L'area Italcementi-Sacelit a Senigallia.

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Tesina

Agnese Turchi ¶

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L’area ItalcementiSacelit a Senigallia. Dal Progetto Portoghesi all’individuazione delle regole insediative per la riqualificazione turistica dell’area.

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ventura edizioni


La scelta di addentrarmi nelle vicende del comparto Italcementi-Sacelit è dipesa da una serie di ragioni, di cui quelle accademiche non sono che una piccola parte. Il legame con il territorio in cui sono nata e cresciuta, la memoria collettiva del preesistente polo industriale cementifero, le ombre calate progressivamente sul processo di riqualificazione dell’area industriale e la sensazione di aver partecipato alle trasformazioni della città più come spettatore che come attore consapevole, mi hanno portato ad intraprendere un percorso di ricerca il cui scopo fosse la formulazione di nuove regole insediative. Infatti, quando si pianifica, è necessario disporre di regole adeguate che consentano la realizzazione d’interventi tanto funzionali quanto compatibili con il contesto preso in esame. Chiunque arrivi, transiti o parta da Senigallia con il treno noterà, in prossimità del porto canale, un ampio spazio chiuso fra le modeste schiere di case del fronte mare. In quello stesso spazio, che fino a qualche mese fa poteva definirsi un vero e proprio vuoto urbano, per ora si è riusciti a realizzare solo un parcheggio. Insomma, niente più che un rattoppo ad uno squarcio profondo. Collocare un parcheggio laddove si attende una soluzione dal punto di vista pianificatorio significa arginare temporaneamente un problema di organizzazione e gestione funzionale dello spazio urbano; più precisamente significa essere incapaci di leggerne la struttura portante1. Posto però che la città è un soggetto vivo ed in continua trasformazione, quali sono le scelte più opportune in un processo di riqualificazione urbana? Come si può evitare che un quartiere subisca l’isolamento da parte della città? Come far sì che lo stesso quartiere mantenga una propria identità e sia in grado di valorizzarla? Aver scelto il comparto Itacementi-Sacelit come oggetto di studio è di per sé un indicatore importante. Infatti il cementificio di cui si sta parlando era stato realizzato, non a caso, in un’area dal ruolo strategico tanto a scala urbana quanto a scala territoriale e cioè a ridosso della ferrovia ed in prossimità del porto canale. Il polo produttivo, dovendo rispondere ad una serie di requisiti legati alla produzione di cemento e, in un secondo momento, di manufatti in cementoamianto, non poteva che insediarsi in un nodo cruciale per gli scambi

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via terra e via mare (utilizzando un termine caro ai sociologi urbani). Come ogni grande intervento, la costruzione dell’Italcementi-Sacelit ha imposto, direttamente o di rimando, le regole insediative rispetto alle quali si sarebbero sviluppati gli altri settori della linea di costa di ponente; in poche parole ha generato uno sviluppo forzato di una consistente porzione di territorio a ridosso del mare. Probabilmente sarebbe opportuno allontanare il comune approccio per “comparti stagni” e sviluppare, di contro, un metodo meno rigido e che guardi all’insieme. In questo modo sarebbe possibile ammettere che le parti di città situate fra la costa e la linea ferroviaria si trovino in un costante e vitale rapporto d’interdipendenza con l’insediamento situato alle spalle della ferrovia. Di contro, questo rapporto sembra non esser stato minimamente considerato al momento dell’ideazione del megaprogetto di riqualificazione urbana “Il Borgo delle Torri”, redatto dall’architetto Paolo Portoghesi ed approvato nel 2009 dalla Pubblica Amministrazione.

La struttura portante di un insediamento urbano o rurale è, metaforicamente parlando, una sorta di scheletro costituito da tutti quegli elementi senza i quali una città, una cittadina, un paese o un’area agricola non funzionerebbero allo stesso modo e non avrebbero l’aspetto che hanno oggi. Ad esempio la cinta muraria, la scacchiera romana del centro storico che definisce gli isolati, il lungofiume, le infrastrutture del lungomare e le darsene portuali sono solo alcuni degli elementi che compongono la struttura portante della città di Senigallia.

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1 Progetto Portoghesi “Il Borgo delle Torri”, 2009: pianta delle coperture. Da: Relazione di progetto.

