Spqr Sport n. 5 - 2012

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I GIOCHI DI LONDRA 2012 Gianni Alemanno, Sindaco di Roma Capitale

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nche nei mesi estivi gli appassionati di sport trovano in Roma una grande alleata. Superato un periodo molto importante per tutta la città, che ha applaudito le prestazione di campioni come Bolt e Nadal tornati al Foro Italico per gareggiare nelle rispettive competizioni internazionali, infatti, la Capitale non si ferma neanche di fronte al caldo e propone a coloro che resteranno in città nei mesi di luglio e agosto appuntamenti esclusivi e graditi ritorni. Ognuno di questi sarà ovviamente un evento da non perdere e a cui l’Amministrazione capitolina riserva ogni anno un’attenzione particolare per la grande capacità di creare un virtuoso circuito di intrattenimento estivo. Palestre a cielo aperto in città e grandi giornate di sport che coinvolgeranno il nostro litorale si susseguiranno fino a settembre, con l’obiettivo di far vincere il divertimento e di contribuire a far conoscere e divulgare alcune discipline considerate a torto minori e che sono certo sapranno accontentare anche gli sportivi più esigenti e pretenziosi. E mentre gli agonisti, i non agonisti, gli appassionati e i semplici curiosi si diletteranno per le vie di Roma, il nostro pensiero e il nostro tifo più forte saranno tutti per gli atleti azzurri impegnati a Londra per i Giochi Olimpici e Paralimpici. Sono molti i romani che fanno parte della Nazionale Italiana e li sosterremo da qui con convinzione e tante aspettative. Tifiamo per loro: siamo certi che sapranno regalarci importanti soddisfazioni e riporteranno il tricolore a sventolare sulle alte vette del mondo. A tutti loro un grande in bocca al lupo dalla Capitale. A chi resterà e si metterà in gioco invece, anche quest’anno auguriamo un buon divertimento. E complimenti, perché la passione e la voglia di sport che dimostrate in ogni occasione rappresentano per noi un indiscusso fiore all’occhiello, che vogliamo continuare a valorizzare con convinzione.


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Uno scatto che ferma una storia. Un’immagine che ha il potere di regalare un momento alla leggenda e suscitare emozioni. Istanti che rimangono impressi nella pellicola e nell’anima. Senza bisogno di alcuna spiegazione.

2012 - BANYOLES, SPAGNA - COPPA DEL MONDO INTERNATIONAL TRIATHLON UNION, LE DONNE SULLA LINEA DI PARTENZA SUL LAGO BANYOLES PER LA SESSIONE DI NUOTO

2012- LISBONA, PORTOGALLO - IL SAILING TEAM GROUPAMA DURANTE L’OTTAVA TAPPA DELLA VOLVO OCEAN RACE


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2012 - POZNAN, POLONIA - GIANLUIGI BUFFON SI DISSETA DURANTE UNA GARA

2012 - WINDERMERE, INGHILTERRA - IL TEDOFORO STEPHANIE BOOTH PORTA LA TORCIA SUL LAGO WINDERMERE PER LA 34MA TAPPA DI 70 DEL LUNGO VIAGGIO DI 8.000 MIGLIA


2012 - HAIYANG, CINA - JUIEN BREISTROFF DURANTE LA COMPETIZIONE DI WAKEBOARD DEGLI ASIAN BEACH GAMES 2012 - SOPOT, POLONIA - UN UOMO CON LE SCARPE IDRO VOLA SOPRA L'ACQUA IN UNA SPIAGGIA SUL MAR BALTICO 2012 - VIGO, SPAGNA - IL PRIMO TORNEO DI NUOTO “BATALLA DE RANDE” 27 KM IN ACQUE LIBERE TENUTASI A BAO BEACH

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2012 - ROMA, ITALIA - UNO SCATTO DEL PASSAGGIO NELLA FOSSA DEL 3000 SIEPI DURANTE IL GOLDEN GALA 2012 - LONDRA, INGHILTERRA - UNA PROIEZIONE DEL LOGO LONDRA 2012 OLIMPICA VIENE MOSTRATO SULLA TORRE LONDON BRIDGE


L’ESTATE, L’ACQUA di Roberto REAN CONT Sales Manager - Sport Getty Images

rriva “la bella stagione” e i Grandi Eventi si rincorrono in Italia e nel mondo. Abbiamo assistito agli appuntamenti romani, poi agli Europei ed ora stiamo per vivere una straordinaria edizione dell’Olimpiade a Londra. La primavera, l’estate con il risveglio di tante attività che connotano lo sport di base e quello di vertice. Per questa rubrica che “apre” la rivista di Roma Capitale, abbiamo pensato a un comune denominatore di questa parte dell’anno così densa di attività sportive: abbiamo pensato all’acqua nei suoi tanti utilizzi. L’acqua che il portiere italiano Buffon beve durante una gara all’Europeo e l’acqua come campo di gara, l’acqua sfondo di panorami suggestivi, come nel caso del Tamigi con il logo di Londra 2012 sul London Bridge e l’acqua che disegna ogni volta in modo diverso il volto di un atleta come nel caso della bravissima e bellissima Federica Pellegrini. E l’acqua che contribuisce, in modo diverso ogni ora della giornata, a rendere ancor più suggestivi gli scatti dei nostri fotografi. Fotografi che saranno impegnati in tanti nella prossima Olimpiade di Londra. Diamo appuntamento, quindi, sulle pagine della rivista SPQR SPORT al prossimo numero, inevitabilmente, speciale a cinque cerchi.

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2012 - ROMA, ITALIA - FEDERICA PELLEGRINI VINCITRICE NEI 200M FEMMINILI DEL TROFEO SETTE COLLI, TENUTOSI AL FORO ITALICO

2012 - CORINTO, GRECIA - CORSA DI JET SKI ATTRAVERSO IL CANALE DI CORINTO, CHE ATTRAVERSA L’ISTMO, IL TRATTO DI TERRA CHE UNISCE IL PELOPONNESO ALLA GRECIA

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NUMEROQUATTROONUMEROUNO NUMEROCINQUE

A primavera e in estate lo sport sboccia tra Grandi Eventi e un anno caratterizzato anche dall’Europeo di calcio e dall’Olimpiade di Londra. Anche la nostra rivista, insieme al numero ordinario che state sfogliando, uscirà con due speciali: uno proprio sull’Olimpiade, con il programma di gara, i volti dei grandi campioni che scenderanno in campo, in pista, in vasca; il tutto accompagnato da servizi di approfondimento e di carattere storico, caratteristica del nostro modo di fare rivista. In uscita anche uno speciale che aiuterà il cittadino a districarsi nell’offerta sportiva di Roma Capitale. Si affronterà il tema dell’impiantistica sportiva nella Capitale e del suo Piano Regolatore che i romani da anni attendono. Grazie, come è noto, al lavoro di questa Amministrazione il primo concreto passo è stato, dopo anni di attesa, finalmente compiuto con un mappaggio di tutte le strutture presenti a Roma con lo scopo di offrire un valido strumento di consultazione alla gente e di pianificare gli interventi del futuro affinché l’offerta sportiva a Roma non sia più a macchia di leopardo.

SPQR SPORT SOMMARIO

Edi to ria le

LA COPERTINA di SPQR SPORT Rivista ufficiale Roma Capitale, Dipartimento Sport

Mensile di informazione a distribuzione gratuita Reg. Trib. di Roma n. 21 del 27-01-10 IN PRIMA, gli allenatori che hanno vin-

Anno III to all’estero nella stagione 2011-’12 Numero 5

Editore Alfacomunicazione Srl Via del Giuba, 9 - 00199 Roma Direttore Responsabile Fabio Argentini Redazione Via C. Bavastro, 94 - 00154 Roma Tel. 06 671070333 Fax. 06 671070332 redazione@spqrsport.it grafica@spqrsport.it commerciale@spqrsport.it Art Director Alberto Brunella Stampa Stab. Tipolitografico Ugo Quintily SPA - Roma DIFFUSIONE. La rivista è distribuita nel corso degli eventi sportivi a Roma, per via postale e free press in tutte le piazze più importanti dei 19 municipi romani (l’elenco su www.spqrsport.it ). Per ritirare una copia è anche possibile contattare il numero 06.6710.70315 (Dipartimento Sport).

11. Il saluto del Delegato alle Politiche Sportive 12. Quando l’Olimpiade si celebra in una scuola 14. Allenatori, verso un nuovo Made in Italy 22. Intervista a Paolo Di Canio 28 Roma: i mondiali di Pentathlon Moderno 32. Memorial Massimiliano Parsi 34. Intervista a Valentina Vezzali 44. Dossier: i portabandiera azzurri alle Olimpiadi 46. 1927, lì dove nacque l’A.S. Roma 51. Coreografie 56. Gianni Golini e la traversata della Manica 60. Un defibrillatore a Ponte di Nona 62. Istituzioni: Giulio Pelonzi 64. Un film su Re Cecconi 72. Mestieri: il cappellaio nell’ippica 80. Nel regno di Ascot 86. Rugby, Torneo Brucato 90. I poli romani dell’Atletica Leggera 94. La palestra del Campo Artiglio 96. Circoli Canottieri Storici: la Roma 102. Junior Club, il torneo del Corriere dello Sport-Stadio 104. Dossier: gli sport di mare 120. Viaggio nei municipi: il tredicesimo 124. Sport ai raggi X: il pugilato 129. Società dilettantistiche: l’Arvalia 131. News 162. Photogallery Old

spq ort a più antica pubblicazione, ad oggi conosciuta, riguardante la storia della Roma, venne pubblicata nel settembre del 1928 a cura dell’Ufficio Stampa e Propaganda dell’AS Roma. Si trattava di un agile opuscolo di 25 pagine 2, stampato dalla Tipografia Poliglotta L’Universale, in vista dell’inizio del torneo calcistico 1928/29 e si occupava di ricostruire le origini delle Società che fondendosi avevano dato vita alla Roma, presentando inoltre una breve panoramica delle attività sociali e degli uomini che animavano i quadri tecnici della neonata giallorossa. Questa pubblicazione, non riportava però la data di fondazione della Società, né quella della prima gara (anche se veniva ricordato che questo evento si era consumato contro gli ungheresi dell’Ute). Fra il novembre 1953 e l’aprile 1954, edito della Casa Editrice Olimpia, Ezio Saini firmava i 20 fascicoli settimanali de: “La Storia illustrata della Roma“. L’opera, forte di 512 pagine, era, fino a quel momento, il più ambizioso tentativo di ricostruire la storia della Roma dalle origini sino alle ultime vicende sportive. Saini, che era anche riuscito ad ottenere una prefazione del Presidente Sacerdoti, aveva anche avuto accesso agli archivi sociali. A pagina 11 dell’opera di Saini, si poteva chiaramente leggere che la Roma era nata nel giugno del 1927, ma l’autore, purtroppo, non specificava il giorno. A pagina 17 del medesimo fascicolo, Saini pubblicava inoltre la riproduzione dell’Ordine del giorno numero 1 della società giallorossa, datato 22 luglio 1927. Il documento, all’epoca quasi sicuramente conservato nella sede sociale di Via del Quirinale 21 o messo a disposizione da uno dei molti dirigenti che permanevano nei ranghi sociali dal 1927 (come Renato Sacerdoti, Piero e Giorgio Crostarosa, Renato Turchi, Cesare Pajella e Vincenzo Biancone), era correttamente presentato da Saini come un documento dattiloscritto che fissava: “La distribuzione delle cariche sociali ”. L’opera di Saini era (e lo è tutt’ora) un punto di riferimento imprescindibile nella Bibliografia dedicata alla AS Roma, purtroppo alcuni di quelli che la adottarono come punto di partenza delle proprie ricerche dimostrò di non saperla leggere correttamente. Ecco dunque che, quando nel 1967 Gianni Lazotti pubblica per l’Editrice Italiana Roma, il suo “I 40 anni della Roma 5”, riproduce l’Ordine del giorno numero 1, pubblicato da Saini quattordici anni prima, presentandolo come l’atto di nascita della AS Roma. Il suo racconto partito da un travisamento, veniva infarcito di arbitrarie e mendaci ricostruzioni, che lasciavano intendere come il giorno 22 luglio. in Via Uffici del Vicario (prima sede della Roma, dove venne materialmente realizzato l’ordine del giorno numero 1), si fosse tenuta una riunione culminata nella fusione delle tre società calcistiche capitoline, con tanto di brindisi finale. A questo punto, falsamente individuata una data di nascita, la verità venne ancor più occultata con una

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In collaborazione con Ufficio Stampa Campidoglio di Massimo IZZI

Renzo, Federico Farcomeni, Giovanna Ianniello, Massimo Izzi, Giovanni Malagò, Maurizio Martucci, Luca Montebelli, Luigi Panella, Federico Pasquali, Roberta Pedini, Pasquale Polo, Alessio Punzi, Andrea Roberti, Silio Rossi, Caterina Vagnozzi

Dipartimento Sport Cristina Contini, Saverio Fagiani, Maria Iezzi, Rodolfo Roberti Dove poteva vedere la luce se non nell’abitazione privata di Italo Foschi, il fondatore? Dopo lunghe ricerche e documentazioni, che certificano la sede di dove tutto ebbe inizio in Via Forlì 16, la Società giallorossa ha ufficialmente fatto richiesta per il posizionamento di una targa commemorativa

ulteriore falsificazione. Reperito, probabilmente negli archivi sociali, il frammento di una pagina del Messaggero 6 (frammento in cui non era leggibile la data) che dava notizia della fusione fra Alba, Fortitudo, Roman, le pubblicazioni dedicate alla Roma, cominciarono arbitrariamente a riprodurre il suddetto articolo datandolo erroneamente, come tratto dall’edizione del 23 luglio 1927. Tale erronea versione sulle origini della Roma si affermerà però, definitivamente, solo a partire dalla metà degli Anni ’80. È interessante far notare infatti il nutrito numero di pubblicazioni in cui la data viene correttamente riportata (su tutte, per prestigio, non possiamo tralasciare Il Calcio illustrato del 28 luglio 1955). Il 7 giugno 1977, inoltre, il quotidiano romano Il Messaggero, pubblicò una lunga intervista a Fulvio Bernardini (“Fulvio ricorda”), proprio per celebrare il mezzo secolo della Lupa. Ancora in occasione della celebrazione ufficiale per il 50° anniversario di fondazione del Club, tenuta al Palazzetto dello Sport di Roma il 21 dicembre 1977 la data del 7 giugno 1927 era correttamente ricordata. Proprio in quel giorno, ancora Il Messaggero pubblicò un

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Hanno collaborato Luca Aleandri, Nicoletta BettarelL li, Massimiliano Cecchi, Stefano Chioffi, Diletta Ciabatti, Dora Cirulli, Emanuele Della Rosa, Claudio Di Cavaliere della Repubblica per meriti sportivi, grazie alla sua attività la Federnuoto ha elaborato un regolamento per dare organicità all’attività del fondo. Il riconoscimento gli è arrivato grazie ad una serie di imprese uniche nel suo genere quali le traversate della Manica a delfino, o la Baia-Rio de Janeiro a delfino nonché la Ustica-Palermo e lo stretto di Gibilterra, sempre a delfino. Ha iniziato l’attività nel ’58 con la Lazio, campione italiano e primatista juniores dei 400 e 1.500 stile libero. Poi ha ripreso a nuotare nel fondo dopo sedici anni durante i quali si era dedicato alla sua professione. Tra l’altro ha nuotato andata e ritorno lo Stretto di Messina in stile libero e successivamente a delfino infine adoperando i quattro stili con un tempo complessivo di 5.13’5”. Ha partecipato cinque volte alla Capri-Napoli, cinque volte alla traversata del Nilo, quattro volte alla Baja-Torregaveta, tre volte alla Starigrad-Kabal (Jugoslavia) ed alla Rio Corona in Argentina, prova sulla distanza di 66 km.

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o hanno definito in mille maniere. Dopo ogni traversata, ecco spuntare un soprannome, un nomignolo, adeguati ovviamente,alla performance di cui s’è reso protagonista. Per anni Gianni Golini è stato “lo squalo”, grazie alla risolutezza e all’intelligenza con le quali affrontava il mare e con le quali, in qualche caso, era costretto a respingere e vincere la lotta con i venti e con le onde. E ancora oggi a chi gli ricorda le galoppate negli specchi d’acqua del mondo, il nostro campione risponde con un sorriso e con un senso di gratitudine. Golini, insomma, prova piacere ad essere identificato come il primo, e forse l’unico, ad aver affrontato il mare aperto a delfino, uno stile che gli atleti riservano esclusivamente alle corsie di una vasca da gara. Dunque, “l’uomo chiamato delfino”, come lo ricordano gli addetti ai lavori e non, è un appellativo che al nostro calza a pennello, e che lo inorgoglisce, perché nuotare in questo stile è decisamente più faticoso e più rischioso che non sbracciarsi nella maniera classica, più semplice e… più libera, per arrivare a toccare la plancia fissata all’arrivo.

Dover 33 km

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Da Calais a Dover, dalla Francia all'Inghilterra sfidando il canale della Manica. La storia di un uomo che ha compiuto imprese considerate uniche

Il suo palmares è fitto di avvenimenti e di successi, ma dalle cronache delle gare effettuate emergono anche i rischi corsi nelle meravigliose avventure affrontate, nelle quali Golini ha dovuto, più volte, fare i conti con gli imprevisti che lo hanno messo in difficoltà. Come quella volta, eravamo nel 1976, praticamente agli inizi della sua proficua attività, in cui fu inseguito da uno squalo, prontamente catturato dai pescatori di una barca d’appoggio, sulla traversata dello stretto di Messina, o come in quell’altra occasione, quando fu costretto a ritirarsi perché abbandonato di notte nel Canale della Manica dalla barca inglese che, al contrario, avrebbe dovuto dargli assistenza. Come tutti i ragazzi anche Golini ha iniziato in piscina. Nel lontano 1958 le prime bracciate alla Libertas, allenatore Franco Baccini, grande protago-

La traversata unisce a nuoto l'Inghilterra alla Francia in corrispondenza di quello che è il punto di minima distanza dell'Inghilterra dal Continente tra Calais e Dover. La distanza lineare sarebbe di “soli” 33 km, ma il più delle volte non è così, le incredibili correnti che agitano questo tratto di mare lo rendono sempre impetuoso tanto da avere registrato nella storia delle sue traversate anche qualche episodio drammatico. Questa “classica” si nuota senza muta, con una durata dell'impresa variabile tra le 9 e le 13 ore nelle gelide acque del Canale che non superano mai i 17°C.

di Silio ROSSI foto archivio Golini nista della pallanuoto di quei tempi. Siccome prometteva bene, quasi immediato fu l’interessamento della Lazio, una società che vantava già dei campioni. Con la guida di Enzo Zabberoni e ancora di Franco Baccini, che era il vice allenatore, avendo per compagni già dalla juniores protagonisti come Moroli, Guerrini, Gionta, Vallone ed altri, per Golini sono arrivati subito i primi successi con la conquista della medaglia più importante ai campionati italiani di quella categoria, la staffetta 4x100 e 4x200 stile libero. Successo bissato anche l’anno dopo sempre nelle due specialità. E non era tutto, perché oltre a vincere le gare, Golini stabilì in entrambe il primato nazionale della categoria. Tanto cloro, tanta piscina al Foro Italico, o in giro per l’Italia alla conquista dei primi record: medaglie e riconoscimenti che Golini tiene chiusi in una grande bacheca e che guarda ormai con enorme rimpianto, ma anche con un pizzico di soddisfazione «Se non altro - racconta - quando ho voglia, mi metto davanti a questa vetrinetta e riavvolgo il film della mia vita sportiva». In effetti senza i sacrifici e le esperienze fatte Gianni non avrebbe potuto mai affermarsi e conquistare il mondo nei più difficili attraversamenti a mare aperto. Fu proprio la facilità di movimento, unita ad una specifica saggezza tattica, a fargli capire che il suo futuro in acqua sarebbe stato completato, ed avrebbe avuto

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spq ort SCHEDA TECNICA Indirizzo: Via dei Campi Sportivi 7 Tribune: si Spogliatoi: si Corsie: 6 Illuminazione: si Superficie: Sportflex SX Sport: Atletica leggera, football americano, rugby

Agenzie e Fotografi Getty Images: Paolo Bruno, Luis Castillo, Franco Origlia, Pietro Rolandi Roma Capitale: Fabio Callini, Stefano Bertozzi, Marco Catani, Francesca Di Majo, Claudio Papi, Claudio Valletti Hanno collaborato per le immagini di questo numero: Circolo Canottieri Roma archivio privato, Paolo Biroldi, Adriano Conti, L’Evento, Pentathlon archivo Fipm IN ALLEGATO IL PRIMO FASCICOLO SULLA STORIA DEL FORO ITALICO

SPQR SPORT ANNO III N. 5, 164 PAGINE

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L L’INIZIATIVA ’INIZIATIVA E EDITORIALE DITORIALE D DEL EL D DIPARTIMENTO IPARTIMENTO S SPORT PORT


UN’ESTATE RICCA DI SPORT E DI EMOZIONI Alessandro Cochi, Delegato alle Politiche Sportive di Roma Capitale

È in corso un’estate di grande fermento sportivo. L’Olimpiade di Londra, che fa seguito agli Europei di Calcio, sarà ancora una volta seguita da milioni di sportivi, dal vivo o per televisione magari raggiungendo i campi di gara sulla celebre Underground che ha associato ai nomi storici delle sue fermate, i campioni del passato e del presente dello sport. Per l’Italia c’è Mennea, primatista di lunga data nei 200m e Pietri che arrivò sfiancato a vincere, ma non per i giudici, proprio la Maratona di Londra nel lontano 1908. E c’è, accanto a Phelps e Cassius Clay, Mark Spitz e Greg Louganis, Magic Johnson e Kobe Bryant, anche il nostro Edoardo Mangiarotti che ebbi la fortuna di conoscere in Campidoglio quando organizzammo in suo onore una manifestazione di scherma all’ombra del Marco Aurelio. Figlio di Giuseppe Mangiarotti, già schermidore di prestigio internazionale che aveva indossato la divisa azzurra proprio alle Olimpiadi di Londra nel 1908, relativamente ai soli Giochi olimpici “Edo” collezionò complessivamente, fra il 1936 e il 1960, ben 6 medaglie d'oro, 5 d'argento e 2 di bronzo ed è a tutt’oggi l'atleta più medagliato della storia dell'Italia ed il quarto in assoluto. A 92 anni, ricordo, aprì con un colpo di spada una bottiglia di spumante, a cena la sera precedente la kermesse in Campidoglio. Un colpo secco, di forza e precisione, come se il tempo non fosse mai trascorso. Tra gare a cinque cerchi e partite della Nazionale, dunque, la nostra città continua a vivere e praticare sport, con i Grandi Eventi, fiore all’occhiello dell’offerta sportiva italiana e i favori della città più verde d’Europa, tra manifestazioni di fitness e il ricco calendario del nostro litorale, inseguendo sogni di calcio mercato e attendendo il riscatto del gioco del calcio dopo tanti scandali. In questa estate i tifosi, in un rito senza tempo, continueranno ad attendere i calendari per scoprire quale sarà la “prima” in casa o in quale giornata cadrà l’atteso derby. Perché i sogni e le emozioni, sono dure a morire... Roma è una città, dal vertice alla base, a grande vocazione sportiva. Noi, come Amministrazione, abbiamo lavorato per quattro anni nel solco di questa innata tradizione, perché sport sia sempre più binomio di passione e quotidiana attività, cultura e formazione.


Una scuola nel cuore di Roma, la voglia di alcuni insegnanti di celebrare le Olimpiadi alla vigilia di Londra 2012, una mattinata da raccontare oltre i sipari dei Grandi Eventi

In attesa di Londra

di Roberta PEDINI* *Docente e responsabile del progetto


Alcuni degli ospiti presenti, tra cui l’On. Alessandro Cochi di Roma Capitale, Lorenzo Porzio e il campione di pugilato Riccardo Lecca

LORENZO PORZIO RACCONTA I SUOI GIOCHI a manifestazione - spettacolo “Giardino in festa” è ormai una consuetudine che si ripropone da sei anni, nel giardino della scuola primaria A. Diaz, in Via Acireale 2 a Roma, appartenente all’istituto comprensivo Mastroianni. In questa occasione, ogni anno, si celebrano temi di rilevanza nazionale ed internazionale. Quest’anno è toccato ai “Giochi olimpici tra passato, presente e futuro“ con cui si é voluta evidenziare l’importanza dello sport nella crescita di ogni individuo. Attraverso la pratica delle discipline sportive i giovani acquisiscono regole e valori, si allenano alla fatica fisica, si confrontano con gli altri, sviluppano abilità motorie, intellettive e capacità umane. Il progetto era molto ardito, ma gli alunni, tutti, grandi e piccini si sono mostrati all’altezza della situazione: coordinati, composti e precisi nell’esecuzione dei movimenti coreografici e nella realizzazione dei quadri d’insieme (cerchi, diagonali, file e righe e una sensazionale croce) con danze, canti e parti recitate delineando, in un escursus storico, la nascita delle olimpiadi nell’antica grecia fino a quelle moderne di de Coubertin. Ospite d’eccellenza a questa manifestazione è stato lorenzo Porzio, campio-

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ne italiano di canottaggio, medaglia di bronzo alle olimpiadi di Atene 2004, nonchè musicista e direttore d’orchestra, nominato Cavaliere della Repubblica dal Presidente Ciampi. Ha parlato ai giovani con semplicità e disponibiltà trasmettendogli il vero significato dello sport come valore che arricchisce la persona, anche senza diventare necessariamente campioni. Altri graditi ospiti l’On. Alessandro Cochi, Delegato alle Politiche Sportive di Roma Capitale – che ha elogiato l’iniziativa di questa scuola e il successo dei bambini, al suo seguito - un altro campione sportivo romano Riccardo Lecca già campione europeo di k1, Fabio Argentini il Direttore di SPQR SPORT –rivista ufficiale di Roma Capitale e il nipote del Generale Armando Diaz, Raffaele, anch’egli Generale. Le classi si sono esibite con grande successo alla presenza della dirigente scolastica Clara Troiano e di un numeroso pubblico.

LORENZO PORZIO Nato a Roma il 24 agosto 1981, musicista e canottiere.

D A M U S I C I S TA All'età di 7 anni inizia lo studio del pianoforte e parallelamente a 11 anni quello dell'organo. Nel maggio del 2006 ha debuttato come compositore all'Auditorium Parco della Musica di Roma (Sala Petrassi) in occasione della manifestazione "Com'è straordinaria la vita" condotta da Pippo Baudo. Dal 2009 al 2010 ricopre l'incarico di Primo Assistente dell'orchestra d'elite del Conservatorio di Santa Cecilia.

DA ATLETA Intraprende l'attività sportiva nel 1994 presso il Circolo Aniene. Dal 1998 ad oggi ha partecipato a 11 campionati del mondo, oltre ad aver conquistato diverse medaglie nelle gare internazionali e di coppa del mondo. Come componente dell'equipaggio del quattro senza, ha vinto la medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Atene 2004. Tedoforo per le olimpiadi invernali di Torino 2006 Insignito dal CONI delle medaglie d’argento e di bronzo al valore atletico Nominato Cavaliere della Repubblica dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.

FOTO: Enzo PIETROPAOLI



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ndra eo: Chelsea - Lo Roberto Di Mattter City - Manchester i: Manches don Roberto Mancinolo Di Canio: Swindon - Swin rgo Pa Pietrobu i: Zenit – San – Bucarest tt lle a p S o n a ci Lu Dinamo Dario Bonetti: asr – Emirati Arabi l-N A Walter Zenga: ou Evergrande – Cina zh g n a u G Marcello Lippi: da Nazionale Irlan ne – i n o tt a p a Tr i Giappo Giovann oni – Nazionale Alberto Zaccher Biasi – Nazionale Albania Gianni De

e i e Spalletti in c n a M , o e tt so di Di Ma a all'Europeo. a c l e n e m d co ndi vittorie ittorie con la sua Irlan iro per il Mondo. a r g , li a n io z natori in g Club e Na ni a zero v Squadre di tte come per Trapatto a esportato i suoi alle a Ferrari? h fi s iù di moda amare scon e in questi anni l’Italia il vino, il design e la ros bra andare sempre p m Ma mai comrchio di fabbrica come nti di tutte le lingue, se a e Verso un m il tricolore, tra i Presid Sicuramente

I FARCOMEN di Federico Inages foto Getty


sempre la ricetta vincente: un mix di giocatori bravi e un allenatore italiano in panchina» ha detto recentemente Gianluca Vialli. L’ex giocatore di Juve e Samp è stato un pioniere nell’esportazione dello scibile del calcio italiano all’estero. Anche se l’Italia forse adesso ne paga le conseguenze: ha insegnato agli stranieri quello che per anni l’ha resa vincente. Non il catenaccio, né tanto meno uno specifico modulo tattico. Ma la voglia di emergere, di vincere, di lottare fino alla fine. Gli ingredienti vincenti assieme ad un pizzico di astuzia e una buona dose di tattica, che ancora oggi continua ad essere snobbata da tanti, ma non più da tutti. I tecnici italiani emigrano, come fece Giuseppe Meazza 64 anni orsono, dall’Internazionale al Besiktas, il primo tecnico italiano ad allenare all’estero. La fuga dei più belli. Carlo Ancelotti divenne il primo allenatore a vincere la Premier League nel 2010, guidando il Chelsea all’accoppiata coppa-campionato per la prima volta nella sua

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storia. Poi l’avventura al PSG dove quest’anno ha sfiorato uno scudetto che solo l’audace Montpellier è riuscito a soffiargli dopo una contesa durata fino all’ultima giornata (un finale romanzesco che gli avrà ricordato vagamente quello di Perugia del 2000). Ma Carletto è solo uno di una manciata di tecnici italiani ad essere passati per le sponde del Tevere in carriera. Come lui c’è Roberto Mancini che ha cambiato la storia a Manchester. Pur spendendo l’equivalente del PIL di una nazione, l’ex giocatore e tecnico della Lazio ha sposato in pieno la causa del City. Lui contro i RAGs (“Red Arrogant Gets”) – “quei pezzi di arroganti”, come amano definirli i Citizens con un certo disprezzo. Per i tifosi quel confronto con Sir Alex Ferguson sulla linea dell’out varrà per sempre come uno scudetto. Il primo dopo 44 anni. Grazie al Mancio e al suo staff tecnico, composto quasi esclusivamente da italiani. Ad eccezione di Brian Kidd e David Platt, Massimo Battara (allenatore dei portieri, unico a non avere legami diretti

con Roma), Attilio Lombardo, Fausto Salsano, Ivan Carminati hanno tutti tenuto alta la bandiera tricolore. Forse meno italiano (perché ormai ama definirsi europeo) il sapore del successo di Roberto Di Matteo che pure è passato per Roma nella sua esperienza di calciatore. Il tecnico italiano (lo diciamo noi) ha preso il Chelsea in corsa dopo essere arrivato a ricoprire inizialmente il ruolo di vice di André Villas Boas. L’ex laziale si è messo a disposizione e a marzo ha saputo raccogliere una squadra al capezzale, stufa della rivoluzione tecnico-tattica dell’allenatore portoghese. Di Matteo (e le maschere con il suo volto andavano a ruba il giorno della parata del Chelsea per le vie di Fulham) ha guidato il Chelsea alla conquista della Champions, la prima della sua storia, la prima per una squadra di Londra. La mano dell’allenatore però si è vista poco nel Chelsea di questa stagione. Sicuramente meno che nello Zenit di Luciano Spalletti. Fautore del 4-2-3-1, il tecnico di Certaldo ha avuto il


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coraggio e l’ardore di partire per la Russia, dove solo Nevio Scala aveva osato prima (Spartak Mosca nel 2003). Il suo Zenit ha appena vinto il secondo scudetto consecutivo e l’ex tecnico romanista dal 2009 ha messo in bacheca anche una Coppa e una Supercoppa. Lo Zenit non solo vince, ma gioca anche bene. E il merito è tutto di Spalletti, che adesso cercherà di avanzare in Champions. Sempre ad est, da aprile Dario Bonetti siede sulla panchina della Dinamo Bucarest. L’ex romanista ha lottato per il campionato romeno, e il 23 maggio si è portato a casa la coppa di Romania nella finale giocata e vinta 1-0 all’Arena Nationala contro i cugini del Rapid Bucarest (arbitro Daniele Orsato di Schio), che pure è stato allenato per pochi mesi nel 2007 da Cristiano Bergodi, cuore biancoceleste. La Romania negli anni ha visto alternarsi diversi allenatori italiani sulle proprie panchine: da Walter Zenga ad Andrea Mandorlini, da Maurizio Trombetta (che espugnò Roma con il CFR Cluj) a Nicolò Napoli fino al “principe” Giuseppe Giannini (Arges Pitesti) e a Massimo Pedrazzini, vice di Zenga alla Steaua, alla Stella

Rossa, al Gaziantepspor e all’AlAin. E poi ci sono gli “altri”. Nelle isole d’Oltremanica non bisogna dimenticare Giovanni Trapattoni, «reduce da un Europeo deludente con l'Irlanda, ma, con il suo vice Marco Tardelli, già proiettato verso Brasile 2014». E l’unica cosa da imputare al Trap può essere al limite qualche traduzione mal riuscita: «non dire gatto se non l’hai nel sacco» pronunciata prima della vittoriosa e decisiva trasferta in Estonia, è diventata un semplice e infedele «don’t jump the gun». Tra gatti e pistole lo scarto semantico è sin troppo evidente. Alla guida di una nazionale ci sono pure l’ex laziale Alberto Zaccheroni, in corsa con il Giappone alle qualificazioni per Brasile 2014, e Gianni De Biasi, neo CT dell’Albania. Ci sarebbe stato anche l’ex romanista Fabio Capello alla guida dell’Inghilterra se non fosse caduto nella trappola del “lost in translation” scaturita dalla vicenda Terry. C’è anche chi è atteso da nuove sfide, come Walter Zenga alla guida dell’Al-Nasr, l’onda blu degli Emirati Arabi. E c’è anche Marcello Lippi, fresco neo-allenatore dei cinesi

Fabio Capello

del Guangzhou Evergrande, con in tasca sette zeri e con accanto l’amico di sempre, Michelangelo Rampulla. «In questi anni sono stati vari gli allenatori italiani in giro per il mondo (in rigoroso ordine alfabetico): Mario Beretta aveva provato l’esperienza greca al Paok Salonicco (2010), ma prima di lui l’ex Lazio Alberto Bigon aveva allenato l’Olympiacos (1999-00) e il Sion (2007); poi Luigi De Canio al Queens Park Rangers (2007-08), Giuseppe Giannini all’Arges Pitesti (2006-07), Vincenzo Guerini al Panachaiki Greco (2002), Francesco Guidolin alla guida del Monaco (2005-06), Alberto Malesani al Panathinaikos (2005- 2007 con annessa conferenza stampa esplosiva), Andrea Mandorlini al Cfr Cluj (2009-10), Fulvio Pea alle giovanili del Cska Sofia (2001-02), Claudio Ranieri al Valencia (1997-1999, 2004-05), all’Atlético Madrid (199900), al Chelsea (2000-2004), e ora al Monaco (2012-13) e lo stesso Edy Reja all’Hajduk Spalato (2009-10), per finire con Luigi Simoni al Cska Sofia (2001-02)».

ini Giuseppe Giann

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ROBERTO DI MATTEO L’EROE DI CHAMPIONS I Blues arrivano primi nel gruppo E con Valencia, Bayer Leverkusen e Genk; quindi eliminano il Napoli (prima della gara di ritorno entra in scena Di Matteo), il Benfica e il quotatissimo Barcellona, prima di espugnare Monaco di Baviera e portare a casa il trofeo come riuscì soltanto al Liverpool nel 1984.

e il 2002. DI MATTEelO a tra il 1996 nale se el h C d ROBERTO to bien maglia a vestito la n un contrat avev sa co «Di Matteo lo ricompen Abramovich o League» n s g n iu io g p 3 1 am Il Cup-Ch FA ta ia p op per l'acc

s, EA 1-1 Contento; Kroo Tymoshchuk, ACO – CHELS BAYERN MON -2-3-1): Neuer; Lahm, Boateng,Ribery (97’ Olic); Gomez.

o (4 yten), Bayern Monac bben, Mueller (87’ van Bu er; Ro lou (84’ Schweinsteig , Lampard; Ka iz, Cole; Mikel Lu es ll, hi ck yn Ca a, He All. singw o -3-1): Cech; Bo ouda); Drogba. All: Di Matte Chelsea (4-2 3’ Mal (7 d an rtr Be Torres), Mata, togallo) o Proença (Por Drogba (C) Arbitro: Pedr 88’ ), (B ’ Mueller da Cech Marcatori: 83 , 120’ Torres rare un rigore pa fa si en iz, 94’ Drogba bb Lu Ro ’ ’ 86 95 , al le : Co ), Neuer (gol), te ’ No (gol), Luiz (gol einsteiger; 81 ez hw m Sc Go , 2’ ) : o) at iti ar Ammon ), Mata (p o), Drogba (gol ori: Lahm (gol einsteiger (pal hw Sc ), ol (g Sequenza rig le , Co ), Olic (parato) Lampard (gol 00 .5 62 Spettatori:


ROBERTO MANCINI IL SIGNORE DELLA PREMIER

Dopo aver conquistato l’FA Cup per la prima volta in 35 anni, Roberto Mancini guida il Manchester City al primo scudetto in 44. Un momento atteso una vita con un finale al cardiopalma. Fino al 90° il Manchester era sotto di una rete. Con due segnature al 92° e 94° ha coronato il miracolo. Senza i tre punti il Manchester United sarebbe stato campione.

ANCINI r League più bella di semp3re0. M O T R E B RO erby del la Premie vori è stata giorno del d n etti ai la ir Alex il ford 6-1, u «Per gli add ancio con S M el d co to Old Traf a ec n b g ti u at p b es il co aveva Stori 6». data il City nissimo 192 aprile. All'an trato soltanto nel lonta gis punteggio re Touré (44’ Y – QPR 3-2 ta, Lescott, Kompany, Clichy; YayaMancini IT C R TE ES H bale ). All: MANC z (75 Balotelli -3-1): Hart; Za ; Téve n, , City (4-2 Nasri, Agüero -Phillips, Barto Manchester Dzeko); Silva, iwo; S. Wright 9 Ta (6 d, y rr an in Ba es rd ), de Jong , Hill, A. Fe ). All: Hugh (76 Bothroyd Kenny; Onuoha aore), Zamora QPR (4-4-2): Tr A. 9 (5 é ss D.Ci ro Derry, Mackie; eko, 94’ Agüe Dean (Wirral) Mackie; 92’ Dz ’ 66 è, ss Arbitro: Mike Ci ’ ’ Zabaleta; 48 Marcatori: 39 Bothroyd ’ Aguero; 77’ 94 : iti Ammon temperanze in r ’ Barton pe Espulso: al 55 .435 Spettatori: 47

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LUCIANO SPALLETTI LO ZAR DI RUSSIA

Luciano Spalletti, arrivato nella città degli Zar nel dicembre del 2009, entra ancor di più nella storia dello Zenit: mai, infatti, un tecnico aveva vinto due campionati (per giunta di fila) con la compagine di San Pietroburgo. Per lo Zenit si tratta del terzo titolo (il quarto considerando anche il campionato sovietico vinto nel 1984), arrivato al termine di un torneo estenuante e interminabile, cominciato nel marzo del 2011: è cambiato infatti il format della Russian Premier League, per adeguarla - a partire dalla prossima stagione - al resto d'Europa.

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ap ore «Per l'allenat it: precedentemente s'er ussia (2009-10) e una en d Z la prima a Coppa i R guida dello a portato per o (2010), un h i ss tt u R le o al p at S n Campio ue». ). Inoltre, Russa (2011 nale di Champions Leag Fi Supercoppa i d i it agli Ottav volta lo Zen 1

2INAMO MOSCA baerts, Zyryanov, Shirokov, ROBURGO - D m ET Lo , PI to N ci is SA unnikov, 88). Cr IT ZEN Kerzhakov (Kan can, Anyukov, ), bo 81 Hu , v, lin ee zu af aj Zenit: Mal v, Arshavin (F ak, 62), Deniso shire, Bystrov (Sem Epureanu, Wilk ov, z (Shitov, 20), sh de m an Se rn ), Fe 62 All: Spalletti v, , ko k (Kokorin ca: Shunin, Ry ovic, Dzsudzsa im is Dinamo Mos M , ov ed in 77), Sam Noboa (Voron lkin Si l: Al i. Kurany Meshkov - 43’ Epureanu ) Arbitro: Vitaly irokov, 36’ Kerzhakov (rig) eanu, Rykov (D ’ Sh sudzsak, Epur Dz ); Marcatori: 30 (Z n ca iscito, Hubo Ammoniti: Cr Zyryanov (Z) ’ 56 o: Espuls .000 Spettatori: 41


PAOLO DI CANIO

THE LORD OF LEAGUE TWO

Il progetto dello Swindon Town prevede di salire in seconda serie nel giro di due anni. Così la promozione in terza serie, archiviata al primo anno, è valsa a Di Canio il rinnovo del contratto con i Robins fino al 2015. Ha già battuto squadre di categoria superiore e il 13 agosto si torna in campo in Coppa di Lega contro il Brighton di Poyet.

CANIO la PAOLO DnoIin League two centra l’ofobierttti coivomdeelil i o an ione dai ton Al suo prim ndo una stag male, la sua ve vi el e n n e io e oz en b el prom n e, al e nella qu suo caratter e evidente. ar p firma ap

same, , Jackman, Es windon 3-1. on, Martin, Fish 2' Weston), Kuffour Gillingham-S pt am Fr a, ig zzan ell (8 Gillingham: Ga helpdale, Montrose, Kedw ), W k, Lee (71' Spiller enthaler e, McCormac Hess is, Ferry, Ritchi dd Ca t, 6' (73' Vine). All: in (3 l Fl el y, o), Conn ith, McEvele (72' Gabilond Swindon: Sm stock, Holmes Bo ), ith Sm 2' Risser (5 Canio Murray). All: Di mack n to sh le; 81' McCor Ru Arbitro: ', 90' Whelpda 52 l. el ) dw (G l Ke el ' Kedw Marcatori: 26 man, Essam, ampton, Jack Ammoniti: Fr 90 Spettatori: 63

DI CANIO A PAOLO A IV S U L ISTA ESC L’INTERV 1 CALCIO | 2


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Dalle lacrime alla gioia: una stagione indimenticabile per il neo allenatore romano in League Two

di Federico FARCOMENI foto GETTY IMAGES

L’ INTERVISTA entre sono tutti sul palco, ridono e scherzano come una scolaresca al saggio di fine anno. L’età media dello Swindon Town non supera i 25 anni. Sono tutti ragazzi dal grande talento, giovani e pieni di vita. Ai margini del palcoscenico, un uomo con giacca dalle tonalità grigie, la barba lunga e gli occhiali da sole a goccia, incrocia le braccia e mostra i suoi guanti di pelle nera. Ringrazia i tifosi e i giocatori con orgoglio e pacatezza. Lo fa con il cuore in mano. Paolo Di Canio è il profes-

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sor Keating e i suoi ragazzi sono come quelli della Setta dei Poeti Estinti, quelli dell’Attimo Fuggente. Ed i tifosi stravedono per lui: “Who needs Mourinho, we’ve got Di Canio!” è stato uno dei cori più gettonati tra i fedeli dello Swindon nella stagione appena trascorsa. “Chi ha bisogno di Mourinho, quando abbiamo Di Canio?” sulle note de “La donna è mobile”. Tante anche le maschere indossate dai tifosi in suo onore.

Paolo Di Canio, che stagione è stata per te e per lo Swindon? «All’inizio non andava, per cui è stata una stagione straordinaria. Siamo qui e stiamo festeggiando non solo la promozione, ma la vittoria del campionato: primi assoluti con la miglior differenza reti, miglior difesa, quasi il miglior attacco. Per cui mi sento di dire che abbiamo fatto qualcosa di straordinario. Anche nelle varie coppe


siamo andati bene: in FA Cup abbiamo ricevuto il premio Ronnie Radford che si assegna su votazione del pubblico all’’ammazza-grandi’ della stagione, visto che abbiamo battuto il Wigan, squadra di Premier, per 2-1. Siamo arrivati in finale nel JPT Trophy nell’unica coppa che avremmo potuto vincere. L’abbiamo persa, è vero, ma siamo pur sempre arrivati a Wembley. Tutto questo nonostante avessimo iniziato con quattro sconfitte consecutive nelle prime cinque gare. Da lì ci sono stati molti accadimenti che hanno cementato spogliatoio e staff tecnico e abbiamo fatto una cavalcata straordinaria».

LA STORIA DELLO SWINDON Lo Swindon Town viene fondato nel 1879 dal reverendo Pitt. Ma deve attendere quasi 100 anni per vivere i primi momenti di gloria: nel 1969 infatti vince a sorpresa la Coppa di Lega sconfiggendo l’Arsenal in finale a Wembley. Non potendo partecipare alle competizioni europee in quanto squadra di terza serie, lo Swindon viene invitato a disputare sia la Coppa di Lega Anglo-Italiana sia il Torneo Anglo-Italiano: li vincerà entrambi sconfiggendo la Roma di Herrera (nelle cui fila militano Capello e Spinosi) 4-0 al County Ground, e il Napoli di Altafini e Hamrin 3-0 al San Paolo (partita sospesa per invasione del pubblico partenopeo). Nella bacheca del County Ground ancora luccicano i trofei commemorativi delle sfide con le squadre italiane. Nel 1993 conquista la Premier League dopo aver battuto il Leicester in finale playoff, ma incassa addirittura 100 reti. Nonostante questo, lo Swindon è nella Top 50 nella classifica inglese di tutti i tempi.

