Obiettivo Salute - Anno IV - n. 3

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Sommario Maggio-Luglio 2010

04 Editoriale Tv, politica e volontariato

Teatro: 22 Arie d’opera nella commedia dialettale

di Marcello De Stefano

di Marcello De Stefano

Attualità 06 Un programma difficile ma possibile

di Patrizio Mazza

di Luciano Carleo

09 Regata per la vita 2010

di Paola D’Andria

06

Direttore responsabile Marcello De Stefano

di Ferdinando Laghi e Maria Paola Montagna

14 Il tumore del colon-retto di Marta Lucia Sabato

10

Cultura Sanitaria 18 Ipertensione: come combatterla

di Mimmo De Vita

14

Si ringraziano INOLTRE per aver contribuito alla realizzazione e alla diffusione di questo numero Provincia di Taranto

Redazione Luciano Carleo Mimmo De Vita Ferdinando Laghi Patrizio Mazza Maria Paola Montagna Gianfranco Orbello Marta Lucia Sabato Segreteria Margherita Bellocchio

di Gianfranco Orbello

20 Un cucciolo in casa

Editore AIL (Associazione italiana contro le leucemie, i linfomi e il mieloma) sezione di Taranto via De Cesare, 3 - 74121 Taranto Tel. 099.4533289 - Fax 099.4528821 email: ail.taranto@ail.it web: www.ail.taranto.it Direttore editoriale Paola D’Andria

Ambiente e salute 10 Smaltimento dei rifiuti e rischi per la salute

Periodico bimestrale di informazione socio-sanitaria e di approfondimento scientifico email: obiettivosalute@ail.taranto.it web: www.ail.taranto.it/obiettivosalute Registrazione Tribunale di Taranto n. 16/2006

08 L’emergenza amianto: a Taranto un convegno nazionale

Obiettivo Salute

Collaboratori - Volontari AIL TARANTO - Loredana Maggi; Mimma Salentino; Anna Caricasulo; Emanuela Puccia; Angela Cervellera. STATTE - Tina Bianco e Cataldo Lippo GROTTAGLIE - Patrizia Casarotti CASTELLANETA - Tommaso Fumarulo SAN MARZANO – Paola Zaccaria MANDURIA – Ennio Spina Sito internet: alex@studiopuntolinea.com Grafica e impaginazione PuntoLinea2 di Alessandro Todaro Via Genziane 52 - 74122 Lama (Ta) Tel. 099.7775843 www.studiopuntolinea.com studio@studiopuntolinea.com Stampa StampaSud S.p.A. - Mottola (Ta)

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Editoriale

S

Tv, politica e volontariato Sempre nella storia le rivoluzioni, ovvero i cambiamenti non sono nati nelle stanze del potere ma grazie alla spinta che veniva dalla società civile. Questa consapevolezza deve dare più forza a quanti operano oggi a vario titolo nel volontariato al quale è dedicato l’Anno europeo 2011

Se pure i ragazzi di oggi preferiscono passare il loro tempo davanti al video del computer piuttosto che a quello televisivo, è pur vero che la televisione conserva ancora il suo ruolo principe tra i mezzi di comunicazione sociale, nonostante venga spesso accusata di essersi trasformata dalla ‘tv-pedagogica’ dei suoi esordi alla ‘tv-spazzatura’ dei nostri giorni. Personalmente ritengo invece che la televisione non abbia mai smesso i suoi panni di ‘tv-pedagogica’. Anzi, questa sua caratteristica è maggiore oggi che in passato. La tv insegna, educa, eccome! La differenza semmai è nei contenuti. Cosa insegna oggi lo schermo televisivo? Una prima cosa che balza all’evidenza è l’esaltazione e la ricerca dell’’uomo comune’. Più sei nessuno, più puoi diventare qualcuno. Se questo significasse apertura della tv a chiunque, come strumento democratico, sarebbe indubbiamente un uso positivo delle sue potenzialità. Ma spesso questo significa: uso smodato delle parolacce, perché così parla la gente comune; confezionamento di trasmissioni nelle quali meno cultura hai, più successo ottieni; e così via. Questa tendenza ‘al ribasso’, iniziata in alcune trasmissioni, è col tempo traslocata in diversi programmi dello spettacolo televisivo. Così che, se da un lato una casalinga dalla voce straordinaria raggiunge le vette del successo, come è successo in Inghilterra, succede pure che un festival di canzoni venga vinto da chi cantante non è e non lo è mai stato. E ciò avviene sulla testa di tutti quei giovani che fanno lunghe anticamere nel mondo della musica per cercare di valorizzare lunghi anni di studio e di sacrifici. Con un messaggio chiaro: meno sai fare più successo puoi ottenere. Il fatto che il pubblico dimostri con il suo voto di gradire questa tendenza è segno della profonda valenza pedagogica della tv.

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Altro aspetto di questa ‘tendenza al ribasso’ è l’uso consueto di invitare come esperti nei salotti televisivi non tanto chi è riuscito in qualcosa (ad esempio nella vita di coppia) ma chi ha collezionato un buon numero di fallimenti. Anche in questo caso con un messaggio chiaro: più trasgredisci, più successo hai. Anche il successo di quiz televisivi dove non occorre alcuna cultura per vincere ma soltanto una buona dose


di fortuna è indice della ricerca di scorciatoie per fare soldi. Bene rappresenta questo fenomeno il vivace battibecco - nel film ‘Genitori e figli: istruzioni per l’uso’ - fra Michele Placido e il figlio che ha l’ambizione di partecipare al ‘Grande fratello’ e rimprovera al padre di sacrificare la sua vita per un misero lavoro con un misero guadagno. Si potrebbe scrivere un libro su certi contenuti pedagogici della tv che influenzano tutti noi. E dicendo tutti non intendo (ahimè!) solo il pubblico dei telespettatori ma anche (ahimè!) il mondo della politica. Anche qui gli esempi più o meno recenti si sprecano, e le inchieste giudiziarie che coinvolgono amministratori, escort, trans, ecc. sono espressione di questo fenomeno alquanto complesso da analizzare e comprendere. Quando si parla di politica-spettacolo si parla proprio di questo. Non interessano più tanto i contenuti della politica, ma la sua capacità di essere spettacolo e catturare così il (tele)voto della gente, come la recente campagna elettorale per le regionali ha dimostrato. E gli intrecci tra mondo della politica con lo spettacolo e il mondo dell’economia è tale che, se negli anni ’70 la sempre maggiore importanza del piccolo schermo

veniva definita ‘Quinto potere’, come titolava un celebre film dell’epoca, oggi la situazione è radicalmente mutata. La tv ha acquistato sempre più una sua valenza fino a diventare ‘Primo potere’, quanto meno a pari merito con quello politico e quello economico. In questo clima sociale si distingue il mondo del volontariato, al quale la Comunità europea ha voluto dedicare la giusta attenzione proclamando il 2011 ‘Anno europeo del volontariato’ a distanza di 10 anni dall’Anno internazionale proclamato nel 2001 dalle Nazioni Unite. C’è tempo per approfondirne conoscenza e contenuti. Ma già ora possiamo anticipare un pensiero utile alla riflessione e all’approfondimento. Chi opera nel volontariato non fa spettacolo, ma si confronta con i bisogni reali e quotidiani della gente. Non vive nel mondo facile e illusorio delle luci e del palcoscenico, delle veline e dei sex-symbol ma in quello difficile e spesso drammatico della vita reale. Non occupa poltrone di potere, con la facile tentazione di servirsene per fare i propri interessi anziché occuparsi del bene comune: al contrario è impregnato di gratuita generosità e di solidarietà. Non svolge una azione pedagogica dai contenuti quanto meno equivoci, ma apre gli occhi dei giovani su una realtà sociale che rappresenta un ‘gigantesco cantiere’ nel quale impiegare le proprie migliori energie. Eppure il mondo del volontariato spesso viene relegato ai margini della realtà sociale, bollato nell’àmbito del ‘terzo settore’. Meriterebbe di emergere e diventare ‘primo settore’, perché nel volontariato c’è la potenzialità del cambiamento. Quel cambiamento che molta gente (in particolare quella percentuale del 7% in più che ha disertato le urne alle ultime regionali) ha richiesto alla politica. Sempre nella storia le rivoluzioni, ovvero i cambiamenti non sono nati nelle stanze del potere ma grazie alla spinta che veniva dalla società civile. Questa consapevolezza deve dare più forza a quanti operano oggi a vario titolo nel volontariato. Deve dare più forza, ad esempio, al movimento tarantino per l’ambiente. Deve dare forza anche a quanti, sostenuti dal mondo del volontariato, si preparano a svolgere ruoli istituzionali. La loro azione sarà tanto più efficace quanto riusciranno a far crescere e sviluppare le radici del loro impegno, con la lungimiranza di chi vede effettivamente nel mondo del volontariato un possibile fattore di cambiamento – in positivo – della nostra società.

