Gusville

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I “Bastardi senza gloria” di Borgo Sabotino I nazisti sterminati e oltraggiati dalla brigata del tenente Gus Heilman

LA

LEGGENDA

DEI

DIAVOLI

NERI

Gusville l’incubo dei soldati tedeschi, assaltati di notte da soldati privi di scrupoli di ALESSIA FRATINI

S

chwarzen Teufeln. È dal diario di un soldato tedesco che proviene il soprannome con cui diventò famosa la 1st Force: tra le sue pagine si legge “I Diavoli Neri sono tutt’intorno a noi ogni volta che ci avviciniamo alla linea”. È proprio perché seminarono il panico con le facce tinte di nero durante le operazioni notturne che i tedeschi li chiamavano così. L’unità d’élite statunitense-canadese 1st Special Service Force, che era chiamata anche Brigata del Diavolo (Devil’s Brigade), combatté senza sosta per 99 giorni. Si pitturavano il viso con del lucido da scarpe e in piccole unità spesso

riuscivano a sopraffare i tedeschi senza sparare neanche un colpo e poi sparivano nella notte. Si racconta che fu proprio qui a Gusville (come gli Alleati avevano rinominato Borgo Sabotino) che i membri della Brigata iniziarono a lasciare sui cadaveri dei soldati tedeschi da loro uccisi il celebre messaggio: una minacciosa nota, con lo stemma del reparto e la scritta “Das dicke Ende kommt noch”, ossia “Il peggio deve ancora venire”, che ebbe un effetto psicologico devastante sulle truppe naziste. “I tedeschi avevano paura di noi. Era stato detto loro che non facevamo prigionieri, che eravamo in maggioranza ex-detenuti e che non avremmo avuto pietà”, rac-

contò uno dei Diavoli Neri. Dopo i combattimenti del 1943, l’unità fu riorganizzata e inviata sul fronte di Anzio, dove iniziò a schierarsi il 2 febbraio 1944. In quei giorni la gloria già aveva abbracciato l’unità, viste le azioni concluse sui monti a ridosso della Linea Gustav, e le forze alleate avevano la necessità di indebolire la macchina bellica nazista, fino ad allora inarrestabile. Per farlo era necessario poter disporre di unità con un addestramento fuori dal comune, in grado di portare a termine azioni di sabotaggio e raccogliere informazioni importanti sul dislocamento del nemico. Serviva la Brigata del Diavolo! La loro straordinaria abilità


per le incursioni notturne oltre le linee nemiche, senza essere visti, fu alla base di importanti rapporti di intelligence grazie ai quali gli Alleati riuscirono a mantenere quella che era, a tutti gli effetti, una posizione indifendibile. Ovviamente, non fu la Brigata da sola il fattore determinante della vittoria degli Alleati ad Anzio, ma tennero una così continua pressione sui nemici che l’esercito tedesco fu costretto a schierare un gran numero di soldati in questo settore. La 1st Force fu incaricata di difendere ben un quarto del perimetro (13 dei 52 chilometri di fronte) della testa di ponte di Anzio: con soli 1300 uomini, mentre sul resto della linea di fronte erano dispiegati 40mila soldati. Nonostante fosse una super forza d’elite, addestrata per la guerra sulle montagne la Brigata si trovò impiegata su un terreno pianeggiante: “Tavolo da biliardo”, così chiamavano il proprio accampamento. Scavare trincee era inutile, visto che il nemico li osservava continuamente dalle postazioni sui monti, e praticamente impossibile, per via dell’acqua. Gli obiettivi principali del pattugliamento della 1st Force erano il Canale Mussolini e la piccola città di Littoria. I canale era di per sé un ostacolo per entrambi gli schieramenti, ma i Nazisti potevano raggiungere il porto di Anzio bombardando dalle sponda est del canale. Così la brigata iniziò un intenso programma di pattugliamento, talmente aggressivo che i Nazisti dovettero


