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ACCORDO CON INTESA SANPAOLO, 3 MILIARDI A SOSTEGNO DELL’AGRICOLTURA

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MERCATINO

MERCATINO

SIGLATO DA COLDIRETTI E INTESA SANPAOLO PER LE AZIENDE ASSOCIATE

ACCORDO PER 3 MILIARDI DI EURO A SUPPORTO DEL PNRR PER L’AGRICOLTURA

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Il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini e il responsabile Divisione Banca dei Territori di Intesa Sanpaolo, Stefano Barrese hanno siglato un importante accordo per il rilancio dell’agricoltura che prevede un plafond di 3 miliardi di euro per le piccole e medie imprese associate, a supporto dei primi bandi previsti dal PNRR per il settore. Intesa Sanpaolo e Coldiretti hanno deciso di avviare iniziative congiunte di sostegno ai bandi del PNRR con azioni che ne possano facilitare l’accesso alle aziende agricole, accompagnandole con strumenti dedicati messi a disposizione dalla banca, al fine di massimizzare l’intervento pubblico nel percorso verso nuovi modelli di agricoltura. A tal fine Intesa Sanpaolo mette a disposizione delle aziende del comparto un plafond affinché le aziende possano cogliere le sfide e le opportunità del cambiamento in coerenza con le linee guida indicate dall’agenda di Governo e con la sua fase di attuazione. A supporto dell’imprese agricole associate a Coldiretti, Intesa Sanpaolo individuerà le migliori soluzioni per facilitare l’accesso alle iniziative di sostegno pubblico, in particolare per ottenere l’anticipazione dei contributi a fondo perduto e richiedere impegni di firma per abilitare l’inoltro della richiesta di anticipazione del contributo a fondo perduto al Ministero. Inoltre, laddove il contributo pubblico non dovesse coprire l’intero ammontare dell’investimento, la banca affiancherà le aziende con finanziamenti la cui durata potrà arrivare fino a 30 anni ed importo fino al 100% della spesa, anche con garanzia sussidiaria ISMEA e Green di Sace. • Iniziative per cogliere le opportunità del PNRR attraverso strumenti dedicati per accedere agli incentivi pubblici. Tra le prime misure l’anticipazione dei contributi a fondo perduto previste dai bandi “Parco Agrisolare” e

“Innovazione e meccanizzazione

dei frantoi oleari”. • Si aggiungono la piattaforma

Incent Now per essere informati in tempo reale sulle principali agevolazioni previste dal PNRR, finanziamenti per la transizione green con sconti in funzione del raggiungimento di obiettivi

ESG e credito fino a 30 anni con importo fino al 100% della spesa e incentivi all’imprenditoria giovanile. • Valorizzazione delle Made in

Italy attraverso il Programma

Sviluppo Filiere della banca che valorizza l’appartenenza delle pmi alla filiera produttiva con migliori condizioni di accesso al credito. Nel settore agro-alimentare sono stati attivati 160 contratti di filiera che coinvolgono 6.000 fornitori, 22.000 dipendenti del capofiliera, per un volume d’affari totale di 21 miliardi di euro. L’incontro aperto dal segretario generale della Coldiretti, Vincenzo Gesmundo, che ha visto la partecipazione del ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli, è stato anche un’occasione per fare il punto sulla situazione dell’agricoltura