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UN GOL NELLA LEGGENDA Quest’anno la Premier League ha compiuto 20 anni. Tanti ne sono passati dalla rivoluzione della prima serie inglese, che cambiò nome e connotati nel 1992. Quest’anno tifosi ed esperti hanno votato la miglior formazione degli ultimi venti anni. E nelle classifiche dei gol è immancabile quello che Di Canio segnò al Wimbledon in sforbiciata.

DE VITA E QUELLA TELEFONATA Raffele De Vita è stato uno dei punti fermi nel 4-3-3 di mister Di Canio allo Swindon Town. L’attaccante romano ha collezionato 43 presenze, realizzando 6 gol. «A metà giugno dell’anno scorso stavo in giro in macchina con un mio amico quando mi arrivò la telefonata del mister – commenta – non volevo crederci. Per me che sono romano e laziale è stato un bello shock: mi sono dovuto fermare con la macchina perché avrei rischiato seriamente di fare l’incidente! Mi ha parlato per 10 minuti e dopo aver attaccato non mi ricordavo più nemmeno una parola di quello che aveva detto».

Dopo aver centrato la promozione a Gilingham hai subito alzato l’asticella dicendo che la società deve cambiare la mentalità a tutti i livelli, dalle giovanili in su. «Volevo stimolare tutti quanti perché qui, prima che arrivassi io, si era abituati ad accontentarsi o ad avere un atteggiamento di sufficienza e soprattutto un atteggiamento poco professionale nelle situazioni. Per arrivare ad una svolta ci vogliono i fatti e non le parole. Basta pensare che questa squadra l’anno scorso è retrocessa dopo aver sfiorato l’anno precedente

la promozione in Championship (la seconda serie inglese, ndr). Non c’era professionalità o cattiveria agonistica nel fare le cose. Per questo credo di aver dato una scossa in questo senso. La società mi sta seguendo e sta aprendo gli occhi su tante cose, soprattutto sul modo di relazionarsi con la professione e soprattutto su come si può trovare stabilità ad alti livelli. Per cui ho voluto lanciare un messaggio perché solo così si può continuare ad avere una mentalità vincente. Il prossimo anno sarà ancora più dura: andremo in un cam-

pionato dove saremo una semplice neopromossa e dove ci sono colossi: non sarà così facile come si potrebbe pensare. Magari tutti si aspettano di vincere facilmente anche la prossima stagione dopo quanto abbiamo fatto vedere quest’anno. Invece dovremo cambiare molto. E quelli che hanno vinto quest’anno, compreso il sottoscritto, dovranno lavorare il triplo per sperare di vincere. Non è mai detto perché in tante lotteranno per la vittoria». Il tuo Swindon può emulare Swansea e Norwich che in pochi anni sono passate dalla League 1 alla Premier League? «Sono in attesa che la società mi confermi il piano per il futuro per capire dove potrà arrivare questo Swindon. Io non sono venuto qui per trovare un lavoro, ma sono venuto in League Two con grande rispetto e umiltà perché mi è stato detto che c’era un progetto e i mezzi per raggiungere la Championship in tre anni. La mia parola conta più di qualsiasi altro contratto perché per me è sacra. Se tutto andrà come deve andare, io sarò felicissimo di rimanere qui e aiutare il club a raggiungere la Championship nel giro di due anni. Sarebbe straordinario». Chi temi di più eventualmente in prossimo anno in League 1? «Ovviamente squadre come Preston, Stevenage o Leyton Orient. In più, le retrocesse dalla Championship come Portsmouth, Coventry e Doncaster, non è detto che debbano andare subito su, ma una o due potenzialmente lotteranno per la promozione. Sono squadre importanti. Per noi sarà molto dura. Ecco perché dico che io sono qui non per un lavoro ma per vincere».


ANDREMO A WEMBLEY. DA GUERRIERI

Di Matteo ha vinto FA Cup e Champions League: cosa ha fatto per risollevare la squadra? «Di Matteo è stato assolutamente intelligente. Aveva il vantaggio di conoscere l’ambiente, ma non è mai facile lo stesso per cui ha fatto un grandissimo lavoro e l’ha reso super-straordinario conquistando la Champions League. Qualcosa di fantastico visto e considerato anche che la squadra era la stessa di tre mesi prima. È stato bello vedere come il gruppo ha reagito e come ha trovato la forza di uscire da una situazione negativa. Molto probabilmente il gruppo non amava le direttive di Villas Boas. Perciò Di Matteo è stato intelligente e bravo». Mancini è un’altra faccia dell’Italia che ha vinto quest’anno in Inghilterra. «Per Mancini il successo è stato un po’ più prevedibile, perché sono due anni che il Manchester City investe il corrispettivo di cinque top team, anche se non è detto che ad un investimento corposo corrisponda sempre la vittoria. Mi ha sorpreso di più il Manchester United che ha comprato cinque ragazzini e che ha perso solo per la differenza reti, lottando comunque fino alla fine. Ovviamente sono contento che abbia vinto il City, perché Mancini è un altro italiano vincente ed è la riconferma del fatto che gli allenatori italiani hanno qualità e possono dare molto in tutti i campionati del mondo». Restando in tema di allenatori, tu che sei stato giocatore di Delio Rossi, che idea ti sei fatto del pugno a Ljajic? «Siccome so che Delio Rossi è un grandissimo uomo e un grandissimo professionista, sapevo che c’era qualcosa sotto. Al di là delle

Nella conferenza stampa della vigilia della finale del Johnstone’s Paint Trophy (l’equivalente della Coppa Italia di Serie C, ma con il prestigio di una finale nel tempio del calcio mondiale), Di Canio lancia la sfida e sottolinea: “We go to Wembley not as tourists but as warriors, singing our own song” (non andremo a Wembley da turisti, ma da guerrieri, cantando i nostri inni). Tempo due minuti e vengono stampate migliaia di magliette con la frase del mister. Prima della finale, Di Canio annuncia che porterà con sé in panchina anche l’uomo del tè dello Swindon (ogni squadra inglese ne ha uno): Curly Withers. Per scaramanzia, nonostante i quasi 18 gradi, Paolo si sbraccerà dalla panchina indossando comunque eskimo e sciarpa biancorossa, ma purtroppo i vari rituali alla fine risulteranno vani: il Chesterfield farà sua la coppa.

UNA VITTORIA TROPPO AMARA Poco prima della partita di andata con il Plymouth Argyle, viene a mancare Ignazio Di Canio, padre di Paolo. Al ritorno, sempre prima di affrontare la squadra della Cornovaglia, se ne va anche la madre Pierina. Il dolore è indescrivibile per Paolo che rimane orfano nell’anno in cui mette in luce tutte le sue eccellenti doti da allenatore. Dopo la vittoria contro il Port Vale che sancisce il titolo per lo Swindon, Di Canio festeggerà indossando una maglia con le foto dei genitori e la scritta “mamma, papà guardate: tutto questo grazie a voi”.

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Devono crescere in fretta e imparare l’educazione in fretta perché anche loro fanno parte di questo circo. Altrimenti qualche schiaffone gli fa bene».

I TIFOSI DEL WEST HAM

«Non capisco perché la società si ostini ad invitare squadre italiane che creano soltanto problemi» commentava un tifoso del West Ham su un forum a seguito delle amichevoli contro Roma e Napoli. «Con la Lazio almeno avremmo finito per intonare lo stesso coro per Di Canio». Nella stagione 2005/06 un gruppetto di tifosi del West Ham si piazzò nei Distinti Ovest con l’Union Jack e la scritta “Di Canio Legend”. Da allora le amicizie personali hanno continuato ad infoltirsi, nonostante il legame che tuttora esiste con alcuni tifosi del Chelsea, da sempre fiero nemico degli Hammers. La Nord ha prodotto adesivi per celebrare il legame con il West Ham, e il gruppo Sodalizio non molto tempo fa ha invitato Cass Pennant, storico hooligan “claret&blue”, per parlare di ultras e pallone al pub “Vecchi Spalti”. Tra le sciarpe in vendita al megastore di Upton Park ce n’è una dove c’è cucito il volto di Paolo Di Canio. L’attaccante è cristallizzato nei quadri che campeggiano nella reception dello stadio, accanto a poche altre glorie. Ed è lì che un giorno molto probabilmente lo riporterà il destino.

parole che so che sono state dette, e che io certo non riferirò se non vuole farlo nemmeno lui, secondo me Rossi ha fatto anche poco. Quando si va a toccare il personale in quel modo, io il giocatore l’avrei lasciato per terra. Ci sono cose più grandi. Non si può fare i perbenisti su queste cose. Siamo personaggi pubblici e dobbiamo stare attenti, è vero, ma posso garantire che Delio Rossi è stato fin troppo calmo: e anche avessi visto soltanto l’applauso ironico di Ljajic, l’avrei capito lo stesso. In un contesto del genere, in un momento delicato, un allenatore che lavora 24 ore al giorno, che ci mette il cuore, la passione, e conoscendo anche la passione e il trasporto del pubblico di Firenze, con il rischio di far retrocedere una città intera, e aggiungendo anche il fatto che Ljajic aveva sbagliato un rigore con l’Inter qualche giornata prima senza sentirsi responsabile, e che Rossi gli stava comunque dando un’altra possibilità nono-

stante non avesse dimostrato niente, lui si è permesso di fare un applauso ironico, sbeffeggiandolo in pubblico. Io l’avrei preso per il collo! Magari nello spogliatoio, però sarebbe stato legittimo anche in quel caso. E già senza sapere le sue parole gravissime, sarei stato di per sé con Delio Rossi». Possiamo dire che è stato addirittura propedeutico? «Si punta sempre il dito sull’effetto, ma bisogna vedere anche la causa. È vero l’effetto non deve essere nemmeno spropositato, ma la causa è determinante. Delio sa che così facendo si è squalificato da solo, ma questi ragazzetti che guadagnano milioni di euro e che si sentono uomini quando vanno in giro con il macchinone o l’orologione, la devono far finita. Devono essere uomini anche nell’approccio alla vita e al lavoro. Vanno in giro fino a tardi, senza un minimo di senso di responsabilità e professionalità.

Nella corsa scudetto, cosa ha avuto di più la Juventus rispetto al Milan? «Per lo scudetto credo che alla fine la Juventus lo abbia meritato pienamente. Non avere le coppe è stato importante per tenere uno stato di forma fino alla fine, ma Conte ha regalato un’intensità superiore anche in allenamento. Ha riportato quella voglia di lottare ogni giorno. Tutte qualità che la squadra per questo è riuscita a trasferire sempre nei 90 minuti. Volontà e furore agonistico abbinate ad individualità tecniche hanno fatto la differenza, rispetto al Milan che invece non ha avuto quel ’fuoco’ e non ha giocato

DEDICATO A TE «Lo striscione l’hanno fatto in mio onore perché conoscono i miei trascorsi. Sono contento che questi ragazzi, che sono italo-inglesi, abbiano pensato a me in questi termini. È una cosa bella e non c’è niente di male. Sono meravigliosi, ci seguono ovunque e cantano sempre», confida Di Canio alla fine della partita vinta in FA Cup con il Wigan, l’unica che è stata vista in diretta anche in Italia, commentando lo striscione Irriducibili che ha sempre accompagnato lo Swindon nel corso di questa stagione.


bene come l’anno scorso. Alla Juve Conte ha contribuito in maniera determinante, beneficiando del sostegno della società e di uno stadio che abbiamo visto come può essere decisivo in particolari momenti della stagione» La Lazio non ce l’ha fatta di poco per la Champions.... «Ogni anno è paradossale: i tifosi si agitano, il club lotta, e poi si sentono i tifosi che dicono ‘ma che ci andiamo a fare in Champions se poi Lotito non fa la squadra?’ Nel momento in cui è uscito Klose, la Lazio è finita. In questo caso non è vero che un giocatore non fa la squadra. La Lazio è stata monotematica: palla lunga da 40 metri, e pur avendo cinque fantasisti, ha giocato con due uomini sopra la linea della palla, ha attaccato in area di rigore con un uomo, che nell’ultimo periodo era solo Mauri perché si era ristabilito. Attaccava sempre e solo con due uomini: ma dove voleva andare? È riuscita ad arrivare tra le prime in Italia perché purtroppo il calcio italiano è scadente. E la controprova è offerta dalle prestazioni europee. Non c’è una mentalità europea. Nel mio piccolo qui a Swindon se sto vincendo 2-0, attacco comunque con cinque uomini perché questo è il calcio del futuro. Questo è quello che tecnicamente deve cambiare la Lazio, al di là del fatto che Lotito non abbia la volontà di cambiare troppo le cose, né in società ci siano le competenze tecniche necessarie».

«CON ME AVREBBE VINTO IL PALLONE D’ORO» Sir Alex Ferguson quest’anno ha compiuto un quarto di secolo alla guida del Manchester United. Ripercorrendo la sua carriera nel corso di una conferenza stampa al termine della gara con il Sunderland, il tecnico dei Red Devils, alla domanda su quali fossero i suoi rimpianti, ha detto: «Ne ho tre: non aver vinto il titolo nel 1998 quando avevamo 10 punti di vantaggio, non aver battuto nel 1999, nella finale di Supercoppa Europea, la squadra più forte del mondo, la Lazio, e non aver preso Paolo Di Canio e Paul Gascoigne; con me Di Canio avrebbe vinto il Pallone d’Oro».

SIR ALEX FERGUSON

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Roma è stata la Capitale mondiale del pentathlon moderno, la disciplina inventatata dal barone Pierre de Coubertin in occasione dei Giochi olimpici di Stoccolma 1912 di Alessio PUNZI foto di Paolo Biroldi

TOR DI QUINTO Le prove di scherma, equitazione e combined dei Campionati del Mondo di Roma 2012 si sono svolte all’interno dell’Ippodromo Militare di Tor di Quinto, dove sono di stanza i Lanceri di Montebello. Una location che ha sbalordito i partecipanti per la sua bellezza. XXXX | 28


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IL MEDAGLIERE

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el 1982 Roma ospità il Campionato del Mondo di pentathlon moderno. A vincerlo fu Daniele Masala, l’olimpionico di Los Angeles 1984 ancora oggi considerato il più forte pentatleta italiano di sempre. Trenta anni dopo la Capitale ha avuto il privilegio di riospitare l’evento. Privilegio perché questa’nno la disciplina sportiva multipla ha festeggiato i suoi 100 anni. E non poteva esserci miglior epilogo di questo evento, visto che l’Italia ha vinto l’oro nella prova a squadre (con il modenese Nicola Benedetti e i due romani Riccardo De Luca e Pier Paolo Petroni) a 26 anni anni di dstanza dall’ultimo successo azzurro (Montecatini, 1986, oro vinto dai tre romani Masala, Massullo e Toraldo). Evento straordinario non solo per il successo degli azzurri, coronato tra l’altro dalla qualificazione ai Giochi di Londra da parte di Benedetti e De Luca (l’Italia aveva già due qualificati, Giancamilli e Petroni), ma per l’alto numero di partecipazione, oltre 300 pentatleti provenienti da 44 nazioni, e per la qualità dei partecipanti. A Roma sono arrivati per conquistare il titolo iridato i più forti pentatleti del mondo. Due su tutti, tanto per capire al meglio la qualità: il russo Andrei Moiseev, oro olimpico a Atene 2004 e Pechino 2008, campione d’Europa e del Mondo nel 2011, e la tedesca Lena Schoneborn, oro olimpico a Pechino 2008 e leader del ranking internazionale.

1. Gran Bretagna 2. Russia 3. Germania 4. Corea del Sud 5. Italia 6. Cina 7. Ungheria

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1 La prima prova del pentathlon moderno è la scherma, specialità spada (1). La seconda è il nuoto, specialità stile libero (2). La terza è l’equitazione, specialità salto ad ostacoli (3). L’ultima è il combined, ossia tiro con la pistola laser e corsa (4 e 5).

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Il peso della pistola laser è identico a quello di una pistola ad aria compressa. La struttura la medesima, il funzionamento pure. La differenza sta nel fatto che il percussore (ancora meccanico) anziché sbattere sul proiettile, colpisce un bottone che fa partire il raggio laser.

Impugnatura ergonomica

LA PISTOLA LASER: LA NOVITA’ DEL PENTATLHON MODERNO Dopo l'esordio ai Giochi olimpici giovanili del 2010 e l'applicazione nel 2011, l'utilizzo del laser nella prova di tiro segna anche il 2012 del pentathlon moderno con l’ingresso ufficiale ai Giochi olimpici di Londra. La tecnologia è stata sviluppata per replicare alla perfezione lo sparo con la tradizionale pistola ad aria compressa e rispettare in ogni minimo dettaglio le regole della disciplina. Persino il ritardo di 10 millisecondi tra la pressione del grilletto e la fuoriuscita del proiettile dalla canna dell'arma è fedelmente riprodotto dalla nuova tecnologia. Gli atleti potranno cambiare le proprie pistole a proiettili con quelle laser in pochi secondi, semplicemente sostituendo la canna tradizionale con quella - per giunta ecofriendly - a laser. La novità 2012, inoltre, è l'utilizzo in tutti i top eventi internazionali di bersagli laser (Precision Laser Targets, PLT), grazie ai quali gli atleti potranno controllare sul proprio schermo personale il risultato dei propri colpi, tutto in tempo reale.

Bilanciere per la regolazione dell’assetto

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Al campo “Roma” un triangolare promosso dalla Fondazione intitolata al consigliere comunale scomparso un anno fa. In campo tanti consiglieri capitolini. A guidare i suoi “ragazzi”, dalla panchina, il Sindaco Alemanno

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n triangolare di calcio nel segno della solidarietà e nel ricordo di Massimiliano Parsi, il consigliere capitolino prematuramente scomparso il 17 febbraio 2011, all’età di 36 anni: l’iniziativa, promossa dalla Fondazione Parsi, ha visto scendere in campo venerdì scorso, al campo “Roma”, tre formazioni (Campidoglio, Amici di Massimiliano e Sostenitori Roma e Lazio) con l’intervento del Sindaco di Roma Gianni Alemanno, che ha seguito la finale ed ha poi voluto premiare personalmente la squadra vincitrice, quella composta dai consiglieri capitolini. Un pomeriggio sportivo vissuto intensamente da tutti i partecipanti, che hanno voluto celebrare il ricordo di un ami-

co che ha lasciato il segno nel cuore di chi lo ha conosciuto, impegnandosi in campo ma soprattutto fuori dal rettangolo di gioco. Il triangolare infatti è servito per promuovere la raccolta di fondi per Flavio e Francesco, due gemelli di 12 anni affetti da una rara malattia, la “Sindrome di Batten”. La giornata. A dirigere una giornata destinata a restare nel cuore, per la quale è già stato annunciato il bis tra un anno, sono stati i membri della Fondazione Parsi, a cominciare da Barbara Frizza Parsi, la moglie di Massimiliano, con il papà Ernesto e la mamma Rosalba, accompagnati dal piccolo Diego, nipote di Massimiliano, oltre ad Alessandro Cochi, Delegato capitolino MEMORIAL | 32

di Paolo CORBI Roma Capitale allo Sport, che ha interpretato, con personalità e quella spiccata dose di simpatia che gli è propria, il ruolo di autentico regista di tutte le operazioni, con la collaborazione della Romulea, rappresentata in campo dal Presidente Vito Vilella. Fondamentale l’apporto di alcuni componenti del Dipartimento Sport di Roma Capitale, da Dario Gemma a Patrick Paulin, da Fabio Argentini a Alfredo D’Ottavi; e quello dell’ASI, con il presidente provinciale Roberto Cipolletti in prima fila, che ha garantito la terna arbitrale che ha diretto i tre incontri, il delegato provinciale Lorenzo Cesari, il Responsabile del Settore Calcio Giorgio Pozzi e per il Dipartimento Arbitrale ASI Americo Scatena.


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spq ort Al termine di tre gare, la vittoria è andata alla squadra del Campidoglio, capitanata da una vecchia volpe del calcio romano, Gino Vannini, che ha conquistato due vittorie nelle due gare disputate, piazzandosi davanti alla squadra degli Amici di Massimiliano, battuta nella sfida decisiva; al terzo posto, infine, i sostenitori Roma/Lazio, tra i quali è sceso in campo Giuliano Giannichedda. Tra i vincitori tanti consiglieri comunali, di maggioranza e opposizione (a cominciare da Gianluca Quadrana), in un clima bipartisan che anche il Sindaco Alemanno ha voluto elogiare, insieme ad alcuni commessi comunali tra cui Antonio Sciarpa ex giocatore della Lazio. A Maurizio Berruti, consigliere comunale PDL, 63 anni, la palma del più “anziano” del torneo, anche se da quanto visto in campo nessuno l’avrebbe detto. Annunciati tra le formazioni, anche se poi qualcuno ha preferito accomodarsi in tribuna o al limite sedersi in panchina, tanti rappresentanti del Consiglio Comunale, tra i quali Pierluigi Fioretti, Giordano Tredicine, Dario Rossin, Fabrizio Santori, Samuele Piccolo, Antonio Gazzellone, Giorgio Ciardi, Federico Rocca, Andrea De Priamo, Francesco De Micheli, Marco Di Cosimo, Ugo Cassone. Tra i protagonisti del torneo, anche Massimiliano Ciccocelli, consigliere del VI Municipio e neo giornalista, che ha siglato 2 reti in 2 gare ed è diventato il capocannoniere della giornata. Ha scelto invece di guidare dalla panchina la squadra dei Sostenitori Roma/Lazio Romano Giovannetti, capo segreteria dell’Assessore alle Attività Produttive e Rifiuti della Regione Lazio Pietro Di Paolo. Ad aprire i ringraziamenti ai partecipanti, è stato Alessandro Cochi: «Ci siamo prefissati con tutti i consiglieri di riportare il sorriso che Massimo aveva in aula e fuori in tutte quelle situazioni di disagio compresa la finalità di questa partita.Voglio ringraziare ancora Giuliano Giannichedda, un campione di calcio che ha fatto un gesto bellissimo il giorno del suo matrimonio decidendo che la sua lista di

nozze fosse tutta a favore della Fondazione Massimiliano Parsi». Dopo un lungo applauso, Cochi ha consegnato la maglia n. 26 della squadra del Campidoglio con sulle spalle il nome Parsi ad Ernesto, il papà di Massimiliano, perchè «è come se lui giocasse ancora con noi» .Gli ha fatto eco il Sindaco Alemanno: «Vedo l’immagine positiva di consiglieri di maggioranza e opposizione che giocano insieme – ha commentato al centro del campo e questo mi fa molto piacere dopo giornate tristi che abbiamo avuto in Consiglio. È un’altra magia e un altro regalo di Massimiliano: questo ragazzo continua a dare segnali positivi continuando a stare in mezzo a noi anche se in un’altra maniera. Massimiliano era un ragazzo del sorriso, dell’amicizia, del fare politica ed aveva una grande voglia di vivere. Per questo lo ricordiamo così e cerchiamo di trarre ancora energia dal suo esempio».

La squadra di Roma Capitale, vincitrice del torneo

Barbara Parsi tra il Sindaco Alemanno e l’ex giocatore di Lazio e Juventus, Giuliano Giannichedda

LE SQUADRE IN CAMPO Barbara, la moglie di Massimiliano Parsi con il nipotino Diego

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Sostenitori Roma/Lazio: Valerio Della Bella, Giuseppe Servilio, Luigi Servilio, Giovannino Lostia, Stefano Dente, Giulio Lucarelli, Mirko Ciolli, Andrea Bifulco, Giuliano Giannichedda, Daniele Cafalaggi, Massimo Ciolli, Davide Buccioni, Luca Bacaloni, Gianni Serranò. Amici di Massimiliano: Paolo Tolla, Stefano Meloni, Marco Troiani, Massimiliano Mancini, Edoardo Liuni, Roberto Piergiovanni, Valerio Cribbaro, Andrea Candela, Stefano Gargani, Luciano Di Fulvio, Clemente Ambosino Luca Liuni, Andrea Troiani. Roma Capitale: Francesco Bacconi, Stefano Qalloni, Maurizio Berruti, Simone Turbolente, Godoy Sanchez, Federico Rocca, Massimo Segatori, Andrea Ricci, Massimiliano Ciccocelli, Stefano Nobili, Claudio Belletti, Antonio Sciarpa, Sandro Giannangeli, Gianluca Quadrana, Alessandro Vannini Scatoli. Arbitri Asi: Sig. Drovandi Enio. Assistenti Arbitrali: Signore Giada Fedeli ed Aurelia Balan. IV Uomo: Sig. Stefano Sabatini.



VALENTINA VEZZALI «Per me questo riconoscimento vale l’oro, anche se mi sto allenando per vincerlo davvero. Da piccola mi hanno insegnato il rispetto per la bandiera e sapevo l’inno a memoria, come mio figlio che a tre anni già lo canticchiava…»

di Federico PASQUALI foto Getty Images

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l Comitato Olimpico Nazionale Italiano ha scelto: la portabandiera azzurra dei Giochi olimpici di Londra 2012 sarà Valentina Vezzali. Scelta azzeccata, indiscutibile, insindacabile. Vezzali non è solo il mito della scherma mondiale, ma è una delle più grandi interpreti dello sport di sempre. Per i suoi infiniti successi, per il suo essere sempre al top in ogni gara, che sia un campionato italiano o una Olimpiade, per il suo attaccamento alla bandiera, per il suo essere mamma. Lei è la 7ª portabandiera azzurra della scherma ai Giochi olimpici: un doppio riconoscimento, a lei e alla disciplina più medagliata dei Giochi? «Per me è stato un onore essere tra le papabili e poi infine la prescelta. L’ho già detto ma mi piace ripeterlo: portare la bandiera del nostro Paese in un momento come questo è una responsabilità notevole che però affronto con la voglia di far vedere al Mondo l’orgoglio di essere italiani. Ringrazio il CONI per aver pensato a me per questo ruolo, al Presidente, Giovanni Petrucci ed al Segretario Generale, Raffaele Pagnozzi. Ritengo sia anche un riconoscimento per la scherma italiana, una disciplina che – credetemi – onora l’Italia e fa suonare l’inno di Mameli in tutte le competizioni ed in ogni parte del Mondo».


Degli schermidori (Nadi, Gaudini, Mangiarotti due volte, Delfino) e schermitrici (Trillini) che l’hanno preceduta, chi sceglie come simbolo di questo sport? «Senza dubbio Edoardo Mangiarotti. La sua morte ci ha profondamente colpiti perché per noi c’è sempre stato. E’ come se ti venisse a mancare una certezza. Lui è un simbolo di tenacia, voglia di vincere e talento, ma anche di passione per questo sport e per lo spirito olimpico. Basti pensare che, come mi ha raccontato il Presidente federale Giorgio

Scarso, era entusiasta per avere già in mano l’accredito per Londra, che sarebbe stata la sua 18esima Olimpiade. Lui è stato anche un personaggio a me caro. Ricordo i suoi racconti di una scherma d’altri tempi, delle Olimpiadi d’altri tempi e tutto questo mi commuovo. A Londra sarà con noi. Io spero di poter riuscire a raccogliere appieno la sua eredità, anche come alfiere, ma anche per il senso della sua umanità e del suo essere un fuoriclasse».

Il gap nel medagliere uomini-donne si va riducendo grazie a campionesse come lei: come rappresentanza invece…. Lei è la sola quarta donna portabandiera? «Io spero di poter rappresentare le donne italiane che riescono a raggiungere traguardi importanti, con spirito di sacrificio e non rinunciando ad essere madri, mogli e figlie. Per il resto, speriamo di incrementare il medagliere al femminile, ma soprattutto quello azzurro».

PRIMA DI LEI, TRE LE DONNE PORTABANDIERA NELLA STORIA Helsinki 1952 Miranda Cicognani Ginnastica

Los Angeles 1984 Sara Simeoni Atletica

Atlanta 1996 Giovanna Trillini Scherma


spq ort Delle tre portabandiera (Cicognani, Simeoni, Trillini) che l’hanno preceduta chi sceglie come simbolo dello sport femminile? «Non è semplice. Ciascuna di loro ha dato tanto allo sport italiano e soprattutto è stata simbolo dell’essere sportiva al femminile. Credo che ciascuna, nel suo periodo, abbia meritato di essere portabandiera dell’Italia rappresentando tutto lo sport italiano». Cosa ci farà con quella bandiera che porterà alla cerimonia di apertura? «Per intanto sto pensando ad evitare di scivolare o di inciampare, poi dopo a quello che mi attende il giorno immediatamente successivo alla cerimonia di apertura. Per il resto, al momento, non penso ad altro!» Con il suo “incarico” rappresenterà l’Italia intera, dunque avrà ancor più responsabilità rispetto alle altre partecipazioni ai Giochi. Come vincerà la tensione della cerimonia di apertura? «Io credo che si tratterà di un’emozione unica che ogni atleta sogna. Ricordo Giovanna (Trillini, ndr) ad Atlanta ’96 ed alla sua emozione, così come ricordo anche Yuri Chechi ed Antonio Rossi, con quale gioia camminavano davanti a tutti. Sono abituata alle tensioni ed a gestirle, ma credo che quella del 27 luglio sarà una sensazione mai provata e che non proverò mai. Sono pronta a godermela fino in fondo». Quale atleta (donna) sceglierebbe quale portabandiera per i Giochi del 2016? «Lo sport italiano, fortunatamente, può contare su un lotto assai ampio di atleti ed atlete che lo possono rappresentare al meglio. Ecco anche perché sono profondamente onorata che la scelta sia caduta su di me. Ad esempio, dei tanti nomi fatti in questo periodo, alcuni potranno riproporsi anche tra quattro anni. Sempre ammesso che non si pensi ad un uomo. Sono convinta che, comunque, il CONI saprà scegliere per il meglio, considerando che ha in mano il polso dello sport italiano». Una curiosità: a quanti anni ha imparato a memoria l’inno italiano? «Ero piccolina e sin dalle prime gare di scher-

ma a cui ho partecipato i miei genitori ed il mio primo maestro, Ezio Triccoli, mi hanno sempre insegnato il rispetto della bandiera, del nostro Paese e, quindi, dell’inno. Ho provato anche con mio figlio ed è stata un’emozione quando, a tre anni canticchiava già a memoria l’inno di Mameli quando lo sentiva in tv o dal vivo alle mie gare».

vi da raggiungere, così anch’io possa essere per le schermitrici più giovani, un modello ed uno stimolo a fare meglio.

Ha detto: “è come aver vinto un’altra medaglia”. A Londra mica si accontenterà di rappresentare l’Italia con la bandiera… Tutta Italia aspetta di vederla esultare… «- risata – Mi sto allenando per questo e per rappresentare al meglio l’Italia sia con la bandiera in mano e sia in pedana». Lei è una leggenda del fioretto e in assoluto dello sport, con un altro oro diventerebbe un mito: è pronta a entrare nel club…? «Queste sono statistiche e definizioni che lascio ai giornalisti o agli appassionati. Personalmente so che ogni volta che prendo in mano un fioretto ed indosso la maschera, il mio obiettivo è quello di vincere. Porsi obiettivi e fare di tutto per conquistarli. Il resto viene dopo». Ha vinto medaglie olimpiche in quattro continenti (America, Australia, Europa e Asia), impresa riuscita a pochi atleti nella storia: Le secca che non ci siano mai stati Giochi in Africa, avrebbe potuto chiudere il grande slam mondiale. «Non ci avevo mai pensato! (risata)». Onestamente, potrà mai esserci un’altra Valentina Vezzali in futuro? «Mi auguro che come le grandi schermitrici e sportive che mi hanno preceduto sono state per me dei modelli e degli obietti-

PARALIMPIADI LONDRA 2012 Oscar De Pellegrin sarà il portabandiera dell'Italia ai Giochi di Londra 2012. Il Presidente del CIp Luca Pancalli ha così commentato l’incarico: «È il giusto premio a un grande atleta e un grande uomo». La prima battuta del portabandiera invece è stata: De Pellegrin: «Un'emozione fortissima, unica».

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COSÌ È ENTRATA NELLA STORIA È l’atleta italiana che ha vinto di più oro arg bro Giochi olimpici 5 1 1 Mondiali 13 5 3 Europei 10 4 2 Universiadi 5 3 0 Giochi del Mediterraneo 2 0 0 Totale 35 12 6 Coppa del Mondo di scherma: 11 trofei


Prima Londra e… poi si vedrà di Giovanni MALAGÒ foto Getty Images a chiamano cobra: «Perché in pedana non regalo niente. Studio le mosse delle avversarie e poi colpisco». Ma a vederla senza fioretto in mano, i lunghi capelli biondi, i sandali, Valentina Vezzali non dà per nulla l’idea di un rettile. Casomai di un gatto. Il viso un po’ triangolare e gli occhi grandi. Vigili, chiarissimi. «Di soprannomi me ne hanno dati tanti. A volte cobra, a volte mangusta». Sorride: «L’importante, in ogni caso, è muoversi in fretta». Nata a Jesi il 14 febbraio 1974, un bambino di sei anni, Pietro, un marito calciatore, Mimmo Giugliano, Valentina Vezzali, la donna che ha battuto tutti i record della scherma, l’unica a vincere tre Olimpiadi una dopo l’altra, combatte a spada tratta con il tempo: non ne ha mai abbastanza. Appena può corre da suo figlio («è a casa che mi aspetta»). A meno che non lo abbia portato con sè, come accade quasi sempre. Lo faceva salire sul podio a ogni medaglia, poi la Federazione ha detto basta: «Pazienza». Tanto è lì, a un passo, che la guarda: «Preferisce giocare a calcio, ma intanto mi urla dei consigli». Tre ori olimpici individuali consecutivi, più altri due con il dream team, 5 titoli mondiali, 5 traguardi europei, 10 coppe del mondo, 11 anni al primo posto nel ranking. Quattordici volte campionessa italiana. Medaglie a pioggia, a valanga. «Ma ora sarebbe bello allargare la famiglia, vorrei un altro figlio». Spiega: «Prima Pietro non voleva saperne, ora ha detto che accetterebbe un fratellino. A me piacerebbe dargli una sorella, però sarebbe chiedergli troppo: come si fa a giocare con una femmina?». Trentotto anni, 35 medaglie, un secondogenito in programma. Eppure non è detto che le Olimpiadi 2012 saranno le ultime. Alza le spalle.«Mai dire mai. Il percorso è ancora lungo. Prima Londra, dopo si vedrà». Di sicuro se si mette in testa una cosa nulla può fermarla. «Quando ho avuto Pietro sono stata a casa nove mesi. Ho preso 20 kg. Però 18 giorni dopo il parto ho ricominciato ad allenarmi. Un mese e mezzo più tardi, ho raggiunto il peso forma». E ha ricominciato a vincere. Fioretto e biberon: «Allattavo ancora». Una poppata, tante stoccate, una medaglia. Ci vuole coraggio, per ributtarsi nella mischia dopo un parto. «Ma io sono tenace, molto», ammette. Racconta le sue giornate scandite dagli allenamenti. Cinque ore al giorno, costi quel che costi, più 400 chilometri almeno due volte la settimana perché da

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spq ort Jesi raggiunge il suo maestro, Giulio Tomassini, a Terni. Cobra? Macché. Però Valentina Vezzali sa come si fa a cambiare pelle. Passa da una all’altra con la rapidità di un assalto. Eccola, mentre s’infila il giubbetto elettrico che le copre il petto, esile e un po’ asettica nella divisa bianca. Scende dalla pedana e s’infila il tacco 12 («nessun problema, visto?»), anima uno stage di scherma, parla di sport a un convegno e poi sparisce nel nulla: deve organizzare il compleanno di Pietro («si è bambini una volta sola»). La insegui, tra un ritiro e un affondo, su la maschera, giù la maschera («la mia vita è fatta di tante parti, l’atleta, la mamma, la moglie e alla fine, quando vado a letto, voglio averle interpretate tutte nel migliore dei modi»), a volte più che un duello è un corpo a corpo: «Ma ho dimostrato che si può diventare madri senza smettere di essere atlete e che si può vincere un Mondiale a quattro mesi dal parto». DA PICCOLA VOLEVA FARE LA BALLERINA Ottobre 2005, per Pietro è il quarto mese di vita, per sua madre il quarto oro mondiale. Dopo quello di Seoul (1999), Nimes (2001) e L’Havana (2003), Valentina Vezzali arriva a Lipsia per dimostrare che nulla è cambiato. Che, nonostante l’anno di pausa, è ancora quella di sempre. Non è più nel ranking mondiale, nel gotha delle magnifiche sedici, le migliori qualificate di diritto: lei, nonostante tutte le sue medaglie, la qualificazione deve conquistarsela. E non è facile. È la prima volta che lascia a casa suo figlio. Giulio Tomassini non sta bene ed è ricoverato in ospedale. Eppure, un turno dopo l’altro, arriva ai quarti di finale. «Ero già contenta di essere lì, partecipare era comunque una vittoria, mai mi sarei aspettata una medaglia d’oro». Potrebbe accontentarsi, giusto? Se lo ripete. Quasi quasi si convince. Invece, scatta qualcosa. Ogni volta che sale in pedana, 30 anni di affondi e di agonismo tornano a galla come certe canzoni che ti restano annidate dentro. E’ come un ballo. E’ il ritmo di un feroce minuetto, pose eleganti, guizzi, mosse aggraziate e rapidissime: un inno

di guerra per arpa e clavicembalo. Valentina Vezzali, che da piccola voleva fare la ballerina e quando si batte danza sulle punte dei fioretti, elimina la coreana Hyun Hee Nam, l’ungherese Edina Kanpek e affronta la finale contro la tedesca Anja Muller. Ed è un duello da romanzo. La dimostrazione che puoi essere stanca, le braccia a pezzi, le gambe irrigidite dallo sforzo, puoi ritrovarti sotto per 6-2, perdere terreno, ma nulla può battere il carat-

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reintegro delle atlete-madri nella stessa posizione di partenza: grazie a me le donne hanno guadagnato dei diritti. È passato il principio che, per fare sport, non devi rinunciare più ad avere una vita privata». Sensi di colpa? Superati: «Il pediatra, dopo il parto, mi ha detto che i bambini sentono se le madri sono felici oppure no: conta anche la qualità del tempo che passi accanto a loro. E poi Pietro è quasi sempre con me: mi fa

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Ricordo di aver parlato con Josefa Idem che aveva fatto un mondiale dopo aver avuto un figlio. Mi ha incoraggiato, sostenuto: ce l'ho fatta!

tere. («Io non mollo mai», ammette). È una rimonta feroce, sofferta, combattuta con i denti stretti e il fiato corto dietro la maschera. A 37 secondi dal termine sono 10 a 10: si va al minuto supplementare. È così sfinita da non rendersi conto che la priorità è stata assegnata all’avversaria: per vincere, deve toccare. Cartellino giallo per la Muller. L’incontro riprende. E lei passa all’attacco. Negli ultimi trenta secondi piazza la stoccata vincente: 1110. Il suo urlo di vittoria, liberatorio, trionfante, ha qualcosa di primordiale. Riporta a Kipling e al libro della giungla: un po’ cobra, un po’ mangusta. LEI COME LA IDEM. IMMORTALI NELLA STORIA L’aveva detto. Sarò madre. Una sfida annunciata dopo le Olimpiadi di Atene, nell’agosto 2004. «Avrò un figlio e sarò di nuovo in forma per i Mondiali». Una battaglia cominciata subito dopo il parto. Combattuta contro le riserve di chi, sotto sotto, pensa che “la solita” Vezzali voglia troppo. Nella vita, cara mia, bisogna scegliere. Ma chi ti credi essere? «Quando infrangi un tabù tante persone sono scettiche. Ricordo di aver parlato con Josefa Idem, la grande canoista, anche lei aveva fatto un mondiale dopo un figlio: mi ha sostenuto, incoraggiato. Ce l’ho fatta. Ma la cosa di cui vado più fiera è che dopo Lipsia la Federazione ha inserito una norma nello statuto che prevede il PORTABANDIERA OLIMPICI | 39

sentire più forte, nei momenti importanti fa la differenza. A volte mi capita di vederlo piangere perché devo lasciarlo a casa, ma lui capisce: è orgoglioso di sua madre e da grande, quando capirà ancora meglio cosa ho fatto, lo sarà ancora di più. “Mio figlio è fiero di me”, mi dico. E questo aiuta». Una vittoria, quella di Lipsia, dedicata a tutte le madri del mondo da una madre che va di fretta, sempre di corsa. Che nella borsa, quel giorno, nasconde un giocattolo del suo bambino, una tartaruga di pezza.

