Neve e Valanghe 89

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n° 89 - dicembre 2016

Poste Italiane Spa

Meteorologia alpina, Glaciologia, Prevenzione Sicurezza in montagna

Principali eventi valanghivi sui Sibillini tra il 2004 e il 2016 Saint-RhĂŠmy 1129 disgrazia lungo la via Francigena La propensione al distacco quantificata

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Indirizzi e numeri telefonici dei Servizi Valanghe AINEVA dell’Arco Alpino Italiano REGIONE PIEMONTE ARPA Piemonte Dipartimento Sistemi Previsionali Via Pio VII 9 - 10135 Torino Tel 011 19681340 - fax 011 19681341 http://www.arpa.piemonte.it e-mail: sistemi.previsionali@arpa.piemonte.it REGIONE AUTONOMA VALLE D’AOSTA Assessorato Opere pubbliche, difesa del suolo e edilizia residenziale pubblica Direzione assetto idrogeologico dei bilanci montani Ufficio neve e valanghe Loc. Amérique 33/A - 11020 Quart (AO) Tel. 0165 776600/1- fax 0165 776804 Bollettino Nivometeorologico Tel. 0165 776300 http://www.regione.vda.it e-mail: u-valanghe@regione.vda.it REGIONE LOMBARDIA ARPA Lombardia Settore Tutela delle Risorse e Rischi Naturali U.O. Centro Nivometeorologico Via Monte Confinale 9 - 23032 Bormio (SO) Tel. 0342 914400 - Fax 0342 905133 Bollettino Nivometeorologico http://www.arpalombardia.it/meteo e-mail: nivometeo@arpalombardia.it PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO Servizio prevenzione rischi Ufficio previsioni e pianificazione Via Vannetti 41 - 38122 Trento Tel. 0461 494870 - Fax 0461 238305 Bollettino Nivometeorologico Tel. 0461 238939 Self-fax 0461 237089 http://www.meteotrentino.it e-mail: ufficio.previsioni@provincia.tn.it PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO Ufficio Idrografico, Servizio Prevenzione Valanghe e Servizio Meteorologico Viale Druso, 116 - 39100 Bolzano Tel. 0471 416140 - Fax 0471 416159 Bollettino Nivometeorologico Tel.0471 270555 Tel.0471 271177 anche self fax http://www.provincia.bz.it/valanghe e-mail: Hydro@provincia.bz.it REGIONE DEL VENETO ARPA-Veneto Centro Valanghe di Arabba Via Pradat 5 - 32020 Arabba (BL) Tel. 0436 755711 - Fax 0436 79319 Bollettino Nivometeorologico Tel 049 8239399 http://www.arpa.veneto.it e-mail: cva@arpa.veneto.it REGIONE AUTONOMA FRIULI VENEZIA GIULIA Direzione centrale risorse rurali, agroalimentari e forestali Servizio del Corpo forestale regionale Settore neve e valanghe Via Sabbadini 31 - 33100 Udine Tel. 0432 555877 - Fax 0432 485782 Bollettino Nivometeorologico NUMERO VERDE 800860377 (in voce e self fax) http://www.regione.fvg.it/asp/newvalanghe/welcome.asp e-mail: neve.valanghe@regione.fvg.it

Gli utenti di “NEVE E VALANGHE”: • Sindaci dei Comuni Montani • Comunità Montane • Commissioni Locali Valanghe • Prefetture montane • Amministrazioni Province Montane • Genii Civili • Servizi Provinciali Agricoltura e Foreste • Assessorati Reg./Provinciali Turismo • APT delle località montane • Sedi Regionali U.S.T.I.F. • Sedi Provinciali A.N.A.S. • Ministero della Protezione Civile • Direzioni dei Parchi Nazionali • Stazioni Sciistiche • Scuole di Sci • Club Alpino Italiano • Scuole di Scialpinismo del CAI • Delegazioni del Soccorso Alpino del CAI • Collegi delle Guide Alpine • Rilevatori di dati nivometeorologici • Biblioteche Facoltà Univ. del settore • Ordini professionali del settore • Professionisti del settore italiani e stranieri • Enti addetti ai bacini idroelettrici • Redazioni di massmedia specializzati • Aziende addette a: produzione della neve, sicurezza piste e impianti, costruzione attrezzature per il soccorso, operanti nel campo della protezione e prevenzione delle valanghe.

REGIONE MARCHE Dipartimento per le Politiche Integrate di Sicurezza e Protezione Civile Centro Funzionale Multirischi per la Meteorologia e l'Idrologia Via del Colle Ameno, 5 - 60126 Ancona Tel. 071 8067743 - Fax 071 8067709 http://protezionecivile.regione.marche.it e-mail: centrofunzionale@regione.marche.it Sede AINEVA Vicolo dell’Adige, 18 38122 Trento Tel. 0461 230305 - Fax 0461 232225 http://www.aineva.it e-mail: aineva@aineva.it

Periodico associato all'USPI Unione Stampa Periodica Italiana


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Meteorologia alpina, Glaciologia, Prevenzione e Sicurezza in montagna

D I C E MB R E 2 0 1 6 N UME R O 8 9

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Rivista dell’AINEVA - ISSN 1120 - 0642 Aut. Trib. di Rovereto (TN) N° 195/94NC del 28/09/1994 Sped in abb. postale Gr. IV - 50% Abbonamento annuo 2016: Euro 18,00 da versare sul c/c postale n. 14595383 intestato a: AINEVA Vicolo dell'Adige,18 - 38122 Trento

Direttore Responsabile Anselmo CAGNATI ARPA Veneto Coordinamento redazionale: ARPA Veneto

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Comitato di redazione: Luciano LIZZERO, Maria Cristina PROLA, Mauro VALT, Giovanna BURELLI, Elena BARBERA, Walter BEOZZO, Stefano SOFIA, Alfredo PRAOLINI, Fabio GHESER Comitato scientifico editoriale: Alberto TRENTI, Secondo BARBERO, Daniele MORO, Maurizio FERRETTI, Michela MUNARI, Giovanni PERETTI, Valerio SEGOR Segreteria di Redazione: Vicolo dell’Adige, 18 38122 TRENTO Tel. 0461/230305 Fax 0461/232225 Videoimpaginazione e grafica: MOTTARELLA STUDIO GRAFICO www.mottarella.com Cosio Valtellino (SO) Stampa: LITOTIPOGRAFIA ALCIONE srl Lavis (TN) Referenze fotografiche: Foto di copertina: Andrea Debernardi Ai piedi del del Monte Bianco: la Aiguille-de-laBrenva e la torre del Pére-Èternel, in secondo piano la Aiguille-Noire-de-Peuterey e il Grand-Pillierd'Angle. Andrea Debernardi: II, 2, 40, 41 (in alto e al centro) Luca Iacolettig: 41 (in basso) Se non diversamente specificato in didascalia, le foto contenute negli articoli sono degli autori.

Hanno collaborato a questo numero:

Serena Mottarella, Stefania Del Barba, Nadia Preghenella, Monica Rossi, Igor Chiambretti, Enrico Filaferro, Silvia Reggiani.

Gli articoli e le note firmate esprimono l'opinione dell'Autore e non impegnano l'AINEVA. I dati forniti dagli abbonati e dagli inserzionisti vengono utilizzati esclusivamente per l’invio della presente pubblicazione (D.Lgs.30.06.2003 n.196).

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PRINCIPALI EVENTI VALANGHIVI SUI SIBILLINI TRA IL 2004 E IL 2016 S. Sofia, F. Boccanera, G. Speranza

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SAINT-RHÉMY 1129 DISGRAZIA LUNGO LA VIA FRANCIGENA A. Debernardi, don P. Papone, V. Segor

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LA PROPENSIONE AL DISTACCO QUANTIFICATA L. Iacolettig, B. Sovilla

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editoriale

Il numero 89 di “Neve e Valanghe” è l’ultimo ad uscire in formato cartaceo tradizionale. Dopo 33 anni, esigenze di budget e la necessità di dotare AINEVA di uno strumento di comunicazione più moderno e flessibile, hanno indotto il Comitato Tecnico Direttivo a questo passo necessario. La rivista certamente non chiude, ma in futuro sarà disponibile su web in un nuovo “format” ancora in fase di definizione. Sfogliando i primi numeri della rivista, emerge in maniera eclatante quanta strada è stata fatta da allora anche nel nostro piccolo settore. I contributi di questi primi numeri riguardavano le modalità di funzionamento dei Servizi di previsione, l’organizzazione delle reti di raccolta dati, molto cautamente si cominciavano a valutare i primi risultati nell’utilizzo della modellistica di evoluzione del manto nevoso. Oggi l’attività degli Uffici valanghe è consolidata, i servizi offerti sono diventati una base imprescindibile per la pianificazione di tutte le attività svolte nel periodo invernale, i dati raccolti con le reti di monitoraggio consentono ormai di attuare una climatologia della neve e i modelli vengono utilizzati operativamente sia nel settore previsionale sia in quello della dinamica delle valanghe. In questo percorso la rivista “Neve e Valanghe” ha avuto un ruolo importante di collegamento fra i ricercatori, i tecnici che operano negli Uffici valanghe e gli utenti finali. Nell’ormai lontano autunno del 1984, l’allora Direttore Responsabile di “Neve e Valanghe”, in chiusura del suo editoriale sul numero zero della rivista, poneva ai lettori la seguente domanda: “Sapremo rappresentare un punto di riferimento per quanti di voi?”. Oggi, dopo 33 anni, si può dire che il riscontro da parte dei lettori c’è stato: sì, la rivista è stata un punto di riferimento per molti, professionisti che operano nel settore, amministratori, ma anche semplici appassionati della montagna invernale che nel tempo hanno sentito l’esigenza di approfondire le proprie conoscenze, stare al passo con i tempi, conoscere ciò che la scienza e la tecnica mettevano a disposizione per una prevenzione sempre più efficace. Oggi una nuova sfida attende AINEVA: la sfida è quella di realizzare un prodotto nuovo al passo con i tempi, nel solco della tradizione e del rigore tecnico-scientifico che ha sempre contraddistinto la rivista ma aperto maggiormente a contributi esterni, al dialogo con gli utenti e alle esigenze non solo dei professionisti e degli specialisti ma anche della grande massa di persone che oggi frequentano la montagna invernale.

Anselmo Cagnati Direttore Responsabile

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PRINCIPALI EVENTI VALANGHIVI sui SIBILLINI tra il 2004 e il 2016 REGIONE MARCHE, SERVIZIO PROTEZIONE CIVILE, CENTRO FUNZIONALE

Stefano Sofia, Francesco Boccanera e Gabriella Speranza Regione Marche, Servizio Protezione Civile, Centro Funzionale, Ancona

Il Centro Funzionale Servizio Protezione Civile della Regione Marche, con la collaborazione di AINEVA, presenta la prima versione di un rendiconto dei principali eventi valanghivi verificatisi sui Monti Sibillini tra il 2004 ed il 2016. L'intenzione principale di questo studio è quello di mettere in relazione gli eventi riportati con le situazioni sinottiche, i parametri meteorologici più influenti e la Carta di Localizzazione Probabile delle Valanghe (CLPV), per fornire una base, sia a livello decisionale sia a livello tecnico-scientifico, alle Amministrazioni comunali ed agli esperti del settore. La quasi totalità del materiale riportato è di proprietà della Regione Marche, altrimenti è espressamente specificata la fonte.

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INTRODUZIONE

A seguito di un cammino cominciato una decina di anni fa, e che ha preso vigore con l’entrata della Regione Marche nell’AINEVA nel 2011, il Centro Funzionale della Protezione Civile Regione Marche presenta la prima edizione di un rendiconto degli eventi valanghivi principali che si sono verificati sui Monti Sibillini, siano essi spontanei o provocati, avvenuti in alta montagna o in prossimità del territorio antropizzato.

Foto 1 - Valanga partita dalla Banditella ed arrivata sulla strada di Foce di Montemonaco.

