TIR - La rivista dell'autotrasporto

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BRENNERO: UN’ARTERIA ORMAI OSTRUITA

#Trasporti #Innovazione #Rete

TOTAL COST OF OWNERSHIP: CHI VINCE LA SFIDA IN EUROPA?

CYBERSECURITY: CINQUE PROGETTI UE PER LA SUPPLY CHAIN

Direttore Responsabile

“Si è sempre meridionali di qualcuno”

diceva

con la sua nota eleganza

Luciano De Crescenzo sfatando e sfottendo

una serie di luoghi comuni.

E anche il nostro settore può di diritto ora applicare questa massima. Prendiamo il tema della concorrenza sleale: ci sono diversi modi per praticarla e nel settore dell’autotrasporto questo si sa molto bene. Il settore, pilastro fondamentale dell’economia europea, è da tempo alle prese con questo problema che ne minaccia la sostenibilità. Pratiche come il dumping sociale, il cabotaggio illegale e l’elusione delle normative nazionali, alimentate in passato da disparità nei costi del lavoro e nei controlli, danneggiano fortemente le imprese del settore, soprattutto quelle più piccole. Per questo la Ue ha cercato di arginare tali criticità con il primo Pacchetto Mobilità e con una serie di regole che tutti gli Stati membri sono chiamati a seguire. Più doveri in questo caso significano più diritti per tutti. Ma cosa succede quando la minaccia arriva dai confini del mercato unico?

Succede che Paesi dell’Est Europa, fino a qualche anno fa in prima fila nella guerra dei prezzi - e che grazie ai risultati di questa guerra hanno ora un’altissima concentrazione di imprese di trasporto - oggi invece lamentino la concorrenza sleale dei “nuovi meridionali”, quegli autotrasportatori ucraini che, dopo lo scoppio della guerra, beneficiano dei corridoi di solidarietà che agevolano l’ingresso delle merci nei confini comunitari. Viviamo in un sistema di vasi comunicanti in cui gli equilibri possono cambiare rapidamente. Ecco perché, mai come ora, per assicurare la corretta movimentazione delle merci nel nostro Paese è necessaria una sinergia fattiva tra committenza e mondo dei trasporti. E gli spunti che arrivano in questi mesi da questo confronto lasciano ben sperare.

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Intervista

Emissioni e costi: troppe le variabili coinvolte

Il segretario generale di IRU, Umberto De Pretto, spiega che il costo totale di proprietà, così come il livello di emissioni, non dipende solo dalla fonte energetica utilizzata ma anche dalle politiche adottate dai vari Paesi

Politica

Codice della Strada, più attenzione alla sicurezza

Le nuove norme prevedono un inasprimento delle sanzioni, sia per chi si mette al volante in stato di ebbrezza o sotto l’assunzione di sostanze stupefacenti sia per chi usa il cellulare alla guida

Internazionali

Turchia al bivio tra Ue e Brics

Da anni candidata per l’ingresso in Unione europea, di cui è un partner commerciale importante, la Turchia ha presentato ufficialmente la domanda di ingresso nei Brics+: vediamo come potrebbero cambiare gli equilibri

Cybersecurity

L’Europa investe per proteggere le supply chain

Il progetto Transcend, finanziato dal programma Ue Horizon, punta a favorire la resilienza dei sistemi di trasporto e prevede cinque progetti pilota in cinque Paesi, tra cui l’Italia

TIR - La Rivista dell’Autotrasporto - Periodico del Comitato Centrale per l’Albo Nazionale degli Autotrasportatori di Cose per Conto di Terzi

ANNO XXIII N° 276 - Dicembre 2024 - Comitato Scientifico: Presidente Enrico Finocchi

Direzione-Redazione: Via C.B. Piazza, 8 - 00161 Roma Tel. 06 69411063/06 69308055

Direttore Responsabile: Massimo De Donato dedonato@rivistatir.it

Capo Redattore: Lucia Angeloni angeloni@rivistatir.it Redattori: Antonella Vicini vicini@rivistatir.it, Carolina D’Elia delia@rivistatir.it

Grafica: Marco Banci Segreteria: Giuditta Lopardo segreteria@rivistatir.it

La logistica motore dell’economia

Il 13 e il 14 novembre si è tenuto il IX Forum di Conftrasporto: la logistica cresce sempre più ma necessita di maggior attenzione

Transizioni: fondamentale il sostegno alle imprese

Confartigianato Trasporti ha chiesto alla politica di intervenire per aiutare le imprese nella transizione ecologica e digitale

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ETS: chi paga il prezzo della sostenibilità?

Un convegno organizzato da Fiap ha analizzato l’impatto che l’ETS avrà sul trasporto delle merci

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Etica e impresa: il futuro è adesso

Fedit ha organizzato un webinar per fornire alle aziende gli strumenti necessari per operare in modo sostenibile e responsabile 22

Brennero: un’arteria ormai ostruita

Le limitazioni al traffico dei mezzi pesanti sul ponte di Lueg creeranno un forte aumento di costi per il trasporto merci

La sicurezza stradale regione per regione

Secondo i dati Aci-Istat, nel 2023 il maggior numero di incidenti che ha coinvolto i mezzi leggeri e pesanti è avvenuto in Lombardia

Collaboratori: Angelo Ciaravolo, Andrea Giuli, Francesco Stazi, Paolo Travisi

CHIUSO IN REDAZIONE il 26.11.2024

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mirta.barbeschi@hp10.it

Editore e Proprietario: Comitato Centrale per l’Albo Nazionale delle Persone Fisiche e Giuridiche che esercitano l’autotrasporto di cose per conto terziVia Giuseppe Caraci 36 - 00157 Roma (RM) CF 97113700583REALIZZAZIONE e STAMPA AGE Srl Stabilimento Via Vaccareccia, 57 00071 Pomezia (Roma) Registrazione Tribunale di Roma n° 547 del 18/11/98

Autotrasporto: la lista dei desideri per il 2025

Anche quest’anno il settore ha posto sulle scrivanie dei parlamentari e del Ministro Salvini diverse richieste, per affrontare vecchie e nuove criticità del comparto

Anche il 2024 sta per concludersi e, con l’approssimarsi dell’8 dicembre, i bambini rinnovano la tradizione di inviare la lettera a Babbo Natale; un momento simbolico che, purtroppo, ha perso parte del suo fascino nel tempo. Ogni anno, più o meno nello stesso periodo, in occasione dei lavori per la predisposizione della Legge di Bilancio, anche il mondo dell’autotrasporto si ritrova a esprimere speranze e desideri per il futuro delle nostre imprese.

L’autotrasporto, anche quest’anno, ha infatti posto sulle scrivanie dei parlamentari e del Ministro competente diverse richieste, per affrontare vecchie e nuove criticità patite dal comparto, indirizzate a garantire misure concrete che possano supportare gli autotrasportatori in questo lungo periodo di incertezze.

Tra le principali richieste vi rientrano le misure che possano contribuire al contenimento dei costi di gestione, garanzie per il mantenimento dell’accisa agevolata, l’introduzione di adeguate

risorse per l’acquisto di veicoli a basso impatto ambientale, interventi concreti per sopperire alla carenza di autisti, l’utilizzo degli extraprofitti da ETS per arricchire le risorse destinate all’ex Marebonus, l’aumento dell’indennità di trasferta, la conferma del fondo per l’autotrasporto, il rafforzamento e la manutenzione programmata delle infrastrutture viarie, la risoluzione delle criticità della circolazione ai valichi alpini, e così via.

Si richiede infine un maggiore investimento nella digitalizzazione delle pratiche burocratiche per ridurre il carico amministrativo, favorire l’efficienza operativa e ridurre i tempi di attesa delle imprese.

Nonostante l’esperienza deponga a favore della disillusione, gli operatori del settore mantengono vive le aspettative per i “doni natalizi” del Governo. L’autotrasporto rappresenta infatti un pilastro fondamentale per l’economia e il supporto istituzionale è importante per garantire la competitività e sostenibilità del settore.

Bilancio di fine anno: un 2024 da ricordare

Dalle celebrazioni per i 50 anni dell’Albo degli Autotrasportatori alla verifiche di regolarità, tutti i traguardi dell’anno che volge al termine

Con la fine dell’anno alle porte, viene naturale una riflessione su questi ultimi dodici mesi.

Per il Comitato Centrale, il 2024 è stato un anno intenso e importante, durante il quale abbiamo celebrato i 50 anni dall’istituzione dell’Albo degli Autotrasportatori, avvenuta con la Legge 298 del 1974.

La ricorrenza è stata l’occasione per ricordare le attività del Comitato Centrale ma, soprattutto, per sottolineare la rilevanza del trasporto su strada di merci per conto di terzi per l’economia del Paese. Abbiamo iniziato le celebrazioni a maggio, in occasione del Transpotec, e abbiamo proseguito partecipando a diversi eventi, fiere e congressi. In particolare, a fine estate è stata lanciata un’importante campagna di comunicazione di valenza istituzionale, trasmessa sulle principali reti televisive, radio e testate giornalistiche italiane.

Gli eventi legati al cinquantenario non hanno però interrotto la normale attività

dell’Albo a sostegno delle imprese di autotrasporto.

Nel corso dell’anno sono quindi proseguite le verifiche di regolarità sulle imprese, per garantire un settore sempre più sano e competitivo; sono state elaborate e condivise proposte normative per lo sviluppo e la competitività dell’autotrasporto italiano; è stato emesso un bando che prevede uno stanziamento di circa 12 milioni di euro per la realizzazione e l’upgrade di aree di sosta sicure e protette, a garanzia sia dei conducenti sia delle merci; è stata data attuazione al progetto di borse di studio per gli studenti delle scuole per adulti per il conseguimento di patenti superiori e CQC. Non occorre elencare oltre gli obiettivi raggiunti e le sfide superate grazie anche al senso di responsabilità e al contributo di tutti i componenti del Comitato e, soprattutto, delle associazioni di categoria e delle imprese di autotrasporto, che sono sempre state, e lo saranno anche in futuro, le artefici dello sviluppo del settore.

TOTAL COST OF OWNERSHIP: CHI VINCE LA SFIDA IN EUROPA?

Uno studio dell’IRU ha analizzato il costo complessivo dei veicoli e l’impatto ambientale in termini di emissione di CO2 a seconda del tipo di motorizzazione utilizzato in cinque Paesi Ue, tra cui l’Italia

Il trasporto merci su strada resta la modalità prevalente all’interno dei confini dell’Unione europea. Secondo i dati Eurostat, nel 2020 gli autotrasportatori hanno movimentato il 77% delle merci all’interno dell’Ue, per un volume che ha raggiunto il picco di 1,92 trilioni di tonnellate-chilometro nel 2022. Alla luce dell’obiettivo Net Zero al 2050, il parco veicolare europeo (6,5 milioni di mezzi pesanti circolanti, sempre secondo i dati Eurostat) sta accelerando verso soluzioni di decarbonizzazione mediante l’adozione di tecnologie alternative più sostenibili, dall’elettrico al biocarburante. Ma quali sono le loro effettive possibilità green in termini di costi ed emissioni?

Una risposta completa e aggiornata proviene dal recente rapporto dell’Unione Internazionale dei Trasporti su Strada (IRU): “Alternative vs traditional truck

powertrains in Eu: total cost of ownership 2024”. Lo studio analizza nel dettaglio il costo complessivo dei veicoli (Total cost of ownership – TCO) e l’impatto ambientale in termini di emissione di CO2 (Carbon Emission Factor o CEF) a seconda del tipo di motorizzazione utilizzato. La ricerca si sviluppa attraverso la loro comparazione nei cinque Stati membri con il più alto numero di immatricolazioni di mezzi pesanti a carburanti alternativi: Germania, Francia, Spagna, Polonia e Italia; un parco di 44mila veicoli (l’80% del mercato europeo).

Dal confronto emerge che il diesel, utilizzato dal 99% della flotta europea, si qualifica come la tecnologia più inquinante rispetto alle altre disponibili. Sulla spinta degli obiettivi di decarbonizzazione, tuttavia, il trasporto merci europeo è in costante rinnovamento, al fine di mantenere l’efficienza e la durabilità di mezzi e servizi mediante l’adozione di combustibili alternativi. Considerando i dati Eurostat relativi alle immatricolazioni del 2023, le tecnologie più diffuse sono il gas naturale compresso CNG o liquefatto LNG (62%), seguite da quelle a propulsione esclusivamente elettrica (37%) e, infine, dagli elettrici a celle a combustibile idrogeno FCEV; tecnologia ancora agli inizi. Il calcolo del TCO comprende tutte le spese dirette e indirette associate alla proprietà e al ciclo di vita del veicolo. Include, quindi, non solo le spese relative all’acquisto, alla gestione e al funzionamento del mezzo, ma anche i tassi di interesse,

i sussidi, i salari e la formazione dei conducenti, i valori residui, l’assicurazione, il consumo, i costi energetici, la manutenzione e i pedaggi; tutti indicizzati all’inflazione. Lo stesso vale per i risultati connessi all’intensità delle emissioni, calcolate mediante un approccio Well-toWheel che valuta l’impatto della tecnologia considerando l’intero ciclo di vita del mezzo pesante. Prima di passare alla lettura dei risultati è bene evidenziare che il rapporto dell’IRU riflette condizioni uniformi selezionate per l’intero campione geografico, escludendo

variabili altrettanto impattanti come i viaggi a vuoto, le condizioni meteo o i rischi connessi a maggiori investimenti a seguito di guasti o scarsa attività. Il mezzo utilizzato per lo studio è un autoarticolato, per la precisione un trattore stradale a due assi con semirimorchi a tre assi (T2S3) per un peso totale a terra di 40 Ton - la combinazione più utilizzata nei cinque Paesi europei -, con TCO calcolato proporzionalmente sulla base del chilometraggio accumulato dal primo proprietario. Il caso d’uso, invece, è il trasporto a lunga

LE VOCI CHE COMPONGONO IL TCO

Costo del combustibile o della fonte energetica

Costo iniziale di acquisto o costo del leasing

Valore residuo

Pedaggi e costi di utilizzo della strada

Spese nanziarie

Costo totale di proprietà TCO

Spese di manutenzione e riparazione

Tasse di immatricolazione e sistema di tassazione

Salari e formazione dei conducenti

Ammortamento

Premi assicurativi

Europa

percorrenza nei primi sei anni di attività (oltre i 500 km al giorno), con dati in tonnellate-chilometro (carico utile di 15 Ton).

Alla luce di tali considerazioni, qual è il propulsore alternativo più economico e a minor impatto ambientale? Stando ai dati dell’IRU, non esiste una risposta univoca per tutti i Paesi. Ogni componente del TCO è infatti sensibile alle variazioni del prezzo del carburante, alla presenza di incentivi (soprattutto quelli per la decarbonizzazione), al sistema di tassazione e ai pedaggi. A eccezione dei veicoli elettrici a celle combustibili (FCEV), che registrano il più alto TCO in tutti e cinque i

Paesi, con un costo di 1,6 euro per chilometro (ossia 1,5 volte più costosi rispetto alle altre tecnologie), le altre soluzioni differiscono a seconda dello specifico contesto nazionale.

I mezzi a gas naturale compresso (CNG), ad esempio, registrano un TCO inferiore in Italia, ma risultano più costosi del diesel in Francia e Polonia, dove il propulsore più conveniente è la tecnologia a gas naturale liquefatto (LNG). Anche qui, il risultato è fortemente influenzato dall’andamento dei prezzi energetici, motivo per cui gli elettrici a batteria (BEV) risultano oggi più economici in

Ue: la nuova Commissione pronta al debutto

È tutto pronto per avviare i lavori della nuova Commissione Ue. Nelle scorse settimane si sono svolte le audizioni dei nuovi commissari e nel momento in cui andiamo in stampa manca solo il voto della plenaria del Parlamento.

