, Angola e Botswana.

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scuola di polizia africa 路 numero 6 路 2012

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società

testo e foto di Roberto Paolo

Reti vuote

per gli imraguen Mauritania, economia ittica in crisi per la scomparsa dei cefali

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è stato un tempo in cui gli uomini collaboravano con i delfini. Un popolo di pescatori seminomadi conosceva il loro “linguaggio” e impartiva ordini ai branchi che stazionavano stabilmente nelle acque davanti ai loro villaggi, lungo la costa settentrionale della Mauritania. Quel popolo esiste ancora: sono gli Imraguen.

Pesca leggendaria Oggi sono specializzati nella pesca dei cefali e nella produzione della bottarga ricavata dalle loro uova. Ma un tempo, si racconta, i pescatori imraguen non avevano bisogno di piroghe per intercettare i banchi di muggini che ogni anno migrano da nord verso la foce del fiume Senegal, dove vanno a deporre le uova: semplicemente entravano in acqua con la rete in spalla e battevano la superficie del mare con dei bastoni simulando il rumore che fanno i cefali. I delfini a quel segnale accorrevano spingendo i pesci nelle reti e ricevendo in cambio gli esemplari più piccoli di cui vanno ghiotti. È una storia che viene ancora raccontata in alcuni libri di viaggi e dalle guide turistiche di Nouakchott. 22

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società Sulle coste mauritane un popolo di pescatori seminomadi si è specializzato nella produzione della bottarga con le uova dei muggini. Ma oggi i banchi dei pesci sono misteriosamente spariti

le; a gennaio 2012 invece la stagione poteva dirsi già conclusa. I cefali catturati sono bastati a malapena all’approvvigionamento dei villaggi.

Sotto le tende

Ma oggi le cose sono molto cambiate: la “simbiosi” uomo-delfino, se c’è mai davvero stata, non esiste più. E anche la bottarga degli Imraguen sta diventando sempre più rara. Nel 2011 ne sono stati prodotti appena 120 chili destinati al mercato europeo, in massima parte per fiere ed esposizioni internazionali. Quest’anno le cose sono andate molto peggio. Il periodo in cui si pescano i cefali andrebbe normalmente da ottobre ad apri24

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Per verificare sul campo cosa sta succedendo bisogna abbandonare Nouakchott e risalire la costa atlantica verso Nord, in direzione di Nouadhibou. Il primo villaggio imraguen che si incontra è Tioulit: alcune decine di baracche e tende sparpagliate nella sabbia tra il mare e l’unica strada asfaltata, che corre parallela alla costa. In cambio di un rifornimento alimentare e della nafta per le piroghe, la famiglia di Hanna e Ahmed ci ospita per la notte in attesa di partire all’alba per andare a controllare le reti. Sono pescatori da generazioni, praticamente da sempre. Ma di questa storia dei del-

Si racconta che un tempo i pescatori imraguen riuscissero a parlare con i delfini. E che si alleassero con loro per catturare i cefali

fini “addomesticati” non sanno niente. «È una leggenda, mai visto un uomo dare ordini ad un delfino», racconta la sorella di Hanna. «È vero che i delfini segnalano dove sono i muggini, perché seguono i banchi: dove sono loro trovi anche i cefali. Questo è tutto». Gli altri del gruppo annuiscono. La casa di Hanna e Ahmed ha mura di terra e tetto in lamiera. Sul pavimento, solo tappeti. Un ragazzino dorme avvolto in un


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attualità

testo di Luca Spampinato

La sentinella dell’inferno

in rD Congo uno scienziato italiano vigila sul vulcano più pericoloso del mondo

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a un nome italiano il guardiano dell’inferno: Dario Tedesco, professione vulcanologo. Spetta a lui il compito di sorvegliare il Nyiragongo, uno dei vulcani più pericolosi al mondo, che sorge sul confine orientale della RD Congo, a poca distanza dal Ruanda. Sette anni fa fu chiamato dalle Nazioni Unite per una missione rovente: studiare i segreti della lava che ribolle a mille gradi nel cratere congolese ed elaborare un piano di emergenza per salvare la popolazione locale dal potere distruttivo delle sue eruzioni.

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Il vulcanologo Dario Tedesco guida un team internazionale di studiosi che ha il compito di tenere sotto controllo il terrificante Nyiragongo. E di salvare un milione e mezzo di persone dalla prossima eruzione

Lago di lava Da allora Tedesco, 53 anni, scienziato della Seconda Università di Napoli, guida un team internazionale (finanziato da Unione Europea e Svizzera) incaricato di sorvegliare attentamente gli umori del vulcano, tra i più irrequieti al mondo (50 eruzioni negli ultimi 150 anni, una ogni tre anni come media), che minaccia un milione e mezzo di persone. Ogni giorno i ricercatori salgono lungo i 3470 metri di altezza del cono vulcanico, misurano la temperatura, la concentrazione dei gas, il grado di sismi-

cità, la larghezza delle fessure, la composizione dei fluidi e delle rocce eruttate. Incrociano i dati con quelli inviati dai satelliti e li confrontano scrupolosamente con i rilevamenti precedenti… Attenti ad ogni minimo dettaglio. «Non possiamo permetterci di sottovalutare nessun segnale: il Nyiragongo è sempre attivo», spiega il vulcanologo italiano. «Nella sua pancia gorgoglia il più grande lago di lava del pianeta, almeno dieci milioni di metri cubi di magma incandescente che potrebbero riversarsi sulla città di Goma e sui


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società

a cura della redazione

Lezioni di buon umore In Etiopia un uomo insegna a ridere

Belachew Girma è un maestro di allegria. Nella sua “scuola del sorriso” di Addis Abeba - unica nel suo genere in Africa insegna a superare le difficoltà della vita usando l’ilarità

Ridere fa bene!

È

stato campione mondiale della risata e oggi è un terapista del sorriso. Belachew Girma, 44 anni, etiope, padre di cinque figli, ha fatto del buon umore uno stile di vita, il proprio marchio di fabbrica, una nuova professione. Non deve essere stato affatto facile: la vita di Belachew è stata costellata di tragedie e incidenti. Quindici anni fa ha perso

La risata - assicurano gli studi medici - è un vero e proprio toccasana: favorisce la distensione del respiro, il rilascio di endorfine (gli ormoni della felicità), migliora la circolazione del sangue e previene le malattie cardiovascolari. Negli ammalati allevia il peso dei traumi, riduce lo stress e le percezione del dolore, aiuta la guarigione. Una medicina che va bene per tutti: grandi e piccoli, uomini e donne. Controindicazioni: nessuna.

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la moglie a causa dell’Aids, poco dopo un incendio gli ha devastato l’azienda e un’alluvione gli ha allagato la casa. Avrebbe potuto arrendersi alla disperazione. Invece è riuscito a reagire. «La forza mi è venuta leggendo la Bibbia», ha raccontato ai microfoni della Bbc. «Mi sono abbandonato a Gesù e ho ritrovato il piacere di vivere». Curiosamente Belachew ha scoperto anche un’autentica passione per il sorriso. «La mia vita è cambiata da quando ho imparato a esprimere l’allegria».

Il re della risata Nessuno ride come lui. Dall’alba al tramonto, mai un’espressione seria o contrariata. Sempre sorrisi spontanei e contagiosi.

«Non riesco più farne a meno», spiega. «Ridere è diventato per me una cosa assolutamente naturale e irrefrenabile». Nel 2002 il suo nome è entrato nel Guinness dei Primati. Invitato a partecipare a una stravagante gara in Germania, l’Impossibility Challenger Event, ha stabilito il record mondiale del sorriso: una risata no-stop lunga 2 ore e 40 minuti. Nel 2008 è riuscito a migliorare il primato personale, ridendo per 3 ore e 6 minuti consecutivi. Televisioni e giornali hanno cominciato a parlare di lui come del “Re africano della risata”. Belachew ha cavalcato la popolarità: nel suo Paese natale, l’Etiopia (luogo-simbolo delle tragedie dell’Africa), ha isti-


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testo e foto di Alessandro Gandolfi/Parallelozero

Piccoli sch grandi em 30

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In uno sperduto villaggio al confine tra Ciad e Repubblica Centrafricana la vita di centinaia di profughi è rallegrata da una sala cinematografica fatta di fango e paglia

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a lontano la capanna è simile a tutte le altre: pareti di paglia intrecciata a lisca di pesce, un tetto spiovente, pavimento in terra battuta. Tradisce una cosa sola, un palo con un cartello appeso e alcuni ragazzini che lo osservano incuriositi. Avvicinandosi si intravedono sul cartello due numeri scritti in gesso, 18 e 20, e due immagini colorate. Ci vuole poco a capire che quella capanna nel poveris-

ermi, ozioni

numeri 12 milioni gli abitanti di questa nazione in larga parte occupata dal deserto del Sahara 155 il posto occupato dal Ciad nella classifica dell’indice di sviluppo umano (su 162 paesi) 45 anni l’aspettativa di vita media per gli uomini ciadiani (48 per le donne) 75% la popolazione che vive sotto la soglia di povertà 56% il tasso di alfabetizzazione degli uomini (40% tra le donne) 53% i musulmani 35% i cristiani 12% gli animisti

simo campo profughi di Yaroungou - vicino al villaggio di Marò, Ciad meridionale al confine con la Repubblica Centrafricana (RCA) - è in realtà un cinema pubblico. Le poltrone sono lunghi tronchi appoggiati per terra e il grande schermo si riduce a un televisore Sanyo a tubo catodico chiuso a chiave dietro a uno sportello che pare un tabernacolo. È il cinema più povero del mondo, forse, ma costa poco e rende felici i suoi spettatori. Il padrone della sala, colui che ha la chiave del tabernacolo, che decide la programmazione e gli orari degli spettacoli, che spazza per terra e ripara il videoregistratore quando si rompe, è un ventenne originario del Centrafrica. Si chiama Nassour Chaïbou.

SPIDERMAN E PALLONE I suoi genitori - francofoni come i ciadiani - sono fuggiti da una guerra sanguinosa e nessuno sa quando torneranno a casa, se mai lo faranno. Nel frattempo vivono qui, in questo squallido villaggio fatto di baracche fatiscenti e gente disperata che non ha più nulla. africa · numero 6 · 2012

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società

testo di Paola Marelli

I dieci maxicantieri della nuova Africa

Grandi Marocco, il porto di Tangeri Il nuovo imponente porto commerciale, voluto dal re Mohammed VI, (Costo: 1 miliardo e mezzo di dollari, inaugurazione prevista a fine 2014), svilupperà i trasporti marittimi e renderà la città di Tangeri uno snodo cruciale dei traffici da e per l’Europa.