COSÌ SI VINCONO CINQUE MEDAGLIE OLIMPICHE «Lo sport è una metafora della vita», dice. Sarà per questo che si batte sempre come se ogni punta che la tocca aprisse ferite reali, buchi nella carne, non solo nell’orgoglio. Lotta fino all’ultimo sangue su una lingua di legno che sembra sospesa nel vuoto, una passerella sull’abisso, chi sbaglia precipita, una delle due è di troppo. E’ così che si arriva a vincere cinque medaglie olimpiche (tre ori di fila, un argento e un bronzo) e sei medaglie d’oro individuali ai Mondiali. L’ultimo, ottobre 2011, a Catania. «Una vittoria sofferta, importante, perché al di là del risultato ho ritrovato me stessa, la cosa che più conta. Dopo due anni in cui rischiavo di perdere fiducia nelle mie capacità, ho superato i dubbi, ho recuperato la serenità, mi sono la-


sciata alle spalle i momenti difficili». Problemi personali, rapporti complicati. Cambiamenti nello staff, con l’uscita di scena della sua preparatrice atletica. Ma soprattutto una rivincita su chi ha cercato di attentare al suo trono: giovani rivali come Elisa Di Francisca, classe 1982, anche lei di Jesi, anche lei nelle Fiamme Oro della polizia, che le ha sottratto lo scettro ai Mondiali di Parigi (2010) e agli europei di Sheffield (2011). Irruente, irriverente, ha dimostrato più volte di non temerla, si è mostrata pronta alle schermaglie a distanza («Valentina Vezzali non sa perdere»). A Catania restituisce il titolo, travolta da una grandinata di stoccate: 6-0 subito, 14-7 a chiudere. Un regolamento di conti. Valentina, detta il killer, minimizza: «Le giovani sono cresciute, ti stanno col fiato sul collo, ma è giusto così, sono contenta. Sempre più spesso, negli ultimi anni, le finali si combattono tra italiane e questo mi fa enormemente piacere, vuol dire che la nostra scuola è tra le migliori al mondo e che le medaglie per l’Italia saranno due, l’oro e l’argento». Ma quell’urlo finale, sull’ultima stoccata, non lascia dubbi: «Con quel grido ho tirato fuori tutto quello che avevo accumulato dentro, adesso sono finalmente tranquilla. Erano tre anni che non vincevo un mondiale e quello era l’ultimo prima delle Olimpiadi, ero determinata, carica. Ho provato un senso di liberazione». IL DUELLO CON GIOVANNA TRILLINI Un duello che aspettavano in molti. E che riporta alla mente una sfida del passato, che comincia già negli anni dell’adolescenza, quella con Giovanna Trillini, oro alle Olimpiadi di Barcellona, quattro anni di più, la regina da battere quando era lei la giovane sfidante che incalza. «La conoscevo da sempre, eravamo entrambe allieve del maestro Triccoli, a Jesi. Ma quando ti metti la maschera poco importa chi c’è dell’altra parte: chiunque sia devi confrontarti e batterti». E alla fine l’urlo di trionfo, spiega, sarà esattamente lo stesso, amica o nemica, italiana o straniera. «Ci siamo incontrate in finale ai Giochi di Atene 2004, dopo esserci “inseguite” nel corso di tanti Mondiali». RicorPORTABANDIERA OLIMPICI | 40

da quando all’inizio, in palestra, cercava invano di batterla («Ma è dalle sconfitte che s’impara a vincere»).Un incontro affrontato con il cuore il gola e il mondo che guarda, lo stadio di Atene immerso in un irreale silenzio. Fino a una vittoria inseguita, braccata, sofferta, strappata all’ultimo secondo, 15 a 11: «Dopo mandarono in onda un filmato in cui Triccoli, il nostro maestro, parlava di noi poco prima di morire: diceva che io e Giovanna avremmo dovuto fare un primo e un secondo posto alle Olimpiadi, perché noi due eravamo le più forti al mondo». L'ORGOGLIO DI ESSERE ITALIANA Giovanna Trillini è stata portabandiera ai giochi di Atlanta. Valentina Vezzali tra le favorite per l’olimpiade di Londra ha dichiarato: «Io sono orgogliosa di essere italiana, la cosa più bella, per me, è avvolgermi nel tricolore dopo una vittoria negli angoli più disparati del mondo. Entrare allo stadio olimpico e rappresentare la tua nazione è la cosa più bella che esista». Il passo indietro di Federica Pellegrini, che teme di affaticarsi troppo prima della gara? «Avrà avuto le sue ragioni, ogni atleta ha le sue esigenze e non sta a me giudicare. La Pellegrini, Alessandra Sensini, Josefa Idem... è comunque bello che ci siano tante grandi atlete candidate a quel ruolo, tante donne che stanno segnando la storia dello sport in Italia». Un sorpasso rosa che serpeggia da una disciplina all’altra. «Però non riesco a vederla come una vittoria delle donne sugli uomini. Lo sport dev’essere bello a 360 gradi, mi auguro che anche i maschi tornino a vincere, abbiamo bisogno di un tutti per portare la cultura dello sport nelle case degli italiani. Dietro il “sorpasso” c’è anche questo: un cambiamento culturale. Ricordo che in prima elementare ero l’unica bimba a fare sport. Era considerata una cosa da maschi. Oggi le ragazzine che fanno un’attività sportiva sono la regola, non l’eccezione. Ma non è solo una questione di numeri. Le donne sono anche più determinate: abituate a gestirsi la famiglia e la carriera, superano mille difficoltà, riescono a organizzarsi, tengono duro. Una tenacia che si riflette sui risultati».


spq ort KILLER, MA SOLO IN PEDANA Misura, tempo e velocità. Sono i tre elementi della scherma. «Perfettamente equilibrati e interconnessi», spiega. «Presi separatamente non bastano, altrimenti non tocchi». La misura è la distanza tra i due avversari. Saperla controllare, trovare quella giusta, permette di colpire senza essere colpiti. Assicura la difesa e consente la stoccata. Si allunga, si accorcia, a volte si annulla: tempo e velocità, se non sai mantenere le distanze, non ti bastano. Valentina Vezzali sembra calcolarla con un metro invisibile, stabilirla con precisione millimetrica. Eppure è capitato anche a lei di lasciare a qualcuno la possibilità di avvicinarsi troppo. E di ferirla. «Il mio difetto è che non so dire di no: ho un carattere fondamentalmente buono. Killer? Solo in pedana. Non bisognerebbe permettere a chiunque di starci vicino, non dovremmo dar peso alle parole di chi non abbiamo saputo tenere alla giusta distanza». Un bravo schermidore è una regola che conosce bene: «È come attraversare la strada: se non vuoi farti investire, devi farlo al momento giusto, alla velocità giusta e calcolando a che distanza è la prossima macchina». In pedana devi avere occhio, tempismo, rapidità. Nella vita anche. Ma senza maschera è più difficile, a volte. Dai ricordi di Valentina Vezzali si materializza una ragazzina sottile, pallida, il visino aguzzo. Il genere di bambina che viene chiamata “scricciolo”. Ma guai ad abbassare la guardia. Comincia a tirare a sei anni. A dieci è già un’eterea macchina da guerra. Frequenta il Club Scherma Jesi, la scuola di Ezio Triccoli, il maestro marchigiano che ha rivoluzionato la storia del fioretto: una autentica leggenda di questo sport. Prigioniero di guerra, impara tirare nel campo di Zonderwater, in Sudafrica, dove il colonnello Hendrik Fredrik Prinsloo incoraggia i soldati rinchiusi- soprattutto italiania praticare sport: lui si costruisce una spada con mezzi di fortuna e diventa istruttore ad honorem di un vero e proprio gruppo schermistico nato tra le baracche.Tornato a Jesi dopo la Liberazione, apre una piccola palestra che, nonostante la diffidenza della

scherma ufficiale, critica verso le sue spericolate innovazioni, diventerà una fabbrica di futuri campioni: Valentina ci entra per accompagnare Nathalie, la sorella maggiore, che a 11 anni si prepara alle prime competizioni. Dimentica le bambole e incontra la passione di una vita. Tra gli allievi ci sono anche Giovanna Trillini, all’epoca 10 anni, nipote del maestro, e un ragazzino che diventerà prima un campione olimpico, poi l’

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Di lei hanno detto che vuole solo vincere: «Ma io dello sport accetto tutto, anche i momenti difficili, la fatica, le sconfitte». Ha vinto tutto, Valentina Vezzali, ma ancora adesso, a chiederle quali sono le medaglie che hanno lasciato il segno, quelle che passano gli anni ma non si scordano, ricorda quel primo campionato italiano, categorie prime lame, vinto a Roma a 10 anni, con il padre che la guarda eliminare un’avversaria dopo l’ altra, quello

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Mi hanno insegnato che, con o senza fioretto in mano, bisogna fare il proprio dovere fino all'ultimo. Dare il massimo. Non lasciare nulla al caso

allenatore del dream team, Stefano Cerioni. «A Ezio Triccoli devo tutto, è lui che mi ha inculcato le basi per costruire i piccoli miracoli di questi anni. Era una persona d’altri tempi, un omone con i baffi rossi, austero, a cui davamo del lei, che pretendeva il massimo rispetto. Era molto rigido, quando diceva una cosa dovevi ubbidire ciecamente, ma da ognuno di noi riusciva a tirare fuori le migliori caratteristiche: io ero attendista, Giovanna attaccante, Cerioni aggressivo… Lui individuava il tuo carattere e quel che toccava diventava oro. Se andavi male a scuola non ti faceva entrare in palestra: voleva che ti applicassi nella vita come nello sport, su questo era inflessibile. Per me è stato come un padre. Ma un padre severo». IL SECONDO È IL PRIMO DEGLI SCONFITTI “Mai accontentarsi” diceva il suo maestro. “Il secondo è il primo degli sconfitti” diceva suo padre. «Entrambi mi hanno insegnato che l’importante, con o senza fioretto in mano, è fare il tuo dovere fino all’ultimo. Dare il massimo. Non lasciar nulla al caso, mai. E reagire sempre. È stato Triccoli a spiegarmi che la scherma è come la vita, in pedana incontri degli avversari, nella vita delle avversità, e devi essere in grado di affrontarli. Puoi anche non diventare mai un campione, però non puoi rinunciare a provarci». PORTABANDIERA OLIMPICI | 41

scricciolo di figlia, e alla fine le corre incontro e la stringe forte, la tiene stretta. «Nemmeno il tempo di togliermi la maschera e mi fece volare in aria, una sensazione unica, che mi è rimasta impressa nella mente». Un padre che, scomparso nel 1989, quando lei ha solo 15 anni, lascia dietro di sé un buco nell’anima, una lama che si pianta nel cuore e te lo spacca. Nathalie abbandona la scherma, lei non molla: il fioretto è un appiglio, una promessa di giorni più sereni, la consapevolezza che suo padre, se ci fosse, vorrebbe vederla vincere. E allora avanti. A livello giovanile è un podio dopo l’altro. Tre ori su tre nei campionati del mondo cadetti dall’89 al 91. Due ori agli Europei. Altri due nei Mondiali giovani. Quattro ori alle Universiadi. Dura, implacabile, lo scricciolo ti studia, aspetta l’attimo di smarrimento e ti distrugge. Non ha fretta, sa attendere. Nessuna le fa paura. Tranne se stessa. In passato le è capitato di andare benissimo e poi di bloccarsi al momento della gara decisiva. Come quando, nel ‘93, ad Essen, il suo primo mondiale assoluto, arriva solo sesta dopo aver trionfato, tre mesi prima, ai mondiali under 20 di Denver. «Mi capitava di battere qualcuno a occhi chiusi e poi di perderci al primo incontro importante. È una questione di testa. Il difficile non è solo vincere ma ripetersi nel tempo, essere continui, il carico sulle spalle aumenta, diventa pesante. Poi mi sono


sbloccata. E ho imparato che le sconfitte fanno male ma sono salutari: dopo, la vittoria ha un sapore migliore». IL PRIMO ORO A SIDNEY 2000 Il primo oro olimpico lo conquista a Sydney, nel 2000. E lo dedica a Triccoli, che se n’è andato nel ‘96. Avrebbe voluto farlo già ai Giochi di Atlanta, due mesi dopo la scomparsa del maestro. Ma alle sue prime Olimpiadi sul campo (a Barcellona, nel 92, è riserva in patria) deve accontentarsi dell’argento, battuta in finale dalla romena Laura Badea. L’oro, ad Atlanta, arriva comunque nella competizione a squadre. Una vittoria memorabile, combattuta con Giovanna Trillini e Francesca Bortolozzi, fianco a fianco: ma il trionfo con il dream team non le basta. Quando a Sydney straccia in finale 155 Rita Koenig sente di aver chiuso un conto rimasto aperto troppo a lungo. La tedesca paga per tutti: 1-0, 2-0, 62, 7-2. Bisogna dar retta al maestro: puntare sempre al massimo. Da allora, alle Olimpiadi, non si è più accontentata: oro a Sydney, oro ad Atene e oro a Pechino. A nessuna donna, in qualunque disciplina olimpica, è mai riuscita una simile tripletta. La terza volta non si scorda mai, ammette.«Un momento speciale». Un’altra delle sue incredibili vittorie in extremis, strappata alla coreana Hyunhee, in vantaggio 5 a 4 a pochi secondi dalla fine e trafitta da due fulminee stoccate. «Le mie Olimpiadi più belle, perché oltre al podio d’oro con me c’era, per la prima volta, mio figlio Pietro».

FORTE IN PEDANA MA NELLA VITA... Vincere. Sì, vuole vincere e allora? Perché quando combatti il mondo si riduce al cerchio che ti disegni intorno, tu al centro, il fioretto come il braccio di un compasso. Vincere. A costo di sentirsi dire che Valentina Vezzali è una specie di robot: «Invece non è vero, giù dalla pedana non sono affatto implacabile e fredda». Cobra? «Nomignoli perchè in gara io non perdono, ma in quei momenti io mi trasformo, divento una persona completamente diversa. Nella vita sono emotiva, mi commuovo guardando un film triste, basta una parola a ferirmi e a farmi piangere». Killer dai nervi di acciaio? «No, Vale dalla lacrima facile. Sono una donna disordinata e una madre apprensiva, ho sempre paura che Pietro possa ammalarsi, di notte mi alzo trecento volte a controllarlo, a vedere se è coperto, se è scoperto, se fa freddo o sta sudando». Scuote la testa: «Chi mi conosce lo sa. In me c’è un lato infantile: quando gioco con mio figlio divento bambina anch’io. Sono impulsiva, combino pasticci». Confessa: «Nel 2001 ho dimenticato su un taxi di Pechino la medaglia che avevo vinto alle Universiadi. E ho fatto cadere per terra, rompendola in mille pezzi, la medaglia d’oro dei mondiali di Lipsia. Chi s’immaginava che la parte centrale fosse di ceramica?». Ride, Valentina Vezzali, che si commuove persino guardando i cartoni animati di Walt Disney. Che quando vince si sente Kung Fu Panda e per

È stato presentato nel Salone d'Onore del Coni, il libro “Storie di sport, storie di donne” scritto da Giovanni Malagò, imprenditore e presidente del circolo Canottieri Aniene, assieme alla giornalista Nicoletta Melone. Alla presentazione hanno preso parte, tra gli altri, il presidente del Coni Gianni Petrucci e il segretario generale Pagnozzi. Il volume di Malagò racconta la storia di tanti sport, calcio escluso, e soprattutto quella di tante atlete azzurre che negli ultimi 20 anni hanno regalato successi e medaglie all'Italia: si viaggia quindi da Deborah Compagnoni a Flavia Pennetta, da Valentina Vezzali a Tania Cagnotto sino alle campionesse paralimpiche Annalisa Minetti e Giusy Versace.

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spiegare cosa le succede durante quelle incredibili rimonte spiega: «È come uno stato di grazia, pensi senza pensare, se ragioni troppo ti toccano, vedi, prevedi e ti lasci trasportare: sono come mio figlio che gioca con i suoi supereroi ai giardini pubblici, completamente immersa in un mondo a parte, trovi una chiave magica, entri e diventa tutto facile». Parla e dietro la maschera s’intravede il profilo di una bambina magra, affamata di affetto, che cerca negli altri un padre perduto. Convinta che l’amore vada conquistato a spada tratta. A fendenti, a stoccate. «La perdita di papà a 15 anni ha segnato molto la mia crescita, mi è venuta a mancare una figura importante e l’ho cercata negli altri, ma quello che ti può dare un padre non può dartelo nessuno. Il dolore resta, la vita per fortuna continua e ho trovato un marito che è davvero la mia anima gemella: a volte si litiga, non sono sempre rose e fiori, ma anche se il vuoto ci sarà sempre ho saputo andare avanti». Ha incontrato Domenico Giugliano alle universiadi del ‘99: puntava a un pallanuotista, confessa, invece torna con due ori e un fidanzato centrocampista. Nel giugno 2002 diventano marito e moglie. Lui gioca nel Fabriano, lei di pallone non capisce niente. Ma giura che no, non ce l’ha con il mondo del calcio che monopolizza l’attenzione degli italiani e relega gli altri sport in serie b, sullo sfondo: «A me non importa, se il grande pubblico guarda le partite e non la scherma, io faccio questo sport perche mi piace, perché


spq ort ci credo, lo faccio per me stessa e per chi, come me, lo ama e lo comprende. E poi non è più come una volta, non si vive più di pane e pallone: qualcosa lentamente sta cambiando». Non ha mai avuto dubbi, Valentina Vezzali, mai una volta che abbia detto «adesso mollo». «Se no non sarei qui, avrei smesso. Però ho avuto paura di dover lasciare e non per mia scelta: è successo quando nel 2006, a un anno dal parto, mi sono rotta il crociato. Sembrava la fine. Invece sono riuscita e riprendermi». Battersi è la sua vita, da sempre. Non sa che cosa farà quando smette. «Mi piacerebbe ri-

manere nel campo ma non escludo niente». Nemmeno la politica («Sì, me l’hanno chiesto, tengo aperte tutte le porte poi sceglierò che strada prendere»). La famosa battuta in tv («presidente da lei mi farei toccare»), quando regalò un fioretto a Berlusconi a “Porta a porta”? «Una gag: “toccare” nella scherma ha un significato ben diverso». Per il momento la politica e le sue insidie possono attendere. C’è un’Olimpiade dietro l’angolo. Le nuove leve incalzano? Pensano che le veterane come lei, Josefa Idem o Alessandra Sensini dovrebbero farsi da parte? «Il bello dello sport è che si va per

meritocrazia. Se siamo qui, se restiamo sulla breccia, vuol dire che ce lo siamo guadagnato». Ai mondiali di Catania ha combattuto in semifinale con l’americana Lee Kiefer, una ragazzina di 17 anni. Vent’anni di differenza e un abisso: «Era così carina, pareva una bambina. Mio marito mi ha detto che, guardandomi, sembrava che giocassi, bastone e carota, come se in certi momenti colpire duro mi dispiacesse». Addio alle armi? Il tempo è dalla sua parte. Non ticchetta. Combatte al suo fianco, la lama del fioretto dritta come una lancetta.


Portabandiera nella storia I portabandiera italiani ai Giochi olimpici estivi sono stati 20 in tutto, inclusa la Vezzali. Sedici uomini e quattro donne. Ugo Frigerio e Edoardo Mangiarotti sono stati gli unici ad aver ricevuto per due volte l’incarico. Il primo portabandiera è stato il ginnasta Alberto Braglia ad Anversa 1912. La prima donna, invece, è stata la ginnasta Miranda Cicognani ai Giochi di Helsinki 1952

Anversa 1920 Nedo Nadi Scherma

Parigi 1924 Los Angeles 1932 Ugo Frigerio Atletica Berlino 1936 Giulio Gaudini Scherma

Stoccolma 1912 Alberto Braglia Ginnastica

Amsterdam 1928 Carlo Galimberti Sollevamento Pesi

Londra 1948 Giovanni Rocca Atletica

Melbourne 1956 Roma 1960 Edoardo Mangiarotti Scherma

Tokyo 1964 Giuseppe Delfino Scherma


MontrĂŠal 1976 Klaus Dibiasi Tuffi Atene 2004 Jury Chechi Ginnastica

Sydney 2000 Carlton Myers Basket

Pechino 2008 Antonio Rossi Canoa Barcellona 1992 Giuseppe Abbagnale Canottaggio

CittĂ del Messico 1968 Raimondo d'Inzeo Equitazione

Monaco di Baviera 1972 Abdon Pamich Atletica

Seoul 1988 Pietro Mennea Atletica


di Massimo IZZI

Dove poteva vedere la luce se non nell’abitazione privata di Italo Foschi, il fondatore? Dopo lunghe ricerche e documentazioni, che certificano la sede di dove tutto ebbe inizio in Via ForlÏ 16, la Società giallorossa ha ufficialmente fatto richiesta per il posizionamento di una targa commemorativa


spq ort a più antica pubblicazione, ad oggi conosciuta, riguardante la storia della Roma, venne pubblicata nel settembre del 1928 a cura dell’Ufficio Stampa e Propaganda dell’AS Roma. Si trattava di un agile opuscolo di 25 pagine 2, stampato dalla Tipografia Poliglotta L’Universale, in vista dell’inizio del torneo calcistico 1928/29 e si occupava di ricostruire le origini delle Società che fondendosi avevano dato vita alla Roma, presentando inoltre una breve panoramica delle attività sociali e degli uomini che animavano i quadri tecnici della neonata giallorossa. Questa pubblicazione, non riportava però la data di fondazione della Società, né quella della prima gara (anche se veniva ricordato che questo evento si era consumato contro gli ungheresi dell’Ute). Fra il novembre 1953 e l’aprile 1954, edito della Casa Editrice Olimpia, Ezio Saini firmava i 20 fascicoli settimanali de: “La Storia illustrata della Roma“. L’opera, forte di 512 pagine, era, fino a quel momento, il più ambizioso tentativo di ricostruire la storia della Roma dalle origini sino alle ultime vicende sportive. Saini, che era anche riuscito ad ottenere una prefazione del Presidente Sacerdoti, aveva anche avuto accesso agli archivi sociali. A pagina 11 dell’opera di Saini, si poteva chiaramente leggere che la Roma era nata nel giugno del 1927, ma l’autore, purtroppo, non specificava il giorno. A pagina 17 del medesimo fascicolo, Saini pubblicava inoltre la riproduzione dell’Ordine del giorno numero 1 della società giallorossa, datato 22 luglio 1927. Il documento, all’epoca quasi sicuramente conservato nella sede sociale di Via del Quirinale 21 o messo a disposizione da uno dei molti dirigenti che permanevano nei ranghi sociali dal 1927 (come Renato Sacerdoti, Piero e Giorgio Crostarosa, Renato Turchi, Cesare Pajella e Vincenzo Biancone), era correttamente presentato da Saini come un documento dattiloscritto che fissava: “La distribuzione delle cariche sociali ”. L’opera di Saini era (e lo è tutt’ora) un punto di riferimento imprescindibile nella Bibliografia dedicata alla AS Roma, purtroppo alcuni di quelli che la adottarono come punto di partenza delle proprie ricerche dimostrò di non saperla leggere correttamente. Ecco dunque che, quando nel 1967 Gianni Lazotti pubblica per l’Editrice Italiana Roma, il suo “I 40 anni della Roma 5”, riproduce l’Ordine del giorno numero 1, pubblicato da Saini quattordici anni prima, presentandolo come l’atto di nascita della AS Roma. Il suo racconto partito da un travisamento, veniva infarcito di arbitrarie e mendaci ricostruzioni, che lasciavano intendere come il giorno 22 luglio. in Via Uffici del Vicario (prima sede della Roma, dove venne materialmente realizzato l’ordine del giorno numero 1), si fosse tenuta una riunione culminata nella fusione delle tre società calcistiche capitoline, con tanto di brindisi finale. A questo punto, falsamente individuata una data di nascita, la verità venne ancor più occultata con

L

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una ulteriore falsificazione. Reperito, probabilmente negli archivi sociali, il frammento di una pagina del Messaggero 6 (frammento in cui non era leggibile la data) che dava notizia della fusione fra Alba, Fortitudo, Roman, le pubblicazioni dedicate alla Roma, cominciarono arbitrariamente a riprodurre il suddetto articolo datandolo erroneamente, come tratto dall’edizione del 23 luglio 1927. Tale erronea versione sulle origini della Roma si affermerà però, definitivamente, solo a partire dalla metà degli Anni ’80. È interessante far notare infatti il nutrito numero di pubblicazioni in cui la data viene correttamente riportata (su tutte, per prestigio, non possiamo tralasciare Il Calcio illustrato del 28 luglio 1955). Il 7 giugno 1977, inoltre, il quotidiano romano Il Messaggero, pubblicò una lunga intervista a Fulvio Bernardini (“Fulvio ricorda”), proprio per celebrare il mezzo secolo della Lupa. Ancora in occasione della celebrazione ufficiale per il 50° anniversario di fondazione del Club, tenuta al Palazzetto dello Sport di Roma il 21 dicembre 1977 la data del 7 giugno 1927 era correttamente ricordata. Proprio in quel giorno, ancora Il Messaggero pubblicò un


articolo a firma Piero Di Biagio in cui si leggeva: «La data precisa che sanciva la fusione tra Fortitudo, Alba e Roman risale al 7 giugno 1927». Una volta compreso come e quando si è accreditata negli anni l’erronea tradizione della nascita della Roma il 22 luglio 1927 in Via Uffici del Vicario, si può iniziare a dimostrare come tali punti di riferimento siano assolutamente erronei. Una rapida visita all’emeroteca della Biblioteca Nazionale ci conferma che il 23 luglio, né Il Messaggero, né nessun altro quotidiano capitolino o nazionale pubblicò nessun articolo dedicato alla nascita della Roma. Tali articoli, come vedremo più approfonditamente in seguito, compreso il famoso pezzo de Il Messaggero, erano stati infatti pubblicati nelle edizioni dell’8 giugno 1927. L’analisi dell’Ordine del giorno numero 1 ci consente di fare altre interessanti osservazioni. Questo foglio dattiloscritto, realizzato in più copie, fissava l’organigramma della Società e individuava le nomine delle personalità chiamate a far parte delle tre commissioni (Sede – Tecnica & Finanza), che avrebbero dovuto permettere alla società di sviluppare le proprie attività. Ci sembra il caso di riprodurre esattamente il testo del documento: “Associazione Sportiva Roma–Via Uffici del Vicario n. 35 . Roma 22 luglio 1927 Ordine del giorno n.1 Presi accordi con l’Amministratore Delegato On. Igliori e sentito il parere del Presidente Onorario Comm. Umberto Guglielmotti, ho concretato le norme esecutive per la costituzione dell’Associazione Sportiva Roma e di conseguenza ho proceduto alla nomina delle seguenti cariche: • Segretario – Sig. Bartoli Sebastiano • Segretario amministrativo – Sig. Turchi Renato (locali, sede e soci) • Amministratore contabile Rag. Cesare Pajella. • Commissione Sede: Ho confermato i sigg. Avv. Piero Crostarosa, Dr. Giorgio Crostarosa, Cav. Barbiani Ugo, sig. Turchi Renato con le funzioni di direttore. • Commissione Tecnica: Presidente – Avv. Piero Crostarosa; Commissari; Sig. Baldoni Danilo – Sig. Bartoli Sebastiano (con funzioni di segretario) sig. Bianconi Vincenzo, Sig. De Bernardinis Amerigo, Sig. Stinchelli Giuseppe. • Commissione di Finanza: Presidente Comm. Giammei Enrico – Segretario: Rag. Cesare Conti – Membri: Comm. Alessio Ettore, Comm. Belletti Antonio, Comm. Brandt Ulrico, Dr. Giorgio Crostarosa, Comm. De Lellis Giuseppe, Ing. Fabio De Rossi, Comm. Fraschetti, Comm. Gagliardini Augusto, Comm. Iachia Alberto, Conte Mannucci Guido, Comm. Rosa Carlito, Marchese

Giovanni Sacchetti, Comm. Renato Sacerdoti, Comm. Tacchini, Comm. Vio Ruffo Maria. Mi riservo nominare quanto prima i componenti il Consiglio Direttivo”. Occorre subito dire che nell’originale non appare la firma in calce del presidente Italo Foschi (cosa che sarebbe stata francamente inspiegabile se si fosse trattato dell’atto di fondazione della Società), ma solo quella del Segretario della Società Sebastiano Bartoli. Copie del documento vennero inviate ai giornali (Il Popolo di Roma ne diede conto il 27 luglio in un articolo intitolato: “Le cariche dell’AS Roma”), e ai membri designati da Italo Foschi a far parte delle Commissioni societarie. Abbiamo piena conferma di questo particolare per il reperimento del carteggio intercorso fra il Marchese Giovanni Sacchetti (indicato da Foschi come membro della Commissione Finanza) e la AS Roma. Tale carteggio, da me scoperto nell’Archivio Sacchetti, comprende copia dell’Ordine del giorno numero 1, (accompagnato da altro foglio dattiloscritto firmato dal Segretario della Commissione Finanza, Cesare Conti, che informava il Marchese dell’investitura onorifica ricevuta) e la minuta della risposta del Marchese che dichiarava di aver appreso dal Messaggero del 27 luglio della nomina e che rifiutava per impegni personali. Il particolare ci permette di asserire che a Via Uffici del Vicario, quel giorno, non erano certamente presenti tutti i membri delle commissioni e che anzi alcuni non erano neanche informati della loro nomina, come ci conferma che l’Ordine del giorno numero 1 non era un esemplare unico, ma una circolare prodotta in più esemplari e recapitata agli organi di stampa e ai membri delle commissioni. Il fatto è confermato anche da una fonte indiretta di grande rilevanza. Nel 1977, l’allora Presidente della Roma, Gaetano Anzalone, affidò al giornalista dell’Ansa Enrico Mania, il compito di realizzare un libro celebrativo sui cinquanta anni della AS Roma. Anzalone mise a disposizione di Mania quello che rimaneva degli archivi sociali (destinati negli anni a venire ad essere definitivamente dispersi), verbali, documenti e il materiale raccolto dal Direttore Sportivo Vincenzo Biancone. Tale documentazione includeva anche la copia dell’Ordine del giorno numero 1 e due biglietti dattiloscritti stilati con la data del 25 luglio. Nel primo si leggeva: “Per norma della S.V.Ill.ma e per la parte che la concerne ho il pregio di comunicarle l’unito Ordine del Giorno”, nel secondo: “Si prega di volersi trovare domani alle ore 21:30 nei locali sociali di Via Uffici del Vi-

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spq ort

cario 35. Sarà presente il Comm. Italo Foschi che prega di non mancare”. Entrambi i foglietti, così come l’Ordine del Giorno numero 1, erano firmati unicamente dal Segretario Sebastiano Bartoli. A conferma dell’intenso lavoro di segreteria svolto in questi giorni, non ci sembra inutile ricordare come il 7 agosto 1927, Il Messaggero pubblicasse il seguente comunicato dell’AS Roma: “L’Associazione Sportiva Roma comunica: a tutti coloro che hanno già appartenuto alla SS Alba – Audace, alla SGS Fortitudo Pro Roma e al Football Club di Roma è stata inviata nei giorni scorsi una circolare e la scheda di adesione”. Questo significava che da Via Uffici del Vicario, fra la seconda decade di luglio e la prima di agosto, erano partite decine di circolari (solo gli atleti tesserati nelle varie categorie della sezione calcio che disputeranno almeno una gara erano 66, e c’erano poi gli atleti della sezione ciclismo e atletica), fra cui anche quelle contenenti l’Ordine del Giorno numero 1 del 22 luglio 1927, che certo non era l’atto di fondazione della Società.

Se anche, ostinatamente, non si volesse prendere atto di nessuna di queste inconfutabili testimonianze, c’è un altro elemento da considerare. La AS Roma, in data 16 e 17 luglio 1927, (quindi, rispettivamente, sei e cinque giorni prima della data del 22 luglio erroneamente indicata come data di nascita del club), disputò due partite contro la squadra ungherese dell’UTE, ampiamente documentate dalla stampa dell’epoca 11. La Roma affrontò le due gare (la prima pareggiata e la seconda vinta), davanti a un nutritissimo pubblico accorso al Motovelodromo Appio. In seguito a quanto ricostruito e documentato, possiamo stabilire con certezza storica che la Roma non venne fondata il 22 luglio a Via Uffici del Vicario. Che giocò le sue prime partite il 16 e 17 luglio e che il documento denominato Ordine del Giorno numero 1, venne prodotto in più esemplari e destinato a rendere noto l’organigramma sociale e non a sancire la fusione dei tre club che avevano dato vita alla Roma. A questo punto rimane da capire quando, dove e come nacque veramente la AS Roma.

GENEALOGIA

SS ALBA AUDACE

SS FORTITUDO PRO-ROMA ROMAN

CR JUVENTUS AUDAX

US PRO-ROMA US ROMANA

FC ESPERIA AUDACE FC ESPERIA

SS PRO-ROMA

CS ARDOR SS ALBA

SGS FORTITUDO

SS JUVENTUS ROMA

FC “AIGLON” ROBUR IN FIDE

AUDACE CS

ROMAN



Quarto appuntamento sul mondo dei tifosi e delle coreografie nelle curve romane specchio di un’epoca e di una società

PROTAGONISTA, LA GENTE

U

no sguardo indietro, al calcio che fu. E compaiono come d’incanto i fumogeni dall’odore acre. Tanti anni prima dell’attuale legislazione di emergenza i ragazzi italiani sono stati allevati da un asilo chiamato”ultras”, che ha cresciuto, con poche eccezioni, le ultime generazioni, dai tardi Anni Sessanta in poi. La folla diveniva, come raramente prima d’ora, protagonista di una passione idealizzata. Dietro quelle foto, la moltitudine di storie, i piccoli aneddoti di gruppi, gli adolescenti, tanti, e gli adulti, qualcuno. E allora dall’archivio della memoria tiriamo fuori alcuni scatti che in grado di raccontare un’epoca, per l’unica soddisfazione di un momento, di quando il fumo si dirada e dietro, eccolo, lo spettacolo. Se questo giornale decide di occuparsi di coreografie (veramente potremmo chiamarle scenografie, ma lasciamo l’errore nel solco della tradizione) della nostra città, oltre che dei grandi campioni, è proprio per dare un senso, una voce, una dimensione a questa capacità di aggregazione. Che, stavolta, lo sport lo vede un po’ in lontananza, quasi verniciato sullo sfondo come la coreografia di un teatro. Come quelle foto in cui giganteggiano bandieroni, sotto i quali si vedono scaldarsi piccoli giocatori, che saltellano roteando nervosamente le braccia, mentre aspettano il fischio d’inizio. Non sono loro i protagonisti, in quel momento. Solo comparse passeggere.

a cura di Luca ALEANDRI * Sociologo


E

ccolo, il calcio che ti sembra sempre lì incapace di cambiare, perché, si dice “è conservatore”. Invece ti accorgi che basta uno scatto e ti ritrovi catapultato in un’altra dimensione, di stadi pieni e bandiere, fumogeni e cori. Questa rubrica ha, nelle precedenti puntate, parlato delle scenografie che a Roma hanno raggiunto livelli di eccellenza. Vera icona del mondo ultras che negli Anni Settanta si era sviluppato fino ad organizzarsi negli Anni Ottanta giungendo a vette impensabili pochi anni prima. Le coreografie, cioè spettacoli collettivi generalmente allestiti per l’ingresso in campo delle squadre, rappresentarono il momento di massima visibilità dei gruppi. Forse lo spirito dei tempi si riassumeva perfettamente in quei colori innalzati: immagini di coreografie campeggiavano un po’ ovunque e se qualche purista privilegiava trasferte in terra nemica, per la massa erano gli spettacoli della curva l’aspetto migliore delle curve di allora. I gruppi vivevano negli Anni Ottanta uno dei momenti migliori in tutta la lunghissima epopea del tifo organizzato italiano (in Italia, tra l’altro, i movimenti giovanili portano i protagonisti fino alla pensione: il ‘68 da noi è durato 15 anni, in Fran-

cia 15 giorni). Migliaia di aderenti, un impatto sulle generazioni più giovani davvero penetrante, se è vero come è vero che scritte di gruppi campeggiavano su quasi tutti gli zainetti studenteschi, anche di coloro che difficilmente si recavano allo stadio. Trasferte di massa, molto prima dei tornelli e della tessera del tifoso, treni speciali, carovane di pullman. E poi l’entusiasmo dilagante di curve popolate da migliaia di mani, gole, braccia levate. I giocatori che correvano dopo un gol verso i tifosi, inseguiti dai fotografi, che erano tanti, tantissimi, e che qualche volta dimenticavano di scattare per inseguire l’eroe dell’attimo, affannandosi sul tartan inutile di un’atletica che era più rara della cometa di Halley. Ma i gruppi ultras (o ultrà, a Roma la distinzione aveva un peso particolare), come dimostrano questi scatti, non erano solo coreografie, cioè organizzazione diretta dall’alto. Erano anche, e forse soprattutto sorretti da un entusiasmo generazionale, donato a un calcio che, allora come oggi, forse non lo meritava. Ma il bello dei tempi era questo: il calcio come identità fortissima, e in verità la squadra passava quasi in secondo


piano: riconoscersi nel proprio gruppo, nella propria curva aveva una valenza fortissima. La bellezza del pubblico di allora, anche se rivisto con gli occhi di oggi, e attraverso la lente deformata di una memoria a cui i ricordi personali moltiplicano i difetti, stava in quella partecipazione che questi due scatti rievocano molto bene. Due squadre, allora (siamo nel 1983) molto diverse per ambizioni sportive, sebbene ambedue vincenti: la Roma festeggia addirittura la conquista del suo secondo scudetto, la Lazio è impegnata in un match decisivo per tornare in serie A, dopo la serie B a cui è stata condannata per le vicende dello scandalo scommesse del 1980. La folla è quella delle grandi occasioni. Eppure non sono i successi sportivi a spiegare la capacità aggregativa del tifo ultras. La generazione giovane dei primi Ottanta è a cavallo tra quella rifluita

Campionato di calcio - Serie A - 30ª giornata ROMA: Tancredi (55’ Superchi), Nela, Vierchowod, Ancelotti, Falcão, Maldera, Iorio (75’ Giovannelli), Prohaska, Pruzzo, Di Bartolomei, B. Conti. All.: Liedholm TORINO: Terraneo (78’ Copparoni), Corradini, Beruatto, G. Ferri, Danova, Galbiati, Torrisi, Dossena, Selvaggi, Hernandez, Borghi (46’ Comi). All.: Borsellini Marcature: 20’ rig. Pruzzo,36’ Falcão, 82’ Hernandez,85’ B. Conti. Arbitro: Binciardi. Note: I giallorossi vincono con una giornata di anticipo il loro secondo scudetto, pareggiando fuoricasa con il Genoa. L'ultima partita è una storica passerella all'Olimpico con il Torino. Dopo quarantuno anni la Roma torna ad essere campione d'Italia.Per la prima volta, dopo i fatti legati a Paparelli, tornò allo stadio lo striscione «Commando Ultrà Curva Sud». Spettatori: 80.000


dall’impegno politico che perde improvvisamente e irrimediabilmente energia ed interesse e quella che invece ha bisogno di nuovi momenti di coesione. Sullo sfondo l’enorme diffusione della droga. Leggera, ma anche pesante, con la tragica consuetudine dell’eroina, che riempie le piazze e le cronache di lutti. Non si parla, invece, di cocaina, la droga dei ricchi. Come dire che non è roba per mortali, a parte forse qualche occasione eccezionale. L’Italia ha vinto inaspettatamente il Mondiale di calcio, ed è come lo squillo del 7° Cavalleggeri nei film western. Il segnale, chiaro, di un paese che esce dalle macerie del decennio precedente. Costruttivo, forse, per le grandi tensioni morali, ideali, ma anche impegnativo per il prezzo che il belpaese ha pagato all’incertezza. Ma ora il Made in Italy si rilancia alla grande, il tunnel sembra finito e tra i giovani la moda impazza: a Milano il movimento dei paninari fa degli emuli anche a Roma, sebbene con le dovute modifiche. È un fenomeno di costume fortissimo, al quale vengono dedicate perfino riviste e macchiette comiche in tra-

smissioni televisive di successo. I ragazzi si radunano intorno alle neonate paninoteche, di stile americano, e sempre Made in Usa sono molti degli articoli che diventano un must: dalle meteore delle camicie hawaiane (colorate e decorate con motivi floreali e palme), al giubbotto di pelle Schott, oltre ovviamente ai jeans Levi’s. Ha successo, breve ma irresistibile, il marchio di El Charro, ispirato a un look “vaquero” che diventa di ordinanza per folle intere. Lo stadio domenicale è altrettanto obbligato. Come detto, le folle del calcio viaggiano a gonfie vele; stadi ancora pieni, la radio si rimpalla la linea mentre la sera squarci di filmati permettono ai giovani tifosi di monitorare gli spostamenti dei rivali, le loro presenze nelle partite in trasferte, un campionato parallelo organizzato dai grandi a cui si può partecipare pagando solo il (ancora abbastanza modico) prezzo del biglietto. I soloni discettano, preoccupati di fenomeni di violenza che non mancano, va detto, domenicalmente, inseguendosi per i quattro angoli della penisola. Una rivista sportiva diffusissima, il Guerin Spor-


tivo, ospita corrispondenze di tifosi che scambiano foto del tifo e le immagini delle curve difficilmente mancano dal resoconto fotografico di una partita. Il pubblico è croce e delizia del mondo del calcio, però la partecipazione è straordinaria. Le curve si ingegnano in fumate multicolore, le bandiere si espandono (in qualche caos copriranno tutta o buona parte della curva) e anche i cosiddetti “bandieroni” (di sei metri X cinque i più grandi, sorreti da aste da pesca o tubi di plastica) vanno rapidamente diffondendosi. Lo spettacolo di ogni domenica è davvero quello di una grande cornice, anche quando l’evento non giustificherebbe tanto entusiasmo. Colse bene il senso della folla Nick Hornby, che scrisse “Il pubblico paga per vedere chi urla. Senza, non sarebbe la stessa cosa”. Un ammonimento che qualcuno, forse, avrebbe dovuto tenere più a mente.

LAZIO-CATANIA 2-1 (05/05/1983) Campionato di Serie B 1982/83 - 17ª giornata LAZIO: Orsi, Podavini, Saltarelli (33' Miele), Vella, Pochesci, Spinozzi, Ambu, Manfredonia (55' Marini), Giordano, D'Amico, Badiani. A disp. Moscatelli, Sciarpa, Chiodi. All. Morrone. CATANIA: Sorrentino, C.Ranieri, Mosti, M.Giovanelli, Chinellato (67' Barozzi), Mastropasqua, Morra II, Mastalli, Cantarutti, Crusco, Crialesi. A disp. Onorati, Ciampoli, Marino, Gamberini. All. Di Marzio. Arbitro: Menicucci (Firenze). Marcatori: 13' Giordano (rig), 27' Crialesi, 65' Mastropasqua (aut). Note: giornata di caldo afoso con punte di 37°. Sono stati usati degli idranti per refrigerare i tifosi stipati fin dalle ore 12.00. Oltre 15.000 i tifosi catanesi giunti da ogni parte d'Italia. Numerosi gli interventi degli addetti al pronto soccorso per malori, specialmente dopo il raddoppio della Lazio. Terreno in perfette condizioni. Numerosi e violenti tafferugli prima, durante e dopo la partita, sia all'interno che all'esterno dello stadio. Espulso Pochesci. Spettatori: 75.000 circa di cui oltre 15.000 tifosi del Catania.


Cavaliere della Repubblica per meriti sportivi, grazie alla sua attività la Federnuoto ha elaborato un regolamento per dare organicità all’attività del fondo. Il riconoscimento gli è arrivato grazie ad una serie di imprese uniche nel suo genere quali le traversate della Manica a delfino, o la Baia-Rio de Janeiro a delfino nonché la Ustica-Palermo e lo stretto di Gibilterra, sempre a delfino. Ha iniziato l’attività nel ’58 con la Lazio, campione italiano e primatista juniores dei 400 e 1.500 stile libero. Poi ha ripreso a nuotare nel fondo dopo sedici anni durante i quali si era dedicato alla sua professione. Tra l’altro ha nuotato andata e ritorno lo Stretto di Messina in stile libero e successivamente a delfino infine adoperando i quattro stili con un tempo complessivo di 5.13’5”. Ha partecipato cinque volte alla Capri-Napoli, cinque volte alla traversata del Nilo, quattro volte alla Baja-Torregaveta, tre volte alla Starigrad-Kabal (Jugoslavia) ed alla Rio Corona in Argentina, prova sulla distanza di 66 km.

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o hanno definito in mille maniere. Dopo ogni traversata, ecco spuntare un soprannome, un nomignolo, adeguati ovviamente,alla performance di cui s’è reso protagonista. Per anni Gianni Golini è stato “lo squalo”, grazie alla risolutezza e all’intelligenza con le quali affrontava il mare e con le quali, in qualche caso, era costretto a respingere e vincere la lotta con i venti e con le onde. E ancora oggi a chi gli ricorda le galoppate negli specchi d’acqua del mondo, il nostro campione risponde con un sorriso e con un senso di gratitudine. Golini, insomma, prova piacere ad essere identificato come il primo, e forse l’unico, ad aver affrontato il mare aperto a delfino, uno stile che gli atleti riservano esclusivamente alle corsie di una vasca da gara. Dunque, “l’uomo chiamato delfino”, come lo ricordano gli addetti ai lavori e non, è un appellativo che al nostro calza a pennello, e che lo inorgoglisce, perché nuotare in questo stile è decisamente più faticoso e più rischioso che non sbracciarsi nella maniera classica, più semplice e… più libera, per arrivare a toccare la plancia fissata all’arrivo.

Dover 33 km

Calais

Da Calais a Dover, dalla Francia all'Inghilterra sfidando il canale della Manica. La storia di un uomo che ha compiuto imprese considerate uniche

Il suo palmares è fitto di avvenimenti e di successi, ma dalle cronache delle gare effettuate emergono anche i rischi corsi nelle meravigliose avventure affrontate, nelle quali Golini ha dovuto, più volte, fare i conti con gli imprevisti che lo hanno messo in difficoltà. Come quella volta, eravamo nel 1976, praticamente agli inizi della sua proficua attività, in cui fu inseguito da uno squalo, prontamente catturato dai pescatori di una barca d’appoggio, sulla traversata dello stretto di Messina, o come in quell’altra occasione, quando fu costretto a ritirarsi perché abbandonato di notte nel Canale della Manica dalla barca inglese che, al contrario, avrebbe dovuto dargli assistenza. Come tutti i ragazzi anche Golini ha iniziato in piscina. Nel lontano 1958 le prime bracciate alla Libertas, allenatore Franco Baccini, grande protago-

La traversata unisce a nuoto l'Inghilterra alla Francia in corrispondenza di quello che è il punto di minima distanza dell'Inghilterra dal Continente tra Calais e Dover. La distanza lineare sarebbe di “soli” 33 km, ma il più delle volte non è così, le incredibili correnti che agitano questo tratto di mare lo rendono sempre impetuoso tanto da avere registrato nella storia delle sue traversate anche qualche episodio drammatico. Questa “classica” si nuota senza muta, con una durata dell'impresa variabile tra le 9 e le 13 ore nelle gelide acque del Canale che non superano mai i 17°C.