Il commissario al Trasporto sostenibile e Turismo, Apostolos Tzitzikostas, nel corso del suo intervento, ha definito il piano d’azione per la mobilità declinandolo attraverso più punti: competitività, transizione green e digitale, reti TEN-T, sicurezza, intermodalità.

Tzitzikostas ha chiarito che si concentrerà sul rafforzamento della competitività del settore dei trasporti, rispettando il calendario concordato per le transizioni verde e digitale, migliorando la sicurezza dei trasporti e garantendo l’applicazione delle attuali norme.

Per promuovere soluzioni di decarbonizzazione dei trasporti si è impegnato a presentare un piano di investimenti nel 2025, mentre sulla competitività ha proposto di sviluppare un piano d’azione industriale Ue per il settore automobilistico.

Per quel che riguarda il phase out del motore endotermico, ha affermato che la data del 2035 dà certezza al mercato e permette all’Europa di essere protagonista dell’industria mondiale.

“Le aziende hanno avuto, e hanno tuttora, 11 anni per assicurarsi che si arrivi progressivamente a questo risultato”, ha detto.

Germania a seguito dell’aumento dei pedaggi del diesel nel 2023 e della riduzione delle tariffe di pedaggio per le emissioni zero.

Anche il coefficiente relativo alle emissioni (CEF) varia a seconda delle condizioni nazionali, in particolare dal metodo di produzione energetica.

I veicoli BEV, ad esempio, risultano meno inquinanti in Francia, dove la rete elettrica è principalmente basata sull’energia rinnovabile e nucleare, mentre in Polonia emettono una quantità di CO2 dieci volte maggiore.

I mezzi FCEV, inoltre, non possono essere considerati realmente green in assenza di idrogeno verde. La soluzione migliore per gli altri Paesi sono i biocarburanti HVO (olio vegetale idrotrattato), specialmente se combinati con motori diesel avanzati.

Con riferimento a entrambi i fattori analizzati, i veicoli HVO garantiscono il miglior equilibrio TCO-CO2 in tutti e cinque i Paesi, con un conseguente risparmio di 0,3 euro al chilometro. Anche i BEV aiutano a ridurre le emissioni di CO2 per la maggior parte dei Paesi, superando persino l’HVO in Francia, ma la loro efficacia dipende in maniera significativa dal metodo di produzione energetica. I FCEV restano invece i propulsori più costosi e a più alto impatto ambientale in tutti i Paesi a causa della fonte del carburante (principalmente idrogeno grigio) e del costo più elevato del veicolo. Con specifico riferimento all’Italia, come in Spagna, l’LNG tende a essere la migliore alternativa nel nostro Paese, offrendo una riduzione di quasi 0,5 euro al chilometro grazie ai minori costi energetici.

EMISSIONI E COSTI: TROPPE LE VARIABILI COINVOLTE

Il segretario generale di IRU, Umberto De Pretto, spiega che il costo totale di proprietà, così come il livello di emissioni, non dipende solo dalla fonte energetica utilizzata ma anche dalle politiche adottate dai vari Paesi

Definire il Total cost of ownership, cioè il costo totale di proprietà, non è cosa semplice, perché in ballo ci sono molteplici variabili. E così se si chiede a Umberto De Pretto, segretario generale di IRU, cosa sia emerso dallo studio appena pubblicato su questo tema (vedi articolo nelle pagine precedenti), la risposta è “dipende”. Ma da che dipende?

“Dipende dal luogo di cui parliamo e dal tipo di camion - spiega De Pretto -. Abbiamo fatto quest’analisi in Francia, Germania, Italia, Polonia, Spagna e abbiamo visto che quasi ogni Paese è differente e che il TCO è differente. Le emissioni di CO2 dipendono, infatti, da quale fonte di energia usiamo. Per quel che riguarda l’Italia abbiamo visto che i camion a CNG hanno i TCO più bassi, diversamente da quelli elettrici, che costano di più. Però se guardiamo alla Germania, i veicoli a batteria costano meno per via di una componente legata alle tasse. Per

chi non usa i veicoli BEV, infatti, sono talmente elevate che diventa molto più caro usare qualsiasi altra fonte di energia. In Francia, invece, abbiamo visto che l’LNG è il più caro, mentre il diesel, l’advance diesel, è la fonte meno cara”.

Anche i livelli emissivi, così come i costi, sono influenzati da più elementi?

Guardando alla riduzione di CO in

UMBERTO DE PRETTO

volte il livello di CO2, questo perché la produzione di energia polacca avviene attraverso il carbone, in particolare il brown coal, che è il più sporco che esista.

Quali sono dunque gli scenari del futuro per l’IRU in Europa?

Anche in questo caso dipende. Non è possibile attuare quello che prescrive Bruxelles in direzione del tutto elettrico. Oggi il 99,3% dei camion utilizza il diesel. Pensiamo che un camion di 40 tonnellate in una giornata di lavoro consuma la stessa elettricità di 144 abitazioni. Com’è possibile trovare la corrente per questi mezzi? Dobbiamo essere intelligenti da capire che questo non è il futuro. I veicoli elettrici sono certo un’opzione, ma per i veicoli commerciali leggeri e le automobili. Per arrivare all’obiettivo è quindi necessario usare tutte le possibilità.

Umberto De Pretto
di Massimo De Donato

CODICE DELLA STRADA, PIÙ ATTENZIONE ALLA SICUREZZA

Le nuove norme prevedono un inasprimento delle sanzioni, sia per chi si mette al volante in stato di ebbrezza o dopo l’assunzione di sostanze stupefacenti sia per chi usa il cellulare alla guida. Delega al Governo per l’emanazione di uno o più decreti legislativi per la riforma di altre disposizioni

Riforma del Codice della Strada, realizzazione del Ponte sullo

Stretto di Messina, battaglia contro le limitazioni unilaterali imposte dall’Austria sul Brennero: sono alcuni capisaldi sui cui il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, ha sempre puntato, fin dal suo insediamento al Dicastero di Porta Pia, nell’ottobre 2022.

Il 20 novembre scorso l’Aula del Senato ha approvato in via definitiva il disegno di legge sulla sicurezza stradale e le modifiche al Codice della Strada.

Un provvedimento che si divide in due sezioni: la prima è dedicata alle modifiche specifiche al Codice della Strada, la seconda prevede una delega al Governo per la revisione del sistema normativo in materia di motorizzazione e circolazione stradale. La delega prevede anche che, per alcune materie tecniche soggette a frequenti aggiornamenti, l’emanazione di uno o più decreti legislativi per la riforma di altre disposizioni del CdS non direttamente intaccate dal nuovo provvedimento.

Le nuove norme prevedono soprattutto un inasprimento delle

sanzioni, sia per chi si mette al volante in stato di ebbrezza o sotto l’uso di stupefacenti sia per chi usa il cellulare alla guida. Per i recidivi alla guida in stato di ebbrezza scatta anche l’obbligo di installare in auto il dispositivo alcolock, che impedisce l’accensione del motore se viene rilevato un tasso alcolemico sopra lo zero, oltre alla revoca della patente e al divieto assoluto di assumere bevande alcoliche prima della guida per un periodo di due o tre anni, in base alla gravità dell’infrazione. Anche per chi viene trovato al volante sotto l’effetto di droghe ci sarà il ritiro immediato della patente. Chi invece userà il telefono alla guida riceverà pene più severe rispetto al passato, con multe fino a 1.400 euro. In ogni caso scatta la sospensione breve della patente che va da 15 giorni a 90 giorni nei casi più gravi. Queste norme impatteranno anche il settore dell’autotrasporto Sono stati infatti per ora respinti gli emendamenti delle associazioni di categoria che chiedevano una distinzione tra chi opera ogni giorno in maniera professionale e gli altri utenti della strada. Tuttavia, è stato

accolto un ordine del giorno, derivante proprio dagli emendamenti presentati, che apre alla possibilità di introdurre all’interno dei decreti legislativi attuativi della delega un trattamento differenziato per i conducenti professionisti in possesso di CQC. Tra le norme che riguardano anche l’autotrasporto segnaliamo anche l’obbligo, nei tratti autostradali in cui vige il divieto di sorpasso, di impegnare unicamente la corsia più vicina al margine destro della carreggiata, a prescindere dal numero di corsie per carreggiata (il Codice della Strada sarà comunque al centro di un ampio approfondimento che

sarà pubblicato sul prossimo numero di Tir).

Intanto anche il percorso verso la realizzazione del Ponte di Messina ha raggiunto un importante traguardo. A metà novembre è infatti arrivato il parere favorevole della Commissione tecnica di valutazione dell’impatto ambientale. “Uno step decisivo”, ha detto il sottosegretario alle Infrastrutture e i Trasporti, Tullio Ferrante, aggiungendo che “il Ponte non servirà solo a collegare Calabria e Sicilia, ma il nostro Paese all’Europa”. Infine, il Brennero. In attesa che

A COP 29 la decarbonizzazione del trasporto pesante

Anche l’autotrasporto è stato protagonista della 29ª

Conferenza internazionale sulla crisi climatica (Cop29) che si è svolta a Baku, in Azerbaigian. Anfia, Anita, Assogasliquidi-Federchimica e Unem hanno organizzato un evento per discutere di decarbonizzazione del trasporto pesante.

Il convegno è stato l’occasione per analizzare ipotesi di percorsi realistici e pragmatici per raggiungere gli obiettivi sulla transizione green della mobilità fissati in Europa, in un’ottica di sostenibilità ambientale, economica e sociale, anche alla luce delle prospettive di crescita della domanda di mobilità di merci e persone. Nel corso dell’evento, alla presenza di rappresentanti del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, è stata evidenziata la necessità di intervenire a livello europeo per modificare la regolamentazione sui target di riduzione delle emissioni dei veicoli, introducendo quindi un “carbon correction factor” e affiancando alle tecnologie elettriche e a idrogeno anche quelle alimentabili con i cosiddetti carbon neutral fuels, cioè carburanti a impronta carbonica minima come i biocarburanti avanzati, il biometano, il bioGNL, gli e-fuels. Anfia, Anita, AssogasliquidiFederchimica e Unem hanno ribadito il loro impegno verso una mobilità in grado di essere competitiva e di contribuire, al tempo stesso, alla lotta ai cambiamenti climatici.

la Corte di Giustizia europea si pronunci sul ricorso presentato dall’Italia nei confronti dell’Austria, la stessa Commissione Ue si sarebbe schierata a fianco del nostro Paese. “La Commissione ha presentato una domanda di ammissione come arbitro nel procedimento pendente per sostenere le richieste della Repubblica italiana e per esporre e spiegare le posizioni esposte nel suo parere motivato”, ha infatti dichiarato all’agenzia di stampa APA un portavoce della Corte di Giustizia Ue.

Incentivi per il rinnovo del parco: le domande dal 16 dicembre 2024

Tutto pronto per la presentazione delle domande per ottenere gli incentivi per il rinnovo del parco veicolare, pari a 25 milioni di euro, previsti da un Decreto del 6 agosto (qui il nostro precedente articolo). Proprio mentre andiamo in stampa con questo numero di Tir, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha infatti pubblicato il Decreto Direttoriale n. 537 del 20 novembre 2024 che disciplina le modalità di attuazione degli incentivi agli investimenti nel settore dell’autotrasporto di merci per conto di terzi. Il periodo per la presentazione delle domande si aprirà alle ore 10.00 del 16 dicembre 2024 e terminerà alle ore 16.00 del 17 gennaio 2025.

Possono presentare domanda le imprese di autotrasporto di cose per conto di terzi nonché le strutture societarie risultanti da queste imprese iscritte al Registro elettronico nazionale istituito dal regolamento (CE) n. 1071/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 ottobre 2009 e all’Albo degli Autotrasportatori di cose per conto di terzi, la cui attività prevalente sia quella di autotrasporto di cose. Le istanze dovranno, a pena di inammissibilità, essere presentate esclusivamente tramite posta elettronica certificata dell’impresa richiedente e indirizzata a ram.investimenti2025@ legalmail.it.

LA LOGISTICA MOTORE DELL’ECONOMIA

Durante il IX Forum di Conftrasporto è stato presentato il primo studio del neonato Osservatorio Freight Insights: il settore è in continua crescita ma anche in piena evoluzione e per questo c’è bisogno di maggior attenzione da parte della politica chains”.

Ciò che non si misura, non può essere migliorato, diceva l’economista Peter Draker. E così anche la logistica italiana per potersi migliorare e affrontare le numerose sfide che l’attendono ha bisogno di essere misurata, con dati certi e aggiornati. A farlo ci sta pensando, e ci penserà anche per il futuro, il neonato Osservatorio Freight Insights del Centro Nazionale per la Mobilità Sostenibile (Most) e della Fondazione Centro Studi Economia della Logistica e delle Infrastrutture (Cseli) che in occasione del IX Forum Internazionale di Conftrasporto, che si è svolto il 13 e 14 novembre scorso a Roma, ha presentato i dati del suo primo studio, dal titolo “Deep uncertainty e cambiamenti strutturali di sistema: analisi della trasformazione delle supply

Un’analisi condotta su oltre 800 imprese che acquistano servizi di trasporto e logistica che ha dipinto un quadro dettagliato dell’evoluzione del settore logistico italiano negli ultimi anni.

I dati dello studio sono chiari: l’impatto della logistica sul Pil è sempre più rilevante. In soli cinque anni, dal 2019 ad oggi, il valore del settore rispetto al Pil è aumentato dal 7,2% all’8,9%.

Allo stesso tempo è cresciuta la consapevolezza, tra gli operatori, che la logistica è sempre più strategica: il 95% degli intervistati ritiene infatti che sia un’attività molto importante, con un deciso impatto sulle prestazioni ambientali.

Ma la logistica negli ultimi anni non è stata indenne a problematiche molto complesse che l’hanno

profondamente cambiata e hanno messo a dura prova la tenuta economica delle aziende. Come evidenziato dal presidente di Most, Ferruccio Resta, il settore dei trasporti ha infatti subito le conseguenze delle ondate di disruption che si sono susseguite in questi anni, dal Covid al conflitto russo-ucraino, fino a quello in Medio Oriente. Disruption che hanno portato a un forte aumento dei costi modificando profondamente il mercato. Tanto per dare alcuni dati: in cinque anni, il prezzo dell’energia è aumentato del 31%, quello dei canoni di locazione del 26% e il costo della manodopera del 13%. Tutto ciò ha portato a una forte riduzione delle imprese, da 114mila nel 2009 a 79mila nel 2024 per quanto riguarda la logistica conto terzi, con un incremento però delle aziende più strutturate. Il consolidamento del settore è confermato anche dagli sviluppi recenti nelle attività di fusioni e acquisizioni (M&A), che sono diventate sempre più rilevanti sia in termini di numero che di valore economico. Dal 2015 sono state mappate 214 operazioni che hanno riguardato le aziende

italiane di logistica, finalizzate in particolare al consolidamento del network logistico (88 operazioni) e allo sviluppo di terminal portuali (41 operazioni).

“Lo studio ci dice che la logistica è un settore sempre più cruciale per il nostro Pil, ma anche che è in profonda evoluzione – ha sottolineato Pasquale Russo, presidente di Conftrasporto –. L’impatto della logistica sul Pil è rilevante ma abbiamo la sensazione che la sua importanza non sia percepita pienamente: la logistica non è una priorità dell’agenda politica del Paese da tanti anni. C’è un deficit di attenzione. Servono scelte politiche adeguate che garantiscano la competitività degli operatori e che tengano conto non solo di quello che succede nel nostro Paese ma anche di quello che avviene a livello internazionale, visto che le vicende geopolitiche influenzano molto anche il sistema logistico”.