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Senegal, l’aeroporto di Dakar Sarà attivo a molto presto il nuovo aeroporto internazionale Blaise Diagne, destinato a sostituire il vecchio scalo Léopold Sédar Senghor: costato 800 milioni di dollari, avrà una capacità di 4 milioni di passeggeri l’anno.

Ciad, ferrovia transnazionale

RD Congo, una diga gigantesca

Il governo del Ciad ha siglato un accordo con la China Civil Engineering Construction Corporation per la realizzazione di 1364 chilometri di collegamento ferroviario tra il Camerun e il Sudan (spesa preventivata: 7,5 miliardi di dollari), fondamentale per sviluppare il commercio transahariano.

Un colossale sistema di dighe sul fiume Congo (chiamato Grand Inga) produrrà una potenza quasi doppia della famosa diga delle Tre Gole in Cina: 39 Gigawatt, cioè l’equivalente di 23 centrali nucleari. Gran parte della corrente sarà venduta all’Europa. Il costo dell’opera? 56 miliardi di euro.

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Angola, la ferrovia del Benguela Entro la fine dell’anno sarà ultimata la più importante linea ferroviaria dell’Angola, distrutta durante la guerra civile: 1344 chilometri di binari dal porto commerciale di Lobito al confine con lo Zambia e l’RD Congo (dove si trovano miniere di metalli strategici).

Zambia, il ponte sullo Zambesi L’imponente ponte di Kazungula (400 metri di lunghezza, per un costo stimato di 260 milioni di dollari) collegherà lo Zambia con il Botswana, superando le acque del fiume Zambesi che oggi ostacolano i commerci e i trasporti nell’Africa meridionale.


Opere

Dai trasporti all’energia, dal Marocco al Sudafrica, la mappa dei megaprogetti cruciali per modernizzare il continente e far decollare la sua economia Etiopia la diga Gilgel Gibe III La più grande diga dell’Africa (5 chilometri di lunghezza per 50 metri di altezza) sarà costruita entro due anni sul Nilo Blu, tra le proteste degli ambientalisti, e produrrà 1870 Megawatt di corrente: per far fronte alla crescente fame energetica del Paese.

Kenya, parco eolico da record Nella sperduta regione settentrionale del lago Turkana sorgerà il più grande parco eolico del mondo. Una centrale estesa su 16 ettari, dotata di 365 turbine azionate dal vento, che garantirà oltre il 20% del fabbisogno energetico dell’Africa orientale.

Kenya, un corridoio strategico Autostrade, ferrovie e condotte petrolifere saranno collocate lungo un asse che collegherà il porto di Lamu, sull’oceano Indiano, a Juba, in Sud Sudan, con una diramazione verso nord, fino alla capitale etiope Addis Abeba: entro il 2020 per questo corridoio transiterà il 75% della ricchezza prodotta nella regione.

Sudafrica, maxicentrale a carbone Nella provincia del Limpopo è in fase di costruzione la Power Station Medubi, la più grande centrale a carbone del mondo: entro il 2015 sarà in grado di produrre 4800 Megawatt di potenza, fornendo buona parte dell’energia assorbita dalle città sudafricane.

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copertina

testo e foto di Bruno Zanzottera/Parallelozero

Svelato il segreto della

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Campioni di democrazia africa 路 numero 6 路 2012


concordia dei Borana T

Nelle savane dell’Etiopia meridionale i pastori borana hanno trovato il modo di vivere in pace evitando litigi e contenziosi. Senza sottoporsi all’autorità di capi. Amministrando la giustizia con saggezza

utto inizia con la preparazione del caffè, cosa che in Etiopia assume un valore di vera e propria cerimonia perché si parte dai chicchi che vengono tostati e quindi macinati prima di passare alla bollitura dell’acqua. Poi l’intero villaggio si riunisce in circolo all’ombra dell’immancabile acacia per una discussione interminabile che può durare anche giornate intere. Ci troviamo tra i Borana, “le genti del mattino” (boru si traduce in italiano con “aurora”), la tribù più numerosa del grande popolo degli Oromo, i cui abitanti vivono sparpagliati nella Great Rift Valley a est del fiume Omo, tra l’Etiopia e il Kenya. Nomadi allevatori di zebù che vivono in villaggi di capanne realizzate con canne impastate di fango e sterco di animali, i Borana si sono in parte sedentarizzati, iniziando a dedicarsi anche all’agricoltura. africa · numero 6 · 2012

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copertina

Pozzi cantanti Per dissetare il bestiame, i Borana hanno scavato pozzi, perforando la roccia per decine di metri. Una serie di gradini in pietra conduce al fondo della cavità, fino a raggiungere la sorgente. Durante la stagione secca i Borana si calano nei pozzi armati di secchi, posizionandosi a varie altezze fino alla loro estremità. A questo punto iniziano a prelevare l’acqua passandosi ritmicamente i recipienti per riempire una grande vasca dove il bestiame può venire ad abbeverarsi. Tutti gli uomini impegnati nel lavoro cantano nenie ritmate. Oggi i “pozzi cantanti” sono divenuti un’attrazione turistica: i tour operator pagano i Borana per mostrare ai clienti i loro pozzi in funzione. E poco importa se durante la stagione delle piogge queste cavità non vengono usate perché le mandrie di capre e di cammelli si abbeverano nella savana. Quando arrivano i turisti, i giovani del villaggio si affrettano a mettere in moto l’organizzazione del pozzo e cantano come vuole la tradizione. L’acqua passa di mano in mano, si rallenta per farsi fotografare e, quando giunge in superficie, viene buttata via. Alla fine sono tutti contenti: i ragazzi borana che raggranellano qualche soldo e i turisti occidentali che hanno l’opportunità di fotografare, fuori stagione, un suggestivo «rito tribale». 40

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La loro principale peculiarità è il sistema di democrazia diretta che abbraccia l’intera popolazione. Tutte le decisioni si prendono insieme, con il consenso di tutti. Nonostante siano divisi in clan e il concetto di proprietà privata sia ben presente nella loro società, i Borana hanno però scelto di regolare i potenziali elementi di conflitto attraverso un sistema basato sull’assemblea e sulla ricerca del consenso.

Vietato litigare «I Borana non eleggono rappresentanti che li governino», racconta l’antropologo Marco Bassi dell’African Studies Centre dell’Università di Oxford, autore del libro I Borana. Una società as-

I Borana utilizzano una gerarchia basata sui gruppi di età attraverso vari gradi che durano ciascuno otto anni. Fieri allevatori, riescono a far sopravvivere le loro mandrie, il loro bene più prezioso, anche durante la stagione secca

sembleare dell’Etiopia. «Nelle assemblee il popolo decide direttamente e non ci si accontenta di semplici maggioranze, ma si vuole raggiungere il consenso pressoché unanime. Per questo le discussioni possono continuare per giorni». I capiclan sono figure esclusivamente rappresentative, con lo scopo di far rispettare le regole del gioco, ma non sono loro a prendere le


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libri

di Pier Maria Mazzola V a l e n t i n a

C o d e l u p p i

le cicatrici

del ruanda una faticosa riconciliazione

Tuareg

Un giorno sarai grande

Grande sia il nostro potere

Le cicatrici del Ruanda

Africa, sognare oltre l’emergenza

di Valentina Codeluppi

di AA.VV.

Un’etnologa che ha frequentato per anni il “popolo blu”. I titoli dei capitoli sono nomi di persone: sono loro a scandire questo viaggio tra gli abitanti del tènere, «la solitudine». Ma il primo impatto del lettore non è con una tenda o una carovana, bensì con la «casa di Alì, ingegnere tuareg». Un edificio in muratura di un quartiere cittadino dove è tutto un viavai di Tuareg, un tramestio di persone e divani che vanno e vengono, di voci e silenzi. «Quella stanza avrebbe potuto essere in qualunque posto ma era il modo in cui le persone stavano nello spazio che subito la identificava riportando l’immagine allo stesso tempo disordinata, affollata e tuttavia coordinata dell’accampamento». I Tuareg riescono dunque a rimanere sé stessi? «La situazione oggi - lamenta l’autrice - è di perdita totale».

Un anno fa andava in porto, anche se non in forma collettiva come auspicato dalla campagna Noppaw, la proposta di Nobel per la pace alle donne africane. Oslo ne ha scelte due, liberiane (una terza era yemenita), ed ora eccole in libreria. Il volto più noto è quello del primo Presidente-donna africano: E.J. Sirleaf. Sobri ricordi d’infanzia, pennellate di storia del Paese, il rapporto con un difficile marito (e conseguente divorzio), i soggiorni negli Stati Uniti, il suo essere madre e la storia recente del suo Paese tra putsch e guerre… C’è tutto quello che ci si può aspettare, nella autobiografia della “Lady di ferro”, fino al ballottaggio con Weah, nel 2005, e alla tremenda sfida di rimettere in piedi un Paese stremato dalle violenze. «Come donna, ero in anticipo sui tempi, ma oggi non sono più sola».

Altra biografia che si legge d’un sol sorso. L’altra Nobel liberiana è di una generazione più giovane e non ha un ruolo istituzionale paragonabile, ma la sua vicenda è forse ancor più appassionante. La guerra scoppia quando lei ha 17 anni e le sconvolge il futuro. Nemmeno la vita affettiva le offre consolazione: l’uomo da cui avrà i primi dei suoi sei figli si rivela dispotico e violento. Leymah si ritrova quasi per caso, in una pausa del conflitto, a fare volontariato per il reinserimento di ex bambini soldato. I successivi incontri con altre donne, la sua intelligenza e sensibilità la porteranno in pochi anni a organizzare azioni nonviolente tutte al femminile per indurre i signori della guerra alla pace. Il suo “modello” di donne-unite-per-la-pace ha fatto scuola in Africa.

A giugno il Presidente Kagame ha dichiarato chiusa l’esperienza dei gacaca, i “tribunali di villaggio” riesumati per accelerare la giustizia dopo il genocidio. Una riuscita? L’autrice è perplessa, come pure lo è nei confronti dei tribunali ordinari e di quello di Arusha. Se lo scopo era la riconciliazione , meglio guardare ad altri tentativi, come quello del Progetto Amahoro.