Dal mio punto di vista un processo di riqualificazione ha bisogno di una componente essenziale: gli abitanti. Questi non devono subire passivamente le trasformazioni del territorio di cui fanno parte e con cui interagiscono, ma devono essere contemporaneamente motore e soluzione delle strategie e/o azioni di pianificazione. Qualora non fosse possibile portare avanti un processo partecipato, sarebbe almeno cosa opportuna interrogare i diretti interessati, cioè coloro che dovranno “vivere” la trasformazione urbana nella quotidianità. Un luogo è percepito positivamente solo se è in grado di dare risposte concrete ai bisogni di chi lo vive. Quando uno spazio è vissuto significa che ha motivo per esserlo; evidentemente presenta due o più funzioni (bar, ristoranti, generi alimentari, lavanderie, uffici postali, parchi pubblici, ecc.) che lo rendono attrattivo per soddisfare bisogni primari, lavoro, commissioni e piccoli doveri quotidiani, svago, ecc. A questo punto l’abitante fissa nella propria mente dei riferimenti spaziali di vario genere (strade e/o edifici più o meno rilevanti, piazze, negozi, insegne, alberi, ecc.) che lo aiutano a muoversi con facilità e che divengono fondamentali per la ricostruzione dei propri percorsi mentali. Tornando al comparto Italcemnti-Sacelit è opportuno mette-

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re in luce quanto grande sia il divario fra le percezioni del pianificatore e dell’abitante. Il primo dei due, ammesso che sia dotato di una certa sensibilità e riesca ad interpretare correttamente i caratteri identitari dell’area presa in esame, può facilmente individuare una serie di elementi che strutturano ancora il territorio, indipendentemente dall’avvenuto smantellamento del polo produttivo. L’edilizia residenziale operaia prospicente il piazzale Nino Bixio, le infrastrutture utili all’entrata e all’uscita dei mezzi pesanti, il sistema minuto di sottopassaggi pedonali di connessione fra lungomare e centro città, il sistema di darsene, le dighe foranee, ecc. costituiscono il lascito di un periodo storico ben preciso fatto di altrettanto precisi rapporti sociali, bisogni, speranze e prospettive. Il secondo dei due, l’abitante, considera il comparto Italcementi-Sacelit una sorta di appendice della città. Attraverso una serie d’interviste dirette, formulate con l’intento di comprendere l’immagine mentale che gli abitanti di Senigallia possiedono del passato polo produttivo, è stato possibile comprendere il senso del luogo e la sua articolazione fisica, non tanto a partire dal costruito quanto piuttosto da come lo stesso abitante vive ed interiorizza gli ambienti. Questo perché, come diceva una sociologa, “[…] in nessun luogo come nelle città l’aspetto esterno delle cose è indissolubilmente legato al loro modo di funzionare; […]. È vano pianificare l’aspetto esterno di una città o speculare sul modo di darle una gradevole apparenza di ordine senza conoscere quale sia il suo spontaneo ordine funzionale; correre dietro all’apparenza delle cose, come se si trattasse dello scopo essenziale o del fatto dominante, non può produrre altro che danni […].”2 Gli abitanti che vivono l’area Italcementi-Sacelit hanno nella mente un’immagine caotica; nel momento in cui gli si chiede di rappresentarla graficamente attraverso una semplice mappa, non sono in grado di farlo e sprofondano immediatamente in uno stato di smarrimento: i punti di riferimento diventano le strade e gli edifici del centro storico (in realtà piuttosto lontani dalla zona d’interesse); il sistema di darsene risulta confuso; il comparto Italcementi-Sacelit raramente viene raffigurato o menzionato; la linea ferroviaria è percepita come una barriera divisoria fra lungomare e centro storico.

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Questi aspetti, emersi dal confronto diretto con coloro che vivono quotidianamente la città, marcano la netta scollatura fra gli indirizzi adottati in materia urbanistica ed i reali bisogni della collettività.

JACOBS Jane, 1961. Vita e morte delle grandi città. Saggio sulle metropoli americane. Torino: Giulio Einaudi Editore S.p.A., 2009.

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Partiamo dunque con un’analisi del Progetto Portoghesi per capire davvero in che cosa consista, sia dal punto di vista progettuale che dal punto di vista strategico. I. La Pianificazione ai tempi della crisi.

2 Area nord, complesso residenziale e commerciale. Da: Relazione di progetto. 3 Rocca Roveresca Foto: Turchi Agnese 4 Area Sud, piazza ovale con complesso residenziale e commerciale. Da: Relazione di progetto. 5 Foro Annonario Foto: Turchi Agnese.