E Fabrizio Palenzona, presidente del Centro studi Cseli, ha aggiunto che “dallo studio sono emersi una serie di dati molto importanti che dimostrano che per competere dobbiamo avere la possibilità della

movimentazione delle merci in modo molto efficace. Noi siamo a favore dell’intermodalità ma non si potrà prescindere mai dalla gomma. Quindi bisogna avere il coraggio di guardare la realtà per quella che è e fare delle scelte efficaci”.

L’infrastruttura stradale è quasi satura: sul 50% della rete autostradale circola oltre il 30% dei camion, con un sovraffollamento che porta alla saturazione di parte dell’infrastruttura.

Per quanto riguarda la ferrovia, sono saturi gli impianti di Roma Termini e Milano Centrale e i lavori sulla rete e le interruzioni di linea impattano sul traffico merci con un aumento dei chilometri percorsi del 10-15%. A questo bisogna aggiungere le strozzature e le limitazioni alla circolazione lungo i valichi dell’arco alpino che comportano costi ingenti per tutte le imprese.

Per il trasporto marittimo, nel confronto tra il 2024 e il 2018 emerge una significativa crescita dei traffici intermodali, anche se

Fabrizio Palenzona

l’allocazione nei porti non è sempre efficiente: alcuni scali sfruttano a pieno il proprio potenziale mentre altri sono in difficoltà. A causa della crisi del Mar Rosso, il tempo medio di navigazione tra Asia e Mediterraneo è aumentato del 39%. L.A.

Pasquale Russo

DIBATTITO APERTO SULLE POLITICHE DEI TRASPORTI

Geopolitica, sostenibilità, transizione energetica stanno impattando pesantemente sul sistema logistico che si trova così a vivere un momento di evoluzione molto impegnativa: il punto al Forum di Conftrasporto

Mettere la logistica al centro; al centro del dibattito economico e di quello politico. È quello che ha fatto la nuova edizione del Forum Internazionale di Conftrasporto che si è svolto a Roma, il 13 e il 14 novembre. L’appuntamento, che da nove anni riunisce i principali attori del mondo dei trasporti in tutte le sue modalità, ha fatto il punto sulla situazione del settore, partendo dai dati e dagli scenari macroeconomici (vedi articolo a pag. 12 e 13), per richiamare l’attenzione sulle sfide del comparto e sugli interventi necessari per affrontarle.

Sfide che, in un mercato globale, dipendono fortemente dagli equilibri geopolitici, dagli impegni presi a livello mondiale per la sostenibilità ambientale, dalla risoluzione di problemi annosi come quello della carenza di nuovi operatori, dall’evoluzione tecnologica.

Nella due giorni si è discusso di questo, a partire dall’intervento del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini, che, rispondendo

agli input lanciati dal presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, e dal presidente di Conftrasporto, Pasquale Russo, ha passato in rassegna i principali impegni del Governo, partendo dal tema ambientale e criticando l’approccio europeo per il Green Deal. “Sono sbagliati modi e tempi non gli obiettivi”, ha dichiarato. Ma le imprese si confrontano anche con altre questioni.

Russo ha spiegato che solo in Italia mancano 22mila conducenti professionisti e il Ministro Salvini ha accolto l’idea di coinvolgere RAM sulla formazione di persone extra Ue. Altro punto quello dei valichi. Il Ministro ha ricordato l’azione portata avanti in sede Ue contro l’Austria, sui divieti imposti ai mezzi pesanti che attraversano il Brennero.

“Le criticità – ha dichiarato – sono però anche sull’altro versante. A Parigi, ho incontrato il nuovo Ministro francese (dei Trasporti, ndr) per parlare del Frejus”. Un altro tema sul tavolo con la Francia è quello della seconda canna del Monte Bianco e anche su questo il

Ministro ha assicurato che sta facendo pressing con l’omologo francese.

Di questo si è discusso anche nel panel del 14 novembre sull’accessibilità infrastrutturale quale volano di crescita e competitività, inaugurato dalla relazione del direttore di Uniontrasporti, Antonello Fontanili, sulle conseguenze per l’export italiano delle varie limitazioni ai valichi, fra cui la chiusura del Ponte Lueg (vedi articolo a pag. 26 e 27). Tema analizzato anche da Enzio Pompilio D’Alicandro, vicepresidente dell’interporto di Torino, che ha puntato l’attenzione sulle problematiche causate dalle interruzioni dei collegamenti infrastrutturali nell’area.

Salvini ha ricordato poi altri provvedimenti su cui sta lavorando il Dicastero.

“Nella Legge di Stabilità – ha affermato – sono confermati fondi per l’intermodalità gomma-mare e gommaferro. Ma il Governo è impegnato anche affinchè parte dei fondi provenienti dagli ETS rientrino alle imprese che si occupano di trasporto marittimo. Allo stesso tempo il MIT è al lavoro alla riforma della motorizzazione civile per velocizzare e aggiornare le procedure sulla revisione dei mezzi pesanti”.

Questo per quel che riguarda il nostro Paese, ma il dibattito ha voluto puntare l’attenzione anche su quello che

accade oltre confine dove si giocano le principali sfide. Come ha ricordato il Ministro della Difesa, Guido Crosetto, la competizione sarà sempre più sul piano commerciale e tecnologico:

“Nello scenario geopolitico attuale, in cui diversi attori mirano a conquistare ‘pezzi di ricchezza’, il tema è la sopravvivenza economica”.

“La nostra forza – ha proseguito – fino ad ora è stata la capacità di trasportare cose che fanno terzi; siamo cresciuti grazie al design e alla tecnologia delle nostre aziende. Il patrimonio che dobbiamo difendere anche nei prossimi anni è la capacità di saper fare. Ma il primo punto che dobbiamo definire, anche in Europa, è quello delle regole. Non si può competere avendo regole diverse rispetto alla concorrenza”.

In questo contesto, si inseriscono le politiche europee per i trasporti che, secondo il segretario generale di IRU, Umberto De Pretto, dovrebbero essere declinate principalmente lungo tre direttrici: carenza di autisti, decarbonizzazione, digitalizzazione (vedi anche a pag. 9, l’intervento di De Pretto).

Politiche incentrate da qualche anno sulla transizione ecologica, protagonista della seconda giornata dei lavori.

Quando si parla di decarbonizzazione dei trasporti, si pensa subito alle

diverse opzioni tecnologiche disponibili per i nuovi veicoli. Su questo fronte il dibattito è particolarmente acceso a livello comunitario. La legislatura che si è da poco conclusa ha partorito un impianto normativo che vede al centro l’elettrico e l’idrogeno, quali opzioni su cui puntare nei prossimi anni. Ma per il trasporto su gomma nell’immediato ci sono anche altre possibilità, come gli e-fuels e i biofuels.

Giulio Balestrieri, responsabile extrarete di Eni live, ha ricordato che “il gasolio Hvo, prodotto nelle nostre bioraffinerie, offre un grande vantaggio con un minimo investimento per la filiera logistica, oltre a benefici in termini di performance e prestazione del motore. Inoltre, consente la diminuzione di emissioni di CO2 dal 60 al 90%”.

Anche per quel che riguarda i carburanti marittimi, le opzioni sul tavolo non sono univoche e questo crea qualche incertezza. “Noi progettiamo navi con una visione a 30/40 anni, ma ora non c’è la possibilità di una tale visione così a lungo termine”, ha spiegato, infatti, Achille Onorato, vicepresidente di Assarmatori.

C’è da considerare, poi, che al tema del tipo di alimentazione delle navi va legato quello della rete di rifornimento e ricarica.

Lo stesso Nicola Carlone, nell’ultimo panel sulla centralità dei porti, ha spiegato che è una questione complessa perché quelli italiani “sono porti complicati, poiché sono situati all’interno delle città”.

Un’incertezza a cui si aggiungono anche le nuove regole, come quelle per gli ETS, e la prospettiva di riforma del sistema portuale. Su quest’ultimo punto, il presidente di Federlogistica, Luigi Merlo, ha voluto rimarcare come di fronte al cambiamento del sistema del commercio internazionale sia necessario dotarsi di nuovi strumenti.

“Il ruolo del presidente è fondamentale e deve essere messo nella condizione di operare”, ha spiegato.

Per affrontare tutto questo è necessaria una reale politica di sistema con un approccio lungimirante. L’intervento del presidente di Fai, Paolo Uggè, ha voluto portare l’attenzione proprio su questo.

Un tentativo in questa direzione è stato effettuato nel 2006, con il Piano Generale dei trasporti, “che non ha avuto però continuità, per via della solita alternanza politica e dei cambiamenti nei governi”, ha detto. Con il suo Forum, Conftrasporto – ha sottolineato Uggè – ha colmato questa lacuna.

“Per questo è importante aver creato una fondazione depositaria dei dati e della conoscenza tecnica utili per la pianificazione e la decisione. Sperando che questo possa finalmente dare concretezza a una politica integrata, che non si limiti a interventi parziali ma si basi su una visione complessiva delle necessità logistiche e infrastrutturali del Paese”. A.V.

Matteo Salvini
Pasquale Russo Paolo Uggè

TRANSIZIONI: FONDAMENTALE SOSTENERE LE IMPRESE

Nella sua assemblea, Confartigianato Trasporti ha posto l’accento sulle difficoltà delle imprese nell’affrontare la transizione ecologica e digitale e ha chiesto alla politica di intervenire. Il Ministro Salvini ha assicurato l’appoggio al settore

Transizione è una delle parole del momento. Una parola che abbraccia vari temi: ambiente, tecnologia, digitalizzazione.

Confartigianato Trasporti ha scelto di affrontarli tutti nel corso della sua assemblea nazionale, che si è svolta a Roma, il 23 novembre; un’assemblea dal titolo già evocativo, “In viaggio nelle transizioni” che ha visto la partecipazione di numerosi ospiti istituzionali, tra cui il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini

Confartigianato Trasporti è infatti impegnata da tempo nel sensibilizzare, e guidare, le piccole e medie imprese in questa rivoluzione, che richiede grandi investimenti, sia in termini economici sia di impegno. Per questo l’associazione ha voluto, in occasione della sua assemblea,

porre l’accento su tutti questi temi e chiedere alla politica di sostenere le imprese affinché possano essere competitive, sostenibili e funzionali alle esigenze del mercato.

I lavori sono stati aperti dal segretario generale di Confartigianato Trasporti, Sergio Lo Monte, che ha sottolineato l’importanza del dialogo con le istituzioni per portare benefici a coloro che poi fanno gli investimenti. “Sono anni che stiamo cercando di portare la categoria verso la transizione ecologica – ha rimarcato il presidente di Confartigianato Trasporti, Amedeo Genedani –.

Ma serve una strada che si possa percorrere, che si basi sul principio della neutralità tecnologica, ovvero un mix di tecnologia e di energia che consenta di raggiungere gli obiettivi

che ci vengono imposti dall’Europa. Per questo chiediamo alla politica un fondo ad hoc per gli investimenti, un fondo corposo, di almeno 100 milioni di euro l’anno, perché con i 25 milioni di euro che abbiamo a disposizione adesso possiamo fare ben poco”.

Ma anche le altre transizioni stanno mettendo in difficoltà le imprese; servono quindi incentivi anche per portare in azienda nuove tecnologie, come quella dell’intelligenza artificiale, per affrontare la digitalizzazione dei sistemi, o ancora per adempiere agli obblighi ESG (Environmental, Social, Governance) che comporteranno l’obbligo di certificare la sostenibilità da parte delle grandi aziende committenti. Genedani ha anche chiesto una riforma delle normative europee, che attualmente minacciano la competitività del settore, in particolare per quanto riguarda le misure sul trasporto pesante; di intervenire al più presto per quanto riguarda la revisione delle norme sui tempi di pagamento, su tempi di attesa al carico e scarico delle merci e la pubblicazione dei nuovi costi di

riferimento dell’autotrasporto, per i quali è stata condotta una revisione che però non è ancora stata pubblicata.

Il Ministro Salvini ha quindi risposto ad alcune delle richieste avanzate durante l’incontro.

“Ad oggi più dei due terzi della merce viaggia su strada e su gomma, poi c’è l’acqua, l’aria e il ferro – ha affermato il Ministro –. Io in questa manovra di bilancio mi sono impegnato a riconfermare il Ferrobonus e il Marebonus, quindi due misure per intermodalità. Però pensare che in prospettiva si possa avere un’Italia senza l’autotrasporto è follia, è da ricovero”.

Il Ministro ha sottolineato l’importanza di interventi strutturali per il settore, ma ha anche ricordato le difficoltà legate alla disponibilità di risorse pubbliche, ribadendo

tuttavia il suo impegno nel rivedere i fondi a disposizione. “Stiamo cercando nuovi fondi per gli incentivi al rinnovo del parco veicolare, dal 2027 in poi”, ha precisato. Nel frattempo dovrebbero arrivati nuove risorse per i voucher patenti, per risolvere un’altra annosa questione, quella della carenza di autisti, mentre è “imminente la pubblicazione di un bando di 157 milioni di euro a favore della transizione digitale nel settore della logistica”.

Salvini ha anche rimarcato la sua posizione critica nei confronti di un Green Deal imposto senza tener conto delle specificità italiane e della realtà delle imprese. “Non si può fare i green con i sacrifici degli altri”, ha ribadito, criticando le politiche europee che penalizzano le Pmi senza considerare la concorrenza internazionale, in particolare dalla Cina. Il Ministro ha infatti precisato come, nonostante l’impegno dell’Europa nel ridurre le emissioni di CO2, il risultato globale risulti contrastante, con la Cina che nel 2023 ha aumentato le sue emissioni di 460 milioni di tonnellate, mentre l’Europa ne ha ridotte 200 milioni. “Il Green Deal rischia di essere un suicidio per

l’Europa”, ha detto Salvini. Infine, il Ministro ha ribadito il suo impegno per risolvere la situazione dei valichi alpini, così come per una riforma delle autostrade. “Stiamo lavorando alla riforma delle concessioni autostradali, per riequilibrare i pedaggi, i servizi, come quelli delle soste in area di servizio, chiedendo che chi si ferma in area di servizio sia un ospite gradito, come negli altri Paesi. Se un conducente è riposato e tranquillo è un bene per lui e per gli altri”.

L’assemblea ha visto anche la partecipazione di Marco Granelli, presidente di Confartigianato, di Salvatore Deidda, presidente dell’IX Commissione Trasporti della Camera dei Deputati e di Massimo Milani, segretario dell’VIII Commissione Ambiente della Camera dei Deputati. Infine, ha ospitato un confronto sul tema della twin transition con Anna Roscio, executive director sales & marketing imprese Intesa Sanpaolo, Augusto Bianchini, professore al Dipartimento Ingegneria industriale dell’Università di Bologna, Alessandro Moretti, head of cards Enilive, e Fabrizio Buffa, responsabile veicoli medi e pesanti di Iveco Italia.

Marco Granelli
Matteo Salvini
Amedeo Genedani
Massimo De Donato
Sergio Lo Monte

LE COOPERATIVE PROTAGONISTE DELLA TRANSIZIONE

Gianmaria Balducci, confermato presidente di Legacoop Produzione e Servizi, chiede azioni concrete per rilanciare l’economia e affrontare le sfide che attendono il mondo cooperativo, dalla transizione energetica e digitale alla trasformazione del mondo del lavoro

Gianmaria Balducci è stato confermato alla presidenza di Legacoop

Produzione e Servizi. L’assemblea dell’associazione, che rappresenta oltre 2.400 cooperative e consorzi di ogni settore, tra cui quello della logistica e dei trasporti, ha espresso un chiaro voto di fiducia

eletto vicepresidente vicario con funzioni di direttore. Confermati inoltre alla vicepresidenza Paolo Barbieri, presidente di CPL Concordia, Francesco Malaguti, presidente di Camst e Paolo Mongardi, presidente di Sacmi, a cui si aggiungono i neoletti Monica Fantini, presidente del consiglio di gestione del consorzio Conscoop , responsabile del dipartimento produzione e servizi di Legacoop Toscana. Rinnovati anche i membri del Consiglio di Presidenza e della Direzione nazionale. L’assemblea, che si è svolta a Firenze l’8 novembre scorso, è stata anche l’occasione per riflettere sul futuro e sulle sfide che attendono il mondo cooperativo italiano, dalla transizione energetica e digitale alla trasformazione del mondo

“Dal Governo ci aspettiamo azioni

concrete per rilanciare l’economia. Serve progettualità, investimenti infrastrutturali di lungo respiro coerenti con le necessità infrastrutturali dei territori”, ha sottolineato Balducci, 49 anni e dal 2013 presidente del gruppo imolese Cefla.

