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A CURA DI alessia gioria pagano FOTO DI krystle wright

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COSA

La fotografia d'avventura, tra paesaggi incredibili e sport estremi (parapendio, BASE jumping, kayak, rock climbing, free diving).

FREE LANCE

CHI

Krystle Wright, fotografa australiana che vive viaggiando in giro per il mondo.

QUANDO

lontano, vicino ai sogni

Dipende dalla durata di contratti e progetti (solitamente da uno a qualche mese).

È la storia di Krystle, una ragazza australiana che vive di ciò che molti sognano: la fotografia d’avventura, tra imprese umane straordinarie e scenari incredibili. Ma è anche una testimonianza di come la passione, la libertà di scelta, la sicurezza di sé e il coraggio possano portare davvero lontano, e vicinissimo ai sogni.

DOVE

Nei posti che la gente di norma vede solo nei documentari, dall'Antartide al deserto dello Utah, dal Karakorum alla Barriera Corallina.

PERCHÉ

È un lavoro PHIT: all'aria aperta, in movimento tra sfide, avventure, luoghi e animali meravigliosi. È una storia di volontà, passione, libertà e sogni che si realizzano. D'ispirazione per tutti.

COME...

Krystle decide che la fotografia d'avventura sarà il lavoro della sua vita, quando resta colpita da alcune immagini di sport estremi viste su un magazine. Non si lascia sfuggire l'occasione giusta: lasciare casa e città per una stagione come guida naturalistica e fotografa in Antartide.

in questa foto krystle (sulla destra) sta fotografando il base jumper frankie boban durante un lancio dal tombstone nel deserto del moab, utah. © brenton dougas

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Per diventare fotografi d'avventura ci vogliono talento, fortuna, capacità d'adattamento e un'attrezzatura professionale funzionale a una varietà di ambienti (aria, acqua, rocce). Sono fondamentali un fisico allenato, la capacità di resistenza e l'abilità in svariate discipline sportive (nuoto, mountaineering, trekking).

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Non è facile scattare la foto perfetta, ma quando tutti gli elementi confluiscono insieme nello stesso momento, è una soddisfazione incredibile.

jarmila tyrril risale la famosa via "punks in the gym" (5.14a) ad arapiles, australia.

Krystle Wright è una nomade moderna, una freelance che si sposta là dove contratti e progetti lo prevedono. Quasi sempre si tratta di posti che la gente vede solo su NatGeo. Un lavoro da sogno, per molti versi; come ci è arrivata? La naturalezza del suo racconto – la messa in pratica di una convinzione – risulta quasi sorprendente. Forse è proprio questo che dovrebbe invitarci a riflettere…

COSTA DEL SOLE

Immaginatevi l’Australia tropicale, il Queensland. E immaginatevi un posto che si chiama Sunshine Coast, perché il sole vi splende per circa 300 giorni l’anno. Aggiungeteci le spiagge chilometriche, le acque cristalline, le fore-

ste pluviali, gli spot paradisiaci per il surf… Ora immaginate di esserci nati e cresciuti: dovreste lottare contro voi stessi per non amare e cercare istintivamente la natura, il movimento e l’aria aperta. Be’, Krystle è nata e cresciuta proprio qui, con l’outdoor e lo sport nel sangue. Non aveva idea di cosa avrebbe fatto da grande.

LA CONVINZIONE

Poco prima di andare all'università, resta folgorata da alcune immagini su un magazine: sono del fotografo sportivo Adam Pretty. «Ho sempre avuto la fissazione di scattare belle foto, ma niente di più» – ci racconta. «Solo in quel momento ho capito che quello sarebbe stato il lavoro della mia vita». Gli

ALEX MCCULLOCH IN VOLO LIBERO NEI PRESSI DEL MINERAL BOTTOM, UTAH.

scatti di altri grandi professionisti come Tim Kemple, Jimmy Chin e Corey Rych alimentano la sua convinzione, ma la prima macchina fotografica – una Nikon D70 ideale per iniziare – non basta più. «Avendo deciso di fare sul serio, ho speso molto tempo nella ricerca, prima di effettuare il grande salto: una Canon 1D Mark II N. Da allora non sono più tornata indietro».

unico lavoro di Krystle. Ma la svolta avviene nel 2011, quando la fotografa, stanca di abitare a Sydney dove vive da quattro anni, riceve una telefonata. «Mi offrono un contratto come guida naturalistica e fotografa in Antartide con Quark Expeditions: la scusa perfetta per mettere in cantina tutte le mie cose e fare le valigie… Da allora ho sempre vissuto “on the road”».