arretrare e stabilire la principale posizione di battaglia qualche chilometro indietro. Si creò in tal modo tra i due schieramenti antagonisti una “terra di nessuno”, delimitata da due formidabili ostacoli naturali: il Canale Mussolini e le Paludi pontine, in quel momento allagate. Le sparute fattorie passavano facilmente di mano, i tedeschi le occupavano di giorno e gli americani durante le ore notturne. Questa altalena terminò solo quando il Tenente Frederick, poi promosso generale decise che non avevano più nessun valore come punto di osservazione e diede alla Brigata l’ordine di farle saltare in aria… proprio il genere di cose per le quali erano stati addestrati i Diavoli Neri! Per la prima volta operarono come guerriglieri in pattugliamenti notturni: facendo saltare le installazioni del nemico e scomparendo alle prime luci dell’alba. Alla fine la Brigata del Diavolo ebbe la meglio sui tedeschi e partì da Gusville (che tornò a essere per tutti Borgo Sabotino) diretta a Roma. Leggenda vuole che fu proprio uno dei Diavoli Neri, tale Thomas Garcia, che, vedendo il Colosseo per la prima volta, esclamò: “Mio Dio! Hanno bombardato anche questo!”.

Quando Sabotino era Gusville Gusville, questo era il nome usato dagli Alleati per indicare Borgo Sabotino (all’epoca Passo Genovese) sul finire della Seconda Guerra Mondiale. Solo due strade la attraversavano: Tank Street, “Strada del Carro Armato” chiamata così perché un carro armato tedesco ci passava a intervalli regolari, e Prostitute Avenue, “Viale delle Prostitute” con a poca distanza da un distributore di profilattici. Una città con solo due strade ma con il proprio quotidiano, il “Gusville Herald Tribune” così che le truppe in città potessero seguire la guerra fuori dalla zona dello sbarco. Quando la Brigata del Diavolo arrivò qui, all’inizio di febbraio 1944, trovò il borgo vuoto e decise di farne il proprio quartier generale. L’origine del nome sembra essere dovuta alla

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Bastardi Senza Gloria Brad Pitt era uno dei Diavoli Neri

La chiesa di Borgo Sabotino

difficoltà che incontravano gli americani a pronunciare “Borgo Sabotino” che venne quindi ribattezzata “Gusville”, in onore del loro tenente Graham, detto Gus, Heilman, il comandante dell’unità, un tipo pittoresco che mise su anche un bar nella piccola frazione. Bar che veniva rifornito anche dai civili: gli uomini di Gusville si univano ai Diavoli Neri nelle incursioni notturne e tornavano per ultimi. Si attardavano, infatti, dopo gli assassini per eseguire un

Il più noto richiamo cinematografico ai Diavoli Neri è il Tenente Aldo Raine: il personaggio di Brad Pitt è membro della 1st Special Service Force, lo si capisce dalla divisa con lo stemma dell’unità. Anche il regista Quentin Tarantino avrebbe dichiarato di essersi ispirato alla famosa squadra speciale. Nemmeno la Brigata del Diavolo faceva prigionieri ma invece di prendere lo scalpo, come si vede nel film, i Diavoli Neri in realtà incollavano sulla fronte dei nemici uccisi il famoso adesivo con l’avvertimento: Il peggio deve ancora venire. “I tedeschi parleranno di noi, i tedeschi avranno paura di noi, i tedeschi avranno la nausea di noi.” (Tenente Aldo Raine)

La mappa della Pianura Pontina ai tempo dello Sbarco di Anzio


compito a favore della comunità: rubare, vuotare i magazzini del nemico per riempire bar e dispense di Gusville. Un lavoro difficile che portò alla morte o alla cattura di 89 di loro durante queste missioni. Motivo che contribuì ad alzare il tasso di mortalità di Gusville, già eccezionalmente alto (come le zone circostanti del resto). Durante i 99 giorni in cui la 1st Force stazionò a Borgo Sabotino, Gusville attirò l’attenzione della stampa americana. Da Stars and Stripes, il quotidiano dell’esercito americano: “...una città che vive ogni giorno sotto rumore della battaglia. All’apparenza questa fantastica comunità sembra solamente un insieme di capanne, di tende e poche costruzioni, la stalla per le mucche, il ricovero per le galline, per i cavalli e pochi maiali. Ma Gusville è anche la casa della morte improvvisa. Gusville è la base degli spericolati commando.” Gli uomini che proprio qui si guadagnarono l’appellativo “Diavoli Neri”.