Non è un libro come molti altri scritti da un volontario, o su di lui. Non solo perché Gino Filippini ha fatto una scelta di vita lunga quarant’anni (fino alla morte nel 2008), ma perché l’ha messa in opera nel segno della condivisione con gli africani e interrogandosi costantemente sul senso del proprio operato come di quello delle ong. Il tutto, alla luce di una profonda, ma non ostentata, fede. La sostanza di questo libro sono le sue lettere, ben organizzate e introdotte da varie mani, così da far cogliere al lettore più lo sviluppo di un pensiero che una successione cronologica attraverso i quattro Paesi - dal Burundi al Kenya, visto da Korogocho - nei quali Gino ha affinato la sua «metodologia». Che è, in una parola: «Se vuoi aiutare qualcuno, il protagonista è colui che riceve».

Quodlibet 2012, pp. 213, 14,50 euro

Add 2012, pp. 447, 18,00 euro

Corbaccio 2012, pp. 279, 16,60 euro

di Barbara Fiore

di Ellen Johnson Sirleaf

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di Leymah Gbowee

Emi 2012, pp. 191 13,00 euro

NOIR Tuttolibri, inserto de La Stampa, recensisce simpaticamente e con una certa evidenza un libro di autore beninese, Florent Couao-Zotti (Non sta al porco dire che l’ovile è sporco, Ed. 66thand2nd). Conclusione: «È divertente scoprire che nella mappa del poliziesco debutta anche l’Africa». Purché non si finisca per pensare che questo è davvero il primo titolo del genere…

Paoline 2012, pp. 272, 16,50 euro


musica

di Claudio Agostoni

Live in DeTRoiT 1986 FelA Kuti

Doppio cd che documenta la prima tournée di Fela con i suoi Egypt 80 negli Stati Uniti. Un album che esce 20 anni dopo la pubblicazione dell’ultimo lavoro in studio del Black President (Underground System). E a 15 dalla sua morte. Quattro chilometrici brani live registrati al Fox Theatre di Detroit: si va dai 29 minuti di Just Like That ai 40 abbondanti di Confusion Break Bones (coi rumori delle percussioni a rievocare il suono sordo delle ossa rotte). Grazie alla campagna di Amnesty International il famigerato arresto per traffico di valuta estera (1984) era stato messo alle spalle. Le suite caratterizzate da un andamento meno marziale che negli anni ’70, figlie dirette di una visione più mistica e spirituale che si era impossessata di Fela. Ma la sua devastante energia c’è tutta.

BoUGeR Le MonDe! StAFF BendA Bilili

È la band degli artisti di Kinshasa che ha raggiunto il meritato successo dopo anni di vita precaria battendo le strade della metropoli congolese. Era un gruppo di buskers, suonava di fronte ai ristoranti stupendo il loro pubblico con un sound originale che fondeva jazz, blues e afrorumba e con testi che descrivevano la vita violenta di Kinshasa. Oggi fanno acclamate tournée in tutto il mondo (ma hanno deciso di continuare a vivere nella loro città). La loro storia è raccontata in un film: guardate il trailer (www.youtube.com/watch?v=qJX2GdYr054) e vi verrà voglia di trovare il film. Bouger le monde!, prodotto da Vincent Kenis (noto per il lavoro fatto per Congotronies) presenta qualche cambiamento nella line up della band, ma la vitalità e la forza d’urto non ne risente. Anzi…

nGAnGiwe dudu MAnhengA

Dudu Manhenga propone un sound dove confluiscono gli elementi della musica tradizionale del suo Paese (Zimbabwe) e il jazz, il soul e il gospel. Lo scorso 2 giugno ha addirittura rappresentato il continente africano nel corso del VII Incontro Mondiale delle Famiglie alla presenza del Papa. Un ruolo di ambasciatrice decisamente impegnativo, al quale la Manhenga si è approcciata dopo anni di gavetta. Pur essendo giovane (è nata a Makokoba il 6 gennaio 1981, città dove ancor oggi vive), è sulla scena musicale fin dal 1997, quando aveva 16 anni, e ad Harare, dove si era trasferita con la famiglia, collaborava come cantante con artisti del suo Paese, del calibro di Oliver Mtukudzi, Steve Dyer e Louis Mhlange. Questo live è un buon viatico per approcciarsi al suo universo musicale.

KinshAsA one Two dRC MuSiC

Una pattuglia di artisti occidentali (Kwes, Dan The Automator, Jneiro Jarel, Marc Antoine, Richard Russell…) per una settimana hanno lavorato con una selezionata schiera di artisti della Repubblica Democratica del Congo. Parte dei proventi dalla vendita dell’album verranno devoluti alla Oxfam, confederazione di 14 Ong attive nei Paesi del Terzo mondo.

PeR RIscOPRIRe la musIca etIOPe

Atse Tewodros fu uno dei più amati imperatori della storia d’Etiopia. È anche il nome di un progetto per diffondere la musica etiope fino ad oggi poco conosciuta, sostenere i musicisti che suonano strumenti tradizionali, dare l’opportunità a musicisti italiani di esplorare un contesto musicale nuovo. Per saperne di più: http://produzionidalbasso.com/ pdb_1436.html africa · numero 6 · 2012

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cultura

testo di Raffaele Masto

Cattedrale nel L’impressionante basilica di Yamoussoukro

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uella che vedete nella foto è… San Pietro, a Roma. Sbagliato! Si tratta di Nostra Signora della Pace, a Yamoussoukro, in Costa D’Avorio. Questa basilica fu fatta costruire nel suo villaggio natale dal presidente Félix Houphouët-Boigny, di religione cristiana in un Paese che per metà è musulmano. Notre Dame de la Paix sorge in piena foresta tropicale ed è una copia perfetta, in scala 1:1 di San Pietro. Anzi, la cupola, è alta un metro in più dell’originale. Un dettaglio voluto, in modo da poter dire che si tratta del luogo di culto cristiano più alto e più grande del pianeta.

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Nel cuore della Costa Il Presidente nella vetrata Arrivare a Yamoussoud’Avorio, in piena kro è un’esperienza surreale. In auto si percorre savana, svetta una una strada asfaltata che è maestosa cupola, una specie di tunnel verde copia identica a quella prodotto dai rami degli aldi San Pietro a Roma. beri che si piegano ad arco sulla striscia di asfalto. ImUn monumento alla provvisamente la strada si allarga enormemente, dimegalomania dei venta a quattro corsie per politici africani senso di marcia, il traffico è quasi inesistente e la sensazione è quella di essere arrivati in un grosso villaggio spalmato su un territorio eccessivo. La basilica non può sfuggirvi. In qualunque punto di Yamoussoukro vi mettiate, il “cupolone” si erge sopra sgangherate case in muratura, accenni di baraccopoli, cumuli di spazzatura. Quando ci si arriva si ha una sensazione di tristezza e di paura insieme perché

la basilica è una manifestazione pura di ciò che è il potere in Africa. Félix Houphouët-Boigny non ha badato a spese: nei marmi utilizzati, nei dettagli, nelle luci tutto è identico a San Pietro. In una vetrata che rappresenta Gesù che porta la croce sul Calvario ci si è fatto mettere anche lui, unico nero in una folla di bianchi che aiuta Gesù a portare la croce. Per il resto il tempio è deserto, assediato da una foresta tropicale invadente, quasi aggressiva.

Un leader controverso Notre Dame de la Paix è un monumento al potere. E in Africa il potere o è assoluto o non è. Inoltre non basta possederlo, bisogna ostentarlo, brandirlo minacciosamente, se lo si vuole mantenere. Félix Houphouët-Boigny


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cultura

testo di Marco Trovato foto di Daniele Tamagni

Afrom In Botswana va di moda la musica hard-rock G

iubbotti e pantaloni di pelle nera, cinturoni borchiati, stivali e cappelli da cowboy, sono la loro divisa. Sulle loro t-shirt campeggiano teschi, frasi oscene, storiche copertine di gruppi hard-rock in voga negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso come gli Iron Maiden, i Metallica, gli AC/DC. Sono i metallari del Botswana, ultimi discepoli di un genere musicale nato negli Usa, approdato in Europa, infine sbarcato - con trent’anni di ritardo - nel cuore dell’Africa australe.

Radio Botswana

Una passione contagiosa, quella per la musica rock, importata dal vicino Sudafrica e in breve dilagata sulle frequenze delle emittenti radiofoniche locali. Il suono delle prime chitarre elettriche cominciò a propagarsi all’inizio degli anni Novanta dalle antenne di Radio Botswana che ogni sabato sera mandava in onda una trasmissione dedicata ai ritmi indiavolati dell’heavy metal. Nel 1993 spuntò la prima band locale: i Metal Orizon. «Quella musica straniera, così diversa dalle sonorità della nostra tradizione, ci aveva stregato», ricorda il batterista Slaezah Selaelo, oggi quarantaquattrenne.

