L'Asilo della Rivoluzione

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Edizioni del Circolo culturale Enrico Zambonini – Villa Minozzo (RE) 2


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Muratori Matteo

L’ASILO DELLA RIVOLUZIONE ENRICO ZAMBONINI E LA COLONIA “L'ADUNATA DEI REFRATTARI” Un'esperienza di educazione libertaria durante la Guerra Civile spagnola

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DUE PAROLE

Il Circolo culturale Enrico Zambonini ha deciso di pubblicare la tesi di laurea dell’Università di Modena e Reggio A.A. 2008/2009 in Scienze della formazione primaria ad indirizzo elementare di Matteo Muratori perché l’assordante silenzio steso intorno alla figura di Enrico Zambonini, dopo il primissimo periodo intra-resistenziale – tosto tacitato - sia finalmente rotto da testimonianze e documenti che restituiscano linfa ai valori per i quali Fain offrì la vita intera.

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Prefazione di Francesco Codello Questo lavoro di Matteo Muratori appartiene a quella storia che gli specialisti del settore definiscono “minore”, perché ruota attorno a fatti e personaggi di secondo piano pur all’interno di movimenti generali. Ma queste biografie e questi studi portano finalmente alla ribalta persone ed esperienze senza le quali gli avvenimenti storici non avrebbero avuto alcun senso. Infatti il contesto storico della Spagna rivoluzionaria (1936-1939), che qui rappresenta il fatto generale, si è compiuto e realizzato grazie soprattutto all’azione e all’impegno, persino “eroico”, di migliaia e migliaia di militanti, uomini e donne, giovani e bambini. In particolare viene qui portata alla luce, in modo sistematico e compiuto, un’esperienza di educazione libertaria durante la guerra civile spagnola, la colonia “L’adunata dei refrattari”, di cui Enrico Zambonini è stato uno tra i principali protagonisti. Lo studio di Muratori inquadra, in modo attento e preciso, tutto ciò all’interno del più generale dibattito e delle realizzazioni storiche delle idee che gli anarchici e i libertari hanno sostenuto nel corso della storia contemporanea. Infatti, tra le varie espressioni dell’anarchismo storico, è sempre esistita una vocazione educazionista, vale a dire una tendenza che ha privilegiato l’impegno a favore di una educazione popolare e di un’istruzione integrale, ritenute indispensabili per costruire un mondo nuovo, liberato da ogni sfruttamento e da ogni oppressione. In Italia, soprattutto negli anni che vanno dall’inizio del Novecento all’avvento del fascismo, questa 7


tendenza ha rappresentato, nei fatti, un’importante e continua discussione a favore dell’educazione libertaria. In particolare occorre ricordare figure come Luigi Fabbri, Luigi Molinari, Domenico Zavattero, Camillo Berneri, Fanny Dal Ry, Pietro Gori, Luigi Galleani, Maria Rygier, e molti altri, che si sono profuse nella fondazione e redazione di periodici e numeri unici, comitati e tentativi di realizzazione concreta di un’istruzione popolare e libertaria, al fine di stimolare un’emancipazione integrale di adulti e bambini1. Nella Spagna pre-rivoluzionaria esisteva una tradizione socialista, anarchica e sindacalista, che aveva preparato per decenni, attraverso anche azioni educative, il terreno fertile da cui è sbocciata e si è realizzata questa pagina straordinaria dell’anarchismo contemporaneo. Ecco che esperienze come quelle della colonia, oggetto di questa ricerca, si inseriscono perfettamente in una tradizione consolidata e importante e figure di militanti, come quella del reggiano Zambonini, combattente volontario in questa terra effervescente di sperimentazioni libertarie, trovano ragione e occasione per testimoniare le proprie convinzioni. Ma l’esperienza educativa di Pins del Valles rappresenta, pur nella sua breve esistenza, un esempio particolare e interessante, perché accoglie bambini e bambine che sono vittime della guerra e che quindi sono portatori di vissuti drammaticamente tragici. 1

Cfr.: Francesco Codello, Educazione e anarchismo. L’idea educativa nel movimento anarchico italiano (1900-1926), Corso Editore, Ferrara, 1995. 8


Muratori ricostruisce in questo lavoro tutte le fasi di costituzione della colonia, delle difficoltà connesse a una simile realizzazione, delle polemiche che all’interno di un movimento anarchico statunitense appaiono per lo più incomprensibili, degli sforzi e dell’impegno finanziario e quotidiano di molti militanti e della figura di Zambonini all’interno di questa esperienza. Conclude il lavoro una lettura sia delle idee di Zambonini in ambito educativo, nel solco della consolidata tradizione anarchica, sia la dimostrazione di come sia possibile pensare e realizzare una didattica partendo dalle domande, in una ricerca libera e approfondita, attraverso la valenza ormai incontestabilmente riconosciuta del lavoro di gruppo (Cooperativ Learning) putroppo quasi sempre non praticato all’interno delle scuole tradizionali. Insomma Muratori, oltre che restituirci con chiarezza e precisione, una pagina di storia sconosciuta e significativa, ci offre anche lo stimolo per trasformarla in un’occasione di didattica alternativa.

Francesco Codello , dirigente scolastico di Treviso, da anni impegnato nella ricerca storico-educativa, è autore di numerosi articoli e saggi apparsi su diverse riviste, animatore dell'IDEN (International Democratic Education Network) in Italia e redattore della rivista "Libertaria". Tra le sue pubblicazioni Educazione e anarchismo. L'idea educativa nel movimento anarchico italiano (1900-1926) , Ferrara, 1995 e La buona educazione Esperienze libertarie e teorie anarchiche in Europa da Godwin a Neill. Franco Angeli 2005.

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Se io dico all'empio: “Empio, tu morirai” e tu non parli per distogliere l'empio dalla sua condotta, egli, l'empio, morirà per la sua iniquità; ma della sua morte chiederò conto a te. Libro di Ezechiele, 33.8 Chi sa di esser profondo, si adopra ad esser chiaro; chi vorrebbe apparir profondo alla moltitudine, si adopra ad essere oscuro. La Gaia Scienza, Nietzsche, fr. 173 Sai che fortuna essere liberi, essere passibili di libertà che sembrano infinite? [...] Il mondo si sgretola, rotola via; succede, è successo, si sgretola e via. Narko'$, CCCP

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INDICE Premessa

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-Cap.1. Teorie libertarie ed anarchiche da metĂ Ottocento alla guerra civile spagnola pag. 19 - Cap.2. Realizzazione di esperienze educative straordinarie in Spagna prima e durante la guerra civile pag. 36 - Cap. 3. I bambini e la guerra civile spagnola - Cap. 4. Enrico Zambonini:

pag. 71 pag. 101

dall'Appennino reggiano alla guerra di Spagna (e molto altro) - Cap. 5. La Colonia l'Adunata dei Refrattari

pag.124

-Cap. 6. Spunti per la didattica dalla biografia di Enrico Zambonini

pag. 186

- Conclusioni

pag. 196

- Postfazione di Adriano Cappellini

pag. 201

- Bibliografia

pag. 205

- Appendici fotografiche e documentali

pag. 210

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UNA PUNTUALIZZAZIONE SULLE PAGINE A VENIRE Queste pagine hanno una doppia ragione di esistenza. In primo luogo, sono un tentativo di riorganizzare una parte del molto materiale che Benedetto Valdesalici e alcuni suoi validi collaboratori hanno nel tempo reperito, verificato ed approfondito riguardo ad Enrico Zambonini. In seconda battuta, costituiscono la tesi di laurea in Scienze della Formazione Primaria di chi scrive: dovendo presentare un documento di questo genere per ottenere l'abilitazione all'insegnamento, ho approfittato dell'occasione per concedermi il dovuto tempo al confronto con i materiali su Zambonini e la Colonia per gli orfani di guerra e per fare conoscere in sede accademica questa peculiare e significativa vicenda. La prima ragione di esistenza prevale in chi scrive sulla seconda almeno come motivo appassionante, ma la seconda ha sicuramente modificato maggiormente la struttura del prodotto finale dettandone la forma, la successione degli spunti di indagine e lo stile. La scrittura dell'ultimo capitolo – in particolare – è stata direttamente sollecitata dall'università, motivando con il fatto che pare opportuno e dovuto che una tesi in Scienze dell Formazione Primaria abbia agganci diretti 12


con la didattica. Conformandomi, ho scritto l'ultimo capitolo tenendo però presente che per un insegnante sarebbe meglio non preparare i percorsi in classe in modo da chiudere le opportunità di discussione e non arrivare a smascherare la propria incompetenza, bensì insegnare ciò che sia da lui conosciuto con passione e adeguata profondità. La soddisfazione maggiore sarebbe che questo lavoro potesse in qualche modo essere di una qualche utilità anche ai periti dell'argomento, confidando sul fatto che di sicuro lo sapranno sgrossare dalle parti retoriche e inopportune che sicuramente ne fanno parte. Intanto – pur sapendo alcuni allergici a questa pratica – li ringrazio.

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PREMESSA UFFICIALE Questo percorso vuole essere il tentativo di rintracciare connessioni tra ideali libertari ed esperienze educative concrete durante la guerra civile spagnola (1936-'39). Il terreno non è dei più consolidati: le "pedagogie" libertaria e anarchica non sono ricomponibili in sequenze unitarie e molti accadimenti storici precedenti o costituenti quel conflitto sono stati sottoposti a revisionismo quando non all'occultamento. Non si ha qui certo l'ambizione di esaurire l'argomento: infatti, la soluzione adottata è quella di muoversi partendo da una esperienza educativa precisa e in se stessa compiuta – la Colonia per orfani di guerra di Pins del Valles – per ricomporre a ritroso le premesse biografiche (nel caso di uno dei fondatori), storiche (per quanto concerne la tipologia di intervento educativo) e ideologiche (riguardo alle motivazioni profonde) della Colonia. Questo criterio nell'analisi dei fatti è stato in realtà seguito idealmente solo da chi scrive: nel corso dei capitoli l'ordine di presentazione viene esattamente invertito, per invitare i lettori ad una somma di elementi che portino al risultato naturale della Colonia, primum movens della ricerca. Nel primo capitolo si cerca di mettere a fuoco una zona storicamente non ancora ben definita del pensiero occidentale, quella cioè occupata dal pensiero libertario. Prendendo come autorevole base per l'analisi il lavoro di Francesco Codello (2005), La buona educazione, si proverà a definire quali siano i 14


presupposti comuni a diverse teorie ed esperienze spesso non esplicitamente né consapevolmente legate tra di loro: questi presupposti si applicano anche ad alcune teorie anarchiche. Da questa analisi l'anarchismo pare essere, a tutti gli effetti, sottoinsieme del libertarismo, anche se questo fatto non sempre è accettato con pace dai soggetti compresi in queste parti ideologiche. Il percorso non è e non vuole essere esaustivo: sono stati scelti gli autori che avrebbero potuto dimostrarsi significativi per comprendere il contesto culturale dell'anarchismo spagnolo negli anni della guerra civile o in quelli immediatamente precedenti. Contemporaneamente, ha forse influenzato la scelta il fatto che molte di queste analisi e riflessioni possono essere valide anche oggi, confrontabili con quella sensibilità e consapevolezze che solo da pochi anni la pedagogia e le discipline correlate hanno fatto proprie. Nel secondo capitolo sono presentati alcuni "precipitati" di queste teorie: sono esperienze concrete di educazione realizzate in area spagnola all'inizio del Novecento. Non si tratta solamente di tentativi rivolti ai bambini, bensì spesso di veri e propri piani di intervento sull'urgenza dell'analfabetismo o dell'impossibilità di emancipazione ai quali erano costrette la più gran parte della popolazione. Quel particolare contesto fu fertile per l'impianto di queste esperienze, visti i sommovimenti che si stavano preparando a venire allo scoperto e allo scontro: la priorità era quella della costruzione di una società radicalmente 15


differente, che per essere perseguita doveva essere attuata una azione capillare ed estesa, ma soprattutto dal basso, spontanea, frutto e necessità di una volontà di una migliore condizione umana per sé e per la società. Razionalismo, egualitarismo, attivismo, istruzione integrale, antiautoritarismo e antistatalismo: sono i punti fermi delle Scuole Moderne quanto delle esperienze autogestite in area sindacale, operaia e contadina in buona parte della Spagna di quegli anni, oltre che del tentativo di accompagnamento all'emancipazione femminile di Mujeres Libres. Il cinema fu una forma largamente utilizzata e prima ancora compresa nelle sue potenzialità educative e divulgative, più dalla parte repubblicana che da quella del fronte nazionale. Tristemente, vanno annoverati tra i protagonisti della guerra di Spagna i bambini, che trovano spazio nel terzo capitolo. Quelli che dovevano essere i destinatari massimi della nuova educazione e comunque delle attenzioni della società, diventano invece le massime vittime delle scelte degli adulti agenti in quel contesto: durante il conflitto spagnolo i bambini dovettero subire la violenza sia in modo diretto che indiretto. I bombardamenti colpivano indiscriminatamente anche loro; rimanevano senza i padri che andavano a combattere ai fronti e spesso non tornavano; non capivano per quale motivo persone con le quali poco prima i rapporti erano civili tutto d'un tratto diventassero inequivocabilmente "i nemici"; vivevano con il terrore di un mostro dalle fattezze non chiare ma 16


sicuramente terribile, "il fascismo"; cercavano di adeguarsi alle richieste spropositate di chi li voleva già adulti, capaci di farsi carico di obblighi in realtà insostenibili; venivano portati lontano e veniva celebrata la loro partenza, in totale contraddizione con il loro stato d'animo reale; veniva loro raccontato che si lottava per un mondo migliore, quando tutto quello che vedevano era miseria e sofferenza. I "bambini della guerra" furono la dichiarazione urlante delle contraddizioni del conflitto. Nel quarto capitolo si incontra una apparente digressione, ma non tale se si considera nella sua interezza la vicenda del personaggio in causa: Enrico Zambonini, anarchico reggiano ma in realtà vero cittadino del mondo. Nel tentativo di rintracciare i punti salienti della sua biografia si vuole dare un esempio di come gli ideali anarchici non fossero solo prese di posizioni di comodo per dichiararsi differenti a parole da parti politiche e civili ormai compromesse e corrotte, ma convinzioni capaci di orientare un'intera vita. La capacità di tessere legami di Zambonini e soprattutto di farlo internazionalmente fu impressionante, se si pensa a quanto fu osteggiata. Fu impressionante, di certo, ma non unica: il suo vuole essere un esempio scelto tra molti - anche suoi conterranei - con in più il valore che, seguendo la sua personale vicenda, si incontra la colonia per gli orfani di guerra di Pins del Valles. Il quinto capitolo è il tentativo di ricomporre la vicenda di una colonia nata non lontano da 17


Barcellona grazie a volontari non spagnoli intervenuti nel conflitto del 1936-'39. L'urgenza della sua creazione, il suo avviamento, le questioni organizzative, le tracce della linea educativa tenuta e il suo esito infelice sono desunti da sparsi articoli sul settimanale anarchico L'Adunata dei Refrattari, pubblicato a New York, testata che promosse e gestì sia la raccolta dei fondi necessari alla realizzazione dell'esperienza, sia le smentite sulla sua reale inesistenza. La "Colonia L'Adunata dei Refrattari" è la sintesi ideale ma concreta del percorso proposto nei capitoli precedenti: la sua costituzione prese le mosse da sentimenti ed ideali libertari e rivoluzionari, fece tesoro di altre esperienze simili create pressoché dal nulla immediatamente prima lo scoppio della guerra civile o durante la stessa, sfruttò la motivazione di volontari giunti da altri paesi e allo stesso tempo capaci di mobilitare una rete sotterranea di solidarietà internazionale tanto efficacemente organizzata da riuscire a rispondere alle urgenze e allo stesso tempo a non essere intercettata. Il sesto capitolo contiene alcune riflessioni e ipotesi sull'uso di spunti per la didattica ricavati dalla vicenda di Zambonini: il valore umano di questa storia – che ci si auspica possa rimanere monito per gli adulti che si fanno carico dell'educazione dei piccoli – viene, in sostanza, raffreddato per essere utilizzato come spunto per percorsi all'interno della classe.

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Che l'esito del tentativo di Enrico Zambonini, Fosca Corsinovi, Armando Rodriguez e molti altri sia stato infelice, in realtà, conta poco: contano la lucidità e l'esempio di presa in carico di responsabilità che, ancora oggi, tanto possono orientarci ed insegnarci anche ai nostri tempi.

Le traduzioni presenti nelle note sono di Matteo Muratori, che se ne prende la responsabilità. È stato tuttavia riportato – ogni volta che è stato possibile – il testo originale. 19


1.TEORIE LIBERTARIE E ANARCHICHE DA META' OTTOCENTO ALLA GUERRA CIVILE SPAGNOLA

La Guerra Civile spagnola aveva messo le persone e soprattutto i responsabili del conflitto di fronte alle implicazioni del rimanere fedeli alle proprie convinzioni ideologiche, confrontandosi con la frustrazione di vedere coinvolta tutta la società: partecipavano alle sofferenze e alle irrazionalità della guerra sia quelli che avevano dichiarato ed accettato programmaticamente di essere disposti a pagare un simile prezzo per ottenere il sovvertimento, sia quanti non avevano potuto prendere posizione a proposito di queste scelte. Il numero di vittime non è mai stato attestato definitivamente, ma si va dalle 500.000 persone fino al doppio. A pagare le conseguenze peggiori perché immotivate e totalmente incomprese ci furono senz'altro i bambini, per i quali non sempre la morte è stato l'esito peggiore. Giampiero Berti ricorda, nella prefazione a La buona educazione, che l'anarchismo è quel movimento politico e sociale che più di qualsiasi altro è stato attraversato da due istanze diverse, al limite antitetiche: la prima è quella rivoluzionaria, la 20


seconda è quella educazionista.2 La partecipazione attiva e meditata al conflitto civile del 1936 da parte degli anarchici fu dettata dall'urgenza di cogliere l'occasione per scardinare una società che era impostata secondo le rigidità degli autoritarismi più o meno dichiarati, primi fra tutti la quelli dettati dalla forte presenza della chiesa cattolica in Spagna. La causa che guidava l'intervento da parte degli anarchici nella guerra era quindi coerente con le volontà rinnovatrici da tempo perseguite, rintracciabili già negli autori considerabili “classici” del pensiero anarchico. Nella loro ottica, la distruzione e i problemi che avrebbe portato la guerra erano il prezzo da pagare per una rifondazione drastica della società, per una scommessa su un futuro migliore perché più umano. In questa parte si vogliono analizzare alcuni dei punti fermi del pensiero anarchico-libertario per cercare di intuire con quale sogno o progetto che dir si voglia queste persone affrontarono l'eventualità di uno scontro armato, quale speranza fece resistere i militanti di fronte alle sofferenze incalzanti della guerra civile spagnola. È davvero difficile riuscire ad immaginare quale dolore e frustrazione possa avere rappresentato per persone animate da una spinta positiva come quella che emerge dagli scritti degli autori libertari vedere le donne, i bambini e i lavoratori uccisi dalla guerra: dovevano essere proprio quelle le persone dalle quali ripartire per la nuova società libera e rispettosa dell'umanità nella profondità del suo 2

Codello (2005), pag. 11.

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significato, e proprio quelle persone erano quelle che in quel momento soffrivano di più per i casi bellici. È anche per cercare di capire questi stati d'animo al limite della sopportabilità che si cercherà ora di cogliere alcuni punti cardine della tensione all'educazione dell'anarchismo. Alla base dell'impresa educativa anarchica ci sono “tensioni etiche e culturali rintracciabili nella rivolta di Spartaco, nelle gilde medievali, nell'organizzazione comunale italiana, negli elementi più radicali della rivolta dei contadini in Germania nel Cinquecento, oppure all'interno della rivoluzione inglese del Seicento, o in quella americana e francese alla fine del Settecento, in ampi settori dell'Illuminismo, nella dimensione più accentuata e radicale del Risorgimento italiano (Pisacane, Ferrari, Cattaneo), nell'organizzazione delle comunità contadine della Russia zarista, e in tutte le rivolte e le forme di ribellione individuale e collettiva che rivendicano una maggiore autonomia e una più ampia libertà. Non solo il pensiero anarchico è frutto di continue approssimazioni dell'esigenza umana di libertà, ma anche il movimento educativo che, esplicitamente o consapevolmente, si afferma a partire dalla fine del secolo XIX in Francia, affonda le sue radici in tutti quei tentativi di sperimentare forme educative significativamente libertarie 3”. Se questi riferimenti possono sembrare troppo generali e allo stesso tempo possono fare venire il dubbio che ci si trovi di fronte ad un tentativo di revisionare la 3

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Codello (2005), pag.16.


storia per trovare linee di discendenza illustri a teorie e applicazioni recenti spesso estemporanee e disorganizzate, è bene tenere presente la puntualizzazione dello stesso studioso, nella quale si chiarisce che “esistono sì autori che si sono appropriati esplicitamente del termine 'anarchico' e tutti insieme hanno dato vita al movimento anarchico, ma la storia dell'umanità ha sempre avuto presente nel suo procedere un conflitto, talvolta esplicito altre volte no, tra potere e libertà”4. C'è così qualcosa che tiene uniti i tentativi di diversi autori di fare ordine in teorie e prassi al di là dell'etichetta apposta da se stessi o da altri: è la scelta antiautoritaria. Non necessariamente però bisogna intendere questo termine come portatore di spinte distruttive, come un porre che si legittima solo nell'opposizione a qualcos'altro: la discussione pedagogica in ambito anarchico fece proprio il termine “libertario” e nel tentativo di ripercorrere esperienze educative e teorizzazioni dalla metà dell'Ottocento alla metà del Novecento le apposizioni “anarchica” e “libertaria” alla parola “educazione” possono essere in molti casi funzionalmente sovrapposte. L'obiettivo è quello di non perseguire “una storia ortodossa dell'anarchismo educativo, ma, necessariamente, rappresentare invece quel più vasto mondo dell'educazione libertaria” 5. “Libertario” è segnalato come entrata nei 4 5

Ivi, pag. 15. Ivi, pag. 17.

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dizionari come sinonimo di “anarchico” 6: probabilmente gli studiosi dei movimenti anarchici sanno cogliere una sottigliezza significativa nella parola; nella nota che riporta che il primo ad utilizzare il termine “libertario” fu Déjacque a New York tra il 1858 e il 1861, Codello sottolinea come “la diffusione del termine però corrisponde ad una volontà di intendere in modo più allargato e meno fissato quelle istanze di libertà radicale che non necessariamente appartengono consapevolmente alla storia dell'anarchismo7”. A ben vedere, sarebbe più legittimo intendere tutti i nobili progenitori citati nelle primissime pagine di La buona educazione come tali per i movimenti libertari e non di quelli anarchici, visto che il termine “libertari” è inteso dagli specialisti come più ampio nel significato, capace di essere comprensivo di quelle intuizioni e realizzazioni che non trovarono o non cerarono nemmeno riconoscimento politico. È bene tenere presente che così operando è l'”anarchico” ad essere sottoinsieme del “libertario”, anche se il secondo dominio è stato riconosciuto posteriormente da chi già percorreva il sentiero dell'anarchia: si cominciò ad usarlo poi in Francia nel tentativo di ostacolare leggi antianarchiche e per evitare le associazioni negative della parola “anarchia” nella mente popolare (per esempio Faure e Michel nel 1895 pubblicarono "Le Libertaire" in Francia). Da allora, 6

Consultando i dizionari che possono essere alla portata di utilizzatori non specialisti come Encarta, Zingarelli, Devoto-Oli, Nuzzo, Dardano. 7 Codello (2005), pag. 17.

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specialmente fuori dall'America, il termine è stato associato sempre con le idee ed i movimenti anarchici. Da alcuni decenni questo termine è usato soprattutto per definire, in senso più ampio, quelle teorie che danno preminenza alla scelta individuale davanti alle pretese di qualunque potere politico8. Resta da capire se fare automaticamente rientrare l'esperienza anarchica in quella libertaria possa generare insofferenza da parte degli aderenti alle correnti anarchiche, ma non è questo il luogo per concedere cura a questa possibilità. Che cosa entra a fare parte di una storia dell'educazione libertaria? Entrano teorie ed esperienze – non disposte sequenzialmente nella cronologia –, idee anarchiche applicate all'educazione ma anche teorie e pratiche organizzative e didattiche che, spesso in modo implicito, si possono ricondurre all'anarchismo. Spesso le esperienze sono collegate tra di loro: si alimentano le une con le altre a volte nel tentativo di migliorare esperienze già tentate ma fallite, si lanciano appelli di aiuto, si inorgogliscono per il proprio carattere di anti-autoritarismo salvo poi che i promotori sono soddisfatti anche quando arrivano riconoscimenti e accreditamenti dalle istituzioni. Si può già capire che affrontare un filone come quello della storia dell'educazione anarchico /libertaria pone come primo problema quello di individuare i rappresentanti di questo particolare filone pedagogico: non sempre ci si trova di fronte ad 8

Nettlau, Becker (2000), pp. 75-80.

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esplicite dichiarazioni di appartenenza né ad ammissioni di debiti ad altri autori. Spesso – lo abbiamo visto introducendo la differenza tra “anarchico” e “libertario” - l'essere accostati ad autori anarchici poteva non essere la cosa più gradita, vista la compromissione obbligatoria radicale nei confronti di basilari strutture sociali. Emerge dall'analisi di Codello è che ogni teoria anarchica è sempre contemporaneamente una riflessione pedagogica: è questa tensione e presa di responsabilità che unisce gli autori analizzati nel testo. Come nota Giampietro Berti nella prefazione dell'opera “ne risulta un mosaico teorico carico di tutte le valenze pluralistiche proprie dell'anarchismo, qui, per l'appunto, declinato in chiave educativa e inevitabilmente piegato al processo storico-culturale che attraversa tutto il XIX secolo: illuminismo, romanticismo, positivismo, evoluzionismo, neokantismo. L'insieme variegato di queste sequenze del pensiero non è esposto secondo un semplice ordine “cronologico”, ma anche secondo un ordine “ideologico”, indispensabile per la comprensione generale e contemporanea dell'idea anarchica 9”. Gli autori affrontati nell'excursus di Codello sono quelli considerabili ormai classici non solo dell'anarchismo, ma anche del pensiero moderno: William Godwin, Max Stirner, Pierre Joseph Proudhon, Michail Bakunin, Petr Kropotkin, Elisée Reclus, gli autori dell'Encyclopédie Anarchiste10 (ricordiamo Sébastien 9

Codello (2005), pag. 12 (prefazione). L'Encyclopédie anarchiste uscì pubblicata da l'Edition La Libraire Internationale: i 4 volumi furono editi dal 1925 al 1934. Il 10

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Faure come principale ideatore e promotore, ma anche Luigi Bertoni, Pierre Besnand, Emile Armand, Han Ryner, Augustin Souchy, Max Nettlau, Voline, Aristide Lapeyre), Lev Tolstoj, Paul Robin, Louise Michel, Francisco Ferrer, Madeleine Vernet, Jean Wintsch, Alexander Neill e Wilhelm Reich. Questa panoramica rende l'idea di come possa essere stato arduo ricostruire una storia coerente e unitaria dell'esperienza anarchico-libertaria, prima di tutto perchè il periodo storico da analizzare è stato di oltre cento anni, poi perchè le aree geografiche interessate sono state diverse: nel libro ci sono, inoltre, accenni ad esperienze e in Russia, Portogallo, Germania e Italia. Pur andando indietro negli anni, colpisce la freschezza delle riflessioni e la loro attualità, soprattutto quando si parla dell'educazione dei bambini. Non è raro trovarsi di fronte ad affermazioni capaci di sconcertare per la loro semplicità ma allo stesso tempo per la loro razionalità: accade, leggendo gli scritti di questi pensatori, di trovarsi nella stessa condizione in cui ci si trova scorrendo Lettera ad una professoressa scritta dai ragazzi della Scuola di Barbiana di Don Milani11, cioè di fronte ad affermazioni che aprono progetto iniziale comportava 5 parti: un dizionario anarchico, la storia del pensiero e del movimento anarchico, le biografie dei militanti e dei pensatori, le biografie di individui che avevano contribuito con la propria opera all'emancipazione umana, un catalogo dei libri e delle riviste anarchiche. Solo la prima parte, in quattro volumi per un totale di 2893 pagine, vide effettivamente la luce (da Wikipedia, voce “Encyclopédie Anarchiste"). 11 Scuola di Barbiana – Don Lorenzo Milani (1967).

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tutto ad un tratto gli occhi sull'effettiva condizione in cui ci troviamo. Ma, come nel caso citato, il problema non è tanto sposare la causa e farsi paladini di queste semplici ricette per migliorare la società, quanto il fatto che il farlo comporterebbe sovvertire gli assetti della società stessa, ripudiare stratificazioni socio-economiche, rivedere i limiti tra affettività ed efficienza nella famiglia, rinnegare la fiducia alle istituzioni religiose e molte altre ancora, nel tentativo di risalire la corrente di un indotto malato fino alla causa unica e principale della malattia dell'umanità, nella maggior parte dei casi identificata con il tradimento della libertà e autonomia dell'uomo da parte di altri uomini. Ogni autore ha proposto delle particolari intuizioni e soluzioni per realizzarle, ma non si vuole qui entrare nel dettaglio delle puntuali vicende intellettuali né dei loro esiti. Quello che si cerca è ottenere un minimo di chiarezza su una linea costituita da quei principi che venivano ritenuti come saldi e e imprescindibili: se si può fare – con le difficoltà viste – una storia di un filone, sarà di certo possibile trovare comuni presupposti. Ripercorrendo il capitolo 9 (“Tra educazione e rivoluzione”) del testo di Codello, si possono incontrare in serie le idee fondamentali di gruppi di persone che condividevano obiettivi politici e umani, ufficializzando il più delle volte questa convergenza ideale attraverso manifesti o altri documenti firmati da più mani. Parte degli anarchici convogliò l'energia della Prima Internazionale (aperta a Londra il 28 settembre 28


1864) individuando come costante per il rinnovamento dell'intera società la forte critica alla scuola e all'educazione autoritaria. Aspre denunce investono il dogmatismo e l'autoritarismo, strumenti per rendere succube l'intelligenza del bambino tradendo la sua ingenuità e debolezza12. Nel 1885 13 Jean Marie Guyau , pur senza aderire esplicitamente a nessuna comunità ideologica, critica la formazione religiosa perchè, a differenza della filosofia, proclama la verità invece di spingere l'uomo a ricercarla autonomamente. Guyau smonta il meccanismo che ha permesso alla religione di ribadire, che si fonda sulla paura e sul timore mantenuto nelle menti dei bambini dai sensi di colpa , dall'ignoranza e dalla sottomissione ad un pensiero unico, assassini della spontaneità e della creatività: il filosofo auspicava che ognuno si accostasse al bambino comunicandogli le sue personali opinioni ma senza pretendere che quelle siano la verità assoluta. C'è una frase molto significativa, a questo proposito, riportata sul testo di Codello ripresa dal testo di Guyau: “[il bambino] apprenderà che la convinzione veramente sacra è quella che è veramente ragionata e riflessiva, veramente personale14”. Un altro autore affrontato è James Guillaume15 (1844-1916). Come altri autori militanti Guillaume 12

Manifesto per la libertà di insegnamento che ha come firmatari, tra gli altri, Tolstoj,, Kropotkin, Reclus, Grave e Michel. 13 Codello (2005), pp. 213-216. 14 Ivi pag. 216. Anche in Guyau (1912), pag. 246. 15 Codello (2005), pp. 216-218.

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affidò le proprie idee ad opuscoli o altre pubblicazioni esigue come corpo: se ne può risentire la discorsività, ne guadagna invece la chiarezza ricevuta da una trattazione a volte essenziale e schematica. Colpiscono le sue affermazioni sulla responsabilità nei confronti del bambino: il fanciullo non è proprietà di nessuno e nessuno ha la facoltà di deviare il suo sviluppo intellettuale. Per contro, è l'intera società e non solo i genitori che devono prodigarsi per garantire ai piccoli la protezione quando sono inermi. Ne deriva che l'educazione è qualcosa di complesso e che prende in carico contemporaneamente tutte le facoltà del bambino: per fare ciò, non deve essere una casta speciale di lavoratori a prendersi carico dell'educazione – gli insegnanti – ma gli spunti devono arrivare al ragazzo da ogni componente della società in cui cresce. Guillaume prevede scuole intese come laboratori dove i fanciulli possano essere completamente liberi, godendo dell'autogestione tanto del tempo produttivo quanto di quello ricreativo. La famiglia, in un simile sistema, verrebbe rivitalizzata nel suo ruolo affettivo, venendo a mancare gli sclerotismi della gerarchia e dell'autoritarismo. Lo stesso anti-autoritarismo e necessità di un'istruzione armonica ed integrale viene propugnata da Emile Janvion e Maurice Degalvès16: nell'ottica di questi anarchici la scuola statale è un condizionamento esiziale da distruggere, ponendo poi il compito di educare nelle mani di educatori che 16

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Ivi, pp. 219-224.


propongano non direttività ma collaborazione, valorizzando le individuali attitudini e diversità dei singoli bambini. Lo “Stato” travia il bambino esattamente come fa la “Chiesa”, ma più in mala fede: è come se lo stato perpetrasse un ricatto nei confronti dei giovani, offrendo loro sì la gratuità dell'istruzione, la laicità e la libertà nominale, ma poi ponendo dei vincoli e delle censure molto più gravi perchè talmente sottili o talmente condivise da non essere contrastabili, piegando lentamente l'uomo al militarismo, all'intolleranza e al falso valore della patria, veri pilastri della pedagogia statale. Prevedevano – fattore ricorrente nelle proposte educative libertarie – la scuola mista, non solo come genere ma anche come provenienza socioeconomica. Nella presentazione di questi due autori Codello ricompone spunti di pedagogia di Janvion e Degalvès da vari scritti a carattere di opuscoli ed articoli. C'è un punto in cui viene affrontato il discorso sulla competitività tra i ragazzi, mostrando come non produca miglioramenti per nessuno, men che meno per chi è maggiormente in difficoltà: un simile sistema predispone alla disumanizzazione e affossa anziché stimolare chi non ha raggiunto lo stesso livello degli altri. Codello sottolinea come Janvion introduca nel pensiero pedagogico anarchico una critica molto netta al falso-altruismo, alle false teorie solidaristiche e pietistiche, poiché tutte le azioni umane nascono in realtà dall'egoismo, dal quale poi l'individuo costruisce la possibilità di un riconoscimento delle esigenze altrui. Anche la stessa capacità di associarsi deve essere difesa anche nel 31


momento dello scioglimento delle alleanze, nella direzione di una morale dell'indipendenza onesta e dichiarata: sarà la società ad adeguarsi agli apporti personali degli uomini e non il contrario. Un uguale rancore nei confronti dell'ipocrisia che detta i contenuti della nostra morale è quello manifestato da Charles Ange Laisant17: l'autore si scaglia contro la settorializzazione dell'educazione, che mira a ribadire la poca versatilità richiesta nella società meccanizzata e divisa in comparti stagni. Laisant vuole sfatare la convinzione che l'iniziazione allo studio e alla ricerca scientifica siano da precludere ai bambini più piccoli, motivata perlopiù dalla convinzione della dicotomia tra intelletto e manualità: la formazione deve essere unitaria e allo stesso tempo rivolta a tutte le possibilità umane, comprendendo la formazione artistica, letteraria, storica e morale, quest'ultima da insegnare attraverso l'esempio. Anche in Spagna è molto viva la riflessione sul tema della necessità di una nuova morale, della libertà dal clericalismo, dell'importanza di una istruzione scientifica e razionalista, del ruolo centrale che hanno i padri nel bilanciare la società verso l'anti-autoritarismo: questi temi furono affrontati con cadenza bisettimanale da “La revista blanca”, una pubblicazione di sociologia, scienza e arte18. Proprio in quegli anni scrive anche Ricardo Mella, 17

Ivi, pp. 225-227. Pubblicata a Madrid dal 1898 al 1905, poi a Barcellona dal dal 1923 al 1936. Dal 1899 al 1902 ebbe anche un supplemento, El Suplemento de la Revista Blanca, poi rinominato Tierra y Libertad. 18

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occupandosi dei principi dell'educazione libertaria e soffermandosi sulla primaria differenza tra insegnamento ed educazione. Secondo Mella l'insegnamento mira a fare una rassegna dei vari modelli pedagogici e dei vari sistemi di pensiero, senza per questo proporre gerarchie. Educare è quel processo attraverso il quale si introduce arbitrariamente un modo di pensare e di comportarsi, facendo passare l'idea che vi siano delle verità assolute. Codello sottolinea come Mella ricalchi probabilmente in modo inconsapevole quanto detto da Tolstoj sull'autorità del maestro, che deriva solo dall'esercizio della competenza: l'autorità non deve essere imposta al bambino, ma deve essere una costruzione dell'altro, del bambino in questo caso, che riconosce una autorevolezza da mettere costantemente però alla prova. Mella mette anche in guardia sul fatto che in una società libera da schemi l'esito più pericoloso ed immediato potrebbe essere quello di una replica inedita ma acritica a cascata di convinzioni e dettami sociali: ciò eviterebbe all'apparenza l'esclusivismo, ma porterebbe ad un sincretismo irrazionale di comodo o, peggio ancora, di plagio. La libertà e l'autenticità dei rapporti tra gli individui e, contemporaneamente, la voglia di fare crollare alcune false convinzioni che hanno influenzato la storia umana, porta Jean Grave19, francese, ad affermare che le rivoluzioni in realtà non fanno che consacrare l'ordine delle cose che è già 19

Codello (2005), pp. 236-246.

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negli spiriti delle persone. I veri cambiamenti dei costumi, invece, non passano attraverso rivoluzioni, bensì attraverso le abitudini già correnti tra le relazioni individuali. La cosa importante, in quest'ottica, non è svelare delle monolitiche aberrazioni che rendano urgenti cambiamenti di grandi dimensioni, ma piuttosto educare uno spirito critico che sappia rendere autentico e necessario ogni piccolo passo verso i cambiamenti: d'altronde, una insurrezione coordinata dovrebbe essere in qualche modo imposta, negando quel principio di libertà di cui è depositario ogni singolo individuo. L'allievo deve essere risvegliato nella sua curiosità e nella sua iniziativa e abituato ad esporsi ad opinioni contraddittorie. Nelle scuole – che nel sistema di Grave non sono le uniche strutture investite della responsabilità di dare un'istruzione ai giovani poiché tale responsabilità deve essere condivisa e generalizzata – si devono prediligere i percorsi di insegnamento che propongono ai ragazzi la positività e l'evoluzione civile (la storia delle conquiste dei contadini, degli operai, degli artigiani...) e non solamente lo scontro e la distruttività (la storia dei re e delle loro battaglie, le conquiste e gli avvicendamenti cruenti...). Esponente dell'anarcosindacalismo, Fernand Pelloutier20 muove critiche al sistema scolastico ai suoi tempi vigente (1867-1901), individuando quattro cambiamenti necessari. L'istruzione deve essere integrale, cioè ogni bambino deve avere 20

34

Codello (2005), pp. 246-252.


l'opportunità di apprendere ogni tipo di conoscenza. Occorre liberare gli insegnanti dall'opprimente ansia verso il raggiungimento di standard alti di successo scolastico, perchè perseguendo questa mira si dedicano automaticamente agli alunni più dotati. L'inserimento nel mondo del lavoro deve avvenire dopo i vent'anni, dopo aver permesso cioè al ragazzo di raggiungere uno sviluppo intellettuale e fisico adeguato. L'insegnamento deve essere completamente svincolato dallo stato, poiché lo stato ha la tendenza a consolidare il proprio dominio e gli interessi delle caste che lo compongono. Attraverso un'analisi raffinata, coglie come nella società spesso si faccia leva sull'esigenza di libertà delle persone per approfittarsi di loro, mantenendole nell'ignoranza più bassa possibile in modo che poi credano a chiunque venda loro sia un'idea di libertà che gli strumenti per raggiungerla, entrambe non autentici e addirittura svilenti l'umanità della persona. Pelloutier progetta che l'ignoranza delle classi più basse possa essere combattuta dalle “borse lavoro”, spazi organizzati dai sindacati dove ricevere informazioni e ragguagli per affrontare la quotidianità con occhi più aperti e consapevoli: una sorta di università popolari. Albert Thierry (1881-1915) pose molte delle proprie speranze nell'azione sull'adolescenza, perchè è un momento delicato di scelte e di angosce, dal momento che spesso non si vede realizzato nè compiuto nulla per cui ci si affanna. I bisogni dell'adolescente sono quello di una sana educazione professionale, di risposte chiare e disinibite, lontane dai falsi pudori e dalle reticenze delle risposte 35


astratte, lontane dall'effettiva realtà delle cose. Thierry raccomanda l'esaustività nelle risposte inerenti l'educazione sessuale perchè possono fondare il rispetto per la dignità e la libertà della donna. L'insegnante deve stare bene attento a non sostituire i vecchi dogmi borghesi con altri sindacalisti: ogni dogma è una domanda inevasa, contiene una parte di silenzio e di incomprensibilità che mina la fiducia nel sapere affrontare il mondo criticamente o, peggio, porta alla costruzione di risposte lontane dalle verità. La vera formazione si realizza attraverso il lavoro, perchè solo attraverso il lavoro si riesce ad apprendere rimanendo ancorati alla realtà e non concedendo a chi padroneggia la simbologia di piegare le menti dei giovani proponendo loro un immaginario allettante ma deviante. La scuola primaria e quella secondaria hanno due vocazioni diverse ma integrate: la prima vuole fare sviluppare le facoltà individuali, la seconda deve portare al cambiamento sociale attraverso l'educazione di individui che sappiano orientarsi tra le esperienze della vita grazie al confronto autentico avuto con gli educatori21.

