Spqr Sport n. 2 - 2010

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IL SOGNO OLIMPICO DI ROMA Gianni Alemanno, Sindaco di Roma

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on la decisione del CONI, di scegliere Roma quale città candidata a rappresentare l’Italia nella corsa ai Giochi Olimpici e Paralimpici 2020, si è aperta per la capitale una nuova importante fase, che potrà cambiare il futuro della nostra città e della nostra Nazione. La fiducia riposta dal Comitato Olimpico nella proposta capitolina ci rende orgogliosi e prefigura la Roma di domani, per la quale stiamo lavorando e che vogliamo realizzare indipendentemente dalle Olimpiadi. Il progetto ha superato l’agguerrita concorrenza di Venezia, città verso la quale nutriamo un profondo rispetto, come abbiamo dimostrato negli ultimi mesi. Ma il consenso unanime della Giunta CONI, che ha attribuito al nostro dossier dettagliato un alto risultato tecnico sulla base dei parametri del CIO, rappresenta una garanzia di successo con non deve essere sottovalutata. Archiviato il derby nazionale, ci attende ora la partita più importante, che vinceremo soprattutto se dimostreremo la coesione nazionale. Altrettanto importante sarà però la compattezza di Roma e della sua comunità cittadina: se la capitale rappresenterà l’Italia agli occhi del mondo, infatti, i romani avranno il compito di rappresentare tutti gli italiani, che insieme sognano di ospitare a distanza di 60 anni una nuova esaltante Olimpiade. L’esperienza di Roma 1960, che quest’anno commemora i cinquant’anni, è stata un punto di svolta per l’Italia che si apprestava a vivere il boom economico. Roma2020 potrebbe essere un punto di svolta per un'Italia che supera i problemi del declino e si proietta in campo internazionale. La scelta del Coni perciò è solo il punto di partenza del percorso che dovrà vederci uniti e convinti, affinchè l’entusiasmo nei nostri mezzi possa convincere il Comitato olimpico internazionale. Possiamo arrivare al traguardo solo se ci faremo trovare uniti in senso politico ed economico. Ma questa unità dovrà partire da Roma e dai romani, che sono certo vorranno e sapranno come sempre raccogliere con entusiasmo questa nuova ed esaltante sfida.


Roma capitale dello sport


UNA CITTÀ PROTAGONISTA Alessandro Cochi, Delegato alle Politiche Sportive del Comune di Roma

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oma Capitale dello Sport. Questa è la frase che abbiamo voluto scrivere in una copertina arricchita dalle foto del Golden Gala di Atletica Leggera, del Concorso Ippico di Piazza di Siena, degli Internazionali di Tennis, del Fifa Fan Fest, del Beach Volley al Foro Italico (e idealmente anche dell’Eurocup e della Coppa Italia di Beach Soccer che, al momento di andare in stampa, stanno per avere inizio al Circo Massimo), del Fitness, della Nazionale di Volley pronta per i Mondiali le cui fasi finali saranno disputate a Roma e di Abebe Bikila, a ricordare i festeggiamenti delle Olimpiadi del 1960 in previsione per questa estate. Questa è la nostra città, grande è il fervore che sta vivendo, prezioso perché capace anche di stimolare quello spirito di emulazione in grado di avvicinare i nostri giovani allo sport praticato e a sostenere i grandi atleti in un tifo passionale e corretto. Promuovere lo sport come stile di vita è un nostro obiettivo. La rivista è uno degli strumenti per realizzarlo, unitamente a tutti gli altri mezzi di comunicazione del nostro dipartimento (sta per nascere il nuovo sito Internet). Guardiamo dunque con grande attenzione agli appuntamenti di vertice. Quelli d’attualità proposti in copertina e tutti quelli che ci siamo lasciati alle spalle: ricordiamo il Giro d’Italia del Centenario e il Sei nazioni di Rugby, la finale di Champion’s League e quella della Coppa Italia di calcio che si gioca ormai stabilmente allo Stadio Olimpico alla presenza delle più alte cariche dello Stato, il Mondiale di Nuoto e la Giornata dello Sport, la Maratona di Roma con le altre grandi corse protagoniste della città e il Mondiale di Baseball. Non solo grandi eventi, ma anche una presenza costante a fianco della cittadinanza: non sfuggirà all’occhio attento del lettore l’attenzione riservata anche ai Municipi romani cui abbiamo riservato sin da questo numero un angolo per dare spazio e voce allo sport territoriale. Parimenti sono presenti rubriche dedicate alle società romane anche di sport considerati, a torto, minori. Nel concludere invitiamo i nostri lettori, che saranno attenti giudici della nostra attività di governo dello sport, a farsi parte attiva anche per quanto attiene alla rivista. La redazione ha dedicato alcuni spazi per pubblicizzare la vostra partecipazione. Per crescere insieme. Per far crescere lo sport in questa nostra straordinaria città.