Marcello De Stefano


attualità

Un programma difficile ma

possibile

Un cambiamento che porti a realizzare un modello economico diverso rappresenta per Taranto una rivoluzione copernicana. Ma la cosa peggiore è che questa città e terra ionica ha da tanto, ormai troppo tempo prodotto una classe politica che lei medesima pensa che il cambiamento non è possibile… di patrizio mazza

A

Anche se inaspettatamente ora mi trovo in un ruolo che avevo pensato di avere per poter agire nella direzione che ormai da molti anni avevo auspicato. A Taranto, ma il discorso è valido anche per altre aree geografiche, c’è necessità di cambiare modello economico. Non voglio motivarlo solo dal fatto che la grande industria è fortemente inquinante ma anche dal fatto, che sta diventando sempre più pressante, di uno sviluppo inesistente. Non c’è progressione economica della città e della provincia ionica, non c’è prospettiva in un futuro per i giovani intellettualmente vivaci. Invece aumentano le malattie, mentre la città si sta impoverendo economicamente e soprattutto intellettualmente perché la maggior parte dei giovani va a cercare una prospettiva altrove. Occorre fare qualche cosa per cambiare. Un cambiamento che porti a realizzare un modello economico diverso rappresenta per Taranto una rivoluzione copernicana. E’ radicato nella maggior parte della gente il concetto che non si possa cambiare e ideare un nuovo modello, pur ravvisando che così non va. Ma la cosa peggiore è che questa città e terra ionica ha da tanto (ormai troppo!) tempo prodotto una classe politica che lei medesima pensa che il cambiamento non è possibile: dobbiamo stabilire solo se è perché realmente la pensano così o perché hanno interesse che si mantenga così.

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Io penso che, guardando alla storia, i cambiamenti siano avvenuti per la immissione di idee innovative; così è stato per i cambiamenti politici radicali; così è stato nel passaggio

fra Medio evo ed Età moderna, nel passaggio da economia agricola ad industriale e così via. Tutto nasceva sempre da una forte e sentita esigenza del popolo.


Oggi il popolo forse non esiste più se non nella coscienza di alcuni intellettuali. Il popolo si identifica per lo più con piccole esigenze del quotidiano, è disgregato e non ha una capacità collettiva di formare una coscienza. Gli strumenti di comunicazione sono tanti ma usati non per grandi strategie. Anche quella delle elezioni, se ci pensate, non è vissuta in maniera strategica dal popolo ma semplicemente con l’idea di eleggere Tizio o Caio che poi possa risolverti il tuo problema del quotidiano: un figlio da raccomandare, una strada da aggiustare o un lampione davanti casa e così di seguito. Dove sono le grandi strategie per cui si vota quel partito o quel candidato affinchè crei un nuovo modello di sviluppo per una città o un territorio tale da creare successivamente una prospettiva collettiva e dei benefici allargabili a molti? Questo sarebbe un progetto che se andasse in porto richiederebbe del tempo. Invece il popolo oggi vuole il

Il dr. Patrizio Mazza, neo eletto consigliere regionale

beneficio immediato. Si spiega quindi il successo di candidati che offrono benefici immediati, fossero anche le 50 euro. Noi vogliamo parlare di progetti proiettati sulle potenzialità benefiche di molti. Vogliamo avere la presunzione di pensare che ciò sia possibile e che il fattore dirimente è l’intelligenza della classe politica ora eletta. Ha a disposizione 5 anni prima di tornare alle urne per l’elezione del parlamento regionale e non ha bisogno di presentare solo l’immediatezza ma di progettare il futuro. In 5 anni si può impiantare un progetto di riconversione economica dell’area di Taranto. Nessuno deve andare a casa senza lavoro: prima il progetto che deve assorbire tutti e altri possibilmente; poi riconvertire drasticamente. In questi pochi giorni ho testato, pur ancora non avendo messo piede in Regione, sulle potenzialità di mandare avanti la progettualità ancorata al territorio e alle ricchezze del territorio con una idea ben precisa che andrà sviluppata con dei tecnici. La deduzione che ho tratto è che la cosa possa essere fattibile, c’è apertura europea con fondi che ho scoperto mai utilizzati, ci sono

i tecnici esperti e c’è la possibilità di un coinvolgimento internazionale per la realizzazione. Ho chiesto che mi venga dato quel minimo di strumenti giuridici e di ruolo necessari per essere operativo, con la sponsorizzazione dell’IDV che mi ha candidato. Ovviamente le decisioni saranno di pertinenza del presidente Vendola su cui tutti confidiamo; certo che i prossimi giorni saranno frenetici proprio per l’assegnazione dei ruoli. Occorre sempre sottolineare che si spera che i ruoli vengano assegnati anche per competenza, non solo per la compiacenza e l’equilibrio di potere che sempre domina in ogni scelta di governo. Certo che le segreterie e i potentati politici sono in questo momento in fibrillazione piena perché stanno già in buona parte pensando alle prossime elezioni, quando potranno dire che hanno dato tanti posti di lavoro o benefici immediati in virtù del loro assessorato o della presidenza di commissione o magari consiglio di amministrazione di qualche ente. Se così fosse su larga scala, ahimè progetti! Ed è ciò che renderebbe più difficile l’operazione cambiamento. n

Dove sono le grandi strategie per cui si vota quel partito o quel candidato affinchè crei un nuovo modello di sviluppo per una città o un territorio? Noi vogliamo avere la presunzione di pensare che ciò sia possibile e che il fattore dirimente è l’intelligenza della classe politica ora eletta Obiettivo Salute 7


L’emergenza amianto: a Taranto un convegno nazionale

Nel convegno nazionale di sabato 5 giugno al Salone della Provincia saranno affrontati i temi dei diritti degli esposti (risarcimento, previdenza, salute) e quello delle bonifiche ambientali di Luciano carLeo Le associazioni delle vittime e degli esposti all’amianto, i comitati e gli esperti terranno presso il Salone di Rappresentanza della Provincia di Taranto sabato 5 giugno a partire dalle ore 9,00 il convegno “Amianto Fuori: diritti degli esposti e bonifiche ambientali”. L’iniziativa di carattere nazionale organizzata da ‘Contramianto e altri rischi onlus’ tratterà nel corso dell’intera giornata le questioni fondamentali legate all’amianto. Ancora oggi l’amianto costituisce una emergenza sociale, ambientale e sanitaria e le istituzioni non riescono a dare concrete risposte a cittadini e lavoratori. Il territorio nazionale è fortemente inquinato da 2,5 miliardi di metri quadri di cemento-amianto in gran parte costituite da tetti in eternit che attende di essere bonificato mentre prolificano le

micro-discariche. I cittadini sono lasciati soli con il problema amianto nella più totale disinformazione e senza che siano previsti aiuti per le bonifiche né a livello statale né tanto meno in ambito regionale e comunale. Agli ex-esposti all’amianto non è garantita una specifica e gratuita sorveglianza sanitaria, che attualmente è quasi inesistente e riguarda solo isolati programmi di controllo. Intanto rimane aperto il dibattito sulle patologie extrapolmonari d’amianto. Il ‘Fondo vittime amianto’ non è ancora operativo mentre sempre più difficile diventa ottenere i riconoscimenti di malattia professionale e previdenziali e il ricorso all’azione giudiziaria ormai è diventata la normalità. Partendo da questa difficile situazione nel corso del convegno saranno af-

frontati i temi del diritto degli esposti, risarcimento, previdenza, salute e quello delle bonifiche ambientali, bonifiche, smaltimento, inertizzazione, cercando di analizzare le varie questioni nei loro molteplici aspetti. L’iniziativa, in continuità con le conclusioni della Conferenza Nazionale Amianto di Torino dello scorso novembre 2009, dedicherà un apposito spazio per il dibattito sulle problematiche legate alle tecniche di inertizzazione dell’amianto con l’obiettivo di sintetizzare al termine della tavola rotonda un documento conclusivo. Insomma l’amianto tra passato e presente costituisce ancora oggi un pesante fardello di problemi irrisolti un argomento sul quale confrontarsi apertamente per dare adeguate risposte alla popolazione. n

Per informazioni e prenotazioni: CONTRAMIANTO E ALTRI RISCHI ONLUS, Via Nitti 2/A - 74123 TARANTO Tel. 0999942604 Fax 0996903114 e-mail: contramianto@libero.it

Una pericolosa discarica di amianto a San Donato nei pressi di Talsano.

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Regata per la vita 2010

Giunge a Taranto il 18 giugno la regata nazionale, partita da Genova e Trieste e diretta verso Itaca, promossa dall’Ail in occasione della Giornata nazionale contro le leucemie di Paola D’Andria La partenza è fissata per l’8 giugno contestualmente da Genova e da Trieste. Le barche a vela che partecipano al ‘Progetto Itaca 2010’ promosso dall’Ail nazionale attraverseranno rispettivamente il mar Tirreno e il mare Adriatico facendo tappa, nei giorni successivi, nei principali porti italiani. Dieci giorni dopo, il 18 giugno le imbarcazioni partite da Genova giungeranno a Taranto per ricongiungersi il giorno successivo a Brindisi con quelle partite da Trieste. Insieme si dirigeranno verso Itaca, luogo simbolico di approdo dopo una vita piena di insidie e di traversìe. La partenza da Brindisi verso Itaca è prevista per il giorno 21 giugno, Giornata internazionale contro le leucemie. Il racconto di Ulisse narrato da Omero bene si addice ai pazienti affetti da malattie ematologiche. Il viaggio in barca a vela simboleggia il duro percorso che i pazienti ematologici affrontano dal momento in cui la malattia viene diagnosticata fino all’auspicata guarigione.