Chi abita o frequenta, per una qualche ragione, la città di Senigallia rimane alquanto perplesso nel sentir denominare il megaprogetto dell’architetto Paolo Portoghesi “Il Borgo delle Torri”. In effetti, quando si parla di “borgo”, viene da pensare ad un piccolo agglomerato di case di altezza modesta per lo più di due/tre piani; stando agli esempi riscontrabili sul nostro territorio, i borghi si sono sempre sviluppati lungo vie di comunicazione importanti e sotto forma di schiere di case, generalmente dotati di una piccola chiesa ed una piazza prospicente. Per cui osservando gli edifici e la loro disposizione sulla carta, è difficile associare il Progetto Portoghesi all’idea di un esiguo nucleo di case: le palazzine multipiano residenziali, collocate al centro del comparto Sacelit, costituiscono un cordone continuo di massicce dimensioni; le attività commerciali a piano terra dislocate per tutta la lunghezza del cordone, generano l’ennesima galleria commerciale in un contesto del tutto inappropriato; i parcheggi lungo il perimetro del comparto danno origine ad ampie zone presumibilmente asfaltate o lastricate, che finiscono per isolare l’area residenziale; il verde urbano frammentario e mal organizzato si discosta completamente dall’idea di parco urbano, assumendo il ruolo di semplice giardino condominiale; la palazzina ospitante il centro convegni e l’albergo a cinque stelle extralusso (di ben cento camere), situata nel comparto Italcementi, raggiunge un’altezza pari a sette piani con il rischio di rassomigliare ad uno dei tanti hotel disseminati lungo la costa e del tutto decontestualizzati, rispetto ad uno scenario costituito da edifici di dimensioni modeste.

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L’organizzazione delle infrastrutture e dei percorsi ciclopedonali conferma che l’intero intervento è stato pensato in maniera slegata dal contesto, entro i limiti della lottizzazione: le soluzioni raggiunte per migliorare i collegamenti con il resto della città, per assurdo, non sono il risultato di una visione d’insieme di tutto il sistema infrastrutturale cittadino quanto piuttosto una serie di progetti d’ingegneria civile finalizzati a tamponare problema per problema. Inoltre, bisogna riflettere sul fatto che ripianificare la viabilità può significare miglioramento dei collegamenti ma non necessariamente vivibilità ed attrattività dei luoghi. Questi ultimi, per essere degnamente frequentati dagli abitanti, devono presentare un requisito fondamentale: la varietà, derivante dalla mescolanza delle diverse funzioni3. Per evitare che formino parti di città troppo omogenee, asettiche e un po’ banali deve esserci varietà di spazi pubblici e privati, di strutture edilizie, di funzioni e soprattutto di persone. Nel caso specifico un albergo a cinque stelle extralusso richiama esclusivamente turisti di fascia alta (per di più solo nella stagione estiva), le residenze si limitano unicamente a rispondere alle esigenze dei residenti, le attività commerciali potrebbero essere le funzioni che meglio attraggono gli abitanti se non fosse che questi ultimi sono fortemente radicati alle loro abitudini e agli spazi che frequentano solitamente. Di contro, bisognerebbe fare in modo che le strade siano popolate in maniera continuativa, che gli abitanti possano utilizzare in comune le attrezzature a disposizione nella zona (da cui ne deriverebbero scambi e rapporti di vicinato) e soprattutto che vi sia una mescolanza di persone a reddito diverso, in modo da non generare un’isola felice chiusa nelle proprie sicurezze. Un altro aspetto su cui riflettere è il linguaggio utilizzato nella progettazione degli edifici. In merito al “Borgo delle Torri” il progettista afferma: “[…] Si è voluto, approfittando dell’eccezionale vastità dell’area lasciata libera dal cementificio e dalla fabbrica di prefabbricati, realizzare un complesso edilizio fortemente unitario che possa rievocare la storia della città proiettandola nel futuro, convinti che non la tabula rasa possa suggerire la giusta soluzione dei problemi urbanistici e architettonici, ma il riferimento critico alla storia. […].”4 Mettendo a confronto il

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Si fa riferimento al concetto di “mixed used”, o mescolanza di usi, di cui parlava la sociologa Jane Jacobs nell’opera Vita e morte delle grandi città. Saggio sulle metropoli americane, pubblicato nel 1961. Inserire più usi, cioè più funzioni, in uno stesso luogo significa mescolare fra loro i diversi servizi di cui un abitante ha bisogno e/o di cui vorrebbe disporre. Collocare bar, ristoranti, librerie, banche, supermercati, panetterie, officine, uffici, ecc. in uno stesso luogo induce inevitabilmente gli abitanti a vivere quella porzione di città tutto il giorno, assiduamente. 3

PORTOGHESI Paolo e GUERRI Danilo, Relazione di progetto, pp. 6-7.