photogallery Uno scatto che ferma una storia. Un’immagine che ha il potere di regalare un momento alla leggenda e suscitare emozioni. Istanti che rimangono impressi nella pellicola e nell’anima. Senza bisogno di alcuna spiegazione.




Tutto in uno scatto di Roberto REAN CONT Sales Manager - Sport Getty Images

e l’obiettivo dei campioni dello sport è coronare anni di duro allenamento e preparazione con vittorie e successi nelle proprie discipline di provenienza, i fotografi sportivi inseguono, invece, “l’attimo fuggente”. La loro vittoria consiste nell’immortalare un momento che entra nella storia. E, per raggiungere tale scopo, non basta essere abili con la macchina fotografica, ci sono mille difficoltà che si possono facilmente immaginare anche solo guardando le immagini di questo portfolio. Jorge Lorenzo che si tuffa nel lago senza preavviso mentre il fotografo cerca in pochi attimi la posizione migliore non è cosa facile. E riprendere dall’alto il salto a due della partita di basket NBA tra i Lakers e San Antonio è reso possibile solo grazie al posizionamento della macchina fotografica sul soffitto dell’AT&T di San Antonio: e non bisogna soffrire di vertigini anche per scalare le vette più alte allo scopo di “immortalare” l’aereo della Red Bull che sfreccia velocissimo su Rio De Janeiro dove alle difficoltà ambientali si aggiungono quelle tecniche di ripresa. In alcuni frangenti basta essere attenti e fortunati come per la caduta dal cavallo o l’azione di Rugby, altri invece bisogna “progettare” anticipatamente la fotografia sfruttando le condizioni di luce a disposizione e l’ambiente in cui il fotografo si trova, passo del Leopardo e Trave ne sono un esempio..

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Edi to ria le

NUMERODUENUMERODUENUMERODUE NUMERODUE

N O T I Z I E

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Maggio

4 Bargnani in Nazionale

SPQR SPORT Rivista ufficiale Comune di Roma, Politiche dello Sport

Il romano Andrea Bargnani dice sì alla nazionale, mentre Danilo Gallinari rifiuta di giocare con la maglia azzurra.

Mensile di informazione a distribuzione gratuita Reg. Trib. di Roma n. 21 del 27-01-10