I risultati, documentati dai questionari compilati dai partecipanti, sono risultati incoraggianti. L’analisi dei dati dimostra che a seguito di ogni uscita in barca la situazione dei pazienti presenta una generale tendenza al miglioramento, con una diminuzione del livello di ansia e un significativo innalzamento dello stato generale di salute e della voglia di sperimentare esperienze sportive spesso dimenticate a causa della malattia.

della regata a Taranto è in via di definizione. Di certo sarà un’occasione per proseguire con maggiore impegno e maggiore speranza il difficile viaggio che la malattia comporta. n

E’ sulla base di questa esperienza che ora il progetto assume una dimensione nazionale. Così il viaggio verso Itaca, finora inteso solo metaforicamente, diventa esperienza concreta, come quella che si augura ad ogni paziente affetto da malattia ematologia. La tappa tarantina del ‘Progetto Itaca’ assume pertanto una valenza anche per i pazienti ematologici della nostra provincia e per quanti operano al loro fianco. Mentre scriviamo, il programma dell’accoglienza e della permanenza

Il ‘Progetto Itaca’, nato a Brescia nel 2006 su iniziativa di un paziente ematologico, ha riscosso negli anni risultati incoraggianti. L’equipaggio-tipo di ogni imbarcazione è composto da 2 pazienti (anche in cure chemioterapiche), un medico, un infermiere, uno psicologo e uno skipper. Il progetto, attuato inizialmente nel lago di Garda, si poneva come obiettivo di verificare nei pazienti in cura le eventuali variazioni dei parametri psicofisici, della percezione del dolore e della qualità della vita. Nello stesso tempo la convivenza in barca permetteva ai membri dell’equipe curante di relazionarsi coi pazienti in un contesto extra-ospedaliero allentando il carico di tensione che il contesto lavorativo spesso induce. Obiettivo Salute 9


AMBIENTE

Smaltimento dei rifiuti e

rischi per la salute

Fra le metodiche per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, l’incenerimento e le discariche sono quelle che hanno maggior impatto sulla salute pubblica. È pertanto auspicabile il perseguimento di politiche di riduzione della produzione unitamente al riutilizzo e recupero, coerentemente con le indicazioni della Comunità Europea di Ferdinando Laghi e Maria Paola Montagna

N

Nella scala delle priorità delle metodiche di smaltimento dei rifiuti solidi urbani (RSU) unanimemente nota, e condivisa anche dalla Comunità Europea, l’incenerimento e le discariche sono agli ultimi posti, precedute dalle politiche di riduzione della produzione dei RSU e da quelle di recupero e riutilizzo dei materiali post-consumo. Nel nostro Paese, il problema dello smaltimento dei rifiuti ha acquistato una “visibilità” e rilevanza mediatica assolutamente particolari, inversamente proporzionale alla capacità di soluzione da parte degli Organismi preposti, per diventare infine non più argomento tecnico ma campo di scontro politico-giudiziario. Uno degli aspetti che ha destato maggior interesse è quello legato all’incenerimento dei RSU e, in misura minore, essendo comunque argomento strettamente collegato al precedente, all’utilizzo di discariche, di servizio o meno. Un dato appare oggettivamente sconcertante sotto l’aspetto strettamente tecnicoorganizzativo, ed è che si parli dell’incenerimento come di una misura adatta a fronteggiare la fase dell’emergenza rifiuti. Dimenticando che i tempi di realizzazione di questi impianti, quando si concretizzino tutte le condizioni (tecniche, logistiche, burocratico-amministrative, sociali) per un iter senza difficoltà, sono di almeno 4-5 anni. Chi vede nelle politiche di riduzione della produzione dei rifiuti e nella raccolta differenziata (RD) una alternativa dicotomica alla pratica dell’incenerimento, ne sottolinea l’immediata operatività ed efficacia, seppur vincolata alla effettiva volontà e motivazione delle Pubbliche Amministrazioni nel perseguirle. Sarebbe inoltre quantomeno riduttivo non ricordare come la questione dello smaltimento dei rifiuti in Italia sia affetta da forti fenomeni distorsivi in ragione degli enormi interessi economici - dei quali una quota non trascurabile illeciti - che ruotano attorno ad essa. Ma lo smaltimento dei materiali post-consumo, quale che siano le scelte metodologiche adottate, è anche strettamente collegato all’argomento della salute pubblica e, tra tutte, proprio l’incenerimento e le discariche sono quelli che

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si ritiene abbiano il maggior impatto in questo campo. Incenerimento e rischi per la salute Le tecnologie di incenerimento dei RSU possono riguardare varie frazioni dei rifiuti, con eventuale pre-selezione delle materie dotate di maggiore potere calorifico (in pratica plastica e carta) per la produzione di Combustibile derivante da rifiuti (CDR) eventualmente “arricchito” per migliorarne la resa energetica (CDR-Q). Il recupero energetico è prassi ormai consolidata rispetto all’incenerimento puro e semplice, cosa questa che ha fatto coniare, per altro solo in Italia, il neologismo “termovalorizzatore”. Solo una menzione alla bassa resa energetica di questi impianti, economicamente incentivati, sempre soltanto in Italia, con fondi statali (il famoso CIP6), cioè con una quota di risorse economiche riservata alla produzione energetica da fonti rinnovabili, fatto questo che ha dato origine ad accese polemiche. Dal punto di vista dell’impatto sulla salute, bisogna ricordare come gli inceneritori siano classificati “Industrie insalubri di classe I”(1) e come il legislatore ne abbia escluso la collocazione in zone agricole caratterizzate per qualità e tipicità dei prodotti(2). Certamente, c’è da rilevare come le tecnologie attualmente in uso abbiano certamente modificato la qualità delle emissioni dei moderni inceneritori, a partire dalla riduzione delle emissioni delle diossine per m3. E’ però vero che parallelamente è aumentata l’emissione della frazione più fine del particolato e sono aumentati i m3 di fumi prodotti nell’unità di tempo, a motivo della progressiva crescita della “taglia” degli inceneritori. Inoltre, gli stessi filtri adoperati per intercettare sostanze tossiche e particolato rappresentano un problema sanitario per quanto riguarda il loro smaltimento. Ma le fonti di inquinamento derivanti da un inceneritore non sono legate soltanto all’emissione dei fumi, ma ai molteplici aspetti che ne caratterizzano il funzionamento: GAS. Diossine, acido cloridrico, acido fluoridrico, ossidi di azoto, ossidi di zolfo, monossido di carbonio, sono tra le principali emissioni gassose degli inceneritori che possono avere impatto

AGENTE

Grado di evidenza

EFFETTO CANCEROGENO

Arsenico

1

Pelle, polmoni, fegato, vescica, rene, colon

Berillio

1

Polmone

Cadmio

1

Polmone, prostata

Cromo

1

Polmone

Nickel

1

Polmone

Mercurio

2b

Polmone, pancreas, colon, prostata, encefalo, rene

Piombo

2b

Polmone, vescica, rene, tubo gastroenterico

Benzene

1

Leucemie

Idrocarburi policiclici

2b

Fegato, polmone, leucemie

Cloroformio

2b

Vescica, rene, encefalo, linfomi

Clorofenoli

2b

Sarcomi tessuti molli, linfomi Hodgkin e non Hodgkin

Tricloroetilene

2a

Fegato, linfomi non Hodgkin

TCDD

1

Linfomi non Hodgkin, sarcomi

Effetti cancerogeni delle sostanze emesse da un inceneritore, secondo l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro di Lione

sulla salute. La pericolosità non è in rapporto unicamente alla loro inalazione, ma alla contaminazione delle catene alimentari (come nel caso delle diossine il cui assorbimento corporeo è legato soltanto per il 10% alla inalazione) con l’ingestione di queste sostanze anche da parte di persone teoricamente non esposte ai fumi degli inceneritori. PARTICOLATO. L’aumento delle temperature di combustione determina, da un lato, come detto, la riduzione della emissione (per unità di fumi prodotti) di composti clorurati, come le diossine, ma un aumento del particolato fine ed ultrafine (da 2,5 a 0,1 μ) rispetto al quale non esistono attualmente in commercio filtri industriali di uso comune. Polveri di combustione sono anche le ceneri di fondo che rimangono quale residuo, appunto, dell’incenerimento dei RSU. Le ceneri derivanti dall’incenerimento rappresentano circa il 25-30% della massa iniziale e il loro contenuto in metalli pesanti, determinato dai processi di combustione, li trasforma in rifiuti pericolosi che richiedono lo smaltimento in discariche dedicate. METALLI PESANTI. Arsenico, cromo, piombo, mercurio, cadmio sono alcune tra le principali sostanze di questo tipo emesse non soltanto nelle ceneri volan-

ti ma, come ricordato al punto precedente, nelle ceneri di fondo. I metalli pesanti possono, al pari delle altre sostanze emesse dal camino dell’inceneritore, combinarsi con il particolato fine ed ultrafine, che svolge così funzione di carrier, per formare composti particolarmente pericolosi per la salute umana. EMISSIONI INCONTROLLATE. Le alte temperature e la composizione variabile dei RSU determinano la formazione di centinaia di composti non presenti né in natura né nei normali processi produttivi (leghe di varia natura, ecc.) le cui ripercussioni sulla salute sono imprevedibili per come imprevedibili risultano le emissioni di questo tipo. ACQUE DI LAVAGGIO. Sono le acque utilizzate nei processi produttivi di un inceneritore che necessitano di opportuna depurazione, come per altro previsto dalle leggi vigenti (DL 133/2005), in quanto inquinate dalle sostanze con le quali vengono a contatto e che sono state precedentemente illustrate. ALTRI RESIDUI. Si tratta di prodotti e sostanze derivanti da processi non legati specificamente a questa tipologia di impianti ma la cui pericolosità per la salute umana può essere influenzata dalla natura dei materiali e dei processi di lavorazione tipici di un inceneritore. Obiettivo Salute 11