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Gli Amici del molo di ponente è un gruppo di persone, piuttosto numeroso, costituito da: anziani pescatori e famiglie; facchini; operai del Cantiere Escavazione Porti, del Navalmeccanico e del Cementificio. Come loro stessi affermano in una delle sette regole della loro Fratellanza, “ si tratta di gente del porto, vecchi e men vecchi, che ama passeggiare, discorrere e stare in pace sui moli e a marina”.

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Progetto Portoghesi con alcuni scorci della città è però assai riduttivo parlare di “riferimento critico della storia”: l’operazione del progettista è piuttosto una volontaria citazione di alcuni dei maggiori simboli di Senigallia. I principali spunti per le strutture edilizie e gli spazi pubblici sono stati i Portici Ercolani, i torrioni della Rocca Roveresca e la piazza ellittica porticata del Foro Annonario. Alla fine, il risultato sembra più un “copia e incolla” dei torrioni, dei porticati e della piazza ellittica del centro città che un’interpretazione dell’area in ragione della sua funzione storica. La zona portuale per circa ottant’anni è stata una vera e propria macchina industriale legata ad una serie di strutture fondamentali: la fabbrica Italcementi-Sacelit, per la produzione di cemento e manufatti in cemento-amianto; l’edilizia residenziale operaia di Piazzale Nino Bixio; il Cantiere Escavazione Porti, per la gestione/manutenzione del porto-canale attraverso dragaggio del materiale di riporto; il Navalmeccanico, unicamente per la costruzione/riparazione di imbarcazioni di proprietà privata. Ci sono poi altre strutture, come le darsene o le rimesse dei pescatori sul molo di levante che rendono manifesto il forte legame fra il porto e l’attività della pesca. Per cui viene da chiedersi come mai, fra tutti gli spunti che si possono trarre dall’area portuale di Senigallia, l’architetto abbia deciso di concentrarsi su alcuni aspetti degli edifici del centro storico e di riproporne delle elaborazioni. Come ho avuto modo di verificare durante le passeggiate alla ricerca di abitanti da poter intervistare, il porto-canale, le darsene e le industrie (ormai tutte demolite) continuano per molti ad essere pezzi di vita sotto forma di ricordi: dal duro lavoro in fabbrica, alle rivendicazioni del proprio posto di lavoro; dal parente deceduto a causa delle polveri di amianto, alle amicizie nate fra colleghi; dai pescherecci di rientro all’alba, agli stabilimenti balneari poco distanti ma molto popolati durante l’estate. Si rinnova quella stessa perplessità che gli Amici del molo di ponente5 avevano manifestato già negli anni ’80 di fronte ai veloci cambiamenti cui era andato incontro il lungomare: “[…] La nostra Senigallia è molto cambiata: le guerre, i terremoti del 1924 e 1930, le mode, l’arrivo dei campagnoli e dei paesani, il gran costruire case ed alberghi hanno quasi tolto agli anziani Senigalliesi

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la terra sotto i piedi. Il progresso vuole la sua parte, dicono, e bisogna incoraggiare il turismo… Sarà…! Ma intanto, agli anziani è sempre più difficile riconoscersi nelle strade, nelle piazze, nei nomi […].”6 Dopo tutte queste considerazioni rimangono a mezza bocca una serie di domande: era necessario scegliere un architetto di fama internazionale per la città di Senigallia? E soprattutto che cosa significa per la committenza piazzare sul mercato delle residenze firmate con il nome di un’archi-star? Mentre il primo quesito può avere più d’una risposta, il secondo ne ammette solo ed esclusivamente una: maggiore appetibilità degli immobili e vendita più sicura a prezzi incrementati rispetto al valore di mercato originario. Fondamentalmente incaricare un’archi-star di sviluppare un progetto è una garanzia per la buona riuscita dell’opera e per i guadagni che ne derivano. Il concetto alla base è il seguente: se un architetto di fama internazionale viene incaricato di realizzare un’opera, a quella stessa opera verrà automaticamente attribuito un valore aggiunto che non è strettamente legato alla sua qualità architettonica quanto piuttosto al nome di chi l’ha pensata. In genere, e sono pochi gli esempi che dimostrano il contrario, questi grandi progetti divengono l’occasione per riconfermare il ruolo dell’architetto al punto tale da cadere nell’autoreferenzialità. Sebbene si pensi di migliorare qualitativamente il luogo che ospita tali “sculture architettoniche”, in realtà ciò che accresce è il valore di mercato degli immobili e dei terreni; di contro le strutture limitrofe preesistenti perdono d’importanza dal punto di vista storico-culturale. Bisogna riflettere su un altro aspetto piuttosto rilevante: qualora il valore di mercato degli immobili e dei terreni dovesse aumentare, con grande probabilità solo una ristretta fascia di persone potrebbe permettersi di acquistare o affittare un appartamento o un terreno. In aggiunta non si allontana l’ipotesi che il costo di alcuni servizi limitrofi alla nuova struttura possa crescere considerevolmente: alla lunga ciò potrebbe portare ad una selezione e ricambio del tipo di abitanti della zona, a discapito della mescolanza di persone appartenenti a classi di reddito differenti.