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me tal A Gaborone proliferano le band musicali che si ispirano alle sonorità forsennate degli Iron Maiden e Metallica. Un fenomeno inedito per l’Africa che ha plasmato il look dei giovani

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cultura

a cura di Matteo Merletto

Un continente Gli scatti vincenti del nostro concorso fotografico

In gara trecento fotografie scattate da viaggiatori che hanno saputo catturare con un clic l’effervescente energia di un continente che non si ferma mai

S

ono oltre 300 le fotografie che hanno partecipato alla seconda edizione del nostro concorso fotografico estivo. Dopo il successo dello scorso anno, in tanti hanno risposto al nostro invito di illustrare il “continente in movimento”. Il risultato è un racconto che intreccia colori, volti, sguardi. Sono istantanee che parlano di incontri con un’Africa legata alla tradizione ma anche protesa verso il cambiamento. I concorrenti/fotografi hanno voluto porre l’accento sulla bellezza delle popolazioni incontrate e degli animali che popolano l’Africa e i lati oscuri del continente. Le immagini giunte in redazione, e poi condivise sul web, ci danno un’idea della complessità del mondo africano. Popolazioni distanti e diverse per cultura e tradizioni che si trovano a fare i conti con le radici di un passato a volte pesante da sopportare e tuttavia tese a cogliere il nuovo che sorge. Questo 56

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era il “movimento” che abbiamo chiesto di raccontarci con una macchina fotografica in mano… E siamo lieti del risultato ottenuto: un ottimo melange che porta in primo piano un’Africa al plurale. In queste pagine pubblichiamo gli scatti che si aggiudicano i quattro premi del Concorso. I vincitori ricevono, oltre al nostro plauso, un abbonamento

Giromondo

annuale alla rivista e il libro Buongiorno Africa di Raffaele Masto. Ringraziamo tutti i partecipanti che hanno saputo cogliere la sfida di raccontare il movimento del continente. Vi invitiamo ad ammirare gli scatti pubblicati sulla nostra pagina Facebook (Africa.rivista) e diamo a tutti appuntamento alla prossima edizione del Concorso fotografico. •

Premio del Pubblico a Bianca Maria Gigli (Zanzibar, Tanzania, dicembre 2010). Questo scatto ha raccolto 202 “mi piace” sulla pagina Facebook di Africa. Vince la partecipazione gratuita al nuovo Workshop Dialoghi sull’Africa organizzato dalla nostra rivista, che si terrà l’1-2 dicembre


in movimento 1 Premio “Modernità” ad Alessandro Salsi (SudKivu, RDCongo, luglio 2011)

menzioni speciali a Ludovico De Maistre (Mali) b Giorgio Beccari (Burkina Faso) c Bianca Gigli (Tanzania) d Rosita Pavan (Kenya) e Daniela Canossi (Malawi) f Karibu Africa Onlus (Kenya) g Daniela Canossi (Malawi)

2 Premio “Tradizione” a Manuela Calistri (Lago Bunijoni, Uganda, gennaio 2012) 3 Premio “Natura” a Vittorio Ricci (Tanzania, giugno 2008)

1 Penalty 2 Danzando coi Pigmei a

b

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d

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3 Round trip

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italia

testo di Anna Pozzi foto di Bruno Zanzottera/Parallelozero

Benvenuti al Sud In Calabria un paese torna a vivere grazie ai profughi

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Centinaia di rifugiati provenienti dall’Africa hanno ripopolato Riace e rianimato l’economia locale. Dal Mezzogiorno un esempio prezioso di accoglienza, buona politica e integrazione riuscita. Ma oggi questa bella storia rischia di avere un finale amaro

E

ra cominciato con un dramma e rischia di tornare a esserlo. In mezzo, un’esperienza di solidarietà, accoglienza e integrazione, che ha suscitato interesse e ammirazione anche a livello internazionale. È venuto persino Wim Wenders a Riace, il grande regista tedesco, per girare il suo cortometraggio Il volo, che si ispira alla storia vera di qui: quella di un piccolo paese, sempre più disabitato e abbandonato, che torna a rivivere, dando accoglienza a un gruppo di profughi. Insieme, chi resta e chi arriva, provano a dare un futuro a se stessi e all’antico borgo. Ci sono riusciti, il sindaco Domenico Lucano, la sua associazione “Città Futura”, volontari, collaboratori, cittadini e immigrati. Insieme hanno dato vita a un progetto per tanti versi unico. Che ora, per mancanza di fondi, rischia di fallire. Per questo il sindaco, lo scorso luglio, è arrivato addirittura a fare lo sciopero della fame. Nonostante tutti gli sforzi fatti, Lucano si è ritrovato incalzato dagli immigrati presenti in paese, che non

ricevono alcun sussidio da oltre un anno; minacciato dai commercianti, che non intendono più fare credito; inascoltato dalla Protezione civile calabrese e dalle Istituzioni governative, che dovrebbero gestire l’emergenza-profughi.

Campioni di ospitalità Eppure quella di Riace è stata e resta un’esperienza-modello, alquanto interessante e per molti versi visionaria. L’idea di fondo nasce da uno dei tanti drammatici sbarchi che, di crisi in crisi, portano migliaia di disperati sulle coste del sud Italia. «Il primo luglio del 1998 - ci racconta il sindaco - circa 300 curdi hanno fatto naufragio lungo la costa di Riace. Portavano con sé storie di guerra. Hanno cambiato la nostra storia». È stato tra i primi ad accogliere quelle persone, che la Croce Rossa portò alla Casa del pellegrino, e tra i primi a occuparsi di loro, per i bisogni di base: cibo, acqua, abiti, coperte… Era la prima volta. C’era tutto da fare, tutto da imparare. Da quest’esperienza, è nata, nel 1999, l’associazione “Città Futura”, un africa · numero 6 · 2012

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sport

testo di Luca Spampinato

Moto-Polo, l’ultima stravaganza dall’Africa

Un curioso sport ideato da due giovani americani Anche in Ruanda si gioca a polo, ma al posto dei cavalli si usano delle moto. E la palla da colpire è fatta con foglie di banano. Un’invenzione di due amici statunitensi che appassiona i tassisti di Kigali...

Giù i birilli I giovani di Kigali stanno scoprendo i tradizionali svaghi e passatempi a stelle e strisce. Dopo il McDonald’s, approdato da poco in città, la catena di Starbucks ha in previsione di aprire una caffetteria. E da pochi mesi ha aperto i battenti il Mamba Club (Kimihurura, tel. 788513438, mambaclub@hotmail. com), il primo bowling della capitale ruandese: sei piste per fare strike al costo di 3 euro a partita. 62

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B

elgi e francesi, in epoca coloniale, avevano esportato all’Equatore i loro sport preferiti. Gli appassionati di ciclismo pedalavano sulle poche strade asfaltate, torme di giovani rincorrevano palloni sui campi da calcio spelacchiati. Nei club più esclusivi c’era chi giocava a scacchi e a bridge. E nelle piazze cittadine ogni sera si rinnovano, le avvincenti sfide di pétanque, le bocce provenzali.

Il rombo del polo I tempi sono cambiati: oggi il Ruanda è passato sotto la sfera d’influenza americana. A Kigali si parla inglese. Nei parchetti sono comparsi i playground per

praticare il basket. E l’ultima moda in fatto di sport si chiama “moto-polo”, una disciplina inventata da due giovani statunitensi, Sam Dargan e Matt Smith, che da qualche anno si sono trasferiti per lavoro nel Paese delle mille colline. «Cercavamo semplicemente il modo di divertirci nel tempo libero», spiegano i ragazzi che si guadagnano da vivere - rispettivamente - in una piantagione di caffè e in un’azienda di pannelli solari. Scartata l’ipotesi di importare il rugby e il baseball - impossibili da praticare per carenza di giocatori - la loro scelta è ricaduta su uno sport antico e nobile di cui sono entrambi appassiona-

ti: il polo, opportunamente adattato alle condizioni locali. «Poiché in questa regione non ci sono molti cavalli - chiariscono i due amici - abbiamo pensato di sostituire gli animali con le motociclette». Il polo, va ricordato, è uno sport (nato in Mongolia, approdato in India e Turchia e diffuso in tutto il mondo dagli inglesi) che vede affrontarsi due squadre di quattro giocatori, in sella a cavalli e muniti di mazze di bambù. L’obiettivo è fare gol; la porta è rappresentata dalla linea tra due pali. La versione ruandese del polo ha un paio di importanti peculiarità. In primo luogo, come già


viaggi

di Alberto Caspani

Il richiamo

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La Riserva di Lopé, al centro della selva gabonese, conserva territori incontaminati, popolati solo dai Pigmei e dagli animali selvatici. Nelle sue sperdute radure custodisce un sito archeologico avvolto nel mistero

Spedizione nel cuore selvaggio del Gabon

della foresta L’

ordine è perentorio. Non una parola, e tutti accucciati. All’ombra del monte

Più del 12% del territorio del Gabon è zona di interesse naturale mondiale. Il primo europeo a perlustrare queste foreste fu nel 1875 l’italiano (naturalizzato francese) Pietro Paolo Savorgnan di Brazzà

Brazza, d’improvviso il Gabon si rivela di una solitudine immensa. Lontani sono i tambureggiamenti e le torce infuocate della Fête des Cultures, la grande festa folcloristica che ogni agosto raduna a Libreville le principali etnie del Paese. Nel cuore della Riserva di Lopé, nel bel mezzo della foresta gabonese, non si vedono più i palazzi avanguardisti-

ci della capitale, figli di quel petrolio che da oltre cinquant’anni sparisce dritto nelle tasche della nomenklatura presidenziale. Qui regna incontrastata la natura selvaggia. E i pericoli si scoprono ad ogni passo.

Elefanti e mandrilli

Mentre ci muoviamo a piedi con i ranger locali da una macchia di mogani all’altra, attraversando

un’ampia radura d’erba rinsecchita, finiamo a pochi passi da un branco di elefanti che potrebbero imbizzarrirsi da un momento all’altro. «Silenzio, se ci caricano è la fine», bisbiglia la nostra guida. «Proseguiamo accovacciati. E speriamo di non trovarci faccia a faccia con un mandrillo o un gorilla». Quella di Lopé è una delle rare riserve africane che africa · numero 6 · 2012

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a Colpo d’oCChIo Forma di governo __________Repubblica presidenziale Presidente ___________________Ali Bongo Ondimba Superficie _______________________ 267.000 kmq (metà della Spagna) Foreste __________________________22.000 kmq Capitale____________________________ Libreville Popolazione __________________ 1.310.000 abitanti Densità ________________________ 5 abitanti/kmq Aspettativa di vita______________________ 55 anni Lingua ufficiale ______________________ francese Cristiani_______________________________ 68% Animisti ______________________________ 25% Musulmani _____________________________ 7% Tasso di analfabetismo ____________________ 41% Utenti internet ____________________________ 58 ogni 1.000 abitanti Pil pro capite _____________________ 6.527 dollari