alla luce dell’impatto di due anni di emergenza Covid e della guerra in Ucraina. Hanno partecipato al dibattito Stefania Trenti, responsabile Industry Research Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, Massimiliano Cattozzi, responsabile Direzione Agribusiness di Intesa Sanpaolo che ha illustrato nel dettaglio i termini dell’accordo e Raffele Borriello, Capo Area Legislativa e Relazioni Istituzionali di Coldiretti. Il ministro Patuanelli ha ricordato come le misure del Pnrr tocchino gli elementi di fragilità, dalla diversificazione dei redditi al valore aggiunto lungo le filiere, dall’acqua alla logistica e all’innovazione. Oggi gli investimenti privati vanno stimolati e con la presenza della Coldiretti, grande forza sociale, e di Intesa Sanpaolo la sfida si può vincere. Sono otto i capitoli chiave dell’intesa e spaziano dal trasferimento delle conoscenze del Pnrr, con una nuova piattaforma alla quale possono accedere i clienti con partita Iva per ottenere informazioni sui bandi, alla sostenibilità ed economia circolare con finanziamenti di medio lungo termine, per passare all’imprenditoria giovanile ai programmi delle filiere, alla internazionalizzazione e agli aiuti alle imprese che hanno registrato i maggiori costi legati alla bolletta energetica. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza prevede importanti iniziative e risorse con l’obiettivo di determinare un vero e proprio cambio di paradigma dell’intero settore agroalimentare nazionale. Con l’accordo con Coldiretti, Intesa Sanpaolo vuole contribuire a questo cambiamento sostenendo le piccole e medie imprese del settore a compiere un cambio di passo importante nel modo di fare agricoltura, avviando un nuovo futuro, in cui sostenibilità e digitalizzazione siano sempre più centrali. Prandini ha affermato che proprio nei momenti di difficoltà bisogna tracciare la traiettoria di futuro. Ha ricordato come il Pnrr sia fondamentale per affrontare le sfide della transizione ecologica e digitale. Bisogna investire sulle energie rinnovabili, biogas e biometano e sui concimi alternativi a quelli chimici. E’ centrale poi la gestione dei dati, mentre oggi non c’è in Europa una piattaforma per la blockchain. C’è molto da fare e l’accordo con Intesa Sanpaolo rappresenta uno strumento importante per l’accesso al credito delle imprese agricole, sostenendo l’impegno dell’agroalimentare per sfruttare al meglio le opportunità offerte dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. E’ necessario, infatti, accompagnare tutte le aziende agricole verso l’innovazione. Per questo stiamo mettendo in campo sinergie e alleanze con settori che sono eccellenze italiane come per esempio Leonardo. Gli sconvolgimenti che la guerra ha portato, hanno evidenziato come produrre cibo e non dipendere dall’estero sia un tema strategico di sicurezza nazionale per un Paese come l’Italia che deve ancora colmare il pesante deficit produttivo in molti settori importanti. Per questo con il Pnrr si punta all’obiettivo di aumentare la produzione dimezzando la dipendenza dall’estero. Il cibo è, infatti, sempre più centrale per garantire valore e occupazione, ma rappresenta anche una risposta sociale. L’agroalimentare è una leva economica importante per il Paese. L’export ha raggiunto lo scorso anno 52 miliardi e continua a crescere, ma è poco rispetto a quello che si potrebbe fare: entro 7/8 anni i 52 miliardi potrebbero diventare 100, il vero made in Italy ha le carte per sostituire il prodotto che oggi richiama l’italianità. Stefano Barrese da parte sua ha sottolineato il rapporto strategico con Coldiretti che va visto nel tempo e rinnovato con la prospettiva che, grazie alla spinta dell’export, il plafond possa arrivare a 6 miliardi ma ci possano essere anche aggiornamenti nei contenuti. Il presidente della Coldiretti ha espresso la certezza che in un anno le risorse saranno spese e che per traguardare gli obiettivi le aziende avranno bisogno di nuove risorse.

SULLA BASE DEI DATI DIVULGATI DALL’ ISTAT

INFLAZIONE: STANGATA A TAVOLA DA 320 EURO A FAMIGLIA

Il balzo dell’inflazione costerà alle famiglie italiane 320 euro in più solo per la tavola nel 2022, a causa dell’aumento dei prezzi scatenato dalla guerra in Ucraina che evidenziano un aumento del 7,6% per i beni alimentari nel carrello della spesa rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. La categoria per la quale gli italiani spenderanno di più è la verdura che nel 2022 costerà complessivamente alle famiglie dello Stivale circa 80 euro in più, e precede sul podio pane, pasta e riso, con quasi 60 euro in più, e carne e salumi, per i quali si spenderanno 55 euro in più rispetto al 2021. Seguono la frutta, pesce, latte, formaggi e uova e olio, burro e grassi. Se i prezzi per le famiglie corrono l’aumento dei costi colpisce duramente l’intera filiera agroalimentare a partire dalle campagne dove più di 1 azienda agricola su 10 (11%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività ma ben circa 1/3 del totale nazionale (30%) si trova comunque costretta in questo momento a lavorare in una condizione di reddito negativo per effetto dell’aumento dei costi di produzione, secondo il Crea. In agricoltura si registrano, infatti, aumenti dei costi che vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi al +129% per il gasolio.

