COMMENTO AL LABORATORIO DI SINTESI IN: "Architetture in terra cruda e in muratura - Progetto, conservazione e innovazione"
Di: Alessandro Guerriero.
Il programma del corso svolto dal Prof. Arch. Ugo Tonietti, in collaborazione con la Prof. Arch. Luisa Rovero, ha avuto senza dubbio un impatto molto affascinante su tutti noi studenti entrati per la prima volta in contatto ed a conoscenza di questa materia. L’ attività di ricerca sulle tipologie edilizie in terra e pietra (presenti diffusamente nell’ architettura arcaica e tradizionale mondiale), indirizzata verso il recupero e la tutela dell’ efficienza statica, abbinata alle analisi delle tecnologie costruttive, svolta con dedizione e passione dai docenti di questo corso, rompe, senza ombra di dubbio, gli ‘’schemi’’ accademici della facoltà di architettura di Firenze (orientata alla trattazione dell’utilizzo di materiali ‘’moderni’’), permettendo a noi studenti di entrare in contatto con una realtà architettonica ben distante dagli insegnamenti a cui siamo abituati. L’ approccio culturale e diretto alle antiche costruzioni in terra e muratura, utilizzato durante corso, è stato motivo di ulteriore fascino ed interesse. Infatti è impossibile affrontare in modo prettamente scientifico un oggetto di cui non si conosce la carta di identità e di cui a malapena si possono identificare i connotati che lo caratterizzano. Bisogna prima di tutto capire che ciò che ci troviamo di fronte è un primordiale atto architettonico, un’ architettura eseguita senza architetti ed ingegneri, fatta esclusivamente in modo artigianale con tecniche tramandate nel tempo; un atto inizialmente inteso come puro istinto di riparo, rifugio dai pericoli naturali e di aggregazione sociale, che diviene successivamente la regola d’arte per tutte le costruzioni civili, cittadine o rurali, e per opere più importanti come edifici pubblici e luoghi di culto. È quindi necessario uno studio più mirato ed approfondito per capire le dinamiche funzionali e l’ articolazione strutturale di questi manufatti.
1.0 – LE COSTRUZIONI IN TERRA L’ approfondimento sull’ architettura in terra cruda, una tecnologia paradossalmente abbandonata in un’ era, quella odierna, in cui si parla di sostenibilità ed ecologia, è dovuta principalmente al fatto che questa è una tecnica costruttiva efficiente e diffusa in tutto il globo. Ancora oggi, infatti, circa un terzo della popolazione mondiale abita queste costruzioni, ma per lo più confinate nelle zone più povere del pianeta. La lavorazione della terra come materiale edilizio fonda le proprie radici migliaia di anni fa tra le prime civiltà.
mappatura delle costruzioni in terra nel mondo
Si possono trovare esempi di questo genere in tutti i continenti (fatta eccezione per i poli), dal bacino Mediterraneo alle Americhe, dal medio oriente all’ estremo oriente e ancora in Africa, nell’ Europa dell’est, ma anche in Australia o in Canada… Risulta quindi difficile capire le vere origini dell’ utilizzo della terra a scopo costruttivo, che, a causa del suo facile degrado , ha lasciato poche tracce risalenti a culture preistoriche; ma è chiaro che la terra è materiale da costruzione riconosciuto, condiviso ed utilizzato da tutte le culture del pianeta. Questo risultato comune ci porta a capire che, l’ utilizzo della terra cruda, rappresenta uno dei più antichi metodi costruttivi conosciuti e sviluppati dal genere umano. Oggi tuttavia questa tecnica risulta aver perso il passo a favore delle costruzioni in cemento armato ed acciaio o altri materiali di più rapida ed economica esecuzione oltre che più inquadrabili normativamente, tanto che in Europa, a causa delle politiche economiche adottate nel corso del XX secolo, non si costruisce praticamente più in terra, fatta eccezione per alcuni casi dove si tende a conservare la tradizione. Il problema non risulta confinato alla sola Europa. Il boom edilizio ha toccato nel recente passato anche le zone nord-africane, medio-orientali e le altre in via di rapido sviluppo, tagliando fuori dal mercato e comportando il progressivo abbandono degli edifici di terra, tecnica ritenuta obsoleta e poco nobile. Fortunatamente esistono ancora popolazioni che, nonostante questo progressivo abbandono, sono rimaste attaccate alla cultura costruttiva della propria terra e sono in grado di insegnarci queste tecniche.
In realtà la terra viene usata da migliaia di anni, soprattutto per la costruzione di abitazioni di campagna o cittadine, ma anche per dimore sontuose ed edifici religiosi. In tutto il mondo si sono sviluppate diverse tradizioni costruttive e diverse tecniche di lavorazione di questo materiale, spesso in combinazione con altri per arginare gli inconvenienti che pure presenta. Tra Camerun e Ciad a Pouss si possono osservare i ‘’tolek’’, delle costruzioni costituite da sfere di argilla sovrapposte, che, riprendendo la forma della capanna, offre l’opportunità di arrampicarcisi per permetterne la manutenzione. Nell’ area di Aleppo, in Siria, si sono sviluppate delle tipologie abitative molto particolari per la forma delle loro cupole (composte da filari isodomi a spirale di mattoni di adobe), che scandiscono il paesaggio la dove sono presenti dei piccoli villaggi. In base al sito di appartenenza, e quindi alla qualità della terra, si osservano costruzioni dalle colorazioni e dalle consistenze più variegate. Singolare è l’esempio nell’ oasi di Siwa, nel basso Egitto occidentale, dove il materiale da costruzione è costituito blocchi di terra e sale, estratti dai bacini dei numerosi laghi salati presenti nei dintorni. La cittadella di Shali, qui presente, è ridotta ormai a rudere, in quanto i blocchi, poco lavorati cristallizzati tra di loro con il tempo, hanno costituito dei massicci monoliti non in grado di reagire ed assorbire i movimenti del suolo, provocando così delle grosse ed irrimediabili fessurazioni che hanno spesso comportato il crollo di alcune parti.
Shali (Egitto).