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di Silio ROSSI foto archivio Golini nista della pallanuoto di quei tempi. Siccome prometteva bene, quasi immediato fu l’interessamento della Lazio, una società che vantava già dei campioni. Con la guida di Enzo Zabberoni e ancora di Franco Baccini, che era il vice allenatore, avendo per compagni già dalla juniores protagonisti come Moroli, Guerrini, Gionta, Vallone ed altri, per Golini sono arrivati subito i primi successi con la conquista della medaglia più importante ai campionati italiani di quella categoria, la staffetta 4x100 e 4x200 stile libero. Successo bissato anche l’anno dopo sempre nelle due specialità. E non era tutto, perché oltre a vincere le gare, Golini stabilì in entrambe il primato nazionale della categoria. Tanto cloro, tanta piscina al Foro Italico, o in giro per l’Italia alla conquista dei primi record: medaglie e riconoscimenti che Golini tiene chiusi in una grande bacheca e che guarda ormai con enorme rimpianto, ma anche con un pizzico di soddisfazione «Se non altro - racconta - quando ho voglia, mi metto davanti a questa vetrinetta e riavvolgo il film della mia vita sportiva». In effetti senza i sacrifici e le esperienze fatte Gianni non avrebbe potuto mai affermarsi e conquistare il mondo nei più difficili attraversamenti a mare aperto. Fu proprio la facilità di movimento, unita ad una specifica saggezza tattica, a fargli capire che il suo futuro in acqua sarebbe stato completato, ed avrebbe avuto


successo soltanto mulinando le braccia nelle lunghe distanze. Prime gare nel 1974, prime avvisaglie che quella sarebbe stata la sua attività sportiva nel 1976, con record da prendere nella giusta considerazione: «In estate al Circeo - spiega - una scommessa fatta con alcuni amici a nuotare dietro ad un motoscafo. Andai sotto i 15 minuti per percorrere mille metri. Ci ho creduto soltanto quando ho visto il cronometro». Una volta immagazzinata la strategia e messi a punto gli automatismi che gli consentissero di accusare una fatica minore, a fronte delle solite lunghe distanze, Golini ha scoperto il suo personale “uovo di Colombo”, la tattica migliore che lo accompagnasse negli innumerevoli successi negli specchi d’acqua più impervi di tutto il mondo: Argentina, Brasile, Francia, Inghilterra, Spagna, Egitto, Siria ed ovviamente Italia. Le sue imprese sono state considerate “uniche”, come lo sono stati i record conseguiti dal 1976 al 1988: «Ho iniziato - racconta - con una classica, l’attraversamento dello stretto di Messina e con un record, nuotando a stile libero nel percorso andata e ritorno, in pratica dieci chilometri di mare, facendo fermare il cronometro a 1 ora, 43 minuti e 3 secondi e, sempre nello

stesso percorso e stessa distanza, ma nuotando a delfino, in 2 ore, 23 minuti e 56 secondi. Per qualche anno ho scelto quel tratto di mare come la mia vera sede di allenamento, sapendo, però, che, prima o poi quel tragitto mi sarebbe andato stretto e che sarei stato affascinato da altri e più difficili percorsi internazionali. Anche se l’anno ho stabilito un nuovo record, ancora valido, partendo da Punta Faro a Messina per arrivare a Reggio Calabria: distanza coperta quattro volte nella stessa giornata, tutto di seguito nei canonici quattro stili del nuoto. Il tempo? 5 ore 13 minuti e 55 secondi». La prima trasferta porta il nostro campione ai 34 chilometri che separano Calais dalla Scogliera di Dover. «Ho voluto provare questa esperienza che tutti mi sconsigliavano perché considerata difficile perché piena di pericoli. Era ottobre del 1979, mi ero allenato con grandissimo impegno perché volevo vincere la sfida con me stesso e con chi mi diceva di non provarci. I giornali italiani parlavano di pazzia allo stato puro, quelli inglesi, probabilmente più abituati a gente che mette in gioco il corpo in improbabili performance, mostrarono grande attenzione e simpatia verso questo straniero che, se gli riusciva, entrava in una sorta di galleria degli uomini illustri. Per copri-

In veste di anfitrione fa gli onori alla principessa Marina Doria e nella Lazio, con Moroli, Gionta, Guerrini e Vallone, nella squadra juniores nel 1960

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re quella distanza ci misi 19 ore, 37 minuti e 53 secondi. Il giorno dopo il mio delfino fu celebrato da parecchi organi di informazione e dalla presenza all’arrivo di mister Scott, ministro dello sport del governo inglese. Ovviamente della gara e delle feste ricevute finita la faticata dei 34 chilometri conservo i ritagli». Il suo incedere in acqua, un crescendo rossiniano. Dovunque, con la solita tecnica e, chiaramente, con quel suo stile felpato a pelo d’acqua, Gianni Golini ha messo la firma su parecchi “stretti”. Un’apoteosi lunga tredici anni, prima che un banale ma dolorosissimo incidente stradale, con tanto di coma assistito e con risveglio dopo quattro giorni dalla brutta esperienza, lo togliesse dall’attività agonistica per restituirlo dopo qualche tempo risanato, ma ovviamente non più con lo smalto dei giorni migliori. «Il mio programma di lavoro prevedeva un salto in Thailandia per una traversata impegnativa. Mi ero preparato bene, ma il destino era dietro l’angolo. Diciamo che s’era nascosto in via Portuense, un’auto m’è venuta addosso dritto per dritto, mi ha sbalzato per aria, ho sentito una grande botta. Un tonfo indescrivibile. Immediatamente ho avvertito un forte dolore. Sono stato ricoverato in coma nel reparto di terapia intensiva, mi sono svegliato dopo quattro giorni, realizzando, immediatamente, che avrei smesso di nuotare. Avevo 43 anni, ma ero ancora nel pieno delle forze. Ricordo che tutti i giornali si occuparono del mio caso. Da atleta mi piaceva la prima pagina, da malato, ovviamente, presi ad odiarla». Una volta recuperate le energie l’atleta ha nuovamente provato a dare schiaffi all’acqua. L’incidente, purtroppo, oltre che frenarne le forze, ne debilitò anche il desiderio. Golini ha fatto il professionista a tutto tondo. Allenamenti mirati di circa cinque ore al giorno ed una particolare cura del personale, intesa come attenzione all’alimentazione, al fumo e a quant’altro per un atleta diventano tentazioni, ma che, chi vuole riuscire, è obbligato a tenere a debita distanza,


soprattutto a ridosso di una importante manifestazione. Addio, dunque, alla Mortella-Cannitello-Messina Porto, o ai 24 chilometri che dalla Spagna, nello stretto di Gibilterra, portano in Marocco, oppure addio alle varie nuotate sulla rotta Napoli-Capri, o in quella tra Ustica e Palermo. Addio alle belle nuotate in Siria sulla distanza da Jablam-Lattakia, 36 chilometri tutti sul Nilo, alla traversata, a delfino, delle Bocche di Bonifacio, con partenza da Capo Pertusato, in Corsica, a Santa Teresa di Gallura, e poi dall’Isola della Serpentara a Villasimius, o alla Ponza-Terracina. Basta, purtroppo, con le 18 miglia (33 chilometri) della traversata da Baia a Rio de Janeiro, in cui Golini è stato il primo in assoluto a cimentarsi. Il tutto con record e primati che ancora oggi sono ai primi posti degli annali del nuoto a lunga distanza e reggono l’usura del tempo. O, infine, la rinuncia più dolorosa alla Rio Coronda, in argentina, 66 chilometri valevole come campionato del mondo in Sudamerica. Le tappe della vita sportiva di Golini sono state tante, in altri specchi d’acqua, in altri continenti. Tutto documentato dai risultati omologati, dall’interesse dei media e da quell’enorme parete dello studio dove sono conservati i cimeli più importanti, come il diploma di cittadino onorario di Santa Fè, in Argentina, o quello di cittadino onorario di Ponza e San Felice Circeo, e le altre cose che il Golini, non soltanto il nuotatore, considera il bello della vita. Una volta costretto a lasciare le gare, Gianni Golini ha dedicato il suo tempo alle pubbliche relazioni, rivivendo dall’esterno le soddisfazioni “catturate” con le vittorie: da primo della classe, con l’organizzazione di eventi nelle città più belle d’Italia: migliori alberghi, gratificazioni a non finire. Anche ora che s’è ritagliato un posto nella hall of fame del nuoto e che da anni, dopo aver ricevuto dal Coni la medaglia d’oro al valore atletico, è stato nominato presidente degli Atleti Azzurri d’Italia per la zona Roma Sud. Ruolo che svolge con grande impegno e che lo porta, questa volta da padrone di casa, a premiare atleti, dirigenti sportivi, addetti ai lavori e non delle più importanti discipline olimpiche.

Spettatori da stadio di calcio per la partenza da Santa Fè della maratona Coronda

All’arrivo della traversata della Manica con il ministro dello sport ingelse Scott

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di Andrea ROBERTI foto Cinzia TARISCIOTTI

Per non morire più di sport. Presso la polisportiva Gdc Ponte di Nona è stato consegnato un defibrillatore. Un passo, un segnale importante in una periferia romana, verso un futuro più sicuro

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Nella foto, da sinistra, l’On. Alessandro Cochi, Delegato allo Sport di Roma Capitale, Cinzia Gaglio, Presidente Polisportiva Giardini di Corcolle-Ponte di Nona, Delia Bini Associazione Alessandro Bini Onlus, Domenico Gaglio, dirigente Polisportiva Giardini di Corcolle-Ponte di Nona, Andrea Roberti, Forum Nazionale dei Giovani e Portavoce della campagna “Non mi gioco il cuore”.


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n una bellissima giornata di maggio presso l’impianto sportivo comunale “Gabii” in via Aldo Capitani, il Forum Nazionale dei Giovani nell’ambito della sua campagna nazionale di sensibilizzazione sul tema delle cardiopatie nello sport, insieme al Delegato allo Sport Alessandro Cochi, hanno donato un defibrillatore all’Associazione Giardini di Corcolle - Ponte di Nona: all’evento ha partecipato anche Delia Bini. Un evento fortemente voluto non solo da Roma Capitale, che prima tra tutte le Istituzioni partner della campagna ha creduto a questo progetto, ma soprattutto dal Forum Nazionale dei Giovani, che attraverso la campagna “Non mi gioco il cuore” vuole dare una risposta ai tanti quesiti sulle morti improvvise per sport, in particolar modo dopo i casi degli ultimi tre mesi che hanno

visto riportare alla luce tale problematica (il ricordo dei casi di Muamba salvato grazie al defibrillatore, Bovolenta, Dale Oen e soprattutto Piermario Morosini è ancora vivo nei nostri occhi). Con la campagna “Non mi gioco il cuore” si vuole cercare di avviare un percorso virtuoso di prevenzione e informazione tra tutti i giovani sportivi e non del nostro paese. Con questa campagna non si vuole avere la presunzione di dare una propria risoluzione medica al problema, bensì sensibilizzare l’opinione pubblica e le migliaia di giovani che rappresenta al problema. La morte improvvisa nello sport infatti sopraggiunge in atleti di basso livello agonistico nell’84% dei casi (solo nel 6,4% le vittime erano professionisti); durante l’allenamento nell’89% dei casi contro l’11% delle

IL DAE, DEFIBRILLATORE AUTOMATICO ESTERNO Il defibrillatore semiautomatico (spesso abbreviato con DAE, defibrillatore automatico esterno, o AED, automated external defibrillator) è un dispositivo in grado di effettuare la defibrillazione delle pareti muscolari del cuore in maniera sicura, dal momento che è dotato di sensori per riconoscere l'arresto cardiaco dovuto ad aritmie, fibrillazione ventricolare e tachicardia ventricolare. Il funzionamento avviene per mezzo dell'applicazione di piastre adesive sul petto del paziente. Quando tali elettrodi vengono applicati al paziente, il dispositivo controlla il ritmo cardiaco e - se necessario - si carica e si predispone per la scarica. Quando il defibrillatore è carico, per mezzo di un altoparlante, fornisce le istruzioni all'utente, ricordando che nessuno deve toccare il paziente e che è necessario premere un pulsante per erogare la scarica.

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morti registrate in gara, mentre si era in piena attività sportiva (solo nel 3,6% dei casi il decesso è avvenuto prima di entrare in campo e nell’17,4% immediatamente dopo aver giocato). Ed è proprio da questi dati che Roma Capitale, nella persona del Delegato allo Sport Cochi ha voluto sposare immediatamente questo progetto, attraverso la donazione di alcuni defibrillatori: il secondo verrà consegnato a breve all’Università degli Studi di Roma La Sapienza.

«Il defibrillatore consegnato alla Polisportiva Giardini di Corcolle Ponte di Nona, è un primo importante gesto concreto per garantire attraverso uno strumento fondamentale la salute e il giusto soccorso a chi pratica sport anche a livello non professionistico», è quanto ha dichiarato il Delegato Alessandro Cochi a margine dell’evento. L’impegno dell’Amministrazione di Roma Capitale prosegue incessantemente al fine di garantire all’utenza dello sport di base strutture nuove e funzionali alle esigenze di chi pratica queste attività. La possibilità di scaricare fisicamente delle tensioni accumulate, di tenere allenato il proprio corpo che resta vitale, energico e risponde meglio alle sfide quotidiane, di sentirsi parte di un gruppo e agire per il raggiungimento dell’obiettivo comune, la possibilità di misurare se stessi con gli altri e con i propri limiti devono continuare a contribuire ad appassionare un numero sempre grande di giovani e meno giovani alle attività sportive agonistiche e non, ma tutto ciò deve essere sempre fatto in piena sicurezza, sia di impianto sportivo che di strumentazione e personale formato a margine dei campi di gioco, assicurando tempestivamente l’intervento nei casi di emergenza. Perché nel 2012 non si possa più morire di sport.


Continua il viaggio alla scoperta di chi guida lo sport a Roma, nella Provincia e nella Regione

On. Giulio Pelonzi, Vice Presidente della Commissione Sport di Roma Capitale

AMPLIARE LE NORMATIVE PER MIGLIORARE LO SPORT UNO STRUMENTO PER IL BENESSERE E L’ECONOMIA

appiamo che Lei è un uomo e un di Saverio politico che per il bene dello sport è portato a superare steccati e contrapposizioni. «Sono convinto che ogni uomo politico dovrebbe superare ogni steccato, non solo nello sport ma anche per le questioni e i problemi che attanagliano quotidianamente i cittadini. Di fronte alle grandi questioni che oggi insistono sul nostro Paese, i politici dovrebbero smettere di litigare e lavorare per risolvere le molte esigenze e problematiche di cui ha bisogno Roma e l’Italia».

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Qual è l’attività che svolge il Lazio Club in Campidoglio? «Momentaneamente l’attività è leggermente rallentata, comunque il club da un grosso sostegno alla Polisportiva Lazio e a tutte le sezioni che la compongono. Le sezioni della Polisportiva svolgono un’intensa attività sportiva e sociale, infatti nei vari centri di quartiere risultano dei veri e propri punti di aggregazione, nonché punti di riferimento per molti bambini e cittadini, evidenziando così un ruolo importante nella vita sociale del quartiere. A tale scopo, come Lazio Club, sosteniamo le varie sezioni con aiuti atti al miglioramento delle infrastrutture». In Campidoglio, tra i politici, ci sono più laziali o più romanisti? Come si vive il derby in ‘Aula’? In Campidoglio il numero si equivale, poi ci sono anche mol-

FAGIANI ti juventini e milanisti. Il derby si vive bene, molte scommesse goliardiche che vedono i vari interpreti mantenere fede alla scommessa fatta. Ultimamente il sottoscritto ha dovuto piantare dei fiori giallorossi nel giardino che sta a lato dell’ingresso del Campidoglio. Un’altra volta l’On. Federico Rocca, Presidente del club giallorosso, si è dovuto cimentare in una corsa intorno al Colosseo con indosso la maglia della Lazio. Ci piace scherzare con simpatiche scommesse anche per stemperare gli animi e soprattutto per dare un segnale importante ai vari episodi di violenza che purtroppo continuano a verificarsi negli stadi». Chi è Giulio Pelonzi? «Arrivo alla politica tardi, più o meno nel 2001, prima facevo il giornalista e ricercatore presso l’Università di Roma la Sapienza. Ho iniziato a fare politica dal basso, cominciando dal XVII Municipio come consigliere, questo fino alla elezione del 2006 quando venni eletto nell’Assemblea Capitolina dove attualmente ricopro l’incarico di VicePresidente della Commissione Cultura-Sport. Ricordo sempre con molto piacere che il Municipio XVII ha prodotto politici, oltre al sottoscritto, come l’On. Pomarici e l’On. Parsi». Da giornalista. Qualche suggerimento per la rivista SPQR SPORT che ospita la sua intervista? «La rivista è

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spq ort fatta molto bene e non ha bisogno di suggerimenti, anzi colgo l’occasione per fare i complimenti a chi la realizza. Se alle prossime elezioni vincerà il centrosinistra, come io auspico, la rivista dovrà diventare sempre più uno strumento attivo nel rapporto tra la pubblica Amministrazione e il mondo dello sport a Roma».

I suoi hobby? «L’impegno politico mi porta via molto tempo per cui quel poco tempo che mi rimane lo dedico completamente a studiare, insieme ai miei due bambini, l’astronomia, da non confondere con l’astrologia: mi piace osservare i pianeti, il sistema solare, le stelle».

Qual è l’attività che svolge all’interno della commissione Cultura-Sport? «L’attività che svolgo mi appassiona perché insieme a tutti gli altri componenti stiamo cercando di ampliare gli strumenti normativi che ancora sono limitati creando così difficoltà alle tante associazioni sportive che affrontano notevoli disagi. Modificare e cambiare le normative sono un obiettivo da raggiungere se si vuole far fronte alle esigenze dell’ associazionismo di base e professionistico».

Cosa serve per lo sport a Roma? «A mio avviso servono tre cose su tutte. L’Assessorato allo Sport, fondamentale per una cità come la nostra. Ampliare gli strumenti normativiper migliorare e accrescere le infrastrutture sportive e le attività sportive. Capire che lo sport, così come la cultura, può essere un grande veicolo per trainare il PIL della città, quindi è nostro compito creare le giuste sinergie tra il mondo dell’impresa e quello dell’associazionismo sportivo».

Cosa c’è oltre lo sport? «Oltre lo sport mi appassiona la pianificazione urbana intesa come disegno interdisciplinare della città che valuti l’impatto sociale dei carichi urbanistici e di centralità».

Ha praticato lo sport? «Ho praticato calcio e karate, fino a quando non ho iniziato la politica».

Una partita tra i circoli di Roma e Lazio in Campidoglio

Solidarietà grazie all’impegno della Lazio Basket. La foto, nell'ambito della premiazione “L'integrazione fa canestro” L’On. Pelonzi, nella sua attività per la Commissione Cultura e sport, È con la Prof. Clementina Panella del Dpt di Scienze dell’Antichità, mentre prende visione dei progetti relativi alle indagini archeologiche condotte dall’Università La Sapienza di Roma, in collaborazione con la Soprintendenza Speciale per Beni Archeologici di Roma nell’Area Archeologica Centrale in Piazza del Colosseo e sulle pendici del Palatino

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Il 18 gennaio 1977 il biondo centrocampista della Lazio e della Nazionale perde la vita a causa di un colpo di pistola: un gioielliere crede di subire una rapina e si difende. Come avveniva in quegli anni... di Maurizio MARTUCCI


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Le immagini inedite di una pellicola Rai che non ha mai visto la luce...

isogna ripartire da 35 anni fa per tornare alla sera del 18 gennaio 1977. Quel giorno l’aria di Roma fu scossa da una notizia inaspettata, un fulmine a ciel sereno. Uno dei calciatori più amati della prima Lazio tricolore, uno di quelli che aveva vestito l’azzurro della Nazionale nella spedizione mondiale di Germania ’74, fu beffardamente ucciso in una gioielleria della Collina Fliming. Luciano Re Cecconi, faccia d’angelo, “Cecconetzer” in onore a Gunther

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Netzer – colonna della Germania e del Borussia Monchengladbach morì a 28 anni, 47 giorni dopo Tommaso Maestrelli, stroncato da un male incurabile, più forte del suo coraggio. Era soprannominato il “Saggio” dai compagni di squadra perché Cecco era schivo, un tipo introverso, chiuso. Fu colpito al petto da un colpo di pistola esploso da un orefice. Si chiamava

Bruno Tabocchini, già vittima di una rapina e timoroso di subirne un’altra al punto da vivere col cardiopalmo anche fra le mura del suo negozio di oggetti preziosi. Gli sparò un colpo a brucia pelo, conficcandogli una pallottola letale a pochi millimetri dal

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LA SCHEDA

Re Cecconi era figlio di un muratore, e cominciò in gioventù a lavorare come carrozziere assieme al cugino, giocando a calcio come hobby. Muove i primi passi sul campo polveroso dell'oratorio di Sant'Ilario Milanese (Nerviano). Da agonista comincia a giocare a calcio nell'U.S.D. Aurora Cantalupo, passando poi alle giovanili della Pro Patria, con cui il 14 aprile 1968, esordisce in Serie C (Pro Patria-Messina 1-1). I capelli biondi gli valsero anche il soprannome di “Cecconetzer“, un gioco di parole sul nome del calciatore tedesco Günter Netzer, con cui c'era una spiccata somiglianza fisica. L'anno dopo l'allenatore Carlo Regalia lo inserisce nella rosa dei titolari e coi lombardi disputa una stagione da leader, guidando il centrocampo e collezionando 33 presenze. Il calcio che conta l'ha già notato: l'allenatore del Foggia Tommaso Maestrelli chiede e ottiene il giovane centrocampista, facendolo esordire all'11ª giornata del Campionato di Serie. Con 29 presenze e 1 goal si proietta tra i protagonisti del campionato 1972-73 che vede la Lazio giungere terza, ad appena 2 punti dalla Juventus campione d'Italia. L'apoteosi giunge l'anno seguente, quando il team di Maestrelli conquista il primo scudetto della sua storia. Re Cecconi, rimasto assente per 7 giornate verso metà campionato a causa di un infortunio, si erge comunque a protagonista, collezionando 2 gol in 23 presenze. A fine campionato viene convocato da Ferruccio Valcareggi per l'avventura italiana ai Mondiali di calcio Germania Ovest 1974. L'esperienza è però amara, dato che la Nazionale non supera il primo turno.

cuore. Si parlò di uno scherzo finito male. Fu la versione ufficiale a cui però in molti, già all’epoca, stentarono a credere. Un saggio non può morire così. E infatti oggi, a distanza di tre decenni e un lustro, l’ultimo mio libro inchiesta: “Non scherzo. Re Cecconi 1977, la verità calpestata” rilegge gli atti processuali di quel delitto e, attraverso nuove ricostruzioni e testimonianze inedite, sostiene come Re Cecconi la sera del 18 gennaio 1977 non non entrò con l’intenzione di inscenare uno scherzo nella gioielleria di Via Francesco Saverio Nitti. Ma non finisce qui. Perché negli archivi Rai, dimenticato e impolverato, viene recuperato anche un preziosissimo sceneggiato. Un docufilm che, colpa un’estenuante causa giudiziaria durata 13 anni, non è mai stata trasmesso dal servizio pubblico per via di una censura giudiziaria.

IL FILM DOCUMENTARIO Con le citazioni del 30 settembre e dell’8 ottobre 1983, Bruno Tabocchini e Adorno Panera ottennero la censura del film “L’appello - Il Caso Re Cecconi”, scritto, ripreso e montato in post-produzione, cioè pronto per la messa in onda, ma mai trasmesso sulle reti della televisione pubblica di Stato. Si tratta di uno sceneggiato, girato interamente a Roma ma con ambientazioni e fotografie che riconducono anche a Nerviano e negli spogliatoi dello stadio di Foggia, insieme alle prese dirette sul campo Maestrelli a Tor di Quinto, nello Stadio Olimpico, nella Pretura capitolina e sulle scalinate della Basilica di S. Pietro e Paolo, ovvero vita e morte di Luciano Re Cecconi. Nella pellicola ci sono

anche Umberto Lenzini, l’Avv. Cesare Persichelli e Padre Antonio Lisandrini, rispettivamente Presidente, legale e padre spirituale della S.S. Lazio. E poi Gigi Martini, Pietro Ghedin e il Sostituto Procuratore Franco Marrone (Pubblico Ministero nel processo) nell’eccezionale veste di faro guida, impegnato in modo lucido e dettagliato a fornire una serie di elementi probatori avversi l’assoluzione di Tabocchini. Marrone argomentò l’opposizione al verdetto di primo grado per cui ricorse in appello, poi respinto dalla Procura Generale (da qui anche la prima parte del titolo del film,

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spq ort cioè L’appello, in questo caso solo mediatico e virtuale). E ovviamente nel film non mancano le ultime ore di vita del biondo giocatore laziale e la scena del delitto nell’oreficeria, con Cecco interpretato da Stefano Davanzati, Fraticcioli da Franco Interlenghi, Ghedin da Andrea Occhipinti e Tabocchini da un ottimo Alessandro Haber. Infine, nello sceneggiato c’è pure Simona Marchini ad arricchire il cast nei panni della segretaria del club biancoceleste. Al regista, scrittore e giornalista Alberto Bevilacqua (all’epoca firma del Corriere della Sera), fu lasciato invece il compito di tracciare una lettura introspettiva della vicenda. Ne approfittò per commentare un suo articolo del 7 febbraio 1977 dal titolo “Un’ansia segreta di uccidere e di morire”. In video dissertò lungamente su cosa volesse dire simulare uno scherzo, sparare e uccidere Re Cecconi. Bevilacqua sostenne che sia Re Cecconi che Tabocchini si macchiarono di condotte tipicamente di destra. Segno dei tempi: è nel clima rovente del ’77 che una tragedia apparentemente apolitica come quella di Re Cecconi finisce per contrapporre ancora una volta destra e sinistra. «La politica esiste anche nei comportamenti – sosteneva Bevilacqua nel film, riferendosi alla dinamica dell’omicidio e all’assoluzione dell’im-

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putato, accolta in tribunale dagli applausi di orafi e gioiellieri – lo scherzo e la difesa di Tabocchini sono concettualmente di destra. Perché per realizzarsi hanno richiesto una sopraffazione sul prossimo. Lo spavento, nel caso della bravata. La punizione fisica, nel caso della difesa. (…) Quando è lo scherzo a diventare di destra? Quando per realizzarsi non si limita a nutrirsi della sua natura, che è quella della piacevolezza del gioco, ma ha bisogno del suo contrario, fin quasi a sfiorare la tragedia. (…) Di questo tipo di pratica circense, il maschilismo fascista ci ha dato innumerevoli prove. (…) Una carezzevole ala littoria è rimasta come tic in certo mondo sportivo, a metà degli anni ‘70 anche tra i giocatori della Lazio. (…) Ebbene, mi ricordo Re Cecconi in una fotografia con l’attrezzatura da paracadutista. Mi sembrava il più candido di tutti, di un’onestà limpida e grezza, ma anche la vittima più candida di quel tic. Non limitiamo la questione a un gioielliere e a un calciatore (…)». Peccato che Bevilacqua non scrisse che tra i sette lanci col paracadute di Re Cecconi e Martini ci fosse anche l’esibizione benefica per l’Unicef (assistenza umanitaria mondiale per bambini), organizzata con la squadra acrobatica dei paracaduti-

sti di Pisa, davanti a 5.000 persone festanti nel centro d’allenamento di Tor di Quinto. Con 17 scudetti, 1 Coppa Italia e 1 titolo europeo nel palmares, oggi il paracadutismo è una sezione della Polisportiva Lazio.

FILM, L’ULTIMA SENTENZA Il film però fu censurato, ma non certo per una querelle politica o presunta tale. Ma perché appresa dai giornali la notizia del primo ciak sulla ricostruzione filmica del delitto nella gioielleria della Collina Fleming, i coniugi Tabocchini pretesero prima di leggere il copione, guardare in anteprima esclusiva lo sceneggiato, per poi adire il tribunale rivendicando il diritto all’identità personale, cioè bloccando di fatto la messa in onda del film. Secondo l’accusa la pellicola faceva del gioielliere un individuo incolto, avaro e dal grilletto facile. Da qui tre fasi processuali, schiere di avvocati, una serie di udienze e tre sentenze: primo grado (1986), appello (1991) e ultimo verdetto in cassazione (1996). Con atto n° 978 depositato in cancelleria il 7 febbraio 1996, la prima sezione civile della Suprema Corte di Cassazione di Roma respinse definitivamente l’istanza dei Tabocchini, privilegiando il diritto di cronaca sostenuto dalla Rai.


Ha interpretato Re Cecconi

Intervista all’attore STEFANO DAVANZATI

NON SCHERZO

ÂŤMostrare il fianco al pubblico e lasciarsi turbare dai fischi è una palese mancanza di carattere. La gente non da niente per niente. E nel nostro mestiere è facile cadere nel dimenticatoioÂť. Per non dimenticare Cecco, ricostruendone vita e tragica fine, il regista Tomaso Sherman scelse un attore sul trampolino di lancio. Giovane, aitante, fisico asciutto, da vero atleta. ÂŤEro pure bravino a giocare a calcioÂť, ricorda oggi dopo una carriera spesa tra film e fiction, tra cui il cult “L’allenatore nel palloneâ€?, “Ris Romaâ€? e “Centovetrineâ€?. A Stefano Davanzati toccò la parte piĂš ambita, quella del protagonista sfortunato: fu lui a fare Luciano, l’angelo biondo, che ancora oggi, a quasi 30 anni dal ciak, ricorda bene anche nei minimi particolari. ÂŤAlla Lazio lo portò Maestrelli, lo aveva allenato a Foggia. Trovò una morte beffarda, povero ragazzoÂť. Stefano Davanzati non ha smarrito nemmeno i profumi e l’atmosfera di un Olimpico in versione set cinematografico, l’emozione di essere l’attore su cui, insieme ad Haber, venne costruito lo sceneggiato. Essere Luciano Re Cecconi, almeno in pellicola, è qualcosa che non si può facilmente scordare. ÂŤQuando girammo le scene nel campo d’allenamento di Tor di Quinto, c’erano Pulici, Martini, D’Amico e altri giocatori della Lazio di quel periodo, che guardandomi correre sul prato, rimasero allibiti. Sgranavano gli occhi, dicendo... ÂŤGuarda quello, sembra proprio Cecco. Ăˆ davvero impressionanteÂť.

RE CECCONI 1977 LA VERITĂ€ CALPESTATA

A riparlare del caso Re Cecconi e del film RAI è stato, dopo tanti anni, Maurizio Martucci, con il libro “Non scherzoâ€?. Sono dello stesso autore anche il libro “11 Novembre 2007, l’uccisione di Gabriele Sandri una giornata buia della Repubblicaâ€? (2008), “Cuore tifoso, Roma-Lazio 1979, un razzo ha distrutto la mia famiglia, Gabriele Paparelli raccontaâ€? (2009), “Cuori Tifosi, quando il calcio uccide. I morti dimenticati degli stadi italianiâ€? (2010) nel solco dei libri-inchieste.

Cosa ricorda del film? ÂŤTutto, compresa la scena del delitto, quella in cui il gioielliere Tabocchini-Haber spara e uccide me, Davanzati-Re Cecconi. La girammo negli studi della Dear Film. La scena riproduceva l’interno del negozio di arte orafa sulla Collina FlemingÂť. E fu censurato. Si mormora pure che lo tenevate segretato, coperto, per non esporlo ad imboscate, che invece erano dietro l’angolo... ÂŤSi, perchĂŠ c’era molta attenzione su di noi. Una pressione mediatica che ricevemmo dall’importanza della vicenda vera, cioè l’uccisione di Re Cecconi. Quello sceneggiato venne girato quasi di nascosto, senza far sapere niente a nessuno, senza diffondere la notizia, che comunque trapelò. PerchĂŠ sin da subito sceneggiatori e produzione temevano che sarebbero arrivate censura, tribunali e processi. Cosa che poi, ahimè, avvenneÂť. Quali strategie adottaste per difendervi? ÂŤBeh, ad esempio ricordo che quando uscivo dal set, magari proprio dagli studi Dear Film, mi trovavo i gior-

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nalisti addosso a chiedere, a fare domande. Era un film scomodo. E allora, per tutelare le riprese, mi spingevo addirittura a negarle: ‘ma quale film su Re Cecconi? - dicevo - Sto facendo altro’». Ha mai visto il film montato? Finito? «No, solo prima della presentazione del tuo libro ‘Non Scherzo’ del 18 Gennaio di quest’anno…». Infatti la Rai non l’ha più trasmesso. «Dispiace molto. E’ un film a cui sono rimasto molto legato. E poi eravamo un cast importante. La regia di Tomaso Sherman, gente come Alessandro Haber, Andrea Occhipinti, Franco Interlenghi, Simona Marchini, mica male...». E lei, nei panni del calciatore famoso della Nazionale, ucciso in un modo assurdo... «Come per ogni altro attore, recitare è per lo più un tecnicismo. Cioè lo fai perché ti danno la parte e sai che è quella, solo quella: è il tuo lavoro, è il tuo ruolo. Però nel film su Re Cecconi c’era qualcosa di pietoso, di strano. Perché alla fine pensavo che infondo, il mio personaggio non era recitazione, finzione. No. Era successo tutto per davvero, solo pochi anni prima, nel 1977. Una sensazione che mi è rimasta addosso, ancora oggi». Lo sa che venne tagliato un momento magico? «Si, la scena in cui palleggiavo nello Stadio Olimpico, facendo avanti e indietro da una porta all’altra, dalla Curva Nord verso la Curva Sud, e viceversa. Quella scena doveva rappresentare una specie di momento mistico. Lo stadio completamente vuoto, io con la chioma bionda di Re Cecconi e col pallone tra i piedi. Quasi a richiamarlo in vita nella sua arena, dentro il suo stadio. Una scena che rifeci diverse volte». Perché? «Perché alla fine dei palleggi dovevo fermare la palla in terra. Era di quelle a spicchi bianchi e neri, modello anni ‘70. E puntualmente capitava che ogni volta che la fermavo a favore di camera veniva fuori lo sponsor che aveva stampato addosso. E non andava bene. E allora via, a riprovarne un’altra e un’altra ancora». E poi? «E poi dovevo ripetere una frase. Con sottofondo musicale di Wagner». Come la recitazione di un mantra... «Non so se poi l’avrebbero doppiata, ma io ripetevo esattamente queste parole... ‘Mostrare il fianco al pubblico e lasciarsi turbare dai fischi è una palese mancanza di carattere. La gente non da niente per niente. E nel nostro mestiere è facile cadere nel dimenticatoio’...». Peccato che questa scena fu tagliata. «Si, come i miei capelli subito dopo il film. Ricordo ancora le rasoiate che mi passavo per la testa. Ero riccio, castano, mentre Re Cecconi aveva capelli biondi e lisci. Per assomigliargli, mi ossigenarono la testa». Quindi non aveva la parrucca? «Macché! Erano i miei capelli veri, stirati e tinti. Dopo il film, tagliai tutto. Sembravo un albino. In pratica il vero Luciano Re Cecconi». Come studiò il personaggio? «Non fu semplice, perché non si trovavano filmati di Re Cecconi fuori dal campo, cioè in azioni da gioco. Mi ricordo che alla fine ne recuperammo uno, se non sbaglio stava in compagnia della moglie, a passeggio per strada. Da lì ripresi il modello della sua andatura, del movimento un po’ ondulato che aveva il vero Re Cecconi. Però a parte questo, m’è rimasto un desiderio...». Quale? «Rivedere tanto quel film in televisione».

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GLI ANNI ‘70 F

avolosi, spericolati, irripetibili. Semplicemente unici. Parliamo degli Anni ’70, frammenti di vita del secolo scorso. Quelli venuti dopo il ’68, impressi nel fuoco del ’77. Anni che hanno segnato un’epoca, scrivendo pagine di storia, biografia di un’intera generazione catapultata al centro del mondo, tra fughe di sogni, idealismi e contestazioni per portare i giovani al potere, alla conquista del presente con uno slancio d’avanguardia sociale. Nel bene e nel male. In un modo nuovo, diverso, collettivo, aggregativo. Le prime televisioni a colori iniziavano a popolare le stanze delle case degli italiani, i jeans li calzavano anche le donne per sfida ai benpensanti. E poi il ribellismo di scuole e università. Ma pure l’uccisione di Aldo Moro, rapito in una città blindata angosciata della morte, nascosta dietro l’angolo della strada. Erano gli anni del terrorismo, della paura verso l’altro. Il tempo degli extraparlamentari di sinistra contro quelli di destra, di chiavi inglesi e pistole P38, quando imperversavano rapine e insicurezza generale. Segnati sul mercato del grande consumismo e dall’ascesa dei marchi forti delle multinazionali, padroni di stipendi, vetrine e negozi. Il tempo libero, la domenica dell’abrogazione nel voto sul divorzio. Era il 12 maggio 1974, quella domenica contro il Foggia la Lazio vinse il suo primo tricolore. Sui campi di calcio, saliva alla ribalta un calciatore biondo, un moto perpetuo, corridore mai domo. Dalla Pro Patria era passato proprio al Foggia, sino ai vertici delle cronache sportive, assunto a icona da tanti ragazzini, tra Lazio e Nazionale. Luciano Re Cecconi partì dal basso, dall’hinterland milanese, arrivando fin su in alto, sul podio di uno scudetto storico vinto in una Capitale avara di successi. Morì all’improvviso, tragicamente, in modo pazzesco. Stritolato dal clima fratricida di una generazione violenta. Fuori dal campo dello Stadio Olimpico, Roma criminale era una città a mano armata, non il titolo di un film. L’annuncio in Tv in una gelida serata di inizio ‘77 fece il resto: “Re Cecconi è morto”, sul Tg1 disse a stento un incredulo Emilio Fede. “Ucciso Re Cecconi”, titolò in prima pagina il Corriere dello Sport. Gli occhi del re, l’idolo non solo dei laziali, si chiusero per sempre senza un motivo plausibile. Proprio quando il vento decise di portargli via anche i ricordi dei quei magnifici e arditi Anni ’70.


TERRORISMO Lotta armata, utopie rivoluzionarie di rivolta generale. Barricate, scontri, attentati, latitanza, bombe e morte. Anni ’70 come anni di piombo, Brigate Rosse, Lotta Continua, Nuclei Armati Proletari e Nuclei Armati Rivoluzionari. Estremismo politico come eversione, la risposta armata allo Stato nemico. Trame rosse, trame nere, la cultura dello scontro senza via di scampo. Solo a Roma, nel 1977, si contarono centinaia di attentati e decine di morti ammazzati.

CONTESTAZIONE GIOVANILE Un sottobosco di sigle di formazioni giovanili occupavano piazze, scuole e università. Le roccaforti legate ai partiti dei poli estremi, Federazione Italiana Giovani Comunisti e Fronte della Gioventù. A Roma le sedi storiche nei quartieri, a San Lorenzo e Piazza Bologna. Il 1977 è l’anno della cacciata del Segretario del Sindacato CGIL Luciano Lama dall’Università La Sapienza.

INNOVAZIONE. NASCE IL CD! Philips e Sony inventano il compact disc (CD). Sony inventa e lancia sul mercato il walkman. Ed entra in servizio il Concorde. Viene costruito anche l'Enterprise, primo prototipo di Space Shuttle.

INTERNI: 13 GOVERNI IN 10 ANNI Quattro legislature in un solo decennio. Tredici diversi governi tra le aule di Monte Citorio e Palazzo Chigi. Rimpasti, nuove elezioni, referendum, crisi parlamentari. Quasi sempre gli stessi nomi a girare sulle stesse poltrone, come una roulette russa. Cambiare tutto senza cambiare niente. Rumor, Colombo, Andreotti e Cossiga furono i successione alternata i primi ministri. E poi le volate di Fanfani, Berlinguer, Craxi, Almirante, Pannella.

IL MONDO IN FIAMME Attentati terroristici e guerriglia urbana fra cattolici e protestanti in Irlanda del Nord, spingono il governo britannico a prendere provvedimenti durissimi. Margaret Thatcher e Maria de Lourdes Pintasilgo vengono elette Primo Ministro rispettivamente del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e del Portogallo. Sono le prime donne in Europa a guidare un governo. Intanto, Esplode in Medio Oriente la guerra del Kippur. Alle Olimpiadi di Monaco di Baviera, un commando di terroristi palestinesi uccide undici atleti israeliani. Si dimette il Presidente degli Stati Uniti Richard Nixon in seguito allo scandalo Watergate. 24 marzo, golpe militare in Argentina.


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ABBIGLIAMENTO... ANNI ‘70

MUSICA DI FRONTIERA

Pantaloni a vita alta e zampa d’elefante. Giaccone eskimo e sciarpe colorate per i ragazzi impegnati a sinistra. Clark ai piedi e Ray Ban come occhiali da sole per i ragazzi di destra. E poi mini gonna e zattere come scarpe per donne, basettoni e barba incolta per uomini. E poi l’abbigliamento Punk, Rockabilly, Mods, Freak, mode importate oltre frontiera.

Musica alternativa, musiche di lotta e di impegna sociale, ma anche disco dance, dance music. La febbre del sabato sera, lo stroboscopio sul tetto della discoteca, John Travolta e i Pink Floyd, Jim Morrison e i Doors, John Lennon e la disputa tra i nostalgici dei Beatles e i Rolling Stones. La musica italiana lanciava giovani promettenti, oggi nomi altisonanti dal calibro di Lucio Battisti, Antonello Venditti, Claudio Baglioni e Franco Battiato. Morte di Elvis Presley, cantante di fama mondiale.

TUTTO IL CALCIO

RIVOLUZIONE ANCHE IN VATICANO Muore Papa Paolo VI, il 6 agosto. Il 26 agosto gli succede Giovanni Paolo I che però muore dopo soli trentatré giorni di pontificato. Il 26 ottobre viene eletto Karol Wojtyła che lascerà una traccia profonda nella storia del ‘900, con un pontificato lungo ben 27 anni.

Tutto il calcio minuto per minuto su Radio Rai e 90° Minuto su Rai 1 in tv. Tra la voci Enrico Ameri e Sandro Ciotti, tra le immagini di Paolo Valenti, Giorgio Bubba da Genova e Tonino Carino da Ascoli. Così è cresciuta un’intera generazione di tifosi, di sostenitori di calco. Il calcio come passione popolare, come fenomeno nazionalpopolare trasversale, cresciuto sulla cresta dell’onda di questi due contenitori culturali targati Rai, oggi ricordati come cult dopo l’avvento delle pay per view. Nel decennio ’70 vinsero lo scudetto outsider e le solite di sempre: Cagliari, Inter (2), Juventus (5), Lazio, Torino e Milan. Capocannonieri Gigi Riva e Giorgio Chinaglia.

TV: SPAZIO, IN ALLEGRIA

FILM. CULT

“Lascia e raddoppia” di Mike Buongiorno e “Portobello” di Enzo Tortora furono i must di intrattenimento della televisione italiana di 40 anni fa. Quest’ultimo calpestava il format del mercatino in piazza, una sorta di Porta Portese sul piccolo schermo che inchiodava sulla sedia ben 20 milioni di telespettatori. Gli sceneggiati per la Tv erano invece delle mini serie con programmazione nazionale (A come Andromeda, 5 puntate nel 1972 – Gamma, 5 puntate nel 1975), ma c’erano anche fiction e riuscitissimi telefilm importati. In conseguenza a una applicazione confusa delle leggi sul sistema radiotelevisivo, verso la metà del decennio nascono in Italia le prime radio e televisioni private.

Sale cinematografiche prese d’assalto. Cinema fatto in casa e cinema straniero, pellicole d’autore con grossi incassi al botteghino. Roberto Rossellini, Vittorio De Sica e l’astro nascente di Pier Paolo Pasolini. Le commedie all’italiana ma pure il cinema impegnato. Attori e attrici diventati famosi, il sogno erotico degli italiani sulle dolci curve di Edwige Fenech, Stefania Sandrelli e Ursula Andress. Il 20 luglio 1973, muore Bruce Lee dopo aver assunto una pastiglia di Equagesic, si addormentò senza più svegliarsi. Ed esplode a Roma il mito di Tomás Milián.


C’è ancora uno sport dove gli spettatori sono protagonisti con le loro tube e i cappelli sfarzosi eredità di antiche nobiltà. Dall’Inghilterra all’Italia... i concorsi ippici

di Luca ALEANDRI

Un mestiere vecchio un secolo. Colui che realizza, a mano come da antica tradizione, gli sfarzosi copricapo nel mondo dei cavalli

IL CAPPELLAIO MESTIERI DELLO SPORT | 72


vedere le Mura che circondano il Vaticano, ti verrebbe da pensare che ancora potrebbero esserci pericoli di assedio. Moti popolari, il potere temporale. Le nozioni scolastiche si rincorrono, forse qualche passaggio si è perso nei meandri della memoria, e qualche lezione è stata saltata per andare a villa Borghese alla scoperta del mondo. Però, oggi, ti trovi a fantasticare su quello che era, in fondo, fino a non molto tempo fa. Non la preistoria, e nemmeno l’impero romano. Qui la storia è davvero dietro l’angolo. E se non fosse per i clacson, i pullman dei giapponesi in chilometrica fila davanti ai Musei, nel sottostante quartiere Prati qualche negozio è ampiamente in linea con questo sapore retrò, alle prese con la durissima sfida di vincere la produzione al “pezzo” in un’era di massificazione. Ci troviamo appena fuori dalle Mura, che forse un tiro di archibugio ci renderebbe ancora a rischio se qui non ci fossero palazzi, ma ancora i campi che hanno dato il nome al quartiere, e noi fossimo anonimi soldatacci anziché cronisti, altrettanto anonimi. Questo negozio di cappellaio di retrò ha tutto: dai macchinari della produzione agli arredi, dalle tube appese alle sagome per quelle che verranno, stona forse solo una punta la luce troppo artificiale emanata in un angolo dal computer che, a questo punto, sarebbe lecito aspettarsi un abaco, con accanto l’abat jour, lei sì deputata a mandare “la luce blu”, come in un motivetto di moda. Sì, di moda, perché qui gli Anni Trenta sembrano davvero roba di ieri, che devi ricordarti di strappare la pagina del calendario per metterlo al passo con i tempi, e solo allora ti accorgi che, in realtà, di pagine ne devi strappare tante. Andiamo allora alla scoperta di un mestiere affascinante, quello del cappellaio, in una delle ultime botte-

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Strumenti del mestiere 1) Forma in legno di tiglio utile alla stiratura della falda di un cappello da uomo. 2) Pinze da cappellaio 3) “Baloi” strumento in ottone utile alla fase della “spagatura” del feltro sulla forma di legno. 4) Strumento realizzato in corda utile per la stiratura della falda della tuba. 5) Ferro da cappellaio (ha la base curva codi come le falde dei cappelli) in ghisa utile a far aderire il feltro sulla forma di legno. 6) Forme di vari modelli di cappelli da uomo,in alluminio utili alla "pressatura" a caldo dei feltri.