SITUAZIONE PESANTE IN UN MOMENTO DIFFICILE PER LA GUERRA E RINCARI NEL CARRELLO DELLA SPESA

SICCITÀ: NEI CAMPI MANCA L’ACQUA NECESSARIA PER LE IRRIGAZIONI, RESE E PRODUZIONI A RISCHIO

“La mancanza di precipitazioni sta causando gravi preoccupazioni per i produttori agricoli e il conseguente rischio sulla disponibilità di cibo”. E’ quanto afferma il Presidente Coldiretti Alessandria Mauro Bianco in riferimento all’ allarme siccità lanciato dall’Osservatorio del Po. Nei campi manca l’acqua necessaria ad irrigare le coltivazioni che si trovano in una situazione di stress idrico che mette a rischio le produzioni in un 2022 segnato fino ad ora da precipitazioni praticamente dimezzate. Una situazione che ha cambiato anche le scelte di coltivazione sul territorio italiano con un calo stimato di diecimila ettari delle semine di riso, che ha più bisogno di acqua, a favore della soia. A preoccupare è la riduzione delle rese di produzione delle coltivazioni in campo come girasole, mais, grano e degli altri cereali ma anche quella dei foraggi per l’alimentazione degli animali e di ortaggi e frutta che hanno bisogno di acqua per crescere. Una situazione pesante in un momento difficile a causa della guerra in Ucraina e dei forti rincari nel carrello della spesa con aumenti di prezzi degli alimentari che hanno raggiunto a maggio il +7,1%. Si rilevano problemi nelle coltivazioni a ciclo annuale come mais, patata, cipolla, pomodoro, soia, sorgo e prati irrigui e per tutte le colture orticole in generale. La possibilità d’irrigazione farà la differenza sul risultato. In questa situazione molte colture sono in sofferenza, in quanto l’evapotraspirazione è elevata e la riserva idrica del terreno si esaurisce rapidamente. Ad essere colpito dalla siccità è l’intero territorio nazionale ma particolarmente grave è la situazione nella pianura padana dove per la mancanza di acqua è minacciata oltre il 30% della produzione agricola nazionale e la metà dell’allevamento che danno origine alla

Cambia la scelta delle coltivazioni, meno riso più soia. Realizzare subito rete piccoli invasi

SICCITÀ: SUBITO STATO DI EMERGENZA, I RACCOLTI BRUCIANO NEI TERRENI SENZ’ACQUA, MAIS -50%

Oltre 900 milioni di euro i danni stimati a causa della siccità in Piemonte. Entra nel vivo la fase della trebbiatura in provincia e sale il conto dei danni causati dalla siccità che assedia città e campagne, corsi d’acqua svuotati e campi arsi dove i raccolti bruciano sui terreni senz’acqua ed esplodono i costi per le irrigazioni di soccorso per salvare le piantine assetate e per l’acquisto del cibo per gli animali con i foraggi bruciati dal caldo. Un drammatico bilancio con previsioni, a livello territoriale, che fanno registrare un calo del 50% per il mais (20.200 ettari per una produzione di 2.065.125 quintali*), in grave sofferenza soprattutto nelle zone limitrofe della pianura dove non riescono ad arrivare le irrigazioni di soccorso: in tutta la provincia la situazione è da “stato di calamità”.