L’ architettura in terra cruda rappresenta senza dubbio la più naturale maniera di approcciarsi all’ ambiente circostante, delineando un nuovo paesaggio, ecologico, in totale armonia e rispetto della natura. Si genera così un ‘’paesaggio culturale’’, in quanto l’uomo modella lo spazio creando la fusione tra natura e cultura e nobilitando in questo senso l’individuo che lo abita. In genere le costruzioni vengono mantenute e restaurate dagli stessi abitanti, in particolare sono le donne, che svolgendo le attività domestiche, si curano dell’ estetica, delle decorazioni e dei restauri delle proprie dimore, rendendole così l’una diversa dalle altre. A Djenne, in Mali (non molto lontano da Timbuktu), si trova la moschea del ‘’Venerdì’’ (1907), l’edificio in terra più grande al mondo. Qui ogni primavera è un rito, coincidente con le prime piogge (che danno la possibilità di impastare l’argilla), a convocare tutti gli abitanti del villaggio che, con grande spirito socialitario ed in segno di fede, si occupano del restauro della moschea in segno di riconoscenza ad Allah.
Moschea del Venerdì – Djenne (Mali)
Fasi del restauro della moschea
Le qualità delle costruzioni in terra non si limitano solo alla facile reperibilità del materiale, che ne permette una riduzione dei costi di trasporto, ed ai naturali mezzi di produzione, che consente un grosso risparmio energetico rispetto ai materiali moderni; la terra possiede un’ ottima efficienza nel campo della coibentazione termica e dell’ isolamento acustico, oltre ad essere economica e, con la dovuta manutenzione, durevole nel tempo, come dimostrano i ritrovamenti archeologici. Talvolta vengono usati degli espedienti tecnologici aggiuntivi per aumentare l’ efficienza termica ed assicurare un maggior benessere nei periodi più caldi dell’ anno. È il caso delle ‘’ Torri del vento’’, utilizzate e progettate ancora oggi, costituiscono uno dei più antichi ed ingegnosi metodi di raffreddamento naturale dell’aria all’interno di un edificio. Se ne possono ammirare ancora molte in Iran ed in tutta l’area mesopotamica, ma anche in altre città e villaggi affacciati sul Golfo Persico. In queste località il caldo rappresenta uno dei più grandi ostacoli all’ abitare ed al comfort ambientale.
Torri del vento – Iran.
Le torri, annesse alle abitazioni, sono progettate con lo scopo di catturare ogni minimo alito di vento ed incanalarlo verso le stanze sottostanti. L’aria, passando attraverso le fessure laterali in cima alla torre, viene incanalata con flusso discendente verso le stanze poste al di sotto; allo stesso tempo un secondo flusso d’aria ascende dal lato opposto permettendo in tal modo una ventilazione continua all’interno della casa.
L’ aspetto statico delle costruzioni in terra cruda è sempre stato erroneamente sottovalutato. Nel corso della storia, come si apprende dai reperti archeologici e dalle fonti iconografiche, si è sempre tentato di realizzare edifici che durassero nel tempo e che solo l’ incuria umana ed errori di progettazione ne hanno determinato, in alcuni casi, la scomparsa. Ad esempio in terra fu costruita la torre di Babele, alta circa 90 metri, alcuni tratti della muraglia cinese, la cittadella di Bam nel sud est dell’ Iran risalente al 500 a.c., ecc… Come già detto in precedenza, la difficoltà di inquadrare e regolamentare normativamente l’ aspetto sismico delle costruzioni in terra e la scarsa attitudine delle amministrazioni ed istituzioni a incentivare la ricerca scientifica sul tema, in favore di profitti più immediati, ha comportato il progressivo abbandono di tali tecniche. Nel recente passato studi più approfonditi riguardo questo problema hanno sottolineato la risposta positiva delle strutture in terra in ambito sismico. In Sud America, un continente altamente sismico, la cultura della terra cruda risale agli Incas, ed ancora oggi una larga parte della popolazione abita queste costruzioni. L’ architetto Natalia Jorquera Silva, intervenuta durante il nostro corso per presentare il suoi studi, si è occupata per lungo tempo di questo tema che la riguardava da vicino. Il Cile infatti (suo paese di origine), dove il 40% delle abitazioni sono fatte di adobe, è da sempre una terra ad altissimo rischio sismico a causa del progressivo scontro tra la placca Sudamericana con quella di Nazca. Dopo il distruttivo terremoto del 2010, del IX grado della scala Mercalli, che a colpito il centro del paese causando 452 vittime ed il crollo di diversi edifici, l’architetto Silva ha avuto modo di studiare le caratteristiche di risposta degli edifici di terra incredibilmente sopravissuti al sisma. Ne è risultato che le strutture di terra hanno in generale un buon comportamento in caso di terremoti, specialmente se vengono osservati dei precisi accorgimenti progettuali. Ad esempio operando un basamento, di pietra o mattoni cotti, alto intorno ai 60 cm, costituito da una buona tessitura muraria, si può prevenire il ribaltamento del muro. Un buon ammorsamento dei mattoni, specie nelle soluzioni di angolo ed una buona connessione (con l’ ausilio delle catene) degli elementi orizzontali, come i solai e le coperture, a quelli verticali, costituiscono un irrigidimento della scatola muraria che permette di assorbire meglio le spinte orizzontali del terreno. Altri accorgimenti importanti stanno nella geometria della pianta: una proporzione vuoto/ pieno che non superi il 50% garantisce anch’essa una maggiore rigidezza; un impianto simmetrico dell’ edificio serve ad attenuare nella struttura i fenomeni di torsione. Per non compromettere la rigidezza della scatola muraria è da evitare, invece, la costruzione di elementi snelli, o la progettazione di grandi luci tra gli interassi. Altri accorgimenti possono essere ricercati nelle caratteristiche del materiale stesso. L’apporto di alcuni materiali additivi, quali paglia o altre fibre vegetali, al manufatto di terra aumentano la resistenza a trazione dei mattoni (di per sè molto bassa), ed un giusto dimensionamento del mattone evita i fenomeni di sforzi concentrati che causano stati flessionali.