Tale documento è un passo iniziale innanzitutto per ordinare il materiale che nel corso degli anni è stato acquisito dal Centro Funzionale sia direttamente, sia dagli uffci tecnici comunali o da professionisti del settore, per metterlo a disposizione dell’Amministrazione regionale e della comunità tecnico-scientifica. L’obiettivo finale di questo lavoro, assieme a tutte le partiche che ancora non sono presenti ma che necessariamente nel tempo lo andranno a comporre, non è quello di studiare la dinamica di singoli eventi, bensì quello di presentare le condizioni generali che hanno favorito l’innesco di alcuni fenomeni, relazionandole con i principali parametri nivo-meteorologici che vanno ad influenzare la formazione e l’evoluzione del manto nevoso. Per poter organizzare e visualizzare i dati in maniera semplice e funzionale si è scelto di raggruppare le stazioni in due settori omogenei: il versante interno e il versante orientale dei Sibillini.

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Fig. 1 a) Precipitazioni tra lunedì 17 e domenica 23 gennaio e tra lunedì 24 e mercoledì 26 gennaio 2005. b) Altezza dello zero termico tra lunedì 17 e mercoledì 26 gennaio 2005 (LAMI) e geopotenziale e temperatura a 850hPa di mercoledì 26 gennaio 2005 h00 (GFS). c) Altezza del manto nevoso, temperatura e vento delle stazioni automatiche di Sassotetto, Pintura di Bolognola e Rifugio Sibilla.

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Durante le stagioni invernali sono stati presi in considerazione solo i periodi in cui si è registrata attività valanghiva (con la dicitura valanga avvenuta nel caso che la data di accadimento sia certa e valanga osservata in caso contrario). Per ciascun evento è stato creato un capitolo che riassume graficamente i parametri nivometeorologici principali che caratterizzano l’evoluzione del manto nevoso: le precipitazioni, la temperatura, la direzione ed intensità del vento e l’altezza del manto nevoso. La differente esposizione di questi settori favorisce una diversa influenza dei flussi e delle perturbazioni che interessano l’Appennino centrale e risulta determinante per la trasformazione del manto nevoso: il versante orientale risente quasi esclusivamente delle perturbazioni che scendono lungo l’Adriatico o che sono associate a flussi di rientro, è frequentemente interessato da intensi venti catabatici (garbino) e risulta più soleggiato; il versante interno


risente maggiormente delle perturbazioni atlantiche, è soggetto a un diffuso e forte trasporto eolico ed i versanti meno soleggiati alle quote più alte sono luoghi privilegiati per lo sviluppo di metamorfismi costruttivi. Secondo questi criteri molto generici le stazioni di Monte Bove Sud, Monte Prata e Pizzo tre Vescovi sono state raggruppate nel versante interno, mentre le stazioni automatiche di Pintura di Bolognola, Sassotetto e Rifugio Sibilla sono state raggruppate nel versante orientale. Per le precipitazioni si sono visualizzate le isoiete a livello regionale sia delle 72 ore antecedenti l’evento preso in considerazione (o il primo di una successione di eventi), sia della settimana precedente a tale intervallo. La scelta di usare un intervallo di 72 ore si riconduce alla classificazione delle valanghe di neve fresca all’interno degli scenari di pericolo (di cui un breve accenno è riportato poco più avanti). I dati meteo-nivologici usati in questo studio

provengono dalle stazioni automatiche della rete MIR e sono di proprietà della Regione Marche, come gran parte del materiale fotografico (la cui fonte è espressamente specificata in caso contrario). Le carte di geopotenziale e temperatura sono tratte dall’archivio del GFS mentre l’altezza dello zero termico è fornita dal LAMI su un punto nella provincia di Ascoli (longitudine 13.550, latitudine 42.867 ed altezza del modello 357m). Per localizzare gli eventi valanghivi è stato indicato (nei casi dove questo è stato possibile) il singolo sito valanghivo riportato dalla Carta di Localizzazione Probabile Valanghe, i cui fogli divisi per comune sono stati riportati a fine documento. In alcuni casi la descrizione del luogo è comunque sufficiente a localizzare l’evento con adeguata precisone. Tale carta fu inizialmente commissionata dalla Regione Marche al Prof. Roberto Nevini e fu presentata nel 1998. Tutto il materiale è in via di aggiorna-

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mento; un paio di anni fa la carta è stata digitalizzata e gli shape files sono pubblicamente disponibili; a breve tutto il materiale sarà inserito in un webGIS. Nella descrizione degli eventi si è cercato di catalogare, quando possibile, il tipo di valanga secondo gli scenari di pericolo che sono in via di approvazione da parte dell’EAWS. Le precipitazioni sono calcolate in millimetri (mm), l’altezza del manto nevoso in centimetri (cm), la temperatura in gradi

Foto 2 - Valanghe diffuse a Foce di Montemonaco, che hanno lambito la sede stradale e la piazza di Foce di Montemonaco.

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Fig. 2 a) Precipitazioni tra giovedì 1 e mercoledì 7 marzo e tra giovedì 8 e sabato 10 marzo 2010. b) Altezza dello zero termico tra giovedì 1 e sabato 10 marzo 2010 (LAMI) e geopotenziale e temperatura a 850hPa di mercoledì 10 marzo 2010 h00 (GFS). c) Altezza del manto nevoso, temperatura e vento delle stazioni automatiche di Sassotetto, Pintura di Bolognola e Rifugio Sibilla.

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Fig. 3 a) Precipitazioni tra domenica 20 e sabato 26 febbraio e tra domenica 27 febbraio e martedì 1 marzo 2011. b) Altezza dello zero termico tra domenica 20 febbraio e martedì 1 marzo 2011 (LAMI) e geopotenziale e temperatura a 850hPa di martedì 1 marzo h00 (GFS). c) Altezza del manto nevoso, temperatura e vento delle stazioni automatiche di Sassotetto, Pintura di Bolognola e Rifugio Sibilla.

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Foto 3 - Valanga in prossimità del centro di Foce di Montemonaco.

Celsius (°C) e l’intensità del vento in metri al secondo (m/s, per trasformarla in km/h si deve moltiplicare per 3.6). Per identificare in maniera univoca la direzione del vento si deve fare riferimento in contemporanea sia al colore sia alla forma dei punti che compongono il grafico (tondeggianti per l’est e quadrati per l’ovest). La versione presentata in questo articolo è il sunto principale del documento originale, che sarà ampliato ed aggiornato al termine di ogni stagione invernale, e che può essere trovato sia nel sito internet dell’AINEVA sia in quello del Centro Funzionale della Regione Marche. 26 gennaio 2005 Avvenute valanghe di grandi dimensioni per sovraccarico di neve fresca sul Monte Sibilla alla Banditella (siti 3 e 4 della CLPV di Montemonaco) che hanno ostruito la strada a Foce di Montemonaco (foto 1, fig. 1).

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10 marzo 2010 Avvenute due valanghe per sovraccarico di neve fresca a Cima della Prata a Fosso Cerasa e Fiumetti (rispettivamente siti 36 e 39 della CLPV di Montemonaco, foto 2) che si sono riversate nell’area antistante la piazza di Foce di Montemonaco; un’altra, la più grande, avvenuta sul Monte Banditello a Fosso Cupo (sito 33 della CLPV di Montemonaco) a monte del paese. Avvenute valanghe spontanee anche sul versante meridionale del Monte Sibilla (fig. 2).

Fig. 4 a) Precipitazioni tra martedì 22 e lunedì 28 febbraio 2011 e tra martedì 1 e giovedì 3 marzo 2011. b) Altezza dello zero termico tra mercoledì 23 febbraio e giovedì 3 marzo 2011 (LAMI) e geopotenziale e temperatura a 850hPa di giovedì 3 marzo 2011 h00 (GFS). c) Altezza del manto nevoso, temperatura e vento delle stazioni automatiche di Sassotetto, Pintura di Bolognola e Rifugio Sibilla.

Foto 4 - Valanga di grandi dimensioni a Fosso di Casale.

1 marzo 2011 Avvenute diffuse valanghe a Foce di Montemonaco per sovraccarico di neve fresca dovute ad intensa attività eolica alle quote più alte e neve molto umida alle quote inferiori. Le valanghe a Fiumetti (sito 39, foto 3) e Fosso Zappacenere (sito 8) sono state di medie dimensioni, quelle a Fosso Cerasa (sito 36) e Fosso Cupo (sito 33) sono state di grandi dimensioni (fig. 3).

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3 marzo 2011 Avvenute valanghe di neve fresca a debole coesione a monte dell’abitato di Foce di Montemonaco (fig. 4). 6 marzo 2011 Avvenuta valanga di grandi dimensioni per sovraccarico di neve fresca sia a Casale di Montegallo (sito 6 della CLPV di

Foto 5 - Valanga di grandi dimensioni a Fosso di Colleluce.

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Fig. 5 a) Precipitazioni tra venerdì 25 febbraio e giovedì 3 marzo 2011 e tra venerdì 4 e domenica 6 marzo 2011. b) Altezza dello zero termico tra venerdì 25 febbraio e domenica 6 marzo 2011 (LAMI) e geopotenziale e temperatura a 850hPa di domenica 6 marzo 2011 h12 (GFS). c) Altezza del manto nevoso, temperatura e vento delle stazioni automatiche di Sassotetto, Pintura di Bolognola e Rifugio Sibilla.

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Foto 6 - Foto scattata giovedì 9 febbraio 2012 delle difese attive sul Monte Zampa sopra la frazione di Rubbiano. Si notino le dune eoliche di deposito, segno evidente di lastroni soffci di neve fresca ventata.

Montegallo, foto 4), che a Colleluce (sito 8, foto 5) (fig. 5). 4 febbraio 2012 Avvenuta valanga a Foce di Montemonaco che ha isolato la frazione di Foce di Montemonaco. Per i dettagli a livello meteo consultare il rapporto di evento "1-13 febbraio 2012" (fig. 6). 7 febbraio 2012 Emesse ordinanze sindacali per lo sgombero degli abitanti della frazione di Rubbiano di Montefortino e chiusura della strada comunale di accesso alla stessa (sito 48 della CLPV di Montefortino, foto 6) (fig. 7).

Foto 7 - Sopralluogo congiunto al CFS sulla strada SarnanoSassotetto effettuato giovedì 16 febbraio 2012.

15 febbraio 2012 Avvenuta valanga di grandi dimensioni sulla strada Sarnano-Sasso Tetto per sovraccarico di neve fresca (sito 1 della CLPV di Sarnano, foto 7). Il giorno seguente è pervenuta una notifica da parte del personale CFS di un

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Fig. 6 a) Precipitazioni tra giovedì 26 gennaio e mercoledì 1 febbraio e tra giovedì 2 e sabato 4 febbraio 2012. b) Altezza dello zero termico tra giovedì 26 gennaio e sabato 4 febbraio 2012 e geopotenziale e temperatura a 850hPa di sabato 4 febbraio 2012 h00 (GFS). c) Altezza del manto nevoso, temperatura e vento delle stazioni automatiche di Sassotetto, Pintura di Bolognola e Rifugio Sibilla.

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Fig. 7 a) Precipitazioni tra domenica 29 gennaio e sabato 4 febbraio e tra domenica 5 e martedì 7 febbraio 2012. b) Altezza dello zero termico tra domenica 29 gennaio e martedì 7 febbraio 2012 (LAMI) e geopotenziale e temperatura a 850hPa di martedì 7 febbraio 2012 h12 (GFS). c) Altezza del manto nevoso, temperatura e vento delle stazioni automatiche di Sassotetto, Pintura di Bolognola e Rifugio Sibilla.

Foto 8 - Valanga avvenuta a Jacci di Bicco (G.Lacchè; si noti la frattura in prossimità del cambio di pendenza) e valanga sul Monte Bove Sud (E.Masi).

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Fig. 8 a) Precipitazioni tra lunedì 6 e domenica 12 febbraio e tra lunedì 13 e mercoledì 15 febbraio 2012. b) Altezza dello zero termico tra lunedì 6 e mercoledì 15 febbraio 2012 (LAMI) e geopotenziale e temperatura a 850hPa di mercoledì 15 febbraio 2012 h12 (GFS). c1) Altezza del manto nevoso, temperatura e vento delle stazioni automatiche di Monte Prata, Monte Bove Sid e Pizzo tre Vescovi. c2) Altezza del manto nevoso, temperatura e vento delle stazioni automatiche di Sassotetto, Pintura di Bolognola e Rifugio Sibilla.

