anno 89
n.3 maggio-giugno 2011
Poste Italiane Spa - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB Milano.
www.missionaridafrica.org
Gabon
Polmone verde
I binari della storia
Togo
Le regine dei tessuti
Etiopia
L’Omo in posa
Uganda
Passione skate
informazioni
Africa promuove Tema
concorso di fotografia 1ª edizione
un continente che pulsa di vita Premio
Tradizione
Premio del pubblico
Premio
Modernità • La partecipazione è aperta a professionisti e non. • Ogni candidato può partecipare con un massimo di 5 scatti a colori o in BN. • Un premio del pubblico sarà assegnato tramite i voti che ognuno potrà esprimere sulla pagina Facebook di Africa (facebook.com/africa rivista) a partire dal 15 maggio 2011. • Scadenza: 31 agosto 2011.
africa rivista
• Le foto migliori saranno pubblicate sul numero 6/2011 di Africa e sul sito web della rivista. • Le fotografie vanno inviate via e-mail a: concorso@padribianchi.it oppure su CD via posta a: Redazione Africa, C.P. 61 Viale Merisio 17 24047 Treviglio (BG). Bando di concorso e elenco premi su: www.missionaridafrica.org
editoriale
a cura della redazione
Una cena istruttiva Caro Direttore, sabato scorso siamo stati invitati ad una cena etnica organizzata dal nostro gruppo scout. Ci aspettavamo piatti esotici, invece, seduti per terra, ci hanno mostrato alcuni dati sulla distribuzione delle risorse nel pianeta. Avevamo fame e, visto che già a scuola ci soffocano con questi argomenti, eravamo un po’ delusi. Eravamo circa in 80. Ognuno ha pescato a sorte un biglietto con il nome di uno Stato del mondo. Solo 8 di noi hanno estratto un Paese ricco e si
sono seduti ad una tavola imbandita sontuosamente, con piatti stracolmi e bibite. Noi siamo rimasti seduti a terra con un misero cucchiaio di riso nel piatto. Di cibo però ce n’era in abbondanza e gli avanzi sono stati buttati in pattumiera. A questo punto molti di noi si sono tuffati nella spazzatura, altri hanno assalito il tavolo dei “ricchi” e tutti si sono assicurati la cena. Vittime di una grave ingiustizia, i “poveri” hanno reagito con molta ostilità nei confronti dei ricchi i quali,
soffocati dalle troppe richieste, istintivamente si sono difesi dal duro assalto. L’unico “povero” a rimanere dignitosamente al suo posto è stato il nostro capo scout, sfamandosi solo con la sua razione minima di riso. Lei come pensa che avrebbe reagito il mondo dei ricchi se tutti avessimo agito come lui? Come sarebbero mutate le dinamiche? Andrea e Emanuele M. (13 e 12 anni), Vimercate (MB)
Manoocher Deghati/IRIN
A
bbiamo ricevuto questa lettera che pubblichiamo volentieri. Alle domande di questi due giovani amici non abbiamo risposte preconfezionate da dare. Anzi, la loro provocazione e l’esperienza che hanno vissuto ci suggeriscono ulteriori interrogativi. Gli economisti della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale - non missionari e attivisti terzomondisti - assicurano che l’11% della popolazione mondiale consuma l’88% delle risorse del pianeta. Ci chiediamo da dove nasca questa iniquità sociale che allarga sempre più la forbice tra ricchi e poveri (o meglio, impoveriti). Quali sono le prospettive per le generazioni future? Il modello di sviluppo occidentale che ha rischiato il fallimento con la crisi finanziaria del 2009 è ancora credibile e riproducibile?
La straordinaria ondata migratoria dall’Africa verso l’Europa è frutto del fallimento di regimi autoritari che hanno negato per decenni la libertà e la democrazia. È anche frutto di una povertà diffusa che non possiamo far finta di ignorare. Nessun tunisino, libico, egiziano, somalo, eritreo (e la lista potrebbe continuare!) lascia a cuor leggero la propria terra, la propria casa, i propri affetti. Se è disposto
a tale sacrificio, è perché si trova in una situazione disperata. Noi come possiamo reagire? Basta far finta di niente e non voler capire le situazioni che queste persone si lasciano alle spalle? Ci bastano le spiegazioni di telegiornali e stampa? Come si conciliano le nostre difficoltà in termini di occupazione, disagio giovanile, violenza e bisogno di sicurezza, con il desiderio e la ricerca di un benessere con-
diviso che è sul volto di ogni immigrato? Noi Europei dovremmo essere gli ultimi a lamentarci perché abbiamo contribuito a creare queste circostanze. Da secoli abbiamo invaso e sfruttato queste terre, portando via quanto ci interessava: persone, bestie, minerali, legname, ecc. Ieri come oggi. Che cosa possono pensare le giovani generazioni di quei Paesi, quando in Internet o alla televisione vedono la nostra opulenza? Davvero ci sembra assurdo che dei giovani stanchi di una vita arrabattata cerchino di sedere anche loro alla nostra tavola imbandita? Il dibattito è aperto. Nessuno ha soluzioni facili per gestire questa crisi. A noi di Africa, piacerebbe almeno ripartire dalle persone, dai volti, dai racconti di questi che vogliamo poter considerare “fratelli”. • africa · numero 3 · 2011
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sommario
lo scatto 8.Terra promessa Lampedusa
Direzione, reDazione e amministrazione
Cas. Post. 61 - V.le Merisio 17 24047 Treviglio (BG) tel. 0363 44726 - fax 0363 48198 africa@padribianchi.it www.missionaridafrica.org http://issuu.com/africa/docs Direttore
Paolo Costantini CoorDinatore
Marco Trovato
Progetto grafiCo e realizzazione
Elisabetta Delfini
Promozione e UffiCio stamPa
Matteo Merletto webmaster
Paolo Costantini amministrazione
Bruno Paganelli foto
Copertina Giovanni Mereghetti Si ringrazia Olycom Collaboratori
Claudio Agostoni, Marco Aime, Giusy Baioni, Enrico Casale, Giovanni Diffidenti, Matteo Fagotto, Diego Marani, Raffaele Masto, Pier Maria Mazzola, Giovanni Mereghetti, Aldo Pavan, Giovanni Porzio, Anna Pozzi, Andrea Semplici, Daniele Tamagni, Alida Vanni, Bruno Zanzottera, Emanuela Zuccalà CoorDinamento e stamPa
Jona - Paderno Dugnano
Periodico bimestrale - Anno 89 maggio-giugno 2011, n° 3
Aut. Trib. di Milano del 23/10/1948 n.713/48 L’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dai lettori e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione. Le informazioni custodite verranno utilizzate al solo scopo di inviare ai lettori la testata e gli allegati, anche pubblicitari, di interesse pubblico (legge 675/96 - tutela dei dati personali).
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copertina
38 I binari della storia
di A. Semplici, B. Zanzottera e G. Mereghetti
attualità
3 Africanews 4 Africa: corsa atomica 7 Ruanda. Guerra alle capanne 10 Estremo rimedio 14 L’Africa ritratta con l’iPhone 16 La lunga notte del lago a cura della redazione
di Tesfaie Gebremariam a cura della redazione di Desmond Kwand
a cura della redazione
di M. Trovato e M. Garofalo
società
22 28 Skate Uganda 34 Etiopia. L’Omo in posa libri e musica 46 Togo. Le regine dei tessuti di A. Pozzi e B. Zanzottera di Marco Trovato
africa rivista COME RICEVERE AFRICA per l’Italia:
Contributo minimo consigliato 30 euro annuali da indirizzare a: Missionari d’Africa (Padri Bianchi) viale Merisio, 17 - 24047 Treviglio (BG) CCP n.67865782 oppure con un bonifico bancario sul conto della BCC di Treviglio e Gera d’Adda intestato a Missionari d’Africa Padri Bianchi IBAN: IT 93 T 08899 53640 000 000 00 1315
per la Svizzera: Ord.: Fr 35 - Sost.: Fr 45 da indirizzare a: Africanum - Rte de la Vignettaz 57 CH - 1700 Fribourg CCP 60/106/4
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di C. Parisi e R. Fumagalli
di P.M. Mazzola e C. Agostoni
20. Guerrieri in lacrime Libia
54. Mille e una nozze Sudafrica
66. Preghiere nel deserto Tunisia
cultura
48 La musica delle Amazzoni 52 Kenia. La biblioteca ambulante di Roberto Paolo
di P. Onyango e A. Joe
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viaggi
Il polmone del Gabon di Davide Scagliola
sport
62 La favola del gigante buono 64 Il ritorno della Capoeira di Luca Spampinato
di Sara Milanese e Fulvia Boniardi
chiese
68 I microfoni della speranza 70 Brevi di Anna Pozzi
a cura di Anna Pozzi
storia
72 Il lungo vaggio di René Caillié 74 La Venere Nera togu na 76 vita nostra 77 di Diego Marani
di M. Fagotto e E. Casale
a cura della redazione
a cura della redazione
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news
a cura della redazione
Africanews, brevi dal continente 1 Etiopia, terra in svendita Il governo etiope ha affittato 2.500 chilometri quadrati di terre fertili nella regione di Gambella al gruppo indiano Karuturi, per la somma di 245 dollari alla settimana per cinquant’anni. Le popolazioni indigene - ostili al presidente Meles Zenawi - sono state sfrattate e trasferite in nuovi villaggi. Quest’anno l’economia dell’Etiopia crescerà dell’11,2%, grazie soprattutto alle esportazioni agricole.