Numero 2 07_giugno_2010

9 Lazio: salvezza anticipata

Il grande sport giorno per giorno

Si riparte dal numero due. Con tutto ciò che è accaduto nel frattempo. La febbricitante corsa per dare il fatidico visto si stampi al numero Uno, la distribuzione mezzo posta, nei bar delle maggiori piazze romane, nel mondo istituzionale e dello sport che ha salutato la nostra rivista con un favore ed un en1 Olimpiadi tusiasmo che ci ha talvolta perfino spiazzaIstanbul ti. E poi la promozione, la presenza nei grandi evencandidata ti che fanno di Roma, soprattutto in questo periodo Istanbul, capitale della Turchia, dell’anno, una Capitale dello sport a pieno titolo, le annuncia la candidatura per riunioni di redazione alla ricerca degli argomenti mil’organizzazione dei Giochi gliori e del modo più efficace di trattarli… fino alOlimpici del 2020. l’ok definitivo per l’atteso numero Due. Anche l’edizione che avete tra le mani conferma la 2 Vince Nadal ricerca dell’obiettivo che ci siamo dati al momento A Roma viene inaugurato il di iniziare questa avventura nel mondo dello sport nuovo Stadio del Tennis del Foromano, quello di dare vita ad una rivista che facro Italico: un gioiello subito batcia dell’approfondimento la sua migliore virtù. tezzato dai grandi tennisti di Per questo abbiamo raccontato tappa dopo tappa, gratutto il mondo, arrivati per gli zie alle note quotidiane dell’Ufficio Stampa del CamInternazionali. Rafael Nadal pidoglio, la corsa che ha portato Roma a guadagnare vince la 76a edizione degli Inla candidatura per le Olimpiadi del 2020 o abbiaternazionali battendo il connamo ben dedicato otto pagine ad una storia da raczionale Ferrer 7-5, 6-2. contare con quell’attenzione che meritano gli accadimenti più grandi: la sfida in tre match che ha portato Nino Benvenuti alla corona mondiale. E, ancora, abbiamo presentato il nuovo centrale del Tennis nei suoi riferimenti strutturali, oltre che attraverso la realizzazione di un backstage durante gli Internazionali, mostrando quegli spazi interni preclusi al 1 2 3 4 5 6 grande pubblico fin dentro gli spogliatoi. A corolla- 30 rio un’intervista esclusiva a Nadal, trionfatore di que- Venerdì Sabato Domenica Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì sta edizione. Terminato questo breve spazio torniamo al lavoro per continuare a migliorare, per assolvere alla vocazio3 A guardia ne di servizio, cercando di dare ai nostri lettori un del Foro prodotto sempre migliore. A Roma viene presentato il libro Appuntamento al numero 3. “L’obelisco marmoreo del Foro Per la gente, con la gente. Italico di Roma”, scritto da Grazia D’Amelio, che ripercorre la storia Fabio ARGENTINI del famoso obelisco.

LA COPERTINA

M E S E

Spqr Sport. Tutti i diritti sono riservati nessuna parte della rivista può essere in alcun modo riprodotta senza autorizzazione

La Lazio vince 2-1 in casa del Livorno, conquistando la matematica salvezza con una giornata d’anticipo.

10 I premi del Coni Provinciale

5 L’Inter trionfa nella Tim Cup

Allo Stadio Olimpico vengono assegnati i Premi Coni 2009. Tra i vincitori, anche Alessia Filippi, Francesco Totti e Giulio Andreotti. Riconoscimento anche al Delegato allo Sport Alessandro Cochi.

I nerazzurri vincono la Coppa Italia Tim superando 1-0 la Roma allo Stadio Olimpico: il gol partita è dell’argentino Diego Milito.

11 L’investigatore antidoping A Roma, il Ministro della salute Fazio annuncia la nascita della figura dell’ispettore investigativo antidoping.

6 La sorpresa del golf

12 M. Roma in A1

Al Royal Park I Roveri di Torino inizia il BMW Italian Open 2010 di golf. A stupire sarà un romano di 21 anni, Andrea Pavan, che nell’ultima giornata chiuderà il percorso con 65 colpi.

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La M. Roma Volley vince a Crema gara due della finale playoff centrando la promozione in A-1.

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7 Francesco Totti addio Sudafrica Il CT della Nazionale telefona al capitano giallorosso per comunicargli che non farà parte della lista dei 30, che parteciperanno ai raduni per i Mondiali in Sudafrica.

8 Ecco la Sanchez La spagnola Maria José Martinez Sanchez, si aggiudica gli Internazionali di Tennis battendo la serba Jelena Jankovic 7-6, 7-5. La TSC Lazio calcio a cinque perde gara tre dei quarti di finale playoff scudetto contro gli abruzzesi del Montesilvano.

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13 Carriera a rischio per il pugile Cenciarelli La promessa dei pesi welter, il dilettante romano Davide Cenciarelli, viene operato a Mosca a seguito di un malore. La sua carriera è a forte rischio

14 Mosca ci prova La capitale russa annuncia la propria candidatura alle Olimpiadi del 2020. Una concorrente ostica in più per Roma Olimpica.

IN PRIMA, le foto degli Internazionali di Tennis, del Golden Gala di Atletica Leggera, di Piazza di Siena, del Beach Volley al Foro Italico, dell’Eurocup di Beach Soccer, del fitness, attendendo i Mondiali di Volley e ricordando le Olimpiadi del 1960 alla luce della candidatura recentemente guadagnata: Roma è sempre Capitale dello Sport.