21

36

Ivi, pp. 252-258.


2. REALIZZAZIONE DI ESPERIENZE EDUCATIVE STRAORDINARIE IN SPAGNA PRIMA E DURANTE LA GUERRA CIVILE SPAGNOLA “En todo tiempo el anarcosindicalismo llevó consigo un intenso furor publicitario: científico, artístico, filosófico, pedagógico y ecléctico. Hay que atribuirle la paternidad de uno de los movimientos pedagógicos más interesantes producidos en la península: el de la Escuela moderna o racionalista, el cual une su gloria al martirio de Francisco Ferrer Guardia. Este movimiento, contra el decir de sus muchos detractores, está muy lejos de ser un desahogo demagógico cualquiera. El que se haya podido sacar partido de su "brusquedad" no quita valor a lo que en sí representaba. Los extremismos son inherentes a las corrientes renovadoras, y suelen acentuarse en razón directa del contraste mismo entre la innovación y la tradición. Y, a este respecto, si fuerte fue el choque entre un proletariado nacido a la vida de las inquietudes revolucionarias y un Estado español chapado a la antigua, mayor fue la colisión entre una concepción pedagógica moderna, embebida de positivismo materialista, y la enseñanza oficial monopolizada por clérigos y jesuitas.” 22 22

Traduzione: “L'anarcosindacalismo si portò sempre appresso un intenso furore pubblicitario: scientifico, artistico, filosofico, pedagogico ed eclettico. Dobbiamo attribuirgli la paternità di uno dei movimenti 37


Tra gli autori considerati “classici” del pensiero e quindi della pedagogia anarchico-libertaria troviamo Francesc Ferrer i Guàrdia (nome in catalano - 1859-1909). Ci sono più motivi che giustificano un'attenzione particolare a quest'autore in questo percorso di ricerca. È primario il fatto che si tratti di un personaggio spagnolo: Ferrer nacque non lontano da Barcellona, ad Allela, crebbe in terra catalana ma fu poi esiliato a Parigi nel 1885, per poi tornare in Spagna nel 1901. Lì aprì quella che fu chiamata Escuela moderna, il cui successo la portò in breve tempo (1906) ad avere 1700 ragazzi iscritti tra la sede di Barcellona e altre vicine; dopo la sua morte23, la diffusione di queste scuole interessò pedagogici più interessanti prodotti nella penisola: quello della Scuola moderna o razionalista, che deve la sua gloria al martirio di Francisco Ferrer. Questo movimento, contrariamente a quanto detto dai suoi molti detrattori, è molto lontano dall'essere uno sfogo demagogico qualsiasi. Il fatto che sia cominciato come qualcosa di dirompente non toglie valore a quello che in realtà rappresentava. Gli estremismi si confanno alle correnti rinnovatrici, anzi di solito si accentuano come risposte dirette allo stesso contrasto tra l'innovazione e la tradizione. A questo proposito, se fu forte il cozzare tra un proletariato appena venuto alla luce delle inquietudini rivoluzionarie e uno Stato spagnolo improntato all'antichità, ancora maggiore fu la collisione tra una concezione pedagogica moderna, imbevuta di positivismo materialista, e l'istruzione ufficiale, monopolizzata dal clero e dai gesuiti.”, Peirats (1951), pp. 6-7 (Introducción a la primera edición). 23 Francisco Ferrer venne condannato a morte con prove artefatte e fucilato nella Fortezza di Montjuich a Barcellona, il 13 ottobre 1909, per avere fomentato le rivolte della “settimana tragica”, una serie di sanguinose contestazioni contro l'esercito da parte delle classi operaie di Barcellona e di altre città catalane, supportate da anarchici, comunisti e repubblicani, durante l'ultima settimana del Luglio 1909; fu causata dal richiamo, da parte del primo ministro Antonio Maura di truppe di riserva che sarebbero state utilizzate come rinforzi quando la Spagna ricominciò la sua attività coloniale in Marocco. 38


anche gli Stati Uniti. Interessa anche il fatto che nel contesto della Escuela moderna veniva pubblicato un Boletin, un periodico a cadenza mensile che arrivò fino al numero 62, indirizzato soprattutto ai maestri, ma anche ai genitori dei bambini. Consisteva soprattutto nella traduzione di opere di autori come Paul Robin, Elisée Reclus, Flammarion, Anatole France, Gustave Hervé, Herbert Spencer, Haeckel, Kropotkin, Gorki, Tolstoi e di specialisti francesi, belgi, italiani e americani che si occupavano di educazione e di igiene24. La storia di Francisco Ferrer ha già, quindi, nelle sue linee essenziali alcune caratteristiche che suoneranno famigliari quando si analizzerà la vicenda di Enrico Zambonini e la colonia Adunata dei Refrattari: verrà ribadita in quella sede l'avvertenza a non eccedere nelle congruenze ritrovabili – l'esperienza di cui si parlerà è del 1936 – ma può essere importante tenere in considerazione i percorsi di vita e di creazione di strutture di alcuni personaggi che potevano essere presi come esempio in ambiente anarchico. Accostandosi ai contenuti del pensiero di Ferrer, troviamo molte risonanze di autori a lui precedenti o contemporanei di area anarchico-libertaria. Ferrer denuncia l'asservimento inconsapevole degli insegnanti alla volontà conservatrice e dogmatica dello Stato e della Chiesa. Il meccanismo deve essere 24

Le informazioni biografiche su Francisco Ferrer, la Escuela Moderna e il Boletin sono ricavate dal sito internet della “Fundaciò Francesc Ferrer i Guàrdia”, pubblicato in catalano nel 2001. Il sito mette a disposizione anche la raccolta completa dei 62 numeri del Boletin.

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scardinato educando i bambini su basi razionali scartando ogni riferimento al sovrannaturale, fornendo loro un'educazione integrale e non solo intellettuale, seguendo programmi che tengano conto delle peculiarità psicologiche del bambino e indirizzando i piccoli alla dimensione della solidarietà umana. Si ritrovano in queste linee i principi di egualitarismo, attivismo, antiautoritarismo, antistatalismo e istruzione integrale, nonché il razionalismo come premessa filosofica. La sua Escuela moderna fu voluta mista, aperta di giorno ai bambini e la sera agli adulti, per ospitare infatti anche conferenze, riunioni dei sindacati e delle associazioni operaie per favorire l'emancipazione25. Nella Escuela moderna non ci sono invece laboratori né apprendistato e la direzione è comunque dalla pratica alla teoria, in questa diade. I tempi degli insegnamenti dovevano rispettare le esigenze e le diverse modalità dei singoli ragazzi, evitando la forzatura di inverosimili programmi nazionali. Il gioco stesso non doveva essere uno strumento per lo sviluppo fisico del bambino, ma un'attività con una funzione più profonda, iniziando allo sviluppo libero attraverso il piacere che provoca. Ferrer intese che per rinnovare la scuola c'erano due possibilità: la prima era studiare onestamente il bambino e migliorare l'istituzione scolastica qualora venissero riscontrate incongruenze con le esigenze del soggetto studiato, la seconda era fondare ex novo realtà alternative. Essendo la scuola a lui 25

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Ferrer (1980), pp. 88-92.


contemporanea incardinata nelle rigidità dello Stato e della Chiesa, identifica la Escuela moderna come un punto di promozione per la nuova concezione di educazione, come un luogo di prima proposizione di una alternativa al modello autoritario e dogmatico, ma non come il modello in sé compiuto per la futura scuola della nuova società.26 Il pensiero di Francisco Ferrer riuscì a concretizzarsi nella Escuela moderna. Ciò non significa che il percorso e l'approdo siano considerabili definitivi e consolidati in Spagna. Già le circostanze della morte di Ferrer ci testimoniano come la sua figura fosse avversata dalle autorità allora vigenti, pronte a cogliere un suo inciampo o ad inventarsene l'esistenza pur di poterlo condannare. È significativo il fatto che, nell'ordine esatto cronologico nell'anno 1906, prima venga imposta la chiusura della Escuela e poi ordinato l'arresto di Ferrer: la scuola è una parte viva e fondamentale della mentalità nuova che si ribellava all'ordine, un condensato delle meditazioni libertarie messo in funzione per concretizzare i cambiamenti già progettati da tempo da decenni di riflessione pedagogica anarchica sviluppatasi parallelamente in più nazioni europee. L'anarchismo spagnolo non fu rappresentato, infatti, solo dalla figura di Ferrer. La discussione pedagogica in Spagna prima della rivoluzione del '36 ebbe come fattore discriminante l'atteggiamento 26

Per l'excursus nella pedagogia di Ferrer, la guida è stato il capitolo 17 di Codello (2005). 41


verso la religione: il clericalismo aveva rappresentato un momento di caduta della vita religiosa in quanto i clericali trasformarono la Chiesa da organo di salvezza spirituale in strumento di potere e di dominio nella società. L’educazione impartita dalla Chiesa in Spagna, specie dal 1800 in poi, fu negativa ad ogni livello, avendo costituito una scuola d’intolleranza e d’apatia mentale, di impedimenti allo sviluppo di un pensiero indipendente 27. Dall'accettazione dell'impostazione religiosa o dalla ribellione contro le implicazioni da essa addotte derivano le due strade principali nelle quali si incanalano le riflessioni pedagogiche dell'epoca. “Los jovenes anarquistas creen que la disciplina es esencial en la escuela, pero no la disciplina en el sentido tradicional, claro està, sino esa otra disciplina que es libremente consentida, la que hace que el alumno no se un automata cuando aprende sino sabedor de los actos de aprendizaje y de sus contenidos y consciente del trabajo que realiza; convertir en realidad fecunda este concepto de disciplina es una obra en la que el maestro – ponderado, calmo, sutil y sistematico – tiene la responsabilidad mayor, originando en el aula un ambiente de estudio y evitando un trabjo intelectual improductivo, o sea, automatico, haciendo, por el contrario, que el estudiante sepa que està trabajando y porque. La disciplina no es violencia, aunque el docente se tenga que mostrar a veces energico poniendo el amor fraternal al servicio del deber, ni tiene por que excluir la bondad y el cariño del maestro, pero una escuela sin disciplina es una escuela perdida, aunque tenga su nombre adjetivos raros o estridentes.”28 27

De Madariaga (1957), p.160 . Traduzione: "I giovani anarchici credono che la disciplina sia essenziale nella scuola, ma non la disciplina secondo l'accezione 28

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La corrente libertaria, antiautoritaria e antistatale, trovò modo di ribadire i propri principi anche attraverso le scelte del movimento operaio e contadino spagnolo. Già dal 1847 ci furono tentativi di diffondere la cultura a livello operaio con iniziative scolastiche autogestite, suffragate dalle approvazioni dei partecipanti all'Internazionale e ai congressi nazionali del 1869 e del 1872. Questo substrato politico, unito anche all'esempio della Escuela moderna di Ferrer e alle altre aperte seguendo il suo modello, testimonia come la Spagna fosse un contesto che ospitava un grande movimento che tendeva al rinnovamento. Il secolo del Novecento si apre con una serie di scioperi e agitazioni proletarie e allo stesso tempo viene portato avanti il tentativo di diffondere l'istruzione a livello popolare, con l'apertura di scuole razionaliste e atenei popolari. Il sindacato CNT – Confederacion Nacional de Trabajo – viene fondato nel 1911 ed è occasione per ribadire convinzioni e progetti tradizionale, chiaramente, ma quell'altra disciplina che sia liberamente raggiunta, quella che possa far sì che l'alunno non sia un automa quando apprende ma sia consapevole degli atti che impara e dei contenuti, cosciente del lavoro che realizza; trasformare in fertile realtà questo concetto di disciplina è un'opera che il maestro - riflessivo, calmo, intelligente e capace di sistematicità - ha come responsabilità primaria, tanto da creare nell'aula un ambiente di studio e da evitare un lavoro intellettuale improduttivo, cioè automatico, facendo sì, al contrario, che lo studente sappia quale compito sta portando avanti e perché La disciplina non è violenza, sebbene a volte il docente si debba mostrare energico mettendo l'amore fraterno al servizio del dovere; non per questo si deve escludere la bontà e la gentilezza del maestro. Una scuola senza disciplina è una scuola persa, anche se la sua denominazione contiene aggettivi rari o stridenti.", Juan Manuel Fernández Soria, Cultura y Libertad: La educación en las Juventudes Libertarias(1936-1939), Universitat de València, 1996, p. 311. 43


sull'istruzione popolare, laica e razionalista. Il fermento è forte ma viene stroncato dal golpe di Miguel Primo de Rivera nel 1923: alle scuole che praticavano modalità divergenti da quelle statali viene imposto di rientrare nei canoni29. La dittatura termina nel 1930 tra lo sfavore dell'intera popolazione e la repubblica viene istituita l'anno successivo. Se l'esperienza della dittatura fu un forte passo indietro per la Spagna, è anche vero che contribuì a cementare le forze libertarie e anarchiche, costrette alla clandestinità: la Federacion Anarquista Iberica si era costituita clandestinamente nel 1927 e la stessa avrà un ruolo importante nei successivi avvenimenti rivoluzionari30. Nel 1931 è da segnalare un progetto educativo nato nel contesto del museo pedagogico nazionale (Museo Pedagogico Nacional) grazie ad un decreto che creava il Patronato de Misiones Pedagogicas, con l'incarico di diffondere la cultura generale, i moderni orientamenti per gli insegnanti e l'istruzione popolare, con particolare attenzione agli interessi spirituali della popolazione rurale. Questa istituzione ebbe come presidente Manuel Bartolomè Cossiò. È un'esperienza che si distingue nettamente da quelle contemporanee, ma rende evidente che la spinta rinnovatrice e comunque l'attenzione all'educazione fossero diffuse in Spagna dopo la parentesi della dittatura di Miguel Primo de Rivera. 29

Per i dovuti approfondimenti su questi passaggi si rimanda a Adagio (2004), presente in bibliografia. 30 Frasca (2000), cap 1.1 . 44


“Cossiò designed a program whereby intellectuals, teachers, university students and artists would travel around the countryside with an assortment of mobile lending libraries and museums, makeshift theathers, puppet shows, musical concerts and slide shows. In addition (...) the misioneros would take responsibility for fostering civic education by explaining the various working of the state in meetings and public readings. (...) Although those who organized the Misiones Pedagogicas advocated a secular and humanistic program, their methods, language and even thier name evoked the Catholic missionaries who tried to bring the light of Catholicism to the “ignorant savages” of the New World. But (...) their message revolved around culture and reading, not religion.31”

La situazione della Spagna dal punto di vista dell'analfabetismo era ad inizio secolo molto grave32. Alicante aveva il 75 % di analfabeti, Valencia il 72 %, Barcellona il 54 %, Girona il 59 %, Terragona il 66 %. Se si analizzano il dati del 1930 si può notare un calo delle percentuali che va dal 25,32 % di 31

Traduzione: "Cossiò designò un programma per il quale gli intellettuali, i maestri, gli studenti universitari e gli artisti avrebbero viaggiato per la campagna con apparati di biblioteche per il prestito librario e musei mobili, teatri improvvisati, spettacoli di burattini, concerti musicali e mostre di cartellonistica. In più, i missionari avrebbero avuto la responsabilità per sollecitare l'educazione civica illustrando le condizioni dei vari lavoratori in incontri e dibattiti pubblici. Sebbene quanti organizzarono le Missioni Pedagogiche facessero riferimento ad un programma secolare ed umanistico, i loro metodi, il loro linguaggio e anche il loro stesso nome evocava i missionari Cattolici che tentarono di portare la luce del Cattolicesimo ai "selvaggi ignoranti" del Nuovo Mondo. Tuttavia il loro messaggio si incentrava sulla cultura e sulla lettura e non sulla religione.", Holguin (2002), pp. 55-56. 32 Si veda la tabella riportata in Appendice: analfabetismo in Spagna, confronto tra i dati del 1900 e quelli del 1930 in alcune città della Spagna. 45


Alicante al 30,25 % di Terragona: nel 1930 troviamo Alicante a 50,4 %, Valencia a 43,1 %, Barcellona a 26,7 %, Girona a 33,3 %, Terragona a 36,4 %. La percentuale della intera Spagna passa dal 63,79 % del 1900, al 59,39 % del 1910, al 52,23 % del 1920 fino al 42,33 % del 1930, segnando una differenza percentuale di – 21,46 %33. Occorre tenere presente che questi dati sono elaborati attraverso la media dei dati comprendenti entrambi i sessi: “El gènere jugava tambè un paper important en la distribuciò de l'alfabetitzaciò. Tant a Catalunya com les Balears i a València l'analfabetisme està és estès entre les dones que els homes. Aquest fenomen es dòna d'una manera generalizada a tot el territori de l'Estat. Les causes d'aquest fet s'han de veure en la menor atenciò que se prestava a la instrucciò de les dones, especialment pel que feia als aprenentatges acadèmics. La dona, majoritàriament relegada, especialment en el medi rural, a les tasques de la llar i a l'entorn privat, no tenia tantes motivacions per a l'aprenentatge de lectura i escriptura. Cal no oblidar tampoc que les diferènces estadìstiques entre el nivel d'instrucciò d'homes i dones en aquesta època es poden haver vist influïdes per la major disposiciò de les dones a reconèixer el seu analfabetisme.34” 33

González-Agàpito, Marquès (2002), pag. 107. Traduzione: "Anche il genere era un fattore importante, per quanto riguarda l'alfabetizzazione. Nella Catalogna, alle Baleari e a Valencia l'analfabetismo è lo stesso per le donne e gli uomini, secondo una tendenza generalizzabile a diversi territori dello Stato. Le cause di questo fatto devono essere cercate nella minore attenzione che si prestava all'istruzione delle donne, specialmente per quanto riguarda gli apprendimenti accademici. La donna, spesso relegata ai compiti domestici, specialmente nei contesti rurali, non aveva motivi per imparare a leggere e a scrivere. Non si deve nemmeno dimenticare che le differenze statistiche tra il livello d'istruzione di uomini e donne in quest'epoca 34

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Fino a questo punto ci si è occupati molto sommariamente delle linee di pensiero e delle concretizzazioni dovute all'anarchismo in Spagna o comunque nei paesi che con questa nazione potevano avere contatti e scambi prima del 1936. Il 1936 fu un anno decisivo per le sorti della nazione spagnola e, internazionalmente, per il comunismo, il socialismo e l'anarchismo, senza contare che anche in questa parte d'Europa si fu costretti a confrontarsi quotidianamente con il nazionalismo ed i suoi esiti totalitari o dittatoriali35. La guerra civile rappresentò per i libertari l'occasione per cominciare ad incedere con la rivoluzione che più e più volte avevano previsto come necessaria per dare una forma alle proprie teorizzazioni e per decostruire il sistema sulle cui rovine sarebbe stata edificata la nuova società umanamente rispettosa, improntata alla libertà e contraria ad ogni autoritarismo. Lo sforzo enorme che era stato compiuto negli anni precedenti il 1936, sia allo scoperto che in forme non ufficialmente riconosciute per dare una nuova dignità alle classi popolari, di pari passo ad una nuova forma di istruzione, ebbe come risultato quello di avere molte persone pronte all'appello nella difesa della nuova causa, pronte a schierarsi, armarsi, lottare. possono essere state influenzate dalla maggior disponibilità delle donne a riconoscere il proprio analfabetismo.", ivi, pag. 109. 35 Per una contestualizzazione adeguata, si rimanda al testo di Ranzato (2006) presente in bibliografia.

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“In tutto il periodo repubblicano tra il 1931 e il 1936 si sono fondate il doppio delle scuole razionaliste del periodo 1917-1931, che hanno preparato il terreno per la formazione laica e razionalista di moltissimi giovani e lavoratori. I finanziamenti provengono direttamente dalle organizzazioni sindacali e da veri e propri meeting e festival di bambini e giovani, durante i quali la raccolta di denaro per finanziare le scuole era frequente e molto sostanziosa. Tutte questa varia e diffusa organizzazione di scuole libertarie e razionaliste culmina con la risposta del nuovo governo repubblicano che il 2 luglio del 1936 costituisce con un apposito decreto il Consejo de la Escuela Nueva Unificada (Cenu).”36

Come abbiamo visto, queste sedi scolastiche non erano esclusivamente ad uso dei bambini o dei ragazzi, ma rappresentavamo centri di riunione, istruzione e confronto anche per gli adulti (lavoratori, insegnanti, donne37) e quindi come luoghi di 36

Codello (2005), pag. 590. “La mujer puede ser libre como el hombre, no hay que dudarlo, si nos basamos en que la libertad es un sentimiento, solo nos resta que educarla. ¿Que mejor ocasion que ahora? Nosotros (...) tenemos que ayudarla a divisar el mañana, capacitarla, educarla (...). De parte de ellas estoy persuadido de que lo mismo que empuñò un fusil en los momentos decisivos, tambien sabe coger con el mismo coraje y cariño un libro y valerse de el para evitar que se reproduzca el mas insignificante atomo de esclavitud, porque ella, igual que nosotros, no ignora que la cultura es uno de nuestros debiles puntos y ella, con nuestro apoyo, es la que nos ayudarà a hacer un arma invencible de la misma.”; Traduzione: "La donna può essere libera come l'uomo, non si deve dubitarlo, se noi prendiamo come punto fermo il fatto che la libertà è un sentimento che può essere educato. Quale migliore occasione, allora? Noi dobbiamo educarla a discernere il futuro, renderla attiva, educarla. Gli stessi che impugnarono un fucile in momenti decisivi sapranno sicuramente usare con lo stesso coraggio ed affetto un libro e avvalersene per evitare che si perpetui il più 37

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promozione di emancipazione veicolata dal messaggio ideologico libertario. Occorre tenere presente che questi movimenti emancipatori furono concepiti in una dimensione sovranazionale: il movimento si era curato di tenere efficienti comunicazioni con le altre nazioni ed ora la chiamata dalla Spagna era sentita come una voce in difesa di una fratellanza per un miglioramento finalmente al di là di confini ancora retaggio di una serie di vicende che avevano dato modo al sistema capitalistico e autoritario di perpetrarsi nel tempo, costruendo le proprie certezze e ipocrisie a difesa di queste. Il 16 febbraio 1936 il Frente Popular, coalizione supportata dalla maggioranza dei liberali, dai nazionalisti baschi e catalani, dai socialisti, dai comunisti stalinisti e trotzkysti e dagli anarchici dalle varie ideologie, vince alle elezioni. Nei mesi immediatamente successivi si assiste al prolificare delle esperienze scolastiche alternative, soprattutto in Catalogna dove, “grazie ad una delibera elaborata in un congresso delle scuole libere (12-13-14 aprile), vengono garantiti la volontà e il diritto di appropiarsi anche della propria specifica identità linguisticoculturale catalana”38. Il testo di Codello risulta essere l'opera in italiano maggiormente dettagliata su questo periodo e insignificante atomo di esclusione, perché la donna, come noi, non ignora che la cultura è uno dei nostri punti deboli ma lei, con il nostro appoggio, è quella che che riuscirà a fare diventare la cultura la nostra arma invincibile.", Amapola, ¡¡¡Mujeres!!!, Cultura y Porvenir, 1 enero 1937, in Fernández Soria (1996), pag. 253. 38 Codello (2005), pag 589. 49


con una bibliografia molto accurata, lavorando su testi estremamente settoriali e su atti di convegni prodotti in ambito sindacale pubblicati in Spagna e mai tradotti integralmente in italiano. Testimonia che la soppressione della scuola ad orientamento confessionale in questa fase era pensata come capace di andare di pari passo con il rispetto profondo delle volontà del popolo e della garanzia per ogni lavoratore di avere le porte aperte all'istruzione fino ai suoi gradi più alti. “Le idee forza del movimento anarchico spagnolo, rispetto all'educazione, possono essere così riassunte: a) l'educazione è inseparabile dalla rivoluzione, (...) il tema dell'educazione è sempre strettamente legato a quello della rivoluzione sociale. Senza educazione del popolo non è possibile una vera rivoluzione e al contempo il processo rivoluzionario è fortemente educativo. Per risvegliare le menti, assopite e schiavizzate, delle masse proletarie, è indispensabile un certo grado di cultura e di istruzione. (...) b) l'educazione deve svilupparsi nella e attraverso la libertà (...). la libertà non è solamente un fine, ma anche un metodo coerente, per cui l'educazione libertaria si fonda sul principio dell'autoregolazione sia a livello individuale che sociale; c) l'educazione deve sviluppare integralmente ogni individuo (...); d) l'educazione deve promuovere e cercare di far emergere lo specifico di ogni persona, la difesa del principio dell'uguaglianza sociale degli individui non deve compromettere la valorizzazione delle diversità naturali e non deve sostenere la omologazione sociale.”39 39

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Ivi, pag. 592


Nel convegno regionale dei gruppi anarchici (Pleno Regional de Grupos Anarquistas) che si tenne a Valencia nel novembre 1936 venne approvata la creazione di un consiglio regionale per la cultura (Consejo Regional de Cultura) la cui missione era “a) Fomentar al creacion de escuelas racionalistas en todos los pueblos y cuidades de la region, asì come ejercer el control de todas las actividades referentes a la enseñanaza en la mismas. b) Fundacion de un Instituto de Orientacion Racionalista para la formacion de maestros. Podian frecuentar ese Instituto todos los profesores y militantes que creyeran encontrarse con suficiente aptitud y capacidad para desempeñar esta labor. Asimismo, el Instituto debia facilitar docentes a las localidades que lo solicitaran, asì come profesoresformadores para orientar a los maestros locales. c) Creacion de una oficina de consultas por correspondencia sobre todo lo referente a la enseñanza.40”

Una zona in cui l'influenza anarchica fu storicamente più forte fu la Catalogna – ed in particolare Barcellona – e queste istanze proiettarono 40

Traduzione: "a) Stimolare la creazione di scuole razionaliste in tutti i paesi e le città della regione; esercitare il controllo di tutte le attività riferentisi all'insegnamento nella regione stessa. b) La fondazione di un Istituto di Orientamento Razionalista per la formazione dei maestri. Potranno frequentare questo Istituto tutti i professori e i militanti che vorranno farlo, disposti a mettere in gioco le loro attitudini e capacità nel loro lavoro. Allo stesso tempo, l'Istituto dovrà facilitare i docenti nelle località che lo solleciteranno, così come i professori-formatori per orientare i maestri locali. c) Creazione di ufficio per la consultazione di tutto il materiale che abbia come argomento l'insegnamento.", Navarro (2004), p. 123.

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influenze nell'ambito educativo e della politica scolastica. La Escuela moderna di Ferrer era stata accolta come un rinnovamento di massa, così come erano studiati pedagogisti come Montessori, Freinet, Claparéde e Cousinet. L'opera di riorganizzazione in Catalogna fu enorme: occorre tenere sempre in considerazione che queste imprese di rifondazione avvennero in piena guerra civile. 50000 alunni nella sola Barcellona trovano finalmente libero accesso alla scuola e in dicembre più di 80000 bambini ricevono un'istruzione ufficiale41. Questa grande impresa per l'istruzione creava ora però anche serie difficoltà per quanto riguardava l'organico del sistema docente, sia per quanto riguarda il reclutamento che per quanto riguarda la preparazione degli insegnanti. Una prima soluzione fu individuata grazie alla figura del maestro occasionale (“figura che assomma in sé una discreta preparazione culturale, sia un'attiva militanza sindacale42”) ma, più lo scontrò divenne aspro, più furono necessari i contributi dei militanti sindacali e rivoluzionari. “Otra dificultad heredada del periodo anterior, y que tampoco parece resolverse durante la contienda, es la falta de profesorado competente y capacitado para la enseñanza (...). A ello hay que unir el hecho de que no funcionaron con regularidad mecanismos proprios de formacion de docentes para estos centros. (...) Asimismo, la movilidad de los maestros ya existentes se acentuò si cabe en esos años. La multiplicacion de 41 42

52

Codello (2005), pag. 594. Ivi, pag. 596.


cargos organicos, tareas propagandisticas y de agitacion, labores de gestion de organismos y colectividades (...) provocò que en pocos casos estos maestros- militantes (...) pudieran dedicar todo su tiempo y energias a las escuelas. La movilitacion y la sucesivas llamadas a filas no hicieron sino agravar la situacion.”43

Per quanto riguarda le Misiones Pedagogicas in precedenza citate, avevano già cominciato a perdere influenza e, soprattutto, fondi da parte del governo, dopo avere avuto il loro periodo di massimo lavoro e risultati tra il 1932 e il 1934. Manuel Cossiò morì nel 1935 e pochi mesi dopo l'inizio del conflitto. “The aims of the Misiones Pedagogicas has changed drastically. No longer were misioneros mere cultural emissarie bringing the fruits of “civilized culture” to ignorant peasants in remote parts of Spain; now they were responsible for strengthening the troops' morale and glorifying heroics efforts of the Republican fighters. Eventually, (...) they changed their name to the Misiones Culturales and performed in conjunction with the Brigadas Volantes on the home front.”44 43

Traduzione: "Un'altra difficoltà ereditata dal periodo precedente, e che non sembrò per nulla prossima a risolversi nella disputa, è la mancanza di personale docente competente e motivato all'insegnamento. C'è poi da aggiungere che non hanno funzionato con regolarità i meccanismi deputati alla formazione dei docenti per questi centri. La mobilità dei maestri, già esistente, si accentuò ulteriormente in questi anni. L'aumentare dell'organico, dei compiti di propaganda e di agitazioni, le mansioni di gestione di organismi e collettività fece sì che solo in pochi casi i maestri-militanti poterono dedicare tutto il loro tempo e le loro energie alle scuole. La mobilitazione e la successiva chiamata ai reggimenti non fecero che aggravare la situazione.", Navarro (2004), pp. 127-128. 44 Traduzione: "L'obiettivo delle Missioni Pedagogiche cambiò drasticamente. I missionari non erano più portatori culturali dei frutti della "cultura civilizzata"ad ignoranti contadini che vivevano nelle parti 53


Anche le Misiones Pedagogicas, diventate Misiones Culturales, modificarono la propria vocazione e si avvicinarono alla causa libertaria. Una delle più curiose iniziative di questi gruppi è stata l'organizzazione di un corso per corrispondenza di apprendimento della scrittura per aumentare il livello di cultura dei proletari al fronte o impegnati nelle varie collettività45. Il testo La buona educazione individua alcuni motivi per i quali la formazione professionale e tecnica occupò un ruolo secondario nel panorama dell'educazione di quegli anni: secondo l'analisi dell'autore “questo fatto è un retaggio storico dell'interesse del movimento antagonista, più propenso ad occuparsi dall'inizio della formazione primaria per evidenti motivi e contingenze storiche. Ma occorre ricordare che voci autorevoli del movimento anarchico fin dal 1926 avevano sottolineato questa lacuna46”. Nelle righe successive, l'autore nomina fra queste voci autorevoli Eleuterio Quintanilla, Juan Peirò e Diego Abad de Santillan. Ci furono però esempi di formazione professionale e tecnica nell'industria collettivizzata del legno, in quella ferroviaria, in quella della lavorazione del più remote della Spagna; ora si ritrovavano con la responsabilità di fortificare il morale delle truppe e rendere gloria agli eroici sforzi dei combattenti Repubblicani. Non fu un caso che cambiarono il loro nome in Missioni Culturali e cominciarono ad operare in collaborazione con le Brigadas Volantes al fronte.", Holguin (2002), pp. 181-182. 45 Codello (2005), pag. 599. 46 Ivi, pag. 600.

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vetro e dell'abbigliamento, per la maggior parte tentate in Catalogna. Il movimento Mujeres Libres è la prima organizzazione rivoluzionaria femminista di Spagna e si profila come un tentativo di emancipazione della donna dal dominio religioso, politico, relazionale, culturale e sociale47. La discussione sulla condizione della donna era già avviata in Spagna da qualche decennio, come dimostrano anche gli interessanti scritti raccolti da Mary Nash in Mujer, familia y trabajo en España (1875-1936): Antología de textos, pubblicato nel 1983: in questa raccolta c'è uno scritto tradotto dal catalano comparso sul numero del 13 giugno 1936 della rivista Catalunya Social con il titolo “Què li farem fer, a la nena?”. L'autrice – Joan Gaya – ricordava che quelli della sua generazione, ormai quarantenni, avevano molte volte sentito ripetere quella domanda nelle proprie case (“Che cosa faremo fare, alla bambina?). Ricorda che se il figlio era maschio, non c'era preoccupazione di sorta da parte dei genitori: se il bambino non mostrava attitudini per lo studio, si completava la sua istruzione con l'insegnamento del francese, dell'aritmetica per il commercio (“aritmetica mercantil”) e della contabilità. Quando compiva quattrodici anni lo si avviava al contatto con la realtà del lavoro e della vita. Ben diverso era invece il programma che si prospettava per una figlia: “Las chicas, ya se sabia: su lugar era el hogar y su mision, con el tiempo, ser buenas madres de familia. Si 47

Ivi, pag. 605. 55


la cultura literaria que se les daba era muy incipiente, se les enseñaba en cambio a coser, a bordar, a hacer labores, a guisar... y tambien a tocar el piano e incluso a pintar, al menos como complemento de las labores. O sea, lo que necesitaban para el gobierno de una casa y para embeceller la vida del hogar.” 48

Può fare sorridere il fatto che l'autrice dell'articolo parli utilizzando un passato compiuto, significante di modi e usanze lontane nel tempo e nella mentalità. Quando è il momento di parlare dei propri tempo, questa Joan Gaya esordisce con un netto “Hoy los terminos han cambiado”, spiegando poi che la classe operaia cresce le proprie figlie femmine per andare a lavorare nelle fabbriche o, nel caso di una famiglia che abbia situazione economica più abbiente, in un esercizio commerciale. Le classi media e quella alta fanno però di peggio, avendo come mira quella di trovare un ragazzo con una carriera affermata per godere di una tranquilla posizione economica. Le ragazze sanno che il loro destino è quello di sposarsi e questo è fatto loro intendere non come una necessità economica, ma viene loro fatto passare più sottilmente, come una questione che dipende da una loro disposizione naturale. Questa sottomissione ad un destino naturale 48

Traduzione: "Era dato per scontato che il posto per la bambina sarebbe stato la casa e che la sua missione, con il tempo, sarebbe stata quella di essere una buona madre di famiglia. Le si dava una cultura letteraria, è vero, ma in cambio le si insegnava a cucinare, a ricamare, a svolgere i doveri casalinghi e, a loro complemento, a suonare il piano e a dipingere. Le si insegnava, ovvero, tutto ciò che doveva sapere sul governo della casa e sui modi di renderla piacevole.", Nash (1983), pag. 93.

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rende le donne più remissive, disposte a sopportare le condizioni difficili o addirittura svilenti alle quali devono poi fare fronte durante il matrimonio. “Si, por el contrario, crecen con la idea de que pueden casarse o pueden no casarse con la misma libertad de opcion, muchas veces estaran descontentas, sobre todo si tienen elementos de vida proprios y no estas dotadas de una solida formacion moral y religiosa.” 49

L'autrice ammette che ci sono stati momenti in cui famiglie “illuminate” hanno tentato di dare alle figlie educazioni paritarie rispetto ai maschi, ma i risultati sono stati molto negativi, portando alla deformazione delle figlie come donne e senza avere nessun risultato particolarmente positivo o rasserenante dal punto di vista professionale. Il risultato di questo bilancio del 1935 è, insomma, piuttosto sconfortante: è lasciato bene intendere che c'è ancora moltissimo da lavorare prima di tutto per ammettere l'inadeguatezza di alcuni retaggi di una mentalità residuo di un'impostazione datata, poi per trovare percorsi di realizzazione personale appositamente pensati per le donne, che possano cioè essere di soddisfazione e apportatori di successi professionali ma che non ricalchino ciecamente i modelli seguiti dai maschi nella società. Concedere la parità non sarebbe stato abbastanza: quello che ci 49

Traduzione: "Se, al contrario, crescono con l'idea che possono sia sposarsi che non sposarsi con la stessa libertà di opzione, molte volte saranno scontente, soprattutto se posseggono elementi di vita propria e non sono dotate di una solida formazione morale e religiosa.", ivi, pag. 95.

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sarebbe voluto sarebbe stato una attenzione onesta e la possibilità di sperimentare vie nuove. Il diritto di voto alle donne spagnole fu concesso solo nel 1936, quando il parlamento spagnolo fece passare l'articolo 36 della nuova costituzione: il diritto era concesso alle donne che avessero compiuto i 23 anni, la stessa età richiesta agli uomini50. Il movimento Mujeres Libres cerca di porsi proprio in quest'ottica di indagine, secondo la quale nulla deve essere dato per scontato nell'analisi della situazione della donna. L'organizzazione fu fondata a Madrid da tre donne, Lucia Sanchez Saornil, Amparo Poch y Gascon e Mercedes Comaposada nel 1936 ma ufficializzata nel 1937; fu esplicitamente anarchica e mirò già dalla sua nascita all'emancipazione dalla tripla schiavitù che la donna – ignorante, femmina, produttrice – aveva subito e continuava a subire. L'esito costitutivo di questa organizzazione non deve essere visto come legato causalmente alla guerra civile: la base sociale di Mujeres Libres è costituita da operaie e lavoratrici di altro genere che già avevano cominciato a ritrovarsi e discutere sui temi libertari e rivoluzionari in altri contesti, non trovando tuttavia esaudite le proprie esigenze come donne. “The founders of Mujeres Libres were all militants in the anarcho-syndacalist movement. Yet they found the 50

Judith Keene, “Into the Clear Air of the Plaza”: Spanish Women Achieve the Vote in 1931, in Lorée Enders, Beth Radcliffe (1999), pag. 325.

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existing organizations of that movement inadeguate to address the specific problems confronting them as women, whether in the movement itself or in the larger society.”51

Le coordinatrici dell'organizzazione riuscirono a pubblicare con regolarità dal maggio del 1936 all'autunno del 1938 una rivista scritta dalle donne e rivolta alle donne dall'omonimo titolo Mujeres Libres. La rivista rimase disponibile ad accogliere dibattiti e confronti anche con persone esterne all'organizzazione: gli articoli andavano dall'analisi e critica del rapporto con il movimento anarchico alle riflessioni sociobiologiche sull'identità della donna, dalle incomprensioni sul ruolo femminile alle ipotesi sulla concreta emancipazione della donna. La tesi principale del movimento era quella che non avrebbe avuto senso tentare una azione di promozione dell'emancipazione femminile non connettendo attentamente le richieste ideologiche con il preciso momento storico: la manovra più saggia sarebbe stata quella di tentare di trovare sinergie tra la lotta delle donne e quella dei lavoratori. L'organizzazione individuò l'importanza della questione dell'educazione sessuale e l'urgenza di una revisione della concezione di igiene soprattutto per le donne in età fertile, unitamente alla propaganda e alla formazione in merito al controllo delle nascite e della 51

Traduzione: "Chi fondò Mujeres Libres erano tutti militanti nel movimento anarcosindacalista. Pensavano che l'organizzazione del movimento esistente fosse però inadeguata per affrontare gli specifici problemi che riguardavano le donne, intendendole sia nel movimento stesso che nella società.", Ackelsberg (2004), pag. 15.