2 Algeria, proteste di piazza Si moltiplicano le proteste contro il governo di Algeri. Nel mese di aprile sono scesi in piazza le guardie comunali, i medici, i dipendenti dei tribunali, gli studenti universitari e i giornalisti della radio nazionale. L’economia algerina è in crisi e il tasso di disoccupazione giovanile sfiora il 30%. Il presidente Abdelaziz Bouteflika ha promesso di creare 3 milioni di posti di lavoro in cinque anni.
3 Mali, prima donna premier Cissé Mariam Kaidama Sidibé, 62 anni, è la prima donna alla guida del del Mali. Il suo predecessore, Modimo Sidibé, si era dimesso il 30 marzo in vista di un rimpasto di governo. La nuova premier, già ministro in quattro legislature, dovrà
affrontare il delicato compito di far approvare il nuovo codice della famiglia, giudicato troppo progressista dalle autorità islamiche.
4 Costa d’Avorio, scia di sangue L’ex-Presidente Laurent Gbagbo, arrestato l’11 aprile con l’accusa di violazione dei diritti umani, potrebbe venire giudicato dalla Corte penale internazionale. Il suo rivale Alassane Ouattara considerato dalla comunità internazionale il legittimo vincitore delle elezioni dello scorso novembre - ha riconquistato il controllo del Paese solo grazie all’intervento militare della Francia e dell’Onu. Secondo stime ufficiali, le violenze degli ultimi mesi avrebbero causato la morte di almeno mille persone nella sola regione di Abidjan. Una commissione indagherà sul massacro compiuto a Duékoué, nell’ovest del Paese, dove le milizie di Ouattara sono sospettate di aver ucciso ottocento civili.
5 Sudan, verso l’indipendenza Prosegue, tra ottimismo e inquietudine, la marcia del Sud Sudan verso l’indipendenza, che sarà ufficializzata il prossimo 9 luglio (vedi Africa 2/2011, pg 6). A sei anni dalla fine del conflitto civile tra Nord e Sud (19832005), rimane da risolvere la disputa territoriale sulla
regione centrale di Abyei, ricca di petrolio e contesa da entrambi i contendenti: potrebbe essere un detonatore di violenze nei prossimi mesi.
beneficio dell’opposizione, mentre il presidente uscente, Goodluck Jonathan, un cristiano del sud, ha vinto le elezioni presidenziali con il 60% dei voti.
6 Kenya, nuovi binari
8 Sudafrica, stop ai baby-lavoratori
La società Rift Valley Railways ha annunciato un colossale piano di ammodernamento della storica ferrovia che collega il Kenya all’Uganda: previsto il rinnovo di binari, sistemi di automazione, vagoni e locomotive.
7 Nigeria, Il gigante al voto
Il governo di Pretoria punta all’eliminazione del lavoro minorile nel giro di cinque anni. Lo assicura il ministro del Lavoro, Nelisiwe Oliphant, promotrice di una recente normativa che ha reso illegale l’impiego dei minori nelle principali attività lavorative.
Il più popoloso Paese dell’Africa, leader conti-
Fonti: AgriAfro, Bbc, Jeune Afrique, Misna
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nentale nella produzione del greggio, si è recato al voto per le elezioni legislative e presidenziali (le precedenti consultazioni del 2007 erano state definite dagli osservatori di allora “le peggiori al mondo per brogli e violenze”). Il Partito di maggioranza (People’s Democratic Party) ha perso seggi in Parlamento a
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attualità
testo di Tesfaie Gebremariam
Gianluigi Guercia/AFP
Il disastro in Giappone non arresta i programmi nucleari dell’Africa
Corsa atomica Pretoria. Due tecnici sudafricani ispezionano un deposito di scorie radioattive
Mentre l’Italia ha deciso di sospendere il suo programma nucleare e in tutta Europa i governi frenano la corsa all’atomo, l’Africa assetata di energia vuole nuovi reattori 4
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incidente al reattore giapponese di Fukushima riuscirà a convincere i politici africani a rinunciare ai progetti di costruzione di centrali nucleari? Difficile dirlo. Il boom demografico e l’im-
petuosa crescita economica registrata in questi ultimi 10 anni hanno fatto aumentare la domanda di energia elettrica nel continente. Così molti Paesi hanno pensato di ricorrere al nucleare per rispondere alle necessi-
lo scatto
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testo di Marco Trovato foto di Carlo Hermann/AFP
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Notte
Sogno (infranto) di una notte di mezza estate
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uociono un pesce su una spiaggia di Lampedusa, gli immigrati tunisini. Le ultime ondate di sbarchi hanno nuovamente riempito il centro di accoglienza dell’isola, costringendo molti maghrebini a trascorrere la notte all’aperto. Dall’inizio della crisi in Nord Africa, nel nostro Paese sono arrivati oltre venticinquemila extracomunitari, tra cui circa 5mila profughi (le autorità inizialmente avevano previsto «l’invasione di un milione e mezzo di persone»). La gran parte ha ottenuto un permesso di soggiorno temporaneo, ma i meno fortunati sono stati rimpatriati forzatamente a Tunisi. Il ministro dell’interno Maroni ha accusato l’Unione Europea di aver lasciato sola l’Italia ad affrontare «l’emergenza umanitaria». Nel nostro Paese vivono circa 4,5 milioni di immigrati, corrispondenti al 7,2% della popolazione. Si tratta di una delle percentuali più basse tra tutti i Paesi europei: l’Austria arriva al 15% di stranieri immigrati, la Germania al 12,3%, la Francia al 10,2%, la Spagna al 10,8%. Quanto ai numeri assoluti, la Germania ha oltre 10 milioni di immigrati, la Francia 6,5 milioni e anche la meno popolata Spagna ne ha più di noi (4,8 milioni).
italiana
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attualità
di Desmond Kwande/AFP
Estremo rimedio Lo Zimbabwe amputa i rinoceronti per salvarli dai bracconieri
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a motosega ruggisce nella savana. Un’esplosione di schegge e in pochi secondi il lungo corno crolla ai piedi del rinoceronte nero. È una femmina. I ranger del Chipinge National Park hanno provveduto a narcotizzarla sparandole da un elicottero. Si sveglierà entro quindici minuti e potrà tornare a scorazzare indisturbata nella prateria. Libera ma senza più il suo corno. «Siamo costretti a tagliarlo per scoraggiare le attività dei cacciatori di frodo», spiega Raoul du Toit dell’associazione Rhino Lowveld Trust, che opera nel sud-est arido dello Zimbabwe. «Il bracconaggio è un’attività criminale altamente remunerativa. Per contrastarla dobbiamo rendere meno attraente il business».
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Il contrabbando dei preziosi corni spinge i cacciatori di frodo nelle riserve naturali che custodiscono gli ultimi esemplari di rinoceronte. Per frenare il massacro, i ranger dei parchi sono costretti a mutilare gli animali
du Toit. «Si muovono in piccole pattuglie, adottano tecniche militari, non esitano a fare fuoco sulle guardie dei parchi. Ultimamente gli scontri si sono intensificati, ci sono stati morti da una parte e dall’altra».
