IN GOD’S COUNTRY LA FEDE DELL’AFRICA IMMORTALATA DAI GRANDI FOTOREPORTER
AFRICA
MISSIONE • CULTURA
IN GOD’S COUNTRY LA FEDE DELL’AFRICA IMMORTALATA DAI GRANDI FOTOREPORTER
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Catalogo della mostra fotografica In God’s Country Pubblicazione non commerciale a cura della rivista Africa - www.africarivista.it Progetto e coordinamento: Marco Trovato Testi: Pier Maria Mazzola Supervisione immagini: Marco Garofalo Post-produzione: Luca Fornaro Grafica e impaginazione: Claudia Brambilla In copertina: Mowe (Lagos), Nigeria. Raduno della Redeemed Christian Church of God. Foto di Robin Hammond (Noor / Luz) Fotolito e stampa: Jona - Paderno Dugnano (MI) - settembre 2017
Prefazione
DOVE DIO È DI CASA
In Ruanda ho visto una donna scampata al genocidio intonare una straziante nenia di preghiera nella chiesa crivellata di colpi dov’era stata sterminata la sua famiglia. In Congo ho visto un uomo inginocchiato sulla tomba del suo bambino, bruciato vivo sotto l’accusa di stregoneria lanciata da membri della sua stessa comunità. In Togo ho visto un prete vodu con gli occhi iniettati di sangue azzannare al collo una capra per un sacrificio. In Etiopia ho visto fedeli pregare tutta la notte con litanie ipnotiche fino allo sfinimento, mentre altri battevano la testa contro i muri in segno di espiazione. In Guinea-Bissau ho visto un missionario cattolico rendere omaggio agli spiriti delle isole Bijagos dinanzi a un altare pieno di feticci. In Mali ho visto un gruppo di musulmani uscire dalla moschea e recarsi in riva al Niger per implorare il dio del fiume che rompesse la siccità. In Sudan ho visto i sufi ripetere invocazioni e versetti coranici come mantra e ruotare vorticosamente fino alla trance. In Camerun ho visto un medico ospedaliero chiedere aiuto agli antenati per guarire una malattia incurabile. In Eritrea ho visto 3
cristiani in estasi davanti a un baobab miracoloso. In Uganda ho visto preti brandire crocifissi come spade per cacciare il demonio. In Africa ho visto innumerevoli gesti di fede: alcuni mi hanno colpito, altri emozionato, altri ancora turbato, indignato oppure sconvolto. Ho cercato di capire, interpretare, ma ho dovuto arrendermi. La razionalità non sa spiegare i misteri accettati da un credente. E in Africa tutti paiono affidare il proprio destino a un’entità trascendente, rivolgendo invocazioni a divinità o spiriti misericordiosi. La mostra fotografica In God’s Country (“Nella patria di Dio”) è dedicata al complesso – talora controverso – panorama religioso africano. Le immagini di questo volume mostrano battesimi, funerali, esorcismi, celebrazioni di massa e intime preghiere; immortalano gesti antichi, sguardi magnetici, riti solenni; sembrano sprigionare un’energia immensa (talora manipolata e distruttiva) che attraversa l’intera Africa. Come ha ricordato il giornalista Pietro Veronese, questo «è un continente di credenti. Dove la fede – nella vita, nel domani, negli spiriti degli antenati e nella volontà di Dio – è più forte, più accettata, più condivisa che ovunque altrove».