Il vIaGGIo

Tagliato a metà dall’Equatore, il Gabon ha un clima caldo, umido e piovoso. Il periodo migliore per il viaggio va da maggio a settembre e da novembre a dicembre. Per entrare nel Paese occorre un visto turistico, da richiedere all’Ambasciata del Gabon a Roma (via San Martino 36, tel. 06 85358970). I collegamenti aerei sono garantiti da Lufthansa, Air France, Royal Air Maroc (prezzi a partire da 750 euro). Se intendete visitare la Riserva di Lopé, in valigia non dovete dimenticare: torcia, mantellina impermeabile, zanzariera, scarpe leggere da trekking, creme repellenti contro gli insetti, camicie a maniche lunghe. Per maggiori informazioni: www.legabon.org

geometriche, altri, motivi animali. Si alternano insetti giganti e lucertole contorte, quasi a evocare le figure totemiche di antichi riti, ma neppure i Pigmei sanno più di che si tratta. Pare siano simbologie appartenute a tribù ancora più remote, cacciatori nomadi sulla via che dall’Africa occidentale portava alle vaste savane dei ter-

ritori australi. Probabilmente mappe magiche per propiziarsi un cammino sicuro». Probabilmente. I pochi studi effettuati dal 1987 ad oggi non hanno offerto spiegazioni convincenti. Qualcosa non torna. «A loro modo sono molto precise», assicura la guida. «Segnalano rilievi e avvallamenti riconoscibili ancora oggi. Ci si potrebbe

orientare senza difficoltà. Vedete questi cerchi? Se contate i livelli concentrici potete ottenere addirittura l’altezza delle vette». Lo guardiamo perplesso: la prospettiva aerea non può essere frutto di menti primitive. «L’uomo non volava, allora», gli facciamo notare. Lui non batte ciglio: «Forse ha solo smarrito le ali». • africa · numero 6 · 2012

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chiesa

testo e foto di Marco Trovato

RepoRtage dalle speRdute isole di são

un vescovo Monsignor Manuel dos Santos vive su un arcipelago solitario in mezzo all’Atlantico, dove guida una delle più piccole e antiche diocesi d’Africa. Una comunità di fedeli ferventi e imprevedibili

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tomé e pRíncipe

nell’oceano A

l porto di São Tomé è arrivato un carico di palloncini a forma di animali. Chiunque l’abbia ordinato ha un ottimo fiuto per gli affari. In un paio di giorni l’isola si è riempita di giraffe rosa, leoni maculati, delfini fucsia e zebre a pois. Per le strade svolazzano centinaia di bestie multicolori, attaccate con fili invisibili a bambini e adulti dall’aria raggiante. L’entusiasmo degli isolani

per l’ultima novità giunta dalla Cina è incontenibile. Nella chiesa di Nossa Senhora da Conceição i gonfiabili fluttuano leggeri sopra le teste dei parrocchiani assiepati per la messa solenne.

Un mondo a parte

Sull’altare, il vescovo Manuel António Mendes dos Santos, 51 anni, sacerdote portoghese dallo sguardo bonario, non fa una piega e prosegue

la liturgia con apparente noncuranza. Solo più tardi non riuscirà a celare il suo disappunto. «Roba da pazzi», sbotta mentre rincasa all’ora di cena. «I fedeli mescolano sacro e profano… Confondono la chiesa con il teatro, la religione con lo spettacolo… Mi chiedo che razza di cattolici stiamo allevando». Da cinque anni monsignor Dos Santos guida la Chiesa di São Tomé e

Príncipe, tra le più piccole e antiche diocesi d’Africa, una comunità di 150mila credenti (il 75% della popolazione totale) sparsa su due isole vulcaniche che affiorano, nelle acque dell’Atlantico a 300 chilometri dalla costa del Gabon. Il minuscolo arcipelago (solo 1.000 chilometri quadrati: un terzo della Valle d’Aosta) fu scoperto per caso dai portoghesi nel 1470 sulla linea dell’Equatore.

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chiesa

Scorci paesaggistici di São Tomé e Príncipe. Al centro, donne che fanno il bucato nel fiume e stendono i panni sui massi ad asciugare. Le due isole costituiscono un micro-Stato che galleggia all’Equatore sulle acque dell’Atlantico

I primi marinai che vi sbarcarono trovarono spiagge e foreste completamente disabitate. All’interno i vulcani inattivi erano avvolti da una fitta vegetazione popolata solo da scimmie, serpenti e uccelli variopinti. Un paradiso incontaminato e ricco di risorse che attirò nuovi conquistadores. Il clima caldo e piovoso alimentava le zanzare malariche, ma al tempo stesso offriva la possibilità di avviare con successo l’agricoltura. I terreni fertili furono destinati alle colture della canna da zucchero, del caffè e del pepe. 70

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Le ombre della storia Nel 1822 venne introdotto anche il cacao, di cui São Tomé divenne ben presto il primo produttore al mondo (Africa 2/2012). I portoghesi organizzarono l’attività agricola in decine di fattorie chiamate roças. Ventimila braccianti ridotti in schiavitù - strappati con la forza dai loro villaggi in Angola, Mozambico e Capo Verde - mandavano avanti le piantagioni assicurando ai loro padroni fortune immense. Per cinque secoli i governatori di Lisbona sfruttarono le ricchezze della terra e il lavoro degli schiavi. Le due sperdute isole africane, approdi strategici sulla rotta per l’America, furono trasformate in centri di raccolta e di smistamento per la tratta dei neri. I primi missionari giunti nel Cinquecento benedicevano con la Bibbia in mano le navi negriere destinate alla traversata atlantica, indifferenti al fatto


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chiesa in africa Burundi

Donne e sviluppo

«E

siste una correlazione chiara tra livello di alfabetizzazione e povertà: un Paese con un alto tasso di scolarizzazione sarà un Paese sviluppato; viceversa un Paese in cui la maggior parte della gente non sa leggere e scrivere sarà impantanato nella miseria». È quanto sostiene il direttore del Servizio dei Gesuiti per i rifugiati (Jrs), padre Tony Calleja, riferendosi in particolare al Burundi dove il Jrs ha promosso una serie di progetti educativi rivolti particolarmente alle donne che, pur essendo i pilastri della società e dell’economia del Paese, subiscono ancora pesanti discriminazioni nell’accesso al sistema educativo. «Il Burundi non può prescindere dall’istruzione come fattore chiave del proprio sviluppo - sostiene padre Calleja - e nel fare questo deve assolutamente puntare sull’aumento del numero di donne nelle scuole. Rinforzare le donne avrà un impatto positivo sulle famiglie, sugli uomini e sulla società intera».

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a cura di Anna Pozzi

CIAD • ESPULSO PER

M

issionario in Ciad da 36 anni, vescovo di Doba da 23, mons. Michele Russo, comboniano di 67 anni, conosce più che bene le realtà in cui vive e la gente con cui condivide il cammino. Coraggioso e prudente al tempo stesso, mons. Russo aveva fatto sentire più volte la sua voce a difesa della popolazione e contro gli abusi del potere. In particolare, era stato tra i pochi a denunciare il cattivo utilizzo dei proventi del petrolio, di cui la gente del posto non beneficia adeguatamente. L’ultima volta, però, il governo non gliel’ha lasciata passare. E, attraverso l’Alto consiglio per la comunicazione, ha deciso di espellere il vescovo a metà ottobre, con l’accusa di aver sobillato la popolazione contro il governo. All’origine, un’omelia pronunciata il 30 settembre e ritrasmessa da una radio locale, probabilmente mal tradotta. Si tratta di una decisione drastica che, secondo una nota della Conferenza episcopale del Ciad, «non ha precedenti nel Paese». E, di fronte allo stupore e alle proteste della gente, i vescovi hanno invitato tutti i cristiani, e in particolare quelli della diocesi di Doba, «ad affrontare questa prova nella fede e nella calma». Padre Enrique Sánchez González, Superiore generale dei Missionari Comboniani ha espresso, insieme al suo Consiglio e a nome di tutto l’Istituto, «solidarietà a monsignor

Kenya • Non uccidere “Un appello per la pace e l’armonia”. È il documento firmato dal cardinale John Njue, arcivescovo di Nairobi, a nome della Conferenza episcopale del Kenya. L’appello è stato lanciato all’indomani del ritrovamento di una fossa comune nel Distretto del fiume Tana con più di cento corpi di persone uccise durante gli scontri tra gli agricoltori pokomo e gli allevatori orma. La Conferenza episcopale ha duramente condannato le violenze e ha chiesto alle autorità di promuovere progetti di riconciliazione e di sviluppo per prevenirle: «Invitiamo le comunità della regione e di tutto il Paese a scegliere la pace e a vivere in armonia. Come keniani, ognuno deve astenersi da qualsiasi atto di violenza contro i propri fratelli e sorelle». Il governo nel frattempo ha inviato ingenti forze di polizia nella zona e costituto una commissione d’inchiesta.


UNA DENUNCIA CORAGGIOSA

Michele Russo e alla popolazione della diocesi di Doba, augurandosi che si creino i necessari spazi di dialogo con le autorità del Paese al fine di evitare che l’espulsione di monsignor Russo dal Ciad privi la Chiesa di Doba del suo pastore». «Mons. Russo - scrive in una lettera di protesta l’Unione dei leader cristiani del Paese - ha trascorso 36 anni della sua vita a servizio esclusivo del Ciad e dei suoi figli, senza interessi personali, esclusivamente alla sequela di Cristo». E aggiunge: «La

Uganda • “Scarcerate gli oppositori”

I

n occasione del cinquantenario dell’indipendenza, l’arcivescovo di Kampala, Cyprian Kizito Lwanga, ha chiesto al governo la liberazione di tutti i prigionieri politici. Questo gesto di clemenza favorirebbe il processo di riconciliazione, giustizia e pace che l’Uganda sta faticosamente compiendo: «Abusi di potere, violazioni dei diritti umani, corruzione, un sistema educativo inadeguato, commistione tra religione e politica...»; sono i mali di cui, secondo l’arcivescovo, soffre ancora il Paese. Per non parlare dell’ampliarsi del fenomeno dell’accaparramento di terre, spesso ai danni dei più poveri, nonostante la riforma agraria. «Viviamo in un Paese pieno di contraddizioni - ha detto mons. Lwanga - ma il nostro destino è ancora nelle nostre mani: l’unica cosa che chiediamo è lo spazio per respirare e prosperare».

testimonianza fatta dal vescovo sulla condivisione ingiusta delle ricchezze del nostro Paese - in particolare per quanto riguarda la redistribuzione iniqua dei proventi del petrolio nella regione produttrice di Doba dove la gente vive in uno stato di indigenza - è una constatazione che viene fatta a livello nazionale da tutta la popolazione e recentemente anche dai sindacati riuniti. Mons Russo, in quanto pastore, non ha il diritto di gridare che il suo popolo sta male, che soffre, mentre ci sarebbe da mangiare per tutti?». Mons Russo è rientrato a metà ottobre in Italia. «Pur provato dagli avvenimenti - sottolineano i confratelli - continua a sperare che il governo del Ciad ritorni sulle sue decisioni, permettendogli di riprendere il suo servizio apostolico al popolo di Dio affidatogli dal Santo Padre».