Professionisti del crimine Richiesti da Cina e Yemen Secondo gli esperti del Cites (Convenzione sul commercio internazionale delle specie protette), la caccia illegale ai rinoceronti ha raggiunto nel 2010 il suo massimo storico. Le bande di bracconieri, armati con equipaggiamenti militari, agiscono in sintonia con le organizzazioni che gestiscono il contrabbando. I corni di rinoceronte sono molto richiesti in Paesi come Cina e Vietnam
dove la medicina tradizionale gli attribuisce virtù antifebbrili e afrodisiache. In Medio Oriente, invece, sono utilizzati per fabbricare preziosi manici per pugnali (nello Yemen sono uno status symbol per gli uomini). Un corno di 10 chili può valere fino a 200mila dollari. Somme pazzesche per le quali molta gente è disposta a rischiare la vita. E a uccidere. «I bracconieri sparano a vista, senza alcuna pietà», spiega
La crescente domanda asiatica di corni di rinoceronte - commercializzati anche per curare il mal di testa, la malaria, l’epilessia e per i problemi sessuali - ha attirato in Africa molte organizzazioni criminali. Le cifre parlano chiaro: se nel 1970 i rinoceronti neri che pascolavano nel continente erano 65mila, oggi il loro numero non supera i 2mila. In Zimbabwe nel 1995 restavano solo 300 esemplari. Una cifra raddoppiata nell’arco di dieci
attualità
a cura della redazione foto di Stefano Pesarelli
Un fotografo racconta i suoi viaggi usando il cellulare
L’Africa ritratta con l’iPhone Dal Malawi alla Tanzania, dallo Zambia al Mozambico, Stefano Pesarelli invia ogni giorno fotografie scattate con il suo telefonino. E pubblica sul web le sue stupefacenti cartoline africane
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tefano Pesarelli, fotografo e viaggiatore torinese, è una fabbrica di idee e progetti. Sempre in attività. Impossibile fermarlo. Nel 2004 ha attraversato il continente africano alla guida di una Fiat Campagnola. Un anno dopo si è trasferito a Lilongwe, capitale del Malawi, dove ha fondato un tour operator
Da sinistra a destra. Zambia: elefanti in società; Malawi: villaggio africano: no luce, no auto, no stress...; Tanzania: il silenzio degli sguardi; Malawi: il vestito più bello; Malawi: dal barbiere: immagini spezzate da un filo ma connesse; Malawi: Annette “prega” che la macina crei la farina
(Africa Wild Truck) specializzato in workshop di fotografia e viaggi ecosostenibili. Da quando accompagna comitive di turisti “responsabili” alla scoperta delle
bellezze dell’Africa australe, Stefano si muove in continuazione tra Malawi, Zambia, Mozambico, Tanzania e Kenya. E in ogni luogo scatta fotografie con il suo inseparabile… iPhone. Il celebre palmare della Apple, ideato da Steve Jobs, è un gioiellino hi-tech che dispone di una fotocamera digitale versatile e poco ingombrante: l’ideale per cogliere al volo le situazioni più sbalorditive. «Basta un clic sul telefono cellulare per catturare l’immagine - spiega Stefano - e in pochi minuti posso rielaborare la foto coi programmi in dotazione
Da sinistra a destra. Tanzania: l’Hijab, “per essere riconosciute e non essere molestate”; Tanzania: elefante: 40mila uccisi ogni anno; Tanzania: il pittore Maurus Michael Malikita; Malawi: uno spiedino di topi in vendita sulla strada
e infine spedirla nell’universo web». Il fotografoviaggiatore sfrutta queste straordinarie opportunità offerte dalla tecnologia per inviare in presa diretta delle originalissime cartoline africane. Gli scatti finiscono pubblicati sul sito personale, dove l’autore tiene una sorta di diario africano illustrato che aggiorna quotidianamente. Ogni foto, commentata da una breve didascalia, mostra un’Africa inconsueta, lontana anni luce dalle rappresentazioni patinate dei cataloghi turistici. «Sono finestre aperte sulle metropoli e sui villaggi che pulsano di vita», schegge di quotidianità che tentano di frantumare cliché e stereotipi intrisi di esotismo. «Questo continente è vasto e vario come i suoi orizzonti - avverte Stefano -. Va esplorato con sguardo curioso e attento». Le sue fotografie hanno già dato vita a un volume fotografico e ad una mostra itinerante: Africa through iPhone. Incuriositi? Cliccate www. stefanopesarelli.com •
Concorso
FOTO
Partecipa al concorso fotografico di Africa:
UN CONTINENTE CHE PULSA DI VITA La partecipazione è aperta a professionisti e dilettanti Due categorie: MODERNITà e TRADIZIONE Termine ultimo: 31 agosto 2011 Le foto digitali vanno inviate a: concorso@padribianchi.it Regolamento completo sul nostro sito: www.missionaridafrica.org
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attualità
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testo di Marco Trovato foto di Marco Garofalo
La lunga notte del lago
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testo di Farid Younis Al Falidi foto di Odd Andersen/AFP
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Libia, si aggrava il bilancio delle vittime
a disperazione di tre guerriglieri libici all’ospedale di Ajdabiya: hanno appena appreso la notizia della morte di un loro compagno. Le truppe del colonnello Muammar Gheddafi hanno bombardato la periferia occidentale della città di Ajdabiya, detenuta dagli insorti e divenuta un luogo chiave nella guerra di posizione che da tre mesi sta scuotendo la Libia. Per i ribelli, le forze armate del Rais avrebbero ucciso 10mila persone. Ma si contano anche decine di miliziani rimasti vittime del fuoco amico della Nato, impegnata nei raid aerei per fermare i blindati dell’esercito di Tripoli. L’Onu e l’Unione Africana hanno chiesto un cessate-il-fuoco per consentire l’arrivo di aiuti umanitari nelle città assediate. Lo stallo nel conflitto spinge la diplomazia internazionale ad accelerare gli sforzi per arrivare a un esilio volontario di Muammar Gheddafi.
Guerrieri in lacrime africa · numero 3 · 2011
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testo di Anna Pozzi foto di Bruno Zanzottera/Parallelozero
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Le regine
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testo e foto di Marco Trovato
I ragazzi di un povero quartiere di Kampala hanno costruito con le loro mani il primo skatepark dell’Africa orientale. Una pista dove potersi divertire e inventarsi un futuro migliore
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testo di Andrea Semplici foto di Bruno Zanzottera e Giovanni Mereghetti
La leggendaria ferrovia coloniale eritrea compie cent’anni africa · numero 3 · 2011
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copertina
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hissà quando potrò salire su questo treno. Tornerò in Eritrea quando saranno nuovamente tempi di pace e libertà. Ma il mio cuore batte ancora per quelle terre di confine fra l’altopiano più vasto dell’Africa e le onde del mar Rosso. E nella mia testa scorrono fotogrammi di felicità se ripenso a quei binari che hanno scalato pareti quasi verticali e a quelle locomotive che, in 117 chilometri e 882 metri, per più di sessant’anni, si sono arrampicate per oltre 2.400 metri di dislivello».
A sinistra un addetto agli scambi. I vecchi ferrovieri, che parlano ancora italiano, sono stati richiamati in servizio per formare dei giovani in grado di gestire la ferrovia. Molti dei termini tecnici sono rimasti nella nostra lingua
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Nel Corno d’Africa c’è una storica strada ferrata con un tragitto mozzafiato unico al mondo, percorso da vecchie locomotive a vapore, che collega le acque del mar Rosso alle nuvole dell’altopiano
Leggenda e realtà Negli anni Novanta del secolo scorso, giorni felici dell’indipendenza del nuovo Stato africano, quei treni che un tempo avevano collegato il porto di Massaua ad Asmara, la capitale, città dell’altopiano, erano una nostalgia ricorrente. Sembrava che tutti gli eritrei si aspettassero che, finita la più lunga guerra indipendentista d’Africa, i vecchi locomotori a vapore riprendessero il loro lento andirivieni. Erano immobili da oltre vent’anni. Le rotaie, materiali di antiche ferrovie siciliane a scartamento ridotto, erano state utilizzate per costruire bunker e trincee. I vagoni erano diventati rifugi per profughi. Ma nei bar di Asmara, ogni giorno, si ascoltavano i racconti delle gite a Massaua a bordo di quel treno che sfidava le nuvole. La ferrovia Asmara-Massaua è stata costruita nell’epoca coloniale italiana. Nel 1885, senza sparare un solo colpo di fucile, gli eserci40
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ti italiani, ultimi arrivati nella feroce lotta per la conquista dell’Africa, avevano fatto un poco glorioso ingresso a Massaua. In grande fretta (165 giorni), e senza progetto, furono posati ventisette chilometri di binari. La prima locomotiva lasciò il mar Rosso nel marzo del 1888. Ma poi bisognò dimenticare la disfatta militare di Adua
(1896) perché, a strattoni, l’avventura ferroviaria eritrea potesse riprendere.