Come già in parte accennato, la via di ingresso nell’organismo delle sostanze prodotte da un inceneritore non è soltanto quella aerea, così come neanche l’ingestione di cibi e/o liquidi variamente contaminati (catene alimentari, interessamento di falde idriche, ecc.) esaurisce le ulteriori possibilità. Un altro tramite è infatti rappresentato dalla cute che può essere a sua volta interessata o con un danno diretto, da contatto, o come organo di assorbimento delle sostanze tossiche. O con entrambe le modalità. Nella tabella pubblicata in queste pagine vengono illustrati gli effetti cancerogeni di alcune sostanze emesse dagli inceneritori, secondo l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) di Lione, la cui autorevolezza nel settore è assolutamente indiscussa. Se le patologie tumorali rappresentano forse gli aspetti più gravi e temuti dei possibili rischi per la salute umana derivanti dall’incenerimento dei rifiuti, essi non sono certamente gli unici. Infatti l’inquinamento aereo, cui le emissioni degli inceneritori contribuiscono, provoca un aumento delle patologie respiratorie di natura infiammatoria, così come pure in incremento appaiono essere le malattie allergiche, principalmente su base inalatoria. Ma l’apparato respiratorio svolge un ruolo cardine anche nel coinvolgimento degli altri organi ed apparati. E’ infatti attraverso le vie respiratorie che il particolato fine ed ultrafine – quello di dimensioni inferiori ai 2,5 micron, ritenuto l’agente più pericoloso dell’inquinamento atmosferico – raggiunge la corrente ematica dove penetra attraversando la barriera alveolo capillare avendo la capacità di trasportare, come carrier, metalli pesanti, composti volatili organici, e altre sostanze pericolose per la salute. I danni determinati dal particolato possono perciò manifestarsi in ogni organo ed apparato essendo ovviamente ogni tessuto raggiunto dalla circolazione sanguigna. I meccanismi di azione e gli effetti del particolato sulle patologie cardiovascolari sono sovrapponibili a quelli determinati da patologie croniche, come il diabete e l’ipertensione arteriosa, o da cattive abitudini, come il fumo di sigaretta: si va dalla progressione delle lesioni aterosclerotiche, alla disfun12 Obiettivo Salute

zione endoteliale, all’attivazione delle piastrine, ai disturbi del ritmo cardiaco per alterazione del sistema autonomico di controllo (anche se i più fini meccanismi alla base delle aritmie non sono ancora del tutto note). Discariche e rischi per la salute Seppur certamente di minor impatto per la salute rispetto agli impianti di incenerimento, anche le discariche determinano dei rischi. Gli studi effettuati riguardano, nella maggior parte dei casi, dati riferiti a discariche di rifiuti tossico-nocivi: poche indagini hanno riguardato discariche di rifiuti solidi urbani. Le evidenze maggiormente accreditate

attengono a problematiche relative ai neonati (malformazioni congenite e basso peso dei neonati) Non vengono in questa sede prese in considerazione le discariche abusive ed illegali, sia di RSU che di rifiuti industriali, che rappresentano invece, nella realtà, un problema gravissimo di salute pubblica, come anche fatti di cronaca, riportati dai mezzi di informazione, puntualmente dimostrano. Basti il clamoroso esempio della Campania, dove la salute di intere popolazioni è stata gravemente pregiudicata, con concomitanti enormi danni al sistema economico dell’intera regione, dall’illegale sversamento di RSU e rifiuti industriali provenienti da ogni parte d’Italia.

Lo scorso 17 aprile si è svolta a Parma una manifestazione nazionale contro gli inceneritori

Si è svolto a Taranto presso la Facoltà di Ingegneria il 19 aprile scorso un corso di aggiornamento professionale per ingegneri sul tema dei ‘Trattamenti e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e dei fanghi di depurazione’ organizzato dall’Associazione Ingegneri per il territorio Jonico’.


La struttura di una discarica a norma prevede: un fondo di argilla; un isolamento plastico (geomembrana); uno strato di sabbia per l’assorbimento, recupero e successivo trattamento del percolato; lo strato di rifiuti; un successivo strato superiore di terra per la copertura e la crescita di piante; dei camini di esalazione e recupero per il biogas. Attualmente la normativa vigente(3) prevede tre tipologie di discarica: a) per rifiuti inerti; b) per rifiuti non pericolosi; c) per rifiuti pericolosi. I RSU vengono conferiti nelle discariche per rifiuti non pericolosi. Le possibili fonti di disagio o di veri e propri rischi per la salute, derivanti dalla presenza di una discarica di RSU, sono diverse: ESALAZIONI GASSOSE. É praticamente impossibile evitare l’emissione di gas ed esalazioni mefitiche dai siti di stoccaggio dei RSU. Possono derivarne nausea e altri disturbi, per gli abitanti residenti anche a circa 2 km in linea d’aria dalla discarica. La situazione diviene particolarmente grave nei mesi estivi quando i fenomeni putrefattivi e fermentativi sono molto più marcati e quando vi siano correnti eoliche ascendenti. Eventuali fenomeni combustivi peggiorano di molto i rischi, liberando sostanze tossiche e cancerogene. INQUINAMENTO DELLE FALDE ACQUIFERE. Il percolato prodotto dalla componente organica dei RSU (idratato dalle precipitazioni meteoriche) diventa particolarmente pericoloso anche per la presenza di metalli pesanti presenti nei rifiuti (mercurio, piombo, zinco, cadmio) che in tal modo vengono resi potenzialmente assimilabili dai sistemi biologici e dall’uomo. A questi va aggiunto un coacervo di sostanze organiche pericolose. La legge e la prassi impongono di impermeabilizzare le discariche con strati di argilla e di plastica; questa impermeabilizzante non garantisce tuttavia una tenuta per tempi indefiniti, pertanto una qualsiasi falla determina l’emissione di sostanze pericolose che, filtrando nel terreno, possono raggiungere falde acquifere, contaminandole, con i conseguenti rischi per la salute umana. CONTAMINAZIONE DA PERCOLATO. Nelle zone limitrofe alla discarica esiste la possibilità di efflusso di percolato per

nella nostra provincia Nel corso del 2009 nella sola provincia di Taranto, la Guardia di Finanza ha sequestrato 38 aree destinate a discariche abusive dove erano depositate 190.600 tonnellate di rifiuti speciali e/o pericolosi, denunziando 77 persone all’autorità giudiziaria. Da Ginosa a Torricella, la situazione è allarmante. Riguardo la raccolta differenziata, tutti i Comuni dell’arco ionico, ad eccezione di Monteparano, non hanno raggiunto l’obiettivo fissato dalla Regione Puglia per il 2010. Entro quest’anno, infatti, i ventinove territori tarantini avrebbero dovuto raccogliere in maniera differenziata almeno il 55% dei rifiuti. Ne consegue che tutti i Comuni che non hanno rispettato i tempi dovranno versare alla Regione un’eco-tassa più alta. Intanto nel mese di aprile 2010 è stata decisa la riapertura di un termovalorizzatore nel Comune di Taranto. Sono tutti segnali negativi delle politiche ambientali nel territorio jonico. tracimazione dal livello di impermeabilizzazione, nel caso di discariche ormai colme, oppure fuoriuscita dello stesso da falle dello strato di impermeabilizzazione. Esiste pertanto il rischio di un concomitante inquinamento di falde acquifere e dei terreni circostanti alla sede della discarica, oppure soltanto di questa seconda eventualità. I rischi per la salute derivano, in questo caso, sia dalla frequentazione dell’area circostante la discarica, sia dal possibile inquinamento di prodotti agricoli con la conseguente contaminazione della catena alimentare. INQUINAMENTO DA AUTOVEICOLI. Il transito di autoveicoli destinati al trasporto dei RSU (camion e autocompattatori) da e verso la discarica determina disagi e rischi per la salute ascrivibili a: Inquinamento acustico, maggiormente disturbante se notturno. Polvere (soprattutto nei periodi siccitosi successivi alle piogge, con sollevamento di polveri). Gas di scarico emesso dagli autoveicoli. Percolato sulle sedi stradali, da fuoriuscita dai mezzi di trasporto. PULLULAZIONE DI SPECIE PERICOLOSE. Comunemente alle discariche si associa una pullulazione di specie biologiche pericolose per la salute umana, sia direttamente (batteri e parassiti), sia per la presenza e la moltiplicazione di ospiti intermedi e vettori (ratti, gabbiani, insetti). Già uno studio su