food valley italiana conosciuta in tutto il mondo. “In questo scenario di profonda crisi idrica è necessario agire nel breve periodo per definire le priorità di uso delle risorse idriche ad oggi disponibili, dando precedenza al settore agricolo per garantire la disponibilità di cibo, prevedere uno stanziamento di risorse finanziarie adeguate per indennizzare le imprese agricole per i danni subiti a causa della siccità e favorire interventi infrastrutturali di medio-lungo periodo volti ad aumentare la capacità di accumulo dell’acqua e della successiva ottimizzazione nella gestione”, ha continuato il Presidente Mauro Bianco. Gli agricoltori già da qualche settimana hanno avviato le irrigazioni di soccorso per salvare le colture in campo e i frutti maturi sulle piante che rischiano di essere feriti da colpi di calore e scottature rendendo più difficile il lavoro di raccolta. Al momento, nella nostra provincia, i pozzi, soprattutto quelli meno profondi, iniziano a prosciugarsi e i tecnici di Coldiretti sono al lavoro per monitorare la situazione e poter prevedere misure idonee al sostegno delle colture che stanno soffrendo, oltre a prevenire ulteriori danni all’economia delle aziende. “Per carenze infrastrutturali il terreno trattiene solo l’11% dell’acqua, per questo occorre un cambio di passo nell’attività di prevenzione”, ha aggiunto il Direttore Roberto Bianco sottolineando che “bisogna evitare di dover costantemente rincorrere l’emergenza con interventi strutturali. Il primo passo è la realizzazione di piccole opere di contrasto al rischio idrogeologico, dalla sistemazione e pulizia straordinaria degli argini dei fiumi ai progetti d’ingegneria naturalistica. E’ necessario creare una rete di piccoli invasi su tutto l’arco alpino per evitare di arrivare a situazioni di crisi come quella attuale. Certo, vanno coinvolti tutti i soggetti interessati, superando l’attuale frammentazione anche in termini di competenze amministrative, in modo tale che sia possibile, a livello territoriale, definire un piano strategico unitario che possa rispondere alle esigenze idriche delle imprese agricole che ora, invece, si trovano a dover affrontare, oltre alle difficoltà dovute all’innalzamento dei costi delle materie prime e agli sconvolgimenti del mercato a causa della guerra ucraina, una vera e propria emergenza idrica”.

SICCITA’: ¼ ITALIA COLPITA DA DESERTIFICAZIONE GARANTIRE PRODUZIONE ALIMENTARE E ACCUMULARE ACQUA

Più di ¼ del territorio nazionale (28%) è a rischio desertificazione. La gravissima siccità di quest’anno che rappresenta solo la punta dell’iceberg di un processo che mette a rischio la disponibilità idrica nelle campagne e nelle città con l’arrivo di autobotti e dei razionamenti. E’ quanto emerge da un’analisi della Coldiretti sulla situazione del territorio nazionale in occasione della giornata mondiale dell’Onu per la lotta a desertificazione e siccità del 17 giugno, sulla base dei dati Ispra. Con il picco del caldo da bollino arancione in molte città e la carenza idrica, rischia di aumentare la dipendenza dall’estero da dove arriva il 64% del grano tenero che serve per pane, biscotti, dolci, il 47% del mais per l’alimentazione delle stalle, il 44% del grano duro per la pasta e il 27% dell’orzo, secondo la Coldiretti. La siccità è diventata la calamità più rilevante per l’agricoltura italiana con danni stimati quest’anno pari a circa 2 miliardi di euro per effetto del calo dei raccolti che hanno bisogno dell’acqua per crescere. “In questo scenario di profonda crisi idrica è necessario agire nel breve periodo per definire le priorità di uso delle risorse idriche ad oggi disponibili, dando precedenza al settore agricolo per garantire la disponibilità di cibo, prevedere uno stanziamento di risorse finanziarie adeguate per indennizzare le imprese agricole per i danni subiti a causa della siccità e favorire interventi infrastrutturali di medio-lungo periodo volti ad aumentare la capacità di accumulo dell’acqua e della successiva ottimizzazione nella gestione” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini che ha incontrato il Ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli e quello della Transizione Ecologica Roberto Cingolani.

RIDUZIONE DELLE RESE CAUSATA DAGLI SFASAMENTI CLIMATICI E DALLE RIPERCUSSIONI DEL CONFLITTO IN UCRAINA.

