UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SIENA FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN SCIENZE INTERNAZIONALI CURRICULUM DI COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO
TESI
PER UNO SVILUPPO RESPONSABILE: UN CASO DI STUDIO SUL MICROCREDITO IN ZAMBIA
Relatore: Chiar.mo Prof. FEDERICA GUAZZINI Controrelatore: Chiar.mo Prof. SAVERIO BATTENTE
Tesi di Laurea di: ALESSANDRO TOCCI
ANNO ACCADEMICO 2009-2010
Indice Indice degli acronimi.........................................................................................................2 1. INTRODUZIONE..............................................................................................................3 1.1. Il problema del credito................................................................................................9 1.2. La finanza è etica?....................................................................................................14 1.3. L'esclusione finanziaria............................................................................................16 1.4. Il microcredito..........................................................................................................18 2. IL MICROCREDITO: SVILUPPO E DIFFUSIONE......................................................23 2.1. La storia e le pratiche consolidate............................................................................23 2.2. L'idea di microcredito...............................................................................................25 2.3. Chi sono i clienti del microcredito...........................................................................28 2.4. Microcredito e microfinanza: le nuove frontiere......................................................30 2.5. I problemi del credito e le soluzioni individuate dalla microfinanza.......................31 2.5.1. Le forme organizzative.....................................................................................32 2.5.2. Il reperimento dei fondi....................................................................................37 2.5.3. La garanzia........................................................................................................40 2.5.4. La scelta dei tassi di interesse...........................................................................45 2.5.5. La sostenibilità del progetto..............................................................................48 2.6. Il microcredito nei paesi industrializzati...................................................................55 3. I PROBLEMI DEL CREDITO IN AFRICA: UNA PANORAMICA..............................61 3.1. Il contesto africano...................................................................................................61 3.2. Il mercato del credito in Africa.................................................................................71 4. LA REPUBBLICA DELLO ZAMBIA............................................................................89 4.1. Profilo storico...........................................................................................................91 4.2. L'indipendenza e le politiche di sviluppo.................................................................96 4.3. I rapporti con i paesi vicini.....................................................................................107 4.4. Demografia e indicatori sociali...............................................................................108 5. IL MICROCREDITO NEL COPPERBELT ZAMBIANO............................................113 5.1. Insiemepercaso ONLUS.........................................................................................113 5.2. Come Insiemepercaso ha declinato il concetto di microcredito.............................119 5.3. Problemi riscontrati ed evoluzione del progetto.....................................................132 6. CONCLUSIONI.............................................................................................................138 Bibliografia....................................................................................................................148 Fonti Elettroniche..........................................................................................................153
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Indice degli acronimi ADIE ATM BRAC BSAC CGAP DFID FINCA FINDECO FMI INDECO IMF IPC MAG MINDECO MIX MMD MSC NCCM ONG ONLUS PAS PVS RCM ROSCA TSTC UNIP ZIMCO ZKW
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Association pour le Droit Ă l'Initiative Economique Automated Teller Machine Bangladesh Rural Advancement Committee British South Africa Company Consultative Group to Assist the Poor Department For International Development Foundation for International Community Assistance Finance and Development Corporation Fondo Monetario Internazionale Industrial Development Corporation Istituzione di Microfinanza Insiemepercaso Mutua di Autogestione Mining Development Corporation Microfinance Information Exchange Movement for Multi-party Democracy Microcredit Summit Campaign Nchanga Consolidated Copper Mines Organizzazione Non Governativa Organizzazione Non Lucrativa di UtilitĂ Sociale Piano di Aggiustamento Strutturale Paese in Via di Sviluppo Roan Consolidated Mines Rotating Savings and Credit Association Toscana Skills Training College United National Independence Party Zambia Industrial and Mining Corporation Kwacha Zambiano
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1. INTRODUZIONE
Molto è stato detto e scritto sul microcredito negli ultimi anni, sull'onda di un entusiasmo pervasivo quanto euforico che ha investito quanti si sono trovati, anche solo episodicamente, ad occuparsi di cooperazione internazionale o di economia dello sviluppo. In particolare, il mondo delle ONG e della cooperazione internazionale ha dato un caldo benvenuto ad uno strumento che è insieme prassi operativa e framework concettuale e che si è positivamente inserito in un momento come quello degli anni Settanta del XX secolo, quando le attività di cooperazione internazionale e gli aiuti allo sviluppo venivano ripensati profondamente e riempiti di un senso nuovo e più moderno.1 Per prima cosa, occorre evitare di cadere nell'equivoco per cui, solo perché le sue applicazioni di maggior successo sono localizzate in paesi in via di sviluppo, il microcredito sia un'attività praticabile solo in paesi sottosviluppati e quindi dall'utilità geograficamente circoscrivibile: benché la sua applicazione di maggior successo e risonanza mediatica, dovuta alla pionieristica attività di Muhammad Yunus che ha lanciato la sua iniziativa nel 1973, abbia in effetti avuto luogo in un paese molto povero come il Bangladesh, e sia stato messo alla prova per lo più in contesti simili di povertà grave e diffusa, il microcredito è uno strumento finanziario; esso consiste essenzialmente nella pratica di concedere prestiti di ridotto ammontare a soggetti che non hanno accesso al credito bancario. Il fatto che sia più utilizzato nel Bengala Orientale piuttosto che in una qualsiasi città europea non significa che il modello non possa essere replicato con successo a Bologna, tanto per fare un esempio. Ed infatti, proprio l'esempio di Bologna è paradigmatico in quanto in questa città sono presenti istituzioni di microfinanza.2 1
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Su questo, cfr. P. T. Bauer, Dalla sussistenza allo scambio : uno sguardo critico sugli aiuti allo sviluppo, Torino, IBL Libri, 2009; G. Scidà, Avventure e disavventure della sociologia dello sviluppo, Milano, Franco Angeli, 2004; F. Bonaglia, V. De Luca, La cooperazione internazionale allo sviluppo, Bologna, Il Mulino, 2006. Ad esempio Micro.Bo. , nata nel 2004, ma anche la sede della Rete Italiana di Microfinanza (RITMI), fondata nel 2008.
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Nell'ambito della cooperazione internazionale, il microcredito è stato accolto molto positivamente perché esso è andato a riempire un vuoto la cui esistenza era stata intuita solo dai più lungimiranti fra coloro che si occupano di sviluppo, ma che non per questo era meno grave e significativo. Infatti, nella ormai lunga storia della cooperazione internazionale per lo sviluppo dei paesi poveri c'è una consolidata tradizione di unilateralismo che solo recentemente ha iniziato a recedere: per lunghi anni il modello prevalente si è servito di un approccio “top-down” in cui l'iniziativa, il progetto di cooperazione, il denaro e le persone per realizzarlo partivano dal paese ricco per andare ad aiutare il paese povero; nel migliore dei casi la gestione era responsabilità di funzionari residenti nel paese beneficiario che erano tuttavia soggetti terzi rispetto alla parte povera della popolazione che è il motivo stesso dell'intervento.3 Senza voler entrare nel merito delle cause di fondo e della buona fede degli operatori, è impossibile non notare come questo rapporto sia quanto di meno paritario può esistere tra uomini e tra società diverse: da una parte si decide, si spende, si intraprende e dall'altra si aspetta remissivamente di ricevere i frutti dell'iniziativa. Questa è, ça va sans dire, una semplificazione che non rende giustizia alla competenza e all'impegno di molti operatori, ma rappresenta con efficacia la concezione che è stata quella dominante per decenni, secondo cui solo l'Occidente, in quanto parte ricca del mondo, aveva le risorse e le capacità per aiutare i poveri e “insegnare” loro a non esserlo più. È evidente come questa visione del mondo fosse decisamente paternalistica, e non potesse portare che a rapporti non paritari tra paesi, società, uomini che si incontravano: quello ricco e istruito da un lato e quello povero e ignorante dall'altro. Il microcredito rompe radicalmente con questa concezione in quanto si propone come strumento di mercato 4 e nel mercato tutti gli individui hanno tutti dignità. Questo è un aspetto tutt'altro che secondario; al contrario, è uno dei pilastri concettuali su cui si basa l'idea stessa di microcredito. Un altro importante motivo di critica nel merito della gestione e della progettazione di interventi economici in paesi in via di sviluppo è l'approccio di stampo 3 4
M. Yunus, Il banchiere dei poveri, Milano, Feltrinelli, 1998, p. 26; Per un approfondimento sul tema si veda anche P. T. Bauer, op. cit. Il fatto che esso sia spesso associato al settore del no-profit non inficia questa affermazione: un'azienda può infatti non avere fini di lucro ma deve comunque rispettare le regole del mercato per sopravvivere.
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governativo e statalista, seguito tipicamente dalla Banca Mondiale: essa è uno dei principali soggetti istituzionali che si occupano di sviluppo economico e tra le sue attività più importanti figura il finanziamento di infrastrutture nei paesi in via di sviluppo. Tali investimenti, aumentando la dotazione di capitale del paese, si presume ne incentivino la crescita economica.5 Questo modus operandi ha fatto rilevare quasi ovunque un elevato livello di inefficienza dal momento che nel migliore dei casi l'apparato statale tende a dissipare risorse economiche; nei casi peggiori il transito di somme così elevate attraverso i bilanci pubblici costituisce un rilevantissimo stimolo alla corruzione e all'appropriazione indebita di fondi. Questo è certamente vero in un contesto come quello africano, caratterizzato da livelli molto elevati di corruzione dei pubblici funzionari. 6 Questo pericolo intrinseco ai finanziamenti concessi per tramite dei governi è stato denunciato con forza dallo stesso Yunus, che si professa infatti un convinto sostenitore del libero mercato; in questa visione il microcredito si propone anche come antidoto alle distorsioni causate da un eccessivo coinvolgimento dello stato nell'economia.7 La convinzione di fondo da cui prendeva le mosse tale approccio riteneva che i poveri non avessero le capacità per sollevare sé stessi, ed era quindi necessario tendere loro una mano caritatevole, oppure lavorare per fare crescere l'economia in qualsiasi modo, così che il susseguente “effetto di sgocciolamento” della ricchezza avrebbe portato benefici a tutti innalzando il tenore di vita medio. La notorietà di Yunus, oltre al successo economico (e non solo) della sua iniziativa, è dovuta proprio al fatto che egli è stato il primo ad intuire e spiegare con l'autorevolezza di un economista affermato questa banale verità, e cioè che i poveri “non erano tali per stupidità o pigrizia; anzi, lavoravano tutto il giorno svolgendo mansioni fisiche complesse. Erano poveri perché le strutture finanziarie del nostro paese (il 5
Si evitano qui considerazioni nel merito della validità dell'impostazione concettuale alla base di questo sistema, la quale esula dall'argomento trattato. Per un approfondimento si veda M. Alacevich, Le origini della Banca Mondiale: una deriva conservatrice, Milano, Mondadori, 2007. 6 Il 26% degli interpellati in un sondaggio di Transparency International nell'Africa Sub-sahariana ha dichiarato che essi stessi o un loro familiare hanno pagato una tangente di qualche tipo negli ultimi 12 mesi. Lo stesso dato per l'UE ha un valore del 5% - Transparency International International Secretariat, Global Corruption Barometer 2009, Berlin, Sito web di Transparency International, <http://www.transparency.org/policy_research/surveys_indices/gcb/2009V>, consultazione del 12 Marzo 2010. 7 M. Yunus, op. cit. , p. 213.
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Bangladesh, n.d.r.) non erano disposte ad aiutarli ad allargare la loro base economica. Non era un problema di persone, ma di strutture”.8 A partire dagli anni Novanta, grazie anche alla fine della guerra fredda, la lotta alla povertà nel mondo è cambiata nelle modalità e negli obiettivi: l'utilizzo politico degli aiuti si è drasticamente ridotto e la crescente attenzione alle tematiche ambientali ha portato ad accostare alla parola “sviluppo” l'aggettivo “sostenibile” (introdotto per la prima volta dal “Rapporto Brundtland” nel 1987). Quello della sostenibilità è un concetto che va ben oltre il semplice impatto ambientale dell'attività umana; esso rappresenta uno sguardo rivolto al futuro, ai diritti dell'umanità che verrà, oltre che a quelli di chi vive oggi, alla preoccupazione che ciò che abbiamo adesso non venga tolto a chi verrà domani, e che le scelte fatte nel presente portino un benessere duraturo e non effimero. Proprio questa rinnovata consapevolezza del destino e del percorso comune di tutta l'umanità ha dato vitalità ad un approccio nuovo, in cui l'obiettivo dello sviluppo dei paesi poveri è importante da un punto di vista pragmatico oltre che etico, dato che il loro destino è legato a quello di tutti e i loro problemi inevitabilmente si ripercuoteranno sulle altre aree del pianeta.9 In questo nuovo clima si è iniziato a pensare che lo sviluppo non è qualcosa che si può produrre meccanicamente, “fotocopiando” quello che già esiste, ma è invece l'obiettivo di un percorso che deve portare gli uomini a migliorare la loro vita, e che per portare risultati di lungo periodo non può che essere frutto di scelte condivise. In questa visione non c'è un confine netto tra beneficiario e benefattore ma ci sono due 8 Ibidem, p. 21. 9 Così recita il rapporto Brundtland: “Il soddisfacimento dei bisogni essenziali dipende in parte dal pieno sfruttamento del potenziale di crescita disponibile, e lo sviluppo sostenibile naturalmente richiede che ci sia una crescita economica laddove questi bisogni non vengono oggi soddisfatti. Altrove, esso può essere compatibile con la crescita economica, assumendo che l'oggetto della crescita rifletta i principi generali della sostenibilità e del rifiuto dello sfruttamento dell'altro. Ma la crescita non è in sé sufficiente. Elevati livelli di attività produttiva e povertà diffusa possono coesistere, e possono mettere in pericolo l'ambiente. Per questo motivo lo sviluppo sostenibile richiede che le società tendano al soddisfacimento dei bisogni umani sia aumentando il potenziale produttivo che assicurando uguali opportunità per tutti.”... ...“Una società può compromettere in molti modi la sua capacità di soddisfare i bisogni essenziali dei suoi componenti nel futuro – sfruttando eccessivamente le risorse, per esempio. Il procedere dello sviluppo tecnologico potrebbe risolvere alcuni problemi di breve termine portando però a guai anche maggiori in seguito. Grandi parti della popolazione potrebbero rimanere marginalizzate da un processo di sviluppo sconsiderato.” - Rapporto della United Nations World Commission on Environment and Development (WCED) trasmesso all'Assemblea Generale in allegato alla risoluzione 3/217, 1987, p. 42.
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parti che collaborano tra loro, nella consapevolezza che il bene dell'una porta vantaggi anche all'altra. Questo è ancora più vero nel mondo cosiddetto “globalizzato” in cui viviamo oggi, in cui la povertà di un'area geografica può avere ripercussioni su scala planetaria attraverso la delocalizzazione delle attività produttive e i flussi migratori.10 In questo contesto culturale il microcredito si è inserito con grande successo, date le sue caratteristiche: quella che maggiormente lo distingue tra gli strumenti esistenti di lotta alla povertà (prestiti agevolati, adozioni a distanza, donazioni, remissioni del debito, etc...) è sicuramente il fatto che esso non è elemosina. Non ha nulla a che vedere con l'aiuto alla “povera gente”, spesso sottomesso a ragioni politiche o dettato da più o meno consapevoli sensi di colpa dell'Occidente: è uno strumento di lotta all'esclusione finanziaria, la quale in moltissimi casi contribuisce grandemente (fino talvolta a diventare) esclusione tout-court; l'attività economica è infatti una parte importantissima della vita di ogni persona. Il fatto che venga praticato, con alterne fortune e con differenti impostazioni metodologiche ed etiche, anche e soprattutto da istituzioni ed organizzazioni di tipo benefico non deve trarre in inganno chi per la prima volta si accosta alla materia. Esso nasce proprio da un disinteresse del mondo finanziario per un certo segmento del mercato, quello di livello basso o molto basso ed è quindi logico aspettarsi che a praticarlo siano per lo più enti che non hanno come core business quello della finanza a scopo di profitto. Ma perché le istituzioni finanziarie storicamente si disinteressano di parte dei loro potenziali clienti (i più poveri) se esperienze ormai pluridecennali ci mostrano chiaramente come sia possibile non solo lavorare con loro, ma trarre perfino un profitto economico da tale rapporto di affari? Semplificando, prima di esaminare in modo più accurato e rigoroso l'argomento possiamo “azzardare” due spiegazioni preliminari: perché è più difficile e perché è meno profittevole. È senz'altro più difficile, perché per una banca è certo preferibile chiedere una garanzia (sotto forma di disponibilità economiche o fideiussioni) ad un potenziale cliente, piuttosto che implementare un sistema di incentivi basato su quelli che più avanti verranno 10 L. Becchetti, Il Microcredito, Bologna, Il Mulino, 2008, p. 37.
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definiti “collaterali sociali”, oltre ad un severo processo di auditing dei progetti finanziabili e di successivo screening del loro andamento; questo senza considerare che tutta quella fatica non garantisce comunque, sul piano legale, che il prestito verrà ripagato. È meno profittevole, perché data l'entità e il tipo dei prestiti concessi, nonostante il tasso di interesse medio di un microprestito sia piuttosto alto 11 per gli standard della finanza convenzionale, il grande lavoro necessario per gestire il rapporto con il cliente è assai costoso e pone quindi dei problemi di minimizzazione dei costi di gestione. Per contro, si rileva come i progetti di microcredito abbiano tassi di insolvenza generalmente molto bassi rispetto alla finanza convenzionale ma l'alto livello dei costi di transazione legati alla scelta dei progetti da finanziare e soprattutto al controllo posteriore del cliente (oltre, in certi casi, ad una quantità minima di servizi di consulenza) fanno sì che la microfinanza tenda ad avere profitti inferiori a quelli della finanza tradizionale. I suoi sostenitori affermano che questo non è affatto un problema, in quanto questo tipo di strumenti finanziari non nasce per massimizzare il profitto, ma per avere una ricaduta sociale benefica: 12 questo significa che l'attività di un istituto che pratica microcredito ha effetti positivi sul tessuto economico innescando processi di sviluppo e di ascesa sociale, le quali più che compensano la riduzione del profitto e anzi possono giustificare il reperimento di fondi pubblici da investire nell'attività. In questo elaborato si esamineranno preliminarmente i principali problemi del credito e cosa succede quando se ne resta esclusi. Si vedrà poi come la finanza, o meglio i suoi principi di base si siano evoluti fino a raggiungere la fase della cosiddetta “finanza etica” , ovvero quel tipo di finanza che si pone esplicitamente il problema dell'impatto sociale delle proprie attività; arriveremo quindi a descrivere il fenomeno e le pratiche del microcredito come strumento relativamente recente ma ormai imprescindibile in ogni rigorosa politica di sviluppo locale (e probabilmente, in un futuro prossimo, anche di welfare) per arrivare infine all'analisi di una 11 Le istituzioni consolidate superano molto facilmente la soglia del 30% , con punte che sfiorano il 90% qualora esse ricerchino la sostenibilità finanziaria. Su questo, cfr. P. De Vincentiis, I meccanismi finanziari del microcredito, in D. Ciravegna e A. Limone (a cura di), Otto modi di dire microcredito, Bologna, Il Mulino, 2006, p. 64. 12 A. Andreoni, V. Pelligra, Microfinanza – Dare credito alle relazioni, Bologna, Il Mulino, 2009, p. 146.
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esperienza concreta di microcredito che viene portata avanti da insiemepercaso ONLUS nella regione del Copperbelt, nello Zambia settentrionale. Grazie ad un fieldwork svolto dal 30 Marzo 2010 al 1 Maggio 2010 in questa regione e lavorando come stageur al fianco degli operatori della ONLUS in Italia e in Zambia è stato possibile svolgere numerose interviste e raccogliere numerose testimonianze ed informazioni le quali, integrate con la documentazione prodotta dagli ideatori del progetto, ha consentito un'analisi approfondita dello stesso, al fine di evidenziarne sia i punti di forza sia i punti deboli che potrebbe essere necessario correggere al fine di raggiungere risultati ancora migliori. Verrà analizzato in cosa tale progetto è analogo e in cosa differisce rispetto alle best practices del settore, tenendo conto del fatto che si tratta di una iniziativa recente e che insiste in una delle aree del pianeta, l'Africa sub-sahariana, in cui empiricamente si riscontrano maggiori difficoltà nella fornitura dei servizi finanziari, anche quelli di tipo tradizionale. Si vedrà anche che in Africa la microfinanza, sebbene presente da tempo, non riesce a raggiungere la soglia dell'autosostenibilità finanziaria in quanto afflitta dai tradizionali problemi che interessano l'area: scarsa densità abitativa, clima ostile, carenza di infrastrutture che aumentano il costo delle attività. Andremo di seguito a presentare il contesto in cui si svolge l'esperienza di microcredito in esame, nell'area del Copperbelt zambiano, per poi esaminare con maggiore consapevolezza e criterio le caratteristiche e le peculiarità delle metodologie sviluppate da insiemepercaso nell'implementazione del suo progetto.
1.1. Il problema del credito Premesso che l'attività creditizia è fondamentale per il corretto funzionamento di un sistema economico a prescindere dalle sue caratteristiche, osserviamo più da vicino quali sono le dinamiche dell'attività del prestatore di denaro. L'attività bancaria viene talvolta considerata una sorta di “cornucopia”, per cui basta
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avere il capitale iniziale e poi moltiplicare il denaro diviene estremamente facile: in realtà, essa richiede la gestione di alcuni complessi problemi di natura informativa. Il nucleo del problema sta nel fatto che tra chi concede e chi riceve il prestito intercorre quella che gli economisti chiamano “asimmetria informativa”; 13 questo significa che la banca non possiede tutte le informazioni necessarie per capire se sta finanziando un investimento capace di generare profitto, né tanto meno se il cliente finanziato sia affidabile o meno (ovvero, se è capace di implementare correttamente il progetto o magari se potrebbe voler imbrogliare la banca non restituendo i soldi). Il debitore infatti inevitabilmente dirà alla banca solo i dettagli del progetto maggiormente favorevoli per la concessione del credito: il reale valore del progetto (o del bene da acquistare in caso di credito al consumo) e le profonde intenzioni del debitore sono note solo a lui stesso. Di conseguenza, il rischio maggiore lo assume chi presta i soldi perché non solo mette a rischio una quota del suo capitale per finanziare un altro soggetto, ma non ha nemmeno controllo su come i suoi soldi vengono utilizzati: in sintesi, questo è il motivo per cui le banche utilizzano il sistema della garanzia. In particolare, i fenomeni di asimmetria informativa sono due, e si manifestano rispettivamente prima e dopo la concessione del prestito: 1. selezione avversa – questo problema riguarda la selezione della clientela ed è strettamente collegato al tasso di interesse richiesto. Poiché la banca ha di fronte una serie di potenziali debitori, deve decidere un tasso che attiri coloro che hanno progetti validi ed escluda chi ha progetti che non permetterebbero di ripagare il prestito. Quindi, fin dal momento della fissazione dei tassi di interesse la banca si pone un problema di “scelta dei clienti” , oltre che di prezzo dei propri servizi. La soluzione è tutt'altro che scontata; infatti, se da un lato un tasso maggiore attirerà solo i progetti più redditizi, dall'altro è probabile che i progetti privilegiati (e quindi finanziati) usando tale criterio siano quelli a più alto rischio di fallimento e questo potrebbe portare, paradossalmente, ad una perdita per la banca se i tassi da essa scelti sono 13 L. Becchetti, op. cit. , p. 44.
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troppo elevati. Di conseguenza, la banca sa che se i suoi tassi sono troppo bassi essa rischia di non coprire i costi, ma se essi sono troppo alti il rischio è che la quota di clienti insolventi aumenti drasticamente. 2. azzardo o rischio morale – questo problema emerge dopo la concessione del credito: la banca infatti non è in grado di valutare la diligenza di adempimento del debitore, che una volta ottenuto il prestito potrebbe agire in modo opportunistico anziché lavorare correttamente per onorare il debito. 14 In pratica, potrebbe non essere incentivato alla restituzione dato che questa non gli procurerebbe alcun vantaggio. Una terza questione si pone infine dopo la conclusione del progetto di investimento: il fallimento strategico. Il debitore potrebbe essere tentato di mentire dicendo alla banca che il progetto è fallito, per tenere per sé tutti i proventi dell'investimento.15 La banca deve quindi riuscire a sopravvivere e restare sul mercato tutelandosi dal rischio che, approfittando del suo vantaggio informativo, il debitore si comporti scorrettamente evitando di restituire il prestito ricevuto. Questo ovviamente senza contare l'ipotesi che il progetto finanziato non vada a buon fine facendo perdere il denaro investito. La soluzione generalmente adottata per fare fronte a questo problema è la richiesta al cliente di presentare una garanzia patrimoniale: se questi firma un accordo in base al quale, in caso di mancata restituzione delle somme prestate, la banca diventerà proprietaria di un suo bene (che di solito ha valore almeno di poco superiore a quello del prestito), egli sarà fortemente incentivato a fare di tutto per restituire il prestito ricevuto. Questo sistema ha il pregio di “riequilibrare” il rapporto contrattuale a favore della banca e si è mostrato così valido da diventare una procedura standard, dall'adozione indiscussa in campo finanziario: tuttavia non è esente da difetti. Merita evidenziarne tre in particolare: 1. tende a “impigrire” la banca, ovvero non la incentiva a selezionare i progetti migliori e quindi a utilizzare nel modo più efficiente una risorsa scarsa (il 14 A. Andreoni, V. Pelligra, op. cit. , p. 55. 15 Ibidem, p. 56.
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credito);16 2. in certi casi può accadere che il prestatore sia più interessato a impossessarsi della garanzia che alla restituzione del denaro in sé. Questo è vero particolarmente nel caso di prestatori locali.17 3. solo chi ha già soldi può ottenerne degli altri. Questo è probabilmente il difetto più grave del sistema. Ciò significa che le opportunità di accesso al credito non sono uguali per tutti dato che la possibilità di ottenerlo non dipende dalla bontà dell'idea che si vuole realizzare o dalle proprie capacità, ma soltanto dalla posizione di partenza. Anche supponendo di non valutare alcun tipo di istanza morale o sociale nell'analisi dell'argomento ma adottando invece un'ottica prettamente economicistica, è evidente come ci sia qualcosa di sbagliato: la teoria economica ci insegna infatti come il mercato permetta di generare ricchezza, aumentando l'efficienza attraverso la libera competizione degli agenti economici al suo interno. Tuttavia, non ci può essere vera concorrenza tra le iniziative commerciali se la libertà di intrapresa viene inibita a priori a causa del mancato accesso al capitale: ne deriva che un'offerta di credito che non sia meritocratica ed egualitaria ma basata su posizioni di rendita sia di fatto un ostacolo alla concorrenza e, di riflesso, alla buona salute dell'economia. Nelle parole di Becchetti, il sistema delle garanzie “diventa un vero e proprio handicap allo stesso sviluppo economico di un paese in quanto impedisce l'accesso al credito a tutte le persone prive di ricchezza patrimoniale ma dotate di buone qualità e buoni progetti, che avrebbero potuto dare un contributo importante alla creazione di valore economico”.18 Perché si è giunti all'adozione generalizzata del meccanismo della garanzia? Colui che chiede un prestito sa bene che non restituendolo subirà tutta una serie di 16 La prassi di valutare attentamente il progetto non è affatto scontata: da uno studio condotto nel 2006 da Paola De Vincentiis su un campione di istituti di credito italiani emerge come, in una scala da 1 a 5, le banche mediamente assegnino un peso pari a 2,1 all'analisi del budget e del business plan del richiedente il credito. Su questo, cfr. P. De Vincentiis (a cura di), I confidi e il credito alle PMI, Roma, Bancaria Editrice, 2007. 17 Si veda più avanti il paragrafo sulla finanza “di prima generazione”. 18 L. Becchetti, op. cit. , p. 48.
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pregiudizi fra cui la preclusione di qualsiasi eventuale credito futuro, una grave ricaduta sulla sua reputazione e, non di rado, sulla sua autostima sapendo di essere nel gruppo di coloro “che non ce l'hanno fatta” : questa consapevolezza da sola basta nella maggioranza dei casi ad incentivare a sufficienza il debitore a impegnarsi per la restituzione. La banca, tuttavia, non può accontentarsi di essere al sicuro “nella maggior parte dei casi” : in primo luogo, anche se in teoria quello descritto sopra sarebbe l'approccio di una persona “normale”,19 è pur vero che una ristretta minoranza di individui potrebbe non porsi problemi del genere e da questi quindi la banca deve tutelarsi; in secondo luogo, qualora la banca non abbia a che fare con una persona fisica ma con una persona giuridica, tutto il sistema di pressioni psicologiche e il rapporto interpersonale “fornitore-cliente” viene fortemente indebolito fino quasi ad annullarsi. In quel caso rimane solo il sistema degli incentivi di mercato, e per una impresa è assai più probabile rispetto ad una persona fisica trovare conveniente un comportamento scorretto, in quanto essa è esente da qualsiasi tipo di considerazione o scrupolo di tipo morale e sociale.20 A questo punto dobbiamo considerare però le differenze tra il credito ad una persona in carne e ossa rispetto al credito ad una persona giuridica. Come abbiamo appena detto, la persona fisica è assai più complessa dell'azienda, in quanto l'insieme del suo agire (e quindi, anche l'agire economico) è condizionato da una serie di fattori non economici: credo religioso, convinzioni etiche e filosofiche, rapporti sociali intessuti con altri individui della comunità di riferimento. Partendo da questo presupposto, i primi sperimentatori 21 hanno cominciato a chiedersi nei primi anni Settanta del XX secolo se possa esistere uno strumento alternativo alla garanzia materiale per incentivare la restituzione di un prestito. 22 Mentre nel caso di una azienda la risposta è probabilmente negativa, per gli uomini 19 Questo termine generico vuole indicare in questo caso una persona di onestà e senso dell'onore medioalti. 20 A. Andreoni, V. Pelligra, op. cit. , p. 55. 21 Le prime esperienze documentate di attività di microcredito nel senso moderno del termine sono quella di Yunus in Bangladesh e quella degli operatori di Accion in Brasile, rispettivamente nel 1976 e nel 1973. 22 M. Yunus, op. cit. , p. 19.
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e le donne il discorso è differente proprio in virtù della complessità di cui parlavamo sopra. Questa consapevolezza ha stimolato la ricerca di soluzioni alternative a quella dominante, nella crescente convinzione che il credito è sempre più, oltre che una necessità del sistema economico e degli agenti che vi operano, un diritto dell'uomo ed è in grado di rimuovere alcuni significativi ostacoli al libero dispiegarsi delle sue potenzialità.23 Il microcredito nasce (o meglio, si sviluppa dato che, come vedremo fra breve, esso esiste in realtà da secoli in differenti forme) quindi nei primi anni Settanta del XX secolo come pratica “diversa”, nel senso che cerca di rispondere in un modo nuovo ad esigenze che il sistema tradizionale del credito non riesce a soddisfare.
1.2. La finanza è etica? Interminabili dibattiti si rincorrono sulla “eticità” delle varie pratiche finanziarie; 24 lo stesso fatto che le religioni monoteistiche vietino formalmente il prestito ad interesse (che pure è uno dei fondamenti della finanza come la conosciamo oggi) ha profondamente influenzato il modo in cui popoli e comunità diverse si sono rapportati con queste attività. Tale questione, che è complessa ed interessa solo marginalmente il presente elaborato, non sarà affrontata estensivamente in questa sede; ci limiteremo a tracciarne una panoramica essenziale dal momento che essa è uno dei punti di partenza da cui l'idea del microcredito ha mosso i primi passi. Riprendendo la classificazione proposta da Becchetti, tracciamo una semplice tassonomia relativa al grado di “eticità” dei diversi tipi di finanza, suddividendone lo sviluppo in tre grandi fasi o “generazioni”: 1. finanza di prima generazione – è molto antica, esistendo già da prima delle banche, è caratterizzata dalla presenza di singoli individui che prestano denaro ad interesse, spesso a tassi di usura. Questo tipo di finanza non può né 23 A. Sen, Lo sviluppo è libertà. Perché non c'è crescita senza democrazia, Milano, Mondadori, 2000; cfr. anche A. Andreoni, V. Pelligra, op. cit. 24 Su questo, cfr: R. Milano, La finanza e la banca etica: economia e solidarietà, Torino, Paoline Editoriale Libri, 2001, pp. 13 - 48; Mons. Giampaolo Crepaldi, Etica della finanza, discorso tenuto all'Università di Urbino il 7 Settembre 2007 – Sito web dell'Università di Urbino, <http://www.uniurb.it/scirel/pdf/etica_e_finanza_2007.pdf>, consultazione del 10 Febbraio 2010.
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tanto meno vuole alleviare le diseguaglianze sociali, piuttosto tende ad accentuarle producendo dipendenza; inoltre può accadere che il prestatore sia più interessato a impossessarsi del bene portato a garanzia piuttosto che alla restituzione del prestito in sé. Possiamo definirla senza dubbio “non etica” in quanto il prestatore non solo non si pone il problema dell'impatto sociale delle proprie iniziative, ma tende deliberatamente ad operare perché i suoi clienti non diventino autosufficienti: questo significherebbe infatti perdere profitti per i mancati prestiti ma anche veder diminuire il proprio potere all'interno della comunità. Tali pratiche sono ancora molto presenti nei paesi in via di sviluppo nei quali l'offerta di credito è spesso irrisoria; Yunus ne dà un esempio paradigmatico ricordando l'inizio della sua attività di prestatore: “Finora
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aveva
lavorato
quasi
gratis.
Si
trattava
innegabilmente di una forma di schiavitù: il mercante faceva in modo di pagarle soltanto il prezzo che copriva il costo del materiale, e quel tanto di più che bastava perché lei non morisse e continuasse ad avere bisogno del suo denaro.”25 2. finanza di seconda generazione – nel XV secolo in Italia nascono le prime banche intese in senso moderno, le quali assumono nel tempo il delicato compito di essere insieme collettore e trasformatore di risorse finanziarie, oltre a fornire una serie di servizi di pagamento, di deposito, di cambio e così via. Il loro ruolo è fondamentale per promuovere investimenti e creare valore economico, ponendo le basi per il grande sviluppo materiale a cui l'Europa assisterà nel corso del secolo. Questo tipo di finanza ha però dei limiti evidenti sotto il profilo del credito: le asimmetrie informative la spingono infatti a diffidare sistematicamente dei clienti, fornendo quindi denaro solo a coloro che in un certo senso “lo hanno già”,
ovvero
si
dimostrano
solvibili.
Inoltre,
l'obiettivo
della
massimizzazione del profitto non è spesso compatibile con la promozione dello sviluppo in quanto si preferisce dare un credito maggiore a meno clienti 25 M. Yunus, op. cit. , 20.
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piuttosto che piccoli prestiti a molte persone che, data l'incidenza dei costi fissi, costano molto di più rendendo meno. 3. finanza etica o di terza generazione – nasce con l'obiettivo di colmare le carenze della finanza tradizionale; sacrificando ove necessario parte del profitto si pone esplicitamente l'obiettivo di promuovere lo sviluppo e l'inclusione, operando perché l'accesso al credito sia garantito a chi lo merita e non a chi ha già una buona dotazione di capitali. Fondi etici e microfinanza sono alcuni degli strumenti con i quali questi obiettivi vengono perseguiti26. Questa breve panoramica ci serve per meglio collocare nel contesto economico lo strumento del microcredito, che andremo ad esaminare più approfonditamente nel prossimo capitolo per valutarne punti di forza e di debolezza e scoprire a quali casi concreti esso si attaglia maggiormente.
1.3. L'esclusione finanziaria Il tema dell'esclusione dal credito è stato ampiamente trattato da Maria Nowak, 27 la quale ha sottolineato come ci siano numerose forme di esclusione finanziaria, ognuna delle quali ha cause differenti: è importante capire e classificare i vari tipi di ostacoli che separano gli individui dall'accesso al credito perché ciò consente in molti casi di approntare prodotti e servizi finanziari che si adattano al meglio alla clientela che si intende raggiungere. Ad esempio, nei paesi industrializzati si assiste ad una esclusione cosiddetta “parziale” che riguarda perlopiù il credito alla produzione, laddove invece quello al consumo è fortemente incentivato. Esaminando le caratteristiche delle varie “zone” di esclusione dai servizi, possiamo delineare un elenco di possibili cause: •
esclusione geografica – non sempre è agevole recarsi presso la sede di un istituto di credito; la dislocazione sul territorio delle filiali in tal senso è determinante: specialmente nei paesi in via di sviluppo, per le banche può
26 L. Becchetti, op.cit. , 94 – 97. 27 Per approfondimenti sul tema, cfr. M. Nowak, Non si presta solo ai ricchi: la rivoluzione del microcredito, Torino, Einaudi, 2005.
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essere troppo costoso insediarsi in aree scarsamente popolate o soggette a pericoli legati ad instabilità politica o ambientale. In questo senso molto è stato fatto di recente con la creazione di canali di accesso innovativi come filiali mobili, la e-finance, la telefonia mobile; •
esclusione sociale e di marketing – tutte le banche hanno strategie di marketing mirate ad attrarre i potenziali clienti “migliori”, ovvero quelli più ricchi. Questo si riflette in due modi sui segmenti più bassi della popolazione: essi sono tendenzialmente ignorati dalle istituzioni di credito e in certi casi vengono perfino tenuti a distanza, in quanto sgraditi ai clienti “migliori”;
•
esclusione procedurale – dato che l'accesso ai servizi avviene secondo procedure standard fissate dalle banche stesse, molte persone si trovano in difficoltà qualora non siano in grado di adempiere a certe richieste (in particolare con riferimento alla produzione di documentazione: domicilio, storia reddituale e lavorativa e via dicendo). In aggiunta, il livello di alfabetizzazione finanziaria (per non dire di quella di base) del potenziale cliente è un discriminante spesso fondamentale nel determinare le sue probabilità di accedere a certi servizi, e nei paesi più poveri questo è un problema diffuso;
•
esclusione economica per barriere di prezzo – il prezzo di molti servizi è spesso così elevato da impedirne l'accesso a molti. Il semplice costo di apertura e mantenimento di un conto corrente bancario è insostenibile per chi abbia un reddito basso e magari discontinuo;
•
esclusione di prodotto e di servizio – spesso le condizioni di erogazione dei vari servizi come il tempo di evasione della pratica, l'ammontare e la durata del prestito, la tipologia del piano di rimborso sono inadeguate alle esigenze di certi clienti, e nel caso di soggetti economicamente svantaggiati tale inadeguatezza può risultare decisiva. Le comuni banche commerciali difficilmente sono capaci di incontrare le esigenze delle microimprese; sono carenti di esperienza nel settore e, di conseguenza, di un'offerta adeguata di 17
servizi; •
autoesclusione – in molti casi i soggetti economicamente deboli tendono a percepire una certa “lontananza” del sistema finanziario nei loro confronti (procedure macchinose e scoraggianti, richiesta di garanzie, l'immagine stessa che la banca proietta di sé). Questo in molti casi contribuisce a generare una forte diffidenza che, attraverso una sorta di “profezia che si autoavvera”, trattiene molti dall'avvicinarsi al mondo delle banche;
•
esclusione indotta – deriva dal fenomeno del sovraindebitamento, sempre più presente nei paesi più ricchi. Come ha sottolineato Maria Nowak, 28 la forza di persuasione della pubblicità e dell'ostentazione di certi stili di vita spinge sempre più le persone a ricorrere al credito al consumo anche per acquistare il superfluo spingendole ad un eccessivo indebitamento. Questo diventa un problema nel momento in cui persone bancabili si espongono al punto di non poter più accedere a servizi finanziari negli eventuali momenti di reale bisogno.
In base a tali osservazioni, possiamo concludere che l' “identikit” dei soggetti esclusi dal credito descrive individui, prevalentemente donne, attivi nel settore informale con reddito basso e discontinuo, basso livello di istruzione e talvolta in situazioni difficili dal punto di vista familiare o personale (età, salute, reddito), magari residenti in aree marginali ed economicamente depresse: 29 si calcola che nel mondo le persone escluse dal sistema bancario siano circa 160 milioni nei paesi sviluppati e intorno ai 2,7 miliardi (ovvero il 72% degli individui adulti) nei paesi in via di sviluppo.30
1.4. Il microcredito La parola credito deriva dal latino “credo”, che significa sia “credere, fidarsi” che “affidare, consegnare”, con una netta prevalenza della prima accezione. Similmente, 28 Ibidem, p. 33. 29 A. Andreoni, V. Pelligra, op. cit. , p. 215. 30 Consultative Group to Assist the Poor, Financial Access - Measuring Access to Financial Services around the World, Washington, CGAP, 2009, p. 13.