scala europea (l’Eurohazcon, del 1998) ha evidenziato un significativo aumento del rischio di anomalie congenite non cromosomiche tra persone residenti entro 3 km dal sito di discarica. Anche se gli studi non sono conclusivi sul rapporto causa-effetto, anche per il gran numero di variabili in causa, è importante sottolineare che comunque si dovrebbero limitare l’incremento dei fattori di rischio. Per minimizzare l’impatto delle discariche sull’ambiente (aria, acqua, suolo e sottosuolo) e i rischi per la salute, durante l’intero “ciclo di vita” delle stesse è necessario limitare la quantità e la pericolosità dei rifiuti destinati alla discariche e attuare procedure adeguate di gestione e di controllo. Le politiche alternative Lo smaltimento dei RSU, attraverso le pratiche dell’incenerimento e del conferimento in discarica del talquale, appare inevitabilmente connesso con rischi per la salute umana, oltre che con costi elevati e pericoli di infiltrazioni malavitose. Il perseguimento delle politiche di riduzione della produzione dei RSU, unitamente al riutilizzo e recupero di materie prime seconde e al trattamento della frazione residua, permette di riportare questi metodi in un ambito di marginalità, coerentemente con le indicazioni della Comunità Europea, con un conseguente beneficio complessivo per la salute umana, il risparmio economico e la sicurezza sociale. n Obiettivo Salute 13


Il tumore del colon-retto Esistono dati in letteratura che hanno dimostrato come i soggetti residenti in aree industrializzate hanno un rischio maggiore per lo sviluppo di questo tipo di tumore che rappresenta la seconda causa di morte per malattie tumorali in Europa ed in Italia Di Marta Lucia Sabato A un mio parente di 45 anni è stato diagnosticato il cancro del colon-retto. E’ stato operato con urgenza. Quasi una corsa contro il tempo. La spia è stato il sangue nelle feci. Paura, paura, paura. Perché la parola cancro fa veramente paura. Per conoscere meglio questa patologia ne parliamo con Raffaele Annicchiarico, medico specialista in gastroenterologia all’ospedale SS. Annunziata di Taranto Cos’è il tumore colon-retto? Con il termine cancro del colon-retto (CRC) si fa riferimento ad un insieme di tumori che si localizzano nel colon, nel retto Quanto è diffuso? Rappresenta la seconda causa di morte per tumore in Europa ed in Italia. In Italia l’incidenza varia da 26 a 53 nuovi casi all’anno per 100mila abitanti a seconda delle regioni con un gradiente da nord a sud. L’andamento stimato dell’incidenza dal 1970 al 2006 mostra un costante incremento in tutti i Paesi europei. La mortalità è di circa 19mila decessi/anno C’è un’incidenza di età e di sesso? L’incidenza di CRC aumenta con l’età del soggetto. Raramente colpisce soggetti con età inferiore ai 50 anni. Casi di CRC in giovani adulti sono associati a condizioni di predisposizione familiare. La maggior incidenza si colloca tra la quinta e la settima decade di età. Mentre però il cancro del colon colpisce indifferentemente entrambi i sessi, per il cancro del retto si ha un rapporto maschi:femmine di circa 2:1.

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Tra le cause della malattia, ha una incidenza anche l’inquinamento ambientale? Esistono dati in letteratura che hanno dimostrato che i soggetti residenti in aree industrializzate hanno un rischio maggiore per lo sviluppo di CRC Chi può essere considerato soggetto a rischio? Diversi sono i fattori di rischio per l’insorgenza del CCR. Li elenco sinteticamente: • Età maggiore di 50 anni • Presenza di polipi del colon • Storia familiare di CCR • Poliposi familiare del colon (adenomatose e amartomatose): la presenza di parenti di 1° e 2° grado con poliposi adenomatosa familiare (FAP) aumenta il rischio di contrarre CRC • Sindrome ereditarie di CCR senza poliposi cancro colorettale ereditario non poliposico-HPNCC) • Fumo: i soggetti fumatori hanno una maggiore probabilità di morire per esiti di CRC rispetto ai soggetti non fumatori. Uno studio della American Cancer Society riporta che “donne fumatrici hanno una maggiore probabilità (40%) di morire per CRC rispetto alle donne non fumatrici. Analogamente, uomini fumatori hanno una maggiore probabilità (30%) di morire per CRC rispetto a uomini non fumatori”. • Dieta: l’alto contenuto di grassi e proteine nel regime alimentare aumenta l’insorgenza di CRC, in relazione al potere cancerogeno dei cataboliti proteici e del colesterolo. Altri studi confermano l’importanza del consumo di fibre e frutta come fattore di protezione. In particolare, le vitamine e gli antiossidanti della frutta, come la vitamina C, sono in grado di proteggere le cellule coliche dallo stress ossidativo. • Presenza di processi infiammatori cronici dell’intestino, come il morbo di

Crohn e la rettocolite ulcerosa. Circa l’1% dei pazienti con CRC ha una storia clinica di rettocolite ulcerosa. Il rischio di sviluppare CRC è direttamente connesso con la gravità del danno della mucosa intestinale e con l’estensione del processo infiammatorio. Il rischio di sviluppare CRC nei soggetti con il morbo di Crohn è minore rispetto ai soggetti con rettocolite ulcerosa. • Ormoni. Le differenze in merito all’incidenza e all’età di insorgenza tra maschi e femmine possono essere attribuite al diverso pattern ormonale tra i due sessi; in particolare, l’accento è stato posto sugli estrogeni. La presenza di dati contrastanti rende questi studi ancora poco affidabili. • Immunodeficienza (AIDS) • Presenza di tumore dell’endometrio, ovaio, mammella. Purtroppo, però, il 75 % di CCR insorge in modo sporadico, cioè nella popolazione generale, senza rischi particolari se non quello dell’età superiore ai 50 anni.

Qual è la tipologia di questo tumore? Tumori del colon retto possono presentarsi in forma vegetante (protrudono nel canale intestinale, come i polipi), ulcerati (frequente), infiltranti la mucosa (margini netti e poco rilevati, rari) e anulare stenosante (come un anello intorno alla mucosa intestinale). Dal punto di vista istologico il tipo

più diffuso è l’adenocarcinoma (95%). Sono rari i tumori di origine non epiteliale (sarcomi e linfomi). Possono esserci sintomi premonitori? I sintomi dipendono dallo stadio di malattia a dalla sede. I siti maggiormente colpiti da CRC sono rispettivamente il retto e il colon sigma. Inizialmente i sintomi possono essere sfumati e vaghi; può invece comparire precocemente l’anemia sideropenica, dovuta al sanguinamento cronico. Le localizzazioni a destra (i cui sintomi sono generalmente tardivi), portano alla perdita occulta di sangue a stillicidio, con astenia e calo ponderale; le localizzazioni a sinistra possono invece manifestarsi con sanguinamento visibile che raramente porta verso anemia. In questo caso, il cilindro fecale può presentarsi verniciato di sangue, elemento che pone problematiche in diagnosi differenziale con il sanguinamento da emorroidi. Analogamente, le alterazioni dell’alvo sono relative alla localizzazione del CRC; infatti, mentre per le localizzazioni a destra l’alvo tende ad essere tendenzialmente diarroico (deficit di assorbimento), nelle localizzazioni a sinistra si ha spesso stipsi. La stipsi può essere conseguenza sia di una ostruzione meccanica, sia del danno alle strutture nervose dovuto all’infiltrazione del tumore. Nelle forme localizzate al retto può esserci tenesmo e restringimento del calibro delle feci. Va sempre tenuto in considerazione che il dolore è un sintomo tardivo che testimonia l’invasione dei plessi nervosi da parte del tumore. Possiamo parlare di diagnosi precoce e di prevenzione? Il cancro colo rettale è un tumore altamente prevenibile. La riduzione dell’incidenza può essere attuata adottando precise strategie. Difficile è la prevenzione primaria (il cui obiettivo è l’identificazione e modificazione degli agenti eziologici ambientali) in quanto le insufficienti ed alquanto discordanti informazioni che provengono da studi epidemiologici e sperimentali, peraltro difficilmente trasferibili nella pratica, non permettono ancora di strutturare interventi mirati. Attualmente sono possibili generici consigli di igiene Obiettivo Salute 15


screening è già iniziato ma al momento sono interessati solo i familiari di I° grado di pazienti ai quali è stato diagnosticato un CCR.

alimentare. Importante è sicuramente la prevenzione secondaria che può essere attuata mediante la sorveglianza dei pazienti a rischio e la ricerca ed eliminazione di lesioni precancerose. A tal riguardo è fondamentale sottolineare alcuni importanti concetti:

• il 95% dei CCR si sviluppano da polipi adenomatosi • circa il 10% degli adenomi cancerizzano • occorrono mediamente circa 10 anni per sequenza polipo-cancro • prevalenza degli adenomi dopo i 50 anni: circa 25% • il 40% degli adenomi si localizza a monte della flessura splenica La prevenzione secondaria implica l’identificazione dei polipi adenomatosi e la loro rimozione endoscopica. E l’identificazione e l’asportazione endoscopica dei polipi adenomatosi interrompe la sequenza adenomacarcinoma: questa è la più efficace prevenzione del CCR. Studi multi16 Obiettivo Salute

centrici controllati permettono di affermare che l’asportazione di tutti gli adenomi riduce l’incidenza attesa di CCR dell’80-90%. A proposito di prevenzione, sono previsti screening così come avviene ad esempio con le mammografie periodiche per prevenire il tumore alla mammella? L’evoluzione del cancro del colonretto è lenta; per questo motivo, lo screening è uno strumento importante per la diagnosi precoce e per organizzare una migliore strategia terapeutica. Ciò nonostante, lo screening per il cancro del colon-retto è una procedura ancora poco diffusa. In Italia lo screening consiste nella ricerca del sangue occulto nelle feci. I soggetti, maschi e femmine, di età compresa tra i 50 e i 69 anni sono invitati dalla propria azienda sanitaria locale ad eseguire ogni 2 anni, con unico campione e senza restrizioni dietetiche, il test per la ricerca del sangue occulto. Se il test risulta positivo, si consiglia di eseguire ulteriori indagini (colonscopia o clisma opaco) per identificare la natura nel sanguinamento. Con la colonscopia vengono valutate le lesioni del colon, siano esse infiammatorie, polipoidi o neoplastiche maligne. Queste indagini, oltre a fornire informazioni sulla stato della mucosa e sulla morfologia delle lesioni, possono essere utili per prelevare frammenti di tessuto sospetto. In Puglia un programma di

Ho sentito parlare di endomicroscopio con laser confocale. Di cosa si tratta? L’endomicroscopio confocale laser è utilizzato per eseguire esami all’intestino (colonscopie), all’esofago e allo stomaco (gastroscopie). Funziona tramite una luce laser, proiettata direttamente sulle pareti da osservare, che rende fluorescente una sostanza iniettata per via endovenosa al paziente. E’ una metodica rivoluzionaria. Può focalizzare anche al di sotto della superficie e l’effetto complessivo è un ingrandimento fino a mille volte. L’apparecchio riunisce la tecnologia di un tradizionale endoscopio con quella di un microscopio di altissima precisione. Questa combinazione permette di riprodurre simultaneamente, su due monitor distinti, da un lato l’immagine delle pareti della parte di organo in osservazione, dall’altro quella dei vasi, del tessuto connettivo, delle singole cellule e della loro struttura, proprio come apparirebbero osservando un vetrino di una biopsia. E’ come fare un esame istologico in vivo: consente di sapere subito se una cellula è normale o è neoplastica. Si sa subito se un cancro c’è o non c’è. Alle persone che si sottopongono a colonscopia per screening, vale a dire senza particolari condizioni di rischio ma per controllo, può bastare un endoscopio tradizionale. Il discorso cambia invece nel caso di alcune malattie infiammatorie che implicano una possibile degenerazione verso il tumore. Nel nostro caso la colite ulcerosa. Come comportarsi nel periodo post-operatorio? In particolare, quali sono le terapie previste (chemioterapia, radioterapia, ecc.)? La chirurgia rappresenta il primo e più importante presidio terapeutico, con rimozione dei tessuti interessati con ampi margini di sezione provvedendo ad asportare il maggior


numero possibile di vie di drenaggio linfatico. Qualora non sia stato tecnicamente possibile la rimozione chirurgica dei linfonodi si può procedere con radioterapia mirata. La radioterapia pre-operatoria può essere utile per diminuire il diametro della massa addominale (debulking) e renderla resecabile con la chirurgia; può tuttavia essere utilizzata dopo l’intervento chirurgico per diminuire il tasso di recidiva. La chemioterapia rappresenta una terapia adiuvante ed in grado di diminuire il tasso di recidiva; in questi casi, il farmaco maggiormente utilizzato è il 5-fluorouracile, associabile con pemetrexed, raltitrexed, iridotecano ed oxaliplatino. Farmaci biologici di possibile utilizzazione sono l’erlotinib, gefitinib, bevacizumab e cetuximab. Quale l’evoluzione della malattia dopo l’intervento? Attualmente, con l’impiego dei programmi di screening, la neoplasia o le condizioni precancerose (polipi adenomatosi) vengono riconosciute

e diagnosticate precocemente, dando una sopravvivenza globale a 5 anni, dopo intervento chirurgico curativo, tra il 55% e il 75%. Tornando al caso di mio cugino, c’è qualcosa da consigliare ai suoi familiari in ordine alla prevenzione? I familiari di primo grado di pazienti con tumore colon-rettale presentano un rischio per questo tipo di tumore che è circa tre volte maggiore rispetto a quello di individui senza familiarità. E’ consigliabile, pertanto, suggerire un accertamento colonscopico - solitamente attorno ai 45-50 anni - a tutti i parenti di primo grado di pazienti che abbiano sviluppato tu-

mori del grosso intestino apparentemente sporadici. Nel caso specifico, essendo stato diagnosticato prima dei 50 anni di età, è bene che la colonscopia nei soggetti interessati sia effettuata a partire dai 35 anni (10 anni in meno rispetto al caso indice). n

Si ringrazia la Casa di Cura “Villa Verde” per aver contribuito alla realizzazione di questo giornale

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CULTURA SANITARIA

ipertensione

come combatterla Un problema che riguarda oltre 15 milioni di italiani e chiama in causa i nostri stili di vita di Gianfranco Orbello

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Oltre 15 milioni di persone in Italia ed almeno 50 milioni negli USA sono affetti da ipertensione arteriosa e l’incidenza aumenterà del 60% nel 2025 non soltanto per l’aumento della vita media ma anche per il devastante aumento dell’obesità e del diabete. La pressione arteriosa (P.A.) ottimale prevede una sistolica o massima non superiore a 120 mmHg ed una diastolica o minima non superiore ad 80mmHg, così come si parla di I.A. di grado lieve, moderato e severo e di I.A. sistolica

isolata. L’I.A. è il principale fattore di rischio modificabile per malattie cardiovascolari (la prima causa di morte in Occidente), per ictus (la terza causa di morte), per scompenso cardiaco, insufficienza renale terminale e arteriopatie periferiche. Alcune linee guida privilegiano la valutazione dell’I.A. ed il trattamento, basato su un sistema di quantificazione del rischio cardiovascolare composito, più che sulla valutazione della sola P.A.

L’ereditarietà incide per il 35% e si continuano a ricercare geni correlati al riassorbimento del sodio. La dieta iposodica È possibile altresì quantificare l’effetto antipertensivo indotto da una dieta iposodica. Per ogni riduzione di 3 grammi al giorno di cloruro di sodio (sale da cucina), si è osservato una caduta della P.A. sistolica e diastolica di 2,5/1,4mmHg rispettivamente, ed una riduzione di incidenza di ictus e malattia coronaria del 12 e del 9% rispettivamente. Sotto la spinta dell’uso di cibi con conservanti e di un gusto per il sale culturalmente acquisito, consumiamo anche 30 grammi di sale al giorno, quanto non dovremmo superare i 6 grammi, corrispondenti a 2 grammi di sodio, contenuti in un etto di prosciutto. L’aderenza alla dieta iposodica può essere valutata almeno una volta l’anno nell’iperteso e più frequentemente nel neuropatico, mediante la misurazione dell’escrezione del sodio nelle 24 ore. In condizioni cliniche e terapeutiche standard, l’introito di sale in grammi può essere stimato dividendo l’escrezione giornaliera di sodio per 17. Le abitudini di vita Tutti i pazienti con P.A. maggiore o uguale a 140/90 richiedono una terapia farmacologia, ma allo stesso tempo si raccomanda di modificare le abitudini di vita: abolire il fumo e l’alcool, ridurre il peso ed il sale, praticare esercizio fisico e tecniche di rilassamento per ridurre lo stress. Se siamo di fronte a pazienti diabetici, nefropatici o cardiopatici, è neces-