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ANSELMI Sergio, 1984. Senigallia, 1890-1950: il canale, il porto, la spiaggia, la gente. Senigallia: Tipolitografia Offset Marche, 1984.

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La Variante zone costiere, approvata nel 2003, è entrata ufficialmente in vigore dal 2004.

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Per capire le conseguenze di questa operazione bisogna ricordare alcuni aspetti fondamentali. Poiché la variante non è stata applicata al comparto, le altezze dei nuovi edifici mantengono la possibilità di raggiungere l’elevazione dell’edificio più alto entro i 200 metri di distanza dal perimetro del comparto: così facendo le strutture previste possono spingersi fino a 24 metri di altezza (altezza dell’Hotel La Vela). Il risultato sarebbe uno sbilanciamento generale della linea di costa dettato da una maggiore elevatezza degli edifici dell’area Italcementi-Sacelit rispetto a quelli dislocati nella resto della fascia litoranea di ponente.

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II. Necessità di un nuovo approccio alla pianificazione. Parlare del Progetto Portoghesi significa menzionare, ancor prima, la Variante zone costiere7, approvata nel 2003 ed il Piano d’Area approvato nel 2004; questi due strumenti consentono di capire le dinamiche che hanno portato il Progetto Portoghesi a farsi spazio nello scenario urbano senigalliese. La variante al Piano Regolatore Generale (P.R.G.) è stata formulata con l’intento di salvaguardare tutte quelle aree non ancora o solo parzialmente edificate, collocate lungo la fascia litoranea. Lo scopo era quello di tutelare il patrimonio storico-architettonico e l’ambiente, valorizzare il paesaggio costiero, individuare spazi da destinare a verde pubblico, parcheggi o servizi, riducendo la possibilità di edificare. Se da un lato la variante è stata applicata nelle zone residenziali e nelle zone prevalentemente turistiche, dall’altro però non è stata estesa alle aree interessate da strutture alberghiere e alla zona di ristrutturazione urbanistica ex Italcementi-Sacelit. Laddove la variante non è stata applicata, le possibilità/modalità di edificare sono rimaste le stesse di prima8. Pertanto viene da chiedersi: se la Pubblica Amministrazione ha cercato di tutelare la linea di costa impedendo il sovraccarico edilizio e convertendo in spazi verdi le aree libere dall’edificato, come mai non sono state coinvolti il comparto Italcementi-Sacelit e le aree interessate da strutture alberghiere? Non sembra forse un velato tentativo di favorire lo sviluppo di alcune zone piuttosto che altre? Con il Piano d’Area, invece, il Comune stabilisce inizialmente quali interventi è consentito e/o consigliato realizzare all’interno di un’area in cui sono previste delle trasformazioni d’iniziativa privata: in questo modo la Pubblica Amministrazione, a ragione, si assicura che le trasformazioni seguano delle linee guida generali (formulate dallo stesso ente pubblico) per il raggiungimento dei propri obiettivi e per garantire gli interessi della città. Questo è il motivo per cui un buon Piano d’Area non deve coincidere in estensione con le lottizzazioni da sottoporre ad interventi d’iniziativa privata, ma deve piuttosto estendersi su un’area maggiore, in modo tale da fungere da collante fra la porzione di città