“Si chiude un mandato dettato a gestire le emergenze. Guardiamo al futuro con coraggio e ottimismo per avviare una nuova fase di prospettiva e di visioni. Ci attendono sfide impegnative, dalla transizione energetica e digitale alle trasformazioni del mondo del lavoro. Come cooperazione vogliamo essere protagonisti di questi processi, che rappresentano un driver di sviluppo verso cui guidare le associate, perseguendo l’obiettivo della redditività in chiave sostenibile e tutelando il buon lavoro, mantenendo saldi i principi cooperativi”.

Laguardia ha poi chiesto al Governo una modifica sostanziale del codice degli appalti, con norme certe ed esigibili per la revisione dei prezzi, che tengano conto degli aumenti salariali previsti dai CCNL e interventi strutturali per abbassare il costo del lavoro, anche attraverso la detassazione degli aumenti contrattuali.

Gianmaria Balducci

ETS: CHI PAGA IL PREZZO DELLA SOSTENIBILITÀ?

Dal 2027 il sistema di scambio di quote di emissione interesserà anche il trasporto stradale. Durante Ecomondo, un convegno organizzato da Fiap ha analizzato l’impatto che avrà sul trasporto delle merci

La transizione verso fonti di energia più sostenibili comporta inevitabilmente dei costi. Il problema è che questi costi rischiano di gravare soprattutto sulle categorie più deboli. È il caso del sistema ETS (Emission Trading System), ovvero un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nell’Unione europea che a inizio anno è entrato in vigore per il trasporto marittimo e che a partire dal 2027, con l’ETS 2, verrà esteso al trasporto stradale, mettendo a dura prova il settore. L’introduzione del sistema di scambio delle quote di emissioni nel settore marittimo, infatti, ha già aumentato i costi per le aziende di trasporto, soprattutto per quelle che operano da e per le isole, poiché gli armatori hanno immediatamente aumentato i noli.

Per affrontare questa sfida, il mondo dei trasporti e della logistica si sta organizzando, cercando di trovare soluzioni e di attenuare l’impatto sui costi. Un esempio è il convegno organizzato da Fiap durante Ecomondo, la fiera che si è svolta a Rimini dal 5 all’8 novembre scorso (vedi anche articolo a pag. 36-39), con il contributo di Confitarma e PwC. Il convegno, dal titolo “Gli Emissions Trading System Eu e l’impatto sulla mobilità delle merci e delle persone”, ha acceso l’attenzione sull’importanza e la necessità di un approccio trasparente e regolamentato al sistema degli ETS, e dei futuri ETS 2, che si proietteranno appunto sul trasporto stradale, coinvolgendo esponenti chiave del settore marittimo e della logistica. “L’obiettivo del convegno – ha

spiegato a Tir Alessandro Peron, segretario generale di Fiap – era innanzitutto capire che cosa sono gli ETS e gli ETS 2 e come vengono calcolati. In secondo luogo, capire chi effettivamente deve pagare questa tassa. Noi siamo d’accordo con il principio che chi inquina paga di più, ma è anche vero che questo impatto deve essere trasparente per evitare che il consumatore finale si trovi a pagare più volte l’ETS. La trasparenza è indispensabile per distinguere chi può trasferire questa tassa sul mercato e chi, invece, la deve assorbire”. I primi effetti del sistema ETS si sono già visti sul trasporto marittimo, con costi importanti non solo per le imprese ma anche per molti prodotti. Il rischio è addirittura che alcuni prodotti non arrivino più sulle isole, perché l’aumento del costo del

trasporto potrebbe diventare così impattante da non essere più conveniente.

conseguenza a ribaltare questi rincari al mondo industriale e al mondo del retail. Su prodotti con ampio margine l’incidenza sarà sicuramente minima ma su altri prodotti anche il consumatore finale si accorgerà dell’effetto. Per questo noi chiediamo trasparenza, per far sì che tutta la filiera riesca a distribuire questo costo e che il consumatore finale possa scegliere un prodotto o un altro in base anche all’impatto ambientale del prodotto stesso. Questa trasparenza aiuterebbe ad evitare false situazioni ma soprattutto aiuterebbe lo Stato a capire dove deve ristorare gli incentivi per la transizione energetica”.

Peron ha poi evidenziato che la scelta delle modalità di trasporto è spesso determinata dai committenti, i quali possono influire positivamente nella gestione dei costi legati all’ETS optando per soluzioni più efficienti.

“Fare un trasporto ecologico - ha continuato Peron - non è così semplice come possa sembrare: non basta acquistare un camion elettrico o a biometano, perché poi ci vogliono anche le infrastrutture. Al momento il mercato non è pronto a dare un’alternativa al sistema ETS e questo significa che per i prossimi anni dovremo pagare questa ‘tassa ecologica’ che andrà a impattare sul carburante, sulle autostrade, su voci di costo direttamente connesse all’attività dell’autotrasporto che sarà costretto di dopo, con un trasporto a basso costo o addirittura gratuito, chiede un trasporto che mal si collima con l’intermodalità, che invece ha un impatto ambientale molto più basso. Serve quindi anche un cambio culturale – ha concluso Peron –. Dobbiamo cominciare a far comprendere che il trasporto e la logistica hanno un costo, che va pagato e che non si può pretendere sempre tutto dall’oggi al domani, altrimenti la transizione energetica sarà molto complicata”. Univoca la risposta della rilevante presenza politica al convegno: Salvatore Deidda, presidente della Commissione Trasporti, Maria Grazia Frijia e Eliana Longi, entrambe componenti della Commissione Trasporti, hanno confermato il loro costante supporto al comparto logistico e l’impegno per rendere questo regolamento europeo più chiaro e trasparente. Hanno inoltre sottolineato l’importanza di agire sulla politica a livello europeo, affinché venga riconosciuta la specificità delle esigenze logistiche di un Paese come l’Italia, con una particolare attenzione all’area del Mediterraneo, area di approdo del traffico marittimo.

“Sono i committenti e i clienti finali a decidere come la merce viene trasportata e di conseguenza a incidere anche dal punto di vista ambientale. Se il consumatore che ordina un prodotto su un portale di e-commerce vuole che la consegna venga effettuata il giorno

Alessandro Peron

ETICA E IMPRESA: IL

Fedit ha organizzato un incontro per approfondire il tema dell’etica nel settore della logistica e fornire alle aziende gli strumenti necessari per operare in modo sostenibile e responsabile

Logistica ed etica sono due parole che, per lungo tempo, sono state considerate distanti tra loro. Oggi però le cose sono cambiate e l’unione tra i due elementi sta diventando sempre più rilevante. Nei trasporti e nella logistica, settori strategici per l’economia nazionale, l’etica è infatti cruciale per affrontare sfide significative legate alla sicurezza, all’impatto ambientale e al trattamento giusto e dignitoso delle persone. Pratiche etiche possono contribuire a una maggiore efficienza, a una migliore reputazione aziendale e allo sviluppo sostenibile del business. Di questo si è parlato nel corso del webinar “Etica e impresa - Modelli di business sostenibili nel settore trasporti e logistica”, organizzato da Fedit lo scorso 6 novembre con lo scopo di stimolare un dibattito costruttivo su come le aziende di trasporto possono integrare pratiche etiche nelle loro operazioni quotidiane. Alla discussione hanno partecipato, oltre al presidente

di Fedit Giuseppe

Cela e al segretario generale Alfredo D’Ascoli, l’avv.

Marcella Vulcano, presidente

Advisora, esperta in responsabilità da reato degli enti, misure di prevenzione e anticorruzione, organismo di vigilanza; l’avv. Roberto Mangione esperto in diritto del lavoro; l’avv. Mariagrazia Pellerino, penalista e organismo di vigilanza; l’avv. Stefania Di Buccio, amministratore giudiziario e la consigliera del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro Antonella Ricci

“L’importanza di incorporare i fattori ESG (Environmental, Social, Governance) nelle decisioni strategiche e di investimento per ridurre i rischi aziendali e promuovere la sostenibilità è una esigenza sempre più sentita a livello globale. Oggi il vero valore di un’impresa dipende in modo sempre più importante dalla valutazione dei risultati economici

unitamente alla valutazione dell’impatto ambientale, sociale e dalla qualità della governance, cioè dal valore per la collettività - spiega a Tir l’avvocato Marcella Vulcano -. Un’impresa che non è capace di governare il rischio ESG in maniera efficace può perdere la sua competitività sul mercato, può trovarsi in difficoltà ad adattarsi ai cambiamenti. In questa prospettiva l’impresa dovrà uscire dalla concezione utilitaristica di creazione di valore per sè stessa e

FUTURO È ADESSO

adottare il cosiddetto stakeholder approach, fondato sull’idea di una stretta e sinergica connessione tra etica e business che consente alle aziende di perdurare nel tempo, diretto alla soddisfazione dei bisogni di tutti i portatori di interesse e non solo dei detentori del capitale di rischio”. Cosa possono fare quindi le imprese? “Senza una governance forte, adeguata, trasparente, difficilmente l’azienda può ambire alla soddisfazione dei fattori ESG. Bisogna quindi in prima battuta istituire adeguati assetti organizzativi e aggiornare la struttura dell’organigramma aziendale, anche prevedendo nuove figure quali il risk manager,

il sustainability manager, l’internal audit, il compliance officier, figure in grado di identificare, valutare e mitigare i rischi per l’impresa”. Le stesse normative europee stanno spingendo in questo senso. Un esempio è dato dalla Direttiva Corporate Sustainability Reporting (CSRD), che impone alle grandi imprese dell’Ue obblighi significativi in materia di rendicontazione di sostenibilità. Le imprese sono tenute a comunicare informazioni essenziali per comprendere da un lato l’impatto dell’impresa sulla sostenibilità, dall’altro quanto quest’ultima influenzi le prestazioni, i risultati e la situazione dell’impresa. La Direttiva lascia agli Stati membri ampio margine di manovra e consente di prevedere eventualmente un’implementazione graduale per le piccole e medie imprese. La Direttiva è stata recepita in Italia con il D.Lgs. 125/2024 che è entrato in vigore a settembre 2024 e introduce l’obbligo di redigere una più corposa rendicontazione di sostenibilità per le grandi imprese quotate già vincolate alla dichiarazione di carattere non finanziario. Il Decreto estende l’obbligo di rendicontazione di sostenibilità alle grandi imprese non quotate dal 2026 e alle Pmi quotate a partire dal 2027. Un altro importante atto legislativo europeo è la Corporate Sustainability Due Diligence

Directive (CSDDD), il cosiddetto Supply Chain Act, relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità, che stabilisce norme riguardanti le responsabilità delle aziende in relazione agli impatti negativi, effettivi e potenziali, sull’ambiente e sui diritti umani delle proprie operazioni, delle operazioni delle proprie controllate e delle operazioni all’interno della propria catena del valore.

“La rivisitazione complessiva dell’organizzazione aziendale in chiave di sostenibilità ha un impatto anche sui Modelli organizzativi 231, che devono essere rivisti per includere i rischi legati a tematiche ambientali, sociali e di governance e che, insieme al Codice Etico promuovono la compliance in azienda, favorendo un ambiente di business etico attraverso la prevenzione dei reati e la promozione di pratiche aziendali trasparenti – continua l’avvocato Vulcano –. Negli ultimi tempi è sempre più frequente il ricorso all’esternalizzazione delle attività di business e proprio con riferimento alla sostenibilità della filiera negli appalti, sono emersi diversi casi di violazioni etiche nel settore dei trasporti e logistica, a seguito delle indagini condotte dalla autorità giudiziaria. Per prevenire casi di breach, in linea con il dovere di diligenza richiesto dalla CSDDD, il modello operativo

deve prevedere un piano di azione per le terze parti che integri criteri di sostenibilità, garantendo che i partner commerciali rispettino normative legali e standard etici, contribuendo così a un ecosistema imprenditoriale responsabile e allineato con i principi ESG”. Alcune azioni che possono essere messe in campo per

presidiare i rischi collegati alle terze parti sono: l’istituzione della funzione Procurement dedicata alla selezione, gestione e monitoraggio dei fornitori; l’istituzione di un Comitato

Valutazione Fornitori per garantire trasparenza nell’assegnazione degli appalti, arginare sacche di discrezionalità e prevenire ipotesi corruttive; il controllo sulla congruità delle tariffe corrisposte dal committente per assicurare regolarità lavoristica, contributiva, fiscale e amministrativa dei fornitori e prevenire ipotesi di reati di caporalato e riciclaggio (ex artt. 603 bis c.p. e 648 bis c.p.); l’adozione di una stringente procedura in ambito 231 di scelta, selezione e gestione dei fornitori; l’istituzione di un albo fornitori; l’attivazione di una integrity due diligence sui fornitori, cioè uno screening che preveda verifiche incisive di solidità economica, patrimoniale e finanziaria, sull’assenza di elementi di anomalia societaria, sui profili reputazionali e sulla regolarità degli adempimenti previdenziali, assistenziali e tributari); l’attivazione delle attività di verifica (monitoraggio continuativo) che prevedono l’analisi di un set documentale che i fornitori sono chiamati a fornire periodicamente. Anche le condizioni di sicurezza sul lavoro dei propri dipendenti e dei dipendenti degli appaltatori sono considerate sempre di più un indice di legalità

dell’impresa e debbono essere attentamente valutate anche in relazione agli orari di lavoro, allo stress da lavoro correlato, e alla scelta dei fornitori poiché da tale ambito possono scaturire conseguenze penali per le imprese che possono esserne soggette a misure come l’amministrazione giudiziaria oltre ad essere sottoposte a processo penale. L’avvocato Vulcano consiglia quindi di procedere alla revisione dei contratti inserendo clausole finalizzate a presidiare i rischi collegati alle terze parti, quali, ad esempio, la violazione di obblighi retributivi, contributivi, previdenziali e di inquadramento contrattuale; la violazione di obblighi in tema di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro o ancora la somministrazione illecita di manodopera.

“Un sistema di controllo ben strutturato – conclude Vulcano – non solo aiuta a prevenire responsabilità legali, ma rafforza anche l’impegno verso una gestione sostenibile, allineandosi con le normative europee più recenti. Peraltro, la rendicontazione ESG, aprendo a nuovi scenari in tema di rating di legalità e di procedure ad evidenza pubblica, favorisce opportunità di partnership strategiche. Occorre un cambiamento culturale in cui la sostenibilità, integrata nei processi operativi aziendali, cessi di essere considerata un costo o un mero adempimento e diventi un un fattore di competitività per l’impresa, e uno strumento essenziale a tutela della reputazione, della continuità e del valore azienda”.

L’IMPEGNO DI FEDIT PER LA LEGALITÀ

L’associazione sta lavorando a diverse iniziative per promuovere una cultura attenta ai valori della trasparenza, dell’etica e dell’integrità delle imprese: intervista con il segretario

Sgenerale Alfredo D’Ascoli

ono molte le sfide per le imprese che intendono operare in modo etico ma, allo stesso tempo, sono tante anche le opportunità che ne derivano, dalla riduzione dei rischi d’impresa alla tutela della reputazione. Sfide e opportunità che le imprese devono conoscere per poter scegliere come operare. Proprio per questo Fedit ha voluto organizzare un webinar su etica e impresa, per fornire alle imprese, come spiega a Tir il segretario generale dell’associazione Alfredo D’Ascoli, strumenti concreti per operare in modo legale e sostenibile.