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saria sin dall’inizio, una terapia antipertensiva di associazione e quindi più energica. Conviene avere come obiettivo il peso ideale che si ottiene moltiplicando 25 per il quadrato della propria altezza espressa in metri, e così, un individuo alto 1,70 cm. non deve superare 72 Kg. Fa specie vedere in ambulatorio pazienti, prevalentemente diabetici, che assumono fino a 15 farmaci al giorno. In Italia consumiamo 52 milioni di compresse, quasi 1 compressa al giorno per persona. Il mio obiettivo in ambulatorio è ridurre almeno un farmaco spendendo qualche parola in più sulla dieta. Si può persino ridurre un diuretico e magari l’antiuricosurico nello scompenso cardiaco, se si riduce l’introito di liquidi, di sale e si controlla il peso giornalmente. Lo stress Il fattore più noto anche ai profani come possibile causa di I.A. è lo stress. Non può essere quantizzabile come la maggior parte delle altre variabili, ma ciò non significa che non sia altrettanto importante. Già un dolore acuto, un calcolo matematico, la paura di volare possono provocare un transitorio aumento della P.A. L’ansia e l’effetto ‘camice bianco’ sono suscettibili anche di importanti aumenti pressori ed ancora più evidenti nei soggetti in sovrappeso. Circa 30 anni fa, un’indagine in 11 scuole materne comunali di Taranto, condotta tra gli altri, dal sottoscritto, mise in evidenza che bambini in sovrappeso erano più suscettibili dei normopeso a ‘momenti’ di ipertensione. E’ necessaria il più delle volte, la confidenza con la misurazione della P.A. e con l’apparecchio rilevatore. Così come, bisogna convenire, che la P.A. in uno stesso soggetto può variare se misurata in momenti diversi e da diversi operatori. I danni alle arterie L’I.A. danneggia le arterie che diventano meno elastiche. Si chiama aeteriosclerosi l’indurimento delle arterie, più evidente negli anziani e nelle arterie più grosse, e aterosclerosi la formazione di una placca all’interno delle pareti per accumulo di colesterolo. Quest’ultimo evento può avvenire in ogni parte del corpo e, restringendo il lume dei vasi,

può ridurre il flusso di sangue ed ossigeno ai cosiddetti organi bersaglio: cuore, reni, cervello, occhi, estremità. La P.A. elevata può indebolire e sfiancare le arterie e provocare nel tempo un aneurisma che può rompersi e causare emorragie anche mortali. E’ necessario consultare rapidamente il medico in caso di dolore al petto, alle spalle, alla mandibola; in caso di fiato corto, tosse persistente, caviglie gonfie, ritenzione di liquidi, crampi muscolari, minzione notturna, stanchezza, mancanza di appetito e in caso di disturbi visivi, del linguaggio, del coordinamento dei movimenti. Ipertensione primitiva e secondaria L’I.A. è generalmente primitiva. Soltanto il 5-10% delle II.AA. sono forme secondarie e tra le più comuni cause sono le stenosi dell’arteria renale mono o bilaterali del giovane o dell’anziano dovute generalmente ad ateromi o displasie e in rari casi, a compressione dall’esterno per tumori e fibromi. Rari tumori possono colpire le ghiandole surrenali e causare ipertensione. Un accenno particolare poi, va alle II.AA secondarie iatrogene: dalle creme dermatologiche e spray nasali al cortisone, ai contraccettivi, alla liquirizia, che determina ipertensione per ritenzione di sodio ed acqua. L’I.A. primitiva è definita il più delle volte essenziale perché non se ne riconosce la causa anche se possono essere evocate interazioni genetiche ed ambientali. L’I.A. è stata definita il killer silenzioso, perché nella maggior parte dei casi è asintomatica. Vari fattori possono pregiudicare la prognosi di un soggetto iperteso: il diabete, l’obesità, l’alcool, il fumo di sigaretta, la sedentarietà, ecc. In Puglia l’I.A. supera la media nazionale, come per l’obesità, i casi di infarto ed ictus. Medicina psicosomatica Se il sangue è il prototipo dell’energia che scorre dentro di noi ed i vasi sanguigni i canali in cui circola, le emozioni dell’iperteso (dal latino emo=sangue, (a)zione=agere) sono relegate in modo prorompente nel sangue e nei rigidi contenitori: i vasi. L’iperteso non riesce a dare elasticità

ai propri vasi perché non sa essere egli stesso elastico, duttile; reprime costantemente i propri impulsi aggressivi. Occorre fornirgli allora quanti più presidii ‘cuscinetto’, quali: stili di vita migliori, una opportuna dieta, una regolare attività fisica, il riposo, il rilassamento, le distrazioni. Tutto ciò induce un’attivazione del sistema immunitario, la stimolazione del metabolismo, una migliore ossigenazione, la risoluzione della placca, la distensione del circuito. Medicina alternativa Fitoterapia. Il 15% degli italiani fa uso di prodotti erboristici. Tra le piante più utili per l’iperteso cito le foglie dell’ulivo e le compresse di aglio, associate magari ad un buon infuso di biancospino. Se l’uomo ritornasse ad una vita in armonia con se stesso, con gli alimenti e con l’ambiente, la forza risanatrice della Natura, l’Energia Vitale, sarebbe da sola sufficiente a conferirgli Salute, ma questa vuole però: alimenti naturali, integrali, biologici, senza fertilizzanti, pesticidi, conservanti e coloranti, l’esaltazione dei 5 sensi mediante il crudismo, una quotidiana attività fisica, un ambiente sano, una serenità emotiva. Dieta mediterranea. Per gli scienziati di tutto il mondo la Dieta Mediterranea riduce le patologie degenerative, vascolari ed i tumori, ma bisogna più propriamente rifarsi alla parca dieta dei nostri nonni, ai consumi dell’Italia meridionale degli anni 60, riducendo le proteine animali ad un terzo dell’apporto complessivo proteico, realizzando oltremodo, la dieta davvero equilibrata, non degli apporti nutrizionali classici, ma della composizione acido-basica degli alimenti. La meditazione 30 anni di studi confermano che chi pratica regolarmente la meditazione ha un miglior controllo dello stress. La meditazione attiva il sistema immunitario, stimola il metabolismo, riduce il battito cardiaco, il dolore ed è perfino capace di ridurre la placca aterosclerotica carotidea. Tutte le terapie dolci quali il training autogeno, lo yoga, il tai chi, ecc. possono essere provate con risultati davvero sorprendenti. n Obiettivo Salute 19


Un cucciolo

in casa

Le cosa da fare per garantire una corretta convivenza fra voi e il nuovo arrivato di Mimmo De Vita

L

La primavera è alle porte. I cuccioli, che molti hanno messo sotto l’albero di Natale per i propri bambini o per se stessi, stanno crescendo. A ferragosto avranno circa otto mesi, saranno diventati grandi, le vacanze estive incombono e….”come facciamo con il cane”? Però ora un passo indietro: parliamo dei nuovi componenti delle nostre famiglie. Che fare con il cucciolo appena arrivato? Entriamo in argomento con un elenco: escludete la presenza di possibili malattie trasmissibili all’uomo; escludete la presenza di malattie del cucciolo che potrebbero essere pericolose per la sua salute; procedete con le profilassi vaccinali di routine per evitare che si ammali successivamente; iniziate una dieta appropriata;

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educatelo nel modo corretto;

iscrivetelo all’anagrafe canina regionale e fategli applicare il microchip di riconoscimento. Non vi fate spaventare dalle apparentemente tante cose da fare. Molte di esse si possono fare contemporaneamente ed è possibile depennarle già dopo la prima visita dal vostro Medico Veterinario di fiducia, che come si può intuire, è la prima persona che dovete contattare. Cominciamo ad esaminarle nel dettaglio. 1 - Le malattie trasmissibili Non sono molte le malattie trasmissibili dai cuccioli all’uomo (zoonosi). Le più frequenti le possiamo contare con una sola mano e compito del Medico Veterinario è prima di tutto quello di tutelare la salute umana. In genere quelle che vedo più frequentemente nella mia attività profes-

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sionale sono malattie che riguardano la pelle sia degli animali che dell’uomo e mi riferisco in particolare alle dermatofitosi (più note come funghi) e alle malattie da ectoparassiti (le cosiddette rogne). Accanto a queste devo menzionare anche le endoparassitosi (i vermi) che in alcuni casi possono essere trasmessi per via orale laddove ci dovesse essere disattenzione nei confronti dell’igiene personale. Naturalmente non tutti i cuccioli hanno questi problemi, la maggior parte di loro ne è anzi esente. Tuttavia una visita veterinaria accurata comprendente un esame delle feci potrà facilmente escluderne la presenza. In caso contrario niente panico: sono tutte patologie facilmente curabili in modo definitivo che richiedono solo un po’ di pazienza e di tempo nelle settimane successive. 2 – Le malattie del cucciolo Diverso può essere il discorso per quello che riguarda le malattie che possono colpire esclusivamente il cucciolo. In questo caso ce ne sono alcune difficilmente curabili e sono quelle per le quali esiste per fortuna la prevenzione vaccinale, ma non una specifica terapia, essendo malattie virali. Se il cucciolo dovesse contrarre il cimurro, la parvovirosi (gastroenterite virale) o l’epatite di Rubarth, ahimè le possibilità di salvarlo sono poche in quanto il tasso di mortalità è molto elevato. Altre malattie meno gravi possono essere riconosciute e curate prontamente con farmaci e dosi adeguate al peso e all’età del vostro cucciolo. Una raccomandazione: non usate mai gli stessi farmaci che avete usato per voi stessi se non espressamente consigliati per emergenza dal Medico Veterinario e soprattutto non ricorrete agli antibiotici se non assolutamente necessario.