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maternità consapevole: “La necessaria attenzione verso il mondo dell'infanzia porta Mujeres Libres ad occuparsi inevitabilmente dei problemi educativi e propri dell'istruzione, ad impegnarsi nella divulgazione del pensiero pedagogico libertario. Riconoscendo al bambino grandi potenzialità intellettuali, va da sé promuoverne il suo completo ed integrale sviluppo, adeguando a questo scopo l'organizzazione scolastica ed educativa. In particolare è nelle idee e nelle esperienze di Ferrer, Robin, Tolstoj e negli altri educatori libertari spagnoli che l'organizzazione trova la sua linfa vitale e la sua ispirazione. La preparazione degli insegnanti risulta subito uno dei problemi che vengono affrontati e discussi tra le militanti, perchè grande enfasi e valore è attributo al rapporto umano tra maestro e allievo e alla necessità di possedere, da parte dell'insegnante, una vera e propria vocazione per un'opera così importante ed esclusiva.52”

La rivista Mujeres Libres inseriva spesso articoli corredati da immagini sui bambini. I piccoli, oltre ad essere il centro dell'attenzione delle donne visto che era stata loro imposta l'importante responsabilità di educarli, avevano caratteristiche che li rendevano esemplari per chi avesse voluto accostarsi all'educazione di ogni sorta, dimostrandosi aperti, entusiasti, capaci di assorbire le informazioni che il mondo forniva loro, intenzionali o no che fossero. Restava compito degli educatori impedire che si vergognassero del proprio corpo o di sé stessi, che perdessero il proprio entusiasmo per la scoperta, che venissero utilizzati a scopo propagandistico. 52

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Codello (2005), pag. 610.


L'educazione era un processo di sviluppo e di esplorazione e non una serie di imposizioni; doveva essere attiva e non competitiva, volta a preparare le persone a vivere in una società dove le prevaricazioni fossero bandite. Il loro programma pedagogico, riassunto sul sesto numero della rivista, condensa i criteri di molte riflessioni di area libertaria e anarchica sull'educazione: 1. La pedagogia deve essere considerata un'arte; deve basarsi su di un'ispirazione intima e creatrice. 2. L'ispirazione pedagogica insegnerà al maestro a scoprire in ogni bambino e in ogni momento la viva verità che ogni bambino e ogni momento impongono. 3. Non esiste una dottrina razionalista così eccellente ed infallibile che possa venire imposta come ragione suprema delle menti infantili. 4. Il maestro dotato di ispirazione non amerà i bambini in astratto ma amerà ogni singolo bambino, saprà insegnare ad ogni bambino. 5. Il bravo maestro misurerà la sensibilità di ogni bambino, farà fare più matematica a chi risulti più congeniale e musica a chi invece potesse risultare difficile. 6. Si eviterà la meschina competenza [ma forse competitività? Il libro è tradotto in italiano dall'inglese che a sua volta è traduzione dallo spagnolo. A senso competitività sembrerebbe più adeguato, nda], i premi e i castighi davanti a tutti. 7. Nelle classi, pochi bambini. Quando superano i dieci, il lavoro pedagogico diventa sterile.” 53 53

Ackelsberg (2005), pp. 233-234. 61


Prima di arrivare ad educare i figli, tuttavia, le donne dovevano educare se stesse. Mujeres Libres propose una serie di programmi educativi per combattere l'analfabetismo, per formare le donne tecnicamente, per promuovere una formazione sociale, ovver0o un orientamento al mondo sociale e politico. Il Casal de la Dona Treballadora, aperto a Barcellona nel 1937 dopo l'Istituto Mujeres Libres, proponeva corsi con lezioni elementari (lettura, scrittura, nozioni di aritmetica, geografia, grammatica, meccanografia, stenografia – divisi in tre livelli), lezioni di completamento al livello elementare (per infermiere, puericultrici, per gli studi tecnici – meccanica, elettrotecnica, commercio –, per il taglio e il cucito, per l'agricoltura e l'avicoltura – la maggior parte comprendenti anche ore di pratica nei luoghi di lavoro) e lezioni di formazione sociale (corsi di organizzazione sindacale, sociologia, nozioni di economia e conferenze settimanali sulla cultura generale). Venivano inoltre offerti corsi di formazione professionale per insegnanti di scuola elementare per preparare il personale che avrebbe avuto il delicato compito di gettare i semi per una nuova società nelle vite dei bambini. 54 Una breve parentesi merita di essere aperta sul cinema riguardo alla produzione cinematografica dell'epoca della guerra civile spagnola, anche perchè più avanti si avrà modo di accennare ad una pellicola con una storia molto particolare e travagliata girata proprio presso la colonia di Pins del Valles. 55 54 55

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Ivi, pp. 210-214. Si veda capitolo 5..


Non è facile comporre un percorso unitario facendo riferimento alle informazioni ricavate da monografie e articoli sul cinema del periodo, poiché spesso prevale il punto di vista dello studioso di storia del cinema, attento a ricercare una certa unitarietà in un'esperienza cronologicamente compatta che possa essere così inserita e confrontata con il restante corpus della cinematografia. Si è scelto di analizzare, così, articoli puntualmente dedicati alla produzione durante la guerra civile spagnola che facessero attenzione a distinguere i materiali a seconda della parte politica produttrice56. Il linguaggio cinematografico viene scelto dagli anarchici animati dallo stesso intento educativo e di confronto con la realtà dei fatti che aveva animato le altre azioni più strettamente pedagogiche appena citate. Non è un caso che la forma di produzione maggiormente scelta sia stata quella del 56

Per ricomporre un percorso in questi studi, si fa riferimento agli articoli: - “Note sul cinema documentario e sui cinegiornali nella guerra civile spagnola”, di Paola Olivetti, dal sito dell'Istituto Nazionali per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia (INSMLI), consultabileall'indirizzo www.insmli.it/pubblicazioni/102/cinema_guerra_Spagna_08_olivetti.pdf (d'ora innanzi, “A di nota 34”) - “Il cinema degli anarchici – che cosa ci possono raccontare i film prodotti dagli anarchici spagnoli durante la guerra civile”, di Valeria Camporesi, dal sito della Sopraintendenza per i beni librari e documentari della Regione Emilia Romagna, Istituto per i Beni Artistici Culturali e Naturali (IBC), http://195.62.160.66/soprintendenza/SPAGNA/sez1saggio112.htm (B di nota 34); - “La guerra di Spagna e il cinema. Parte prima: 1936-1939, il documentario di propaganda” e “La guerra di Spagna e il cinema. Parte seconda: fiction e propaganda”, di Riccardo Navone, consultabile presso il sito del consorzio di riviste Mercati Esplosivi, all'indirizzo www.mercatiesplosivi.com/CW/CWind.html (C e D di nota 34).

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documentario: non si trattò di produzioni mirate solo alla propaganda – come nel caso dei rivali – ma di pellicole con la volontà di arricchire la consapevolezza del popolo, ponendo l'accento sulla rivoluzione sociale, sulla costruzione della collettività e sulla possibilità di portare avanti la rivoluzione contemporaneamente alla guerra 57. Il documentario non è però l'unico tipo di produzione: si possono ricondurre le pellicole girate dagli anarchici anche ad altre categorie58, ovvero “reportage di guerra e retroguardia”, “film di propaganda”, “film di complemento” (mediometraggi di contenuto e intenti vari) e “film base” (lungometraggi commerciali). Le caratteristiche di questi film sono eterogenee ma, indulgendo ad una generalizzazione per orientarci meglio, la qualità tecnica, estetica e formale è solo raramente almeno soddisfacente, anche se occorre ammettere tutta la loro originalità dei tentativi 59. Va ricordato che gli anni Trenta videro anche importanti innovazioni nella cinematografia: fu introdotta la pellicola supersensibile che poteva essere impressionata anche in condizioni di scarsità di luce, macchine compatte e portatili che lavoravano sui 35 millimetri e si assestò l'utilizzo del sonoro 60. La gran parte del cinema realizzato durante il conflitto civile è andato perso in un incendio dalle 57 58

Vd. C di nota 33. Seguendo la classificazione di Valeria Camporesi in B di nota 34,

pag. 3. 59 60

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Vd. B di nota 33 pag. 2. Vd. A di nota 33.


cause non chiare che divampò nel 1945 ai laboratori Cinematiraje di Madrid: lì erano conservate le pellicole che i franchisti vittoriosi avevano sequestrato durante agli avversari61. Il SEUP (sindacato unico spagnolo per gli spettacoli pubblici) fu creato dal sindacato anarchico CNT nel 1930: lo scopo era quello di realizzare materiale educativo e didattico, il linea con gli sforzi portati avanti per indurre una presa di coscienza e un'emancipazione nella popolazione, sia per i bambini che per gli adulti. Nacquero anche il SIE (Sidacato de la Industria del Espetaculo) e la Oficina de Informacion y propaganda de la CNT-FAI). Il Dipartimento dello Spettacolo perse poi la sua autonomia quando fu compreso nel 1937 nel Dipartimento dell'Economia, amministrato dalla Repubblica. Tutto questo fervore fu interrotto poi in anticipo sulla fine della guerra per un'ordinanza del PCE (partito comunista spagnolo) nel gennaio 1938 nel quale si ordinava la cessazione della socializzazione del cinema e dei teatri62. Nel periodo che va dal 1932 al 1936 il numero di film – in prevalenza lungometraggi – è attestabile a 57. nel 1936 furono poi requisiti – sull'onda della collettivizzazione – gli studio Orphea e Trilla nella città di Barcellona. Nel 1936 fu fondata la Laya Films, una sezione di cinema facente riferimento alla 61

“268 pellicole realizzate durante la guerra sono andate interamente perdute; complessivamente (...) si è perduto circa il 58% delle 360 pellicole realizzate dalla Repubblica e il 31% delle 93 pellicole realizzate dai nazionalisti”, vd. A di nota 33 62 Vd. C di nota 33.

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Generalitat della Catalogna, equipaggiata con attrezzature francesi, che “produsse più di 100 documentari non solo di guerra ma anche folkloristici e pedagogici e realizzò un cinegiornale settimanale, “España al dia. Noticiario Nacional”, di cui uscirono 100 numeri dal gennaio 1937 al gennaio 1939”63. “Saranno prodotti dalla Repubblica circa 220 documentari, con i più svariati intenti, in particolare la CNT-FAI produrrà circa 75 pellicole64, il Partito Comunista Spagnolo [PCE] circa 5065, e il governo repubblicano circa 100; a questi vanno aggiunti i film realizzati da formazioni minori, i film dei paesi baschi, quelli prodotti all'estero dal movimento di solidarietà internazionale e i cinegiornali di attualità.” 66

I numeri della produzione durante la guerra non sono accertabili con sicurezza: i ricercatori della Filmoteca Spagnola, dal 1985 al 1996, hanno elaborato un Catalogo general del cine de la guerra civil, che conta 889 titoli. Tuttavia, già lo stesso fatto che i franchisti tentarono di fare scomparire o distruggere le pellicole prodotte dagli avversari rende 63

Vd. A di nota 33. “Per quello che è possibile ricostruire dalle fonti spagnole si può quantificare così la produzione della CNT durante la guerra: Film di guerra: 38 a Barcellona e 14 a Madrid; Film di propaganda: 7 a Barcellona, 2 a Madrid; Film di complemento: 4 a Barcellona; Lungometraggi a soggetto: 4 a Barcellona, 1 a Madrid.”, vd. A di nota 33. 65 “Il PCE non produrrà nessun lungometraggio a soggetto, denunciando in questo una scarsa capacità creativa e un marcato spirito di partito tutto orientato verso la propaganda tout court.”, vd. C di nota 33. 66 Vd. C di nota 33. 64

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evidente quanto fosse temuto questo tipo di linguaggio. Dalla sua parte, la produzione franchista era nulla prima della rivolta degli avversari: furono però immediatamente espropriate le attrezzature della casa di produzione Cifesa all'apertura del conflitto e si accolsero gli aiuti che arrivarono dagli alleati italiani e tedeschi anche in questo settore. Nel 1936, avendo individuato che lo scopo da perseguire attraverso il cinema sarebbe stato la propaganda e la celebrazione dell'ufficialità e l'insistenza su miti reazionari (la reconquista e la cruzada), fu organizzato il primo apparato di diffusione e nel 1938 si creò il Dipartimento Nazionale di Cinematografia67, che produsse anche 19 numeri di un cinegiornale. Ritornando alla produzione degli anarchici, si propone qui una lista dei titoli di alcune delle pellicole girate in quegli anni dedicate alla guerra di Spagna: può essere interessante soffermarsi sugli eloquenti titoli per avere esempi del tono esplicito e la retorica diretta senza nessun uso di metafore, in linea con la chiarezza che si voleva caratterizzante il rapporto con il popolo. Si parte obbligatoriamente dal primo film che documenta la guerra di Spagna, Reportaje del movimiento revolucionario en Barcelona, prodotto nel luglio 1936 e diretto da Mateo Santos; poi Barcelona trabaja para el frente, El frente y la retroguardia, Bajo el signo libertario, Aragon trabaja y lucha, La conquista del Carrascal de Chimillas, Madrid tumba del fascismo, Columna 67

Vd. A di nota 33.

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de hierro, Frente de Teruel, Conquista de Teruel, Toma de Teruel, Teruel a caido, Solidariedad del pueblocon las victimas del fascismo, Castilla se libera68. Vengono inoltre girati film da parte di alcuni registi che sono affermati a livello internazionale (Joris Ivens, Esfir Sub, Roman Karmen, Boris Makaseev, Ivor Montagu, Norman Man Laren, Manuel Ordonez, Herbert Kline, Geza Karpathi, Henri Cartier-Bresson, solo per ricordare i più famosi) rispondendo alla chiamata di solidarietà a i combattenti della guerra civile e con l'intento di creare una risonanza alle vicende susseguentisi in quelle terre. La sensibilità dei registi rimase molto scossa dalla questione dei bambini, vittime condannate ad una vita impossibile in Spagna e, quando possibile, mandati in altri paesi in colonie più o meno attrezzate: tra queste pellicole di ricordano Llegada de niños españoles a Vera Curz (Messico, 1937), Niños españoles en Mejico (1938), Nuevos amigos (URSS, 1937), Children of Spain, Ofrena als infants (in catalano), Niños de hoy, hombres de mañana (di José Fogués), Niños felices e La republica protege a sus niños (1938). Alcune opere di queste trasmettono l'urgenza della questione dell'educazione possibile nelle contraddizioni della guerra, oltre che per la loro materiale sopravvivenza.

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Per questa e altra filmografia, si rimanda a C di nota 33.


Questa veloce panoramica sul periodo precedente la guerra civile di Spagna dal 1936 al 1939 e i primi accadimenti della stessa vorrebbe fare accorgere della particolarità di quanto accadde in quel contesto: la necessità di una nuova forma di educazione e i tentativi per offrirla alla popolazione – anche se non si può parlare, a ben vedere, di “offerta”, visto che ogni innovazione doveva essere meditata e guadagnata duramente a proprio rischio e pericolo dagli stessi beneficiari – non fu un pretesto per valorizzare moralmente una rincorsa ad un potere politico o a benefici economici a danno di altri. Il rinnovamento pedagogico anelato fu una delle cause originarie della volontà di ribellione allo status quo di quegli anni e permise di formare una coscienza popolare locale ma anche internazionale tale da convincere molti uomini e donne a farsi militanti e a dare il proprio contributo nel conflitto armato. Fu questo il momento per dare conseguenze concrete alle riflessioni dei pensatori anarchici e libertari che dalla metà dell'Ottocento avevano provato a prefigurare scenari possibili per la realizzazione di una società e di una umanità basata sui presupposti del rispetto e della autentica libertà: solo occasionalmente si erano viste realizzate queste forme di convivenza e di educazione e mai senza riuscire ad ottenere che quelle modalità diventassero quelle ufficiali. Né avrebbero mai potuto diventare “ufficiali”, in effetti: non avrebbero infatti avuto se senso se fossero state adottate e istituzionalizzate da uno Stato che ancora manteneva un apparato improntato ad un sottile autoritarismo, carattere 69


questo ribadito attraverso gli accordi malcelati con la Chiesa. L'avere svelato questo meccanismo portava i militanti di ascendenza libertaria a non potere accettare nessun compromesso: il sistema andava rifondato, drasticamente, riflettendo su ogni singolo mattone che ci si accingeva a posare. I primi mattoni dovevano essere quelli di una nuova forma di educazione e lascia molto ammirati vedere con quale spirito e con quante poche ipocrisie si accettò il fatto che tutti avrebbero – seppure in modi differenti – dovuto essere rieducati. Dovevano essere educati gli adulti, per arrivare ad avere la consapevolezza dello stato di alienazione della propria volontà e libertà in cui si trovavano; per mettersi nella disposizione d'animo di impugnare la responsabilità non solo verso se stessi ma verso l'intera collettività, a partire dai bambini; per essere propositivi sia nel momento di stabilire le condizioni necessarie per essere in grado di lavorare, sia per creare opportunità di scambio e crescita culturale e umana al di fuori degli orari di lavoro; per rendere la propria famiglia il contesto dove venivano perseguiti fin dalle prime fasi della vita dell'individuo i valori della responsabilità e della libertà; per essere uomini di governo aperti al confronto con tutte le parti sociali e non attenti esclusivamente alla rincorsa dei propri interessi. Dovevano essere educate le donne, per prendere coscienza della propria dignità non solo come madri o addette alla gestione della casa ma come donne; per poter avere accesso alla cultura e all'istruzione in un modo continuo, “normale”; per abbattere il livello 70


di analfabetismo a livello nazionale, visto che la percentuale di donne che non sapevano leggere e scrivere era notevolmente più alta di quelle degli uomini; per poter finalmente elaborare e scegliere percorsi di studio e professionali indipendenti da quelli dei maschi, per puntare alla propria realizzazione e non alla replica di standard non opportuni; per essere capaci di crescere i figli non opprimendoli con il pesante e onnipresente senso di colpa creato dalla religione, ma con una discrezionalità critica addestrata dall'attenzione e dalla razionalità. Dovevano essere educati i bambini, per riuscire a essere più costretti a sovvertire violentemente la società per migliorarla, come ormai si aveva il sentore che sarebbe successo. I bambini rappresentavano, dunque, la speranza per un futuro improntato alla libertà e ad un nuovo rispetto dell'umanità. Purtroppo, però, ci furono bambini che dovettero subire le difficoltà – a volte degenerate in atrocità – di questa “fase di passaggio”: furono molti. Nel prossimo capitolo ci si vuole soffermare su quanto accadde a questi bambini.

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3. I BAMBINI E LA GUERRA CIVILE SPAGNOLA “Si nos dejamos arrebatar el mundo de los niños habremos perdido la revolucion: todos los esfuerzos seran inutiles y la sangre vertida en los frentes serà esteril y volverà a devorarnos, irremisiblemente, la bestia de la reaccion”.69 “Nuestra revolucion de hoy es una obra umana y constructiva de mañana porque el primer pensamiento, la primera idea surgida del pueblo en armas ha sido la de velar por el mundo de los niños. Toda nuestra tarea de hoy es esta: crear escuelas bellas y humanas que borren de la imaginacion de nuestros niños todos los dolores que han vivido. Nosotros les hablamos de la guerra como de algo monstruoso; les habiamos puesto de manifiesto todas sus miserias y de repente nos hemos lanzado a lucha como fieras que defienden la vida, con heroismo, en defensa de la libertad, la justicia y el amor humano... Y ahora debemos hacerles ver y sentir la justicia de nuestra lucha”.70 69

Traduzione: "Se continuiamo a lasciare stravolgere il mondo dei bambini avremo perso la rivoluzione: tutti gli sforzi saranno inutili e il sangue versato ai fronte sarà sterile e, senza possibilità di contrastarlo, il mostro della reazione ci divorerà.", da un discorso del vicepresidente del consiglio della Escola Nova Unificada, Francesc Albert Marrugat, in Pamies (1977), pag. 55. 70 Traduzione: "La nostra rivoluzione di oggi è un'opera umana e costruttiva per il futuro, perché il primo pensiero, la prima idea sorta nel popolo che sceglieva di combattere con le armi era stata quella di proteggere il mondo dei bambini. Il nostro principale compito di oggi deve essere questo: creare scuole giuste e umane che possano cancellare dalla mente dei nostri bambini tutti i dolori che hanno vissuto. Noi continuiamo a parlare loro della guerra come di qualcosa di mostruoso; abbiamo messo davanti ai loro occhi tutte le sue miserie e senza indugi ci siamo buttati nella lotta come fiere che difendono la vita, pieni di eroismo, difendendo la libertà, la giustizia e l'amore umano... E adesso dobbiamo 72


Per ricomporre alcuni degli avvenimenti che hanno interessato i bambini durante la guerra di Spagna si è scelto di procedere dando credito ad un approccio molto utilizzato da chi si è interessato dell'argomento: l'analisi delle testimonianze dirette raccolte attraverso le interviste delle persone che all'epoca degli avvenimenti erano bambini. La raccolta delle testimonianze dirette è una fonte molto preziosa nell'indagine storica, anche se non sempre si ha l'opportunità di sfruttarla. Trattandosi di testimoni che avevano dai 4 ai 14 anni durante gli anni della guerra civile, oggi queste persone hanno intorno ai 70-80 anni: è un'età in cui spesso ci si ferma a ricordare volentieri il passato sia perché spesso cala la quantità di attività che riempie le giornate sia perché c'è il tentativo di ripercorrere idealmente la propria vita per cercarne la coerenza e il valore. È d'altro canto abbastanza raro per tutti che qualcuno si interessi alle proprie esperienze tanto da mobilitarsi per una intervista: se è una cosa inconsueta per chi compie opere straordinarie e clamorose, lo è ancora di più per chi non ha fatto – in fondo – niente di strano se non essere bambino e crescere in un periodo storico invece che in un altro. I testimoni che ci forniscono la “memoria vivente” possono essere caratterizzati da una certa ambivalenza nel momento della sollecitazione del ricordo: da un lato c'è il sentimento di orgoglio per essere stati interpellati e per sentirsi riconosciuti per rendere questi ideali cose vere, sentendo la giustizia della nostra lotta.", da un discorso del vicepresidente del consiglio della Escola Nova Unificada, Francesc Albert Marrugat, in Pamies (1977), pp 54-55. 73


aver vissuto un'esperienza significativa. Questo sentimento è senz’altro positivo, perchè fa avvertire una responsabilità nel momento del racconto, cercando di fornire quanti più dettagli possibile e fornendo magari elenchi di altri testimoni che possano contribuire alla ricerca. Si può però a volte incorrere in una sorta di fastidio dovuto alla sensazione che chi studia gli eventi da un punto di vista distaccato – come sono necessariamente costretti a fare i ricercatori nella maggior parte dei casi – in qualche modo possa tradire la realtà dei fatti attuando per esempio distorsioni, compiendo sapendo già quali risposte vorrebbe ottenere in difesa di tesi precedentemente elaborate. Un altro fattore del quale tener conto nel momento dell'intervista di un testimone diretto è che la memoria personale può essere stata corrotta nel corso del tempo. Ciò può accadere per motivi psicologici – rielaborazioni mai portate a termine di episodi dolorosi, sensi di colpa che non si vuole riaffiorino.... –, per naturale oblio – è il caso di chi viene intervistato su eventi che per lui davvero sono stati irrilevanti nello svolgersi successivo della propria vita – o ancora perché il ricordo originale può essere mischiato a quello di altre persone. Quest'ultimo è il rischio di chi ha partecipato ad eventi che sono stati ripercorsi in studi, celebrazioni o documentari: è una funzione normale della mente umana quella di intervenire sul ricordo con integrazioni successive, agendo con compensazioni, ridefinizioni di senso, distorsioni o altre operazioni cognitive che ricadono in gradi diversi sotto il 74


dominio della coscienza. Ci possono poi essere stati elementi delle memorie che nel momento della ricezione ed elaborazione primarie non sono stati colti nella loro opportuna complessità, carenze alle quali si tenta di sopperire integrando con altre informazioni raccolte posteriormente. Un altro esito negativo dell'intervento sul ricordo è costituito dalle “memorie riconciliate”, intese come varianti peggiorative delle “memorie condivise”: con questa locuzione si intende una ricostruzione accomodante degli eventi che quieti la propria coscienza, a fronte di un originale disagio generato dal ricordo71. Andando ancora più a fondo nei meccanismi consci e inconsci che deviano l'elaborazione del ricordo nel momento dell'intervento dello storiografo, Foucault avverte che può avere un ruolo importante anche un “desiderio di potere” che si traduce in un “desiderio di verità”, “che penetra tutte le pratiche discorsive e che nel caso del discorso storico si manifesta come un prodigioso meccanismo di esclusione.”72

“Neutralità”, “obiettività” e “dato” sono per Foucault parole illusorie, il cui ruolo fondamentale è quello di generare un consenso e legittimare una versione del passato è quella che lo storiografo sceglie di favorire73. 71

Per le note sulla “memoria” nella storiografia, il testo di riferimento è stato Pavone (2007), cap. 3. 72 Alvarez-Fernandez (2007), pag. 51. 73 Per un'analisi della posizione di Foucault, vd. Alvarez-Fernandez (2007), pag.47-52 (capitolo Foucault y la contra-memoria). 75


Le avvertenze per chi si accosta a testimonianze dirette ma ritardate rispetto al fatto in questione sono quindi numerose e dettagliate. L'indagine dello storico – o del giornalista, o del documentarista, o del curioso – deve seguire un approccio meditato e avere a disposizione tempi e dati per confronti e verifiche. C'è però un modo diretto per interpellare quei bambini che vissero durante la guerra civile spagnola direttamente in quei giorni: è possibile farlo attraverso i disegni dell'epoca. They Still Draw Pictures74 è un libro ma è anche un grande archivio che ha sede presso la Mandeville Special Collections Library, ospitata dall'Università della California di San Diego. La collezione è identificata dalla denominazione “Southworth Spanish Civil War Collection”. Il libro fu pubblicato nel 1938 a Ney York come prima edizione. Il fondo conservativo “Southworth Spanish Civil War Collection” comprende 609 disegni, prodotti principalmente su semplice carta usando matite, pennarelli, inchiostro e a volte acquerelli. I disegni furono raccolti in tutta la Spagna e nelle colonie per bambini rifugiati nella Francia meridionale. Non tutti i disegni riportano scene di guerra: alcuni rappresentano scene di vita quotidiana o episodi della vicenda personale del bambino. L'introduzione del libro fu affidata ad Aldous Huxley: 74

Esempi dei disegni raccolti nella collezione sono riportati in Appendice: documenti fotografici ed immagini. 76


“This is a collection of children's drawings; it is also and at the same time a collection of drawings made by little boys and girls who have lived through a modern war.75”

Questi disegni diventano importanti per il loro valore estetico, lasciando sbalorditi per come i piccoli possano raggiungere sorprendenti risultati nella produzione artistica qualora vengano lasciati liberi di esprimersi: in questo caso, inoltre, le condizioni di produzione del materiale raccolto sono quelle di un notevole handicap. Quello che è più caro ricordare in questa raccolta non è, però, il valore estetico: “It is a pleasure to consider these children's drawings as works of art; but it is also our duty to remember that they are signs of the times, symptoms of our contemporary civilization. If we look at them with the eyes of historians and sociologists, we shall be struck at once by a horribly significant fact: the greater number of these drawings contain representations of aeroplanes. To the little boys and girls of Spain, the symbol of contemporary civilization, the one overwhelmingly significant fact in the world of today is the military plane - the plane that, when cities have antiaircraft defenses, flies high and drops its load of fire and high explosives indiscriminately from the clouds; the plane that, when there is no defense, swoops low and turns its machine-guns on the panic-stricken men, women and children in the streets. For hundreds of 75

Traduzione: "Questa è una raccolta di disegni di bambini; è, anche e allo stesso tempo, una raccolta di disegni fatti da bambini e bambine che hanno vissuto attraverso una guerra moderna.", Aldous Huxley, They Still Draw Pictures!: A Collection of 60 Drawings Made by Spanish Children During the War, Spanish child welfare association of America for the American Friends service committee, 1938, pag. 6. 77


thousands of children in Spain, as for millions of other children in China, the plane, with its bombs and its machine guns, is the thing that, in the world we live in and helped to make, is significant and important above all others. This is the dreadful fact to which the drawings in our collection bear unmistakable witness.”76

Quello che questi disegni ci riportano è uno spaccato molto vivido dell'esperienza dei bambini ed è anche un monito importante per chi si occupa di loro, qualsiasi sia il periodo storico. I risultati ottenuti da questi bambini sono validi dal punto di vista estetico, eppure hanno come oggetti delle rappresentazioni eventi difficili da sopportare per la capacità cognitiva di un bambino. Ho scelto di trattare anche della collezione They Still Draw Pictures perchè questi disegni sono in qualche modo il simbolo della grande contraddizione che si manifestò durante la guerra civile di Spagna: il 76

Traduzione: "Fa piacere e può venire spontaneo considerare questi disegni di bambini come opere d'arte; ma è anche nostro dovere tenere presente che sono segni dei tempi, sintomi della nostra contemporanea opera di civilizzazione. Se noi li guardiamo con gli occhi degli storici o dei sociologi, veniamo colti impreparati da un fatto orribilmente eloquente: la maggior parte di questi disegni rappresenta aeroplani. Per i bambini e le bambine della Spagna, il simbolo della civiltà contemporanea, la grande splendida innovazione che è l'aereo militare - lo stesso aereo che, quando le città possono vantare difese antiaeree, vola alto e lascia cadere i suoi carichi di fuoco e materiali esplosivi dalle nuvole e che, quando invece non c'è antiaerea, plana in basso e aziona le sue mitragliatrici sulla gente sopraffatta dal panico, compresi donne e bambini - bene, per migliaia di bambini della Spagna come anche per i milioni della Cina - l'aeroplano, con le sue bombe e mitragliatrici, è quella cosa che - nel mondo in cui viviamo e abbiamo contribuito a creare - è significativa è importante sopra ogni altra. Questo fatto, spaventoso, è testimoniato inequivocabilmente dai disegni di questa raccolta.", ivi, pp. 7-8.

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raggiungimento di risultati virtuosi si poté avere solo attraverso sofferenze e drammi per la maggior parte della popolazione. Così come questi bambini ottennero risultati sorprendenti dal punto di vista artistico77, si ebbe una lodevole mobilitazione di solidarietà per fare fronte all'emergenza dei piccoli sfollati dalle zone della guerra e, cosa ancora più sorprendente, si provvide alla costruzione di colonie per l'accoglienza dei piccoli. In particolare in Catalogna e nell'est della Spagna si assistette all'apertura di numerose colonie per l'accoglienza per periodi definiti. Il fenomeno interessò 45.426 bambini che vennero sistemati in 558 colonie, coordinate per la maggior parte dalla SIA (Solidaridad Internacional Antifascista), che si preoccupava di sostenere lo sforzo fisico ed economico grazie ai contributi del movimento anarchico internazionale. Si è parlato di esempi virtuosi perchè queste colonie rappresentarono, visto il necessario livello di autogestione praticato, un 77

“These Spanish children, I repeat, have had to work under a technical handicap; but in spite of this handicap, how well, on the whole, they have acquitted themselves. There are combinations of pale pure colours that remind one of the harmonies one meets with in the tinted sketches of the eighteenth century. In other drawings, the tones are deep, the contrasts violent. (I remember especially one landscape of a red-roofed house among dark trees and hills that possesses, in its infantile way, all the power and certainty of a Vlaminck).”, traduzione: "Questi bambini spagnoli, come ho già detto, dovettero lavorare in una condizione di handicap tecnico; nonostante ciò, come si sono espressi bene, in realtà! Vediamo combinazioni di colori chiari e puri che ricordano le armonie che possono essere incontrate nelle vedute del diciottesimo secolo. In altri disegni i toni sono invece cupi e i contrasti violenti. (Ricordo specialmente un paesaggio con una casa dal tetto rosso tra gli alberi scuri e colline che, seppur dipinte da un bambino, possedevano tutta la forza e la sicurezza di un Vlaminck).", ivi, introduzione. 79


esempio concreto di embrione sociale alternativo a quello autoritario; era quanto i pedagogisti libertari avevano sognato. Un sogno che, tuttavia, si proiettò su uno scenario da incubo. Una omologa contraddizione è presentata anche in alcune righe di un'opera in cui sono raccolte un gran numero di testimonianze originali. Si dice che ad un certo punto nelle scuole della zona repubblicana cominciarono ad apparire i primi maestri mutilati di guerra, i quali tornavano per fornire il loro sostegno agli altri maestri che spesso erano improvvisati. “La guerra aparecìa brutalmente ante los ojos de los niños en uno de0 sus aspectos mas impresionantes. No tardarian en surgir discrepancias entre esos jovenes maestros mutilados y los vejos maestros jubilados y movilizados para el servicio. Estos ultimos se oponian a la politizacion de la vida escolar y aquellos consideraban que los niños debian saber lo que se ventilaba en aquella guerra.”78

Il limite tra la consapevolezza, il senso di realtà, l'orgoglio e la strumentalizzazione dei bambini è in questi casi molto sottile. Da un lato, le testimonianze raccolte quando quei bambini erano adulti nella maggior parte dei casi hanno reso merito ai metodi e 78

Traduzione: "La guerra appariva in tutta la sua brutalità davanti agli occhi dei bambini in uno dei suoi aspetti più impressionanti. Non tarderanno ad emergere discrepanze tra quei giovani maestri mutilati e i vecchi contenti e motivati al servizio. Questi ultimi si opponevano alla politicizzazione della vita scolastica e gli altri ritenevano che i bambini avrebbero dovuto sapere quello che accadeva riguardo la guerra.”, Pamies (1977), pag. 41.

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ai messaggi che furono loro proposti. Dall'altro, occorre tenere presente che l'unica cosa che questi bambini avrebbero voluto era non sentir più parlare di guerra, né dei fatti da loro vissuti, né di rivisitazioni indirette per attribuire un valore etico a quanto era loro toccato vivere. I maestri delle scuole della Catalogna si dovettero confrontare con il problema dell'accoglienza dei bambini più traumatizzati dalla guerra, ovvero quelli delle zone più arretrate, nel nord della nazione. “El odio vivia en el corazon de aquellos pequeños con una fuerza espantosa. Padecìan crisi de nervios originadas por las atrocidades presenciadas, crisi que se manifestaban con gritos y vomitos, desequilibrios de los reflejos, incontinencia de orina, tartamudeces, incapacidad de concentracion, insomnio etc. Los niños evacuados del Norte eran los mas debilitados, con infecciones cutaneas, pues vivìan con la ropa puesta durante semanas, propensos al tifus, anemias, caries, retrasos en la pubertad, tubercolosis.”79

Molte delle manifestazioni riportate in questo brano sono quelle tipiche dei bambini che hanno subito violenza assistita80 o diretta. Ogni 79

Traduzione:" L'odio viveva nel cuore di quei piccoli con una forza spaventosa. Pativano crisi di nervi causate dalle atrocità che avevano visto, crisi che si manifestavano con grida e vomito, sbilanciamenti dei riflessi, incontinenza urinaria, balbuzie, incapacità di concentrazione, insonnia ecc. I bambini evacuati dal Nord erano i più deabilitati, presentavano infezioni cutanee, vivevano con gli stessi vestiti per settimane, erano esposti al tifo, all'anemia, alla carie, alla tubercolosi ed erano in ritardo sulla pubertà.", ivi, 1977, pag. 43. 80 “La violenza assistita è stata definita, al Congresso Internazionale di Singapore del settembre 1998, violenza di tipo primario come quella fisica e sessuale subito direttamente; nonostante la gravità e la frequenza 81


rievocazione che non sia proposta con le opportune precauzioni e competenze, in questi casi, è senz'altro un dolore forte, difficilmente gestibile da bambini. “Los pedagogos de la zona republicana se asforzaban por orientar la formacion del niño por otros derroteros, pero la guerra estaba allì (...). En la zona republicana “se mataban” jugando niños rojos e niños fascistas. Siempre perdian los fascistas, naturalmente, y a la hora determinar quien iba a ser el “facha”, se decidia a cara o cruz. (...) Para los niños de familias humildes y pobres residentes en zonas especialmente castigadas por los frentes de batalla y las rapresalias, la guerra no fue ningun juego ni la libertad soñada. Cuando (...) se jugaba a “rojos” y a “fachas”, todo el panico acumulado en la guerra y en las escenas vividas en sus pueblos y aldeas “liberados” se traducia en enseñamientos que preocupaban seriamente a los educatores. Aquellos no eran niños, sino fieras.”81

In piena guerra civile arrivarono in una zona repubblicana il pedagogista francese Alfred Brauner e sua moglie Françoise Risel con l'intento di studiare direttamente i metodi pedagogici utilizzati in situazioni tanto disequilibrate e gli effetti della guerra a livello psichico nei bambini. 82 L'autrice del libro Los niños de la guerra, provando a fare un sommario bilancio dell'esperienza del fenomeno, la violenza assistita è sottovalutata sia dal punto di vista sociale, in quanto si stenta a riconoscerla, sia dal punto di visto giuridico, non essendoci sufficiente tutela e protezione.”, “Maltrattamento, abbandono e abuso sessuale a danno di minori”, in Nizzoli, Pissacroia (2002), pag. 476. 81 Pamies (1977), pag. 90. 82 Ivi, pag. 42.

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delle nuove scuole sorte durante la guerra civile e della qualità dell'educazione fornita, basandosi sulle testimonianze dirette da lei raccolte, riporta che molti di quei bambini che poterono beneficiare di quel tipo di insegnamento in piena guerra ricordano più gli aspetti gioiosi che quelli negativi. La maggior parte di loro, inoltre, è in grado di riconoscere – da adulto – l'alto livello dell'esperienza scolastica e della formazione morale e civica ricevute. Fino a questo punto sono stati esposte le riflessioni e le realizzazioni in campo pedagogico di quella parte della Spagna investita dalla guerra civile e che cercò di produrre esiti divergenti rispetto alla norma educativa istituzionale dell'epoca. In altre parole si è esposta l'eccezionalità e non la normalità, dal punto di vista educativo. Sembra ora il momento di provare a prestare un poco di attenzione – come sbirciando da uno spiraglio – ai programmi che la Spagna proponeva ai suoi studenti nelle scuole statali. Ci si avvarrà dell'analisi dell'Estatuto de Segunda Enseñanza del 1938, presentato dal ministro dell'educazione nazionale don Pedro Sainz Rodriguez e approvato all'unanimità. Questo testo è composto da un lungo preambolo che esplicita il carattere al quale tenderà l'insegnamento in Spagna non solo durante la guerra ma anche negli anni successivi. I toni sono alti, entusiasti, acclamanti ad un rinnovamento nel mondo dell'istruzione spagnola che possa custodire “el deposito sagrado de la

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genuina cultura de España”83. Lo statuto è quindi il documento che rende pubblica un tentativo di riforma che da subito localizza la parte più importante del sistema educativo nella “Enseñanza Media – el Bachillerato universitario – porque el criterio que en ella se aplique ha de ser norma y médula de toda la reforma”. Il movimento di rinnovamento deve quindi partire dall'alto e trasmettersi ai livelli inferiori dell'apparato universitario: è un tentativo che mette allo scoperto quanta poca volontà di compromissione i riformatori avessero nei confronti dell'istruzione popolare, quella che toccava la maggioranza della popolazione, visto che individuano il fulcro degli sforzi in quell'ambito che avrebbe interessato solo una piccola percentuale di cittadini. L'intento è, dichiaratamente, “la formacion intelectual y moral de sus futuras clases directoras84”. È come se le istituzioni dovessero allinearsi al linguaggio e a tutta la dinamica rinnovatrice che permeava quegli anni: per farlo, tuttavia, dovettero trovare un modo di poter sì dimostrare di poter competere con le capacità di rinnovamento degli avversari politici e a-politici, ma avere la possibilità di non compromettere le basi portanti del sistema educativo che permetteva loro di ribadire l'organizzazione sociale che garantiva il potere alle istituzioni stesse. Queste dichiarazioni di rinnovamento hanno tutta la zavorra possibile del 83

Traduzione: “il sacro patrimonio dell'autentica cultura spagnola.”, ivi, pag. 25. 84 Ibidem. 84


conservatorismo residuo alla portata della diade Stato-Chiesa spagnola di quegli anni. Nonostante ciò, in poche pagine sono ricorrenti i termini dell'area semantica del “cambiamento/rinnovamento”. Può essere una critica forse scontata per chi conosce già gli esiti delle controversie di quegli anni e soprattutto per chi ha provato a dare credito alle correnti di pensiero alternative, ma la sensazione che si ha è quella di una certa ipocrisia. Se si prende l'affermazione: “La tecnica memoristica, producto del sistema imperante, ha da ser sustituida por una accion continuada y progresiva sobre la mentalidad del alumno, que de por resultado (...) la asimilacion definitiva de elementos basicos de cultura y la formacion de una personalidad completa.”85

e si considera che in realtà è il “sistema imperante” stesso che parla, si può notare come gli addetti del ministero della cultura annaspassero nel tentativo di crearsi da sé i propri nemici – fittizi – per poter essere sicuri di poterli controllare. Seguono, nel documento, alcuni provvedimenti come l'introduzione dell'esame di Stato – nel quale le prove verranno valutate nel modo più oggettivo possibile – , il miglioramento dei libri di testo dal punto di vista scientifico ed economico (?, ndr), il 85

Traduzione:" La tecnica dell'apprendimento mnemonico, prodotto del sistema imperante, deve essere sostituita da un'azione continua e progressiva sulla mente dell'alunno, ponendosi come risultato l'assimilazione definitiva di elementi basilari della cultura e una formazione di una personalità completa.", ivi, pag. 27, corsivo mio.