Come è nata l’idea di organizzare questo momento di incontro e riflessione?

Come Fedit stiamo lavorando su diverse iniziative volte ad una maggiore diffusione del concetto di legalità. Questo webinar si iscrive quindi in un percorso più ampio di promozione di una cultura attenta ai valori della trasparenza, dell’etica e dell’integrità delle imprese che Fedit intende promuovere attraverso eventi dedicati. Grazie alla collaborazione di professionisti esperti nella materia abbiamo quindi organizzato questo incontro proprio per dare risposte concrete sui temi della legalità e della

sostenibilità, con indicazioni utili per cercare di lavorare nella migliore maniera possibile e soprattutto non incorrere in quelle criticità collegate al concetto della genuinità dell’appalto.

Qual è stata la risposta delle imprese?

Il webinar ha riscosso grande successo e ha visto la partecipazione di numerosi rappresentanti delle imprese associate. Il confine del concetto della genuinità dell’appalto è molto labile e le aziende desiderano avere indicazioni precise sui limiti da non oltrepassare per evitare di incorrere in situazioni problematiche. Durante l’incontro sono state quindi fornite indicazioni chiare e puntuali, con suggerimenti sulle pratiche da adottare, dal controllo dei fornitori ad una organizzazione aziendale volta a mitigare i rischi.

Quali sono le proposte avanzate da Fedit in direzione della legalità?

Da tempo noi riteniamo che l’introduzione del meccanismo del reverse charge nel settore della logistica e degli appalti sia

uno strumento fondamentale per contrastare le pratiche illegali. Un ulteriore elemento sul quale stiamo lavorando è l’elaborazione di tabelle di costi del lavoro del personale cui si applica il nostro contratto collettivo che possano servire come riferimento per le imprese. Infine, stiamo lavorando con le organizzazioni sindacali in questa fase di rinnovo del contratto nazionale per cercare, tra le diverse tematiche, di definire i requisiti necessari per una maggiore qualificazione della filiera che opera all’interno del nostro settore. Riteniamo che questo sia un buon punto di partenza per garantire la qualità e la legalità del settore.

Alfredo D’Ascoli

BRENNERO: UN’ARTERIA ORMAI OSTRUITA

Secondo uno studio presentato da Uniontrasporti, le limitazioni al traffico dei mezzi pesanti sul ponte di Lueg creeranno code e disagi con un aumento di costi, per il trasporto merci, tra i 93,5 e i 327,3 milioni di euro

Itrasporti lungo l’asse del Brennero stanno per scontrarsi con l’ennesimo collo di bottiglia, che comporterà anche forti ricadute per l’economia italiana.

A gennaio 2025, infatti, il traffico sul ponte Lueg, sull’autostrada A13 del Brennero, sarà fortemente ridotto per consentire i lavori di rifacimento del ponte, lungo quasi due chilometri. La soluzione adottata da Asfinag, la società che gestisce le autostrade austriache, è quella di mantenere aperta una sola corsia per senso di marcia, quella centrale, aperta sia al traffico leggero che al traffico pesante. A seguito di importanti trattative, la società ha anche deciso di lasciare il ponte percorribile a due corsie per circa 170 giorni all’anno in direzione sud e per 160 giorni in direzione nord. Una misura che da

sola, tuttavia, non basterà ad evitare forti rallentamenti e lunghe code di veicoli leggeri e pesanti, soprattutto nelle giornate di attraversamento del ponte ad una sola corsia.

Secondo lo studio Worst Case Brenner, condotto da Uniontrasporti e presentato il 4 novembre alla Camera di commercio di Bolzano, tutto ciò si tradurrà in un pesante incremento dei costi per le imprese italiane, dovuti alla congestione del traffico, che oscilleranno tra i 93,5 milioni di euro, nell’ipotesi migliore, e i 327,3 milioni di euro in quella

peggiore. Lo studio ha infatti definito due possibili scenari: nello scenario A la capacità è ridotta del 50% (una sola corsia per senso di marcia e, nei periodi più trafficati, due corsie per il traffico leggero). In questo caso, poco meno del 90% del traffico commerciale resterebbe sull’asse autostradale del Brennero con significativi aggravi di tempo e di costi, mentre il restante 10% si trasferirebbe verso il Gottardo, il San Bernardino e il Tarvisio. Il traffico merci su ferrovia crescerebbe del 4%. In questo scenario il solo costo

Da gennaio resterà aperta una sola corsia per senso di marcia, quella centrale, ma per 170 giorni l’anno sarà aperta anche una seconda corsia

dovuto al maggior tempo impiegato per raggiungere la destinazione viene stimato in 93,5 milioni l’anno per le merci.

Nello scenario B viene ipotizzato il “worst case”, ovvero la chiusura della tratta e il contemporaneo divieto di utilizzo della strada statale (B182) per i veicoli pesanti, situazione che si potrebbe creare anche per l’assenza della corsia di emergenza e per la presenza di cordoli divisori tra le carreggiate. In questo caso, il traffico pesante si trasferirebbe verso il Tarvisio, il Gottardo e il San Bernardino con forte aggravio di costi e tempi, considerando l’elevata tassazione del traffico commerciale in Svizzera, con una minima parte verso il Resia.

Una buona parte di traffico si sposterebbe sulla ferrovia, con difficoltà certe di assorbimento di ulteriore traffico su una linea già satura. In questo secondo scenario, il costo aggiuntivo per il trasporto merci sarebbe pari a 327,3 milioni di euro. “La capacità naturale di transito del Brennero è già stata ridotta in questi anni di oltre il 50% da decisioni austriache contro le quali si è mosso da tempo il nostro Governo – ha sottolineato Antonello Fontanili, direttore di Uniontrasporti –. Le ulteriori restrizioni, determinate dai lavori sul Ponte Lueg, appesantiranno

la situazione con riflessi negativi sia sui flussi turistici sia su quelli commerciali.

E potrebbero portare numerosi partner a interrompere contratti e relazioni con le nostre imprese, con il rischio di non tornare indietro una volta completate le opere.

È quindi importante contenere le conseguenze di questi interventi con misure ad hoc”. Tra le misure individuate dallo studio, la disponibilità di due corsie aperte

al traffico leggero e pesante per tutto l’anno, la sospensione del divieto notturno per i camion almeno per l’intera durata dei lavori e l’utilizzo più efficiente ed esteso della RoLa, l’autostrada viaggiante, almeno fino a Trento, garantendo costi competitivi per il traffico di autocarri.

“È fondamentale per l’economia regionale assicurarsi che la capacità del corridoio del Brennero non venga ulteriormente ridotta - hanno affermato Michl Ebner e Andrea De Zordo, presidenti delle Camere di commercio di Bolzano e Trento -. L’export e il turismo devono poter contare su infrastrutture efficienti che, anche in presenza dei necessari lavori di manutenzione, riescano a garantire collegamenti sufficientemente dinamici e scorrevoli”.

IL DIVIETO NOTTURNO RIDUCE

LA CAPACITÀ

DEL BRENNERO DEL 32%

La capacità dell’asse autostradale del Brennero è ampiamente limitata dai divieti imposti unilateralmente dall’Austria. Secondo la stima di Uniontrasporti, questa limitazione può essere quantificata in un 50%, così suddiviso: divieto notturno (32%), divieti fine settimanali (16%), divieti specifici per alcuni mezzi pesanti e sistema di dosaggio (2%). Il traffico commerciale è quindi costretto a utilizzare l’infrastruttura solo nelle ore diurne dei giorni feriali, creando maggiore congestione, maggiore inquinamento e maggiore rischi di incidenti.

L’eliminazione anche del solo divieto notturno non significherebbe una automatica crescita del traffico pesante, ma renderebbe la circolazione stradale più fluida, più sicura, meno congestionata, più sostenibile e anche meno stressante per gli autisti. Secondo le stime, senza il divieto notturno il flusso medio veicolare passerebbe dagli attuali 556 veicoli/ora a 339 veicoli/ora, valore molto prossimo a quello imposto dal sistema di dosaggio austriaco.

Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica: basta leggere questi nomi per visualizzare l’altro asse, quello degli Stati che rappresentano un polo economico e oramai anche politico diverso rispetto agli equilibri che vedono al centro Ue e Usa.

C’è chi, senza mezzi termini, lo definisce un’alternativa all’Occidente. E a vedere la lista degli ultimi Stati che sono stati ammessi nel gruppo – Iran, Emirati Arabi Uniti, Etiopia

Da anni candidata per l’ingresso in Unione europea, di cui è un partner commerciale importante, la Turchia ha presentato ufficialmente la domanda di ingresso nei Brics+: vediamo come potrebbero cambiare gli equilibri

ed Egitto – parrebbe un’ipotesi non priva di senso.

I Brics+ (il segno “più” è legato proprio alla presenza dei nuovi Paesi) sono accomunati da un’economia in via di sviluppo, una popolazione numerosa, un vasto territorio, abbondanti risorse naturali strategiche e da una forte crescita del Pil e della quota nel commercio mondiale a partire dai primi anni 2000.

In questo quadro c’è una Nazione che sta facendo un gioco apparentemente ambivalente perché avrebbe sia tutte le caratteristiche dell’outsider, sia del membro perfettamente integrabile con il resto del clan. Questa Nazione è la Turchia, Paese membro della Nato e da anni candidato per l’ingresso in Unione europea (dal 1999 ma con negoziati in fase di stallo dal 2018), che però a settembre ha ufficialmente presentato la domanda di fare ingresso nei Brics+. Una richiesta che nel vertice di ottobre a Kazan, in Russia, si è tradotta in un nulla di fatto, almeno per ora. Il gruppo ha deciso infatti di non integrare per

quest’anno nuovi membri a pieno titolo, ma ha accettato 13 Paesi come partner ufficiali, fra cui la Turchia.

A chi si chiede quali siano le intenzioni di Ankara ha risposto ufficialmente il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, durante un discorso trasmesso dalla tv di Stato: “Le crescenti relazioni del nostro Paese con i Brics non sono e non potranno mai essere un’alternativa ai nostri impegni attuali”. Grazie anche a un’unione doganale che prevede la libera circolazione tra le due parti per quasi tutte le tipologie di merci, l’Unione europea è un partner commerciale importantissimo per la Turchia. Come chiarisce a Tir Valeria Giannotta, direttrice scientifica dell’Osservatorio Turchia del CeSPI, il Centro Studi di Politica Internazionale, il volano delle relazioni economiche tra Turchia e Paesi Ue è proprio l’Unione doganale e più in generale il quadro commerciale preferenziale bilaterale, istituito nel dicembre 1995. “Questo meccanismo - spiega - è stato inizialmente favorevole alla liberalizzazione dell’economia turca, oltre che all’integrazione delle industrie turche nelle catene

TURCHIA AL BIVIO

di Antonella Vicini

di fornitura europee. Tuttavia, oggi, vi è la necessità di ammodernare l’unione doganale. Nonostante le dichiarazioni di interesse, ad oggi l’update dell’unione doganale è ancora lettera morta e a questa si unisce un cruciale stallo nel percorso negoziale di Ankara per la piena membership europea e l’annosa questione della liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi verso l’area Schengen”.

Dati alla mano, secondo quanto riferisce la Commissione Ue, nel 2023 la Turchia è stata il quinto partner commerciale dell’Ue; Le esportazioni di merci europee hanno raggiunto in tutto i 111 miliardi di euro.

“Dal punto di vista di Ankara, la Ue si attesta senza dubbio quale prioritario partner commerciale, essendo la destinazione principale delle esportazioni turche, la fonte più importante di importazioni e la fonte primaria di investimenti. I dati mostrano che il 41,3% delle esportazioni della Turchia viene assorbito dall’Ue”, prosegue Giannotta.

Gli scambi fra le due parti riguardano principalmente veicoli a motore, macchinari e apparecchiature elettriche, prodotti industriali. Nel 2023 la Turchia ha prodotto 1,4 milioni di veicoli, e si prevede possa arrivare a 2 milioni all’anno.

La Turchia è, infatti, una delle culle dell’automotive e ospita stabilimenti con capitali nazionali e stranieri. Sono numerose le imprese di componentistica, tanto da poter parlare di un vero e proprio ecosistema, con poli tecnologici, di ricerca e di produzione. Basti ricordare che l’FMax è stato prodotto dalla sorella turca della Ford, Ford Otosan. Anche la rivale cinese di Tesla, BYD, ha stretto un accordo per uno stabilimento con la capacità produttiva di 150mila vetture all’anno che dovrebbe entrare in funzione nel 2026. Industria, produzione, commercio sono elementi inseriti in un quadro più grande di connessione fra Occidente e Oriente, che in Turchia è favorito dalla sua posizione. Giannotta evidenzia “un ruolo di connettore regionale anche a livello infrastrutturale che mira da una parte a una maggiore integrazione europea e regionale, dall’altra a semplificare le rotte commerciali in un momento di grande instabilità e incertezza, elevando il proprio ruolo a pivot regionale e globale e rafforzando così la propria importanza strategica e di security provider”.

In un Medio Oriente attraversato da numerose difficoltà e con una guerra fra Russia e Ucraina che rende ancora difficili alcune rotte commerciali, la Turchia sponsorizza

la Development Road che connette i Paesi del Golfo attraverso l’Iraq al porto turco di Mersin con l’obiettivo di creare una alternativa sostenibile.

In questo progetto, spiega ancora la direttrice del CeSPI, “la Turchia ha mostrato una certa inclinazione multilaterale, invitando i partner regionali a discutere il potenziale e le prospettive anche in termini di lotta al terrorismo quindi di potenziale di stabilità per la regione”.

Ma come potrebbero cambiare gli equilibri alla luce della richiesta turca?

Giannotta sottolinea come da anni la Turchia stia costruendo “una propria autonomia strategica intessendo rapporti in ogni parte del globo, atti a tutelare principalmente l’interesse nazionale turco. In questa luce, Ankara sta investendo molto in approcci cooperativi con diversi interlocutori. La richiesta di adesione ai Brics, in breve, si inserisce in questo quadro: da una parte si potrebbe definire quale mossa cosmetica per fare pressione sul blocco europeo, che per lungo tempo, per una questione o per un’altra, non ha aperto il dossier ‘Turchia’. Dall’altra, in un mondo sempre più multipolare, la Turchia mira a ridurre la dipendenza dal blocco occidentale, differenziando le partnership e i framework normativi per facilitare commercio e investimenti”.

TRA UE E BRICS

L’EUROPA INVESTE PER PROTEGGERE LE SUPPLY CHAIN

Il progetto Transcend, finanziato dal programma Ue Horizon, punta a favorire

la resilienza dei sistemi di trasporto e prevede cinque progetti pilota in cinque

Paesi, tra cui l’Italia

Resilienza è un termine che negli ultimi anni è divenuto via via più comune per esprimere quella capacità di resistenza e di adattamento alle situazioni critiche che si presentano nei vari campi.

La sua origine si ritrova, in realtà, nel mondo ingegneristico, ma l’aggettivo ‘resiliente’ è sempre più associato al settore della logistica, da quando, con la pandemia da Covid-19, in tanti si sono accorti che le catene di approvvigionamento sono soggette a numerose minacce, ma hanno anche discreta capacità di risposta e di adattamento.