3 – Le vaccinazioni A otto settimane di età sarà possibile iniziare a fare le vaccinazioni necessarie - il cui protocollo può variare a seconda delle preferenze del Medico Veterinario per quello che riguarda i tempi e la sequenza - che proteggeranno il cucciolo nei confronti delle più importanti e gravi malattie infettive. 4 – La dieta La dieta di ogni individuo è fondamentale per un corretto e armonico sviluppo dell’organismo. Così anche la dieta di un cucciolo gioca un ruolo fondamentale nella sua crescita. All’età di 50-60 giorni un animale è già svezzato e può quindi essere alimentato con cibi solidi. Il dubbio a questo punto è il seguente: cibo casalingo o cibo industriale ? Sgombro subito il campo e dico che la mia scelta ricade sul secondo. Una dieta corretta deve tener conto delle esigenze specifiche di ogni animale, in funzione della sua età, delle sue dimensioni e delle sue necessità in termini calorici giornalieri. Calcolare il giusto mix di componenti da somministrare al proprio cucciolo utilizzando gli alimenti di casa (carne, riso, pasta, verdure, sali minerali, vitamine ecc.) è oltre che dispendioso in termini di tempo, molto difficile da fare in modo accurato e preciso: quante calorie necessita un cucciolo in 24 ore? E quante ve ne sono in cento grammi di riso o di carne di pollo o di pesce? Non parliamo poi dei fabbisogni vitaminici e in oligoelementi… Lasciate perdere, utilizzate alimenti confezionati di buona qualità, in cui il produttore ha effettuato questi calcoli per voi. Somministrate al vostro animale quanto previsto per età e peso e gli darete quanto gli serve, non di più né di meno.


Il vostro Medico Veterinario saprà consigliarvi al meglio. 5 – L’educazione del cucciolo Altro punto fondamentale è l’educazione del cucciolo: da come vi comporterete con lui nei primi mesi della vostra vita insieme, dipenderà una convivenza lunga e felice. Gli dovrete insegnare tutto: dove sporcare e come andare a spasso, dove dormire (non sui letti con voi…) e non abbaiare quando non possono, non essere aggressivo nei confronti di nessuno (uomini e animali) e non distruggervi la casa quando siete assenti. E molto altro ancora… Sembra un compito difficile eppure con un po’ di attenzione e applicazione ci si riesce in poche settimane. Naturalmente l’aiuto di un esperto e dei suoi consigli potrà essere di enorme aiuto, specialmente se siete al vostro primo cane. Vi rimando perciò, anche in questo caso, a chiedere informazioni al vostro medico di fiducia e/o a leggere il documento predisposto dal Ministero della

Salute in collaborazione con la FNOVI ( Federazione Nazionale Ordini Veterinari Italiani) e presente al seguente indirizzo internet, dove potrete anche scaricarlo: http://www.ministerosalute.it/ imgs/C_17_primopianoNuovo_252_documenti_itemDocumenti_1_fileDocumento.pdf 6 – Gli adempimenti burocratici Uno sguardo infine agli adempimenti burocratici e/o legali che il possesso di un cane comporta, sgombrando immediatamente il campo da quella che è ormai diventata solo una credenza popolare: la tassa sul cane. Non esiste, non si paga alcuna tassa di nessun genere. Vi è l’obbligo di iscrivere l’animale all’Anagrafe Canina Regionale, e questo comporta l’applicazione di un numero di identificazione (l’analogo della targa per le automobili) che non è più come un tempo rappresentato dal tatuaggio, ma da un piccolo microchip. Viene inserito tramite un applicatore appropriato sotto la cute nello spazio

tra il collo e la spalla sinistra con una procedura minimamente invasiva di cui la maggior parte dei cuccioli nemmeno si accorge. L’operazione viene svolta, nella nostra regione, dagli addetti del Servizio Veterinario delle ASL al solo costo del chip stesso oppure da Medici Veterinari liberi professionisti autorizzati (che provvederanno anche alle incombenze burocratiche vere e proprie) ad un costo maggiorato. E questa è la sola spesa relativa che sosterrete dal punto di vista legale. Naturalmente quando il cane potrà cominciare ad essere portato a passeggio dovrete dotarvi di paletta ecologica (e usarla...) per raccogliere le sue deiezioni, dovrete condurlo al guinzaglio (che non dovrà essere del tipo estensibile e non più lungo di mt. 1,5) e dovrete avere con voi una museruola, che il vostro animale non dovrà sempre indossare, ma solo quando ce ne sarà bisogno. E mi raccomando, l’estate si avvicina…! n

Sede direzionale e stabilimento di Produzione: Via S. Giovanni - Zona Industriale 74027 S. Giogio Jonico (Ta) Tel. 099 592 77 61 Fax. 099 591 98 65 email: info@ortopediatombolini.it web: www.ortopediatombolini.it FILIALE IN TARANTO Via Minniti ang. Via Oberdan Tel. 099 452 78 70 taranto@ortopediatombolini.it

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Si ringrazia la ditta “Tombolini” per aver contribuito alla realizzazione di questo giornale

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Teatro

Arie d’opera nella commedia dialettale L’introduzione della lirica nella commedia dialettale tarantina è la vera novità del nuovo lavoro teatrale messo in scena dalla compagnia teatrale ‘I Fliaci’ in prima assoluta lo scorso 8 aprile all’Orfeo di Marcello De Stefano Come altre commedie dialettali, ‘’U muerte abbevesciute’ non sviluppa una vera e propria trama ma offre piuttosto, in chiave comica, uno spaccato di vita familiare e di un angolo del nostro territorio. Nella nuova commedia di Lino Conte, rappresentata in prima assoluta al teatro Orfeo lo scorso 8 aprile, le due ore di spettacolo si svolgono all’interno di una famiglia abitante a Taranto in ‘via della sfortuna 17’. Ma non si può dire propriamente una famiglia sfortunata. Anzi! Coi genitori e i tre figli abita l’arzillo nonnetto – brillantemente interpretato dallo stesso autore – che per i suoi problemi di udito capisce sempre ‘fischi per fiaschi’. Figura molto azzeccata è poi quella della ‘comare’ che, in quanto tale, si sente parte della famiglia - pur senza esserlo - inserendosi in modo spesso inopportuno nelle vicende familiari sia liete che tristi. Insomma, una vera ‘impicciona’. La sfortuna arriva quando il capofamiglia, accusando un malore, si trova in fin di vita fino a morire. Ma a sorpresa la scena di lutto si trasforma in un grido di gioia: si era trattato di uno di quei rari casi di morte apparente che fa risvegliare dal sonno il protagonista. Buon motivo, comunque, per dare spazio a situazioni tragi-comiche fra cui spicca l’esilarante figura di un agente di pompe funebri, che nelle movenze ricorda certe intramontabili macchiette del ‘principe della risata’, in arte Totò. La malattia del padre non aveva però impedito al figlio Salvatore di perseguire il suo sogno di partecipare a un concorso nazionale di ‘Voci nuove’. Ed è questa la circostanza per introdurre nella commedia il vero elemento di novità: 22 Obiettivo Salute

la musica lirica. Nel cast degli attori figurano così due bravi e promettenti cantanti tarantini: Gianluca Ferrarese, tenore (nelle vesti del figlio Salvatore) e il soprano Giulia Petruzzi che interpreta la parte della sua insegnante di musica. Così Salvatore si presenta al concorso di ‘Voci nuove’ interpretando in maniera elegante la celebre aria di Puccini ‘Nessun dorma’, conclusa in un riuscito duetto con la Petruzzi. Siamo abituati a vedere recitare i cantanti lirici nelle opere, o ad ascoltarli in qualche recital. Non siamo per niente abituati invece a sentirli nel contesto di una commedia comica dialettale. Questa riuscita operazione rappresenta la vera novità introdotta dalla compagnia ‘I Fliaci’. Un felice connubio che può ispirare nuovi (e auspicabili!) sviluppi per portare sullo stesso

palcoscenico non solo attori comici ma anche talenti musicali di cui è ricco il nostro territorio. La commedia prosegue e il padre, tornato a nuova vita, potrà gustare in televisione il successo del figlio Salvatore, classificatosi al 2° posto nel concorso di ‘Voci nuove’. Altra occasione per un nuovo duetto fra i due cantanti lirici. Un nuovo intermezzo musicale che ben si amalgama nel contesto della commedia. Anche per questo, e non solo per le risate assicurate, ‘’U muerte abbevesciute’ è una commedia da non perdere in una prossima riproposizione. n

Così è… se vi pare ‘Nessun dorma’ - la celebre aria di Puccini cantata da Gianluca Ferrarese nella commedia dialettale ‘U muerte abbevesciute’ - è inserita nell’album ‘Così è… se vi pare’ inciso a Taranto presso ‘Ciao recording Studio’ e distribuito da ‘Musica è prodution’. Negli 11 brani scelti, il cantante tarantino si cimenta, oltre che con la lirica, anche con celebri canzoni di musica leggera che richiedono particolari doti vocali. Uno stridìo di gabbiani e il fischio di un bastimento introducono una riuscita interpretazione di ‘Caruso’. Gianluca prosegue confrontandosi con il top della musica leggera italiana (Battisti:‘E penso a te’; Mina: ‘La voce del silenzio’) superando brillantemente la prova, fino a spaziare nella musica internazionale con ‘My way’, resa celebre da Frank Sinatra. Nulla da invidiare rispetto a quanto ascoltiamo in programmi televisivi costruiti per promuovere e ‘lanciare’ nuovi talenti. Se le nostre tv locali, prendendo spunto da quelle nazionali, si impegnassero di più nel far conoscere e promuovere i nostri talenti locali, farebbero un buon servizio ai nostri giovani e anche a noi ascoltatori.


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