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tentativo di assecondare l'iniziativa privata per la formazione di Centros de Enseñanza, ovvero di centri simili ai luoghi di istruzione istituzionali ma separati e gestiti – appunto – privatamente. Non ci sono dubbi sulle materie che devono essere considerate il nucleo culturale della dignità del sistema dell'istruzione spagnolo e della Spagna stessa: “La cultura clasica y humanistica se ha reconocido universalmente como la base insuperable y fecunda para el desarollo de la jovenes intelligencias. (...) Una apologetica copiosisima y conveniente pudiera invocarse a su favor: (...) el procurar esta formacion camino seguro para la vuelta a la valorizacion del Ser autentico de España, de la España formada en los estudios clasicos y humanisticos de nuestro siglo XVI, que produjo aquella pleyade de politicos y guerreros – todos de formacion religiosa, clasica y humanistica – de nuestra epoca imperial hacia la que retorna la vocacion heroica de nuestra juventud; poder formativo politico corroborado todavia noteblemente con el ejemplo de las grandes naciones imperiales modernas. (...) Consecuentemente la formacion clasica y humanistica ha de ser acompañada por un contenido eminentemente catolico y patriotico.”86 86

Traduzione:" La cultura classica ed umanistica è riconosciuta universalmente come base insuperabile e fertile per lo sviluppo delle giovani intelligenze. C'è una gran quantità di opere in difesa di questo fatto: occorre far sì che questo tipo di formazione abbia corso sicuro in Spagna per valorizzarne il Sé autentico, quello di una nazione formata dagli studi classici del nostro secolo XVI, che ha prodotto quella gran quantità di politici e guerrieri - tutti con formazione religiosa, classica e umanistica - della nostra epoca imperiale, verso il ritorno della vocazione eroica della nostra gioventù: il potere politico deve essere rinforzato notevolmente anche con l'esempio delle grandi nazioni imperiali moderne.

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Quest'ultimo riferimento è in buona sostanza un ottimo spunto per i detrattori del sistema educativo istituzionale spagnolo, i quali potevano qui trovare un'ammissione a chiare lettere dei “peccati” da purificare attraverso l'impresa pedagogica libertaria e razionalista. Da questo punto in avanti, il documento dell' Estatuto de Segunda Enseñanza sbilancia i propri toni e individua chiaramente le linee di un programma in direzione del nazionalismo: “La revaloracion de lo español, la definitiva extirpacion del pesimismo anti-hispanico y extranjerizante (...). Se trata asì de poner de manifesto la pureza moral de la nacionalidad española, segun concepto felicisimo de Ramiro de Maeztu87, defensora y misionera de la verdadera civilizacion que es la Cristianidad. (...) Es nuestra lengua el sistema nervioso de nuestro Imperio politico-historico (...) fue siempre la lengua compañera inseparable del Imperio.”88

Vengono inoltre segnalati i tarli che mettono in pericolo la cultura della nazione: Così, la formazione classica e umanistica deve essere accompagnata da un contenuto cattolico e patriottico .", ivi, pp. 27,28, corsivo mio. 87 Ramiro de Maeztu y Whitney (1875-1936, fucilato dalle truppe repubblicane), scrittore di saggi, articoli e libri. Passò dalle idee progressiste della sua gioventù a un tradizionalismo recalcitrante nella sua maturità. Si veda: Bleiberg, Ihrie, Pérez (1993), pp. 992-994. 88 Traduzione:"La rivalorizzazione dello spagnolo, la definitiva estirpazione del pessimismo antiispanico e xenofilo. Si tratta così di dare risalto alla purezza morale della nazionalità spagnola, secondo la felice formulazione di Ramiro de Maetzu, capace di difendere e diffondere quella vera civilizzazione che è la Cristianità. La nostra lingua è il sistema nervoso del nostro Impero politico e storico, essendo stata sempre compagna inseparabile dell'Impero stesso.", ibidem.

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“(...) la falta de instuccion fundamental y de formacion doctrinal y moral, el mimetismo extranjerizante, la rusofilia y el afeminamiento, la deshumanizacion de la literatura y el arte, el fetichismo de la metafora y el verbalismo sin contenido, caracteristicas y matices de la desorientacion y de la falta de vigor intelectual de muchos sectores sociales en estos ultimos tiempos, todo ello en contradiccion dolorosa con el viril heroismo de la juventud en accion.”89

Il documento chiude con un appello per la gioventù all'eroismo e a quelle virtù che contraddistinsero i grandi capitani e politici del “Secolo d'oro”, che ebbero la loro formazione segnata dai dettami della teologia cattolica “di Trento” e nelle discipline umanistiche del Rinascimento, augurandosi che la Spagna possa vedere negli anni successivi una difesa e un'espansione della propria influenza90. Questa rivisitazione di un documento ufficiale del 1938 vuole essere un esempio dell'esposizione delle idee che i libertari avversavano: i toni sono molto netti, anche perché fu promulgato nel corso della guerra, quando i rancori erano sicuramente stati portati allo scoperto. Ha però il pregio di essere un 89

Traduzione:"La mancanza dell'istruzione elementare e della formazione dottrinale e morale, il mimetismo xenofilo, la russofilia e l'effeminamento, la disumanizzazione della letteratura e dell'arte, il feticismo della metafora e il verbalismo senza alcun contenuto, caratteristica e causa del disorientamento e della mancanza di vigore intellettuale in molti settori sociali in questi ultimi tempi, tutte cose in contraddizione dolorosa con l'eroismo virile della gioventù in azione.", Pamies (1977), pag. 33. 90 Ivi, pp. 32-34.

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documento ufficiale, emanato direttamente dai massimi organi dello stato spagnolo dell'epoca. Questo sistema statale monolitico e l'ideologia derivata da esso ressero nella parte nazionalista della Spagna, mentre dove si era instaurata la repubblica trovarono eco tutti i movimenti della pedagogia moderna: questo grande fermento portò anche a differenze interne. Nacquero un movimento di giovani maestri di orientamento socialista-comunista intorno alla FETE (Federacion Española de Trabajadores de la Ensañanza), la Escola Proletaria e il Nou Magisteri (di ambiente sindacalista, sotto l'egida della CNT-AIT), i Grupos Escolares di area catalana, oltre ad altre piccole realtà frammentarie e meno organizzate91. L'Estatuto de Segunda Enseñanza del 1938, redatto in area nazionalista da un ministro ufficiale, può essere confrontato con un testo di area repubblicana del 19 novembre 1937, pubblicato sulla Gaceta dell'Escola Nova Unificada e recuperato da Teresa Pamies sulla rivista Nou Magisteri del 4 dicembre 1937. Entrambi sono testi che vogliono presentare delle linee generali di indirizzo per l'attività docente. Il titolo del testo preso in analisi è Plan de estudios de la escuela primaria. Il primo elemento che segnala una grande differenza di obiettivi educativi è la fascia di età presa in considerazione: nel primo documento si 91

Ivi, pp. 37-38.

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parla di istruzione superiore - el Bachillerato universitario – mentre nel secondo di escuela primaria. Vi si trova immediatamente affermato che “la finalidad de la escuela primaria no es solamente comunicar un contenido cultural, sino, ademas, desarrollar totalmente la personalidad infantil, mediante metodos de trabajo en los que el niño sea agente principal de su propia formacion. Se proclama (...) la necesidad (...) de trabajo productivo (...) y se establece el caracter de colaboracion y ayuda mutua que debe tener la labor escolar92”. L'attenzione è dall'esordio riportata sul piano relazionale dell'educazione e non sugli obiettivi nozionistici e culturali: volendo, già questo potrebbe essere inteso come sintomo di un'attenzione ai ragazzi non come “oggetti” dell'istruzione ma come “soggetti”, impressione suffragata da molti altri passi del brano. Viene sottolineata l'importanza del ruolo del maestro come stimolatore del lavoro collettivo e come mediatore tra le diverse personalità dei propri alunni. Si conferma la soppressione dell'insegnamento della religione cristiana e della historia sagrada, in ordine al laicismo e all'antidogmatismo. Coerentemente viene però rifiutato anche l'insegnamento delle regole e dei principi morali, introdotti invece in alcuni stati proprio in sostituzione della religione: l'alunno deve ricevere un esempio diretto di questi fondamenti, ricavandolo 92

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Ivi, pag. 56.


dall'esempio del maestro come guida dei suoi alunni, dalla pratica della solidarietà tra alunni, dall'esaltazione di quelle figure la cui condotta fu significativa per l'umanità, dal metodo di lavoro utilizzato diffusamente nella scuola. Ci sarà invece l'introduzione dello studio della vita economica e sociale, intesa come la conoscenza delle grandi questione inerenti l'organizzazione del lavoro, la produzione, le forze in gioco nelle questioni sociali. Ovviamente anche lo studio della Storia dovrà essere sottoposto ad una attenta revisione, per fare emergere il ruolo del popolo nei fatti presentati e per indirizzare i bambini ad un sentimento internazionalista, di solidarietà tra i diversi paesi e di avversione alle guerre. Un modo primario di studiare la storia sarà analizzare i fatti di attualità, visto la ricchezza e la chiarezza dei fatti sotto gli occhi dei bambini in quel periodo. L'insegnamento della lingua non cancellerà i riferimenti alla grammatica (lettura, scrittura, nozioni) ma sarà prestata grande attenzione alla lingua verbale in quattro forme: eloquenza, scelta, vocabolario e recitazione. In molte scuole della Catalogna l'insegnamento era bilingue, con prevalenza del catalano. Secondo le testimonianze, l'alternanza dei professori era studiata appositamente per sollecitare l'apprendimento di entrambe le lingue93. Si sollecita una grande attenzione allo studio dei fenomeni naturali, tanto nelle scuole urbane come in 93

Si veda la testimonianza di Joaquim Valles i Plana, nato nel 1923, ivi, pag. 32. 91


quelle delle zone rurali: sarà una disciplina in grado di sollecitare le inferenze sui nessi causali in natura per poi entrare più nel dettaglio con l'approfondimento delle scienze fisico-chimiche e naturali, della tecnologia, della fisiologia, dell'igiene e della geografia fisica. Viene riconosciuta una grande importanza alle attività creative (Actividades creadoras), che vanno a sostituire quelli che erano chiamati “lavori manuali” (Trabajos manuales): addirittura si dice che è questa disciplina sarà la peculiarità della scuola popolare perché concorre ad esercitare la chiarezza, la precisione, la puntualità, lo sforzo nella percezione, la continuità, l'azione collettiva e la solidarietà nel lavoro: le Actividades creadoras accompagneranno sempre il bambino e sarà compito del maestro farne il centro di riferimento di tutto il percorso scolastico. Anche gli Ejercicios fisicos vengono sostituiti con una disciplina più adeguata come denominazione ma anche come contenuti, l'Educacion fisica: tratterà dell'attenzione igienica per il corpo, del suo rinvigorimento attraverso giochi liberi e organizzati, spot ed esercizi ginnici. L'educazione primaria comprenderà quattro gradi successivi – elemental, medio, superior e uno di passaggio verso l'educazione secondaria – per un totale di otto anni di studi primari, con carattere di obbligatorietà94. “Decenas de miles de niños españoles fueron evacuados 94

“Plan de estudios de la escuela primaria”, edito nella rivista Nou Magisteri del 4 dicembre 1937, ivi, pp. 56-65. 92


a Inglaterra, Francia, Belgica, Suiza y la Union Sovietica. Los puertos del Norte fueron escenario del drama mas hondo y desgarrador vivido por los niños de la guerra civil: separarse de sus madres junto a un barco que se los llevaria lejos de las bombas y del hambre, pero lejos, tambien, del hogar necesario a su infancia. Primerio fueron los niños vascos. (...) Cada uno llevabaun cartoncito con su nombre y apellidos clavado a la solapa del abrigo con un imperdible.”95

La guerra civile, incontestabilmente esiziale in ogni sua forma, fu per i bambini ancora più crudele perché non permetteva ai piccoli di avere nessuna chiarezza di quanto stava accadendo. Ogni aspetto del conflitto era riconducibile sistematicamente a sole cause politiche, che i piccoli non potevano cogliere nella complessità e nella delicatezza delle implicazioni. È inoltre vero che “En las guerras contra un invasor extranjero el enemigo viene de fuera, habla otra lengua, està definido y si bien son guerras que desorbitan el patriotismo hasta convertirlo en chovinismo o xenofobia, no tienen las derivaciones politicas de una guerra civil, sobre todo una guerra como la de España entre 1936-1939.”96 95

Traduzione:"Decine di migliaia di bambini spagnoli furono evacuati in Inghilterra, Francia, Belgio, Svizzera e Unione Sovietica. I porti del nord fecero da scenario al dramma più profondo e straziante vissuto dai bambini durante la guerra civile: separarsi dalla propria madre, salire su un'imbarcazione che portava sì lontano dalle bombe e dalla fame, ma anche lontano dal luogo necessario al tempo dell'infanzia. I primi furono i bambini baschi. Ognuno aveva un cartellino con il suo nome e cognome, fermato al bavero con un fermaglio.", ivi, pag. 128. 96 Traduzione:"In una guerra contro un invasore straniero il nemico viene da fuori, parla un'altra lingua, è ben definito e, sebbene ci siano guerre che travisano il patriottismo convertendolo in sciovinismo o xenofobia, non ci sono le implicazioni politiche di una guerra civile, 93


Queste considerazioni sono avvalorate dal fatto che la ricercatrice le elaborò alla luce di moltissime testimonianze raccolte personalmente dai diretti coinvolti del tempo, che da un lato avevano bisogno di raccontare per rimettere al giusto posto ricordi e considerazioni propri dei bambini che erano all'epoca, dall'altro faticavano a dare una versione completa e che fosse libera dalle testimonianze e dalle interpretazioni degli adulti che li affiancavano allora: la guerra civile, in sostanza, fu un evento troppo grande per essere colto dai bambini o a loro spiegato, sia per la complessità in cui si sarebbe ricaduti tenendo le prospettive ampie, sia per l'assurdità e l'irragionevolezza che segnava le esperienze quotidiane. Una delle violenze senz'altro piÚ gravi subite dai bambini e dai ragazzi fu quella di una adultizzazione che mirava a replicare il ruolo militare interpretato dalle persone intorno a loro. Per la propaganda non era raro servirsi di immagini di bambini abbigliati come piccoli soldati, con il pugno alto e il viso serio, concentrato nello sforzo di interpretare una parte ma pronto a sciogliersi in una risata di soddisfazione come solo il gioco sa provocare per esserci riusciti. I bambini e la gioventÚ erano inoltre costretti a vivere in un clima di continuo sospetto che poteva obbligare a mentire sistematicamente, diffidando perfino dei parenti e comunque di persone con le soprattutto di una guerra come fu quella di Spagna del 1936-1939.", ivi, pag. 128. 94


quali la convivenza era normale fino a poco tempo prima. I ragazzi potevano essere vittime di raggiri e venire caricati della responsabilità di azioni pericolose: non tutti gli adulti in quel contesto avevano chiare le tutele prioritarie ai piccoli celebrate ed effettivamente portate avanti negli ambienti più lucidi moralmente. Poteva venire richiesto loro di mentire, di raccontare versioni lontane da ciò che i loro occhi avevano viste e – ciò che forse poteva essere più dannoso – non era alla loro portata la motivazione di questa menzogna. Per quanto riguarda le pubblicazioni dell'epoca, è bene ricordare che spesso si trattava di materiale per nulla neutrale alla situazione dell'attualità di allora, spesso infarcito di riferimenti sottintesi che facevano nettamente capire chi fossero i buoni e chi i cattivi. E questo avveniva sia da parte di una fazione che dall'altra: a dimostrazione che anche la parte repubblicana era capace di un'azione non propriamente leale, si riporta il testo di una strofa che comparve su un giornalino edito a Barcellona direttamente dal Ministerio de Instruccion Publica: “El pueblo español marcha hacia la conquista de una sociedad en la que los niños puedan vivir felices. (...) A todos los niños del pueblo español, a los huerfanos e hijos de nuestros gloriosos milicianos, a los niños de los valientes defensores de Madrid, a las pequeña victimas inocentes de la barbarie fascista. El pueblo español esta luchando hoy contra el fascismo para 95


aseguraros a vosotros, niños que sois los hombres del mañana, una España en la que vivais felices.”97

Questo testo lascia perplessi per molti motivi, soprattutto se si pensa al contesto in cui venne diffuso: anche solo da un punto di vista formale si presenta inopportuno. Mantiene gli stessi toni e lo stesso lessico che veniva usato nella propaganda rivolta agli adulti pur essendo destinato ai bambini; non utilizza nessun filtro o parafrasi per disambiguare termini che sicuramente i bambini avevano già sentito, ma non per questo avevano chiari nel loro significato; identifica il nemico non in qualcosa di concreto e tangibile, ma in un “fascismo” immanente e non ben identificabile; utilizza termini come huerfanos e hijos che avrebbero potuto direttamente evocare ricordi dolorosi ancora vivi nei piccoli. Ci sono poi anche incoerenze di messaggio, di contenuto, se solo si pensa ai destinatari: l'attore principale appare il popolo, il pueblo, gruppo nel quale verosimilmente i bambini – per la propria esperienza di vita anteriore allo scoppio della guerra civile – avrebbero logicamente comprendere anche quelli che in quei tempi erano proposti invece come nemici e, secondo questa logica, se tutto il pueblo 97

Traduzione:"Il popolo spagnolo marcia verso la conquista di una società nella quale i fanciulli possano essere felici. / A tutti i bambini del popolo spagnolo, / agli orfani e figli dei / nostri gloriosi soldati, / difensori di Madrid, / alle piccole vittime innocenti / della barbarie fascista. / Il popolo spagnolo sta lottando / oggi contro il fascismo per / assicurarvi, bambini / che siete gli uomini del / domani, una Spagna nella quale vivrete felici.", ivi, pp. 130-131. 96


stava lottando contro i fascisti, anche i fascisti stavano lottando contro i fascisti; la battaglia, la lucha, i sacrifici della guerra, sono tutti presentati come qualcosa di necessario non per i bisogni attuali – nati e bisognosi di avere risposte nel presente, dei bambini – ma per benefici futuri; per contro, i bambini si sentono chiamati in causa non come persone in sé valide, ma sempre definite da qualcos'altro (sono i bambini del popolo spagnolo, dei valenti difensori di Madrid), oppure victimas inocentes, come se non avessero una dignità propria ma dovessero la loro esistenza (triste e segnata dalla sventura, ma connotata positivamente) alla vicenda della guerra; per detti benefici futuri è usato il verbo aseguraros, mentre un bambino non si vede come possa essere in grado di figurarsi che proprio qualcosa che nell'interminabile presente della guerra gli ha creato solo delusioni, sofferenze e illogicità, possa poi trasformarsi in qualcosa tanto fidato e positivo da riuscire addirittura ad “assicurare”, né tanto meno ad avere a che fare con nulla che contenga la radice “cur-”; il riscatto futuro, a ben leggere, non è tra l'altro assicurato ai bambini ma agli uomini, agli hombres, ammettendo una grande verità: quando si potrà godere dei benefici conquistato con la lotta, l'infanzia sarà ormai terminata e irrecuperabile; non si capisce inoltre quale valore affettivo possa evocare il termine España per un bambino che ha sempre visto la nazione come qualcosa di disgregato, teatro di lotte, di tradimenti, oltre che tana dei mostruosi fachas. È interessante il documento che la stessa autrice 97


propone immediatamente dopo, cioè un decalogo del flecha98, diffuso tra i bambini regimentati nella retroguardia al prezzo di 25 centesimi in quanto contenuto sulla rivista Flechas, il primo numero della quale uscì il 23 gennaio 1937: “ 1. Ama a tus camaradas como a ti mismo y ten el orgullo de haber nacido español. 2. Cuando jures hazlo con el brazo extendido y si es necesario morir por cumplir tu juramento, muere con alegria. 3. Ten siempre presente a los que cayeron bajo el grito encendido de nuestra bandera. 4. Respeta a tus jefes y observa la maxima disciplina. 5. Respeta a tus hermanos y camaradas con el manto de tu propia sangre, y si alguien blasfema con España, entonces combate hasta morir. 6. Piensa desde niño que el hogar es el vinculo mas fuerte de todos cuantos unen a los hombres y, por tanto, el mas sagrado de la Patria. 7. Has de saber que la hondradez te abrirà camino por la vida entre tus semejantes. La primera condicion para ser feliz es ser honrado. 8. No dudes nunca sin motivos justificados de la 98

“The Frente de Juventudes was composed of five categories: Labor Centers for adolescent and teenaged workers; Teaching Centers for secondary school students in the citiescities; Rural Centers; the SEU; and the Falanges Juveniles de Franco... Only the last two were directly political, and even the Falanges Juveniles spent most of their funds on sports and outings. The Falanges Juveniles were divided into three age groups, and their membership was reported by Arriba on 31 December 1941”, seguono i dati dei componenti dei sottogruppi divisi per età e le denominazioni: - età 7-10 anni: (Maschi) Pelayos = 162.738; (Femmine) Margaritas = 94.484; - età 10-14: (M.) Flechas = 251.797; (F.) Flechas Femeninas = 126.590; - età 14-18: (M.) Cadetes = 150.464; (F.) Flechas Azules = 57.878; - totale: Maschi = 564.999; Femmine = 278.952.”, Payne (2000), nota 36 di pag. 533. 98


honradez ajena. La calumnia es un arma de dos filos con la que podrias herirte. 9. Nuestra felicidad no puede ser jamas concebida a costa de la felicidad de los otros. Respecta la dicha de los demas. 10. Las riquezas del projimo solo deben ser motivo para que tu pienses en tu porvenir.”99

In questo caso i commenti sono inutili, vista la delirante visione di fondo che segna ogni punto del decalogo. Questa linea di comportamento esemplare fu pubblicata sulla stessa rivista che aveva l'abitudine di pubblicare foto di personaggi che dovevano essere presi da esempio dai piccoli lettori come, ovviamente, Franco (numero del 25 aprile 1937), Hitler (5 maggio 1937) e Mussolini (22 maggio 1937). Altre pubblicazioni dell'epoca per le quali l'operazione di smascherare il proselitismo è più che immediata furono Flecha, Chicos, Maravillas e Aventuras del miliciano Remigio (studiato per ridicolizzare gli eroi repubblicani) – nella zona 99

Traduzione:"1. Ama i tuoi compagni come te stesso e sii orgoglioso di essere nato spagnolo. / 2. Quando giuri, fallo con il braccio teso e se sarà necessario morire per compiere il tuo giuramento, muori con allegria. / 3. Ricordati sempre di quelli che morirono per la nostra bandiera. / 4. Rispetta i tuoi doveri e osserva la massima disciplina. / 5. Rispetta i tuoi fratelli e compagni a costo del tuo sangue, e se qualcuno pronuncia parole blasfeme contro la Spagna, combattilo fino alla morte. / 6. Pensa fin da quando sei bambino che il focolare è il vincolo più forte di tutti quanti per gli uomini e, per tanto, il più sacro della Patria. / 7. Sappi che essere onorato ti aprirà il cammino per la vita con i tuoi simili. La prima condizione per essere felice è essere onorato. / 8. Non dubitare mai, senza alcun motivo fondato, della lealtà altrui. La calunnia è un'arma con la quale potrai ferirti. / 9. La nostra felicità non può mai essere concepita a costo della felicità degli altri. Rispetta gli altri. / 10. La ricchezza del prossimo deve esserti solo stimolo a pensare al tuo avvenire.", Pamies (1977), pp. 133-134. 99


nazionalista – e Las aventuras de Petika (tradotto dal russo e basato su vicende della “rivoluzione di ottobre”) – in area repubblicana, alle quali si aggiungono opere letterarie con gli stessi intenti (romanzi, manuali, biografie...), sebbene mai in area repubblicana si raggiunse il delirio toccato dai nazionalisti100, all'insegna dell'ipocrisia e della brutalità sottile. Secondo Teresa Pamies, c'era anche una produzione che si distingueva da quella settaria e politicizzata appena citata: le riviste rientravano in questa casistica sono: YO, Risa Infantil, Shirley Temple, T B O, Calderilla, Camaradas, Ja, ja, ja, alegria infantil, P B T, Pulgarcito, Rin Tin Tin, Els Nens, En Patufet101, Mirbal (questi ultimi tre pubblicati in catalano). Anche queste pubblicazioni, tuttavia, non potevano rimanere completamente estranee al tema della guerra, che riemergeva nelle sceneggiature, nei personaggi o in altri elementi con varia frequenza. La zona che dovette sostenere gli sforzi maggior – si è detto – fu la Catalogna, anche perchè arrivavano i rifugiati dalla zona nacional, che non si fece carico di questi problemi. Lì fu creato il Comitè Central d'Ajut als Refugiats che collaborò con altri enti (Asistencia Infantil de la Generalitat, Ajut Infantil de Retroguardia e Comitè Pro Niños 100

Per tutto questo argomento si è seguito il capitolo Adoctrinamiento de los niños, ivi, pp. 125-169. 101 Di En Patufet si è celebrato il centenario nel 2004 ed è stato pubblicato, di Jordi Castellanos e altri, En Patufet, cent anys: la revista i el seu impacte, Publicacions de l'Abadia de Montserrat, 2004 .

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Españoles), per quanto il coordinamento non era cosa facile e la dispersione delle risorse era inevitabile. Si è conservato un documento importante stilato proprio dall'associazione Asistencia Infantil: è un prospetto per l'avviamento di una colonia di venti bambini rifugiati da accogliere (Presupuesto para la instalacion de una colonia de 20 niños): viene richiesto il materiale essenziale per allestire i sette ambienti della colonia (comedor, cocina, dormitorio, cuarto de costura y plancha, enfermeria, secretaria) e la somma totale prevista è di 10.268,50 pesetas. A queste va aggiunta la somma per le altre spese di gestione, quantificata in 3.000 pesetas mensili. Il preventivo si conclude precisando che in ogni caso Asistencia Infantil farà in modo di provvedere al vestiario dei piccoli ospiti102. Quasi ogni scuola pubblicava la propria rivista: alcune erano basate sui contributi degli alunni o dei genitori, altre furono riviste di un elevato livello professionale ed etico, curate dagli insegnanti. Tra queste possono essere ricordate Activitats pedagogiques, Nou Magisteri – già citata perchè pubblicò il Plan de estudios de la escuela primaria –, Escola Proletaria (pubblicata sia in spagnolo che in catalano): rimandiamo – per l'analisi di una di queste riviste – alla sezione che si occuperà dell'Adunata de los pequeños, edita nella colonia “L'Adunata dei Refrattari”103. 102 103

Pamies (1977), pp. 47-49. Si veda il capitolo 5.

101


4. ENRICO ZAMBONINI: DALL'APPENNINO REGGIANO ALLA GUERRA DI SPAGNA (E MOLTO ALTRO) 4. 1. NOTA SULLA RICOSTRUZIONE DELLA BIOGRAFIA DI ZAMBONINI Si seguirà l'esposizione a memoria di racconto di Benedetto Valdesalici – con integrazioni di Graziano Malvolti e Fiamma Chessa – della biografia di Enrico Zambonini presso la libreria/centro culturale “Mag 6” di Reggio Emilia nella primavera 2008. Le informazioni verranno verificate ed integrate, quando necessario, confrontandosi con il libro Vita, battaglie e morte di Enrico Zambonini (1893-1944), di Antonio Zambonelli, edito dal Comune di Villa Minozzo (RE) nel 1981. Alcune parti della vicenda di Zambonini sono contenute nelle pagine 95-135 di “Reggiane”, la colomba e il faino, di Luciano Guidotti, 1985, A.G.E. La maggior parte delle informazioni sono comunque ritrovabili presso l'Archivio Berneri-Chessa di Reggio Emilia.

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4.2. ENRICO ZAMBONINI Enrico Zambonini nasce a Secchio di Villa Minozzo il 28 aprile 1893. Da più fonti 104 viene ricordata la peculiare origine del “cognome acquisito” della famiglia degli Zambonini, cioè “Faìn” (“faino” in dialetto reggiano della montagna per “cucciolo della faina”), datata metà Ottocento: la nonna di Enrico, Marianna Barghiacchi, moglie del nonno Felice Zambonini, una volta nel bosco dove era andata per continuare a lavorare per una dura necessità, fu sorpresa dalle doglie. Mise alla luce da sola un bambino e, una volta riuscita a rimettersi in piedi, si affrettò al paese per farlo battezzare più in fretta possibile, nel caso il difficile parto avesse messo a repentaglio la sopravvivenza del piccolo. Tanta fu la premura che incontrando una persona conosciuta che le chiese cosa stesse nascondendo nel grembiule, per non essere fermata oltre rispose che aveva trovato un “faìno”. Ferdinando Zambonini mantenne quel nomignolo che fu poi trasmesso anche ai discendenti, tra i quali il figlio Enrico. Frequenta in quei luoghi fino alla terza media, aiutando il padre – conduttore di muli – e lavorando necessariamente la terra e i boschi; poi, come tutti i montanari a 14 anni emigra a Genova, dove va a lavorare da uno zio che parte per l'America nel 1910. Politicamente si avvicina ai socialisti, ma gradualmente sposta le proprie convinzioni verso le 104

Antonio Zambonelli (2008), pag. 9; Guidotti (1985), pp. 95-101 (versione molto romanzata); Valdesalici nel proprio archivio privato, intervista alla sorella di Enrico Zambonini. 103


idee anarchiche. A 18 anni, nel 1912, viene mandato in Libia, alla guerra contro i turchi per il possesso della Libia, con il compito di controllare il territorio in un reggimento di artiglieria da montagna. Parte per il militare come socialista e torna nel 1919 - dopo 6 anni di ferma in Libia come militare - anarchico a lavorare tra Genova e La Spezia. A Secchio torna poche volte tra il 1919 e il 1922, rimanendo solo pochi giorni come ospite pagante dei fratelli. Fondò una sezione del sindacato anarchico di allora a Zoagli. Lo si ritrova in un attacco alla polveriera di Valle Grande da parte di 40 anarchici, fermati da Leone Carmana, carabiniere di Gazzano105 che morirà in Libia arruolato volontario: Zambonini incontrò di nuovo Carmana alla recita di un maggio che lì lo affronta insieme ad altre persone al grido di “A morte l'anarchia”. Zambonini riuscì a sfuggire al pestaggio ma si rende conto che non è più il caso che continui a rimanere in quelle zone, prendendo così la decisione di andare in Francia. Arrivò a Marsiglia, dove andavano tutti i montanari che emigravano per la Francia, trovando lavoro presso una società di prodotti chimici. Sono gli anni in cui si ha, dalla provincia di Reggio Emilia, una consistente emigrazione per motivi politici oltre che per quelli lavorativi: 105

Leone Carmana, nato a Gazzano (RE) nel 1894, Antonio Zambonelli, Vita, battaglie e morte di Enrico Zambonini (1893-1944), Circolo Zambonini, 2008, pag. 15. Nella piazza di Villa Minozzo ci sono 2 targhe, una per il ricordo di Zambonini e l'altra per la medaglia d'Oro al valor militare per Carmana.

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“(...) dei 50 volontari di Spagna che sicuramente emigrarono prima del 1936, 22 partirono da Reggio all'inizio degli anni Venti, 23 attorno al 1930, 7 in epoca non meglio precisabile ma certo compresa entro il primo decennio del regime fascista. I primi nuclei abbandonano l'Italia (...) nel 1922 (Romeo Brevini, Gilberto Carboni, Guglielmo Corradini, Alfredo Iotti, Enrico Zambonini) e nel 1923 (Aristide Conti, Arturo Davoli, Alberto Galassi, Fortunato Nevicati, Emore Taroni, Alberto Zanettini). Ad eccezione di Zambonini, anarchico, e di Corradini e Zanettini, socialisti, si tratta di militanti comunisti, quasi tutti poco più che ventenni.”106

Zambonini si trasferì poi a Saint Raphael e vi rimase fino al 1928. In quel periodo si innamora di Germaine Ciuti107, molto giovane all'epoca in cui i due cominciano a frequentarsi, tanto che la zia denuncia Zambonini per ratto di minore: la ragazzina, tuttavia, riesce a contattare i genitori a Parigi i quali, attraverso una lettera, riescono a quietare il caso palesando il consenso sia della ragazzina che dei famigliari: questa imputazione rimarrà però nelle sue carte. È invece del 1928 l'imputazione per l'attentato al console italiano a Marsiglia Giacomo Di Muro, in seguito alla quale viene fatta una perquisizione nella 106

Antonio Zambonelli, Reggiani in difesa della repubblica spagnola (1936-1939), Istituto per la storia della Resistenza e della Guerra di Liberazione in Provincia di Reggio Emilia, 1974, pp. 1-2. 107 Secondo Antonio Zambonelli, la ragazza si chiamerebbe Germaine Cuiti. Antonio Zambonelli, Vita, battaglie e morte di Enrico Zambonini (1893-1944), Circolo Zambonini, 2008, pag. 20. 105


quale vengono trovati manifesti che inneggiano al regicidio e del piombo che, secondo la polizia, sarebbe stato lo stesso usato per l'attentato. Zambonini venne arrestato e processato a Draguignan, ma subito prosciolto dall'accusa, sebbene per opportunità politica venne deciso di imporgli l'allontanamento dalla Francia. La destinazione di Zambonini fu in questo caso il Belgio, dove c'era un tessuto di fuoriusciti molto consistente, in particolare italiani che andavano là per lavorare nelle miniere alla giornata; inoltre, venivano pubblicati giornali anarchici. Proprio in una miniera presso Liegi – dove rimase fino al 1932 – Zambonini perse l'anulare e il mignolo della mano sinistra, anche se nelle cartelle compilate successivamente nel carcere di Ventotene dal referto medico risulta siano mancanti quelle della mano destra. In Italia intanto continua a rafforzarsi un tessuto di polizia segreta facente riferimento a Mussolini con l'espresso compito di lavorare anche all'estero sui fuoriusciti (O.V.R.A.108): il capo di tale polizia fu Arturo Bocchini. Secondo le testimonianza degli indagati, la modalità tipica di lavoro di questa organizzazione era quella di creare disordini e 108

Con questa sigla (variamente interpretata nella storia: Opera Volontaria di Repressione Antifascista? Organizzazione di Vigilanza e Repressione dell'Antifascismo? Organo di Vigilanza dei Reati Antistatali?), coniata personalmente da Mussolini) si indicarono gli ispettorati speciali di polizia che Arturo Bocchini – già capo della polizia di stato – aveva cominciato a formare alla fine del 1927, destinati alle indagini per scoprire gli antifascisti. Si veda Giorgio Candeloro, Storia dell'Italia moderna, Feltrinelli, 1994, pag. 349.

106


attentati appositamente per incolpare poi gli anarchici o, come loro, tutti quelli classificati “antifascisti”. È il momento in cui si diffonde con decisione anche la fotografia giudiziaria109: vengono acquistate numerose macchine fotografiche e consegnate ai preposti agenti che le portano anche in Belgio andando a fotografare tutti. La condizione di molti anarchici, tra i quali Zambonini, fu quella di chi ha quasi costantemente accanto un poliziotto dell'O.V.R.A. che si fingeva anarchico per poi compilare quotidianamente rapporti informativi per il proprio capo in Italia110. In quel periodo Zambonini più di una volta ospita Angelo Pellegrino Sbardellotto, bellunese anch'egli anarchico, un ragazzo che decise di fare un attentato al duce nel '31, partendo dal Belgio e facendo altre tappe tra le quali quella nella città di Parigi per ricevere sostegno economico: Sbardellotto 109

Per quanto riguarda la diffusione della fotografia giudiziaria, si fa presente che già nel 1909 l'Esposizione mondiale di fotografia presso il Palazzo delle Esposizioni di Dresda riservava uno dei quattro settori che la componevano alla fotografia giudiziaria e criminale e militare. Anche al l'Esposizione internazionale di fotografia scientifica, artistica e industriale, tenutasi a Milano nel 1911 si annovera una relazione del prof. Umberto Ellero sulle perizie calligrafiche e sulla fotografia giudiziaria in Italia. Si veda Elvira Puorto, Fotografia fra arte e storia: il Bullettino della Società fotografica italiana (1889 -1914), Guida Editori, 1996, pp. 90-92. 110 Si legge in "Pollicino Gnus", numero 160, aprile 2008, nota 12 di pag. 5: “Si veda G. U. 2 luglio 1946 – Elenco nominativo dei confidenti dell'OVRA. Tra i 666 nomi e cognomi c'è Carletti Mario (Leopardi) anarchico-spione n. 500, che condivideva la casa di Barcellona con Latini Ernesto, Fabi Mario, Bovi Pietro, Borghesi Giulio, ed Enrico Zambonini, secondo appunto n. 524/458 Divisione Polizia politica in data 14.XI.1932)”. 107


andò per tre volte a Roma e tutte le volte non riuscì a trovare la condizione per lanciare le tre bombe che ha legate intorno alla vita per la paura di ferire molti altri innocenti. Fu arrestato a Roma in Piazza Venezia in possesso di un passaporto falso, di una pistola, e di un ordigno esplosivo: reo confesso, fu condannato a morte dal Tribunale speciale e fucilato il 17 giugno 1932, lo stesso giorno in cui venne fucilato anche Domenico Bovone, genovese emigrato in Francia e processato con l'accusa di terrorismo111. Tra il 1931 e il 1934 il Duce subisce circa sette attentati tra cui quello compiuto da Michele Schirru, anarchico sardo arrivato dagli Stati Uniti 112. Proprio Schirru venne preso e fucilato con l'accusa di aver attentato al giudice, non prima però di averlo fatto firmare un verbale in cui il nome di Zambonini compariva almeno una decina di volte, comunicandogli così lo status di attentatore. 111

Giorgio Candeloro, Storia dell'Italia moderna, Feltrinelli, 1994, pag. 352. 112 “After the Fascists assumed power, no less than four Italian anarchists (Gino Lucetti, Anteo Zamboni, Michele Schirru) attempted or plotted to assasinate Mussolini between 1926 and 1932.”, David C. Rapoport, Terrorism: Critical Concepts in Political Science, Taylor & Francis, 2006, pag. 192. Da contare nel numero anche quello dell'anziana signora inglese Violet Gibson del 7 aprile 1926; non si esclude poi che fosse la polizia stessa ad architettare attentati che poi venivano scoperti in anticipo, come quello del novembre 1925 che coinvolse l'ex deputato socialista Tito Zaniboni (Marco Palla, Mussolini e il fascismo, Giunti, 1994, pp. 48-49; si veda anche Paolo Palma, Una bomba per il duce: la centrale antifascista di Pacciardi a Lugano: 1927-1933, Rubbettino Editore, 2003). La messa in scena di attentati si spiega perché potevano poi essere “considerati stimoli all'inasprimento delle persecuzioni contro i comunisti e in questo senso commentati” (Karl-Egon Loenne, Il fascismo come provocazione: "Rote Fahne" e "Vorwärts" a confronto con il fascismo italiano tra il 1920 e il 1933, Guida Editori, 1985, pag. 137).