Fra le minacce più insistenti ci sono sia quelle di natura ambientale, climatiche, geopolitiche, sia quelle di natura digitale che stanno diventando col tempo particolarmente pervasive. Proprio per rispondere a questo tipo di criticità, l’Unione

europea ha sposato il progetto Transcend, un’iniziativa finanziata dal programma Ue Horizon che coinvolge anche il nostro Paese. Sin dal nome si comprende bene la natura dell’iniziativa. Transcend sta infatti per Transport resilience against cyber and noncyber events to prevent network disruption, una definizione che è in realtà una vera e propria dichiarazione d’intenti, cioè rafforzare la risposta del sistema logistico alle criticità del settore, attraverso strumenti avanzati, linee guida e soluzioni tecnologiche. Con un budget totale a disposizione di 4,37 milioni di euro, Transcend prevede 5 progetti pilota e coinvolge 21 partner provenienti da diversi Paesi, fra cui l’Italia.

Il nostro Paese è rappresentato dalla Fondazione Istituto sui Trasporti e la Logistica che ha il ruolo di coordinare il progetto

pilota che coinvolge l’interporto di Bologna e le società Gruber Logistic e DBA Group. Angelica Mazzina, project manager della fondazione, spiega che l’iniziativa ha cominciato a prendere forma tra il 2022 e il 2023 su spinta dell’Istituto di Scienze e Tecnologie di Lussemburgo –che attualmente svolge il ruolo di coordinatore – che decise di dare seguito a studi già effettuati precedentemente sul tema.

“LIST ha coinvolto alcuni dei suoi partner storici per approfondire e cercare di dare risposte a un ambito ancora relativamente poco esplorato, quello della ricerca sulla resilienza del trasporto delle merci e della logistica”, spiega Mazzina. I trasporti e le infrastrutture sono elementi al centro di una profonda evoluzione digitale e tecnologica e questo amplia il ventaglio di minacce a cui possono essere sottoposti.

In un sistema interconnesso,

caratterizzato dallo scambio dei dati, cresce infatti anche la sua vulnerabilità (vedi anche box sul rapporto di Clusit, l’associazione italiana per la sicurezza informatica).

Non a caso, la Direttiva europea sulla sicurezza delle reti e dei sistemi informativi (aggiornata con la NIS2, recepita ora anche in Italia) mira a

raggiungere un livello elevato di sicurezza delle reti e dei sistemi di informazione in tutta l’Ue e indica quali sono i settori critici (fra cui i trasporti, appunto) e gli obblighi per le imprese e le istituzioni. In quest’ottica, Transcend testerà cinque diversi progetti pilota su cinque differenti infrastrutture critiche come gli aeroporti, i terminal ferroviari e marittimi, le strade in 5 Paesi: Lussemburgo, Spagna,

Ungheria, Grecia e Italia, appunto. In Italia, come dicevamo, sarà l’interporto di Bologna a ospitare la sperimentazione che si realizzerà attraverso una torre di controllo digitale che utilizza l’intelligenza artificiale per monitorare i rischi in tempo reale e favorire la collaborazione tra operatori logistici per gestire eventuali interruzioni, migliorando la resilienza della rete logistica.

Per il momento siamo ancora nella fase di studio che durerà 18 mesi; partiranno poi concretamente le implementazioni dei progetti, per altri 18 mesi.

L’altro partner operativo è Gruber Logistics, azienda che opera a livello nazionale e internazionale nel trasporto delle merci e che proprio nell’interporto di Bologna ha uno dei sei principali hub logistici.

Terzo partner è DBA Pro, che fa

ATTACCHI INFORMATICI: ITALIA SEMPRE PIÙ NEL MIRINO

Come accade ormai da tredici anni, l’Associazione Italiana per la sicurezza Informatica, Clusit, censisce regolarmente gli attacchi informatici che avvengono sul nostro territorio, con uno sguardo anche al resto del globo.

Nel Rapporto 2024, pubblicato nelle scorse settimane, emerge che nei primi sei mesi di quest’anno gli attacchi cyber censiti dagli esperti del Clusit sono cresciuti del 23% rispetto al semestre precedente. In media, nel mondo, si sono verificati 9 attacchi importanti al giorno e in Italia il 7,6% degli incidenti. Un lieve calo per quel che riguarda il nostro Paese, ma in generale non c’è da rallegrarsi troppo per una serie di ragioni. Innanzitutto, analizzando i dati dell’ultimo quinquennio, dal punto di vista quantitativo, la situazione appare nettamente peggiorata con una media mensile di incidenti gravi a livello globale che è passata dai 139 del 2019 ai 232 del 2023, fino ai 273 del primo semestre 2024. Da ciò deriva che in 5 anni nel mondo si è passati da 4,5 eventi al giorno a 9.

Ma non sono soltanto i numeri ad allarmare. Clusit, infatti, rileva che oltre alla frequenza è cresciuta anche la qualità degli attacchi.

Lo scenario del cybercrime è mutato anche perché non ci sono più soltanto minacce generiche dei criminali informatici, ma di entità statuali che utilizzano questi sistemi per la cosiddetta cyberwar. Il conflitto russo-ucraino e quello mediorientale

aggravano tale situazione. Guardiamo ora nel dettaglio all’Italia.

Il nostro Paese nel 2022 era stato già indicato quale facile target e i dati del 2023 lo hanno confermato (qui si è verificato l’11% degli incidenti rilevati a livello globale contro un 3,4% del 2021 e un 7,6% del 2022).

Anche l’indice di gravità è peggiorato anno dopo anno con la conseguenza che, nel 2023, gli eventi classificati come “critici” o “gravi” rappresentavano oltre l’81% del totale (erano il 47% nel 2019); un dato che si conferma anche nel primo semestre 2024. L’analisi riguarda però solo attacchi andati a buon fine e, pertanto, resi noti.

La leggera diminuzione degli incidenti registrati nel primo semestre 2024 potrebbe essere causata da una fluttuazione stagionale. Resta il fatto che il numero di incidenti subiti è sproporzionatamente alto rispetto al numero di popolazione e al PIL nazionale.

Vediamo ora quali sono i settori al centro del mirino in Italia.

Il settore più bersagliato è quello manifatturiero con il 19% degli attacchi (in crescita dal 13% nel 2023). Seguono i cosiddetti “multiple targets” (13%), poi il settore governativo, militare e delle forze dell’ordine (11%). Ma anche trasporti e logistica sono fra i più colpiti (11%). Ci sono poi la sanità (9%), il settore professionale /scientifico/tecnico (8%), Ong e associazioni di categoria (7%).

parte del gruppo DBA, e garantirà dal punto di vista tecnologico l’integrazione tra le nuove soluzioni sviluppate e i sistemi informativi già applicati nell’interporto di Bologna. Ad oggi, una delle criticità riscontrate nell’interporto è la presenza dei cosiddetti silos di dati, cioè sistemi di storage e di gestione dei dati che risultano inaccessibili ad altre aree dell’azienda e che sono un elemento di inefficienza perché impediscono di accedervi in modo centralizzato, ritardando le decisioni e i tempi di risposta in caso di attacchi informatici o incidenti informatici.

Ma perché proprio questa infrastruttura?

L’interporto di Bologna è uno snodo fondamentale localizzato strategicamente su tre corridoi della rete TEN-T, che collega i traffici fra il sud del nostro Paese e il bacino adriatico del Mediterraneo e il nord d’Europa.

È, inoltre, uno dei principali hub intermodali d’Europa con più di 130 aziende insediate e 3 terminal e si collega con il porto di Ravenna, di cui assorbe il traffico ferroviario retroportuale.

“Sia l’interporto di Bologna sia Gruber Logistics – prosegue Mazzina – hanno un livello di digitalizzazione molto elevato, stanno investendo moltissimo per efficientare i loro processi di business e si trovano quindi in una posizione privilegiata per validare e sperimentare queste nuove strategie di resilienza”.

L’hub assume così un ruolo rilevante anche per la sicurezza delle catene di approvvigionamento che vi si incardinano.

FONDAZIONE

SU TRASPORTI E LOGISTICA, TUTTI I PROGETTI IN CORSO

L’istituto sui Trasporti e la Logistica è una fondazione a partecipazione pubblica costituita nel dicembre del 2003 per volontà della Regione EmiliaRomagna per promuovere e contribuire allo sviluppo del sistema logistico regionale.

Da vent’anni, quindi, lavora allo sviluppo e alla promozione della logistica e dei sistemi di trasporto attraverso una serie di progetti, ricerche, studi di fattibilità, attività di consulenza e formazione.

Oltre a Transcend, segue altri progetti europei come Crossfreight, un’iniziativa Italia-Croazia di 24 mesi che intende testare e utilizzare strumenti digitali ICT per migliorare la connessione intermodale tra i nodi logistici nell’hinterland e i porti lungo le reti TEN-T. C’è poi Med Colours, un progetto di 33 mesi co-finanziato dal programma Interreg Euro-Med, che mira a migliorare la logistica urbana nelle città del Mediterraneo attraverso lo sviluppo di Piani urbani per la logistica sostenibile. Sempre alla logistica urbana si rivolge Disco, un progetto di 42 mesi, co-finanziato dal programma Horizon Europe, che riunisce 47 partner multidisciplinari con l’obiettivo di sviluppare, dimostrare e valutare misure locali per migliorare la logistica urbana. Trace, invece, è un’altra iniziativa finanziata da Horizon Europe di 36 mesi che sviluppa una piattaforma universale per la pianificazione, programmazione, ottimizzazione e gestione degli eventi nel settore logistico e che mira all’uso della tecnologia blockchain.

In Italia sarà l’interporto di Bologna a ospitare la sperimentazione che si realizzerà attraverso una torre di controllo digitale che utilizza l’intelligenza artificiale per monitorare i rischi in tempo reale

LA SICUREZZA STRADALE REGIONE PER REGIONE

ISecondo i dati Aci-Istat, nel 2023 il maggior numero di incidenti che ha coinvolto i mezzi leggeri e pesanti è avvenuto in Lombardia, in particolare nella provincia di Milano, dove del resto si concentra la maggior parte del traffico

n Italia circa il 90% del trasporto merci avviene su gomma, un fattore che innalza in maniera significativa la probabilità di incidenti per tutte le categorie coinvolte, dagli autocarri ai veicoli speciali. Di fronte a una così massiccia presenza di mezzi leggeri e pesanti su strade e autostrade italiane, in aggiunta al consistente incremento dei flussi di traffico, la questione della sicurezza diventa prioritaria per le politiche di settore accanto agli obiettivi di decarbonizzazione. Assicurare un traffico stradale più sicuro rientra infatti tra le priorità dell’agenda politica dell’Unione europea, ora impegnata a perseguire l’obiettivo “Vision Zero” – zero morti e zero feriti gravi sulle strade dell’Ue entro il

2050 - attraverso il raggiungimento intermedio

che mira a una riduzione del 50% dei decessi entro il 2030. La rilevanza della sicurezza stradale è visibile anche a livello nazionale, dove si concretizza mediante l’adozione di nuove misure, anche regionali (come l’obbligo di sensori ad angolo cieco per i mezzi pesanti scattato di recente per l’area B di Milano) o l’aggiornamento di quelle già esistenti (nuovo Codice della Strada).

E il miglioramento si vede anche dagli ultimi dati Aci-Istat che mostrano come il 2023 abbia riportato un calo del numero delle vittime rispetto all’anno precedente (-3,8%) a fronte di un numero degli incidenti sostanzialmente stabile (+0,4%).

Lungo la rete stradale italiana nel 2023 si contano, nel complesso, 166.525 incidenti. Di questi, 18.067 hanno coinvolto veicoli leggeri e pesanti, per un totale di 112 vittime: un dato che smentisce l’opinione diffusa che qualifica questa tipologia di mezzi come quella con il più alto tasso di

incidentalità. I mezzi più incidentati della macrocategoria sono gli autocarri (14.408), seguiti dagli autoarticolati (2.107), dai veicoli speciali (982), dai trattori stradali o motrici (330) e dagli autotreni con rimorchio (240).

Per le stesse tipologie di veicoli, sempre secondo l’analisi

le grandi città del nord e centro Italia, ovvero Milano, con un totale di 1.494 incidenti nel 2023, seguita da Roma (1.458), Torino (558), Bologna (534), Genova (491) e Firenze (456). In Veneto, Verona (380) supera Venezia (301) mentre al sud primeggiano Bari (337) e

Napoli (300). Il tasso più elevato di incidentalità si concentra al nord anche a livello provinciale, con Brescia (412), Modena (352), Padova (318) e Bergamo (302). La provincia meno incidentata è Oristano (19), preceduta dalle molisane Campobasso (32) e Isernia (22).

INCIDENTI VEICOLI LEGGERI E PESANTI NEL 2023

Aci-Istat, la regione con il maggior numero di incidenti è la Lombardia, con 3.547 incidenti totali, seguita da EmiliaRomagna (2.195), Lazio (1.895), Veneto (1.651), Toscana (1.559) e Piemonte (1.163). Tra le regioni più virtuose troviamo invece la Basilicata (96), il Molise (54) e la Valle d’Aosta (43). Le restanti regioni, in posizione intermedia, riportano un numero di incidenti inferiore alle mille unità. In ordine decrescente troviamo, nello specifico: la Puglia (867), la Liguria (857), la Sicilia (851), la Campania (791), le Marche (521), il TrentinoAlto Adige (405), il Friuli-Venezia Giulia (349), la Sardegna (342), l’Abruzzo (325), la Calabria (265) e l’Umbria (291).

l maggior numero di incidenti si concentra perlopiù nei capoluoghi regionali. Al primo posto troviamo

A ECOMONDO VA IN SCENA IL FUTURO DEI CAMION

La kermesse riminese ormai già da molti anni fa da palcoscenico alle ultime novità in tema di ecologia e sostenibilità del trasporto pesante: vediamo tutte le proposte delle case costruttrici

Ecomondo è una fiera dedicata sempre più alla transizione elettrica, ma non dimentichiamo che si tratta di una kermesse che ha per tema l’ecosostenibilità. Ecco perché dal punto di vista del trasporto su strada, e in particolare di quello pesante, è diventata da qualche anno anche una vetrina per le case che vogliono mostrare i progressi su questo tema. Dopo, come dicevamo, l’impennata dell’elettrico in occasione delle uscite più importanti di camion a batteria ora si parla molto di multienergia, con la consapevolezza che nell’autotrasporto e, a maggior ragione su lunghe tratte, i motori a combustione interna sono ancora imprescindibili, ma ciò non significa che non possano essere puliti e rispettosi dell’ambiente. Ecco, dunque, quelle che sono state le principali proposte delle case costruttrici a Ecomondo 2024, con un’anteprima internazionale che riguarda sì un camion, ma di taglia piccola.

Il costruttore olandese DAF TRUCKS ha sfruttato la kermesse riminese per presentare in Italia le principali novità della sua rinnovata gamma già mostrate in anteprima allo IAA di Hannover. Nello stand DAF c’erano in esposizione un XD 340 FAN in versione diesel, premiato come Truck Of The Year 2023, e un XD FT e-Truck 100% elettrico. Ruolo di protagonista per l’XD FAG 3 assi, 100% elettrico allestito come compattatore quindi perfettamente in linea con lo spirito della fiera che vuole trattare il tema dell’ecologia a 360 gradi.

Fuso Truck eCanter, versatile e a emissioni zero per il delivery urbano

Da sottolineare come i camion elettrici olandesi sfruttino al meglio la stessa tecnologia presente sui veicoli endotermici in termini di comfort e allestibilità, ma siano poi equipaggiati con motori elettrici a magnete permanente Paccar EX-D1 e Paccar EX-D2 che offrono potenze da 230 CV a 480 CV. Gli stessi sono alimentati da gruppi batterie, distribuiti fra 2 e 5 moduli, che forniscono autonomie “a emissioni zero” di oltre 500 km con una sola carica.