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in italiano la parola “credito” significa “fiducia” oltre che “diritto a ricevere una certa somma di denaro”: il concetto di microcredito nasce proprio dal ritorno a questa radice etimologica, partendo dal presupposto che i rapporti economici sono innanzitutto relazioni tra individui. Questa è l'intuizione che sta alla base della Grameen Bank,31 nata nel 1976 dall'iniziativa di Muhammad Yunus, allora un giovane professore di economia. Essa ha iniziato l'attività come sportello di una banca bengalese dedicato ai clienti più poveri, evolvendosi poi fino a divenire indipendente nonché una delle prime banche del paese; dopo una fase di consolidamento ha raggiunto la piena autosostenibilità e ogni anno chiude puntualmente il bilancio in attivo. La Grameen è specializzata nel prestare piccole somme di denaro a persone povere, per la stragrande maggioranza donne, che sono totalmente escluse dal mercato del credito tradizionale. Dato che i poveri solitamente non hanno beni da portare come garanzia del credito, l'istituto non richiede alcuna forma di garanzia ma sceglie di proteggersi dal rischio di inadempienza dei debitori utilizzando incentivi differenti: innanzitutto, il metodo del prestito di gruppo attraverso il quale ogni richiedente un prestito devo associarsi con altre persone che si impegnano a restituire il prestito proprio e quello di eventuali membri insolventi;32 la richiesta di una piccola somma da depositare presso la banca, che costituisce un incentivo al risparmio ed è una sorta di “cauzione” che dissuade il cliente dal mettere in difficoltà la banca non restituendo il denaro; inoltre, la forte attenzione posta sulla dimensione “sociale” del rapporto di credito. Riunioni a cadenza settimanale, pagamenti pubblici e in generale una grande attenzione alle necessità ed alla situazione del cliente sono caratteristiche del modello Grameen, che è un esempio imprescindibile per la grande risonanza avuta dall'attività di questa istituzione che, dopo essere espressamente nata per concedere prestiti ai poveri, è diventata nel tempo l'emblema stesso della microfinanza. Il microcredito non è tuttavia nato con la Grameen Bank anche se spesso si tende a 31 In bengalese, “banca del villaggio”. 32 Questo metodo è stato poi abbandonato alcuni anni or sono da Grameen; tuttavia viene citato per l'importanza che ha avuto nello sviluppo dell'istituzione e per la sua diffusa adozione in numerose parti del globo; per approfondimenti si veda F. Volpi, Il denaro della speranza - Spirito, metodi e risultati della Grameen Bank, Bologna, EMI, 1998.
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identificare il primo con la seconda. Forme di credito basato sulle relazioni umane sono esistite da tempo immemore, sebbene lo sviluppo dei sistemi finanziari le abbia progressivamente relegate in una sfera sempre più minoritaria. La “novità” sta semmai nell'aver saputo riscoprire il valore e la potenza di certi meccanismi che appartengono alla sfera umana e sociale prima che a quella prettamente economica. Lo stesso Yunus ha individuato varie forme di microcredito praticate diffusamente nel tempo e nello spazio e ne ha descritto le caratteristiche suddividendo le esperienze in tre grandi gruppi: 1) microcredito tradizionale informale: vi vengono compresi i prestatori locali di villaggio, i prestiti di amici e familiari e in generale il prestito al consumo in mercati informali. Si tratta di pratiche esistenti da quando esiste il denaro; la differenza fondamentale rispetto al microcredito è che esse non hanno necessariamente lo scopo di promuovere l'emancipazione economica delle persone. Tra i suoi pregi c'è la riduzione (o eliminazione) della distanza informativa tra tra chi presta e chi riceve: il prestatore di villaggio conosce i suoi clienti e non ha problemi nel valutare la loro affidabilità o nel controllare il loro comportamento dopo che il prestito è avvenuto. Poiché la prossimità è molto costosa e richiede tempo, il mercato del credito informale è estremamente segmentato perché ogni prestatore lavora su piccola scala. Egli solitamente opera in condizioni di monopolio e questo si riflette in tassi di interesse altissimi e in un potere che spesso trascende l'arbitrarietà dei tassi (ad esempio, il prestatore può utilizzare il suo potere economico per impossessarsi del collaterale nel caso vi tenga più che a riavere il denaro, può ridurre in semischiavitù economica le sue vittime). Inoltre, il prestatore locale avrà interesse a finanziare prestiti al consumo piuttosto che attività imprenditoriali per il rischio di perdere clientela. Un' altra istituzione antica che pratica credito sono i Monti di Pietà; anch'essi tendono a finanziare il consumo in momenti di difficoltà, piuttosto che piccola imprenditoria. Inoltre si basano su un sistema di “collaterali
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alternativi”,33 i pegni, il quale pur essendo abbastanza efficace non tutela il prestatore in caso di insolvenza. 2) Una seconda categoria comprende i prestiti di gruppo di tipo informale: essi hanno una lunga storia nei paesi del sud del mondo. Gli esempi più diffusi sono le tontine e le rosca:34 la tontina è un fondo creato da un gruppo di persone, le quali ne ricevono una rendita. Alla morte di uno degli iscritti la sua quota va ad accrescere i rendimenti degli altri. Le rosca sono associazioni di risparmiatori: i soci versano ad intervalli periodici una somma prestabilita per formare il fondo e a turno viene sorteggiato un membro per ricevere un prestito; non è possibile accedere nuovamente al prestito finché tutti non lo hanno ricevuto. Questa forma di gestione collettiva dei risparmi è molto usata anche nei paesi industrializzati, specialmente nelle comunità di immigrati che mantengono forti legami di gruppo; è molto efficace nell'incentivare il risparmio e favorisce quindi l'accumulo di capitale; 3) una terza categoria può essere individuata anche nei prestiti di piccolo ammontare erogati da banche tradizionali, sebbene in questo caso si possa parlare di microcredito solo in misura parziale; 4) una filosofia e una prassi operativa affine a quella della microfinanza si ravvede infine nelle istituzioni creditizie di tipo cooperativo: i crediti cooperativi, le banche popolari, le casse di risparmio rappresentano un modo peculiare di intendere la finanza, il quale tiene in maggiore considerazione le ricadute sociali della propria attività e si orienta maggiormente verso la clientela medio-piccola. Tra le caratteristiche salienti, il voto capitario (uno a testa indipendente dal capitale versato), la commistione tra il ruolo di socio e quella di depositante e una forte vocazione locale.35 33 Si parla di collaterale affettivo, o nozionale, nel caso in cui venga posto a garanzia del debito un bene dal grande valore affettivo per il cliente ma dal valore di mercato nettamente inferiore alla cifra concessa in prestito; talvolta il suo valore di recupero è prossimo o perfino uguale a zero. Per approfondimenti si veda: A. Andreoni, V. Pelligra, op. cit. , p. 116. 34 ROSCA è l'acronimo di Rotating Savings and Credit Association. 35 Y. Fournier, A. Ouedraogo, Les coopératives d'épargne et de crédit en Afrique: historique et évolutions récentes , in “Revue Tiers Monde”, XXXVII, n° 145, 1996; L. Becchetti, op. cit. , pp. 19 – 23.
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Questa breve panoramica di contestualizzazione mostra come il microcredito moderno in fondo non faccia altro che pescare nelle “acque profonde” della tradizione, recuperandone gli elementi migliori e valorizzandoli per sfruttarli al meglio in contesti difficili, contesti in cui il sistema finanziario convenzionale non funziona dato che si è evoluto e adattato ad un “habitat” completamente diverso, quello delle società ricche e industrializzate. Preso atto di ciò, nel prossimo capitolo vedremo più nel dettaglio le diverse tecniche sviluppate per far fronte in modo efficace ai molti problemi che si incontrano quando si presta denaro, nonché le più rinomate esperienze maturate a livello globale.
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2. IL MICROCREDITO: SVILUPPO E DIFFUSIONE
2.1. La storia e le pratiche consolidate La moderna microfinanza nasce come risposta al problema della povertà. Secondo una interpretazione ampia, esso non riguarda solo la scarsa disponibilità di risorse economiche ma comporta una serie di restrizioni della propria libertà di agire e perfino di godere di alcuni diritti umani fondamentali. 36 Sotto il profilo strettamente economico l'indigenza diviene mancanza di libertà di iniziativa a causa dell'esclusione finanziaria dell'individuo, ovvero della sua impossibilità a rivolgersi ad una banca per ottenere denaro da investire in attività produttive. Di conseguenza, l'approccio con cui
gli operatori del microcredito si accostano al problema
dell'indigenza parte per così dire “dal basso”, dal caso concreto di bisogno e dalla necessità del singolo. Sottolineiamo questo aspetto perché, risalendo indietro nel tempo, possiamo ricordare come negli anni Cinquanta del secolo scorso le teorie più accreditate presso gli studiosi di economia dello sviluppo, ovvero la “teoria della modernizzazione” e la “teoria della dipendenza”, 37 focalizzassero entrambe l'attenzione sulle variabili macroeconomiche e strutturali dell'economia, le quali erano ritenute i pilastri fondamentali di qualsiasi strategia volta a perseguire la crescita economica. Sul finire degli anni Sessanta questa visione meccanicistica è andata progressivamente perdendo di importanza, mentre le condizioni di vita dei 36 Questa visione multidimensionale della povertà è stata introdotta ed esposta in modo organico da Amartya K. Sen, che ha usato il concetto di capabilities per spiegare che un individuo povero è un individuo privo di libertà. Per approfondimenti: A. K. Sen, op. cit. 37 La Teoria della Modernizzazione prende il nome da una classificazione sociologica delle società in “moderne” e “tradizionali” ; secondo tale concezione i paesi più arretrati possono, grazie al trasferimento di tecnologia e assistenza da parte dei paesi industrializzati e sotto l'impulso modernizzatore dell'apparato statale, ripercorrere la stessa strada fatta dagli altri seguendo le stesse tappe verso il benessere. La Teoria della Dipendenza è nata come reazione alla precedente: secondo i suoi sostenitori i paesi sono suddivisi in ricchi e poveri, che vengono sfruttati dai primi. Le relazioni tra i due gruppi, che secondo la teoria della modernizzazione sono benefiche per i più poveri, secondo questa corrente al contrario perpetuerebbero la diseguaglianza in quanto basati su rapporti di forza impari. Su questo si rinvia a: C. Leys, The Rise and Fall of Development Theory, Bloomington, Indiana University Press, 1996; D. Lal, The poverty of "development economics”, Cambridge, MIT Press, 2000.
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cittadini sono andate progressivamente crescendo di considerazione nelle politiche di intervento, all'interno di un nuovo paradigma economico, l' “Alternative development”, il quale ha introdotto una serie di nuovi obiettivi che privilegiassero gli aspetti concreti della vita delle persone: si è cominciato a parlare di “sviluppo umano” e a riconoscere l'importanza della partecipazione dal basso nelle scelte politiche.38 In questo contesto, la Banca Mondiale 39 ha iniziato a mettere a punto dei piani di credito agevolato che finanziassero le attività produttive industriali e la costruzione di infrastrutture a basso tasso di interesse; tuttavia gli elevati tassi di sofferenza 40 e le grandi passività accumulate dalle agenzie governative che operavano in questo settore ha portato alla messa in discussione41 e infine alla perdita di credibilità dell'intero sistema. Il problema di fondo era che, a prescindere dai risultati economici prodotti dagli investimenti finanziati, i quali peraltro essendo veicolati dallo stato o da altri enti pubblici erano tipicamente soggetti a forti emorragie di risorse a causa di sprechi o corruzione, tali operazioni non avevano una ricaduta concreta sul tenore di vita della popolazione: l'effetto di “sgocciolamento”, ovvero il processo di circolazione del denaro dei grandi investimenti e quindi di redistribuzione della ricchezza dai settori più ricchi della società fino a quelli meno abbienti o poveri, sembrava rimanere ancorato al livello di teoria economica di fronte ai ripetuti insuccessi di questa strategia che ne era l'applicazione pratica. I poveri rimanevano comunque tagliati fuori dal sistema economico.42 È in questo periodo di transizione che sono comparse le prime pratiche di microcredito propriamente detto, ovvero quelle avviate negli anni Settanta da Yunus in Bangladesh e da ACCION43 in Brasile. Nel decennio successivo si è iniziato a 38 A. Andreoni, V. Pelligra, op. cit. , p. 76. 39 La Banca per la Ricostruzione e lo Sviluppo, nota ai più come Banca Mondiale, è una istituzione finanziaria creata a seguito della Conferenza di Bretton Woods nel 1944. La sua missione originaria era finanziare la ricostruzione nei paesi devastati dalla II Guerra Mondiale. Successivamente la sua attività si è concentrata nel sostegno allo sviluppo economico dei paesi meno avanzati. Su questo cfr. E. Sciso, Appunti di Diritto Internazionale dell'Economia, Torino, G, Giappichelli Editore, 2007, p. 75. 40 In gergo bancario, si parla di credito in sofferenza qualora il debitore sia troppo in ritardo nei pagamenti per essere in regola, ma non abbastanza da essere dichiarato insolvente. 41 E. Sciso, op. cit. , p. 27. 42 M. Yunus, op. cit. , p. 26. 43 ACCION - Americans for Community Cooperation in Other Nations - è una ONG fondata nel 1961 a Caracas per promuovere lo sviluppo delle zone più povere della città; dal 1973 ha investito sempre più
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sperimentare nel nord del mondo: negli Stati Uniti, dove la South Shore Bank di Chicago44 ha avuto un ruolo pionieristico, e in Europa, con le iniziative di Maria Nowak in Francia, Bosnia, Albania e in molti paesi dell'Est. Il motivo del successo e della sempre più rapida diffusione di esperienze di microcredito appare evidente: preso atto che il mercato è un potente strumento di creazione di ricchezza, nonché della
contraddizione 45 di una società liberale
capitalistica che persegue politiche di sviluppo attraverso iniziative decise e controllate dall'alto di burocrazie pubbliche, 46 vediamo come l'atto di cercare deliberatamente rapporti commerciali con persone nullatenenti o quasi sia al tempo stesso rivoluzionario perché in aperta controtendenza, ma soprattutto un segnale potentissimo nei confronti di coloro che fino ad allora erano stati letteralmente ignorati dal sistema economico. Costoro hanno capito la portata dell'opportunità che veniva loro concessa ed hanno lavorato per continuare a meritarla: è proprio questa responsabilizzazione non imposta ma indotta dall'adesione sincera ad un progetto che ha permesso al meccanismo di non arrestarsi e perfino di crescere, trovando in sé stesso l'energia per accrescere sempre di più il suo moto.
2.2. L'idea di microcredito Andremo adesso a delineare con maggiore chiarezza le caratteristiche del microcredito, che è l'oggetto della presente trattazione, e delle sue applicazioni pratiche più riuscite. energie nella microfinanza, che è oggi il pilastro centrale della sua attività. ACCION international, Our History, Sito web di ACCION International, <http://www.accion.org/Page.aspx?pid=506>, consultazione del 20 Febbraio 2010. 44 La South Shore Bank, una banca in declino e apparentemente destinata al fallimento situata in un'area depressa di Chicago, fu acquistata nel 1973 da un gruppo di imprenditori convinti che potesse diventare un potente strumento di promozione sociale. Da allora ha iniziato a progettare strumenti di credito a basso prezzo avvalendosi anche di agenzie no-profit create ad hoc per raggiungere anche coloro che non riuscivano ad accedere al normale credito bancario, salvando sé stessa dalla bancarotta e permettendo la creazione di centinaia di nuove imprese. South Shore Bank, History, Sito web della South Shore Bank, <https://www.sbk.com/about-us/history/>, consultazione del 20 Febbraio 2010. 45 Tale contraddizione è stata intelligentemente sottolineata da Yunus: M. Yunus, op. cit. , p. 27. 46 È noto come, in tempi di guerra fredda, la cooperazione internazionale sia stata un fondamentale strumento di politica estera per gli stati e fosse quindi fortemente condizionata dalle esigenze del donatore e del blocco di cui faceva parte, piuttosto che da quelle dei poveri. Per approfondimenti cfr. C. Clapham, Africa and the international system: the politics of state survival, Cambridge, Cambridge University Press, 1999, pp. 134 – 157.
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Sebbene negli ultimi vent'anni l'utilizzo di tale strumento sia cresciuto esponenzialmente uscendo perfino dall'alveo dei paesi in via di sviluppo per approdare nel cuore del mondo industrializzato, fino ad ottenere una certa risonanza anche tra i non “addetti ai lavori”, non esiste una definizione univoca del termine “microcredito”. Questo a causa del fatto che sono ormai così tante le istituzioni che praticano e sperimentano forme di credito alternative a quello bancario tradizionale che la prassi operativa di ognuna di esse differisce almeno in qualche dettaglio da tutte le altre: il naturale adattamento a paesi diversi del metodo sperimentato originariamente in Bangladesh ha fatto sì che ogni paese, ogni organizzazione non governativa (ONG), ogni istituzione finanziaria il cui obiettivo sia prestare denaro a coloro che non possono averlo tramite i normali istituti di credito sia arrivata a sviluppare pratiche e strategie differenti per adattarsi meglio al contesto di riferimento. Possiamo comunque proporre una definizione comprensiva di tutte o quasi le fattispecie esistenti, affermando che il microcredito è una forma di attività bancaria consistente nel concedere prestiti di piccola entità a persone che non hanno la possibilità di ottenere denaro altrove, se non a condizioni usurarie attraverso canali informali. Solitamente questo tipo di prestiti non è supportato da una garanzia reale (ovvero, dall'ipoteca su un bene di valore del beneficiario del prestito) e questo è un aspetto fondamentale in quanto l'assenza di beni che garantiscano il prestito è spesso la causa primaria dell'impossibilità di accedere al credito bancario. Fatte salve le molte differenze, è possibile tracciare delle caratteristiche comuni alle migliaia di istituzioni47 operanti nel settore ed ai loro metodi di lavoro. Per prima cosa, tutte hanno in comune l'obiettivo: fornire accesso al credito a coloro che non possono, per i più vari motivi, rivolgersi ad una banca. Tutte le istituzioni, 47 Sono 4.413 quelle censite dallo State of Microcredit Summit Campaign Report 2009, cifra che raddoppia considerando il numero stimato di quelle che operano su piccola scala e non risultano dal censimento. Il Microcredit Summit Campaign è una ONG con sede a Washington D.C. , la quale raccoglie al suo interno rappresentanti di tutte le maggiori istituzioni dedite al microcredito a livello mondiale ed è il principale foro di discussione e concertazione in materia di strategie, risultati conseguiti e obiettivi da prefissare. Per approfondimenti si rinvia a: S. Daley-Harris, State of Microcredit Summit Campaign Report 2009, Washington D.C. , Microcredit Summit Campaign, 2009; Microcredit Summit Campaign, About Us, Sito web del MSC, <http://www.microcreditsummit.org/about/about_the_microcredit_summit_campaign/>, consultazione dell' 11 Febbraio 2010.
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siano esse ONG, banche, enti a fini di lucro o no profit hanno questa unica missione primaria, che si concretizza in un preciso criterio di scelta dei destinatari, ovvero gli esclusi dal credito bancario. Talvolta ci si rivolge a specifici sottoinsiemi del gruppo degli individui non bancabili.48 Un secondo elemento comune a tutte le esperienze è la ricerca della sostenibilità, aspetto che marca invece la differenza rispetto alla beneficenza, in quanto il denaro concesso non è a fondo perduto e, salvo casi particolari, comporta il pagamento di una quota di interessi in modo analogo a quanto accade nella finanza convenzionale. Un percorso di restituzione programmato nei tempi e nei costi rappresenta tra l'altro una importante forma di responsabilizzazione dei clienti, che influisce positivamente sulla loro autostima e sulla loro capacità di far fronte ai problemi. Elementi comuni soltanto alle esperienze portate avanti nei paesi in via di sviluppo sono invece la concessione di somme esigue, la modalità di rimborso in piccole rate frequenti, di solito settimanali o mensili; sovente l'atto del rimborso viene enfatizzato e reso visibile a tutti inserendolo in un incontro pubblico, durante il quale il rappresentante della banca discute delle eventuali problematiche emerse nelle fasi di avviamento e di gestione dell'investimento. Questo aspetto, che ha un ruolo centrale nel sistema della Grameen Bank, assume una veste fortemente simbolica oltre ad essere un segno concreto di vicinanza alla gente e serve a rinsaldare il rapporto di fiducia e cooperazione tra l'istituzione ed i suoi clienti.49 È importante che le procedure siano snelle e flessibili dato che i clienti, indigenti e spesso analfabeti, devono essere sollevati per quanto possibile dal carico di adempimenti burocratici che per loro rappresentano solo una barriera all'accesso. Partendo dal presupposto che i poveri sono culturalmente molto lontani dai tecnicismi e dalle procedure tipiche delle banche ed hanno una istintiva ma motivata avversione a rivolgersi ad esse, spesso si assiste persino ad un rovesciamento delle dinamiche: mentre le banche convenzionali aspettano che il cliente chieda i loro servizi, nei paesi in via di sviluppo (PVS) gli operatori degli istituti che lavorano 48 Ad esempio, in Asia l'85% dei prestiti viene concesso alle donne – è anche il caso della Grameen Bank – perché esse sono generalmente ritenute più affidabili e oculate; in certi paesi si privilegiano invece gli immigrati per sostenerne l'integrazione sociale. Su questo, cfr. P. De Vincentiis, op. cit. , p. 57. 49 M. Yunus, op. cit. , p. 107.
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nella microfinanza vanno fisicamente in cerca dei potenziali clienti per convincerli a cogliere l'opportunità di un prestito per realizzare i loro progetti, o semplicemente per spiegare loro che questa opportunità esiste. 50 Nei paesi industrializzati si passa invece attraverso il settore associativo e cooperativo che fanno da tramite tra la domanda e l'offerta di microcredito.
2.3. Chi sono i clienti del microcredito I potenziali clienti della microfinanza sono tutti coloro i quali, a causa di una insufficiente dotazione finanziaria, restano esclusi dal circuito del credito convenzionale: in questa ampia definizione possono rientrare i lavoratori dell'economia informale, quelli precari o occasionali ed in generale tutti i piccoli attori economici in ogni settore dell'economia: un aspetto fondamentale è la necessità che essi siano “poveri attivi”, ovvero persone capaci di svolgere un lavoro e quindi in grado di produrre un qualche reddito attraverso di esso. Le donne sono spesso un target privilegiato: dovendo gestire la casa e la famiglia, sono più stabili e più predisposte a programmare ed organizzarsi e quindi a gestire in modo razionale le risorse a disposizione.51 Si potrebbe credere che solo una parte tutto sommato esigua della popolazione soddisfi questi requisiti: non è così, e per averne un'idea basti pensare che nel solo 2009 le stime più attendibili della domanda globale di credito da parte di individui non bancabili parlano di una somma intorno ai 300 miliardi di dollari USA. Tuttavia, solo una parte di questa somma è stata resa disponibile dalle Istituzioni di Microfinanza (IMF), che nello stesso periodo sono riuscite a garantire una quantità stimata tra i 15 ed i 25 miliardi:52 una somma certo ragguardevole ma ancora 50 Racconta Yunus che, fin dalla nascita dell'istituzione, nelle filiali Grameen veniva appeso un avviso che recitava: “La presenza in ufficio di qualsiasi membro del personale è da considerarsi una violazione delle regole della Banca Grameen” ; l'idea alla base di ciò era che “...per un povero – e per giunta analfabeta – un ufficio è un luogo minaccioso, terrificante. È un modo ulteriore di interporre una distanza. Quindi abbiamo pensato che dovessimo essere noi ad andare nelle case. Tutto il sistema Grameen si basa sul principio che non devono essere i clienti ad andare in banca, ma la banca dai clienti”. Ibidem, p. 115. 51 Esemplare il caso di Grameen Bank, in cui il 97% dei clienti è costituito da donne. Cfr. L. Becchetti, op. cit. , p. 17. 52 S. Daley-Harris, op. cit. , p. 16.
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insufficiente a coprire un fabbisogno tanto grande. Gli ultimi dati organicamente raccolti ed elaborati in seno al Microcredit Summit Campaign sono riferiti al 2007, e parlano di 154,8 milioni di clienti che hanno ricevuto almeno un prestito, di cui circa 106 milioni erano tra i più poveri quando hanno ricevuto il primo credito. L'obiettivo che le organizzazioni riunite nel summit si sono prefisse di raggiungere entro il 2015 è raggiungere almeno 175 milioni di famiglie tra le più povere al mondo e, parallelamente, fare sì che almeno 100 milioni di famiglie dal 1990 in poi abbiano superato il reddito pro capite di un dollaro al giorno,53 considerato dall'ONU come la soglia di povertà assoluta, grazie all'aiuto di microprestiti. Considerando una media di cinque persone per famiglia, il raggiungimento del secondo traguardo significherebbe l'uscita dalla povertà estrema di circa mezzo miliardo di individui: un traguardo di enorme portata che però potrebbe essere realisticamente raggiunto se il trend attuale proseguisse. Inoltre la situazione attuale è incoraggiante: prima di quello attuale era stato fissato un obiettivo meno ambizioso, quando nel 1997 la prima riunione dell'organizzazione stabilì che entro il 2005 si sarebbero dovute raggiungere almeno cento milioni di famiglie povere cui offrire credito e altri servizi finanziari. L'obiettivo è stato dichiarato raggiunto nel 2007,54 con due soli anni di ritardo sebbene al tempo dell'annuncio si fosse ancora solo a quota 7,5 milioni: questo dà un'idea di quanto rapidamente il mercato della microfinanza sia cresciuto negli ultimi quindici anni. Nonostante la difficile congiuntura economica globale, o forse proprio grazie ad essa, il margine di espansione per le iniziative di microcredito appare tuttora assai ampio.
53 In realtà, la Banca Mondiale nel 2008 ha ritoccato la soglia considerata di povertà estrema, portandola a 1,25 $ al giorno a causa del generalizzato aumento del costo della vita nei PVS: tuttavia, il Summit finora non ha adeguato di conseguenza il valore di riferimento di un dollaro nel calcolare le proprie statistiche per mantenerlo coerente con quello usato nella definizione dei Millennium Development Goals. Ciò avverrà qualora gli obiettivi del millennio vengano ricalcolati sulla base del nuovo parametro. Da notare che questo indicatore è calcolato correggendo il valore nominale della valuta secondo il metodo Purchase Parity Power (parità di potere di acquisto) per rendere comparabili le misurazioni fatte in paesi con differente costo della vita. 54 S. Daley-Harris, op. cit. , p. 7.
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2.4. Microcredito e microfinanza: le nuove frontiere Un errore comune, fonte di confusione, è l'utilizzo indiscriminato dei termini “microcredito” e “microfinanza” per indicare la stessa realtà. Questo non è corretto in quanto la microfinanza è un concetto molto più ampio, nel cui significato generale si incontrano varie pratiche finanziarie che hanno in comune l'orientamento ai bisogni dei più poveri, ma che non riguardano il solo credito. Con il consolidamento dell'attività e la crescita dimensionale infatti, alcuni operatori di microcredito hanno intuito l'opportunità di fornire una serie di servizi aggiuntivi ai propri clienti che integrassero il semplice prestito: servizi di conto corrente, di assicurazione, pagamento, trasferimento di denaro e così via sono necessari ai poveri come e forse più che agli altri, e sempre più soggetti si stanno attrezzando per fornirglieli. Mentre la nascita del microcredito si colloca quindi nei primi anni Settanta del secolo scorso, il concetto di microfinanza è stato definito solo negli anni Novanta,55 con l'affinamento delle tecniche e la crescita dell'esperienza delle istituzioni operanti nel settore. Ciò nonostante, ad oggi solo una piccola percentuale delle istituzioni di microfinanza riesce ad offrire una gamma completa di servizi in quanto la loro fornitura presuppone il confrontarsi con problemi organizzativi e finanziari ben maggiori di quelli posti dal semplice credito, cui riescono a far fronte solo poche organizzazioni grandi e consolidate come ad esempio Grameen Bank, BancoSol 56 e Bank Rakyat,57 che riescono ad operare su vari fronti con successo e profitto economico. 55 Più precisamente nel primo Microcredit Summit del 1997, in cui è stata affermata l'importanza di offrire una gamma di prodotti finanziari che andasse al di là del semplice prestito. Per approfondimenti su questo tema si veda S. Daley-Harris, op. cit. 56 Nata nel 1986 in Bolivia come ONG dedita al microcredito per combattere la povertà, ha avuto un tale successo che nel 1992, raggiunto un portafoglio di quattro milioni di dollari ripartiti tra 17.000 clienti, è stata presa la decisione di trasformare l'organizzazione in una vera banca specializzata nella microfinanza al fine di aumentarne la capacità operativa. Al 2010 essa ha distribuito circa 2 miliardi di dollari di prestiti. Cfr BancoSol, Our history, sito web di BancoSol, <http://www.bancosol.com.bo/en/historia.html>, consultazione del 15 Febbraio 2010. 57 Bank Rakyat è una banca indonesiana nata nel 1954 dalla fusione di 11 istituti di credito cooperativo. Nata come strumento per favorire l'accesso al credito per le cooperative ed i loro soci, nel tempo si è andata specializzando in finanza islamica e microfinanza; ad oggi riesce perfino a finanziarsi principalmente attraverso i depositi dei suoi clienti, dimostrando così l'importanza dei servizi di deposito per la banca stessa oltre che per la clientela. Cfr. Marco Elia, Microcredito e microfinanza, in D. Ciravegna e A. Limone (a cura di), Otto modi di dire microcredito, Bologna, 2006, p. 192.
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Tra tutte, Grameen si distingue per avere ereditato dal proprio fondatore un approccio creativo ai problemi e una capacità di visione di lungo periodo i quali l'hanno portata a creare una rete di società controllate tramite cui fornisce in Bangladesh, oltre al credito, servizi di telefonia fissa e mobile, finanziamenti e borse di studio per gli studenti meritevoli, impianti di produzione di energia rinnovabile e perfino servizi tecnologici avanzati come web hosting e sviluppo di software: tutti beni e servizi progettati e tarati sulle esigenze e sulle possibilità di coloro che non riescono ad accedervi tramite i canali convenzionali, secondo il paradigma coniato da Yunus di “impresa con finalità sociali”.58 Le aziende fondate a tale scopo infatti hanno la particolare caratteristica di non essere orientate al profitto, ovvero non distribuiscono utili ma li reinvestono continuamente nell'attività produttiva: questo ha un doppio impatto positivo sul tessuto economico in quanto permette di adottare politiche di prezzi bassi e contemporaneamente crea posti di lavoro e contribuisce allo sviluppo.
2.5. I problemi del credito e le soluzioni individuate dalla microfinanza Le istituzioni più rinomate si sono organizzate per risolvere concretamente i vari problemi che si pongono quando si pratica questa attività. Gli aspetti maggiormente interessanti sono cinque: la struttura organizzativa dell'istituzione, i canali utilizzati per reperire i fondi necessari, il sistema di incentivi utilizzato per sostituire la garanzia reale, il criterio di scelta dei tassi di interesse praticati e il modo in cui viene declinato il concetto di sostenibilità del progetto. Quest'ultimo aspetto è tutt'altro che secondario: sebbene il microcredito dovrebbe essere sostenibile per sua natura in quanto servizio a pagamento, vedremo come esistano diversi livelli di sostenibilità in corrispondenza di ognuno dei quali si hanno svantaggi e benefici. 59 La soluzione che viene cercata per ognuno di questi problemi è strettamente collegata al genere di organizzazione: ad esempio, una ONG che pratica 58 M.Yunus, Un mondo senza povertà, Milano, Feltrinelli, 2008, p. 112. 59 Per approfondire si veda il Paragrafo 2.Il reperimento dei fondi.
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microcredito fissa tassi inferiori rispetto ad una banca dato che la prima ha plausibilmente l'obiettivo esplicito di fare il maggior numero di prestiti possibile per aiutare più persone, mentre la seconda pone maggiore attenzione ai vincoli di bilancio e forse al profitto. In modo simile, il reperimento dei fondi è di solito radicalmente diverso in un ente no-profit, il quale normalmente non esita a chiedere donazioni in nome della nobile causa perseguita, 60 rispetto ad uno che intende conseguire profitti tramite la sua attività; quest'ultimo più probabilmente cerca sul mercato i finanziamenti necessari. Solo le organizzazioni più grandi ed efficienti possono riuscire a sostenersi in questo modo: alcune di esse sono Grameen Bank, Bank Rakyat, BancoSol, l'italiana Banca Popolare Etica.61 2.5.1. Le forme organizzative Un aspetto importante nell'analisi di un'attività di microcredito è la natura dell'organizzazione che la porta avanti. A una molteplicità di pratiche simili ma non identiche fra loro corrisponde una varietà di forme giuridiche e organizzative in cui si possono presentare le istituzioni di microfinanza (IMF). Esse differiscono infatti a seconda che operino su vasta o piccola scala, che siano autogestite o ci sia una separazione netta tra operatori e clientela, che si trovino in un paese ricco oppure in uno povero; di conseguenza adottano una certa forma piuttosto che un'altra. Sotto il profilo formale e giuridico possiamo distinguere tra istituzioni formali, semi-formali e informali. Rientrano nel gruppo delle organizzazioni formali quelle la cui esistenza e operatività è riconosciuta e definita da una normativa bancaria generale oppure creata appositamente per regolare le operazioni di microfinanza. Di conseguenza, sono soggette a una specifica supervisione dello stato che ne valuta l'aderenza alla 60 Ad esempio, si avvalgono del sostegno di donatori ACCION International, FINCA, l'ADIE e in Italia Micro.Bo. 61 La Banca Popolare Etica è nata nel 1994 dall'iniziativa di una serie di operatori del terzo settore, del volontariato e della cooperazione internazionale: di fronte a cambiamenti nella normativa bancaria e alla necessità da essi avvertita di avere un interlocutore affidabile nel sistema creditizio che potesse fungere da centro di raccolta del risparmio dei soci e sostenere progetti con finalità sociali. Alcuni di questi enti (sindacati, associazioni, mutue di autogestione) si sono associati dando vita alla banca. Cfr. B. P. Etica, La Storia, sito web della Banca Popolare Etica, <http://www.bancaetica.com/Content.ep3? CAT_ID=31844&ID=770936>, consultazione del 25 Maggio 2010.
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normativa di riferimento. Rientrano solitamente in questa categoria le banche pubbliche e quelle private, le unioni di credito e le cooperative di credito: ci soffermeremo in particolare sulle ultime due, che per loro natura interessano più da vicino l'argomento del microcredito. •
Unioni di credito – si tratta di istituzioni finanziarie autogestite, basate sul principio della mutualità: i membri ne sono anche i proprietari. Si tratta generalmente di individui appartenenti ad una stessa organizzazione (dipendenti dello stesso datore di lavoro, stessa chiesa, sindacato, comunità, etc) i quali decidono di risparmiare assieme al fine di concedersi prestiti l'un l'altro a tassi ragionevoli, inferiori a quelli che potrebbero ottenere in banca. Prima di accedere a un prestito è solitamente necessario avere trascorso un certo periodo accumulando risparmio; come regola generale infatti l'ammontare del prestito concesso è un multiplo dei risparmi accumulati. Una caratteristica importante delle unioni di credito è una grande efficienza nel mobilitare il risparmio e quindi nel raggiungimento dell'autonomia finanziaria.62
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Cooperative – si tratta anche in questo caso di istituzioni mutualistiche; sono di fatto molto simili alle unioni di credito ma con una differenza importante: hanno riconoscimento giuridico. Sono quindi inquadrate nella normativa che regola il settore cooperativo e soggette ai controlli del caso. I primi modelli sono stati sviluppati tra Europa e America settentrionale nel XIX secolo. In Italia rientrano in questa categoria le MAG (Mutue di Auto Gestione), 63 che sono soggette alla normativa bancaria ed a quella del settore cooperativo.
Le istituzioni semi-formali sono anch'esse registrate come persone giuridiche e quindi riconosciute dallo stato, tuttavia non rientrano nelle fattispecie regolamentate 62 Barbara Aiolfi, La struttura organizzativa, in D. Ciravegna e A. Limone (a cura di), op. cit., 244. 63 Le MAG sono cooperative di carattere finanziario senza scopo di lucro, la cui missione primaria è la raccolta e la redistribuzione di finanziamenti in varie forme ai loro soci senza che sia richiesta alcuna garanzia o fideiussione. I loro soci sono persone fisiche e giuridiche con una percentuale relativamente alta di realtà enti no profit, i quali hanno tradizionalmente difficoltà ad accedere al credito bancario; in Italia attualmente ne esistono sei, nate a partire dagli anni Ottanta con l'ambizione di creare un circuito di credito etico alternativo a quello tradizionale. Cfr. Elisa Carandina, Missione e obiettivi, in D. Ciravegna e A. Limone (a cura di), op. cit. , p. 136.
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dalla legislazione bancaria. Non necessitano quindi di licenze o autorizzazioni all'esercizio dell'attività bancaria e non sono soggette a controlli specifici in tal senso. Gli esempi principali di questa “zona intermedia” sono le cosiddette banche di villaggio, le ONG che praticano il microcredito e le associazioni di risparmio e credito. •
Banche di villaggio – si tratta di fatto di associazioni di risparmio e credito basate su una comunità locale. Generalmente comprendono un numero di membri tra i 25 e i 50, persone dal basso reddito che vogliono avviare un'attività autonoma. Il capitale iniziale viene da fonti esterne per velocizzare la fase embrionale dell'iniziativa la quale altrimenti sarebbe eccessivamente lunga ma un ruolo fondamentale viene giocato dalle fonti proprie, sotto forma di risparmio e di interessi sui prestiti; queste crescono infatti piuttosto rapidamente (la stessa esistenza della banca è un potente incentivo al risparmio) fino alla tendenziale sostituzione dell'intero capitale versato dal finanziatore iniziale, che di solito è una ONG. L'intera gestione della banca è affidata agli associati per tagliare i costi e porre le basi di una cultura finanziaria concreta, della quale trarrà beneficio l'intera comunità: il ruolo della ONG, che pure è fondamentale, si limita ad apportare il capitale di partenza e a formare coloro che lavoreranno alla sua gestione. Questa strategia è stata sviluppata da FINCA64 negli anni Ottanta del secolo scorso in America centrale, ed è stata poi replicata in molti paesi tra cui Armenia, Georgia, Kosovo, Russia, Afghanistan, Giordania, Repubblica Democratica del Congo e Zambia.
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Organizzazioni non governative – un grande numero di ONG, tuttora in crescita, ha avviato progetti di microcredito spesso come attività sussidiaria a quelle che già svolgevano nelle comunità in cui sono presenti. Si tratta di solito di organizzazioni di modeste dimensioni che dipendono da fonti
64 Foundation for International Community Assistance; fondata in Bolivia nel 1985, si è specializzata fin dalla sua nascita nella fornitura di servizi finanziari ai poveri. È attualmente attiva in America latina, Asia e in Africa dove è presente in Malawi, Repubblica Democratica del Congo, Tanzania, Uganda e Zambia. Per approfondimenti si veda: FINCA International, FINCA's history, sito web di FINCA International, <http://www.finca.org/site/c.erKPI2PCIoE/b.2700241/k.98F7/FINCAs_History.htm>, consultazione del 12 Febbraio 2010.
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esterne sia per le operazioni di prestito che per la copertura delle spese operative, avvalendosi dell'appoggio di sponsor, perlopiù occidentali, i quali forniscono capitale e consulenza. Vedremo come questa sia esattamente la fattispecie in cui rientra il caso di studio esaminato in questo elaborato di tesi. •
Associazioni di risparmio e credito – questa categoria è simile alla banca di villaggio per caratteristiche strutturali e modalità di gestione, anche se il numero di soci può superare i 100 o perfino essere dell'ordine di migliaia. A differenza della banca di villaggio però si basa soltanto sui risparmi dei membri per finanziare le sue attività; di qui la necessità di un numero maggiore di soci. I prestiti concessi sono individuali e sono proporzionali al risparmio accumulato dal richiedente. Talvolta essa esige dai propri clienti una garanzia, ma in ogni caso la condizione strettamente necessaria per avere credito è la conoscenza reciproca. Essa fin dall'inizio gode di una piena indipendenza, che paga però con una minore solidità patrimoniale, e quindi minore capacità di fare fronte ai bisogni della clientela. Di conseguenza i tassi di interesse richiesti sono elevati, dato che sono essenziali per la capitalizzazione e la stessa sopravvivenza dell'istituto. Un esempio di successo in questo senso è dato dalla SEWA Bank indiana, una banca gestita dalle stesse donne che ne sono clienti oltre che socie; è stata fondata nel 1974 dall'associazione di 4000 donne che hanno versato dieci rupie a testa e oggi può contare su 93.000 depositanti.65
Le istituzioni informali sono quelle di stampo più tradizionale; nascono e si appoggiano esclusivamente a legami di conoscenza reciproca e interdipendenza sociale, non avendo alcun tipo di riconoscimento da parte della legge. •
Associazioni di risparmio e credito non registrate – si tratta di associazioni di fatto, generalmente operanti secondo il metodo rotativo per cui ogni socio
65 La SEWA (Self Employed Women’s Association) è una organizzazione nata in India nel 1972 come sindacato femminile; nel 1974 ha dato impulso alla nascita della SEWA Bank per permettere alle proprie socie di accedere al credito a tassi convenienti. Cfr. Self Employed Women’s Association, About Us, sito web della SEWA, <http://www.sewa.org/About_Us_History.asp>, consultazione del 25 Febbraio 2010.