PRONTO?

CASA TERRA

Krystle comincia con lavori gratuiti – foto di rugby e calcio, per lo più – per vari magazine e qualche quotidiano locale. Ben presto arrivano i primi progetti retribuiti e, nel frattempo, il portfolio si riempie sempre più di sport extreme. Poco alla volta questo diventa il solo e

«È un viaggio non stop. Vivo letteralmente con la valigia in mano e non ho nemmeno più una casa!». Nell’ultimo anno, per esempio, Krystle ha trascorso l’estate in Antardide. Poi si è spostata in California e nello Utah, mentre nei prossimi mesi ha in previsione una toc-

cata e fuga in Australia e poi, a metà maggio, la Mongolia, per documentare la spedizione di un gruppo di canoiste decise a risalire il fiume Amur in kayak fino alla Russia. A quel punto, non potrà mancare un soggiorno in Alaska, prima di ripartire alla volta della Francia e poi, a settembre, delle coste del Mar Mediterraneo, per raggiungere un altro team femminile che navigherà per un mese e 1.000 miglia nautiche, alla ricerca di nuovi spot mozzafiato per rock climbing e free diving tra Corsica, Sardegna e Majorca… «Spero di finire l’anno in Antartide, ma dipende dal contratto che mi offriranno».

SCENIC

Alla Penisola Antartica Krystle è parti-

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colarmente legata anche per l’incredibile fauna selvatica. «A Gold Harbour (Georgia del Sud), per esempio, sei circondato da frotte di elefanti marini, otarie e da una colonia di 100.000 coppie di pinguini reali. Nella scorsa stagione, gli incontri con le balenottere minori sono stati straordinari: nuotavano vicinissime al nostro gommone e ci studiavano da vicino finché la loro curiosità non era attratta da qualcos’altro». Anche per quanto riguarda i paesaggi, non è facile dire quale sia quello più incredibile visto sinora. «Ma una cosa è certa: ad affascinarmi di più sono quelli in cui la maggior parte delle persone non si avventura. Che si tratti dell’asprezza della Georgia del Sud o della maestosità del Karakorum a nord

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avvistamenti di balenottere minori nella penisola antartica presso il neko harbour (in basso a sx e in basso a dx) e paradise bay (in alto a sx). un gruppo di foche mangiagranchi nuota al di sotto di una coltre di ghiaccio presso l'isola enterprise (in alto a dx).

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Il mio lavoro è pieno di rischi. Tutto ciò che si può fare è prepararsi al meglio, per ridurli al minimo. A volte, però, molto semplicemente, è Madre Natura che prende il sopravvento.

del Pakistan, di perdersi da qualche parte nel deserto dello Utah o di nuotare a largo delle Fiji settentrionali, questi sono i luoghi che amo esplorare e fotografare».

LA PARTE DIFFICILE

Spettacolare, ma non per tutti, perché per ambientarsi in luoghi così estremi, documentando come si deve azioni sportive ai limiti del possibile, ci vogliono molte abilità fuori dell'ordinario. Tenersi costantemente in forma è solo l’inizio, neppure così semplice, quando ci si trova costantemente in viaggio e può capitare di dover "abitare" su un fiordo ghiacciato per quattro settimane piuttosto che a bordo di un kayak per tre mesi. Bisogna poi sapersi mettere alla prova

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il pilota argentino hernan pitocco effettua un "wingover" mentre sorvola le montagne del karakorum in pakistan.