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ulteriore danneggiamento delle barriere paravalanghe presenti a Croce di Monte Rotondo, versante occidentale (sito 1 della CLPV di Ussita) (fig. 8).

26 gennaio 2013 Avvenute valanghe diffuse sia spontanee sia provocate sui settori settentrionali ed interni dei Sibillini dovute all’accumulo di neve

fresca ed associata attività eolica. Avvenute valanghe (molto probabilmente provocate) a lastroni soffici di superficie sia a Jacci di Bicco che in Val di Bove (foto 8); avvenuto un primo

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Fig. 9 a) Precipitazioni tra giovedì 17 e mercoledì 23 gennaio e tra giovedì 24 e sabato 26 gennaio 2013. b) Altezza dello zero termico tra giovedì 17 e sabato 26 gennaio 2013 (LAMI) e geopotenziale e temperatura a 850hPa di sabato 26 gennaio 2013 h00 (GFS). c1) Altezza del manto nevoso, temperatura e vento delle stazioni automatiche di Monte Prata, Monte Bove Sid e Pizzo tre Vescovi. c2) Altezza del manto nevoso, temperatura e vento delle stazioni automatiche di Sassotetto, Pintura di Bolognola e Rifugio Sibilla.

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Foto 9 - Valanga osservata a Fosso di Colleluce (Facebook).

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incidente a Monte Rotondo (1926m) in località Casale d’Ussita con 7 scialpinisti coinvolti e l'intervento dell’elisoccorso regionale con a bordo medico 118 e tecnico del Soccorso

Alpino, ed un secondo incidente sul Monte Argentella presso il Canale S.Lorenzo con due scialpinisti coinvolti senza gravi conseguenze. Avvenuti inoltre scaricamenti in Valle

Santa (Monte Vettoretto, comprensorio del Monte Vettore) e in Valle Orteccia (tra Cima Vallinfante, Cima Passo Cattivo e Cima Cannafusto) (fig. 9).


5 marzo 2013 Martedì 5: osservata valanga di neve a debole coesione a Fosso di Colleluce (sito 8 della CLPV di Montegallo, foto 9) dovuta ad un prolungato rialzo termico (fig. 10). 28 novembre 2013 Avvenuta valanga a lastroni di fondo di grandi dimensioni per accumulo di neve fresca staccatasi dai fianchi della Val di

Panico scesa lungo la parte alta del fiume Ussita. La valanga ha completamente coperto un lungo tratto dalla sorgente verso la valle con una coltre di oltre 7m che ha ricoperto anche l’opera di presa della centrale a monte di Sant’Angelo (siti 30, 31 e 32 della CLPV di Ussita, foto 10 e 11). Il manto nevoso negli strati basali era composto da neve molto umida, a seguito delle abbondanti piogge e nevicate del mese precedente.

Foto 10 - Valanga avvenuta in Val di Panico giovedì 28 novembre 2013.

Foto 11 - Valanga avvenuta in Val di Panico giovedì 28 novembre 2013.

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Fig. 10 a) Precipitazioni tra domenica 24 febbraio e sabato 2 marzo e tra domenica 3 e martedì 5 marzo 2013. b) Altezza dello zero termico tra domenica 24 febbraio e martedì 5 marzo 2013 (LAMI) e geopotenziale e temperatura a 850hPa di lunedì 4 marzo 2013 h12 (GFS). c) Altezza del manto nevoso, temperatura e vento delle stazioni automatiche di Sassotetto, Pintura di Bolognola e Rifugio Sibilla.

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Fig. 11 a) Precipitazioni tra martedì 19 e lunedì 25 novembre e tra martedì 26 e giovedì 28 novembre 2013. b) Altezza dello zero termico tra martedì 19 e giovedì 28 novembre 2013 (LAMI) e geopotenziale e temperatura a 850hPa di mercoledì 27 novembre 2013 h00 (GFS). c1) Altezza del manto nevoso, temperatura e vento delle stazioni automatiche di Monte Prata, Monte Bove Sid e Pizzo tre Vescovi. c2) Altezza del manto nevoso, temperatura e vento delle stazioni automatiche di Sassotetto, Pintura di Bolognola e Rifugio Sibilla.

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Foto 12 - Valanga avvenuta a Fosso di Colleluce.

Sempre nello stesso giorno, avvenuta valanga a Foce di Montemonaco sempre per accumulo di neve fresca; dopo un sopralluogo congiunto con personale del CFS vi è stata

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l’emissione di due ordinanze da parte del comune di Montemonaco per regolare il transito sulla strada di Foce; il divieto di transito è stato poi revocato il 5 dicembre (fig. 11).

30 -31 gennaio 2015 Venerdì 30 sono avvenute diffuse valanghe spontanee a Foce di Montemonaco sia sul Piano della Gardosa sia sul versan-


te meriodionale del Monte Sibilla per forti accumuli di neve fresca. Sabato 31 è avvenuta una valanga spontanea di grandi dimensioni a Fosso di Colleluce di Montegallo (sito 8 della CLPV di Montegallo, foto 12), sempre per forti accumuli di neve fresca. Le precipitazioni a temporaneo carattere piovoso possono aver contribuito all’appesantimento del manto (fig. 12). 9 -10 febbraio 2015 Lunedì 9 vi è stato un sopralluogo lungo la S.P. 136 "Pian Perduto" in prossimità di Madonna della Cona chiesto dal comune di Castelsantangelo sul Nera; un’ordinanza sindacale ha chiuso il transito fino a mercoledì 12. Durante la stessa giornata, poco lontano sono avvenute tre valanghe di neve a debole coesione per sovraccarico di neve fresca a Forca Canapine (prov. di Perugia). Martedì 10 sono avvenute una valanga a lastroni di fondo di grandi dimensioni a Stazzi di Montegallo (sito 2 della CLPV

di Montegallo) dovuta al sovraccarico di neve fresca e rialzo termico, ed una valanga ad Isola S.Biagio (sito 47 della CLPV di Montemonaco); emessa infine ordinanza sindacale a Montemonaco per chiusura della strada che conduce a Foce (fig. 13). 28 febbraio 2015 Valanga a lastroni provocata da singolo sciatore sul Monte Argentella (foto 14). Durante la stessa giornata, osservata valanga di grandi dimensioni a Fosso di Colleluce di neve umida dovuta al rialzo delle temperature (sito 8 della CLPV di Montegallo) (fig. 14).

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Sopra, foto 14 - Valanga provocata da singolo sciatore avvenuta sabato 28 febbraio 2015 in zona Monte Argentella versante NNE - discesa sul laghetto di Palazzo Borghese (UTM N 4747500 E 0356500 della carta Monti Sibillini CAI, sito 15 della CLPV di Montemonaco). Quota linea frattura a circa 1980m, zona accumulo a circa 1750m, pendenza > 30° (P.Mattei e G.Riccioni). Sullo sfondo si possono notare valanghe spontanee. Al centro, foto 13 Castelluccio di Norcia (MeteoAppennino).

Fig. 12 a) Precipitazioni tra mercoledì 21 e martedì 27 gennaio e tra mercoledì 28 e venerdì 30 gennaio 2015. b) Altezza dello zero termico tra mercoledì 21 e sabato 31 gennaio 2015 (LAMI) e geopotenziale e temperatura a 850hPa di venerdì 30 gennaio 2015 h12 (GFS). c) Altezza del manto nevoso, temperatura e vento delle stazioni automatiche di Sassotetto, Pintura di Bolognola e Rifugio Sibilla.

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Fig. 13 a) Precipitazioni tra sabato 31 gennaio e venerdì 6 febbraio e tra sabato 7 e lunedì 9 febbraio 2015. b) Altezza dello zero termico tra sabato 31 gennaio e martedì 10 febbraio 2015 (LAMI) e geopotenziale e temperatura a 850hPa di lunedì 9 febbraio 2015 h00 (GFS). c1) Altezza del manto nevoso, temperatura e vento delle stazioni automatiche di Monte Prata, Monte Bove Sid e Pizzo tre Vescovi. c2) Altezza del manto nevoso, temperatura e vento delle stazioni automatiche di Sassotetto, Pintura di Bolognola e Rifugio Sibilla.

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Foto 15 - Valanga di grosse dimensioni avvenuta a Foce di Montemonaco, a ridosso della galleria paravalanghe.

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6 -7 marzo 2015 Venerdì 6 sono avvenute valanghe diffuse a Foce di Montemonaco anche di grandi dimensioni per accumuli di neve

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fresca sia sul versante meridionale del Monte Sibilla (siti 3, 4, 6 e 7 della CLPV di Montemonaco, foto 15 e 16), sia sul versante settentrionale di Cima della

Prata (siti 33, 36 e 38 della CLPV di Montemonaco) sia sul versante settentrionale del Monte Banditello. Per dettagli consultare il rapporto di


Più a sinistra, foto 16 - Valanga di grosse dimensioni avvenuta a Foce di Montemonaco, a ridosso della galleria paravalanghe.

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evento ’25-26 febbraio 2015 e 4-6 marzo 2015’. Sabato 7 marzo è avvenuta una valanga di fondo di neve umida all’Infernaccio di Montefortino in lo-

calità Pisciarelle (sito 33 della CLPV di Montefortino). L’esteso accumulo è rimasto fino ad estate inoltrata e per i pericoli conse-

Fig. 14 a) Precipitazioni tra giovedì 19 e mercoledì 25 febbraio e tra venerdì 27 e sabato 28 febbraio 2015. b) Altezza dello zero termico tra venerdì 20 e sabato 28 febbraio 2015 (LAMI) e geopotenziale e temperatura a 850hPa di sabato 28 febbraio 2015 h00 (GFS). c1) Altezza del manto nevoso, temperatura e vento delle stazioni automatiche di Monte Prata, Monte Bove Sid e Pizzo tre Vescovi. c2) Altezza del manto nevoso, temperatura e vento delle stazioni automatiche di Sassotetto, Pintura di Bolognola e Rifugio Sibilla.

guenti all’attraversamento del fiume Tenna in quel punto il Comune di Montefortino ha emesso un’ordinanza sindacale (fig. 15).

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Fig. 15 a) Precipitazioni tra mercoledì 25 febbraio e martedì 3 marzo e tra mercoledì 4 e venerdì 6 marzo 2015. b) Altezza dello zero termico tra mercoledì 25 febbraio e sabato 7 marzo 2015 (LAMI) e geopotenziale e temperatura a 850hPa di giovedì 5 marzo 2015 h00 (GFS). c) Altezza del manto nevoso, temperatura e vento delle stazioni automatiche di Sassotetto, Pintura di Bolognola e Rifugio Sibilla.

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CLASSIFICAZIONE PER LUOGO

Cima della Prata CLPV di Montemonaco: - sito 33, in 6-7 marzo 2015; - sito 36, in 10 marzo 2010, in 1 marzo 2011, in 6-7 marzo 2015; - sito 38, in 6-7 marzo 2015; - sito 39, in 10 marzo 2010, in 1 marzo 2011. Forca Canapine in 9-10 febbraio 2015. Monte Argentella Canale S.Lorenzo: - in 26 gennaio 2013. CLPV di Montemonaco: - sito 15, in 28 febbraio 2015; - versante orientale, in 3 marzo 2011. Monte Banditello CLPV di Montemonaco: - sito 33, in 10 marzo 2010, in 1 marzo 2011; - versante occidentale, in 3 marzo 2011, in 30-31 gennaio 2015. Monte Bicco in 26 gennaio 2013.