I binari della storia Dopo infiniti litigi sui percorsi che i binari avrebbero dovuto seguire, trecento operai italiani e tremila eritrei si misero al lavoro. Formiche schiavizzate: a scorrere i giornali di cantiere si legge che erano
IlOggi viaggio è possibile viaggiare nuovamente sulla vecchia ferrovia che collega la città di Asmara, situata a 2400 metri di altitudine, a Massaua, “la perla del mar Rosso”. Il viaggio costa 50 dollari Usa. Documenti . Per entrare in Eritrea è necessario il passaporto, con validità di almeno sei mesi, e il visto di ingresso, rilasciato presso l’ambasciata eritrea a Roma o presso il consolato a Milano. Il volo . Attualmente dall’Italia sono attivi tre voli settimanali di Egypt Air, con partenza da Roma-Fiumicino e Milano-Malpensa (circa 550 euro a/r). In alternativa si può volare con le compagnie Lufthansa o Yemenia. Quando . Primavera e autunno sono i periodi migliori per il viaggio. Sull’altopiano il clima è gradevole tutto l’anno, mentre a Massaua in estate fa troppo caldo (temperature medie di 45 °C). Con chi . Il tour operator Afronine di Milano è specializzato in viaggi in Eritrea. Tel. 02 2951 2185 info@afronine.com www.afronine.com
concessi solo due litri (due litri!) di acqua al giorno. Ma questi uomini sconosciuti furono capaci di costruire, fra Ghinda e la leggendaria Gola del Diavolo, valico dell’altopiano, 19 viadotti, 29 gallerie, 5 serbatoi idrici, 13 stazioni. Un’impresa da ciclopi. Le cronache coloniali raccontano che dal giorno del primo passaggio del treno nessuno vide più l’unico leone che ancora si aggirava attorno alle sorgenti di Sabarguma. “Fuggirono perfino i serpenti”, tanto inimmaginabile era lo sferraglio della locomotiva. I monaci ortodossi di Bizen rimasero senza fiato quando il treno approdò al crocevia strategico di Nefasti. La ferrovia venne terminata nel 1911. Un anno dopo, nel novembre del 1912, il primo treno raggiunse Asmara. Nel 1938 vi erano due corse al giorno con una littorina e un treno misto. Tre ore e mezza di viaggio, classe unica. Biglietto di andata e ritorno per 86 lire e 40 centesimi. Meno della metà se accettavi di viaggiare con le merci. Poi venne la seconda guerra mondiale, che spazzò via il fascismo e l’impero italiano. Gli inglesi, padroni temporanei dell’Eritrea nel dopoguerra, si portarono via, senza alcun pudore, i binari che da Asmara avevano proseguito verso i bassopia-
cultura
testo e foto di Roberto Paolo
La musica delle RinAsce in GuineA lo stoRico GRuppo di soldAtesse-musiciste
Amazzoni
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attualità
testo di Peter Onyango foto di Alexander Joe/Afp
La biblioteca ambulante
grazie alle gobbe dei cammelli le auto
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ashid Mohamed Farah, 50 anni, fa il bibliotecario in Kenya. A differenza dei suoi colleghi, non passa le giornate a riordinare scaffali e ad aspettare gli utenti dietro a una scrivania. I lettori va a cercarseli. In giro per la savana. Da 15 anni gestisce la Camel Mobile Library, biblioteca itinerante trasportata da cammelli, un servizio lanciato dal Kenya National Library Service
In Kenya il peso della cultura lo portano le carovane. Succede in una regione semidesertica al confine con la Somalia, dove un libraio segue i nomadi nei loro spostamenti per le popolazioni nomadi che vivono nelle desolate province di Garissa e Wajir, a ridosso del confine con la Somalia. «Sono pastori che si spostano ogni giorno», ha spiegato l’uomo alla Bbc. «Una normale biblio-
teca non funzionerebbe da queste parti. I libri devono muoversi come la gente, a dorso di cammello». Le quattro carovane della biblioteca - ciascuna composta da tre animali - partono ogni mattina all’alba, dal
lunedì al giovedì, dirette agli accampamenti dei pastori. Si muovono nel raggio di una dozzina di chilometri, secondo un preciso calendario concordato con le comunità. Ogni cammello porta due bauli che possono contenere fino a quattrocento volumi. L’arrivo della biblioteca è salutato con urla di gioia dai bambini in trepida attesa. Ogni bimbo può chiedere in prestito un paio di libri per due
Biblioteche viaggianti in Africa Se in kenya i libri si spostano a dorso di cammello, in etiopia le biblioteche ambulati sono trainate dai muli. Accade nelle zone rurali attorno alla capitale addis abeba, dove dal 2005 viaggiano i sei carri carichi di volumi della ong locale Ethiopian Reads, destinati ai giovani delle campagne che hanno abbandonato la scuola. Più a sud, nella regione di 52
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awasa, è attiva la “Donkey Mobile Library” (vedi Africa 2/2007), piccola biblioteca trainata da asini. Anche in zimbabwe, nel distretto di Nkayi, gli asini sono usati per far circolare la cultura tra i villaggi più isolati e poveri della regione. Oltre ai libri vengono trasportati dei computer portatili, che funzionano grazie a pannelli solari montati sul dorso dei somari.
Il libro
rità keniane diffondono libri
settimane: quando avrà finito di leggerli dovrà restituirli e potrà richiederne altri. «Distribuiamo gratuitamente volumi illustrati, favole, storie per ragazzi. Ma anche grammatiche e libri scolastici», chiarisce il signor Farah.
Contro l’analfabetismo «La popolazione locale è molto povera, nessuno può permettersi l’acquisto di un libro. Inoltre c’è un problema culturale: l’85% degli adulti è analfabeta. Molte
famiglie non si preoccupano se i figli non frequentano la scuola». I bimbi passano il loro tempo a curare vacche e capre, mentre la tribù si sposta in cerca di pozzi e nuovi pascoli. Con questo stile di vita è impossibile frequentare con regolarità le lezioni scolastiche. Oltretutto la gran parte dei libri in circolazione nelle aule sono scritti in inglese o kiswahili, mentre in questa regione è diffusa la lingua somala. «La biblioteca ambulante
trasporta volumi appositamente selezionati per le comunità di nomadi, con l’obiettivo di invogliare i bambini alla lettura. Ai più giovani insegniamo a leggere e a fare di conto. Rispettando la loro cultura e le loro tradizioni». Il bilancio dell’iniziativa? Ottimo: «Abbiamo 4mila utenti registrati, più di una normale biblioteca di provincia». Certo, un fuoristrada permetterebbe di velocizzare gli spostamenti «Ma il cammello resta
Fiona Sweeney vive a Brooklyn, ha 36 anni, buona salute, un solido lavoro di bibliotecaria e un uomo con il quale sta pensando di convivere. Ma improvvisamente decide di dare una svolta alla sua vita. Quando legge un annuncio in cui si cerca del personale per una biblioteca itinerante in Kenya, non ci pensa due volte e, lasciate le luci scintillanti di New York, parte per l’Africa. Finisce a portare libri a dorso di cammello negli sperduti villaggi dei nomadi. L’arrivo della biblioteca ambulante tra i nomadi scatena reazioni contrapposte e divide la popolazione. C’è chi pensa che la cultura possa aiutare lo sviluppo della comunità. Ma c’è anche chi considera Fiona una pericolosa minaccia. La bibliotecaria americana vincerà la sua sfida o tornerà a New York? Non vi resta che leggere il romanzo ispirato alla storia della vera biblioteca che raccontiamo in queste pagine. (La biblioteca sul cammello di Hamilton Masha, Garzanti 2007, pp. 284, 16,50 euro).
il mezzo di trasporto più pratico e affidabile. È un animale assai conosciuto e benvoluto dalle popolazioni della regione». L’alleato ideale per superare le diffidenze e farsi accettare dai nomadi. • africa · numero 3 · 2011
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Matrimonio di massa
lo scatto
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testo di Paola Marelli foto di Alexander Joe/AFP
U
n uomo sudafricano accompagna a passi di danza la fidanzata all’altare, dove verrà celebrato il loro matrimonio. Non sono i soli a festeggiare: altre 200 coppie attendono di sposarsi nella chiesa pentecostale di Zuurbekom, a ovest di Johannesburg. I matrimoni di massa vengono organizzati con una certa frequenza in Sudafrica. I pastori delle sette cristiane li considerano degli eventi promozionali, occasioni propizie per rastrellare denaro e nuovi fedeli. Radio e tivù trasmettono in diretta le funzioni, che talvolta si tengono dentro gli stadi. Alla cerimonia di Zuurbekom, celebrata nel giorno di Pasqua, era presente in qualità di invitato anche il Presidente sudafricano Jacob Zuma, 69 anni, un convinto fautore della poligamia. Si è sposato cinque volte. Ma la prima moglie ha divorziato e la penultima è finita sui giornali per una presunta relazione extraconiugale.
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Mille e
una nozze africa 路 numero 3 路 2011
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viaggi
testo e foto di Davide Scagliola/Parallelozero
Il polmone del Gabon 56
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sport
di Luca Spampinato
Tributo a Manute Bol, leggenda del basket mondiale
La favola del gigante buono È stato uno dei giocatori più alti nella storia della pallacanestro. Sudanese, figlio di pastori, Manute Bol era diventato una stella dell’Nba, ma non aveva dimenticato i drammi del suo popolo. È scomparso un anno fa
L
a favola del “gigante buono” sopravvive nel cuore dell’Africa. A un anno dalla sua tragica scomparsa, il grande Manute Bol, leggenda della pallacanestro mondiale, non è stato dimenticato. Il
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suo nome riecheggia sui rettangoli di cemento sparsi tra le savane assolate, dove migliaia di giovani sognano di emulare le gesta del cestista sudanese: un campione dalle gambe lunghe e dal cuore d’oro.