Tra le altre qualità, che denotano questa architettura, è sicuramente da menzionare lo spiccato lato estetico di queste costruzioni, affascinanti, sinuose e dalle colorazioni calde e naturali. L’ approccio semplice ed ingenuo all’architettura di questi insediamenti, dà vita a delle forme armoniche, modellate con spontaneità, determinando un rapporto immediato tra uomo, architettura e ambiente. Una delle località più rinomate in tal merito è Chefchaouen, un villaggio situato in un area montuosa nel nord del Marocco, caratteristica per la sua atmosfera e i suoi scorci. La kasbah di questo villaggio ha una particolare tipologia insediativa; le ‘’dar ‘’, nome delle abitazioni locali, hanno una composizione totalmente introflessa, ossia tutti gli affacci sono rivolti verso l’interno, dando origine a percorsi urbani inusuali, ribaltando la concezione di casa occidentale che ha come peculiarità l’affaccio su strada. Le murature sono costituite da pietre, poco sbozzate a causa della durezza del materiale locale, ed un impasto di fango e calce che serve a far stare insieme la muratura. Infine una strato di intonaco color indaco va a costituire una spessa ‘’glassa’’, che ha il doppio scopo di proteggere le costruzioni dalle precipitazioni e che funziona anche come stabilizzante per la struttura. Tutto ciò dona a questo piccolo insediamento un aspetto meraviglioso ed unico al mondo.
vicoli di Chefchaouen (Marocco)
In fine, ma non per ordine di importanza, è da sottolineare l’ aspetto del riciclaggio del materiale, che presenta dei notevoli vantaggi. Infatti per poter impiegare nuovamente la terra, assumendo materiale da vecchie costruzioni, non è necessario il dispendio di carburanti fossili per le macchine e pure il lavoro richiesto risulta basso; inoltre, le caratteristiche intrinseche ed energetiche della terra riciclata rimangono invariate dallo stato di primo utilizzo. Nel caso delle costruzioni in materiali moderni, invece, il costo di riciclaggio degli elementi risulta molto elevato e le caratteristiche di efficienza del materiale, dopo il trattamento, risultano molto inferiori. In conclusione, come tutti i materiali, anche la terra possiede i suoi limiti, ma è importante capire che questi possono essere superati. Nel mondo attuale si deve pensare alla sostenibilità, come chiave di svolta, sotto tutti i punti di vista. In particolare nell’ architettura odierna, dove il processo costruttivo e arrivato a dei consumi energetici elevatissimi e dispendiosi non solo a livello economico ma anche in termini di risorse globali (basti pensare alla filiera produttiva di acciaio, cemento, mattoni…), diventa una necessità quella di esplorare sensibilmente questi materiali alternativi per la salvaguardia del patrimonio esistente e per le future costruzioni.
1.1- Composizione chimica e caratteristiche intrinseche: La terra si compone sostanzialmente di argille. Esse rappresentano i sedimenti a grana più fine esistenti sulla superficie terrestre. Le argille derivano in massima parte dalla alterazione fisico-chimica di feldspati e feldspatoidi operata dagli agenti atmosferici. La sua composizione è costituita da silice, allumina ed acqua presenti in varie percentuali a seconda del sito di appartenenza, integrato dalla presenza di alcuni minerali come ferro, sodio, potassio e calcio più impurità (quarzo, calcite, salgemma, pirite…ecc.). La proprietà essenziale dell’ argilla è la plasticità, ossia la capacità di acquistare, mediante l’aggiunta di acqua, una lavorabilità tale che l’impasto possa assumere la forma desiderata in maniera stabile. La plasticità è dovuta alla presenza attorno alle particelle di un fluido che agisce da legante e lubrificante che ne determina lo stato liquido, plastico o solido. Entro certi limiti la proprietà plastica è reversibile. L’ argilla è così composta da una parte attiva (plastica) ed una parte inerte e a seconda della percentuale presente al suo interno risulterà grassa (se prevale la parte attiva) o magra. Se l’argilla è troppo grassa si avrà il problema del ritiro una volta posta ad essiccare, che crea delle tensioni interne e screpolatura superficiali compromettendo così la risposta meccanica, la morfologia e le dimensioni. Per questo si usano delle sostanza, dette ‘’smagranti’’, che in antichità erano rappresentate da paglia o sterco di vacca, ed oggi la sabbia. Se si ottiene, invece, un argilla troppo magra si avrà il problema della lavorazione. 1.2 - Le tecniche costruttive più utilizzate sono: - L’ adobe (che deriva dall’ arabo attob), in spagnolo significa ‘’fango’’, che consiste in un impasto plastico composto da argilla sabbia e acqua, inserito ed adagiato all’interno di una cassaforma di legno, preventivamente bagnata per evitare che la terra si attacchi ad essa, e dunque scaricato e lasciato ad essiccare per una settimana, ricordandosi di girarlo dopo 4 giorni. Particolare attenzione va prestata all’ aggiunta dell’ acqua in combinazione alla quantità di argilla. L’ acqua necessaria sarà determinabile dopo varie prove. Si otterrà così un mattone delle dimensioni ideali al tipo di utilizzo.
Fasi di realizzazione dei mattoni in adobe: lo stampo e l’ essiccatura - Workshop internazionale di progetto e costruzione in terra cruda, Cagliari 2011.
- Il pisè, terra battuta, noto anche come Taipa (portoghese), tapial (spagnolo), pisé de terre o semplicemente pisé (francese), è una tecnica utilizzata nella costruzione di pareti utilizzando le materie prime della terra, gesso, calce e ghiaia. Si tratta di un metodo antico che ha visto una rinascita negli ultimi anni con la ricerca di materiali da costruzione più sostenibili e metodi di costruzione naturali. Muri di terra ‘’pistonati’’ sono semplici da costruire, incombustibili, termicamente resistenti, massicci e durevoli. Come contro richiede un alto impiego di manodopera per la costruzione senza macchinari e una manutenzione per la protezione dei manufatti contro i danni causati dall'acqua. La disponibilità di terreno utile e una progettazione appropriata per le condizioni climatiche locali sono i fattori che favoriscono l'uso. Costruire un muro di terra battuta comporta un processo di compressione di una miscela di terra umida che ha proporzioni adeguate di sabbia, ghiaia e argilla (a volte con aggiunta di uno stabilizzante) in un cassero di legno esterno, creando un solido muro di terra.