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Il 25 ottobre 1932 Zambonini improvvisamente scomparve dal Belgio insieme al mobilio della propria abitazione: queste sono le notizie che arrivarono in Italia dagli informatori. Era andato in Spagna assieme alla compagna e ad altri sovversivi: dall'inizio del 1932 Zambonini aveva tenuto una corrispondenza politica con Lazarevitch 113, già trasferitosi là114. L'anarchico si rivela molto disinvolto anche nell'uso delle lingue: già nel 1932, prima del suo arrivo in Spagna, si legge in un rapporto del Consolato italiano a Bruxelles del 27 novembre 1932 che “Zambonini possiede una buona istruzione e parla parecchie lingue.”115

In quei tempi in Spagna fu conosciuto come “Ernesto Rossi” ed “Espolla”, nomi usati per coprire la propria vera identità116. Nel 1936 Alberto Bartoli, volontario arruolatosi per combattere Franco, riporta inoltre che in quell'anno Zambonini parlava già disinvoltamente il castigliano. 113

“Nicolas Lazarevitch, nato il 17 agosto 1895 in Belgio da una famiglia di narodniki esiliati (...) arruolato nell'Armata rossa nel 1919. (...) Arrestato, viene detenuto nelle carceri sovietiche fino al settembre 1926 quando, dopo una campagna internazionale promossa dal fratello minore e da alcuni amici, viene liberato e può raggiungere il Belgio. Da questo momento tutta la sua vita sarò dedicata alla denuncia del “mito” sovietico e ai crimini del governo russo. Nei primi anni Trenta, in contatto con Zambonini, si occupa della campagna di solidarietà internazionale per strappare alle carceri russe l'anarchico italiano Francesco Grezzi. Fu compagno di Ida Mett.”, da "Pollicino Gnus", numero 160, aprile 2008. 114 Zambonelli (2008), pag. 21. 115 Ivi, pag. 22. 116 "Pollicino Gnus", numero 160, aprile 2008, pag. 5.

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Zambonini poteva contare su di una piccola pensione per l'infortunio subito sul lavoro alla propria mano (sinistra? destra?), per riscuotere la quale necessitava però di un “certificato di esistenza in vita” che poteva essere prodotto solo da un consolato italiano o ambasciata nel caso in cui vivesse all'estero: iniziò questa procedura a Barcellona, presentando un documento rilasciatogli in Belgio che però gli viene immediatamente sequestrato. Da quel momento si ritrova senza documento alcuno: ne fece richiesta poco tempo dopo e in quell'occasione, presso l'ambasciata a Barcellona, scoppiò una lite al seguito della quale viene arrestato e fotografato. La fotografia di quest'uomo bollato come pericoloso venne diffusa prima al consolato e poi in Italia, fino a raggiungere le 130 copie, così che ad ogni frontiera italiana di lì a poco è notificata la sua pericolosità. Nei mesi che seguono continuano ad arrivare a Roma dal consolato italiano segnalazioni su Zambonini che nel 1933 e per parte del 1934 avrebbe continuato a girovagare per la Spagna. Nell'autunno del 1934 viene arrestato in Francia e detenuto per un mese per infrazione del decreto di espulsione, avendo soggiornato in quella nazione con la compagna. Dopo l'arresto si imbarcò per Rio de Janeiro – viaggio che al tempo richiedeva un mese di navigazione – per andare ad organizzare probabilmente altri moti, ma viene fermato quasi immediatamente senza documenti e reimbarcato per Barcellona. 110


Zambonini, secondo la testimonianza di Alberto Bartoli, “era già in Spagna 5 o 6 anni prima che iniziasse la guerra civile, “per preparare la rivoluzione”. Si era anche sposato con una catalana dalla quale aveva avuto una figlia. Negli ambienti anarchici della F.A.I. Era noto col nome di Lucifero.”117

Nel 1934 fu sicuramente nelle Asturie, proprio nel periodo dei moti e della nascita della repubblica socialista delle Asturie che ebbe breve vita 118. In Spagna si arrivò alle elezioni e lo scontro politico fu così acceso che gli anarchici decisero di votare, portando alla vittoria il fronte della sinistra nel 1936 e nasce il primo governo delle sinistre con gli anarchici. Franco organizzò la sua crociata contro i “rossi”, partendo dalla terra d'Africa, per riprendere 117

Zambonelli (1974), pag.15. A seguito dell'inserimento nella compagine governativa di tre membri della C.E.D.A. (partito conservatore, cattolico e fascista, ma anche antirepubblicano e fortemente monarchico), i minatori delle Asturie erano scesi in sciopero iniziando ad inscenare vere e proprie scene di rivoluzione urbana. Gli anarchici, che non avevano aderito allo sciopero generale nelle Asturie, gestirono di fatto tutte le operazioni di rivolta e di insurrezione contro lo Stato spagnolo. Il Primo Ministro, preso dal panico, si rivolse ai militari per bloccare la rivolta, servendosi del generale Francisco Franco Bahamonde, divenuto di lì a breve tempo “il simbolo della destra clericalconservatrice spagnola, anelante il ritorno del paese iberico alle logiche politiche antidiluviane, ma molto care ai preti cattolici e ai latifondisti spagnoli” (pag. 64). Disponendo come alleato dell'altro generale Manuel Goded Llopis, Franco decise di affidare la sommossa delle Asturie dalla Legione Straniera spagnola (el Tercio), consapevole che sarebbe stato necessario “un vero e proprio massacro che non avrebbe risparmiato in alcun modo le donne, i vecchi e i bambini della regione asturiana, che non erano partecipi alla rivoluzione” (pag. 65). Si veda Barbieri (2006), pp. 59–65. 118

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la Spagna, impresa benedetta anche dal papa Pio XII119. Ritroviamo tracce di Zambonini – dopo l'attacco all'Alcazar – nella Sezione italiana della “Colonna Ascaso” con l'incarico di armiere nell'acquartieramento del Castillo di San Juan, e sul fronte di Aragona, nel settembre 1936 come combattente ad Huesca, Tardienta, Torrescura e Almudebar120, in difesa della Spagna lealista, nata dalle elezioni legittime. L'idea non era quella di fare la guerra ma di fare la rivoluzione, portando avanti un'opera di collettivizzazione delle terre121. 119

Lo stesso papa Pio XII telegraferà il 28 aprile 1939 un messaggio di congratulazioni al generale dopo la caduta di Madrid con le parole: “Noi ci rallegriamo con Vostra Eccellenza della vittoria tanto desiderata della Spagna cattolica”, rinnovando le sue “paterne felicitazioni per il dono della pace e della vittoria” quindici giorni dopo: “I disegni della Provvidenza, carissimi figli, si sono manifestati ancora una volta sull'eroica Spagna. La nazione scelta da Dio come principale strumento di evangelizzazione del Nuovo Mondo e come baluardo inespugnabile della fede cattolica ha dato ai proseliti dell'ateismo materialista del nostro secolo la prova più alta che al di sopra di tutto si pongono i valori eterni della religione e dello spirito.”, in Minois (2003), pag. 529. 120 Zambonelli (2008), pag. 22. 121 Sulle collettivizzazioni: “Sin dall'inizio, le collettivizzazioni costituiscono ogni volta dei casi particolari, ma le si può classificare in tre settori: 1) le imprese in cui il proprietario rimane teoricamente al suo posto, ma dove i lavoratori eleggono un Comitato di controllo (...) (si tratta, soprattutto, di imprese straniere); 2) le imprese dove il padrone viene puramente e semplicemente sostituito da un comitato eletto; 3) le imprese socializzate (...), queste ultime raggruppano tutte le imprese d'uno stesso ramo di attività, [come] il Sindacato del legno [che] riunisce tutte le attività attinenti al legno. (...) Le collettivizzazioni si espandono a macchi d'olio per tutta la Catalogna, dove più del 70 per cento delle imprese industriali e commerciali divengono incautadas dei rispettivi lavoratori dopo il sollevamento militare del 19 luglio.”, pp. 70-71. E ancora “Sarebbe troppo lungo enumerare la lista delle collettivizzazioni (...) che (...) invade quasi tutti i rami produttivi della Catalogna.” (pag. 74). “Il 24 ottobre 1936, il governo catalano istituzionalizza per decreto le collettivizzazioni 112


Nell'aprile 1937 il governo spagnolo decise di militarizzare le “colonne”, decisione che spaccò il fronte: buona parte degli anarchici abbandonò le linee per tornare a Barcellona e Zambonini si impiegò presso il Sindacato di alimentazione (aderente alla C.N.T.) come meccanico addetto alle macchine per la pastorizzazione del latte122. In difesa a questo edificio venne ferito e, pur sciancato123, comincia a rielaborare il sindacato, organizzando un gruppo di italiani anarchici svolgendo le mansioni di sindacalista. Datato 8 agosto 1937, troviamo sul giornale “Guerra di Classe” un articolo-intervista proprio ad Enrico Zambonini, che ricapitola alcuni passaggi della sua vicenda personale e ne coglie anche alcuni (...), in primo luogo per limitarle, ma anche e soprattutto per estendervi la propria influenza e il proprio controllo a discapito dell'autonomia operaia” (pag. 77). “Il governo autonomo catalano emana un Decreto anche per le collettivizzazioni in agricoltura, pubblicato da Solidariedad Obrera il 4 e il 6 novembre 1937 (...) [è] in realtà anche stavolta (...) il semplice riconoscimento del fatto compiuto.” (pag. 96). Citazioni da Semprun Maura (1996). 122 Zambonelli (2008), pp. 22-23. 123 “Zambonini fu colpito (...) riportando ferite da arma da fuoco alla regione temporale sinistra e all'emitorace destro”, dal Verbale interrogatorio del 31/08/1942, riportato in Zambonelli, pag. 23. Si veda anche l'articolo del 20 luglio 1946 su L'adunata dei refrattari, “Zambonini non guarì mai dalle ferite riportate a Barcellona per opera dei sicari di Stalin. Una pallottola (...) gli aveva attraversato dall'alto tutta la parte sinistra della testa, dalla tempia al mento, sezionandogli il nervo ottico e la mascella inferiore, per cui rimase mutilato d'un occhio e col mento mostruosamente deforme ed una cicatrice che faceva pensare ad un formidabile colpo d'accetta. Inoltre il proiettile uscito dalla gola penetrò nella spalla uscendo all'altezza della mammella per rientrare nel basso ventre.”, nella scansione dell'originale pubblicata nell'Emeroteca Digitale della Biblioteca Nazionale Braidense, ma riportata anche in "Pollicino Gnus", numero 106, aprile 2008, pag. 18.

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significativi tratti di carattere, primo fra tutti il suo essere schivo e poco incline all'autocelebrazione: “ 'Non ha niente di particolare' Non siamo giornalisti di mestiere! Incorriamo nell'ingenuità di preavvertire il compagno Enrico Zambonini che desideriamo intervistare per “Guerra di Classe”. E s'egli, in questo momento, non fosse accompagnato da un comune amico il quale, a suo dispetto, parla per lui, non avremmo nulla da dire sul suo conto. Inutile opporre alle sue obiezioni, ai suoi rifiuti, alle sue proteste, le più convincenti argomentazioni rispondenti, d'altronde, alla stretta verità. - Non si tratta affatto di farti della reclame. Come puoi comprovare rileggendo il numero scorso, Guerra di Classe di è prefissata di comunicare ai compagni, vicini e lontani, notizie riguardanti i nostri combattenti e le nostre vittime. È pel bene del nostro movimento. Se la propaganda si fa con l'esempio, perchè questi esempi non dovrebbero essere conosciuti? L'esposizione del tuo caso val più di cento articoli. - “Il caso mio? Che può avere di particolare? Ho fatto quel che dovevo fare... Cento altri hanno fatto più di me... non vale la pena parlarne...”. Queste le sue risposte! Una modestia tanto spontanea quanto inespugnabile. Ma se Zambonini non vuol parlare, parl per lui il suo aspetto fisico. Poiché il suo volto “non ha niente di particolare”. È semplicemnte sfigurato dalla mitraglia. Per sempre. È un vecchio compagno. Lo si conosceva nella nostra stampa con lo pseudonimo di “Lucifero”. In Italia combattè il fascismo non solo a parole e fu profugo. Dopo d'assaporare in diversi paesi le delizie del “fuoriuscitismo”, riparò in Ispagna. Nel gennaio 1934, a Siviglia, fu arrestato sotto accusa di atti terroristici. Ottenne da una monaca persuasa di convertirlo... al 114


cattolicesimo, dei vestiti da sostituire a quelli di galeotto, ed evase. Si rifugiò a Gibilterra. Da Gibilterra, attraversato l'Atlantico, giunse alla capitale del Brasile, Rio de Janeiro. Sbarca, lo arrestano e rimandano in Europa. Rientra in Ispagna giustamente durante i moti d'Ottobre del '34 e pochi giorni dopo ha la... fortuna di trovarsi racchiuso nel “carcere modello” con molti altri noti compagni, tra i quali Buonaventura Durruti e Garcia Oliver... . La democratica repubblica spagnola lo consegnò, in sfregio ad ogni legge e diritto d'asilo, alla repubblica francese che naturalmente lo espulse. Tre mesi di prigione in Perpignan precedono l'espulsione. Il 26 luglio 1936 Zambonini attratto dal movimento antifascista e dalla rivoluzione, è nuovamente in Ispagna. - Al fronte? - Naturalmente. - Dove? - Dove andavano gli altri compagni. - In quali episodi ha partecipato? Zambonini scrolla le spalle. Ciò non gli interessa. L'amico che assiste alla nostra impossibile intervista deve parlare per lui. Fronte di Huesca, Colonna Ascaso, Battaglione italiano. Il 28 agosto Zambonini combatte a monte Pelato, il monte tragico e glorioso, sugli spalti del quale tanti compagni italiani, tra i quali Fausto Falschi, scrissero col proprio sange una imperitura pagina d'eroismo anarchico. Poi l'avanzata di Huesca, il Cimitero, Casa del Angel... Dal fronte lo strappa la militarizzazione della colonne dei volontari. Non può conciliare i suoi principi e le sue personali convinzioni con la disciplina militare. Ma non vuole neppure che si creda il suo ritorno una diserzione, e nella retroguardia continua a combattere pel trionfo e la difesa della rivoluzione spagnola, pronto se necessario a riprendere le armi. L'occasione gli si offre nella settimana di Maggio 1937. la CNT e la FAI sono 115


aggredite dalle forze coalizzate della controrivoluzione, e Zambonini è sulle barricate. Dal compagno che assiste al nostro colloquio – poiché ogni nostra insistenza per ottenerli da lui è inutile – otteniamo qualche dato. Partecipò alla difesa della sede del Gruppo Los de ayer y los de hoy. Pretese e ottenne un fucile assicurando che “sarebbe stato in buone mani”. Comtinuò a fianco dei suoi compagni di lotta nonostante una grave ferita al fianco destro. Solo una nuova ferita alla testa potè abbatterlo. Consegnò il fucile a quelli che l'assistevano... “Continuate voi. Io muoio contento”. Poiché lui si sentiva morire, ed i suoi compagni ritirarono il suo corpo credendo di ritirare un cadavere. Enrico Zambonini vive miracolosamente. Si è salvato – si può affermarlo – a forza di fede. È stato ferito al ventre, alla faccia, in un occhio, in un orecchio. Ora, in convalescenza, deve rafforzarsi fisicamente per sottoporsi ad altre tre operazioni chirurgiche. E per rimettersi in salute, fa della propaganda e partecipa ad un comitato d'assistenza ai nostri feriti, alle nostre vittime, ai nostri combattenti. - Non credi che potremmo comprometterti pubblicando qualche notizia sul tuo passato? Non può intendere la nostra inquietudine. - Non ci tengo affatto che si faccia pubblicamente il mio nome. Ma in quanto a compromettermi! Ho fatto quel che dovevo fare. E non ne sono pentito. E sono pronto a rivendicare altamente i miei atti, non importa dove. In faccia a chiunque”... Osserviamo, commossi, il suo volto solcato da una ferita terribile, il suo occhio spento, la sua bocca contorta, la sua guancia verso l'orecchio, lacerata. È tranquillo, sereno. Quale fiamma, quale fiamma arde nei petti d'uomini come questo, che hanno un passato di sacrifici terribili, che hanno visto dieci volte in faccia la morte: e la morte cercano continuamente, non pensando che alle lotte di 116


domani? Conversiamo sull'attuale oscura situazione. Mentre ci diamo una stretta di mano, prima di lasciarci, domandiamo al compagno Zambonini se, dopo essersi curato, lascerà la Spagna. Ecco un'altra domanda ch'egli non comprende!... Perché? Io non credo che la Rivoluzione Spagnola sia finita!'...124”.

Ci fu poi l'esperienza a Pins del Valles di fondazione della Colonia l'Adunata dei refrattari, per la quale si rimanda al capitolo apposito125. Dopo la fine della guerra ci fu una quantità impressionante di persone che si diressero verso la Francia, dove furono collocati in campi, costituiti unicamente da sabbia e filo spinato, mancanti ogni altra sorta di necessità e alimenti: i detenuti furono costretti a nutrirsi di canne palustri per sopravvivere. A sorvegliare questi campi non c'erano nemmeno soldati francesi, bensì milizie senegalesi. La Francia non era più la stessa nazione che aveva rappresentato un porto sicuro per gli emigranti italiani: al Fronte popolare era succeduto, dall'aprile 1938, il governo reazionario di Daladier e il 26 settembre 1939 il partito comunista francese (P.C.F.). I campi verso i quali vennero indirizzate queste persone furono quelli di Saint Cyprien, Gurs, Vernet d'Ariège126, Mont Louis127 e alcuni dovettero 124

Dalla rivista “Guerra di classe”, anno II n. 24, 8 agosto 1937. Anche su "Pollicino Gnus", n. 160, aprile 2008. 125 Si veda il capitolo 5. 126 Secondo la testimonianza di Luciano Grossi si trattava di un vero e proprio “campo della morte”, dove “per fare minestre che non fossero solo di acqua e pochissimo grasso si utilizzavano rifiuti di ogni genere” 117


continuare quella permanenza dal 1939 al 1943. Durante la prigionia Zambonini venne colpito da una forte infiammazione ad un orecchio per una fistole e fu ricoverato a Perpignan e lì operato – come risulta da una lettera in cui si firma Iris, visto che da consuetudine nessuno si firmava per nome. Il direttore dell'ospedale lo tenne al servizio di quella struttura ospedaliera: una delle sue mansioni era trovare e trasportare il legname per scaldare l'ospedale, ma durante una di queste uscite fu sorpreso da alcuni soldati della repubblica di Vichy, che lo arrestarono e lo rispedirono in Italia: era il 6 agosto 1942. Arrivò poi – dopo le soste a Ventimiglia, Piacenza, Voghera – a Reggio Emilia il 26 agosto 1942 dove venne detenuto ed interrogato al carcere di San Tomaso, oggi adibito ad Archivio di Stato e prima ancora convento con la chiesa del Corpus Domini. La commissione gli inflisse la condanna a cinque anni di confino a Ventotene128, nel settembre sebbene “in quelle condizioni di assoluta indigenza, noi avevamo realizzato il comunismo”, sia nella ripartizione assolutamente equa del poco cibo, sia attraverso una ripartizione politica strutturata in cellule che in qualche modo riuscivano a tenere i contatti con l'esterno, in particolare con il P.C.F.. Si veda Antonio Zambonelli, Reggiani in difesa della repubblica spagnola (1936-1939), Istituto per la storia della Resistenza e della Guerra di Liberazione in Provincia di Reggio Emilia, 1974, pp. 5556. 127 Per informazioni su ognuno di questi campi si rimanda a Bauer (1981), cap. 6 (in particolare pp. 152-158). 128 “Nell'arco dei diciassette anni in cui il confino rimase operante, circa 17.000 oppositori politici del regime fascista sono deportati nelle isole di Favignana, Lampedusa, Ustica, Pantelleria, Lipari, Ponza, Tremiti e Ventotene, oltre che nella colonia non insulare di Pisticci o in piccoli comuni di terraferma ubicati soprattutto nell'Italia centromeridionale”, Gianni Orecchioni, I sassi e le ombre: storie di internamento e di confino 118


1942. In quel carcere vigeva una certa separatezza nelle pratiche quotidiana a seconda dell'appartenenza politica. Zambonini viene descritto all'arrivo con la propria valigia di libri – così come lo aveva descritto anche la polizia belga, con una valigia piena di libri e di pubblicazioni anarchiche da distribuire nei meeting anarchici che organizzava o improvvisava. Restò a Ventotene fino all'8 settembre 1943, quando vennero liberati tutti129 tranne gli anarchici perché non erano rappresentati nel comitato di liberazione nazionale (C.L.N.), così come i prigionieri della Jugoslavia e quelli della Libia130. nell'Italia fascista : Lanciano 1940-1943, Ed. Storia e Letteratura, 2006, pag. 175. 129 Si legge, in un articolo firmato G. D. dell'”Adunata dei Refrattari” di pagina 2 del fascicolo 4 del 27 gennaio 1945, intitolato “Cronache di confino”: “Il 23 luglio trovò a Ventotene più di 800 confinati politici. Con significativa inerzia, dopo ben 15 giorni vennero liberati poco più di un centinaio di schedati “antifascisti”: ma perché potessero di fatto abbandonare l'isola dovettero i gruppi politici sborsare tre quarti della somma richiesta da un motoveliero di Ponza per trasportarli. Solo il 17-18 agosto venne il turno di alcune centinaia di confinati, classificati anch'essi “antifascisti”. Ma 169 libertari non vennero liberati (...:illeggibile una riga e mezza), per ragioni militari, furono trasferiti, sotto buona scorta, il 19 dello stesso mese, in un campo di concentramento a Renicci di Anghiari (Arezzo). Il campo era uno dei soliti campi tedeschi per prigionieri di guerra: pessime condizioni di igiene e di vitto, disciplina militare, e ovunque spiegamento di forze. (...) Il 6 o 7 settembre furono liberati altri 60 in seguito all'interessamento di ex confinati i quali avevano preso a cuore la corte dei compagni rimasti nei campi: e tra essi anch'io.”. Scansione dell'originale pubblicata nell'Emeroteca Digitale della Biblioteca Nazionale Braidense. 130 In Zambonelli (1981) questo ritardo è motivato come una precisa manovra da parte del capo della polizia, Carmine Senise, il quale “il 27 luglio 1943 aveva diramato un dispaccio telegrafico che così cominciava: “Prego disporre subito scarcerazione prevenuti disposizione autorità P.S. Responsabili attività politiche escluse quelle riferentisi comunismo et

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Zambonini e non molti altri, quindi, vennero trasferiti al campo di concentramento di Renicci di Anghiari131, ma si rifiutò di proseguire all'altezza di Arezzo, dove rimase incarcerato fino al 4 dicembre 1943, quando venne dimesso132. Raggiunse poi Reggio Emilia dove venne ospitato dall'amico Bartoli – anche lui a Ventotene– dove dormì in una stalla per poi ripartire alla volta di Secchio. Là la sorella inizialmente non riuscì nemmeno a riconoscerlo per quanto i lineamenti del viso erano compromessi133. Rimase a Secchio dai primi di dicembre alla metà di gennaio, occupandosi di ricominciare a tessere una sua tela anarchica134. Gli venne anche proposto di dirigere una brigata a Cervarolo ma il anarchia”. Ma tale disposizione limitativa delle scarcerazioni (...) finì per valere soltanto per gli anarchici, per i “casi dubbi”, per le “persone condannate o imputate di fatti aventi carattere militare o sospetti di spionaggio””, Zambonelli (1974), pp. 26-27. 131 Nel campo di Renicci di Anghiari, sul Tevere, al 27 giugno 1943, risultano internati 1159 uomini e 295 donne, 66 ragazzi e 63 ragazze, quasi tutti sistemati in baracche (855) o in posti letto temporanei (533). Fonte: Rodogno (2006) pag. 459. 132 Zambonelli (2008), pag. 27. 133 Si veda il materiale filmico dell'intervista di Valdesalici a Marianna Zambonini, sorella di Enrico. Sulle ferite di Zambonini, si veda l'articolo di “Guerra di Classe” riportato integralmente e ricondotto alla nota 21. 134 “In novembre i comunisti Pio Montermini (Luigi) e Michele Gurla (Bari) erano stati inviati dal P.C.I. in montagna per organizzare nuclei di lotta armata. Un primo gruppo si era formato a Cerredolo. Un altro gruppo, di circa 20 persone, si formò a Cervarolo. Venne rifornito di armi prelevate a Modena a mezzo di due staffette una delle quali sarebbe stata Carmen Zanti.”, Zambonelli 1981, pag. 29. Inoltre, “Poche settimane appresso Zambonini scrisse a Bartoli (...) una lettera con cui egli comunicava che “il lavoro è già molto avanti e ci sono collegamenti da Montefiorino fino a Piacenza”, concludendo con l'invito a raggiungerlo in montagna.”, Zambonelli (1974), pag. 63. 120


giorno prima del suo arrivo alla brigata i militi fascisti arrestarono a Tapignola il parroco don Pasquino Borghi: essendo Secchio di fronte a Tapignola, si può ipotizzare che Zambonini avesse sentito gli spari dello scontro, visto che ci fu opposizione (don Pasquino venne infatti fermato non a Tapignola ma a Villa Minozzo) e che i militi tornarono solo la mattina seguente per cercare Zambonini, ci si può chiedere perchè non sia scappato. La motivazione non può essere in questo caso certa, sebbene sia verosimile l'ipotesi della paura di una rappresaglia sui propri famigliari. L'arresto di Zambonini ci è stato tramandato nei particolari delle parole del nipote, che impaurito si rifugiò in soffitta da dove poté assistere alla scena dalle travi fessurate. Di fronte ai quattro militi e due carabinieri, Zambonini appoggiò la pistola e chiese solo il permesso di prendere la propria pipa e un libricino su cui scriveva sempre, anche se non comparve nelle carte di referto. Arrivò poi, otto giorni dopo il fatto compiuto, la notizia della fucilazione e l'amico “Nadalun 135” si incaricò di andare a ritirare due casse di libri che la figlia sostiene esserle state rubate nel 1964. Zambonini era stato portato a Reggio Emilia, recluso al San Tomaso e, il 30 gennaio 1944 alle 7.12 del mattino, venne fucilato: insieme a lui subivano la stessa sorte don Pasquino Borghi, Destino Giovannetti, Romeo Benassi, Umberto Dodi, Umberto Gaiti, Ferruccio Battini, Enrico Menozzi e 135

Natale Ferrari (1892-1975), partigiano e poeta di Maggi. Dalla nota 3 di pag.2 di "Pollicino Gnus", numero 160, aprile 2008. 121


Contardo Trentini. Esclusi don Pasquino e Zambonini, alcuni erano comunisti e altri socialisti. Il luogo di esecuzione fu il poligono di tiro di San Prospero Strinati. Il vescovo, due giorni dopo, fu costretto a scrivere sul bollettino parrocchiale a tutti i suoi parrocchiani, che non era stato don Pasquino Borghi ad urlare “Viva l'anarchia”: il riferimento è all'ultimo gesto di Zambonini il quale, dopo aver rifiutato il viatico di monsignor Stefani – cappellano della milizia fascista – alzò il proprio pugno e urlò per l'ultima volta la sua convinzione136. Si diffuse la diceria che fosse stato don Pasquino ad urlare quelle parole, per il semplice motivo che la notizia della fucilazione del prete fu accolta con molto clamore mentre fu immediatamente rimossa la memoria dell'uccisione degli altri. Fu solo per la smentita pubblicata dal vescovo, infatti, che si seppe della morte delle altre persone. Il corpo venne rimosso e interrato nel cimitero di Villa Ospizio, lo stesso cimitero che aveva accolto i cadaveri dei sette fratelli Cervi, fucilati il 23 dicembre 1943, e di Quarto Camurri. Venne disposta la soppressione del cimitero già dal 18 maggio 1940, ordinando che per vent'anni non sarebbero più dovuti essere sepolti altri morti, anche se poi lo si riaprì per le vittime dei bombardamenti di Reggio Emilia. Fu data la possibilità alla famiglia di rientrare in possesso della salma in occasione della traslazione delle spoglie dei fratelli Cervi al cimitero di 136

122

Zambonelli (2008), pag. 32.


Campegine, per intercessione dell'ANSPI, ma non si portò a termine nessuno spostamento per Zambonini137. Il cimitero fu definitivamente cancellato per la costruzione di un cavalcavia intorno al 1980. Venne dispersa, insieme al corpo, anche la memoria: don Pasquino tutti i 30 gennaio venne, per molto tempo, ricordato in pubbliche manifestazioni e anche nelle scuole138, ma non vale lo stesso discorso per le altre vittime. La sentenza uscì il giorno dopo la fucilazione, quindi fu emessa a seguito del fatto compiuto: il “Solco Fascista” diede una breve notizia sul fatto che erano state destinate “alla pena di morte mediante fucilazione alla schiena, da eseguirsi 139 immediatamente” le nove persone . 137

Riporto la nota [38] di pag. 32 di Zambonelli (2008), ricercatore che su questa vicenda provò a contattare l'allora parroco don Antonio Rivi, che venne consultato dalla famiglia di Zambonini per decidere sul da farsi su questa questione. È un buon esempio di quello che si intende parlando di rimozione della memoria: “ L'autore ha inviato, il 4 settembre 1980, al sacerdote in questione, don Antonio Rivi, parroco di Roncaglio (Ciano d'Enza), una lettera, che si riporta in appendice, alla quale non ha ottenuto risposta. L'autore ha poi per scrupolo telefonato, il 19 settembre successivo, a don Rivi, il quale ha confermato di avere ricevuto la lettera dichiarando peraltro di non avere alcuna intenzione di rispondere, né a voce né per iscritto, alle domande che gli venivano poste su Enrico Zambonini”. 138 Notevole è la quantità di istituti, centri vari, case protette e altro che si può desumere da una semplice ricerca su un motore di ricerca tenendo come riferimento “don Pasquino Borghi”. 139 La sentenza pubblicata sul “Solco Fascista” dell'1 febbraio 1944 è riportata in appendice in Zambonelli, (2008): “In nome della Repubblica Sociale Italiana, il Tribunale Speciale Straordinario di Reggio nell'Emilia ha pronunciato la sentenza contro [seguono i nomi] imputati tutti di concorso in omicidio nelle persone dei militi: Maccaferri, Orlandi, 123


Secondo le parole di chi ha seguito le storie delle persone coinvolte nella guerra di Spagna, una volta tornati dalla guerra tutti morirono in breve tempo e soprattutto in casi non sempre chiari perché non passibili di approfondimenti e chiarimenti: è una questione che lascia molti dubbi irrisolti e la sensazione che non sempre si abbia il coraggio di affrontare i fatti come realmente furono, con il necessario distacco. Forse, in fondo, ancora non ci si è distaccati da certe vicende, né da una parte, né dall'altra.

Ferretti, e del S. en. Loldi; per aver nel territorio nella provincia di Reggio nell'Emilia, con decisi atteggiamenti, con parole, con atti idonei ad eccitare gli animi, alimentato l'atmosfera dell'anarchia e della ribellione e determinato gli autori materiali degli assassini a compiere i delitti allo scopo di sopprimere nelle persone dei Caduti i difensori della indipendenza e dell'unità della patria. (...) Imputato in più Zambonini di aver combattuto contro le truppe fasciste, nelle orde rosse in Ispagna”. 124


LA COLONIA “L'ADUNATA DEI REFRATTARI” DI PINS DEL VALLES (Oggi Sant Cugat) 5.1. INTRODUZIONE C'è una parte della vicenda di Enrico Zambonini che vorrei si delineasse come il nucleo di questo percorso. Vorrei valesse l'avvertenza a prenderla in considerazione per dedicarle poi le dovute riflessioni. La fondazione della colonia di Pins del Valles mi ha colpito inizialmente come di solito mi colpiscono le imprese pedagogiche che hanno la forza di affermarsi per peculiarità e difese non solo a parole, ma fino alla costruzione effettiva di strutture che funzionino. Ci sono molti esempi nella storia della pedagogia di tentativi coraggiosi, a volte fin troppo sbilanciati ed entusiasti, che hanno segnato la concezione stessa dell'educazione. Nel primo e nel secondo capitolo si è cercato di proporre alcuni stralci di proposte innovative provenienti da pensatori o professionisti collocabili tra gli anarchici, i razionalisti, i libertari: è difficile esaurire anche una singola corrente del genere ed è necessario considerare con tutta l'ammirazione dovuta l'opera di Francesco Codello – che è servita tra l'altro come pista per uno studio direzionato e non troppo dispersivo in questo campo. Restano però fuori moltissime esperienze che 125


non si sono ancora guadagnate pagine proprie su nessun manuale, sebbene abbiano dato risultati importanti sia nelle pratiche che nelle riflessioni evocate: si tratta di fatti assai recenti, in grado di allettare non soltanto i buongustai dell'archivistica. Forse bisognerà attendere, trovando conforto in Kuhn140, il momento della normalizzazione di questi tentativi in qualche modo rivoluzionari, o forse questo processo non si realizzerà mai, così che queste esperienze rimarranno ancora più notevoli proprio alla luce della propria originalità ed irripetibilità. È altresì vero che la forza delle idee e la lucidità di analisi non bastano: la sociologia della scienza141 insegna come, per riuscire a fare affermare nel mondo concreto le buone idee, occorra riuscire ad analizzare bene il contesto sociale, politico ed economico dove le si vada a proporre, per poi riuscire a sviluppare sinergie con le parti forti del sistema umano dove le si va ad affermare: in buona sostanza, ci vogliono grandi capacità e intelligenza per sapere cogliere il momento e i modi per proporre qualcosa di innovativo, riuscendo a rassicurare sul fatto che i benefici saranno maggiori nell'innovazione che nella “normalità” che si propone di abbandonare. Occorre coinvolgere e motivare, tra l'altro, le persone giuste, cioè quelle che possono impegnarsi per contribuire economicamente a 140

Ormai pietra miliare l'opera di Thomas S. Kuhn , La struttura delle rivoluzioni scientifiche (Einaudi, 1999). 141 Illuminante l'analisi proposta da Latour, La scienza in azione: introduzione alla sociologia della scienza (Ed. di Comunità, 1998).

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rendere materia le buone idee. Non è impresa da poco. Nel caso dell'apertura di questa Colonia, è come se ci si trovasse di fronte alle molte carte – le idee raccolte in questo percorso di ricerca – che prima erano sparse disordinatamente sul tavolo, finalmente raccolte per formare un mazzo capace di funzionare, pronto per essere utilizzato – o almeno, spero, ad essere oggetto di riflessione. C'è la vicenda di un uomo – Zambonini – che ha la smania di cambiare le cose ovunque vada, di sbozzare e poi levigare le persone e le cose che le persone possono fare fino ad avere davanti un prodotto molto simile a ciò che aveva concepito nella propria mente. C'è un'urgenza alla quale fare fronte in modo coraggioso, sia perchè i bambini ospitati erano bambini traumatizzati dalla guerra, sia perchè in guerra ci si era ancora, la si aveva tutta intorno, e con la guerra si sarebbe dovuto fare i conti per l'ennesima volta per sopravvivere e costruire addirittura un vivere migliore. C'è la difficoltà di reperire i fondi necessari, quella di trovare un luogo adatto e i giusti compagni. C'è la capacità di resistere alle infamie avanzate dai denigratori dell'impresa. Piace anche pensare che Zambonini abbia provato per tanto tempo ad educare gli adulti e che solo più tardi sia arrivato a rivolgersi ai bambini, come se fosse sopraggiunta una maturità e una maggiore lucidità, capace di fargli presente che è da quelli che bisognava partire per cambiare le cose. C'è anche la realtà, quella che fa presente che ci sono a volte sequenze di eventi negativi il corso dei quali non è 127


possibile arginare: è il confronto con il fallimento di un'impresa che stava perseguendo niente altro che il bene, è l'amaro in bocca, è il doversi arrendere di fronte a cose senza senso che si impongono con la violenza. Una cicatrice forse non meno importante di quelle che lo deturperanno fisicamente a vita dopo un assalto subito a Barcellona. In realtà questa ricerca ruota tutto intorno a quest'impresa e a questa delusione, è come una ricerca di una catarsi per arrivare a dirsi che, comunque siano poi gli esiti, vale la pena tentare di produrre esperienze sensate coerenti con le proprie visioni del mondo e della giustizia. Il resto sono ipotesi, sono tentativi di chiarirsi le idee sulla vicenda scenario e, primum movens, la guerra civile di Spagna; sulle riflessioni libertarie e anarchiche che avevano plasmato la coscienza delle persone che affrontarono il conflitto armate soprattutto di ideali e principi; sulle realizzazioni pedagogiche, sociali, politiche messe in piedi dai rivoluzionari; sul sistema al quale questi rivoluzionari volevano opporsi; sulle reti politiche e ideologiche che diedero all'evento un'eco internazionale; sull'anarchia e sulla figura di Enrico Zambonini, con l'orgoglio che suscita il saperlo reggiano e “montanaro” – come chi scrive – venato dalla vergogna di averlo visto dimenticato da tanti per tanto tempo. Si cerca, quando si può, di rimediare nel proprio piccolo. Le testimonianze sono state raccolte in diversi ricerche, sia scritte che filmate: sono racconti di persone adulte che ripensano a quegli anni tenendo 128


presenti le implicazioni sia negative che positive dell'esperienza che furono obbligati a vivere. In queste, non di rado prevale il rammarico per l'allontanamento dalla situazione familiare con sommato, in alcuni casi, lo strazio di non avere più ritrovato i propri genitori o parenti. È difficile dare giudizi su quell'operazione: rappresentò comunque una tregua, un tentativo di concedere la normalità almeno a quelli che non potevano avere proprio nessuna colpa. Ogni testimonianza raccolta di quei bambini che vissero quell'esperienza è una singola testimonianza e va presa come tale, valida per quella persona e solo per la sua storia. Di fronte all'irrazionalità di quegli eventi, deve essere messo da parte ogni intento di generalizzare, nel rispetto della sofferenza che è stata punizione per nessuna colpa. Ho scelto di riportare quanti più pezzi integrali dai testi dell'epoca prima di tutto perchè non mi risulta siano mai stati trascritti dall'“Adunata dei Refrattari” con completezza tutti gli articoli che riguardano la questione della colonia. Questi numeri del periodico sono conservati con cura presso l'Archivio Berneri-Chessa di Reggio Emilia, ma riorganizzarli cronologicamente in pagine successive di uno supporto contemporaneo può essere – forse – di una certa utilità e comodità a chi voglia ripercorrere le vicende. C'è poi da considerare che, valorizzato dalla presentazione in ordine cronologico, appare evidente come sia un esempio di successo nel fund rising attivato addirittura a livello internazionale: può essere colta, sotto questo aspetto, 129


la forza dell'organizzazione anarchica, che riusciva già a quei tempi ad organizzare una rete di collaborazione straordinariamente efficace, capace di dare un tale risonanza ad eventuali appelli da riuscire a fare fronte anche ad urgenze. Chi tra i tre firmatari dell'appello ebbe l'idea di contattare la rivista americana possedeva una lucidità e una conoscenza della situazione internazionale molto profonda: non è assurdo identificare in questo ritratto Enrico Zambonini, che già aveva dato prove ripetute di padronanza di competenze e risorse che ne fecero, a tutti gli effetti, un anarchico professionista. Occorre tenere presente che si tratta di una ipotesi, per quanto possa essere calzante con il profilo dell'anarchico reggiano: gli articoli che verranno riportati da L'Adunata dei Refrattari identificano come referenti principali Armando Rodriguez, Fosca BarbieriCorsinovi ed Eusebio Carbò.