Le bugie del tenente Gus Il cittadino più noto di Gusville era ovviamente Graham Heilman detto “Gus”, il tenente dell’unità dei Diavoli Neri. Il nome della città era stato scelto in suo omaggio e sembra che fosse anche stato scelto come “Sindaco”. Il primo atto ufficiale? L‘apertura di un saloon, che gestiva lui stesso e che riforniva con vini e liquori rubati alle truppe tedesche. In effetti Gus preferiva gestire un bar, piuttosto che fare il militare, e le aveva tentate tutte pur di essere escluso dal servizio. Nel 1941 Gus era un giocatore di football all’Università della Virginia e per sostenere le spese universitarie aveva aperto il Cavalier Bar & Grill, divenendo molto popolare nella città di Charlottesville. Quando fu richiamato usò tutti i contatti politici che aveva ma, contrariamente alle rassicurazioni degli amici ai piani alti, fu inviato in una base aerea dello Utah. Escogitò allora un piano: entrare alla Scuola ufficiali, che si trovava non troppo lontana dal suo bar, pensan-

“Se hai sentito parlare di noi sai che il nostro lavoro non è fare prigionieri, ma uccidere i nazisti. E gli affari vanno a meraviglia.” (Tenente Aldo Raine)

La Brigata del Diavolo

Il tenente Gus al bar di Gusville

do a viaggi settimanali per supervisionarlo. Presto realizzò però che non avrebbe avuto l’intero weekend libero e anche che non sarebbe mai stato raccomandato ad alcuna commissione per diventare ufficiale. Decise allora di presentare domanda di reclutamento alla 1st Special Service Force. Mentì più volte all’esaminatore giurando di saper sciare come un atleta olimpionico, anche se in realtà non aveva mai messo gli sci ai piedi, e sostenendo di essere un duro, abituato buttare fuori dal locale dozzine di ubriaconi ogni notte, invece che il semplice gestore di un bar. Così iniziò l’avventura e il duro addestramento di Gus nella 1st Special Service Force, che fu meglio conosciuta come la Brigata del Diavolo. Si racconta che Gus entrò a Roma indossando solo delle calzamaglie, poiché perse i pantaloni ad Artena, sulla strada verso la Capitale. Chissà se l’episodio è collegato alle 15 casse di cognac, razziate insieme a 3 prosciutti durante l’assalto a una postazione tedesca, con cui avevano festeggiato prima dell’arrivo a Roma…

Il soggetto da cui è tratto il film La brigata del diavolo (USA, 1968) è il libro scritto dal romanziere americano Robert H. Adleman e dal colonnello in pensione George Walton, che prestò servizio proprio nella cosiddetta Brigata del diavolo. La vicenda e gran parte dei personaggi sono quindi tratti da una storia vera: l’unità speciale di combattimento 1st Special Service Force (detta “Brigata del Diavolo” o “Diavoli Neri”) era formata da militari americani e canadesi, fu addestrata nello stato del Montana e fu impiegata contro le forze tedesche durante la Campagna d’Italia. Anche il protagonista, il tenente Frederick, è realmente esistito. A Frederick, comandante dell’unità, fu assegnato l’arduo compito di trasformare un gruppo formato da americani e canadesi, indisciplinati e rissosi, in un’unità speciale combattente, altamente addestrata. È ricordato come creatore del primo corpo d’élite americano.