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destinata a trasformazione e la restante città situata nelle immediate vicinanze. L’obiettivo è di raggiungere una soluzione unitaria di assetto urbanistico generale, così che il lotto da riqualificare si integri a tutto il resto sia dal punto di vista funzionale che ambientale. Una volta messi nella giusta relazione i vari piani d’intervento urbanistico, il Piano Portoghesi non risulta che l’ultimo di una serie di errori e colpe che coinvolgono tutti i livelli della decisione politica. Viene anzitutto da chiedersi: se veramente si volevano ridurre le possibilità di edificare, perché non è stata applicata la variante urbanistica anche al comparto Italcementi-Sacelit? Inoltre dato che il Piano d’Area assegnava al comparto un ruolo turistico strategico, puntava ad incrementare le relazioni con le altre parti della città (al fine di avere un quartiere vivo tutto l’anno) e si prefiggeva di conservare l’identità marittima del luogo, come mai quello stesso Piano d’Area è stato pensando solo ed esclusivamente entro i limiti del comparto da riqualificare? Analizzando da vicino il Piano d’Area si percepisce da subito una scollatura fra gli obiettivi riportati nella relazione tecnica9 e l’azione pianificatoria in senso stretto; questa scollatura, come si avrà modo di osservare, raggiunge il suo apice nel Progetto Portoghesi de “Il Borgo delle Torri”. La prima consistente criticità va individuata negli stessi obiettivi, fin troppo generici: nel momento in cui si vuol riqualificare un’area così vasta d’interesse collettivo, è necessario individuare degli obiettivi che inducano a formulare strategie d’azione mirate. Marcare la necessità d’inserire nuove funzioni all’interno del comparto con lo scopo di rendere quell’area una parte di città a tutti gli effetti vissuta tutto l’anno, è semplicistico: se all’interno del lotto s’individua un’area destinata alla residenza, una ai servizi, una ai parcheggi, una al verde pubblico, ecc. si corre il rischio non solo di isolare queste funzioni ma anche di slegarle dal resto della città. Ad esempio: se le residenze vengono collocate in una porzione del comparto, quella stessa porzione si limiterà ad essere una “zona dormitorio” in cui l’abitante si reca a fine giornata, solo ed esclusivamente per riposarsi; se si concentrano in un unico plesso un grande hotel extralusso, un centro congressi e qualche bar o risto-

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Se si presta attenzione alle disposizioni del Piano Regolatore Generale, gli obiettivi della Pubblica Amministrazione appaiono molto chiari e piuttosto coerenti con i problemi che interessano l’area Italcementi-Sacelit: per il comparto sono ammessi solo insediamenti di tipo turistico-ricettivo (residenze, alberghi, ristoranti, bar) ed attività turistiche di servizio (servizi balneari e ricreativi, impianti sportivi, attività culturali e di spettacolo, attività congressuali, servizi nautici e portuali, artigianato di servizio, strutture sanitarie e strutture commerciali). Più precisamente i principali obiettivi del Piano d’Area sono: • assegnare al comparto Italcementi-Sacelit un ruolo urbano strategico che valorizzi da un lato l’identità marittima e portuale di Senigallia, dall’altro l’appartenenza del porto alla città; • relazionare il comparto con i principali punti di riferimento della città (Rocca Roveresca, Palazzo Ducale, Foro Annonario, Municipio, ecc.); • ridefinire gli accessi, i collegamenti viari, i percorsi ciclo-pedonali nonché i parcheggi del comparto, in

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modo tale da collegarlo al centro storico, al porto e al lungomare; • stabilire quali funzioni inserire all’interno del comparto così che l’area Italcementi-Sacelit sia viva tutto l’anno e non solo durante la stagione estiva.

rante, il risultato sarà un megaprogetto a se stante vissuto di giorno e non di sera, frequentato soprattutto d’estate e poco d’inverno; se si colloca un ampio parco in prossimità delle residenze, lontano da ogni altro servizio, l’area verde sarà poco sfruttata di giorno (al massimo durante il fine settimana, ammesso che sia un parco accogliente ed attrezzato) e poco sicura di notte. Viene spontaneo chiedersi come questo comparto possa connettersi al vicino porto e ai maggiori punti di riferimento della città se lo stesso Piano d’Area si limita a pianificare all’interno di confini ristretti. Forse attraverso la semplice collocazione di un qualche servizio nautico (magari un negozio di articoli dedicati), nel primo caso, o di un centro congressi che possa ospitare manifestazioni culturali, nel secondo? Con la conseguenza che il Piano d’Area del 2004 fallisce proprio nella sua funzione più intima: quella di collegare le parti del comparto tra di loro e con il resto della città in un disegno organico. Bisogna ricordare che un comparto, come è ovvio che sia, è definito tale se ha un intorno, se c’è qualcosa che si sviluppa nelle vicinanze (che siano infrastrutture, edifici, spazi verdi pubblici o privati, sistemi portuali, ecc.), se è inserito in un contesto. A maggior ragione se si pensa che gli abitanti non si muovono entro limiti predefiniti ma sono liberi di percorrere i tragitti più vari, da un capo all’altro della città.

