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Kos, International Hippocratic Foundation – 31.1.2025 [abstracts]
Apertura dei lavori: Leonardo Curatolo, Presidente Comitato Caduti di Kos
Buonasera a tutti, è con grande onore e profonda emozione che vi ringrazio per essere qui oggi, in questo momento significativo, dove celebriamo il legame indissolubile tra Italia e Grecia. Oggi ci riuniamo non solo per commemorare i caduti di guerre passate, ma anche per riflettere sulla condivisione di valori e memorie che ci uniscono in un cammino verso un futuro di pace.
L'Italia e la Grecia, due nazioni dai ricchissimi patrimoni culturali e storici, hanno condiviso esperienze, sfide e vittorie. Le memorie di chi ha combattuto per la libertà e la giustizia devono rimanere sempre vive nei nostri cuori. È nostro dovere onorarli, non solo attraverso la commemorazione, ma anche attraverso l'impegno attivo per costruire un futuro migliore, fondato sulla comprensione reciproca e sulla collaborazione.
In questo convegno, vogliamo sottolineare l'importanza della collaborazione tra i nostri paesi. Solo attraverso il dialogo e la condivisione di buone pratiche possiamo affrontare le sfide del presente e del futuro. La pace è un valore che non può essere dato per scontato; richiede una volontà collettiva, la perseveranza di ognuno di noi e il coraggio di guardare oltre le divisioni. Oggi, mentre ricordiamo il sacrificio di coloro che hanno dato la vita per la nostra libertà, rivolgiamo il nostro sguardo al futuro. Le relazioni tra Italia e Grecia debeno diventare un esempio per il mondo intero, mostrando che, unendo le forze e valorizzando le nostre differenze, possiamo trascendere il passato e costruire un domani di speranza e solidarietà.
Insieme, possiamo fare il primo passo verso un futuro di pace, dove i legami di amicizia e rispetto reciproco prevalgano sulle divisioni. Vi invito quindi a partecipare attivamente a questo convegno: ascoltiamo, condividiamo idee, proponiamo soluzioni e, soprattutto, impegniamoci a portare avanti i valori di pace e giustizia.
Grazie a tutti per essere qui oggi. Iniziamo questo viaggio insieme, uniti nella memoria e nella speranza.
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Kos, International Hippocratic Foundation – 31.1.2025 [abstracts]
Prof. PhD Federico Ciavattone
Il Corpo di Spedizione Italiano in Macedonia, 1916-1919
Il 5 ottobre 1915, dopo la fallimentare esperienza anglo-francese dei Dardanelli, 13.000 uomini dell’Intesa vennero schierati su Salonicco per difendere la Grecia e impedire agli Imperi Centrali di occupare quello scalo marittimo di importanza strategica.
Nel 1916, l’Intesa chiese anche all’Italia di inviare un Corpo di Spedizione. Il Governo Italiano, dopo un iniziale rifiuto, costituì il Corpo di Spedizione Italiano in Macedonia, la cui spina dorsale fu la 35ª Divisione Fanteria. L’intervento fu motivato dalla volontà di portare soccorso al popolo greco e dal fatto che una maggiore pressione militare sul fronte macedone avrebbe diminuito quella austro-ungarica sul fronte italiano.
Il 18 luglio 1916 da Taranto, i primi militari italiani sbarcarono a Salonicco il 10 agosto. Al Corpo di Spedizione fu assegnato un tratto di fronte di 50 km, tra Kruscia e Balcan, caratterizzato da un con aspri pendii e zone paludose e malariche. Di fronte agli italiani erano schierate le divisioni bulgare.
Per il Corpo di Spedizione Italiano il battesimo del fuoco avvenne l’11 settembre 1916 a cui seguì, nel novembre 1916, la partecipazione all’offensiva su Monastir e il conseguente rischieramento sul tratto di fronte che ruotava attorno a Quota 1050.