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Chi erano i volontari della 1st Special Service Force

FORZA DEI

LA

TAGLIALEGNA Tecniche d’agguato, difesa personale, combattimento corpo a corpo, uso di esplosivi, lanci col paracadute, lezioni di sci fuori pista. I membri della 1st Force, chiamati anche “Diavoli Neri”, ricevettero un intenso e rigoroso addestramento, furono preparati per la guerra anfibia e si esercitarono per combattere in ambiente montano e climi freddi. Inizialmente designato “Project Plough”, si trattava di un piano segreto per creare commando altamente addestrati ad azioni di sabotaggio di impianti militari (da inviare nella Norvegia occupata dai nazisti). Il nome “1st Special Service Force” (letteralmente Prima Forza Speciale Servizi) fu scelto dal suo comandante, il colonnello Robert T. Frederick, nella speranza che eventuali soldati morti o caduti in mano nemica fossero scambiati per militari dei Servizi invece che per combattenti d’elite. Nel luglio 1942 il colonnello Frederick, su espresso ordine di Eisenhower, aveva reclutato a Helena, nell’aspro territorio

La brigata del diavolo tra finzione e realtà I terribili Diavoli Neri sono stati più volte d’ispirazione al cinema, film raccontano vicende realmente accadute (Lo Sbarco di Anzio e La Brigata del Diavolo) e altri che prendono solo spunto dai famosi combattenti (Bastardi senza gloria). Non mancano poi documentari, che approfondiscono il tema con interviste ai veterani. Persino nella nota serie animata, nonno Simpson fa parte dell’unità Flying Hellfish durante la II Guerra Mondiale, anche questo un omaggio ai coraggiosi Diavoli Neri?

I soldati schierati ricevono ordini prima di una missione

del Montana, 133 ufficiali e 1688 sottufficiali e uomini di truppa. I membri, volontari scelti tra americani e canadesi, erano di preferenza uomini che avevano lavorato come taglialegna, ranger delle foreste, esploratori… insomma, erano valutati più per le proprie doti di combattimento che per l’educazione scolastica o il ruolo di servizio fino ad allora svolto. I requisiti per l’ammissione erano molto duri: ad esempio, gli ufficiali dovevano avere meno di 35 anni, ottima forma fisica e anche esperienza di lanci con il paracadute e di azioni in zone a clima artico. Ad alcuni di essi fu chiaramente detto che per essere ammessi dovevano possedere affinità a una “corta ma eccitante vita”. Nel giro di un anno, il colonnello Frederick organizzò una forza di circa 1900 uomini altamente specializzati, che vide la prima operazione nel luglio 1943 alle isole Aleutine, nel Nord Pacifico, dove assaltarono una base già abbandonata dalle forze giapponesi. Con la rinuncia alla missione in Nor-

vegia, dietro insistenza del governo norvegese in esilio (che si oppose alla distruzione delle infrastrutture) il Progetto “Plough” fu cancellato. Così a poco servirono le lezioni di paracadutismo (neanche un lancio) e i corsi di sci, tenuti dagli ufficiali dell’esercito norvegese in fuga dall’invasione tedesca (ogni soldato era in grado di percorrere più di 30 chilometri con l’equipaggiamento pesante al completo, compreso armi e munizioni). L’unità finì così per essere impiegata nel mediterraneo: a novembre sbarcò a Napoli, e rimase a Santa Maria Capua Vetere fino all’inizio di dicembre 1943, quando la 1st Force entrò in combattimento per la prima volta (a ridosso della Linea Gustav). L’unità assaltò frontalmente le linee tedesche, con un silenzioso avvicinamento a zig-zag attraverso i ripidi pendii di Monte La Defensa. 600 uomini, arrampicatisi nottetempo lungo le ripide coste di Monte La Defensa (Monte Camino), attaccarono un fortilizio tedesco, sorprendendo la guar-