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Più volte mi sono trovato a osservare, affascinato e intimorito, questa forza invisibile che dà senso e ordine alla vita di tanta gente. E, di fronte ai drammi e ai tormenti di cui sono stato testimone, mi sono sorpreso a invidiare i credenti, capaci di mostrare una serenità che io, animo irrequieto e dubbioso, non possiedo. Una volta, in uno slum di Luanda incontrai un uomo a cui le ruspe avevano appena abbattuto la baracca in cui viveva con uno stuolo di bimbi. Tra l’ammasso di lamiere e cartoni lerci andava alla ricerca della sua Bibbia. «Non posso farne a meno – disse –, viviamo nella patria di Dio». Marco Trovato
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Introduzione
IN GOD’S COUNTRY No, Dio non è morto. Il pronostico di un mondo inesorabilmente avviato al secolarismo si è infranto. Anche i sociologi della religione più disincantati hanno cambiato idea: modernità non rima con miscredenza, ma con pluralità. In Africa, Dio è sempre rimasto di casa. Come se il continente culla dell’umanità non avesse mai cessato di essere anche la terra di Dio. Numerosi miti narrano dell’Essere Supremo che conviveva con gli umani, finché qualcuno di loro non gli ha dato fastidio e Lui si è ritirato. Da allora, l’umanità è andata in cerca dei modi per ingraziarsi il Creatore e dare risposte ai problemi dell’esistenza mettendosi in comunicazione con quanti, antenati e altri spiriti, ha creduto essere più vicini a Lui. Per questo, ben saldi nelle loro religioni tradizionali (si discute ancora se definirle o no “animiste”), gli africani subsahariani hanno solitamente ben accolto le fedi venute da lontano. E dopo i predicatori islamici e i missionari europei, sono fioriti profeti e messia neri. 6
Oggi, a nutrire le speranze ci sono miriadi di pastori e santoni che mischiano libri sacri e pratiche tradizionali, nel solco di un sincretismo che pare avere i suoi dogmi e certezze. Promettono miracoli, esorcizzano dal Male e mandano in trance i fedeli. E rastrellano denaro dagli adepti che affollano i capannoni delle Chiese apocalittiche e pentecostali. La buona salute della Chiesa cattolica, che in Africa cresce più altrove nel mondo, deve fare i conti con questo panorama complesso, mentre anche l’islam appare in crescita (un africano su due è ormai musulmano)... senza che tutto ciò sembri intaccare il diffuso e granitico culto degli spiriti che permea la vita di tutti i giorni. Fede, credenze, sacro, magia, fraternità, stregoneria, devozionalismo, mistica, religiosità, occultismo, spiritualità… È vasto il lessico della relazione umano-divina: continuamente ritentata, non sempre riuscita, spesso fraintesa, non di rado manipolata a fini di lucro, di potere o di violenza. Sono tutte dimensioni che in Africa convivono l’una accanto all’altra. Queste immagini aprono appena uno spiraglio su un mondo ampio e profondo, che potrà suscitare ora ammirazione ora apprensione, talora sdegno. Comunque dimostrando che Dio, qui, è davvero di casa. Pier Maria Mazzola 7
C’È UN POSTO ANCHE PER TE Un fedele della Redeemed Christian Church of God sembra vibrare alla discesa dello Spirito Santo. Il parlare in lingue, la fiducia in un miracolo che può cambiare la propria vita, la leadership carismatica sono punti di forza del pentecostalismo. In tutto il mondo e particolarmente in Africa. Un’altra delle ragioni del suo successo sta nella sua capacità di far sentire sullo stesso piano tra di loro persone di reddito, educazione e origine sociale diverse. Mowe (Lagos), Nigeria. Raduno della Redeemed Christian Church of God Robin Hammond (Noor / Luz)
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CORDE PROFONDE È Pasqua, e nella basilica cattedrale della seconda città del Paese si dà il meglio di sé in fatto di musica liturgica – la liturgia è una dimensione che, evidentemente, in Africa tocca corde profonde. È questo il continente dove più forte è la crescita dei cattolici: dal 2014 al 2015 si è registrato un incremento del 19,4%, per un totale di 222 milioni di battezzati; percentuali analoghe nell’aumento di sacerdoti e religiose. I cristiani delle altre denominazioni hanno, complessivamente, all’incirca lo stesso peso. La percentuale di musulmani (su una popolazione che si avvicina al miliardo) è stimata tra il 40 e il 50%. Kumasi, Ghana. Coro della cattedrale cattolica di St. Peter Gabriele Cecconi 32
TEOLOGIA A COLORI «Mostrami le immagini che veneri e ti dirò in cosa credi», diceva san Giovanni Damasceno. L’arte delle icone è di chiara origine bizantina, però le icone egiziane ed etiopiche assumono delle peculiarità che le rendono immediatamente riconoscibili. Se tutte condividono la medesima preoccupazione di rappresentare l’anima, più che le fattezze naturalistiche dei personaggi raffigurati, nelle icone etiopi si può notare la sproporzione della testa rispetto al resto del corpo e, in questa, l’importanza data agli occhi. Se l’iconografia orientale è “aristocratica”, quella copta è decisamente arte popolare. Lalibela, Etiopia. Creazione di icone su pelli di capra nella chiesa di Bet Giyorgis Alessandro Gandolfi (Parallelozero) 50