6 Piano d’Area, 2004: zonizzazione. Da: Studio preliminare d’area C.P.T. Polo Turistico, Area Italcementi Sacelit.

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Seguendo la scala gerarchica degli strumenti urbanistici10, si giunge infine al Progetto Portoghesi vero e proprio. A questo punto risulta evidente quanto sia indispensabile disporre di un buon Piano d’Area al fine di formulare nuove regole che dimostrino quali interventi siano effettivamente necessari. Posto che in questo caso il Piano d’Area ricade precisamente entro i limiti del comparto Italcementi-Sacelit, ho ritenuto opportuno procedere secondo la strategia della rigenerazione urbana, andando ben oltre i confini del comparto; la scelta d’intervenire in uno spazio più ampio di quello di partenza significa assumere la consapevolezza della complessità della zona posta a cavallo della ferrovia. Di fronte a numerosi isolati (di cui il comparto Italcementi-Sacelit non è che quello più vasto) originariamente concepiti in maniera diversa l’uno dall’altro, bisogna pensare ad un progetto d’insieme nell’intento di creare delle connessioni che, partendo dal lungomare, raggiungano il centro storico e viceversa. Questo approccio parte da uno sguardo complessivo e trasversale alla città di Senigallia in modo da individuare quegli aspetti che consentano di avere una migliore qualità della vita e che forniscano lo spunto per un nuovo tipo di progettazione urbana. Per prima cosa sono partita dall’idea che esistano una “polarità del mare” (costituita dalle darsene, dal porto, dal canale, dal comparto Italcementi-Sacelit e dagli isolati limitrofi) ed una “polarità del centro storico” (costituita dalla città dentro le mura, dal rione del porto e dagli isolati circonstanti) che non devono essere considerate realtà distaccate l’una dall’altra, quanto piuttosto complementari e relazionate.

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A tal proposito si ricordi che il gradino più alto è occupato dal Piano Regolatore Generale, quello intermedio dal Piano d’Area e quello inferiore dal Piano di Lottizzazione (denominato, per l’appunto, “Progetto Portoghesi”). 10

7 Idea preliminare di progetto. Progetto: Agnese Turchi.

Per quanto possano essere considerati elementi di divisione, la linea ferroviaria e la S.S. Adriatica devono essere interpretate come elementi di congiunzione fra le polarità sopra indicate. Come raggiungere questo obiettivo? Il modo migliore sarebbe quello d’interpretare non tanto come svantaggi quanto come vantaggi le limitazioni che la normativa in materia urbanistica pone in prossimità della ferrovia. Per legge è vietato edificare entro 30 metri dall’ultimo binario della linea ferroviaria, sia da un lato che dall’altro. Se dalla parte del comparto Italcementi-Sacelit è ancora possibile rispettare questa disposizione, dalla parte della S.S. Adriatica evidentemente no: nel corso degli anni è stato costruito molto ed in maniera indiscriminata, tanto che oggi i binari sono soffocati da palazzine multipiano e villette indipendenti. Per mantenere inedificati 30 metri di terreno e creare un collegamento fra lungomare e centro città, ho pensato di dar vita ad un lungo parco urbano, sviluppato a ridosso della linea ferroviaria. È chiaro che sul lato della strada statale non è possibile, con così tanta facilità, trasformare degli spazi privati in spazi pubblici ad uso collettivo; pertanto la soluzione più compatibile è quella di riorganizzare giardini e semplici pertinenze, in modo da redistribuirle in prossimità della ferrovia: oltre al riassetto degli isolati, si otterrebbe l’attenuazione dei rumori provenienti dalla linea ferroviaria mediante una fitta vegetazione disposta a mo’ di barriera. Per fare questo è necessario formulare due nuove regole che agiscano rispettivamente sull’edificato e sul verde privato esistente: le strutture edilizie, eccetto quelle considerate patrimoniali (es. villini residenziali risalenti agli anni ’30), dovrebbero essere trasformate attraverso demolizioni e successive ricostruzioni sul fronte strada, in modo da lasciare libero lo spazio retrostante da destinare a giardino. Il lato della ferrovia che si affaccia sul comparto Italcementi-Sacelit, consente di muoversi più liberamente: entro i 30 metri di protezione ferroviaria è opportuno applicare una regola pianificatoria rigida che vieti l’edificazione e consenta lo sviluppo di un ampio parco pubblico; procedendo verso l’interno, una seconda regola pianificatoria impone di non edificare al centro del comparto, in modo