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Monte Rotondo in 26 gennaio 2013. CLPV di Castelsantangelo sul Nera: - sito 15, in 9-10 febbraio 2015. CLPV di Ussita: - sito 1, in 15 febbraio 2012. Monte Sibilla CLPV di Montemonaco: - sito 3, in 26 gennaio 2005, in 6-7 marzo 2015; - sito 4, in 26 gennaio 2005, in 6-7 marzo 2015; - sito 6, in 6-7 marzo 2015; - sito 7, in 6-7 marzo 2015; - sito 8, in 1 marzo 2011; - versante meridionale, in 10 marzo 2010, in 28 novembre 2013, in 30-31 gennaio 2015. Monte Vettore CLPV di Montegallo: - sito 2, in 9-10 febbraio 2015; - sito 6, in 6 marzo 2011; - sito 8, in 6 marzo 2011, in 5 marzo 2013,

in 30-31 gennaio 2015, in 28 febbraio 2015. Monte Vettoretto: - Valle Santa, in 26 gennaio 2013. Monte Zampa CLPV di Montefortino: - sito 33, in 6-7 marzo 2015; - sito 48, in 7 febbraio 2012. CLPV di Montemonaco: - sito 47, in 9-10 febbraio 2015. Pizzo Berro CLPV di Ussita: - sito 30, in 28 novembre 2013; - sito 31, in 28 novembre 2013. Pizzo di Meta CLPV di Sarnano: - sito 1, in 15 febbraio 2012. Pizzo tre Vescovi CLPV di Ussita: - sito 32, in 28 novembre 2013. Val di Bove in 26 gennaio 2013. Valle Orteccia in 26 gennaio 2013.


Valanga di: - grandi dimensioni, in 26 gennaio 2005, in 1 marzo 2011, in 6 marzo 2011, in 15 febbraio 2012, in 28 novembre 2013, in 9-10 febbraio 2015, in 28 febbraio 2015, in 6-7 marzo 2015; - medie dimensioni, in 1 marzo 2011.

CLASSIFICAZIONE PER TIPOLOGIA Valanga: - provocata, in 26 gennaio 2013, in 28 febbraio 2015; - spontanea di neve fresca, in 26 gennaio 2005, in 10 marzo 2010, in 15 febbraio 2012, in 28 novembre 2013, in 30-31 gennaio 2015, in 9-10 febbraio 2015, in 6-7 marzo 2015; - a debole coesione, in 3 marzo 2011, in 9-10 febbraio 2015; - a lastroni di superficie, in 7 febbraio 2012, in 15 febbraio 2012; - a lastroni soffci, in 1 marzo 2011, in 6 marzo 2011, in 26 gennaio 2013, in 28 novembre 2013;

- spontanea di neve umida, in 28 febbraio 2015.

VALANGHE DIFFUSE Valanghe diffuse: - su entrambi i versanti, in 28 novembre 2013; - sul versante occidentale, in 26 gennaio 2013; - sul versante orientale, in 1 marzo 2011, in 30 -31 gennaio 2015, in 6-7 marzo 2015.

EVENTI CHE HANNO INTERESSATO LE AREE ANTROPIZZATE Frazione di: - Foce di Montemonaco, in 10 marzo 2010, in 1 marzo 2011, in 6-7 marzo 2015 - Rubbiano di Montefortino, in 7 febbraio 2012; Opera di presa in Val di Panico in 28 novembre 2013. Paravalanghe a Monte Rotondo in 15 febbraio 2012. Strada tra: - Castelsantangelo sul Nera e Castelluccio (S.P. 136), in 9-10 febbraio 2015;

- Colle e Colleluce di Montegallo, in 6 marzo 2011, in 5 marzo 2013; - Montefortino e Rubbiano di Montefortino, in 7 febbraio 2012; - Rocca e Foce di Montemonaco, in 26 gennaio 2005, in 1 marzo 2011, in 4 febbraio 2012, in 28 novembre 2013, in 9-10 febbraio 2015, in 6-7 marzo 2015; - Sarnano e Sasso Tetto, in 15 febbraio 2012.

MAPPE DELLA CLPV DIVISE PER COMUNE

LEGENDA

CLASSIFICAZIONE PER DIMENSIONE

In basso, Comune di Castelsantangelo sul Nera.

L'area arancione rappresenta la determinazione per fotointerpretazione, l’area viola l’individuazione mediante inchiesta sul terreno; i numeri di identificazione riguardano solo i siti valanghivi individuati con inchiesta sul terreno Zone pericolose (tali zone comprendono distacchi parziali e colatoi di diversa ampiezza) Pericolo localizzato Possibili continuazioni e collegamenti di siti valanghivi Zone presunte pericolose (per le quali non è stato possibile ottenere informazioni di carattere topografico, oppure che presentano sulle foto elementi contradditori)

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Comune di Montefortino.

Comune di Montegallo.

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Comune di Montemonaco.

Sotto, da sinistra: Comune di Sarnano. Comune di Ussita.

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SAINT RHÉMY 1129 DISGRAZIA LUNGO LA VIA FRANCIGENA

Cronaca della valanga del gennaio 1129 che lungo la strada per il Passo del Gran San Bernardo fece diverse vittime

Andrea Debernardi Ufficio neve e valanghe Fondazione Montagna sicura Montagne sûre Località Amérique, 33 11020 Quart (AO), Italy

don Paolo Papone parroco di Valtournenche prefetto degli studi del Seminario di Aosta Parrocchia S. Antonio Abate Capoluogo 11028 Valtournenche (AO), Italy

Valerio Segor Ufficio neve e valanghe Assetto idrogeologico dei bacini montani, Dipartimento del suolo e edilizia Residenziale pubblica Località Amérique, 33 11020 Quart (AO), Italy

In questo articolo viene dato spazio ad un testo risalente al 1129. Si tratta di una testimonianza molto importante riguardante una valanga. Spesso si perde assai rapidamente la memoria storica degli eventi valanghivi, quindi, quando ci si imbatte in documenti così antichi ma nello stesso momento molto ricchi di dettagli, di date, luoghi e personaggi, ci si rende conto di come questi siano una importante fonte storica, della quale è utile fare tesoro. Il testo latino che analizzeremo, la cui traduzione è stata curata da don Papone, parroco di Valtournenche e prefetto degli studi del Seminario di Aosta, è la testimonianza conosciuta più antica relativa ad una valanga in Valle d’Aosta e sicuramente la prima che permette di localizzare con buona precisione dove la sventura si è consumata. Il manoscritto originale dal quale è tratto il testo che andiamo a scoprire (riprodotto qui a fianco in latino) è conservato negli annali della Abbazia di Saint-Trond, vicino a Liegi in Belgio. Questo in passato è stato trascritto nell’opera Monumenta Germaniae Historica; è nelle pagine di questo libro che don Papone lo ha letto e ce lo ha fatto riscoprire. Il narratore e testimone della sciagura è Rodolfo, abate del monastero benedettino di Saint-Trond, che nel gennaio 1129, di ritorno da Piacenza, vuole valicare il Passo del Gran San Bernardo. Poco fuori dall’abitato di Saint-Rhémy, all’inizio dell'impervio cammino verso il Passo, avviene la valanga che tanto lo colpirà e che descriverà negli annali dell’abbazia. Rodolfo è testimone di una valanga distaccatasi dai pendii che circondano Saint-Rhémy e che precipitando verso valle, travolge ben 10 portatori/guide dei quali alcuni purtroppo non sopravvivono all’impatto e al seppellimento.

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pellegrini, decide di tornare al suo monastero perché preoccupato per le notizie avute dalla sua terra; per questo è spinto a valicare il Passo del Gran San Bernardo in pieno inverno. È proprio a Saint-Rhémy, all’inizio dell’impervio cammino verso il Passo, che avviene la valanga che tanto lo colpirà e che tramanderà ai posteri descrivendola e trasmettendoci il suo stato d’animo e le impressioni percepite durante questa lunga marcia di ritorno a casa. Per contestualizzare il più possibile il testo e le informazioni in esso contenute viene fornita, dopo l'originale in latino, la traduzione, intercalata da commenti, approfondimenti storici, riflessioni e precisazioni.

TRADUZIONE Fig. 1 - Il Passo del Gran San Bernardo lato italiano, in primo piano il laghetto, in secondo piano l’albergo Italia, la caserma e la dogana.

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INTRODUZIONE

Le cronache dei tempi passati ci tramandano testi, racconti e leggende di molti eventi calamitosi cagionati dalle valanghe. Più ci si avvicina al XX secolo più le testimonianze scritte e orali, come è ben comprensibile, diventano numerose. In alcuni casi sono ancora oggi ben visibili i segni lasciati sul territorio dai nostri predecessori, come cappelle votive, ex-voto, tipologie costruttive di abitazioni e stalle, che ci ricordano come il territorio alpino sia da sempre fortemente caratterizzato da valanghe e anche da altri eventi calamitosi come frane ed alluvioni. Scorrendo le infauste date in cui eventi valanghivi hanno portato morte o distruzione ci si rende conto di come le testimonianze diminuiscono drasticamente andando indietro nel tempo. Facendo una rapida analisi del Catasto Regionale Valanghe Web (http://catastovalanghe.partout.it/), raggruppando per data di accadimento le valanghe, possiamo notare come di queste 4421 sono state censite negli ultimi 16 anni, 5724 ricadono nel XX secolo, per poi calare rapidamente a 89, 5, 4, rispettivamente nel XIX, XVIII e XVII secolo e via via sempre meno andando indietro nel tempo. È per questo motivo che il testo latino che analizzeremo, la cui riscoperta e traduzio-

ne è stata curata da don Papone parroco di Valtournenche e prefetto degli studi del Seminario di Aosta, risulta essere una testimonianza storica di tutto rilievo. Non solo, ma si tratta di un resoconto molto dettagliato e ricco di dati nivologici interessanti, indicazioni precise dei luoghi e descrizioni accurate dei personaggi che animano questa tragica cronaca. Il testo scritto in latino nell’anno 1129 è probabilmente, ad oggi, la testimonianza conosciuta più antica relativa ad una valanga in Valle d’Aosta e sicuramente è la prima che permette di localizzare con buona precisione dove avviene l'evento ma addirittura di circoscrivere a due i possibili siti valanghivi in cui la sventura si è consumata. Il manoscritto originale dal quale è tratto il testo che andiamo ad analizzare è conservato negli annali della Abbazia di SaintTrond, vicino a Liegi in Belgio. Questo poi nel corso dei secoli è stato trascritto nell’opera Monumenta Germaniae Historica ed è tra le pagine di questa grande raccolta che don Papone lo ha letto e successivamente tradotto. Il narratore e testimone della sciagura è Rodolfo, abate del monastero benedettino di Saint-Trond, nato verso il 1070 e morto nel 1138. Dopo essere stato prima a Roma poi a Piacenza insieme ad un gruppo di

“Nel loro ritorno celebrarono il Natale del Signore a Piacenza e, mentre andavano crescendo i pericoli dell’inverno, oltrepassarono la città di Augusta (Aosta) e giunsero a un villaggio che è sito ai piedi del Monte di Giove, chiamato Restopolis [Etroubles], correndo rischi quasi mortali.” L’abate Rodolfo e alcuni suoi confratelli avevano soggiornato alcuni giorni in un monastero a Piacenza, dove celebrarono il Santo Natale e poi partirono lungo la Via Francigena (Fig. 2) in direzione di Aosta. Dopo diversi giorni di cammino spesi per coprire più di 250 chilometri, raggiunsero il capoluogo valdostano per poi fermarsi il 1° gennaio 1129 a Etroubles (Fig. 3). Allora si trattava di un paese di un certa importanza strategica, sito a circa metà strada tra Aosta e il Passo del Gran San Bernardo (Fig. 1). Etroubles era nata come avamposto militare durante la dominazione romana avvenuta a partire dal 25 a.C.: da qui l’esercito romano, con una guarnigione, controllava strategicamente il valico e l’antica via “delle Gallie” (poi divenuta nei secoli a venire la Via Francigena) che viveva una parentesi di intenso utilizzo sia commerciale che militare, complice anche una fase di temperature miti che contraddistinse il periodo della dominazione romana. Non di rado poteva capitare che in pieno inverno fosse possibile transitare il Passo senza pestare neve.