Guinea Bissau •

Radio online

N

on solo on air. Ora Radio Sol Mansi è anche online. Un grande passo avanti per l’emittente cattolica della Guinea Bissau, che si conferma oggi non solo come la principale stazione radiofonica del Paese, ma sempre di più come un ponte tra la Guinea Bissau e la sua diaspora che vive all’estero. «Abbiamo rinnovato il sito - dice padre Davide Sciocco, missionario del Pime e fondatore della radio -; oggi è più ricco di informazioni sulla vita del Paese e propone notiziari e programmi sia in diretta che scaricabili. Un modo per rendere più vicino al Paese chi ha lasciato la Guinea Bissau per motivi di studio e lavoro: non è un caso che la maggior parte dei contatti arrivi da Portogallo, Brasile, Russia e da altri Paesi che ospitano significative comunità della Guinea Bissau».

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togu na - la casa della parola

a cura della redazione

lettere società

testo di Luca Spampinato

parola di stregone C’è da fidarsi di un sangoma bianco? Le capacità di un sangoma non dipendono dal colore della pelle né dalla tribù di appartenenza. Ognuno può imparare a comunicare con gli spiriti. Come si fa a diventare uno sciamano? Non si può decidere di diventare sangoma: non dipende dalla propria volontà. I sangoma hanno risposto a una chiamata. Gli spiriti ci parlano attraverso i sogni e le prove della vita che dobbiamo affrontare.

Potere alle donne attualità

Sciamani

pallidi

testo di Michela Offredi

Lady Coraggio

Joyce Banda, Presidentessa saggia e temeraria del Malawi

È salita al potere da pochi mesi, ma ha già realizzato riforme epocali e preso decisioni politiche audaci che hanno spiazzato molti colleghi maschi

Una vita tutta in salita

N

La “donna dei poveri”, come viene chiamata per la sua attenzione alle classi meno abbienti, è nata 62 anni fa in un villaggio del Malawi meridionale. Prima di cinque figli, ha studiato a Cambridge, quindi in Italia e infine si è trasferita a Nairobi, dove ha sposato un uomo dal quale ha avuto tre figli. Dopo dieci anni di matrimonio, ha trovato il coraggio di denunciare gli abusi subiti dal marito e lo ha lasciato per trasferirsi a Lilongwe. Qui, grazie all’appoggio del nuovo marito (un giudice dell’Alta Corte Penale), ha fondato la National Business Women Association per offrire un sostegno all’imprenditorialità femminile. Nel 2004 è entrata in parlamento e, dopo aver guidato il dicastero delle Pari opportunità, è stata nominata ministro degli Esteri. Nel 2009 è stata eletta vice del presidente Bingu wa Mutharika, ma il rapporto fra i due si è incrinato fino alla rottura: nel 2010 Joyce Banda è stata cacciata dal partito al potere. Difficile prevedere che sarebbe finita così.

on ha voluto Omar el-Bashir. Senza giri di parole la neopresidente del Malawi si è rifiutata di accogliere - in occasione del vertice dell’Unione Africana programmato lo scorso luglio a Lilongwe - il leader del Sudan ricercato per crimini di guerra e genocidio. Ma non è l’unica decisione clamorosa che ha portato alla ribalta internazionale questa donna ricca di fascino e carisma, monumento vivente di una politica audace e concreta. A tre mesi dalla sua nomina, Joyce Banda ha riallacciato il dialogo con l’Occidente, smantellato il regime precedente, impostato un piano per uscire dalla difficile situazione economico-sociale. E, per risanare le finanze statali, ha liquidato il jet presidenziale e 22

le Limousine tanto care al suo predecessore.

Prova di forza «Questo incarico sarà un fardello pesante - disse dopo la sua nomina a Capo di Stato -. Lo porterò per tutte le donne del Malawi. Se fallirò, falliranno con me, se invece avrò successo dovranno stringersi a me». Un monito per coloro che, appena deceduto il presidente Bingu wa Mutharika, avevano pensato di eliminarla dalla partita. Al suo posto - alla faccia della Costituzione - avrebbero preferito il ministro degli Esteri, Peter Mutharika, fratello del Presidente e fido alleato della nomenklatura locale. Il ruolo di delfina Joyce Banda lo perse nel 2010, quando iniziò ad accusare Mutharika di autoritarismo

Chi ritiene di avere questa vocazione cosa deve fare? Deve anzitutto trovare un insegnante di fiducia. Come tutto il nostro percorso di vita, è importante essere affiancati dalle persone giuste. Fidatevi del vostro istinto e dei vostri sogni. John Lockley (african-shaman.com).

In Sudafrica si moltiplicano gli stregoni bianchi

Dottori dello spirito

Un tempo i guaritori tradizionali sudafricani avevano tutti la pelle scura. Oggi la dilagante passione per gli spiriti ancestrali e le cerimonie di divinazione ha frantumato l’ultimo tabù post-apartheid 26

«H

o perso il lavoro. Mia moglie mi tradisce. Non ho più un soldo in tasca. Soffro di una malattia incurabile. Sono insoddisfatto delle mie performance sessuali… La gente viene da me con le richieste e i problemi più vari. Ma io non faccio miracoli: posso solo aiutare a ritrovare la propria strada perduta».

John Lockley, sudafricano bianco, è un autentico guaritore tradizionale. Fa parte di una categoria - quella dei sangoma - che in Sudafrica gode di grande prestigio e popolarità. La popolazione locale si affida, per curarsi,

A sinistra il sudafricano Luke Van Vuuren, 50 anni, durante una cerimonia tradizionale nel villaggio di Gogogo. In alto, un altro celebre sangoma bianco: John Lockley

a questi dottori - erboristi chiaroveggenti dai poteri eccezionali. Mister Lockley riceve i suoi pazienti nella provincia del Capo Orientale, dove ha conseguito l’attestato che certifica le sue capacità sciamaniche. «Dopo sette anni di apprendistato sono stato iniziato alla medicina tradizionale da una vecchia guaritrice xhosa (l’etnia a

cui appartengono Nelson Mandela e Desmond Tutu, ndr)», racconta raggiante. Oggi passa le sue giornate a visitare “gente bisognosa” proveniente da ogni parte del mondo. Nel suo sito internet (www.african-shaman.com) elenca i disturbi dell’anima che può curare (depressione, insonnia, nevrosi, ansia…) e ricorda le sfere d’intervento in cui è specializzato (crescita spirituale, interpretazione dei sogni, blocchi emotivi, superamento di vecchi traumi…).

Consulenze sciamaniche La differenza sostanziale tra uno psicologo o psichiatra occidentale e John

Lockley è che quest’ultimo non propone ai suoi pazienti farmaci chimici o sedute di psicoterapia. Li sottopone a una cerimonia di “benedizione” che - chiarisce lui stesso - «mi permette di entrare in comunicazione con lo spirito del cliente e le sue guide spirituali ancestrali». Per cominciare, lo stregone dal viso pallido e i lunghi capelli biondi effettua un rito divinatorio per identificare i problemi più profondi del paziente. In una ciotola tradizionale getta pezzi di ossa, conchiglie e altri oggetti sacri; poi interpreta i segni simbolici che solo un vero sangoma può vedere. I clienti ven-

africa · numero 5 · 2012

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Un Paese da salvare

Ex protettorato inglese fino al 1964 col nome di Nyasaland, il Malawi avrebbe le risorse (terre fertili, attrazioni turistiche, infrastrutture) per far decollare l’economia. Invece decenni di malgoverno hanno fatto precipitare l’aspettativa di vita dei 13 milioni di abitanti a 45 anni. Il 65% della popolazione vive sotto la soglia di povertà, un bambino su due soffre di malnutrizione, un adulto su 15 è malato di Aids, scuole e ospedali cadono a pezzi. Le finanze dello Stato finora sono state salvate solo da ingenti aiuti europei e americani. Riuscirà la presidente Joyce Banda a risolvere i problemi creati dai suoi predecessori maschi?

ed errori economici. Si trovò allora fuori dal partito. Ma rimase al suo posto come vicepresidente in carica. E lì ha resistito, contro tutti, anche lo scorso aprile, mentre qualcuno temeva il colpo di Stato e le pressioni occidentali intercedevano per lei. A 62 anni è divenuta la prima Presidente di un Paese dell’Africa australe (seconda nel continente solo a Ellen Johnson Sirleaf, al potere in Liberia, premio Nobel per la Pace

2011). Il coraggio non le manca. Nemmeno in diplomazia. A chiare lettere ha fatto sapere che, se Omar el-Bashir si fosse presentato in Malawi per il summit africano, lo avrebbe fatto arrestare appena giunto nel Paese. Risultato? Il vertice è stato trasferito in Etiopia.

Fatti, non parole Ma Joyce Banda ha lanciato segnali anche sul fronte interno. In pochi mesi ha rimosso le figure più

rappresentative del potere precedente: il ministro dell’Informazione Patricia Kaliati e il capo della polizia Peter Mukhito, in primis. Ha annunciato la depenalizzazione dell’omosessualità (graziando due uomini gay incarcerati dal suo predecessore), ha rivisto le leggi varate negli ultimi anni e considerate liberticide come quella che dava poteri repressivi alla polizia. Sul piano economico e diplomatico ha ripreso il dialogo con la Gran Bretagna (che aveva tagliato tutti i ponti con Mutharika definendolo «corrotto» e inattendibile), ha accolto la richiesta del Fondo Monetario Internazionale di svalutare la moneta nazionale, af-

fermando la necessità di uscire dalla logica degli aiuti internazionali: «Per il Malawi è giunto il momento di puntare alla crescita economica - ha spiegato -. Punteremo sull’agricoltura e il commercio, ma svilupperemo anche il settore turistico e quello estrattivo». Intanto ha messo in vendita il jet presidenziale, ha ridimensionato il parco auto del governo e promesso nuovi tagli per ridurre la spesa pubblica. «Il risparmio - ha chiarito la neoPresidente - permetterà di fornire servizi di base alle popolazioni più povere». Qualcuno parla, lei agisce. E dimostra agli altri Capi di Stato, africani e no, che una politica diversa è possibile. •

africa · numero 5 · 2012

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A pagina 22 dell’ultimo numero celebrate la presidentessa del Malawi Joyce Banda (Lady Coraggio), nella pagine seguenti criticate aspramente il presidente dell’Eritrea Isayas Afeworki (Il tiranno di Asmara). Una volta di più avete rafforzato la mia convinzione: solo le donne potranno salvare l’Africa. Alessandra Messina, Acireale (CT)