Editore Alfacomunicazione Srl Via del Giuba, 9 - 00199 Roma Direttore Responsabile Fabio Argentini Redazione Via C. Bavastro, 94 - 00154 Roma Tel. 06 671070333 Fax. 06 671070332 redazione@spqrsport.it grafica@spqrsport.it commerciale@spqrsport.it Art Director Alberto Brunella Stampa Centro Rotoweb Srl - Roma

DIFFUSIONE. La rivista è distribuita nel corso degli eventi sportivi dove è presente il Comune di Roma e free press in tutte le piazze più importanti dei XIX municipi romani (l’elenco dei punti è sul web all’indirizzo www.spqrsport.it dove si possono consultare le pagine della pubblicazione). Per ritirare una copia è anche possibile contattare il numero 06.6710.70315 (Ufficio Sport). In collaborazione con Ufficio Stampa Campidoglio Ufficio Sport Saverio Fagiani, Maria Iezzi Hanno collaborato Alberto Abbate, Andrea Abodi, Luca Aleandri, Fabio Bicchielli, Massimiliano Cecchi, Paolo Corbi, Ettore Coscarella, Roberto Coramusi, Giusi De Angelis, Giorgio Fran-

chetti, Andrea Frediani, Andrea Giani, Alessio Giovannini, Giancarlo Governi, Giovanna Ianniello, Edoardo Lubrano, Eleonora Massari, Matteo Miceli, Francesca Mei, Gianluca Meola, Luca Montebelli, Stefano Moretti, Luigi Panella, Federico Pasquali, Laura Paterno, Alessandro Pizzuti, Silio Rossi, Marco Sicari, Luigi Sinibaldi, Fulvio Stinchelli, Anna Tina Mirra, Marcel Vulpis.

Agenzie e fotografi Photo Partner: Getty Images Paolo Bruno, Luis Castillo, Franco Origlia, Pietro Rolandi. Comune di Roma: Fabio Callini, Stefano Bertozzi, Marco Catani, Claudio Papi, Claudio Valletti. Hanno collaborato: Benvenuti (arch. priv.), Castoria, Centro Studi 9 gennaio 1900 (Mario Notari), Ciamillo, CONI, Corriere dello Sport-

Stadio (Mataloni), FIGC (Ufficio Stampa), Ferraro (GMT), Fidal (Ufficio Stampa), Il Levante Edizioni, G. Lancialonga, P. Lancialonga, Mediaset (Ufficio Stampa), Mezzelani-GMT, Miceli (arch. priv.), Pietrangeli (arch. priv.), Ripari, Romagnoli, S.S. Lazio Pallamano, S.S. Lazio Generale.


19 Etica nello sport Il Sindaco Alemanno riceve il Premio Etica nello Sport dall’Università di Tor Vergata.

20 Hockey, avanti in Champions La Libertas San Saba, hockey prato femminile, nella gara d'esordio del Champions Trophy batte 4-0 le ucraine dell'Alta Borispol.

23 Trionfa la Lazio Rugby La S.S. Lazio Rugby conquista, sul campo neutro di Prato, il titolo di campione d´Italia di Serie A, battendo il Noceto.

24 Il Polo a Roma All´Ippodromo Militare Generale C.A. Pietro Giannattasio si svolge il 1° International Rome Polo Challenge, triangolare internazionale tra Italia, Russia e Stati Uniti.

25 Nelle scuole, la coppa del Mondo

16 Scudetto all’Inter

Si svolge la prima edizione della 0k Runners Night, gara podistica in notturna all’interno del centro commerciale Porta di Roma.

All’Antico Tiro a Volo inizia il V° Torneo Internazionale Femminile dal montepremi di 50.000 dollari. Tra le big in gara anche l'australiana Jelena Dokic, ex numero 8 del ranking mondiale.

2 Nazionale, convocazioni Lippi ha deciso: per i Mondiali rimangono a casa Borriello, Rossi, Sirigu e Cassani. Cossu la prima delle riserve.

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Al Circolo Canottieri Aniene vengono assegnati i Premi USSI Roma ai due vincitori: Claudio Ranieri e Edy Reja.

18 Il Foro diventa una spiaggia

21 Mascalzone Romano A La Maddalena inizia la Louis Vuitton Cup, prima tappa di avvicinamento alla 34a America’s Cup. In gara anche Mascalzone Latino, che gareggia per i colori del Club Nautico Roma.