Questa via di commercio molto importante era detta “delle Gallie” perché usata già secoli prima dell’arrivo dei Romani dai Celti, popoli posti a nord delle Alpi che venivano denominati dagli antichi romani anche con il termine di Galates, visti generalmente come forestieri o invasori. I pellegrini e i mercanti che erano soliti superare i 2473 m del Passo potevano fare sosta a Etroubles per vari motivi: già in epoca romana, dopo la costruzione della strada verso il valico avvenuta verso il 47 d.C., ci si ristorava, si potevano sostituire i cavalli e soprattutto si potevano assoldare dei valligiani (abitanti di Saint-Rhémy e di Etroubles) che avevano il compito di fare da guida ai pellegrini durante l’attraversamento del Passo e di segnalare la strada nella neve con lunghe pertiche di legno. Questi erano detti marones (Fig. 8) ovvero “coloro che indicano le vie”, per certi versi gli antenati delle Guide Alpine dei giorni nostri; erano fondamentali per i pellegrini e i commercianti, cui indicavano, dietro compenso, la via verso il Passo conducendoli fino in Svizzera nella valle d’Entremont verso Bourg-Saint-Pierre e la città di Martigny. È interessante notare come nel 1129 per citare il Passo si usasse ancora la denominazione data dagli antichi romani, ovvero Monte di Giove o in latino Mons Jovis, la più importante divinità romana. Sul Passo infatti i Romani avevano eretto un tempio in suo onore (l’area sacra del Plan de Jupiter) (Fig. 4) di cui oggi rimangono vestigia rilevate dagli archeologi in anni passati. “Lì, non potendo né andare avanti, né tornare indietro a motivo degli altissimi cumuli di neve, fecero l’ottava del Signore e dopo alcuni giorni, indicata loro la via difficilissima dalle guide marones avanzando per due miglia teutoniche giunsero al villaggio di Saint-Rhémy nel Monte di Giove stesso.” Già arrivando a Etroubles (1270 m s.l.m.) il povero abate si era reso conto di trovarsi in una situazione critica a causa del gelo e della neve. Stettero a Etroubles ad aspettare anche dopo il primo di gennaio condizioni meteorologiche migliori. L’indizio per capire

la data appena citata lo si trova nel testo quando l’abate scrive “fecero l’ottava del Signore”. Il sacramentario Gelasiano antico presenta un formulario proprio per la messa di questa festa che viene chiama “In octabas Domini”, “Nell'Ottava del Signore”, ovvero otto giorni dopo Natale, che corrisponde al primo gennaio: giorno in cui, secondo l’uso ebraico attestato dal vangelo di Luca (2,21), Gesù fu circonciso. Successivamente, probabilmente il 3 gennaio, i marones condussero l’abate e i suoi confratelli fino all’abitato di Saint-Rhémy (1620 m s.l.m.) (Fig. 5), ultimo nucleo di case posto proprio sotto al Passo. “In quel luogo, ammassati come nelle fauci della morte, erano notte e giorno in pericolo di morte. Gli spazi angusti del villaggio erano completamente riempiti dalla moltitudine dei pellegrini.” Forti nevicate si erano verificate e il peri-

colo di caduta di valanghe era imminente e fortemente percepito dai numerosi pellegrini che, evidentemente, si erano piano piano ammassati a causa delle pessime condizioni meteorologiche le quali per diversi giorni avevano reso impraticabile il valico. “Dalle rupi altissime e scoscese rovinavano frequenti valanghe di neve travolgendo qualunque ostacolo, così che, mentre Fig. 2 - Mappa della Via Francigena (http:// www.camminodiassisi. it/via-francigena.html).

Fig. 3 - Particolare della Via Francigena in Valle d’Aosta.

Fig. 4 - Il Plan de Jupiter con in primo piano l’antico sedime stradale romano ancora visibile, in secondo piano la statua ottocentesca di San Bernardo e l’omonimo Ospizio posto in territorio svizzero.

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Sopra, fig. 5 e 6 - Il borgo di Saint-Rhémy e i suoi boschi di protezione; articolo di giornale che documenta la valanga del 1845.

Fig. 7 - Estratto cartografico dell’ultimo tratto di via Francigena tra Saint-Rhêmy e il Passo del Gran San Bernardo. In bianco i due siti valanghivi dove può essere avvenuta la valanga, in giallo le opere paravalanghe attive poste a monte dell’abitato di SaintRhémy tra il fitto degli alberi del Bois de la Sauvegarde.

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alcuni erano già sistemati, e altri ancora sedevano su panche vicino alle case, le valanghe cadevano addosso a loro e alcuni travolgendoli li soffocavano, altri triturandoli li menomavano. Sotto questa continua (minaccia di) morte trascorsero alcuni giorni in quel disgraziato villaggio.” Da queste righe ci si rende conto di come anche il nucleo storico di Saint-Rhémy fosse esposto alla caduta di valanghe, che in alcuni casi avevano raggiunto o sfiorato abitazioni e travolto diversi pellegrini i quali difficilmente si salvavano

dalla morsa gelida della neve. Proprio da esperienze come quella raccontata da Rodolfo nasce chiara la necessità per gli abitanti di questo paese di proteggersi dalla caduta di masse nevose sulle case. Nonostante Saint-Rhémy sia stato costruito nel corso dei secoli il più possibile al riparo, si rese necessaria la presenza di un esteso bosco di protezione posto a monte e di fronte all’abitato. In particolare sui pendii posti a monte delle case, sul fianco idrografico sinistro, vegeta ormai da secoli la selva detta de la Sauvegarde o anche Bois Arolley, che risulta avere ai giorni nostri una estensione superiore a 40 ettari ed essere composta per lo più da un fitto popolamento forestale di larici e abeti d’alto fusto: il borgo ai giorni nostri risulta totalmente accerchiato dalla vegetazione forestale che assolve al prezioso compito di salvaguardare le abitazioni e i suoi abitanti dalle valanghe (Fig. 5). La presenza di tale bosco è citata in numerosi documenti antichi, in particolare nel 1573 il Conseil des Commis de Aoste ne aveva proibito il taglio e l’asportazione del legname. Nei secoli successivi le prescrizioni sopra citate furono ulteriormente ribadite con atti ufficiali per cercare di limitare i tagli “abusivi” che a volte venivano effettuati e che mettevano in pericolo l’abitato di Saint-Rhémy e la viabilità di fondovalle. Addirittura nel 1731 furono nominate due guardie forestali alle quali fu affidato il compito di vigilare sulla integrità della copertura forestale.

Il 18 febbraio 1841 e anche il 16 gennaio 1845 (Fig. 6) due valanghe danneggiarono gravemente la copertura forestale e arrivarono “à la distance d’une portée de fusil” sfiorando le case. Dopo tali eventi furono progettati e messi in cantiere in zona di distacco e scorrimento, una serie di gradoni, valli e deviatori in pietrame. Solo una parte di questi furono ultimati. La funzione di queste opere di difesa attiva non fu, quindi, assolta in pieno per diversi decenni, tanto che una ulteriore valanga nel 1920 sfiorò la borgata e danneggiò ancora gravemente il bosco. Oggi il bosco di protezione risulta in buona salute, con una densità di piante ad ettaro sufficienti alla copertura forestale per assolvere alla funzione preventiva di protezione contro la caduta di valanghe. “A quel punto i marones della montagna, proponendosi spontaneamente ai pellegrini, fissano loro un prezzo alto per sondare e aprire la via, in modo che i pellegrini a piedi li seguissero, e dopo di essi quelli coi cavalli, e così battuta la via venisse spianata per i signori che più comodi venivano dietro.” Le guide assoldate dai pellegrini decisero di provare ad intraprendere il cammino verso il Colle previo il pagamento di una somma più alta del solito, segnale di come considerassero ancora pericolosa e faticosa l’ascesa verso il Colle. La via Francigena nel tratto cruciale che va da Saint-Rhémy ai 2473 m del Passo, percorre i ripidi versanti in sinistra idrografica del Torrent du Grand-Saint-Bernard, quasi del tutto privi di vegetazione arborea, per uno sviluppo totale di quasi 6 chilometri e un dislivello di 840 m (Fig. 7). Il testo ci fornisce un ulteriore tassello per farci rendere conto di come il valico anche a gennaio fosse strategico: veniva regolarmente percorso da molti pellegrini e commercianti, questi a volte a cavallo, in alcuni casi anche abbienti. Tanto che li si faceva passare per ultimi quando ormai la traccia nella neve risultava ben eseguita e, quindi, la marcia poteva risultare meno faticosa e forse meno pericolosa. “I marones dunque per il freddo esagerato si coprirono il capo con cappelli di feltro,


le mani con guanti di pelo, i piedi con calzature ben protette e dotate sotto la suola di aculei di ferro per il ghiaccio scivoloso; portando in mano lunghi bastoni per riconoscere la via sotto la neve alta, arditi intrapresero la via abituale.” Preziose sono queste parole, che permettono di immaginarci meglio questi marones (Fig. 8): erano decisamente preparati contro le intemperie, bardati dalla testa ai piedi per cercare di non congelarsi durante l’ascesa al Passo. È interessante notare come già 900 anni fa fossero ben equipaggiati, per quanto possibile, con scarpe adatte a non scivolare sul ghiaccio e con lunghi bastoni simili ad alpenstock, antenati delle piccozze e dei bastoncini, ancora in uso nei primi del ‘900 dagli alpinisti di tutto il mondo. Queste “proto” guide erano un’istituzione importante: avevano il compito di guide e anche di portatori, i più fortunati possedevano bestie da soma, dovevano sia segnalare il percorso con pertiche molto alte conficcate nella neve, sia effettuare la manutenzione della strada. Nel 1658 Carlo Emanuele II di Savoia riconobbe il loro ruolo strategico e decise con una legge di esonerare i marones di Saint-Rhémy dal servizio militare visto il loro prezioso operato nel periodo invernale, assimilandoli a dei soldati. Gestiti dal sindaco di Saint-Rhémy presero il nome di “Soldats de la neige”. Il privilegio dell’esenzione dal servizio militare rimase in vigore fino allo scoppio della prima guerra mondiale nel 1915. “Era primo mattino, e i pellegrini con sommo timore e tremore celebrarono i santi

misteri e ricevettero la comunione, preparandosi a cogliere l’istante della morte. Facevano a gara per chi di loro riuscisse per primo a fare la sua confessione al sacerdote, e poiché uno non bastava, qua e là per la chiesa si confessavano i peccati gli uni agli altri.” I pellegrini in procinto di partire, dopo che i marones avessero indicato loro la strada verso il Passo precedendoli e battendo la traccia nello spesso manto nevoso, erano davvero in ansia per la loro sorte, le valanghe a cui avevano assistito o anche solo udito nei giorni precedenti li avevano scossi profondamente. “E mentre in chiesa si facevano queste cose con somma devozione, risuonò nel sagrato un lamento tristissimo; sì, usciti in fila dal villaggio i marones, all’improvviso quasi una montagna cadde dalle rupi, una massa densissima di neve ne travolse dieci e sembrò trascinarli fino all’inferno.” Ecco che si verifica la sciagura: una valanga distaccatasi dai pendii che circondano Saint-Rhémy precipita verso valle e travolge ben 10 marones. Da queste poche frasi e dalla conoscenza del percorso della via Francigena che ricalca l’antica strada romana che porta al Passo, si riesce a delimitare l’area dove si verifica il travolgimento: il distacco avviene da un pendio posto in sinistra orografica esposto a ovest-sud-ovest molto vicino all’abitato. I siti valanghivi noti al Catasto Regionale Valanghe nell’area in cui si verifica la valanga sono due anche se uno sembra essere quello più probabile. Andiamo rapidamente ad analizzarli (Fig. 7).

• Valanga 10-068 detta Bois Arolley. Oggi i versanti da dove in passato si sono originate diverse valanghe che hanno sfiorato Saint-Rhémy sono vegetati da un fitto bosco con importanti funzioni di protezione e al quale si associano, come precedentemente menzionato, opere paravalanghe attive (Fig. 9 e 10). Nel 1129 è probabile che la foresta fosse meno fitta e che spesso masse nevose in movimento riuscissero a raggiungere il fondovalle, sfiorando le case, e inter-

Fig. 8 - Uno dei marones in “tenuta invernale” agli inizi del ‘900; alla sua destra un esemplare di cane San Bernardo. Cartolina postale. Autore non identificato, primo decennio del XX secolo. Su concessione della Regione autonoma Valle d'Aosta, Assessorato Istruzione e Cultura, Archivio BREL, fondo Domaine © Tutti i diritti riservati.

A sinistra, fig. 9 e 10 Deviatori e valli edificati nell’area di distacco della valanga detta Bois Arolley (Catasto opere paravalanghe della Valle d’Aosta).