Lo sbarco di Anzio

I Diavoli Neri parlano prima di partire per una missione

Death Stickers, il peggio deve ancora venire! Das dicke Ende kommt noch ovvero “Il peggio deve ancora venire”, questo il minaccioso messaggio che gli incursori del 1st Special Service Force, i Diavoli Neri, incollavano sulla fronte o sull’elmetto dei nemici uccisi. È proprio a Borgo sabotino che iniziarono ad usare i death stickers (in italiano “etichette di morte”). Gli adesivi furono un invenzione del tenente Frederick, che riprodusse su dei fogli lo stemma della Brigata (la punta di freccia rossa con le parole “USA” e “CANADA” impresse sopra) e la scritta col spaventoso avvertimento.

nigione che lo difendeva e avendo ragione di essa dopo due ore di aspri combattimenti, molti dei quali corpo a corpo. In circa un mese, azioni simili furono portate avanti su Monte Remetanea, Monte Sammucro, Monte La Radicosa e Monte Majo. Tutte coronate dal successo ma ottenute ad un prezzo altissimo: il 17 gennaio 1944 la First aveva solo un quarto dei propri uomini ancora abili

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al combattimento: il resto erano morti, feriti o dispersi. Pertanto l’unità fu posta in seconda linea per qualche settimana. Fu poi riorganizzata e inviata alla testa di ponte di Anzio, dove iniziò a schierarsi il 2 febbraio 1944 per rimpiazzare il 1° e il 3° reggimento di Ranger decimati nella battaglia di Cisterna. L’unità si stabilì nei pressi di Borgo Sabotino, ai tempi Passo Genovese, chiamando l’abitato occupato Gusville: proprio qui i soldati si guadagnarono l’appellativo di “Diavoli Neri”. Dopo 99 giorni (durante i quali terrorizzarono le truppe tedesche), a maggio le truppe alleate ruppero l’accerchiamento sulla testa di ponte di Anzio e la 1st Force prese parte all’offensiva finale verso Roma, dove entrò il 4 giugno 1944. Secondo alcune testimonianze furono gli uomini della Brigata del Diavolo a entrare per primi a Roma: effettivamente, già dal giorno precedente una pattuglia d’avanguardia (60 uomini con 18 jeep) era entrata a Roma, i Diavoli Neri passarono quindi la notte del 3 gennaio a Cinecittà, ma il mattino seguente furono ricacciati fuori dai confini urbani. L’unità fu trasferita nel sud della Francia in agosto e contribuì a liberare Nizza e Cannes. Alla fine, più di 400 uomini erano morti in combattimento (a ricordarlo anche le lapidi al cimitero del Commonwealth di Cassino e al cimitero americano di Anzio-Nettuno), altret-

Il film Lo sbarco di Anzio, una produzione italo-americana del 1968, è tratto dal libro di Wynford Vaughan-Thomas che fu il corrispondente della BBC dal campo di battaglia. È Robert Mitchum a vestire i panni del reporter nel film, che è anche la prima esperienza cinematografica per Giancarlo Giannini. Ma è il personaggio dell’attore Peter Falk (noto a tutti come l’ispettore Colombo), nel film Jack Rabinoff, che ci interessa. È infatti basato su un vero soldato della 1st Special Service Force, la cosiddetta Brigata del Diavolo: il Sergente Jake Walkmeister, un medico militare dai lunghi baffi a manubrio. Il sergente Walkmeister, che si diceva fosse stato un pezzo grosso del crimine organizzato a Chicago, organizzò veramente un bordello illegale di prostitute italiane in un’ambulanza rubata. Dopo la vittoria di Monte Majo, i soldati si organizzarono per approfittare dei 10 giorni concessi per riposare e riorganizzare l’equipaggiamento; si racconta che il Sergente in questi giorni cercò un modo per trasportare il suo “bordello portatile” (Walkmeister Portable Whorehouse) con sé sui campi di battaglia. Un’autoambulanza, con su scritto “MED. DET., 1st Regt., 1SSFF”, che non era nella lista d’imbarco fu caricata sulla nave da Walkmeister (al posto di una 4x4) senza intoppi. E anche le prostitute salirono a bordo, nascoste nell’ambulanza di Walkmeister, pensando di essere dirette a Napoli… chissà cosa hanno provato trovandosi invece sul fronte della guerra?