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versa un contributo fisso a intervalli regolari e a turno riceve l'intero ammontare accumulato. Il turno di ognuno viene stabilito attraverso un metodo casuale come un sorteggio oppure uno competitivo come un'asta. Il numero delle contribuzioni periodiche coincide quindi con il numero dei soci che ne possono beneficiare, fino all'avvio di un nuovo ciclo. Tale sistema, nato nell'area nord occidentale del continente africano, si è in seguito diffuso anche verso est e nelle aree centro-meridionali e prende il nome di tontina.66 •
Prestatori individuali – sono persone che rivestono una posizione sociale di rilievo nella propria comunità. Avendo ingenti disponibilità, prestano denaro ad interesse spesso in regime di quasi monopolio; avendo scarsa concorrenza sono liberi di fissare i tassi che preferiscono. Di solito l'interesse viene fissato sulla base del guadagno atteso dall'investimento che verrà realizzato con il prestito ed in generale è molto più alto di quello delle banche commerciali. Sarebbe tuttavia troppo semplificatorio definirli usurai, dato che operano in contesti molto diversi tra loro e talmente particolari sotto il profilo del rischio, del livello e tipo dei costi di transazione, della sicurezza e via dicendo che non si può parlare automaticamente di usura solo per via del costo dei loro servizi;67 tuttavia portano benefici scarsi o nulli alla loro comunità. Spesso offrono un servizio di custodia dei risparmi, che però è fine a sé stesso e non finanzia altro credito come nei casi sopra citati.68
Risulta quindi opportuno rilevare che attualmente la tendenza dominante vede la formazione di strutture sempre più formalizzate e riconosciute legalmente, che associano alla consistenza patrimoniale derivante dall'appoggio di ONG e istituzioni 66 Per un ulteriore approfondimento si rinvia alla raccolta di saggi curata da M. Lelart, La tontine: pratique informelle d'épargne et de crédit dans les pays en voie de développement, Montrouge, J. Libbey, 1990. 67 Vale la pena di notare, infatti, che le più importanti istituzioni di microfinanza praticano tassi notevolmente più elevati rispetto alle normali banche commerciali: 22% per BancoSol, 20% per Grameen Argentina, 29% per First Step. Nel 2007 ha destato scalpore il caso estremo di Compartamos, una IMF messicana che ha raggiunto la sostenibilità e perfino alti livelli di profitto praticando tassi superiori all'85%. Cfr. R. Rosenberg, A. Gonzalez e S. Narain, The New Moneylenders: Are The Poor Being Exploited by High Microcredit Interest Rates?, Occasional Paper series, 2009, sito web del Consultative Group to Assist the Poor, <http://www.cgap.org/gm/document-1.9.9534/OP15.pdf>, consultazione del 26 Febbraio 2010. 68 V. Cristofoli, Microfinanza informale e innovazione in Africa: i banchieri itineranti, in “Africa e Orienti”, n.1 (2000); Barbara Aiolfi, op. cit. , p. 241.
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dei paesi ricchi un approccio metodologico sempre più strutturato e formale. La condivisione delle esperienze ed il ruolo attivo di raccolta e condivisione dei dati ed elaborazione teorica di organismi come il Microcredit Summit Campaign, il Consultative Group to Assist the Poor (CGAP), 69 il Microcredit Information Exchange
(MIX),70
oltre
all'attività
di
sperimentazione
dei
player
più
all'avanguardia i quali sono costantemente presi ad esempio e analizzati nelle loro metodologie, fa sì da un lato che anche i soggetti di piccole dimensioni abbiano accesso a tutte le informazioni necessarie per organizzarsi in modo efficiente, e dall'altro che anche soggetti di rilievo come le grandi ONG che hanno una diversa mission, oppure le banche stesse, possano considerare l'idea di avvicinarsi alla microfinanza sapendo di poter contare su una quantità di informazioni ed expertise a cui possono attingere per costruire progetti anche di ampia portata.
2.5.2. Il reperimento dei fondi Il problema del procacciamento delle risorse da impiegare è un problema di primaria importanza, il quale si articola in due livelli. Da un lato, i fondi sono sempre insufficienti a coprire il fabbisogno: come abbiamo detto in precedenza, la domanda stimata è di circa quindici volte superiore al credito disponibile per cui l'accesso a quantità di denaro sempre maggiori è di vitale importanza per poter raggiungere il maggior numero possibile di persone. D'altro canto però si pone un problema di tipo “politico”: infatti, il tipo di donatori o comunque di apportatori di capitale ha potenzialmente una forte influenza sulle scelte operative dell'istituzione. Quindi le IMF si trovano in una situazione in cui il perseguimento della mission dell'istituzione può entrare in conflitto con la volontà del soggetto finanziatore 69 Il Consultative Group to Assist the Poor (CGAP) è un consorzio nato nel 1995 per impulso della Banca Mondiale ed altre agenzie di promozione dello sviluppo per sostenere la diffusione della microfinanza attraverso attività di studio e di raccolta ed elaborazione dati sull'argomento. Sito web del CGAP, <http://www.cgap.org/p/site/c/aboutus/>, consultazione del 10 Maggio 2010. 70 Il MIX – Microfinance Information Exchange – è un centro studi con sede a Washington. Fondato per iniziativa del CGAP, è finanziato da quest'ultimo e da alcune fondazioni private; si occupa di raccogliere ed elaborare dati riguardanti le performance finanziarie delle istituzioni operanti del settore della microfinanza. Sito web del MIX, <http://www.themix.org/about-mix/about-mix>, consultazione del 10 Maggio 2010.
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dell'attività. Essa può quindi decidere di non ricorrere a certi canali di finanziamento per avere una maggiore libertà di azione, ma questo inevitabilmente si traduce in una minore dotazione di capitali.71 Un metodo efficace di reperimento fondi è la raccolta di depositi, sia dai propri debitori oppure aperta al pubblico: istituzioni importanti e consolidate come Grameen Bank in Bangladesh e Bank Rakyat in Indonesia hanno raggiunto non solo l'autosufficienza ma una lunga serie di bilanci in attivo minimizzando i costi di provvista anche grazie all'attività di deposito. Essa porta inoltre altri importanti benefici che saranno approfonditi nei paragrafi seguenti. I motivi per cui la maggioranza delle IMF non intraprende questa strada sono da un lato dovuti alla cultura dell'istituzione, che spesso non valuta positivamente la possibilità di diventare qualcosa che assomiglia ad una vera banca, mentre d'altra parte si osserva come le legislazioni nazionali pongano forti limitazioni alla possibilità di raccogliere denaro in deposito. Tale attività è in generale preclusa alle ONG che sono una larga parte degli operatori attivi nel campo della microfinanza, la quale rappresenta un settore del tutto trascurato dalle normative bancarie: questo limita di molto la capacità di azione delle istituzioni, che si vedono costrette a delegare alle banche parte delle attività con ripercussioni sull'efficienza del sistema. 72 Nel caso in cui non sia possibile raccogliere depositi, ci sono altre vie percorribili che restano nell'alveo delle soluzioni di mercato: partendo dal presupposto che nei paesi in via di sviluppo è difficile reperire capitali, una possibilità concreta consiste nel raccogliere finanziamenti all'estero, in paesi dove sia più facile reperire fondi, per poi investirli in progetti di microcredito chiedendo un interesse abbastanza alto da poter restituire il capitale con tutti gli interessi passivi. Questa strada tuttavia ha lo svantaggio di essere rischiosa a causa del sistema dei cambi: se il prestito è concesso in valuta pregiata e la moneta del paese dove opera il progetto è soggetta ad una forte inflazione, come capita spesso nei paesi in via di sviluppo, al momento di restituire il prestito l'onere del debito sale proporzionalmente alla svalutazione 71 R. Cull, A. Demirgüç-Kunt, J. Morduch, Microfinance Tradeoffs. Regulation, Competition, and Financing, Washington D.C. , World Bank Development Research Group, 2009, p. 10. 72 M. Yunus, Un mondo senza povertà, cit. , p. 84.
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della moneta; se, d'altro canto, il prestito è concesso in valuta locale il prestatore rischia di recuperare un importo nettamente inferiore al previsto.73 Un altro strumento potente e ancora sottoutilizzato risiede nell'utilizzo di wholesale funds, fondi privati che si incaricano di convogliare donazioni e finanziamenti destinate ad attività di microcredito, e si occupano poi di indirizzarli verso le singole istituzioni con precedenza per quelle che sono ancora nella fase di lancio e quindi sono più fragili. È importante che tali istituzioni siano dislocate nel territorio su cui insistono i progetti concreti per evitare i rischi connessi al cambio di cui sopra. Infine, la fonte da cui dipende tuttora il maggior numero di organizzazioni sono le donazioni e i vari trasferimenti a fondo perduto, preziosi ma pericolosi per il mantenimento della libertà decisionale.74 Il problema del reperimento delle risorse necessarie all'attività ci conduce ad affrontare un'altra questione di primaria importanza: la autosostenibilità dell'istituzione di microfinanza. Valutare correttamente la sostenibilità di una istituzione è importante perché porta a fare considerazioni attendibili sul suo stato di salute e, non ultimo, ad analizzare la misura in cui essa dipende dall'aiuto di soggetti terzi ed è quindi da essi condizionata. Come si è ricordato in precedenza, infatti, il grado di dipendenza dagli aiuti esterni è inversamente proporzionale al grado di libertà e di scelta degli obiettivi e delle strategie 75 ed è quindi importante avere piena consapevolezza delle implicazioni che questo comporta. Inoltre, le donazioni non sono stabili nel tempo e questo significa che, nel lungo periodo, solo le istituzioni che hanno raggiunto almeno la sostenibilità finanziaria76 hanno la certezza di sopravvivere ad un calo delle donazioni.77
73 Ibidem, p. 82. 74 Ibidem, p. 84. 75 Marco Elia, Fonti di finanziamento e sostenibilità finanziaria, in D. Ciravegna e A. Limone (a cura di), op. cit. , p. 261. 76 La sostenibilità finanziaria è intesa come la capacità di finanziare i prestiti successivi attraverso gli interessi pagati dai clienti, anche se si ricorre a meccanismi non di mercato come il volontariato o le donazioni per reperire le risorse umane e strumentali. 77 Su questo argomento, per analizzarne meglio caratteristiche e implicazioni, cfr. infra, pp. 48 – 54.
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2.5.3. La garanzia La fornitura di servizi creditizi è una attività fondamentale in qualsiasi sistema economico ma nondimeno molto delicata; l'istituto di credito deve infatti operare secondo prudenza, seguendo una serie di criteri che permettano di gestire un patrimonio in continuo movimento ma anche di scegliere al meglio a quali clienti concedere il diritto di usufruirne. Per l'istituto il denaro è una risorsa limitata e in quanto tale deve essere usata nel modo più efficiente e sicuro possibile: di conseguenza, è necessario adottare metodologie che permettano da un lato di scegliere i clienti migliori a cui affidare questa risorsa e dall'altro di tutelarsi dal rischio che parte di essa vada perduta. Nello specifico, prima di aprire una linea di credito sono necessari due passaggi preventivi: la fissazione di un tasso di interesse, e l'analisi della solvibilità del potenziale cliente. Gli istituti di credito utilizzano a questo scopo lo studio di quattro informazioni fondamentali: 1. la reputazione del soggetto, ovvero il record storico dei comportamenti che esso ha tenuto in passato; 2. la sua situazione economica generale, ovvero la sua capacità di generare flussi di cassa che permettano la restituzione del prestito; 3. la redditività generata dall'investimento finanziato, ovvero la possibilità che esso basti a ripagare il prestito e gli interessi relativi; 4. le garanzie collaterali, ovvero un controvalore in beni immobili di proprietà del debitore, oppure impegni personali di soggetti terzi. Questi quattro elementi, tenuti in considerazione da tutti i tipi di prestatori, assumono però un peso relativo differente in ogni istituzione in base alla sua filosofia e alle caratteristiche del target servito. Il sistema bancario tradizionale tipicamente dà maggiore importanza alla situazione economica ed alle garanzie collaterali portate in pegno dal cliente, che sono i requisiti di più facile ed economica verifica. Tali garanzie possono essere di tipo personale se portate dal richiedente, come nel caso del pegno e dell'ipoteca; possono essere portate da terzi che rivestono quindi il ruolo di fideiussori o avallatori del debito oppure anche
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garanzie di tipo collettivo, come quelle rilasciate dai confidi.78 In tutti questi casi il meccanismo di base è lo stesso: nel caso in cui il debitore fallisca nel restituire il prestito, il creditore acquisisce diritti sui beni portati come collaterale. Il grave inconveniente derivante da questo sistema è che sovente restano esclusi dal credito progetti assai validi e capaci di generare profitto per la sola assenza di una garanzia reale ritenuta sufficiente; questo è un meccanismo pernicioso perché rallenta l'innovazione e la crescita del sistema economico, oltre a permettere tendenzialmente di generare reddito solo a chi ha già una buona dotazione di partenza. La filosofia che sta alla base del microcredito impone invece un ribaltamento di questa scala di valori, come naturale conseguenza delle caratteristiche del tutto peculiari della clientela servita: di conseguenza le IMF sono più interessate a verificare, e coltivare, la reputazione del soggetto richiedente piuttosto che il valore del suo collaterale; preferiscono analizzare la reale consistenza e profittabilità del progetto che si dovrebbe finanziare piuttosto che il conto in banca dell'imprenditore. Poiché, come ricordato in precedenza, questi aspetti sono di più difficile verifica e soprattutto comportano costi di valutazione maggiori, si è reso necessario sviluppare pratiche e strumenti innovativi per la gestione del rischio, i quali hanno in comune il fatto di comportare un rapporto più stretto fra prestatore e cliente: per questo spesso si parla di “credito relazionale” o “finanza relazionale” allorché si analizzano le metodologie della microfinanza e del microcredito in particolare. Questo interesse a conoscere e sfruttare al meglio le dinamiche di relazione tra gli individui, e tra l'individuo e la banca, è necessario in definitiva per poter “trasferire” in capo a chi riceve il prestito parte degli oneri relativi al controllo che solitamente andrebbero in capo all'istituto di credito e fare sì che i clienti si controllino l'un l'altro sanzionando eventuali comportamenti scorretti o pericolosi.79 I meccanismi di incentivazione più diffusi possono essere suddivisi in tre grandi categorie: i sostituti di garanzia, le garanzie reali non convenzionali e i depositi 78 I confidi sono consorzi che hanno lo scopo di facilitare l'accesso al credito alle piccole e medie imprese. 79 A. Andreoni, V. Pelligra, op. cit. , p. 88.
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obbligatori. Poiché il problema della garanzia in assenza di collaterali reali è il nodo gordiano che si cerca di sciogliere con l'adozione del microcredito, nella maggioranza dei casi sono state adottate soluzioni alternative all'ipoteca e al pegno per incentivare la restituzione del prestito. Tali soluzioni fanno leva principalmente sulla dimensione sociale dell'individuo, costruendo un sistema di incentivi psicologici che rendono svantaggioso per il suo benessere e per il suo positivo inserimento nella comunità comportarsi in maniera scorretta e non restituire del tutto o in parte il denaro ricevuto. Per questo motivo i sostituti di garanzia funzionano particolarmente bene nel caso di prestiti di gruppo. Tra i più utilizzati troviamo: •
la selezione accurata del cliente – viene effettuata attraverso la valutazione delle sue caratteristiche personali e della sua affidabilità nei rapporti commerciali;
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la garanzia di gruppo ad adesione obbligatoria – il gruppo fornisce servizi di controllo fra pari (peer pressure o peer monitoring), che nei paesi in via di sviluppo sono ancora molto efficaci in quanto reputazione e senso dell'onore sono ancora valori di estrema importanza. Inoltre, la contiguità sociale e geografica dei prestatari rende facile per loro controllarsi a vicenda e sanzionare eventuali comportamenti individuali che potrebbero mettere a repentaglio il futuro accesso al credito dei membri della comunità. Questa è di fatto una esternalizzazione di servizi: poiché sarebbe decisamente troppo oneroso e difficile per la banca controllare da vicino ogni cliente, essa delega questo compito ai clienti stessi fornendo loro un incentivo, l'eventuale sospensione del credito, a comportarsi bene e a spingere gli altri a fare altrettanto;
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i co-firmatari – è un tipo di garanzia personale analogo a quella relativa al sistema bancario tradizionale, viene talvolta utilizzata per i prestiti individuali. È molto utile perché avere un co-firmatario implica un debito con un conoscente in caso di default ed è un forte stimolo a comportarsi diligentemente; un suo svantaggio è che in contesti di povertà può rivelarsi 42
assai difficile trovare qualcuno disposto a garantire debiti altrui; •
contatti frequenti con l'addetto al credito – assicurano l'effettiva comprensione del funzionamento del prestito e contribuiscono alla creazione di un rapporto di fiducia reciproca aumentando quindi il costo psicologico di un comportamento scorretto da parte del cliente;
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pagamenti ravvicinati – rate mensili o settimanali, in alcuni casi anche più frequenti, in modo da mantenerne basso l'importo e non sovraccaricare il debitore sotto il profilo economico ma neanche sotto quello psicologico;
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incontri di gruppo – migliorano la conoscenza reciproca dei clienti e dell'istituzione, monitorano l'andamento dei prestiti e favoriscono lo scambio di esperienze utili. Nei casi più virtuosi possono essere tenuti brevi corsi di management o di altro tipo, utili per la corretta gestione del business e del prestito. Questo è un aspetto da non sottovalutare in quanto sovente la restituzione è messa in crisi non dalla cattiva volontà, ma dalla scarsa preparazione imprenditoriale del soggetto;
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ripetibilità del prestito – si tratta di un aspetto fondamentale perché la subordinazione delle seguenti erogazioni alla restituzione della prima rappresenta un forte incentivo per chi non ha altre possibilità di ampliare la propria base economica. Ha anche una forte valenza “didattica” in quanto permette ai richiedenti di abituarsi a gestire somme sempre maggiori, come in una palestra in cui si aumenta il carico di sforzo in modo progressivo. É il più utilizzato dei sostituti di garanzia perché efficace e assai semplice da implementare: Grameen ne ha fatto la base del suo sistema dopo le modifiche apportate nel 2002,80 ed anche nel metodo di Insiemepercaso questo aspetto è tutt'altro che secondario. Il primo prestito concesso, infatti, è di soli 100.000 Kwacha81: un importo ridotto che serve per verificare l'onestà e l'affidabilità del cliente e iniziare un percorso di crescita che auspicabilmente durerà nel tempo.
Le garanzie reali non convenzionali, dette anche collaterali alternativi o nozionali, 80 M. Yunus, Un mondo senza povertà, cit. , pp. 73 – 78. 81 1 Kwacha equivale a 0,000156 € – cambio del 10 Giugno 2010.
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sono invece garanzie reali che però non vengono considerate tali dal sistema bancario in quanto il loro valore di mercato è inferiore all'importo del prestito. Può trattarsi di scorte di magazzino, gioielli, arredi o beni di qualsiasi altro tipo. Una istituzione che utilizza questo sistema è FINCA, che è presente anche in Kosovo dove fra i propri clienti annovera numerosi tassisti, dei quali accetta come garanzia la vettura che usano per il lavoro: pur essendo di solito di scarso valore monetario, ha un elevato valore di utilizzo per il cliente in quanto è la sua unica fonte di reddito e funziona quindi come incentivo ad impegnarsi nel pagamento. 82 Tradizionalmente anche i monti di pietà83 si avvalgono di questo tipo di garanzia in quanto a fronte del denaro prestato prendono in pegno oggetti che hanno prevalentemente un valore affettivo per il cliente. Questo sistema è quindi usato da secoli ma ha alcuni difetti, quali l'impossibilità di recuperare il denaro in caso di insolvenza del debitore e talvolta la difficoltà nell'attestare l'effettivo valore del pegno per il cliente. Infine, i depositi sono la naturale garanzia dei prestiti, dato che offrono sicurezza all'istituzione e capitali da investire nell'attività creditizia. Inoltre, tendono ad eliminare il conflitto di interessi tra cliente e prestatore perché se l'istituzione ha problemi finanziari questo può mettere a repentaglio la sicurezza del denaro versato; ciò deve incentivare i clienti a comportarsi diligentemente per difendere i propri stessi interessi. La Grameen Bank da anni richiede alla propria clientela di versare in deposito una percentuale del prestito ricevuto proprio per questo motivo e questo è uno dei fattori della sua buona riuscita e crescita nel tempo: infatti, svolgendo un'attività di raccolta fondi l'istituzione non solo rafforza il sistema di incentivi a restituire il denaro, ma accede ad una ricca fonte di finanziamento. Non ultimo, la raccolta di depositi svolge una importante opera di “educazione al risparmio” nei confronti dei clienti, i quali si abituano all'idea di fare accantonamenti per il futuro. 84
Nonostante i vantaggi siano evidenti e comprovati dai casi di successo, poche IMF praticano questa attività: essa infatti viene spesso percepita come separata rispetto 82 L. Becchetti, op. cit. , p. 61. 83 Vedi infra, p. 20. 84 E. Isaia, Il processo creditizio e le garanzie, in D. Ciravegna e A. Limone (a cura di), op. cit. , p. 181.
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all'erogazione di credito, oltre a comportare un adeguamento strutturale dell'istituzione che non sempre è di agevole attuazione, specialmente nelle fasi iniziali dell'attività quando il numero di clienti è esiguo e non giustifica tale sforzo. Le normative bancarie infatti impongono ormai ovunque precisi requisiti da rispettare per avere il permesso di raccogliere depositi legalmente; questo pone un freno al diffondersi di tale attività.85 2.5.4. La scelta dei tassi di interesse Un altro problema rilevante riguarda la fissazione del prezzo del credito, che equivale a dire l'interesse. L'importanza di questo aspetto risulta evidente: il tasso di interesse infatti ha un potente effetto di selezione della clientela oltre ad essere un fattore determinante della capacità dell'iniziativa di autosostenersi. Il suo valore dovrebbe essere abbastanza alto da coprire tutti i costi, ed è solitamente funzione di quattro fattori principali: il costo di provvista delle risorse; i costi operativi e le spese amministrative; il livello di accantonamento per ammortizzare il rischio di perdite su crediti e infine, il livello di remunerazione del capitale desiderato. Il peso relativo di ognuno di questi fattori dipende ancora una volta dal tipo di istituzione e dalla sua strategia: una ONG non si preoccupa di assicurare una resa al capitale apportato mentre lo stesso non vale per una banca. Nel caso del microcredito poi i costi operativi sono molto più alti rispetto al credito convenzionale perché ogni prestito comporta il sostenimento di un ammontare di costi fissi, la cui incidenza sul totale è minore se il numero di prestiti è ridotto. Ne consegue che maggiore è il numero di prestiti fatti, maggiore è il livello dei costi che si devono sostenere a parità di importo totale prestato. Per definizione, facendo microcredito si concedono prestiti di basso importo quindi il costo medio di ognuno di essi è relativamente elevato. Inoltre, i costi operativi delle istituzioni di microfinanza sono più elevati anche a causa dei servizi di consulenza generalmente necessari ad una clientela spesso analfabeta o comunque inesperta in materia di rapporti con istituti di credito e di gestione finanziaria; anche 85 M. Yunus, Un mondo senza povertà, cit. , p. 84.
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il costo di provvista tende ad essere elevato qualora il capitale non sia apportato a fondo perduto per via della elevata percezione di rischiosità che ne hanno gli investitori. A questo va aggiunto il fatto che spesso si opera in aree rurali in cui la popolazione è dispersa, in cui la difficoltà di stabilire un contatto con i potenziali clienti è alta per motivi psicologici e sociali oltre che geografici; vincere la diffidenza e, nel caso delle donne, le barriere sociali rappresenta un costo che sovente risulta essere notevole, senza considerare che bisogna dedicare molto tempo ed energie ad ogni singolo cliente oltre che al personale, che necessita di una formazione adeguata alle particolari condizioni di lavoro.86 Per questi motivi, anche nelle istituzioni più efficienti e consolidate come BRAC o Grameen, difficilmente i costi operativi scendono al di sotto del 25% del portafoglio prestiti.87 Questi problemi si traducono in pratica nella fissazione di tassi di interesse che possono facilmente superare il 30% ; le organizzazioni che puntano alla sostenibilità possono arrivare a chiedere il 90% per coprire i costi. Di fronte ad un simile quadro è difficile non porsi un quesito etico: è accettabile far pagare ad un nullatenente un interesse tanto elevato quando un appartenente al ceto medio può avere lo stesso servizio a prezzi nettamente inferiori? Questa è una domanda che non ha una risposta univoca, anche in virtù della diversa ottica con la quale si può guardare al problema e agli obiettivi che ci si prefiggono. Se si cerca la sostenibilità, che è certo un obiettivo encomiabile, si deve fare in modo di coprire le spese e l'unica via sicura è fissare un elevato prezzo del credito. Se si ha come obiettivo il raggiungimento del maggior numero di clienti possibile, sarà probabilmente necessario fissare un basso livello dei tassi in modo da attrarre un numero maggiore di persone anche tra i soggetti economicamente più deboli. La posizione attualmente dominante privilegia la sostenibilità, ritenendo che il vero nemico sia l'esclusione finanziaria e che per combatterlo efficacemente le istituzioni di microfinanza devono essere il più possibile solide, 88 tuttavia il consenso sulla 86 M. Yunus, Il banchiere dei poveri, cit. ; cfr. inoltre P. De Vincentiis, op. cit. , p. 55. 87 P. de Vincentiis, Il pricing dei microprestiti, in D. Ciravegna e A. Limone (a cura di), op. cit. , p. 209. 88 Questo assunto va in realtà scomposto distinguendo i contesti poveri da quelli industrializzati, nei quali la piena sostenibilità si è finora rivelata irraggiungibile per cause economiche strutturali; per ulteriori approfondimenti vedi infra, pp. 53 – 58.
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questione è tutt'altro che unanime. Un discorso a parte va fatto per le IMF operanti nei paesi occidentali, che per vari motivi non riescono a portare i tassi ad un livello che consenta di coprire i costi per una serie di fattori strutturali: limiti legislativi all'ammontare degli interessi, come accade ad esempio in Italia ed in Francia, barriere ideologiche o etiche che portano a ritenere immorale fissare tassi di molto superiori a quelli chiesti dalle banche, o semplicemente la forte concorrenza. Nei paesi industrializzati, infatti, il piccolo credito al consumo è un mercato vasto e profittevole in cui opera un grande numero di aziende specializzate: tale concorrenza spinge potentemente verso il basso il livello dei tassi.89 Un altro aspetto determinante è la struttura del prestito poiché essa incide indirettamente sul suo costo per il richiedente e, di conseguenza, sulla sua resa per il prestatore: variazioni nella sua durata complessiva e nella modalità di rimborso possono fare una grande differenza. Ad esempio, la previsione di un periodo di preammortamento o “periodo di grazia” di alcuni mesi, durante i quali il pagamento delle rate è sospeso, può essere di vitale importanza per consentire al cliente di recuperare il capitale investito, specialmente in certe categorie professionali. 90 Inoltre, a parità di importo un prestito dalla durata maggiore è meno oneroso di uno dalla durata inferiore. La restituzione di un microprestito si articola usualmente in una serie di scadenze brevi; questo è fortemente preferibile in quanto esse permettono di monitorare con facilità la restituzione e non pongono grossi problemi di gestione finanziaria ad un individuo che probabilmente non ha mai avuto in mano una somma di denaro. Si tratta di un aspetto di non secondaria importanza perché non di rado gli individui al loro primo prestito sono tentati di utilizzare il denaro per acquistare beni di consumo, ancorché di primaria necessità, 91 piuttosto che investirlo in un'attività produttiva ritrovandosi in questo modo nell'incapacità di onorare il 89 Ibidem, p. 209. 90 È il caso ad esempio degli investimenti agricoli, che hanno tempistiche di ritorno rigidamente vincolate ai cicli di semina e raccolta; lo stesso vale per i produttori di tappeti, molto diffusi in Asia, che hanno bisogno di molto tempo per ultimare e vendere la loro merce. 91 È il caso di alcuni clienti del progetto esaminato nel presente elaborato, i quali sono andati in bancarotta per avere acquistato cibo con i soldi ricevuti. Sebbene esso sia un bene dall'importanza irrinunciabile, è evidente come questo comportamento possa compromettere le prospettive future di migliorare la propria situazione barattandole con un beneficio immediato ma di breve durata.
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debito, e di conseguenza perdono l'accesso al credito futuro. Nel caso di nuovi clienti, poi, una restituzione in piccole rate frequenti assicura un processo di progressiva conoscenza reciproca e di fiducia, che pongono solide basi per l'evoluzione del rapporto di affari, in virtù delle quali chi abbia rimborsato per intero il prestito avrà poi accesso a condizioni migliori e cifre più elevate.
2.5.5. La sostenibilità del progetto Quello della sostenibilità è un argomento di per sé abbastanza vasto e sfaccettato da meritare una trattazione a parte: ai fini del presente elaborato preme essenzialmente sottolineare come tendenzialmente tutte le organizzazioni che praticano la microfinanza puntino alla sostenibilità, sebbene soltanto un numero ristretto di queste, specialmente nei paesi ricchi, riesca effettivamente a raggiungerla. La maggior parte delle istituzioni dipende dalle donazioni e dai prestiti agevolati di enti pubblici, in misura variabile a seconda del profilo giuridico ed organizzativo dell'istituto.92 È interessante notare la contraddizione tra la natura spiccatamente “mercatista” del microcredito, che ha come obiettivo immediato il sostegno e lo sviluppo della microimpresa e quindi a livello aggregato del mercato stesso, e le difficoltà incontrate dalle istituzioni che lo praticano nel coprire i costi rispettando le regole della concorrenza. La contraddizione in realtà è solo apparente per due ordini di motivi: il primo è di tipo economico, in quanto il livello medio dei costi affrontati svolgendo questo tipo di attività è maggiore di quello tipico del credito convenzionale per i motivi già spiegati in precedenza. Questo rende più difficile per il business raggiungere la “velocità di fuga” sufficiente a sganciarlo da aiuti e finanziamenti agevolati di vario tipo. Il secondo aspetto da considerare è di ordine etico: essendo il microcredito percepito tuttora più come una forma evoluta di lotta alla povertà che come una forma evoluta di business, da un lato gli investitori sono riluttanti ad affidare a progetti di questo tipo le loro risorse se non in un'ottica 92 A. Andreoni, V. Pelligra, op. cit. , p. 248.
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filantropica; dall'altro, un grande numero di ONG, associazioni e istituzioni non finanziarie di vario tipo hanno avviato progetti che prevedono la concessione di piccoli prestiti allo scopo di combattere la povertà. Per loro natura, queste istituzioni non hanno interesse ad avere un ritorno economico che copra tutti i loro costi, essendo basate in larga parte su lavoro volontario e fondi apportati a titolo gratuito da donatori. A questo punto dobbiamo chiederci: tra il microcredito gestito a scopo di profitto e quindi finanziariamente sostenibile e quello invece che poggia sulle spalle della benevolenza dei donatori quale modello funziona meglio, cioè raggiunge con i suoi prestiti il maggior numero di poveri aiutandoli ad aumentare i loro redditi? La risposta è da tempo oggetto di dibattito scientifico, a causa della complessità della relazione tra la sostenibilità e la capacità di alleviare le situazioni di povertà: secondo molti ricercatori la sostenibilità finanziaria è un requisito fondamentale non solo per la prosecuzione dell'attività, ma perfino perché l'attività stessa possa essere efficace, come a dire che solo un meccanismo che sia pienamente inserito nel sistema di mercato può sostenere la crescita di quest'ultimo in modo genuino e non artificioso. Secondo questa tesi, diffusasi durante gli anni Ottanta del XX secolo, le istituzioni di microfinanza che rispettano i principi bancari sarebbero anche quelle maggiormente in grado di alleviare la povertà:93 questa considerazione si basa sull'idea che, se la domanda di servizi di microfinanza è inelastica 94 allora le istituzioni che forniscono tali servizi possono permettersi di praticare tassi compatibili con il perseguimento dell'equilibrio di bilancio. Il CGAP è uno dei più autorevoli sostenitori di questa posizione, avendo più volte affermato che un'istituzione che voglia essere longeva ed efficace nel combattere la povertà non possa praticare prezzi che non le consentano di coprire i costi, 95 e che eventuali sussidi devono solo sostenere la fase di avvio del progetto.
93 J. Morduch, The Microfinance Schism, in “World Development”, vol. 28(4), 2000, p. 617; cfr. anche D. Hulme, P. Mosley, Finance against poverty, London, Routledge, 1996. 94 In economia la domanda di un bene si definisce inelastica se cambia poco o per nulla al variare del suo prezzo. 95 Consultative Group to Assist the Poor, Donor guidelines on Good Practice in Microfinance, Washington D.C. , CGAP, 2004, p. 1.
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Tuttavia, come hanno efficacemente sottolineato Cull, Morduch e Demirgüç-Kunt,96 la relazione tra sostenibilità finanziaria ed impatto sociale è piuttosto complessa e comporta dei tradeoff difficili da rilevare e quantificare. In particolare, questi due obiettivi possono entrare in conflitto tra loro nel momento in cui l'autosufficienza diviene un vincolo che condiziona il processo di selezione dei clienti, la fissazione degli importi concessi, la definizione dei tassi di interesse e in generale delle politiche “aziendali” ; tutto questo ha una ricaduta evidente sul beneficio che i clienti possono ottenere dal rapporto con l'istituzione. Il riconoscimento dell'esistenza di questi trade-off ha portato ad una frattura tra coloro che ritengono prioritario privilegiare l'aspetto sociale dell'attività e coloro che invece mettono al primo posto la capacità di stare nel mercato, quindi la sostenibilità. I primi, detti anche welfaristi, mettono in guardia da una eccessiva commercializzazione della microfinanza, ricordando come i cosiddetti “poveri” siano in realtà un gruppo eterogeneo e segmentabile di ogni società: se la sostenibilità implica l'esclusione della fascia più povera in assoluto perché troppo rischiosa, il prezzo da pagare per l'autosufficienza è molto alto ed è lo snaturamento dei fini originari dell'iniziativa.97 Per fare un esempio concreto di politica di selezione della clientela “diretta verso il basso”, si ricorda come nel sistema Grameen avere più di mezzo acro di terra sia motivo di esclusione dal prestito. Coloro che privilegiano la sostenibilità, detti anche istituzionalisti, osservano d'altro canto che le istituzioni che riescono ad autosostenersi sono quelle che, secondo le statistiche, raggiungono un maggior numero di clienti e quindi quelle che hanno un maggiore impatto positivo sul tessuto sociale.98 Secondo il Microbanking Bulletin99 del 2008, i due terzi delle istituzioni considerate per le quali si aveva un set di dati completo e attendibile possedevano la capacità di 96 R. Cull, A. Demirgüç-Kunt, J. Morduch, op. cit. , p. 5. 97 Per approfondimenti, cfr. J. C. Brau & G. M. Woller, Microfinance Institutions: A Comprehensive Review of the Existing Literature and an Outline for Future Financial Research, Brigham Young University Press, Brigham, 2003. 98 Daniele Ciravegna, Il ruolo e le problematiche del microcredito e della microfinanza nell'economia moderna, in D. Ciravegna e A. Limone (a cura di), op. cit. , p. 24. 99 MIX, Microbanking Bulletin n. 16, Washington, 2008, 38. Il Microbanking Bulletin è una pubblicazione periodica prodotta dal MIX.
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autosostenersi: esse avevano in genere più di otto anni di vita, adottavano un sistema di prestito individuale ed avevano un alto numero di clienti e di prestiti in portafoglio. Tra tutte le istituzioni considerate, invece il tasso scende di molto, fino a circa la metà;100 la cosa non dovrebbe sorprendere alla luce delle considerazioni sopra riportate riguardo la presenza di ONG e organizzazioni di solidarietà. Uno studio recente, basato su un campione di 124 istituzioni distribuite in 49 paesi, ha mostrato come quelle che presentano migliori performance economiche siano caratterizzate da un sistema di prestito individuale, un portafoglio di clienti in cui sono mediamente meno numerose le donne e gli individui appartenenti alla fascia più povera della popolazione; i loro clienti hanno un reddito di partenza relativamente elevato, vicino alla soglia considerata di povertà.101 Questi dati sembrano segnalare che la microfinanza stia attraversando un processo di mission drift, che potremmo tradurre con “cambiamento di identità” e significa sostanzialmente che in base all'importanza che l'istituzione dà alla sostenibilità finanziaria, essa può scegliere di includere quote inferiori di persone estremamente indigenti tra la sua clientela. Di conseguenza, una istituzione che ricerca la sostenibilità tende ad allontanare almeno una parte di coloro che sono più bisognosi, per rivolgersi invece a soggetti più abbienti e profittevoli: questo è un terreno decisamente delicato in quanto tradisce apparentemente lo scopo dello strumento creando una fascia di individui non bancabili perfino per il microcredito. Dovrebbe quindi risultare evidente la necessità di approntare strumenti sempre più raffinati di analisi e gestione della performance, e di stabilire criteri operativi precisi insieme ad indicatori adatti a controllare la loro applicazione. Questo appare tanto più difficile quanto più si prende atto del fatto che non esistono due istituzioni di microfinanza che operano nello stesso modo, a causa di fattori esogeni quali l'ambiente geografico, sociale, istituzionale, economico e legislativo, e fattori endogeni come la professionalità dello staff, la filosofia e il sistema di incentivi utilizzato 100 Per l'esattezza, 381 su un totale di 640 nel mondo. 101 R. Cull, J. Morduch e A. Demirguc-Kunt, Financial Performance and Outreach: A Global Analysis of Leading Microbanks, Policy research working paper WPS3827, Sito web della Banca Mondiale, <http://econ.worldbank.org/external/default/main? pagePK=64165259&piPK=64165421&theSitePK=469372&menuPK=64166093&entityID=000016406 _20060124163013>, consultazione del 10 Maggio 2010.