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Fig. 12 e 11 - Vista della zona di distacco e scorrimento (a destra) e dell’accumulo nel fondovalle che interessa anche la via Francigena e la SS 26 (a sinistra) della valanga Côte de Barasson (Catasto regionale Valle d’Aosta - http:// catastovalanghe. partout.it/).

secando anche la Via Francigena che si sviluppa ai piedi di questo pendio esposto a sud-ovest. È proprio qui che molto probabilmente avviene il travolgimento delle 10 guide. • Valanga 10-012 detta Côte de Barasson - Arp Dzeliette. Si tratta di un sito valanghivo che dà origine a frequenti valanghe sia di neve polverosa, sia di neve “primaverile”. L’accumulo raggiunge spesso il letto del torrente che scorre a valle della Côte de Barasson, ampio e ripido pendio aperto ed erbato esposto anch’esso a sud-ovest che culmina con la Tête-de-Barasson a 2730 m (Fig. 11 e 12). Il ripido pendio percorso da questo fenomeno valanghivo risulta posto a circa 800 m in linea d’aria da Saint-Rhémy e, quindi, anche se vicino all’abitato sembra meno probabile che Rodolfo avesse assistito alla caduta di questa valanga. Altra informazione interessante è il termine che usa l’abate “massa densissima”. Fa supporre che si sia trattato di una valanga di neve umida. Proviamo a fare, per quanto ci è possibile, un’analisi nivometeorologica, con i limiti che questa può avere a circa 900 anni di distanza, ma che probabilmente poco si discosta da quanto realmente successo. Già nei giorni a cavallo tra il 1128 e il 1129 Rodolfo e gli altri numerosi pellegrini trovano in Valle d’Aosta brutto tempo, copiose nevicate che accumulano molti centimetri di neve fresca e asciutta (Rodolfo trova le tempe-

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rature molto rigide), condizioni che originano molte valanghe di neve polverosa capaci di lambire l’abitato di Saint-Rhémy. Il 3 o il 4 gennaio le condizioni nivometeorologiche cambiano e probabilmente un deciso rialzo della temperatura turba nell’immediato l’equilibrio precario delle masse nevose che danno così origine a valanghe di neve umida e pesante. “Appena furono consapevoli di quell’infausto accadimento, correndo a precipizio si lanciarono velocissimi verso quel luogo omicida ed estratti i marones, alcuni li riportavano esanimi con pertiche, altri mezzi morti, altri ancora li trasportavano a mano con le ossa a pezzi, e quella andava chiamando il marito, quell’altra il fratello, ciascuno gridava di aver perso qualcuno.” Qui si intuisce ancora meglio come l’evento si sia verificato nei pressi di SaintRhémy e di come probabilmente molti degli abitanti fossero accorsi per cercare ed estrarre dall’accumulo valanghivo quelli che potevano essere loro conoscenti o parenti, che venivano poi portati di corsa verso il villaggio, improvvisando delle barelle con pertiche di legno utili a facilitarne il trasporto. “A un evento così orribile i pellegrini, uscendo dalla chiesa, atterriti esitarono un po’, e temendo per sé un identico futuro, se ne rifuggirono a Etroubles il più velocemente possibile. Quanto alla difficoltà della via sperimentata prima, nessun problema: sembra facile a loro, pur di sfuggire al pericolo della morte. Lì fatta l’Epifania del Signore, e aspettato il tempo sereno,

guidati dai marones tornarono al villaggio assassino, e quel giorno, col timore della morte che metteva le ali ai piedi, un po’ strisciando, un po’ cadendo, comunque in qualche modo, raggiunsero la metà del monte. Il giorno seguente, ripreso un po’ il fiato, fuggono il profano sacello di Giove e tendendo al patrio suolo, vi giungono senza gravi difficoltà.” I pellegrini si allontanarono di corsa da Saint-Rhémy, località teatro dell’incidente, e si rifugiarono a Etroubles dove poterono trovare ristoro e tranquillità. Solo due giorni dopo, il 6 gennaio, ripresero il cammino verso il Passo. La paura diede a tutti loro un grande stimolo a camminare, cadere e strisciare verso un rifugio probabilmente posto a metà tra il Passo e Saint-Rhémy, forse sito in loc. Fonteinte (2200 m s.l.m.), per poi riprendere il cammino fino ai 2473 m del valico tanto agognato e proseguire spediti verso Bourg-Saint-Pierre. Dal testo si intuisce come proprio al Passo fossero presenti i ruderi del tempio romano dedicato a Giove già demolito nel 380 d.C. e come l’abate, percorrendo il tratto della strada romana che attraversa l’area sacra del Plan de Jupiter, nutrisse un certo fastidio nel passare anche solo nelle vicinanze di queste rovine pagane. Già all’epoca di Rodolfo nei pressi di tali resti c’era molto probabilmente un ricovero non custodito, il nucleo primigenio che poi accrescendosi diventerà nei secoli a venire l’Ospizio del Gran San Bernardo come lo possiamo ammirare oggi (Fig. 4). Facciamo un passo indietro. Con la decadenza dell’impero romano, il valico divenne meno sicuro. L’Europa vide l’inizio del Medioevo e anche il clima si fece più inclemente. Nonostante queste evidenze nel corso dei secoli la strada rimase strategica e divenne anche parte integrante della Via Francigena, itinerario simbolico molto utilizzato dai devoti diretti in pellegrinaggio dal Nord Europa a Roma. Si rese quindi necessario presidiare nuovamente il Passo e ripristinare una struttura adatta a fungere da riparo. Così nel 1050 Bernardo delle Alpi (1020-1081), arcidiacono di Aosta poi divenuto santo, diede l’avvio ai lavori che portarono alla costruzione di


una prima parte dell’Ospizio, un semplice riparo per i viandanti. Nel corso degli anni venne eretto anche un secondo ospizio sull’altro importante valico denominato poi Piccolo San Bernardo che collega la Valle d’Aosta con la Francia. A dei monaci agostiniani venne affidato il compito di presidiare tutto l’anno i colli e di prestare ospitalità del tutto gratuitamente, assistere e facilitare il tragitto ai viandanti, affiancando così nell’ardua impresa le guide locali. Questi monaci nel corso dei secoli salvarono tantissime vite umane anche a discapito della loro. Diedero sepoltura e i sacramenti ai tanti sfortunati che colti dal maltempo o dalle valanghe non riuscirono a sopravvivere al Passo di Giove, poi nel corso dei secoli divenuto per tutti il Passo del Gran San Bernardo. Testimonianza di queste sventure giunte fino a noi sono alcune targhe presenti in memoria lungo la via che collega Saint-Rhémy al Passo. Anche la presenza di un piccolo edificio detto morgue, ancora oggi visibile dietro l’Ospizio, testimonia le molte sventure verificatesi nel corso dei secoli: si tratta del luogo dove i monaci depositavano i corpi dei malcapitati nella speranza che qualche parente o conoscente venisse a cercarli (Fig. 13). Nei secoli l’Ospizio si ingrandì, fu eretta una chiesa e a fine ‘800 anche la “Casa Nuova” poi denominata Hotel dell’Ospizio. Dal XVI secolo i monaci iniziarono anche ad allevare dei cani dal molteplice utilizzo: come cani da guardia per proteggersi da atti di brigantaggio, come aiuto durante le operazioni di soccorso ai viandanti (sia per la ricerca in valanga sia per l’orientamento nella nebbia), come trasportatori di carichi; questi cani molossoidi erano gli antenati degli attuali famosissimi cani San Bernardo. Il valico nel corso dei secoli vide il passaggio di centinaia di migliaia di persone, di eserciti romani, di Carlo Magno e poi anche dell’esercito francese di Napoleone Bonaparte che nel 1800 risultava composto da ben 40.000 soldati e da un gran numero di cavalli, armi pesanti, cannoni, ecc. Nel 1964 è stato ultimato il tunnel del Gran

San Bernardo, infrastruttura che collega l’Italia con la Svizzera in qualsiasi condizione di tempo dodici mesi all’anno. Per questo motivo il valico chiuso al traffico veicolare da ottobre a fine maggio ha perso molto della sua importanza strategica ed economica. Di certo non ha perso di fascino, fatto sì di natura ma anche di storia: sia dalla storia con la S maiuscola, sia dalle piccole storie di ogni viandante o pellegrino che rischiando la vita ha calpe-

stato questo tratto di Via Francigena, tra questi l’abate Rodolfo che fortunatamente ci ha lasciato traccia scritta di quanto lui e i suoi compagni di viaggio hanno vissuto nel lontano 1129. Si desidera ringraziare per l’aiuto nella stesura e rilettura del testo Silvia Reggiani e Giovanna Burelli, per la ricerca di documentazione fotografica il Bureau régional ethnologie et linguistique dell'Assessorato Regionale Istruzione e Cultura. Fig. 13 - La morgue costruita nel 1476. Oggi murata, ospita 150 viandanti periti durante l’attraversamento del colle. Sotto di essa si apre la vallata che porta a Bourg-Saint-Pierre in Svizzera soprannominata la Combe des Morts, nome che fa comprendere la pericolosità del tratto di strada svizzero nel periodo invernale.

Fig. 14 - Panorama autunnale della testata di valle del Gran San Bernardo. Ben visibile è il tracciato della SS 26 che conduce al Passo. Al centro dello scatto è anche visibile il viadotto che conduce al traforo del Gran San Bernardo inaugurato nel 1964.

Bibliografia Berretti R. et al., Selvicoltura nelle foreste di protezione: esperienze e indirizzi gestionali in Piemonte e Valle d'Aosta, Compagnia delle foreste, Arezzo, 2006, p. 220. Cerisey C., Influenza delle valanghe sulla storia del Colle del Gran San Bernardo, Università degli Studi di Torino, Corso di Laurea in “Scienza e cultura delle Alpi”, Tesi di laurea, A.A. 2011/2012, Relatore Prof. Michele Freppaz, p. 199. Cuaz F., Il colle del Gran San Bernardo-Il colle del Piccolo San Bernardo. Storia di due strade, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo - Milano, 2012, p. 175. Gesta Abbatum Trudonensium, XII, D. R. Koepke ed., Monumenta Germaniae Historica, Scriptorum, t. X, 1852, p. 307.

Siti Consultati: http://catastovalanghe.partout.it/ (in data 03/10/2016) www.regione.vda.it/gestione/riviweb/templates/aspx/ environnement.aspx?pkArt=1311 (in data 05/10/2016) www.regione.vda.it/gestione/riviweb/templates/aspx/ environnement.aspx?pkArt=1305 (in data 05/10/2016) www.comune.saintrhemyenbosses.ao.it/LaStoria/ LaVi%C3%A9rieeiMarronniers/tabid/1350/Default.aspx (in data 12/10/2016) http://www.comune.saintrhemyenbosses.ao.it/LaStoria/ ISoldatsdelaNeige/tabid/1353/Default.aspx (in data 12/10/2016) http://www.gsbernard.ch/it/index.php (in data 19/09/2016) http://www.aisb.it/hospice.html (in data 19/09/2016) http://www.cnvaldostano.it/monete_sul_gran_san_bernardo.htm (in data 13/10/2016) http://www.camminodiassisi.it/via-francigena.html (in data 19/09/2016) http://www.lovevda.it/it/scoprire/aree-turistiche/gran-sanbernardo/colle-del-gran-san-bernardo (in data 20/09/2016)

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È STATO SVILUPPATO UN NUOVO STRUMENTO A SUPPORTO DEI SERVIZI VALANGHE

la PROPENSIONE al DISTACCO

QUANTIFICATA

Un modello per calcolare e visualizzare la pericolosità da valanga

Luca Iacolettig Autore corrispondente: luca@iacolettig.it Borgnano, piazza della Repubblica 4, 34071 Cormons GO

Betty Sovilla WSL Istituto per lo studio della neve e delle valanghe SLF, Davos, Svizzera Con il contributo della Struttura stabile centrale per l’attività di prevenzione del rischio da valanga della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e dell’Università degli Studi di Udine

I bollettini valanghe sono privi di un’evidenza geografica dettagliata delle zone realmente pericolose. Per questo è stato sviluppato un modello per visualizzare e quantificare automaticamente le zone pericolose previste dai servizi valanghe, offrendo loro un supporto oggettivo. Il modello calcola infatti la predisposizione al distacco di valanghe a lastroni secondo le condizioni nivometeorologiche del momento. I parametri del modello, frutto dell’estensione di un algoritmo esistente, sono stati determinati analizzando i bollettini e mediante un’indagine rivolta a professionisti del settore. Sono stati integrati la stabilità del manto nevoso, le esposizioni e le quote ritenute più pericolose, e una maschera della copertura nevosa dai limiti variabili; inoltre, il modello calcola la frazione dei pendii ripidi più pericolosi in un’area, offrendo un dato utile a determinare il grado di pericolo nei bollettini valanghe. Non sono tuttavia considerate le valanghe a debole coesione, né la dinamica delle valanghe: in futuro, la ricerca dovrebbe integrare questi fattori e, migliorati i parametri, il modello andrà validato per renderlo pienamente affidabile. Parole chiave: valanga, sistemi informativi geografici (GIS), pericolosità, manto nevoso, modellazione.

