Campo boario

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Dai Ventosari alla recente riqualificazione La storia del quartiere piĂš isolato della cittĂ , in cerca del rilancio totale

CAMPO BOARIO

Anno Zero

La parabola del Rione Shangai e la dismissione delle piccole industrie, il preludio a decenni di emarginazione e abusivismo Ma i recenti interventi e i futuri progetti lasciano ben sperare di ALESSIA FRATINI


C

ampo Boario, bronx latinense, Shangai, o Quartiere dei Ventosari. Diversi nomi che hanno indicato, in periodi differenti e per diversi motivi, la stessa zona: il quartiere popolare che si sviluppa intorno a Piazza Enrico Berlinguer, fra le Autolinee e il quartiere Gionchetto. L’area, situata alla periferia nord della città, è passata da campo agricolo a zona industriale e, poi, quartiere popolare, in meno di settant’anni. Una storia breve ma piena di continue trasformazioni, quella di Campo Boario, quartiere sorto spontaneamente negli anni ‘50 che risente ancora fortemente della sua origine abusiva, nonostante i recenti interventi. Campo Boario deve il nome proprio al campo sperimentale per l’allevamento del bestiame (istituito nella seconda metà degli anni ‘30) e all’importante mercato bovino che si tenne qui fino all’inizio della II Guerra Modiale. Nell’immediato dopoguerra, contemporaneamente all’arrivo degli sfollati di Ventosa (una frazione del comune di Santi Cosma

e Damiano), la struttura di commercializzazione del bestiame venne dismessa e sostituita da un diffuso insediamento produttivo. Fu il periodo in cui sorsero attività di artigianato e piccole industrie che hanno fatto la storia del territorio (come il Calzificio del Mezzogiorno, l’Industria Jannicola, le metalmeccaniche Orsal e Catis, tra le più note). Tutt’intorno, l’abitudine di costruirsi la casa vicino al posto di lavoro, industria o laboratorio, e la mancanza di una pianificazione urbanistica determinarono una proliferazione incontrollata di abitazioni. Con le politiche sostenute dalla Cassa per il Mezzogiorno e dal Consorzio industriale di Roma-Latina si decise di trasferire le attività produttive industriali in apposite zone, esterne all’area. Questa dismissione comportò un ulterirore impoverimento economico di Campo Boario, creando inoltre problemi collegati al recupero e alla riconversione degli stabilimenti industriali e artigianali. Il caotico sviluppo del capoluogo pontino nei decenni a seguire ha solamente accentuato tali problematiche.


Abusivismo, siti industriali abbandonati, isolamento e degrado hanno caratterizzato per molto tempo questo quartiere periferico. Il bronx, chiamato anche così a causa di una scritta sul muro, era come escluso dal resto della città. Campo Boario è stato per lungo tempo associato al campo nomadi nei pressi di via Tagliamento: un ciglio stradale concesso dal Comune per oltre 20 anni ad alcune famiglie di giostrai Sinti. Sui giornali appariva solo nelle pagine cronaca o, al massimo, tra le notizie sportive. Povero di servizi e attrattive, era frequentato solo da chi ci abitava, mentre per tutti gli altri era semplicemente un luogo di passaggio. Campo Boario è chiuso a nord dal canale delle Acque Medie e a ovest da campagne fino alla stazione delle autolinee. L’angolo di Latina formato da via Milazzo e via Giulio Cesare, lungo il quale si sviluppa il quartiere, aveva sbocco solo su corso G. Matteotti e via E. Filiberto, fino all’apertura di via Pionieri della Bonifica. Prima della realizzazione del ponte sul canale delle Acque Medie, per esempio, per raggiungere Gionchetto (poche centinaia di metri a nord in linea d’aria) bisognava percorrere molti chilometri e passare per via Epitaffio. Lo smantellamento dei vecchi capannoni, sostituiti da nuovi palazzi, ha completamento modificato il quartiere di Campo Boario, soprattutto nell’area più prossima alla circonvallazione, dove sono state finalmente collegate delle strade prima senza uscita. Insieme ai palazzi e ai nuovi abitanti molte attività commerciali hanno aperto in zona. Lungo via Milazzo, invece, le piccole – a volte fatiscenti - costruzioni che si susseguono su entrambi i lati della strada sono – ancora - in maggior parte quelle costruite negli anni ‘50 e ‘60. Piccole abitazioni, segnate dall’umidità, e minuscoli cortili con colorati alberi di agrumi ancora resistono tra i palazzi di nuova costruzione. Il dedalo di viuzze sul lato del canale prosegue fino all’angolo con via Giulio Cesare, dove sembra proprio di essere in un’altra città. Oltrepassato il campo di calcio di Campo Boario, le strade sono strette come poche altre a La-

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tina e le decorazioni di alcune case sono – a dir poco - fantasiose. La toponomastica delle vie in zona è molto varia, storici e condottieri dell’antica Roma, nomi di fiumi o di luoghi che commemorano importanti battaglie, e personaggi pontini da ricordare. Come il piazzale, intitolato a Giuliano Carturan (pompiere morto in servizio durante il terremoto del Belice nel 1968), che – non a caso - ospita la sede del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco. Via del Metano, analogamente, deve il proprio nome agli stabilimenti Italgas lungo la via. La grande piazza all’incrocio tra via Milazzo e via Giulio Cesare è, invece, intitolata a Enrico Berlinguer. Nel 1979 il piazzale è stato oggetto di interventi di riqualificazione progettati dall’architetto Pietro Cefaly, lo stesso che pochi anni prima si era occupato di Piazza A. Moro. In entrambe le piazze sono stati demoliti i manufatti presenti, divenuti pericolosi dopo anni di mancate opere di

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manutenzione, non potendo affrontare l’onerosa spesa per la messa in sicurezza strutturale. Nel 2008 altri interventi di sistemazione (150mila euro) hanno finalmente messo fine al degrado che rendeva questo spazio praticamente inutilizzabile. Oggi l’ampia piazza è in sicurezza, ma mostra ancora i segni di una manutenzione carente: l’erba è alta e gli alberi non sono potati. È abbastanza frequentata, ci sono panchine, illuminazione e secchi per la spazzatura; non si vedono più cavalli legati agli alberi come accadeva un tempo, ma ci sono molte persone che passeggiano con i cani. Tutta l’area nord della città - Campo Boario, Gionchetto e Pantanaccio sarà interessata dagli interventi previsti nei contratti di quartiere, atti a migliorarne la vivibilità e, soprattutto, a collegarli meglio al resto della città. Queste zone periferiche sono - storicamente - meta dei flussi migratori in città, la popolazione risulta quindi molto eterogenea da questo

punto di vista. Durante gli anni del boom economico in molti arrivarono da diverse aree geografiche d’Italia (per lo più dalle regioni meridionali), oggi vivono qui molti abitanti che provengono da altri paesi (Romania, Moldavia e Maghreb). Col passare degli anni e con la costruzione di molti edifici residenziali, il numero degli abitanti in zona è, quindi, aumentato. Quasi tutti gli spazi vuoti sono stati occupati dai nuovi palazzi e altri continuano a prendere il posto delle vecchie casette. Finalmente Campo Boario non è più una città nella città, desolata nel degrado tra costruzioni fatiscenti e strade senza uscita, ma un popoloso quartiere in via di sviluppo che avrebbe, però, bisogno di spazi verdi adeguati e curati. Perché non realizzare un grande parco nella sola area vuota rimasta in zona (alle spalle delle autolinee), prima che a qualcuno venga in mente di costruirci un altro centro commerciale?


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