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Durante la lavorazione di un cappello

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ghe rimaste, forse possiamo dire al mondo, senza paura di sbagliarci troppo. Facciamoci guidare dalla signora Patrizia Fabri, titolare dell’attività da qualche anno, ed aiutare per la parte tecnica da Sandro, artigiano cappellaio da trent’annni, nonostante l’età decisamente giovane per un curriculum di tale lunghezza. Cappellaio, un mestiere antico. Ed ecco perché... matto. «Già, la definizione evoca facilmente il “cappellaio matto”, che tutti ricordiamo da bambini in “Alice nel paese delle meraviglie”. In effetti, questo personaggio nasce da un fatto storico, perché quando compaiono i cappelli in feltro, nel tardo Cinquecento e poi nei secoli successivi, la lavorazione di questo materiale costringeva l’artigiano a respirare esalazioni di mercurio, che era utilizzato nel processo produttivo. Quindi, con l’andare del tempo, questi vapori avevano effetti sulla salute, anche mentale». Si sente parlare di crisi a ogni passo. Quanto incide in questo settore? «Non poco, come altrove. Tra l’altro quello del cappello è un settore che ha conosciuto decenni di difficoltà perché a un certo punto la moda l’aveva un po’ fatto fuori, e l’omologazione imperante aveva moltiplicato questa tendenza. Negli ultimi anni invece c’è stata una ripresa anche se è chiaro che adesso ogni segnale è rallentato. Per dare comunque una misura, negli Anni Trenta, quando cioè è stata aperta questa attività, a Roma come altrove i cappellai erano diffusi come oggi possono essere, per dire, i negozi di calzature. Oggi invece siamo, in città, uno o due, in tutta Italia magari quattro o cinque, almeno a fare il lavoro cosiddetto “da banco”». Un mestiere antico, in cui è cambiato pochissimo da cento anni a questa parte. «Per quello che riguarda la produzione manuale, cioè il cappello fatto a mano, questo è un lavoro che veramente nell’ultimo secolo è cambiato pochissimo. Tanto che noi stessi, che pure siamo all’avanguardia nel settore, abbiamo ancora attrezzi d’epoca, perché non avrebbe senso cambiarli, in quanto le modalità produttive sono rimaste immutate. La macchina per conferire forma, la “macchina a pedale”, che lavora scaldando una forma in ghisa che poi viene ad accoppiarsi con una corrispondente in modo da conferire la forma voluta al cappello, è ancora manuale e non la usiamo nemmeno sempre. Vi è pure una versione industriale, però è innegabile che la differenza qualitativa si veda. Per esempio, la tuba “industriale” non ha la caratteristica sagomatura che la porta ad allargarsi nella parte superiore. Per motivi di taglio, è costretta ad essere perfettamente dritta». Parliamo della vostra attività. Come nasce. «Per iniziativa della famiglia Cirri, una famiglia di cappellai , dove molto forte era la tradizione del settore». MESTIERI DELLO SPORT | 74

Nel vostro curriculum anche una grande collaborazione con cinema e teatro. «Anche qui purtroppo la crisi si fa un po’ sentire, e adesso registriamo un rallentamento, però non ci lamentiamo troppo. I nostri cappelli sono stati sul set, qui a Cinecittà, di “Gangs of New York”, ma possiamo citare, un po’ random, sceneggiati per la televisione come Cime Tempestose, Cuore, piuttosto che il balletto iniziale del festival di Sanremo, oppure la collaborazione del regista Ozpetek, piuttosto che i tanti acquisti da parte di artisti più disparati, per motivi di scena o personali. Non so, Albanese, o Orso Maria Guerini, il popolare “baffo d’oro”. Recentemente abbiamo fornito cappelli a Lady Gaga per il suo tour, o a Giuliano dei Negramaro. Qualche volta le commesse artistiche arrivano dall’estero, non so “Patriots” con Mel Gibson. La sartoria italiana resta all’avanguardia nel mondo, e per questo talvolta i costumisti, anche americani, preferiscono rivolgersi a noi. Molto, poi, abbiamo lavorato con il Teatro. Ad esempio, qui a Roma, con l’Opera. Ma sono molte le nostre partnership, anche con teatri esteri». E veniamo all’ippica... «Questa è una collaborazione che ci fa molto piacere perché è un rimando ad uno degli eventi sportivi dove il cappello la fa davvero da padrone, cioè la riunione ippica di Ascot dove il cappello è un rito: quello da cerimonia per le dame, anche i modelli stravaganti, e le tube per gli uomini. A Capannelle avviene quanto di più prossimo in versione italiana. Noi abbiamo da anni uno stand, e per accordo con gli organizzatori non solo vendiamo ma anche semplicemente noleggiamo pezzi per il solo pomeriggio come avviene proproio ad Ascot, dove è possibile affittare il cappello per il solo pomeriggio».

Il Direttore Generale di Capannelle, Elio Pautasso con Francesco Ruffo della Scaletta, Isabella Asti Bezzera e il Sindaco Gianni Alemanno


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Il Derby di Capannelle di Caterina VAGNOZZI ippodromo di Roma Capannelle come Ascot nel giorno del 129° Derby Italiano Better, quest’anno in scena domenica 20 maggio. Come nella più classica delle tradizioni britanniche il Derby-day non è solo il massimo evento ippico nazionale ma anche un appuntamento di glamour e costume. L’occasione per sfoggiare gli abiti e i cappelli più ricercati e stravaganti, con le sfilate di moda ad accompagnare le corse e il tradizionale Concorso di Eleganza Longines tra gli ospiti dell’ippodromo con una giuria creata ad hoc per l’occasione. L’edizione 2012 del Nastro Azzurro ha chiamato a raccolta sulla pista in erba del tempio romano del galoppo i migliori cavalli italiani di tre anni e alcuni ospiti stranieri. Pioggia di applausi dalle tribune, gremite da 7.500 spettatori, per l’outsider tedesco Feuerblitz, sbarcato nella capitale da Monaco di Baviera per battere sul filo di lana l’italiano Wild Wolf. Alla gabbie di partenza, in sella al tre anni di proprietà statunitense Real Solution, c’era anche Lanfranco Dettori, il fantino numero uno al mondo. Un’ulteriore conferma della grande valenza tecnica e internazionale del Derby Italiano Better, il sogno di ogni ippico.

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Cappello blu Elegante cappello di forma classica realizzato a mano in fIne tessuto di paglia e decorato da un grande fiocco.

Cappello con ciliegie Cappello stirato a mano in paglia vintage, decorato con un malizioso grappolo di ciliegie

I riccioli bianchi Cappello blu con grande falda realizzato in fine paglia di parasisol e decorato con volute in buntal.

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Bizzarro cappellino da indossare appena appoggiato in testa realizzato in paglia di sisal e decorato con un enorme fiore fatto di piume realizzato a mano. Sobrio cappello in paglia decorato con grande nodo in tessuto di banano. Cappello di vago stile inglese realizzato in visca e decorato con volute di paglia e fiori di seta. insolito forma dell ala decorato con doppo nodo in sisal. Originale gioco di forme per il piccolo cappello dalla doppia svasatura realizzato in paglia vintage


Blu e rosa Grande cloche realizzato in fine paglia decorato con corolla di fiori in seta realizzati a mano color rosa.

Scultura da testa Il doppio fiocco fuori misura realizzato a mano in tessuto di palgia color fucsia.decorato con corolla di fiori in seta realizzati a mano color rosa.

Il modello "Vento" Cappello scultura in visca realizzato completamente a mano (modello unico) senza il supporto delle forme di legno. Ha la caratteristica forma del turbinio del vento.

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Un disco volante‌ grande cappello dalla cupola bassa da indossare appena appoggiato sulla testa in paglia fuxia e decorato con piccolo fiocco.

LE FASI DI REALIZZAZIONE 1) La titolare dell'Antica Cappelleria di Patrizia Fabri 2) Numerose forme di cappelli in legno e alluminio 3) La forma di legno di una falda. 4) Attraverso il vapore, la materia prima diventa elastica e viene quindi "tirata" dal maestro sulla forma di legno 5) Una volta tirato il cappello, questo viene inchiodato sulla forma di legno. Altro aiuto viene dato da uno spago che fa aderire alla forma il cappello. 6) Il cappello, una volta estratto dalla forma, dopo essere stato essiccato viene affidato alle sapiente mani della modista per essere rifinito e decorato. 7) Rifiniture a mano e con la macchina da cucire. 8) La foto del forno dove viene messo ad asciugare il cappello. L'essiccatoio ha una temperatura costante.

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ASCOT, the history n accessorio. Moda, utilità, vezzo. Il cappello entra nel personaggio. Poi però lo sport si omologa, i suoi campioni vengono ristretti da norme severe, che regolano perfino il look. Tutti uguali, senza eccezioni. Una volta il Gotha del calcio, tanto per pescare sempre lì, tuonò: “Mai più maglie fuori dai pantaloncini, mai più calzettoni abbassati”. Meno male che Sivori e Platini avevano già smesso di giocare. Figurarsi quanto spazio potesse esserci ancora per un cappello. Anch’esso, tra l’altro, dal profilo mutevole, figlio dei tempi e delle mode che ne discendono. La scoppola in testa ai portieri Anni Trenta, stile Planicka, Zamora, Combi, protesi in tuffi un po’ goffi, pancia a terra (“Oggi dai la panciata” non a caso così li sfottevano i tifosi, ci raccontava poco tempo fa Uber Gradella, portiere dei tempi bellici). Per arrivare fino alle visiere Anni Settanta, sorrette da un elastico che girava dietro la testa come la fascia tra i capelli di Borg. O i cappelli dei ciclisti, uguali per decenni, di quel tessuto leggero perchè quando sei in montagna nessun peso ulteriore, anche fosse un grammo, può aggravare ulteriormente uno sforzo già disumano. Le scritte storiche degli sponsor che hanno fatto la storia, le visiere girate all’indietro, sopra i capelli madidi di sudore, le braccia protese verso i manubri a cercare ogni pedalata in più, ogni metro di dislivello da superare che alla fine di ogni maledetta salita trovi comunque una discesa per lasciarti andare. E poi, i cappelli imposti dagli sponsor, che sembra stiano scritti sopra i contratti e guai a sgarrare. Per esempio, i piloti di Formula 1, che appena tolgono il casco infilano il “baseball cap” pieno di scritte, calzato con la stessa velocità con cui si coprirebbero se fossero sorpresi adamiticamente sotto la doccia. Il cappello con la visiera, oggi comunissimo, viene, appunto, dal baseball, come testimonia il nome, dove era, ed è, parte integrante della divisa, icona dell’American Style, come la Coca Cola, che è più americana fuori dagli States che dentro, come Marilyn, come Dean. E poi i cappelli indossati al di fuori dell’agone, non più dagli atleti, bensì dal pubblico. Parte di quel cambiamento nel look che segna anche la percezione visiva ed esteriore di come venga vissuto l’evento sportivo. Dal vestito della domenica degli Anni Venti Trenta, che caratterizzava le figure esultanti sugli spalti sotto le vecchie reclami autarchiche, alle giacche mimetiche degli Anni Settanta, e cioè lo sport come competizione, metafora regolamentata della guerra, a cui anche il pubblico Da tre secoli contribuiva. Eppure ancora oggi alcuni eventi invocano e arriva la famiglia reale pretendono prescrizioni formali: l’ippica, ad In occasione delle corse ad Ascot si presentano esempio, tollera poche eccezioni. In Italia lo i.. padroni di casa! Che sarebbero, nientemeno, sport dei re conosce tempi duri, ed è accostache gli esponenti della Royal Family. Il parco to nell’immaginario collettivo più a qualche reale, poco distante dal castello di Windsor, simpatico perdigiorno che a conti e baroni in venne destinato alle corse nel 1711, tuba e monocolo. In Inghilterra, dove invece precisamente sabato 11 agosto, con una gara resiste una grande passione popolare intorno avente in palio 100 ghinee, mentre il primo a questo sport, convivono felicemente all’ommeeting è del 1768 con quattro giorni di corse. bra delle piste verdi l’anima della Camera dei È invece del 1825 la tradizione del corteo reale. Lords e quella dei Comuni.

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Sommario

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Ad Ascot, il parco reale che la Corona destina all’ippica dal 1711 e il cui meeting entra di prepotenza in ogni agenda che conti, convergono decine di migliaia di spettatori. Il pubblico working class, in fila davanti agli ambulanti che offrono panini con salsicce, untissimi fish and chips, e ora anche sushi, ma anche i membri elegantissimi ed inappuntabili della high society, ospitati nell’esclusivo “recinto”, dove accedono gli intimi della Corona. Tight per gli uomini, con corredo di tutti gli accessori di pregio, gemelli ai polsi, tuba, magari la coccarda di ordinanza, e signore che invece offrono le proprie mise colorate, ornate da cappelli originali (talvolta improbabili, diremmo noi), simbolo evidente di una differenziazione marcata. Anche sui prati nostrani, in verità, l’ippica godeva di una fama similare, andata poi perdendosi nei decenni, cedendo il passo ad un’anima sempre più sciatta. E allora i cappelli eleganti, ornamenti retrò che non sono passati di moda mai, restano confinati a pochi eventi, come le dame e le tribune piene (o quasi). Il Derby di galoppo, alle Capannelle, per esempio. Dove, per le gentildonne sbadate, capitate quasi per caso a capo scoperto, arrossite dall’imbarazzo appena imboccata la tribuna, esiste la possibilità di rimediare. Uno stand offre cappelli di pregio, da comprare in extremis, o per il solo noleggio. Vuoto a rendere, tanto domani chi lo avrebbe messo?

Casco: funzione protettiva, ma anche con funzioni di identificazione, essendo ricoperto da un copricasco caratterizzato dai colori di scuderia

Protagonisti in pista Anche il fantino ha la sua tradizione dettata soprattutto dalla giubba identificativa della scuderia e del casco che, oltre a essere caratterizzato dai colori sociali ha anche funzione protettiva. Negli anni poco è cambiato per i fantini: la tradizione, per una volta, l'ha fatta da padrone.

Giubba: di tessuti differenti a seconda della stagione, identifica la scuderia. Tutto gli artieri ippici vestono i colori di squadra quando “lavorano” pubblicamente in giornata di corse, perché sia riconoscibile. I colori sono riportati anche sul programma delle corse. La disposizione della cromatica è descritta con un linguaggio preciso, ignoto ai profani, in parte derivante dall’araldica Frustino: composto dalla nervatura e dalla parte terminale, corta e flessibile, detta “sverzino”. Anche gli stivali servono a far sentire al cavallo la presenza in sella.

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Le tube per gli uomini Regole severissime per il look maschile, anche se differente a seconda del settore occupato. Obbligatoria la tuba, che può essere tolta solo in alcuni ambienti, chiusi e riservati (mai in pubblico). Qualche formalità in meno, invece, nell’adiacente Grandsand Admission. Il settore popolare.

I cavalli in testa In Inghilterra, l’era dei cappelli senza limiti sembra al capolinea. Infatti l’accessorio, da quest’anno, deve essere ricondotto entro margini di sobrietà: «Negli ultimi tempi i nostri standard erano crollati», ha detto Nick Smith, portavoce di Ascot. Eppure dispiacerà a molti, compresa la principessa Kate, amanti dei copricapo tutt’altro che sobri.


Le nuove generazioni Il fascino delle Fashion Stakes aveva colpito soprattutto loro. Generalmente belle, ricche, nobili, o comunque altoborghesi. Ascot come uno degli appuntamenti immancabili nell’agenda delle rampolle dell’Inghilterra bene. Il look è variopinto con allegrie cromatiche e fantasie aggressive, gli abiti sono ornati da cappelli che hanno dato vita, negli anni, a una vera e propria gara a margine della corsa. Adesso, l’organizzazione (sobria) dell’ippodromo ha detto stop. Niente eccessi, siamo inglesi.

Sobrietà nel parterre. È l’immediato dopoguerra

Binocolo e cappelli per le dame nella Ascot degli Anni Venti

Belle epoque: per le dame il look è cambiato, per gli uomini potrebbe essere lo scorso anno

Binocolo in scala Grande è l'attenzione verso la gara


Studio del betting

L’eleganza non è solo una tuba La folla di Ascot. Il vero spettacolo

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Atmosfera british per una coppia d'altri luoghi

Lettura del programma. Si notano le giubbe che indosserà ogni fantino Sciuscià in versione Ascot

Il programma delle corse di Ascot riportato da tutti i giornali. Evento trasversale, seguito da tutta la Nazione. Tanto che la Coppa d’Oro quest’anno si corre il giovedì, e non nel canonico week end


di Adriano CONTI foto Chicco Santoni

Una grande festa ai campi dell’Acquacetosa per festeggiare una disciplina che a Roma va sempre più affermandosi

Piccoli rugbisti crescono UN FENOMENO IN ASCESA il 2000 quando l’Italia entrò nel Cinque Nazioni trasformandone la dicitura nel sei Nazioni. Allora i giovani che praticavano sport erano 2085 nel Lazio (1537 su Roma). Oggi, a distanza di quasi quindici anni i giocatori nella regione sono quasi 8500 con Roma a far la parte del leone con poco più di 7000 atleti iscritti alla federazione. Un movimento in crescita a cui si avvicinano tanti giovanissimi come testimonia l’evento principe riferito ai più piccoli che suggella la fine della stagione rugbistica per le categorie dei più piccoli. Il secondo trofeo Roma Capitale (alias Brucato), ha dato vita a una grandissima giornata di sport con oltre 1200 bambini partecipanti. E per la prima volta in un torneo mini-rugby si è avuta la visita a sorpresa del Sindaco di Roma Gianni Alemanno accompagnato dal suo Delegato allo Sport Alessandro Cochi, che ha salutato tutti gli atleti (fantastica scena con i bambini della u. 6 visibilmente emozionati), segno che il torneo dopo tanti anni sta ottenendo un meritato riconoscimento istituzionale. Per la prima volta, in questa edizio-

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ne, è stato ospitato un centro di raccolta sangue per i donatori, testimoniando che questo fantastico sport è sensibile a tutte le problematiche territoriali quotidiane. Alla premiazione finale hanno partecipato la banda della Guardia di Finanza (che ha suonato l’inno nazionale con tutti i bambini che hanno portato la mano sul cuore intonandolo proprio come i loro beniamini durante il 6 Nazioni o i mondiali), i vari assessori alle politiche giovanili e il Comitato regionale laziale nella figura del Presidente Sig. Marco Santa Maria. La vera novità di quest’anno è stata l’interattività del torneo: ufficio stampa che in tempo reale aggiornava il sito ufficiale della squadra ospitante (U.S. Primavera rugby), la pagina Facebook e Twitter, che ha visto coinvolti nel diffondere le notizie anche atleti del calibro di Lo Cicero; ma dulcis in fundo il servizio domenicale sul TG3 dell’ora di pranzo. Bellissima la cornice dei tre campi dove si sono svolte le partite, con gli atleti e i loro allenatori in campo e tutti i genitori dietro le reti protettive a incitare i loro beniamini. Tra una partita e l’altra c’è stata la GIOVANI | 86

possibilità per tutti di rifocillarsi nell’area “terzo tempo” dove uno staff cordiale e simpatico ha tenuto compagnia ai ragazzi e ai loro genitori durante l’attesa che intercorreva tra una partita e l’altra. Fantastica la fase finale svoltasi sotto la tribuna del campo 1 del CPO Giulio Onesti con i partecipanti alle finali che hanno assaporato la possibilità di giocare una partita davanti a uno stadio, proprio come i grandi. Un plauso va alla società organizzatrice la U.S. Primavera rugby, che con uno staff imponente di aiutanti che andavano dai 13 fino agli 80 anni, è riuscita a dare corpo a una manifestazione di questo calibro, confermando attenzione massima sugli eventi giovanili; senza dimenticare che quest’anno ne è stato creato uno nuovo per la categoria U. 14, svoltosi durante il 6 Nazioni e intitolato alla memoria del grande Nicola Alonzo che lo scorso luglio ci ha lasciato.

RISULTATI FINALI: U.6: Fiumicino 10 Primavera 1 U. 8: Frascati 3 Capitolina 0 U.10: Primavera 5 Frascati 3 U. 12 Primavera 4 Villa Pamphili 4.


IL SINDACO DI ROMA AL TORNEO BRUCATO SCATTI DI UNA GIORNATA DI SPORT


IL SINDACO DI ROMA AL TORNEO BRUCATO SCATTI DI UNA GIORNATA DI SPORT


SPQR SPORT. IN USCITA LO SPECIALE SUL PIANO REGOLATORE DELL’IMPIANTISTICA SPORTIVA, IL PRISP Il Piano Regolatore dell'Impiantistica Sportiva è un progetto che nasce anni fa ed è stato recentemente presentato alla stampa. Dopo un sondaggio sulle abitudini sportive della popolazione romana, condotto anche grazie alla collaborazione de La Sapienza e dell'Università del Foro Italico, è stato avviata una ricerca tendente a censire tutte le strutture romane, le associazioni in esse operanti e le discipline praticate a Roma: il tutto diviso anche per municipi. Gli obiettivi principali sono 2: quello di dare agli operatori e a tutta la cittadinanza uno strumento dinamico, di ricerca, di approfondimento per capire dove praticare ogni disciplina (la banca dati è online su www.sportincomune.it). Il secondo di capire in quali quadranti della città esistano delle lacune nell'offerta sportiva onde porre rimedio. Il primo passo, insomma, per una città del futuro a misura d'uomo in cui lo sport sarà protagonista

E R E C S E Ù R I P C I PER ORA D ANC


di Luca MONTEBELLI

Le tre piste pubbliche sono frequentate ogni giorno da centinaia di amatori e da qualche campione di tutte le specialità dell’atletica leggera. Negli impianti si pratica anche calcio, rugby, football americano oma e l‘atletica, un amore che affonda le proprie radici nella notte dei tempi. La “Regina degli Sport” ha senza dubbio scritto nella nostra città pagine epiche, rimaste a memoria d’uomo, come un eterno fotogramma da regalare ai posti a dimostrazione della infinita grandezza di questa attività. Basti pensare ad Abebe Bikila e alla sua maratona, ai 200 metri di Livio Berruti, al Golden Gala dei campioni voluto da Primo Nebiolo nel 1980, alla favola di Pistorius nata proprio sul tartan dello Stadio Olimpico. La Città Eterna ha da sempre celebrato questo sport ed ha regalato all’Italia e al mondo campioni come Giuseppe Gentile (primatista del mondo nel salto triplo) e Roberto Frinolli, tanto per citare i primi nomi che ci vengono in mente. Roma, anche dal punto di vista dell’impiantistica, ad onta di una precaria condizione attuale delle strutture, ha destinato all’atletica stadi e piste che sono entrati nella tradizione e nella storia della città. Impianti dove oggi come in passato si fa sport con passione. E allora è giusto imparare a conoscere questi “gioielli” che ospitano ogni dì centinaia di appassionati. Nell’elenco ovviamente non includiamo lo Stadio Olimpico, oggi destinato soprattutto al calcio e, una volta l’anno, al Golden Gala.

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spq ort SCHEDA TECNICA Indirizzo: Via dei Campi Sportivi 7 Tribune: si Spogliatoi: si Corsie: 6 Illuminazione: si Superficie: Sportflex SX Sport: Atletica leggera, football americano, rugby

STADIO DELLE AQUILE “PAOLO ROSI” PAOLO ROSI

a data di costruzione dello Stadio Paolo Rosi, o Stadio delle Aquile, comunemente chiamato dell’Acqua Acetosa, è incerta. Diverse fonti indicano il 1928 anno in cui a Roma sorsero 18 impianti sportivi per volontà del Governo. Quel che è certo è che quel campo nacque prima degli anni ’30, quando vi si disputarono i campio-

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nati regionali. È probabile comunque che in una prima fase l’impianto fosse disponibile alle varie discipline e solo successivamente divenne un’esclusiva dell’atletica leggera. L’impianto è giunto fino ai giorni nostri anche se da allora è stato ristrutturato diverse volte fino al recente rifacimento della pista a sei corsie.

LO STADIO DI MIGUEL E FILIPPIDE Il Paolo Rosi è da sempre la “casa” della Corsa di Miguel, l’unica corsa su strada della Capitale che termina all’interno dello stadio con il giro di pista. E anche la “casa” del Progetto Filippide: è proprio qui che ogni giorno si allenano i tanti atleti autistici di Roma.

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Ex nazionale di rugby è stata una tra le voci più popolari dello sport in Tv. Dei trascorsi giovanili nel rugby, Rosi amava ricordare soprattutto la sua presenza, unico italiano, nella rappresentativa europea che aveva sfidato l'Inghilterra. Un prestigioso riconoscimento per quello che all'epoca veniva considerato il miglior rugbista d'Italia, un tre quarti-centro che con la Roma aveva conquistato lo scudetto nel '48 e '49 ed era stato capitano della Nazionale. Nato a Roma il 20 aprile 1924, Rosi era approdato alla Rai nel 1953, consigliato da chi ne apprezzava la bella voce, per partecipare a un concorso per telecronisti nel quale figuravano anche Tito Stagno e Adriano De Zan. Il passato da atleta lo aveva indirizzato rapidamente verso lo sport, dove è diventato presto la "voce" di atletica, pugilato e, ovviamente, rugby. Per la Rai ha commentato otto Olimpiadi.


SCHEDA TECNICA Indirizzo: Via Mar Arabico Tribune: si Spogliatoi: si Corsie: 8 Illuminazione: si Superficie: Tennisolite Sport: Atletica leggera, calcio, rugby

STADIO STELLA POLARE “P. GIANNATTASIO” PASQUALE GIANNATTASIO

ostruito in occasione delle Olimpiadi di Roma del 1960, nella Pineta di Castelfusano, a 500 metri dal mare. La consistenza delle attrezzature tecniche è data da un campo per il calcio, da una pista di 400 metri a 6 corsie, da una pedana per il salto triplo e lungo, da una per il salto con

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l'asta, da due per il salto in alto, da due per i lanci del disco e del martello, da tre pedane per il lancio del peso. I servizi per gli atleti sono ubicati nella pineta e sono circondati da ampi spazi verdi per la sosta e il riposo. Lo stadio è intitolato a Pasquale Giannattasio.

LO STADIO MULTICOLORE Alla Stella Polare, oltre all’atletica è protagonista il calcio. Quello multicolore. Ogni anno, infatti, sul campo all’interno della pista si svolge il Mundialido, il torneo di calcio per nazioni che si basa principalmente sulla filosofia del fair play più che sul risultato agonistico

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Velocista degli anni sessanta, azzurro di gran classe, ha rivestito anche i panni di tecnico nelle Fiamme Gialle. Nato a Giffono Vallepiana (Salerno), il 15 gennaio del 1941, vanta 22 presenze in nazionale. Vinse tre titoli italiani consecutivi sui 100 dal '65 al '67, e uno in staffetta. Nel '67 a Città del Messico fermò il cronometro a 10.26. Alle Olimpiadi di Tokyo giunse al settimo posto con la 4x100 composta da Berruti, Ottolina e Preatoni. La sua migliore stagione nel 1967 quando agli Europei Indoor di Praga, vinse il titolo continentale dei 50 con 5.07. Celebre il suo secondo posto alla preolimpica dietro Kone (Costa D'Avorio) e davanti a statunitensi del calibro di Carlos e Pender. Nel suo palmares anche due ori (staffetta 4x100 nel '63 e '67) e un argento (100 metri nel '67) ai Giochi del Mediterraneo.


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SCHEDA TECNICA Indirizzo: Viale delle terme di Caracalla Tribune: si Spogliatoi: si Corsie: 6 Illuminazione: si Superficie: Sportflex SX Sport: Atletica leggera

STADIO DELLE TERME “NANDO MARTELLINI” NANDO MARTELLINI

o Stadio delle Terme sorge nelle immediate vicinanze delle Terme di Caracalla, in una zona alberata della Passeggiata Archeologica. Fu costruito negli anni 1938-39. Dispone di una pista di 400 metri a sei corsie, di due pedane per il salto in lungo e triplo, di una pedana per

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il salto in alto, di una pedana per il salto con l'asta, di una per il lancio del giavellotto e di due pedane per il lancio del disco e del martello. Dispone infine anche di tre pedane per il lancio del peso. È intitolato all’indimenticato telecronista Nando Martellini.

LO STADIO DI MATUSALESTO Da più di venti anni sulla pista dello stadio si allena Sansonetti, brillante 92enne capace di vincere in una carriera, iniziata dopo i 70 anni oltre 70 medaglie internazionali, di cui 42 d'oro. Sempre su questa magica pista ha preparato l’assalto al record del mondo master nei 200 metri indoor, centrato nel 2002

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In Rai Martellini era entrato quando l'ente pubblico si chiamava ancora Eiar: era il 1944. Da poco laureato in Scienze politiche, visto che conosceva cinque lingue e sognava una carriera da diplomatico, fu assunto come redattore di politica estera. Lo sport però lo aveva già affascinato. A soli 15 anni, nel 1936, convinse i genitori a farsi mandare a Berlino per assistere all'Olimpiade. Tuttavia la sua prima radiocronaca non ebbe nulla a che vedere con lo sport: si trattava infatti del racconto di una festa popolare a Trastevere. La prima telecronaca della Nazionale di calcio fu ai Mondiali del 1970, in sostituzione di Niccolò Carosio, rimosso per aver usato l’espressione "negraccio". In carriera ha seguito undici Mondiali di calcio, tre Olimpiadi, diciotto Giri d'Italia.


Dopo anni di attesa la palestra di uno dei campi più importanti e storici della Capitale sta per vedere la luce: l’ultimo atto di una ristrutturazione profonda cco la storia della Palestra Artiglio di Via Boemondo, un impianto sportivo polivalente nel III municipio. Ma ricostruiamo le tappe da giugno del 2005, quando una delibera del consiglio comunale autorizza la costruzione di un parcheggio sotterraneo in via Boemondo nell'ambito del Piano Urbano Parcheggi, il cosidetto PUP. L'opera viene realizzata da due società a cui viene concesso il diritto di superficie nei successivi 90 anni per circa un milione e mezzo di euro di oneri concessori, che sarebbero poi diventati il finanziamento per la costruzione di una

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I Palombari de L’Artiglio I palombari di Viareggio armarono una vecchia imbarcazione a vapore varata in Inghilterra nel 1903: si chiamava "L'Artiglio" che era adibita alla demolizione di relitti. Il suo ultimo viaggio fu nella Prima Guerra quando L'Artiglio fu mandato a demolire il relitto di una nave trasporto munizioni ma avvenne l'irreparabile: assieme alle mine esplose l'intero carico di munizioni del relitto e morirono tutti. Morirono anche palombari roma-

palestra, di una sala cittadina e di un centro anziani all'interno di un'area verde nei pressi del parcheggio. Il progetto legato alla costruzione della palestra comincia così a delinearsi sempre più compiutamente: una delibera comunale del febbraio 2008 infatti decide di assegnare, per dodici mesi prorogabili, l'impianto al Consorzio Artiglio s.r.l., già concessionario del centro sportivo comunale che comprende campi di calcio e di calcio a cinque. Siamo nella seconda metà del 2008 e la palestra è ormai pronta. Tuttavia, dopo l'inaugurazione del vicino centro anzia-

ni e per questo fu fondata una squadra storica per la città. L’Artiglio (altra storia degna di nota) ha i colori neroazzurri perché l’Ambrosiana Inter donò la sua maglia all’allora Presidente. L'Artiglio è situato in un’area di circa 25000 mt² in zona centrale di Roma tra la Stazione Tiburtina, Piazza Bologna, Università La Sapienza e il Policlinico Umberto I nel III municipio.

Il campo di gara dell'Artiglio misura m101X50,5. Oggi la SGS Spes Artiglio è tra le prime 10 società giovanili del Lazio forte della sua struttura e dai circa 500 allievi iscritti, di cui 350 di Scuola Calcio e i rimanenti 150 a garantire l’impegno nelle categorie. Fiore all’occhiello del Centro Sportivo è la struttura sanitaria con il medico e 2 fisioterapisti sempre presenti e una medicheria attrezzata per il primo pronto soccorso a garantire a ragazzi e genitori una figura professionale in caso di infortunio. Le strutture del settore calcio comprende 12 spogliatoi da calcio 10 spogliatoi da calcetto, 3 spogliatoi per arbitro. All’interno del Centro Artiglio: Centro Anziani, Sala Consiliare, Punto Ristoro, Parco Bimbi, Area Relax, tre campi per il calcio a cinque e una palestra.

La palestra è di circa m 900 calpestabili. Si praticheranno: danza, ginnastica, ballo, arti marziali, volley, basket. Ha una tribunetta di circa 100 persone


spq ort di Diletta CIABATTI foto Enrico RIpari

Le migliori si sfidano nel torneo Maiorano Torneo Giovanni Maiorano: in sua memoria la famiglia insieme alla SGS Spes Artiglio organizza un torneo di calcio giovanile molto prestigioso a cui partecipano le più importanti società sportive nazionali. Quest'anno il Torneo Maiorano è stato vinto dal Milan in finale contro la Fiorentina.

ni e del centro ristoro, l'impianto rimane ancora chiuso. A bloccare l'apertura è il mancato collaudo tecnico amministrativo, quella che agli occhi dei cittadini sembra essere solo una delle tante lungaggini burocratiche fatte da certificazioni e i fogli di conformità richiesti alle società, questioni legate agli accatastamenti, all’allacciamento delle utenze, oltre a varie altre problematiche di bilancio. Risultato: gli anni passano e una palestra pronta solo per essere aperta viene abbandonata a sé stessa. Fortunatamente però qualcuno comincia ad interessarsi a questa vicenda: Cristian Fragalà ad esempio, attuale Presidente della Commissione Controllo, Garanzia e Trasparenza del Municipio III, fin dal 2009 comincia a presentare diverse interrogazioni alla presidenza del III Municipio. Anche il Delegato alle Politiche Sportive di Roma Capitale, l'Onorevole Alessandro Cochi, si affianca a questa battaglia, nonostante il problema della palestra non sia di diretta responsabilità del proprio ufficio. Le interrogazioni al presidente municipale e le note al Dipartimento PUP si susseguono e lo scorso 9 febbraio la situazione si sblocca definitivamente: dopo quattro anno di stop, il primo collaudo tecnico amministrativo viene effettuato. La strada verso l'apertura sembra essere ormai spianata: «Sono convinto - spiega Fragalà - che la Palestra Artiglio nel giro di poco tempo diventerà uno dei poli più importanti nel nostro territorio municipale. Mancava infatti un centro polifunzionale di questo genere nella nostra realtà. Senza dimenticare poi che la Palestra Artiglio comprende anche un centro anziani, realtà la cui importanza sociale è risaputa».

Tra Conti e Maldini (a sinistra), c’è Mauro Esposito uno dei tre Presidenti della Spes Artiglio. Gli altri sono Agostino Gioacchini (foto in alto) e Massimo Romagnoli

Uno scatto della finale del torneo tra Milan e Fiorentina

La squadra campione. Al centro della foto, sdraiato davanti alla coppa, il figlio di Capitan Madini. Nella foto ci sono anche i figli di Giovanni Maiorano, Arianna e Augusto

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I CIRCOLI CANOTTIERI STORICI DI ROMA Lo stemma I colori sociali sono quelli del gonfalone cittadino: il rosso scuro tendente al porpora (pompeiano) con bordata di giallo-arancio (giallo oro o ocra) quindi lo stemma è un Guidone formato da una croce giallo su fondo rosso e fregiato della Stella d’Oro al Merito Sportivo, conferita al circolo dal CONI nell’anno 1971.

La tessera di affiliazione alla Reale Federazione di Canottaggio Antica tessera del 1934 di affiliazione alla Federazione Italiana Canottaggio

di Massimiliano CECCHI

La storia del circolo che ha il nome della Città Eterna

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a fine della Grande Guerra segnò un’epoca, la gran voglia di rinascita di un paese. Roma, ritornò ad essere il grande crocevia di quel passaggio tra arte, cultura e sport ma nel frattempo, il fiume nostro, era cambiato. Furono completati tutti i cantieri che iniziarono nel lontano 1881, ed il Tevere cambiò nel paesaggio con la sua nuova camicia dei muraglioni. A ogni gradino che si scendeva, si provava un distacco da dare l’impressione che la città si allontanava nello spazio e nel tempo. Il Tevere cambiò nel rapporto con la città anche per il fatale trionfo del mare, una nuova meta per i bagnanti di massa, che ha subito assottigliato le file dei patiti e distolto le folle che facevano il tifo su lungotevere alle imprese dei fiumaroli. Già i fiumaroli, quei romani figli del Padre Tevere che comunque continuarono a frequentare quel che restava delle spiaggette dei polverini. Lo spirito fiumarolo si esaltava solo al Tevere. Il vero fiu-

marolo, da sempre, rivendica la sua identità: non il canottiere, non già il signorino che voga. Quindi, né canottiere, né nuotatore, in un modo esclusivo né l’uno, né l’altro, trattandosi di un personaggio sfrontato e poliedrico. Il fiumarolo è pescatore per passione; è salvatore occasionale di vite umane; è il nuotatore solitario abituato ai lunghi monologhi col Padre Tevere, ed è il canottiere che da secoli voga contro corrente. Quindi, negli Anni Venti, sui galleggianti al Tevere, ci si poteva imbattere in un campionario umano diversissimo e variegato e non era un fatto eccezionale se due amici si chiamavano uno John e l’altro Luigi, ed erano entrambi romani e fiumaroli. All’epoca, già esistevano il Reale Canottieri Tevere Remo, l’Aniene ed il Circolo Canottieri Lazio, ed altre realtà dove era possibile praticare lo sport organizzato del nuoto e del rowing ma ai due amici questo non bastava, avevano le idee chiare e volevano realizzarle con la fondazione di un circolo che, nelle competizioni sportive, portasse i colori del gonfalone della città di Roma e la cultura fumarola. E così, dopo aver trovato un posto sul Tevere, sul lungotevere Flaminio, John Jackson e Luigi D’Eramo il 28 settembre 1919 fondarono il Club Nautico Romano. Lo spazio per la sede del circolo era ideale, c’era una vecchia casina di legno dei “Rari Nantes” di Ostia, la prima società di nuoto capitolina, che non era più utilizzata e fu presa in affitto. Poi, con una spesa scrupolosamente annotata nel primo verbale d’assemblea, fu acquistata la stoffa ed il cordame e così poté sventolare per la prima volta sul Tevere la bandiera giallorossa. Già un anno dopo il sodalizio contava poco più di cento soci e, con grandi sacrifici, furono acquistate, insieme a 3 jole, la casina sociale con annesso campo di lawn tennis. Nei primi del novecento ci furono innovazioni tecnologiche che rivoluzionarono il canottaggio, alcuni accorgimenti STRUTTURE DI ROMA | 96

che progressivamente resero gli armi più funzionali all’uso sportivo. Al Tevere ci si arrangiava con quello che si aveva. Negli Anni Trenta, il circolo, per consentire a tutti i suoi soci gli allenamenti quotidiani, impiegò anche una coppia di baleniere avute in consegna dal Ministero della Marina. Erano gli anni dove l’arte dell’arrangiarsi faceva di ogni necessità una virtù. Ma questo spirito era nelle corde dei fiumaroli; vogare con quello che si aveva a disposizione perché, comunque, “il remare è come sognare dal mondo che ti circonda e qualche volta ti affligge”. E infatti, nei primi anni di vita, le partecipazioni del circolo a raid ed alle competizioni nazionali furono soddisfacenti e molti furono i risultati sportivi dei canottieri giallorossi. Verso la fine degli Anni Trenta a Roma ci fu la volontà di accorpare nel GIL (Gioventù Italiana del Littorio) tutte le attività remiere e natatorie del fiume, coinvolgendo tutti i circoli, in modo da rappresentare con un unico nucleo sportivo la Città nelle competizioni internazionali. Il progetto prevedeva la costruzione di una struttura per la pratica marinara, che fu realizzato proprio su Lungotevere Flaminio (il Brigantino) destinato ai giovanissimi marinaretti e la costruzione sul Tevere, nei pressi della Magliana, di un porto con centro polivalente, con attrezzature all’avanguardia per la pratica della voga e del nuoto che però non fu mai realizzato, a causa della rinuncia di Roma alle Olimpiadi in favore della città di Tokyo ma anche a causa del secondo conflitto mondiale. Pertanto, in questo contesto storico, nel 1927, per volontà di Renato Ricci e dei soci fondatori, fu mutata la denominazione sociale del circolo in “Circolo Canottieri Roma”. Erano gli anni delle Olimpiadi di Amsterdam del 1928, i così detti “Giochi di Tarzan” e del fantastico 4 azzurro che vinse l’oro. Da allora, il piccolo regno dei canottieri si è allargato parecchio.


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ROMA Il nome

Al momento della sua costituzione, nel 1919, la sua denominazione sociale era “Club Nautico Romano”. Il nome attuale è stato modificato nel 1927 per volontà di Renato Ricci e dei soci fondatori.

La scheda Anno di Fondazione 1919 Sede Sociale Roma, Lungotevere Flaminio, 39. Presidente Andrea Tinarelli. Sport Agonistici: canottaggio, tennis, nuoto, canoa, volley, calcio a 5, corsa su strada Attività sportive: basket, biliardo

La sede del Circolo Canottieri Roma negli Anni ‘40

Curiosità

La casina di legno della Rari Nantes Ostia, presa in affitto per il primo anno e poi acquistata dal CC Roma nel 1920 per 200 mila lire. La vecchia sede era sfornita di luce e le attività sportive venivano svolte dai soci sul galleggiante, con spirito di iniziativa ma con grande organizzazione. In novant’anni di storia, la sede si è trasformata in un prestigioso club dove ancora si respira quell’atmosfera dei fiumaroli degli Anni ‘20.

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CIRCOLO CANOTTIERI ROMA Photonews CIRCOLO ALL’AVANGUARDIA

DOPPIO TRICOLORE

Il Circolo Canottieri Roma è stato sempre all’avanguardia delle discipline sportive. Sin dagli anni del primo dopoguerra al Tevere era possibile praticare anche la pallavolo (volley), così come la corsa. Oggi il circolo ha squadre agonistiche che partecipano a tutte le più importanti manifestazioni internazionali.

Il doppio del Canottieri Roma: con Spingardi, campione italiano assoluto 1968, c'è Giampiero Galeazzi, che diventerà commentatore RAI di Canottaggio (oltre che di Tennis). Galeazzi, ha anche partecipato come canottiere ai Giochi di Città del Messico.

I soci

Atleti e soci Paolo Garimberti

Il Presidente della RAI è socio del circolo, ha cominciato l'attività giornalistica a Genova, per passare poi a La Stampa, come corrispondente da Mosca e caporedattore della redazione di Roma. Poi editorialista e capo redattore di politica nazionale di La Repubblica poi direttore responsabile del TG2, incarico che ha mantenuto fino al 1994.

Gianni Letta Laureato in giurisprudenza, dopo aver esercitato per alcuni anni la professione forense, si è dedicato al giornalismo. Per oltre vent’anni ha avuto prestigiosi incarichi governativi presso i quattro governi guidati da Berlusconi.

Armando Trovajoli Musicista eclettico. Per il cinema ha composto oltre trecento colonne sonore oltre ad aver ideato musiche per le commedie teatrali più importanti della storia culturale italiana, tra le quali, Rugantino, Aggiungi un posto a tavola e Vacanze Romane. Accademico di Santa Cecilia e Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiana .

Nicola Pietrangeli Socio Onorario del circolo, è stato il più grande tennista italiano di sempre con le sue quattro finali al Foro Italico e i due successi al Roland Garros e al torneo di Wimbledon.

Bruno Mascarenhas Olimpionico nel canottaggio, nato in Portogallo, a Roma dal 1991, dove ha iniziato a praticare canottaggio al Circolo Canottieri Roma. Ha vinto il mondiale in due di coppia juniores con la nazionale portoghese. Ha ottenuto un bronzo ai mondiali assoluti, tre titoli tricolore, poi campione d’Europa. Nel 2008 ha preso parte alle Olimpiadi di Pechino. Dal 2011 è Direttore sportivo della sezione canottaggio del Circolo.

Giampiero Galeazzi Giornalista, telecronista sportivo e conduttore televisivo italiano. Dopo aver partecipato come canottiere ai Giochi Olimpici di Città del Messico del 1968, entra in RAI in qualità di telecronista sportivo. Storico il suo commento, con partecipazione e voce rotta dalla grande emozione, alle prestazioni olimpiche dei fratelli Abbagnale.

In questa foto il Giovane Giampiero Galeazzi che è cresciuto e si formato nei Canottieri Roma. Anche il padre fu un grande campione del canottaggio (vinse gli europei nel 1932, nel due senza) e continuò facendo l’allenatore alla Tevere Remo e poi alla Canottieri Roma.


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Il derby di canottaggio Il Tevere, dal 1977 è teatro della tradizionale sfida remiera con i "cugini" del Circolo Canottieri Lazio. Lo spirito della manifestazione è dimostrare, alla vigilia di ogni Derby calcistico, come atleti e tifosi di Lazio e Roma possano fare sport insieme in amicizia. Un Tevere contemporaneamente Bianco Celeste e Giallo Rosso. Un Tevere per tutti, sia sotto il simbolo dell’Aquila laziale che della Lupa romanista.

La struttura

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I Soci del Circolo Canottieri Roma hanno a disposizione 2.150 metri quadrati al coperto e 15.900 all’aperto, con un’attrezzatura invidiabile. Ci sono un galleggiante, una piscina, tre palestre, 6 campi da tennis, un campo di calcetto e uno di pallavolo. Il fiore all’occhiello è il parco barche per il canottaggio e la canoa con 50 imbarcazioni di tutti i tipi, dai K1 agli otto: L’albo d’oro è ricco di 104 titoli italiani conquistati tra canottaggio, canoa e tennis. Da un solo dipendente ai tempi della fondazione siamo passati a 23. Il bilancio annuale è di circa 2 milioni di euro.