Sciamani da strapazzo Non so se ridere o arrabbiarmi di fronte all’articolo Sciamani pallidi (Africa 5/2012) dedicato ai sudafricani bianchi che “scimmiottano” gli stregoni locali. Possibile che dob-

biamo sempre banalizzare e volgarizzare la cultura ancestrale dei popoli africani? Antonio Campanini Magenta (MI)

Note positive società

testo e foto di Marco Trovato

Beethoven e Mozart dall’alba al tramonto. A Kampala

Nella capitale dell’Uganda la vita scorre sul pentagramma. Tra lezioni di musica, orchestre sinfoniche, liutai autodidatti e fanfare composte da ragazzi di strada

A

Lezione di piano di James Ssenanda, 25 anni, alla Kampala Music School e a destra Jero William, trombettista, 29 anni, suona tra le baracche dello slum di Katanga

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africa · numero 5 · 2012

Kampala capita di essere svegliati dai rumori più strani. Un giorno è il trambusto di una discoteca itinerante gremita da giovani rappettari. Un altro è il verso sgradevole di un marabù, uno di quegli uccelli-spazzini che affollano la metropoli nutrendosi di rifiuti. Un altro ancora è la voce sguaiata di un predicatore cristiano in estasi mistica che tenta di sovrastare il richiamo dei muezzin. Anche quando in città sembra regnare

un’insolita tranquillità, c’è sempre qualcosa di fastidioso e inatteso - il ronzio di un generatore diesel, le martellate di un cantiere, le urla di un venditore di strada - che spezza la quiete del mattino.

Una tromba stregata Nello slum di Katanga è tutta un’altra musica. Qui ogni nuova giornata viene annunciata dalle melodie languide e struggenti di Miles Davis. Allo spuntare del sole le note del celebre

jazzista serpeggiano irrefrenabili tra i vicoli sudici e penetrano nelle catapecchie di fango e lamiere abitate da migliaia di persone. A dare la sveglia alla gente della baraccopoli ci pensa Jero William, trombettista di 29 anni, talento musicale del quartiere, che vive con la sua famiglia in una casupola ingombra di materassi, scodelle e… strumenti a fiato. «La musica è la mia vita», spiega Jero sfoderando la sua inseparabile tromba. «Quando

l’ho presa in mano la prima volta non sapevo neppure come si suonasse. All’epoca vivevo sulla strada, la mia unica preoccupazione quotidiana era trovare qualcosa da mangiare e un riparo per la notte. Un giorno - avevo appena dieci anni - capitai per caso in un centro giovanile dove stava suonando un gruppo di scout. Mi fermai ad ascoltarli per ore. Alla fine delle prove, soffiai per curiosità in una tromba e ne rimasi stregato».

La città della musica africa · numero 5 · 2012

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Ho vent’anni e due grandi passioni: l’Africa e la musica (studio al Conservatorio). Il reportage La città della musica pubblicato a settembre mi ha riempito di gioia. Vi scrivo per informarvi che mi sono già messa in contatto con la Super Star Brass Band che aiuta i giovani in difficoltà di Kampala. La prossima estate volerò in

Uganda per portare qualche strumento musicale e sostenere questa grandiosa esperienza di musica e solidarietà! Eleonora Giuffrè Milano

Grazie Adriano È morto a Milano all’età di 87 anni Adriano Zanini, un grande amico dell’Africa e dei missionari. Da giovane partecipò a svariate esperienze di volontariato e solidarietà nel continente africano. Nel 1978 fondò l’associazione Africa Oggi con l’obiettivo di organizzare dei campi estivi di lavoro nel sud del mondo. L’associazione esiste ancora (www.africaoggi.it) e in quasi trentacinque anni di attività ha permesso a migliaia di giovani italiani di scoprire la vera Africa. E di accendere una passione che Adriano sapeva diffondere e alimentare con incontenibile entusiasmo. Grazie. Marco Trovato, Africa

il film Andate a vedere su Youtube il trailer di Searching for Sugar Man, nuova deliziosa pellicola del regista svedese Malik Bendjelloul. Il documentario narra l’incredibile storia di Sixto Diaz Rodriguez, in arte Sugar Man, musicista culto per i sudafricani. Negli anni Settanta una sua canzone Cold fact - infiammò la lotta antiapartheid e divenne (all’insaputa dello stesso autore) l’inno dei giovani neri di Soweto. Solo grazie a internet la figlia ha scoperto che suo padre in Sudafrica è una star. Una storia degna di un film: da non perdere. Claudio Agostoni

sOndaggiO Pareri raCCOLti suLLa Pagina FaCebOOk di aFriCa L’Occidente dovrebbe vincolare gli aiuti ai paesi africani alle seguenti condizioni: 6% Che facciano periodiche elezioni 2% Che abbiano una crescita economica di un certo livello 4% Che dimostrino investimenti in settori produttivi 88% Che aumentino l’accesso a istruzione, acqua potabile, sanità… Cosa pensate della “cooperazione”? 2% È una branchia della politica estera di una nazione 17% Deve restare un’espressione di solidarietà della società civile 4% È inutile: gli aiuti allo sviluppo non servono a nulla 77% Andrebbe riformata. Ci sono troppe ONG, poche risorse e aiuti poco efficaci

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africa rivista


n. 6 novembre . dicembre 2012 www.missionaridafrica.org

I nostri aiuti all’Africa

Tutti i progetti realizzati dai Missionari grazie al vostro aiuto In queste pagine vi informiamo sullo stato di avanzamento dei progetti di solidarietà promossi dai Padri Bianchi e sostenuti dalla generosità dei lettori di Africa. Insieme abbiamo realizzato grandi cose. Insieme potremo realizzarne molte altre...

a cura della redazione

RD Congo - Progetto 01-10 Acqua e cibo per i poveri

Algeria Progetto 01/02-11 Un aiuto per la cultura dei giovani

Il progetto, lanciato nel 2004 da padre Italo Iotti, sta ottenendo importanti successi. Grazie alla generosità dei lettori di Africa, sono stati inviati in Congo 52mila euro che hanno aiutato il nostro missionario a costruire una serie di serbatoi d’acqua e una rete di distribuzione per oltre 45mila persone (la popolazione contribuisce alla manutenzione dell’acquedotto). Parallelamente, il progetto sostiene il

Rinnoviamo l’invito a sostenere questo importante progetto finalizzato alla promozione della scolarizzazione femminile e alla realizzazione di una biblioteca per cinquecento studenti nella città di Tizi-Ouzou. Finora sono stati raccolti circa 710 euro in donazioni, ne servirebbero almeno 6500 per avviare i lavori di questa opera di indiscusso valore sociale e culturale, promossa dal missionario spagnolo José Maria Cantal.

Centro nutrizionale di Kisensu, uno dei più disastrati quartieri della capitale Kinshasa in Congo, che ogni anno salva da morte certa centinaia di bambini malnutriti. La prossima sfida è rappresentata dall’acquisto di un nuovo gruppo elettrogeno (quello attuale ha 27 anni di funzionamento e dovrà essere presto sostituito) indispensabile per proseguire le attività. Si prevede una spesa di 21mila euro.

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Mozambico Progetto 09-10 Un rifugio per gli orfani

Da luglio del 2010 fino ad oggi sono stati raccolti circa 60mila euro di offerte, che abbiamo provveduto tempestivamente a inoltrare a suor Delfina Tamega, la missionaria responsabile di un orfanotrofio a Beira (www.santinnocenti.org) che dà alloggio a 150 bambini e ragazzi rimasti senza famiglia. L’istituto è ancora lonta-

no dall’essere autosufficiente dal punto di vista economico. Servono aiuti per far fronte ai salari dei dipendenti e ai costi di gestione del centro che - lo ricordiamo offre una vita dignitosa (vitto, alloggio e istruzione scolastica) ai suoi sfortunati ospiti tra gli ...zero e i diciott’anni.

Kenya - Progetto 03-11 Una scuola per tutti Lanciato nel luglio 2011, questo progetto ha ricevuto aiuti in donazioni per circa 3mila euro, grazie ai quali suor Agata Muthoni ha potuto comperare del cibo (fagioli, mais, zucchero, ecc.) e pagare la retta scolastica a 80 giovani studenti provenienti da famiglie povere. Servirà ancora la generosità dei nostri lettori per portare avanti le attività missionarie di sostegno ai tanti bambini bisognosi di aiuto nella zona di Machakos a 65 chilometri da Nairobi.

Mali - Progetto 15-12 Un aiuto contro la carestia Lanciato sei mesi fa da padre Vittorio Bonfanti, questo progetto si prefigge di portare aiuto alla popolazione di Bamako e dintorni, messa in ginocchio dalla siccità che ha colpito il Mali. Le ultime piogge sono state insufficienti per salvare il raccolto. La carestia ha colpito duramente migliaia di famiglie. In pochi mesi padre Vittorio ha raccolto 20mila euro. Questa somma è stata inviata d’urgenza nel Mali per aiutare le famiglie in difficoltà e permettere l’acquisto di nuove sementi. Questo aiuto tempestivo ha permesso di salvare da morte certa numerose persone, soprattutto ammalati e bambini, e ha ridato speranza a tanti contadini. Il progetto «Siccità in Mali» continuerà anche quest’anno perché, a

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causa della carestia e della situazione politica nel Paese, molte famiglie fortemente indebitate con i commercianti di cereali dovranno vendere gran parte del raccolto per pagare i debiti. Grazie ancora di cuore per quanto avete fatto e per quanto farete.

Sud Sudan Progetto 16-12 Una cucina per la scuola

La scuola Beato Damiano è stata fondata nel 1996 nel distretto di Masindi, in Uganda, per fornire un’istruzione di base a decine di ex bambini soldato del SudSudan. Gestita da un gruppo di suore missionarie, oggi conta 780 studenti (figli di rifugiati sudanesi ma anche ragazzi ugandesi della comunità locale) che frequentano i corsi primari e secondari. Per cucinare i pranzi destinati agli alunni si rende necessario l’acquisto di una stufa. Il costo previsto è di circa 3.350 euro comprensivi dell’acquisto degli utensili per la cucina. Il responsabile del progetto è padre Jean Le Vacher. Da quando è stato lanciato il progetto, lo scorso settembre, sono stati raccolti 500 euro. Confidiamo di raggiungere l’obiettivo grazie alla generosità dei nostri lettori.