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dall'organizzazione; il modo in cui questi fattori si combinano fra di loro incide profondamente sulle dinamiche sottostanti i trade-offs tra risultati sociali e finanziari. Da ciò deriva che non in tutti i contesti può essere possibile raggiungere un bilanciamento considerato ottimale fra le diverse esigenze. Un esempio molto interessante a tale proposito è quello della Bangladesh Rural Advancement Committee (BRAC),102 che in Bangladesh attua una segmentazione del proprio target, suddividendolo in diversi livelli di povertà che vengono gestiti in modo differente per minimizzare il rischio del mission drift. A questo scopo, all'unico programma originario è stato affiancato in seguito un altro dedicato ai più poveri che non riuscivano ad accedere al primo: utilizzando un livello minore di finanziamenti a fondo perduto per finanziare il primo ed un livello maggiore per il secondo è possibile tenere distinte le due attività ed ottimizzare l'utilizzo dei sussidi e delle donazioni. Parlando di ottimizzazione, appare quindi importante soffermarsi sul problema dell'efficienza: come ha sottolineato103 l'ILO104 nel 2007, data la enorme variabilità dei contesti in cui si pratica la microfinanza, l'efficienza con cui sono utilizzati i fondi potrebbe essere il migliore indicatore di come si sta lavorando, specie se si tiene in considerazione la difficoltà di raggiungere l'autosufficienza da un lato e di misurare la performance sociale dall'altro. Tra l'altro, si rileva una certa scarsità di studi sull'effetto del microcredito sul tessuto socioeconomico. Di recente la situazione è migliorata, ma ancora molto resta da fare su questo fronte: ad esempio, una efficace e corretta opera di valutazione dell'attività delle varie organizzazioni 102 La BRAC è una banca che, nata nel 1972 come programma di sostegno alla popolazione duramente provata dalla guerra di indipendenza, ha saputo sfruttare le opportunità presenti per crescere fino ad diventare una figura di rilievo nel paese. Nel tempo la sua offerta di servizi si è ampliata fino a comprendere programmi sanitari, di credito, di assicurazione e formazione sempre mirati ai settori più deboli della popolazione. Sito web del Global Development Research Center, <http://www.gdrc.org/icm/brac.html>, consultazione del 17 Maggio 2010. 103 Per approfondimenti, cfr. Bernd Balkenhol, Microfinance and public policy: Outreach, performance and efficiency, Geneva, ILO, 2007; A. Andreoni, V. Pelligra, op. cit. , p. 146. 104 L' International Labour Office (ILO) è una organizzazione internazionale con sede a Ginevra. Fondata nel 1919 all'indomani della Prima Guerra Mondiale, ha lo scopo di promuovere la giustizia sociale la quale, nella visione dei fondatori, è presupposto indispensabile per una pace duratura. Le aree di interesse dell'organizzazione sono la regolamentazione delle ore e delle condizioni lavorative, tra cui il salario e l'ambiente di lavoro, la tutela di donne e bambini dallo sfruttamento, la promozione della formazione professionale e del diritto di libera associazione dei lavoratori. Sito web dell'International Labour Office, About the ILO, <http://www.ilo.org/global/About_the_ILO/Origins_and_history/lang-en/index.htm>, consultazione del 02 Giugno 2010.
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potrebbe essere utilizzata per assegnare sussidi mirati a quelle che lavorano meglio. 105
Considerando invece l'efficienza, dal punto di vista strettamente economicistico essa non è altro che la minimizzazione dei costi a parità di output o di massimizzazione dell'output a parità di costi. Una istituzione che operi in un contesto molto difficile, caratterizzato ad esempio da bassa densità abitativa, situazione di grande povertà, applicando tassi di interesse elevati e con uno staff retribuito relativamente meno di altre istituzioni è certamente vicina alla soglia delle sue possibilità, possiamo quindi senz'altro ritenerla una organizzazione efficiente. Essa potrebbe tuttavia non riuscire a raggiungere l'indipendenza finanziaria, al contrario di altre che, pur essendo magari meno efficienti, operano in contesti più vantaggiosi, ad esempio caratterizzati da una maggiore domanda di credito e minore povertà. L'efficienza operativa è dunque determinata da diversi fattori, quali la capacità di assorbimento di debito da parte del target servito, le caratteristiche del contesto in cui si lavora, il costo dello staff e il suo livello di produttività: poiché alcuni di questi fattori non sono sotto il controllo dell'istituzione, nella valutazione del suo operato dovrebbe essere privilegiata l'efficienza piuttosto che la semplice autosufficienza finanziaria. Quest'ultima infatti potrebbe condannare al fallimento iniziative che non riescono a reggersi sulle proprie gambe ma hanno una positiva ricaduta sociale e invece premiare istituzioni che coprono bene le spese ma beneficiano scarsamente la collettività. Analizzando più nel dettaglio il concetto di sostenibilità, occorre specificare e definire alcuni sottoinsiemi che possono aiutare a comprendere i termini del problema. In generale, il grado di sostenibilità viene calcolato nel modo seguente:
% Sostenibilità=
Ricavi ∗100 Costi
105 A. Andreoni, V. Pelligra, op. cit. , p. 150 e segg.
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A seconda del tipo di informazioni che si desidera ottenere si opera una scelta dei fattori da includere nelle si voci di costo e di ricavo; se si inseriscono nella voce “ricavi” tutte le voci di entrata che figurano in bilancio, anche quelle relative alle donazioni, si parla di sostenibilità operativa lorda: essa non indica altro che la possibilità di sopravvivenza nel breve periodo. Se tra i ricavi si considerano solo gli interessi su prestiti ma non le donazioni ricevute si parla di sostenibilità operativa netta; se poi tra i costi inseriamo tutti i fattori produttivi impiegati nell'attività (capitale, lavoro, beni intermedi) anziché solo le spese correnti, la formula sopra riportata calcolerà la sostenibilità piena. Essa è la misura in cui un'istituzione è effettivamente in grado di camminare sulle proprie sole gambe, operando nel mercato come una qualsiasi azienda: è una misura assai più stringente ed utile rispetto alla prima per formulare un giudizio sullo stato di salute complessiva di una IMF.106 Talvolta ci si riferisce alla sostenibilità finanziaria anziché alla sostenibilità piena: la differenza sta nel fatto che la prima considera tra i costi soltanto quelli direttamente legati all'attività finanziaria, come gli importi erogati, piuttosto che quelli indiretti, come i beni capitali quali gli immobili; la ragione di ciò sta nel fatto che spesso questi ultimi sono conferiti a titolo gratuito o comunque a condizioni vantaggiose per cui sono fuori da una logica di tipo commerciale. La sostenibilità operativa è il requisito minimo essenziale per garantire la continuità dell'operato; un suo valore inferiore a 100% implica infatti la riduzione progressiva delle risorse a disposizione, la quale senza un inversione di trend porta inevitabilmente alla cessazione dell'attività dopo un certo intervallo di tempo. La sostenibilità finanziaria rappresenta invece il grado in cui i ricavi coprono i costi al netto delle donazioni ricevute, quindi delle risorse il cui afflusso è più difficilmente controllabile e prevedibile.107 Per calcolare questo parametro occorre anche correggere il valore dei ricavi rimuovendo l'effetto di tutte le distorsioni del mercato come agevolazioni fiscali, sconti e sussidi di ogni tipo.
106 Daniele Ciravegna, op. cit. , p. 27. 107 Ibidem, p. 32.
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2.6. Il microcredito nei paesi industrializzati Pensare alla microfinanza come a qualcosa che esaurisce nell'ambito dei paesi in via di sviluppo la sua efficacia e la sua ragione di esistere è fuorviante: perché pratiche creditizie o di risparmio di stampo relazionale esistono da tempo immemore anche nel ricco Occidente, e perché anche nei paesi più opulenti esiste in maniera sempre più grave il dramma della povertà e dell'esclusione sociale che spesso vi si accompagna. Secondo la Commissione Europea il 16% circa della popolazione europea era a rischio povertà nel 2005, l'ultimo anno per cui si possiedono dati elaborati; negli USA si parlava nel 2008 di circa il 13,2% dei cittadini. Si tratta di 78 milioni di persone nel primo caso, di circa 40 nel secondo.108 La principale causa di povertà nei paesi sviluppati è la disoccupazione, cui è più difficile rimediare in contesti economici complessi e diversificati a causa degli alti costi che comporta l'avvio di una attività o l'assunzione di lavoratori. Si crea così una sorta di “effetto soglia” per cui il capitale necessario è nettamente più elevato rispetto a situazioni analoghe in paesi in via di sviluppo. Questo probabilmente ha rallentato lo sviluppo del microcredito nelle nazioni più ricche rispetto alla sua velocità di propagazione nei paesi del sud del mondo; ciò nonostante, grazie ai successi ottenuti nei contesti più poveri e di fronte a tensioni economiche e sociali sempre maggiori, in Europa e in America Settentrionale la funzione sociale della microfinanza è ormai ampiamente riconosciuta: negli Stati Uniti opera da decenni un gigante del microcredito come ACCION International, 109 oltre ad un cospicuo numero di altre istituzioni più o meno grandi fra cui una filiale della bengalese Grameen Bank.
108 E.U. The European Anty-poverty Network, Poverty: facts and trends, Sito web dell'EAPM, <http://www.eapn.org/index.php? option=com_content&view=article&id=57&Itemid=55&lang=en#anchor1>, consultazione del 13 Maggio 2010; U.S. Census Bureau, Poverty: 2008 Highlights, Sito web dell'U.S. Census Bureau, <http://www.census.gov/hhes/www/poverty/poverty08/pov08hi.html>, consultazione del 13 Maggio 2010. 109 La filiale nordamericana dell'organizzazione, ACCION USA, è stata fondata nel 1991 e fino ad oggi ha distribuito 117 milioni di dollari di prestiti, che salgono a 272 se si considera l'intero network U.S. ACCION, di cui essa è parte. Sito web di ACCION USA, About ACCION USA, <http://www.accionusa.org/home/support-u.s.-microfinance/about-accion-usa/who-we-are.aspx>, consultazione del 14 Maggio 2010.
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Per quanto riguarda l'Europa, sotto l'egida del Fondo di Investimento Europeo 110 è stato lanciato nel 2000 il programma Microcredit Guarantee Window, attraverso cui il fondo garantisce in parte i prestiti effettuati da istituzioni di microfinanza sobbarcandosi una quota di rischio e ampliando così le possibilità di accesso al credito. Nel 2008 è stato poi avviato il programma Jasmine che, grazie all'attività di concertazione tra Commissione Europea, Banca Europea di Investimento e Fondo di Investimento Europeo, fornisce sostegno finanziario alle istituzioni di microfinanza attraverso l'erogazione di contributi e garanzie. Da notare che tutte queste iniziative europee non interagiscono direttamente con il tessuto delle imprese ma si interfacciano esclusivamente con le istituzioni finanziarie e di credito. La Commissione Europea ha anche dato sostegno attivo alla creazione dello European Microfinance Network, una ONG fondata per impulso dell'Association pour le Droit à l'Initiative Economique (ADIE),111 dell'inglese New Economics Foundation (NEF) e della tedesca Evers & Jung che vuole essere una sorta di collettore di informazioni e organo di promozione delle attività di microfinanza attraverso il continente. Il settore della microfinanza europea è composto da una varietà di attori, con una prevalenza delle ONG, che rappresentano il 28% delle IMF, e delle fondazioni (26%); a seguire troviamo gli enti pubblici, soprattutto quelli locali, le istituzioni finanziarie di tipo non bancario e le banche e casse di risparmio. L'utilizzo di una forma organizzativa e legale piuttosto che un'altra dipende in gran parte dai requisiti previsti dalla legge, che possono essere diversi da uno stato all'altro. La tipologia di prestito è l'aspetto in cui si marca la maggiore distanza tra il microcredito “dei ricchi” e quello “dei poveri”: infatti, l'ammontare del microprestito medio in Europa nel 2007 era di circa 11.000 Euro; una cifra molto 110 Il Fondo di Investimento Europeo, la cui proprietà è suddivisa tra la Banca di Investimento Europea che ne detiene la quota di controllo, la Commissione Europea e trenta istituzioni finanziarie europee, ha il generico compito di sostenere gli obiettivi di sviluppo economico fissati dall'Unione attraverso la garanzia e l'emissione di prestiti e la gestione di asset finanziari. Si veda in proposito: U.E. Fondo di Investimento Europeo, Statutes of the European Investment Fund, 30 Novembre 2007, Sito web del Fondo di Investimento Europeo, <http://www.fei.europa.eu/news_centre/publications/statutes.htm>, consultazione del 14 Maggio 2010. 111 L' Association pour le Droit à l'Initiative Economique è l'istituto fondato nel 1989 da Maria Nowak, pioniera del microcredito in Europa, per cercare di adattare il sistema dei microprestiti alla realtà francese. Nel corso della sua attività ha concesso più di 82000 prestiti. ADIE, Quis sommes-nous?, Sito web di ADIE, <http://www.adie.org/reseau/connaissance.php>, consultazione del 14 Maggio 2010.
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lontana dalla media mondiale che nello stesso periodo ammontava a soli 512 Euro. 112
Nella pratica, la tipologia e la mission di una istituzione influiscono molto
sull'ammontare dei prestiti: nel caso ci si concentri sul credito al consumo di emergenza l'importo tende a diminuire, mentre nel caso di investimenti per start-up o sostegno di attività produttive avviate è necessario mettere in campo risorse più cospicue. In Europa il 94% delle organizzazioni utilizza un sistema di prestito individuale, solo il 12% adotta anche quello di gruppo, per lo più in contesti particolari. Le ragioni sono riconducibili ad un doppio ordine di motivi di tipo socio-culturale: intanto, la tecnica del prestito di gruppo presuppone l'esistenza di una struttura sociale tipica delle realtà comunitarie, ovvero in cui ogni persona è legata alle altre da legami densi e solidi derivanti da un insieme di norme, obblighi e diritti che hanno una base nella religione, nei rapporti parentali ed etnici. Nelle società dei paesi industrializzati e specialmente nelle aree urbane, tale requisito fondamentale è pressoché assente. La metodologia di prestito ha subito quindi vari adattamenti e le reti sociali su cui si fa affidamento, sia per selezionare che per supportare e monitorare il debitore, sono le associazioni, le cooperative sociali, le parrocchie e tutte quelle organizzazioni più o meno grandi che hanno in qualche modo una presenza diffusa e radicata nel territorio. Questa rete di soggetti sopperisce almeno in parte alla carenza delle garanzie tipiche del microcredito nei PVS, agendo da filtro che seleziona e supporta i potenziali clienti nel loro rapporto con il prestatore, di solito un istituto bancario o una società senza fini di lucro, che solitamente li utilizza come centri di ascolto. Inoltre, sul piano prettamente operativo ci sono grandi difficoltà nell'implementare un sistema di prestito collettivo, in quanto la difficoltà di reperire altre persone con esigenze di credito simili dilata grandemente i tempi di formazione di un gruppo, e la inevitabile disomogeneità di rischio di credito, importi e servizi richiesti va a compromettere inevitabilmente la capacità del gruppo di responsabilizzare i propri 112 La media mondiale riportata si riferisce alle istituzioni consolidate, in attività da almeno otto anni; per quelle più giovani il valore scende a 288 Euro. Su questo, si rinvia a: Microcredit Information Exchange, 2008 MFI Benchmarks, Washington, MIX, 2009.
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membri i quali, al contrario, divengono assai refrattari all'idea di assumere una obbligazione in solido in quanto il rischio che si assumono è significativo. Nei PVS la grande domanda di credito e la omogeneità delle attività finanziate, e quindi degli importi richiesti, rendono assai più facile gestire la metodologia di gruppo. Inoltre, la maggiore complessità del sistema economico nei paesi ricchi richiede una maggiore attenzione ai servizi di consulenza da offrire al cliente, ed anch'essi rappresentano un costo significativo in quanto devono essere personalizzati a causa della varietà di esigenze sopra accennata: il sostegno del gruppo non sarebbe di aiuto in questo senso.113 Una caratteristica peculiare dei sistemi di microcredito implementati invece nei paesi industrializzati è la presenza e l'utilizzo di database centralizzati che contengono la storia creditizia di ogni cliente. 114 Questo tipo di servizio, benché costoso, è di indubbia utilità specialmente in contesti di tipo urbano o metropolitano in cui è particolarmente difficile avvalersi della responsabilizzazione e del controllo fra pari a causa della polverizzazione dei legami sociali. Inoltre, in contesti in cui l'offerta di credito è assai sviluppata, in assenza di un tale meccanismo ci sarebbe un forte incentivo a cercare di ottenere più soldi di quelli che si potrebbero realisticamente rimborsare, rivolgendosi a svariati prestatori contemporaneamente. Questo, d'altro canto, aumenta i costi che una istituzione di microfinanza deve sostenere per lavorare in un contesto economicamente sviluppato rendendo ancora più difficile raggiungere la sostenibilità. Le differenze più significative tra le attività di microfinanza portate avanti nei paesi industrializzati rispetto a quelle presenti nelle zone rurali dei paesi in via di sviluppo risiedono quindi nel bacino potenziale di utenza, relativamente più ristretto a causa della relativa facilità di accesso al credito, e nel fatto che i soggetti interessati hanno maggiori difficoltà nell'avviare una attività a causa degli alti costi che essa comporta. Inoltre, il numero medio di clienti per istituzione è decisamente minore e 113 A. Andreoni, V. Pelligra, op. cit. , p. 227. 114 In Italia questo servizio è fornito dal Centro Raccolta Informazioni Finanziarie (CRIF); fondato nel 1988 ha sede a Bologna. Centro Raccolta Informazioni Finanziarie, La nostra storia, sito web del CRIF, <http://www.crif.com/it/A0B5FE23-FCD7-4E3D-86A3-E891D366CD04/La-nostra-storia.pst>, consultazione del 29 Maggio 2010.
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l'ammontare dei prestiti maggiore; i tassi di interesse sono più bassi per una serie di motivi, tra cui la presenza di una normativa per reprimere l'usura che sovente fissa un tetto massimo al costo dei prestiti, una maggiore offerta di credito che spinge tale costo verso il basso attraverso la concorrenza di mercato e la percezione diffusa, sia tra i prestatori che tra i potenziali clienti, che praticare tassi troppo alti sia eticamente scorretto. I piani di ammortamento sono poi mediamente piuttosto lunghi, per via della maggiore quantità di tempo necessario all'avvio delle attività economiche, le quali sono più complesse rispetto a quelle finanziate nei PVS. Questo riduce notevolmente la velocità di turnazione dei prestiti e richiede quindi quantità di capitale maggiori. Risulta fondamentale il fatto che le metodologie di prestito di gruppo abbiano mostrato scarsa efficacia nelle aree urbane delle società industrializzate, costringendo gli operatori a ripiegare sul prestito individuale, che richiede una maggiore attenzione e impegno verso il singolo; ciò comporta costi aggiuntivi. La causa del fallimento del sistema di garanzia solidale, della selezione e del controllo tra pari è dovuta alla rottura dei legami sociali tipici delle società rurali e la grande dispersione geografica della clientela. Questo è probabilmente il fattore di rischio più grave per le iniziative di microfinanza nelle aree metropolitane del mondo ricco perché fa venire meno tutto il sistema di incentivi su cui nei paesi più poveri si regge l'intero sistema. A tale mancanza si cerca di sopperire talvolta con la creazione di fondi di garanzia da parte di enti pubblici o fondazioni, oppure con l'obbligo di accumulare un certo fondo di risparmio prima di poter accedere al primo prestito o di presentare lettere di fideiussione di banche o assicurazioni. Un altro metodo utilizzato è rendere pubblica la fase di restituzione del prestito o cercare di creare un legame di solidarietà con l'istituzione, richiedendo l'adesione nel caso si tratti di una cooperativa. Un'altra differenza sostanziale tra i contesti industrializzati e quelli tipici dei paesi in via di sviluppo, che influisce fortemente sui risultati ottenibili, è la diffusa presenza di politiche di welfare che prevedono una serie di provvidenze pubbliche a favore dei poveri; questo agisce come un potente disincentivo ad intraprendere 59
attività che richiedono denaro in prestito. È interessante osservare, infatti, come nelle società più ricche il microcredito esista per iniziativa dell'offerta piuttosto che per l'esistenza della domanda.115 Per tutti questi motivi i progetti di microcredito nei contesti economici sviluppati trovano molto difficile o del tutto impossibile raggiungere la sostenibilità finanziaria, diversificare il rischio e crescere dimensionalmente. Questo fa sì che la microfinanza “occidentale” sia dominata da ONG e in generale da enti senza scopo di lucro e sia considerata uno strumento evoluto e poco dispendioso di welfare piuttosto che un ingranaggio importante dello sviluppo economico. Le ricerche e i dati finora disponibili mostrano come la microfinanza nei paesi sviluppati non abbia ancora trovato un modello prevalente o, per meglio dire, non ha ancora trovato un proprio modello peculiare. Le sperimentazioni in corso, in gran parte molto giovani con le autorevoli eccezioni di ACCION negli USA e dell'ADIE in Francia, tendono tutte a prendere come propria base di partenza le esperienze di Yunus e della Nowak, ma non hanno ancora sviluppato un framework metodologico condiviso. La strada verso un sistema che sia non solo più efficace nell'individuare e raggiungere le situazioni di bisogno ma anche maggiormente integrato e quindi coordinato con i sistemi welfaristici, i quali peraltro accusano sempre di più il peso della scarsità di risorse, è tutt'altro che semplice da percorrere ma appare promettente; lo è ancora di più in una contingenza economica come quella attuale, in cui un “credit crunch” di portata globale ha creato gravi difficoltà ad intere nazioni. Questo fatto da solo dovrebbe far capire quanto importante sia il problema dell'accesso al credito, che quando si presenta è in grado di far vacillare chiunque, dal ricco imprenditore fino al povero nullatenente, che spesso non ha la forza di rialzarsi.
115 A. Andreoni, V. Pelligra, op. cit. , p. 217.
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3. I PROBLEMI DEL CREDITO IN AFRICA: UNA PANORAMICA
3.1. Il contesto africano Questa panoramica risulta utile per inquadrare storicamente il contesto africano, in modo da permettere una migliore comprensione di quanto verrà approfondito riguardo ai problemi del credito e dei sistemi finanziari che operano in questo continente. L'Africa è un continente in cui si stima vivano più di 900 milioni di persone, ma solo una frazione di queste ha accesso a servizi finanziari di base che ne potrebbero migliorare significativamente la qualità della vita sotto il profilo economico.116 Le cause di questa situazione sono principalmente di tipo ambientale: un contesto problematico sotto il profilo sanitario o della sicurezza, una bassa densità abitativa e una elevata incidenza della povertà, che per una banca significano scarsità di potenziali clienti, oltre alla diffusa presenza di normative bancarie troppo restrittive e/o dotazioni infrastrutturali insufficienti hanno fatto lievitare oltremodo i costi operativi impedendo agli istituti finanziari di insediarsi in aree molto vaste. Anche il livello di efficienza della pubblica amministrazione è importante per incentivare o disincentivare gli operatori economici di qualsiasi tipo, e quindi anche quelli finanziari, a investire in un paese africano; ad esempio è molto importante la capacità di garantire a tutti i cittadini la registrazione all'anagrafe e la creazione di un sistema di identificazione univoca degli individui. In realtà, anche sotto questo profilo molti stati africani sono carenti: nel solo Sudafrica, uno dei paesi economicamente più avanzati del continente, ci sono almeno 1,5 milioni di persone sprovviste di documenti di identità validi.117 Le traiettorie storiche dei paesi del continente africano sono state influenzate da una 116 Finscope Africa, Measuring Financial Access in Africa, Johannesburg, Finmark Trust, 2007, p. 2. 117 Consultative Group to Assist the Poor, Use of agents in branchless banking for the poor: rewards, risks, and regulation , Washington, CGAP, 2006, p. 10.
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molteplicità di fattori, quali la durezza delle condizioni di vita determinate da motivi geografici e ambientali che, per secoli, hanno dissuaso i popoli europei dall'intraprendere attività di esplorazione nei suoi immensi territori. Sino al XV secolo soltanto gli africani che abitavano nelle regioni costiere hanno avuto contatti con l'esterno, principalmente per ragioni commerciali, mentre le parti interne sono rimaste pressoché sconosciute agli occidentali fino al diciannovesimo secolo. L'interesse degli Europei per il continente africano risale almeno al Quattrocento, e si è evoluto di pari passo con l'espansione dei commerci marittimi verso l'estremo Oriente. Dopo avere stabilito insediamenti commerciali in varie zone della costa occidentale dell'Africa, nel 1507 i portoghesi occuparono l'isola di Mozambico, che doveva servire come base per i loro traffici con le Indie Orientali; stabilirono in seguito molti altri approdi sulla costa orientale, costruendo anche grazie ad essi un impero mercantile senza mai però addentrarsi nell'entroterra.118 Con il passare dei secoli, le spedizioni esplorative che lentamente iniziarono a percorrere l'interno sconosciuto del continente cominciarono ad inviare in Europa notizie di grandi ricchezze potenziali da sfruttare, mentre le basi europee si moltiplicavano: alla fine del XVII secolo gli olandesi avevano fondato la Colonia del Capo, che nel 1806 fu occupata dagli Inglesi. La lenta penetrazione europea cominciò ad accelerare durante l'Ottocento, trasformandosi in vera lotta per il territorio alla fine degli anni Settanta.119 Nell'Africa settentrionale, la Tunisia e l'Egitto, travolti dai debiti vennero commissariati e controllati sempre più da vicino, al punto da arrivare lentamente a subire un controllo diretto, rispettivamente, da parte di Francia e Regno Unito. La conquista, molto gravosa per le potenze europee sotto il profilo economico, fu permessa dalla superiorità tecnologica: la scoperta del chinino per la cura della malaria che a inizio secolo aveva fatto strage di europei, e il passaggio nell'arco di un ventennio dal moschetto al fucile a ripetizione resero economica e quindi 118 G. P. Calchi Novati, P. Valsecchi, Africa, la storia ritrovata, Roma, Carocci, 2005, p. 99 e segg. 119 Risale al 1884 la Conferenza di Berlino, convocata da Bismarck per limitare i pericoli diplomatici derivanti da una indiscriminata espansione verso nuovi territori, nella quale le potenze europee si spartirono a tavolino il continente suddividendolo in zone di influenza. Per approfondimenti si veda: John Iliffe, Popoli dell'Africa, Milano, Mondadori, 2007, p. 259.
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conveniente l'opera di conquista, sia sotto il profilo finanziario che sotto quello del costo in vite umane. Gli africani invece pagarono un alto tributo di sangue nei loro scontri con gli europei: solo per citare un esempio, nel 1898 gli inglesi nella battaglia di Omdurman in Sudan uccisero quasi undicimila nemici subendo soltanto 49 perdite.120 A monte del potenziale bellico ed economico europeo c'era anche un'altra importante trasformazione: quella del sistema creditizio e finanziario europeo, il quale negli anni Cinquanta e Sessanta dell'Ottocento vide una grande crescita della base di sottoscrittori e di conseguenza lo sviluppo delle società anonime per azioni e delle grandi banche d'affari e di deposito. La conseguenza di ciò fu un notevole aumento della disponibilità di capitali e quindi la necessità di trovare nuovi impieghi di investimento. In questa dinamica si inserì il bisogno, in costante aumento, di denaro da parte dei governi extraeuropei ed in particolare africani, le cui necessità finanziarie erano grandi a causa della loro posizione svantaggiata nella corsa verso la modernizzazione. Dopo i paesi dell'Europa meridionale gli investitori furono attratti dai paesi dell'Africa mediterranea: Egitto e Tunisia ricevettero credito e finanziamenti fino ad essere indebitati oltre ogni realistica possibilità di restituzione. 121
Questo preparò la strada all'intervento dei paesi creditori che iniziarono ad
instaurare rapporti improntati ad un sempre più stretto controllo nei confronti degli stati indebitati, che a causa di ciò videro vacillare e poi cadere la propria sovranità nazionale. Nonostante l'uso della tecnologia l'occupazione, il controllo e l'amministrazione di territori tanto vasti da essere spesso più estesi della stessa madrepatria richiedeva uno sforzo finanziario rilevantissimo: era quindi necessario costruire un apparato di controllo il più possibile economico e fare in modo che le colonie africane producessero reddito in quantità almeno sufficiente a coprire il loro costo. A questo problema fu cercata una soluzione attraverso due strumenti strettamente collegati tra 120 Ibidem, p. 261. 121 J. L. Miège, Espansione europea e decolonizzazione dal 1870 ai nostri giorni, Milano, Mursia, 1976, pp. 136 – 138.
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di loro: la produzione di materie prime per l'esportazione e l'imposizione fiscale. Tuttavia, reperire manodopera per le attività produttive era un'attività tutt'altro che semplice; spesso il lavoro che ad essa si chiedeva di svolgere era molto duro ed i salari assai inferiori a quelli dei lavoratori europei: 122 di qui l'esigenza dei governi coloniali di usare forme di coercizione per obbligare al lavoro gli africani. A questo scopo fra i primi provvedimenti fu introdotto quasi ovunque un sistema di tassazione, che obbligasse gli uomini a cercare un lavoro salariato per permettersi di pagare le imposte. Le prime campagne di riscossione furono condotte in modo assai brutale, per via della grande resistenza che le popolazioni opponevano nei confronti dell'imposizione di una pratica vessatoria che veniva loro imposta del tutto contro la loro volontà. Questo è uno snodo fondamentale della storia del colonialismo africano, perché l'introduzione della tassazione è un atto di profonda sovversione dell'ordine e del modo di vivere delle popolazioni dominate le quali nella grande maggioranza dei casi avevano una economia non monetaria. L'introduzione della moneta, in un sistema valutario peraltro dipendente dalle esigenze delle potenze europee e quindi non autonomo, pose le basi di una dipendenza economica e finanziaria della quale molti paesi africani stentano ancora oggi a liberarsi. La tassazione costituisce un obbligo a versare denaro allo stato: per popolazioni inserite in un sistema economico diverso da quello europeo e che sovente faceva uso di forme di scambio non monetario, questo poneva serie difficoltà in quanto essi dovevano procurarsi la valuta necessaria a pagare le tasse e per farlo erano costretti ad entrare nel mercato, fornendo manodopera e prodotti all'economia coloniale: l'imposizione fiscale nel contesto africano ha rappresentato un salto paradigmatico che ha avuto ampia portata nel determinare il percorso di sviluppo seguito dai paesi dell'area.123 Questo sistema portava un doppio vantaggio ai governi coloniali, che avevano costretto in una condizione prossima alla schiavitù le popolazioni africane abbinando il potere della moneta a quello delle armi, e contemporaneamente 122 David K. Fieldhouse, Politica ed Economia del Colonialismo 1870 - 1945, Bari, Laterza, 1995, p. 150. 123 Per un approfondimento, cfr. A. Roberts, The Colonial moment in Africa: essays on the movement of minds and materials, Cambridge University Press, 1990, pp. 77 – 190; L. H. Gann, P. Duignan, Colonialism in Africa, 1870-1960, CUP Archive, 1975, pp. 632 – 650.
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drenavano risorse dai territori controllati sotto forma di imposte ma anche e soprattutto di materie prime e risorse per le loro economie in fase di industrializzazione. Tuttavia, di rado la tassazione da sola era sufficiente e per questo quasi ovunque si ricorse al lavoro coatto, sotto forma di obbligo dettato dalla legge a fornire una certa quantità di lavoro gratuito allo stato coloniale, che spesso si trasformava in una coscrizione obbligatoria, o talvolta in virtù di un contratto fra privati che poteva arrivare a ridurre l'impegnato in semischiavitù. Durante il periodo tra l'ultimo quarto del XIX secolo e la Seconda Guerra Mondiale il controllo europeo sul continente africano ha raggiunto il suo apice: uno dopo l'altro, tutti i popoli africani a eccezione della Liberia e (fino al 1936) dell'Etiopia sono stati espropriati della propria sovranità dalle potenze straniere. Il colonialismo ha profondamente influenzato lo sviluppo successivo dei territori e degli stati che su di essi sono sorti nel corso dei decenni, anche dopo che il dominio coloniale era formalmente finito.124 La volontà dei governi europei di usare i territori africani come fonti di approvvigionamento per le necessità dei propri sistemi produttivi, oltre che come aree riservate per i loro circuiti commerciali portò alla creazione di normative che ponevano limiti stringenti alla libertà economica degli stati coloniali. Ad esempio, i Navigation Acts inglesi, emanati fin dal 1651 in piena età mercantilista, prevedevano che tutte le merci scambiate dalle colonie dovevano essere trasportate utilizzando navi britanniche; tutte le merci da esse importate dovevano essere prodotte in Gran Bretagna o in caso contrario transitare per le sue dogane pagando i relativi dazi; alle colonie era anche proibito produrre o esportare determinati prodotti, i quali avrebbero potuto fare concorrenza a quelli europei. Questo meccanismo permetteva a commercianti, armatori e produttori britannici di fare enormi guadagni beneficiando di una rendita di posizione garantita dalla legge, mentre lo stato poteva tassare beni che altrimenti non sarebbero passati dalla sua 124 Sulle trasformazioni socio-culturali derivate dal periodo coloniale si vedano: A. M. Gentili, Il leone e il cacciatore: storia dell'Africa sub-sahariana, Roma, Carocci, 2008; G.P. Calchi Novati, P. Valsecchi, op. cit. , Cap. 7.
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dogana.125 Questo sistema di regole trovò poi completamento nella fissazione di tariffe all'importazione differenziate tra prodotti britannici e quelli di altri paesi, o quali erano gravati da dazi più elevati per renderli meno competitivi. Le politiche doganali adottate dalle potenze coloniali alla fine del XIX secolo furono molto differenti tra di loro, con due tendenze opposte esemplificate dal liberismo britannico e dal protezionismo francese. La Gran Bretagna, infatti, nel 1850 abbandonò il sistema di restrizioni instaurato con i Navigation Acts quando il governo di Londra, a capo del paese first comer nel percorso di industrializzazione, giunse alla conclusione che un commercio liberalizzato avrebbe giovato maggiormente all'interesse nazionale; altrettanto unilateralmente di come le aveva introdotte, ridusse progressivamente le restrizioni in tutte le sue colonie fino alla loro abolizione completa nel 1882.126 Belgio e Paesi Bassi adottarono politiche analoghe. Francia e Germania intrapresero invece una strada differente; in Francia fino dagli anni Settanta dell'Ottocento furono adottate misure tariffarie che favorivano i prodotti metropolitani, tariffe che crebbero progressivamente nel decennio seguente, proprio mentre la Gran Bretagna aveva deciso di abbattere le proprie, fino a culminare nell'unione doganale tra la Francia e le proprie colonie le quali subirono l'imposizione delle stesse tariffe protettive francesi senza avere però un apparato produttivo da difendere. Da questa situazione, rimasta immutata fino al 1928, trassero indubbio beneficio soltanto le produzioni della metropoli che ebbero facile accesso ai mercati coloniali.127 Germania ed Italia adottarono politiche simili nell'ambito dei loro possedimenti coloniali, sebbene in effetti il volume dei loro commerci con tali territori fosse assai ridotto.128 Le colonie africane sono state danneggiate da queste politiche commerciali in due modi: primo, perché la libertà di accesso dei prodotti della metropoli poneva ai 125 David K. Fieldhouse, op. cit. , p. 125. 126 Il discorso è differente per i dominions britannici, i quali erano invece liberi di imporre tariffe doganali anche nei confronti delle merci inglesi. Cfr. J. L. Miège, op. cit. p. 194 – 195. 127 Cfr. J. L. Miège, op. cit. , pp. 194 – 196. 128 Ibidem, p. 201.
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produttori locali le stesse difficoltà della competizione nel mercato libero e questo scoraggiò lo sviluppo dell'industria locale; secondo, perché le restrizioni e gli oneri tariffari a cui erano sottoposte le importazioni verso la colonia fecero lievitare il prezzo delle merci oltre misura.129 Questi effetti negativi vennero controbilanciati solo nella misura in cui la potenza metropolitana assicurò quote di mercato protette per i prodotti coloniali: questo però ha a sua volta distorto almeno in parte l'evoluzione delle economie delle colonie, le quali sono state rigidamente strutturate inducendone la specializzazione nelle produzioni più utili per la madrepatria. 130 gli effetti di questa conversione forzata al mercato sarebbero durati fino al ventesimo secolo restituendo, dopo la decolonizzazione, economie inefficienti e dipendenti dalle importazioni131 agli stati africani. Sotto il profilo economico e industriale la maggior parte delle colonie ed ex-colonie avrebbe continuato per tutto il Novecento lungo il percorso tracciato dalla madrepatria all'inizio del secolo: questo a causa dell'impianto dato al sistema economico e produttivo dalle potenze europee, le quali non avevano interesse ad attuare politiche di diversificazione o di sviluppo che non portassero loro alcun vantaggio diretto; di conseguenza, ogni colonia si è integrata con l'economia mondiale soltanto in quanto esportatrice di materie prime e importatrice di beni di consumo, mantenendo stretti legami di dipendenza dalla ex madrepatria. Come ha commentato Anna Maria Gentili, “le strutture e le istituzioni politiche ed economiche ereditate erano funzionali allo sfruttamento e non certo allo sviluppo”. 132
Tale struttura macroeconomica non è mutata in alcun modo nel primo decennio
dopo il raggiungimento dell'indipendenza nazionale. Durante gli anni '70 del XX secolo, i governi africani si sono indebitati con il Fondo Monetario Internazionale133 per finanziare gli investimenti necessari al loro sviluppo 129 David K. Fieldhouse, op. cit. , p. 131. 130 A questo si deve aggiungere il fatto che il deterioramento dei termini di scambio fra le materie prime esportate dai territori africani ed i manufatti che essi importavano dai paesi industrializzati aveva progressivamente eroso la loro capacità di pagare ed aveva mandato in rosso i bilanci delle amministrazioni coloniali, spianando la strada alla questione del debito che è poi emersa in tutta la sua drammaticità durante gli anni Settanta del Novecento. Cfr. J. L. Miège,op. cit. , p. 202. 131 John Iliffe, op. cit. , p. 254. 132 A. M. Gentili, Sviluppo e diritti di cittadinanza, in aa. vv. , Strategie di sviluppo e aiuto internazionale, Milano, Mondadori, 2006, p. 44. 133 Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) è una istituzione internazionale, creata nel 1944 dalla
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nazionale; la crisi economica innescata dallo shock petrolifero del 1973 li ha tuttavia messi di fronte alla loro incapacità di fare fronte al debito. Essi si sono quindi rivolti alla Banca Mondiale che ha imposto loro una serie di riforme economiche di matrice liberista che, abbinate ad una politica fiscale di rigore e una di contenimento delle spese di welfare, erano mirate a dare il giusto stimolo alla crescita economica. Questi piani patrocinati e controllati dalla Banca Mondiale hanno preso il nome di Piani di Aggiustamento Strutturale (PAS). Nel decennio successivo, 37 paesi sui 47 dell'Africa subsahariana e quasi tutti quelli del nord del continente hanno avviato privatizzazioni e restrizioni della spesa pubblica, le quali tuttavia hanno dato i risultati sperati solo in pochi paesi: nella maggioranza dei casi il risultato è stato un ulteriore degrado dell'offerta già scarsa di servizi pubblici, specialmente nel campo dell'istruzione e della sanità, mentre il debito pubblico dei paesi si impennava rimanendo imprigionato dell'onere del pagamento degli interessi.134 Se l'agire del mercato ha in qualche misura portato dei benefici ai cittadini africani, o meglio, alla minoranza che aveva accesso a istruzione e potere politico od economico, la contrazione dell'attività e dei servizi forniti dallo stato ha abbandonato a sé stesse intere popolazioni residenti nelle aree rurali delle regioni prive di materie prime o risorse tali da giustificare investimenti rilevanti; costoro hanno subito la crescita dei prezzi e drastici tagli alla sanità e alla istruzione senza avere i mezzi per provvedere autonomamente.135 Non bisogna tuttavia pensare che l'intera responsabilità ricada sulle organizzazioni finanziarie internazionali e sulle loro prescrizioni: i governi africani spesso hanno opposto resistenza alle riforme richieste per paura di perdere il loro potere o vi hanno aderito con scarsa convinzione solo per avere accesso ad ulteriori finanziamenti che non sono stati utilizzati per promuovere benessere e sviluppo, Conferenza di Bretton Woods insieme alla Banca Mondiale per la Ricostruzione e lo Sviluppo, la quale ha il compito di scongiurare il pericolo di crisi finanziarie causate dall'eccessiva fluttuazione delle valute. È inserita nella struttura dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. In proposito, cfr. E. Sciso, op. cit. , p. 54. 134 Per approfondimenti su questo tema, cfr: Todd J. Moss, African Development: Making Sense of the Issues and Actors, Boulder, Lynne Rienner, 2007, pp. 87 – 162. 135 A. M. Gentili, Sviluppo e diritti di cittadinanza, cit. , p. 56.