Il galleggiante La piscina

Il club soci storico 3. La Palestra

1. Il campo da calcio

2. Uno dei campi da tennis

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CIRCOLO CANOTTIERI ROMA Interviste

Il galleggiante ospita il Raid di motonautica Roma-Fiumicino

Photogallery

Che cosa significa per Lei essere il Presidente del Circolo Canottieri Roma e quali sono i progetti e gli obiettivi attuali e cosa volete migliorare oggi del Vostro Circolo? «Essere Presidente del Circolo Canottieri Roma è un importante impegno ma anche un grande onore. Dal giorno seguente a quando venni eletto, fino ad oggi, non ho mai smesso un attimo di pensare a programmare pianificare e cercare soluzioni, per rendere ancora più prestigioso il nostro Circolo. Sono arrivato in un momento delicato, un momento di grandi sconvolgimenti economici e di grandi riforme che il nostro Paese era ed è chiamato ad affrontare. Naturalmente anche il Circolo non poteva non esserne coinvolto. Abbiamo scelto la difficile strada degli investimenti, contando solo sulla nostra forza economica, convinti che sport e tradizione potevano e possano essere elementi di traino importanti anche in momenti delicati come quelli che stiamo vivendo. Le cose fatte finora? La nuova piscina, tutti gli impianti sportivi, la ristrutturazione del sito internet , la ristrutturazione e gli impianti della Casina Sociale, la riorganizzazione delle scuole sportive, e la riforma dello Statuto. Altro grande capitolo che abbiamo affrontato e continueremo a trattare con grande impegno è quello dedicato ai giovani. Sono loro a cui ho aperto le porte, prima di tutto. Ed è stato un grande cambiamento, una formidabile soddisfazione e un segno di tranquillità per il futuro. Poi, c’è lo sport. Il vero motore che unisce tutti noi. Le iniziative che abbiamo portato avanti, in questi anni, e che continueranno in futuro, sono di altissimo livello. E di tutte, vado molto fiero».

Doppio misto old style

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Anni '50. Una festa in costume tra i soci del circolo

Il Presidente Salvi al battesimo delle nuove imbarcazioni sociali Il caffè in piscina

Silvana Pampanini tra i canottieri

Milko Skofic, attore, marito di Gina Lollobrigida. Le Foto d'epoca sono dell'Archivio storico del CC Roma e pubblicate su questo numero per gentile concessione

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JUNIOR CLUB

Il bilancio di uno storico torneo giovanile che ha visto protagonisti, negli anni, campioni come D’Amico e Di Bartolomei, Mazzola e Rivera...


spq ort I NUMERI 102 le partite dello Junior Club. Un torneo

lungo quattro mesi iniziato lo scorso 16 gennaio.

di Stefano CHIOFFI

96 i "Giornalisti per un giorno" che hanno partecipano all'evento.

4.080 i minuti disputati dalla categoria

520 tra video e articoli realizzati dai

4.590 i minuti di gioco disputati dalla

366 i video dei gol e le interviste pubblicati

45 le squadre che hanno partecipato

171 i marcatori categoria Allievi. Ognuno di loro ha segnato almeno un gol.

588 i gol complessivi dello Junior Club.

165 i marcatori a segno con un gol o più di uno nella categoria Juniores.

Allievi.

categoria Juniores.

all'evento firmato Corriere dello Sport.

864 i giocatori impegnati allo Junior Club, ogni rosa è composta da 18 giocatori.

18 settimane di torneo. 8.670 i minuti giocati.

"Giornalisti per un giorno".

sul sito internet dell'evento.

1 milione di pagine viste dagli utenti sul sito del Corriere dello Sport Junior Club

200 mila visitatori sulle pagine dell'evento firmato Corriere dello Sport.

TORNEI | 103

n grande torneo di calcio per gli studenti della Capitale: il Corriere dello Sport è entrato con orgoglio nelle scuole. Cinque mesi di emozioni con lo Junior Club: da gennaio a maggio. Un giornale e i giovani: insieme per un’avventura speciale nel segno della passione, del fair play e dell’etica. Centodue partite, 864 ragazzi in campo, 588 gol, duemila spettatori in tribuna per la finale che si è svolta allo stadio Flaminio, un milione di pagine visitate sul sito del Corriere dello Sport, che ha pianificato con entusiasmo ogni tassello di questo appuntamento: dalle maglie da gioco agli spostamenti in pullman, dai premi (dieci computer per gli istituti che hanno vinto le categorie Juniores e Allievi) alle Coppe. Un obiettivo comune: il piacere di condividere l’amore per il calcio attraverso lo Junior Club, storico torneo di Roma che ha visto in passato come protagonisti anche Gianni Rivera, Sandro Mazzola, Agostino Di Bartolomei, Vincenzo D’Amico e Giuseppe Giannini. Tutte le partite, fino all’appuntamento del Flaminio, si sono disputate sullo stesso campo che aveva battezzato quei campioni da poster: l’ex Omi, a Tor Marancia, nel cuore del centro sportivo Wellness Town. Il Corriere dello Sport ha raccontato sul giornale e sul web ogni gara del torneo: tabellini, cronache, fotografie, video. Gli studenti si sono trasformati in brillanti cronisti, firmando interviste e commenti. Un contributo prezioso, un totale di oltre 500 servizi. Lo spettacolo non è mai mancato. Il Di Vittorio Lattanzio ha conquistato il titolo Allievi, superando in finale (3-1) il Pasteur, mentre il Piazza della Resistenza si è imposto ai calci di rigore (6-3) contro il De Begnac nella categoria Juniores. Ma c’è stata una vittoria suprema e globale: quella di tutti i ragazzi dello Junior Club, uniti dallo stesso desiderio di divertirsi, di conoscersi, di abbracciarsi, di festeggiare un gol e di rincuorarsi dopo una sconfitta. Dai banchi a un campo di calcio: il modo più bello per rafforzare un legame e fare nuove amicizie. Un ricordo per sempre.

U


di Massimiliano CECCHI


È

DOSSIER. UNO A UNO GLI SPORT PRATICATI

mattino presto, ogni giorno con l’inizio dell’estate, Carlo fa un po’ di jogging in riva al mare, l’aria pulita e il silenzio sono perfetti per liberare la mente dallo stress e tensioni dell’ultimo esame, prima delle vacanze. Il giovane universitario arriva allo stabilimento balneare e comincia gli esercizi di defaticamento, muove le braccia in alto ruotandole in perfetta armonia con le ali di un gabbiano che ha appena spiccato il volo. C’è una luce magnifica e la brezza di ponente accarezza leggera tutta la spiaggia. Alcuni bambini hanno appena finito di costruire la pista per le biglie vicino a un bellissimo castello di sabbia. È il momento della conta per chi tira per primo, l’attimo è importante, ci si gioca tutta la reputazione per quel tiro d’inizio, quando uno di loro alza lo sguardo e indica una barca a vela che è appena uscita dal porto. Il navigatore solitario che parte per la regata ha issato le vele e messo la prua con rotta a sud del mondo e chissà a cosa sta pensando in questo momento. Mentre sul bagnasciuga il sole non è ancora alto e il sor’ Mimmo, “er tellinaro”, con le gambe a mollo è lì con il rastrello che cerca di tirar su un piatto di spaghetti per la serata con gli amici. Più in là ci sono i ragazzi della Garbatella che sono all’ennesima sfida di beach volley. Vicino alla riva, un ragazzo e una ragazza, che a colpi di racchettoni, sul filo del match

point, si giocano la loro storia d’amore. Il bagnino li osserva sistemando il pattino che di lì a poco affitterà alla famiglia Molfetta, appassionati vogatori, tutti i giorni intorno alle dieci, escono per andare a largo; il padre che segue a nuoto il pattino sino alla boa, poi i figli che si tuffano, uno dietro l’altro, fino a mezzogiorno. Ebbene sì. Si può fare tanto sport al mare d'estate e non solo il nuoto, ma sulla spiaggia è possibile ogni genere di sport outdoor. Oltre a tutti gli altri legati al mare, come l'attività subacquea, lo snorkeling, la vela, il windsurf, il kitesurf, il surf, la pesca e il kayak, che si praticano tutto l’anno, con l’inizio della bella stagione le località del litorale romano, gli stabilimenti balneari, i circoli velici e tutte le strutture marittime diventano delle vere e proprie palestre a cielo aperto, offrendo molte possibilità alle famiglie di passare intere giornate al mare praticando lo sport alla portata di tutti: quello a costo zero. Qualsiasi attività motoria in riva al mare ha il suo valore aggiunto, te ne rendi conto soprattutto se l’aria è più fresca, nuotare o giocare l’ultima partita di pallone sulla spiaggia le ore prima del tramonto, quando i colori virano sul rosso e si spengono nel mare, sono quei momenti più corroboranti per il corpo e lo spirito, che hanno tutto un altro sapore.

Il beach volley è uno sport di squadra giocato sulla sabbia. Nato come variante del gioco della pallavolo, da semplice ricreazione sulle spiagge si è evoluto fino a diventare sport professionistico. Due squadre composte da due giocatori, si scontrano su un campo separato da una rete. Scopo del gioco è mandare la palla sopra la rete per farla cadere nel campo avversario cercando di opporsi al medesimo obiettivo della squadra avversaria. Ogni squadra ha a disposizione tre tocchi.

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BEACH RUGBY

BEACH TENNIS

Il beach rugby è una variante del rugby a 15 giocato su campi in sabbia con squadre composte da 5 giocatori. In Italia, precisamente in Romagna, arriva nei primi anni '90. Il campo di gioco è lungo 31m comprese le zone di meta e largo 25. La partita dura 2 tempi da 10'. Il portatore di palla può essere placcato tra spalle e piedi. Il giocatore placcato o trattenuto deve passare o lasciare il pallone entro 2’’. Non esistono mischie ordinate né rimesse laterali. In Italia esiste una Lega riconosciuta ufficialmente dalla Federazione Italiana Rugby.

ll tennis da spiaggia nasce a cavallo tra gli Anni '70 e '80 nella riviera romagnola dall'idea di usare i campi da beach volley per giocare a racchettoni; poi si abbassò la rete a 1,70m. Il tennis da spiaggia è considerato sport agonistico dal 2011 ed è regolamentato all'interno della Fit che, nel 2010, ha organizzato i Mondiali al Foro Italico di Roma in concomitanza con gli Internazionali d'Italia. La racchetta è lunga massimo 50 cm e ne esistono due varianti: racchetta solida e racchetta incordata. I giocatori devono battere e ribattere la palla sempre al volo. La successione del punteggio di un gioco è: 15-30-40-vittoria, senza i vantaggi.

FOOTVOLLEY Questo gioco fu ideato sulle spiagge di Copacabana in Brasile all'inizio degli Anni ‘60. Sembra che il motivo sia stato il divieto della polizia locale di giocare con la palla sulla sabbia. Alcuni appassionati, utilizzando un'improvvisata struttura costituita da due pali e una corda sul pavimento adiacente la spiaggia, cominciarono a calciare la palla con i piedi, introducendo regole prese dal beach volley. Oggi, dopo oltre 40 anni, il footvolley in Brasile è tra i più praticati sport da spiaggia; giocato da migliaia di persone e da famosi calciatori come Ronaldo e Ronaldinho che, tra i tanti, finanziano un proprio torneo annuale. E si è arrivati all'esigenza di costruire dei piccoli stadi da spiaggia permanenti, dove si svolgono tornei dall'alba al tramonto. C'è un'altra possibile versione dell'origine del footvolley che risale agli Anni ‘50. Sembra infatti che Fulvio Bernardini si allenasse e allenava i suoi giocatori anche con un gioco uguale all'attuale footvolley che allora veniva chiamato calcio al volo. Di questo si ha testimonianza in alcuni articoli dei quotidiani romani dell'epoca. La palla può esser colpita con quasi tutte le parti del corpo tranne mani e braccia e si calcia a piedi nudi. A livello agonistico, le competizioni si disputano sempre in doppio ossia gli antagonisti sono 2 contro 2. Le altre regole sono simili a quelle di beach volley.

BEACH SOCCER

BEACH HANDBALL

Nato in Brasile, il beach soccer é arrivato in Italia negli Anni ‘90 grazie all’impegno ed alla passione di Maurizio Iorio, ex attaccante romanista. Negli nuovo millennio è stato riconosciuto dalla FIFA. Ogni squadra è composta da 5 giocatori compreso il portiere. Si giocano 3 tempi da 12 minuti ciascuno con 3 minuti di intervallo tra un tempo e l'altro. La partita non può finire in parità: si giocano tempi supplementari di 3 minuti con golden gol ed eventualmente i rigori. Il portiere ha la possibilità di prendere il pallone con le mani su un retropassaggio. Si gioca a piedi nudi in un campo di 37 metri x 28.

Il beach handball è uno sport di squadra nato come variante del gioco della pallamano e giocato su campi di sabbia. La gara, divisa in due set della durata di 10' ciascuno, viene disputata da due squadre composte da quattro giocatori, portiere incluso, in un campo delle dimensioni di quello da beach soccer ma con le porte delle dimensioni ridotte. Lo scopo del gioco è segnare più reti nella porta avversaria, passandosi e tirando la palla con le mani. La squadra che, al termine di ogni set, è riuscita a segnare più reti nella porta avversaria vince il set. In caso di parità il set prosegue ad oltranza e viene vinto dalla prima squadra che riesce a mettere a segno una rete.

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BEACH BASKETBALL

TAMBEACH

Il beach basket è uno sport dove due squadre cercano di segnare più canestri possibili. Ogni squadra è composta da 4 giocatori (di cui 3 in campo) più una riserva su un campo 15x10m. I palloni sono di nylon e sono più leggere di quelle della pallacanestro. Gli alley-oop valgono 4 punti. Il canestro è posizionato ad una altezza di 2,80 mt da terra anziché ai canonici 3,05 mt dei campi regolari, tenendo conto dello sforzo supplementare richiesto dal saltare e correre su una superficie sabbiosa.

Sport antichissimo, risale alla metà del 600, Il campo di gioco è di 24x12m per il doppio e 24x8m per il singolo. La rete è posta a 2,15 m. Il tamburello è di tipo circolare e la palla è da tennis. Per vincere si devono totalizzare 21 punti. Nel 1975, a Cava d'Aliga, fu organizzato un torneo con un primo regolamento. Il primo campionato italiano fu disputato nel 1996. Oggi è una disciplina sportiva regolamentata dalla Federazione Italiana Tamburello.

BEACH CRICKET

FRISBEE FREESTYLE

Ha la genesi anglosassone ma è originario dell’emisfero australe. I profani del gioco scopriranno assieme alle regole di questo antico gioco per gentlemen anche il suo singolare vocabolario. Seguite una partita qualsiasi e sentirete i commentatori parlare di inning e over, silly mid on, silly mid off, slips, ducks e golden ducks, googlies, fours, sixes e centuries. L’inning indica l’alternarsi di una squadra alla battuta e l’over comprende una serie di lanci effettuata dai lanciatori. Ogni over comprende una serie di sei lanci, dopo della quale si cambia lanciatore e direzione di lancio.

Il freestyle è una disciplina sportiva del frisbee caratterizzata da spettacolarità, creatività e libertà di azione. Consiste in esercizi acrobatici, evoluzioni e coreografie. C’è un sistema di tornei in tutto il mondo (tra cui Campionati Mondiali ed Europei), e una classifica internazionale oltre a un ranking per i giocatori considerati quasi dei professionisti.

BEACH WRESTLING Il beach wrestling è uno stile internazionale di lotta nato per unire le diverse forme di combattimento praticate sulla sabbia attraverso un singolo regolamento. Il bagaglio tecnico è simile a quello della lotta libera. Il campo di gara è formato da un cerchio (la sabbia sostituisce il tappeto) del diametro di sei metri. L'abbigliamento è ridotto ad un costume da bagno (o pantaloncini corti estivi) e non sono presenti le scarpe. Le categorie di peso ufficiali sono quattro : -85kg , +85kg per il settore maschile e -70kg , +70 kg per quello femminile. L'intento della federazione internazionale - FILA Wrestling - è quello di promuovere e diffondere la lotta anche al di fuori delle palestre, sfruttando un ambiente di gara naturale e molto popolato. Il beach wrestling è stato incluso con grande successo fra le discipline presenti agli Asian Beach Games, manifestazione sportiva nata nel 2008.

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RACCHETTONI

DODGEBALL

Il gioco dei racchettoni, conosciuto anche semplicemente come i racchettoni, è un gioco derivato dal tamburello ed è il predecessore del tennis da spiaggia. Il gioco dei racchettoni nasce in Italia negli Anni ‘80 al Bagno Claudia di Cesenatico. Vince chi non fa cadere la palla. Sulle spiagge del litorale romano è l’attività sportiva più diffusa.

Il dodgeball è l'evoluzione della palla avvelenata (o prigioniera). L’area neutra centrale di 1 mt di larghezza che separa le due uguali aree di gioco, è la “Dead Zone”. I giocatori che calpestano quest’area o le linee che la delimitano sono eliminati. È consentito l’ingresso nella Zone per impossessarsi della palla, solo all’inizio di ogni game e per una permanenza massima di 5’’.

LE BOCCE

BIGLIE

Anche sulla spiaggia si può giocare a bocce. Il gioco delle bocce ha una tradizione antichissima: in Turchia sono state ritrovate alcune sfere in pietra antenate delle attuali bocce che risalgono circa al 7000 a.C.

Le biglie sono di plastica, più grandi rispetto alle tradizionali biglie di vetro. Dal 2005, l'Assessorato allo Sport di Rimini, finanzia il Mondiale di Cheecoting (altro nome per identificare il gioco). E Ravenna patrocina un Campionato di Biglie, che prevede anche delle gare di biglie sulla neve durante la stagione invernale. La prima tappa, valevole per un Campionato Mondiale di biglie sulla neve, si è disputata a Nauders in Austria l'11 dicembre 2010.Il secondo Campionato si è svolto il 17 dicembre 2011 a Nauders.

ATTIVITÀ SPONTANEE

Alcuni esempi di attività motorie, che appartengono ad altre discipline sportive e che possono essere praticate dalla mattina al tramonto sulla spiaggia, soprattutto sul bagnasciuga, sono: le escursioni a piedi o in bicicletta, la corsa campestre, jogging, o le meravigliose passeggiate a cavallo. Attività che sono alla portata di tutti, dei bambini dei giovani e meno giovani.


PETECA La Peteca o indiaca è uno sport di squadra e si gioca, come nella pallavolo, in un campo diviso da una rete. Si usa una specie di palla, chiamata anch'essa indiaca, che viene colpita con le mani. Viene giocato su un campo di 16 x 6,10 m, che è diviso in due metà. L'altezza della rete varia fra i 2 e i 2,35 m, a seconda dell'età e del sesso dei giocatori. Le squadre sono composte da cinque giocatori. L'indiaca viene immesso in gioco tramite un servizio. Il giocatore, che si trova nella posizione dietro a destra, fa il servizio: deve far passare l'indiaca con un colpo, oltre la rete senza toccarla. Ogni squadra può toccare l'indiaca al massimo tre volte, poi lo deve scagliare di nuovo oltre la rete, senza fargli toccare il suolo. Si può colpire o toccare l'indiaca solo con le mani, o con gli avambracci. Se una delle due squadre fa un errore, la squadra avversaria riceve un punto e il prossimo servizio.

SANDBOARDING

AQUILONISMO

Si tratta di uno sport simile allo snowboarding, ma praticato sulle dune di sabbia. Consiste nel lanciarsi dalla cima di una duna mantenendosi in piedi su una tavola. L'esperienza è mozzafiato e le velocità che si possono acquisire sorprendenti, per questo, di recente, il sandboarding è stato rilanciato come attrazione turistica attirando i viaggiatori più avventurosi assetati di adrenalina.

Pratica sportiva che consiste nel far volare una struttura alare (detta ala) fatta di materiali leggeri come carta velina, cotone, seta, tessuti o fibre moderne (mylon, dacron, rip-stop, Cuben), guidandone il volo da terra tramite uno o più cavi (linee). Esistono diversi tipi di aquiloni. Quelli acrobatici sono aquiloni che si controllano con due o più linee, generalmente di una lunghezza compresa tra 20 e 45m, con i quali si possono compiere evoluzioni su 2 o sui 3 assi dimensionali; le evoluzioni bidimensionali si definiscono "figure" e le evoluzioni tridimensionali si definiscono "triks". Gli aquiloni classici, delle più disparate forme, (più comunemente romboidali), sono collegati a terra da un'unica linea lunga fino ad anche 200m.

FRISBEE ULTIMATE

DISCO GOLF

Faticoso da praticare e spettacolare da guardare è il Frisbee Ultimate, che si gioca a due squadre di cinque giocatori ciascuna che si affrontano su un campo di 78 x 26m. Lo scopo è segnare punti passando il disco all'interno dell'area di meta avversaria.

Disc Golf è un gioco in cui i giocatori devono lanciare un disco volante a un bersaglio. Lo scopo del gioco è quello di attraversare un percorso dall'inizio alla fine nel minor numero di lanci del disco. Il numero di campi da golf del disco è più che raddoppiato in 8 anni dal 2000 al 2012. Il gioco si svolge in circa 40 paesi del mondo.

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spq ort

SUP

VELA Lo sport della vela si distingue dagli altri acquatici perché richiede l'uso di imbarcazioni (che possono essere di dimensioni estremamente ridotte, come nel caso delle derive o estremamente grandi, come nel caso delle competizioni fra maxi yacht o multiscafi). Tali imbarcazioni devono ricevere la loro propulsione esclusivamente da una o più vele, e devono essere manovrate manualmente da equipaggi composti da una o più persone. Lo sport della vela si svolge soprattutto in regate, che si dividono in regate costiere, Match Race e Regate d’altura che consistono in competizioni fra barche a vela in cui generalmente vince l'imbarcazione che riesce a percorrere il percorso di regata in minor tempo.

Stand up paddle surfing, si tratta di un tipo di surf fatto su grandi tavole mosse con l'ausilio di un remo, pagaiando in posizione eretta. La pratica si è diffusa in tutto il mondo di recente.

IL NUOTO PINNATO

PESCA SPORTIVA

Specialità con le caratteristiche del nuoto in acque aperte ma le gare hanno percorsi più ampi, sino a 30km. Il nuoto pinnato, inquadrato dalla FIPSAS, è lo sport principe della velocità negli sport acquatici con la monopinna capace di far raggiungere punte di quasi 4 metri al secondo nelle gare più corte. Due gli stili previsti, il “nuoto pinnato” senza limitazione di attrezzatura e lo stile “pinne”, dove invece si va al via con attrezzi di derivazione strettamente commerciale e lunghi fuori tutto al massimo 68cm.

La pesca sportiva è uno sport che può essere praticato sia in corsi d'acqua dolce che in mare. Si divide in due categorie principali: pesca di superficie e pesca dalla barca. Entrambe le categorie sono accomunate nella stessa federazione sportiva, la FIPSAS. Chi pratica la pesca sportiva nella sua autenticità si pone come unico obiettivo la sfida nella cattura stessa; ne è la prova il recente diffondersi del No-kill, cioè pesca senza uccisione del pesce e del Catch & Release, ovvero cattura e liberamento.

IL NUOTO DI FONDO Il nuoto di fondo, riconosciuto dalla FIN, comprende tutte le manifestazioni natatorie che si svolgono in acque aperte come fiumi, laghi e mari. Si divide in quattro categorie: nuoto di mezzo fondo (fino a 5km), nuoto di fondo (fino a 15km), nuoto di gran fondo (fino a 25km) e maratona (oltre 25km). La prima volta ufficiale nel programma dei Campionati europei di nuoto fu Vienna 1995. La specialità è ricca di campioni del mondo ed europei; su tutti il romano Valerio Cleri.

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BODYBOARDING

SURF

Esistono i surfisti che utilizzano il bodyboard, una tavola piccola e tozza, squadrata e con una o due pinne, lunga circa un metro. Per prendere le onde con questa tavola si utilizzano delle piccole pinne di superficie ai piedi per prendere maggiore velocità. Originaria della California negli Anni ‘80 è praticato in tutto il mondo.

Il surf significa "cavalcare" le onde utilizzando una tavola. La tecnica consiste nel planare lungo la parete dell'onda, restando in piedi sulla tavola. È possibile eseguire una serie di manovre a seconda della velocità e della forma della parete. Le tavole hanno misure diverse non solo in base all'altezza e al peso dell'atleta, ma anche in base allo stile . Per surfare le onde più grandi si usa una tavola “gun”, molto lunga e appuntita a prua e anche a poppa. Lo stile di surfing più classico e fluido è detto “longboard”, che si pratica con tavole molto lunghe e con la prua arrotondata.

SKIMBOARDING

SUBACQUEA

Lo skimboard è una piccola tavola di legno o di materiale simile alle normali tavole da surf, appuntita e piatta, e il surfista la lancia sulla sabbia bagnata scegliendo il tempo prima che arrivi l'onda, dopodiché si lancia a piedi uniti su di essa e spinge verso l'acqua cercando di sfruttare lo scivolamento dell'acqua dovuto all'acquaplaning. Questo stile è nato sul bagnasciuga della spiaggia di Cauipe in Brasile.

Il desiderio di andare sott'acqua è probabilmente sempre esistito: per cercare cibo, scoprire manufatti, riparare navi (o affondarle) e forse solo per osservare la vita del mare. È possibile praticare tale attività con o senza attrezzature e a seconda del caso prende il nome specifico di immersione in apnea (snorkeling) o immersione con sistemi di respirazione autonomi o vincolati ad aria, ossigeno o miscele respiratorie, sistemi che permettono quindi l'immersione per lunghi periodi di tempo.

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WINDSURF

KITESURF

Il windsurf quindi nacque ufficialmente nel 1967 da un'idea di un ingegnere aerospaziale californiano Jim R. Drake il quale pensò di poter continuare a fare surf anche senza le onde, utilizzando una vela collegata alla tavola. Le gare ufficiali di sono sia regate di velocità (olimpioniche) sia di Wave e Freestyle come il looping o il forward loop. Il più grande campione romano di sempre è Fabio Balini di Ostia.

Il kitesurfing (o kitesurf o kiteboarding) è uno sport di recente invenzione (1999), nato come variante del surf; consiste nel farsi trascinare da un aquilone ("kite” in inglese), che usa la potenza del vento come propulsore. Il Kitesurf è da ottobre 2008, ufficializzato da ISAF,È il natante mosso dal vento più veloce del pianeta ed è anche il mezzo più veloce in ogni andatura, dal lasco alla bolina.

GOMMALCUL

BODYSURFING

Decisamente curioso il gommalcul, i cui giocatori si muovono in mare su camere d’aria in un campo delimitato da boe. Al centro dei lati più corti, sono posizionati due mastelli in cui le squadre devono fare canestro come nel basket.

Molto usuale è il bodysurfing, cioè cavalcare le onde con il solo ausilio del proprio corpo oppure con un paio di pinne di superficie, imitando sostanzialmente i movimenti dei delfini. Per utilizzare questa tecnica bisogna possedere buone doti natatorie, e inoltre è necessario che le onde siano sufficientemente alte e potenti.

ACQUAGYM Si sente spesso dire che l'attività sportiva in acqua fa bene: non solo nuotare avanti e indietro ma anche creare vere e proprie coreografie con esercizi semplici che oltre a mantenere la forma fisica, divertono a ritmo del sound estivo. Da praticare sia in piscina che al mare magari sotto il sole e in compagnia, l'acquagym è un ottimo rimedio per mantenersi in forma senza annoiarsi. Per scolpire il corpo con le correnti dell'acqua, occorrono 30 minuti di acquagym seguiti da 20 minuti di nuoto completo.

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KAYAK MARINO

PEDALÒ

Il kayak marino è adatto a brevi o lunghe escursioni o campeggio nautico. La sua diffusione ha consentito non solo lo scopo agonistico ma anche escursioni piu o meno impegnative. I materiali di costruzione vanno dalla vetrorsina al polietilene fino al carbonio e kevlar per i piu performanti. La differenza più evidente tra il kayak marino e il kayak olimpico è sicuramente la larghezza che aumenta notevolmente.

Il pedalò è un natante da diporto a propulsione muscolare umana derivata dal pattìno. Costruito in vetroresina, il pedalò è costituito da due scafi paralleli uniti tra loro da un telaio cui è vincolata una ruota a pale azionata per mezzo di pedali per la trasmissione della potenza, e da una leva che governa il timone dell'imbarcazione . Presto arriverà ad Ostia la prima gara di pedalò.

MOTONAUTICA

WAKEBOARD

È governato dalla Union Internationale Motonautique e nel 1908 fece parte dei Giochi olimpici. Tipi d’imbarcazioni per la motonautica sono gli idroplani (imbarcazioni con una forma a sezione di ala che permette loro di volare a pelo d'acqua lasciando immerse solo l'elica), catamarani (sono costituiti da due scafi paralleli uniti da una zona centrale ove è seduto il pilota), carena a V (simili agli scafi turistici che poggiano con tutta la chiglia sull'acqua durante la navigazione). La categoria offshore forma l'élite di questa disciplina.

È uno sport che nasce dalla fusione di sci nautico e snowboard. Si viene trasportati da un gommone e con l'aiuto delle onde create dal motore si compiono acrobazie. Si utilizzano un bilancino dove attaccarti e una tavola tipo quella per snowboard. Anche se per ora come sport non è molto praticato riscuote un discreto successo del pubblico.

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PARASAILING Parasailing, o paracadute ascensionale, e' il modo più semplice e divertente per provare l'emozione del volo e godere di un panorama unico. Il paracadute ascensionale trainato da una barca a motore permette al passeggero, opportunamente imbragato, di sollevarsi senza nessuno sforzo all'altezza desiderata. Non è richiesta nessuna abilità fisica particolare ed è adatto a chiunque. Parasailing è disponibile "solo" (1 persona), in "tandem" (2 persone) o "tripplizer" (3 persone). Il peso complessivo deve essere limitato a 180 kg per massimo 3 persone.

JET BOAT

JET SKI

Jet Boat è una corsa in barca ad alta velocità. Le corse durano in genere 30 minuti ma prevedono ostacoli da evitare ed improvvise virate che le rendono molto divertenti ed eccitanti. Questa attività non è consigliata a bambini sotto i 3 anni.

È un mezzo veloce e semplice da condurre ma, in Italia, occorre l’abilitazione. Alle moto d'acqua, durante la stagione balneare, è consentito navigare esclusivamente in ore diurne ad una distanza di oltre 500 metri dalle spiagge e di oltre 300 metri dalle coste a picco ed è fatto divieto di allontanarsi più di un miglio dalla costa.

SCI NAUTICO

TOW-IN SURFING

Lo sci nautico è uno sport acquatico inventato nel 1928 da Ralph Samuelson che fonde in un'unica attività sportiva lo sci da neve ed il surf. Lo sciatore è trainato da un motoscafo con una corda che trattenendo l'altra estremità della corda, terminante in un triangolo, definito bilancino, scivola sopra l'acqua per mezzo di vari tipi di sci, diversi a seconda della specialità che si sta eseguendo. A differenza delle discipline inerenti al surf, lo sci nautico predilige l'assenza di vento e di onde.

Un'altra tecnica per prendere l'onda consistente nel farsi trainare da una moto d'acqua; in questo caso alla tavola vengono fissati due supporti per mantenere saldi i piedi, e il surfista viene trascinato come nello sci nautico. Una volta acquisita velocità sufficiente il surfista lascia la presa sulla fune che lo traina e inizia a cavalcare l'onda. Questa tecnica viene utilizzata sulle onde considerate "giganti", e che hanno una densità d'acqua, ma soprattutto una velocità tale da sconsigliare di utilizzare il take off (uscita verticale aerea dalla cresta dell'onda).

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Foto Gennaro MASI

A Ostia, le “Olimpiadi” dell’acqua

MARE PER ROMA CAPITALE ata per promuovere lo sport, la salvaguardia e la valorizzare culturale, storica e ambientale del litorale romano e di Roma stessa, “Mare per Roma Capitale”, manifestazione multidisciplinare riguardante il mare e le attività acquatiche in generale, quest’anno alla sua terza edizione, è divenuta in breve tempo un appuntamento d’eccellenza della città. Sulla base del successo riscontrato delle precedenti edizioni della manifestazione “Mare per Roma Capitale” la

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Acsd Forward ha consolidato la collaborazione con la Lega Navale Italiana Sezione Lido di Ostia, con la Federazione Italiana Vela IV Zona, con l’ASI e con la FIPSAS. Per garantire il successo di una manifestazione considerata dai partner organizzatori come una grande opportunità per gli stessi, per i partecipanti e per il territorio, si è deciso di coordinare insieme attività dall’elevato contenuto tecnico, soprattutto per i giovanissimi, e concentrare in un periodo BEACH SPORT | 116

estivo più ampio rispetto alla classica tre giorni delle precedenti edizioni una serie di regate e gare di nuoto pinnato di rilievo nazionale ed internazionale. Il calendario della manifestazione ha avuto inizio il 20 maggio e si concluderà il 7 luglio con il tentativo di record di traversata a nuoto da ponente a levante di Ostia che nel 2011 è stato fissato in 53’34‘’ da Simone Mallegni: quest’anno ha accettato la sfida la giovanissima campionessa di Ostia Vanessa Barelli.


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A SEDICI ANNI

TENTERÀ DI BATTERE IL RECORD DI TRAVERSATA DA PONENTE A LEVANTE anessa Barelli giovane campionessa di nuoto pinnato tenterà di battere il record di traversata da ponente a levante di Ostia il 7 luglio 2012 per un percorso di circa 5800 metri per il trofeo Mare per Roma Capitale. «Sono felice che la scelta dell’atleta quest’anno sia caduta proprio su di me - dice Vanessa -. Mare per Roma Capitale è divenuta in fretta un’importante manifestazione. Riuscire a battere il record non sarà certo facile ma so di essere la prima donna a provare e magari con condizioni meteo favorevoli potrei riuscire nell’impresa che non ritengo quindi impossibile. Sarebbe un ottimo trampolino di lancio per me per crescere ancora ed ambire a risultati sempre più importanti».

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LITORALE ROMANO

LA MAPPA DEGLI SPORT DA MARE Il Litorale romano è il tratto di costa compreso tra Civitavecchia e Anzio. Il tratto di costa sabbioso a Sud della foce del Tevere, tra Castel Porziano e Torvaianica chiamato spiaggia di Capocotta è inserito nella Riserva naturale statale del Litorale Romano istituita dal Ministero dell’Ambiente con decreto del 1996.

FREGENE

LADISPOLI Ladispoli è famosa ultimamente per la comparsa in alcuni tratti di una piccola barriera corallina, un fatto più unico che raro, questo per il riscaldamento recente delle acque del Mediterraneo. - Stabilimenti balneari: 8 - Circoli velici: 1 - Porti: 1 - Diving center: 9

SANTA MARINELLA

LADISPOLI

Fregene dove si trova l'Oasi di Macchiagrande, una delle più grandi zone del Lazio protette dal WWF ed è una località di spicco delle coste - Stabilimenti balneari: 37 - Circoli velici: 1 - Siti per il surf 23 - Siti per il kitesurf 6 - Campi beach volley 15 - Campi beach soccer 5

FREGENE

CIVITAVECCHIA FIUMICINO

SANTA MARINELLA Una delle perle del Mar Tirreno per le sue spiagge, la cui posizione sempre a mezzogiorno la rende climaticamente molto apprezzabile dai turisti appassionati delle vacanze al mare. La costa si estende per più di 20 chilometri ed abbraccia sia la Baia di ponente che il Castello di Santa Severa, numerosi infatti i siti archeologici e punti di interesse (Peschiere, Domus e Necropoli principalmente di età etrusca) nelle vicinanze, che rendono il territorio molto suggestivo. - Stabilimenti balneari: 7 - Circoli velici: 1 +1 a santa severa - Porti: 2 - Diving center: 1 - Campi beach volley 2 - Campi beach soccer 1 - campi beach tennis 1 - centri per kitesurf 6 - centri per il surf 9 - centri kayak 2 - centri per pesca d’altura/pesca sportiva 4

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FIUMICINO Città portuale di Fiumicino, a vocazione velistica, uno dei punti di riferimento storici del diportismo romano, storica tradizione velistica è nel bel mezzo della Riserva Naturale del Litorale Romano, comprendente anche la zone di Focene. - Stabilimenti balneari: 15 - Circoli velici: 10 - Porti: 4 - Siti per il surf 4 - Siti per il kitesurf 4 - Campi beach volley 10 - Campi beach soccer 4 - centri pesca sportiva/pesca d’altura 6


ARDEA Dai stabilimenti dei cancelli comunali di Roma Capitale sino al promontorio Capocotta km 12.500 litoranea, tratto di costa caratterizzata dalla presenza di dune. - Stabilimenti balneari 14 - diving center 2 - circoli velici 1 - campi beach volley 10 - campi beach soccer 7 - campi beach tennis 2 - siti per kitesurf/windsurf 3 - centri kayak 2 - centri per pesca sportiva d’altura 1

POMEZIA: [Torvaianica]

Secondo tratto Città di Ardea, territorio dell'agro romano, comprendente il tratto di costa della zona balneare di Marina di Ardea e Tor San Lorenzo cui costa è formata da lunghe spiagge sabbiose. - Stabilimenti balneari: 4 - Diving center 1 - campi beach volley 3 - campi beach soccer 1 - campi beach tennis 2 - siti per kitesurf/windsurf 2

NETTUNO

Originariamene zona boschiva con presenza di sugheri, olmi e zona di dune mediterranee, del passato rimangono per alcuni tratti queste ultime. - Stabilimenti balneari: 6 - Circoli velici: 2 - Siti kitesurf/windsurf : 4 - Campi Beach volley 6 - Campi beach soccer 4 - Campi beach tennis 5

Le spiagge sono contornate da mura medievali; d'estate infatti Nettuno popola il giorno le sue spiagge di turisti provenienti da tutto il lazio, che poi sfruttano anche le bellezze architettoniche da ammirare la sera: Forte San Gallo, Torre Astura, Porto Turistico; stesse attività in acque ibere di Anzio. - Stabilimenti balneari: 3 - Circoli velici: 2 - Porti: 1 - Campi Beach volley 2 - Campi beach soccer 1 - Centri kitesurf 1 - Diving center 1

POMEZIA: [Torvaianica] OSTIA LIDO

- centro parà beach 1 - centro beach fitness 3 - centro sci nautico 1

ARDEA NETTUNO ANZIO

OSTIA LIDO il litorale di Roma che d'estate si popola di turismo e vita notturna. La lista di strutture turistiche balneari comprende il tratto costiero dal Porto Turistico di Roma, fino ai chioschi di Castel Porziano e s’interrompe alla Riserva presidenziale (zona interdetta a qualsiasi attività) per riprendere nel tratto di litoranea di Ardea: dai cancelli sino alla riserva naturale di capocotta.

Stabilimenti balneari: 65 Circoli velici: 5 Porti: 3 Diving center: 4 campi beach volley 37 campi beach soccer 28 campi beach tennis 30 campi footvolley 10 centri per kitesurf 8 centri wind surf 20 centri kayak 10 centri per pesca d’altura/pesca sportiva 3 locali music live 14 centri beach fitness 30 centri sci nautico 4

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ANZIO Il tratto costiero della città di Anzio, particolarmente rinomato per le Grotte di Nerone e la presenza di antiche ville romane e ruderi lungo tutta la costa. - Stabilimenti balneari: 12 - Circoli velici: 2 - Porti: 1 - Diving center 2 - Campi beach volley 6 - Campi beach soccer 4 - Centri beach fitness 2 - Centri per kitesurf/ windsurf 4


IN VIAGGIO NEI MUNICIPI DI ROMA QUARTIERI: Lido di Ostia, Lido di Castel Fusano, Tor de’ Cenci, Acilia, Casal Palocco, Mezzocamino. POPOLAZIONE: 226.084 SUPERFICIE: 150.643 kmq

PRESIDENTE: Giacomo Vizzani ASSESSORE ALLO SPORT: Giancarlo Innocenzi

Il Municipio XIII, dove lo sport è soprattutto aggregazione

Municipio xIII Q

uando si parla di Roma è inevitabile pendi Claudio sare al Colosseo, ai Fori Imperiali, al centro storico con le sue mille attrazioni turistiche, agli scorci inimitabili che rendono unica questa città in tutto il mondo. Eppure la Capitale offre anche qualcosa che spesso si fatica ad associare al nome della Città Eterna: il mare. Da questo punto di vista infatti il territorio del Municipio XIII ci presenta uno scenario differente da quello di qualsiasi altro quartiere che abbiamo raccontato nei diversi appuntamenti di questa rubrica: le spiagge, il lungomare, il porto, proprio come in qualsiasi altra città marina d'Italia. Il perno di questo territorio è senza dubbio l'insediamento di Ostia, fondato in epoca fascista e definitivamente unito al resto della Capitale dalle prime grandi infrastrutture che aprirono il varco verso il Tirreno, la ferrovia e la Via del Mare. Determinante in quest'ottica fu anche il progetto per l'Esposizione Universale del 1942, quando Mussolini decise di rivalutare l'area a sud di Roma, costruendo l'intero quartiere dell'EUR e ampliando la via Cristoforo Colombo, diventata negli anni la principale arteria di collegamento tra la Capitale e il mare. Ostia venne pianificata secondo i canoni architettonici tipici del Razionalismo fascista con una serie di intricate vie ortogonali lungo il mare, mentre il territorio nell'entroterra inizialmente venne riservato alle abitazioni degli

Ieri

operai. Il secondo grande sviluppo del Lido avvenne a partire dagli anni Sessanta, quando l'insediamento comincia definitivamente ad assumere le sembianze di un grande e popoloso quartiere oltre che di meta turistica estiva per romani e non solo. Ma Ostia è sinonimo anche di storia: gli scavi dell'antico polo marittimo rappresentano infatti uno dei poli archeologici meglio conservati della città. Fu l'imperatore Claudio il primo a comprendere come per la città estendersi verso il mare potesse rivelarsi una scelta strategicamente decisiva nel proprio sviluppo commerciale: nel 42 d.C. nasce così il primo porto di Roma, un'opera davvero colossale per quei tempi, costruita su base circolare in un'area di circa novanta ettari e collegata al fiume Tevere da un canale artificiale che arrivava fino all'attuale Fiumicino. Oggi il sito archeologico è senza dubbio una delle attrazioni più suggestive della Capitale: passeggiando per le antiche strade di Ostia, tra case private, teatri e la necropoli, sembra quasi di essere catapultati improvvisamente in un passato ormai lontanissimo.

DI RENZO

Il mitico stabilimento “Roma” in una foto degli anni ‘20. Era uno degli stabilimenti balneari più grandi d’Europa, venne distrutto durante la guerra.

Oggi

Il pontile di Ostia in un’mmagine attuale. Oggi non c’è più lo stabilimento “Roma”, chiamato anche il “panettone”..ma a breve potrebbe tornare.


spq ort XIII se dal Municipio

ortive promos ort La XX Festa dello Sprtante nel calendario delle attività splo storico traguardo della ventesial to Insieme nel 2012 o più impo

L’event t, giunta Lido, il comita Festa dello Spor laFijlkam di Ostia cietà delle più diverse Pa il so es è sicuramente la pr e ril to oltre 30 so scorso 25 ap ma edizione. Lo rio il XIII Municipio hanno ospita ne davanti ai circa mille spettato op zio 30 pr di 8. e tra t le al or da per lo Sp to come iziata già e, che hanno sfila ta agli appassionati di sport, in dicate ai più picca discipline sportiv de di li de zia ta ar na m ti or lf e ar e tera gi ri presenti. Un’in i volley e le esibizioni di danza, go no e boxe. Ospiti d’onore anch . ica in le er m al di am Gi ll e eo m ba rn m ot to il fo Fia n a, co con scherm sportivo delle i po po up re gr ui l eg de os ti pr an coli, per rappresent one sono stati i per questa edizi

News dai Municipi MUNICIPIO IV GOLDEN GALA Anche quest’anno in occasione del Golden Gala di atletica leggera del 31 maggio, il Municipio IV ha aperto le porte dello Stadio Olimpico a tutti i possessori della Fidelity Card, la tessera distribuita dall’amministrazione municipale a tutti i cittadini del territorio e che dà diritto a promozioni e sconti.

MUNICIPIO VIII Impianti scolastici Punti Verdi Qualità Impianti Comunali Impianti Ecclesiastici Impianti Privati

AL VIA I CAMPI ESTIVI Sono aperte dal mese di maggio le iscrizioni al Centro Estivo organizzato dall’ASD Polisportiva Villaggio Prenestino presso la scuola V. Chizzolini di via Fosso dell’Osa. Minivolley, minibasket, ginnastica e pallamano sono solo alcune delle attività rivolte ai bambini dai 4 ai 12 anni.

MUNICIPIO XI IN BICI PER LAVORO Il Municipio XI lancia il progetto “In Bici per Lavoro” nell’ambito della settimana della mobilità. L’amministrazione ha acquistato infatti sei biciclette elettriche a pedalata assistita destinate ai dipendenti comunali che volessero usufruirne per gli spostamenti per ragioni di servizio. L’obiettivo è migliorare la qualità della vita nel Municipio e ridurre l’inquinamento.