tanti giacevano negli ospedali feriti. La 1st Special Service Force, sciolta il 5 dicembre 1944 con una cerimonia, rappresenta il primo esperimento e modello alla base delle attuali forze speciali. Non a caso, durante l’operazione Enduring Freedom lo stemma della 1st Special Service Force è ricomparsa sulle spalle delle forze speciali americane e canadesi (DevGru, Cansofcom).


M1941 vs Luger I temuti Diavoli Neri, oltre allo stiletto M-42, avevano in dotazione diverse armi fuori standard, tra le quali il fucile semiautomatico M1941: un’ottima arma in guerra, compatta e facilmente trasportabile (la canna si smonta con una semplice cartuccia e in alcune versioni anche il calcio è smontabile), pensata per essere prodotta con macchine utensili normalmente disponibili in una comune officina e che poteva essere caricato anche senza piastrine.

Fu però la Luger P08, pistola in dotazione all’Esercito tedesco, l’arma più famosa delle Guerre Mondiali. Chiamata in origine Parabellum (che deriva dalla locuzione latina Si vis pacem, para bellum ovvero “Se vuoi la pace, prepara la guerra”), era una pistola semi-automatica, maneggevole che fu molto apprezzata sia durante la Prima Guerra Mondiale (i soldati Alleati, armati di revolvers, preferivano le pistole automatiche) che nel corso della Seconda (prezioso ricordo o bottino di guerra, poteva diventare un buon affare se rivenduta).

Il fucile semiautomatico M1941

Gusville, il libro di Renzo Rossi Anche il giornalista Renzo Rossi, con la pubblicazione di Gusville, s’è occupato dei temuti Diavoli Neri. Nel suo libro, ambientato proprio a Borgo Sabotino, alcuni strani omicidi si ricollegano alla famosa Brigata del Diavolo e offrono lo spunto per raccontare un’avvincente storia. È l’usuraio del posto, Zizzania, il primo a essere ucciso, seguito dai suoi scagnozzi. I particolari di questi assassinii conducono lontano nel tempo però… nel 1944 a Gusville (così gli Alleati chiamavano il Borgo). La scritta trovata sul cadavere di Zizzania è il primo indizio che collega l’assassino ai Diavoli Neri: stesso il messaggio incollato sulla fronte dei nemici uccisi, stessa la fine che meritano gli usurai oggi e i nazisti di allora. Un filo rosso unisce questi omicidi lasciando intuire un’analogia tra Nazismo e usura.

Lo Stiletto V-42, la micidiale lama dei Diavoli Neri

V-42, la micidiale lama dei Diavoli Neri Lo Stiletto V42, prodotto in 3000 esemplari dalla ditta CASE negli anni quaranta (il “V” sta per “Vittoria” e il “42” per l’anno di progettazione), fu originariamente disegnato dal comandante della 1st Special Service Force, il Colonnello Robert T. Frederick, che desiderava un coltello da combattimento che potesse silenziosamente eliminare i soldati nemici ed essere utile in un combattimento corpo a corpo.

I Diavoli Neri dovevano neutralizzare velocemente e silenziosamente una sentinella: colpire posteriormente alla base del cranio con una lama a stiletto era il modo migliore. Il V42 era micidiale in tutte e due le estremità, manico con uno spuntone acuminato per finire la vittima e lama particolarmente affilata e appuntita, e fornita anche di un ricasso, un posto con più aderenza sulla lama, utile per poggiare il pollice e per poter applicare maggiore forza o cambiare l’impugnatura dello stiletto.

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