GRANO: PRIMI BILANCI DELL’ANNATA CON PREVISIONE CALO PRODUZIONE DAL 20 AL 30%

Raccolta del grano nei terreni della provincia di Alessandria e battute finali per orzo e pisello proteico. Le previsioni, a livello territoriale, fanno registrare un calo compreso tra il 20 e il 30%, Situazione con segno meno che rispecchia il trend nazionale (produzione di grano in Italia stimata quest’anno in calo del 15%) con il raccolto che dovrebbe attestarsi attorno ai 6,5 miliardi di chili su una superficie totale di 1,71 milioni di ettari coltivati fra grano duro per la pasta (1,21 milioni di ettari) e grano tenero per pane e biscotti (oltre mezzo milione di ettari). E’ quanto emerge dal monitoraggio Coldiretti Alessandria, provincia particolarmente vocata alla produzione di frumento tenero, con una superficie di oltre 35 mila ettari e più di 2 milioni di quintali di produzione per un totale a livello piemontese di 84mila ettari. La minor produzione pesa sulle aziende cerealicole che hanno dovuto affrontare rincari delle spese di produzione che vanno dal +170% dei concimi al +129% per il gasolio con incrementi medi dei costi correnti del 68%, secondo elaborazioni Coldiretti su dati del Crea, dai quali si evidenzia che in un caso su quattro i costi superano i ricavi, con il grano duro per la pasta che è quotato in Italia 55 centesimi al chilo e quello tenero per il pane a 45 centesimi al chilo. “L’impatto si fa sentire anche sui consumatori con i prezzi che dal grano al pane aumentano da 6 a 12 volte tenuto conto che per fare un chilo di pane occorre circa un chilo di grano, dal quale si ottengono 800 grammi di farina da impastare con l’acqua per ottenere un chilo di prodotto finito venduto da 2,7 euro al chilo a 5,4 euro al chilo – ha affermato il Presidente Coldiretti Alessandria Mauro Bianco -. Per questo dialoghiamo con produttori, mulini e panificatori locali, perché siamo convinti che lavorando in sinergia con artigiani e agroindustria virtuosa, che puntano alla qualità e all’etica di produzione, si possa dare una risposta in termini economici al territorio, ma soprattutto ai tanti consumatori che vogliono consumare prodotti di filiera locale al giusto prezzo”. Un trend negativo che aumenta la dipendenza dall’estero in una situazione in cui l’Italia è diventata deficitaria in molte materie prime e produce appena il 36% del grano tenero che serve per pane, biscotti, dolci e il 62% del grano duro per la pasta. La situazione è preoccupante anche a livello internazionale dove la produzione mondiale di grano per il 2022/23 è stimata in calo a 769 milioni, per effetto della riduzione in Ucraina con un quantitativo stimato di 19,4 milioni di tonnellate, circa il 40% in meno rispetto ai 33 milioni di tonnellate previsti per questa stagione ma anche negli Stati Uniti (46,8 milioni) e in India (105 milioni), secondo l’analisi della Coldiretti sugli ultimi dati dell’International Grains Council che evidenzia peraltro che in controtendenza il raccolto di grano cresce del 2,6% in Russia per raggiungere 84,7 milioni di tonnellate delle quali circa la metà destinate all’esportazioni (39 milioni di tonnellate). Il Paese di Putin è il primo esportatore mondiale di grano con il controllo delle scorte alimentari rischia di sconvolgere gli equilibri geopolitici mondiali con Paesi come Egitto, Turchia, Bangladesh e Iran che acquistano più del 60% del proprio grano da Russia e Ucraina ma anche Libano, Tunisia Yemen, e Libia e Pakistan sono fortemente dipendenti dalle forniture dei due Paesi. Una situazione che riguarda direttamente anche l’Unione Europea nel suo insieme dove il livello di autosufficienza della produzione comunitaria varia dall’ 82% per il grano duro destinato alla pasta al 93% fino al 142% per quello tenero destinato alla panificazione secondo l’analisi della Coldiretti sull’ultimo outlook della Commissione Europea che evidenzia l’importanza di investire sull’agricoltura per ridurre la dipendenza dall’estero e non sottostare ai ricatti alimentari. L’Italia in particolare è costretta ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori con la perdita di quasi un campo di grano su dieci nell’ultimo decennio. “Uno dei prodotti simbolo del territorio alessandrino è proprio il frumento tenero oggetto dell’accordo di filiera Gran Piemonte volto a valorizzare l’oro giallo ed ottenere prodotti da forno prepararti con vera farina Made in Piemonte per rispondere anche alle esigenze dei consumatori che sono sempre più attenti alla provenienza degli ingredienti – ha aggiunto il Direttore Coldiretti Alessandria Roberto Bianco -. Bisogna intervenire per contenere il caro energia ed i costi di produzione con interventi immediati, per salvare le aziende, e strutturali, per programmare il futuro del sistema agricolo nazionale, mentre a livello comunitario servono più coraggio e risorse per migliorare la nostra sicurezza alimentare riducendo la dipendenza dalle importazioni dei principali prodotti agricoli e dei fattori produttivi”. Una situazione aggravata dalla concorrenza sleale delle importazioni, soprattutto da quelle aree del pianeta che, come il Canada per il grano, non rispettano le stesse regole di sicurezza alimentare e ambientale in vigore nel nostro Paese dove è vietato l’uso del diserbante chimico glifosato in preraccolta. L’Italia che può contare sull’agricoltura più green in Europa deve porsi all’avanguardia nelle politiche di sicurezza alimentare nell’Unione Europea e fare in modo che le misure precauzionali introdotte a livello nazionale riguardino coerentemente anche l’ingresso in Italia di prodotti stranieri.