MUNICIPIO XII AUTODIFESA PER LE DONNE E’ partita a maggio la terza edizione del progetto “Autodifesa Donna & Antiaggressione 2012”. Le lezioni si tengono presso la palestra Garyuan Dojo Roma, in via Giuseppe De Robertis 8, e presso la palestra Nir Gym Club, in via Padre A. Grammatico 30/40. Per partecipare si può inviare un fax al numero 06/69612201.

gli impianti sportivi

Spazio ai municipi romani. Per inviare notizie o far conoscere la tua realtà locale scrivi a redazione@spqrsport.it

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N T O L ’ E V E


Municipio xIII L’INTERVISTA

SIMONE COTANI, DAL MARE DI OSTIA AL LAGO MAGGIORE gni appassionato di basket, soprattutto se romano e tifo-

Oso della Virtus, ricorderà un episodio in particolare nella

lunga carriera di Simone Cotani. Semifinali scudetto della stagione 2004/2005, Fortitudo Bologna contro Lottomatica Roma, Simone Cotani contro la squadra della propria città. Siamo alla fine di un anno difficile per Simone, tanti infortuni, solo tre apparizioni sul parquet, pochissime occasioni per ritagliarsi uno spazio importante; almeno fino a quella serie. Simone viene schierato a sorpresa nel quintetto titolare dal coach Jasmine Repeŝa fin da gara 1. Il suo impatto è determinante: il suo avversario diretto è uno dei giocatori più vincenti del basket europeo, Dejan Bodiroga, ma è proprio difensivamente che Simone riesce a fare la differenza. «Mi ricorderò per sempre quella serie contro Roma - racconta oggi -. Non ero ancora del tutto recuperato, fisicamente mi sentivo lontano dal 100% ma ho giocato davvero col cuore. Sapevo che quello era un momento importante della mia carriera, potevo finalmente dimostrare di valere una squadra di primissimo livello come la Fortitudo. Alla fine vincere quella serie contro Roma e poi lo scudetto contro Milano è stata una gioia incredibile. Certo, a livello personale un po’ mi dispiacque aver giocato così bene proprio la squadra della mia città». Facciamo un passo indietro. Come inizia la storia che ti ha poi portato fino al titolo di campione d’Italia? «Inizia per caso. Da bambino giocavo soprattutto a calcio, come tutti del resto. Il basket l’ho scoperto per una coincidenza: quando avevo 10 anni un amico di mia madre che allenava nell’AlfaOmega, la squadra di Ostia, mi propose di venire a provare questo sport. Fu un amore a prima vista: il basket mi colpì subito per quel coinvolgimento totale che richiede, sei sempre al centro dell’azione, il tuo ruolo è sempre determinante. Non è come nel calcio dove ti puoi nascondere o riposa-

re, nel basket il protagonista sei sempre tu. Mi sono divertito fin dalla prima partita e non ho più abbandonato questo sport». C’è una persona in particolare che ti aiutò in questa prima esperienza all’AlfaOmega? «Sicuramente il mio primo allenatore, Luca Schiavone; è stato lui a portarmi nelle giovanili della squadra. Poi Marco Gabriele, che mi fece esordire in C2, la vetrina che poi mi permise di fare il grande salto e di lasciare Ostia». A Ostia però ci sei cresciuto e hai mosso i primi passi da giocatore di basket. Che ricordi hai di quegli anni? «Sole, caldo, mare e divertimento. I primi ricordi sono questi. Poi le partite di basket allo stabilimento Nuova Pineta insieme ai miei amici durante le vacanze estive, lì giocavo nelle pause della stagione con l’AlfaOmega. In generale ho impressa nella memoria l’immagine di un posto tranquillo dove crescere. Purtroppo non posso tornarci spesso, ma ci penso quasi ogni giorno». A 17 anni sei già a Livorno, la prima tappa della tua carriera che passerà poi per Bologna, Biella, Varese e Torino. Dove ti sei trovato meglio? «A livello ambientale sicuramente Livorno, Varese e Biella sono stati i posti dove, per motivi diversi, mi sono sentito più a casa. Professionalmente però Bologna è stata la piazza più importante per me, dove la mia carriera è definitivamente decollata». Qual è il giocatore più forte che ti sei trovato davanti in questi anni? «Senza dubbio il povero Alphonso Ford, che purtroppo ci ha lasciati nel 2004 sconfitto dalla leucemia: in campo era letteralmente di un'altra categoria». Con chi invece hai legato di più? «Innanzitutto con Daniele Parente, con cui ho condiviso tanti anni, e con Walter Santarossa, che oggi gioca a Trento, entrambi romani. E poi con Jacopo Giachetti, con il quale ho sempre avuto un gran rapporto». Oggi giochi nella Pallacanestro Lago Maggiore, nella vecchia Serie A Dilettanti. Come mai questa scelta? «Ho preso questa decisione soprattutto per motivi familiari. La mia fidanzata è di Biella e dopo sei anni volevo avvicinarmi a lei, preferendo per una volta lo stile di vita alla carriera. Penso di aver dato tanto al basket in questi anni, e ora è arrivato il momento di godermi la mia famiglia».

Simone Cotani. Prodotto del vivaio di Ostia (foto Alfa Omega)

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CENTRI SPORTIVI DI ROMA CAPITALE IL CENTRO SPORTIVO “LE CUPOLE” no degli impianti comunali più importanti sul territorio del XIII Municipio è senza dubbio il Centro Sportivo Le Cupole, una struttura davvero imponente che sorge in via Gino Bonichi, ad Acilia, su un’area di circa 15.000 metri quadrati. Costruito 26 anni fa, il centro si è progressivamente ampliato attorno all’originaria piscina comunale, fino a diventare un vero e proprio punto di riferimento per l’intera comunità. Oggi infatti Le Cupole non sono solo un impianto natatorio in grado di offrire due piscine (la prima, 33 metri per 21, con tribuna da 500 spettatori, è l’unica sul territorio a vantare l’omologazione sia per competizioni nazionali che internazionali, la seconda, 25 metri per 13, ha invece una tribunetta da 150 spettatori), ma anche un centro sportivo dotato di 7 sale per un totale di circa 1600 metri quadrati in cui svolgono attività tra le più diverse, dalle arti marziali al combattimento, dalla ginnastica artistica al fitness, fino alla danza e allo yoga. Un occhio di riguardo anche per i più piccoli, per i quali è stato allestito un asilo nido interno e una ludoteca, e per la sicurezza: importante sottolineare infatti come l’impianto sportivo abbia costantemente a disposizione un defibrillatore semiautomatico con personale abilitato al primo soccorso, per fare sport nella più totale sicurezza e tranquillità. Il centro sportivo ospita inoltre l’omonima società sportiva di nuoto, il cui vivaio è uno dei più prolifici nell’intero panorama nazionale, soprattutto nella disciplina della pallanuoto. Le Cupole è quindi anche, e forse soprattutto, un importante centro di formazione sportiva per i più giovani: proprio la squadra di pallanuoto ad esempio accoglie bambini di tutte le età, partendo dalle categorie di leva (il cosiddetto acquagol) fino alle rappresentative under 13, 15 e 17 delle giovanili, prima di arrivare alla realtà della prima squadra, impegnata quest’anno nel Campionato di Serie B nazionale.

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LO SPORT NEL QUARTIERE

PAROLA AL PRESIDENTE

UNA REALTÀ IN COSTANTE CRESCITA l Municipio XIII ha almeno due grandi vantaggi rispetto ad altri territori di Roma rispetto al tema delle politiche sportive. Innanzitutto una vastità di territorio che permette di organizzare grandi eventi senza particolari disagi per la popolazione, come purtroppo spesso accade soprattutto nelle aree più congestionate della città; e poi una certa indipendenza amministrativa, derivata da una storica tendenza all'autonomia politica che negli anni più volte si è manifestata tra gli abitanti di Ostia: questo fattore ha provocato nel 2009 l'avvio di un processo di decentramento siglato dal presidente del Municipio Giacomo Vizzani e dal sindaco di Roma Capitale Gianni Alemanno, approvato poi nell'aprile del 2011 e ufficialmente entrato in vigore nel maggio dello stesso anno. Per queste e altre ragioni, possiamo dire che le politiche sportive del Municipio XIII risultano essere tra le più attive e incisive nel territorio della Capitale. Lo sport è sempre stato un elemento cardine di questa realtà, e lo testimonia ad esempio la

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presenza di ben tre rappresentative calcistiche: la Ostia Mare Lido Calcio, che nella stagione scorsa ha militato nel campionato di Eccellenza, la Pescatori Ostia e la Real Morandi, entrambe impegnate nel girone di Promozione. Senza dimenticare poi le due importanti società di football americano, la stessa Real Morandi e la Black Hammers American Football. Ma tornando alle iniziative promosse dall'amministrazione municipale, da sottolineare il grande impegno nella realtà scolastica, con l'attivazione di ben 76 centri all'interno delle palestre degli istituti, che si aggiungono alle tre piscine comunali, un numero davvero elevato rispetto alle altre realtà municipali della Capitale. Ulteriore testimonianza dell’impegno dell’amministrazione in tema di sport è poi l’organizzazione di un evento come La Festa dello Sport, appuntamento giunto ormai alla sua ventesima edizione e che ogni anno accoglie più di mille partecipanti, all’insegna dell’aggregazione sociale e del divertimento.

DAL TERRITORIO | 123

GIACOMO VIZZANI PRESIDENTE MUNICIPIO XIII «Il nostro è un territorio a vocazione sportiva da sempre. Vuoi per i grandi spazi verdi del quale è dotato (a cominciare dalla Pineta di Castel Fusano), vuoi per il mare, anch’esso sinonimo di attività sportiva. Sono numerose la manifestazioni che si susseguono in estate come in inverno: le più note sono senz’altro la Maratona Roma-Ostia e la Festa dello Sport ».

PAROLA ALL’ASSESSORE

GIANCARLO INNOCENZI ASSESSORE ALLO SPORT «Il Municipio XIII, oltre agli sport con più largo seguito come il calcio e il basket, offre un vasto panorama di discipline sportive. Il nuoto ad esempio ma anche sport quali il football americano, il rugby, la regina delle Olimpiadi, l’atletica, il ciclismo e tanti altri ancora. Molto spesso, alle manifestazioni sportive, viene abbinato un evento a scopo benefico e questo è un punto di orgoglio per tutti noi ».



LA SCHEDA

SANGUE E SUDORE I

I GRANDI CAMPIONI SCRIVONO PER NOI

l pugilato è uno sport che ti entra nel sangue. Si, è vero, tutti gli sport quando li pratichi ti entrano dentro, ma credetemi il pugilato è diverso. Fin da ragazzino mi piaceva l’idea di salire sul ring e combattere ad armi pari contro un altro pugile. Quando sono entrato per la prima volta in palestra e ho iniziato a respirare l’aria della fatica, tipica di una palestra dove si pratica boxe, ho capito che c’era qualcosa di viscerale tra me e la noble art. Era impossibile non pensare tutti i giorni all’ora in cui dovevo andare ad allenarmi. E quando iniziavo non volevo mai smettere. In palestra impari non solo a boxare, ma anche i valori veri della vita. Il rispetto per il maestro, per i tuoi compagni di allenamento più anziani e più giovani, per il tuo avversario, sono cose che ti formano e ti servono come insegnamento anche nella vita fuori dal ring. Poi ci sono gli incontri. A diciotto anni ho iniziato a fare sul serio e sotto la guida del Maestro Luciano Sordini ho debuttato tra i dilettanti. Trentasei incontri, la maggior parte vinti, mi hanno aperto le porte del professionismo. Tutta un’altra boxe quella dei pro, e per andare avanti, farti una reputazione per poter sfidare qualche campione per un titolo, devi sacrificarti molto. E sacrificare tanto anche della tua vita privata, soprattutto nel periodo che precede un incontro. Ma tutto questo non ti pesa, perché la boxe è davvero arte, e un artista anche se lavora ventiquattro ore al giorno non si sente stanco, perché ama il suo lavoro. Poi è normale che ci siano artisti famosi e meno, ma ognuno può esprimere a modo suo la sua arte. E come l’arte la boxe non è violenza, anche se all’apparenza lo sembra. Dunque sono convinto che tutti possono praticare la boxe, anche solo per allenamento. Ragazzini ma anche adulti, non c’è età per iniziare a praticarla. E vedrete che la prima volta che salirete sul ring non vorrete più scendere.

Emanuele Della Rosa


LA ST ORIA

Il pugilato è uno degli sport più antichi che si conoscano. Tracce di uomini che combattono con i pugni chiusi si trovano addirittura in alcuni graffiti preistorici risalenti al III millennio prima di Cristo e conservati presso il British Museum di Londra. Le prime sfide competitive sono testimoniate dagli inni e leggende delle civiltà della Mesopotamia e dell'antico Egitto. L'epica sumera, l'inno di Shulgi o i racconti di Gilgamesh, sono pieni di riferimenti su incontri di pugili e di lottatori che si affrontavano con audacia in combattimenti selvaggi e brutali. I greci consideravano la lotta con i pugni una disciplina completa ed ideale. Ma è solo nel XVIII secolo, in Gran Bretagna, che iniziarono a a svilupparsi le prime tecniche di combattimento che fecero diventare questa attività sportiva uno sport vero e proprio.

L E RE GO LE Nel pugilato si affrontano due pugili su un ring: vince chi conquista più punti durante l’arco delle riprese o chi mette KO l’avversario o comunque lo costringe all’abbandono. Durante il combattimento i colpi, per essere leciti e regolari, devono essere portati a pugno ben chiuso e con la parte imbottita del guantone; devono colpire solo la parte anteriore e quelle laterali del tronco, sopra la cintura, e la testa. Sono proibiti i colpi col palmo, con il polso, con il taglio della mano; i colpi portati dopo aver roteato con il corpo; quelli effettuati con l'avambraccio, il gomito e contro la nuca, le spalle e le reni; inoltre quelli inferti con la testa. Durante le azioni è vietato spingere, trattenere, sgambettare l'avversario, simulare di aver ricevuto colpi proibiti, attuare una difesa passiva, simulare il fuori combattimento, combattere a testa bassa.

IL PUGILATO A ROMA

Già nella Roma antica si praticava il pugilato, che si affermò però in forma violenta, dunque era considerato alla stregua di uno spettacolo più che di una disciplina sportiva. Solo alla fine dell’800 si trasformò in una pratica sportiva vera e propria. L’amore tra i romani e i guantoni sbocciò subito e nel corso dei decenni la Capitale è stata teatro di alcuni tra i più grandi incontri di boxe internazionali. Dal titolo mondiale di Primo Carnera in Piazza di Siena a quello di Nino Benvenuti al Palazzo dello Sport, solo per citarne alcuni. Nell’ultimo decennio, infine, il pugilato ha ripreso slancio a Roma sia come numero di praticanti che come eventi organizzati.

GANCIO Il colpo caratterizzato da una traiettoria curva, dall'esterno verso l'interno, col dorso della mano rivolto verso l'alto.

DIRETTO Il colpo che segue la via più breve per raggiungere il bersaglio.

MONTANTE Il colpo condotto dal basso verso l'alto col braccio piegato ad angolo retto.

SVENTOLA Il colpo effettuato a braccio teso e con traiettoria larga dall'esterno verso l'interno.

IL RING

Le misure di un ring regolamentare, quadrato, possono variare dai 4,88 ai 7,32 metri per lato all’interno delle corde, a cui si aggiunge un bordo di 61 centimetri per lato al di fuori delle stesse. CORDE Sono quattro, hanno un diametro di circa 2,5 centimetri e sono disposte a 46, 76, 1007 e 137 centimetri dalla superficie del ring.

SPORT AI RAGGI X | 126

TAPPETO Il quadrato dove combattono i pugili è ricoperto da un manto tessile dello spessore di circa 2,5 centimetri. RIALZO I ring sono rialzati dal livello della sala per un’altezza pari a 0,91-1,22 metri.


LA TENUTA

PILLOLE DI STORIA

SULLIVAN Il 7 febbraio 1882, a Mississippi City, John Lawrence Sullivan sconfisse l’irlandese Paddy Ryan, risultando il primo campione del mondo dei pesi massimi dell’era moderna, anche se quello fu l’ultimo incontro della storia a pugni nudi.

CASCHETTO Per molti anni è stato obbligatorio per i dilettanti, oggi lo è solo per le categorie giovanili. Serve a proteggere il volto e anche la nuca.

FILIPPINO SUPER Il filippino Manny Pacquiao, all'anagrafe Emmanuel Dapidran Pacquiao ha stabilito un primato difficilmente eguagliabile. In carriera ha conquistato il titolo di campione del mondo in otto differenti classi di peso, ed è stato il primo pugile capace di vincere dieci titoli mondiali in otto differenti categorie di peso. MEDIOMASSIMI Cassius Clay è stato uno tra i più grandi interpreti del pugilato mondiale, e tra i più grandi pesi massimi di tutti i tempi. Tutti lo ricordano vincente in questa categoria e la maggior parte sono convinti che ai Giochi olimpici di Roma abbia vinto l’oro nei massimi, invece il pugile statunitense si laureò campione olimpico nei mediomassimi.

GUANTI Sono obbligatori fin dalla fine dell’800. Il guanto da boxe fu inizialmente concepito per proteggere le mani dei pugili dalle frequenti fratture a cui andavano incontro in particolar modo colpendo la fronte dell'avversario a mano nuda o semplicemente fasciata. Dai primi modelli di guanto le dimensioni sono state gradualmente aumentate arrivando ad una misura standard da combattimento ovvero le 10 once (284 grammi).

PANTALONCINI Larghi, perché devono consentire al pugile la massima possibilità di movimento, e indossati sopra il ventre.

ABECEDARIO OUT-FIGHTER: è il pugile stilista ossia che boxa rimanendo all'esterno della guardia dell'avversario cercando di tenere a distanza l'antagonista colpendolo con pugni veloci e che arrivano da lontano.

SCARPE Le scarpe dei pugili sono alte sopra la caviglia. I materiali devono essere leggeri per non appesantire i piedi durante il combattimento. La suola deve essere di gomma o antisdrucciolo sul fondo per impedire al pugile di scivolare. Infine devono essere areate per non far sudare eccessivamente il piede.

PUNCHER: è un pugile dotato di tecnica completa, abile nel boxare a distanza ravvicinata unendo la tecnica alla potenza, che ha spesso la capacità di mettere fuori combattimento l'avversario con combinazioni di pugni o anche con un unico colpo. SLUGGER: è un pugile carente di tecnica e di gioco di gambe, che compensa con la potenza dei propri pugni. Molti picchiatori ricercano la stabilità dell'assetto per favorire la potenza, e per questo tendono a essere poco mobili e ad avere difficoltà a inseguire i pugili veloci di gambe. IN-FIGHTER: è un pugile che boxa dall'interno della guardia dell'avversario, costantemente aggressivo, capace di continue raffiche e intense combinazioni di ganci e uppercut.

COMODO E PROTETTIVO L’bbigliamento del pugile deve avere una doppia funzione: essere comdo e proteggere. la caratteristica più evidente, visto che non indossano la maglietta, sono i pantaloncini lunghi e larghi, e le scarpe di gomma ma alte sopra la caviglia. Fino agli Anni ‘80 i pugili vestivano con colori poco appariscenti, escludendo l’accappatoio la cui funzione è più scenica che di tenere caldo il corpo del pugile. Oggi, invece, regna la fantasia sia per i pantaloncini che per le scarpe, mentre i guantoni sono abbastanza tradizionali nei colori. SPORT AI RAGGI X | 127


LA REDAZIONE DI SPQR SPORT STA LAVORANDO AL PROGRAMMA SULL’OLIMPIADE DI LONDRA 2012 DI PROSSIMA USCITA

E R E SC PIÙ E R C DI R E P ORA C N A


SPORT DILETTANTISTICO

ALLA SCOPERTA DELLE SOCIETÀ ROMANE DI TUTTI GLI SPORT

RUGBY

A.S. ARVALIA VILLA PAMPHILI RUGBY A.D. L’Associazione ha sede in via degli Alagno snc, zona Corviale-Casetta Mattei. Lo stadio del rugby ha una tribuna di 300 posti a sedere e una capienza generale di oltre 2000 persone. L’impianto è dotato di 4 spogliatoi con 24 docce, 2 spogliatoi di servizio, bagni per il pubblico, area tecnica, area merchandising, bar con spazio esterno e megaschermo, club house per eventi, segreteria, spazio ludico per bambini, parcheggio. E’ in corso la costruzione di una nuova club house e palestra. Presidente: Salvatore Gallo Vice Presidente: Fabio Di Giovannantonio Email: arvaliavilla@gmail.com Sito Internet: www.villarugby.it

Vice Presidente: Fabio Di Giovannantonio

di Saverio FAGIANI

ra Corviale e Casetta Mattei, l’attività della palla ovale comincia a concretizzarsi nel 1980 quando la dedizione e il sacrificio di pochi volontari e soprattutto di Salvatore Gallo permettono di costituire la A.S. Arvalia Villa Pamphili Rugby A.D., associazione che opera e ha sempre operato nel territorio di due importanti Municipi di Roma Capitale, il XVI e il XV. Sin dalla sua nascita l’ A.S. Arvalia allarga la propria attività anche al settore femminile arrivando a diventare una realtà di importanza nazionale ed internazionale. In poco tempo raggiunge il numero di 280 atleti coprendo una vasta fascia di età che va dai 5 ai 70 anni. Attualmente accoglie, negli impianti in concessione e di proprietà di Roma Capitale, circa 500 atleti e svolge attività sportiva di: minirugby, dai 5 ai 14 anni; settore giovanile, dai 15 ai

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«In qualità di vicepresidente dell'Arvalia Villa Pamphili rugby sono orgoglioso del fatto che la nostra associazione, autotassandosi, abbia contribuito a far diventare l'impianto di Corviale uno dei migliori campi di rugby in sintetico d'italia. Risorse private che hanno qualificato a livelli di eccellenza un bene pubblico».

20 anni; senior dai 21 anni in avanti, militando nel campionato di serie C. Da annoverare un attivo e consistente gruppo di old di oltre 90 atleti e di una scuola di rugby rivolta agli adulti. Nel 2007 vincendo il bando di assegnazione dello stadio del rugby di Corviale, di proprietà di Roma Capitale, riesce a sviluppare e potenziare lo sport della palla ovale dando così un forte impulso alle attività sportive del territorio. Molti ed interessanti sono i progetti che l’Arvalia propone, dando agli stessi una forte connotazione sociale. Tutti possono giocare a rugby, senza distinzione alcuna, perché la solidarietà, l’accoglienza, il forte senso di aggregazione e partecipazione e l’accettazione delle diversità sono i punti cardine del progetto educativo dell’Arvalia. Tra i tanti progetti si evidenziano per importanza

LO SPORT DELLA CAPITALE | 129

quelli realizzati insieme alla comunità di S.Egidio per il progetto “Sport senza Frontiere”; quello con i volontari di “Sportagainstviolence” e “Un ponte per Bagdad”; nonché il progetto a favore dei bambini di Cordoba, in Argentina.



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GIANNA NANNINI

IL PREMIO SIMPATIA

Le donne e i diritti. Un grande impegno morale e civile che da sempre caratterizza Gianna Nannini e che ha convinto l’illustre giuria della quarantaduesima edizione del Premio Simpatia ad assegnarle il prezioso riconoscimento. Assieme alla rockstar, premiate tante altre eccellenze cittadine. Il prestigioso premio, diventato oramai uno dei simboli della Città Eterna - ideato dal celebre studioso della romanità Domenico Pertica - anche quest’anno ha ricevuto un Premio di Rappresentanza dal Presidente della Repubblica. Ricca e articolata la rosa dei trentasette premiati che hanno affollato le diverse categorie selezionate da famosissimi giurati come Carlo Verdone, Christian De Sica, Pippo Baudo, Simona Marchini, Athos De Luca, Gigi Proiettia. Due i premi molto particolari: Sergio Agnoli, nato a Roma il 2 marzo 1926, nello storico quartiere capitolino di Testaccio continua a vincere premi per la marcia e la corsa ed è pluricampione Mondiale e Europeo: i titoli Italiani non si contano. Con lui è stato premiato anche un atleta, un operatore, un idealista che vuole sfidare il mondo dell’handicap intellettivo. Ma anche un “papà” per tanti ragazzi autistici, Nicola Pintus che ha fondato e sostenuto il Progetto Filippide.

Notizie d’attualità

R Rubriche dal mondo dello sport

A PAGINA 123 LO STILE DI MAGNINI

FILIPPO E FEDERICA, ISTANTI D'ORO

R Filmati nella storia

Filippo Magnini e Federica Pellegrini hanno pubblicato sul profilo Twitter del nuotatore pesarese un album di foto con la coppia di innamorati immortalati felici e contenti.«Dopo tante soddisfazioni... Ci regaliamo una cena romantica... Sotto Plaid!!!», è la descrizione del primo scatto che ritrae i due innamorati l'uno vicino all'altra. Insieme hanno conquistato 3 ori agli ultimi Europei di Debrecen e promettono fuoco e fiamme alle prossime Olimpiadi.

R Profili

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R L’autografo

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R Hannodetto

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R La storia del calcio

R R R R R R R R

R

QUESTIONE DI

Style

L'ELENCO DELLE RUBRICHE

R R R R R R R R R R R

PAGINA 133

134-135

Lo sai che… 140 Statistiche 140 Vocabolario dello Sport 141 Enti di Promozione Sportiva 142 SportStar 142-143 Chi l’ha detto 143 Spot & Sport 144 Fitness&wellness 145 Strumenti 146 Sport e tecnologia 147 Passeggiate romane 149 Cinema e Sport 150-151 Sport in Rete 150-151 Filatelia e dintorni 152 Style 153 Campidoglio. Non solo sport 154 L'Evento 155-157 Abbigliamento sportivo 158 Storie da raccontare 159 Arte e sport 160


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NEWS UN CAMPIONE NEL FUTURO

news

SEI NAZIONI ALL’OLIMPICO Fino al 2015 il Torneo più prestigioso d’Europa si disputerà allo stadio Olimpico. La Capitale saprà contribuire alla crescita e alla diffusione di questo sport, che l’Amministrazione sostiene con convinzione e che negli ultimi anni ha conquistato i cuori dei romani e degli italiani.

Nella Coppa Italia disputata a Vallelunga, ancora una vittoria per Fabio Di Giannantonio che sembra proprio rappresentare il futuro delle due ruote, di nuovo in mano a un corridore romano. Nella 250 4T è stato un monologo targato Fabio Di Giannantonio. Il 13enne romano in sella alla Moriwaki è riuscito a sfruttare in pieno la pole position e a vincere per distacco anche la gara assoluta. Partito forte allo spegnimento del semaforo rosso, dopo la prima curva non ha avuto avversari dimostrando di aver trovato un gran feeling con la sua moto.

VIA AVIGNONE: POSTA LA PRIMA PIETRA lla presenza del Sindaco di Roma Gianni Alemanno e del Delegato alle Politiche Sportive di Roma Capitale Alessandro Cochi è stata posta la prima pietra del centro federale dell’Hockey su Prato di Via Avignone.

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ITALIA SURF EXPO 2012 Consacrato come l'evento più cool dell'estate, punto di riferimento degli amanti dei watersports, dal 13 al 15 luglio Italia Surf Expo torna ad animare il magnifico scenario di Santa Severa con la sua 14a edizione. Nell’area antistante il famoso castello sarà allestito un “beach village” imponente che disporrà di un nuovo e innovativo sistema di illuminazione a sfere per un effetto spettacolare. Tante le attività previste di giorno e di notte tra beach party, dj set di altissimo livello, live music con la Reef acustic Session, sfilate in bikini e molto altro. Tra le novità c'è il ritorno della Ducati che presenterà in spiaggia i suoi modelli e per la prima volta organizzerà dei test drive mozzafiato. Le attività praticabili, dal surf al sup al windsurf, solo per citare le più conosciute, sono aperte a tutti. E lo spettacolo sarà garantito dai grandi campioni internazionali che si esibiranno senza sosta per la durata dell’evento.

sport’s history

SPO HI S


FILMATI NELLA STORIA Nasce a: La sua specialità: I suoi titoli:

Rivoli nel 1953 Salto in alto Medaglia d'oro alle XXII Olimpiadi di Mosca nel 1980, è stata primatista del mondo con la misura di 2,01 nel 1978

Sara Simeoni

Momenti indimenticabili che hanno fatto la leggenda dello sport

IL MITICO SALTO Nel 1980, due anni dopo aver stabilito il record del mondo (2,01 metri), l’azzurra ha centrato la grande impresa ai Giochi olimpici di Mosca vincendo l’oro. Nessuna azzurra prima di lei, nessuno in seguito è stato capace di tale impresa.

L’articolo “Compeed, Golden Gala” pubblicato sul numero 3 anno III della nostra rivista, è stato redatto da Luca Montebelli ed erroneamente attribuito ad altro autore.

GOSSIP

FLAVIA: GAME-SEX MATCH Che Flavia Pennetta fosse una ragazza sincera e spontanea, è risaputo. Ora che è libera da impegni sentimentali, chi riuscirà a stregare la bella Flavia? Lei tranquillamente conferma di non essere attratta né dalla possente muscolatura di Rafael Nadal, né da Tommy Haas, il più carino del circuito, né dalla timidezza dell’argentino Juan Martin Del Potro. «Però a Marat Safin una bottarella gliela darei…», confessa Flavia alla fine.

Sara Errani, con la finale del Roland Garros, persa contro Maria Sharapova, è la terza italiana dopo Pennetta e Schiavone ad entrare nelle prime dieci del mondo NEWS | 133

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NEL XX SECOLO SI GIOCA ANCHE NEGLI USA Negli Stati Uniti il calcio inizia ad essere praticato soltanto agli inizi del ‘900, ma è uno sport di nicchia. La prima partita ufficiale della Nazionale a stelle e strisce si svolse nel 1916 contro la Svezia. Solo negli Anni ‘80 il calcio iniziò a raggiungere la popolarità.

MILAN PRIMO NEL MONDO Il Milan è la squadra di club più titolata al mondo come trofei internazionali. Il club rossonero ha infatti in bacheca ben 18 trofei: sette tra Coppa dei Campioni e Champion’s League, due Coppa delle Coppe, cinque Supercoppa Uefa, tre Coppa Intercontinentale, un campionato del mondo del club.

IL BRASILE LA NAZIONE CHE HA VINTO DI PIÙ Brasile è la nazionale più titolata del pianeta, avendo vinto per cinque volte la coppa del mondo. In Sudamerica però la storia cambia: la squadra di riferimento è l'Uruguay, che in coppa America non ha rivali, avendola vinta 15 volte a fronte delle 14 dell'Argentina e delle 8 del Brasile.

IN URUGUAY ARRIVANO GLI INGLESI Furono gli inglesi a giocare le prime partite in Sudamerica; i cittadini di Sua Maestà, diplomatici, funzionari delle imprese del gas e delle ferrovie, diedero vita alle esordienti formazioni locali. La prima gara internazionale giocata in Uruguay nel 1889 mise di fronte gli inglesi di Montevideo e quelli di Buenos Aires, sotto un gigantesco ritratto della Regina Vittoria. Un altro ritratto vittoriano, nel 1895, fece da sfondo alla prima partita del calcio brasiliano, giocata tra i sudditi britannici della Sào Paulo Railway e quelli della Gas Company.

LA STORIA DEL CALCIO

Ogni numero una disciplina. Le sue curiosità, i suoi record, i suoi luoghi simbolo. Si comincia dal football.

La russa Maria Sharapova vincendo a Parigi entra nel club ristretto delle giocatrici che hanno vinto tutte e quattro le prove del Grande slam

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GRAN BRETAGNA, LA PATRIA DEL FOOTBALL Nelle isole britanniche il calcio fiorentino venne portato dai conquistatori romani, incontrando diverse opposizioni: nel 1314, ad esempio, il podestà di Londra lo dichiarò fuorilegge. Lo sport rimase comunque praticato e non fu mai soppresso del tutto, finché non venne depenalizzato nel 1835 con il cosiddetto Highway Act, che vietò il gioco nelle strade pubbliche ma lo rese possibile negli spazi chiusi.

GERMANIA: IL TITOLO 113 ANNI DOPO In Germania il primo campionato si svolse nel 1894, ma non fu assegnato perchè l'Hanau non aveva i soldi per andare a Berlino a giocare contro il Viktoria. Il titolo fu assegnato solo 113 anni dopo, con i berlinesi che hanno prevalso al termine di un doppio confronto.

CINA: I PROGENITORI L'antenato più simile al calcio, di cui sui hanno tracce fin dal II secolo a.C., fu il cinese tsu' chu, o cuju, il cui signifato letterale è “palla spinta con il piede”, nel quale si doveva calciare una palla riempita con piume e capelli tra due canne di bambù che formavano una porta larga circa 30-40 centimetri.

ITALIA: A FIRENZE SI GIOCA DURO Nel Medioevo, in Italia venne abbozzato, indicativamente, il gioco del calcio attuale: si giocava, infatti, il calcio in costume o calcio fiorentino, in realtà uno sport molto più simile al rugby come caratteristiche.

LA GRECIA PRIMA IN “EUROPA” Nella Grecia del IV secolo d.C. si giocava l'episciro che nella successiva epoca romana prese il nome di harpastum. Era un gioco nel quale due fazioni dovevano portare una palla oltre la linea di fondo avversaria e nel quale prevaleva l'aspetto fisico.

IN GIAPPONE SI CHIAMAVA KEMARI A cavallo tra il III e il IV secolo a.C. in Giappone si giocava il kemari (tuttora praticato), il cui obiettivo dei giocatori, disposti in cerchio, era di non far toccare la palla in terra.

IN AFRICA, SOLO NEGLI ANNI ‘50 In Africa il calcio arrivò più tardi rispetto agli altri continenti. La CAF, Confederazione africana di football, nacque l'8 febbraio 1957 a Khartoum (Sudan) per iniziativa delle federazioni calcistiche egiziana, etiopica, sudafricana e sudanese, le uniche esistenti in tutto il continente.

Lo svedese Olof Mellberg è diventato il sesto calciatore a giocare in 4 fasi finali degli Europei. Gli altri sono Matthaus, Schmeichel, Thuram, Van der Saar e Del Piero NEWS | 135

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NEWS

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CLERICUS CUP VINCONO GLI USA Nella finale della sesta edizione della Clericus Cup, con un sonoro 3-0 i Martyrs del Pontificio North American College superano la Gregoriana, scucendo di fatto lo scudetto vaticano ai campioni in carica. Una doppietta nel primo tempo di John Gibson, il lungo centravanti di Milwaukee, entrambe le reti di testa su assist dell’australiano Lewi Barakat, sposta subito gli equilibri del match in favore dei nordamericani. Nella ripresa è il bomber Scottie Gratton, alla sua sesta rete nel torneo a fissare il punteggio finale e a regalare il primo titolo pontificio al Seminario del Gianicolo, due volte d’argento e una volta di bronzo nel torneo. Possono così esultare capitan Nelson, il portierone ex parà Santos e il rettore del Collegio Nordamericano, James Checchio, che ha ricevuto la Coppa con il Saturno dalle mani dell’arcivescovo, Mons. Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato Vaticana. Al ministro dell’interno della Santa Sede, oltre all’omaggio della Clericus Cup, consegnato da Mons. Claudio Paganini, il capitano della Gregoriana, frate Francesco Rutigliano ha consegnato il gagliardetto della squadra dei Gesuiti, pregandolo di consegnarlo al Pontefice Benedetto XVI. «Lo farò senz’altro – lo ha rassicurato Mons. Becciu – parlerò al Santo Padre di questa bella giornata di sport che ha visto protagonisti tanti seminaristi. Lo sport è parte integrante della formazione e della personalità. I seminaristi stanno dando esempio di come si deve vivere lo sport , esaltando le virtù della generosità , dell’altruismo del sapere giocare e vivere come squadra. Poi anche la tecnica occorre e qui vedo che giocano assai bene». A rappresentare il Vaticano, ospite della panchina dei Martyrs, anche il cardinale George Pell, arcivescovo di Sydney, ex giocatore di rugby e football australiano.

Rafael Nadal, dopo la vittoria in finale con Djokovic, è il primo giocatore della storia capace di vincere sette volte e Parigi. A sei divideva il record con Bjorn Borg

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PROFILI

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ANDREA BARGNANI Nato a Il NazionalitĂ Soprannome Abita a Professione Ruolo Altezza Peso Esordio nel professionismo Esordio in NBA Punti segnati in NBA

Roma 26.10.1985 Italiana Mago Toronto Cestista Ala grande/centro 213 cm 116 kg 2003, Treviso 2006, Toronto oltre 6.000

Una foto da vero duro pubblicata dall'alacentro dei Toronto Raptors sul celebre social network. Un gioco, un trucco con Photoshop, che è servito a raccogliere i pareri dei suoi fans


o f a r g o t u L’a o f a r g o t u L’a

Nasce a: Castellania,1919 La sua specialità: ciclismo I suoi titoli: è stato il corridore più vincente e famoso dell'epoca d'oro del ciclismo. Ha vinto cinque volte il Giro d'Italia (1940, 1947, 1949, 1952 e 1953) (record), e due volte il Tour de France (1949 e 1952)

Fausto Coppi I

l l campionissimo è stata una delle leggende dello sport più amate dal pubblico. Le sue imprese e le tragiche circostanze della morte ne hanno fatto un'icona della storia sportiva del nostro paese, tanto che a distanza di oltre mezzo secolo la sua popolarità è ancora enorme. Anche a Roma, dove visse nel 1945 in quanto tesserato dalla Sezione Ciclismo della S.S. Lazio, con la quale si aggiudicò anche diversi trofei.

Teofilo Stevenson, morto a Cuba all’età di 60 anni, è diventato famoso per aver rifiutato 5 milioni di dollari per passare al professionismo e sfidare Muhammad Alì

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hanno detto…

RAFAEL NADAL TENNISTA

Sul successo agli Internazionali «Vincere per la sesta volta qui, in un torneo storico, è stato incredibile. E’ una vittoria che considero molto importante per me. Era giusto restare un giorno più per poter giocare al Foro Italico».

FEDERICA PELLEGRINI OLIMPIONICA DI NUOTO

Sul flop nei 400 stile libero agli Europei «Non so bene cosa mi sia successo. Comunque sono tranquilla, quello che contano sono i Giochi».

VALENTINO ROSSI PILOTA MOTO GP

Sul podio di Le Mans «È un risultato importantissimo, perché quando si viene da un momento duro, che va avanti da tanto tempo, è bello tornare davanti. È stata una bella gara, bellissima negli ultimi giri. E poi finalmente abbiamo rivisto un pò di bagarre».

MARIO BALOTELLI CALCIATORE DEL MANCHESTER CITY

Sul suo carattere «Penso di essere un genio, ma non di essere ribelle. Ho la mia vita, il mio mondo, mi comporto come voglio, senza pestare i piedi a nessuno».

Le due reti segnate dalla Repubblica Ceca alla Grecia nei primi 6’ di gioco rappresentano l’uno-due più veloce nella storia dei campionati europei di calcio NEWS | 139

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IL CESTISTA GIGANTE

LO SAI CHE…

La rubrica che racconta in pillole storie e curiosità dello sport

Il libico Suleiman Ali Nashnush è ritenuto il giocatore di pallacanestro più alto di tutti i tempi: era alto 245 centimetri. In carriera giocò anche con la Nazionale del suo paese.

DUE RECORD SENZA ORO Il triplista italiano Giuseppe Gentile è stato protagonista ai Giochi olimpici di Città del Messico 1968 di una gara incredibile. In semifinale ha stabilito il primato mondiale con 17.10 metri; in finale lo ha migliorato im 17.22, ma è stato superato prima dal sovietico Sanejev (17.23), poi dal brasiliano Prudencio (17.27), dovendosi così accontentare del bronzo.

I titoli mondiali vinti dal motociclista Gia15 como Agostini: record ancora imbattuto. Le partite giocate con la Juven513 tus da Alex Del Piero dal 1993 al 2012 8208 le reti segnate)

MARATONA SOTTORETE

Gli strike out effettuati da 2083 Giulio Glorioso nella sua

Al torneo di Wimbledon del 2010 si è consumata la partita di tennis più lunga della storia. Dopo 11 ore e cinque minuti, l'americano John Isner ha vinto sul francese Nicolas Mahut 3-2. L’ultimo set è finito 70-68 durando 8 ore e 11 minuti.

lunga carriera: un record quasi impossibile da superare. I metri raggiunti da Umberto Pelliz131 zari (in 2’44’’) in assetto variabile regolamentato.

CAMBI DI CASACCA

STATISTICHE

Maurizio Iorio, ex calciatore milanese, tra gli anni ‘70 e gli anni ‘90 ha cambiato 12 squadre diverse: Vigevano, Foggia (esordio in Serie A), Torino, Ascoli, Bari, Roma, Verona, Fiorentina, Brescia, Piacenza, Inter e Genoa. Insomma, a Iorio piaceva poco restare in una città per più di uno-due anni.

Dopo sette anni si interrompe l’imbattibilità del pugile filippino Manny Pacquiao, superato ai punti con un verdetto contestato da Timothy Bradley

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FLOP Termine utilizzato nel poker sportivo (texas hold’em e omaha). Indica le 3 carte comuni a tutti i giocatori ed è anche il nome del turno di gioco in cui le 3 carte sono mostrate.

LOW IMPACT Termine utilizzato nel fitness. Indica l’allenamento privo di corsa e saltelli, basato quasi esclusivamente sulla coordinazione.

DRAFT Termine utilizzato nel basket professionistico statunitense. Indica la scelta delle giovani speranze americane e del resto del mondo da parte delle franchigie NBA. Scelgono per prime le peggiori classificate al termine della regular season.

BANDIERA OLIMPICA Termine utilizzato per i Giochi olimpici. Indica il vessillo ufficiale che consiste in un fondo bianco al centro del quale sono disegnati, su due file, cinque anelli intrecciati. Nella prima fila i colori degli anelli sono blu, nero e rosso, nella seconda giallo e verde.

LAMINA Termine utilizzato nello sci. Indica la parte metallica disposta sugli spigoli inferiori dello sci che permette di ottimizzare la presa sulla neve ghiacciata.

Anche Gerd Muller, cone tanti campioni degli anni ’70, ha attraversato l’oceano a fine carriera. ‘Der bomber’ è andato a giocare negli Stati uniti, con il Ft. Lauderdale NEWS | 141

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SPORTSTAR Il personaggio del mese, il divo, l’uomo copertina: ogni numero alla ricerca delle star che anche grazie allo sport sono diventati le icone del momento...

STAR

USCITA CINEMA: 29 agosto 2012 REGIA: Christopher Nolan SCENEGGIATURA: Christopher e Jonathan Nolan ATTORI: Christian Bale, Anne Hathaway, Tom Hardy, Michael Caine, Marion Cotillard, Joseph Gordon-Levitt, Gary Oldman, Morgan Freeman

GLI ENTI DI PROMOZIONE SPORTIVA

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o C.S.A.In. (Centri Sportivi Aziendali e Industriali) è un Ente di Promozione Sportiva riconosciuto dal CONI ed un Ente di Assistenza Sociale le cui finalità sono riconosciute dal Ministero dell'Interno. Non ha fini di lucro, ed è presente sull'intero territorio nazionale con un’organizzazione capillare costituita dai Comitati regionali e provinciali. Lo CSAIn è sport, ma anche cultura e tempo libero, è un mondo in cui valori come volontariato, solidarietà, amore per la natura e per l'ambiente sono un prezioso patrimonio di vita quotidiana. Presidente del comitato romano è dal 2004 il siciliano Francesco Ferlito, nato a Lentini (SR) ma da 27 anni residente nella

capitale. «Faccio parte dello CSAIn dal 1994 dove ho ricoperto diversi incarichi a vari livelli e sono al secondo mandato come presidente provinciale di Roma. In questi anni lo CSAIn è cresciuto grazie all’apporto di persone professionalmente valide ed al prezioso contributo del volontariato senza il quale lo CSAIn, e lo sport in genere, non riuscirebbe a sopravvivere. Per quanto riguarda le attività del comitato, oltre a riunioni ed incontri tecnici, durante l’anno ci sono principalmente gare ed eventi di ginnastica artistica, pallavolo, minivolley e beach volley. Un piccolo spazio è riservato al calcio a 5 per bambini».

I due grandi protagonisti del Tour de France 2010, Contador ed Andy Schleck, non saranno al via nella prossima Grande Boucle: lo spagnolo è squalificato, il lussemburghese ha dato forfait per infortunio

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SPORTSMAN

CHRISTIAN BALE Christian Bale è un attore britannico conosciuto principalmente per le sue interpretazioni di American Psycho, Batman Begins, The Prestige e Il Cavaliere oscuro. La sua versatilità è il suo punto di forza: è capace magistralmente a perdere e acquisire peso (in particolare per L'uomo senza sonno, Batman Begins, L'alba della libertà e The Fighter) per impersonare al meglio il personaggio interpretato. Prima di ottenere il successo nel ruolo di Batman, Bale era molto attivo nell'industria cinematografica indipendente. Divenne celebre al-

l'età di 13 anni per il ruolo del protagonista nel film di Steven Spielberg L'impero del sole (1987), in cui comparve nei panni di un ragazzo che, separato dai suoi genitori, si ritrova in un campo d'internamento giapponese durante la seconda guerra mondiale. Nel 2007 è stato votato dcome miglior attore sotto i 40 anni. L'attore ha ottenuto un grande successo per l'interpretazione di Batman nella pellicola del 2005 Batman Begins, accanto a Michael Caine e Morgan Freeman. Ha vestito nuovamente i panni del supereroe per i due sequel;

Il cavaliere oscuro del 2008 e Il cavaliere oscuro - Il ritorno che uscirà a breve nelle sale. Il segreto della sua versatilità lo ha spiegato con una frase semplice quanto efficace: «Qualsiasi persona può diventare come Batman - dice Bale - se spende tempo e energie per allenarsi ogni giorno, sia fisicamente che mentalmente, lavorando come fosse una macchina da guerra». Beh, in effetti la ricetta sembra quella giusta, ma per ottenere i suoi risultati non siamo convinti che basti questo. Andrea CRESCENZI

CHI L’HA DETTO ZDENEK ZEMAN

« IL DERBY? VALE SEMPRE 3 PUNTI » Zeman non cambia idea: «Il discorso di Roma e Lazio... Oggi preferisco la Roma, per progetto e come ha intenzione di fare calcio. Non mi vedo nei progetti della Lazio. Non l'ho detto una volta, ma cento volte e lo ripeto la 101: il derby è bellissimo per passione e per quello che succede prima e dopo, sul campo è sempre una partita da tre punti. Sapete che da 18 anni vivo a Roma. E sapete che se esco da casa tanta gente mi chiede ‘Torna con noi', sia laziali che romanisti. Spero che me lo diranno anche il prossimo anno».