in varie discipline alquanto faticose: se non lo si trova quantomeno divertente, è un incubo. Per fotografare in acqua, per esempio, si deve essere ottimi nuotatori, mentre per riprendere una scalata su roccia ci vuole una certa abilità con corde e moschettoni. «Se il soggetto è l’alpinismo – commenta Krystle – non c’è niente da fare: dovrete scalare anche voi come gli altri. Per fortuna io sono un’appassionata di mountaineering!». Certo, non sempre si deve fare tutto, «nel BASE jumping, non è necessario che salti anch’io, perché posso fotografarlo in altri modi. Ma in ogni caso devo passare rapidamente in posizione, una bella scarpinata di qua, una discesa in corda doppia di là…». E le vertigini? La paura di volare? Non esistono. «In parapendio

di solito usiamo un biposto, in modo che io possa concentrarmi al 100% sullo scatto e il pilota al 100% sul volo, senza correre rischi».

SHIT HAPPENS

In situazioni del genere, però, i rischi restano. «Tutto quello che si può fare è prepararsi al meglio per ridurli al minimo. Bisogna anche saper valutare le situazioni, per prendere la decisione più sicura al momento giusto. A volte, però, molto semplicemente, è Madre Natura che prende il sopravvento». La condizione più pericolosa in cui Krystle si è trovata sinora è stata proprio un incidente su un parapendio biposto, nel nord del Pakistan. «Lì è stata veramente sfortuna… Del resto, come si suol dire,

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Nella scorsa stagione, gli incontri con le balenottere minori sono stati straordinari: nuotavano vicinissime al nostro gommone e ci studiavano da vicino finché la loro curiosità non era attratta da qualcos’altro.

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© olivier vanaschen (anche a sx)

© tom de dordolot (anche in alto)

il base jumper michael tomchek si lancia dalla famosa castleton tower (120m) presso castle valley, utah.

“shit happens”… Stavamo per decollare ma, mentre prendevamo la rincorsa su un ripido pendio, un colpo di vento trasversale ci ha colti di sorpresa, destabilizzandoci. Non appena abbiamo iniziato a sollevarci da terra, il pilota ha accidentalmente tirato la corda del freno e il parapendio si è rigirato in direzione della collina, facendoci finire contro alcune rocce. Io ho perso i sensi, ma tra l’incidente e il momento in cui siamo riusciti a raggiungere il primo ospedale militare, sono trascorse 12 ore»…

NIENTE PAURA

Se la paura resta sottopelle, non c’è miglior soluzione che agire. «Io mi faccio coinvolgere dal momento e divento

quasi insensibile ai miei timori, perché sono del tutto concentrata su quello che sto facendo. Arrivo preparata e sicura, riuscendo così a focalizzarmi completamente sullo scatto e a divertirmi, invece che farmi prendere da dubbi e ripensamenti». Naturalmente dopo, ripensando a certe situazioni, capita che la mente giochi brutti scherzi, instillando di nuovo quelle paure. «Se c’è un’area in cui mi sento carente o insicura, l'importante è che faccia in modo di migliorarla, per non mettere inutilmente in pericolo me stessa e chi si trova con me».

L'UMANITÀ

Ai rischi connaturati a questo tipo di spedizioni si aggiunge talvolta anche

l'instabilità politico-sociale dei paesi ospitanti. «I miei amici erano molto preoccupati di sapermi in Pakistan, invece è proprio lì che ho vissuto il più grande esempio di cura, attenzione e umanità di tutta la mia vita. Quando c’è stato l’incidente in parapendio, l’intero villaggio di Hushe è accorso a trasportare la mia barella già dalla collina e hanno chiesto di me anche molto tempo dopo, a un mio amico tornato laggiù per fare parapendio». Un'esperienza di umanità pari alla grandezza del paesaggio: «volare in parapendio a 7.000m di altezza è fenomenale. Il cielo e la vista sulla catena del Karakorum ti lasciano a bocca aperta, in silenzio, ad ammirare e rispettare la grandiosa opera della natura».