Tecnica costruttiva del pisè
Storicamente, sostanze come il sangue animale o calce sono state utilizzate per stabilizzare il materiale, mentre nella moderna costruzione di terra battuta si utilizza calce, cemento o bitume. Alcuni moderni costruttori usano anche aggiungere ossidi colorati o altri elementi come bottiglie o pezzi di legno per aggiungere varietà alla struttura. Il cassero, costruito solitamente in legno o compensato, funge da stampo per la forma desiderata e le dimensioni di ogni sezione della parete. I telai devono essere robusti e ben rinforzati, e le due facce opposte fissate insieme, per evitare rigonfiamenti o deformazioni da parte delle forze di compressione. Il materiale umido viene versato in ad una profondità compresa tra 10 a 25 cm, e compresso al 50% circa della sua altezza originaria. La compressione è stata storicamente fatta a mano con un palo da pistonatura, richiedendo un alta intensità di lavoro. Costruzioni moderne utilizzano metodi più efficienti utilizzando compressori ad azionamento pneumatico. Una volta che la parete è completa, è forte abbastanza che il telaio può essere immediatamente rimosso. Dal momento che le pareti diventano troppo difficili lavorare dopo circa un'ora, si opera fin da subito la spazzolatura della parete come finitura esterna. Le pareti sono costruite meglio nella stagione calda, in modo che possano asciugare e indurire, ma per asciugarsi completamente possono richiedere fino a due anni per stabilizzarsi. Con l’aumento del tempo di stagionatura aumenta anche la resistenza alla compressione.
- Il torchis è un impasto plastico di terra, acqua e paglia utilizzato per rivestire una griglia in legno, bambù, rami di salice o nocciolo, fissata ad una struttura portante. Per la preparazione dell’ impasto si deve miscelare la terra con (grana piuttosto fine) con l’acqua e paglia e se necessario aggiungere sabbia fino a raggiungere una pasta omogenea. La messa in opera del torchis può essere manuale o con cazzuole. L’esecuzione è laboriosa e necessita di una mano esperta per l’applicazione ed il processo di vibrazione. Quindi viene applicato l’impasto sul telaio preventivamente bagnato. Se l’impasto viene applicato a mano deve essere ‘’lanciato’’ contro la griglia da una distanza ravvicinata, seguendo un andamento circolare che dall’esterno va verso l’interno per far si che aderisca bene e si stabilizzi. Successivamente viene subito lisciato o decorato in un tempo limite che è determinato dall’ indurimento del materiale.
Applicazione del torchis su telaio e vibratura - Workshop internazionale di progetto e costruzione in terra cruda, Cagliari 2011.
Oggi anche nei paesi industrializzati si sta riscoprendo questa tecnica. In Francia e Germania ad esempio vengono commercializzati degli impasti pronti all’uso, mentre in Giappone viene considerata una tecnica nobile in quanto usata per tradizione nella realizzazione di templi e case del tè. Il torchis è particolarmente indicato per la realizzazione pareti interne in quanto lo spessore massimo solitamente raggiungibile è di 20 cm circa. Si adatta molto bene alle realizzazioni a telaio ligneo anche perché la sua elasticità è molto simile a quella del legno ed inoltre, con la sua massa può sopperire alla scarsa inerzia termica che caratterizza le costruzioni con struttura portante a telaio di legno.
2.0 – LA MURATURA L’architettura in muratura rappresenta un altro espediente arcaico e tramandato nel tempo. La pietra, inizialmente intesa come rifugio naturale e successivamente lavorata, è stata la scelta naturale per tutte quelle popolazioni che da nomadi decisero di stabilizzarsi in modo sedentario in una regione, dando origine a culture pervenute fino ai giorni nostri. Esempi di questa tecnica costruttiva sono rinvenuti e chiaramente visibili in tutta la terra grazie alla sua elevata durabilità e staticità, basti pensare alle costruzioni rinvenute in luoghi antichissimi, come le tombe a thòlos (monumenti risalenti alla tarda età del bronzo, nel medio oriente, e poi diffusi in tutto il Mediterraneo), le necropoli etrusche, ai nuraghi in Sardegna, alle piramidi in Egitto o quelle Maya in Messico, con le loro affascinati e misteriose storie architettoniche.
Nuraghe Mannu – Cagliari (Italia).
Talvolta la pietra veniva usata in termini scultorei in grado di lasciare il segno nel tempo come i Moai nell’ Isola di Pasqua in Cile, delle statue raffiguranti delle divinità, o, in ambito architettonico, le antiche tombe di Myra in Turchia, o i sepolcri di Petra in Giordania, dove numerose ed articolate facciate sono intagliate direttamente nella pietra.
Petra (Giordania).
2.1 – Caratteristiche intrinseche: A seconda della locazione di questi manufatti, nel globo, si possono osservare i diversi tipi di pietra utilizzati in base alle caratteristiche geologiche del sito. Le rocce possono essere eruttive, sedimentarie o metamorfiche a seconda della conformazione geologica terrestre. Queste possiedono diverse qualità e requisiti prestazionali e vengono così utilizzate per i diversi impieghi costruttivi (murature, pavimentazioni esterne o interne, rivestimenti, decorazioni.. ecc.) in base alla propria attitudine alla lavorazione ed al comportamento in caso di impiego. L’ attitudine della lavorazione si distingue in base alla durezza, la divisibilità e l’ anisotropia (stratificazione del materiale) della parte di roccia, mentre l’ impiego si sceglie in base alle caratteristiche di resistenza a compressione, durevolezza, aderenza alle malte e resistenza all’ usura di questa. A seconda della lavorazione della pietra, dell’ apparecchiatura di queste, o della grandezza degli elementi, si può comprendere il prestigio del manufatto. Infatti una pietra poco lavorata e disposta a secco è segnale di un manufatto povero e diversamente giudicabile da uno costituito da pietra lavorata e sbozzata disposta a regola d’arte. L’utilizzo della malta serve per distribuire uniformemente i carichi dell’ apparecchio murario sulle parti sottostanti senza creare degli squilibri o tensioni concentrate. 2.2 - Le tipologie di muratura: Le tipologie di muratura si distinguono in base all’ utilizzo o meno della malta. Le murature a secco possono essere costituite da pietre informi, lavorate approssimativamente e disposte in modo che il muro sia autoreggente, oppure da conci che sono tendenzialmente delle pietre più squadrate e grandi, disposte l’una sull’altra in maniera sistematica e livellate con dei regoli di legno.