I mesi di guerra su Quota 1.050 si caratterizzarono come guerra di logoramento e di trincea dove, a farne da padrone, furono i bombardamenti dell’artiglieria, le perlustrazioni ed i colpi di mano. Solo il 15 settembre 1918 sul fronte macedone venne lanciata da parte degli Eserciti dell’Intesa la vittoriosa offensiva finale.
Nel settore italiano, il 21 settembre, la 35ª Divisione Fanteria, dopo aver eseguito una serie di azioni di inganno, passò all’attacco, sfondando la linea del fronte e puntando su Prilep. L’azione travolgente, però, venne bloccata dopo appena due giorni da un nuovo ordine che richiedeva agli italiani di convergere sulla località di Sop al fine di tagliare la ritirata alle truppe bulgare. La cittadina venne raggiunta il 28 settembre e per l’intera giornata si combatté aspramente nei sobborghi senza che la situazione si sbloccasse. Nei giorni successivi, in conseguenza alla firma dell’armistizio della Bulgaria, tutte le operazioni sul fronte Macedone si interruppero e, nel settore italiano, le truppe bulgare si arresero con l’onore delle armi. La 35ª Divisione Fanteria proseguì sino a schierarsi sul Danubio al fine di minacciare da sud le Armate tedesche.
Con la fine della guerra, il Corpo di Spedizione Italiano in Macedonia venne ritirato solo nel 1919 e, rientrato in Italia, fu sciolto. Purtroppo, quella partecipazione non fu indolore perché nelle file del Regio Esercito si registrarono perdite pari a 8.324 unità e non meno di 10.000 militari furono vittime del gelo, della malaria e della dissenteria
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Dr.ssa Chiara Rizzatti
Kos, International Hippocratic Foundation – 31.1.2025 [abstracts]
Il soccorso sanitario a Salonicco. Gli Ospedali da Campo e il ruolo delle Crocerossine sul fronte macedone
La campagna macedone ha rappresentato una vera sfida per la Sanità militare. Alcune problematiche in un primo momento risultavano quasi insuperabili, sia dal punto di vista organizzativo, sia dal punto di vista epidemiologico. Questo ambito del mediterraneo aveva caratteristiche subtropicali, e ci si trovava ad affrontare di conseguenza anche malattie riscontrabili in questo tipo di clima.
Il corpo di Spedizione arrivato a Salonicco era stato sistemato in una località chiamata Zeimtelik, che non aveva sorgenti di acqua potabile né la possibilità di raccogliere l'acqua piovana. Per contro, aveva un terreno paludoso, disseminato di acquitrini.
In questo contesto, iniziavano a dispiegarsi anche le prime unità sanitarie, e alla creazione di ospedali da campo, che furono distinti dagli ospedali “di base” con una numerazione precisa, che andava da 001 a 0180. A Salonicco, nell'ospedale italiano “Regina Margherita” venne impiantato un primo ospedale da campo, il 0107. In ottobre fu la volta dell'ospedale da campo 0108. Gli ospedali da campo potevano avere varie strutture, spesso con tende, ma talvolta poteva sfruttare edifici preesistenti, come chiese o scuole, come appunto l'ospedale 0108, allestito nelle scuole greche di Nucas, mentre in novembre l'ospedale da campo 0151 (attendato nelle caserme di Salonicco).
Divenne urgente la necessità di una migliore organizzazione, e iniziò quindi un ordinamento sanitario più funzionale, in grado di rispondere al meglio ai tre problemi principali: le malattie endemiche, le risorse limitate, e la difficoltà nei trasporti. Si passò, quindi, a ripensare l'intera organizzazione, e il responsabile di questo fu il Direttore della Sanità del Corpo di Spedizione Italiano in Oriente, il colonnello medico Carlo Annaratone.
L'ospedalizzazione doveva diversificarsi per rispondere a molteplici esigenze, a partire dalla collocazione. Vi erano gli ospedali di primo ricovero, gli ospedali di seconda linea, e gli “ospedali di base”, in cui giungevano i pazienti che necessitavano di cure prolungate.