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bensì per ricavarne rendite parassitarie che hanno consentito alle élite di restare al potere. Ciò nonostante, la Banca Mondiale nel 1997 ha compiuto una parziale correzione di strategia, affermando per la prima volta la necessità di rafforzare lo stato dato che la sua debolezza talvolta risulta perniciosa per il sistema economico. 136
Qualora si osservi l'aspetto demografico, l'Africa ha subito pesantissime perdite conseguenti al rapporto con gli europei. Prima con la tratta degli schiavi, la quale si stima che nel 1867 avesse visto partire verso le terre americane un numero di individui compreso fra i sette e i dieci milioni, 137 scelti tra i più giovani e adatti al lavoro; in seguito l'emorragia demografica fu dovuta alle durissime campagne militari necessarie a piegare le popolazioni autoctone. Anche dopo la fine delle guerre di conquista coloniale il tributo in vite umane è stato elevatissimo: nella Prima Guerra Mondiale furono coinvolti più di centomila soldati africani insieme a quasi un milione di portatori e manovali, i quali furono esposti ad uno spaventoso tasso di mortalità per malattie e per sfinimento.138 D'altro canto, gli europei avevano contribuito a decimare la popolazione anche in modo indiretto, attraverso le malattie introdotte o comunque favorite dal loro arrivo nel continente: già durante la tratta degli schiavi erano state registrate gravi epidemie di vaiolo, di presunta origine europea, tra le popolazioni locali. Tali eventi risultano perniciosi in quanto, dal punto di vista sanitario, il contesto africano presenta una situazione particolarmente ostile: il clima caldo, che nelle regioni tropicali ed equatoriali raggiunge facilmente livelli di umidità elevati, favorisce la presenza e la diffusione delle malattie di origine parassitaria e batterica quali la malaria, la tubercolosi, la febbre gialla, la malattia del sonno, il colera e molte altre. Diverse epidemie ebbero luogo alla fine del XIX secolo, in piena fase di espansione coloniale: il loro bilancio fu devastante, al punto che gli storici ritengono che la conquista militare non sia stata probabilmente la principale causa di morte durante 136 Con il lancio dei Poverty Reduction Strategy Papers, sotto l'egida della Banca Mondiale, il ruolo dello stato è tornato ad essere considerato nella definizione di strategie di sviluppo. Su questo cfr. W. Easterly, I disastri dell'uomo bianco, Milano, Mondadori, 2007, 12; John Iliffe, op. cit. , p. 389. 137 Per approfondimenti si veda: O. Pétré-Grenouilleau, La tratta degli schiavi. Saggio di storia globale, Bologna, Il Mulino, 2006. 138 John Iliffe, op. cit. , p. 283.
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tale periodo. Una delle fasi peggiori è stata legata all'epidemia di malattia del sonno che imperversò nel continente a partire dagli anni Sessanta dell'Ottocento, quando si diffuse nella zona costiera tra gli attuali Angola e Senegal per poi propagarsi verso l'interno. È stato accertato che arrivò fino al lago Tanganica e nelle aree più duramente colpite si stima che abbia ucciso fino al 90% della popolazione. Anche il vaiolo e le malattie veneree 139 hanno avuto un gravissima diffusione tra le popolazioni tropicali nello stesso periodo; sebbene queste malattie non fossero state necessariamente portate dai colonizzatori, la loro diffusione è stata probabilmente accelerata dalle dinamiche innescate dalle spedizioni e dalle attività degli europei in Africa: forse a causa della aumentata frequenza di spostamento della popolazione a seguito delle campagne militari e della colonizzazione di nuovi territori agricoli senza un corrispondente miglioramento del sistema medico e sanitario. Una delle crisi più gravi fu la pandemia di spagnola del 1918 che uccise tra il 2 ed il 5% della popolazione quasi in ogni colonia. Alcuni africani giunsero a sostenere che le malattie fossero state portate deliberatamente dai coloni per colpire le popolazioni locali.140 In tempi recenti la più grande emergenza medica a livello continentale viene dalla diffusione dell'AIDS. La sua prima presenza verificata risale al 1959: si ritiene sia nata nell'Africa equatoriale, rimanendo una malattia molto rara per circa un trentennio prima di diffondersi rapidamente nell'ambiente urbano. Il primo caso diagnosticato risale al 1983, quando il virus si era già enormemente diffuso: si stima che negli anni Ottanta del XX secolo il 6-7% delle donne incinte che frequentavano gli ambulatori prenatali fosse sieropositiva. Negli anni successivi il contagio si è diffuso ampiamente, al punto che al 2005 si stima abbia raggiunto 25 milioni di africani e ne abbia uccisi circa 13 milioni. L'Africa è stata particolarmente colpita dal virus, in misura maggiore anche rispetto a zone altrettanto povere come l'Asia meridionale, perché questo vi si è diffuso quando era ancora sconosciuto alla scienza medica; ad aggravare la situazione c'è il fatto che i sistemi sanitari africani, 139 Tra cui la gonorrea la quale, pur presentando sintomi poco evidenti, era causa di sterilità; la sua diffusione è indicata da molti come la principale causa del basso livello di fertilità della regione equatoriale nel periodo a cavallo tra XIX e XX secolo. 140 John Iliffe, op. cit. , p. 286.
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già fragili, sono stati ulteriormente colpiti dalle politiche di aggiustamento lasciando molti malati senza assistenza.141 Le vittime mietute dal virus HIV, principalmente tra i giovani adulti, hanno causato e stanno tuttora provocando un danno economico incalcolabile per la perdita di forza lavoro e per i costi sostenuti per le spese mediche.
3.2. Il mercato del credito in Africa Essendo il presente lavoro incentrato sulla questione dell'accesso al credito come problema concreto per i cittadini africani e non come mero esercizio di teoria economica, appare importante soffermarsi sulle caratteristiche dei mercati finanziari nei contesti di povertà diffusa, con un'attenzione particolare per l'Africa subsahariana che è lo scenario nel quale insiste il progetto che è oggetto di questo elaborato. Si è detto che i mercati finanziari in Africa sono fortemente deficitari e non riescono a servire adeguatamente la totalità della popolazione, essendo la loro capacità di azione limitata alle aree più densamente abitate, per lo più contesti cittadini nei quali le condizioni sono maggiormente favorevoli all'attività degli operatori. Il problema dell'esclusione finanziaria è alquanto complesso: mentre è facile censire gli utilizzatori di un determinato servizio, assai meno lo è verificare quanti ne rimangono esclusi e soprattutto per quali motivi. Si è visto nelle pagine precedenti che l'accesso al credito è di vitale importanza per tutti, indipendentemente dal proprio reddito e tenore di vita; le ricerche condotte e le relative statistiche mostrano inoltre l'esistenza di una correlazione positiva tra il livello di accesso ai servizi finanziari e la crescita economica di un paese.142 È tuttavia importante notare la grande distanza che intercorre tra accessibilità ed effettivo utilizzo; la disponibilità della prima non porta automaticamente al secondo, e sono molte di più le persone che hanno accesso ad un certo servizio di coloro che 141 Ibidem, p. 415. 142 Banca Mondiale, Financial Sector Operations and Policy Department, Measuring Financial Access, Washington, World Bank, 2005, p. 3.
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se ne avvalgono. Vari fattori sono responsabili del mancato accesso: la distanza geografica, ad esempio, ma anche il fatto che i fornitori dei servizi richiedono adempimenti e fissano dei requisiti che non tutti riescono a soddisfare: età minima, reddito minimo, lavoro e così via, in un contesto burocratico che diventa facilmente ostile nei confronti di persone con un livello di istruzione basso o talvolta analfabete. Si pone un problema di prezzo oppure di informazione riguardo l'esistenza e il funzionamento del servizio; analizzarne i livelli di accesso è quindi assai più difficile che analizzarne l'utilizzo.143 Non è quindi corretto metodologicamente identificare il gruppo di coloro che non sfruttano un dato servizio con quello di coloro che non hanno possibilità di accedervi, dato che verosimilmente ci sarà un certo numero di individui che pur avendone la possibilità non lo utilizza, per un problema informativo oppure per scelta personale dettata da altri motivi; inoltre, tra coloro che sono effettivamente tagliati fuori è possibile distinguere diversi fattori che possono essere responsabili di ciò. Fare queste premesse è fondamentale in un ottica di studio del fenomeno in quanto è necessaria una precisa comprensione delle sue dinamiche sociali ed economiche per poter mettere in campo soluzioni e progetti mirati a raggiungere questi diversi segmenti della popolazione. È particolarmente difficile trattare del continente africano nella sua globalità ed elaborare statistiche che possano ritenersi affidabili e generalmente valide in quanto esso, nella sua vastità, presenta caratteristiche sociali ed economiche che variano fortemente da una regione all'altra, specialmente spostandosi lungo l'asse nord-sud. L'area mediterranea ha caratteristiche del tutto peculiari, ragione per cui le principali elaborazioni statistiche a livello di macroarea, tra cui quelle della Banca Mondiale e del Microfinance Information Exchange (MIX),144 la associano al Medio 143 Consultative Group to Assist the Poor, Financial Access - Measuring Access to Financial Services around the World, Washington, CGAP, 2009, p. 18. 144 Il Microfinance Information Exchange (MIX) è un centro di raccolta ed elaborazione dati che opera su scala globale, invitando le istituzioni di microfinanza a collaborare condividendo le informazioni in loro possesso allo scopo di elaborare statistiche che permettano una migliore comprensione del fenomeno e delle sue prospettive future. È stato fondato nel 2002 per iniziativa del CGAP ma annovera tra i suoi sponsor diverse importanti istituzioni pubbliche e private tra cui l'International Fund for Agricultural Development e la Bill & Melinda Gates Foundation; ha sede a Washington. MIX, About MIX, sito web del Microfinance Information Exchange, <http://www.themix.org/about-mix/about-mix>, consultazione del 27 Maggio 2010.
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Oriente con il quale ha maggiore affinità che con il resto del continente, mentre la parte a sud del Sahara è relativamente più omogenea. Questa analogia deriva tra l'altro da una consolidata tradizione di studi propria dell'orientalismo, e conferma quindi sul piano economico quello che già era consolidato sul piano storico e antropologico. Quello che tutti i paesi hanno in comune è un elevato livello di povertà; nell'Africa subsahariana il 50,9% degli individui ha a disposizione meno di 1,25 dollari al giorno per sopravvivere. Se si considerano coloro che vivono con meno di due dollari la percentuale arriva al 72,9% ;145 questo la rende una delle aree più povere del pianeta. Come si è detto in precedenza, la povertà è interpretabile come una conseguenza dell'esclusione finanziaria, oltre che come sua causa, in una relazione di interdipendenza reciproca. Questo fa sì che una stima del numero dei poveri all'interno di una società sia anche, a parità di condizioni, una possibile stima del numero di individui che non hanno accesso ai servizi finanziari; vedremo più avanti come delineare meglio questo gruppo indistinto di persone.
Figura 1: Grado di diffusione dei conti correnti bancari nelle diverse aree del globo Fonte: Financial Access Database – FA 2009, Washington, CGAP, 2009, p. 12.
145 Per avere un'idea indicativa della differenza con la parte settentrionale, la quota di individui che lì vivono rispettivamente con meno di 1,25 e 2 dollari al giorno è di 3,6% e 16,9%. Il valore del dollaro è calcolato a parità di potere d'acquisto. Cfr. Banca Mondiale, Poverty Data, Sito web della Banca Mondiale, <http://data.worldbank.org/topic/poverty>, consultazione del 24 Maggio 2010.
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Nella Figura 1 è evidenziato il grado di diffusione dei conti correnti bancari nelle diverse aree del pianeta, espresso come numero di conti correnti ogni mille individui adulti: si vede chiaramente come tutti i paesi per i quali sono disponibili dati nell'area subsahariana si trovino nel segmento più basso della scala adottata, con l'eccezione di Sudafrica, Zimbabwe, Botswana, Namibia e Guinea Equatoriale. Non solo, ben cinque dei sette paesi che hanno meno di cento conti correnti ogni mille adulti si trovano in questa area: tra essi troviamo due paesi caratterizzati da protratta conflittualità come il Burundi e la Repubblica Democratica del Congo (RDC) e altri caratterizzati da una prolungata instabilità politica; l'Etiopia, la Mauritania ed il Madagascar.146 Essendo il conto corrente uno dei servizi più elementari e diffusi offerti dagli istituti di credito è possibile adottarlo come proxy per fare alcune valutazioni preliminari circa il grado di inclusione dei meno abbienti nel mercato finanziario. Nelle economie sviluppate il 90% dei nuclei familiari si avvale di conti correnti per effettuare pagamenti e gestire i propri risparmi; si stima che nel mondo esistano 6.200.000.000 di conti correnti, un numero maggiore di quello degli individui adulti;147 tuttavia, la distribuzione di questo enorme numero di utenze è assai disomogenea, essendo concentrata nei paesi ricchi. Nel Nord così come nel Sud del mondo l'accesso a questi servizi è meno agevole per i meno abbienti ma con una importante differenza; nei paesi poveri il settore bancario e finanziario in generale è costruito e organizzato in maniera analoga a quello dei paesi occidentali. In un contesto di povertà diffusa, tanto distante da quello occidentale in cui le pratiche bancarie attuali sono state sviluppate, questo significa che il sistema è tarato solo sulle esigenze della minoranza più ricca della popolazione. 148 Questo è comprovato dal fatto che, se si confronta il rapporto tra il valore medio di un conto corrente con il reddito pro-capite di nazioni differenti, si scopre che tale valore è sensibilmente 146 Consultative Group to Assist the Poor, Financial Access Database – FA 2009, Washington, CGAP, 2009, p. 12. 147 Ibidem, p. 12. 148 Si parla di 3,2 conti per adulto nei paesi ricchi e di 0,9 in quelli poveri. Per meglio chiarire il significato di queste cifre si consideri che il numero di individui adulti non dotati di un conto corrente nei paesi industrializzati è pari a circa 160.000.000 equivalenti al 19% della popolazione, mentre nei PVS è di 2,7 miliardi, che corrispondono al 72% dei cittadini. Cfr. ibidem, p. 12.
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più basso nei paesi ricchi rispetto ai PVS, nei quali il valore medio di un conto arriva a superare di molte volte il reddito medio annuo di un cittadino: questo significa che soltanto i più ricchi utilizzano questo servizio.
Figura 2: Rapporto tra PIL pro capite e importo medio dei depositi bancari Fonte: Financial Access Database – FA 2009, Washington, CGAP, 2009, p.14.
La Figura 2 mostra il rapporto tra PIL pro capite, numero di conti correnti ogni mille adulti e ammontare medio degli stessi:149 è agevole constatare come i depositi abbiano dimensioni maggiori in prossimità dell'angolo in basso a sinistra del grafico, che corrisponde a basso reddito medio e basso numero di conti correnti in rapporto alla popolazione. Nella Repubblica Democratica del Congo, ad esempio, ci sono circa sei conti correnti ogni mille individui adulti e il valore medio di un conto è di 5.200 dollari a fronte di un reddito medio annuo di 224. Misurare l'accesso al credito rappresenta una sfida impegnativa: infatti non si deve supporre che tutti debbano accedervi, ma solo coloro che sono effettivamente in grado di ripagare il debito: questo tipo di dati difficilmente si ricava in modo affidabile dai questionari. I dati ufficiali d'altro canto sono di difficile reperibilità a causa del fatto che a differenza di coloro che accolgono depositi, i prestatori sono soggetti a una regolamentazione assai più blanda e quindi sono più difficilmente tracciabili, anche
149 Rappresentati rispettivamente da ascissa, ordinata e dimensione della bolla nel grafico. Cfr. ibidem, p. 14.
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se ufficialmente registrati.150 La variabile più usata per valutare l'entità dell'accesso al credito è il numero di prestiti concessi, utile anche a stimare per approssimazione il numero dei prestiti alle piccole imprese dato che nei PVS la maggior parte di esse non è registrata; la Banca Mondiale misura questa variabile stimando per ogni paese il numero di prestiti fatti ogni mille individui adulti.151
Figura 3: Numero di prestiti bancari in rapporto alla popolazione adulta Fonte: Financial Access Database – FA 2009, Washington, CGAP, 2009, p. 27.
La Figura 3 mostra la distribuzione dei prestiti bancari a livello globale: l'Africa subsahariana è l'area che presenta i numeri più bassi, con i casi limite in paesi come l'Etiopia e il Burundi in cui si ha in media un prestito ogni 1000 adulti. Se invece si considera il valore globale del portafoglio prestiti in ogni paese, l'incidenza dei prestiti ad individui nei paesi occidentali è di circa il 40% laddove nell'Africa subsahariana è solo il 20% del totale: questa bassa percentuale suggerisce che i servizi bancari abbiano scarsa penetrazione nello strato meno abbiente della popolazione, che in questa area geografica è la grande maggioranza. Come la dimensione media del deposito bancario, anche quella del prestito è solitamente molto elevata rispetto al reddito pro capite, il che porta a concludere che solo i più ricchi prendono denaro dalle banche.152 150 Ibidem, p. 26. 151 Ibidem, p. 26. 152 Ibidem, p. 27.
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Un efficiente mercato dei servizi finanziari è in grado di apportare molti benefici ai poveri: in modo indiretto, perché contribuisce al generale benessere della nazione, ma anche e soprattutto in modo diretto, tramite i benefici che derivano dall'accesso ai servizi; il credito ad esempio permette alle persone di aumentare il proprio capitale e quindi in prospettiva il proprio reddito, e coloro che vi hanno accesso possiedono una aumentata capacità di azione economica che talvolta può trasformarli da individui dediti alla semplice sussistenza in produttori di ricchezza per la nazione. Accertato che i mercati finanziari africani sono fortemente deficitari, ovvero non riescono a fornire in modo economicamente sostenibile i loro servizi a una grande parte della popolazione, e che questo va messo in relazione al problema della povertà in quanto tutti gli individui hanno eguale bisogno di trasferire denaro, ottenere credito per finanziare la propria attività economica, gestire i propri risparmi in modo sicuro e se possibile tutelarsi da improvvisi problemi economici attraverso sistemi di assicurazione, è necessario scoprirne le cause. Questo è un compito di non facile assolvimento, nondimeno è fondamentale per avere informazioni il più possibile precise su quali sono i principali motivi di mancato accesso, informazioni necessarie per mettere in campo soluzioni adeguate. Ci sono due tipi di approccio metodologico nella misurazione del grado di accesso ai servizi: il primo si concentra sul lato dell'offerta, raccogliendo informazioni dai fornitori di tali servizi i quali, essendo coinvolti in prima persona possono reperire facilmente molte informazioni sui propri clienti ed hanno quindi la possibilità di fornire dati importanti. Lo svantaggio è che non sempre è possibile trarre pieno beneficio dal rapporto con i soggetti economici coinvolti, per una pluralità di motivi: talvolta lo scarso interesse delle aziende a collaborare attivamente e condividere i dati senza avere in cambio un ritorno economico, ma soprattutto il fatto che qualsiasi intermediario commerciale o finanziario può raccogliere facilmente informazioni soltanto sui clienti che ha già; se si vogliono conoscere le caratteristiche e le motivazioni di coloro che non hanno rapporti con questa parte del sistema economico l'analisi dal lato dell'offerta serve a ben poco, tanto più in 77
contesti in cui la maggioranza della popolazione vive di economia informale. Il secondo metodo di raccolta informazioni prevede l'analisi della domanda di tali servizi, ed è quello più difficile dato che comporta un lungo lavoro di raccolta dati attraverso interviste e questionari sottoposti alla popolazione, elaborati e somministrati ad un campione statisticamente rappresentativo. Talvolta è possibile effettuare ricerche di questo tipo per via telefonica, ma in un contesto di grande povertà come quello vigente in Africa il numero di persone dotate di un apparecchio telefonico di linea fissa è troppo basso perché l'intero campione possa essere selezionato al suo interno;153 per raccogliere le informazioni è quindi necessario recarsi fisicamente a sottoporre i questionari e questo fa lievitare i costi. Ciò nonostante, questo metodo di indagine è di gran lunga il più efficace e permette di fare valutazioni piuttosto precise della situazione altrimenti impossibili.154 È opportuno chiarire che nel caso dell'Africa la vastità degli spazi geografici e la scarsità di risorse a disposizione per la ricerca in materia di esclusione finanziaria, oltre al fatto che l'interesse per il problema è relativamente recente, hanno limitato finora la possibilità di effettuare indagini e statistiche di qualità omogenea tra i paesi, e molti non sono ancora stati analizzati in maniera approfondita sotto questo profilo. La conseguente scarsità di dati limita la capacità di effettuare analisi comparative dettagliate, ma ciò nonostante è possibile trarre alcune conclusioni circa le cause del mancato accesso a certi servizi e le possibili strategie da adottare per farvi fronte. Una delle istituzioni maggiormente attive nella ricerca in questo campo è il Finmark Trust, una fondazione creata con l'impulso economico del Department For International Development (DFID)155 inglese con lo scopo di studiare il fenomeno dell'esclusione finanziaria in Africa. Fin dalla sua nascita nel 2002 ha intrapreso una
153 Negli ultimi dieci anni si assiste al rapido sottoscrittori di contratti con operatori di telefonia mobile rispetto a quelli fissi. Per l'analisi del trend, si veda: F. Guazzini, L'Africa subsahariana e le tecnologie dell'informazione e della comunicazione: una rassegna preliminare, in “Storia e futuro”, rivista di storia e storiografia, n. 4 (2004); per i dati più recenti si veda J. M. Huet, M. Romdhane, H. Tcheng, The financial challenges of the sub-saharian Africa telecoms boom, Bruxelles, IFAI, 2010, pp. 2 – 32. 154 Consultative Group to Assist the Poor, Financial Access... , cit. , p. 5. 155 Department For International Development: è il ministero del governo britannico che gestisce le politiche di cooperazione internazionale.
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intensa attività di raccolta dati156 e di elaborazione statistica, sottoponendo questionari agli abitanti di quindici paesi157 per conoscere con la massima precisione possibile il loro grado di alfabetizzazione finanziaria, i servizi cui hanno accesso, quelli che effettivamente utilizzano e in generale tutto quello che attiene in qualche modo al loro rapporto con gli intermediari finanziari e assicurativi. Questa attività ha prodotto dati molto interessanti,158 permettendo di conoscere meglio i potenziali clienti degli intermediari finanziari africani. Allo scopo di rappresentare e rendere intelligibile la mole di dati disponibile, il CGAP ha elaborato un modo semplice ed efficace di esprimere la suddivisione della popolazione in base al livello di accesso: colloca la popolazione adulta lungo un ideale “continuum dell'accesso ai servizi finanziari” il quale, partendo dal settore formale, passa attraverso quello informale per arrivare poi alla zona di completa esclusione. Il settore formale è definito come quello che include le istituzioni legalmente registrate per fornire servizi finanziari: banche, compagnie assicurative, operatori di microfinanza e via dicendo. Il settore informale comprende invece tutti quei soggetti che operano senza avere però un riconoscimento ufficiale di nessun genere: possono essere cooperative di risparmio rotativo o di credito, piccoli banchi dei pegni oppure prestatori individuali. La popolazione adulta può essere così 156 In questo senso, la principale iniziativa della fondazione è il programma Finscope che, in collaborazione con il DFID e la Banca Mondiale, prevede la somministrazione su base nazionale di un questionario composto da circa 120 domande relative alla conoscenza ed all'utilizzo di servizi finanziari di vario tipo, sia formali che informali, ad un campione rappresentativo della popolazione del paese considerato. Sito web di Finscope, About Finscope, <http://www.finscope.co.za/new/pages/default.aspx? RandomID=41618b8c-1b77-4105-a1b7-b128a33cffff&linkPath=MenuContainer&lID=1>, consultazione del 23 Maggio 2010. 157 I paesi per i quali si possiedono già serie di dati complete ed elaborate sono però solo dodici: Repubblica Sudafricana, Botswana, Namibia, Zambia, Kenya, Tanzania, Uganda, Ruanda, Malawi, Nigeria, Mozambico, oltre al Pakistan, primo paese non africano in cui la fondazione ha iniziato a lavorare. Finmark Trust, “Finscope in Africa” Brochure, 2009, p. 1, dal sito web di Fiscope, <http://www.finscope.co.za/new/pages/Initiatives/Africa-General-and-Cross-Country-Reports.aspx? randomID=065c04c5-8042-4863-a85b-6cd1ac0c515e&linkPath=3&lID=3_5>, consultazione del 20 Febbraio 2010. 158 Dati che, pur essendo una preziosa fonte di informazioni, si sono tuttavia rivelati di scarsa utilità ai fini di una analisi comparativa tra paesi diversi a causa della mancanza di un approccio standardizzato al problema e dei progressivi miglioramenti nel tempo del metodo originario; inoltre, le interviste condotte nei nuclei abitativi non possono da sole fornire un quadro completo della situazione, dato che la domanda di servizi non si esaurisce nelle famiglie ma ha un fondamentale complemento nel sistema delle imprese.
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idealmente suddivisa in quattro segmenti: •
fruitori di servizi bancari: hanno accesso ai servizi bancari e li utilizzano. Questo è l'unico segmento che gode del completo accesso a tutti i tipi di servizi finanziari;
•
fruitori di altri servizi formali: coloro che, pur non essendo clienti bancari, si avvalgono di servizi forniti da altri soggetti appartenenti al circuito economico formale; credito presso fornitori, prestiti di microcredito, servizi assicurativi e via dicendo;
•
fruitori di servizi informali: chiunque non abbia accesso ad un conto in banca o ad un altro tipo di servizio formale, ma tuttavia si avvale di strutture e servizi non legalmente riconosciuti come unioni di risparmio, prestiti da conoscenti o prestatori di professione.
•
individui esclusi da ogni tipo di servizio: sono coloro che, per vari motivi, non hanno la possibilità di avvalersi di alcun tipo di struttura o organizzazione, registrata o meno, per soddisfare le proprie esigenze in materia di gestione dei risparmi, protezione da difficoltà economiche impreviste e trasferimento di denaro.
I primi tre segmenti formano il gruppo di coloro che, in misura differente, hanno accesso a servizi; il rimanente gruppo è quello degli esclusi. Questo non significa però che essi ne abbiano meno bisogno: tutto quello che possono fare è ripiegare su soluzioni alternative poco efficienti e maggiormente rischiose come inviare denaro tramite taxi, nascondere in casa i propri risparmi o chiedere prestiti nella cerchia dei propri familiari o amici. La Figura 4 mostra la distribuzione dei diversi livelli di accesso a servizi finanziari159 relativamente allo Zambia: come si può vedere, solo una minoranza corrispondente a circa un quarto della popolazione totale riesce ad avvalersi di servizi finanziari, siano essi di tipo bancario, assicurativo o altro. La percentuale di coloro che sono esclusi dalla fruizione è pari al 76% , ma vede un'importante 159 Il grafico è riferito all'accesso a servizi formali, che sono quelli che interessano ai fini del presente elaborato, escludendo quindi l'appartenenza ad associazioni di risparmio e credito o altri strumenti di tipo informale.
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differenziazione al suo interno: infatti soltanto una minoranza di essi, come mostrato dal grafico, è tagliata fuori per via del reddito troppo basso, mentre la gran parte è condizionata da fattori di tipo diverso e non utilizza servizi di alcun tipo, nonostante non sia troppo povera per permetterselo.160 Gli studiosi chiamano questo settore, che comprende il 58% circa della popolazione zambiana, zona di sviluppo del mercato bancario: il margine di espansione è dunque assai ampio, a patto di riuscire a colmare alcune carenze strutturali che impediscono di raggiungere questo grande bacino di potenziali clienti. Dai dati Finscope è inoltre emerso che il motivo di esclusione più frequente è la distanza geografica: quasi il 50% degli intervistati ha dichiarato che nelle loro vicinanze non ci sono filiali bancarie. I dati della Banca Mondiale evidenziano come in Africa esistano meno di 10 filiali bancarie ogni 100.000 adulti:161 non esistono serie di dati dettagliate sulla 160 Finmark Trust, Measuring market potential: the financial access frontiers in Financial Access Matters n.2, Lusaka, Finmark Trust, 2007, p. 2, dal sito web di Finscope, <http://www.finscope.co.za/new/pages/Initiatives/Countries/Zambia.aspx?randomID=b4a0c7eb-305a4638-8be4-e2281c7e52ee&linkPath=3_1&lID=3_1_15>, consultazione del 06 Marzo 2010. 161 Consultative Group to Assist the Poor, Financial Access... , cit. , p. 38.
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distribuzione degli sportelli bancari per tutti i paesi del continente, ma sappiamo che, nelle nazioni per cui si hanno serie complete di dati, nelle aree urbane sono presenti in proporzione più filiali rispetto alle zone rurali; per raggiungere queste ultime con la stessa efficacia è necessario un numero di sportelli per abitante maggiore che nelle città a causa della dispersione della popolazione. Tuttavia, tra i paesi di cui si conoscono i dati, a livello globale solo Israele, Australia e USA soddisfano questo criterio; nei PVS, al contrario, la percentuale è maggiore in modo soverchiante nelle città, fino ad arrivare a casi limite in cui la quasi totalità di esse si trova nei contesti urbani. Di conseguenza, in paesi a bassa densità abitativa la distanza diventa sovente il principale ostacolo alla fruizione di servizi finanziari. 162 La prospettiva più interessante nella lotta all'esclusione geografica risiede attualmente
nell'utilizzo
del
cosiddetto
“branchless
banking”,
ovvero
l'implementazione dei servizi bancari di base attraverso canali nuovi e più flessibili della classica filiale come la telefonia mobile, o tramite soggetti economici diversi dalle banche i quali spesso riescono ad avere una penetrazione nel territorio assai maggiore di queste ultime. Ad esempio Caixa, una banca pubblica brasiliana, permette ai suoi clienti di aprire e gestire conti correnti, fare trasferimenti di denaro e chiedere prestiti attraverso un network di ricevitorie della lotteria, supermercati e perfino semplici negozi. 163 Il tutto è reso possibile dall'uso di comuni smart-card e lettori di carte magnetiche, che permettono di sfruttare circa 12.000 esercizi commerciali come filiali bancarie raggiungendo un enorme numero di potenziali clienti. L'utilizzo delle nuove tecnologie, anche quelle relativamente semplici come la telefonia cellulare, ha un potenziale rivoluzionario nel mercato dei servizi bancari: una delle applicazioni più interessanti della telefonia mobile in questo senso è il cosiddetto mobile banking o m-banking, ovvero la possibilità di utilizzare il credito di una utenza di telefonia mobile come uno stock da cui si può anche attingere contante invece di versarlo soltanto come avviene di norma nel modo di utilizzo più 162 Ibidem, p. 39. 163 Consultative Group to Assist the Poor, Use of agents in branchless banking for the poor: rewards, risks, and regulation, FocusNote n. 38, Washington, CGAP, 2006, p. 3.
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diffuso. Così facendo, il telefono cellulare diventa contemporaneamente una filiale di banca e un conto corrente, in cui è possibile versare denaro per custodire i propri risparmi, fare prelievi all'occorrenza semplicemente recandosi da un rivenditore autorizzato della compagnia telefonica ed anche effettuare pagamenti elettronici. Due casi tra i più avanzati di approccio innovativo al mercato dei servizi finanziari tramite il mobile banking si trovano rispettivamente in Sudafrica ed in Kenya; nel primo è attivo dal 2005 Wizzit, una società controllata dalla South African Bank of Athens, che fornisce servizi bancari tramite telefono cellulare. Il titolare di un conto Wizzit ha la possibilità di effettuare versamenti e prelievi, trasferimenti di denaro, disponibilità di una carta di credito a tutti gli effetti e perfino servizi di internet banking allo scopo, nelle parole dell'azienda, di conferire “true economic citizenship” ai propri clienti.164 Il riferimento alla cittadinanza non è casuale; essa è uno degli aspetti più complessi su cui si è snodata la costruzione di entità statali indipendenti con la decolonizzazione. Le indipendenze nazionali hanno portato una formale parità di diritti fra tutti i cittadini, che si scontra però quotidianamente con le enormi diseguaglianze sul piano politico, economico e sociale che sono avvertite da una vasta parte della popolazione, la quale è di fatto privata dei diritti politici che sono corollario di ogni sistema democratico.165 Un altro caso di eccellenza a livello continentale è il programma M-Pesa in Kenya; lanciato nel 2007 dalla compagnia telefonica SafariCom, permette di trasferire denaro tramite un semplice SMS. Chiunque possieda un telefono cellulare può registrarsi gratuitamente presso un punto vendita SafariCom; questo lo abilita ad effettuare transazioni verso altri utenti, i quali possono convertire il credito in contante presso le stesse agenzie: attualmente circa cinque milioni di persone utilizzano questo servizio, per transazioni che nella maggior parte dei casi non superano i 2000 scellini, circa 20,4 Euro al 27 Maggio 2010. La rete commerciale è quella dei rivenditori di servizi di telefonia già presenti sul territorio, cui viene fornita la formazione necessaria, ed ha quindi un ottimo livello di diffusione: si 164 Sito web di Wizzit, Product Offering, <http://www.wizzit.co.za/>, consultazione del 26 Maggio 2010. 165 Per approfondimenti, cfr. A. M. Gentili, Sviluppo e diritti di cittadinanza, cit. , pp. 56 - 57.
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consideri che dopo tre soli mesi dal suo lancio, il servizio poteva contare su 400 agenti laddove nello stesso momento le filiali bancarie erano 450 e gli ATM 166 circa 600 in tutto il paese. Nel 2009 gli agenti autorizzati erano diventati 3.400.167 Anche in Zambia sono presenti aziende che forniscono servizi di mobile banking, ma il loro livello di sviluppo è inferiore alle controparti keniota e sudafricana; i principali operatori del settore sono Zoona, un network creato nel 2007 che permette di effettuare transazioni tramite cellulare e di sfruttare una rete di negozi per prelevare e versare il denaro contante, e Celpay 168 il quale però ha un numero di clienti ristretto a causa della sua vocazione per una clientela di tipo aziendale. Per usare questo servizio infatti è necessario disporre di un conto corrente bancario dato che la società non è autorizzata a fornire servizi di deposito. Da una ricerca svolta nel 2007 è emerso che solo lo 0.075% degli intervistati era registrato per usare Zoona, e un terzo circa di essi dichiarava di non utilizzarlo.169 Un'altra soluzione adottata in Africa dalle banche per ovviare al problema della distanza geografica è l'utilizzo della filiale mobile: allestita in un furgone, una barca o un altro mezzo idoneo essa può spostarsi continuamente per raggiungere le comunità più remote. Questo sistema è stato adottato in Kenya dalla Equity Bank, che ha così guadagnato 12.000 nuovi clienti in 30 diverse comunità. 170 Tuttavia, il sistema delle filiali mobili rimane più costoso rispetto al mobile banking sul modello di M-Pesa, oltre che meno flessibile e capace di diffondersi in modo capillare nel territorio; gli stessi clienti sembrano preferire quest'ultimo rispetto alle altre modalità di fornitura dei servizi bancari.171 166 ATM sta per Automated Teller Machine; è il dispositivo elettronico distributore di denaro contante, in Italia meglio conosciuto come Bancomat. 167 African Economic Outlook, M-Pesa leads Mobile-Payments in Kenya, sito web dell'AEO, <http://www.africaneconomicoutlook.org/en/in-depth/innovation-and-ict-in-africa/pro-developmentinnovative-applications/box-22-m-pesa-leads-mobile-payments-in-kenya/>, consultazione del 22 Maggio 2010. 168 Celpay è presente anche in Tanzania e in R. Democratica del Congo. Sito web di Celpay, <http://www.celpay.com/>, consultazione del 10 Giugno 2010. 169 Finmark trust, Financial Access Matters - Measuring the potential for mobile phone banking, Lusaka, Finmark Trust, 2007, 1, dal sito web di Finscope, <http://www.finscope.co.za/new/pages/Initiatives/Countries/Zambia.aspx?randomID=b4a0c7eb-305a4638-8be4-e2281c7e52ee&linkPath=3_1&lID=3_1_15>, consultazione del 06 Marzo 2010. 170 Consultative Group to Assist the Poor, Financial Access... , cit. , p. 42. 171 Jim Rosenberg, Why has M-PESA become so popular in Kenya?, sito web del CGAP, <http://technology.cgap.org/2008/06/17/why-has-m-pesa-become-so-popular-in-kenya/>, consultazione del 23 Maggio 2010.
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Dalle indagini di Finscope è anche emersa una diffusa scarsità di consapevolezza riguardo il funzionamento del sistema bancario: più di due terzi degli intervistati ignoravano il significato della parola ATM o di carta bancomat; il 14% di essi non sapeva neanche esattamente cosa fosse una banca. Questo è indicativo di un contesto gravemente deficitario in fatto di istruzione di base a causa della grande povertà; questa carenza di informazioni è a sua volta un fattore che compromette in modo netto le possibilità dei cittadini di avvalersi di servizi bancari.172 Sotto il profilo burocratico, un problema rilevante è posto invece dalla necessità di identificazione dei clienti: infatti, allo scopo di evitare fenomeni quali il riciclaggio di denaro sporco o il finanziamento di attività illegali, gli stati si avvalgono di normative che obbligano le banche a richiedere alcuni dati personali ai propri clienti, primo fra tutti una certificazione di identità. Questi requisiti obbligatori rischiano di essere troppo difficili da rispettare per una larga parte della popolazione: ogni richiesta di documenti che certifichino identità, indirizzo, status lavorativo e così via pone un ostacolo aggiuntivo di fronte ad un cittadino in stato di indigenza che voglia accedere ad un qualche servizio finanziario. 173 In molti casi, risulta difficile l'accesso all'iter da seguire ed ai costi da sostenere per ottenere un documento di identità: molti in Africa non hanno nessun tipo di documento o perfino un indirizzo a causa della fragilità dei sistemi di anagrafe. In Zambia il 17% della popolazione non possiede un documento di identità; in Kenya invece solo il 5% della popolazione può produrre all'occorrenza una bolletta della luce, un documento molto usato nei paesi ricchi come attestazione del proprio indirizzo. 174 D'altro canto, la raccolta di questi dati pone dei costi in capo alle banche, le quali trovano quindi poco redditizio avere per clienti i poveri, i quali depositano importi modesti.175 Questo tipo di problemi è strettamente legato al funzionamento della pubblica 172 Finmark Trust, Financial Access Matters - Measuring market potential... , cit. , p. 4, Sito web di Finscope, <http://www.finscope.co.za/new/pages/Initiatives/Countries/Zambia.aspx? randomID=b4a0c7eb-305a-4638-8be4-e2281c7e52ee&linkPath=3_1&lID=3_1_15>, consultazione del 06 Marzo 2010. 173 Finmark Trust, Measuring market potential... , cit. , p. 17. 174 Ibidem, p. 18. 175 Ibidem, p. 18.
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amministrazione negli stati africani, la quale è responsabile dell'implementazione di un sistema affidabile di identificazione dei cittadini: in svariati paesi è del tutto comune che uno stesso individuo possa avere più strumenti di identificazione legalmente riconosciuti, con versioni anche molto differenti del proprio nome riportate in ognuno di essi. L'unica soluzione di lungo termine a questo problema è l'implementazione di un sistema di identificazione che sia efficace e realmente accessibile a tutti; un aiuto prezioso potrebbe arrivare in questo senso dall'utilizzo delle moderne tecnologie di rilevazione biometrica, 176 che tuttavia richiedono il sostenimento di costi rilevanti per la loro implementazione, difficili da sostenere per paesi a basso reddito. Un problema a sé stante è invece la cosiddetta esclusione “di prodotto”, ovvero il fatto che le banche tendono a progettare prodotti e servizi tarati sulle esigenze dei segmenti più abbienti della società: questo fa sì che i poveri non riescano a permetterseli o non abbiano alcuna convenienza ad utilizzarli. Alcuni regolatori hanno quindi introdotto l'obbligo per le banche di introdurre un “entry level” per i servizi di deposito e prelievo di denaro a costo zero o quasi, per incentivare il risparmio presso le classi meno abbienti della popolazione. La Repubblica Sudafricana ha introdotto questa innovazione nel 2004 con il progetto Mzansi, un'opera ambiziosa che, iniziata con la fornitura di carte di debito a basso costo a chiunque potesse certificare la propria identità, si è poi allargata fino a comprendere l'installazione di ATM nelle zone meno coperte dal sistema bancario; attualmente esso riunisce sotto il proprio marchio una gamma intera di servizi finanziari e assicurativi tarati sulle esigenze dei poveri. 177 I responsabili del progetto hanno dichiarato che, undici mesi dopo il lancio del programma, erano stati aperti 1,5 milioni di conti Mzansi; nel 2008 gli utenti del servizio erano più di sei milioni, due terzi dei quali non avevano mai fruito di servizi bancari prima.178 È stato ripetuto che i mercati finanziari africani sono ancora fortemente al di sotto 176 Ad esempio, un sistema di identificazione basato sulle impronte digitali sarebbe accessibile a tutti e garantirebbe un elevato livello di efficacia, pur richiedendo un investimento iniziale relativamente elevato in tecnologia. 177 Ibidem, p. 20. 178 SouthAfrica.info, Mzansi: SA banking spreads its net, 2005, Sito web di SouthAfrica.info, <http://www.southafrica.info/services/consumer/mzansi.htm>, consultazione del 18 Maggio 2010.
