Linus alla Maratona di New York

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I L M ARATONETA

snowboarding da una storia di linus illustrazioni di benny testo di alessia giorgia pagano

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il grande freddo La radiosveglia suona che è ancora buio. Sono le 4.55 a.m. di una domenica di novembre e lo skyline di New York è terso. Il che vuol dire che fa un freddo terrificante. Ma Lainus, come lo chiamano Oltreoceano, non si fa certo spaventare da questo. Lui ha affrontato ben di peggio nelle ultime 48 ore: tutta la manfrina aereo-taxi-reception-taxi-ritiropettorali-taxi-cena, tutto lo shopping compulsivo della moglie a Manhattan, tutti i carboidrati con basso indice glicemico appositamente ingurgitati nei giorni precedenti, e tutta una notte insonne in stile “Tardelli pre-partita nell’82”. Un incubo, insomma, prima del sogno più grande: la Maratona di New York, la sfida con se stesso…

felice agonia Cosa fanno 50.000 individui alle 7.30 del mattino sul Ponte di Verrazzano con tre gradi centigradi? Ma è la ING New York City Marathon, of course! Ovvero 42km di felice agonia. Prima della partenza, ci vogliono altre 2 ore e mezzo, perciò Lainus ne approfitta per ripassare come una “secchia” i suoi punti di forza: le tabelle personalizzate fornitegli dall’amico e campione di maratona Pizzolato, i quattro mesi di estenuanti allenamenti, un’esperienza quasi decennale nelle più rinomate competizioni del Verbano e, soprattutto, se stesso. Un uomo che il cardiofrequenzimetro ce l’ha dentro, una ruota metrica su due gambe, un Garmin dai risvolti copernicani… Sì, Lainus non è mai stato più pronto di così.

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lainus Ecco il colpo di cannone: Lainus per l’entusiasmo parte a razzo, contravvenendo al manuale del buon maratoneta… Al polso, il fido cronometro; stampata nel cervello la mappa del percorso (tempi per miglio, chilometraggi, dislivelli, venti da sud-est, cespugli e cacche di cane inclusi: è uno preciso, lui). Staten Island, poi Brooklyn, il Queens, Manhattan, il terribile Queensboro Bridge e… Tra un calcolo e l’altro, Lainus intercetta un connazionale: l’ignara vittima della logorrea tipica del podista. Nel frattempo, la folla festante grida il suo nome, stampato a caratteri cubitali sulla t-shirt: «Go Linus, go!». Lui si esalta e filosofeggia a manetta: «Sai… la corsa, a differenza della vita, è una scienza esatta… Sai, la maratona è come una traversata oceanica»…

il 35 fa brutto «La corsa è lunga… A volte sei in testa, a volte resti indietro… Ma sei comunque solo…», recita Lainus snocciolando “Accetta il consiglio”, senza rendersi conto che l’ignaro connazionale si è dato alla macchia. Ma ecco che nel bel mezzo della 1st Avenue, definita il “Canyon di Manhattan” per i suoi interminabili 7km di rettilineo in saliscendi, arriva lei, puntuale come un geometra svizzero: la crisi del km 35. Quella che non hai più una goccia di glicogeno in corpo, e sono cazzi per tutti. Quella che le gambe diventano di legno e la speranza lascia il posto alla più cupa disperazione. Quella che fa la selezione naturale tra chi sopravvive e chi… «Go Linus, great job! Give me five!», e l’unico pensiero che gli sovviene è: «ma vaffanculo, va!».

gianni Dopo le fasi “frustrazione da cronometro”, “martellate sulle palle” e “autismo & rassegnazione”, Lainus attraversa la valle dell’auto-commiserazione («in fondo io sono solo un dj ultracinquantenne pieno di acciacchi», «c’ho il culo grosso e i polpaccioni!») e delle terrificanti allucinazioni. Prima Gianni Morandi che lo malmena con la rotella metrica intonando “Glory Days” di Bruce Springsteen, poi Claudio Cecchetto in versione “runner keniota” con la Fiaccola Olimpica e, infine, un’apparizione celestiale: il figlio Filippo, all’angolo con la Quinta Strada… Ma no! Quello è davvero suo figlio Filippo! Alla parola “papi”, Lainus torna in sé, pronto ad affrontare l’ultimo terribile nemico: il tizio del fanclub italiano appostato lungo gli 800 metri che lo separano dal traguardo…

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il maratoneta

Quando Lainus taglia il nastro dell’arrivo, ad accoglierlo è una docile nonnina, che gli fa “pat pat” sulla spalla, gli mette la medaglia al collo e lo fa “americanamente” accomodare all’uscita… Ma il suo fido cronometro segna 3.29.32’’: Lainus ha fatto l’impresa, terminando la NYCM in meno di tre ore e mezza. È un risultato da campione, un sogno per tanti maratoneti. E anche se le gambe fanno “Giacomo Giacomo”, anche se gli è entrata una “bruschetta” nell’occhio, Pasquale Di Molfetta, in arte Linus, è un uomo felice. E sì che ha cominciato solo 9 anni fa con la Stramilano, gli amici e il mitico zainetto coi budini della Centrale del Latte! Ringraziamo Linus, che si è prestato con auto-ironia a questa caricatura. Scherzi a parte, lui considera la corsa una roba seria, «una droga emotiva, una malattia» ormai serenamente accettata. La pratica settimanalmente con costanza e determinazione, prendendo parte alle maratone più importanti, da Londra a Boston. Dal 2005 organizza la Deejay Ten e dal 2009 riveste la carica di presidente onorario della Milano City Marathon. A riguardo, ha pubblicato anche l’irridente autobiografia “Parlo sempre di corsa”. Ora pare si stia intrippando col ciclismo: si salvi chi può.

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