DAIMLER TRUCK ITALIA è stata invece protagonista con la sua gamma di veicoli elettrici e convenzionali dedicati al mondo del recycling, delle municipalità e del trasporto a corto e medio raggio. Tra i veicoli esposti nello stand era presente il Mercedes-Benz eActros 300, il primo truck a trazione elettrica della Stella costruito in serie, nella versione a 3 assi, passo 4000 mm con tre pacchi batterie, indicata per gli allestimenti adibiti alla raccolta rifiuti urbani. Il cuore tecnologico dell’eActros è l’innovativo eAxle: un assale posteriore con due motori elettrici integrati e un cambio a due velocità.

I motori, entrambi raffreddati a liquido, generano complessivamente una potenza continua di 330 kW e una potenza di picco pari a 400 kW.

Sullo stand si è potuto vedere anche il MERCEDESBENZ eEconic, concepito per impieghi municipali nei centri urbani, in grado di coprire la maggior parte dei percorsi con un’unica ricarica della batteria per turno di lavoro. Nel contesto dei veicoli dedicati alle municipalità c’è stata anche l’anteprima nazionale dell’Unimog della serie U400, insieme con il nuovo sistema operativo UNI-Touch per la gestione ed azionamento delle attrezzature mandato su un Unimog U427 passo 3.600.

Per quanto riguarda il Fuso spazio alla nuova generazione dell’eCanter in versione 4S15 rispondente alla normativa GSR, un veicolo elettrico e versatile disponibile in sei passi compresi tra 2.500 e 4.750 mm e un peso totale ammesso compreso tra le 4,15 e le 8,55 Ton.

DAF XD FAG compattatore, elettrico al servizio della città

FORD TRUCKs Italia è stato invece presente ad Ecomondo 2024, con l’anteprima nazionale delle varianti F-LINE 6×2 e 8×4, autotelai progettati per applicazioni che spaziano dal settore ambientale a quello delle costruzioni. In occasione della conferenza stampa, l’amministratore delegato di Ford Trucks Italia, Paolo A. Starace, alla sua prima uscita ufficiale dopo la nomina del giugno scorso, ha sottolineato come non sia un caso che l’Ovale abbia deciso di ampliare la sua gamma anche fra i carri, con uno share di vendita dei trattori che comunque si attesta al 4%. In particolare, in Ford hanno visto le potenzialità delle configurazioni 6x2 e 8x4 che rappresentano rispettivamente il 43 e il 24 % del totale mercato e quindi offrono margini di inserimento, soprattutto se, come nel caso di Ford Trucks si possono offrire doti di robustezza, versatilità e allestibilità.

SCANIA ha partecipato a Ecomondo 2024 presentando il “Future Energy Hub”, un approccio strutturato e completo alla mobilità futura delle merci, una vetrina

di tecnologie che comprende diverse soluzioni: dai mezzi compatibili con carburanti da fonti rinnovabili ai veicoli elettrici, dai nuovi servizi per l’efficientamento della flotta anche elettrica all’hardware di ricarica.

Tra queste, la gamma di motori compatibili con il biometano, visibile sulla motrice BioCNG da 280 CV e sul trattore BioCNG da 460 CV; l’elettrificazione e l’evoluzione dell’infrastruttura di ricarica pubblica e privata destinata ai veicoli pesanti, che si sono potuti approfondire sul campo con lo Scania 100% elettrico 40 R; infine, i servizi legati alla riparazione, manutenzione e connettività per rendere più efficienti le flotte, i nuovi Services 360. Tra questi, i servizi di gestione delle missioni e controllo dei veicoli, resi possibili da una piattaforma digitale rinnovata, MyScania, e dalle soluzioni di leasing e di assicurazione basate sull’esperienza nel settore dei trasporti di Scania Financial Services.

Infine, VOLVO TRUCKS ha presentato a Ecomondo tutte le sue soluzioni sostenibili che hanno l’obiettivo di azzerare, all’interno del Gruppo, le emissioni di CO2 entro il 2050.

Protagonista in anteprima nazionale il nuovo FM Low Entry, il veicolo a ingresso ribassato esclusivamente elettrico, con un livello di visibilità da cinque stelle nella valutazione Direct Vision e alto comfort di

Ford Trucks F-Line, robusto, allestibile e multiutilizzo

guida. Un camion di grande portata adatto per qualsiasi segmento cittadino come la raccolta rifiuti, la cantieristica o le consegne.

In mostra anche il nuovo Volvo FH16 Aero alimentato a HVOlution, dal design aerodinamico e spinto dal motore D17. HVOlution è il biocarburante diesel di Enilive prodotto al 100% da materie prime rinnovabili. L’utilizzo di HVOlution ha consentito una riduzione delle emissioni di CO2 lungo tutta la filiera nel 2023 con percentuali che vanno dal 60% al 90%, rispetto al mix fossile di riferimento.

anche sulla gamma endotermica NP6, di nuovi interni e nuove dotazioni di sicurezza. Fra le caratteristiche principali del nuovo Piaggio Porter NPE c’è la potenza del motore elettrico fino a 150 kW di picco (60 kW in continuità) con una coppia massima di 330 Nm. La velocità massima limitata a 90 km/h per garantire un’autonomia di 255 km (valore in fase di conferma al completamento del ciclo omologativo).

Queste caratteristiche, unite al robusto telaio a longheroni e traverse (da qui la definizione di “truck”, consentono di trasportare carichi fino a 1.055 kg grazie anche alla trazione posteriore e al pacco batterie LFP da 42 KWH e 350 Volt).

Passando ai commerciali, PIAGGIO ha scelto il salone riminese per l’anteprima internazionale del nuovo Porter NPE, un “city truck” completamente elettrico che va a completare la camma Porter con il tassello dei motori a batterie, contestualmente all’esordio,

E ancora, il brand nipponico NISSAN ha sfruttato Ecomondo per l’anteprima nazionale del nuovo Interstar insieme con gli altri componenti della gamma van: Townstar e Primastar.

In particolare, le versioni 100% elettriche di Townstar e Interstar sono la soluzione ideali per le aziende che lavorano anche nei centri cittadini e per le consegne dell’ultimo miglio, perché permettono di muoversi nella maggior parte delle situazioni senza nessuna restrizione alla circolazione, nel rispetto delle normative su inquinamento e qualità dell’aria. Da ricordare su tutta la gamma LCV Nissan, garanzia di 5 anni o 160mila km e anche di 8 anni o 160mila km per la batteria della versione elettrica.

Piaggio Porter NPE, il city truck diventa più ecologico

Acconto Iva: quale metodo scegliere per il pagamento

Sono tre i criteri che possono essere utilizzati per determinare l’importo dovuto: storico, analitico e previsionale. Il versamento dovrà essere fatto entro il 27 di dicembre

mentre per i contribuenti trimestrali ordinari si rileva secondo quanto risulta dalla dichiarazione annuale Iva.

Invece, i contribuenti trimestrali “speciali”, tra cui gli autotrasportatori, dovranno fare riferimento alla liquidazione periodica del quarto trimestre dell’anno precedente. Col secondo metodo, quello “analitico”, deve essere pagata

di Angelo Ciaravolo

Con l’arrivo della fine dell’anno, si avvicina l’ultimo appuntamento fiscale per gli autotrasportatori. Entro il 27 di questo mese, fatto salvo un eventuale rinvio dell’ultima ora, scade l’obbligo del versamento dell’acconto Iva relativo al mese di dicembre o del quarto trimestre del corrente anno. Ricordiamo che sono tre i metodi, a libera scelta del contribuente, per determinare correttamente l’importo dovuto (criterio storico, analitico e previsionale).

Con il primo metodo, il versamento va calcolato sull’88% di quanto pagato nel mese di dicembre dello scorso anno (contribuenti mensili) o nel quarto trimestre del 2023 (contribuenti trimestrali). Il versamento, preso a base del calcolo, deve essere conteggiato al lordo dell’acconto dovuto per l’anno precedente. In pratica, la base, su cui applicare l’88%, per i contribuenti mensili, è pari al debito d’imposta risultante dalla liquidazione periodica relativa al mese di dicembre dell’anno precedente

27 dicembre

la differenza tra l’imposta sulle fatture passive e l’imposta relativa alle operazioni fatturate nel corso del periodo 1-20 dicembre 2024 (soggetti mensili) oppure dal 1° ottobre al 20 dicembre 2024 (se si tratta dei contribuenti trimestrali).

Con questo sistema, non si paga l’88% ma l’intero importo della liquidazione anticipata che va debitamente annotata sui registri Iva. In particolare, l’intero acconto è quello risultante da un’apposita liquidazione che tiene conto dell’Iva relativa alle operazioni annotate nel registro delle fatture emesse (dal 1° dicembre al 20 dicembre) per i contribuenti mensili oppure dal 1° ottobre al 20 dicembre, nel caso in cui si tratti dei contribuenti trimestrali.

Con l’ultimo metodo, quello “previsionale”, l’acconto non è determinato partendo dai dati effettivi riferiti al passato ma, al

contrario, sulla base di una stima del debito tributario. Pertanto, per evitare salate sanzioni, l’acconto deve essere pari all’88% dell’imposta che si presume dovuta per la liquidazione periodica di dicembre o del quarto trimestre 2024. Questo metodo, probabilmente, sarà il più utilizzato. Tuttavia, chi lo sceglie, deve prestare molta attenzione ad eventuali errori di calcolo che potrebbero comportare ripercussioni sul piano economico in quanto, per versamenti omessi o insufficienti, la sanzione è pari al 30% delle imposte dovute oltre gli interessi di mora. Come dicevamo poco sopra, chi sceglie questo metodo, dovrà determinare l’acconto nella misura pari all’88% dell’Iva che prevede di dover versare per il mese di dicembre, nel caso si tratti di contribuenti mensili oppure in occasione della dichiarazione annuale Iva, nel caso dei contribuenti trimestrali ordinari e del quarto trimestre, se si tratta dei contribuenti trimestrali “speciali”. In fase di esecuzione del versamento, va ricordato che il debito Iva, arrotondato al centesimo

di euro, non può essere rateizzato ma deve essere effettuato in un’unica soluzione esclusivamente tramite il consueto modello F24 online utilizzando il codice 6013 per i contribuenti mensili e il codice 6035 per i contribuenti trimestrali (l’acconto non è dovuto soltanto se l’importo da versare è inferiore a 103,29 euro).

Inoltre, chi vanta crediti nei confronti del Fisco (risultanti dal modello Redditi e dalle denunce previdenziali) potrà utilizzarli per compensare l’importo dovuto a titolo di acconto Iva (in tal caso il modello F24 va presentato obbligatoriamente anche con delega pari a zero).

È utile ricordare che non sono tenuti ad alcun versamento gli autotrasportatori che devono un ammontare inferiore a 103,29 euro e quelli che hanno iniziato l’attività nel corso del 2024 oppure hanno cessato l’attività entro il 30 novembre 2024 (mensili) o entro il 30 settembre 2024 (trimestrali).

Ricordiamo infine che, in caso di versamento insufficiente dell’acconto Iva così come anche nel caso di omesso o tardivo versamento, è applicabile una sanzione amministrativa del 30%. Tuttavia, tali violazioni possono essere sanate tramite il ravvedimento operoso versando con modello F24, oltre l’imposta dovuta, anche gli interessi dell’1% (codice tributo 1991) e la sanzione ridotta, ex articolo 13, comma 1, del D. Lgs. n. 472/97 (codice tributo 8904). Nella circolare ministeriale del 10.7.98 n. 180 è stato inoltre chiarito che la violazione si consuma sempre nel giorno di scadenza del termine, quantunque l’insufficiente versamento sia avvenuto in un momento anteriore.

Trasporto rifiuti: al via l’iscrizione al Rentri

A partire dal 15 dicembre 2024 ed entro il 13 febbraio 2025 le imprese dovranno iscriversi al nuovo Registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti. Vediamo chi è tenuto a registrarsi e che cosa cambierà

Dal 15 dicembre 2024 scatta l’obbligo per le imprese di trasporto rifiuti di iscriversi al Registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti (Rentri). Lo prevede il Decreto del Ministro dell’Ambiente 4 aprile 2023, n. 59, in attuazione dell’articolo 188-bis del Testo unico ambientale (D. Lgv. 152/2006), al fine di avviare concretamente in Italia il sistema di tracciabilità digitale dei rifiuti. Le imprese interessate, oltre ai vettori anche i produttori di rifiuti speciali con oltre 50 dipendenti e i

titolari degli impianti di destinazione finale, dovranno iscriversi al nuovo registro in via telematica, accendendo al portale www.Rentri.gov.it, inserendo i propri dati aziendali e autorizzativi e perfezionando la pratica con il pagamento dei diritti di segreteria e del contributo annuale, mediante versamento on line con PagoPA. In base al Decreto 59/23, l’iscrizione può essere fatta entro un periodo di sessanta giorni, che vanno dal 15 dicembre 2024 al 13 febbraio 2025, salvo eventuali differimenti della scadenza finale, che – per quanto risulta informalmente – diverse associazioni hanno già chiesto al Ministero competente.

Ciò al fine di consentire agli operatori coinvolti dal nuovo sistema informatico di formare adeguatamente il proprio personale e testare maggiormente tutti gli aspetti del passaggio dal cartaceo al digitale della documentazione inerente la movimentazione dei rifiuti.

Alla scadenza del periodo d’iscrizione è difatti legato l’avvio della compilazione e della tenuta del registro cronologico di carico e scarico dei rifiuti in modalità esclusivamente telematica,

con la trasmissione dei dati relativi ai rifiuti trattati (quantità, tipologia e caratteristiche tecniche) al portale Rentri, entro il mese successivo a quello dell’annotazione.

di Andrea Giuli

di pericolo particolarmente gravi (ad es. irritanti, corrosivi, tossici) e che per questo sono iscritte in categoria 5 dell’Albo nazionale gestori ambientali, dovranno poi dotare gli automezzi con i quali svolgono il servizio con sistemi di geolocalizzazione satellitare basati sulle tecnologie esistenti sul mercato, dichiarando tale circostanza alla sezione dell’albo gestori presso cui sono iscritte. Sempre dalla scadenza del periodo d’iscrizione, i soggetti della filiera del rifiuto (produttori, detentori, vettori, intermediari ed impianti finali) potranno lavorare con sole

in partenza, con l’indicazione della data e dell’orario di carico, la targa dell’automezzo e il nome del conducente.

La seconda copia accompagna i rifiuti durante il trasporto fino all’impianto finale di destinazione, dove viene sottoscritta e datata in arrivo dal destinatario. Costui rilascerà una fotocopia del FIR completo di tutte le dichiarazioni di accettazione dei rifiuti al vettore, che avrà cura di trasmetterla, per Pec, consegna diretta o tramite i servizi del sito Rentri, al produttore/ detentore iniziale, ai fini della corretta dimostrazione di avvio dei rifiuti a trattamento o smaltimento definitivo. Con questa nuova disciplina transitoria, che entrerà in vigore nel mese di febbraio 2025 e che si baserà sul registro di carico e scarico gestito in modalità digitale, con invio dati al portale Rentri, nonché su formulari cartacei, ma scaricati dallo stesso sito e in più redatti solo in due copie, con invio finale tramite lo stesso portale, si realizzerà una prima importante semplificazione del sistema di tracciabilità dei rifiuti. Per garantire la più ampia osservanza di tali disposizioni, vanno infine ricordate le sanzioni specifiche che la stessa normativa ambiente prevede nei casi di: mancata o tardiva iscrizione al Rentri, secondo le scadenze del DM 59/23, con l’applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie da 500 a 2mila euro, se si tratta di rifiuti speciali non pericolosi, e da mille a 3mila euro per rifiuti pericolosi (art. 258, commi 10 e

11, TUA); mancata tenuta del registro di carico e scarico o gestione dello stesso con dati incompleti, sanzioni amministrative pecuniarie da 2mila a 12mila euro (da 10 a 30mila euro nei casi di rifiuti pericolosi (art. 258, commi 2 e 3, TUA); l’effettuazione del trasporto dei rifiuti senza FIR o con formulario con dati incompleti o inesatti, sanzioni amministrative pecuniarie da 1.600 a 10mila euro (art. 258, commi 4 e 5, TUA).