Muro a secco irregolare
Muro a secco a filari
Questa tecnologia è tipica delle zone rurali e povere. L’utilizzo dei materiali non richiede l’ ausilio di macchinari, pertanto la spesa energetica è nulla, sia per quanto riguarda l’energia termica necessaria per le trasformazioni chimiche, che quella meccanica per il trasporto.
Le murature con malta possono essere semplici o miste. Murature semplici: - A filaretto: costituita da apparecchiatura lineare, con filari di pietre con la stessa altezza e sfalsate tra di loro per non creare discontinuità. - A sacco: dove vengono realizzati prima i paramenti esterni per poi riempire l’interno con un conglomerato cementizio o ad opus incertum. Le pietre dei paramenti esterni sono sbozzate grossolanamente vengono sistemate l’una sopra le altre con copiosa malta; il riempimento interno deve avere la giusta densità per evitare le infiltrazioni tra la muratura e le conseguenti tensioni interne. - In pietra: costituita in genere da pietre calcaree dure o porose, più o meno lavorate per assumere squadrature più regolari, legate con una malta di calce e terra. Generalmente le pietre sono disposte a filari orizzontali (e sfalsati tra di loro), di differenti altezze, intervallati e regolarizzati da letti di malta mista a frammenti di pietrame. - In laterizio: di terra cruda o cotto, disposto in filari regolari sfalsati tra di loro per distribuire i carichi più omogeneamente, evitando le discontinuità che comporterebbero fessurazioni e rotture dell’apparecchio murario. I filari sono intervallati periodicamente da trame di mattoni per l’ ammorsatura tra paramento esterno ed interno, al fine di costituire un solido incastro. Murature miste: Le murature con malta miste a ricorsi consiste in una apparecchiatura intervallata da filari, di diverso materiale, a scopo di regolarizzare, livellare e irrigidire la struttura; -Pietra e laterizio: è la tecnica più comunemente usata nelle architetture storiche. Le pietre sono in genere non squadrate, di dimensioni tali da coprire buona parte della sezione muraria. Per l’ apparecchiatura della faccia interna e quella esterna si usa procedere simultaneamente, disponendo i conci alla stessa quota per creare così un piano di posa superiore. Le cavità interne della sezione muraria vengono riempite di pietre minute. I filari in laterizio, posti a distanza di 60-80cm tra loro e costituiti da uno o più strati sovrapposti, sono utilizzati per regolare i superiori piani di posa orizzontali dei conci di pietra, formando spesso delle listature che interessano tutto lo spessore del muro per ammorsare le pareti. - Misto pietra: questi paramenti sono costituiti da conci di pietra più grandi e solidi, apparecchiati ed ammorsati in modo che occupino tutta sezione del muro andando così a costituire un diatono o un filare. La parte restante della muratuta può essere costituita da conglomerato cementizio o pietre di più piccolo taglio.
Misto pietra e mattoni
Misto pietra
Come è noto anche nell’ architettura romana si svilupparono varie tecniche costruttive, chiamate opus (dal latino, lavoro/opera), consistenti in apparecchiature di blocchetti di pietra legati da conglomerato cementizio, e disposte secondo regole costruttive. Le tre principali tecniche sono:
Opus incertum
Opus quadratum
Opus reticolatum
Queste si differenziano per grado di prestigio, dato dalla lavorazione più o meno accurata degli elementi lapidei ed il tempo di impiego di messa in opera. La messa in opera, delle murature appena citate, avviene generalmente durante il periodo autunnale, in quanto le piogge permettono una lenta presa della malta posta in opera, favorendone la lavorazione. 2.3 – Comportamento della struttura muraria: La costruzione muraria rappresenta l’assemblaggio di elementi eterogenei ed è molto importante ai fini della staticità e della prevenzione sismica che questa risulti correttamente ammorsata sia con gli elementi verticali (pareti o controventamenti) che con quelli orizzontali (solaio o copertura). Per irrigidire le costruzioni nei riguardi delle azioni orizzontali va prestata particolare attenzione alla realizzazione degli angoli e all’ ammorsatura di questi ai paramenti murari. Infatti è bene notare che l’ angolo costituisce il collegamento tra due muri, ciò significa che influisce staticamente su metà edificio, ed è per questo che storicamente vengono qui utilizzati dei materiali più resistenti rispetto a quelli delle murature. L’ angolo, così come l’arco, lavora per forma ed un suo decremento di ampiezza comporta una maggiore resistenza alle azioni di flessione e taglio. La statica della muratura risulta un ambito difficile da studiare; l’ eterogeneità della sua composizione interna fa si che ogni elemento lavori in modo diverso, trasmettendo le tensioni in modo non diffuso e quindi non calcolabile con esattezza. Escludendo la possibilità che il materiale si schiacci sotto il peso proprio, le verifiche opportune di stabilità si riducono allo scorrimento ed al ribaltamento. Le caratteristiche qualitative di queste tipologie costruttive tradizionali vantano ottime prestazioni di coibentazione termica ed acustica. Grazie alla loro conformazione interna, irregolare e disomogenea che lascia al suo interno dei piccoli vuoti, è resa possibile la dissipazione termo-acustica aumentando il comfort ambientale interno.
3.0 – ELEMENTI STRUTTURALI: sistemi puntiformi e coperture. Altre tecnologie strutturali, diffusesi con il passare del tempo nell’ antichità per la costruzione di edifici di particolare rilievo, sono le strutture puntiformi. - Il trilite rappresenta sicuramente il sistema primordiale che si svilupperà poi in colonne e trabeazione e successivamente, con l’ utilizzo del cemento armato, in telaio; esso è costituito da un elemento orizzontale, chiamato architrave, poggiante su due elementi verticali detti piedritti. Si possono trovare esempi fin dal neolitico, basti pensare a Stonehenge in Inghilterra, dove furono erette in circolo delle enormi pietre, dal peso di 25-50 tonnellate (dette megaliti), a formare dei portali.
Stonehenge (Inghilterra).