COME AIUTARE

Ciascuno può fornire un aiuto economico, anche piccolo, per contribuire alla realizzazione dei progetti di solidarietà promossi dai missionari Padri Bianchi. E’ sufficiente specificare nella propria donazione il numero del progetto preferito. Sia per i versamenti postali che per i bonifici, consigliamo di usare i conti della Onlus Amici dei Padri Bianchi che trovate nel box della pagina accanto.


RD Congo - Progetto 08-10 Un ospedale per le donne

Da gennaio 2010 abbiamo raccolto donazioni per un ammontare di circa 10mila euro, tutti inviati al responsabile del progetto, padre Pino Locati. Con questa somma il missionario ha provveduto a ristrutturare e a riattivare nel villaggio di Aboro, nell’Ituri (R.D.Congo), tre edifici malandati di grande importanza sociale: una maternità, un centro di salute, una casa per le religiose che gestiscono l’inte-

ra struttura sanitaria. A beneficiare degli aiuti sono stati migliaia di pazienti, in gran parte donne congolesi incinte, che hanno potuto ricevere un’adeguata assistenza infermieristica e medica. Ora la maternità e il centro di salute si sostengono autonomamente e offrono un servizio sanitario di fondamentale valore per una regione povera e priva di assistenza statale.

Sostieni i missionari in omaggio ricevi AfricA Fai una donazione di almeno 100 euro entro il 31 dicembre 2012, alla onlus Amici dei Padri Bianchi, specificando nella causale “Sostegno ai missionari”. Riceverai in omaggio per un anno la rivista

Africa Offerte tramite la Onlus: AMICI DEI PADRI BIANCHI CodFisc.: 93036300163 CCP Nr: 9754036

Kenya - Progetto 12-10 Un fuoristrada per la parrocchia

oppure

Lanciato nel settembre 2010, il progetto ha ricevuto donazioni per 7.860,00 euro. Assieme ad altri fondi, questa somma ha permesso di acquistare un fuoristrada utilizzato per il servizio parrocchiale e per il trasporto dei sacerdoti che si recano nei vari punti nevralgici (centri di preghiera, scuole, dispensari) dell’estesa parrocchia di St Mary’s Mukuru, a Nairobi.

BANCA – BCC di Treviglio BG IBAN: IT73 H088 9953 6420 0000 0172 789

Kenya - Progetto 07-10 Un sostegno ai seminaristi Ideato nel settembre 2010 da padre Luigi Morell, il progetto ha ricevuto finora aiuti in denaro per 14.545,00 euro che hanno contribuito alle spese di studio della comunità di Nairobi, in particolare quelle sostenute dai 22 giovani studenti di teologia. Ad ogni seminarista è stata pagata la retta scolastica. Ma lo sforzo finora profuso per aiutare questi giovani non basta: il costo della vita nella capitale del Kenya continua a crescere e il cammino intrapreso dai seminaristi deve proseguire.

Mali - Progetto 04-11 Un dispensario per Gao Il progetto è stato lanciato l’anno scorso da padre Alberto Rovelli con lo scopo di sostenere il dispensario della missione a Gao, in pieno Sahara. Attualmente la zona è sotto controllo dei miliziani islamisti ed è difficile ottenere delle informazioni. Il dispensario, che serve circa 15mila persone, ha fornito - fino alle ultime notizie disponibili - assistenza sociale e sanitaria a migliaia di donne e bambini. Dal 2011 ad oggi il progetto ha raccolto 3.740 euro di offerte, prontamente inviati ai responsabili del dispensario che, naturalmente, avrà bisogno di essere ancora sostenuto affinché possa garantire cure e assistenza alla popolazione locale.

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Aldo Giannasi ad Algeri

Padre Aldo ha lasciato l’Italia per atterrare ad Algeri come responsabile della basilica di Nostra Signora d’Africa

di Anna Pozzi Il suo arrivo in Algeria, lo scorso 16 settembre, è coinciso proprio con i giorni di tensioni e violenze nel mondo arabo, in seguito all’uscita di un film americano ritenuto blasfemo dai musulmani. La nuova missione di padre Aldo Giannasi, Padre Bianco di 77 anni, al di là del Mediterraneo cominciava apparentemente in un clima di ostilità verso stranieri e cristiani. Invece, il missionario notava con sollievo che lo sdegno dei giornali locali contro gli autori del film era grande, ma c’era anche un chiaro tentativo di smarcarsi da quanto avvenuto in Libia e altrove. «Non è con la violenza che si risolvono i problemi». «Il popolo algerino - dice padre Aldo - non vuole più rivivere le sofferenze del passato. Ecco perché ha rifiutato posizioni violente». Tutto pacifico allora in Algeria? «No - aggiunge il missionario, che dopo 50 anni si è rimesso coraggiosamente a studiare l’arabo -. Tante ferite del recente passato restano aperte, la loro guarigione domanderà tempo e una ricerca coraggiosa della verità. La gioventù in particolare è molto frustrata». Padre Aldo è stato chiamato a far parte della comunità missionaria che vive accanto alla basilica di Nostra Signora d’Africa, un santuario costruito al tempo della

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colonia nel 1872. «Sorprendentemente gli algerini lo hanno amato sin dalla sua apertura e continuano ad amarlo. I confratelli con i quali vivo, mi dicono che, in un anno, vi entrano oltre 70.000 persone, in grandissima maggioranza musulmani, soprattutto donne. Perché vengono? Per vedere una chiesa cristiana, ma anche per raccogliersi in un luogo di silenzio, per pregare la Signora Maria, come i musulmani chiamano la Madre di Gesù. Essa fa parte della tradizione coranica. Assistiamo così a un pellegrinaggio sui generis tutti i giorni. Accogliamo i visitatori, diamo informazioni sulla basilica a chi le chiede, rispondiamo alle tante domande che fanno sul cristianesimo, sul Vangelo, su Gesù, domande che vanno spesso al di là della semplice curiosità e che si prolungano nelle visite successive. Giorno dopo giorno, si costruiscono così relazioni di amicizia e di vicinanza».

Francobolli per le missioni Raccogliamo francobolli usati. Inviare a: P. Sergio Castellan Padri Bianchi Casella Postale 61, 24047 Treviglio (Bergamo)

Fedele alla Missione

L’estremo saluto a padre Gabriele Pirazzo, generoso missionario in Burkina Faso

a cura della redazione Una domenica come tante altre, trascorsa in simpatica tranquillità dai confratelli di Castelfranco. Padre Gabriele, seppur sofferente da qualche giorno, aveva trascorso la giornata senza troppi problemi. A cena, mentre si apprestava a prendere il suo antibiotico, ha improvvisamente appoggiato la testa sulla spalla di padre Ugo Ceccon, il quale lo ha risollevato per aiutarlo… ma Gabriele ormai non respirava più. Il medico, arrivato sul posto solo qualche minuto dopo, ha potuto solo constatarne il decesso. Gabriele era rientrato molto stanco dal Burkina Faso il mese di aprile scorso e gli era stato consigliato di prendersi il tempo per riposarsi e curarsi. In luglio, recuperate le forze, si era inserito nell’attività della comunità. Padre Gabriele, 71 anni, l’ultimo di 10 figli, era nato a Padova in una famiglia dove la fede cristiana era vissuta con semplicità e, soprattutto, nella sua dimensione missionaria. Atri due suoi fratelli sono Missionari d’Africa, Padri Bianchi, e una sorella è missionaria da 40 anni in Bolivia. Ha trascorso la maggior parte della sua vita missionaria in Burkina Faso, lasciando un indelebile ricordo di buonumore e semplicità, ma anche di fedeltà alla sua vocazione, senza miracoli ma nella quotidianità della vita, con i suoi momenti felici e dolorosi.


01-10 RD Congo Un Centro per sfamare e un acquedotto per dissetare...

03-11 Kenya 01-10 RD Congo

03-11 Kenya

A Natale regala dei sorrisi Cerchi un regalo natalizio davvero speciale? Sostieni i progetti di solidarietà promossi dai Missionari Padri Bianchi in Africa.

Una scuola per tutti: un aiuto a Suor Agata a sostegno di orfani dell’Aids

01 e 02-11 Algeria Scolarizzazione femminile e una biblioteca per giovani

16-12 Sud Sudan Un aiuto per un’istruzione di base a decine di ex bambini soldato

Precisa il progetto che vuoi sostenere, utilizzando una di queste possibilità:

• Amici dei Padri Bianchi - Onlus - CCP 9754036 • Bonifico Bancario - Cassa Rurale di Treviglio e Gera d’Adda - IBAN: IT 73 H088 9953 6420 0000 0172 789 • Assegno non trasferibile intestato a Onlus Amici dei Padri Bianchi

01/02 - 11 Algeria

16-12 Sud Sudan

Per informazioni tel. 0363-44726 africa@padribianchi.it

Richiedi il calendario 2013 “Regine d’Africa” a cura dell’associazione Amani. Dodici mesi intensi e colorati. Dodici dipinti d’autore del giovane artista keniano Lionel Njuguna. Un omaggio alla donna africana lungo un intero anno. Il ricavato delle vendite sarà destinato alle attività per gli ex bambini e bambine di strada di Kenya, Zambia e dei centri educativi in Sudan che Amani sostiene ormai da 16 anni.

CALE NDA RIO 2013 CALENDARIO 2013 CALE NDA RIO 2013

A KIDA NÉ ENTA ZION E DI ELIS EL NJUG UNA PRES DI LIONNJUGUNA OPER OPEROPERE DIE LIONEL E DI LION EL NJUG UNA PRESPRESENTAZIONE DI ELISA KIDANÉ ENTA ZION E DI ELIS A KIDA NÉ

Un anno con l’Africa

Il calendario è disponibile in formato da parete (42x29,7 cm) al costo di € 10, escluse spese di spedizione: presso la sede di Amani: Via Tortona, 86 a Milano telefonando al numero 02.48951149 scrivendo a segreteria@amaniforafrica.it

www.amaniforafrica.it


Pace in terra agli uomini di buona volontĂ

africa felice natalE

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Informazioni allo 0363 44726 africa@padribianchi.it www.missionaridafrica.org C.P. 61 - 24047 Treviglio (BG)


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