Ferme restando tali sanzioni, la piena trasformazione del sistema di tracciabilità dei rifiuti da cartaceo a digitale si avrà solo con l’entrata in vigore a regime del formulario d’identificazione dei rifiuti in maniera esclusivamente digitale, prevista dalle disposizioni attuali soltanto a partire dal 14 febbraio 2026.

Da quella data i soggetti della filiera del rifiuto potranno emettere un FIR solo digitale, aggiornarlo progressivamente con i dati relativi alla loro attività: quindi il produttore con quantità, tipologia e caratteristiche del rifiuto generato; il vettore con la presa in carico del rifiuto, il veicolo utilizzato, l’autista designato, la data e l’ora del carico e infine l’impianto con i dati afferenti l’arrivo del rifiuto a destinazione, la sua accettazione - totale o parzialeil peso effettivo.

La sottoscrizione digitale del documento da parte di tutti i soggetti coinvolti e la sua trasmissione/acquisizione al Rentri verranno garantiti dallo stesso portale, in modo da assicurare in via telematica la legittimità del circolo dei rifiuti e la corretta gestione degli stessi con trattamento o smaltimento finale.

Appalto di servizi e contratto di trasporto: la Cassazione chiarisce

La distinzione tra le due tipologie di contratti è importante per l’applicazione del meccanismo della responsabilità solidale, che scatta solo per gli appalti di servizi di trasporto

Sull’annosa questione della distinzione tra il contratto di appalto di servizi di trasporto e il contratto di trasporto, recentemente è intervenuta un’importante Ordinanza della sezione lavoro della Corte di Cassazione (Ordinanza n. 23498 del 2 settembre 2024), che tratteggia in modo inequivocabile quali sono i tratti essenziali delle due figure. La distinzione tra le due tipologie di contratti è importante ai fini dell’applicazione del meccanismo della responsabilità solidale stabilito dall’art. 29, comma 2 del D. Lgs 276/2003, che scatta solo per gli appalti di servizi di trasporto mentre non coinvolge il contratto di

trasporto. La norma appena citata, ricordiamo, stabilisce che “in caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell'inadempimento”.

La controversia nasce da un’iniziativa dell’Inps che, a fronte delle inadempienze contributive della società di trasporto appaltatrice del servizio nei confronti dei suoi autisti, aveva fatto scattare il meccanismo della responsabilità in solido verso la società committente – ricorrente nei vari gradi di giudizio – chiedendo a quest’ultima il pagamento del debito contributivo maturato verso l’Inps dall’impresa di trasporto.

L’Ordinanza della Cassazione ricorda qual è l’orientamento sulla questione espresso nella sentenza n. 6449 del 2020 (sulla scia di Cass. n. 14670 del 2015 e Cass. n. 20413 del 2019). In

particolare, il contratto di appalto di servizio di trasporto è caratterizzato da un’apposita organizzazione di mezzi apprestata dal trasportatore per l’esecuzione del contratto, tenendo conto dell’importanza e della durata dei trasporti da effettuare.

La Cassazione va ancora più nel dettaglio e individua quali sono gli elementi che connotano questa organizzazione, rappresentati dai seguenti:

• molteplicità e sistematicità dei trasporti. Quindi – come evidenziato nella sentenza di Cassazione n. 18751 del 2018, punto 12 – nell’appalto di servizi di trasporto non ci troviamo davanti a dei viaggi sporadici eseguiti dal vettore per conto

Normative dello stesso committente, bensì a una serie di trasporti collegati al raggiungimento di un risultato complessivo o, per meglio dire, ad un servizio di trasferimento di carattere continuativo;

• pattuizione di un corrispettivo unitario per le diverse prestazioni;

• assunzione dell’organizzazione dei rischi da parte del trasportatore.

Quindi – conclude la Cassazione

– “il discrimine, tra l’appalto di servizi di trasporto e il mero

contratto di trasporto, va ricercato nella sussistenza, in relazione al primo e non al secondo, di una pianificazione dell’esecuzione dei trasporti, con una disciplina e un corrispettivo unitario e con l’allestimento di un’idonea organizzazione”.

Tutti questi elementi sono stati riscontrati dalla Corte d’Appello di Bologna, il cui pronunciamento è stato confermato dalla Corte di Cassazione, che ha riscontrato nel caso de quo:

- la continuità e sistematicità della

collaborazione del trasportatore a beneficio del vettore;

- le modalità di pagamento del corrispettivo (predeterminato e unitario); - la peculiarità dell’organizzazione del servizio, calibrato sulle esigenze specifiche del committente (con predisposizione, per esempio, di strumenti realizzati in funzione del medesimo, come mezzi di trasporto con scritte che riproducevano il suo marchio, ecc..).

PATENTI DI GUIDA: NOVITÀ SULLA DECURTAZIONE DEL PUNTEGGIO

Il tema della decurtazione dei punti dalla patente/CQC è molto sentito da tutti gli automobilisti, in special modo da quelli professionali che, effettuando durante l’anno un numero di Km notevolmente superiore al resto dei conducenti, hanno più probabilità di commettere violazioni al Codice della Strada così sanzionate. Lo spunto ci è offerto dalla recente Ordinanza della II sezione civile della Corte di Cassazione (11 ottobre, n. 26553) e affronta il tema del momento a partire dal quale, in presenza di una violazione del CdS non contestata in via immediata su strada dagli agenti di Polizia stradale, il proprietario del veicolo è tenuto a comunicare i dati della patente di colui che si trovava alla guida al momento della violazione commessa. In linea puramente teorica non dovrebbero esserci dubbi, dal momento che la norma che stabilisce tale obbligo (l’art. 126 bis, comma 2 del CdS) è molto chiara sul punto: “Il proprietario del veicolo, ovvero altro obbligato in solido ai sensi dell'art. 196, deve fornire all'organo di Polizia che procede, entro sessanta giorni dalla data di notifica del verbale di contestazione, i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione. Se il proprietario del veicolo risulta una persona giuridica, il suo legale rappresentante o un suo delegato è tenuto a fornire gli stessi dati, entro lo stesso termine, all'organo di Polizia che procede”.

La Cassazione tuttavia la pensa diversamente, smentendo anche il pronunciamento del giudice di merito (nella fattispecie, il Tribunale di Rovigo). Infatti, dopo aver dato atto che il giudice ha agito nel rispetto del filone giurisprudenziale predominante (citando in tal senso l’Ordinanza della Cassazione del luglio 2018, n. 18027), la II sezione ha fatto riferimento al nuovo orientamento in materia espresso nella sua Ordinanza n. 24012 del 3/08/2022, secondo cui "in materia di illeciti stradali, la violazione prevista dall'art. 126-bis, comma 2, CdS - consistente nella mancata comunicazione, nei sessanta giorni dalla data di notifica del verbale di contestazione, dei dati personali e della patente di guida del conducente al momento della commessa violazione presupposta - si configura soltanto quando siano definiti i procedimenti giurisdizionali o amministrativi proposti avverso il verbale relativo alla precedente infrazione di riferimento, non insorgendo prima di allora alcun obbligo nei termini siffatti. Ne consegue che, in caso di esito sfavorevole per il ricorrente dei predetti procedimenti, l'amministrazione è tenuta ad emettere un nuovo invito per l'obbligato, dalla cui notifica decorrono i sessanta giorni per adempiere alle incombenze di cui alla citata disposizione; mentre, in caso di esito favorevole (con annullamento del verbale di accertamento), viene meno il presupposto per la configurazione della violazione".

Cassazione: l’attività di carico e scarico non può essere considerata come pausa

Regolamento Ue 561/2006.

La Suprema Corte ha confermato che le mansioni di lavoro svolte dal conducente, quando non guida il mezzo, non possono essere considerate come interruzione dei tempi di guida

La Corte di Cassazione, con due ordinanze del 22 ottobre 2024 (n. 27324 e n. 27331), ha confermato che le altre mansioni di lavoro svolte dal conducente, oltre la guida effettiva del mezzo, non possono essere considerate come pausa, o meglio come interruzione, dei tempi di guida prescritta dal

Dopo aver ricordato che l’articolo 7 del Regolamento stabilisce che “dopo un periodo di guida di quattro ore e mezza, il conducente osserva un'interruzione di almeno 45 minuti consecutivi, a meno che non inizi un periodo di riposo” e che questa interruzione può essere sostituita da una pausa di almeno 15 minuti, seguita da un'altra di almeno 30 minuti, in modo da garantire che in 4, 5 ore di guida, il conducente abbiamo modo di fare 45 minuti di pausa, la Cassazione osserva espressamente che ai sensi dell’articolo 4, dello stesso Regolamento, per “interruzione” deve intendersi “ un periodo in cui il conducente non può guidare o svolgere altre mansioni e che serve unicamente al suo riposo". È pertanto un arco temporale in cui il conducente deve godere della propria inattività, astenendosi tanto dalla guida quanto dallo

svolgimento delle "altre mansioni", così come normativamente definite dalla lettera e) della medesima disposizione.

Con le ordinanze in esame la Suprema Corte richiama le finalità della normativa sociale in tema di tempi massimi di guida e dei necessari periodi riposo, cioè quella di garantire da un lato la sicurezza dei trasporti su strada e dell’altro la protezione dei lavoratori addetti alla guida.

Anche per perseguire queste finalità, la Cassazione afferma che nel lasso di tempo previsto per l’interruzione alla guida l’autista deve godere della sua inattività e cioè non guidare, ma nemmeno svolgere le famose «altre mansioni» di cui sopra, ovvero nessuna delle «attività comprese nella definizione di orario di lavoro diverse dalla guida».

Pertanto – conclude la Corte Suprema – ha ragione il giudice di secondo grado a ritenere che le interruzioni alla guida non risultano significative ai fini del calcolo della corretta alternanza tra tempo di guida e tempo di riposo, se queste non costituiscono un momento di effettiva sospensione dell’attività lavorativa, cioè non solo l’attività di guida, ma anche gli altri compiti inclusi normativamente nell’orario di lavoro degli autotrasportatori.

RAVVEDIMENTO: ultimo giorno utile per regolarizzare i versamenti di imposte e ritenute non effettuati (o effettuati in misura insufficiente) entro il 18 novembre, con la maggiorazione degli interessi legali e della sanzione ridotta all’1,5%.

IMU: versamento della seconda o dell’unica rata dell’Imu 2024.

IRPEF: pagamento delle ritenute d’acconto, dei contributi previdenziali e dell’Iva relativa al mese precedente (contribuenti mensili).

MODELLI INTRA: presentazione per via telematica dei modelli Intra relativi alle operazioni del mese di novembre 2024 (mensili).

IVA: ultimo giorno per effettuare il versamento dell’acconto Iva.

RAVVEDIMENTO: ultimo giorno utile per regolarizzare i versamenti di imposte e ritenute non effettuati (o effettuati in misura insufficiente) entro il 16 dicembre, con la maggiorazione degli interessi legali e della sanzione ridotta.

IRPEF: pagamento delle ritenute d’acconto, dei contributi previdenziali e dell’Iva relativa al mese precedente (contribuenti mensili).

MODELLI INTRA: presentazione per via telematica dei modelli Intra relativi alle operazioni del mese di dicembre 2024 (mensili) o del quarto trimestre 2024 (trimestrali).

RAVVEDIMENTO ACCONTO IVA: ultimo giorno utile per regolarizzare il versamento dell’acconto Iva non effettuato entro il 27 dicembre, con la maggiorazione degli interessi legali e della sanzione ridotta.

RAVVEDIMENTO: ultimo giorno utile per regolarizzare i versamenti di imposte e ritenute non effettuati (o effettuati in misura insufficiente) entro il 16 gennaio, con la maggiorazione degli interessi legali e della sanzione ridotta all’1,5%.

IRPEF: pagamento delle ritenute d’acconto, dei contributi previdenziali e dell’Iva relativa al mese precedente (contribuenti mensili). I contribuenti trimestrali Iva (autotrasportatori) verseranno l’imposta relativa all’ultimo trimestre del 2024, senza la maggiorazione dell’1% e al netto dell’acconto eventualmente versato entro il 27 dicembre.

MODELLI INTRA: presentazione per via telematica dei modelli Intra relativi alle operazioni del mese di gennaio 2025 (mensili) o del quarto trimestre 2024 (trimestrali).

Rassegna stampa internazionale

GERMANIA: LA MANCATA

SICUREZZA

DEL CARICO COSTA MILIONI DI EURO

OGNI ANNO

In Germania la mancata sicurezza del carico è responsabile ogni anno di diversi milioni di euro di danni. Stando ai dati dell’Associazione generale dell’industria assicurativa tedesca (GDV), riportati da Verkehrs Rundschau, nel Paese si contano ogni anno più di 15mila incidenti per mancata o scorretta protezione delle merci trasportate. Con specifico riferimento al 2020, l’Ufficio federale di statistica della Germania registra 537 incidenti con lesioni personali per “carico non sufficientemente protetto”. La sicurezza del trasporto delle merci è quindi essenziale per la sicurezza stessa delle strade. Per mantenere l’ordine, l’Associazione degli ingegneri tedeschi (VDI) pubblicò nel 1975 un primo elenco di regole sugli strumenti di fissaggio e sulla loro corretta applicazione. Nel corso degli anni la norma si è poi evoluta in una serie di linee guida VDI 2700 con accorgimenti specifici a seconda della tipologia di merce trasportata.

FEDEX: NEL 2024 UN NUOVO RECORD PER LE SPEDIZIONI IN EUROPA

Nel 2024 aumentano le spedizioni in tutta Europa. Secondo un nuovo studio di FedEx il picco è previsto tra ottobre e dicembre 2024, periodo dove le consegne dei pacchi raggiungeranno un volume record di 6,2 miliardi di euro, registrando un aumento del 9% rispetto allo stesso periodo del 2023. Secondo la ricerca, riportata sul sito Parcel and postal technology international, basata sull’analisi di un database di oltre 300 vettori in 41 Paesi in tutta Europa, quasi il 70% di queste spedizioni (4,2 miliardi di euro) saranno consegnate durante il Black Friday e le festività natalizie. La crescita è guidata dall’e-commerce e dall’aumento della domanda, che durante l’alta stagione è pari al 30% del volume totale annuo delle spedizioni, il 7% in più rispetto alla media negli altri trimestri. Le consegne B2B dovrebbero rappresentare quasi un quinto dell’attività (19,5%) mentre le spedizioni C2C l’8%. Le spedizioni C2B, invece, rappresenterebbero una piccola percentuale del totale.

CRESCE IL TRASPORTO MARITTIMO IN EUROPA

Il trasporto merci via mare, in Europa, sta registrando una notevole crescita, trainata soprattutto da portacontainer e portarinfuse e dall’incremento degli accordi commerciali. È quanto emerge dal rapporto di Mordor Intelligence, ripreso

dalla rivista Trans.info, che identifica anche i tre Paesi chiave di questa espansione: Germania, Spagna e Regno Unito. Secondo le stime della società di ricerca, la dimensione del mercato passerà da 627,70 miliardi di dollari nel 2024 a 797,30 miliardi di dollari entro il 2029, per un tasso di crescita annuo composto (CAGR) del 4,90%. L’incremento è dovuto anche alla forte espansione dell’e-commerce e alle maggiori capacità delle navi portacontainer di oggi, che hanno raggiunto i 293 milioni di tonnellate di portata lorda, registrando un CAGR del 3,1% tra il 2018 e il 2022.

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