Andando ad osservare il comportamento statico di questa struttura, essendo l’ architrave rigido, si può affermare con buona approssimazione che l’elemento orizzontale scarichi il suo peso direttamente sui piedritti, che sono così soggetti al solo sforzo assiale normale e quindi a compressione semplice; l’ architrave, invece è soggetto a momento flettente in mezzeria. Per quest’ ultimo motivo i triliti lapidei presentano in genere delle luci molto limitate, come nel caso delle massicce costruzioni egizie, dove gli spazi fruibili sono ridotti al minimo. Nei casi in cui si presentano luci maggiori è necessario utilizzare architravi costituiti da materiali con buona resistenza a flessione (il legno prima e l’acciaio poi). Questi daranno origine a sforzi concentrati eccentrici sui piedritti, provocandone la pressoflessione e le conseguenti criticità. È facile capire, inoltre, che il trilite presenta notevoli difficoltà nel caso di azioni orizzontali, in quanto queste vengono assorbite interamente dall’ architrave. Quello che può succedere verosimilmente è che l’elemento posto sui piedritti si sfili e/o gli appoggi verticali si ribaltino, causando il crollo della struttura. Il problema appena citato non si verifica invece nel caso dei telai a nodi fissi, dove architrave e piedritti lavorano come un tutt’ uno dando luogo ad un insieme monolitico.
Il sistema colonne-trabeazione, affinato e portato alla massima magnificenza dai greci, presenta le stesse caratteristiche prestazionali del trilite. Le colonne possono essere costituite da blocchi monolitici, rocchi di pietra, conci o mattoni e la sezione può variare di geometria, da quadrata fino a quella circolare. Su queste strutture si avranno dei regimi tensionali molto elevati, in quanto le superfici di appoggio sono in genere esigue e l’ architrave, a causa della pressione dovuta al peso della costruzione, sarà soggetta a fessurazioni in mezzeria, dove è presente trazione. Per ovviarne i limiti statici appena descritti si passerà con il tempo all’ utilizzo di archi di scarico, come quello siracusano o pompeiano, dove il sistema costruttivo riconosce l’utilizzo di un blocco centrale che assomiglia al concio di chiave degli archi. Da questo deriverà poi la piattabanda di cui parlerò in seguito - L’ arco è un sistema costruttivo molto antico (è bene infatti ricordare che questo sistema non era sconosciuto ne ai greci ne agli egizi che scelsero il sistema trilitico per una questione stilistica) e a differenza di quello del trilite, appena descritto, che lavora per massa, questo lavora per forma. L’ arco di rotazione deriva dalla scomposizione in elementi più piccoli dell’architrave; questi elementi, detti conci, seguendo la curva delle pressioni, si trasmettono tra di loro le tensioni fino al piano di imposta, andando a creare, in base alla quota del centro di curvatura, anche una componente di spinta orizzontale sui sostegni. La curva delle pressioni (o curva funicolare) è la risultante delle tensioni agenti nell’ arco, generata dagli sforzi del peso proprio della struttura e dei carichi accidentali (carichi verticali), in combinazione con la spinta orizzontale data dal concio di chiave (carichi orizzontali). Se i conci dell’ arco seguono un particolare andamento curvilineo, detto catenaria (forma assunta da una catena appesa alle due estremità), questi saranno soggetti esclusivamente a compressione; per far si che si verifichi questo stato tensionale la curva delle pressioni, deve passare all’ interno del terzo medio di ogni elemento in modo tale da determinare la perfetta stabilità della struttura.
Quando la curva delle pressioni risulta essere esterna al terzo medio dei conci componenti, si avranno rotazioni dell’ arco che possono portare alla rottura ed al conseguente crollo della struttura, in quanto alcune parti di essa risulteranno tese. I primi punti di rottura sono identificabili in tre particolari sezioni dell’ arco: nel concio di chiave, e nelle reni (a 30 gradi dall’ imposta). Quando la curva delle pressioni è passante per le cerniere dei tre punti di rottura si verifica il limite massimo di stabilità della struttura. Al formarsi di un ulteriore cerniera il sistema risulterà a quel punto destabilizzato comportandone il collasso. Anche al fine di dimensionare correttamente gli elementi verticali (piedritti) della struttura è importante conoscere l’andamento della curva funicolare e la forza risultante che agisce su di essi. Quest’ ultima deve passare entro il terzo medio della base; in caso contrario si può inserire una catena nell’ arco, con il compito di assorbire gli sforzi di trazione, oppure dei contrafforti laterali per aumentare la larghezza della base reagente. Essendo la scienza delle costruzioni una materia piuttosto recente, nel corso della storia, si sono sempre utilizzati metodi empirici che potessero garantire la regola costruttiva dei manufatti. Esiste infatti un metodo grafico funzionale per il dimensionamento dei piedritti.
Innanzitutto si divide l’arco in tre parti uguali, dopodiché dal punto di imposta ‘’A’’ si traccia una retta ‘’g’’ passante per A-B, dunque si ricava simmetricamente il segmento A-C , dal limite del quale si sarà ottenuto il paramento esterno del piedritto.
Il problema del dimensionamento dei piedritti è stato spesso risolto accostando all’ arco altri archi, cosi che le spinte orizzontali fossero controbilanciate dalle altre. La Mezquita di Cordoba è una delle moschee più grandi del mondo arabo; fu realizzata nel VII sec. D.C. dai musulmani che occuparono parte della Spagna attorno ad una chiesa cristiana preesistente. Il sito (180 m x130 m) è costituito da 856 colonne sormontate da capitelli di diverso stile. Sulle colonne si appoggiano delle arcate doppie in mattoni e pietra bianca (sovrapposte l'una sull'altra con uno spazio intermedio) che permettendo di avere un soffitto molto alto, donano all'edificio un'impressione di leggerezza. Tutto il sistema colonne/archi si auto-equilibra perfettamente come già spiegato.
La Mezquita – Cordoba (Spagna).
In tutto il mondo si sono sviluppati diverse tipologie di archi in base alle esigenze ed alla cultura del posto. Questi hanno assunto i connotati caratteristici dei diversi stili architettonici antichi. Tipologie di archi:
1- arco semicircolare (arco Romano) 2- arco a ferro di cavallo (arco Arabo o Moresco) 3- arco a sesto ribassato (segmento di arco) 4- arco a 3 centri 5- arco a 5 centri (o ellittico) 6- arco rampante 7- arco parabolico 8- arco equilaterale 9- arco a sesto acuto 10- arco a goccia 11- arco a quattro centri 12- arco ogivale (o inflesso) 13- arco ogivale a due centri (ribassato)
14- arco a tenda 15- arco a tenda 16- arco trilobato 17- arco trilobato a sesto acuto 18- arco penta-lobato 19- arco penta lobato a sesto acuto 20- arco multilobato 21- arco a campana 22- arco a chiglia (ogivale) 23- arco rovesciato 24- arco a ferro di cavallo(sesto rialzato) 25- piattabanda (arco piano)
L’arco, per le sue buone qualità sia statiche che estetiche, costituisce un’ ottima soluzione per progettare piante con luci maggiori e costruire manufatti multipiano.