Manute Bol era nato nel 1962 in un villaggio dinka, popolo di pastori e valorosi guerrieri. Discendente da capi tribali, aveva passato gli anni della giovinezza dietro mandrie di vacche e nuvole di polvere. Si dice che un giorno, per proteggere il bestiame, uccise un leone con una lancia. Ma il suo destino non era quello di un semplice mandriano.
L’avventura americana All’età di 16 anni Manute si fece notare nel campionato
provinciale dilettanti, un anno dopo si trovò reclutato nella nazionale giovanile. Nel 1982 venne scovato da un talent scout americano a Khartoum: non appena maggiorenne finì negli Stati Uniti con la promessa di un ingaggio da professionista. Quando arrivò in New Jersey, recluta della Fairleigh Dickinson University, spiaccicava poche parole d’inglese e, raccontano alcuni biografi, non sapeva leggere e scrivere. Ciò non
gli impedì di diventare il primo atleta sudanese nella storia dell’Nba. Giocò 624 partite in una mezza dozzina di squadre: Washington Bullets, Golden St. Warriors, Philadelphia 76ers, Miami Heat, Florida Beach Dogs. In dieci anni totalizzò 1.599 punti. E soprattutto 2.086 stoppate: il record dell’epoca. In America divenne una celebrità; in Sudan, un eroe nazionale.
Campione di solidarietà Manute non era una vera bandiera (quelle, a pensarci bene, vanno dove tira il vento). Era semmai un monumento di umanità, un pilastro vivente che svettava nel cielo. Alto, altissimo. Due metri e 31 centimetri. Ma «le partite fondamentali - diceva lui - si giocano fuori dai campi da basket. Nella vita reale non ci sono
in palio dei semplici punti, ma beni più preziosi come la libertà e la pace». Il riferimento era alla sua terra, martoriata da decenni di violenze e carestie. Il Sudan: suo tormento e suo unico vero amore. La fama e i soldi non gli fecero dimenticare il suo popolo. «Dio mi ha guidato in America dandomi un buon lavoro, ma mi ha dato anche un cuore per guardarmi indietro», ripeteva. Quando non era impegnato in incontri di campionato, vestiva i panni di ambasciatore di pace per il suo Paese. Sfruttando le luci della notorietà, denunciava gli orrori della sanguinosa guerra civile tra Nord e Sud. Partecipava a iniziative diplomatiche, marce di protesta, campagne di sensibilizzazione. Ed era attivissimo sul fronte dell’aiuto umanitario. Il patrimonio personale accumulato in America, quasi sei milioni di dollari, finì nella casse della Ring True Foundation, da lui stesso fondata per i profughi sudanesi.
Un mito intramontabile Nel 1998, alla fine di una carriera strepitosa, tornò in patria come un vero divo. Il regime integralista di Khartoum gli offrì la poltrona di ministro dello Sport, ma lui - cattolico praticante - rifiutò perché avrebbe dovuto convertirsi all’islam. Una scelta che gli costò l’accusa di collaborazionismo coi guerriglieri indipendentisti. Gli venne confiscato il passaporto. Riuscì ad espatriare solo nel 2002, grazie alle pressioni diplomatiche ameri-
Terra di colossi Il maggior gruppo etnico del Sudan meridionale, i Dinka, di cui faceva parte il celebre cestista Manute Bol, vanta un’altezza media vertiginosa: 1 metro e 92 centimetri. Non a caso il basket è lo sport nazionale della neonata repubblica sudsudanese.
cane. Gli Usa lo accolsero come rifugiato per motivi religiosi. Passò gli ultimi anni di vita a promuovere campagne di pace e a rastrellare finanziamenti per progetti umanitari in Sudan. «Se ognuno nel mondo fosse come Manute Bol - ha detto Charles Barkley, suo ex compagno di squadra questo sarebbe il mondo nel quale vorrei vivere». Il “gigante buono” è morto il 19 giugno del 2010: un anno prima che la sua terra, il Sud Sudan, diventasse indipendente. Aveva solo 47 anni. Una malattia rara e micidiale gli ha impedito di godersi la festa. Ma oggi il suo nome è tra gli eroi della nuova nazione, al pari dei leader partigiani che hanno combattuto per la libertà. E la sua storia viene raccontata come una favola che fa sussultare il cuore dell’Africa. • africa · numero 3 · 2011
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chiesa in africa Burkina Faso •
Dilaga il malcontento
«Si avverte il malcontento della popolazione dopo gli incidenti che hanno provocato diversi danni. Si sono visti negozi saccheggiati e veicoli incendiati», così una fonte missionaria commenta all’Agenzia Fides l’ammutinamento di militari tra il 16 e il 17 aprile e le manifestazioni popolari che hanno interessato, dopo la capitale Ouagadougou, altre città del Paese. «Nelle ultime settimane, si sono avute diverse manifestazioni: militari, studenti, sindacati. Il vero problema è la revisione della Costituzione per limitare i mandati del Presidente. Insomma, non si chiede a Blaise Compaoré (nella foto) di dimettersi, ma di non presentarsi alle prossime elezioni». Ad esasperare la situazione ha contribuito anche il rialzo del costo della vita e dei beni di prima necessità. 70
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a cura di Anna Pozzi
LIBIA •
Il vescovo DI trIpolI: Fermate le armI!
L
a situazione in Libia resta Monsignor critica. E critico è il giuMartinelli ha dizio di mons. Giovanni potuto salvare Innocenzo Martinelli, vicario molti rifugiati nella sua chiesa apostolico di Tripoli. Specialdi Tripoli mente nei confronti dell’intervento Nato. «Gli europei si illudono di poter risolvere con le bombe», dice il vescovo, che invece ha apprezzato molto l’appello di vincerli a recarsi in Tunisia dove potranno Benedetto XVI all’Angelus. «È un’ulte- essere assistiti dalle organizzazioni interriore spinta alla diplomazia a non arren- nazionali. Qui a Tripoli possiamo ormai dersi alla forza e a fare in modo che vi sia offrire assistenza solo ai casi più difficili». la possibilità di riconciliazione. Penso che l’appello del Santo Padre sia veramente importante, perché la forza non aiuta a ritrovare la pace». Il Papa aveva sottolineato che «la violenza e l’odio sono sempre una sconfitta». E aveva rivolto «un nuovo accorato appello a tutte le parti in causa, affinché si avvii l’opera di pacificazione e dialogo e si evitino ulteriori spargimenti di sangue». Mons. Martinelli è molto preoccupato per la situazione di migliaia di migranti africani, “bloccati” in Libia. «Continuano a bussare alle nostre porte - dice - con la speranza che la Chiesa possa aiutarli ad andare in Europa. Ma questo non è il nostro compito. Cerchiamo invece di con-
Eritrea •
Il dramma dei profughi
Egitto •
mons. Fitzgerarald: Una transizione incerta
«S
iamo in una fase di transizione, una fase di incertezza, ma ci sono grandi speranze e allo stesso tempo alcune apprensioni», così mons. Michael Fitzgerald, Padre Bianco e nunzio apostolico in Egitto, commenta l’attuale situazione egiziana. «I partiti politici - continua il nunzio - si stanno organizzando per le elezioni del settembre prossimo. È certo che i Fratelli musulmani sono più organizzati. Ce ne sono anche altri dove ci sono cristiani e musulmani insieme». Mons. Fitzgerald è ottimista circa il ruolo che possono giocare i cristiani: «È una cosa molto positiva - afferma - che i giovani cristiani, specialmente i cattolici, stiano facendo uno sforzo per capire i problemi della società di oggi
e cosa vuol dire il cambiamento della Costituzione. Tutti questi problemi sono studiati con l’aiuto di esperti chiamati a partecipare a vari incontri. Dal punto di vista delle elezioni, dobbiamo dire che i Fratelli musulmani non sono i soli sul fronte islamico; ci sono anche altri gruppi e, dunque, c’è una frammentazione che forse può dare più possibilità a un pensiero liberale in modo che cristiani e musulmani possano avanzare insieme e poi ottenere una parte dei seggi del Parlamento».