L'ospedale 0151 merita un'attenzione particolare, perché qui dal 1917 operarono le Infermiere Volontarie della C.R.I. Il 10 febbraio, arrivano così a Salonicco 11 infermiere imbarcate sulla Regia Nave da trasporto Savoia”. Si trattava della prima spedizione, a cui ne seguirono altre. La missione finì in maggio 1919, e questi due anni operarono circa 35 crocerossine.
L'impegno delle infermiere era di sei mesi, ma quasi tutte rimasero più di un anno. Dal diario della Capogruppo Marianna Denti di Piraino, abbiamo descrizioni precise dell'ospedale da campo. Particolarità di questo ospedale era che ospitava solo malati e non feriti.
Nel loro lavoro di assistenza, le volontarie combattevano il tifo, il paratifo, la dissenteria amebica, la malaria tra i pazienti, ma talvolta anche tra le crocerossine stesse.
E nonostante questa indiscutibile abnegazione, negli scambi epistolari tra le crocerossine che rientravano in Italia traspare è la fiducia assoluta nella causa da loro perseguita, e l'appagamento nel vedere la riconoscenza dei soldati.
La Croce Rossa ha avuto in Macedonia un apporto notevole, che però non è stato solo ad appannaggio delle crocerossine. Vi sono esempi di suore che avevano prestato servizio in un Ospedale Militare, come “semplici” infermiere volontarie.
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Kos, International Hippocratic Foundation – 31.1.2025 [abstracts]
Gen. B. (ris) Cristiano Maria Dechigi
Il sacrificio di Coo, 8 settembre – 4 ottobre 1943
L’Isola di Coo è un delle maggiori isole del Dodecaneso, arcipelago greco prospiciente le coste della Turchia, facente parte, all’epoca dei fatti che illustreremo, del territorio metropolitano italiano (Provincia di Rodi), a seguito dell’occupazione avvenuta nel 1912 per effetto degli esiti della guerra Italo turca.
Sull’Isola principale di Rodi (Provincia italiana con sigla RD) era di stanza il Comando Divisione “Regina” che aveva diversi distaccamenti disseminati sulle isole dell’arcipelago, fra le quali Coo. Qui era di stanza il Comando del 10° reggimento fanteria “Regina”. L’unità era stata di sede a Bari dai primi novecento fino al 1937, anno in cui aveva preso la nuova sede. Successivamente all’entrata in guerra dell’Italia il reggimento aveva preso sede in Coo con due battaglioni su tre e diversi gruppi e batterie di artiglieria di diverso calibro. L’isola disponeva di un aeroporto posto in posizione baricentrica allineato sulla dimensione minore dell’isola. All’inizio della guerra, durante la campagna di Grecia (28 ottobre 1940 e il 23 aprile 1941) il 20 novembre 1940, due compagnie del I Btg. del 10° reggimento fanteria avevano rioccupato l'isoletta di Gaidaro che era stata catturata il giorno precedente da marinai greci.
Nel mese di marzo 1941, ancora il 10° Reggimento, con il III battaglione, ha l'incarico di rioccupare l'isola di Castelrosso caduta nelle mani di un corpo da sbarco inglese dopo che il nostro presidio, composto da pochi trasmettitori e da forze dell’ordine, era stato sopraffatto. L'impresa ebbe successo e riportò in mano italiana un punto strategico fondamentale nel controllo dell’arcipelago.
Lo spostamento sempre più ad Ovest della linea di contatto fra Asse e Alleati attraverso Africa e quindi penisola Italiana relegò a funzione ancillare il settore Egeo, sempre di interesse per i Britannici che volevano colpire la Germania attraverso i Balcani.
In tale ottica e nel complesso senza l’accordo, se non di facciata, con gli statunitensi, i britannici prepararono un complesso di forze, fra l’adeguato e l’esiguo, per occupare il Dodecaneso. L’operazione denominata “ACCOLADE” era stata pianificata fin dal 1942 per garantire un flusso comunicativo verso la Turchia.
Le forze inviate sull’isola, la scarsa copertura aerea, la convinzione non suffragata dallo sviluppo degli eventi di avere il controllo del mare, coniugate alla diffidenza inevitabile fra truppe di Sua Maestà e soldati italiani, fecero da presupposto alla rapida conquista dell’Isola, condotta in due giorni dalle truppe tedesche.