- La volta, così come il solaio, rappresenta una soluzione di copertura degli ambienti e permette la costruzione di piani soprelevati. Come già detto in precedenza parlando dell’ arco, i carichi agenti su di un elemento voltato comportano anche un spinta orizzontale che influisce sul dimensionamento dei supporti verticali. In particolare la sezione della muratura portante, nel caso di una copertura voltata, risulta essere maggiorata di un coefficiente di 1,25 rispetto allo spessore di una muratura reggente un semplice solaio. Le volte, essendo ricavate dall’estrusione di un arco in varie combinazioni spaziali, rappresentano un sistema spingente sulle imposte; quest’ ultime possono essere costituite da un muro di spina o da colonne. Tipologie di volte:
1- Volta a botte 7- Vola a crociera 2- Volta a botte a sesto acuto (volta gotica) 8- Volta a crociera gotica 3- Volta rampante 9- Volta a botte con abbaino 4- Volta conica 10- Volta a padiglione 5- Volta a padiglione 11- Volta a vela 6- Volta a padiglione a sesto rialzato 12- Volta a vela composta
Staticamente le volte possono essere pensate come l’ accostamento di una serie di archi, pertanto le sue criticità sono assimilabili a quelle di tale sistema spingente e legate principalmente alla solidità della muratura stessa ed all’ ampiezza degli elementi d’ appoggio.
- Le cupole rappresentano anch’ esse un sistema di chiusura orizzontale per gli ambienti. Le loro applicazioni possono quindi essere come solaio per un edificio multipiano o copertura; in quest’ ultimo caso il suo estradosso sarà coibentato affinchè non filtri acqua. La cupola va intesa come la rotazione di un arco attorno al suo asse verticale, che cambia così profilo in base alla conformazione della curvatura. A differenza delle volte queste necessitano di un appoggio perimetrale continuo, inoltre, la loro realizzazione non necessita di forme o cèntine. La cupola viene di solito impostata su piante circolari o poligonali con la presenza, secondo i casi, del tamburo (piano d'imposta elevato a struttura portante) e della struttura di raccordo costituita dai pennacchi; più raramente si trovano cupole su piante ellittiche (semiellissoidi). Dal punto di vista strutturale si definisce la cupola come una struttura spingente, distinguendola così dalle pseudo-cupole, di cui parlerò in seguito, delle costruzioni più antiche, realizzate mediante semplice sovrapposizione di anelli orizzontali concentrici aggettanti, i quali, essendo solo appoggiati, non esercitano alcuna spinta alla base. La forma e il materiale costituenti una cupola sono determinanti ai fini del suo regime statico: infatti, mentre la realizzazione delle cupole mediante conci di pietra, cioè con un materiale non reagente a trazione, imponeva lo studio di una curva direttrice che assicurasse la presenza di sole tensioni di compressione, l'avvento di materiali quali il ferro e il cemento armato ha consentito di svincolarsi da tali limiti offrendo un diverso meccanismo resistente. Possiamo così distinguere due diversi comportamenti strutturali: - quello tradizionale, delle cupole in pietra o in muratura, dove i meridiani, compressi, rappresentano essenzialmente gli archi resistenti e dove, per il verificarsi di questa condizione, è necessario un accurato studio della curva direttrice; - quello membranale delle cupole sottili o gusci (metalliche e in cemento armato), nelle quali l'azione resistente è svolta dai meridiani (compressi) in collaborazione con i paralleli (anch'essi compressi oppure tratti a seconda della posizione più o meno elevata). La scienza delle costruzioni studia la cupola come applicazione della teoria della membrana (presenza di sole sollecitazioni tangenziali), nella quale meridiani e paralleli rappresentano le direzioni principali della curvatura e delle tensioni (compressione e trazione semplice), che sono uniformemente distribuite sullo spessore (considerato piccolo) e di valore variabile sui meridiani e costante sui paralleli. Le cupole, oltre che con una superficie continua, possono anche essere realizzate con nervature irrigidenti (con direzione qualunque), oppure con reticoli spaziali (a maglie triangolari o poligonali regolari) quali la cupola geodetica o di Fuller (con aste tutte di uguale lunghezza).
Tipologie di cupole:
123456-
Cupola ad ombrello Cupola a base ottagonale Cupola su archi /a vela Cupola su tamburo ad assise orizzontale Cupola su tamburo smussato Cupola su archi e pennacchi
7- Semi cupola 8- Cupola con tamburo impostato su archi 9- Volta tripartita 10- Volta nervata quadripartita 11- Volta nervata esa - partita 12- Volta nervata otto - partita
Esistono inoltre volte ibride che derivano dalla composizione tra volte e cupole. Le criticità di queste strutture possono presentarsi, oltre che per fenomeni biologici, per le eccessive tensioni di trazione che, come detto in precedenza, avvengono appena sopra l’imposta lungo i paralleli, nelle pareti o colonne di sostegno che possono essere soggette alla traslazione, oppure nel tamburo, che ha il compito di assorbire la spinta della cupola, qualora questo non sia adeguatamente cerchiato o rinforzato. Le tecniche di intervento hanno generalmente lo scopo di contrastare le azioni di trazione, appena descritte, che causano l’apertura di fessure nella cupola. Quelle principali consistono: nelle cerchiature, ossia l’apporto di barre metalliche, (lineari o segmentate), attorno la struttura, con lo scopo di contenere le forze spingenti; l’applicazione di fibre rinforzanti, quali l’ F.R.P. (Fibre Rinforced Plastic), che sono materiali plastici con un elevatissima resistenza a trazione disposte in modo radiale o cerchiante, che vengono fissate tramite l’utilizzo di resine epossidiche o malte cementizie.