SUD SUDAN • 101 giorni di preghiera per la pace
C’
è grande attesa, ma anche qualche apprensione in vista della dichiarazione di indipendenza della nuova Repubblica del Sud Sudan, il prossimo 9 luglio. Anche i vescovi del Paese hanno espresso la loro grande gioia condivisa con la popolazione del Paese, ma anche «i timori e le preoccupazioni per il futuro». «Rimangono ancora molti
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problemi - sottolineano i vescovi -: lo Stato di Abyei, le Montagne di Nuba, lo Stato del Nilo Blu, la questione della cittadinanza, le frontiere e il petrolio. Inoltre, il conflitto in Darfur continua ad avere ripercussioni anche nel Sud, per non parlare della presenza del Lord’s Resistance Army». I vescovi invitano «tutti i partiti, tutte le forze politiche e tutti i cittadini ad
rammi di Paesi diversi si intrecciano sulle coste e nelle acque del Mediterraneo. Come quello dei profughi eritrei che cercano di fuggire da un regime repressivo e dittatoriale e si ritrovano, a volte con esiti tragici, in Libia. O peggio, naufragano tra le acque del Mediterraneo, cercando di raggiungere l’Europa, in cerca di un futuro migliore. Il vescovo di Asmara, mons. Menghisteab Tesfamariam, esprime a Radio Vaticana tutta la sua preoccupazione. «La situazione in Libia è tragica. Molti eritrei si erano stabiliti lì da diversi anni. Poi si sono trovati in questa crisi e, in più, molti sono morti annegati
abbracciare una cultura di pace e a rifiutare la violenza, affinché le dispute vengano risolte con il dialogo in uno spirito di unità». Cambiare il cuore, per cambiare il mondo. E il Sudan. Con questo slogan, la Chiesa rilancia la campagna di “101 giorni di preghiera per la pace» con l’obiettivo di accompagnare il cammino verso l’indipendenza.
nel mare. Il fatto che questi giovani con un futuro davanti a loro spariscano in questo modo è tragico per i loro genitori, per i loro parenti, per il Paese stesso». Mons. Tesfamariam ricorda anche i molti giovani eritrei “vittime” di trafficanti di esseri umani, specialmente nella penisola del Sinai: «Anche questa è una situazione drammatica - continua il vescovo -. Sono tenuti in ostaggio da trafficanti che chiedono soldi. Quindi, devono chiedere ai loro parenti ovunque siano, in Europa, in America o in Australia di aiutarli. È un orribile traffico di persone ridotte in schiavitù: e deve finire».
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storia
testo di Diego Marani
verso TimbucTu
Il lungo vIaggIo dI rené CaIllIé nel 1827 un giovane esploratore francese partì dal golfo di guinea e si diresse nel cuore del Sahara: un percorso verso l’ignoto alla ricerca di un’oasi leggendaria
«l
a città di Timbuctu divenne il continuo oggetto dei miei pensieri, lo scopo di ogni mio sforzo. Presi allora una irrevocabile decisione: riuscire o morire». Sono le parole di René Caillié, l’uomo che seguiva un mito, che ha vissuto per un’illusione e che è morto con una grande delusione.
al di la’ del deserto Il francese Caillé nasce nel 1799 a Mauzé-sur-le-Mignon, vicino alla costa atlantica, in una famiglia povera. A 11 anni è orfano di madre e di padre. Da ragazzo legge il Robinson Crusoe di Daniel Defoe: ne rimane affascinato. Nel 1816 si imbarca per il Senegal. Negli anni seguenti si aggrega a varie spedizioni europee e visita anche il Gambia. Il desiderio di esplorare territori sconosciuti aumenta: la lettura dei resoconti di viaggio di Mungo Park è decisiva. Nel 1824 va in Mauritania, per imparare l’arabo e per conoscere da vicino la religione musulmana. Decide di viaggiare travestito da arabo. Nel 1827 parte dall’attuale Costa d’Avorio per cercare di raggiungere Timbuctu, nel Mali. Ci arriva il 18 aprile 1828. Trova una città pressoché in rovina, che non ha niente o quasi dello splendore tramandato 72
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Un mito intramontabile
Il parere dello studioso
Bruno Zanzottera
In questi ultimi anni, pochi hanno svelato i segreti di Timbuctu come l’antropologo Marco Aime (imperdibile il suo libro pubblicato nel 2008 Timbuctu fra mito e realtà). In un quarto di secolo è tornato una decina di volte nella città del mito: «La prima volta nel 1984 si trovava a fatica qualcosa da mangiare, oggi nei supermercati si trova davvero tutto», spiega lo studioso. Ormai le persone lo fermano in strada per salutarlo. «Per attraversare a piedi Timbuctu occorrono venti minuti, ma salutando tutti il tempo si dilata. Del resto questa città è un elogio della lentezza». Peccato che i turisti non lo capiscano. «I visitatori occidentali vanno di fretta e cercano solo il mito della lontananza e dell’esotismo», spiega Aime. «Timbuctu rappresenta l’altrove per eccellenza: il turista vuole poter dire “sono stato a Timbuctu” per dire sono stato alla fine del mondo, per illudersi di conquistare un certo status. Quasi tutti conoscono il nome anche quando magari non sanno dove si trova la città».
tropologo Marco Aime ha scritto: «Caillé tornò a casa carico di gloria, ma con un mito in meno». Timbuctu, in effetti, era - e continua ad essere - un mito letterario: l’Eldorado cercato e raccontato dal protagonista del libro di Josè Manuel Fajardo Lettera dalla fine del mondo; la città aperta vagheggiata dallo storico maliano Ismael Diadié. Ma Timbuctu era davvero un crocevia di culture e saperi. Per diversi secoli, scienziati e poeti andalusi hanno portato qui le conoscenze di Cordova e Granada, mentre le carovane trasportavano idee da Tunisi, Fez, Gadhames e Marrakesh. Da qui partivano i pellegrinaggi diretti alla Mecca e da qui transitavano gli studiosi dalle università del Cairo. Ancora oggi i tesori di Timbuctu - centinaia di libri antichi e preziosi - sono custoditi nelle sue biblioteche e nelle case dei suoi abitanti. Se avrete modo e tempo di sfogliarli, non resterete delusi come Caillé. •
EXPLORADORES
l’itinerario Caillié è stato il primo occidentale ad essere tornato da Timbuctu, partendo dal Golfo di Guinea e risalendo il deserto fino al Marocco (già nel 1826 il maggiore inglese Gordon Laing era riuscito a raggiungere la città, ma morì assassinato durante il viaggio di ritorno).
dagli antichi viaggiatori e dalle leggende. Per tornare in Francia, punta a Nord, verso il Marocco. Deve attraversare il Sahara e il viaggio risulta durissimo. Arrivato in Francia, ottiene un premio dalla Società Geografica Francese. Nel 1830, dopo una lunga malattia, Caillié scrive e pubblica il suo diario di viaggio (nel 1993 Cierre Edizioni l’ha pubblicato in italiano con il titolo Viaggio a Timbuctu) in Africa dal 1824 al
1828. Caillié muore in un paese dello Champagne il 17 maggio 1838: non aveva nemmeno quaranta anni.
luogo letterario Per lui la città più bella mai vista in Africa non era Timbuctu - a cui aveva dedicato l’impresa della vita - ma Fez, in Marocco. A Timbuctu aveva trovato «solo cammelli carichi di merci» e nella città silenziosa «si respirava dappertutto una grande tristezza». L’an-
Agli esploratori (che in portoghese significa anche “sfruttatori”), i quali hanno contribuito in maniera decisiva a disegnare le mappe nonché l’immaginario occidentale del “continente nero”, Africa dedica una serie di articoli. Dopo Livingstone, Stanley, Brazzà, Ca’ da Mosto, Ibn Battuta, Alexandrine Tinne, Zheng He, Burton, Speke, il cardinale Massaja, Heinrich Barth, Vittorio Bòttego e René Caillié, la prossima puntata sarà dedicata allo scozzese Mungo Park scopritore delle sorgenti del fiume Niger.
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togu na - la casa della parola lettere Arte da collezione Gentile direttore, sono un grande appassionato di arte tribale africana. Nella mia vita ho fatto diversi viaggi alla ricerca di oggetti autentici e rari. Ora vorrei arricchire la mia collezione. Ciò che mi interessa maggiormente sono maschere e statue, ma anche ornamenti, copricapi, scudi, insegne cerimoniali, oggetti d’uso quotidiano. Chiunque possiede del materiale antico e usato, può contattarmi: 340 5121589, gianni_mantovani@alice.it. Grazie Gianni Mantovani (Modena)
Il vero presidente Gent.ma redazione, ho letto il vostro articolo sulla Costa d’Avorio pubblicato su Africa di marzoaprile 2011. Sono stata in Costa d’Avorio da settembre a dicembre 2010 e ho vissuto in prima persona il periodo della campagna elettorale, delle elezioni e del dopo elezioni. Vi assicuro che il vero vincitore non è Ouattara, ma Laurent Gbagbo... Ed è anche colui che crede nella pace e che è sostenuto dalla maggioranza della popolazione. Chi ha voluto e vuole la crisi tuttora presente? La Francia e gli USA a causa del petrolio, dell’oro, dei diamanti e del cacao. Perché credete alle notizie che vengono diffuse dai media, soprattutto francesi? Si tratta di colonialismo vero e proprio. Informatevi meglio, potete essere di grande 76
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a cura della redazione
aiuto per la libertà dei popoli africani. Per favore pubblicate la verità. Cordialmente Simona Giorgia Cara lettrice, sappiamo bene che l’Occidente ha pesanti responsabilità in diverse crisi africane, ma la guerra civile in Costa d’Avorio non può essere liquidata come una congiura “franco-statunitense”. La vittoria di Alassane Ouattara (che non è affatto uno stinco di santo) è stata riconosciuta come legittima dall’Unione africana e da tutta la comunità internazionale. Solo Laurent Gbagbo non l’ha accettata. Il suo disperato - e inutile tentativo di salvare la poltrona con l’uso delle armi ha fatto scivolare il paese sull’orlo del baratro. Ciò non toglie che l’intervento militare di Parigi sia stato sollecitato più da interessi geopolitici che da preoccupazioni umanitarie.