26 Lottomatica, addio play off La Lottomatica Roma perde anche gara 3 dei quarti di finale con la Pepsi Caserta e esce dai play off scudetto: stagione finita.

27 Start per Piazza di Siena

22 Inter sul tetto d’Europa

ALL’INTERNO

Al Foro Italico primo giorno di gara per gli uomini nel Grand Slam di Roma di beach volley.

Mentre va avanti la trattativa per portare a Roma Adriano, l’Inter vuole Juan ed è disposta a cedere in cambio Burdisso che nell’ultima stagione ha vestito la maglia giallorossa. Secondo la stampa spagnola il Real Madrid avrebbe offerto invece 15 milioni di euro per il calciatore della Lazio, Kolarov.

29 A Roma il Tiro al Volo

Alle finali del Torneo Volley Scuola, il più grande torneo pallavolistico giovanile d’Italia, viene esposta la Coppa del Mondo vinta dagli azzurri di Lippi nel 2006.

La Roma vince l’ultima di campionato contro il Chievo: non basta per vincere il tricolore perché i nerazzurri si impongono a Siena. Trionfo in un campionato giocato sino all’ultima gara.

17 Premi Ussi

1 Juan e Kolarov fanno mercato

Dopo 45 anni l’Inter torna a vincere una Champion’s League. Al santiago Bernabeu di Madrid, piega il Bayern Monaco con una doppietta ancora di Milito. Intanto, al Palazzetto dello Sport, si svolgono gli Internazionali d’Italia di karate, a 20 anni di distanza dall’ultima volta a Roma.

Inizia il 78° Concorso Internazionale di Piazza di Siena che, come da tradizione, si svolgerà per quattro giorni. Vincerà la Francia.

30 Ivan Basso Re del Giro L’arena di Verona celebra Ivan Basso trionfatore del 93° Giro d’Italia dopo una lotta appassionata con lo spagnolo Arroyo.

31 Biaggi sempre più su Max Biaggi vince entrambe le prove del Gp di Superbike di Salt Lake City e si porta al comando nella classifica mondiale.

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3 Schiavone superstar SPQR SPORT_GIU. 010_ N. 2_FATTI E AVVENIMENTI DEL MESE DI MAGGIO CHIUSO IN TIPOGRAFIA IL 05-06-2010

Sulla pista di atletica di Casal del Marmo, l’azzurro Andrew Howe torna in gara, stavolta nei 100 metri, dopo un lungo stop a causa di un infortunio

28 Corsa podistica... in un centro commerciale

Mentre la Nazionale di calcio perde per 2-1 contro il Messico, Francesca Schiavone per la prima volta, nella storia del Tennis femminile, si qualifica alla finale del prestigioso torneo del Roland Garros. La Schiavone che si allena nella nostra regione per il Tennis Club di Viterbo, vincerà la finale contro l’australiana Samantha Stosur per 6-4, 7-6 bissando il successo che fu di Adriano Panatta nel 1976.

12.Olimpiadi: la candidata italiana è Roma 22.Il mito di Piazza di Siena 24.Il nuovo centrale del tennis ai raggi X 28.Intervista a Rafa Nadal 32.I Mondiali con il Fifa Fan Fest 40.A tu per tu con Asafa Powell 44.La storia del Golden Gala 48.Ranieri e la sua Roma 52.Reja racconta la Lazio 56.Nel mondo del golf con Diana Luna 60.Benvenuti si racconta 68.Roma e il fitness 72.Intervista a Tania di Mario 75.La pallamano laziale 76.Stadi di calcio: verso la rivoluzione stile inglese 86.Gigli racconta la Virtus 90.Bernardini: il primo romano in Nazionale 94.Vela: la traversata in solitaria di Matteo Miceli 98.In visita al Corriere dello Sport 106.Protopapa: un’atleta insuperabile 108.Calcio dilettantistico: il Savio 110.Orientarsi è uno sport 114.Antica Roma: il Pancrazio 118.News 129.La scheda di uno sport: il volley 132.In ricordo di Raimondo Vianello

SPQR SPORT GIUGNO 2010 136 PAGINE

15 Il ritorno di Howe

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IL REPORTAGE DI UN GIORNO SPECIALE Fotografi e operatori televisivi in attesa della decisione del CONI sulla città italiana candidata per l’organizzazione dei Giochi olimpici del 2020