Speculazione: dal campo alla tavola il prezzo del pane aumenta 12 volte

COMBATTERE LA GUERRA DEL CIBO SINTETICO CON L’ALLEATO PIÙ PREZIOSO DEGLI AGRICOLTORI: IL CONSUMATORE

DOPO LA CARNE ARTIFICIALE ARRIVA IL LATTE SENZA MUCCHE: NUOVO ATTACCO ALLE STALLE ITALIANE

“Real dairy. No cows”, letteralmente “vero caseificio senza mucche”. E’ lo slogan che campeggia sul sito della Remilk, la start up israeliana che promette di fare “veri” latte e formaggi senza l’aiuto delle mucche, nuovo simbolo dell’attacco alle stalle italiane e all’intero Made in Italy a tavola portato dalle multinazionali del cibo. Un’aggressione che, dietro belle parole come “salviamo il pianeta” e “sostenibilità, nasconde l’obiettivo di arrivare a produrre alimenti facendo progressivamente a meno degli animali, dei campi coltivati, degli agricoltori stessi. Il “latte senza mucche” è un prodotto artificiale che, secondo quanto afferma la Remilk, nasce copiando il gene responsabile della produzione delle proteine del latte nelle mucche e inserendolo nel lievito. Questo, viene messo in dei fermentatori per produrre delle proteine del latte a cui verranno aggiunte in laboratorio vitamine, minerali, grassi e zuccheri non animali. L’azienda è pronta ad aprire in Danimarca una grande fabbrica dove produrre il finto latte e avviare l’invasione dei mercati europei, una volta ottenuto il via libera alla commercializzazione. “Il nodo è capire come l’Unione Europea potrebbe accogliere la novità. In passato la Corte di Giustizia Ue si è pronunciata chiaramente contro l’utilizzo del termine “latte” per le bevande vegetali, ad esempio il latte di soia, ma le sempre più aggressive politiche di marketing adottate dalle multinazionali e l’attività di lobby all’interno delle istituzioni rischiano di sfondare e aprire la strada a filiere “dal laboratorio alla tavola” dove a rimetterci in salute e reddito saranno i cittadini, a tutto vantaggio dei miliardari “filantropi” che sempre più numerosi foraggiano il cibo artificiale”, ha affermato il Presidente Coldiretti Alessandria Mauro Bianco. Gli investimenti nel campo della biologia sintetica stanno crescendo molto negli ultimi anni e i nomi più impegnati sono soprattutto noti per essere protagonisti del settore hitech e della nuova finanza mondiale, da Bill Gates (fondatore di Microsoft) ad Eric Schmidt (cofondatore di Google), da Peter Thiel (co-fondatore di PayPal) a Marc Andreessen (fondatore di Netscape), da Jerry Yang (co-fondatore di Yahoo!) a Vinod Khosla (Sun Microsystems). L’esempio più lampante è quello della carne artificiale, dove solo nel 2020 sono stati investiti 366 milioni di dollari, con una crescita del 6000% in 5 anni. Coldiretti, assieme a Filiera Italia, ha smontato una dietro l’altra le bugie che si celano dietro la presunta bistecca green, che in realtà non salva gli animali perché viene fabbricata sfruttando i feti delle mucche, non salva l’ambiente perché consuma più acqua ed energia di molti allevamenti tradizionali, non aiuta la salute perché non c’è garanzia che i prodotti chimici usati siano sicuri per il consumo alimentare, non è accessibile a tutti poiché per farla serve un bioreattore e non è neppure carne ma un prodotto sintetico e ingegnerizzato. “Per combattere la guerra del cibo di laboratorio occorre anche la collaborazione del più prezioso alleato degli agricoltori: il consumatore, con la sua sensibilità per le cose buone e il suo… palato. Quanti più italiani continueranno a mangiare il vero prodotto Made in Italy coltivato nei nostri campi e a frequentare i mercati contadini, tanto più grandi saranno le chance di vincere la battaglia.

Coldiretti ha smontato una dietro l’altra le bugie che si celano dietro la bistecca di Frankenstein

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