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INTRODUZIONE

Fig. 1 - Funzioni di appartenenza fuzzy per i parametri di Veitinger et al. (2016) modellate con l’equazione (1) per (a) l’inclinazione a (con parametri a = 8, b = 3 e c = 40), (b) la scabrezza R (a = 0.01, b = 2, c = -0.005) e (c) l’indice wind shelter I(S) (a = 2, b = 5, c = 2). mPRA indica il grado di appartenenza di un parametro alla classe PRA.

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I bollettini valanghe presentano generalmente una parte grafica ed una scritta: quest’ultima riporta informazioni riguardo a quote, versanti, esposizioni geografiche e morfologie critiche per il distacco di valanghe. Tuttavia, queste zone vengono indicate solo qualitativamente ed il grado di pericolo, assegnato uniformemente ad un’area estesa, non consente di localizzare le zone realmente pericolose. In sostanza, non vi è evidenza geografica di pendii, esposizioni e quote identificate come potenzialmente pericolose, né esiste una loro quantificazione numerica. Da queste considerazioni, nell’ambito della Struttura stabile centrale per l’attività di prevenzione del rischio da valanga (ufficio valanghe) della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia è emersa l’esigenza di calcolare e visualizzare geograficamente le aree pericolose previste nei bollettini per supportare il compito dei previsori. In passato sono già stati sviluppati modelli per esigenze simili: un esempio è LAWIPROG (Leuthold et al., 1996), che visualizzava le informazioni scritte del bollettino valanghe svizzero tramite indici di pericolo numerici ma qualitativi. Altri modelli sono stati sviluppati, ad esempio, per guidare la gestione del pericolo valanghe all’interno dei comprensori sciistici (Brabec et al., 2001; Stoffel et al., 2001) utilizzando una combinazione tra dati raccolti in tempo reale (Cookler e Orton, 2004; Gruber et al., 2009) e approcci fisico-statistici (Pozdnoukhov et al., 2011). Questi modelli adottano tuttavia un approccio discreto ed esprimono i risultati con indici perlopiù qualitativi; inoltre, non consentono di identificare a scala di dettaglio le aree di distacco potenziale delle valanghe (Potential Release Areas, PRA). a

Oltre a questi, esistono altri modelli per identificare le PRA a fini ingegneristici, principalmente per la stesura di mappe di pericolo per la gestione del territorio nel lungo periodo. Essi si basano su parametri topografici derivabili da un DTM, come l’acclività, l’esposizione geografica, la curvatura del terreno (Maggioni e Gruber, 2003; Peitzsch et al., 2014; Vontobel, 2011), la copertura forestale e la scabrezza del terreno (ad esempio Blahut et al., 2017). Alcuni autori adottano un approccio discreto (Boltižiar et al., 2016; Selçuk, 2013), altri l’approccio continuo della logica fuzzy (ad es. Ghinoi e Chung, 2005), ma la maggior parte adotta un approccio booleano (del tipo “o 0 o 1”), ottenendo una netta separazione tra le aree potenzialmente pericolose e quelle no. I modelli citati identificano, tuttavia, tutte le aree potenzialmente pericolose, senza considerare le condizioni reali del manto nevoso, calcolando così gli scenari peggiori per il pericolo. Recentemente, Veitinger et al. (2014) hanno proposto un approccio per considerare l’effetto del manto nevoso nel calcolo delle PRA. Poiché la distribuzione e l’altezza della neve al suolo hanno effetto sulla scabrezza superficiale del terreno (la quale influenza localizzazione ed estensione delle PRA), Veitinger et al. (2016) hanno sviluppato un metodo per definire diversi scenari di distacco in funzione dell’altezza del manto nevoso (quindi della sua scabrezza superficiale), senza però tener conto della sua reale stabilità. Nel contesto di questo lavoro, per consentire ai servizi valanghe di visualizzare le aree più pericolose in funzione della stabilità del manto e fornire loro un supporto per determinare i gradi di pericolo, l’algoritmo di Veitinger et al. (2016), è stato b

esteso per poter integrare i parametri di criticità noti ai servizi valanghe.

MODELLO ORIGINALE Il modello qui proposto estende quello di Veitinger et al. (2016), il quale identifica le aree di distacco potenziale di valanghe a lastroni calcolando per ogni cella del DTM la predisposizione al distacco: poiché il suo valore varia tra 0 (predisposizione nulla) e 1 (alta predisposizione), esso rappresenta una probabilità, e può essere utilizzato come un indice della pericolosità da valanga. Tale modello adotta la logica fuzzy (Zadeh, 1965), che consente tra l’altro di esprimere matematicamente l’esperienza dei professionisti; in particolare impiega una funzione di appartenenza a campana generalizzata di equazione

m (x) =

1 1+

x-c a

2b

dove a, b e c sono valori variabili, per modellare i parametri ed attribuire loro un grado di appartenenza alla classe aree potenziali di distacco (PRA). Più alto è il grado di appartenenza assunto da un parametro in una cella del DTM, maggiore è la propensione al distacco. I parametri che controllano la definizione del distacco sono tre: l’acclività, la scabrezza superficiale ed un indice di riparo dal vento (wind shelter). Acclività Com’è noto, le inclinazioni tra 35° e 45° sono le acclività alle quali più facilmente si verificano le valanghe a lastroni (Selçuk, 2013; Stoffel e Margreth, 2012). Il modello di Veitinger et al. (2016), quindi, considera che la propensione al distacco sia massima per valori di pendenza entro questo c


Fig. 2 - Risultati del modello originale per la valanga del Böschen (Canton Uri, Svizzera). Il versante è esposto a nord-ovest. I colori indicano i gradi di appartenenza alla classe PRA. L’altezza della neve è 1.2 m con vento da (a) sud, (b) sud-ovest, (c) ovest e (d) nord-ovest. Figura da Veitinger et al. (2016).

intervallo e diminuisca gradualmente fino a zero per pendenze maggiori (fino a 60°) o minori (fino a 25°). La figura 1a mostra la curva fuzzy che riproduce questa tendenza. Per calcolare l’acclività, questo modello adotta la parametrizzazione quadratica multi-scala (Wood, 1996) che consente di calcolare un parametro topografico a diverse scale senza variare la risoluzione del DTM. Scabrezza La scabrezza influenza propensione al distacco, localizzazione ed estensione delle valanghe (McClung, 2001; Schweizer et al., 2003) ed è quindi uno dei parametri fondamentali del modello. Recentemente è stato dimostrato che la scabrezza varia in funzione dell’altezza del manto nevoso e della sua variabilità spaziale (Veitinger e Sovilla, 2016; Veitinger et al., 2014). In Veitinger et al. (2016) la scabrezza corrispondente ad uno specifico scenario di altezza media del manto nevoso viene direttamente dedotta dal DTM estivo. La scabrezza viene data dal modulo del vettore ruggedness R (Sappington et al., 2007): il suo valore varia tra 0 (terreno liscio, propenso al distacco) e 0.02 (terreno scabro, valanghe improbabili). La figura 1b mostra la funzione fuzzy di questo parametro. Il risultato viene infine corretto secondo l’altezza del manto nevoso e la relativa variabilità (impostati dall’utente).

Wind shelter In Veitinger et al. (2016) i terreni riparati dal vento (sottovento) sono considerati più predisposti al distacco di quelli esposti al vento (sopravento). L’effetto di esposizione/riparo dal vento viene modellato con l’indice wind shelter (Plattner et al., 2006; Winstral et al., 2002). A seconda della direzione principale del vento e della relativa tolleranza, il valore dell’indice varia tra -1.5 (terreno esposto al vento) e 1.5 (terreno riparato dal vento). La funzione di questo parametro assegna il massimo grado di appartenenza ai pendii riparati dal vento (fig. 1c). I tre parametri acclività, scabrezza e indice wind shelter vengono quindi elaborati da un operatore fuzzy per ottenere una carta delle aree di distacco potenziale, dove ogni cella ha un valore calcolato m PRA(x)∈[0, 1] (fig. 2).

MODELLO ESTESO Per progettare l’estensione del modello di Veitinger et al. (2016), è stato analizzato il testo dei bollettini valanghe ed è stato effettuato un sondaggio tramite questionario, permettendo di determinare quali fattori vengono considerati dai servizi valanghe per definire le pendenze, le esposizioni dei versanti e le quote critiche per il pericolo valanghe. Sulla base di questa indagine, sono stati

definiti i seguenti dati da fornire al modello come input: grado di stabilità del manto nevoso, esposizione critica (opzionale), altezza del manto nevoso, direzione del vento (con tolleranza), limiti di quota per gli effetti eolici, limiti di quota della neve e i limiti di quota per il pericolo valanghe. Questi dati concorrono a calcolare i parametri del modello: 1. acclività 2. scabrezza 3. indice wind shelter pesato 4. quote del pericolo potenziale 5. copertura nevosa. Si può fornire inoltre un raster della copertura forestale per escludere le zone boscate dalle aree di distacco. Acclività Poiché dal questionario è emerso che l’acclività critica è fortemente legata alla stabilità del manto nevoso, grazie a giudizio esperto sono state definite cinque funzioni fuzzy dell’acclività per modellare diversi gradi di stabilità del manto (fig. 3): A (manto stabile), B, C, D, E (manto estremamente instabile), in maniera simile alla stabilità del manto nevoso espressa della scala europea del pericolo valanghe. Tutte le funzioni, salvo la E, hanno il massimo tra 35° e 45°, poiché si è visto che le valanghe provocate si staccano su pendenze simili, indipendentemente dal grado

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Fig. 3 - Funzioni fuzzy per l’inclinazione a per ogni grado di stabilità del manto nevoso: verde per il grado A, giallo per il B, arancione per il C, rosso per il D, nero per il grado E. mPRA ( a) è il grado di appartenenza dell’acclività alla classe PRA.

Ad esempio: con grado A di stabilità, una cella del DTM con inclinazione 30° ha valore 0.04 cioè, per quanto riguarda l’acclività, è una PRA al 4%. Con grado C, alla stessa inclinazione, il valore è 17 %. Inoltre, è possibile assegnare ad un’esposizione geografica una minor stabilità: ad esempio, se il grado di stabilità del manto è B e si indicano le esposizioni nord come critiche, per le esposizioni diverse verrà utilizzata la funzione B, mentre per le esposizioni nord la funzione C. Indice wind shelter pesato La propensione al distacco derivante dal wind shelter viene calcolata con il metodo proposto da Veitinger et al. (2016). Per includere l’aumento della velocità del vento con l’altitudine e le quote alle quali è presente il pericolo, l’indice è stato pesato da una funzione che cresce linearmente da 0 a 1 a seconda di due quote definite dall’utente: una inferiore al di sotto della quale il vento non ha effetto (fattore di peso 0), ed una superiore sopra la quale l’effetto del vento è totale (fattore di peso 1).

Fig. 4 - a) Visualizzazione della funzione fuzzy per le quote del pericolo potenziale. In questo caso, le quote sotto i 1500m assumono valore 0 (assenza di pericolo valanghe), sopra i 1800m valore 1 (presenza di pericolo). L’algoritmo calcola automaticamente i valori per le quote intermedie (sfumature di colore nella figura); b) Esempio di maschera della copertura nevosa sul gruppo del monte Canin. Le celle assumono valore 1 in presenza di neve, 0 altrimenti. La quota della neve varia a seconda delle esposizioni: in questo caso, nord 1200 m, sud 1500 m, est 1300 m, ovest 1100 m. Le celle con valore 0 vengono escluse dal calcolo delle aree di distacco.