In ricordo del più grande portiere che il calcio spagnolo abbia mai avuto, il miglior estremo difensore della Liga viene ogni anno insignito del premio ‘Ricardo Zamora’ NEWS | 143

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Domenico DE LUCA

SPOT&SPORT

Ogni numero lo sport e i suoi campioni diventano pubblicità. Un viaggio nella storia e nel costume italiano...

FUMARE. PER DIVENTARE ATLETI Vedendo questa pubblicità sembra di essere tornati indietro di centinaia di anni. Eppure sono passati solo pochi anni da quando in quasi tutto il mondo è stato proibito di reclamizzare il tabacco. Prima il divieto in televisione, poi quello dell’applicazione del marchio su divise e mezzi degli sportivi. Eppure fino a pochi anni fa proprio lo sport era uno dei settori più invasi di pubblicità delle multinazionali del tabacco. La vela con la Merit, la Marlboro sulle Ferrari (così come la Lucky Strike e la John Player Special), e l’elenco prosegue quasi all’infinito. Oggi è impensabile poter reclamizzare il tabacco, ma dall’inizio del secolo scorso in poi il consumo di sigarette veniva spronato dalla pubblicità con messaggi spesso salutisti.

LA SCENA

Un uomo impaciato in pantaloncini e canottiera, volutamente oscurato, e un fiore di atleta intento nel salto con gli ostacoli messo invece in primo piano e a colori. Due figure agli antipodi, con l’atleta che ovviamente è il consumatore del prodotto. IL PRODOTTO

Il celebre logo delle Lucky Strike fu ideato dal designer Raymond Loewy, che creò anche loghi per Exxon, Shell e Coca Cola. Le famose sigarette americane divenute altrettanto note in Italia sia nel dopo guerra che negli anni ‘70, quando uno degli idoli nascenti dei teen ager, Vasco Rossi, le esponeva davanti alle telecamere in ogni intervista e la citò nel brano “Gli Angeli”. Attorno alle Lucky Strike si sono create ben tre leggende metropolitane. La prima afferma che il nome derivi dal fatto che in passato, ogni cento sigarette, una contenesse marijuana. Una variante di questa leggenda afferma che ciò era vero solamente per i pacchetti riservati ai soldati americani durante la seconda guerra mondiale. Un'altra leggenda metropolitana dice che il pacchetto è cambiato durante la seconda guerra mondiale, (bianco con un cerchio rosso) in onore al bombardamento americano sul Giappone, per via della similitudine con la bandiera del Giappone, esiste anche una leggenda metropolitana che fa risalire il nome "Lucky Strike" (Colpo Fortunato) ad un incendio scoppiato all'interno di uno degli stabilimenti. Le fiamme, secondo questa leggenda, provocarono la tostatura del tabacco. Nella sua variante il nome e la particolare tostatura deriva da uno sciopero ("strike" in inglese) degli operai in una delle fabbriche.

LA GRAFICA

Sono immagini prodotte da un illustratore, dunque un artista. I colori sono quelli in auge in quegli anni. Il font utilizzato è il Futura.

LA LOGICA Fumare queste sigarette non faceva male come le altre. La pubblicità diceva al cliente che non provocavano tosse o irritazione della gola, quindi potevano essere fumate persino dagli atleti.

Dovesse vincere anche la serie di finale con Milano, che la vede già avanti, la Montepaschi Siena diverrebbe la prima squadra di basket italiano a conquistare lo scudetto per sei anni in fila

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FITNESS&WELL A CURA DELLA REDAZIONE DI MONDOFITNESS MAGAZINE

8 accessori sul muro. Lo scorrimento morbido a carico zero dei bracci regolabili, la facilità di inserimento degli agganci per accessori suspension training e bande elastiche si armonizzano con la linea compatta e insieme elegante di Inside.

Fitness: tradotto in lingua italiana con i termini idoneità, capacità, preparazione fisica e stato di forma fisica.

3 accessori esterni; push bench, pull bench e step.

Il termine wellness è un'estensione del concetto di fitness: si riferisce ad una filosofia di vita che si focalizza sul benessere con sport e mental training combinate con un'alimentazione corretta.

La nuova linea Inside di Panatta Sport, ha creato una macchina che consente il massimo della performance nel minimo spazio: più di 300 esercizi racchiusi in una parete full optional racchiuse in una parete full optional con 8 accessori e 3 external tools.

INSIDE, 8 MACCHINE IN 1 Le braccia laterali regolabili su tre piani diversi per l’allenamento funzionale.

STONE THERAPY È un trattamento multisensoriale che unisce le conoscenze della medicina ayurvedica e gli antichi rituali degli Indiani d’America con elementi della New Age. Hot Stone, è la terapia con pietre più conosciuta in Occidente; poi messa a punto circa 30 anni fa da Mary Hannigan Nelson, che la chiamò poi Stone Therapy.

Lo stadio Olimpico di Roma non porta bene alla Juventus nelle finali di coppa Italia: bianconeri ko con Inter (1965), Milan (1973) e ultimamente contro il Napoli NEWS | 145

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A cura di Alberto BRUNELLA

STRUMENTI Utilizzo La palla da rugby deve avere forma ovale, composta di quattro pannelli e di cuoio o materiale sintetico simile al cuoio. Le dimensioni ottimali sono: LUNGHEZZA: 28 cm CIRCONFERENZA LUNGA: 74 cm CIRCONFERENZA BREVE: 59 cm PESO: 410-460 grammi

PALLONE DA RUGBY Materiale: Le prime palle erano realizzate con le vesciche dei maiali e rivestite con strisce di cuoio

L’evoluzione

La storia

IERI A soli trecento metri dal prato della Rugby School, sulla strada principale della città (High Street), esisteva la piccola bottega di un calzolaio: William Gilbert (1799-1877). Il "concorrente" si chiamava invece Richard Lindon (1816-1887). Entrambi, oltre a fabbricare e riassettare scarpe e stivali, erano artigiani sopraffini nel creare palle con una vescica di maiale come camera d'aria, rivestita da quattro spicchi di cuoio cuciti a mano, con cui rifornivano i ragazzi della vicina scuola. In origine, il negozio di Gilbert era situato al numero 19 di High Street, mentre Lindon da giovane abitava lì accanto, al numero 20. La via conduceva direttamente all'ingresso del cortile della Rugby School, il luogo dove gli alunni giocavano a football ("quad ball") prima che l'istituto ottenne i suoi campi da gioco. Nel 1842 William Gilbert trasferì la sua bottega in St. Matthews Street, al numero 5, dirimpetto al campo della Rugby School, noto come "The Close". Il negozio di Lindon era invece il Lawrence Sheriff Street numero 6, di fronte all'entrata del cortile. Negli Anni '50 del XIX secolo, Gilbert e Lindon grazie alla loro abilità divennero i due principali fornitori di palloni di vescica animale rivestiti di cuoio agli studenti di Rugby. I pionieri dell'ovale.

Chiusura con stringhe: veniva utilizzato questo sistema per sostituire la camera d’aria e quindi non buttare il prezioso l’involucro

OGGI

Resistenza all’usura: Le sfere del professionisti di rugby sono progettati per garantire elevata resistenza all'usura e rottura con.

OGGI Materiale: la copertura è oggi in pvc (mescola di gomma per una maggiore presa di sviluppare in tutte le condizioni.) con vescica in latax e 3 strati di cotone duro laminato.

La prima finale di Coppa Italia giocata a Roma risale alla stagione 38/39, e fu vinta dall’Inter - allora Ambrosiana - per 2-1 contro il Novara.

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a cura di Alberto BRUNELLA

SKATEBOARD OFF-ROAD

Il mountainboard (detto anche ATB = All Terrain Board acronimo inglese) non è altro che una tavola con attaccati, 2 truck e 4 ruote. È una tavola ibrida tra uno snowboard e uno skateboard, con peculiarità proprie che vanno aumentando con il miglioramento tecnologico. Guardandolo più attentamente si notano delle differenze sostanziali rispetto al "fratellino" da asfalto: la più evidente sono le dimensioni della tavola, mediamente un mountainboard è lungo circa 100-120 cm (dipende dai modelli) ed è spesso circa un centimetro (dipende dai materiali); le ruote sono molto più grandi di quelle dello skate (mediamente 8-9 pollici, fino a 12-13 pollici) e contengono una camera d'aria, di conseguenza anche i trucks sono sovradimensionati e ne esistono diversi tipi. Su tutti i mountainboard sono montati attacchi, che possono essere costituiti da semplici "alette" in materiale plastico, da straps con velcro o cricche oppure dei veri e propri bindings da snowboard. Esiste la possibilità di montare dei freni, dei quali esistono diverse tipologie (a disco, v-brakes come nelle biciclette), per affrontare in sicurezza anche le discese più strette nelle quali non è possibile frenare oppure le superfici in asfalto dove la frenata con la tecnica del "power-slide" non è sicura.

w w w. s p o r t i n c o m u n e . i t

Una tradizione del tennis vuole che raramente il trionfatore del Queen’s di Londra (terreno sull’erba) raramente bissi la propria impresa anche al torneo di Wimbledon NEWS | 147

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l calcio d’inizio tra il Sindaco Alemanno, il Delegato alle Politiche Sportive di Capitale Alessandro Cochi e Don Giovanni Mazzi, il parroco dell’oratorio, IperRoma inaugurare il campo di Via Bodoni che, dopo tanti anni, è stato rinnovato. È stata una festa per il popolare rione romano: una festa cui hanno partecipato tutti, giovani e anziani sportivi e non in una realtà cittadina che, miracolosamente, mantiene ancora a differenza di tante zone di Roma, capacità di aggregazione non comuni. Testaccio, un piccolo paese nel cuore di una metropoli.

Dopo 64 anni la Pro Vercelli ha conquistato la promozione in serie B. Si rinnova dopo tanti anni il ‘derby delle risaie’ con il Novara, squadre rivali accumunate dal mito Silvio Piola

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IL “NUOVO” ORATORIO DI TESTACCIO


TEATRO MARCELLO G iulio Cesare progettò la costruzione di un teatro che avrebbe dovuto rivaleggiare con quello edificato da Pompeo, venne espropriata un’area molto vasta e furono demoliti alcuni edifici sacri, il dittatore, però, morì prima che la costruzione fosse portata a termine e Augusto, completata l’opera, dedicò l’edifico al nipote, Marco Claudio Marcello, figlio della sorella Ottavia, che era stato designato come suo erede. Il teatro fu oggetto di restauri già sotto Vespasiano e Settimio Severo, in epoca medievale divenne un castello fortificato, al secolo XV risale la costruzione del palazzo, tuttora esistente, sopra le arcate della facciata, affidata dalla famiglia dei Savelli a Baldassarre Peruzzi, negli anni 30 del ‘900, infine, furono eliminate le botteghe e le abitazioni che occupavano le arcate e portati alla luce i fornici interrati. Nel IV secolo a.C. fu introdotta per la prima volta, all’interno del programma dei festeggiamenti previsti in occasione dei ludi romani, una forma di teatro originale: il fescennino, opera costituita da una successione di scenette farsesche, parodie, canti e danze. Lo storico Tito Livio racconta di come i romani, per placare l’ira degli dei e debellare una pestilenza, nell’anno 364 a.C. decisero di inserire rappresentazioni teatrali all’interno dei festeggiamenti per i ludi, i giorni dedicati al teatro vennero chiamati ludi scaenici. Per l’occasione vennero fatti venire dei ludiones, attori e danzatori, direttamente dall’Etruria. Queste manifestazioni, per lo più considerate come bassi divertimenti popolari, subirono ben presto la severità dei legislatori dell’epoca. Nicoletta BETTARELLI

AL CENTRO DI ROMA Il Teatro Marcello, nella via omonima, è delimitato da un lato da Lungotevere De’ Cenci, dall’altro dalla basilica di Santa Maria in Cosmedin che ospita la celebre Bocca della Verità, ad un passo dal Circo Massimo.

OGGI

IERI

enrico toti, bersagliere in bicicletta, nonostante la perdita di una gamba con un gesto eroico, scagliò la gruccia verso il nemico esclamando: «Nun moro io!».. toti era ciclista militare e per sport NEWS | 149

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Federico PASQUALI

La rubrica che racconta sport e celluloide

Focus sul

& SPORT

OGNI MALEDETTA DOMENICA regia Oliver Stone Usa 1999

I

l football americano è uno degli sport nazionali statunitensi, amato al pari del baseball e del basket. Nato negli Stati Uniti, ha preso poco piede nel resto del mondo, così anche la cinematografia è quasi esclusivamente di matrice americana. La maggior parte dei film rispecchiano il sogno a stelle e strisce, ossia narrano di giocatori o squadre che in difficoltà riescono a farcela, dunque sono quasi tutti connotati dal tradizionale “happy end”. Nonostante trame e immagini abbastanza ricorrenti, alcune pellicole sono state apprezzate in tutto il mondo facendo molto bene al botteghino. Un esempio su tutti è “Any Given Sunday” (Ogni maledetta domenica), film di Oliver Stone entrato presto nella lista dei film più amati soprattutto dai giovani.

Miami, Florida, gli Sharks sono una squadra di football in crisi dopo la morte dell'anziano proprietario. Allenata da Tony D'Amato, un coach vecchio stile, capace e stimato ma osteggiato dal giornalista Jack Rose, e che non gode più della fiducia della dirigenza, in particolare da parte della giovane presidente, figlia del proprietario deceduto ed intenzionata a rinverdire i fasti ed i successi passati e per questo disposta anche a spostare la franchigia da Miami a Los Angeles.

Sportinrete

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La nuova rubrica della rivista con le recensioni sui siti del mondo sportivo prosegue con le pagine del Gruppo Sportivo Forestale

TUTTE LE STRADE PORTANO A ROMA L’antico proverbio non sbaglia ma solo su alcune strade è possibile superare i 300km/h! La Capitale di chi ama la velocità e l’automobilismo sportivo è Vallelunga, sede dell’autodromo intitolato a Pietro Taruffi, con un tracciato misto-veloce lungo 4km, dotato di paddock e di 32.000 posti per gli spettatori. Realizzato nel 1951, è stato continuamente aggiornato e mantenuto a standard elevati, consentendogli di ospitare prestigiose gare come il Mondiale Superbike. Tra le dotazioni ed i servizi della struttura ci sono le Aree in terra per le attività off road e rally, il Centro guida Sicura ACI-Sara e la Scuola federale CSAI. Per ognuna di esse è stata realizzata un’area specifica sul sito dell’autodromo, nella quale è possibile trovare tutte le indicazioni su come sfruttare a pieno i servizi offerti.

homepage

a cura di Simone AMATI sportincomune.it

Nilmar, gioiello del calcio brasiliano, è recentemente diventato il secondo miglior cannoniere della storia del club, dietro all’inarrivabile Pelè.

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IL PARADISO PUO’ ATTENDERE

QUELLA SPORCA ULTIMA META

regia Warren Beatty e Buck Henry - Usa del 1978 Joe Pendleton, campione di football americano, muore in un incidente automobilistico e si ritrova in paradiso. Il suo angelo custode ha commesso un errore staccando troppo in fretta l'anima gli viene ordinato di rimettere l'anima nel corpo. Il corpo però è stato cremato e a Joe viene offerto in alternativa il corpo di Leo Farnsworth che sta per essere assassinato dalla moglie.

regia Robert Aldrich Usa 1974 L‘ex campione Paul Crewe finisce in prigione per aver distrutto, ubriaco, l’auto della sua compagna. Saputo dei suoi trascorsi professionistici, il direttore del carcere lo vuole per capitanare una squadra di detenuti contro le guardie. Le guardie sono in ottima forma, i detenuti ribelli ed individualisti, ma Paul riesce a creare un forte spirito di squadra.

THE BLIND SIDE

IL RIBELLE

regia John Lee Hancock Usa 2009 Il film racconta la storia vera di Michael, giocatore di football americano nel ruolo di giocatore di linea d'attacco: il titolo del film fa riferimento proprio a questo ruolo. Nonostante la bassa estrazione di provenienza, il ragazzo riesce ad iscriversi a scuola grazie al coach, ma l'adattamento risulterà difficile a causa dalla sua profonda introversione e stazza.

regia Michael Chapman Usa 1983 Nel pieno della recessione economica dei primi Anni Ottanta, la cittadina di Ampipe non offre altra prospettiva ad un ragazzo che accontentarsi di un lavoro da operaio. Stephen defensive back degli Ampipe High School Bulldogs, aspira ad ottenere grazie al suo talento nel football una borsa di studio per poter frequentare un buon college e diventare ingegnere.

SCREENSHOT

Una curiosità: Ad Aprilia (LT), a pochi km dalla Capitale, esista un’altra pista lunga 4km. È l’European Proving Groud di Bridgestone, la più moderna e attrezzata struttura in tutta Europa per il test dei pneumatici. È dotata di test-area su asciutto, bagnato, per rumorosità, comfort e hydroplaning.

www.vallelunga.it Lo schermidore Edoardo Mangiarotti e l’atleta italiano più medagliato nella storia delle Olimpiadi; da Berlino 1936 a Roma 1960 bel 13 medaglie complessive NEWS | 151

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A CURA DELL’UNIONE ITALIANA COLLEZIONISTI OLIMPICI E SPORTIVI

F I L AT E L I A E D I N T O R N I di Pasquale Polo La rubrica che racconta i grandi eventi sportivi e i luoghi che hanno fatto la storia dello sport attraverso il materiale dei collezionisti

a neve a Roma non è riuscita a fermare il ritorno del Rugby italiano allo Stadio Olimpico. Le Poste Italiane, invece, pur avendo predisposto il consueto annullo speciale commemorativo, illustrato con un giocatore di rugby e uno scorcio dello Stadio Olimpico, non sono riuscite a raggiungere l’ufficio postale temporaneo nello Stadio dei Marmi dove era stato allestito il villaggio cosa avvenuta per il secondo match del Sei nazioni contro la Scozia. Le Poste Italiane hanno utilizzato un nuovo annullo speciale dedicato all’incontro con la Scozia vinto dall’Italia 13 a 6. Anche in altre tre occasioni che la nazionale di rugby ha giocato allo Stadio Olimpico, nel 1954 nella finale della Coppa Europa tra Italia e Francia (1239), nel 1995 contro il Sud Africa, Campione del Mondo (21-40) e nel 1996 contro il Galles (22-31), le Poste Italiane hanno utilizzato degli annulli speciali commemorativi , quello usato nel 1954 è addirittura il primo annullo postale dedicato al gioco del Rugby.

V U O I V E D E R E P U B B L I C A T O I L T U O M A T E R I A L E D ’ E P O C A ? S C R I V I C I A R E D A Z I O N E @ S P Q R S P O R T. I T

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IL RUGBY ALL’OLIMPICO Annullo speciale predisposto per la partita del Torneo delle sei nazioni di rugby Italia-Inghilterra ma non utilizzato.

Cartolina e annullo speciale incontro Italia-Galles Stadio Olimpico 5-10-1996

Annullo speciale commemorativo della Finale della Coppa Europa di Rugby 1954

Annullo speciale ItaliaSud Africa del 1995

Cartolina e annullo speciale utilizzato per la finale della coppa Europa di Rugby a Roma il 24 aprile 1954

I Chicago Cubs sono, tra le squadre professionistiche storiche del baseball Usa, la squadra che da più tempo non vince le World Series: la vittoria manca a 104 anni

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QUESTIONE DI

La rubrica che fa scoprire come si vestono i campioni dello sport

Style

Filippo Magini, il 30enne nuotatore pesarese due volte campione del mondo dei 100 stile libero, da circa un anno compagno di Federica Pellegrini. Come la sua compagna, anche lui ama curare il look, dall’abbigliamento agli accessori. Magnini adotta spesso un look giovanile misto tra elegante e sportivo.

1 Giacca

Molto casual con le toppe grige sui gomiti

2 Camicia

Motivo a quadrucci con colori perfettamente abbinati a quelli di giacca e jeans

3 Pantaloni

Jeans denim con tessuto rovinato su cosce e ginocchia

4 Scarpe

Scarponcini leggeri con suola in gomma bianca: molto moderni

L’unico titolo di prestigio che manca all’Italia del volley è quello dell’oro Olimpico. Gli azzurri non le hanno mai vinte conquistando per ben due volte la medaglia d’argento NEWS | 153

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CAMPIDOGLIO NON SOLO SPORT

A CURA DELL’UFFICIO FOTOGRAFICO DI ROMA CAPITALE

Campidoglio – Martina Stella è la madrina della Millemiglia edizione 2012

Stazione Tiburtina – il sindaco di Roma visita il nuovo treno Ntv Italo proveniente da Napoli nel suo viaggio inaugurale.

Mercati di Traiano – sfilata dello stilista palestinese Jamal Taslaq in occasione di IBAC Roma 2012

Foro romano proiezioni di luci e colori sugli edifici dei Mercati di Traiano in occasione del 2765° Natale di Roma

Anche la squadra italiana di basket non ha mai vinto l’oro olimpico, conquistando due volte la finale: a Mosca 80, sconfitta dalla Yugoslavia, e ad Atene 2004, battuta dall’Argentina

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GLI EVENTI DELLA TUA CITTÀ L’Evento, rivista specializzata di Roma Capitale, sceglie per voi i principali avvenimenti che si svolgono a Roma

POSTEPAY ROCK IN ROMA Con ventisette irripetibili live, la rassegna “Postepay Rock in Roma” si guadagna il titolo di vetrina del rock d’Europa. Fino al 2 agosto sullo stage dell’Ippodromo di Capannelle saliranno i big della musica provenienti da ogni latitudine e longitudine. Tra i grandi del nostro rock, J-Ax, i Negrita, i Litfiba di Pelù e Renzulli e i Subsonica, e gli eclettici Elio e le storie tese e Caparezza. A dare un respiro internazionale, la prima data europea dei Radiohead, la celebrazione del ventennale dell'album “Wish” dei Cure, l'unica data italiana del rapper Snoop Dogg, , Lenny Kravitz, Kasabian, Goran Bregovic, Ben Harper, Nneka e Simple Minds. www.rockinroma.com LA BUONA MUSICA ALL’AUDITORIUM COMPIE DIECI ANNI Dieci candeline per “Luglio suona bene”, la più raffinata rassegna musicale dell’estate romana. Apre la rassegna, il concerto di Giorgia. Poi Francesco Renga, l’Orchestra Popolare La Notte della Taranta, diretta dal Maestro Ludovico Einaudi che scalderà il pubblico con i ritmi vorticosi della Taranta. La manifestazione prosegue a luglio col gruppo simbolo degli anni ’90, i Cranberries, la folksinger statunitense, Joan Baez , la nuova regina del pop-soul britannico Emeli Sandé e tanti altre star internazionali. Evento unico, il

SPORT

CINEMA

EVENTI

MOSTRE

MUSICA

TEATRO

ritorno a Roma dell’ultimo dei crooner americani, la leggenda vivente Tony Bennett. Fino al 2 agosto Auditorium Parco della Musica Info: 0680241281 - www.auditorium.com LE EMOZIONI DEI MARI DEL MONDO Ottanta fotografie per descrivere l'altra faccia del pianeta, le meraviglie sconosciute del mare e le creature che lo abitano. Al Museo civico di zoologia "Dai più piccoli ai più grandi" racconta tutte le emozioni che il fotografo subacqueo Alberto Muro Pelliconi ha vissuto riproducendo nei suoi scatti i fondali della Polinesia, Caraibi, Oceano Atlantico, ma anche del Mediterraneo, catturando spesso ambienti marini ancora inesplorati. Fino al 31 luglio - Museo civico di zoologia Via Ulisse Aldrovandi 18 Orario: 9 - 19 chiuso il lunedì Biglietto: €7, ridotto €4,5 OMAGGIO A RENZO VESPIGNANI Dipinti, disegni ed incisioni corredati da documenti e fotografie d’epoca ripercorrono la complessa parabola artistica di Renzo Vespignani. A dieci anni dalla scomparsa, la mostra al Casino dei Principi di Villa Torlonia vuole rendere omaggio a uno dei maestri del XX secolo, per la sua capacità di testimoniare cinquant’anni di storia italiana co-

Francesca CELLAMARE (Ufficio Stampa Roma Capitale)

niugando grandi abilità tecniche con acuta e profonda coscienza del suo tempo. Dal 29 giugno al 18 novembre Villa Torlonia, Casino dei Principi Via Nomentana, 70 Informazioni: 060608, www.museivillatorlonia.it SHAKESPEARE IN GLOBE Si accendono nuovamente i riflettori del Silvano Toti Globe Theatre all’interno di Villa Borghese. Con un successo che cresce di anno in anno, l’unico teatro elisabettiano in Italia torna a ospitare spettacoli rigorosamente shakespeariani a partire dal 27 giugno. Sotto l’attenta direzione artistica di Gigi Proietti, la nuova stagione presenta, tra gli i titoli, “Sogno di una notte di mezza estate”, “Falstaff e le comari di Windsor” e “Giulio Cesare”. Si rinnova anche la collaborazione con la Casa del Cinema, a pochi passi dal Globe, dove ogni lunedì sarà possibile vedere le versioni cinematografiche degli spettacoli in calendario. Villa Borghese Largo Aqua Felix (Piazza di Siena) Informazioni: 060608 LA PRIMA CAMPAGNA IN ITALIA DI NAPOLEONE L’esposizione, corredata da una serie di incisioni che ripercorrono i momenti principali delle campagne di Napoleone in Italia, presenta le sei carte geografiche di Bacler d’Albe ricomposte in un’unica parete, in un particolare allestimento che consentirà allo spettatore di coglierne sia il carattere di testimonianza storica che quello più specificamente artistico. Fino al 4 novembre Museo Napoleonico Piazza di Ponte Umberto I, 1 Informazioni: 060608, www.museonapoleonico.it

Reinhold Messner si è ritagliato un posto nella leggenda dell’alpinismo per esser stato il primo uomo a scalare tutte le 14 cime sopra gli 8000 metri d’altitudine NEWS | 155

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“LASSÀTECE STA’… SEMO ROMANI” Il fascino della storia di Roma interpretata e cantata da uno degli ultimi rappresentanti della vera romanità. Lando Fiorini si esibirà in alcuni dei pezzi più importanti della canzone romana, da “Lungotevere” a “Roma nun fa la stupida stasera…”. Venerdì 29 giugno , ore 21.45 All’ombra del Colosseo Via di San Gregorio – Parco del Celio

TUTTI GLI EVENTI DELLA TUA CITTÀ

LANDO FIORINI,

VOCE DI ROMA

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o raggiungo telefonicamente nella tranquillità della sua casa in campagna. Meritato riposo, almeno nel fine settimana, per un artista come lui che da più di mezzo secolo calca le scene sempre con la stessa professionalità. Anche quest’estate Lando Fiorini non si risparmia e il 29 giugno sarà col suo spettacolo nel cartellone di “All’ombra del Colosseo”. Nulla di strano ritrovarsi nel tempio della comicità estiva a Roma visto che “Lassàtece stà…semo romani!” è una sorta di recital, a metà tra musica e cabaret, carico di ironia e ilarità. «Io sto esattamente in mezzo col mio spettacolo. Canto due tre canzoni e poi faccio una chiacchierata col pubblico. Di quelle che faccio io solitamente a teatro. Sostanzialmente i miei spettacoli sono un’alternanza dei brani più belli della canzone romana e battute pungenti sull’attualità. Quest’anno al Puff, il teatro che ho fondato 44 anni fa, ho messo in scena “Lo stivale in mutande” con tante novità che porto anche fuori, in altri show come quello che farò a fine giugno». A prescindere dalla location, il file rouge che lega tutte le esibizioni dell’artista è l’amore incondizionato per la Capitale. «Non è un caso che gli spettacoli che faccio in giro hanno come sottotitolo “Roma amore mio”: io da sempre canto Roma, parlo di Roma, difendo Roma e la romanità. E poi ricordo i personaggi che hanno fatto grande la città anche nel cinema come Aldo Fabrizi e Anna Magnani». Proporre un repertorio come il suo, potrebbe teoricamente allontanare il pubblico più giovane… «È un luogo comune che i giovani non conoscano il grande patrimonio musicale romano e quindi il mio repertorio. Mi capita spesso, infatti, che persone con meno di trent’anni mi chiedano canzoni che pensavo neanche conoscessero. E invece mi stupiscono positivamente». Segno che la tradizione della canzone romana non ha età e che Lando Fiorini è riuscito a diventare un’icona per tutti cantando la Roma di ieri in una chiave sempre attuale. E’ ancora viva quindi la tradizione musicale romana? «La canzone tradizionale non è il parente povero di quella leggera. Tutto ciò che è regionale diventa universale, diceva qualcuno e io sposo in pieno questo concetto. Senza allargamme troppo, la canzone romana ha un suo spessore e ha dei

brani che hanno fatto epoca. Mi ricordo che a Canzonissima nel ’74 cantai “Barcarolo romano”… vinsi, ma la soddisfazione più grande fu che risultò la canzone più votata da tutte le giurie, in tutte le edizioni. Perciò mica parlo a vanvera, dico i fatti che so’ successi». A proposito di recupero della tradizione romana, il “cantattore”, come ama definirsi, con una punta di orgoglio ci racconta di una sua recente creatura musicale, che a detta sua “rimarrà su piazza pure quando lui non ci sarà più”. «Ultimamente è uscito un cd che si intitola “Ti presento Roma mia” con i più grandi cantautori romani, Baglioni, Minghi, Califano, Proietti, Venditti, Barbarossa. Ci ho messo tre anni a fare questo disco e in quest’avventura mi ha aiutato tantissimo Armando Trovajoli che al pianoforte ha curato la supervisione dei brani. Una volta registrate le canzoni con i mie colleghi, correvo all’Olgita per l’ok del maestro. È un progetto che porterò sempre nel cuore anche perché ho potuto contare sulla disponibilità e gentilezza di tutti gli artisti. Credevo fosse impossibile realizzarlo. A mio figlio, prima di iniziare, dicevo “Ma te pare che questi stanno a dà retta a me con tutto quello che c’hanno da fa’?” Poi c’ho provato e tutti hanno partecipato con molto entusiasmo. Non sapevo di avere tutta questa stima da parte di quei cantautori». Ci stupisce la grande umiltà che mostra nel rispondere, merce rara nel modo dello spettacolo, nonostante una lunga carriera alle spalle fatta di passione, dedizione e indiscutibili successi e il fatto di essere l’unico a proseguire il percorso iniziato da indimenticabili autori del passato come Romolo Balzani e Renato Rascel, di cui quest’anno si festeggia rispettivamente il cinquantesimo anniversario della scomparsa e i cento anni dalla nascita. «Mi dispiace essere rimasti in pochi a cantare certi brani. In cuor mio spero che esca fuori una bella voce a dare continuità a quello che sto facendo. I cantautori con cui ho realizzato il cd cantano una canzone romana ogni tanto. Ne dovrebbero cantare un po’ di più per tenere viva la tradizione. Anche perché c’è voglia di riscoprire la canzone romana. Credo che non ci sia futuro senza passato…».

La piccola Tahiti è entrata nella storia vincendo i campionato di Oceania. Giocherà il prossimo anno la Confederations Cup confrontandosi con squadre del calibro di Brasile e Spagna

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E come lo vede il futuro? «Nel futuro io sono convinto che ce la farmo e che miglioreremo anche da un punto di vista sociale… recupereremo idee e valori… altrimenti è mejo annassene via e lascià perde! ». È invidiabile l’ottimismo che trapela dalla sua voce. E questo atteggiamento positivo naturalmente coinvolge anche la sua amata Roma. «La amo nonostante tutto. E’ sicuramente cambiata, come le altre capitali del mondo… forse un po’ in peggio. Il progresso porta in sé anche un po’ di regresso. Sembra una contraddizione, ma andare in giro per le strade della città e vedere tutte ‘ste scritte luminose de plastica a me m fa un po’ impressione. Cammino per Trastevere e non sento più parlà italiano. Ci sta sempre meno romanità, ma finché avrò un’oncia de fiato continuerò a cantare la Roma di ieri e di oggi, difendendo questa romanità parecchio bistrattata da tutti. Per fortuna che dicevano che rubbavamo solo noi…».

Come vive il tempo che passa? «L’altro giorno ho incontrato Proietti e gli ho chiesto “Come va Gigi? Che fai?” E lui “Cerco de fa’ il meno possibile!” E’ inutile che ci nascondiamo… qualche acciacco arriva per tutti. Però godiamoci le nostre stagioni. Se c’hai un po’ de stomaco che devi fa’, te lo tagli col coltello? Io metto la camicia nera che me lo nasconde… che devo fa’! Racconto spesso un aneddoto sulla Magnani che fa capire come convivo col tempo che, ahimè, passa inesorabile». Prego… «Durante un film la truccatrice le disse “Guardi che bel trucco che le ho fatto. Le ho tolto tutte le rughe” E l’attrice rispose ‘Ma che sei scema? C’ho messo tanto per farmele venì…’».

Francesca CELLAMARE

È un fiume in piena quando parla della sua città. Il suo è un accorato messaggio d’amore. «La difendo in modo pulito senza parolacce. Non in modo volgare come altri attori che fanno vedere al pubblico che i romani so’ coatti. Mica è vero. Il romano autentico è quello di Fabrizi, quello di Proietti, quello cantato dalla Ferri. E namo su…diamo a Cesare quello che è di Cesare! Per me Roma è madre, moglie, amante e pure figlia. In questa affermazione c’ho messo tutto». Sappiamo che è un tifoso romanista sfegatato, ma cosa fa Lando Fiorini per mantenersi sempre in forma? Pratica sport? «Cerco de magnà poco e faccio tanta ginnastica vocale prima di ogni spettacolo. Quest’anno abbiamo fatto 140 repliche… mica una… esibirsi tutte le sere non è facile… da 44 anni… quindi sto in forma per forza. E ringrazio il Padreterno per darmi l’energia giusta per continuare. Qualche anno fa sono andato in Paradiso per una brutta malattia e so’ risceso… non mi c’hanno voluto e m’hanno detto “Va a lavorà bello!” Sono passati nove anni da quel viaggio in Paradiso… aho, non me so’ più fermato. Me fanno lavorà de più adesso che so’ vecchiaccio che quando ero ragazzo».

Nonostante la connotazione geografica, l’Australia è affiliata alla federazione asiatica. Nell’ultima coppa d’Asia ha conquistato la finale, battuta dal Giappone di Zaccheroni NEWS | 157

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ABBIGLIAMENTO SPORTIVO L’abbigliamento sportivo nel tennis, così come in tanti altri sport, ha subito variazioni epocali. Agli albori della pratica sportiva, le donne si vestivano in modo molto elegante e di bianco, quasi fossero delle spose. Questo anche perché lo

Cuffia: Realizzata in morbida nappa foderata in cotone. In alcuni casi il collo era molto ampio per ripararsi dal vento. Frontino allungabile per proteggersi dalla poggia o dal sole. La cuffia aveva il passante per gli occhiali e un doppia chiusura con bottone e fibia.

Giacca: I piloti delle corse automobilistiche tra gli Anni 40’ e 50’, indossavano un giubbotto corto di pelle sopra alla classica camicia bianca. Questo look ricorda molto quello degli aviatori. Negli Anni 50 divenne molto di moda fra i giovani ed è in uso ancora oggi. Successivamente i piloti si fecero confezionare delle tute bianche simili a quelle dei meccanici.

Pantaloni: I pantaloni indossati erano dal taglio classico secondo la moda del tempo, solitamente sui toni del bianco.

sport era praticato quasi esclusivamente dalle donne della borghesia. A distanza di tanti anni l’abbigliamento è radicalmente cambiato. Dalle lunghe gonne e al materiale tecnico. Valentina SUCCI

Casco: Il casco, è dotato di polimeri fonoassorbenti, garantisce protezione cervicale, viene chiuso da un apposito cinturino con chiusura D-ring e fissato da un bottone. È inoltre provvisto di una visiera antigraffio e ventilazione superiore regolabile.

Tuta: Le tute ignifughe confortevoli e leggere, garantiscono la massima protezione del pilota e, assicurano un elevato comfort. Questo è il risultato fra combinazione, ricerca e sviluppo tecnologico, tali materiali hanno infatti dimostrato un’eccezionale resa tecnica e versatilità, in ogni condizione di utilizzo.

Guanti: Indossati dai piloti garantiscono sensibilità e allo stesso tempo un'ottima presa sul volante.

Singolare iniziative degli svedesi nel ritiro europeo: chi perde nel ‘torello’ deve abbassare i pantaloni e farsi prendere a pallonate sui glutei. E’ il cosidetto gioco del ‘maiale’, che ha sollevato polemiche in Svezia

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da Raccontare

Ecco la storia di Angelo e della sua bicicletta. Se l’è costruita da solo con televisione, navigatore, telefono e computer. Per i suoi viaggi in giro per l’Italia e per l’Europa

UN UFFICIO IN MOVIMENTO U

na bici supertecnologica... almeno se pensiamo che Angelo Notariale, se l’è fatta da solo, in casa, appoggiandosi a una vicina officina del Prenestino. Una bici provvista di tutto. E che bicicletta! «Sulla mia compagna di viaggio - spiega Angelo - oltre alle frecce e al contachilometri, c’è uno stereo, una piccola televisione, un dvd, un navigatore, l’impianto vivavoce collegato anche al telefono, una telecamera, un vano per tenda e sacco a pelo e un computer portatile», importante, quest’ultimo, perché Angelo nella vita ha una agenzia di pubblicità a Piazzale Clodio e “stare sul pezzo” è cosa fondamentale. Angelo sta per partire alla volta del Gran Sasso prima di tentare il gran viaggio da Roma verso Berlino. Intanto, si è “accontentato” di Roma-Agrigento «fatta in tredici giorni, 110 km al giorno dalle 6 di mattina alle 19 di sera, dormendo in tenda».

La prima partecipazione dei maestri inglesi al mondiale di calcio, nel 1950, si è risolta in maniera amarissima: Inghilterra sbattuta fuori dopo una sconfitta con gli allora dilettanti americani NEWS | 159

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a cura della Prof.ssa Nicoletta BETTARELLI

ARTE SPORT L’ESPOSIZIONE

Vengono proposti circa 200 organi e sezioni di essi e oltre 20 corpi di donatori volontari. Sono infatti 12000 i donatori di organi in tutto il mondo che hanno scelto di rientrare nel programma di donazione per la plastinazione, programma verificato e controllato costantemente da diversi comitati etici e severamente supervisionato dalle autorità cittadine di Heidelberg in Germania. Ciò che ne è risultato è appunto una galleria di corpi visti, però, dall’interno, senza il filtro della pelle che nasconde gli organi interni e in una serie di pose caratteristiche: celebri opere d’arte, gesti atletici, rituali quotidiani e scene di vita.

IL MESSAGGIO

Il dottor “Morte”, come viene chiamato il papà dell’idea, ha spiegato come all’inizio ci fosse molta diffidenza nell’opinione pubblica, tuttavia «questa è un’esibizione sul corpo umano, qui possiamo ammirare le differenze tra un organo sano e uno malato, tra il polmone di un fumatore e di un non fumatore. Quindi credo che abbia anche un alto valore pedagogico».

THE BODY WORLDS Si è da poco conclusa la mostra “The Body Worlds”, itinerante ed ospitata nella capitale presso le Officine Farneto, spazio espositivo recuperato da un edificio di archeologia industriale in zona Stadio Olimpico. L’evento propone l’esposizione di muscoli ed organi veri ed ha già appassionato 33 milioni di visitatori in sessanta città del mondo. Il “miracolo”, per qualcuno più uno shock, è stato reso possibile grazie alla plastinazione, procedimento che permette la conservazione del corpo umano rendendolo rigido e inodore e mantenendone inalterato il colore, il tutto grazie alla sostituzione dei liquidi corporei con polimeri di silicone. Ad inventare e brevettare questa tecnica è stato l’anatomopatologo tedesco Gunther von Hagens, che dalla scienza ha deciso di passare all'arte mettendo in mostra le sue creature.

La maggiore gloria della ginnastica romana è Franco Menichelli. Bronzo a squadre alle Olimpiadi di Roma 1960, seppe accrescere il palmares quattro anni dopo a Tokyo, con l’oro nel corpo libero, l’argento agli anelli e il bronzo alle parallele.

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INTERPRETAZIONE

«Con 33 milioni di visitatori in tutto il mondo - afferma Gunther von Hagens - Body World ha sostanzialmente contribuito sia nel passato che oggi a creare una nuova coscienza della sensibilità del corpo umano come dell'utilità della donazione di sangue e organi per salvare delle vite. Un sondaggio tra i visitatori ha dimostrato che molte persone hanno cambiato il loro punto di vista sulla donazione di organi e il 23 per cento di loro si è dichiarato favorevole solo dopo aver visto la mostra».


DA ROMA

oma-Cascia, corsa a piedi: un buon esito, nonostante il maltempo e la complessità delle variazioni altimetriche del percorso, i coriacei 17 staffettisti, si sono alternati per tutta la nottata tra il 21 e il 22 maggio ogni 10 km, scegliendo di percorrere il primo tratto di pista ciclabile lungo l'argine del Tevere, successivamente la Via Salaria, passando Rieti e dopo aver percorso la Valle Santa (cara ad un altro Santo come S. Francesco), varcato l'Appennino, tra Lazio e Umbria, hanno finalmente raggiunto il Santuario di S.Rita, a Cascia. Andare in un luogo santo in pellegrinaggio per devozione e penitenza, magari di corsa, fortifica la nostra fede e rende forti per affrontare le prove della vita!

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A CASCIA

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UNA STAFFETTA

LODIGIANI, 40 ANNI DI STORIA a Lodigiani festeggia 40 anni e, dopo il successo della mostra dedicata al lFondazione club, organizzata lo scorso novembre grazie al prezioso contributo della Gabriele Sandri, l’evento ha dato un ulteriore riconoscimento all’importanza del club per il suo quarantennale. Ed è stato proiettato il dvd “Cuore e sudore: 40 anni di storia, 15 d’amore”, seguito da un dibattito sulla storia e sul futuro della Lodigiani.L’associazione “Fedelissimi della Lodigiani”, nata nel momento più complicato della storia biancorossa, si propone di essere parte integrante del progetto della nuova società ricostruita nel 2005, affinché la stessa possa tornare ai fasti di un tempo. La Lodigiani è sempre stata un modello di economia calcistica, tanto che anche esperti di calcio professionistico provenienti dal Giappone e dall’Australia, nel corso degli anni ‘90, vennero a Roma a studiare il “Modello Lodigiani”: gestione trasparente, uso di numerosi e validi giovani da rivendere poi sul mercato, gestione oculata delle risorse. In stretta collaborazione con la società e con il Presidente Malvicini è stato costruito un archivio contenente foto e rarità della società, consultabile sul nuovo sito www.fedelissimilodigiani.com.

Emil Zapotek è stato l’unico nella storia dell’atletica a vincere nella stessa edizione delle Olimpiadi (Helsinki 1952) 5.000, 10.000 metri e maratona NEWS | 161

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Uno scatto che ferma una storia. Un’immagine che ha il potere di regalare un momento alla leggenda e suscitare emozioni. Istanti che rimangono impressi nella pellicola e nell’anima.

L’icona dello sport nella storia Dal mosaico all’affresco, dall’illustrazione al marchio, tutte le discipline sportive nella storia hanno sempre avuto un grande appeal sul pubblico. Immagini di grandezza e di vittoria senza tempo, i gesti sportivi hanno lungamente ispirtato le arti visive. Dal discobolo di Mirone ad oggi, se pur con diverse finalità, l’utilizzo dell’immagine dello sportivo come veicolo promozionale non è mai cessato. Anzi, ad oggi rappresenta un connubbio indissolubile con il mondo della promozione che, come nel caso di Michael jordan, arriva a trsfomare l’uomo in marchio.

Il marchio “AIR Jordan” creato dall’azienda sportiva Nike utilizzando la posa tipica delle schiacciate a canestro di Michael Jordan.

Illustrazione di copertina de ”Le petit journal“ datata 1891, in cui è ritratto Charles Terront, vincitore della Parigi-Brest.

Nella foto la copia romana del discobolo di Mirone detta «Lancillotti», conservata al Museo Nazionale Romano.

Miniatura ritraente un arciere del dodicesimo secolo tratta dal libro“Paris through the centuries Volume II” e conservata alla Biblioteca nazionale di Parigi.

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SPQR SPORT, il mensile voluto dal Dipartimento Sport di Roma Capitale, è sfogliabile anche online sul sito www.spqrsport.it SPQR SPORT sarà presente anche nei principali social network ed inviato tramite newsletter. Un modo per raggiungere una fetta quanto più ampia della popolazione capitolina. Internet garantisce un’importante diffusione parallela rispetto al prodotto cartaceo che rispetta i canali classici della diffusione freepress: la rivista è distribuita in occasione dei grandi eventi sportivi della Capitale e anche sul territorio grazie alla scelta di esercizi commerciali (edicole, bar, etc) nelle piazze più importanti dei 19 municipi romani. L’elenco è consultabile sul web.


www.acea.it

Cento anni di know-how, una rete di acquedotti di oltre 46.000 km e acqua di qualitĂ distribuita ogni giorno ad 8 milioni di italiani. Questa è la realtĂ di Acea. Una realtĂ all’avanguardia che fa bene all’ambiente, alla popolazione, al futuro. L’acqua, l’uomo, la tecnologia.


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