NERI COME ANGELI In culture orientate alla moltiplicazione delle vite, non poteva lasciare indifferenti una festa dedicata alla natività, alla nascita di un Dio che si fa uomo. Il carattere narrativo della fede cristiana, che è messo in risalto nel racconto natalizio (come pure nella Passione: ed entrambi sono eventi-soglia dell’esistenza), ben si sposa con il gusto africano per le storie. E per la loro drammatizzazione. Che, come nel caso di questo dietro le quinte della vigilia di Natale, può diventare un lungo musical che inizia con il giardino dell’Eden e si chiude sulla strage degli innocenti. Kinshasa, Rd Congo. Rappresentazione teatrale natalizia Andrea Frazzetta
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«VOI, MASCHERE!...» Una maschera in un museo è solamente... un pezzo di legno. La maschera, che solitamente include il costume, acquista senso – un senso sacro – quando prende vita nel corso di una cerimonia. Può assumere l’aspetto e le movenze di un animale; è, in ogni caso, un antenato o uno spirito che danza in favore della comunità. È la maschera a regolare il ritmo delle percussioni (non viceversa) e del fluire del tempo. Come non pensare ai versi di Senghor: «Maschera nera, maschera rossa, voi maschere bianche e nere, maschere ai quattro punti dove soffia lo Spirito, io vi saluto nel silenzio! E non ultimo tu, Antenato dalla testa di leone…». Dédougou, Burkina Faso. Performance al Festival Internazionale delle Maschere e delle Arti Anthony Pappone 60
GUARITORE? IMAM? Il mondo culturale swahili, adagiato sulla costa che va dal Kenya al Mozambico settentrionale passando per la Tanzania, ha cominciato ad assumere una propria identità da prima dell’anno Mille, sotto l’influsso arabo e poi anche persiano. Con nomenclature diverse e miti “contaminati” dalla religione islamica e anche da quella cristiana, il substrato bantu ha saputo reggere bene. Al punto che è possibile trovare waganga (guaritori tradizionali) simili a imam. Nell’ombra ci sono però “stregoni” che, per i loro “lavori”, hanno bisogno di organi umani – come testimonia, per esempio, il dramma della caccia agli albini. Tumbatu (Zanzibar), Tanzania. Mganga somministra terapia tradizionale a base di erbe, radici e Corano Bruno Zanzottera (Parallelozero) 62
MUSULMANI COSÌ I Tuareg sono musulmani dal VII-VIII secolo: furono essi stessi – con le loro carovane che solcavano il Sahara entrando in contatto con popolazioni diverse – importanti vettori dell’islam nella regione. Hanno però conservato caratteristiche loro, come la monogamia e un’accentuata considerazione per la donna, che può anche essere capofamiglia, o ancora pratiche preislamiche, come la fabbricazione e l’uso di amuleti. Soprattutto in Mali, gli “uomini blu” sono da decenni in conflitto con il potere centrale e, soprattutto all’indomani della fine di Gheddafi in Libia, gruppi armati tuareg sono stati di fatto gli apripista del jihadismo nella regione. Deserto del Ténéré, Niger. Tuareg rivolto alla Mecca per la preghiera serale Bruno Zanzottera (Parallelozero) 70
SACRE ALLUCINAZIONI Bwiti è il nome di una religione che, nella sua forma attuale, è abbastanza recente. Si tratta di un “bricolage” tra preesistenti organizzazioni di “caccia agli stregoni” e l’incontro con il cristianesimo; centrale è l’assunzione di una “pianta sacra” allucinogena di cui i pigmei avevano il segreto: l’eboga. Oltre all’iniziazione, il rito più importante è lo ngoze, una “messa” che può durare per per tre notti consecutive (nascita, morte, resurrezione). «Tutte le cose della religione dei bianchi le ascoltiamo con le orecchie, ma noi, noi Fang, impariamo con gli occhi, e l’eboga è la religione che ci permette di vedere», spiega un adepto. Libreville, Gabon. Rito di purificazione del Bwiti Sergio Ramazzotti (Parallelozero) 74
Noleggia la mostra fotografica L’anima profonda dell’Africa immortalata dai grandi reporter. Un vibrante racconto per immagini sulla spiritualità di un continente che non perde mai la fede. Cinquanta scatti d’autore. Un palpitante viaggio fotografico tra credenze secolari, nuove liturgie, rituali segreti, cerimonie solenni, sincretismi religiosi e pericolosi fondamentalismi. In God’s Country può essere allestita in spazi pubblici e privati.
Per informazioni sul noleggio: info@africarivista.it tel. 0363 44726 - cell. 334 2440655 www.africarivista.it/mostre
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