L’esplorazione di Bottego Spett. Redazione Africa, leggo sul n. di marzo-aprile 2011 che Vittorio Bottego si spinse “fino alle sorgenti segrete del fiume Omo”. Questa favole che Bottego fosse alla ricerca delle sorgenti del’Omo è in circolazione da qualche decennio. A tale proposito vogliate cortesemente vedere la pag. http://www.ilcornodafrica. it/rdc-07bottego.htm. Cordiali saluti. Alberto Vascon Nell’articolo si parla di “sorgenti del fiume Giuba”, non dell’Omo. La fra-
se incriminata si trova nel sommario e, in effetti, per un eccesso di sintesi può generare confusione. Grazie per la segnalazione.
Nonne karate
sugli orientalisti e in alcuni casi africanisti italiani, dal Gabrieli, al Nallino, al Levi della Vida al Caetani, fino al Cerulli, Ignazio Guidi, Carlo Conti Rossini ecc? Vi ringrazio per la vostra attenzione. Marco Demichelis Grazie per la proposta: è un’idea su cui rifletteremo.
L’organizzatore della corsa
Sono un vostro storico abbonato nonché un grande appassionato di arti marziali. Sull’ultimo numero di Africa ho letto con interesse la straordinaria storia delle vecchiette delle bidonville di Nairobi che frequentano corsi di autodifesa per respingere rapine e stupri... Per chi volesse vederle in azione vi segnalo un bel video che ho trovato su Youtube. Cercate “Kenya’s elderly fight back”. Simone Veneroni Torino
Occhio agli africanisti Oltre ad essere un vostro abbonato entusiasta, sono professore a contratto in Storia dei Paesi Islamici presso l’Università degli Studi di Torino. Vorrei farvi una proposta editoriale che prende ispirazione dalla vostra rubrica dedicata agli esploratori europei in terra africana. Sarebbe per voi interessate creare una rubrica simile, ma incentrata
Gentile rivista Africa, sono da alcuni anni abbonato alla vostra rivista che considero molto interessante e strumento molto utile per la conoscenza e l’approfondimento della realtà africana. Vorrei però segnalare una lacuna, o forse leggerezza, che ho riscontrato a pagina 59 del numero 2/2011 della rivista. Nell’articolo dedicato alle gare podistiche che si svolgono nel continente africano, fra le tante competizioni viene ricordata anche la Boavista Ultramarathon che si disputa a Boavista, una delle dieci isole dell’arcipelago di Capo Verde. Mi sembra corretto dare il giusto merito a chi quella corsa ha ideato ed organizzato fin dalla prima edizione, indicandone il nome: Pergiorgio Scaramelli. Cordialmente, Antonio Danise
Prendete anche voi la parola nella “Togu na”. Scrivete a: Africa C.P. 61 24047 Treviglio BG oppure mandate una mail: africa@padribianchi.it o un fax: 0363 48198
n. 3 maggio . giugno 2011 www.missionaridafrica.org
Mozambico, un rifugio per i piccoli orfani Il Centro dei Santi Innocenti, situato nella periferia di Beira, è stato realizzato negli anni 90 per soccorrere i tanti giovani rimasti vittime della guerra civile in Mozambico. Ancora oggi il centro aiuta più di 150 bambini e ragazzi senza famiglia
I primi ospiti
Horacio era un bimbo felice, come tanti. Poi un giorno il papà morì in un incidente stradale e la mamma cominciò ad avere seri disturbi mentali. Fu così che arrivò al centro, a 10 anni. Oggi frequenta l’Università Pedagogica e insegna nello stesso Centro che lo accolse da bambino. Jorge invece arrivò dalla strada. Aveva 9 anni ed era scappato di casa. Il papà era morto, la mamma si era risposata ma il nuovo marito era molto ostile verso i figli del primo matrimonio. Jorge era molto indipen-
di Claudio Zuccala dente e decise che era meglio vivere in strada piuttosto che non sentirsi amato in casa. Un giorno bussò alla porta dell’orfanotrofio. Due piccole storie di ragazzi per i quali, nell’ottobre del 1993, nacque l’idea di un centro di accoglienza a Manga, un sobborgo di Beira, la seconda città del Mozambico. La guerra civile era terminata da un anno, lasciando dietro di sé uno strascico di lutti, sofferenze e migliaia di famiglie distrutte. Milioni di profughi erano
Padre Claudio con uno degli orfanelli adottati ed una educatrice del Centro
padri bianchi . missionari d’africa
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fuggiti dalle zone di guerra dopo aver perso tutto, beni e famiglia. Tra di loro, vi erano molti bambini e minorenni.
Un po’ di storia
Un giorno d’autunno del 1993, nella parrocchia di S. Maria, a Manga, dopo la messa serale, un missionario comboniano, p. Arnaldo Baritussio, un volontario italiano Veziano Armandi e due religiosi mozambicani, suor Delfina e fratel Julio, di fronte al numero sempre maggiore di bambini che chiedevano protezione, decisero di intervenire e di creare una struttura per accogliere centinaia di orfani. Già da vari mesi i due religiosi avevano accolto alcuni bambini di strada. Molti erano denutriti, mentre altri soffrivano di gravi malattie. Erano tutti molto piccoli e organizzati in bande. Alcuni di loro avevano vissuto esperienze terribili. All’inizio dormivano sotto una tettoia, vicino alla parrocchia; passavano la giornata in giro e alla sera tornavano per ricevere un pasto. Avevano bisogno di cibo, di medicine, di vestiti, ma anche di istruzione. Nacque così l’idea che avrebbe portato alla realizzazione del Centro dei Santi Innocenti. All’inizio del 1994 il progetto venne presentato all’Unione Europea per il finanziamento. L’iter burocratico si rivelò abbastanza lungo e fu solo alla fine del 1997 che il Centro fu in grado di accogliere i primi bambini. Nel frattempo, l’idea iniziale di un semplice orfanotrofio subì un’evoluzione e portò alla creazione di un complesso polifunzionale formato da tre dormitori, una scuola elementare, una scuola professionale, un refettorio, una lavanderia, un edificio amministrativo e un mulino. Negli ultimi anni difficoltà di vario tipo, soprattutto economiche, hanno portato alla chiusura della scuola professionale e del mulino. Questa ristrutturazione ebbe dei risvolti positivi perché permise un ampliamento della scuola primaria, alla quale vennero aggiunte le classi delle superiori. Nel 2006, l’acquisto di una casa ad un centinaio di metri dal Centro permise di accogliere una trentina di ragazzine dagli 8 ai 16 anni, orfane di uno o entrambi i genitori.
Le attività
Il Centro dei Santi Innocenti è nato con una duplice finalità: il recupero e l’inserimento sociale dei minori orfani o in condizioni familiari difficili e la formazione professionale dei giovani della località. Tale scelta era motivata dal bisogno di intervenire sia nei con-
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Nella foto sopra, una classe di ragazze. Sotto. La nuova casa per le ragazze
fronti dei minorenni privati di legami familiari che verso i giovani privi di un’attività professionale. Il Centro appartiene all’Arcidiocesi di Beira ed è gestito dalla Congregazione diocesana delle Sorelle dei Poveri, la cui responsabile è Suor Delfina Tamela, la religiosa mozambicana che ha seguito fin dall’inizio tutte le attività. Sono affiancate nel loro lavoro da una decina di laici. La scuola del Centro dei Santi Innocenti - divisa in primaria (7 anni) e secondaria (3 anni) - è riconosciuta dal Ministero dell’Istruzione e segue i programmi dello Stato. È aperta a tutti i bambini che vivono nelle vicinanze. Gli insegnanti sono pagati dal Ministero dell’Istruzione. Gli alunni della scuola primaria sono circa 400, mentre quelli della secondaria sono quasi 900.
Il vostro aiuto
Il Centro è ben lontano dall’essere autosufficiente e probabilmente non lo sarà mai. Le tasse di iscrizione degli studenti esterni ed i proventi dei campi del Centro rappresentano certo un’entrata costante, ma è insufficiente per coprire i salari, i costi di gestione, il cibo, le medicine, i vestiti, ecc. Come aiu-
tare? Una possibilità è quella di fare un’offerta o un’adozione a distanza. È un grande piacere testimoniare la grande generosità di tante persone contattate da me personalmente o tramite la rivista Africa: da luglio dello scorso anno sono arrivate offerte per un totale appena inferiore ai 30mila euro! Per sapere come fare per aiutare visitate il sito www.santinnocenti. org/ oppure contattarmi personalmente via e-mail: c_zuccala@padribianchi.it Un caro saluto e grazie da tutti noi.