Queste sbarcarono in forza dal mare in tre punti, inosservati, e in minima parte per aviolancio, ma soprattutto sorretti da una superiorità aerea assoluta.
La difesa italo britannica, che mancava di un comando comune, fu rapidamente sopraffattta da forze preponderanti che agirono con il costante supporto aerotattico.
Al termine dei combattimenti, come già successo in altre località che videro gli italiani combattere contro le truppe del Terzo Reich, oltre centocinquanta Ufficiali vennero fucilati e dispersi in fosse comuni mai completamente ritrovate.
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Gen. Michele Scilla
Kos, International Hippocratic Foundation – 31.1.2025 [abstracts]
Il contributo dei volontari italiani nella guerra di indipendenza greca
Il sostegno degli italiani nella guerra di indipendenza greca contro l’Impero ottomano non fu solo un sostegno militare ma anche politico, culturale e letterario. Per secoli infatti tra l’Italia e la Grecia c’è stato un vincolo di fratellanza speciale, arricchito da legami storici, economici e culturali veramente significativi.
Il coinvolgimento dei patrioti italiani nella guerra d’indipendenza greca fu quindi molto profondo ed intimamente sentito. Si trattò di un conflitto sanguinoso, condotto dal popolo greco e dai volontari europei che si protrasse per quasi dieci anni, dal 1821 al 1829. Al termine di questa prima fase, il Peloponneso e la Grecia continentale acquistarono la libertà.
Naturalmente, un ruolo di primissimo piano lo ebbero le grandi potenze europee, la G.B. la Francia e la Russia ma esse intervennero soprattutto per tutelare i loro interessi nell’area. Chi non aveva alcun interesse economico, politico e militare erano i volontari che da tutta Europa si recarono in Grecia mossi da un forte spirito di fratellanza e di libertà, da un’ondata di entusiasmo e da una grande indignazione per la brutale repressione ottomana.
Dopo l’insurrezione del 1821, la repressione turca non si fece attendere. I fatti più sanguinosi si svolsero nell’isola di Chio dove la popolazione locale fu quasi interamente sterminata. Ma proprio questo massacro ebbe una risonanza così forte che spinse tanti cittadini europei ad unirsi ai rivoltosi. Una parte consistente di questi volontari era italiana. Celebri le figure di Giuseppe Maria Rosaroll, Santorre di Santarosa e di Alerino Palma che, in un celebre discorso ebbe a dire “gli italiani devono considerare la Grecia come la loro seconda Patria”.
Nonostante l’indipendenza, tuttavia rimanevano in mano turca diversi territori, come Creta, la Macedonia, la Tessaglia e la Tracia che dovevano essere liberate. Le battaglie contro l’Impero ottomano pertanto proseguirono per tutto l’ottocento. Giuseppe Garibaldi, l’eroe dei due mondi, era morto nel 1882. Quindici anni più tardi, uno dei suoi figli, Ricciotti Garibaldi, reclutò un grosso numero di volontari per combattere a fianco del popolo greco. Molti di questi erano veterani garibaldini con una età media che superava i cinquant’anni. Insieme a loro c’erano anche i volontari della legione italiana guidati da Amilcare Cipriani. Lo scontro più cruento tra l’esercito greco comandato dal principe Costantino e i volontari garibaldini da una parte e le truppe turche di Eden Pascià dall’altra avvenne a Domokos nel 1897. I turchi in quella battaglia ebbero la meglio e l’esercito greco fu costretto a ritirarsi.
Ma provate a indovinare chi furono i volontari a coprire la ritirata versando un contributo altissimo di sangue? Furono proprio i veterani garibaldini.
In conclusione, vorrei fare almeno due considerazioni.
La prima è che le condizioni dell’Italia nell’ottocento non erano diverse da quelle della Grecia. Gli ottomani opprimevano da diversi anni il popolo greco, gli austriaci quello italiano. Per questo motivo diversi movimenti filoellenici mostravano grande solidarietà e fratellanza verso il popolo amico oppresso dalla dominazione straniera.