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5. 2. LA COLONIA Il 1938 fu l'anno in cui, durante la guerra civile spagnola, cominciarono i grandi bombardamenti: vennero colpite le città di Bilbao, Durango, Guernica. Furono azioni drammatiche perchè nei paesi e nelle città ormai non abitavano più gli uomini, dal momento che erano quasi tutti al fronte. Rimanevano invece i vecchi, le donne e i bambini: è l'inaugurazione di una pratica che caratterizzerà la seconda guerra mondiale – bombardamenti simili sarebbero stati in precedenza considerati crimini di guerra, ma lo scopo era quello di provare che cosa la potenza militare avrebbe potuto fare. Gli aerei che crearono tante vittime innocenti erano italiani e tedeschi (Caproni e Stukas). Già a quei tempi cominciò a circolare la voce che i colpevoli non erano i franchisti, bensì i “rossi” i quali, costretti alla ritirata, facevano terra bruciata. Molti bambini, per salvare loro la vita, vennero spediti all'estero (Russia, Francia, Belgio, America Latina): c'è anche molto materiale filmato che documenta questi sradicamenti, fatti senz'altro a fine di bene, ma innegabilmente tali. Il governo prese la decisione di evacuare il maggior numero possibile di bambini per allontanarli dal pericolo e per dare loro la possibilità di avere una sistemazione tranquilla dove poter crescere, studiare e vivere senza pericoli e dove, soprattutto, potessero mangiare, visto che la guerra in Spagna stava mettendo a dura prova il sistema di distribuzione degli alimenti, soprattutto 131


nelle città. Il gran numero di documenti filmati che è arrivato fino a noi è anche spiegabile con l'intento di fare propaganda da parte del governo repubblicano e delle nazioni: il messaggio che doveva essere ben chiaro era che, nonostante l'accanimento al quale si era costretti, il governo teneva in prima considerazione e cura i bambini, e che la situazione era molto grave e quindi i volontari internazionali erano più che necessari. La maggior parte delle informazioni che abbiamo sulla Colonia ci deriva da “L'Adunata dei Refrattari”, pubblicazione periodica anarchica americana. Questa testa si interessò alla questione degli orfani prima pubblicando la lettera-appello firmata da Armando Rodriguez, Fosca BarbieriCorsinovi ed Enrico Zambonini, poi impegnandosi a fornire prove per smentire la voce malevola che si era diffusa riguardo al fatto che non fosse stata aperta in realtà nessuna Colonia e l'appello fosse un modo come un altro per ricevere fondi. L'International Institue of Social History di Amsterdam parla de “L'Adunata dei Refrattari” definendolo il “longest lasting paper of the ItalianAmerican anarchist movement142”: pubblicò infatti dal 1922 al 1971 – riprendendo l'opera di “Cronaca Sovversiva”, che cessò le pubblicazioni regolari nel 142

Dalla scheda su “L'Adunata dei Refrattari” dell'Istituto, all'indirizzo www.iisg.nl.

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1918143 – con sede a New York: un ufficio era al 295 di Lafayette Street, mentre si invitavano i lettori a spedire “lettere, articoli, corrispondenze, comunicati, vaglia postali, checks ed ogni altra comunicazione riguardante il giornale” all'indirizzo “L'ADUNATA DEI REFRATTARI, Box 1, Station 18 – NEWARK, NEW JERSEY144”. Tra il 1922 e il 1954 l'editore ed amministratore fu Osvaldo Maraviglia e l'ultimo editore fu Max Sartin, pseudonimo di Raffaele Schiavina145. “Negli Stati Uniti sono pubblicati tre settimanali di questo tipo [cioè gestiti da comunità di lingua italiana all'estero e costretti a pubblicare sotto la repressione prima ad opera dei governi liberali e poi di quelli fascisti]: "Cronaca Sovversiva" (1903-1920), fondato da Luigi Galleani, di ispirazione antiorganizzatrice; "Il Martello" (1916-1946), fondato da Carlo Tresca, portavoce di istanze anarco-comuniste; e soprattutto "L’Adunata dei Refrattari" (1922-1971), fondato dai seguaci di Galleani e diretto per quarantacinque anni da Raffaele Schiavina (con lo pseudonimo di Max Sartin), uno dei fogli più prestigiosi di questo secolo.”146

Il 21 maggio 1938 compare, quindi, sulla prima pagina de L'Adunata dei Refrattari una lettera. 143

Gli Italiani Negli Stati Uniti: L'emigrazione e L'opera Degli Italiani Negli Stati Uniti D'America : Atti Del III Symposium Di Studi Americani, Firenze, 27-29 Maggio 1969, Ayer Publishing, 1975, pag. 510. 144 Dalla prima pagina de L'Adunata dei Refrattari: in particolare, dal numero 52 di sabato 31 Dicembre 1938. 145 Dalla scheda su “L'Adunata dei Refrattari” dell'Istituto, all'indirizzo www.iisg.nl. 146 Dalla Presentazione del Catalogo dei Periodici dell'”Archivio famiglia Berneri – Aurelio Chessa” di Reggio Emilia. 133


“Barcellona 5 aprile 1938 Compagni dell'Adunata, Salute. Nel farvi presente questo nostro progetto, vorremmo che fosse da voi esaminato con quel profondo senso di responsabilità che caratterizza gli uomini d'azione, i quali vogliono quel che sanno di potere e sono capaci di superare ogni difficoltà, di fronte a cui non condizionano i propri sforzi. Tempo fa prendemmo in considerazione la possibilità da parte nostra di adottare qualche orfano dei compagni nostri morti per la causa, ma le precarie condizioni nelle quali noi tutti viviamo ci consigliarono di desistere e lasciare, per quanto a malincuore, il nostro progetto. Oggi, di fronte all'inaudito, quest'idea si riaffaccia delineandosi sotto l'autosuggestione come una necessità impellente, di fronte alla straziante visione di bimbi, che al ritorno dalla scuola, o per fortunata circostanza ritirati salvi, o leggermente feriti, dalle macerie fumanti, consegnati a sconosciuti, cercano la loro mamma, i parenti, il luogo dove fu la loro casa, cheti di fronte a tanta rovina, di cui, fortunati nella loro immensa sciagura, ignoravano il motivo infame e criminale. Vittime della trilogia patria-clero-capitalismo, che non ha uomo, che non ha patria, che non ha fede, erano stati barbaramente colpiti da italiani discendenti di quei romani cui la Bibbia marchia della leggendaria strage degli innocenti per colpirvi un possibile futuro re – oggi, divenuta realtà atroce la leggenda, per colpire un futuro novatore e realizzatore delle comuni aspirazioni. Dopo inventario fatto delle nostre possibilità – che non che buona volontà, non quotata in borsa – ci siamo decisi a rivolgerci a voi. Disponete di mezzi? Credete utile ed attuabile questa nostra iniziativa? L'adozione di una trentina di orfani dell'aviazione fascista per sostentamento, servizio pedagogico e sanitario, necessita di 100 dollari al mese, che cambiati in Francia, rappresentano più di 10.000 134


pesetas. Il doppio sarebbe necessario per le spese iniziali. Non abbiamo bisogno di raccomandarvi la serietà e la necessità di continuazione. Per quanto siano prevedibili altre entrate è prudente contare sul positivo di coloro che assumono moralmente l'impegno. In quanto alle direttive, crediamo che non vi saranno dissensi, ma ci teniamo a che esponiate il vostro pensiero. Noi, dal canto nostro, in accordo coi compagni dello spettacolo pubblico, provvederemo a tirare films che potrebbero servire al doppio scopo di far conoscere con prove irrefutabili l'effetto delle bombe benedette dal papa e l'amor patrio dei super-nazionalisti, e facilitare la raccolta di fondi destinati all'iniziativa. Speriamo che dopo esame farete vostra quella che è divenuta per noi, diremmo quasi, una necessità spirituale e che ci risponderete affermativamente. Nell'attesa, abbiatevi i nostri più sentiti pensieri. Vostri e della Causa. (Firmati) Enrico Zambonini, Fosca Barbieri, Armando Rodriguez.”147

Nelle righe immediatamente seguenti, in un carattere più spesso, intervengono i redattori dell'”Adunata” a dare una prima testimonianza dell'onestà della richiesta, cercando – secondo quanto potevano – referenze ai firmatari dell'appello: “L'ADUNATA, che non ha fondi, gira questa lettera ai compagni e ai lettori. Dei firmatari, la redazione ne conosce uno, il Rodriguez, 147

Per comodità, si può fare riferimento alla versione pubblicata su “Pollicino Gnus”, numero 160, aprile 2008, pag. 15. Si coglie però l'occasione per ringraziare nuovamente Fiamma Chessa dell'Archivio Berneri-Chessa di Reggio Emilia, probabilmente l'unico archivio che possiede la collezione completa dell'Adunata dei Refrattari. Inoltre, Benedetto Valdesalici che ha fornito le riproduzioni fotografiche delle pagine citate. 135


un compagno di molti anni, che partì di qui l'anno scorso ed è deciso a rimanere, fino all'ultimo. Fosca Barbieri148 è la compagna dell'assassinato del maggio, insieme a Berneri. Tutti intendono rimanere per condividere il destino del popolo iberico. La lettera che questi compagni scrivono è così eloquente, che può ognuno comprendere insieme il loro stato d'animo e il valore dell'iniziativa per cui chiedono aiuto. Illustrazioni e commenti sono superflui. Diversi compagni, ai quali l'abbiamo precedentemente comunicata, pensano con noi che lo sforzo che ci si chiede non sia impossibile. Con la buona volontà e lavoro, si può accogliere la proposta e dimostrare ai compagni e al popolo di Spagna che nella terra italiana non nascono soltanto belve e assassini. Ci dicano i compagni e i lettori che cosa dobbiamo rispondere. L'ADUNATA.” 149

Da questo punto in poi, si è scelto di dare voce quasi unicamente alla trascrizione degli articoli comparsi sul settimanale newyorkese: le parole originali 148

“Nata a Caselline e Torri (FI) il 24.9-1897, anarchica fuoriuscita in Francia insieme a Dario Castellani da cui ha una figlia, Luce. Espulsa dalla Francia nel 1932 conosce in Svizzera Francesco Barbieri col quale nel 1936 si reca in Spagna dove fu infermiera sul fronte di Aragona. Durante gli scontri con gli stalinisti è a Barcellona ed abita con Barbieri, Berneri, Tantini, Mastrodicasa, Fantozzi e Bonomini al 2 di Plaza de l’Angel dove il 6 maggio è testimone oculare dell’arresto di Berneri e Barbieri che saranno poco dopo barbaramente uccisi sulle ramblas e i cui cadaveri dovrà riconoscere lei stessa con Canzi e Mioli all’obitorio. Con la fine della guerra civile si rifugia in Francia dove fu internata nei campi di Rècebèdou e di Brens e di Huac. Arrestata dalle autorità di Vichy fu tradotta in Italia e inviata al confino alle isole Tremiti. Rilasciata dopo l’8 settembre riparò a Firenze dove, dopo aver ripreso il suo posto nel movimento anarchico, è morta nel 1972”, dalla nota 2 dell'articolo inedito L'asilo della rivoluzione, di B. Valdesalici. 149 L'Adunata dei Refrattari, sabato 21 maggio 1938, New York, pagina 1.

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posseggono in questo caso una forte eloquenza, capace di presentare la vicenda mettendo in risalto ogni implicazione. “COLONIA “L'ADUNATA” . Il 7 Novembre 1938 ha incominciato a funzionare nelle vicinanze di Barcellona, una Colonia di Trenta Orfani, a cui i compagni iniziatori hanno voluto dare il nome di questo giornale. Nel costituirsi, questa nuova famiglia generata dalla forma più elementare della solidarietà umana, ha voluto mandare per mezzo de “l'Adunata” - una parola di saluto a quanti compagni ed amici l'hanno resa possibile. La Colonia, dunque esiste. Da noi dipende la continuità della sua esistenza. Ma non solo da noi. Dipende sopratutto dal valore del popolo spagnolo che combatte per la sua stessa esistenza. E dipende, specialmente dal lato morale, dal perseverante, spirito d'iniziativa e d'abnegazione dei compagni che l'hanno ideata e voluta, testimonianza concreta della solidarietà internazionale. Ricambiando il saluto gentile, formuliamo, sicuri di interpretare il sentimento dei compagni d'America, l'augurio che i piccoli trovino nella Colonia quell'atmosfera affettuosa e illuminata, che è indispensabile affinchè crescano degni dei padri. La Redazione.”150 “Colonia “L'Adunata”. Da vari luoghi degli Stati Uniti e dell'Europa scrivono compagni per farci sapere che i diffamatori abituali dell'”Adunata” hanno messo in circolazione la calunnia che l'iniziativa di alcuni compagni di Barcellona per assistere gli orfani dei bombardamenti fascisti è una 150

L'Adunata dei Refrattari, sabato 12 novembre 1938, pag. 5. 137


truffa, e che la “Colonia L'Adunata” non esiste. Per incredibile che la malvagità possa arrivare fino a questo punto, ma è evidente che la famigerata banda che fa capo al foglio poliziesco è capace di tutto. In ogni modo, e affinchè i compagni siano in grado di rispondere come meritano ai denigratori che tentano di sorprendere la loro buona fede, ecco come stanno i fatti: Il 7 novembre 1938, il compagno Armando Rodriguez ci mandava da Barcellona il seguente telegramma: “TRENTA ORFANI COLONIA ADUNATA SALUTANO PERIODICO APPADRINATORE COMPAGNI SOTTOSCRITTORI”. Lo stesso giorno, il Rodriguez scriveva la seguente lettera, ricevuta la settimana scorsa151: Come vedi, siamo finalmente riusciti a fare l'apertura dell'Asilo con nostri criteri e metodi. Ora tutti ci cercano anche quelli che fino a ieri erano rimasti ostili al nostro lavoro. Ciò che importa è l'onestà: l'avere la coscienza, la convinzione di far bene, è l'arma più potente. All'inaugurazione inviteremo le organizzazioni e i gruppi più affini a noi, come pure qualche redattore dei nostri giornali T. L. (“Tierra y Libertad”) e S. O. (“Solidaridad Obrera”). Ho scritto pure a ... e vi mandai un telegramma ringraziando tutti i compagni per la solidarietà che hanno dato per questa opera tanto umanitaria. Se volete dettagli e schiarimenti scrivete. Saluti a tutti voi, ARMANDO RODRIGUEZ Conosciamo il compagno Rodriguez da molti anni e lo 151

Il numero in questione è del 17 dicembre 1938: una lettera spedita dalla Spagna in guerra impiegava un mese per arrivare a N.Y. 138


sappiamo incapace di mentire o di rendersi complice di una truffa a danno dei compagni. Truffano, invece, la buona fede degli ignari, i calunniatori che, neanche dinanzi ad un'opera di così elementare solidarietà, riescono a controllare gli impulsi felini della loro anima prava.”152 “Colonia “L'Adunata”. A conferma di quanto dicemmo la settimana scorsa, a proposito di questa iniziativa, comunichiamo di aver ricevuto dal compagno Eusebio C. Carbò153, da Barcellona, il seguente telegramma: BARCELLONA, 12 DIC. CERTIFICO CATEGORICAMENTE COME ANNUNZIARONO ESISTENZA COLONIA ADUNATA, ARRIVEDERCI. CARBO' Il nome del compagno Carbò, che è qui conosciuto, dovrebbe bastare da solo a far tacere le insinuazioni e le calunnie. Inoltre, riceviamo dal compagno Rodriguez un ritaglio di giornale contenente il seguente comunicato della 152

L'Adunata dei Refrattari, di sabato 17 dicembre 1938, pag. 7. Eusebio Carbò (1883-1958), si spostò in diverse nazioni tra l'Europa e l'America, subendo numerose incarcerazioni. Visse molti anni a Valencia. Fu maestro nella scuola laica chiamata Institucion Libre de Enseñanza de Valladolid (1915). Fino al 1923 fu uno dei rappresentanti della CNT che si schierarono contro la dittatura del proletariato in URSS. Fu esiliato durante la dittatura di Primo di Rivera e rientrò in Spagna nel 1930, lavorando nella redazione di Solidaridad Obrera. Nel 1933 fu membro della AIT (movimento anarchico internazionale). Durante il periodo dal 1936 al 1939 occupò diverse posizioni nella Generalidad catalana e al Ministerio de Educacion. Dopo la sconfitta andò prima in Francia, poi a Santo Domingo e poi in Messico, dove morì. Da Valeriano Orobón Fernández, Anarcosindicalismo y revolución en Europa, Federación Local CGT Valladolid, 2002; riportato anche in www.memorialibertaria.org. 153

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“Associacion de Mutilados y Familiares de los Muertos de la Guerra y la Revolucion”: La Direzione del “Orfelinato de L'Adunata dei Refrattari”, in uno slancio magnifico d'indipendenza e di libertà, ci ha offerto l'opportunità di vedere accuditi in modo splendido venti bambini, figli di mutilati della guerra e orfani di coloro che tutto hanno dato per la Patria e per la Libertà. Questo Consiglio Direttivo, veramente commosso, rende pubblico, nel nome di tutti i suoi affigliati, e interpretando il sentimento dei piccoli, la sua riconoscenza verso compagni tanto degni. E cogliamo questa singolare occasione per dire che ha fede nei sentimenti delle organizzazioni similari della Spagna lealista, onde l'esempio dello slancio altruista dell'Adunata dei Refrattari non sia sterile; che sarà imitato, ed a questi venti bambini che hanno cessato di sentire gli orrori della guerra altri molti ne seguiranno, tutti quelli che dalla guerra furono colpiti in maniera eccezionale e meritano, per conseguenza, di essere considerati come i figli adottivi di tutti gli spagnoli che combattono dalla parte del governo repubblicano per gli ideali di Libertà, Giustizia di Pace”. Questo comunicato è pubblicato nella “SOLIDARIDAD OBRERA” del 15 novembre 1938, pagina 2, colonna 5; e nella “CNT” del 12 novembre 1938, pagina 2, col. 67. A sua volta, A. Rodriguez scrive: “Come vedete la ripercussione morale dell'apertura dell'Asilo è stata grande. Vi mando un comunicato dell'Associazione Mutilati e famiglie dei Morti in Guerra e nella Rivoluzione, che fu pubblicato da tutti i giornali di Barcellona. “Questa Associazione ci ha consegnato venti bambini. 140


Gli altri sono figli di compagni conosciuti. Non potete immaginare quanto contenti siano nella loro nuova dimora...”. Infine, con la data del 18 Novembre 1938, uno dei bambini della Colonia ci ha scritto una lettera dove dice che tanto lui che i suoi compagni stanno bene; che non mancano di nulla; che ogni mattina fanno la ginnastica onde farsi forti “PARA PODER LUCHAR COMO NUESTROS PADRES”; che i più grandi coltivano la terra, e che sono in preparazione un laboratorio di falegname e un altro di meccanica; che ogni settimana ci manderanno un “diario mural”; e che per tutto ringraziano i compagni di qui. La lettera è firmata con 19 nomi. Riproduciamo in facsimile l'ultima pagina con le firme (il numero 255 in alto a sinistra è probabilmente impresso dalla censura). [seguono le firme, autografe, dei bambini. Ci sono anche frasi di saluto in spagnolo; sono scritte in spagnolo anche le ultime righe della lettera che sono state riprodotte parzialmente]. Non v'è altro da aggiungere fuorchè fare voti che la piccola Colonia viva e prosperi con onore pari alla tenacia che gli iniziatori hanno messo nel realizzare la loro iniziativa. Nell'ultimo numero del “Risveglio” (8-XII-38) si legge: “In un precedente numero avevano parlato del progetto d'una Colonia di bambini spagnuoli, che credevano di poter realizzare col buon volere e il disinteresse di tutti. Ci siamo invece urtati a una sorda ostilità, che esagerando e creando difficoltà ha fatto fallire il tentativo. Si trattava di aggiungere altro al già realizzato e dare maggior lustro ed estensione a un'opera di solidarietà, e deploriamo vivamente di non essere stati compresi. Il denaro raccolto andrà lo stesso a beneficio dei bambini spagnuoli”. 141


Chi sa se i compagni del “Risveglio” sono tutt'altro che fiacchi, comprende quante e quali difficoltà hanno dovuto superare gli iniziatori per varare la Colonia dell'Adunata. Ma, più che deplorevole, è vergognoso che coloro i quali hanno la volontà di fare debbano urtarsi, oltre che contro l'ostilità dei nemici, contro il sabotaggio, l'incomprensione e la calunnia di gente che si dice interessata al bene del movimento. Se costoro non sanno mettersi da parte, quei compagni che hanno buona volontà devono tirar dritto per propria strada incuranti della malvagità dei cattivi e degli imbecilli.”154

Nel medesimo numero de L'Adunata dei Refrattari, alla pagina 7, si trova un articolo che non cita esplicitamente la questione della Colonia, sebbene sia evidentemente riferito all'aspro dibattito aperto sulla questione della buona o della cattiva fede degli anarchici italiani. Il capo d'accusa di infamare un'azione nobile e disinteressata è imputato al “gruppo di Lynn”. Lynn è una cittadina del Massachussets dove veniva pubblicato Cronaca sovversiva – ebdomadario anarchico di propaganda rivoluzionaria, fondato il 6 giugno 1903 e fatto chiudere dal governo degli Stati Uniti nel luglio 1918, principalmente per la aperta opposizione all'implicazione degli stessi nel primo conflitto mondiale. Si riporta qui sia il primo articolo che la risposta allo stesso da parte della redazione de L'Adunata dei Refrattari: “LYNN, MASS., 13-12-'38. - Nella riunione tenutasi il 154

L'Adunata dei Refrattari, sabato 24 dicembre 1938, New York, numero 52, pagina 1. 142


10 corrente alla sede del Circolo il gruppo deliberò quanto segue: “Considerato che le polemiche tra i nostri giornali di carattere strettamente personale si sono trascinate già troppo lungo tempo; “Visto che altre sono già in procinto di cominciare e forse altrettanto velenose; “Raccomandando a tutti di usare giudizio per il rispetto del movimento, se ci sono cose da rimproverarsi, riunirsi ed appianarle da buoni compagni e mettersi al lavoro; “Ammonisce deliberatamente che persistendo su una tattica vergognosa cesserà ogni relazione di cameratismo ed il giornale sarà respinto. “Nella medesima riunione furono raccolti $15 e divisi $10 alle vittime politiche e spedito direttamente e $5 alla Controcorrente. Per il Gruppo. L. Costantini”. *** N. d. R. - L'”Adunata” non fa polemica personale. D'altronde, non è attaccata in una o due o tre persone, ma in tutti coloro che con essa hanno rapporto, e persino nei suoi perseguitati e nelle iniziative di solidarietà generale che hanno il suo appoggio. Non s'è mai visto uno sconcio più scandaloso. Si fa una guerra totalitaria contro i suoi uomini, le sue idee, contro il movimento che la sorregge e le attività che esplica. Avrebbe il diritto di difendersi. Confida, invece, nel buon senso dei compagni e si limita a difendere, in maniera decorosa, opponendo i fatti alle calunnie, un'iniziativa di solidarietà internazionale che i compagni di Barcellona hanno presa, a cui i compagni d'America hanno aderito, e che gli altri – con un'incoscienza ed una perversità che spaventano – hanno boicottata e calunniata. Avevano il diritto di disinteressarsene, se non la credevano buona. Non 143


avevano il diritto di fare una guerra disonesta a quelli che buona la ritengono, e che, resistendo alla dittatura mostruosa della cattiveria, l'hanno felicemente varata. E “L'Adunata” difende, inoltre, l'anarchismo dalla calunnia di essere un movimento che ammette lo spionaggio e la delazione come mezzi di lotta. Soltanto i nemici più accaniti dell'anarchismo possono desiderare che questo insulto non venga respinto. Il gruppo li Lynn, oltre ad aver sbagliato l'indirizzo della sua protesta, offende l'intelligenza dei suoi componenti dimostrando di non sentire la necessità e di non comprendere la legittimità di questa duplice opera difensiva; offende “L'Adunata” mettendola al livello di un lurido foglio poliziesco; e offende il movimento anarchico supponendo che possa tollerare rapporti di cameratismo con arnesi di polizia. Contro questa supposizione essi, vecchi militanti, dovrebbero invece sentire il bisogno di insorgere. La redazione dell'”Adunata non presume di potere, da sola, arginare la vergogna che dilaga, ma non intende accettarne la minima responsabilità. Perciò continuerà, senza deflettere, a difendere quelle iniziative di solidarietà che vengono prese ed appoggiate con disinteresse dai compagni; e continuerà a difendere il movimento dalle aberrazioni e dalle infiltrazioni di pratiche e costumi polizieschi che non possono essere giustificati né tollerati nel nome d'alcuna tendenza anarchica, finchè su di essa resti la responsabilità del giornale – responsabilità di cui la possono ad ogni momento esonerare i compagni che “L'Adunata” sorreggono, non i nemici che l'hanno sempre odiata e vilipesa - ; finchè questa abbia vita e, oltre ancora, finchè la possibilità le resti di pubblicare un pezzo di carta o di, comunque, esprimere il proprio pensiero. Da questo, che noi riteniamo essere il nostro dovere e la ragion d'essere di questo giornale, non ci faranno desistere – fin quando non ci “ritirino” la morte o le 144


delazioni delle spie – né le calunnie, né l'incomprensione, né le minacce, né la dittatura oscena dell'intrigo e del vituperio.”155

Alle incomprensioni e ai dissapori di vecchia data tra le due testate – secondo quanto detto in questo trafiletto – si aggiunge la disapprovazione totale per come il “gruppo di Lynn” si è comportato dunque rispetto alla questione della Colonia infantile di Pins del Valles. Questo è l'unico frammento in cui vengono dettagliati i detrattori evocati in diversi punti de L'Adunata dei Refrattari di quei mesi. Continuando la rassegna, ci si confronta con il numero del 31 dicembre 1938: “COLONIA INFANTILE La carissima compagna Fosca che, con l'aiuto dei compagni d'America, ha riuscito a creare una colonia infantile di trenta bimbi spagnoli, orfani di guerra, ce ne dà l'annunzio in una lettera da cui straliciamo queste righe: “Sono trenta povere creature dai cinque agli undici anni che l'aviazione assassina e la guerra ha reso orfani, trenta innocenti che ricominciano a vivere ed a ritrovare la gaiezza della loro età, in un'atmosfera d'affetto e di libertà. Ed a parte la voce fioca che tengo alla sera – perchè tutti non sanno che rivolgersi a me – mi sento felice ed ho coscienza di compiere una buona missione, e forse l'unica che si confaccia col mio carattere”. Alla lettera andava unito un piccolo settimanale delle colonia, redatto dai piccini stessi. Ne togliamo queste righe di Amalia Blanda: 155

L'Adunata dei Refrattari, sabato 24 dicembre 1938, New York, numero 52, pagina 7. 145


I BIMBI DI FRONTE ALLA GUERRA Noi bambini crediamo che la guerra è la cosa più orribile che esista sulla terra. Nessuno ha il diritto di uccidere i nostri padri, di distruggere le nostre case. Vogliamo vivere, vogliamo i nostri babbi. Vogliamo istruirci, vogliamo giuocare. Vogliamo che termini la guerra, schiacciando per sempre il fascismo, assassino dei nostri padri, distruttore delle nostre case. È perciò che i compagni soldati lottano nelle trincee. Per assicurarci una vita tranquilla e libera da ogni schiavitù, per noi altri e per voi, compagni del mondo, lottano i compagni soldati. Alla compagna Fosca, i compagni tutti di Ginevra inviano i più affettuosi saluti, umiliati di non essere riusciti a creare un'istituzione identica alla sua, come tentarono invano, urtandosi alla cattiva volontà di gente, più propensa a creare che ad eliminare difficoltà. (dal “Risveglio”, 17 dic. 1938).”156

Alcune sono le cose notevoli di quest'articolo. Prima di tutto c'è la testimonianza ricavata direttamente dal giornalino L'Adunata de los pequeños, “L'Adunata dei Piccoli”, quella dichiarazione o poesia di Amalia Blanda (nome che potrebbe comparire anche nella lista di firmatari della lettera dalla Colonia comparsa su “L'Adunata dei Refrattari” del 24 dicembre 1938, anche se la chirografia è confusa da abbellimenti). È un documento importante sia come testimonianza toccante degli sconvolgimenti violenti e quasi 156

L'Adunata dei Refrattari, sabato 31 dicembre 1938, New York, numero 53, pagina 1. 146


incontrastabili arrecati dalla guerra, ma è anche un esempio chiarificatore di come il tema della guerra fosse trattato esplicitamente da parte degli adulti nella scuola. Se è vero che sarebbe stata una mistificazione cancellare la guerra dai discorsi quotidiani dei bambini, è altrettanto vero che l'argomento diventa facilmente strumentalizzabile per la propaganda antifascista. La domanda che emerge qui e che ricorrentemente si ripresenta in molti punti di questo percorso – rimanendo poi puntualmente in sospeso – è quella che pone di fronte alla scelta di due possibilità come “mali minori” durante la guerra: avendo a che fare con questi bambini, vessati irrimediabilmente dall'esperienza dei lutti della guerra, sarebbe stato più opportuno parlare con loro dell'attualità cruda, arrivando a cercare motivazioni e responsabilità per l'accaduto che aveva sconvolto le loro vite; oppure si sarebbe dovuta scegliere l'ipotesi di lasciar loro finalmente in una tregua, in un ambiente protetto dove poter raggranellare la residua serenità di bambini, allontanando l'argomento “guerra” almeno da quei pochi giorni nella Colonia? Dare risposte e causalità al dolore dei bambini, agli occhi dei piccoli forse sarebbe potuto sembrare un sollievo, ma momentaneo: di certo avrebbero avuto a che fare, crescendo, più e più volte con la morte dei genitori o di un parente, o con la distruzione della propria casa, la perdita dei riferimenti, la diffidenza verso le persone. Cresciuti, l'aver ascoltato la spiegazione del “mostro Fascismo” che ammazza padri e distrugge case non sarebbe di certo bastata: avrebbero dovuto 147


fare i conti con un'intricata serie di emozioni, dolori, rammarichi, sentimenti di vendetta e altri ancora. Avrebbero dovuto confrontarsi con la molteplicità di cause e fattori testimoniati dalla “Storia”: forse, la rappresentazione che veniva allora fornita loro nelle scuole quei giorni non sarebbe bastata – e questo è un “difetto di positività” – ma sarebbe stata addirittura esiziale, avendo fatto nascere e radicare in loro un sentimento misto di paura, rabbia, insubordinazione, volontà di rivalsa – “negatività” pura – che avrebbe comunque per sempre presenziato nella loro vita. Le responsabilità degli adulti, come si vede, sanno andare ben al di là dell'intenzionalità e della prevedibilità. Il secondo aspetto notevole di questo articolo è quello legato alla testimonianza di come la mobilitazione per creare Colonie per bambini – in alternativa alla “deportazione” in altre zone o nazioni – fosse una pratica diffusa e consolidata. Abbiamo già avuto modo di sottolineare157 come il contesto spagnolo avesse già conosciuto numerose esperienze educative autonome rispetto al sistema dell'istruzione statale e come questa pratica trovasse solidi presupposti nel pensiero libertario. Il fatto che anche persone non spagnole di nascita come i ginevrini citati in questo articolo o la Corsinovi e Zambonini adottassero questa metodologia, rende testimonianza dell'efficacia di questo tipo di organizzazione e di fondamenti ideologici e pedagogici. Il terzo aspetto riguarda l'impostazione data alla 157

148

Vd. primo e secondo capitolo.


scuola, secondo quanto possiamo desumere da queste righe e da altri stralci in altri numeri de “L'Adunata dei Refrattari”: come spesso accadeva per i contesti associativi spontanei a base popolare adulta (Mujeres Libres, per un esempio tra numerosi) prima della guerra sulla linea libertaria e anarchica, anche questa comunità di bambini ebbe la sua pubblicazione settimanale. È questo un segnale di quanto le pratiche concrete e il ricalcare modelli produttivi adulti nell'educazione fosse tenuta in buon conto, così come del resto lo fu la cooperazione, necessaria per il piccolo giornale in questione. La tensione pedagogica di queste esperienze educative, volendo generalizzare, fu molto spesso votata a fare dei bambini dei “piccoli adulti”, o quanto meno a farli crescere velocemente, per andare a rimpiazzare gli strati della società “infetti” dall'autoritarismo e dal conservatorismo. Nel numero del 17 dicembre 1938, “L'Adunata dei Refrattari” pubblica addirittura la riproduzione della prima pagina del primo numero del giornale murale che curano i bambini alla Colonia, intitolato appunto “L'Adunata de los Pequeños”. Non rispettando la cronologia, lo si inserisce ora perchè si è ritenuto proporre l'articolo del 24 dicembre 1938 come introduzione. Si riporta qui il testo: il documento risulta scritto con una macchina da scrivere: non si può risalire alle dimensioni del foglio utilizzato perchè si tratta di una riproduzione. Il foglio in alcuni punto è macchiato di inchiostro e in altri la traccia scritta è flebile o cancellata. Ogni trafiletto è terminato con la 149


firma autografa del bambino autore. Vengono riportati anche gli errori, cercando la maggiore fedeltà possibile. “L'ADUNATA DE LOS PEQUEÑOS setmanal de la colonia presentacion En el pueblo que yo estaba “Vimbodi” estabamos muy bien. Avia una colectividad de la C N T y en esta colectividad, todo funcionaba bien y no faltaba nada. Los compañeros eran muy buenos con los chicos. Despues muerto mi padre quedamos a barcelona, y frecuentaba al grupo escolar RAMON LLULL; AL QUINTO GRADO. A la colonia ''L'adunata D e Refrattari, donde ahora estoy, soy redactor de el diario mural, esta es la primera setmana que empiezo hacer el diario. Esperamos de que cada setmana lo [una riga e mezzo illeggibile], haciendo se aprende, y nosotros queremos aprender. [firma] AVIACION FASISTA El sabado 19 estabamos les quince mas grandes de la colonia sobre la galeria del jardin haciendo una reunion, cuando empezo el bombardeo sobre Barcelona. los abiones de los asesions se hiban para aqui acia la ciudad y los antiaereos hacian un fuego de cortina muy serado. Un proyectil antiaereopaso sobre nuestra cabeza silbando, y se planto de dos metros, [illeggibile una parola] del jardin cobre la carretera, aciendo un agujero ondo tres metros. Eldia siguiente vinieron oficiales y soldados [illeggibili due parole] pero no pudieron. Tuvimos un gran gusto. [firma, autografa, non del tutto comprensibile, solo “Lucia”: il nome e il cognome sono però gli stessi che compaiono nella lettera pubblicata su “L'Adunata dei Refrattari” del 24 dicembre 1938]

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REFUGUIADOS En lerida nos tuvimos de evacuar, porque los facistas nos perseguian por las sierras. Hibamos andando por los montes. Mi hermana que tiene ocho años estaba llorando, y mi madre estaba muy triste, porque [illeggibili 3 parole], y los tanques se acercaban atrabesando el rio. Los obuses nos pasaban por encima las cabezas. Andemos dos dias. Mi padre estaba al hospital que avia estado bombardeado, acendo muertos y heridos. La abiacion enemiga continuaba bombardeando, y tocando una ambulancia y matando tres niños, y hiriendo uno. Despues de dos dies, que hibamos andando los facistas cogieron LERIDA, y nosotros los refugiados se sentimos andando cansados por mas de un mes para CATALUNA quedamos por fin a BARCELONA. [firma autografa non decifrabile con certezza, tuttavia è probabilmente quella della stessa Amalia Blanda il cui scritto è riportato in stralcio su “L'Adunata dei Refrattari” del 31 dicembre 1938. La stessa firma compare anche nella lettera pubblicata su “L'Adunata dei Refrattari” del 24 dicembre 1938] COLONIAS En la colonia que [illeggibile una parola] estaba nos encontrabamos muy bien, esta era de la C N T y era muy bonita, comiamos muy bien y teniamos una picina muy grande, y luego hicieron otra par los pequeñitos. Luego vino la Generalidad y nos requisaron la torre, [illeggibile] a un colegio donde se estaba muy mal. Las maestras nos obligaban a llamarle las señoritas. [manca la firma, ma del resto l'immagine si interrompe per contenere la didascalia, che recita:] Prima pagina del giornale murale che fanno i bambini della Colonia: L'ADUNATA DE LOS PEQUENOS, N.1.”158 158

L'Adunata dei Refrattari, sabato 17 dicembre 1938.