TRA PASSIONE E OSSESSIONE

www.wrightfoto.com.au

Krystle Wright definisce la sua fotografia “un misto di passione e ossessione”. «Voglio sentirmi coinvolta da quello che ritraggo e catturare l’immagine che meglio mostra l’atleta all’interno di quel paesaggio. Spesso do a quest'ultimo un peso molto importante, poiché si tratta di scenari di incredibile bellezza». Le emozioni sono enormi: «ricordo la mia prima grande spedizione sull’Isola di Baffin (Arcipelago Artico Canadese, ndr) nel 2010, quando al primo salto ufficiale mi è riuscito uno scatto che conserverò per il resto della mia vita… Non è facile scattare la foto perfetta, ma quando tutti gli elementi confluiscono insieme nello stesso momento, è una soddisfazione incredibile». Altre volte, invece, possono volerci molto tempo, delle svolte creative e un bel po' di coraggio. Mentre scriviamo Krystle si trova nel Deserto del Moab (Utah) a cercare di scattare un’immagine che le frulla in testa tre anni, ma per cui non è ancora riuscita a trovare la posizione giusta e ipotizza di affittare un elicottero. Durante un altro servizio sul BASE jumping, invece, le è capitato di noleggiare un paracadute a motore, per ottenere una prospettiva aerea. Non sempre si raggiunge il risultato sperato, ma essere fotografi d'avventura significa anche essere pronti a spingersi sempre più in là e scommettere, senza alcuna garanzia.

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TRA AREE DELIMITATE E SERVIZI DI SICUREZZA nuovi per documentare l’avventura e le grandi spedizioni, esplorare le parti del mondo che in pochi hanno l’opportunità di vedere, mostrare queste immagini uniche a un pubblico sempre più ampio e, se tutto va bene, ispirare anche altri a uscire all’aperto. Può sembrare un obiettivo semplice, ma voglio che davanti a una mia foto le persone reagiscano pensando qualcosa del tipo “questa è una gran bella immagine, cazzo!”. E che si sentano entusiaste e motivate nel portare avanti le avventure della loro vita».

© Dan olsen, foto scattata durante una spedizione in antartide

Di questo lifestyle, come del proprio lavoro, lei è felicissima. «Amo in tutto e per tutto quello che faccio. La cosa più bella dell’avventura è che non ci sono confini, aree delimitate o servizi di sicurezza: ciò che ti trattiene sono solo e unicamente i tuoi limiti fisici e mentali. Puoi creare ogni volta qualcosa di unico in scenari assolutamente incredibili, e questa è una sfida perfetta per me». Ci saluta con una frase che racchiude tutto il senso della sua storia e di questo articolo. «Il mio sogno più grande? Trovare modi sempre

ahhh però!

ANDIAMO SUL TECNICO

baffin island, penisola artica. il team lascia il campo base in direzione stuart valley. scaleranno un picco affrontato solo una volta in passato da altri base jumper.

Come in tutta la fotografia professionale, anche per quella d'avventura l'attrezzatura è fondamentale. Ma bisogna pianificare con attenzione il peso trasportabile, perché scarpinate e scalate sono all'ordine del giorno. Oltre alla macchina fotografica e a uno zaino tecnico, Krystle porta sempre con sé un corpo macchina di scorta. Il tipo di macchina dipende naturalmente dall'uso, dalle conoscenze personali e dalle proprie preferenze. «Io mi affido da sempre a una combinazione di 5D Mark III e 1D Mark IV, così ho allo stesso tempo la rapidità di una macchina più veloce e il formato pieno di una Mark III». Di volta in volta, poi, l'attrezzatura si adatta alle situazioni: «nella spedizione in kayak, porterò solo la 5D Mark III, perché è più piccola e più maneggevole per scattare con la pagaia nell'altra mano. La terrò conservata in una borsa impermeabile, onde evitare qualsiasi danno». Quando ci si trova per aria o sott'acqua, però, le cose cambiano ancora... «In parapendio è sempre una sfida, perché bisogna configurare tutto in anticipo, se si vuole evitare di cambiare un obiettivo in volo... Sott’acqua, invece, utilizzo la mia 5D Mark III con una custodia AquaTech subacquea: uno dei miei accessori preferiti!».

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