La seconda riguarda il processo risorgimentale del mio Paese che percosse una via parallela a quella del movimento indipendentista ellenico, ambedue tesi a conseguire la libertà dei rispettivi popoli.
E concludo sottolineando che tanti eroi lottarono e morirono per conquistare l’indipendenza, senza alcuna distinzione di condizione sociale, dagli aristocratici e dai cittadini benestanti fino alla gente più semplice e ai volontari garibaldini dalla camicia rossa, tutti insieme in nome della libertà dei popoli.
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Gen. Ermanno Rubini
Onoriamoli con i fatti
Kos, International Hippocratic Foundation – 31.1.2025 [abstracts]
Prendere la parola qui è motivo di emozione e di responsabilità: perché i nostri “Eroi Dimenticati” hanno piantato il seme di alberi sapendo di non poter mangiare i loro frutti.
“Eroi Dimenticati”? No: il loro sacrificio trascende la dimensione storica per diventare un Insegnamento Universale. Il loro ricordo non sia una statua in un giardino di silenzi, ma un atto di responsabilità per dar Loro il posto che meritano nelle nostre coscienze: essi, non hanno avuto un futuro per consentire a noi di avere il nostro presente.
Senza Memoria non c’è Storia, senza Storia non c’è Futuro.
Ognuno di noi è una macchina del tempo: i ricordi ci portano nel passato, le visioni ci portano nel futuro. Onoriamo i nostri Caduti diventando il loro strumento operativo.
Ecco il senso del mio intervento: promuovere, tra Comunità greche ed italiane, un nuovo tipo di “gemellaggio” dedicato ai nostri Caduti.
Platone, nella “Repubblica”, scriveva: "Solo conoscendo ciò che è accaduto, possiamo aspirare a ciò che deve essere." Questa frase evidenzia che la Memoria non è la catena che chiude, ma è il ponte che unisce.
Attraverso questo nuovo tipo di “gemellaggio”, la Memoria non sarà un cassetto pieno di ricordi, ma sarà il motore alimentato dai ricordi.
Dedichiamo ai giovani Greci e Italiani, questo “gemellaggio” per offrire il vero significato degli eventi storici attraverso la valorizzazione dei Luoghi della Memoria, per produrre opportunità di lavoro e iniziative di Protezione Civile e di volontariato congiunto per l’ambiente, per la tutela del patrimonio archeologico e per creare esperienze attraverso nell’Arte, nello Sport e nella Cultura.
Valorizziamo il pensiero politico di Kònstantinos Karamanlìs: "L'Europa non è solo un'unione economica, ma è un'idea culturale e politica". L’idea è la scintilla che ci fa immaginare il mondo che vorremmo. Aristotele insegna che le IDEE per diventare ATTI hanno bisogno di CAUSE e le cause in questo caso si identificano con le risorse.
Ebbene, il Programma Europeo CERV (Citizens, Equality, Rights, Values) finanzia la partecipazione civica e la crescita sociale mediante progetti di “gemellaggio” e di “Memoria storica”.
Quindi, unendo il “gemellaggio” e la “Memoria storica” potremmo piantare qui, nell’Isola di Kos, il primo seme del “Gemellaggio in Onore dei Caduti” tra il luogo dove sono avvenuti questi sacrifici e il luogo di appartenenza di questi Eroi non più Dimenticati.
Immaginiamo un albero: nelle sue radici profonde la Storia millenaria dei nostri Popoli, nei suoi rami rigogliosi le generazioni che si dirigono verso un futuro comune.
Concludo questo mio intervento:
“Eroi Dimenticati”? No: protagonisti del futuro perché con il loro sacrificio ci hanno lasciato un mondo migliore. Proseguiamo la loro eredità con i fatti che saranno il nostro lascito.
Ai nostri Caduti, rispetto e gratitudine perché il loro sacrificio è stata la linfa che ci ha permesso di vivere il nostro presente. A noi, il compito di alimentare quella linfa per assicurare un futuro migliore ai nostri figli.