Quest’ ultimo materiale trova applicazione in svariati campi delle ‘’patologie’’ murarie, qualora si manifestino delle fessurazioni oppure per la prevenzione antisismica. - Falsi archi e false cupole, sono un ulteriore argomento da analizzare con un capitolo a parte. I falsi archi, quali archi triangolari o a sbalzo, sono una tipologia che non utilizza una muratura portante per fornire supporto su una mensola di apertura. In questo caso la struttura, costituita da elementi unici poggianti direttamente sull’ imposta o da elementi laminari (ad assise orizzontale), gravano direttamente su dei conci di pietra aggettanti situati all’imposta, assumendo così un comportamento statico differente dall’ arco di rotazione (che lavora per forma). Tipologie di falsi archi:
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arco triangolare arco ad assise orizzontale archirave con appoggi a sbalzo arco di mattoni grezzi piattabanda arco Olandese o Gallese
7 - arco sfalsato 8 - pseudo arco a 3 centri 9 - pseudo arco a 4 centri 10 - arco veneziano 11 - arco fiorentino 12 - arco a campana
La Porta dei Leoni, che rappresenta un monumentale ingresso alla rocca di Micene, è un favoloso esempio della tipologia (a corsi orizzontali risalente al 1250 a.C. . L’architrave a schiena d’asino, sul quale poggia una lastra triangolare di scarico raffigurante 2 leoni, ne permette l’equilibrio statico.
La sicurezza dell’ adesione tra gli elementi lapidei può essere migliorata tramite l’ inserimento di elementi trasversali che hanno il compito di collegare i conci. La piattabanda, presenta una spinta orizzontale molto elevata, per questo non viene mai usata nei portici ecc.., ma solo all’ interno di una compagine muraria. Le ‘’false’’ cupole (o pseudo cupole) sono composte da file circolari concentriche di conci lapidei sempre più aggettanti man mano che si sale di quota. Queste, per la facilità della loro ideazione, sono state utilizzate in tutto il mondo (dal bacino Mediterraneo all’ Inghilterra, Scozia e Germania). I primissimi esempi riguardanti questa tipologia di cupole possono essere ritrovati nel villaggio neolitico Khirokiti sull’ isola di Cipro; datate fin dal 6000 a.C. queste cupole, dette anche ad ‘’alveare’’, erano costituite da mattoni di terra cruda. Simili costruzioni ad alveare, chiamati thòlos (delle costruzioni ipogee costituite da uno spazio coperto da una cupola ogivale ed un corridoio di uscita), si possono trovare a Creta o nel Iraq del nord. I thòloi (che significa cupole/costruzione curva in greco) in genere sono delle strutture circolari costruite a scopi funebri. Celeberrima la micenea stanza del Tesoro di Atreo che costituiva la tomba di Agamennone.
Stanza del tesoro di Atreo – Corinthia (Grecia).
Costruzioni dalle caratteristiche assimilabili sono state ritrovate in Sardegna (i nuraghi, risalenti al 1100 a.C., dalle geometrie moto precise), nei siti archeologici Etruschi (le Tombe di Populonia ad esempio, rinvenute nella rimozione delle scorie di ferro provenienti dall’ Isola d’ Elba), e anche in Puglia (i Trulli, la cui etimologia deriva probabilmente da Thòloi), che si pensano, perciò, influenzati dalla più antica cultura micenea. Le prime false cupole comparse in Egitto si pensa siano quelle dei granai costruite da Ramesses II, le rovine dei quali sono situate a Thebes. Il diametro maggiore di queste era di poco meno di 4 metri, la parte più bassa della cupola fu costruita con corsi orizzontali, mentre nella parte superiore, all’ incirca un terzo dell’ altezza, gli anelli sono inclinati verso l’esterno in modo tale che i mattoni aderissero meglio agli anelli sottostanti.
Le volte, così formate, assumono una forma ellittica dovuta al metodo della loro regola costruttiva. È probabile inoltre che anche le volte dei palazzi Assiri fossero costruite allo stesso modo. A causa di alcuni fattori intrinseci e delle complesse geometrie con le quali queste cupole venivano realizzate, lo studio strutturale di tali costruzioni ha sempre comportato dei problemi. Pertanto, per poter raggiungere dei risultati attendibili i metodi di analisi hanno usualmente utilizzato semplificazioni (ad esempio trascurando le forze dovute all’ attrito o la tridimensionalità). Verrebbe da pensare, infatti, che manufatti così costituiti non rappresentino più un sistema spingente, come per le cupole già descritte nel capitolo precedente, ma che la disposizione degli elementi lapidei su letti orizzontali sovrapposti comportino delle sole spinte verticali analizzabili sul piano di sezione. In realtà anche in questo caso la tridimensionalità rappresenta un fattore determinante nella trasmissione delle forze. Le cupole ad assise orizzontale sono spesso state ricoperte da tumoli di terra che sicuramente entrano in gioco nella ricerca della stabilità andando inoltre a contrastare il ribaltamento dei conci. Sarebbe quindi opportuno interpretare il sistema dei carichi non nelle sole due dimensioni, bensì in un sistema più articolato di forze. Le tecniche per il consolidamento che sono state utilizzate nel corso degli ultimi anni sono costituite da anelli di rinforzo applicati nell’ intradosso della cupola a scopo irrigidirla. Fortunatamente queste costruzioni non sono in grandissimo rischio archeologico ed è quindi auspicabile poterle vedere e studiare ancora per molto tempo al fine di capirne fino in fondo gli aspetti qualitativi.
Bibliografia: -
Francis D. K. Ching ‘’A Visual Dictionary of Architecture’’ A. Lauria ‘’Architettura Della Tecnologia. Note Sull’ Evoluzione Dei Tipi Costruttivi’’ N. Davies, E. Jokiniemi ‘’Dictionary of Architecture and Building Construction’’ S. Mecca, U. Tonietti "Chefchaouen. Architettura e Cultura Costruttiva" E. Francaviglia de Gregori ‘’Adobe e Pisé in Terra: Un Confronto fra Yemen e Marocco’’ G. Rondelet ‘’Trattato Teorico e Pratico Dell’ Arte Di Edificare’’ J. Morris ‘’Butubu: Architetture in Terra dell’Africa Occidentale’’ INTERNET