Quote del pericolo potenziale Analogamente all’indice wind shelter, è stata definita una funzione crescente linearmente da 0 a 1 per pesare il valore finale di propensione al distacco a seconda di due quote limite definite dall’utente: una quota inferiore sotto la quale le valanghe sono estremamente improbabili (0), una quota superiore sopra la quale possono verificarsi (1). È stato creato cioè un buffer della propensione al distacco, la cui ampiezza (in termini di quote) è definita dall’utente (fig. 4a).

di pericolo (Harvey, 2002, 2015). Per modellare la propensione al distacco in funzione della stabilità del manto nevoso, le curve hanno diversi gradi di appartenenza. Le funzioni fuzzy sono calcolate con il

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metodo proposto da Veitinger et al. (2016), variando i parametri delle curve. In particolare, la funzione D è quella di Veitinger et al. (2016), mentre vengono modificati i parametri per le funzioni A, B, C ed E.

Copertura nevosa Per escludere dal calcolo delle aree di distacco le zone non innevate, è stata implementata una maschera della copertura nevosa con quote variabili a seconda delle esposizioni: l’algoritmo consente di assegnare alle quattro esposizioni principali quattro distinti limiti della neve, rendendo la maschera più aderente alla realtà (fig. 4b).


L’ultimo dato fornito dal modello è la percentuale dei pendii ripidi pericolosi: questa viene spesso impiegata per stabilire il grado di pericolo dei bollettini, ma fino ad oggi è stata stimata solo grazie all’esperienza dei previsori: il modello proposto fornisce invece un dato calcolato. Si è assunto che un pendio è ripido se ha un’inclinazione compresa tra 30° e 60° e che è pericoloso se è più propenso al distacco che no (mPRA(x) > 0.5). Calcolando l’area complessiva delle celle “pericolose” e dividendola per l’area delle celle “ripide” innevate e non boscate si può ottenere la frazione p delle celle “ripide” con propensione al distacco maggiore del 50% ovvero:

p=

numero celle pericolose numero celle ripide

al distacco di valanghe a lastroni per ogni cella del DTM dell’area di interesse secondo le condizioni nivometeorologiche del momento. La visualizzazione grafica del risultato avviene tramite un software GIS. In particolare il modello consente di: 1. modellare la stabilità del manto nevoso con funzioni dell’acclività. Questa caratteristica rappresenta la differenza più marcata col modello originale: la diversa estensione e colorazione delle aree identificate costituiscono l’evidenza grafica di queste differenze (figg. 6–7). Grazie a questo parametro, l’algoritmo può essere impiegato come strumento previsionale; 2. determinare la frazione dei pendii ripidi

pericolosi, un dato quantitativo offerto ai previsori per supportare oggettivamente la scelta dei gradi di pericolo nella redazione dei bollettini valanghe. Tuttavia, uno strumento completo ed affidabile necessita di ulteriore lavoro, sperimentazione e, soprattutto, validazione. In particolare, alcuni aspetti vanno considerati: le funzioni fuzzy sono state sì determinate grazie al parere di esperti, ma questi erano in numero limitato. Inoltre, il modello esteso identifica sempre le stesse aree di distacco (tranne col grado E), variando solamente il valore di propensione al distacco, mentre la scala europea localizza la possibilità di distacchi, per gradi

dove p è la frazione dei pendii ripidi pericolosi, esprimibile in percentuale. I vari parametri vengono quindi elaborati ed i risultati finali dei calcoli sono (fig. 5): • una carta raster delle aree di distacco potenziale corretta a seconda delle condizioni nivometeorologiche del momento; • la percentuale dei pendii ripidi pericolosi. Il modello di Veitinger et al. (2016), a parità di direzione del vento ed altezza del manto nevoso, può fornire un solo scenario (fig. 6a). Il modello proposto, per le possibili combinazioni tra parametri, ne può invece individuare molti; alcuni esempi sono riportati nelle figure 6 e 7. L’algoritmo open source è stato programmato in linguaggio R grazie all’omonimo software (versione 3.3.2, https://cran.rproject.org/) e può essere liberamente richiesto scrivendo a luca@iacolettig.it. La figura 8 ne riporta il diagramma di flusso.

CONCLUSIONI Si è proposta un’estensione del modello di Veitinger et al. (2016) per supportare la redazione dei bollettini e la previsione delle valanghe. Grazie ad un algoritmo automatizzato, il modello esteso consente di visualizzare geograficamente la previsione delle valanghe, calcolando la propensione

Fig. 5 - Sintesi grafica del modello. Grazie alle informazioni del bollettino ed al parere degli esperti, l’algoritmo produce una carta della propensione al distacco con valori variabili da 0 (propensione nulla, no colore) a 1 (alta propensione, blu scuro) e calcola la percentuale dei pendii ripidi pericolosi: quest’ultima, viene ricavata dal rapporto tra le celle “pericolose” ( mPRA (x) > 0.5, rosso nella seconda figura) e le celle “ripide” (inclinazione 30 a < 60, verde chiaro). In questo caso, il 39% dei pendii ripidi innevati e non boscati è potenzialmente pericoloso. Il dato ottenuto, previo vaglio critico, suggerisce al previsore il grado di pericolo.

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Da sinistra: fig. 6 - Carte delle PRA fuzzy confrontando il modello originale (Veitinger et al., 2016) con quello esteso al variare dei gradi di stabilità del manto nevoso (più altre combinazioni dei rimanenti parametri). Dati comuni fra modelli: 2 m di neve e nessuna direzione preferenziale del vento; fig. 7 - Carte delle PRA booleane ( mPRA (x) > 0.5, “pendii pericolosi”) estratte dalla figura 6.

Nella pagina a fronte: fig. 8 - Diagramma di flusso dell’algoritmo. Sono riportati i dati in ingresso (blu), le operazioni su di essi (arancione) e i dati raster in uscita (verde). L’ultimo dato raster in uscita è l’obiettivo del modello: la carta delle aree di distacco potenziale delle valanghe (Potential Release Areas, PRA) secondo le condizioni nivometeorologiche del momento. Il riquadro al termine del diagramma (frazione dei pendii ripidi pericolosi) è un dato costituito da un unico numero espresso in percentuale.

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Vetinger et al. (2016)

Vetinger et al. (2016)

Grado B

Grado B

Grado C

Grado C

Grado D

Grado D

Grado E

Grado E


bassi, solo su pendii ripidi ed estremamente ripidi. A chi scrive, tuttavia, questo sembra essere in antitesi con quanto riportato da Harvey (2002, 2015) ed il fatto meriterebbe un approfondimento. In aggiunta, il modello esteso identifica la zona di distacco di sole valanghe a lastroni: le zone di scorrimento ed accumulo, così come le valanghe di neve a debole coesione, non sono considerate. Infine, malgrado esista una validazione del modello base, manca una vera validazione del modello esteso. È quindi necessario validare il modello con una fase sperimentale presso diversi centri valanghe. Dopo questi miglioramenti, il modello potrà affiancare gli altri metodi di determinazione e validazione del grado di pericolo dei bollettini e, ad esempio, fornire mappe precise per competizioni scialpinistiche o contribuire al sistema di allerta a fini di protezione civile. Il lavoro integrale è consultabile in Iacolettig (2017).

RINGRAZIAMENTI

Questo lavoro è stato svolto in contesto di tesi di laurea presso l’Università degli Studi di Udine sotto la supervisione del prof. Federico Cazorzi, cui si esprime sincera gratitudine. Grazie a prof. Giovanni Fonseca per l’aiuto in matematica e statistica; a prof. Nicola Casagli, dr. Massimiliano Nocentini e dr. Pinuccio d’Aquila per i dati di alcune simulazioni; a Daniele Moro, Luciano Liz-

zero, Gabriele Amadori, Sergio Buricelli, dr. Igor Chiambretti, dr. Anselmo Cagnati, Flavio Berbenni, Alfredo Praolini e il gruppo previsori AINEVA, ing. Patrick Nairz (Lawinenwarndienst Tirol), dr. Jürg Schweizer e Andreas Stoffel (SLF Davos) per le utili informazioni e bibliografia; a Tommaso Iacolettig per l’aiuto informatico e grafico; si ringraziano inoltre tutti coloro che hanno rivisto e corretto questo articolo.

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Acronimi principali AINEVA: Associazione Interregionale di coordinamento e documentazione per i problemi inerenti alla NEve e alle VAlanghe DTM: Digital Terrain Model - Modello Digitale del Terreno GIS: Geographic Information System - Sistema Informativo Geografico PRA: Potential Release Area - Area di distacco potenziale

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abstract AVALANCHES IN THE MARCHE APENNINES MAIN AVALANCHE EVENTS IN SIBILLINI MOUNTAINS BETWEEN 2004 AND 2016

S. Sofia, F. Boccanera and G. Speranza The Functional Centre of Regione Marche, in collaboration with AINEVA, presents the first version of a report of the main avalanches occurred in Sibillini Mountains between 2004 and 2016. The main purpose of this study is to put in relation reported events with synoptic charts, the most influential meteorological parameters and the Carta di Localizzazione Probabile delle Valanghe (CLPV) (avalanche prone location map), in order to offer municipal administrations and experts a technical-scientific tool for the decision-making process. Almost all the material belongs to Regione Marche, otherwise the source is clearly mentioned.

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Saint-Rhémy 1129, a disaster along Via Francigena

A. Debernardi, don P. Papone and V. Segor A report of the avalanche of January 1129 that caused many victims along the route leading to Great San Bernard Pass This article examines a text dating from 1129. It is very important evidence regarding an avalanche. Often we quickly lose the historical memory of avalanches, so when we run into papers that are so ancient, but at the same time very rich in details, dates, place and people, we become aware of how they are an important historical source to bear in mind. The Latin text that will be analyzed, which was translated by don Papone, priest of Valtournenche and researcher at the Aosta seminary, is the oldest known evidence of an avalanche in the Aosta Valley and certainly is the first one that allows us to locate

with precision the place where the accident occurred. The original manuscript from which the text is taken and therefore analyzed is kept in the annals of the Abbey of Saint-Trond, near Liege in Belgium. This text was transcribed over the centuries in the work Monumenta Germaniae Historica; don Papone read the pages of this book and shared the discovery. The storyteller and witness of the accident is Rodolfo, abbot of the Benedictine monastery of Saint-Trond, who in January 1129, returning from Piacenza, was forced to cross the Great Saint Bernard Pass. Just outside the village of Saint-Rhémy, at the start of his difficult journey towards the pass, he witnessed and was struck by the avalanche he will describe in the annals of the abbey. Rodolfo saw the avalanche that fell from the slopes around SaintRhémy. Falling down into the valley, it buried 10 guides, some of whom did not survive the impact.

A new tool to support avalanche warning services has been developed AVALANCHE RELEASE PROPENSITY QUANTIFIED A model to calculate and show avalanche danger

L. Iacolettig and B. Sovilla Avalanche bulletins use graphics, text and icons to provide information on avalanche hazard, but they lack a topographical visualisation of really dangerous areas. In order to overcome this limitation, a model was developed to support avalanche forecasters. The model, which is an extension of an existing algorithm, calculates slab avalanche release propensity based on snowcover conditions. Its parameters were par tially derived from a survey addressed to practitioners and include snowpack stability, dangerous slopes and altitudes, as well as a snowcover


and a forest mask. Furthermore, the model calculates the amount of dangerous steep slopes in a given area. This model does not take into account loose snow avalanches, or avalanches dynamics. Hence, future research should integrate these two additional factors within the algorithm. By improving

the parameters definition and performing a final validation, the model can then be considered fully reliable as a support tool for avalanche forecasting. Keywords: avalanche, Geographic Information System (GIS), hazard, snowpack, modelling.

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n° 89 - dicembre 2016

Poste Italiane Spa

Meteorologia alpina, Glaciologia, Prevenzione Sicurezza in montagna

Principali eventi valanghivi sui Sibillini tra il 2004 e il 2016 Saint-RhĂŠmy 1129 disgrazia lungo la via Francigena La propensione al distacco quantificata

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