Troviamo la forza di piantare dei semi pur con la consapevolezza che non mangeremo i frutti degli alberi che verranno.
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Dr. Enzo Bonanno
Kos, International Hippocratic Foundation – 31.1.2025 [abstracts]
Il simbolo ed il ricordo: il caso di Leros
Il simbolo ed il ricordo, ho titolato. Corsi e ricorsi storici, avrei forse dovuto titolare...
Ve ne porto un piccolo esempio, quello di un’isoletta, assimilabile grosso modo nelle dimensioni (ma non certo nella configurazione orografica) a Pantelleria. E che come questa si è trovata a ricoprire un interesse strategico rilevante nello specifico contesto cronologico (la prima metà del secolo scorso) e geografico: il Canale di Sicilia nel caso di Pantelleria; l’Egeo nel caso di Leros.
L’importanza strategica del Dodecaneso è riconosciuta dall’Italia al momento della sua conquista all’Impero Ottomano nel 1912; e ne sviluppa le potenzialità a partire dal riconoscimento della sovranità italiana sancita dal Trattato di Losanna del 1923.
Allo scoppio della 2GM, tale importanza strategica dell’arcipelago viene riconfermata: prima dall’Inghilterra, che cercherà di impossessarsene e successivamente dalla Germania, riuscendovi
La Piazzaforte di Leros, forte di 8320 uomini paga un primo contributo di sangue con i bombardamenti inglesi del ’40 e del ‘41; un altro ben più pesante nei 53 giorni di bombardamenti tedeschi e con l’invasione finale; ma sopratutto ne paga uno incalcolabile nel tragico naufragio dell’Oria causato dal maltempo, al pari degli affondamenti ad opera degli Inglesi dei piroscafi che trasportavano i militari italiani verso i campi di prigionia dell’Europa orientale.
Nel grande flusso della Storia, panta rei, tutto passa; la vita continua; i reduci vengono dispersi dalle vicende familiari e lavorative. Il velo dell’oblio cala rapido ed inesorabile sull’arcipelago
Ma ecco che nei primi del ’70 si costituisce in Emilia l’Associazione Nazionale Reduci dell’Egeo. È presente nel 1992 qui a Kos all’inaugurazione della lapide in memoria degli ufficiali fucilati a Linopoti E si fa promotrice nello stesso anno dell’erezione a Leros di una stele commemorativa dedicata ai caduti italiani della Battaglia di Leros.
Pochi mesi dopo un ordigno esplosivo la abbatteva, ed il monumento viene prontamente ricostruito a carico del Comune e re-inaugurato nel 1993 alla presenza di SE l’Ambasciatore Cominedò Ma gli anni passano, le file dei reduci si assottigliano per motivi anagrafici, manca un fisiologico ricambio generazionale: il ricordo si va lentamente spegnendo, nel 2000 l’associazione viene sciolta, cala nuovamente il velo dell’oblio sul Possedimento.
Nel 2009 nasce a Leros l’Associazione Culturale AIAL che nel contesto dell’interscambio culturale perseguito promuove nel 2015 il restauro della stele, che si presenta in stato di grave degrado La stele viene re-inaugurata ancora una volta alla presenza dell’Addetto Difesa dell’Ambasciata. Sottoscrizione per il restauro, supporto del Comune, presenza di pubblico ed autorità italiane e locali testimoniano una forte ripresa dell’interesse per la storia del Dodecaneso, attestato inoltre dalla sempre nutrita partecipazione alle iniziative a tema storico promosse dall’Associazione E la stele dell’ARDE è stata onorata nel 2018 dalla presenza di SE l’Ambasciatore Marras nel corso di una visita istituzionale all’isola
Il monumento viene oggi a ricoprire, nell’ambito delle varie occasioni celebrative, il fondamentale ruolo di simbolo nel ricordo del sacrificio di quanti presero parte agli eventi bellici o vi persero la vita nel segno di un ideale di Patria, riscattando la memoria di quei giorni e sottraendola all’oblio.