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delle loro possibilità: una vasta parte della popolazione del continente lavora, paga, riscuote e risparmia denaro che non passa attraverso banche che lo potrebbero reinvestire, non viene raccolto in conti di deposito al sicuro dai furti, non viene convogliato in un sistema assicurativo che garantisca gli individui da necessità di spesa improvvise e potenzialmente devastanti come un lutto o una siccità. In generale, questa mole di denaro circola poco e lentamente con conseguenze negative per l'intero sistema economico, sia dei singoli stati sia transnazionale, il quale di conseguenza risulta asfittico e fragile: tuttavia, questo “vuoto” di servizi significa anche una grande potenzialità di espansione per le imprese che si riveleranno più dinamiche e creative nel creare nuovi modi di comunicare con il pubblico. Lo scenario è incoraggiante soprattutto per il mobile banking, dato che l'Africa è il mercato di telefonia mobile in più rapida espansione a livello mondiale 179
con una penetrazione attesa del 50% entro il 2012.
Il corretto funzionamento dei mercati finanziari è di primaria importanza per il tessuto economico; essi sono una rete di vasi attraverso cui ne scorre la linfa, ovvero il denaro. Per questo motivo, affinché il sistema sia vitale e dinamico, devono percorrerlo in ogni sua direzione per portare nutrimento, altrimenti la sua salute ne viene compromessa. Dove non riescono ad arrivare a causa dei costi troppo elevati o di ostacoli di vario tipo, lo sviluppo economico è privato di uno dei suoi presupposti principali: in mancanza di veri istituti finanziari gli operatori sono costretti a ricorrere a sistemi di pagamento e di risparmio informali che sovente offrono meno sicurezza e rendono difficile l'attività economica. Il CGAP, nel rapporto Financial Access 2009, ha delineato tre macro-aree di azione politica necessarie a facilitare e stimolare lo sviluppo del settore bancario nei paesi africani a bassa penetrazione: sotto il profilo legislativo, riducendo gli adempimenti e semplificando la normativa di settore che pone alti costi di start-up; sotto il profilo metodologico, adattando il sistema bancario ai contesti a bassissima densità abitativa attraverso l'uso dei banchieri ambulanti, del branchless banking e del 179 Blycroft Publishing, Africa Mobile Factbook, 2008, Sito web di Public Sector Marketing, <http://www.publicsectormarketing.ca/ftp/Africa%20Mobile%20Fact%20Book%202008.pdf>, consultazione del 25 Maggio 2010.
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mobile banking; il terzo prevede infine lo sfruttamento dell'esistente servizio postale per integrare il sistema bancario grazie alla sua capillare diffusione nel territorio. 180 Ci sono segnali promettenti che, attraverso un migliore uso della tecnologia e di prodotti innovativi, sarà man mano possibile raggiungere sempre più persone tra quelle che finora sono rimaste ai margini del sistema, in particolar modo attraverso l'uso combinato dei banchieri ambulanti e dei telefoni cellulari, ma molto resta ancora da fare in tal senso. Per quanto riguarda gli abitanti delle zone rurali, la sfida per gli intermediari finanziari è riuscire a trasformarli in clienti contenendo al massimo i costi dei servizi attraverso un approccio creativo al concetto di banca. Utilizzando il tradizionale sistema delle filiali infatti l'attività di un istituto di credito diventa economicamente proibitiva con grande facilità: basti pensare che in vaste aree dell'Africa l'elettricità è formalmente disponibile ma la sua fornitura è assai precaria per via dei frequenti blackout. Per ovviare a questo inconveniente occorre dotarsi di un generatore, talvolta perfino di due perché quello principale lavora gran parte del tempo e ne serve uno di emergenza: così i costi lievitano enormemente e se si pensa che nelle aree rurali i redditi medi degli africani e la circolazione del denaro sono assai ridotti, questo fatto da solo preclude in linea di principio la stessa presenza delle banche in zone anche molto estese.181 È quindi ragionevole pensare che l'attività di banche e assicurazioni abbia un grande potenziale di crescita nel continente africano, ma solo a patto che esse riescano a cogliere le opportunità presenti con spirito di adattamento e impegno per comprendere le necessità, e le potenzialità, dei suoi abitanti.
180 Consultative Group to Assist the Poor, Financial Access... , cit. , p. 40. 181 Ibidem, p. 40.
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4. LA REPUBBLICA DELLO ZAMBIA
La Repubblica dello Zambia è uno stato situato nella parte meridionale del continente africano; non possiede sbocchi sul mare e confina a nord con la Repubblica Democratica del Congo e la Tanzania, ad est con il Malawi ed il Mozambico, a sud con lo Zimbabwe, il Botswana e la Namibia e ad ovest con l'Angola. L'attuale repubblica è nata nel 1964, anno in cui il paese ha ottenuto l'indipendenza nazionale dal Regno Unito, del quale è stato possedimento coloniale dal 1923 dopo essere entrato nella sua sfera di influenza tramite l'attività della British South African Company (BSAC) di Cecil Rhodes. Attualmente ha una popolazione di circa 13 milioni di abitanti, in forte aumento sebbene il tasso di fertilità sia andato decrescendo a partire dagli anni Settanta del secolo scorso.182 In Zambia sono presenti ben 73 gruppi etno-culturali che parlano nove lingue principali, suddivise in una molteplicità di dialetti. Il gruppo più numeroso è quello Bemba, che da solo comprende circa il 34% della popolazione ed è prevalentemente diffuso nel nord-est e nella regione del Copperbelt. Seguono i Tonga della provincia Meridionale e Occidentale, che comprendono il 16% circa della popolazione; i Nyanja o Chewa delle province Orientale e Centrale che rappresentano circa il 14% ed hanno una forte presenza nella capitale Lusaka; infine, i Lozi sono grossomodo un decimo della popolazione e sono stanziati nella zona occidentale. È inoltre presente un ristretto numero di abitanti di origine europea e asiatica, dell'ordine di poche migliaia, che vive principalmente nelle zone urbane o nelle aree rurali prossime alla linea ferroviaria; gli abitanti di origine asiatica sono maggiormente presenti nelle città e nel Copperbelt, e derivano dal gruppo di migranti insediatosi nel paese in epoca coloniale per la costruzione delle opere infrastrutturali. Dei gruppi linguistici prevalenti, dunque, quattro sono nettamente maggioritari ma, 182 Per l'esattezza, 12.620.219 abitanti: il dato è il più recente disponibile ed è riferito al 2008. Cfr. Banca Mondiale, scheda paese dello Zambia, sito web della Banca Mondiale, <http://data.worldbank.org/country/zambia>, consultazione del 30 Maggio 2010.
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di fatto, la lingua franca è il Bemba, quella che tutti o quasi capiscono meglio dello stesso inglese, che pure è lingua ufficiale del paese. Lo Zambia è un paese a maggioranza cristiana, sebbene solo una ristretta minoranza abbia abbandonato completamente le credenze tradizionali. Oggi quasi il 70% della popolazione è di fede cristiana: la confessione prevalente è quella cattolica, ma c'è una forte presenza anche di anglicani, battisti e metodisti. La comunità asiatica invece è prevalentemente indù con una minoranza musulmana, che ha fatto pochi proseliti tra la popolazione autoctona. Il sistema economico è assai fragile; coerentemente con le caratteristiche dell'economia di derivazione coloniale che sono state delineate nel capitolo precedente, il paese ha un settore industriale scarsamente sviluppato e dominato dall'attività estrattiva e mineraria, la quale provvede ad una quota larghissima delle esportazioni nazionali e in definitiva dell'intero prodotto interno lordo. L'economia formale dell'area fin dall'epoca coloniale era basata sull'industria estrattiva del rame, controllata da aziende straniere, la quale rappresentava circa il 90% delle esportazioni.183 Il sottosuolo è in effetti ricchissimo di minerali quali nichel, stagno, uranio e soprattutto rame, del quale il paese è uno dei maggiori produttori a livello globale: negli anni Settanta del XX secolo la produzione zambiana rappresentava più del 12% dell'intero mercato mondiale; nella seconda metà dei Sessanta, prima che la crisi colpisse duramente i mercati internazionali, le esportazioni di rame rappresentavano quasi il 93% delle esportazioni totali e circa il 44% del PIL del paese.184 Come si vedrà più avanti nel capitolo, nonostante questa disponibilità di risorse il paese è uno tra i più poveri al mondo e, con un reddito medio pro capite di 1.230 dollari annui, si colloca agli ultimi posti nella classifica mondiale della ricchezza: a causa del calo del prezzo del rame sui mercati globali, il reddito medio ed il tenore di vita della popolazione sono decresciuti negli ultimi trent'anni. Questo perché anche dopo la fine del dominio coloniale la dipendenza dalle esportazioni di rame è 183 Cfr. Jürgen Wulf, Zambia Under the IMF regime, in “African Affairs”, n. 349, 1988, pp. 579 - 594. 184 Cfr. W. Mordoff, R. V. Molteno, Politics in Zambia, Manchester, Manchester University Press, 1974, p. 320.
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stata soltanto intaccata, senza che il sistema economico riuscisse ad evolvere e diversificarsi.
4.1. Profilo storico L'attuale popolazione zambiana è il risultato di una complessa serie di spostamenti migratori che si snoda nel corso dei secoli. Gli attuali abitanti del paese discendono da popoli dediti all'agricoltura che si stanziarono nella regione circa duemila anni fa; le tradizioni culturali nella fascia settentrionale del paese sembrano indicare influenze provenienti dal bacino superiore del Congo. La maggioranza degli zambiani ha origini bantu, ma le migrazioni susseguitesi nel tempo hanno generato un'ampia varietà di lingue e culture: la Figura 5 mostra quanto sia eterogeneo il panorama della popolazione odierna sotto il profilo etnico e linguistico. Il popolo degli Shona è arrivato nell'area intorno al dodicesimo secolo, creando l'impero di Mwene Mutapa che si estendeva attraverso gli attuali Zimbabwe e Mozambico, comprendendo anche quello che oggi è lo Zambia meridionale; nel sedicesimo secolo, piccole popolazioni di etnia Luba e Lunda instaurarono regni di piccole dimensioni lungo il fiume Congo. I Lozi sono arrivati nell'area dello Zambesi nel tardo diciassettesimo secolo, dove hanno impiantato un'economia agricola basata sui cicli di piena del grande fiume; i Tonga si sono invece insediati nel plateau meridionale, vivendo di allevamento e agricoltura. I Nyanja risiedono prevalentemente nell'attuale Malawi ma popolano anche il nordest dello Zambia; la loro etnia è collegata a quella Bemba, che è arrivata dall'area dell'odierna Repubblica Democratica del Congo tra il diciassettesimo e il diciottesimo secolo. I Bemba erano un popolo guerriero che basava la propria economia sulla conquista e il saccheggio; verso la fine del diciannovesimo secolo i loro contatti con i mercanti arabi e swahili, con i quali avevano intensi rapporti commerciali, li resero molto potenti. I missionari e gli ufficiali coloniali che 91
vennero in contatto con loro riferirono che essi non si dedicavano alla coltivazione del cibo, sfruttando invece il lavoro delle popolazioni sotto il loro controllo per la produzione agricola.185 La distribuzione dei gruppi etnici ha influenzato la suddivisione amministrativa dei territori: nella provincia occidentale il gruppo nettamente maggioritario sono i Lozi, che sono stanziati nelle pianure alluvionali dello Zambesi e nelle aree circostanti. La provincia Settentrionale è dominata invece dai Bemba, i quali nell'Ottocento avevano costruito un regno molto esteso: la provincia divenne poi una delle principali fonti di forza lavoro quando furono aperte le miniere agli inizi del 185 M. Jerven, Colonial copper and post-colonial diamonds: comparing the economic history of Zambia and Botswana c. 1900 â&#x20AC;&#x201C; 2000, London, Economic History Department of London School of Economics, 2009, p. 2.
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Novecento, ed il bemba è così divenuto la lingua franca del Copperbelt, oltre che la più parlata nell'intero paese. La provincia di Luapula si estende lungo il fiume omonimo, dal lago Bangweulu al lago Mweru, ed è abitata da una serie di popoli di lingua bemba ma appartenenti ad etnie differenti; tra questi i Lunda, che nel diciannovesimo secolo dominavano su tutta la valle. La provincia orientale è abitata dagli Nsenga, i Chewa, i Kunda ed i Ngoni, che sono arrivati da sud durante l'Ottocento. La lingua dominante è il Nyanja che è anche la lingua franca di Lusaka, la quale ha raccolto un grande numero di emigrati da tale zona.186 La provincia del Copperbelt è la sede principale dell'industria mineraria; i suoi abitanti provengono da tutto il paese e perfino dai paesi vicini perché le miniere sono grandi utilizzatrici di manodopera; è l'unica provincia ad avere attirato flussi migratori oltre a quella di Lusaka. In Zambia vivono inoltre alcune migliaia di abitanti di origine europea ed asiatica: il numero degli europei è ridotto perché molti hanno abbandonato il paese negli anni seguenti all'indipendenza, passando da circa 40.000 alla fine degli anni Sessanta del XX secolo a poco più di 2.500 individui alle soglie del terzo millennio. Ciò è dovuto anche alla politica di “zambianizzazione” dell'industria e dell'economia attuata dopo l'indipendenza, con la quale sono state poste forti restrizioni alla possibilità per i non - zambiani di lavorare in certi settori, come quello strategico dell'industria mineraria. Al contrario, negli ultimi cinquanta anni è andato costantemente aumentando il numero degli asiatici: la maggioranza di essi è di provenienza indiana e lavora nel commercio al dettaglio, soprattutto nelle città dato che nel 1970 è stato formalmente proibito ai cittadini stranieri di insediarsi nelle aree rurali.187 Fino alla fine dell'Ottocento il numero di europei nell'area dello Zambesi è stato trascurabile; i primi esploratori portoghesi arrivarono nel diciottesimo secolo, che 186 Sui regni e le loro evoluzioni etnico-politiche cfr. G.P. Calchi Novati, P. Valsecchi, op. cit. 187 United Nations Human Settlements Programme, Land tenure, housing rights and gender in Zambia, Nairobi, UN-habitat, 2005, p. 42.
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coincise con un periodo di instabilità nella regione a causa delle migrazioni e dal fiorente commercio degli schiavi praticato da arabi ed europei. Nel diciannovesimo secolo da sud sono arrivati gli Ngoni, mentre i Kololo per un breve periodo hanno dominato sui Lozi nella valle superiore dello Zambesi. Tra il 1851 ed il 1856 l'esploratore inglese David Livingstone compì un lungo viaggio nell'entroterra africano con lo scopo di aprire nuove rotte commerciali e raccogliere informazioni sul territorio. Seguì il corso dello Zambesi che suscitava molte aspettative come grande via di trasporto fluviale, aspettative poi totalmente disattese dal suo corso irregolare e ricco di cateratte; durante il suo viaggio arrivò a scoprire le imponenti cascate a cui diede il nome della regina Vittoria. Questa spedizione aveva evidenziato le grandi difficoltà di penetrazione nel continente, le quali non sembravano compensate da nessun beneficio immediato: questo finché, a partire dagli anni Settanta del secolo, la scoperta dei diamanti e poi dell'oro nell'Africa meridionale portò un forte incentivo a compiere ulteriori viaggi esplorativi e quindi alla conquista. A parte qualche missionario, i primi coloni sarebbero arrivati nella regione solo negli anni Novanta dell'Ottocento, dopo che l'imprenditore inglese Cecil Rhodes aveva inviato, con l'appoggio del governo, una spedizione che partendo dal Sudafrica si era diretta a nord, in quella che sarebbe poi divenuta la Rhodesia. 188 Rhodes è stato un personaggio chiave nella storia dell'Africa australe: per opera sua l'intera area dello Zambesi entrò nella sfera di influenza britannica durante la corsa al dominio coloniale, lo “Scramble for Africa”. Nel 1889 il governo britannico rilasciò alla sua compagnia, la British South Africa Company, una concessione con la quale le conferiva il potere di reclamare di fronte alle altre potenze europee diritti sul territorio africano in nome della Corona, nonché di amministrare quello in suo possesso. La BSAC si avvalse di questa concessione per prendere controllo di aree sempre più vaste dell'Africa meridionale, attraverso accordi e trattati con i capi 188 La spedizione, compiuta nel 1890, era stata voluta dal governo inglese che intendeva prendere controllo dei territori a nord del Transvaal dato che la Germania di Bismark aveva iniziato ad occupare l'area del sud-est, contestualmente al territorio che sarebbe poi divenuto l'attuale Namibia, e c'era il rischio che alleandosi con i boeri, i discendenti dei primi coloni olandesi ostili al Regno Unito, potesse accerchiare i possedimenti britannici ostacolandone l'espansione verso nord. A seguito di queste spedizioni il Regno Unito estenderà la propria influenza verso le future Rhodesie ed il Nyasaland, poi rinominato Malawi.
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locali o, più raramente, usando la forza. In questa fase l'avanzata degli europei in quello che sarebbe poi divenuto lo Zambia subì poca resistenza: l'opposizione più forte fu condotta dagli Ngoni, i quali combatterono apertamente le truppe della compagnia nel 1898. I Bemba, al contrario, erano divisi e non capirono la portata di ciò che stava accadendo, come pure i Lozi, il cui re ritenne che allearsi con gli Inglesi avrebbe protetto il suo popolo contro Portoghesi e Ndebele. È anche probabile che la resistenza degli indigeni sia stata fiaccata da malattie e carestia: negli anni novanta del XIX secolo un'epidemia di vaiolo si diffuse nella futura Rhodesia, e negli stessi anni peste e carestie colpirono duramente la popolazione.189 La BSAC aprì la sua prima miniera di rame nel 1908 a Broken Hill, presso l'odierna città zambiana di Kabwe; come tutte le chartered companies nella storia dell'imperialismo britannico, essa esercitò un controllo totale sul territorio, amministrando la giustizia e riscuotendo le imposte fino al 1923, anno in cui il governo britannico decise di non rinnovare la concessione. L'anno seguente il possedimento fu posto sotto il diretto controllo del Regno Unito. Al momento del trasferimento di potere dalla BSAC al governo inglese la Rhodesia del Nord era una terra provata fino allo stremo dall'amministrazione predatoria della compagnia. Dopo un tentativo fallito di incentivare l'immigrazione di coloni dall'Inghilterra riservando terreni lungo la ferrovia per concessioni agricole, lo stato coloniale decise di investire nello sfruttamento delle immense risorse minerarie: questo richiedeva una grande quantità di manodopera e il governo impose, ove necessario con la violenza, restrizioni alla possibilità degli africani di spostarsi per frenare l'emorragia di forza lavoro iniziata nel primo dopoguerra a causa del degrado dei terreni coltivabili responsabile dei cattivi raccolti e dell'epidemia bovina, che negli anni Dieci del XX secolo aveva decimato il bestiame. Il grave declino dell'agricoltura, unito alla forte inflazione che si verificò a seguito della guerra, gettò in miseria grande parte della popolazione. Nel frattempo, lo sviluppo delle attività minerarie le portò ad essere la principale fonte di reddito del paese, 189 Per un approfondimento sul tema si veda: J.Iliffe, op.cit.
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configurando una economia duale in cui la regione del Copperbelt diventò progressivamente una enclave ricca all'interno di un paese poverissimo.190 Nel 1953, sotto l'impulso del governo inglese che intendeva favorire il rafforzamento dell'autogoverno senza perdere il controllo delle Rhodesie, nacque la Federazione Centroafricana composta da Rhodesia del Nord, Rhodesia del Sud e Nyasaland, ovvero l'attuale Malawi. Salisbury, oggi Harare, fu designata come sede del parlamento federale: esso tuttavia fallì nel compito di garantire eguale rappresentanza e peso politico ai tre paesi federati, o almeno tale apparve la situazione ai cittadini del futuro Zambia. Proprio in questo periodo, per reazione, in Rhodesia del Nord comparvero infatti i primi segni di un crescente nazionalismo, insieme al fastidio per una federazione che sembrava avvantaggiare soltanto una ristretta parte dei suoi cittadini.191 Nel 1960 Kenneth Kaunda, un attivista politico zambiano che era stato discepolo di Gandhi, fondò lo United National Independence Party (UNIP) attraverso il quale fu avviata una intensa campagna politica per l'indipendenza nazionale e per una maggiore partecipazione politica della popolazione nera. Nel 1964 lo Zambia ottenne l'indipendenza dalla Gran Bretagna e Kaunda ne diventò il primo presidente.192
4.2. L'indipendenza e le politiche di sviluppo Al momento dell'indipendenza, nel 1964, le prospettive economiche e politiche per il paese erano buone se confrontate con la situazione nei paesi vicini: secondo l'autorevole storico Gann, in Zambia “there was a well filled treasury, a reasonably stable currency, an efficient civil service, a free press and a working parliamentary system that gave representation to several parties”.193 Tuttavia, politiche economiche improntate ad un inefficiente e clientelare dirigismo, unite ad una 190 Cfr. A. M. Gentili, Il leone e il cacciatore. Storia dell'Africa subsahariana, cit. pp. 244 – 245. 191 Su questo, cfr. Gabriele Smussi (a cura di), Quale indipendenza in Zambia? Storia,politica ed economia, Brescia, 2007, 32. 192 Ibidem, p. 32. 193 Cfr. L. H. Gann, Malawi, Zambia and Zimbabwe, in P. Duignan and R. H. Jackson (a cura di), Politics and Government in African States, Stanford, Hoover Press, 1986, p. 183.
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situazione internazionale difficile sia sotto il profilo politico che sotto quello economico, vanificarono quel vantaggio iniziale portando il paese ad occupare gli ultimi posti nelle statistiche mondiali del reddito e dello sviluppo umano: lo Zambia è passato dall'essere uno dei paesi più prosperi dell'Africa subsahariana ad un'area di scarso sviluppo e grande povertà, in cui i cittadini poveri delle campagne sono rimasti sistematicamente esclusi da qualsiasi opportunità di sviluppo sociale e crescita economica; anche nelle città le opportunità di impiego sono cresciute in maniera esigua rispetto all'aumentare complessivo della popolazione, 194 la cui crescita è stata costante nei primi quattro decenni dall'indipendenza. La quasi totalità dei sudditi coloniali era dedita ad attività economiche informali, se si esclude una esigua minoranza che lavorava nelle miniere oppure nei bassi ranghi dell'amministrazione coloniale. Come negli altri paesi africani, al momento dell'indipendenza quindi tra le priorità del nuovo governo ci fu l'africanizzazione e lo sviluppo dell'apparato produttivo, operazione delicata ma che, dati i bassi costi della manodopera locale, appariva praticabile oltre che desiderabile. Negli anni immediatamente seguenti l'indipendenza, il governo di Lusaka mantenne un'agenda politica liberale. In questo periodo ebbe luogo una certa crescita nel comparto manifatturiero, la quale però non sembrava avere alcun impatto sul resto del sistema economico: il settore agricolo aveva una bassa produttività e stentava quindi a tenere il passo con la crescita demografica, causando non pochi problemi di approvvigionamento.195 La neonata repubblica si era data un assetto istituzionale pluralista e parlamentare, in cui il presidente era il responsabile dell'azione del governo: tuttavia, l'avvento dell'indipendenza portò ad un progressivo surriscaldamento delle dinamiche e del dibattito politico che la giovane nazione zambiana difficilmente riusciva a far rientrare nell'alveo di una sana dialettica democratica. Di fronte a questa situazione il governo reagì con la compressione delle libertà politiche e accentrando sempre 194 World bank – Human Resources Division, Southern Africa Department, Africa regional office, Zambia Poverty Assessment – Vol.1, World Bank, 1994, p. 9, dal sito web della Banca Mondiale, <http://wwwwds.worldbank.org/servlet/WDSContentServer/WDSP/IB/1994/11/10/000009265_3961006155856/Ren dered/PDF/multi_page.pdf>, consultazione del 20 Maggio 2010. 195 World Bank, World development report 2008: agriculture for development, Washington D.C. , The World Bank, 87.
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più potere; la presidenza di Kaunda si avviò così ad assumere caratteri di crescente autoritarismo.196 Forte della buona situazione dei conti pubblici, lo stato intraprese fin dai primi anni dell'indipendenza uno sforzo economico rilevante per ampliare la qualità dei servizi di base, istruzione e sanità in primis; il tutto all'interno di un framework ideologico che ambiva a sintetizzare la tensione verso il progresso con il rispetto della cultura tradizionale del paese, e che Kaunda aveva chiamato “umanismo”. 197 Nel 1968 il presidente dichiarò che, per favorire lo sviluppo economico e garantire un utilizzo delle risorse che portasse benefici reali alla popolazione, lo stato avrebbe acquisito il controllo di alcune tra le principali aziende del paese, le quali erano attualmente in mano a compagnie straniere:198 questo discorso programmatico è divenuto noto come la Mulungushi Declaration. La crescita del settore formale e dell'industria, finanziata dagli introiti minerari, avrebbe dovuto trainare lo sviluppo dell'intero sistema e stimolare la crescita di una produzione interna che andasse progressivamente ad alleviare la grave dipendenza dalle importazioni. Il governo attuò questo proposito tramite l'acquisizione di una quota azionaria pari almeno al 51% nelle aziende interessate; per gestire l'intera operazione ed esercitare il controllo azionario fu potenziata la Industrial Development Corporation (INDECO), un'agenzia pubblica nata dalla riorganizzazione della Northern Rhodesia Development Agency, risalente all'epoca coloniale, che diventò lo strumento usato dal governo per gestire le imprese a partecipazione statale. 199 Questa strategia prevedeva anche un aumento dei servizi forniti dallo stato e la “zambianizzazione” del settore economico formale, ovvero l'estromissione ove possibile degli europei dalle posizioni di responsabilità. Nel 1970 il governo acquisì la quota di maggioranza delle filiali zambiane delle due 196 Cfr. C. J. Gertzel, C. L. Baylies, M. Szeftel, The dynamics of the one-party state in Zambia, Manchester University Press ND, 1984, p. 4. 197 Cfr. C. J. Gertzel, C. L. Baylies, M. Szeftel, op. cit. , p. 9; Gabriele Smussi (a cura di), op. cit. , 32. 198 Kenneth Kaunda, Zambia: Towards Economic Independence, discorso tenuto dal presidente Kaunda di fronte al Consiglio Nazionale dell'UNIP a Mulungushi il 19 Aprile 1968; citato in K. Kaunda, Zambia's economic reforms, “African Affairs”, Vol. 67, No. 269, discorso tenuto alla Burlington House di Londra il 18 Luglio 1968, pp. 295-304. 199 N. S. Carey Jones, S. M. Patankar, M. J. Boodhoo, Politics, public enterprise and the industrial development agency. Industrialisation policies and practices, London, Croom Helm, 1974, p. 118.
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maggiori compagnie minerarie, la Anglo American Corporation e la Rhodesia Selection Trust, che vennero ribattezzate rispettivamente Nchanga Consolidated Copper Mines (NCCM) e Roan Consolidated Mines (RCM); per amministrarne la gestione venne creata un'altra compagnia statale, la Mining Development Corporation (MINDECO).200 Una terza compagnia pubblica, la Finance and Development Corporation (FINDECO), prese il controllo delle società assicurative e di costruzioni; soltanto le filiali di banche straniere riuscirono ad evitare di perdere l'indipendenza. In parallelo con la centralizzazione del potere politico ed alla deriva verso un sistema autoritario, lo stato andò stringendo la propria presa anche sul sistema economico. Nel 1971 una riforma lo rese ancora più centralizzato e verticistico; la INDECO, la MINDECO e la FINDECO furono riunite sotto l'insegna della Zambia Industrial and Mining Corporation (ZIMCO), la quale di fatto si trovò ad accogliere al suo interno la quasi totalità del sistema produttivo nazionale: ciò la rese fin dalla nascita una delle compagnie più grandi dell'Africa subsahariana. Il presidente Kaunda vi ricopriva il ruolo di presidente del consiglio di amministrazione. Il dirigismo economico a sua volta fu occasione per il governo di aumentare il controllo sulla scena politica e sulla società: nel 1972, con il pretesto di contrastare i disordini che sarebbero potuti scaturire dalle tensioni in corso all'interno del partito di governo e dallo scontro frontale con l'opposizione, vennero banditi tutti i partiti politici a eccezione dell'UNIP: il bando fu istituzionalizzato l'anno seguente con l'adozione di una nuova carta costituzionale, che sanciva l'inizio della “seconda repubblica”.201 Le strutture amministrative di ogni livello, dagli uffici provinciali ai comitati di villaggio, vennero unificate con le sedi dell'UNIP.202 Lo stato-partito così configurato riuscì progressivamente a raggiungere una formidabile presa su tutto il sistema socioeconomico, al punto che il tesseramento era diventato un prerequisito perfino per avere accesso ai servizi di base: questo approccio burocratico ed improntato ad uno spiccato favoritismo portò nel medio200 Nel 1982 la NCCM e la RCM furono riunite nella Zambia Consolidated Copper Mines Ltd (ZCCM). 201 Cfr. C. J. Gertzel, C. L. Baylies, M. Szeftel, op. cit. , p. 17. 202 Cfr. Gabriele Smussi (a cura di), op. cit. , p. 33.
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lungo periodo all'esclusione di alcuni tra i più vulnerabili da servizi che in teoria erano stati pensati appositamente per loro.203 Inoltre, dopo un primo periodo di forte espansione della spesa pubblica il dissesto dei bilanci non permise più il mantenimento delle scuole e degli ambulatori medici, che pure erano stati costruiti in tutto il paese.
Miliardi di $
PIL a valore attuale 9.000 8.000 7.000 6.000 5.000 4.000 3.000 2.000 1.000 0 6 19
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Figura 6: L'evoluzione del PIL zambiano dall'indipendenza ad oggi Fonte: elaborazione propria su dati della Banca Mondiale, <http://data.worldbank.org/country/zambia>.
La Figura 6 mostra l'evoluzione del valore attuale del PIL zambiano dal 1964, anno dell'indipendenza, fino ai giorni nostri: l'andamento decrescente innescatosi all'inizio degli anni Settanta del XX secolo finisce per lasciare posto ad una inversione di tendenza duratura soltanto nei primi anni Novanta; il valore ritorna al livello iniziale solo nel 2007 a seguito, peraltro, di un elevato aumento dei prezzi del rame che ha trainato verso l'alto il valore delle esportazioni zambiane e di conseguenza il reddito del paese. Gli altri settori dominanti del sistema economico, agricoltura e turismo, sono cresciuti in misura assai ridotta.204 La presidenza di Kaunda, durata per ventisette anni dall'indipendenza al 1991, fu quindi contraddistinta da una politica economica fortemente statalista che provocò un forte irrigidimento del sistema: questo, complici le alte tariffe doganali, rese l'economia asfittica ed incapace di competere nei mercati. Sotto il profilo economico questa gestione può a ragion veduta essere definita disastrosa: alla fine della presidenza di Kaunda il reddito medio dei salariati era inferiore a quello del 203 World bank, Zambia Poverty Assessment, op. cit. , p. 40. 204 M. Larmer, A. Fraser, Of cabbages and cobra: populist politics and Zambia's 2006 election, in “African affairs”, n. 425, 2007, p. 618.
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1964, grande parte della popolazione non riusciva a provvedere adeguatamente alla propria alimentazione e la cittadinanza era provata dal razionamento e dalle code necessarie per procurarsi beni di prima necessità. 205 A livello macroeconomico, come mostra il grafico, non fu creata ricchezza ma anzi il reddito nazionale seguì un trend negativo. Secondo alcuni studiosi questa strada fu seguita a causa della sfiducia nel settore privato lasciata in eredità dall'esperienza coloniale, 206 ma la ragione di molte decisioni rivelatesi nocive per il benessere del paese può essere più pragmaticamente cercata nei benefici che esse garantivano alla classe politica ed alla élite urbana cooptata nell'apparato clientelare dello stato. La politica dirigista è stata così perniciosa per l'economia che nei primi dieci anni di indipendenza, durante i quali il prezzo del rame cresceva e c'era un alto livello di investimento in una congiuntura complessivamente favorevole, il valore della produzione crebbe soltanto del 2,4% all'anno, molto meno del tasso di incremento demografico annuo; di conseguenza il reddito pro-capite subì un significativo abbassamento. La corresponsabilità di questa performance globale disastrosa va attribuita in larga parte alla bassissima efficienza del settore pubblico, unita ad un basso livello medio di competenza in materia di amministrazione della cosa pubblica; oltre a queste tare di implementazione, tuttavia, vanno sottolineati gravi errori strategici in sede politica. Infatti, lo slancio verso l'aumento della produzione in Zambia ha sempre trascurato il comparto agricolo: un grave errore le cui conseguenze sono state pagate dalla popolazione. Il governo non ha cercato di incentivare l'attività dei piccoli coltivatori che tuttavia erano e sono una parte rilevantissima della popolazione, e avrebbero potuto contribuire ad assorbire parte della forza lavoro disoccupata e aumentare la produzione agricola, facendo scendere i prezzi. Infatti, per tutti gli anni Ottanta del secolo scorso ha avuto luogo nelle zone rurali una emorragia di forza lavoro, che si spostava verso le città per trovare un impiego nel settore formale, relativamente 205 Cfr. Gabriele Smussi (a cura di), op. cit. , p. 37. 206 Cfr. World bank – Human Resources Division, Southern Africa Department, Africa regional office, op. cit. , p. 40.
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meglio pagato di qualunque altro, nonostante di fatto l'offerta di lavoro fosse in continua contrazione.207 Sarebbe invece stato utile per il paese avere più energie investite nella produzione di cibo. Non solo lo stato non investiva nella produzione alimentare, ma il prezzo del mais nelle città era sussidiato e questo costituiva un ulteriore incentivo per gli abitanti delle aree rurali a spostarsi: come nella maggior parte dei paesi africani, si stava sviluppando una classe di lavoratori informali urbani a basso reddito sempre più numerosa. La disoccupazione nelle aree urbane era alta, ed i termini di scambio per gli abitanti delle campagne diventavano via via più sfavorevoli; di fronte a questa situazione, il governo cercava di proteggere il potere di acquisto dei cittadini per mantenere il suo consenso calmierando il prezzo del mais e finanziando questa politica con i prestiti internazionali. Questa pressione sulle finanze pubbliche avrebbe finito per minare la capacità della pubblica amministrazione di fornire i servizi di base alla cittadinanza, anche in settori chiave come la sanità e l'istruzione. Nel 2005, questa fase della storia zambiana sarebbe stata ricordata dallo storico Martin Meredith come “a catastrophic record of mismanagement”.208 Tuttavia, sarebbe scorretto attribuire l'intera responsabilità dei fallimenti del paese nel percorrere la strada dello sviluppo al suo “padre liberatore”, il presidente Kaunda. Infatti, è opportuno ricordare che, sebbene negli anni Sessanta la congiuntura economica fosse incoraggiante, la situazione cambiò rapidamente con lo shock petrolifero del 1973. L'improvviso balzo verso l'alto del prezzo del petrolio fu seguito da vicino da un crollo del prezzo del rame; questo ebbe una grave ripercussione sui bilanci dello stato, dato che le esportazioni di rame costituivano il 95% delle esportazioni zambiane, che quasi dimezzarono il loro valore nell'arco di un solo anno.209 Per fare fronte alla improvvisa carenza di liquidità provocata dallo shock, nel 1973 il governo di Lusaka firmò un accordo con il Fondo Monetario Internazionale per la 207 World bank – Human Resources Division, Southern Africa Department, Africa regional office, Zambia Poverty Assessment, cit. , p. 40. 208 Cfr. M. Meredith, The state of Africa : A history of fifty years of independence, 2005, London, J. Ball, p. 380. 209 Il dato è riferito al 1975. Tra il 1970 ed il 1985 il prezzo relativo del rame grezzo rispetto a quello dei manufatti è sceso del 63%.
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stabilizzazione ed il rilancio dell'economia: esso prevedeva tra le altre cose il mantenimento di un livello minimo di scorte di valuta estera e l'adozione di una politica di rigore finanziario, necessaria per far fronte al diminuito gettito derivante dalle esportazioni. Tuttavia queste misure non furono sufficienti: la caduta continua della quotazione del rame, cui si sommavano i difficili rapporti con i paesi vicini quali Rhodesia del sud, Angola e Mozambico, nel pieno della lotta per l'indipendenza nazionale, colpiva duramente l'economia. Nel 1976 l'enorme deficit costrinse il governo zambiano a chiedere nuovamente l'aiuto del FMI: il secondo accordo prevedeva, oltre al contenimento del deficit pubblico, un congelamento dei salari, un aumento del prezzo del mais che fino ad allora nelle aree urbane era stato calmierato per evitare disordini, ed una svalutazione del 20% della valuta nazionale, il Kwacha. Tutti questi aggiustamenti però non sortirono alcun effetto tangibile, complice anche la difficile situazione economica e politica della regione. Nel 1978 fu varato un terzo programma del FMI con caratteristiche analoghe al secondo; nonostante lo Zambia avesse fatto registrare una crescita economica negativa, era riuscito a rispettare i requisiti richiesti ed il Fondo erogò il finanziamento: al momento della stipula dell'accordo il debito pubblico estero ammontava a circa 1,4 miliardi di dollari.210 La situazione economica continuò a peggiorare sensibilmente a causa del declino del valore delle esportazioni e di un periodo di scarsità di piogge che provocò una grave penuria di derrate alimentari. Seguì un quarto programma nel 1981 e un quinto nel 1983, con il quale per la prima volta fu elaborato un piano di risanamento ad ampio spettro, articolato in una serie di riforme multisettoriali. Tra i punti più significativi figuravano una politica di diversificazione delle esportazioni, la libera fluttuazione del valore della moneta e, soprattutto, dei prezzi, la liberalizzazione del commercio estero e del mercato del credito, oltre al proseguimento di una politica di austerità nella spesa pubblica. 211 Questa terapia d'urto fu assai pesante da sopportare per lo Zambia e il difficile 210 Scheda paese dello Zambia, sito web della Banca Mondiale, <http://data.worldbank.org/country/zambia>, consultazione del 05 Giugno 2010. 211 Cfr. O. S. Saasa, Policy Reforms and Structural Adjustment in Zambia. The Case of Agriculture and Trade, Lusaka, Institute for African Studies - University of Zambia, 1996, pp. 13 – 18.
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assestamento dell'economia che seguì alle riforme portò una forte inflazione, con gravi ripercussioni sul piano politico: il malcontento innescò disordini per il cibo nell'area del Copperbelt, che nel 1986 arrivarono al culmine provocando dei morti. Di fronte all'ostilità per questi piani di aggiustamento strutturale, diffusa specialmente tra i disoccupati e i lavoratori dipendenti, nel 1987 il governo di Lusaka abbandonò unilateralmente il programma concordato con le istituzioni internazionali e lanciò un proprio piano di stimolo dell'economia. Furono reintrodotte le restrizioni doganali, diminuita la quota di reddito destinata a ripagare il debito e venne rinnovato il controllo su prezzi e tassi di interesse. Questo permise alla moneta di apprezzarsi ma non arrestò l'inflazione, fallendo l'obiettivo di proteggere il potere d'acquisto dei cittadini. Nel 1989 il governo dette avvio all'ennesimo programma di austerità finanziaria allo scopo di rimettere in sesto le dissestate finanze pubbliche, divenuto inevitabile dopo un lungo periodo di aumento del debito pubblico a dispetto di prestiti e programmi internazionali; questa ennesima richiesta di sacrifici fu male tollerata dalla popolazione. Nel 1990 scoppiarono disordini per il cibo a Lusaka, i quali dettero forza e visibilità alle richieste sempre più forti di abolire il sistema a partito unico, che era ormai inviso alla cittadinanza a causa della corruzione e dell'evidente incapacità dell'UNIP di affrontare i problemi del paese: di fronte alla tensione crescente, nel 1991 fu varata una nuova carta costituzionale che ammetteva alla competizione elettorale tutte le formazioni politiche. Nello stesso anno, ebbero luogo le prime elezioni multipartitiche; Frederick Chiluba diventò il nuovo presidente con l' 81% dei voti. Chiluba era un ex sindacalista, già presidente della Zambian Congress of Trade Unions (ZCTU); era stato poi tra i fondatori del Movement for Multi-party Democracy (MMD) il quale, da gruppo di pressione per l'abolizione del monopartitismo, si era trasformato in partito politico presentandosi alle elezioni con lo slogan “The Hour Has Come”. Fin dai primi anni il suo governo si distinse per una intensa attività riformatrice in senso liberista, con l'avvio della privatizzazione di più di 250 compagnie a controllo statale corrispondenti a circa l'85% 104
dell'apparato produttivo del paese. Il governo abbassò drasticamente le tariffe doganali, ritirò i sussidi alla produzione industriale ed agricola e rimosse il controllo statale sul tasso di cambio. Questo radicale processo di riforma ebbe ripercussioni pesantissime sull'economia: con la privatizzazione, aziende impiantate per fornire beni di prima necessità in un regime di restrizioni doganali non seppero reggere la concorrenza nel mercato aperto e questo provocò una ondata di fallimenti: tra il 1992 ed il 2004, l'occupazione nel settore formale crollò del 24%. Inoltre il parallelo e brusco taglio della spesa pubblica unito all'impennata del tasso di disoccupazione fu causa di gravi difficoltà per la cittadinanza zambiana. Nonostante le gravi difficoltà attraversate dal paese, passato da un rigido dirigismo al liberismo più ortodosso senza nessuno step intermedio, Chiluba fu rieletto trionfalmente nel 1996; tuttavia, verso la fine del secondo mandato, egli perse rapidamente rispetto e sostegno politico per via dei ripetuti tentativi di modificare la costituzione per avere la possibilità di candidarsi nuovamente, ma soprattutto a causa delle crescenti accuse di corruzione che gli venivano rivolte. Le riforme di Chiluba, se partivano da una necessità reale ovvero quella di stimolare l'economia resa asfittica da un quarto di secolo di statalismo corrotto e inefficiente, hanno avuto effetti perniciosi per il paese. Oltre che dalla eccessiva velocità, il processo di privatizzazione è stato danneggiato dalla carenza di un ceto imprenditoriale autoctono, da un elevato grado di corruzione tra i funzionari governativi incaricati di gestire la vendita delle attività e dalla mancanza di un effettivo controllo da parte dell'opinione pubblica. Le conseguenze di ciò furono procedure di asta e di valutazione del tutto prive dei requisiti previsti dalla legge in materia di trasparenza della trattativa e di impatto ambientale nel caso di aziende delicate sotto il profilo ecologico come quelle minerarie, assai preminenti nel sistema economico zambiano.212 Nonostante il forte malcontento popolare dovuto alla drammatica caduta dell'occupazione e alle difficoltà causate dalle pesanti riforme strutturali, il MMD 212 Cfr. M. Larmer, A. Fraser, Of cabbages and cobra: populist politics and Zambia's 2006 election, in “African affairs”, n. 425, 2007, p. 617.