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La traduzione viene riportata qui di seguito anziché in nota: “L'Adunata dei Piccoli. Settimanale della colonia. Presentazione. Nel paese dove abitavo, Vimbodi, si stava molto bene. C'era una organizzazione collettivista della CNT e in questa collettività tutto funzionava bene e non mancava nulla. I compagni erano molto buoni con i piccoli. Dopo che è morto mio padre, ce ne andammo a Barcellona e frequentavo il gruppo scolastico Ramon Lull; al quinto grado. Alla colonia "L'Adunata dei Refrattari, dove sto ora, sono il redattore del diario murale, questa è la prima settimana che facciamo il diario. Speriamo che ogni settimana lo potremo fare. Perdona gli errori che troverai, facendo si impara, e noi vogliamo imparare. [firma, non distinguibile] AVIAZIONE FASCISTA Sabato 19 i quindici più grandi della colonia sulla galleria del giardino facendo una riunione, quando incominciò il bombardamento su Barcellona. Gli aerei degli assassini se ne andavano passando da qui verso la città e l'antiaerea faceva un fuoco di cortina molto serrato. un proiettile antiaereo passò sopra la nostra testa sibilando e di piantò di due metri, [illegibile, una parola] del giardino sulla strada, facendo una buca profonda tre metri. Il giorno successivo vennero ufficiali e soldati a prenderlo però non riuscirono. Ne fummo molto contenti. [Firma] Lucia Chueca RIFUGIATI A Lerida noi dovemmo essere evacuati, perchè i fascisti 152


ci inseguivano per le sierras. continuavamo ad andare verso i monti. Mia sorella, che ha 8 anni stava piangendo, e mia madre era molto triste, perchè ci sparavano e i carri armati ci cercavano attraversando il fiume. I proiettili degli obici passavano sopra la testa. Continuammo a camminare per due giorni. Mio padre era all'ospedale che era stato bombardato, facendo morti e feriti. La aviazione nemica continuava a bombardare, colpendo un'ambulanza e uccidendo tre bambini e ferendone uno. Dopo due giorni che continuavamo ad camminare, i fascisti presero Lerida, e noi rifugiati continuammo ad andare stanchi per più di un mese attraverso la Catalogna, arrivammo alla fine a Barcellona. [firma] Amalia Blanda COLONIE Nella colonia dove stavo ci trovavamo molto bene, era della CNT ed era molto bella, mangiavamo molto bene e avevamo una piscina molto grande, e poi ne fecero un'altra per i più piccoli. Poi arrivò la Generalidad e ci requisirono le terre, trasferendoci ad un collegio dove si stava molto male. Le maestre ci obbligavano a chiamarle "le signorine". [nessuna firma]”

Sul numero del sabato 14 gennaio 1939, compare una lettera inviata dalla Colonia e firmata da Fosca Barbieri, datata 14 – XI – 1938. “Colonia “L'Adunata” 14-XI-38. Compagni, Siamo in pieno periodo organizzativo. I trenta orfani, dai cinque agli undici anni, sono in maggioranza maschi...... Abbiamo quattro figli di compagni che ci furono raccomandati, per il resto non ci curammo di sapere 153


quali furono le idee dei loro genitori. Saperli orfani della barbarie fascista era quanto avevamo chiesto. Sono stati ammessi alla Colonia con certificato medico: in seguito, ogni quindici giorni passeranno una visita, e il medico fisserà la diagnosi sur un carnet sanitario che sarà a disposizione dei parenti e dei compagni. Oltre a frequentare la scuola del villaggio, i bambini avranno un'occupazione di loro gusto, ed a tale scopo pensiamo di montare una piccola officina con utensili di meccanico e falegname. Coloro ai quali piace la terra si sono già messi a lavoro per coltivare il loro pezzetto. Faremo inoltre un piccolo foglio murale, i compilatori del quale saranno eletti dai bimbi stessi. Appena avremo la biblioteca porremo in ogni libro un foglio nel quale ogni lettore scriverà le sue riflessioni. Del come sono nutriti e curati, si incaricheranno di farcelo sapere i parenti ai quali rimettiamo ogni mese una busta col nostro indirizzo. Per l'amministrazione lo faranno i compagni del consiglio amministrativo. In attesa di leggerci, gradite cari compagni, il nostro saluto fraterno. Per il comitato FOSCA.”159

Da questa lettera si coglie lo spunto per chiarire il termine “colonia”: è un tipo di istituzione che è differente da una scuola. Si configura come un territorio protetto per gruppi di bambini, ai quali viene garantito il vitto, un posto per dormire, i servizi essenziali alla pulizia e alla salute della persona e altri che dipendevano da posto a posto. Secondo le parole della lettera qui immediatamente trascritta, sarebbe stata intenzione di chi gestiva la Colonia il farla funzionare anche come scuola: il problema è logistico, mancando infatti spazi adeguati per 159

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L'adunata dei Refrattari, sabato 14 Gennaio 1939, pag. 2.


insegnare a tutti i bambini contemporaneamente. Così, la maggior parte dei bambini – anche se si trattava dei più grandi d'età – si avviava ogni mattina a piedi alla scuola del paese, o meglio, del villaggio. Ecco l'articolo che riporta la lettera con queste informazioni ed altre ancora molto interessanti sull'organizzazione delle giornate e del lavoro alla Colonia: “Colonia “L'Adunata” La sconcia campagna che si continua contro questa iniziativa ci obbliga a dedicarvi più spazio che non fosse nostra intenzione e che il suo carattere di elementare solidarietà non richiedesse. Fosca ci manda copia d'una lettera scritta ad uno dei Comitati di Parigi (non dice quale) che aveva chiesto informazioni. Eccola: 12-XII.1938 Compagni del Comitato A. I. Come vostro desiderio procureremo di informarvi sulla Colonia e sul suo funzionamento. La Colonia “L'Adunata” è “appadrinata” e mantenuta completamente dai compagni d'America che si aggruppano al giornale omonimo. La Colonia è autonoma e non dipende né da partiti né da organizzazioni. 1. Il personale (sei ragazze) scelto fra le più giovani e conosciute compagne spagnole. Esse sono retribuite nella stessa misura, sia l'infermiera come quella che lava i piatti. 2. La sottoscritta, pur prestando continuamente l'opera sua nella Colonia, lo fa gratuitamente; lo stesso dicasi di tutti i compagni di lingua italiana che si prestano per un lavoro o per un altro. 3. Il servizio sanitario è affidato al medico del villaggio che, salvo casi di malattia, visita i bimbi una volta la settimana, iscrivendo lo stato di salute di 155


ciascuno sur un carnet che resta alla disposizione dei parenti e dei compagni. Mancandoci un grande locale per la classe, e per essere più conformi con il programma scolastico, mandiamo i bimbi più grandi (20) alla scuola del villaggio che dista una decina di minuti; ed il viaggio di andata e ritorno lo fanno accompagnati dall'infermiera. 4. I bimbi orfani di guerra e dei bombardamenti sono stati ammessi con certificato di morte di uno dei genitori, e con certificato medico attestante che non sono affetti da malattie contagiose. 5. La mattina alle sette bagno e doccia, un quarto d'ora di ginnastica e colazione, alle otto, fino all'una (per i grandi) classe. All'una desinare e, fino alle quattro e mezza, giuochi o lavoro all'orto. Merenda, altra ora di giuoco, sempre all'aria aperta, e fino alle sette, ora di cena, in biblioteca, chi leggendo, chi disegnando, e i più piccoli facendo giochi di tavola. Alle otto a letto.......... I ragazzi si riuniscono da loro una volta la settimana e formano i loro delegati, ed organizzano il lavoro in collettività. Io assisto a queste riunioni solo per abituarli a comportarsi correttamente e per assicurare a tutti la libertà di parola. I viveri si comprano in Francia e sono abbondanti. Sempre a vostra disposizione per tutto ciò che concerne la Colonia, gradite il mio fraterno saluto. (firmato:) FOSCA Nel No. 2 de L'Adunata de los Pequenos leggiamo: Ai bambini di New York. - Compagni: Saremmo molto lieti di metterci in corrispondenza con qualcuno di voi e ricevere qualche biglietto. Noi siamo tutti buoni, sfacciati e maleducati (così ci chiama Fosca). Desidereremmo che ci diceste quel che fate e noi vi diremmo quel che facciamo qui. 156


Io ho undici anni e sono come una bambina di sei... E voi, piccoli compagni, siete più buoni di noi? Saluti Julia Alvaro [anche lei compare come firmataria nella lettera pubblicata da “L'Adunata dei Refrattari” in prima pagina sabato 24 dicembre 1938] Se qualcuno desidera mettersi in corrispondenza coi bambini della Colonia, può servirsi dell'indirizzo dell'Adunata finchè non saremo in grado di pubblicare un altro indirizzo. Si può scrivere indifferentemente in italiano e in inglese, perchè alla Colonia non mancano i traduttori.”160

Il numero de “L'Adunata dei Refrattari” di sabato 28 gennaio 1939 è senz'altro molto importante per la ricostruzione delle vicende della Colonia e tale doveva essere stato anche per i lettori che erano in quell'epoca ancora indecisi se credere all'esistenza reale della Colonia o ai detrattori che la negavano, segnalati dal settimanale stesso e causa della quantità di notizie giunte a noi sull'impresa a Pins del Valles. La pagina 8 riproduce una fotografia di gruppo dei bambini e del personale adulto della Colonia, in posa all'ingresso di una villa. La didascalia riporta: “Colonia Italiana “L'Adunata dei Refrattari” - Para Los Niños Españoles – Presso Barcellona”. Una delle persone adulte che si possono senza dubbio distinguere è Fosca Corsinovi-Barbieri161. “COLONIA “L'ADUNATA” Nel No. 3 del Bollettino settimanale: L'ADUNATA DE LOS PEQUENOS, leggiamo: 160

L'adunata dei Refrattari, sabato 21 Gennaio 1939, pag. 5. Si confronti con la fotografia a pag. 17 di “Pollicino Gnus”, numero 160 aprile 2008. 161

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RICORDI. - Il primo giorno della rivoluzione il mio papà uscì di casa e poco dopo tornò armato di fucile e pistola. Poi venne a salutarci perchè partiva con la prima tribù pel fronte d'Aragona. Dopo molti mesi al fronte morì nel Carrascal, in un duro combattimento coi fascisti. L'avevamo potuto vedere solo tre volte ed ora non lo vedremo più, né potremo deporre un fiore sulla sua tompa [sic], che i traditori calpestano con le loro vergognose persone. LUCIA CHUECA RIFUGIATI. - Sono asturiana. Mio padre è morto nel fronte di Oviedo. Mio fratello maggiore è stato ferito al fronte di Sant'esteban De Las Cruzes ed è rimasto cieco. Eravamo in casa quando ci avvisarono di evacuare. Andammo a Jijon a prendere mio fratello che stava nell'ospedale, e a Riba de Sella ci imbarcammo per la Francia. In mare fummo sorpresi dalla nave faziosa Cervera. Per tre ore fummo in pericolo di essere uccisi. Dobbiamo la vita al capitano della nostra imbarcazione il quale tirò avanti a tutto vapore. I fascisti spararono colpi di cannone ma non ci presero. Arrivammo in Francia, poi andammo in varie città della Spagna lealista, ed ora sono qui col mio fratellino nella colonia degli italiani che sono molto diversi di quegli altri italiani che sparavano su di noi e ci mitragliavano. ESTER MARTIN Nel No. 4: VISITE. - Oggi, 14 dicembre, sono venuti alla colonia un cinematografista e un fotografo della Generalidad e un giornalista della C.N.T. Ci hanno preso varie fotografie: a tavola, al gioco, nelle 158


stanza da letto e nella sala da bagno. Hanno fatto anche una film [sic] che manderemo ai compagni dell'”Adunata”, i padrini della nostra Colonia, ai quali dobbiamo il nostro benessere attuale. Il compagno cinematografista e il giornalista sono rimasti molto ammirati dello spirito di fratellanza che esiste nella nostra colonia, e della sua organizzazione, e chi hanno detto che ritorneranno. Questi compagni hanno fatto tutto gratuitamente e sono stati molto gentili con noi. Ringraziamo tutti; e particolarmente il vecchio sempre giovane Carbò. Ai compagni de “L'Adunata” che ci procurano questo bene, i nostri baci. JOSE LUIS COMPAGNE – Due delle compagne che lavorano in questa colonia sono evase dalla zona fascista di Saragozza. Esse ci raccontano quel che fanno in questa città i traditori criminali. A una di esse hanno fucilato la madre che aveva 62 anni e un fratello. L'altra, fuggendo, ha lasciata la sua bambina di un anno e non ne ha più saputo nulla. Sono arrivate nella zona lealista coi capelli tagliati e sono rimaste due anni al fronte fino alla ritirata di Toruel. I delitti dei fascisti e le sofferenze di queste ragazze, e di molti altri, contribuiranno a fare di noialtri uomini capaci di prendere domani il posto dei lottatori di oggi. Per la libertà della Spagna e del mondo, ora e sempre morte al fascismo. ANTONIO NAVARRO *** Hanno scritto all'”Adunata” esprimendo sentimenti di ammirazione pel modo come i loro bambini sono trattati nella Colonia: Sebastiana Pietrahita, madre della bambina Julia Alvaro Piedrahita. 159


Cinta Prades, madre dei bambini Jose e Pilar Julian. Concepcion de la Rosa, madre della bimba Conchita Ardura de la Rosa. Mercedes Adrarial madre di Jose Luis Sanchez Adrarial. Dora Camarero Maltas, madre del bimbo Jacinto Peix Camarero. Le lettere sono a disposizione dei compagni che volessero vederle, presso la nostra amministrazione. L'amministrazione della Colonia ci manda il seguente resoconto: RESOCONTO AMMINISTRATIVO DAL 7 NOVEMBRE AL 18 DICEMBRE 1938 Entrate, a m. L'Adunata, franchi francesi 22.950,00 Uscite: Cambio, installazione e viveri,” 22.797,45 Rimanenza Franchi francesi 182,55 Gestione in moneta spagnola: ENTRATE: Cambio di Franchi.........................Pesetas 31.237,00 a m. compagni di New York.............. “ 25,00 a m. Sini........................................... “ 50,00 a m. Virgilio..................................... “ 200,00 Totale entrate.................................Pesetas 31.587,00 USCITE: Spese d'impianto..............................Pesetas 18.964,75 Viveri in Spagna............................... “ 4.203,45 Posta e tel. ...................................... “ 879,10 Medicinali....................................... “ 449,15 Personale........................................ “ 1.335,20 Vestiario........................................... “ 1.051,84 Libri e cancelleria........................... “ 997,70 Viaggi.............................................. “ 189,59 Varie................................................ “ 272,00 Totale uscite.................................Pesetas 28.342,15 RIEPILOGO. Entrate..........................................Pesetas 31.537,00 160


Uscite............................................ “ Rimanenza....................................Pesetas

28.342,15 3.194,85

Il nostro grazie al comp. Lanteron, che ha fatto dono alla colonia di dieci grossi conigli, con gabbie; Alborni, un fornello elettrico; Vannucci, due lumi a carburo; al Sindacato dei Trasporti, che ci ha favorito gratuitamente il trasloco dei bimbi da Barcellona alla colonia, ed a più riprese ci ha dato un camion per il trasporto dei viveri. ARMANDO RODRIGUEZ FOSCA BARBIERI.”162

Si integra qui il percorso che segue le pagine de “L'Adunata dei Refrattari” con una nota sull'inaugurazione della Colonia: la struttura era stata creata ed avviata, ma ancora non risultava avesse avuto un'inaugurazione – si era ancora, usando le parole di Fosca Barbieri-Corsinovi nella lettera del 14 novembre 1938, “in pieno periodo organizzativo”. Viene qui trascritta la prima parte della nota marcata 5 aprile 1938 del libro Un trentennio di attività anarchica (1914-1945), dal momento che ripercorre la vicenda della Colonia integrando con notizie sulle persone coinvolte. Interessano – in questo brano – in particolare alcune informazioni: la data dell'inaugurazione, i presenti alla cerimonia e le vicende della pellicola cinematografica dopo le riprese. Si riparlerà della pellicola giunta ai giorni nostri più avanti. 162

L'Adunata dei Refrattari, sabato 28 gennaio 1939,

pag. 8. 161


“ANNO 1938 La Colonia dell'”Adunata dei Refrattari” costruita a Barcellona per iniziativa dei compagni Fosca Barbieri, Armando Rodriguez ed Enrico Zambonini. 5 aprile 1938. - I compagni Enrico Zambonini, Fosca Barbieri e Armando Rodriguez, tutti e tre di origine italiana e volontari in Spagna, e risoluti a rimanervi finchè duri la lotta di quel popolo contro il fascismo, rivolgono ai compagni d'America, tramite “L'Adunata” (21-V-1938), un appello con cui sollecitano la loro solidarietà finanziaria per un'opera di fraterna assistenza agli orfani della guerra feroce che il fascismo conduce con la sua aviazione sul popolo barcellonese indifeso. La proposta viene accolta dalla generalità dei compagni d'America. Gli iniziatori incontrano non poche difficoltà per realizzare l'impresa, ma vi riescono e il 7 novembre successivo la Colonia, denominata de “L'Adunata”, viene aperta a Pins del Valles, nella provincia di Barcellona, con una trentina di orfani provvisti non solo del necessario all'esistenza fisica, ma anche di assistenza medica e di insegnamento scolastico. L'inaugurazione ufficiale ebbe luogo la domenica 22 gennaio 1939 con la partecipazione di Solano Palacio direttore di “Tierra y Libertad”, di un redattore di “Solidaridad Obrera”, organo della Confederacion Nacional del Trabajo, di un cinematografista, di Eusebio C. Carbò ed altri. Fu allora girato un film di corto metraggio che il compagno Carbò si portò dietro in tutte le sue peripezie finchè, finita la guerra, potè consegnarlo ad un compagno degli Stati Uniti di passaggio per città del Messico, dove il Carbò era rifugiato. Di quel film documentario furono poi fatte diverse copie messe a disposizione del movimento, sia in America che in Italia.163” 163

AA. VV., Un trentennio di attività anarchica (1914-1945), (1953), pp 172-173. 162


Nel numero di sabato 4 febbraio 1939 de “L'Adunata dei Refrattari” viene finalmente dichiarata l'esatta ubicazione della Colonia, della quale prima si era soltanto vagamente detto che si trovava nei dintorni di Barcellona, abbastanza lontana, però, da necessitare di spostamenti in camion. “Colonia “L'Adunata” La “Colonia dell'Adunata dei Refrattari” era situata nel villaggio di Pins del Valles, nella Provincia di Barcellona. Non abbiamo mai pubblicato prima il suo indirizzo perchè non volevamo denunziarla ai massacratori dell'aviazione mussoliniana. Ora, tutta la provincia di Barcellona essendo stata occupata dall'esercito fascista, acnhe Pins del Valles avrà subito la stessa sorte. Non sappiamo, finora, che cosa sia avvenuto dei bambini, che abitavano alla Colonia, né dei compagni che la custodivano. Noi condividiamo l'ansia di tutti sulla sorte di quei bambini e di quei compagni, e appena avremo notizie le comunicheremo. *** Dal No. 5 de L'Adunata de los Pequeños traduciamo: PER LA LIBERTA'. - Jaime, piccolo bambino della nostra colonia è un piccino molto caro. Lui non sa scrivere, e mi domanda di far sapere ai compagni come sanno morire gli uomini che combattono per la libertà. Suo padre era nella Guadalajara e andò con altri compagni ad occupare un villaggio. Il villaggio fu occupato con l'uso di bombe a mano, ma suo padre morì per liberare i fratelli spagnoli che si trovavano in potere dei fascisti. 163


Suo padre ed altri morirono per far sì che noi potessimo vivere liberi. Noi non dimenticheremo, e sapremo lavorare e istruirci per preservare tutto ciò che fu conquistato col sangue dei nostri padri. Saremo come loro. XXX *** RICORDI. - Ero molto piccola (ora sono più grande) e abitavamo a Saragozza. Una mattina vennero molti poliziotti a prendere mio padre e mia madre per portarli in prigione perchè erano anarchici. Restavamo molto tempo senza di loro, non ricordo quanto: poi venne la rivoluzione. Mio padre si unì alla Colonna Durruti e morì mitragliato dall'aviazione fascista. Io, la mia sorellina e la mamma restammo in un piccolo paese dell'Aragona fino alla ritirata. Ora siamo tutt'e due nella colonia L'Adunata e ci troviamo molto bene. Le compagne che lavorano qui sono molto buone e mi ricordano in tutto mio padre che era sempre buono e affettuoso. Sono tutti così gli anarchici? XXX *** AVIATORI ASSASSINI. - Per me ciò che v'è di più cattivo al mondo sono gli aviatori fascisti. Quando sento quel rumore mi spavento orribilmente. Vedere cadere le case come se fossero di carta è una cosa che non si può descrivere; e quando da quel rumore infernale si vedono cadere le madri ferite o i nostri compagni, comprenderete che questa paura non è viltà ma orrore. Noi non lo dimenticheremo mai! Né mai perdoneremo a questi assassini la morte dei nostri padri. Noi piccoli orfani promettiamo che quando saremo grandi sapremo ben ripulire il mondo da questa peste del fascismo. XXX

164


DISTRAZIONE. - Abbiamo passata una bellissima domenica. Il compagno cinematografista è venuto a farci vedere la film tirata nella nostra colonia, un'altra in omaggio a Durruti e altre ancora di costumi arabi, molto istruttive. Siamo stati molto contenti di vedere il cinema. Voi, compagni d'America quando ci avrete visti ci direte che non dicevamo la bugia quando dicevamo che siamo tutti bravi. Aspettiamo sempre vostre cartoline e ritratti di piccoli come noi. Salute, compagni. Tutti i bimbi della colonia sono grati e vi abbracciano. XXX *** Il timore che i bimbi della Colonia siano a quest'ora nelle mani degli assassini dei loro padri c'induce a sopprimere le firme degli articoli. La film annunciata non è ancora giunta in America.”164

Pins del Valles corrisponde all'attuale Sant Cugat del Valles (“The township's wood wealth is epitomized by the fact that the town's original name temporarily turned into "Pins del Vallès" – i.d. Pines of Vallès – during the Civil War165”): il cambiamento del nome, oltre ad essere un omaggio alla flora amena del luogo, dice molte cose sull'atteggiamento che avevano i rivoluzionari di fronte ad ogni elemento che ricordasse la Chiesa. Attualmente, non esiste una memoria ufficiale pubblicata 164

L'Adunata dei Refrattari, Sabato 4 Febbraio 1939, pag. 6. Traduzione: “L'abbondanza boschiva del comprensorio cittadino è testimoniata dal fatto che il nome originale fu mutato in Pins del Valles “pini della vallata” - durante la Guerra Civile”, dal sito www.ascv.es. 165

165


sull'esperienza della Colonia: i tentativi di contattare persone che potrebbero avere accesso ad archivi non hanno per ora portato ad apprezzabili risultati. Alcune copie della pellicola 166 – non molte, in verità – sono giunte fino ai giorni nostri, attraverso le complicate ed avventurose vicende in parte tracciate in Un trentennio di attività anarchica (19141945)167: una copia del film (4 minuti, bianco e nero, muto) è attualmente al “Centro Studi Libertari e Archivio Giuseppe Pinelli” di Milano, catalogato al fondo “Pio Turroni – Max Sartin”. Fiamma Chessa dell'Archivio Berneri – Chessa di Reggio Emilia e Benedetto Valdesalici si sono adoperati per ottenerne una copia in VHS. L'originale consegnato a Carbò doveva essere una cassetta di ferro con una bobina di pellicola da 10 minuti circa: a seguito dei diversi passaggi il film arriva anche in Italia ma, essendo non titolato e di difficile contestualizzazione per chi non ne sappia l'origine, fu montato a volte insieme ad altri spezzoni di filmati di altro genere. Si possono ripercorrere le vicende della bobina affidandosi alle pagine di Un trentennio di attività anarchica.168 166

Da notare come, attraverso il processo di interferenza linguistica di “appropriazione”, negli articoli si continui a parlare di “la film”, attribuendo il genere femminile, come accade sia nel caso dello spagnolo ( < la pelicula) che dell'italiano ( < la pellicola). 167 AA.VV., Un trentennio di attività anarchica (1914-1945), (1953) Cesena. 168 Ivi pag. 173.

166


Questo materiale è molto interessante169: mostra come la Colonia fosse già a pieno regime, funzionando in tutte le attività di cura ai bambini programmate. Le scene riprese sono in qualche modo artefatte, nel senso che è percepibile come ai bambini sia stato detto di muoversi: lo scopo è ovviamente propagandistico. Zambonini non venne ripreso perchè durante le riprese era in prigione; è difficile identificare gli adulti presenti ma sono riconoscibili Eusebio Carbò e Fosca Barbieri-Corsinovi. Si tratta – come è riscontrabile anche in punti degli scritti su L'Adunata dei Refrattari – di una struttura abbastanza grande, collocata in un contesto non urbano. L'ansia per il destino della Colonia non è stata ancora sciolta nel numero e “L'Adunata dei Refrattari” di sabato 11 febbraio 1939. “Colonia “L'Adunata” Ancora nessuna notizia della Colonia di Pins del Valles. Abbiamo però ricevuto il No. 6 del Bollettino della Colonia, L'Adunata de Los Pequenos, da cui traduciamo: ANNO NUOVO – Incomincia il nuovo anno con la battaglia più accanita su tutti i fronti della Catalogna. I compagni soldati resistono con coraggio e con valore, e gli assassini non passeranno. Fa freddo, compagni! Molto freddo, e noi, i piccoli della colonia, mentre ci 169

Ringrazio Benedetto Valdesalici per avermi consentito la visione, e con lui chi si è dato da fare per la conservazione e il reperimento del materiale e, necessariamente, Fiamma Chessa. 167


riscaldiamo, pensiamo ai nostri poveri e bravi fratelli soldati che soffrono tutto questo per la nostra libertà... Compagni soldati, i piccoli della colonia, orfani dei vostri compagni di lotta, vi mandano tanti bai e tutto il loro affetto, in questo giorno che dovrebbe essere di festa, e vi promettono che non dimenticheranno mai il vostro eroismo. Avanti, fratelli, uomini di cuore e di coraggio; dietro le vostre trincee è tutto il popolo, e ci siamo anche noi, i piccini che sapremo diventare uomini prima del tempo per difendere la nostra libertà e la terra su cui caddero i nostri padri. Salute, o compagni! Per la vittoria. XXX *** BOMBARDAMENTI. - Scrivo per voi, compagni di New York, pensando che sarete curiosi di sapere che cosa sia un bombardamento. Talvolta visto da lontano come lo vediamo noi è una cosa interessante, ma mentre l'osserviamo pensiamo che uomini, donne e bambini muoiono massacrati. Di notte gli aeroplani pirati colti dalla luce dei riflettori si vedevano tutti illuminati. Le luci rosse li seguivano incrociandosi con gran forza, mentre i cannoni sparavano da tutte le parti. E che gioia vederli cadere! Ma il rumore infernale delle bombe atterrisce e restiamo tutti assai tristi pensando ai nostri parenti ed ai poveri esseri che rimangono feriti o morti. Assassini, assassini, assassini! XXX *** AI COMPAGNI. - Il nuovo anno è incominciato per noi 168


con un terribile bombardamento presso il maggiore ospedale della Catalogna e nei quartieri più popolari dove si trovano donne e bambini. Cercano di colpire feriti e bambini, questi assassini? Vogliono vederci piangere e terrorizzati? Non vi riusciranno appieno, noi vivremo insieme ai più e resisteremo fino alla vittoria. Questo non ci ha fatto dimenticare i compagni dell'Adunata. Desideriamo che il nuovo anno vi sia apportatore di ogni felicità..... Ai Compagni grandi e ai piccoli: i bambini della colonia vi abbracciano tutti, sperando sempre di ricevere vostre cartoline. XXX.”170

Purtroppo, i timori dei redattori de “L'Adunata dei Refrattari” e le stime fatte sulla portata del successo fascista erano veri: la Colonia si ritrovò costretta a chiudere. La beffa principale fu che l'inaugurazione con fu tale, recando infatti malaugurio: la Colonia era riuscita a superare le prime fasi gestazionali, offrendo conforto ai bambini per tre mesi anche se non era ancora stata ufficialmente varata, mentre appena il gesto fu compiuto non riuscì a durare tre giorni. “La Colonia Infantile “Adunata dei Refrattari” disciolta Perpignan, 29-I-1939. Compagni, L'orribile tragedia spagnola si chiude con la più dolorosa e, per noi, inammissibile soluzione: la caduta di Barcellona. Anche adesso mi sembra una cosa 170

L'Adunata dei Refrattari, sabato 11 Febbraio 1939, pag. 2. 169


impossibile. Si è tenuto il popolo all'oscuro di tutto, e nessuno poteva immaginare l'orribile situazione in cui si trovavano i nostri soldati al fronte: senza munizioni e senza viveri. Pur sentendo la situazione grave non la credevamo disperata, e , fiduciosi come sempre, facemmo domenica 22 l'inaugurazione ufficiale della Colonia, alla quale intervenne una cinquantina di compagni italiani e spagnoli. Tra questi era il direttore di Tierra y Libertad che aveva dedicato l'ultima pagina del giornale alla Colonia ed a tale scopo aveva preso parecchie fotografie. Il lunedì mattina abbiamo incominciato a sentire il cannone molto vicino, ed i ponti dei villaggio vicini che i nostri facevano saltare. Preoccupata, ho inviato una ragazza a Barcellona a cercare il Rodriguez (poiché Zambonini era sempre in prigione); ma lui, preoccupato come noi, era già sceso alla Colonia per decidere sul da farsi. Sentendo la bestia fascista avanzare, alle tre del mattino, egli, con due ragazze, portava a Barcellona, ai parenti rispettivi, dieci bimbi più grandi, ed alle undici era già di ritorno con un camion per evacuare il resto. Era tempo. Il ponte del villaggio era stato fatto saltare alle nove del mattino. Io ero in un'ansia indescrivibile poiché sentivo la mitragliatrice sempre più vicina, e i soldati affamati e senza munizioni si ritiravano, e temevo che tagliassero la strada di Barcellona avanti che potessimo uscirne. Infine, quando col camion e tutti i bambini siamo arrivati a Barcellona, li abbiamo riportati alle loro famiglie, tranne due dei quali non abbiamo potuto ritrovare i parenti, perchè la casa dove abitavano era stata distrutta dalle bombe. Questi due li abbiamo consegnati a compagni. I compagni ci attendevano alla sede del Gruppo. 170


Appena il tempo di salire in casa a prendere una muta di ricambio e via in venticinque tra compagne, compagni e bimbi verso la frontiera. Da Barcellona a Perthus sono 180 km. A completare il viaggio abbiamo impiegato quattro giorni, col camion, tanto la via era incombra di carri, automobili e gente che fuggiva trascinandosi bimbi. Una vera fiumana umana. Chi non ha visto questo non può farsene un'idea. L'orrore di questa tragedia non si potrà mai dimenticare. Alla frontiera, dopo una notte all'aperto, la mattina alle dieci hanno fatto passare le donne e i bimbi, e ci hanno portati in un accampamento a 20 Km da Perpignan......... Zambonini fu messo in libertà e si trova con gli altri alla frontiera. I documenti della Colonia, contabilità, ricevute ecc., li ho portati con me e ci riuniremo appena possibile per dare il bilancio definitivo. Vostra per la causa FOSCA. A sua volta, il compagno Rodriguez ci faceva pervenire alcuni giorni più tardi una lunga lettera contenente queste altre informazioni: La domenica avanti (22-1) abbiamo fatta l'inaugurazione dell'Asilo con la partecipazione della “Solidaridad Obrera” e di “Tierra y Libertad”. Palacio, direttore di “Tierra y Libertad” ci promise che tutta l'ultima pagina del giornale sarebbe stata a disposizione della Colonia per l'occasione. Vennero molti compagni, circa una sessantina, e si fece insieme una sottoscrizione pro' Colonia che frutto 581 pesetas. Nelle 48 ore seguenti le cose precipitarono. Il lunedì andai dal Comitato di Difesa per chiedere informazioni sull'andamento delle cose. Potete immaginare come sentissi la responsabilità ch'era venuta a pesare su me 171


solo, poiché il compagno Zambonini era ancora in istato d'arresto. Al Comitato di Difesa mi dissero che la situazione era migliorata e che non v'era da temere. Il giorno seguente, martedì (23-1) tornai al lavoro, al porto. Prima che i nostri avessero dato l'allarme caddero circa 20 bombe ammazzando 40 e gravemente ferendo 100 dei nostri. Nella notte del martedì parto per l'Asilo, porto a Barcellona dieci dei bimbi più grandi che consegno alle rispettive famiglie. Il mercoledì, con un camion torno alla Colonia per prendere i rimanenti. Li incontro per la strada, essendosi già incamminati a piedi verso Barcellona. Tornammo alla villa per caricare anche le provviste che avevamo per due mesi... non dimenticherò mai il pianto di quei poveri bimbi. Volevano venire in Francia insieme a noi. Ad onta di tutto io li avrei anche portati, ma non c'erano mezzi di trasporto. Per far posto a quanti era possibile caricare e dovevano partire, lasciai al Sindacato del Trasporto oltre 700 Kg. di merce varia. Con tutto ciò parecchi sono rimasti a terra... Sul camion – un Ford a 4 cilindri – eravamo in 27. il viaggio fu una visione dantesca, impossibile a descriversi. Dopo 4 giorni arrivammo al confine......... I nostri calunniatori possono inalberare la bandiera della vittoria, perchè l'Asilo non esiste pi. Le orde del gen. Franco hanno fatto quel ch'essi avrebbero voluto fare in vece sua. ARMANDO RODRIGUEZ.” 171

Le stesse notizie sono confermate in Un trentennio di attività anarchica: “La Colonia ebbe vita breve. Non visse che tre giorni dopo la sua inaugurazione ufficiale. I fascisti erano alle porte di Barcellona e bisognò sciogliere la Colonia che era costata tante ansie e tante cure. 171

172

L'Adunata dei Refrattari, sabato 18 Febbraio 1939, pag. 8.


Arrivati in Francia, i tre iniziatori della “Colonia Italiana L'Adunata dei Refrattari” si trovarono, come tutti gli altri profughi di Spagna, all'inizio di un nuovo calvario. Sul conto di Fosca – vedova di Francesco Barbieri, assassinato dagli stalinisti il 5 maggio 1937 insieme a Camillo Berneri – Luigi Bertoni informava nel suo opuscolo “Assassins et Assassinats” (n. 27, portante la data: ottobre 1941) ch'ella era stata condannata in Francia a tre anni di carcere per infrazione al decreto di espulsione e sua figlia, Luce, a un anno. Il compagno Rodriguez, uno dei volontari partiti dagli Stati Uniti, condannato alla prigione sotto il regime di Petain, dopo infinite peripezie che lo condussero prima in un campo di internamento nazista, fu... liberato dall'armata rossa, la quale lo avviò in direzione della Unione Sovietica. Se non che, giunto a un certo punto della strada che gli parve dovesse condurre... alla Siberia, o alle isole polari, riuscì a fuggire e potè ritornare al notio loco. Enrico Zambonini fu al fronte d'Aragona. Nelle giornate di maggio rimase ferito gravemente a Barcellona. Non guarì più: una pallottola, colpendolo dall'alto, l'aveva mutilato d'un occhio deformandogli il viso. In Francia, dopo la caduta della Catalogna, fu internato nei campi di Gurs e di Argeles-sur-Mer. Nel 1941, ricoverato in un ospedale di Perpignan, fu arrestato e consegnato all'Italia dove fu liberato dopo un certo periodo di detenzione. Dopo l'8 settembre 1943 – narrava il periodico “L'Amico del Popolo” di Genova (11-III-1946) –come altri compagni anarchici, lo Zambonini si gettò allo sbaraglio nella lotta contro il fascismo, ad onta di tute le aspre prove subite. Arrestato, venne sottoposto a tortura e fu fucilato al Poligono di Reggio Emilia, il 29 gennaio 1944.”172 172

AA.VV., Un trentennio di attività anarchica (1914-1945), (1953), pp. 173-174. 173


“L'Adunata dei Refrattari” del 4 marzo 1939 presenta un resoconto delle attività della Colonia inviato dalla Spagna. Si è qui scelto di riportare le notizie secondo l'esatta cronologia de L'Adunata di Refrattari, per porsi idealmente dallo stesso punto di vista di chi potrebbe aver seguito la vicenda esclusivamente come lettore della testata. “Colonia “L'Adunata dei Refrattari”, para los ninos Espanoles. Pins del Valles – Barcelona Resoconto dal 19 dicembre 1938 al 25 gennaio 1939. Gestione moneta francese: In cassa il 19 dicembre 1938 frs. 182.15. Entrate: Rimborsati dalla comp. Galeffi sui frs.3,000 inviatile per acquito scarpe e vestiario. Frs. 600; 3.o invio dell'Adunata frs. 5.000; Totale entrate frs. 5.782,15. Spese: Alla comp. Gal. Per acquisti, frs. 3.000; cambiati in pesetas 10.000. frs. 2.000; acquisto farina e pasta a.m. Zambonini e “Assistenza Infantile” di Barcellona, frs. 1000; medicinali da Perpignan, frs. 380,10; spese postali a Perpignan, frs. 41,30; cancelleria e spese postali a m. Rodriguez frs. 34,40; 2 sacchi di farina comperati da un compagno a Barcellona, frs. 200; Carburo, liscivia da Perpignan, frs. 99,60; totale spese frs. 6.755,40. Deficit, frs. 973,25. Gestione moneta spagnola. In cassa il 19 dicembre 1938, Pesetas 3.194,85; Entrate: Sottoscrizione fra i compagni a Cardedio p. 700,50; fra i compagni all'inaugurazione della Colonia p. 581; Avanzato da un compagno contro rimborso di frs. 2.000, pesetas 10.000; totale entrate, Pesetas 14.476,35. Spese: Installazione p. 318,90; Vestiario p. 710,45; Viveri p. 2.888,35; Viaggi p. 187,60; libri, cancelleria scolastica p. 114,40; personale (1 mese e 16 giorni) p. 2.069,30; posta per amministrazione e bimbi p. 15,50; 174


medicinali p. 21.80; spese varie a m. Zambonini, che non potè dettagliare causa il suo arresto, p. 1.123,25; totale spese, p. 7.449,55. Avanzo, Pesetas 7.026,80. Fosca Barbieri Armando Rodriguez *** La firma del compagno Zambonini non figura in questo resoconto perchè egli si trova internato insieme a molti altri compagni nel campo di concentrazione di Argeles. Rodriguez ci manda anche un pacco di ricevute che restano presso la nostra amministrazione accessibili a chi desideri controllarle. Egli scrive, inoltre La nostra Colonia ha avuto una vita breve, ma i bambini che vi sono vissuti per meno di tre mesi non potranno mai dimenticare il benessere, le cure e l'affetto che vi hanno trovato. Tutti coloro che l'hanno veduta ne sono rimasti entusiasti. Solano Palacio, direttore di “Tierra y Libertad”, presente all'inaugurazione del 22 gennaio, intendeva dedicare alla Colonia un intera pagina del giornale. Se si fosse saputa la verità sulla situazione militare si sarebbe potuto trasportare in Francia tutta la Colonia, col consenso dei genitori dei bambini, naturalmente. Non si sapeva niente. Come già vi ho scritto, il lunedì io ero andato al lavoro al porto, un posto tutt'altro che sicuro perchè da sei giorni i pirati dell'aria facevano un bombardamento ogni mezz'ora. Il martedì, verso le 10.30 a. m., una squadriglia lasciò cadere una ventina di bombe prima che ci fosse stato il tempo di dare l'allarme. Fu una carneficina. Non vedevo intorno a me che morti e feriti, che si caricavano sui camions alla rinfusa portando tutti all'ospedale. Quel giorno notai che vicino ai ministeri c'erano grossi camions sui quali venivano caricate robe d'ogni specie. Alla compresi che la situazione era disperata, e la notte, a piedi, perchè i treni non camminavano, partii per la Colonia.... Quando l'indomani, mercoledì, andai al mio 175


gruppo per prendere un camion col quale riportare alle famiglie e bambini più piccoli, trovai che tutte le vetture migliori erano state prese, e dovetti contentarmi di un macinino col quale riuscimmo a trasportare i bambini a Barcellona. Ho scritto già che alla Colonia c'erano viveri per due mesi. Una parte di questi viveri furono consegnati alle famiglie dei bambini, una parte al Sindacato dei Trasporti, e una parte portammo con noi pel viaggio alla frontiera. Altre colonie sono state trasportate in Francia, ma in quali condizioni sono costrette a vivere, una desolazione! *** RESOCONTO DELLE SOMME RICEVUTE E SPEDITE DALL'AMMINISTRAZIONE DELL'ADUNATA PRO COLONIA: Entrate: Somme ricevute nel 1938, $1596,20; Somme ricevute nel 1939, $328,31. - Totale Entrate $1924,51. Uscite: Spedito il 23 luglio 1938 $500; Spedito il 4 ottobre $136,50; Spedito il 24 gennaio 1939, $135,85; Speso per telegramma del 22 luglio 1938, $2,20; per telegramma del 9 dicembre 1938, $5,62; Totale Uscite, $915,52. RIEPILOGO Entrate........................................... $1924,51 Uscite............................................ 915,52 In cassa......................................... $1008,99 Nota. - Lo scioglimento della Colonia dell'Adunata lascia la nostra amministrazione in possesso della cospicua somma di $1008,99, dimostrante che la vituperevole compagna inscenata dai nemici avrebbe più giovato che nuociuto a questa iniziativa, se avesse potuto continuare la sua esistenza. Inoltre, i compagni noteranno dal resoconto firmato dai 176


compagni Barbieri e Rodriguez, che essi non hanno ricevuta la somma di $135,85 rappresentante il 4.o invio (24-1-39). Questa somma, pari a frs. 5.000 è arrivata soltanto fino a Parigi. Noi abbiamo scritto alla compagna che l'ha ricevuta di farne quell'impiego che ritiene più urgente data la situazione. Ma prima di disporre della rimanente somma di $1008,99, che ancora resta nelle nostre mani, intendiamo consultare i compagni che vi hanno contribuito. Dai giornali di parte nostra, che arrivano dall'Europa – e dalla stessa lettera del Rodriguez – apprendiamo che altre iniziative di assistenza per gli orfani di Spagna sono state trasferite in Francia. Noi pensiamo che sarebbe bene devolvere, almeno una parte di tale somma a queste iniziative. Nelle tragiche situazioni in cui si trovano i profughi, tanto italiani che spagnoli, il bisogno è senza limite d'età; noi pensiamo quindi che sia bene devolvere parti di questa somma che abbiamo in consegna anche all'assistenza dei profughi italiani e spagnoli. Esprimendo queste nostre opinioni, noi ci rimettiamo pienamente al parere dei compagni che sollecitiamo vivamente. Chi ha obiezioni da sollevare, consigli e suggerimenti da dare a questo proposito, abbia la cortesia di farlo con sollecitudine. Ne sarà tenuto il maggior conto. Ma, siccome il bisogno urge, se nello spazio di un paio di settimane non ci saranno venuti altri suggerimenti od obiezioni, noi disporremo della somma rimasta dell'Iniziativa colonia, dividendola fra i tre scopi a cui abbiamo accennato: Orfani, profughi anarchici spagnoli e italiani. L'Amministrazione dell'Adunata.173” 173

L'Adunata dei Refrattari, sabato 4 Marzo 1939, pag. 4.