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tale da generare due ampi spazi pubblici destinati rispettivamente alla prosecuzione del parco urbano (all’interno dell’area Sacelit) e alla realizzazione di una piazza dedicata a manifestazioni collettive di vario genere (all’interno dell’area Italcementi); la terza ed ultima regola pianificatoria prevede interventi di trasformazione basati sulla nuova costruzione e che consentano di realizzare residenze, servizi commerciali diversificati, strutture alberghiere, strutture convegnistiche, spazi espositivi ed uffici comunali. Sia nell’area nord che nell’area sud del comparto è importante che i nuovi edifici vengano collocati sul fronte strada in modo da organizzare un parco urbano abbastanza ampio e che possa ospitare percorsi ciclo-pedonali, giochi per bambini, zone di sosta e ristoro, spazi espositivi all’aperto, ecc. L’area sud è quella che si relaziona maggiormente con il porto, le darsene e le vecchie abitazioni operaie limitrofe; questo è il motivo per cui ho cercato di dislocare l’Hotel La Vela e la vicina residenza e creare al loro posto una sorta di “piazza sul mare”, dove collocare il mercato giornaliero del pesce e le altre attività connesse alla pesca (trattandosi di una sorta di piattaforma posta fra la darsena peschereccia e la darsena per il diporto). Per rendere l’area portuale ancora più attrattiva e viva tutto l’anno, ho inserito due strutture dedicate alla cultura e all’arte locale: nella piattaforma maggiore (posta fra la darsena per il diporto e l’avamporto) trova collocazione il museo del mare volto a richiamare e mantener vive le tradizioni legate all’attività marittima di Senigallia; su piazzale Nino Bixio, in posizione limitrofa alla ferrovia, trova collocazione il museo della fotografia nel tentativo di rendere Senigallia uno dei centri di riferimento per la promozione di questa forma d’arte, alla luce della tradizione che la contraddistingue (si vedano personalità di rilievo come Mario Giacomelli e tutti gli altri esponenti del Gruppo Misa).

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8 Ideogramma progettuale dell’intera area portuale. Progetto: Agnese Turchi.

Attraverso la mia idea progettuale vorrei ribadire l’importanza dell’avere una visione d’insieme del territorio che si vuol trasformare. Se quando si riprogetta un’area si cerca allo stesso tempo di connetterla a tutto ciò che le si sviluppa attorno, è inevitabile chiedersi perché proprio in quel contesto si trovino alcuni edifici piuttosto che altri o perché si siano sviluppate alcune relazioni più di altre; ne consegue un’indagine approfondita sulla storia dei luoghi, sugli usi e costumi, sulle tradizioni nonché sui bisogni e le prospettive future degli abitanti locali. Ecco perché ho ritenuto opportuno collegare il comparto Italcementi-Sacelit alla città, non tanto attraverso le sole vie di comunicazione (molto care all’approccio pianificatorio tradizionale) quanto piuttosto mediante: • un fitto sistema di funzioni (residenze, spazi pubblici, servizi commerciali, servizi legati al turismo, servizi legati alle attività culturali, ecc.) in grado di sviluppare relazioni fra gli abitanti; • una serie di spazi diversificati che attirino abitanti e turisti sia d’estate che d’inverno, sia di giorno che di sera; • la valorizzazione dello spazio pubblico in tutte le sue forme (dal parco urbano alla piazza, dal sistema di darsene alla passeggiata sul lungofiume); • la valorizzazione delle potenzialità locali intese come storia, cultura, tradizioni ed arte. Tanto il Piano d’Area quanto il Progetto Portoghesi sembrano essersi dimenticati di una cosa fondamentale: Senigallia è una città portuale e come tale presenta sia una componente solida, il centro storico, che una componente liquida, il mare. Senza dubbio riqualificare un’area portuale che presenta alle spalle un insediamento come quello di Senigallia è una sfida difficile poiché se da un lato lo scopo è quello di ricostruire il rapporto dell’area con il suo centro storico, dall’altro si corre il rischio di essere autoreferenziali attraverso progetti fini a se stessi (conseguenti al fatto che l’area da riqualificare è posizionata in un’area strategica poiché funge da “porta” alla città). Il caso del Progetto Portoghesi ne è la dimostrazione.

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