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riuscì nel 2001 a vincere le elezioni per la terza volta con Levy Mwanawasa, che poteva però contare su un sostegno popolare assai ridotto rispetto ai plebisciti che avevano garantito la presidenza al suo predecessore, 213 in gran parte a causa dei pesanti sospetti di corruzione che gravavano sul partito. Verso la fine del suo mandato, Chiluba infatti fu accusato di avere trafugato ingenti somme di denaro;214 nel 2001 una serie di indagini sollevò seri dubbi sulla possibilità che egli avesse abusato del suo potere per accumulare grandi ricchezze all'estero tramite corruzione ed appropriazione indebita di denaro di alcune compagnie pubbliche; Mwanawasa, che pure in campagna elettorale aveva riscosso l'appoggio del presidente uscente e ne aveva preso le difese in diverse occasioni, chiese ed ottenne dal parlamento la sospensione dell'immunità del suo predecessore perché potesse essere messo sotto inchiesta.215 Durante la presidenza Mwanawasa lo Zambia attraversò un periodo di crescita economica stabile, sostenuta anche dall'aumento dei prezzi del rame; inoltre, in uno sforzo di rigore finanziario il paese riuscì a riscattare ben il 90% del suo debito estero. Nelle elezioni del 2006 il presidente ottenne un secondo mandato, sempre alla guida del MMD.216 Il 29 Giugno 2008 Mwanawasa cadde vittima di un ictus ed entrò in coma: morì il 19 agosto dello stesso anno. La sua malattia lasciò il paese in uno stato di confusione dato che la carta costituzionale non prevedeva procedure di emergenza in casi del genere: in questo periodo di incertezza sulla sorte del presidente, nonché del governo da lui presieduto, andò crescendo il potere del vicepresidente Rupiah Banda, che aveva l'incarico di reggere temporaneamente il paese. Le elezioni, tenutesi in ottobre, videro il MMD vincere di misura portando Banda a diventare il quarto presidente dello Zambia.217 La sua vittoria fu dovuta principalmente al fatto che egli aveva saputo aggregare consensi all'interno del MMD, ovvero il partito 213 Cfr. M. Larmer, A. Fraser, op. cit. , pp. 615 – 617; Jan Kees Van Donge, The plundering of Zambian resources by Chiluba and his friends: a case study of the interaction between national politics and the international drive towards good governance, in “African Affairs”n. 430, 2009, 73. 214 Cfr. Jan Kees Van Donge, op. cit. , p. 69. 215 Ibidem, p. 75. 216 M. Larmer, A. Fraser, op. cit. , p. 611. 217 Cfr. N. Cheeseman, M. Hinfelaar, Parties, platforms, and political mobilization: the zambian presidential election of 2008, in “African affairs”, n. 434, 2010, p. 51.
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dominante; la sua popolarità presso la cittadinanza, infatti, era assai ridotta. 218
4.3. I rapporti con i paesi vicini Oltre che dal prezzo del rame, fin dal momento dell'indipendenza le vicende economiche del paese sono state profondamente influenzate da fattori di natura geopolitica: le relazioni con i paesi africani controllati da élite di provenienza europea e il difficile accesso alle vie di comunicazione. Durante le lotte per l'indipendenza nei vicini Zimbabwe, 219 Mozambico, Angola e Sudafrica220 si era configurato un “fronte” tra gli stati ancora controllati da una classe dirigente bianca e quelli che erano almeno formalmente emancipati: lo Zambia era sul confine tra questi due gruppi in quanto confinante con Angola e Zimbabwe e partner commerciale del Sudafrica; non poteva quindi non prendere posizione. Tale situazione diplomatica era resa complessa dal fatto che, non avendo sbocchi sul mare, il paese deve fare affidamento sulle vie terrestri e quindi sulle relazioni con i paesi vicini per tenere aperti i flussi commerciali e garantirsi l'approvvigionamento di merci ed energia. Per esportare il suo prezioso rame, lo Zambia necessitava di un accesso permanente ai grandi porti commerciali, alle linee ferroviarie ed alle strade carrabili che vi conducevano; le relazioni diplomatiche con i paesi vicini di conseguenza sono sempre state influenzate da questa pressante necessità. Ciononostante, il governo di Kaunda sostenne i ribelli nazionalisti del fronte di liberazione di orientamento marxista in Mozambico, i movimenti indipendentisti in Rhodesia del Sud e l'African National Congress sudafricano: questa posizione di solidarietà con i movimenti indipendentisti è stata pagata a caro prezzo dal paese, che è passato attraverso problemi di sicurezza interna e difficoltà finanziarie causati 218 Ibidem, p. 61. 219 Il quale ha mantenuto il nome Rhodesia fino al 1965 e poi quello di Zimbabwe Rhodesia fino al 1980, n.d.a. 220 Lo Zimbabwe otterrà l'indipendenza nel 1965 ma il predominio dei bianchi durerà fino al 1980; Angola e Mozambico divengono indipendenti nel 1975 mentre il Sudafrica, indipendente fin dagli anni Trenta ma saldamente in mano ad una classe dirigente non africana, vedrà arrivare le prime elezioni a suffragio universale solo nel 1994.
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dall'ostilità dei governi coloniali o gestiti da élite bianche dei paesi vicini. L'adesione al boicottaggio internazionale nei confronti della Rhodesia del Sud, ad esempio, ebbe pesanti ripercussioni sul piano economico: il vicino tagliò allo Zambia ogni rifornimento petrolifero proveniente dalla sua raffineria di Feruka e la situazione si fece così grave che soltanto un ponte aereo, unito ad una severa politica di razionamento durata ben 33 mesi, permise al paese di non collassare del tutto, durante i lavori di completamento di un oleodotto proveniente da Dar Es Salaam per rifornire il paese;221 la via del meridione, importante rotta commerciale per il paese, per lungo tempo è rimasta chiusa a causa della difficile situazione dei rapporti con l'attuale Zimbabwe.
4.4. Demografia e indicatori sociali La Figura 7 mostra l'andamento della crescita demografica in Zambia dal 1960 ai giorni nostri: la densità della popolazione è bassa ma il numero è in decisa crescita, sebbene ad una velocità inferiore rispetto a molti paesi dell'area subsahariana.
Andamento della crescita demografica
Popolazione, totale Crescita della popolazione (% annua)
14.000.000
4,00
12.000.000
3,50
10.000.000
3,00 2,50
8.000.000
2,00
6.000.000
1,50
4.000.000
1,00
2.000.000
0,50
0 19
0,00 60
19
63
19
66
19
69
19
72
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75
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78
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81
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Figura 7: La crescita della popolazione in Zambia Fonte: elaborazione propria su dati della Banca Mondiale, <http://data.worldbank.org/country/zambia>.
221 Nel 1975 nacque la Tanzania-Zambia Railway Authority (TAZARA), che collegò con una ferrovia la regione zambiana del Copperbelt al porto di Dar es Salaam in Tanzania, riducendo così la dipendenza dello Zambia dalla Rhodesia del Sud e dal Sudafrica per raggiungere gli snodi commerciali. Cfr. D. G. Anglin, Zambian Crisis Behaviour, in “International Studies Quarterly”, Vol. 24, 1980, pp. 581- 616.
108
La speranza di vita è inferiore ai 40 anni ed è tra le più basse al mondo, a causa di un elevato livello di mortalità dovuto alla malnutrizione ed alle malattie, prima fra tutte l'AIDS. Il virus HIV ha provocato danni enormi al paese, in termini di depauperamento delle risorse umane oltre che sotto il profilo, pur rilevante, dei semplici costi di trattamento della malattia; per averne un'idea si consideri che nel solo 2001 sono morti di AIDS ben 815 insegnanti elementari, pari al 45% di tutti quelli diplomati nello stesso anno.222 Questo si traduce in un ulteriore aggravamento della già drammatica situazione in cui versa il sistema scolastico, sottodimensionato e scarsamente finanziato, ma il problema ha portata ben più ampia in quanto la malattia provoca una emorragia continua risorse e di capitale umano che ostacola lo sviluppo.223 Come in molti paesi dall'alto tasso di fertilità, una grande parte della popolazione zambiana ha meno di 15 anni; sebbene nei sistemi economici tradizionali i figli riescano di solito a contribuire all'economia domestica fin da giovani, solitamente bisogna aspettare che essi raggiungano i 10-15 anni perché producano più di quello che consumano: il rapporto tra il numero di individui sopra i 15 anni e quello degli individui sotto i 15 o sopra i 64 è il cosiddetto “indice di dipendenza”, ed è considerato un indicatore del futuro livello di povertà di una società. Tale rapporto nei paesi in via di sviluppo è considerevolmente elevato e l'immediata conseguenza di questo è un livello di consumo inferiore per ogni individuo; ben più grave, un alto livello di dipendenza disperde le già scarse risorse disponibili per sanità ed istruzione, ponendo una forte pressione sulle casse dello stato e un'ipoteca sul futuro sviluppo dello Zambia. La Figura 8 mostra il rapporto tra la popolazione zambiana di età compresa fra i 15 ed i 64 anni di età, considerata economicamente attiva, e quella al di fuori di questo intervallo che si suppone non indipendente e quindi a carico dell'altro gruppo. Si 222 Walden Publishing Ltd (a cura di), Zambia Profile, World of Information, 2006, 379, dalla biblioteca elettronica della Dalarna University, <http://site.ebrary.com/lib/dalarna/Doc?id=10120878&ppg=3>, consultazione del 5 Giugno 2010. 223 Per approfondimenti sull'impatto della malattia in Africa australe, cfr. J. Iliffe, The African AIDS Epidemic: A History, Athens, Ohio University Press, 2006.
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Composizione demografica della popolazione
% di individui tra 15 e 64 anni % di individui sotto i 15 o sopra i 64 anni
53
% della popolazione
52 51 50 49 48 47 46
20 06
20 03
20 00
19 97
19 94
19 91
19 88
19 85
19 82
19 79
19 76
19 73
19 70
19 67
19 64
45
Figura 8: L'indice di dipendenza della popolazione Fonte: elaborazione propria su dati della Banca Mondiale, <http://data.worldbank.org/country/zambia>.
vede come negli ultimi 45 anni la quota dei “dipendenti” sia stata molto prossima a quella della popolazione attiva, con un breve sorpasso alla fine degli anni Settanta; questo significa che ogni individuo produttivo deve mantenerne almeno un altro con il suo lavoro. Fino dalla metà degli anni Settanta del Novecento il reddito pro-capite dello Zambia è andato decrescendo, insieme a tutti i principali indicatori di sviluppo: nel periodo tra il 1975 ed il 1990 la somma dei redditi da lavoro formale addirittura si è ridotta ad un quarto del valore originale mentre la quota di coloro che vivono sotto la soglia di povertà è cresciuta dal 60 al 67%.
110
Figura 9: Incidenza della povertà nelle diverse aree del paese Fonte: Zambia Central Statistical Office, “Living Conditions in Zambia”, 1998.
Come si vede dalla cartina, la povertà in Zambia è distribuita in modo irregolare: le province che si estendono lungo la ferrovia, ovvero quella di Lusaka, il Copperbelt e quella Centrale, hanno un reddito medio più alto. L'area con il maggior numero di poveri è la provincia Occidentale, con il 78% della popolazione al di sotto della soglia della povertà assoluta. All'interno delle singole provincie c'è una sostanziale differenza di reddito fra gli abitanti delle città capoluogo e tutti gli altri. A livello nazionale, il Poverty Gap Index varia dal 6% a Lusaka al 50% nella provincia 111
Occidentale: questo significa che in media coloro che vivono sotto la soglia di povertà assoluta nella capitale hanno il 94% del reddito che serve loro per coprire il fabbisogno nutrizionale, mentre i poveri che vivono nella provincia Occidentale hanno in media soltanto la metà del necessario. La diseguaglianza nella distribuzione del reddito è andata diminuendo a partire dagli anni Ottanta del XX secolo, man mano che il vantaggio delle classi urbane andava decrescendo. Questo processo è andato di pari passo con il deterioramento degli indicatori sociali come la mortalità infantile ed il tasso di iscrizione a scuola, non più tenuti sotto controllo dai servizi forniti dallo stato. Nell'arco di 15 anni lo Zambia era sceso al livello degli altri paesi dell'area, tra i quali brillava per il suo benessere nei primi anni Settanta.
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5. IL MICROCREDITO NEL COPPERBELT ZAMBIANO
5.1. Insiemepercaso ONLUS Insiemepercaso ONLUS (IPC) è una organizzazione italo-zambiana, con sede rispettivamente nella cittadina di Chianciano Terme in Toscana ed a Luanshya nella regione del Copperbelt in Zambia. È una realtà relativamente recente ma può già vantare al suo attivo il raggiungimento di traguardi di rilievo. È nata nel 2003 per volontà di un gruppo di amici desiderosi di fare qualcosa per incontrare i bisogni dei meno fortunati: dopo una prima fase di iniziative sul territorio di Siena e Firenze con progetti di sostegno alle madri sole e alle mense per i poveri, ha deciso di rivolgere i propri sforzi nel campo della cooperazione internazionale. Sfruttando i contatti che alcuni membri dell'associazione avevano in Zambia fu vagliata la possibilità di intraprendere delle attività in collaborazione con talune comunità locali con l'obiettivo di andare incontro alle necessità dei membri più poveri e svantaggiati della società. Il primo traguardo in questo senso è stato raggiunto nel 2005, quando i proventi della vendita di un calendario fotografico hanno permesso di finanziare la costruzione di un centro nutrizionale nel compound di Chibote,224 nella regione del Copperbelt. Costruito in collaborazione con le suore francescane di Assisi, esso ha lo scopo di migliorare la dieta e l'apporto nutrizionale dei bambini che vivono nel villaggio, in gran parte figli di lebbrosi che non sono abili al lavoro e vivono quindi in condizioni di grave difficoltà. Il centro attualmente serve due pasti alla settimana a 151 bambini. Dopo un periodo di consolidamento della presenza nel paese e di conoscenza reciproca con la popolazione locale, la aumentata capacità di relazionarsi con gli abitanti e di interpretarne i bisogni ha portato alla decisione di interrompere la collaborazione con le suore francescane di Assisi, le quali erano state fino ad allora 224 Storia, Sito web di Insiemepercaso, Consultazione <http://www.insiemepercaso.org/chisiamo/storia.aspx>.
del
02
Giugno
2010,
113
il “referente” dell'organizzazione sul territorio, e di avviare attività autonome attraverso la fondazione di “Insiemepercaso Zambia”, una associazione i cui membri sono esclusivamente cittadini zambiani, e che è diventata quindi riconoscimento giuridico dell'anima zambiana dell'associazione. Questa, con sede legale a Luanshya,225 ha chiesto ed ottenuto lo status giuridico di ONG. L’unico progetto che l’associazione ha continuato a gestire in collaborazione con le suore, finanziandola anche nelle spese di gestione ordinaria fino al 2009, è stata la scuola di Kapepa.
Figura 10: La cittadina di Luanshya nel Copperbelt, sede di Insiemepercaso Zambia Fonte: Wikimedia, <http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Copperbelt_districts.png>.
Nel Giugno del 2006 è stato inaugurato un programma di adozione a distanza che nell'arco di un anno è arrivato a coinvolgere circa 130 famiglie zambiane ed italiane; i viaggi dei volontari italiani dell'organizzazione sono serviti anche per portare foto, notizie e piccoli manufatti prodotti artigianalmente nelle famiglie 225 Luanshya è una cittadina cui fa capo il distretto omonimo, nella regione del Copperbelt. Secondo un censimento del 2008, i residenti sarebbero 117.579; è stata fondata all'inizio del XX secolo dopo la scoperta di un giacimento di rame ed il suo destino da allora è stato strettamente legato a quello della miniera. Ha quindi accusato pesantemente la crisi dei prezzi del rame protrattasi durante l'ultimo quarto del Novecento.
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beneficiarie, in segno di ringraziamento e fratellanza con gli amici italiani. Nel corso dello stesso anno ha cominciato a prendere forma quello che si sarebbe rivelato il progetto più ambizioso dell'istituzione: constatando le gravi condizioni di povertà in cui versa gran parte della popolazione dei compound limitrofi alla cittadina di Luanshya, il comitato direttivo dell'associazione è arrivato alla conclusione che non era sufficiente cercare risposte ai bisogni immediati e quotidiani dei poveri; era invece necessario affrontare in modo deciso il problema della mancanza di prospettive che le persone vivono altrettanto giornalmente e che condiziona in modo negativo il loro futuro. Perché i più poveri potessero ambire ad un futuro migliore per i loro figli è stata individuata come priorità assoluta la promozione dell'accesso all'istruzione. In Zambia l'istruzione gratuita non esiste da quando il dissesto dei conti pubblici iniziato degli anni Settanta ha costretto il governo a tagliare la spesa pubblica dietro le direttive dei PAS. Attualmente, il governo non spende denaro per pagare le spese correnti degli istituti scolastici, ma finanzia sotto certe condizioni le attrezzature e gli arredi interni delle scuole. Questo significa che per mandare i propri figli a scuola i genitori devono pagare gli insegnanti ed i materiali di tasca propria: in un paese che ha un tasso di fertilità di 5,8 figli per donna ed un reddito medio annuo di 950 $, è evidente che la spesa per l'istruzione pone un carico gravoso sul bilancio familiare.226 Il modello attualmente prevalente nel paese è quello delle community school, istituzioni scolastiche i cui oneri di funzionamento sono a carico della comunità. Constatato questo cronico deficit dell'offerta formativa, il consiglio direttivo di IPC ha deciso la costruzione di una scuola ex novo, che potesse essere frequentata gratuitamente da coloro che non hanno le risorse per provvedere alla propria istruzione e che organizzasse corsi di natura tecnica e professionale subito 226 Una delle richieste di credito evase durante la mia attività di stageur indicava chiaramente nel pagamento della scuola per tre dei suoi sette figli la motivazione della richiesta di prestito. Essa accludeva una fotocopia del modulo di iscrizione alla scuola, contenente un dettagliato elenco di ciò che ogni bambino deve comprare, dalla scuola stessa, al momento dell'iscrizione: tesserino, libretto scolastico, uniforme, oltre al pagamento di una retta annuale e alla responsabilità di provvedere autonomamente a tutto il materiale di cancelleria che si renda necessario. Escluso quest'ultimo, il costo annuo dell'adempimento è di 450.000 ZKW per ogni figlio. Si tenga conto inoltre che più grande dei tre bambini ha 13 anni, quindi frequentante una scuola primaria.
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spendibili nel mondo del lavoro. Per sottolineare l'intento di promozione sociale che soggiace alla costruzione della scuola, questa è stata costruita in prossimità di uno dei villaggi più poveri del distretto, il compound di Buntungwa, su un terreno concesso dal governo a tale scopo. La scuola, finanziata anche con il contributo della Fondazione Monte dei Paschi di Siena, è stata battezzata Toscana Skills Training College (TSTC): il corpo principale della struttura è stato inaugurato nel 2009.
Illustrazione 1: La struttura principale del Toscana Skills Training College Fonte: Foto scattata il 17 Aprile 2010 in località Buntungwa durante il fieldwork in Zambia
Il TSTC si delinea sempre più chiaramente come un progetto di ampia portata: ad opera conclusa esso sarà a tutti gli effetti un campus studentesco con laboratori, aule, cucina, un dormitorio capace di ospitare circa cento studenti e un campo di calcio per le attività sportive, e sarà dotato di elettricità ed acqua corrente. La parte del lotto di terreno eccedente le necessità della scuola è stata messa a coltura per produrre mais, elemento portante della dieta locale, il quale contribuisce a ridurre i costi dell'istituto e della mensa di Chibote. Nel 2007 è stato lanciato un progetto pilota di microcredito che prevede la
116
Illustrazione 2: Un progetto sottoposto per l'approvazione del comitato Fonte: Pratica evasa durante l'attivitĂ di stageur nell'ambito del progetto di microcredito di IPC
concessione di piccoli prestiti agli abitanti piĂš poveri di Luanshya e dei villaggi limitrofi, che possano consentire l'avvio di piccole attivitĂ economiche e stimolare 117
così la crescita del tessuto economico. Dopo un inizio segnato da forti perdite economiche dovute principalmente ad errori di progettazione del sistema, questo è stato riveduto e corretto ed ha portato a risultati ragguardevoli; l'organizzazione lo considera tutt'oggi uno dei suoi più grandi motivi di orgoglio. Nel 2009 IPC ha aderito al progetto “Euro-African Partnership for Decentralized Governance”,227 nell'ambito del quale si è posta come mediatrice per favorire la conoscenza e lo scambio di esperienze tra i comuni della Valdichiana e quelli della provincia zambiana del Copperbelt. Nel frattempo, a fronte dei buoni risultati conseguiti dal microcredito, che è andato raccogliendo sempre più consensi tra la popolazione con un numero crescente di clienti e di richieste, è stata riconosciuta l'incompatibilità228 tra quest'ultimo e le adozioni ed è stata presa la decisione di puntare tutto sulla concessione di prestiti. Le
adozioni
a
distanza
sono
state
progressivamente dismesse, ed i benefattori adottanti
sono
stati
incoraggiati
a
sponsorizzare il progetto di microcredito con
la
produzione
di
un
Illustrazione 3: Lavori di costruzione
breve della struttura ambulatoriale
documentario che evidenzia i vantaggi di
Fonte: Foto scattata il 29 Aprile 2010 in località Buntungwa durante il fieldwork in Zambia
questo strumento. 227 L' Euro-African Partnership for Decentralized Governance è un partenariato promosso dal Dipartimento degli Affari Economici e Sociali dell'ONU in collaborazione con la Regione Toscana, avente lo scopo di contribuire al rafforzamento delle amministrazioni locali attraverso la promozione della reciproca conoscenza e cooperazione con gli organi di governo locale italiani – Home page del sito web dell' Euro-African Partnership for Decentralized Governance, 03 Giugno 2010 , <http://www.euroafricanpartnership.org/>. 228 Il periodo di coesistenza tra i due progetti, durato più di un anno tra il 2007 ed il 2009, ha infatti sollevato alcune proteste tra i clienti del microcredito i quali hanno apertamente contestato ai rappresentanti dell'organizzazione l'ingiustizia da essi percepita nella diversità di trattamento: da una parte i beneficiari dell'adozione che ricevevano a scadenze fisse una somma di denaro da spendere a piacimento, dall'altra quelli del microcredito, vincolati alla restituzione e obbligati a lavorare duramente per non perdere il diritto ad ottenere il credito successivo – Andrea Innocenti - Vice presidente di IPC, Discorso tenuto a Chianciano Terme in occasione della Festa della Musica, 17 Luglio 2009, Biblioteca Comunale di Chianciano Terme.
118
Attualmente, l'associazione porta avanti tre attività principali che sono ormai consolidate: l'impegno a fornire due pasti alla settimana nella mensa per bambini di Chibote, l'attività di costruzione e di gestione didattica della scuola che, sebbene non sia ancora completata, è già in funzione ed ha prodotto i primi diplomati; l'attività di microcredito, che è in crescita ed oggetto di una continua opera di miglioramento e correzione. A queste attività si sono aggiunte a fine 2009 altre due iniziative che diversificano ulteriormente il campo d'azione di IPC: la prima prevede la costruzione di una struttura poliambulatoriale che fornirà gratuitamente l'assistenza medica di base ai poveri. La struttura è attualmente in fase avanzata di costruzione e dovrebbe essere operativa entro la fine dell'anno; verrà gestita in collaborazione con le autorità sanitarie del distretto di Luanshya ed avrà come focus primario la prevenzione e cura delle malattie più diffuse come la malaria, e l'assistenza medica alle partorienti la cui carenza diffusa è responsabile di un alto livello di mortalità.229 Il secondo progetto riguarda invece l'installazione di un mulino per macinare il granoturco, sia quello prodotto dai terreni adiacenti alla scuola che quello dei privati; trattenendo da questi ultimi una piccola percentuale l'attività della struttura verrà resa autosostenibile. Entrambe le costruzioni verranno a trovarsi nel perimetro del campus TSTC, che si candida così a diventare un importante punto di riferimento per la comunità locale.
5.2. Come Insiemepercaso ha declinato il concetto di microcredito Il progetto di microcredito di Insiemepercaso ONLUS è stato avviato nel 2007 nel tentativo di utilizzare le limitate risorse a disposizione nel modo più efficiente possibile nella lotta contro la povertà. L'attività di adozione a distanza, che aveva raggiunto molte persone migliorandone la qualità della vita, riusciva ad incidere solo su una ristretta minoranza della popolazione ma soprattutto aveva un evidente 229 Secondo le statistiche del Programma di Sanità Neonatale e Materna dello Zambia, ogni anno 4.000 donne muoiono per cause legate alla gravidanza lasciando orfani 9.800 bambini. L'incidenza è di 200 morti ogni 100.000 parti; nell'Europa settentrionale tale valore è di 10 su 100.000. Cfr. Gabriele Smussi (a cura di), op. cit. , p. 129.
119
difetto: non aveva ricadute positive sulla comunità di riferimento se si eccettua un lieve aumento della quantità di denaro circolante. Al contrario, non di rado emergevano rancori o piccoli contrasti dovuti a sentimenti di invidia nei confronti dei beneficiari delle donazioni. Inoltre, avere a disposizione una somma di denaro mensile ha un effetto disincentivante verso l'assunzione di rischio che comporta l'intraprendere una attività economica,230 e non è ben chiaro quando tale provvidenza dovrebbe avere termine. Di fronte alla constatazione dei limiti di un trasferimento di risorse a fondo perduto l'organizzazione ha deciso di intraprendere una strada diversa, lanciando nel luglio 2007 una Call for Proposal (Vedi Allegato 1) con la quale chiedeva a tutti coloro che avessero un progetto imprenditoriale che non potevano permettersi di realizzare per mancanza di fondi, di presentarne una descrizione accurata al comitato zambiano di IPC per chiedere un prestito. La Call for Proposal prevedeva che qualunque cittadino zambiano residente nel Copperbelt e in possesso di un documento di identità valido potesse presentare richiesta di finanziamento, la quale sarebbe stata vagliata dal comitato zambiano di IPC che ne avrebbe verificato la rispondenza ai requisiti prima dell'approvazione. L'importo massimo finanziabile per ogni progetto era fissato in 2.000.000 di Kwacha (ZKW). Venivano inizialmente destinati al microcredito 5.000 Euro, pari a 25.582.024 di Kwacha, provenienti dalle donazioni e dai finanziamenti liberi da vincoli di scopo ricevuti dai sostenitori dell'associazione in Italia. Un aspetto molto interessante del sistema progettato è la sua attenzione alla funzione educativa che il microcredito può assumere: nella visione di IPC infatti esso è più che una semplice attività bancaria con finalità sociali. È visto come uno strumento potente di emancipazione e promozione sociale, che attraverso l'uso del credito promuove la cultura del lavoro e della responsabilità della propria condizione di vita.231 Questo è il vero valore aggiunto, che ha portato al cambio di 230 A. Andreoni, V. Pelligra, op. cit. , 217. 231 Questa visione deve molto all'esperienza personale ed alle convinzioni del coordinatore nazionale di IPC Zambia Patrick Chanda; è sua ferma convinzione infatti che l'intraprendenza e la capacità di essere artefici del proprio destino proprie di ogni comunità umana siano state duramente danneggiate nel popolo zambiano a causa del colonialismo prima, da politiche di aiuto unilaterali e atteggiamento dogmatico e moralista della Chiesa Cattolica in seguito. A suo dire, essa ha per lungo tempo predicato le
120
paradigma ed al conseguente abbandono del sistema delle adozioni 232 in seno all'associazione. Patrick Chanda, coordinatore nazionale per lo Zambia delle attività di IPC, in un rapporto al consiglio direttivo della sezione italiana ha scritto: “This project is opposed to any form of handout which creates people to be perpetual dependants on those who have the means of survival and production, or the rich who in turn abuse society socially, politically and economically by enslaving the people.”233 A tale scopo, una parte fondamentale della strategia di IPC è la cura della comunicazione e dell'immagine del progetto presso la comunità: coloro che ricevono il prestito non vengono chiamati clienti ma partner, a sottolineare il rapporto paritario che l'organizzazione intende instaurare con coloro che si rivolgono ad essa. Questo è ritenuto molto importante perché è un modo di rendere le persone partecipi degli obiettivi e della visione che viene portata avanti, piuttosto che fare semplicemente accettare loro delle regole imposte dall'alto con un approccio top-down. Non è un caso che nella Call for Proposal sia stato inserito un passo che recita: “The beneficiary shall repay the loan received within the timetable indicated in the Application form, plus a 5% of annual interest. In fact, through the fund he/she receive, each beneficiary enjoys a circuit based on reciprocity and social solidarity: he/she is not considered a simple “receiver” but becomes an active member of “insiemepercaso” ONLUS, who is now participating with his/her own little contribution to increase the total amount of budget that the association will be able to allocate the microcredit project in Zambia.”234 virtù della povertà e i mali intrinseci dell'opulenza a persone che invece avevano soltanto bisogno di uno stimolo ed un aiuto sulla strada dell'intraprendenza economica. Patrick Chanda, intervista effettuata dal vivo il 03 Aprile 2010 a Lusaka, Zambia. 232 Con la parziale eccezione di alcuni casi di totale non autosufficienza. 233 Cfr. Patrick Chanda, IPC – Microcredit Project in Zambia, descrizione del progetto di microcredito IPC redatta per il consiglio direttivo italiano, 14 Luglio 2009. 234 Cfr. P. Chanda, Call for Proposal rivolta alla popolazione per sollecitare la presentazione di progetti da finanziare, Luanshya, 10 Luglio 2007.
121
Il senso di questo passaggio appare chiaro: coloro che richiedono un prestito non sono
semplici
customers
ma
diventano
a
tutti
gli
effetti
members
dell'organizzazione, la quale si occupa della promozione dello sviluppo della comunità intera. Per estensione, quindi, ottenere un prestito non giova soltanto a sé stessi ma potenzialmente all'intera comunità: perché se si guadagnano più soldi se ne spenderanno anche di più, perché si possono creare nuovi posti di lavoro e perché si contribuisce ad aumentare con gli interessi pagati il capitale di cui IPC Zambia dispone, mettendo quest'ultima in condizioni di concedere un volume di prestiti sempre più elevato. L'aspetto della membership viene ampiamente enfatizzato dal coordinatore nazionale e dai suoi collaboratori, che al momento di concedere un prestito sottolineano il raggiungimento non di un beneficio, ma di una collaborazione con l'organizzazione: “Congratulations, you are now an IPC Partner!” è la frase che saluta coloro che stanno ricevendo il primo prestito. Come ho potuto constatare durante il mio lavoro a fianco del coordinatore Chanda, nelle intenzioni di IPC costoro devono capire che la buona riuscita della loro attività non preme soltanto a loro stessi ma anche all'organizzazione, quindi se falliscono arrecheranno un danno anche a quest'ultima: l'aspetto motivazionale è molto importante quando si presta denaro senza richiedere la garanzia di un collaterale e per questo il sistema IPC punta ad ottenere il massimo coinvolgimento da parte del richiedente il credito. È necessario per incentivare ad un comportamento virtuoso, ovvero di onestà ma anche di determinazione a lavorare duramente se necessario pur di essere in grado di restituire il denaro ricevuto; in questo senso il microcredito è uno strumento dal forte potenziale educativo. Insiemepercaso fissa uno scadenzario indicativo ma non vincolante per la restituzione: i pagamenti cominciano nel terzo mese dalla concessione del prestito per coloro che ricevono il primo finanziamento, dal mese successivo per tutti gli altri. Il prestito deve essere restituito in dieci rate, ed in un tempo non superiore ai 12 mesi dal momento della concessione pena l'aumento del tasso di interesse dal 5%
122
al 10%.235 Inoltre, in nessun caso il partner deve restituire l'intera somma in un tempo inferiore a cinque mesi: questo termine minimo è stato fissato per evitare che i riceventi, ansiosi di accedere alle tranches di credito successive che sono considerevolmente più elevate, restituiscano il primo prestito senza averlo effettivamente utilizzato a fini di investimento. Questo comportamento è potenzialmente dannoso per l'individuo, perché così facendo corre il rischio di non essere in grado di amministrare il denaro che riceve, non avendo iniziato con importi ridotti e più facili da gestire, e lo è anche per la comunità, in quanto può accadere che per restituire il prestito più velocemente sorga la tentazione di aumentare oltre misura i prezzi della merce o del servizio che si vende, contribuendo così ad un aumento dell'inflazione che danneggerebbe tutti.
Illustrazione 4: Un gruppo in procinto di ricevere il primo prestito Fonte: Foto scattata da M. Papini all'interno del TSTC il 06 Aprile 2010
235 La questione del tasso di interesse è stata oggetto di dibattito durante la fase di studio; dopo un consenso iniziale sull'idea di non chiedere interessi, è stato fissato il 5% perché la gratuità del credito poneva seri rischi di deresponsabilizzazione dei clienti e conseguente screditamento dell'intera iniziativa.
123
Per dare ai microimprenditori il tempo necessario affinché la loro attività produca dei frutti, il primo prestito concesso può godere di un periodo di preammortamento 236
di due mesi, durante i quali il pagamento delle rate è sospeso; questo inizia solo il
terzo mese, così da permettere al ricevente di poter pagare senza un eccessivo sacrificio economico. Il discorso è differente per i Silver Partner237 o superiori, che invece versano la prima rata il mese successivo alla firma del contratto. Il tempo massimo di un anno serve ad evitare pagamenti troppo diluiti nel tempo e dare così modo all'istituzione di accorgersi tempestivamente se qualcuno rimane indietro con le rate; inoltre, come ha sottolineato Yunus con una efficace metafora, il denaro “è una sostanza adesiva” che tende ad attaccarsi alle mani che lo stringono per troppo tempo;238 è quindi auspicabile evitare tempi di restituzione eccessivamente prolungati. L'organizzazione incoraggia i suoi partner a mantenere una cadenza mensile nei pagamenti, in modo da avere un migliore controllo dei flussi in entrata e mantenere in circolo il denaro.239 I primi richiedenti, che hanno ricevuto somme relativamente elevate comprese tra uno e due milioni di Kwacha, hanno in molti casi riscontrato difficoltà nel pianificare sia l'utilizzo che la restituzione del prestito data l'inesperienza nel gestire somme rilevanti. Su ventidue richiedenti che hanno ottenuto il finanziamento del loro progetto nei primi tre mesi di funzionamento del sistema, soltanto otto avevano restituito la somma per intero al momento della raccolta dati; 240 altri sei erano considerati morosi, non avendo ancora finito di restituire il dovuto nonostante fossero passati circa due anni mentre i restanti 8 sono ormai considerati insolventi, per un totale non pagato di 13.961.080 Kwacha su un totale dovuto di 38.430.000, con una perdita su crediti superiore al 36%. Questo ha stimolato la riflessione sui punti deboli del sistema il quale, dopo un accurato esame, è stato completamente rinnovato nel 2008. 236 Detto anche “periodo di grazia”. 237 Vedi infra, pp. 122 – 125. 238 Con questa frase Yunus intende dire che i debitori hanno una disponibilità a ripagare il prestito che tende a diminuire con il passare del tempo, anche qualora essi posseggano il denaro necessario. Cfr. M. Yunus, Il Banchiere dei Poveri, cit. , p. 109. 239 Patrick Chanda, IPC – Microcredit Project in Zambia, cit. 240 I dati esaminati sono aggiornati al 30 Aprile 2010.
124
Il nuovo sistema è stato adottato per la prima volta nel maggio 2008 ed ha portato due significative novità: l'abbassamento a 100.000 ZKW dell'importo massimo del primo prestito e l'inserimento dei richiedenti in gruppi in modo da potersi meglio sostenere e consigliare a vicenda. Come si vedrà, i risultati sono stati di assoluto rilievo con l'abbattimento del tasso di insolvenza e la crescita di alcuni microimprenditori che hanno saputo fare buon uso delle risorse procurate. Il sistema così rivisitato è quello tuttora in vigore, ed è caratterizzato da un accesso graduale al credito: esso concede all'inizio un importo modesto che poi aumenta progressivamente mano a mano che la restituzione procede. I beneficiari del microcredito IPC sono per la grande maggioranza donne: soltanto il 20% di essi è costituito da uomini. Questo non è la conseguenza di una specifica politica di genere ma soltanto del maggiore numero di richieste da parte del sesso femminile; i responsabili del progetto in Zambia spiegano questa soverchiante differenza con l'osservazione che l'orgoglio maschile solitamente non accetta di buon grado l'idea di prendere in prestito somme modeste, anche se ciò è propedeutico al raggiungimento di traguardi più ambiziosi. Gli uomini vorrebbero ottenere subito prestiti più grandi per avviare attività di maggiori dimensioni. Le donne, al contrario, non si pongono questo problema anche perché, come accade in molte parti del mondo, 241 sono quelle che vivono una condizione più difficile; la loro vita è più dura e quindi trovano più vantaggiosa degli uomini la possibilità di avere un prestito anche se di ammontare ridotto. Il sistema IPC di microcredito deve gran parte della sua progettazione al coordinatore nazionale Patrick Chanda; pur senza avere una preparazione specifica egli ha costruito un sistema le cui caratteristiche sono per molti versi analoghe a quelle di alcune tra le più famose best practices a livello mondiale, in modo particolare alle iniziative sviluppate da Yunus in Bangladesh. Innanzitutto, l'aspetto comunicativo del progetto: l'intero sistema è infatti concepito per essere fortemente evocativo e per trasmettere l'idea che la dedizione e la 241 United Nations Division for the Advancement of Women, 2009 World Survey on the Role of Women in Development: “Women’s control over economic resources and access to financial resources, including microfinance” - Report of the Expert Consultation, 2008, Bangkok, UNDAW, p. 9.