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Detrazione
- Deduzione per erogazioni liberali
Forse non tutti sanno che le vostre donazioni possono fruire dei benefici fiscali concessi dalla legge, attraverso gli strumenti della detrazione e della deduzione. La detrazione/ deduzione per le erogazioni liberali è riconosciuta solo se viene effettuata con strumenti di pagamento tracciabili ossia: assegno, bonifico, carte di credito,
I Padri Bianchi in India
AMICI DEI PADRI BIANCHI - ONLUS
Non solo Africa
Codice Fiscale: 93036300163
In India, i Padri Bianchi hanno aperto una casa di formazione per chi vuole dedicare la propria vita alla missione
Sostegno al Centro nutrizionaledi Kisenso Referente: padre Italo Iotti
di Jean-Pierre Roth da famiglie modeste e fin da piccoli hanno imparato ad apprezzare le cose semplici e importanti della vita: la salute, il cibo, l’educazione, il vivere armoniosamente in comunità. Oltre agli studi di filosofia, i giovani si occupano anche dell’organizzazione materiale della casa: provvedendo alle pulizie, facendo la spesa al mercato e aiutando in cucina.
Profonda spiritualità
I seminaristi insieme ai loro formatori
Dal 1984 nella città di Bengaluru i Padri Bianchi hanno aperto una casa di formazione per i giovani indiani attratti dalla vita missionaria. In questo momento la struttura ospita na piccola ventina di giovani che provengono da ogni regione del sotto-continente indiano. Già questo fatto, per loro, è una grande sfida: superare le barriere linguistiche che li separano (la Costituzione indiana riconosce un insieme di 22 lingue locali, oltre all’hindi e all’inglese...) ed interessarsi ad altri usi e costumi del proprio Paese è un buon allenamento allo sradicamento che dovranno poi vivere più avanti in Africa. Gli aspiranti missionari provengono
bancomat. Per beneficiare della deduzione è sufficiente allegare alla dichiarazione dei redditi le ricevuta del vostro bonifico. Assegni e bonifici vanno indirizzati a: Amici dei PAdri BiAnchi - Onlus c.P. 61 - V.le merisiO 17 24047 TreVigliO Bg Banca: cAssA rurAle di TreVigliO e gerA d’AddA IBAN: iT73 h088 9953 6420 0000 0172 789 BIC/SWIFT: BccTiT2T
In India la religione e la preghiera sono parte integrante della vita sociale. Non è raro vedere persone che si fermano in mezzo alla strada per pregare, immobili nel caos che li circonda! Il contesto multi-religioso da cui provengono li spinge a scoprire la loro identità propria e li motiva ad intraprendere il cammino personale di una spiritualità che li caratterizzi per quello che sono. A questo proposito, è significativo il modo in cui vedono il ruolo del “guru” indù: lo rispettano in quanto anziano che ha vissuto in prima persona un messaggio che trasmette. Tuttavia, ci tengono a salvaguardare una libertà propria attraverso la riflessione e il discernimento personale. Peraltro, la libertà è proprio uno degli aspetti del cristianesimo che li attira di più. Non c’è dunque pericolo di mescolare elementi religiosi presi a piacimento, ma c’è piuttosto uno sguardo critico sulla realtà multi-religiosa nella quale sono nati e cresciuti. Dopo aver trascorso un anno a Bangaluru, ho avuto il privilegio di partecipare ad un’ordinazione sacerdotale, di conoscere giovani missionari indiani e di collaborare con loro. Sono contento di vedere che l’intuizione missionaria del nostro fondatore, il cardinale Lavigerie, li interessa e li ispira. In questo sottocontinente spesso vittima di violenze di origine religiosa, il suo messaggio pieno di rispetto per i diversi riti cristiani e la sua visione positiva dell’islam si presentano come un balsamo che sana le ferite del passato e offre elementi positivi per il futuro.
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padri bianchi . missionari d’africa
PROGETTI SOSTENUTI Progetto 01-10 RD Congo Sfamare i bambini del Congo
Progetto 06-10 Burkina Faso Costruire un mulino Dori - Il mulino della speranza Referente: padre Pirazzo Gabriele
Progetto 07-10 Borse di Studio Aiutare i seminaristi in Kenya Per studenti Padri Bianchi Referente: padre Luigi Morell
Progetto 09-10 Mozambico Adotta un bambino in Mozambico Referente: padre Caludio Zuccala
Progetto 12-10 Kenya Un camioncino per St. Mary
Regalare un pulmino ad una parrocchia Referente: padre Luigi Morell
Progetto 01-11 Algeria Scolarizzazione femminile
Si tratta di sostenere gli studi di alcune ragazze algerine in situazioni particolarmente difficili Costo previsto: 950,00 euro Referente: padre José Maria Cantal
Progetto 02-2011 Algeria Biblioteca di Tizi-Ouzou
La biblioteca Le Figuier è uno strumento indispensabile per più di 500 iscritti, soprattutto studentesse in medicina. Aiuto richiesto: 5.500 euro. Rami da aggiornare: medicina, biologia e lingua inglese Referente: padre José Maria Cantal
Per ogni invio, si prega di precisare sempre la destinazione del vostro dono (numero progetto, sante messe, rivista, offerte, ecc) ed il vostro cognome e nome info africa@padribianchi.it telefono 0363 44726
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Da 140 anni al servizio dell’Af dell’Africa
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Per aiutarci basta un gesto
x1000 c.f. 93036300163
Anche per il 2011 puoi sostenere i nostri progetti con una semplice firma sulla tua dichiarazione dei redditi.
Amici dei Padri Bianchi - Onlus
Ringraziando quanti l’hanno sostenuta, incoraggiata ed aiutata, la Onlus Amici dei Padri Bianchi presenta il bilancio 2010 approvato dall’Assemblea Generale degli associati riunitasi il 19 marzo 2011
Bilancio 2010 Lo stato patrimoniale risulta così composto: ATTIvITà Cassa ___________________________________ 19,82 Conto corrente Cassa rurale ________________23.876,36 Oneri pluriennali da ammortizzare _____________5.760,00 Totale attività __________________________29.656,18 PASSIvITà Progetti 2010 __________________________14.625,00 Patrimonio sociale ________________________1.050,00 Avanzo di gestione anni precedenti ___________10.922,26 Avanzo di gestione bilancio 2010 _____________3.058,92 Totale passività ________________________29.656,18
b ) costi della produzione ________________________ 1 - costi mat. prime, sussid., di consumo _______ 29,84 2 - costi per servizi ______________________ 35,00 3 - spese bancarie _______________________ 10,50 totale costi produzione _____________________ 75,34 differenza valore-costi produzione __________7.361,38 c ) proventi e oneri finanziari interessi c/c banca __________________________ 16,54 altri proventi finanziari proventi 5x1000 - agenzia entrate _____________5.536,52 tot.proventi e oneri finanziari ______________5.553,06
il conto economico in forma scalare: CONTO eCONOmICO 31/12/2010 a ) valore della produzione 1 - donazioni ricevute ___________________3.700,00 2 - sostegno rivista Africa _______________3.165,90 3 - Padri Bianchi per mostre Africa __________ 570,82 totale valore produzione __________________7.436,72
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d ) avanzo lordo di gestione ______________12.914,44 e) erogazioni donaz. Africa e Padri Bianchi ____9.855,52 f ) avanzo di gestione 2010 ________________3.058,92 oneri straordinari - totale proventi - oneri straord. risultato netto di gestione _________________3.058,92
Le nostre mostre fotografiche disponibili per esposizioni in tutta Italia
Figli maledetti
Le mostre possono essere allestite
I piccoli dannati del Congo
in scuole, biblioteche, parrocchie e centri culturali. È richiesto
di Marco Trovato
L’Africa di Edo
un contributo minimo di 200 euro per l’esposizione più il rimborso delle spese di spedizione.
Uno sguardo al continente africano e alla sua gente litografie di Edoardo di Muro
Per prenotazioni e informazioni rivolgersi alla redazione, tel.0363 44726, africa@padribianchi.it Anteprime su www.missionaridafrica.org
L’africa nel pallone
20 fotografi illustrano sogni e illusioni del calcio africano autori vari
Nei giardini di Allah
Viaggio tra le sabbie del Sahara
Donna Africa
Immagini sorprendenti che svelano il volto fiero e gioioso del continente di Andrea Semplici e Bruno Zanzottera
Anche Africa partecipa alla festa dal 13 al 15 maggio**. Vieni a trovarci!
di Marco Trovato
Sulle strade di Maputo
I “meninos de rua” del Mozambico di Giovanni Diffidenti
Patrick Baz / AFP
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