177


La questione dell'utilizzo dei fondi residui fu molto sentita nella sua urgenza, anche perchè la volontà di fondo era ancora quella di rispondere alle insinuazioni dei detrattori della Colonia con la massima onestà e trasparenza possibile. “FONDO RESIDUO DELLA COLONIA L'ADUNATA Come annunziato nel resoconto pubblicato nel no. 9 (4 marzo 1939) dell'ADUNATA presso la nostra amministrazione rimaneva la somma di $1008,99 che, disciolta la Colonia L'ADUNATA DEI REFRATTARI, di Pins del Valles (Barcellona), invocato il parere dei compagni abbiamo ripartita come segue: Agli Orfani di Spagna – spedito all'amministrazione del giornale “Spanis and the World” di Londra......................$336,33 Per l'assistenza dei compagni spagnoli, profughi in Francia – Spedito al Comitato Anarchico Proò Vittie Politiche d'Italia (Alban Fontan), Parigi........................................$336,33 Per l'assistenza ai compagni italiani profughi dalla Spagna – Spedito ai “Gruppi Riuniti di Solidarietà Anarchica (New York).................................................................$336,33 L'AMMINISTRAZIONE.” 174

L'articolo che segue ci illustra, oltre alla sorte del tentativo per inoltrare i fondi residui ad un'altra colonia, quale fosse la situazione di totale disordine 174

178

L'Adunata dei Refrattari, sabato 1 Aprile 1939, pag. 7.


ed ingestibilità in quella fase del 1939: aggiungeva ulteriore difficoltà il fatto che sicuramente le comunicazioni – per qualsiasi tramite – riuscivano ostacolate al massimo grado. “ANCORA DEI FONDI PRO ORFANI DI SPAGNA Come i compagni furono informati, un terzo della somma rimasta del fondo destinato alla “Colonia L'Adunata” è stato da noi spedito all'amministrazione di “Spain and the World” (ora 'Revolt!') di Londra, perchè lo impiegasse a beneficio degli orfani della rivoluzione e della guerra di Spagna. Ora, ecco che cosa ci scrive l'amministrazione di “Spain and the World” a proposito di questa somma: “Abbiamo ricevuto il vostro check di $330 di cui vi ringraziamo. Ma, prima di registrarlo, vogliamo chiarire la situazione. “La nostra Colonia a Masnou, come quella dell'Adunata, è stata disciolta dopo la caduta della Catalogna e i bambini, secondo quanto ci è stato comunicato, furono condotti in Francia dove, in conseguenza dell'intervento delle autorità francesi, sono stati separati e messi in varie istituzioni, conventi, ecc. Sicchè gli stessi compagni della S. I. A. ignorano tuttora dove siano tutti andati a finire. La medesima sorte hanno subito i bambini delle Colonie della S. I. A. Inoltre, non pare che vi sia la possibilità per noi di iniziare una nuova colonia in Francia a causa di tutti gli ostacoli che ci vengono opposti”. In queste condizioni, noi abbiamo pensato di scrivere all'Amministrazione di “Spain and the World” pregandola di impiegare quella somma a sollievo della situazione in cui si trovano i compagni profughi dalla Spagna, senza distinzione alcuna di lingua o nazionalità, si trovino essi in Francia,in Inghilterra o altrove.” 175 175

L'Adunata dei Refrattari, sabato 6 Maggio 1939, pag. 3. 179


L'ultimo articolo riguardante la vicenda della Colonia apparso su L'Adunata dei Refrattari è datato 22 luglio 1939. Il brano è una sorta di riassunto dei fatti. È significativo l'accenno che viene fatto all'educazione cattolica: cadere sotto la protezione “dei preti e delle suore” equivale ad una sconfitta completa, da considerare come opzione equivalente – e non migliore – al destino più sradicato, incerto e misero che sarebbe toccato a molti bambini rimasti soli e senza riferimenti. “LA COLONIA “ADUNATA DEI REFRATTARI” Le hanno dato il nome del nostro giornale – osiamo sperare in omaggio alle idee ch'esso propaga – ma il giornale non vi ha alcun merito. Nelle terribili giornate del marzo 1938, quando le “ali littorie” grandinavano su Barcellona la rovina e la morte, nacque nella mente di due o tre compagni nostri, ridotti ormai a non poter dare ai fratelli di Spagna che l'ausilio del proprio lavoro e il rischio nel comune pericolo, l'idea di un'iniziativa umanitaria che, mentre attestasse il sentimento della solidarietà internazionale dei diseredati, servisse a lenire, anche se in proporzioni modeste, le sofferenze fisiche e morali dell'infanzia resa orfana dalla lotta contro il fascismo. L'Adunata accolse con simpatia l'iniziativa di quei compagni; e i compagni d'America risposero con un vero slancio di solidarietà al loro appello. Ciononostante occorsero molti mesi prima che la progettata Colonia potesse essere inaugurata. Si trovava inammissibile che tre sconosciuti, spinti da un nobile e disinteressato sentimento di solidarietà fuori dall'anonimia, si facessero iniziatori di un'opera buona, 180


al di fuori della compagine, dei timbri e delle organizzazioni ufficiali. Occorsero mesi e mesi, ma, finalmente, nel novembre del 1938 la Colonia fu aperta a Pins del Valles, nella provincia di Barcellona, con una trentina di orfani e un personale di custodia interamente spagnolo. La piccola Colonia ebbe vita breve. Giunta le orde fasciste alle porte di Barcellona, dovette essere frettolosamente disciolta il 25 gennaio 1939. i bambini furono consegnati ai loro congiunti. Portarlo all'estero era materialmente impossibile, forse neanche consigliabile. Altre colonie trasferite in Francia, sono cadute nelle mani dei preti e delle suore, dove gli orfani dei rivoluzionari spagnoli ricevono un'educazione che non si distingue certo da quella dei pedagoghi di Franco. Dei tre compagni che iniziarono ed amministrarono la Colonia di Pins del Valles, uno è in un campo di concentrazione in Francia, gli altri due – sfuggiti per fortunate circostanze al campo – sono latitanti.”176

Si vuole chiudere questa rassegna ricavata per la maggior parte da L'Adunata dei Refrattari degli anni 1938 e 1939 con le notizie desunte dalla stessa testata riguardanti le iniziative e i versamenti fatti da parte dei benefattori. Era prassi del giornale, infatti, pubblicizzare eventi indirizzati alla beneficenza a progetti ben precisi177. Da alcuni di questi trafiletti è possibile avere un'idea parziale del flusso di donazioni destinate alla Colonia di Pins del Valles, 176

L'Adunata dei Refrattari, sabato 22 Luglio 1939, pag. 16. Un esempio per tutti: “Pro L'Adunata dei Refrattari e Cultura Proletaria / Sabato 17 dicembre / ore 8 p. m. circa alla / BILKIS HALL / 836 No. Washington St. (Brookside) / WILKES- BARRE, PA. / BALLO E CONCERTO / con l'intervento di artisti spagnoli di New York. / [firmato] I compagni Spagnoli e Italiani.”, da L'Adunata dei Refrattari, sabato 17 Dicembre 1938, pag. 7. 177

181


integrabile con i resoconti dettagliati negli articoli del 1939 già riportati. “DETROIT, MICH. - Il ricavato della serata del 3 dicembre fu di $48.00. Contribuzioni: Alfredo Simone $2.00. V. Grilli $1.00. totale $51.00, che sono stati destinati: Per un “compagno locale” $46.50; Pro “Orfani di Barcellona” $4.50.”178 “PITTSBURGH, Pa. - Nel mese d'agosto u. s. nella “farm” del 0comp. G. Elvit ebbe luogo una scampagnata per gli orfani dei nostri compagni di Spagna con un utile di $ 59.00 che abbiamo spedito il 19 dicembre al Comitato Anarchico pro Spagna pari a franchi 2195 con la raccomandazione di inviarli al Comitato di Barcellona. Per il comitato: M. Martino.”179 “NEW EAGLE, PA. - Ai compagni ancora possessori dei biglietti per l'inizaitiva con l'ice-box, a beneficio degli Orfani di Spagna, facciamo raccomandazione di ritornarceli. F. Venturini.”180 “PRO L'ADUNATA DEI REFRATTARI E ORFANI DI BARCELLONA – Il Gruppo I Refrattari, visto la necessità di un'attiva solidarietà per L'Adunata dei Refrattari e per sopportare la Colonia L'Adunata (orfani di Barcellona) si sono fatti iniziatori d'una iniziativa volontaria che si chiuderà l'11 marzo con i seguenti regali: I. Un quadro pittura di olio della grandezza di 14 x 28 con la veduta generale delle cascate del Niagara; II. Idem di grandezza 10 x 30; III. Idem di grandezza 8 x 15. 178 179 180

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L'Adunata dei Refrattari, sabato 24 Dicembre 1938, pag. 7. L'Adunata dei Refrattari, sabato 24 Dicembre 1938, pag. 7. L'Adunata dei Refrattari, sabato 24 Dicembre 1938, pag. 7.


Il gruppo si appella a tutti i compagni per la buona riuscita. Per tutto ciò che riguarda l'iniziativa e per fare richiesta di biglietti, scrivere a Sam De Rosa, 638 21st street, Niagara Falls, N. Y. Il gruppo: i Refrattari.”181 “NIAGARA FALLS, N. Y.. - L'iniziativa volontaria a beneficio dell'ADUNATA e gli Orfani di Barcellona, che doveva chiudersi Sabato, 11 Marzo u. s., per causa dei biglietti non tutti ritornati, è stata rimandata definitivamente per Sabato primo Aprile. Ai possessori dei biglietti facciamo raccomandazione di ritornarli venduti o non a: Sam De Rosa, 638 – 21 St., Niagara Falls, N. Y. Il Gruppo I Refrattari.”182

181 182

L'Adunata dei Refrattari, sabato 4 Marzo 1939, pag. 4. L'Adunata dei Refrattari, sabato 1 Aprile 1939, pag. 7.

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6. SPUNTI PER LA DIDATTICA DALLA BIOGRAFIA DI ENRICO ZAMBONINI

A chi può interessare la storia di Enrico Zambonini e, quasi in allegato, quella della Colonia di Pins del Valles? Se è vero che non tutto il passato meriti di essere conservato e tramandato, che cosa rende questa sequenza di fatti degna di salvarsi? Ci si può avvocare ad una sua utilità e spendibilità, visto che le riforme scolastiche degli ultimi hanno – con oscillazioni – tentato di assecondare provvedimenti capaci di conformare la scuola alle regole del mercato contemporaneo? Valga – per quanto concerne l'attualità della vicenda – uno per tutti il monito di Croce, da La storia come pensiero e come azione: “Il bisogno pratico, che è nel fondo di ogni giudizio storico, conferisce a ogni storia il carattere di "storia contemporanea", perché, per remoti e remotissimi che sembrino cronologicamente i fatti che vi entrano, essa è, in realtà, storia sempre riferita al bisogno e alla 184


situazione presente, nella quale quei fatti propagano le loro vibrazioni.”183

Circoscrivo tutte le riflessioni che seguono allo sforzo di fare una riflessione che sia valida per la scuola primaria e secondaria nella provincia di Reggio Emilia: l'università per la quale si compila questa tesi ha la sua sede e il suo principale bacino di utenza in questo territorio, chi scrive vi è radicato, la storia di Zambonini ha i propri inizi, passi importanti e fine proprio qui. La vicenda di Zambonini è recente, a ben vedere prossima ai nostri anni: tuttavia, i mutamenti politici e sociali della scena sia internazionale che locale sono stati così rapidi e profondi da non essersi ancora “raffreddati” abbastanza da affrontarli con efficacia, né consolidati, né portatori di una dignità storica approvata all'unanimità. Come controparte, ci sarebbe il vantaggio di potere ancora oggi – non si sa per quanti anni – entrare in contatto con fonti documentarie originali. Come per il periodo del fascismo, della seconda guerra mondiale e della lotta partigiana, i testimoni diretti sono vicini alla scomparsa per decorso anagrafico. Rimangono a disposizione alcuni luoghi, soprattutto quelli dell'Appennino Reggiano, somiglianti o ancora identici a quelli calcati da Zambonini. In definitiva, la storia del “Fain” non ha né più né meno elementi a proprio favore per essere preferita ad altre vicende di portata più che locale che potrebbero essere proposte in una scuola di qualche ordine come spunti per 183

Croce (1966), pag.11. 185


percorsi didattici. È considerabile al pari – solo per fare alcuni esempi tra i molti possibili e con testimoni diretti ancora in vita – delle migrazioni delle donne verso la riviera ligure nel Novecento, delle vicende della tradizione dei Maggi cantati, della scelta di non costruire ferrovie nella valle del Secchia, dell'istituzione delle prime linee di trasporto pubblico nella provincia reggiana, agli internamenti coatti di disagiati sociali nei manicomi, al sistema fieristico nei paesi dell'Appennino e di molti altri capitoli della storia. Ci sono molte ipotesi di lavoro appetibili per una storiografia laboratoriale che possa coinvolgere direttamente bambini e ragazzi dei diversi ordini di scuola. Nella scuola che ha mosso i suoi primi passi nel Duemila il rischio di comunicare disaffezione o oblio a questo repertorio è in agguato. Ne discenderebbero molti alti rischi e vizi nella costruzione dei cittadini e persone di cui si fa carico la scuola: tanto per fare ordine, si può seguire un'analisi recente di Pietro Bevilacqua, riportata nel libro L'utilità della storia. Bevilacqua fa notare che – nell'approccio didattico attuale nella scuola dell'obbligo – si rischia la serialità e l'appiattimento omogeneizzante anche per quanto riguarda il “territorio”, mentre quest'ultima dovrebbe in realtà essere la categoria chiave per dare innesco ad una efficace interdisciplinarità e a collegamenti significativi con il vissuto delle persone, pungolando la tanto agognata “motivazione”. Facendo finta che l'accostamento ai fatti e ai problemi storici sia un esercizio puramente astratto e verbale, si rischia di relegare all'astrattezza 186


anche i luoghi e le persone. La storia ha invece la possibilità di dare stimolo alla memoria consapevole, una sorta di conoscenza dello schema dei fatti ma anche delle relative connessioni con gli aspetti concreti del vivere umano (la fatica di lavorare, le particolarità della vita in un territorio, le tradizioni, i riti, i tempi ciclici, i desideri delle persone di un preciso tempo...), le quali in verità sono portatrici di quella significatività tanto importante nell'attivazione del processo cognitivo mnestico propriamente detto. “Questa funzione [la memoria storica] costituisce uno dei pochi antidoti culturali a disposizione contro lo sradicamento delle persone dalla particolarità dei loro luoghi, contro la cancellazione delle identità locali, contro l'omologazione delle differenze che abbiamo ereditato da millenni di storia locale-universale: quelli nei quali l'economia e la tecnica non costituivano il linguaggio dominante degli uomini. La storia può porsi come strumento di tutela, di difesa delle tradizioni, delle culture, dei linguaggi, delle forme di plasmazione della natura e dell'edificazione, realizzate dalle generazioni passate.”184

Tra gli altri rischi citati troviamo anche il depotenziamento dell'attitudine democratica, la privazione del senso concreto dell'operare e dell'agentività: viene cioè ribadito sfruttando più spunti possibili che l'apprendimento può essere attivato solo se vi sia un coinvolgimento concreto dell'alunno. È ovvio che questo ingaggio può essere anche costituito – in casi molto fortunati – dal rapporto che si crea con l'insegnante: in questi casi 184

Bevilacqua (2007), pag. 88. 187


può probabilmente essere portato avanti qualsiasi tipo di percorso, anche astratto quanto si voglia. Tuttavia sarebbe con ogni probabilità l'ennesimo vuoto esercizio di compiacimento (indirizzato all'insegnante, ai genitori, ai compagni di classe...) e, primariamente, di autocompiacimento, segnato da una serie di nozioni senza fondamenta. Chi scrive è consapevole di essere arrivato ad un interesse per le vicende passate del proprio territorio per tutt'altra via da quella qui auspicata. In generale, questo tipo di (non) approccio ha segnato le ultime generazioni scolastiche. Le persone che vedo intorno a me che sono arrivate ad accostarsi alla conoscenza approfondita al territorio reggiano o appenninico lo hanno fatto come esito di una sorta di percorso di emancipazione personale da una storia globale verso la quale aveva cominciato a percepire distacco e poca motivazione: non conosco persone che abbiano avuto un “innamoramento” verso il locale senza un “divorzio” dal sapere ufficiale scolastico. L'auspicio è che questa situazione si possa non ripetere per il futuro, ma visto che per cambiare le cose occorre consapevolezza e pragmaticità, non si può certo affidarsi ad un afflato speranzoso e pio, per quanto forte esso possa essere. Ipotizziamo quindi una pista di lavoro che possa avere spunti ricavati dalla vicenda di Enrico Zambonini, mettendo a sistema le riflessioni sulle sue potenzialità appena scorse. La modalità scelta è quella di trovare una serie di domande che possano orientare gli alunni in una group investigation. 188


La group investigation o “ricerca di gruppo” è una stategia di apprendimento cooperativo che ha i suoi punti chiave nell'interazione, nella capacità di comunicare i risultati dell'apprendimento, nel lavoro di studio gestito in buona parte dagli stessi alunni con la mediazione e la facilitazione dell'insegnante, il quale promuove la cooperazione e il coordinamento. Concretamente, prevede molti momenti di lavoro a piccolo gruppo per esaminare, sperimentare e comprendere gli argomenti di studio. È un approccio interessante perchè fa leva sul “conflitto creativo” (poter dibattere le idee per interpretare le informazioni e ricavarne significato) e sulla “motivazione” (sia intrinseca che estrinseca, tenendo presente che quando l'obiettivo è considerato personale c'è una ricerca attiva di modalità per raggiungerlo).185 La pianificazione cooperativa investe: 1. le attività di classe: decidere che cosa e come si affronterà in classe; 2. la modalità di reperimento delle informazioni; 3. le attività di apprendimento vere e proprie; 4. le domande da porre: come individuare i nodi del percorso di conoscenza. 186 Ci si vuole concentrare qui soprattutto sul punto 4, perchè è verosimile che una domanda posta nel modo giusto possa aprire una discussione, mentre una che non sia alla portata degli alunni tranci da subito il coinvolgimento e la motivazione verso il 185 186

Sharan, Sharan (1998), capitolo primo. Ivi, capitolo 3. 189


percorso. L'idea è quella di costruire una sorta di repertorio di domande che possano essere di aiuto ad un insegnante per prevedere quelle formulabili dai bambini: non si vuole spingere a prevaricare le sollecitazioni autentiche degli alunni – è, tra l'altro, prerogativa centrale della group investigation prendere come moventi autentici questo tipo di sollecitazioni, che ricevono la precedenza rispetto ad altri eventuali spunti esterni – quanto piuttosto offrire all'insegnante un ventaglio di sollecitazioni possibili alle quali deve essere in grado di dare risposta. Fatto salvo che l'insegnante non deve essere l'unica fonte di informazioni e che non deve in nessun caso accogliere una scoperta di un bambino come qualcosa di scontato e risaputo, è bene che si senta preparato e competente soprattutto per una sicurezza propria. Non si ritiene invece necessaria in questo caso una specifica programmazione “per sfondi integratori”187: se viene salvata l'importanza dei fatti reali narrati come tessuto connettivo del lavoro scolastico – permettendo lo sviluppo di una matrice reticolare in cui i percorsi conoscitivi siano integrati e intrecciati – salta per contro il valore metaforico dello sfondo proposto. In altre parole, le vicende di Zambonini non simboleggiano nulla, ma vengono prese direttamente nel loro valore, né viene simulato un contesto reale. Le domande sono state organizzate in aree tematiche per semplificarne la consultazione. 187

Si veda il Capitolo “Programmazione per sfondi integratori” di Silvia Fioretti, in Baldacci (2005). 190


ORIGINE DI ENRICO ZAMBONINI Dov'è nato? In quale ambiente è nato? Da dove viene il suo soprannome? È un cognome diffuso? Da dove viene il cognome? LA SUA FAMIGLIA E IL SUO AMBIENTE Da chi è nato? La sua famiglia era numerosa? Vivevano insieme? Era normale vivere insieme a quel tempo? Quale mestiere facevano i suoi genitori e i suoi parenti? Quali erano i mestieri dell'epoca? Come si guadagnava? Qual era il ruolo degli animali? Quali animali c'erano? Che cosa mangiavano? Come facevano ad avere il cibo? C'erano i negozi? Com'è il clima in quei luoghi? Come condiziona le attività umane? Che cosa si faceva nelle diverse stagioni? Quali erano i lavori che si potevano fare? Quando si cominciava a lavorare? Quando ci si sposava? Come si faceva a trovare uno marito o una moglie? Come ci si comportava tra fidanzati? Quali erano le canzoni del tempo? Chi le componeva? Quanti figli aveva ogni famiglia? C'erano le scuole? Come ci si andava?

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Chi insegnava? C'erano le classi? Che cosa studiavano? Che cosa facevano quando avevano del tempo libero? Chi comandava a quel tempo in Italia? Le persone si spostavano? Come? Verso dove? Quanto si viveva allora? Quali erano i problemi principali? Quale era la città più importante più vicina? Era importante la Chiesa? Quali funzioni aveva la Chiesa? Come circolavano le informazioni? Quali erano i mezzi di comunicazione? Quali rapporti c'erano tra paesi vicini? Come erano le loro case? Come era fatto il paese? ENRICO SE NE VA DAL SUO PAESE Perchè se ne va? Con chi? È una cosa normale per quei tempi? Verso dove se ne va? Come fa ad andarsene? Come fu quel viaggio? Quanto durò? Come erano le strade? Quali erano le strade più utilizzate? Con chi visse? In che tipo di case andò ad abitare? Che lavori si andava a fare? Quanto si lavorava? Quali sono le differenze con il lavoro in città? Cambiava la lingua da un posto all'altro? Come si faceva ad imparare un'altra lingua? Quanti italiani emigrarono dall'Italia in quel periodo? Da quali parti di Italia si partiva?

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Per quali motivi si partiva? Quali erano le principali destinazioni? Come venivano accolti gli italiani nei paesi esteri? Come si organizzavano tra di loro? Quali lavori facevano? Quale lingua parlavano tra di loro? LA DIFFUSIONE DELLE IDEE ANARCHICHE Che cosa facevano quando non lavoravano? Quali erano le cose di cui si discuteva? Che cosa vuole dire “anarchico”? Chi è un anarchico? Che lavoro facevano gli anarchici? Che cosa volevano? Come erano considerati dalle altre persone? E da chi comandava? Come venivano diffuse le notizie? Qual è il ruolo delle canzoni anarchiche? Di che cosa parlano queste canzoni? C ome circolavano le notizie che dovevano restare segrete? Perchè certe notizie dovevano rimanere segrete? Erano accettate tutte le idee? Che cosa accadeva a chi aveva idee diverse? Chi si occupava di scoprire chi agiva segretamente? Quali erano i luoghi dove gli anarchici si ritrovavano segretamente? Dove invece ci si ritrovava pubblicamente? Perchè spesso cambiavano il proprio nome? Perchè dicevano che la scuola era importante per cambiare le cose? Che tipo di scuola non volevano e li faceva ribellare? Che tipo di scuola volevano costruire? Quali erano i problemi principali di questi bambini? Perchè Zambonini e compagni scelsero quel posto? Quali furono le cose più urgenti da organizzare? 193


Quali sono le cose più importanti per i bambini? Chi si occupava delle loro esigenze? Quali attività erano proposte ai bambini? RITORNO Dove andarono a finire i gestori della Colonia? Come tornò in Italia Zambonini? Perchè venne incarcerato? Com'erano le condizioni di vita nel campo di concentramento e nel carcere? Perchè fu mandato di nuovo in Italia? Quali erano le condizioni in Italia in quegli anni? Come fece a tornare al suo paese? Come venne accolto? Che cosa fece una volta tornato al proprio paese? Perchè venne arrestato? Perchè non fuggì? Perchè venne fucilato? Insieme a chi venne fucilato? Che cosa avevano in comune le persone che vennero fucilate con lui?

Queste sono solo alcune delle domande che possono aiutare a dipanare la storia di Zambonini e dei suoi anni. Da ogni domanda se ne possono estrarre altre, ma soprattutto cogliere l'impalcatura di base dell'analisi che si va ad integrare. Questi spunti possono aprire ad una molteplicità di attività e di 194


confronto con documenti dell'epoca difficilmente prevedibile, poiché variabile in funzione dell'interesse degli alunni e dell'insegnante, sulla disponibilità oraria, sulle risorse e sui mezzi tecnologici da poter impiegare. Nulla vieterebbe ricognizioni a Secchio di Villa Minozzo, incontri con persone della zona, raccolta di testimonianze dirette sull'epoca, indagini guidate su internet, proiezione di filmati dell'epoca, lavoro su canzoni o filastrocche dell'epoca, costruzione di piccoli dossier, cartellonistica, pubblicazioni... Può essere chiamata in causa la modalità di programmazione “per progetti didattici” 188,, che ha come punto di partenza l'individuazione di un problema significativo come genesi di un progetto che mira non a trasmettere cultura ad elaborarla. Caratteristiche del progetto didattico sono la complessità, l'ampiezza, la varietà, la flessibilità, la presenza di una impalcatura strutturale capace di dare unitarietà e sistematicità. Di fatto, l'avvertenza dei teorici del “progetto didattico” della maggiore conformità di questo tipo di programmazione ad una alfabetizzazione secondaria – perseguendo l'obiettivo, cioè, di apprendere ad apprendere – si applicherebbe alla perfezione anche agli approfondimenti generati dalle domande elencate. La ricerca, il problem solving, l'osservazione, la sperimentazione, l'esplorazione, l'avventura, l'invenzione: sono tutte tipologie di attività applicabili al materiale storico e pluridisciplinare 188

Per le seguenti note teoriche sul progetto didattica, si veda il capitolo sul “Progetto didattico” di Loredana Ugolini, in Baldacci (2005). 195


contenuto potenzialmente nella vicenda di Enrico Zambonini. Nella vocazione del progetto didattico a formare conoscenza partendo dalla domanda, continuando con la discussione, con la raccolta delle informazioni, con il lavoro collettivo, permettendo di promuovere relazioni e comportamenti democratici, si può trovare un filo ideale con l'esperienza educativa e scolastica teorizzata – ma a volte anche realizzata – dagli anarchici e dal pensiero libertario: il perseguire questi fini nobili è un modo per controbilanciare l'avere reso “spunto per percorsi didattici” la vicenda umana di Enrico Zambonini, la cui memoria dovrebbe essere considerata integra e non scomposta a proprio uso e consumo.

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CONCLUSIONI

L'insediamento della “Colonia L'Adunata dei Refrattari” a Pins del Valles è stato preso come movente di un indagine che ha voluto rintracciare le premesse per una simile esperienza educativa. Da alcuni anni è sempre più evocato, in dibattiti, convegni ed altre sedi di riflessione sull'educazione, il “lavoro di rete”: la breve esperienza spagnola di questa colonia ha da offrire molti spunti di riflessione anche ai contemporanei che si misurano con mansioni di presa in carico dell'educazione. La fase di analisi dei bisogni territorio fu, in questo caso, terribilmente facilitata dalle urgenze dei casi bellici. Resta comunque ammirevole la gestione delle risorse dimostrata dagli organizzatori della Colonia, a partire dal reperimento di una sede, alla sua risistemazione, al reperimento del personale e degli arredi, alla collaborazione con le strutture scolastiche vicine, alla documentazione e alla visibilità ricercata. Più di ogni altra cosa, resta impressionante la gestione della raccolta dei fondi, comprensiva della mobilitazione di risorse economiche dalla parte opposta del mondo: è obbligatorio tenere presenti le condizioni in cui questa tessitura fu posta in essere, considerare cioè quanto poteva essere complicato fare giungere ad una simile distanza appelli di aiuto che non fossero intercettati o censurati. Gli anarchici – di Spagna come d'America – seppero dimostrare una fiducia nei 197


buoni propositi quasi istintuale, capace di difendere la propria iniziale intuizione dai colpi dei detrattori, con una perizia documentaria efficiente e capace anzi di rilanciare il primo appello: è un dato di fatto – rilevato anche dai personaggi stessi coinvolti all'epoca – che la polemica contro la richiesta di aiuti dalla Colonia finì per essere una cassa di risonanza altrimenti insperata. Chi gestì la Colonia non ebbe il tempo né la disposizione d'animo, in quei tempi, di stendere riflessioni pedagogiche articolate. Durante il percorso proposto si è cercato di dimostrare come certi punti del pensiero educativo libertario e anarchico fossero stati talmente fatti propri dai militanti da riaffiorare – ben distinguibili – persino in un'esperienza come quella della Colonia, segnata dall'urgenza e dalle complicazioni del contesto. Le istanze razionaliste, libertarie ed anarchiche, furono portate avanti con decisione durante la guerra civile spagnola dal fronte anti- franchista, e possono essere identificate addirittura come principi ispiratori della nuova idea di uomo che stava alla base dell'opposizione all'autoritarismo e al dogmatismo. Le testimonianze dei bambini lasciano intendere come tutte le esperienze dell'epoca (la guerra, gli esili, l'educazione...) non finirono con date certe, ben identificabili: di fatto, sono stati proprio i bambini l'emblema della guerra civile, perchè è rispetto a loro che sono sorte le idee più nette e allo stesso tempo le più profonde contraddizioni. Il bambino, con il suo bisogno esplicito e vitale di educazione, viene a simboleggiare tutta la popolazione, tutta la società 198


che doveva – sfruttando una congiuntura storica opportuna – ricevere una nuova educazione. I bambini mostrarono come, a fronte di ogni proposito rivoluzionario e degli investimenti per il futuro, era necessario tenere presenti anche le necessità del presente: gli adulti potevano dirsi forti e disposti ai sacrifici, ma anche loro avrebbero presto dovuto arrendersi alle ristrettezze della guerra, cedendo solo più tardi ad un impulso che i piccoli avrebbero già manifestato da tempo. La vicenda dei niños de la guerra mise a nudo la contraddizione intrinseca dei conflitti, quella che vuole il raggiungimento del bene universale e collettivo possibile solo attraverso danni diffusi e spaccature sociali. Occorreva schierarsi – e forse nella Spagna del 1936-'39 gli schieramenti furono veramente troppi – e portare avanti la propria convinzione fino al sacrificio. I bambini non potevano essere parte di questo sistema: non potevano schierarsi e non potevano concepire un sacrificio personale, potevano solamente dichiarare il fallimento e la crudeltà del presente. Non è un caso che si cercò di allontanare questi piccoli, come per dimenticare i moniti di assurdità che rappresentavano: non c'era posto in Spagna per i veri bambini, perchè il loro ruolo era ricoperto dagli adulti, spesso analfabeti della mediazione e disposti a sacrificare le vite umane per difendere le proprie posizioni. Per i bambini che giocano la morte è un'eventualità diretta e possibile, anzi la più efficace rispetto all'economia delle soluzioni: lo schema fu ricalcato dagli adulti, fossero essi di uno schieramento o dell'altro. L'altra soluzione fu quella 199


di indottrinarli, per sentire pronunciate dalla loro bocche ingenue le parole più colpevoli – quelle della propaganda, quelle degli stereotipi e dei punti di vista manichei – nell'illusione che venissero così depurate dalle proprie implicazioni di odio e sofferenza. Non è quantificabile in generale il lascito della guerra civile in chi la visse: resta il fatto che, sebbene sia sempre difficile mettere mano alle vicende del passato, è compito ancora più delicato farlo rispetto ad un conflitto interno, combattuto mettendo in discussione le basi della convivenza che fino allo scoppiò avevano durato. Ancora oggi, si ha la sensazione che non si riesca a parlare di quella vicenda con distacco ed obiettività, proprio come avviene in Italia rispetto al fascismo e alla resistenza. Chi fu testimone non sempre vuole ricordare, chi ne fu discendente ha le proprie verità nette, desunte da racconti o da dolori, alle quali non ha niente da aggiungere né vuole mettere in discussione: il silenzio non apre nessuna strada e tradisce la promessa ai morti fatta più volte dai bambini, forse la più spontanea e sincera, “non vi dimenticheremo”. Questo percorso ha voluto essere il tentativo di leggere gli ideali di quel periodo e la loro messa in atto dalla prospettiva dei bambini e di chi si occupava di loro: queste ultime persone furono probabilmente quelle che ebbero le idee più chiare e la maggiore completezza di elementi per valutare fino in fondo quello che stava succedendo. Gli altri adulti, invece, scelsero di tradire l'infanzia volendo adulti militanti ma dalle voci bianche, bombardando 200


le città e gli innocenti o ancora allontanando l'incomoda infanzia in altre nazioni. Tutto il contrario della responsabilità che, oggi come allora, i piccoli chiedono ai grandi. Che l'esito della vicenda della Colonia sia stato infelice in realtà dispiace, ma non conta: rimane l'esempio di coerenza, la capacità di identificare dei punti fermi nella propria coscienza e quasi degli assoluti universali dai quali non si può prescindere – il rispetto verso i bambini e l'onere da parte degli adulti di educarli – che è giusto che vengano conosciuti. Soprattutto al giorno d'oggi, quando non solo si può facilmente incolpare la società se vengono a meno le condizioni per educare i piccoli, ma si viene prontamente suffragati – quando non preceduti o, peggio, plasmati – dai più disparati media. La responsabilità dell'educazione dei bambini non è delegabile, né rimandabile, né può risentire delle congiunture storiche e sociali: è, è stata, dovrà essere, nella più semplice chiarezza possibile.

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POSTFAZIONE di Adriano Cappellini Per chi altro se non per noi maestri furono scritte le divine parole della Bibbia:

e i vostri giovani avranno visioni e i vostri vecchi avranno sogni.

Umberto Postiglione, L’autoeducazione del maestro, 7 novembre 1923

Come ogni forma di pensiero, la riflessione pedagogica è figlia del suo tempo. Eppure, forse più delle altre, la pedagogia, quando è vera, è teoria chiamata da un lato a mostrare la capacità di fondare la sua sostanza sulle domande intorno all’essenza dell’uomo e dall’altro a mostrare ineluttabilmente nuovi contesti, a prefigurare prossimi futuri, insomma a sostenere, all’interno di una pratica di crescita dell’individuo, solide prospettive evolutive nei confronti del mondo contemporaneo. Ogni pedagogia è allora in primo luogo una sorta di ontologia dell’essere nel sociale. Essa deve necessariamente saldare la propria proposta di evoluzione all’interno di una concezione dell’uomo e del suo essere nella società. Ha urgenza di incardinare la prospettiva educazionale in una riflessione di fondo sull’uomo, poiché senza di essa non ha fiato, si riduce a stupido didatticismo, una serie di sequenze di istruzioni, e soprattutto resta senza radici, priva di ogni idea sul significato dell’esserci, manchevole della funzione di testimonianza sui pensieri del passato, mutila di quella profonda sussunzione che assegna loro nuovo significato, altra cifra, ignoto senso, rispetto alla primigenia. In secondo luogo, per esser tale, ogni intuizione pedagogica deve risolvere il nodo del cambiamento dell’uomo. Anche le pedagogie più naturali, come quelle basate sulla convinzione della bontà dell’uomo allo stadio innato e dunque tese a non influenzare lo sviluppo del bambino, si mostrano pur sempre in quanto pedagogie dell’evoluzione. È in questo ambito, nella sostanziale prospettiva eco-sistemica della categoria del cambiamento, che è possibile riscoprire il nucleo fondante di un’idea pedagogica al 202


suo apparire e verificarne la validità del suo invito prospettico, indicante alterità e conferente valore a quelle che, in quel momento storico, paiono sovente ingenue chimere. A contrasto ed in conseguenza di questo stile prospettico, trasformazionale ed utopico, va sottolineato come le vere pedagogie debbano necessariamente presentarsi anche come fortemente contrassegnate dalla caratteristica intrinseca di inattualità. Il carattere fondante della pedagogia libertaria sta in questi assunti teorici. Essa storicamente ha elaborato esemplari esperienze di grande intensità ideale, coincidenti proprio con quelle congiunture che indicavano anche drammaticamente la necessità, la possibilità e l’inevitabilità del cambiamento. Il concetto di speranza discendeva dalla dimensione di evoluzione sociale, dalla tensione a costruire l’uomo nuovo, la società dei liberi. “Al momento attuale il sole non si limita ad illuminare le vette, ma è quasi luce meridiana che invade fino alle falde dei monti.” Così Ferrer nel 1901. Le dicotomie continuamente dibattute, le divergenze che hanno contrappuntato le prime esperienze, il rapporto tra educazione e libertà, il dibattito del ruolo della scuola pubblica ma anche l’importanza di scuole nuove, l’evoluzione dei principi pedagogici e la costante necessità di definire l’educazione integrale, il ruolo e la figura dell’insegnante, dal militante sindacalista al docente formato dalle scuole pubbliche o religiose, queste vivide contraddizioni vanno lette e capite all’interno dello scenario sociale prima che pedagogico, dell’urgenza dell’azione politica, dell’attività di contrasto, di lotta e di difesa dei nuovi valori, contro risvegli reazionari e revisionisti. Anche in pedagogia. La liberazione dell’umanità procedeva in coerente sincronia con la formazione di un uomo nuovo che aveva il compito di rigenerare l’intera società. Difficile decidere chi prima e chi dopo. Educazione morale o rivoluzione sociale. Sovente la pedagogia libertaria pareva inutile, come dovrebbe alla fin fine divenire ogni vera pedagogia. Le proposte e le esperienze marcavano grandi ideali, esplodevano in esperienze sincopate, si raggrumavano per splendore nonostante brillassero sovente per caducità, schiacciate da momenti storici più grandi di loro o dalla reazione sempre pronta ad impedire ogni impulso libertario che mettesse 203


in discussione la costituita autorità economica, sociale e morale. L’esperienza della “Colonia L’Adunata dei Refrattari” si situa qui, in questo pensiero libertario, in quell’agire rivoluzionario, in un’idea della pedagogia che praticava ideali di uguaglianza, libertà, dignità dell’uomo, nella convinzione della possibilità di prefigurare un mondo nuovo. La fiducia nell’uomo, nella sua capacità di affrancarsi, di emanciparsi da ogni imposizione e di essere alfine chiamato ad essere ciò che è veramente, ecco questa era l’idea pedagogica che sosteneva l’impianto di quella pur breve realizzazione scolastica. L’educazione integrale diveniva prassi didattica: l’attenzione era così per lo sviluppo fisico, psichico e morale dei bambini (“La mattina alle sette bagno e doccia, un quarto d’ora di ginnastica e colazione, alle otto fino all’una (per i grandi) classe”… ecc.), perché questo sviluppo procedesse in sintonia con l’essere profondo di ognuno bambino, perché anche le modalità didattiche prefigurassero il nuovo. Ne conseguiva la tensione per il lavoro cooperativo, la predisposizione di forme seppur embrionali di autogestione, la realizzazione della rivista periodica come momento di condivisione delle pratiche educative e partecipazione della scuola alla costruzione del futuro. La Colonia era un “territorio protetto” in cui le bambine ed i bambini trovavano un’educazione libertaria che si voleva fondata sulla necessità storica e sulla corrispondenza pedagogica. “La pedagogia deve essere considerata un’arte; deve basarsi su di un’ispirazione intima e creatrice. (…) Il maestro dotato di ispirazione non amerà i bambini in astratto ma amerà ogni singolo bambino, saprà insegnare ad ogni bambino. (…) Nelle scuole pochi bambini. Quando superano i dieci, il lavoro pedagogico diventa sterile.” (Rivista Mujeres Libres). Un apporto di teoria e prassi rilevante, come si vede, che tracciava una pedagogia di forti radici trasformazionali ed utopiche, che aveva il suo nucleo fondante nella fiducia nell’uomo, nella capacità di conquistarsi la libertà che lo caratterizza. E questo purtroppo è inattuale. Prima di tutto perché oggi manca ogni tipo di riflessione pedagogica. E ciò è un evidente segnale di disinvestimento che la società compie nei confronti 204


del futuro. Poi perché lo scenario oggi è confuso, e ciò non sarebbe male di per sé, se non fosse che l’incertezza deriva, da un lato, da evidenti spinte reazionarie che tendono ad una nuova scuola di classe, mentre dall’altro dal comparire di pulsioni che aspirano con caparbietà all’eliminazione di qualsiasi forma di cultura, ritenuta del tutto obsoleta se non nociva per la nuova società dei consumi. Meglio allora utilizzare la scuola, come ogni altro media, per distribuire quantità eccessive di minuzzaglia, brandelli ed avanzi di sottocultura pensata come funzionale alla produzione di clienti stupidi, una sottocultura che si configura nient’altro come pattume che si ricicla perennemente, perché l’uomo rimanga nella condizione in cui si trova. Che non è la libertà.

Sorgeranno scuole spontanee che avranno come base la libertà delle generazioni di studenti.

L. Tolstoj

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APPENDICE

ANALFABETISMO IN SPAGNA confronto tra i dati del 1900 e quelli del 1930 in alcune città.

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L'Adunata dei Refrattari, sabato 21 maggio 1938, New York: la prima pagina del giornale dove fu pubblicato il primo appello da Pins del Valles

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L'Adunata dei Refrattari, sabato, 17 dicembre 1938

la copia del giornale murale firmato dai bambini.

213


L'Adunata dei Refrattari, sabato, 24 dicembre 1938

214


L'Adunata dei Refrattari, sabato 28 gennaio 1939, New York

la fotografia inviata da Pins del Valles con il personale e i ragazzi il giorno dell’inaugurazione.

215


ENRICO ZAMBONINI

216


Zambonini, come segretario del Comitato Anarchico Italiano firma due certificati di sana e robusta costituzione anarchica per Giuseppe Riva e Guglielmo Nannucci.

217


Estratto dal Bollettino delle ricerche

218


L’assegnazione al confino a Ventotene il 10 ottobre 1942

219


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Necrologio di Guglielmo Sceffer

221


Scheda di polizia di Fosca Corsinovi, al centro con la figlia Luce

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223


They still drow pictures (sotto) La presa di Teruel

224


Scena della mia vita durante un bombardamento

Bombardamento aereo di Madrid

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Viva la Repubblica

226


Un Miliziano di Luisa Carado del 2째 corso

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Bambini morti a causa degli effetti dei bombardamenti sulla popolazione civile del 30 gennaio del 1938. Archivio Storico della CittĂ , Barcellona

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PROPAGANDA E CONTROPROPAGANDA

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232


233


Frames del film Los Ni単os de Russia di Jaime Camino

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Frames del film Los Ni単os de Russia di Jaime Camino

235


Frames del film Los Ni単os de Morelia di Juan Pablo Villase単or

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237


-------------------------------------edizioni ccez 238


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