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collaborazione possono migliorare radicalmente la vita delle persone, in modo da stimolare i beneficiari/clienti ad assumersi la responsabilità del proprio destino. Nel contratto che l'associazione sigla con ognuno dei riceventi credito figura nell'intestazione ed in calce una grossa scritta in rosso: “IPC INTERNATIONAL POVERTY ALLEVIATION THROUGH HARD WORKING PROGRAMME” Con essa si intende sottolineare da subito che il microcredito non regala niente a nessuno ma si limita a dare una possibilità concreta di lavorare a chi è disposto ad assumersi la responsabilità della propria crescita. Questa è una componente importante della visione portata avanti dal coordinatore nazionale: è sua opinione infatti che i gravi problemi economici e sociali che affliggono il suo paese, pur venendo da lontano, siano stati esacerbati ed aggravati da una lunga serie di palliativi travestiti da cure somministrati per mezzo di due canali principali, la religione242 e la politica. Di fronte a questa constatazione, egli ritiene di vitale importanza l'attuazione di politiche di empowerment e di responsabilizzazione che stimolino la capacità di intrapresa economica dei cittadini, la quale è stata fiaccata da decenni di assistenzialismo. C'è una forte somiglianza tra questo “messaggio subliminale” inserito nel contratto di prestito e le “Sedici Decisioni” adottate dalla Banca Grameen per motivare i propri clienti, la prima delle quali recita: “We shall follow and advance the four principles of Grameen Bank --- Discipline, Unity, Courage and Hard work – in all walks of our lives.”243 Sempre sotto il profilo del rapporto con i clienti, un altro aspetto in comune con il modo di lavorare di istituzioni più famose sta nel coinvolgimento attivo dei beneficiari, che diventano progressivamente più simili a dei soci che a dei clienti; anche qui il paragone con Grameen è immediato, dato che quest'ultima ha i propri clienti come azionisti, ma anche con alcuni tipi di cooperative come quelle 242 Questo è riferito essenzialmente alla religione cattolica, che è la confessione praticata dalla stragrande maggioranza degli zambiani. 243 Sito web di Grameen Bank, 16 Decisions, <http://www.grameen-info.org/index.php? option=com_content&task=view&id=22&Itemid=109>, consultazione del 20 Maggio 2010.
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promosse da FINCA che sono state esaminate nel secondo capitolo. Sebbene i partner di IPC non possiedano quote del capitale dell'istituzione, il loro status di membri dà loro il diritto di partecipare al dialogo in seno ad essa qualora lo desiderino: sebbene questo diritto finora non sia stato esercitato, può darsi che in futuro le cose cambieranno man mano che il processo di condivisione degli obiettivi e di conoscenza reciproca si va compiendo. Nel sistema IPC il pagamento delle rate viene fatto direttamente in banca fin dal livello più basso del sistema di prestito: uno dei compiti principali del group leader244 è proprio quello di raccogliere mensilmente il denaro tra i membri del gruppo ed effettuare il versamento, per poi portare all'associazione la ricevuta con allegati i nomi dei paganti. Questo, se da un lato elimina il buon esempio reciprocamente mostrato con la pratica dei pagamenti pubblici, 245 d'altro canto comporta quella che gli economisti definirebbero una forte “esternalità positiva”: in un paese dove il conto corrente è un lusso per pochi, i poveri sanno di non potersi valere dei servizi delle banche e in conseguenza di ciò hanno sviluppato una certa reticenza a recarsi presso i loro uffici. In un tale contesto, quella che a prima vista può sembrare una inutile forzatura diventa un gesto che coltiva l'orgoglio dei partner, che affermano la loro dignità di persone e di imprenditori e si abituano progressivamente a rivestire il ruolo di clienti di una banca. Al tempo stesso così facendo si mostra alla banca stessa che i poveri hanno un ruolo nell'economia, hanno soldi da gestire e necessitano di servizi come tutti; il coordinamento di IPC auspica che questo sistema contribuisca ad alimentare un meccanismo virtuoso in cui le banche capiscano di potere e dovere cominciare a lavorare con i poveri. In un paese in cui il 64% della popolazione246 vive al di sotto della soglia di povertà la domanda di servizi tagliati su misura è molto abbondante. Ancora più dell'aspetto comunicativo è importante il modo in cui viene affrontato il problema di incentivare la restituzione del prestito, quello che le banche 244 Sulla figura del group leader, cfr. infra, p. 125. 245 Infatti, vedere che gli altri pagano è un forte incentivo a pagare a propria volta. Su questo, cfr. P. de Vincentiis, I meccanismi finanziari del microcredito, op. cit. , p. 56. 246 Scheda paese dello Zambia, sito web della Banca Mondiale, <http://data.worldbank.org/country/zambia>, consultazione del 05 Giugno 2010.
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tradizionalmente risolvono chiedendo che un bene immobile venga posto a garanzia del debito. Nel sistema IPC questo aspetto viene affrontato attraverso tre strumenti principali: il sistema di prestiti progressivi, il congelamento del credito all'interno di una comunità fintanto che il gruppo che ha il primo prestito in corso non ha restituito per intero e la richiesta della firma di un garante sul contratto. Il modello adottato di aumento progressivo del credito è del tutto simile a quello adottato da Grameen per incentivare la restituzione senza che il rischio dell'insolvenza di un membro ricada su altri. L'accesso al credito è suddiviso in otto passaggi: nel primo è necessario essere inseriti in un gruppo per accedere al prestito, mentre dal secondo in poi ognuno è libero di richiedere il prossimo individualmente, non appena ha finito di restituire il precedente. Dato che il primo prestito è di importo molto basso, chi ne fa richiesta non ricaverebbe un grosso vantaggio qualora non restituisse il denaro, subirebbe invece un danno perché la sua linea di credito verrebbe bloccata e non potrebbe ricevere altri prestiti: per accedere a somme sempre maggiori ognuno deve invece mostrarsi degno di fiducia e capace di ripagare le somme ricevute. Questo meccanismo “a gradini” permette da un lato di rischiare soltanto importi modesti prestandoli a soggetti di cui ancora non si conosce la solvibilità, dall'altro di fare in modo che le persone si abituino progressivamente a maneggiare somme di denaro ed a gestirle in modo oculato, attività per molti non banale. Per ricevere il primo prestito i richiedenti devono essere riuniti in un gruppo, solitamente composto da 10 persone, al cui interno viene scelto un group leader che è responsabile del controllo e del recapito dei pagamenti di tutti i membri; il suo compito primario è la raccolta delle rate individuali e il loro versamento in banca, nel conto corrente che IPC destina esclusivamente alla gestione del fondo rotativo 247 che alimenta le attività di prestito. Una volta versato il denaro, egli consegna la ricevuta del pagamento al rappresentante di IPC che in questo modo può tenere 247 Un fondo rotativo è un fondo istituito allo scopo di finanziare un ciclo continuo di operazioni, tipicamente attività di concessione prestiti, che si ricostituisce in perpetuo attraverso i pagamenti ricevuti. Cfr. Revolving Fund, Sito web di Business Dictionary, <http://www.businessdictionary.com/definition/revolving-fund.html>, consultazione del 02 Giugno 2010.
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traccia dei pagamenti. I membri del gruppo vengono assortiti in modo da essere quanto più omogenei possibile secondo il settore economico di attività, al fine di facilitare lo scambio di esperienze ed il sostegno reciproco. Non secondario anche il fatto che perché il sistema di incentivi funzioni, ogni cliente deve averne compreso nei dettagli il funzionamento; il gruppo viene in aiuto anche in questo senso perché stimola il dialogo e, quando necessario, lo scambio di dubbi e domande tra i suoi membri. Oltre che al leader, il gruppo fa riferimento ad un delegate commissioner: questa figura è unica per tutta la comunità, ovvero per tutti i gruppi che risiedono in uno stesso villaggio o cittadina. Esso funge da tramite fra i vari gruppi ma anche fra questi ultimi e l'associazione, e come il group leader ha il compito di vegliare sul flusso dei pagamenti e di segnalare eventuali partner inadempienti o aventi problemi con la loro attività. È una figura posta a garanzia del funzionamento del sistema che deve favorire la comunicazione tra i soggetti coinvolti e, ove necessario, l'individuazione precoce dei problemi che occorrono.
IPC Partner
Collettivo
100.000 ZKW
IPC Silver partner
Individuale
200.000 ZKW
IPC Golden partner
Individuale
400.000 ZKW
IPC Diamond partner
Individuale
800.000 ZKW
IPC Platinum partner
Individuale
1.600.000 ZKW
IPC Special partner
Individuale
3.200.000 ZKW
IPC Special partner in Silver Individuale
4.000.000 ZKW
IPC Special partner in Gold
5.000.000 ZKW
Individuale
Tabella 1: I diversi livelli di partnership del sistema IPC Fonte: Patrick Chanda, IPC – Microcredit Project in Zambia, cit.
Come si vede nella Tabella 1, il primo livello di accesso conferisce al richiedente la qualifica di IPC Partner; questo gli dà diritto a ricevere in prestito l'importo di 100.000 ZKW,248 una cifra volutamente bassa anche per coloro che vivono nell'indigenza. La gestione e la restituzione di questo denaro costituisce una prova 248 Equivalenti a circa 15,6 Euro al cambio del 10 Giugno 2010.
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di buona fede e di capacità di gestione e costituisce quindi titolo per chiedere un prestito di importo più elevato; i prestiti successivi sono invece concessi a titolo individuale. L'importo prestato raddoppia ad ogni successivo livello fino ad arrivare al grado di IPC Special Partner, che rappresenta il compimento di un percorso di crescita comune: uno Special Partner è molto più di un semplice beneficiario del prestito. Il suo livello di relativo benessere gli permette di accedere anche ad un vero conto bancario, ed il suo legame con IPC inizia ad essere meno improntato alla dipendenza e più alla collaborazione attiva. Con il pagamento dei suoi interessi costituisce una importante fonte di finanziamento per l'attività di microcredito, dato che gli importi che impiega sono abbastanza rilevanti: inoltre è un prezioso partner per l'organizzazione perché la crescita delle dimensioni del suo business è un importante traguardo che porta un esempio positivo di fronte alla comunità, ma anche e soprattutto un potenziale punto di partenza per la futura aggregazione di lavoratori in una cooperativa o un'azienda di maggiori dimensioni rispetto alle attività familiari prevalenti nel compound. Per responsabilizzare quanto più possibile i propri partner, IPC richiede anche la firma di un garante sul modulo di richiesta di credito, sebbene questo non venga giuridicamente vincolato al pagamento qualora il ricevente non adempisse all'accordo. Non si tratta di un fideiussore ma di un garante della affidabilità del partner; è difficile monitorare il grado di efficacia di questa precauzione ma è ragionevole supporre che sia quella più debole data l'effettiva assenza di sanzioni in caso di inadempienza.249 Come si può vedere nel Grant Agreement allegato, l'accordo richiede l'apposizione della firma di due garanti: la seconda firma deve essere apposta dal group leader, il quale in questo modo è legato da un maggiore senso di responsabilità all'assolvimento del proprio compito di sorveglianza. Inoltre, avere due cofirmatari rende psicologicamente meno fastidioso il ruolo del garante il quale sa di suddividere con un altro la responsabilità del suo gesto, ma pone anche 249 Fatta eccezione per quelle che V. Pelligra chiama “sanzioni sociali”, ovvero la pressione psicologica esercitata in questo caso dal garante che ha speso il proprio nome. Tuttavia la ricerca sul campo non ha permesso di valutarne l'effettiva entità.
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una maggiore “pressione sociale” sul ricevente il prestito, che deve rispondere in caso di inadempienza non a uno ma a due persone oltre che all'associazione. Risulta molto interessante, infine, la terza forma alternativa di garanzia adottata nei primi mesi di vita del progetto, ovvero la scelta di aprire il credito soltanto ad un individuo per volta in ogni comunità. Quando il coordinatore di IPC riceveva richieste di prestito dagli abitanti di un villaggio in cui il microcredito di Insiemepercaso non era ancora presente, egli dapprima organizzava un incontro pubblico aperto a tutti gli interessati per spiegare il metodo di lavoro dell'organizzazione, il funzionamento del microcredito ed accertarsi che tutti comprendessero a fondo i principi ispiratori del sistema. A quel punto, dopo aver raccolto le domande di prestito ed analizzato i progetti relativi, veniva stilata una lista dei richiedenti. Si procedeva quindi con l'erogazione del prestito al primo della lista: gli altri rimanevano in stand-by, finché il primo non avesse ripagato una quota prefissata del suo debito. Solo a questo punto il secondo della lista riceveva il denaro richiesto, e così via fino all'ultimo. Questo meccanismo era stato concepito per esercitare una pressione sociale su coloro che avevano ricevuto il prestito, che sarebbero stati controllati e, quindi, incalzati da coloro che aspettavano di ricevere il credito nel caso avessero tenuto un comportamento poco consono o disonesto. Tuttavia, il ripensamento del sistema attraverso l'istituzione dei gruppi e i buoni risultati in termini di rientro del capitale hanno portato alla sospensione di questa misura che rallentava notevolmente la concessione del credito. Il consiglio zambiano di IPC ha anche valutato la possibilità di incentivare la formazione di cooperative che possano avanzare progetti più ambiziosi di quelli che un singolo individuo può permettersi; tuttavia sono emerse forti difficoltà nella messa in pratica a causa della scarsa fiducia reciproca degli abitanti dei compound e dalla presenza di una ridotta capacità imprenditoriale, insufficiente per gestire attività economiche di dimensioni medio-grandi. Lo special partner è una figura chiave in questa prospettiva, in quanto rappresenta una figura di riferimento nella comunità ed ha quindi il potenziale di stimolare l'aggregazione e la formazione di
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aziende collettive,250 oltre a possedere presumibilmente la capacità imprenditoriale e gestionale che si rende necessaria in tal caso.
5.3. Problemi riscontrati ed evoluzione del progetto Il progetto di microcredito nel distretto di Luanshya è nato dalla volontà di Insiemepercaso di lavorare con i poveri dopo avere ascoltato le loro necessità ed i loro problemi; dal 2007 ad oggi è cresciuto dimensionalmente e qualitativamente, avendo subito una serie di modifiche e di aggiustamenti continui per renderlo sempre più efficace. Il più grande tra questi è sicuramente l'abbassamento dell'importo del primo prestito: questo ha inciso positivamente sul rapporto che i partner hanno con il denaro, che è divenuto molto più equilibrato e produttivo. È infatti emersa, nei primi mesi di attività, una situazione di stagnazione dei pagamenti determinata dall'impreparazione dei riceventi a gestire cifre elevate. Molti di loro ad esempio, versando in condizioni di estremo bisogno, avevano usato parte consistente di quel denaro per acquistare beni di consumo, magari essenziali come il cibo ma tuttavia incapaci di generare reddito che potesse permettere la restituzione del prestito.251 Ad Aprile 2010, soltanto sei individui dei ventidue che avevano ottenuto un prestito con il vecchio sistema erano riusciti a restituirlo ed a proseguire il loro percorso chiedendo altre somme di denaro. Altrettanti risultavano morosi, due non avevano chiesto ulteriori prestiti pur avendo restituito il primo e tutti gli altri erano insolventi. La revisione del sistema di microcredito ha dato buoni risultati per due motivi; se da un lato era assolutamente necessaria per evitare il rapido esaurimento del capitale a disposizione e per preservare la credibilità del servizio di prestito presso la popolazione, d'altro canto l'abbattimento dell'importo del credito iniziale ha permesso di moltiplicare il numero di prestiti erogabili, dato che le cifre necessarie nel 2007 erano di venti volte superiori a quelle attuali. 250 Patrick Chanda, intervista telefonica effettuata il 24 Maggio 2010. 251 Patrick Chanda, intervista effettuata il 06 Aprile 2010.
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Come mostra la Figura 11,252 nella prima tranche di prestiti, il cui pagamento comincia nel gennaio 2008, sono stati erogati circa venti milioni di Kwacha con soli tredici contratti; la scadenza successiva vede iniziare il pagamento di altri sei milioni, concessi con tre soli prestiti. La differenza notevole che intercorre tra gennaio e marzo è sintomo di una
maggiore cautela nell'apertura di nuovo credito, che è poi sfociata nella modifica radicale inaugurata a maggio 2008. In agosto, tre mesi dopo, inizia la scadenza dei primi prestiti di gruppo e l'importanza relativa di quelli accordati ai singoli diminuisce vistosamente: lo stesso volume globale dei prestiti subisce una fortissima contrazione; l'importo delle prime due tranches è quasi pari alla metà di tutte le altre messe insieme. Il discorso è esattamente opposto per quanto riguarda il numero dei prestiti, che dopo avere subito una lieve flessione durante la fase di “aggiustamento” dei prestiti 252 La figura mostra il mese in cui i prestiti iniziano ad essere ripagati anziché quello in cui sono stati concessi per un'esigenza di coerenza metodologica, dato che dalla documentazione esistente spesso non è stato possibile risalire alla data del prestito ma soltanto a quella del primo pagamento.
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in scadenza a marzo risale e poi si impenna definitivamente, passando da sette in agosto a quarantaquattro nel gennaio 2009: a questo punto il progetto può dirsi a regime, infatti anche la frequenza dei prestiti aumenta notevolmente. Nel 2009 ci sono infatti nove scadenze, a fronte delle tre dell'anno precedente. Adesso il progetto gode di buona salute ed alla sede di Luanshya arrivano ogni giorno nuove richieste di credito: le criticità più rilevanti attualmente non risiedono tanto nella strutturazione del sistema in sé, quanto piuttosto nella qualità degli strumenti di gestione delle informazioni che sono richiesti da un progetto di tale portata. A tale riguardo è possibile individuare tre aree su cui è necessario intervenire. La prima è la difficoltà nel tenere una contabilità accurata, comprensiva delle date di entrata e di uscita del denaro dal revolving fund ma soprattutto aggiornata in tempo reale rispetto all'effettivo avvenire dei pagamenti. Questo problema è dovuto alla “esternalizzazione” delle mansioni tipica dei sistemi di microcredito: nello specifico, il fatto di affidare ai group leader la gestione dei pagamenti comporta che essi abbiano anche la responsabilità di trasmettere all'organizzazione, oltre al denaro, le informazioni relative a chi paga e chi no. Sovente questo non viene fatto correttamente o viene fatto solo a posteriori, segnalando le persone che non hanno pagato diverse rate quando ormai gli altri sono quasi arrivati a completare il pagamento. Se a questo si aggiunge che, specialmente durante il primo prestito, molti pagano una rata doppia o comunque maggiorata per completare la restituzione il prima possibile ed avere così accesso al prestito successivo, è evidente che anche la lettura di una ricevuta diventa una operazione tutt'altro che semplice: essa raccoglie infatti in un solo importo i pagamenti di svariati partner dei quali nel caso migliore non si conoscono le quote versate, nel caso peggiore nemmeno i nomi di chi ha pagato. Questa situazione costringe gli operatori dell'associazione ad un faticoso e frustrante lavoro di tracciamento delle ricevute per reperire informazioni che dovrebbero essere reperibili senza sforzo, a patto di gestire l'informazione in modo efficiente: non di rado accade che tale lavoro si riveli comunque inutile non potendo risalire in 134
modo oggettivo alla provenienza dei pagamenti che risultano dalle ricevute bancarie. Spesso solo la capacità mnemonica del group leader è in grado di risalire all'origine delle entrate di cassa. Alcuni di essi già lavorano egregiamente, accludendo ad ogni ricevuta bancaria un foglio in cui è segnato il nome di coloro che hanno pagato e quanto; purtroppo, nella fase attuale, solo una esigua minoranza compie questo sforzo. Questa è una criticità che va affrontata con decisione, sensibilizzando ed istruendo a dovere i group leader affinché trasmettano correttamente le informazioni necessarie e si incarichino di tenere un registro aggiornato mensilmente in cui segnare i pagamenti effettuati da ogni membro; è fondamentale anche che questa operazione venga svolta in modo coordinato e uniforme tra un gruppo e l'altro in modo da avere dati facilmente comparabili. In questo senso potrebbe essere di aiuto la figura del delegate commissioner, che potrebbe accertarsi che i vari responsabili di gruppo mantengano aggiornato il proprio registro. Al momento lo strumento più utile per il tracciamento dei pagamenti è un prospetto che viene consegnato a coloro che stanno ripagando il primo prestito ed hanno manifestato l'intenzione di chiederne un secondo; devono segnarvi mese per mese i costi sostenuti ed i profitti conseguiti nell'esercizio della loro attività, insieme con l'importo delle rate pagate. Questo vale anche come modulo di richiesta per il secondo prestito e, data l'impossibilità di risalire in maniera inequivocabile ai pagamenti effettuati dal singolo, al momento della richiesta di un nuovo prestito il controllo dei pagamenti viene effettuato incrociando le ricevute consegnate dal gruppo di appartenenza con le rate che il richiedente ha annotato sul modulo di richiesta: questo tipo di controllo però di fatto è una autocertificazione, che non può essere considerata sufficiente ai fini di una corretta tenuta dei conti. Il secondo aspetto della gestione che comincia a mostrare segni di stress è il trattamento dei dati personali dei clienti: al momento di iniziare il mio lavoro presso l'organizzazione l'unico supporto di archiviazione contenente questo tipo di informazioni era quello cartaceo, ovvero l'archivio che raccoglie contratti, richieste di prestito, lettere e tutto ciò che ha a che vedere con il microcredito. 135
Se questo poteva essere uno strumento sufficiente quando IPC Zambia aveva poche decine di partner, allo stato attuale delle cose esso appare profondamente inadeguato a gestire i dati di centinaia di persone, i quali all'occorrenza devono essere consultati, aggiornati e se necessario cancellati in maniera rapida ed efficiente. Per questo motivo, dopo avere inserito tutti i dati disponibili 253 in un foglio di calcolo, ho ritenuto opportuno cercare un mezzo più efficiente per gestire questa mole di informazioni: questo mi ha portato a progettare un database 254 in cui archiviare i dati personali e quelli relativi ai prestiti, in una forma più flessibile e razionale di una semplice tabella che giocoforza contiene tutti i dati di ogni partner tante volte quanti sono i prestiti che esso ha ottenuto, generando confusione e dispersione delle informazioni. Questa non è una soluzione definitiva al problema data la semplicità del programma in oggetto, ma può rappresentare una valida fase intermedia fra la gestione manuale condotta finora e l'eventuale passaggio, qualora il progetto continuasse a crescere al ritmo attuale, ad un sistema informatico più efficiente e scalabile. Infine, il terzo aspetto da considerare è la possibilità di adottare un sistema di gestione finanziaria, che permetta una comprensione migliore dei flussi in entrata e in uscita e consenta di fare previsioni di spesa almeno relativamente all'immediato futuro: la sua implementazione è strettamente collegata alla soluzione dei primi due problemi informativi, che ne costituiscono i presupposti. A causa delle criticità delineate non è agevole calcolare il tasso di insolvenza, e tanto meno la percentuale di coloro che sono in ritardo nei pagamenti. L'ammontare delle perdite accertate su crediti si aggira comunque intorno al 10% , ma scende fino al 3% se si tolgono dal computo i prestiti erogati con il vecchio sistema e quelli concessi a cinque gruppi di non vedenti, i quali hanno comprensibilmente fronteggiato maggiori difficoltà. Queste cifre, sebbene incoraggianti, sono da 253 Quindi non soltanto i dati anagrafici e quelli relativi al prestito ma anche sesso, indirizzo, numero di telefono e del documento di identità, e-mail, professione, progetto finanziato e perfino il numero di persone che vivono in casa con il richiedente; quest'ultima informazione, anche se non espressamente richiesta, è fornita da praticamente tutti i partner di IPC in quanto è molto significativa ai fini della descrizione della situazione economica, e può essere utilizzata per calcolare una stima approssimativa dell'impatto sociale del programma di prestito. 254 Il database è stato realizzato utilizzando software libero, che garantisce la massima interoperabilità e l'abbattimento dei costi per licenze software.
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considerare come puramente indicative data la scarsità delle informazioni disponibili. Sotto il profilo della gestione del sistema e, soprattutto, della crescente mole di dati ad esso relativa, porterà sicuramente grande beneficio l'assunzione, avvenuta nel mese di giugno, di un laureato zambiano in economia che lavorerà a tempo pieno alla gestione del microcredito: potrebbe facilitare il salto di qualità sotto il punto di vista della preparazione teorica e del rigore formale che il progetto a questo punto esige per poter crescere nel modo corretto e servirà all'organizzazione per consolidare ed affinare le sue tecniche, la sua capacità di gestire le risorse ed il rapporto con i suoi partner, di oggi e di domani.
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6. CONCLUSIONI
L'obiettivo del presente elaborato di tesi era l'analisi di un progetto di microcredito, al quale ho collaborato nell'ambito di un fieldwork condotto tra aprile e maggio 2010 in Zambia, nella regione del Copperbelt; tale esperienza sul campo è stata preziosa sia sotto il profilo umano che su quello scientifico e mi ha permesso di esaminare dall'interno il funzionamento e l'implementazione di un sistema di microcredito su un contesto africano. Allo scopo di contestualizzare adeguatamente il microcredito, i problemi cui esso cerca di porre rimedio e le difficoltà cui ci si espone nella sua messa in pratica, l'elaborato inizia con una disamina storica dell'evoluzione del credito, e di come il sistema finanziario moderno sia affetto da una grave tara: esso non riesce ad lavorare con una larga parte della popolazione mondiale, ovvero coloro che non hanno beni da portare in garanzia. Questo condanna milioni di persone capaci e intelligenti a restare prigioniere della povertà ed è dannoso perfino per la società umana nel suo insieme, perché molte risorse intellettuali rimangono utilizzate solo in parte o per niente e non contribuiscono al progresso della scienza, dell'economia e della civiltà. Per questo è necessario andare alla ricerca di soluzioni che permettano alle persone di esprimere il proprio potenziale e tornare ad essere membri attivi della società: il microcredito nasce come tentativo di risposta a questa esigenza. Si passa in seguito ad esaminare le caratteristiche e le dinamiche intrinseche ad ogni rapporto creditizio, ovvero ogni rapporto che preveda due pagamenti di direzione opposta differiti nel tempo: questo tipo di rapporti esige che chi effettua il primo pagamento si accerti che la controparte sia effettivamente intenzionata a pagare a sua volta quando verrà il proprio turno. Questa considerazione fa da premessa all'analisi dei vari stratagemmi utilizzati per garantire il prestatore dal rischio di non essere rimborsato; il più comunemente adottato, il collaterale posto a garanzia del prestito, risulta efficace soltanto per una parte dei potenziali debitori escludendo 138
dall'accesso al credito un numero enorme di individui. Si mostra quindi come il microcredito abbia lo scopo di superare la necessità del collaterale per riuscire a lavorare con coloro che non ne sono dotati, ovvero i poveri. Dopo avere definito più dettagliatamente cosa si intende per “poveri” in tale contesto ed avere specificato quali di essi sono il target privilegiato della microfinanza, si è passato in rassegna i principali problemi che sorgono quando si intraprende l'attività di prestatore di denaro, analizzando l'approccio con cui il microcredito affronta tali problemi, in primis quello preminente della garanzia del prestito, e in cosa esso differisce dalla finanza convenzionale. In seguito si va a contestualizzare lo scenario in cui insiste il progetto in analisi, ovvero il continente africano: esso ha caratteristiche peculiari sotto il profilo storico, geografico e sociale. Queste caratteristiche si ripercuotono anche nell'ambito dell'economia delle macroregioni del continente, caratterizzata da tassi di risparmio tra i più bassi del mondo e storicamente riversa in una condizione di bisogno e scarsità di mezzi. Nell'ambito più specifico dei mercati finanziari, si è osservato come gli stati del continente africano siano fortemente deficitari: il sistema finanziario non è quasi in grado di portare i suoi servizi al di fuori delle aree urbane, ed anche ove questi sono disponibili il livello medio dei prezzi rappresenta un costo proibitivo per la maggioranza della popolazione. La conseguenza è un elevatissimo grado di esclusione finanziaria. In seguito si va ad esaminare il paese in cui Insiemepercaso è operativa, lo Zambia: attraverso una contestualizzazione storica ed economica si pongono le basi per una migliore analisi e comprensione del progetto. Si osserva come lo stato di estrema povertà in cui versa oggi il paese sia il risultato di una serie di fattori, alcuni caratteristici dell'area africana come un elevato grado di corruzione abbinato ad un sistema economico negativamente condizionato dall'esperienza coloniale, altri peculiari come la difficile posizione geopolitica e la pericolosa dipendenza da un singolo comparto del sistema produttivo, peraltro particolarmente difficile da gestire, come quello minerario, il cui rendimento è strettamente collegato all'andamento dell'economia mondiale. 139
Dopo avere tracciato un quadro sintetico della storia e della società zambiane, si passa all'analisi del progetto vero e proprio, il quale è attivo nella regione del Copperbelt, una delle regioni più ricche del paese ma con una incidenza di povertà e disuguaglianza comunque elevatissime anche a causa delle sorti alterne delle miniere che ne costituiscono la base economica. Abbiamo rilevato che il microcredito IPC è un progetto ancora giovane, che ha subito vari aggiustamenti nel tempo per adattarsi in modo costruttivo al contesto in cui è inserito: è tuttora in fase di crescita, sia dimensionale che quantitativa, e pare essere stato accolto positivamente dalla comunità locale grazie anche ad un paziente lavoro di comunicazione svolto dal coordinatore del progetto Patrick Chanda, che si è speso al massimo per trasmettere ai potenziali partner la sua passione e la sua fiducia nel sistema dei microprestiti. È dunque possibile affermare che il progetto è un successo: lo è nei numeri, con i suoi 323 partner, i quali hanno ricevuto un totale di 382 prestiti per un ammontare totale di circa 15.000 Euro nell'arco di tre anni; lo è nel rapporto con le persone, che grazie alla strategia comunicativa che ho analizzato nelle pagine precedenti, ma soprattutto ad un desiderio sincero da parte dell'associazione di lavorare con gli zambiani e per gli zambiani ha raggiunto nel corso degli anni una notevole solidità. Gli operatori di IPC non sono arrivati dall'Occidente ricco con una missione da compiere: sono arrivati come semplici viaggiatori e hanno scoperto la terra zambiana, innamorandosene. Questo ha portato alla voglia di adoperarsi e in un certo senso si può quindi dire che Insiemepercaso è nata proprio in Zambia, seppure fondata da italiani. La comunità di Luanshya lo ha capito, e le comprensibili diffidenze della prima ora sono ormai quasi un ricordo del passato. I progetti finanziati sono per lo più legati al commercio: poco meno del 90% dei richiedenti ha usato il denaro del prestito per avviare o ingrandire una piccola attività di dettagliante. Pesce secco, pomodori, mais, cassava, banane, fagioli e carbone sono le merci più comunemente trattate data la loro grande richiesta: per avviare un'attività commerciale è sufficiente avere il denaro per acquistare un sacco di carbone o una cassetta di verdura da rivendere poi sfusa nel villaggio. Soltanto 140
una minoranza dichiara l'intenzione di usare il prestito per finanziare una piccola attività agricola, sono ancora meno quelli che praticano mestieri da artigiano. Tra questi, uno è considerato motivo di grande orgoglio per l'associazione dato che è riuscito con successo a restituire il primo prestito, fra l'altro di importo elevato in quanto risalente al vecchio sistema di credito, e poi a chiederne un secondo, un terzo e perfino un quarto con i quali ha ampliato considerevolmente la propria attività di sarto ed è riuscito a mandare tre dei suoi figli a scuola. Al momento di chiedere il terzo prestito, pari a 3.000.000 di Kwacha, egli ha scritto all'associazione una lettera di ringraziamento che riporto di seguito a conclusione dell'elaborato, in quanto ritengo che essa esemplifichi efficacemente ciò che il microcredito può rappresentare e cosa può fare per chi è privo di prospettive.
Kawe Shwana – report about the loan received I want to appreciate how the microcredit worked towards my personal and community development and my way forward in my business proposal. First I got 1.000.000 ZKW form IPC and invested it in my business, after working out of the profits I got, I bought one sawing machine, this made my business grow and enabled me to help the vulnerable people in the community to buy uniforms which I make at affordable prices. When I saw that this was good I decided to take a second loan of 2000.000 ZKW from IPC which I invested in the same business, I bought more materials for the business and with the profit I bought another sawing machine. Unfortunately my mother passed away so I had to use some money for the funeral in addition to some used to pay the school for my children. The second loan helped me very much. Now I am here applying for a third loan form IPC: my plan is to buy an improved machine which will allow me to fasten the work and enable me to supply 141
bigger companies. If my business grew bigger than it is now I will manage to train new tailors within the community because my profits will increase. Before I joined IPC i was a poor person not counted in the family and the community, now I manage to feed my own family and take them to school and help the community at large. Please IPC do not end here, continue helping the poor like what you did to me. I would like to thank you so much and I appreciate for the good work. May God bless you. Yours faithfully, Shwana Kawe
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Allegato 1: Call for proposals
CALL FOR PROPOSALS MICRO-CREDIT PROJECTS - July 10th, 2007 Object Insiemepercaso ONLUS decided to allocate 5000 € of the 2007 annual budget for funding micro-credit projects in Zambia. Beneficiaries Any Zambian citizen from the region of Copperbelt with a regular National Registration Card, without any other restriction criteria, is allowed to submit proposals on this call. Due to self-evident reasons of clash of interests (they will be involved in the evaluation and the selection of proposals), the only ones interdicted to submit proposals on this call are the members of the executive Committee of “Insiemepercaso Association in Zambia”, included the National Coordinator. Deadline The fixed deadline for the submission is September 30 th, 2007. proposals not having met this deadline, and submitted from October 1st, 2007, will not be taken into consideration. Documentation Applicants must submit to the commission the following documentation filled and signed together with a copy of regular National Registration Card: 1. Application form (see “Annex 1A” and “Annex 1B”). It is divided into a first section (A) to be filled with personal information concerning the applicant and an abstract of the proposal, and a second section (B) organized in fixed field to be filled with the proper information needed for the proposal evaluation; each field is combined with a score which range is from the minimum of 0 to the maximum of 10. 2. Grant agreement (see “Annex 2”). If the applicant's proposal has been accepted for funding, a grant agreement must be filled and signed by the beneficiary (and by the possible guarantors), by the national coordinator of the Executive Committee and by the President of “Insiemepercaso” ONLUS. In the event of false declarations, the beneficiary will be definitely excluded from current and future funding, and from any other project of “Insiemepercaso” ONLUS in Zambia. Evaluation and selection modalities The proposals will be evaluated by the evaluation committee, which is divided in a local section, made by the Executive Committee of “Insiemepercaso Association in Zambia”, and an international section, made by the Board of Directors of “Insiemepercaso” ONLUS. The evaluation committee will evaluate each proposal assigning him a score and drawing
up a global list in which all the proposal submitted will be classified; the list will be publicly consultable. Depending on the number of proposals received, to avoid the constitution of lists with more than 5 proposals, several list will be drawn up taking into consideration territorial and social homogeneity (areas and communities with higher social cohesion). This with the purpose of the community helping, stimulating and advising the beneficiary in the accomplishment of his project and in the restitution of the loan, in order to foster the funds circulation and increase the number of beneficiaries. Moreover, this will make easier for “Insiemepercaso” ONLUS to evaluate the impact of the microcredit project and the level of improvement in the life conditions in different areas. The local section of the evaluation committee will name a representative for each list (every representative can be linked to more than one list) to be committed in the collection of the proposals of his concern; this deputed commissioner will be in charge of a first evaluation of the proposal leading a preliminary interview with every applicant. In the event of illiterate or unable-to-write applicants, they can come accompanied by a person to help or asking the deputed commissioner to support him. The preliminary interview has the objective of a first evaluation of the proposal, but its main function is to guide the applicant in the proposal writing, pointing out possible incoherence, lacking of information or slips. The applicant will be then enabled to introduce the requested changes and to submit his proposal until he receives the authorization of the deputed commissioner. Once the authorization is accorded, the deputed commissioner will draw up a short report of the interview(s) that is to be attached to the documentation the applicant submitted; the Deputed Commissioner will also plan the date of a second interview that he applicant, accompanied by one or two guarantors, has to take with a commission formed by the deputed commissioner, the National Coordinator and a second commissioner selected from the executive committee by the national coordinator. Should the applicant be no more able to pay back his debt, the guarantor(s) pledge(s) himself/themselves to refund the loan on behalf of the applicant. Ensuring to the final score a further increase of 10 scores (5 scores for one guarantor, 10 for two), the presence of the applicant(s) is a successful factor in the grant according. A plenary meeting of he local section of the evaluation committee will discuss and select the proposals, and a second report will be drawn up: the complete documentation will be then submitted to the international section who will definitely evaluate the proposals received to compose the final list(s) of the ones accepted for funding. The international section will proceed to the evaluation in the period from the October 1 st and the 31st , 2007; the lists will be published from the 1st November, 2007. Only the first proposal of each list will be fund, and only at the moment of repayment, the second in the list will receive his fund, and so forth till the exhaustion of the list. Should the lists be several, all the first classified proposals will be fund contemporarily starting from the same date. The funding of proposals set in the following positions (from the 2nd to the 5th position, depending on the extent of each list) will be bound to the repayment timetable of the ones previously funded. All the beneficiaries are personally responsible for the continuity of disbursement by repaying back as fast as possible the fund received. The total amount of all proposals accepted for funding – independently from their positions in the list(s) – shall not exceed the portion of the 2007 annual budget allocated by “insiemepercaso” ONLUS to Microcredit Projects in Zambia (that is 5000 Euro). Should a new call for proposals for micro-credit projects be published by “insiemepercaso” ONLUS before the exhaustion of the list(s), the ones who are classified in the list(s)
waiting their turn can choose to write off their name from the list and participate to the new call sending once again their proposal or preparing a new one. Their request will be put into consideration only after the cancellation from the list is officially got through a written request to the deputed commissioner responsible for his/her list. Proposals funding Funds will be disbursed from the day after the publication of the list(s), that is the 2nd November, 2007. To receive the fund each beneficiary must present himself/herself to the local section of the evaluation commission to sign the grant agreement. Since the task of the international section of the evaluation commission is to evaluate the ratio and the congruity of each proposal, also in relation to its solvency potential, it can determine to loan the total amount requested or only a portion. The beneficiary shall repay the loan received within the timetable indicated in the Application form, plus a 5% of annual interest. In fact, through the fund he/she receive, each beneficiary enjoys a circuit based on reciprocity and social solidarity: he/she is not considered a simple “receiver” but becomes an active member of “insiemepercaso” ONLUS, who is now participating with his/her own little contribution to increase the total amount of budget that the association will be able to allocate the microcredit project in Zambia. Should the fund not be repaid within the deadline indicated in the application form and in the grant agreement, the annual interest imposed will be the 10% of the loan received. Project conclusion and report At the moment of the loan repayment the beneficiary is also requested to present a report about the accomplished project, describing with full particulars all the phases of the project, its conclusion and above all its self-sustainability perspective. The report must be addressed to “insiemepercaso” ONLUS and handed to its National Coordinator. The reports have an enormous value for “insiemepercaso” ONLUS who can thus evaluate the state and the trend of its micro-credit project in Zambia, and make modifications and improvements to progressively calibrate the new call for proposals to the needs and the suggestions indicated by the beneficiaries of the project.
Allegato 2: Grant Agreement
IPC INTERNATIONAL POVERTY ALLEVIATION THROUGH HARD WORKING PROGRAMME CONTACT IPC ON 026-212-512335/0955-0966 788 925
IPC GRANT AGREEMENT PART I I, the undersigned ____________________________born in_____________________________ NRC No.______________/_____/_____ having carefully read the Call for Proposal for IPC Micro credit Project, July 10th, 2000 published by the Association “insiemepercaso” ONLUS, having regularly applied to this Call and the Evaluation Committee having stated to fund my proposal. Physical address / cell No. ____________________________________________________ PART II DECLARATION
I receive today from “insiemepercaso” ONLUS the amount of One Hundred thousand Z/Kwacha Z/K100, 000=00N for the accomplishment of my business activities indicated in the submitted project proposal. I also commit myself to the repayment of the whole amount I received with the addition of a small contribution corresponding to a 5% interest, within the deadline I myself indicated in the “Application Form - Annex 1B”, which is 12 months at a monthly rates of Z/Kwacha ZK 10,500 = 00 N, per month, starting from the next ________________ 2009 and to the following deadlines; (EVERY MONTH END UP TO ____________________ 2010). Should the repayment exceeds that deadline, I am aware that the annual interest of the loan I received will be recalculated at the 10%. Page Signature of the applicant; ____________________________________________________
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IPC INTERNATIONAL POVERTY ALLEVIATION THROUGH HARD WORKING PROGRAMME CONTACT IPC ON 026-212-512335/0955-0966 788 925
PARTIII I finally declare that I will use the money received from “insiemepercaso” ONLUS in fully accordance and respect with the Zambian laws. DATE AND PLACE At ________________________ in the ________________________ District of the Copperbelt Province of the Republic of Zambia. This __________day of ______________________2009.
PARTIV Sign of the Applicant Sign of the guarantor (1)
Sign of the guarantor (2)
PARTV National representative ASSOCIAZIONE “insiemepercaso” ONLUS
Chanda Patrick IPC NATIONAL CO-COORDINATOR
ON __________________ DAY OF ___________________ YEAR OF THE LORD 2009. Page Signature of the applicant; ____________________________________________________
IPC INTERNATIONAL POVERTY ALLEVIATION THROUGH HARD WORKING PROGRAMME
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