Un giornalista radiofonico posiziona il proprio microfono “in prima fila”

Clima disteso prima della scelta Nella foto, il portavoce del Sindaco Simone Turbolente, il Capo della Segreteria Antonio Lucarelli e il Delegato allo Sport Alessandro Cochi, mentre Gianni Alemanno è a Tor Vergata ad un convegno

Il presidente Petrucci e il Segretario Generale Raffaele Pagnozzi (alla sua destra) si confrontano

Dossier a cura di Giovanna IANNIELLO foto Fabio Callini Comune di Roma

l 2009 ha rappresentato per Roma l’anno della consacrazione nella scena sportiva internazionale e mondiale. Superati con successo gli impegnativi banchi di prova dei Mondiali di Nuoto, dei Mondiali di Baseball, della finale di Champions League, della tappa finale del Giro d’Italia, degli Europei di Beach Soccer, del Beach Volley Tour 2009, del Festival del Fitness -che si sono aggiunti ai tradizionali appuntamenti annuali capitolini, come il 6 Nazioni di Rugby, il Concorso Ippico di Piazza di Siena, gli Internazionali di Tennis, la Maratona di Roma, il Golden Gala, la Finale di Tim Cup - la città di Roma ha deciso di lanciare la sua sfida più grande: riportare le Olimpiadi nella Capitale, che le ospitò nell’ormai lontano 1960.

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La mappa del grande tavolo del Consiglio Nazionale CONI attorno al quale siedono i membri votanti del massimo organo sportivo italiano

Mentre la sala è al voto, sul display compaiono i loghi di Roma e Venezia


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Si decide la città candidata a ospitare la XXXII Olimpiade e la XVI Paralimpiade

Il 214o Consiglio Nazionale del CONI

ROMA

SCEGLIE Concretizzare il sogno di accogliere i XXXII Giochi Olimpici e i XVI Giochi Paralimpici, come sottolineato più volte dal Sindaco, «sarà possibile solo se sussisteranno le condizioni ottimali per rendere Roma una candidata autorevole. E tra i requisiti indispensabili vi è la sintonia piena e trasversale di tutte le istituzioni, nonché un’adeguata offerta strutturale e infrastrutturale». A domanda precisa su quale ricordo il Primo Cittadino della Capitale intenda lasciare della sua esperienza di Amministratore, la risposta è netta: «Vorrei essere ricordato come il Sindaco che ha riportato le Olimpiadi a Roma». Nel 2010 la Capitale festeggia il cinquantennale dei Giochi di Roma, che ancora oggi attraverso foto, ritagli di

giornale, testimonianze e video d’epoca regalano emozioni. Mezzo secolo dopo la città vuole rivivere da protagonista l’evento sportivo per antonomasia attraverso la presentazione di progetti concreti, che faranno da telaio a quel Piano Strategico di Sviluppo che Roma attende da decenni. Proprio le Olimpiadi saranno dunque lo strumento per potenziare, accelerare e concretizzare la spinta modernizzatrice di Roma, ponendola al pari delle grandi capitali europee anche sul piano strutturale. Il 19 maggio 2010, il Consiglio Nazionale del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, su proposta della Giunta Nazionale, ha votato Roma quale città italiana candidata per l’assegnazione ROMA 2020 | 13

della XXXII edizione dei Giochi Olimpici estivi e la XVI edizione dei Giochi Paralimpici del 2020. Settanta i membri presenti, 68 quelli che hanno espresso voto favorevole (97,14%). Un solo membro si è astenuto (Ottoni, Comitato Provinciale CONI di Treviso) ed uno ha espresso voto contrario (Giuseppe Leoni, Aeroclub d’Italia). Il Consiglio ha recepito la decisione, presa all’unanimità dalla Giunta Nazionale che, sulla base della valutazione effettuata dalla commissione tecnica, aveva attribuito a Roma 32,3 punti su 35, mentre a Venezia un punteggio di 20,1 su 35 (quindi una valutazione in decimi rispettivamente di 9,2 per la Capitale e 5,7 per la città lagunare). Sulla base dei criteri CIO, che


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Il Sindaco Alemanno vuole riportare nella Capitale italiana i Giochi Olimpici dopo sessant’anni dall’ultima volta hanno sancito l’assegnazione dei Giochi del 2016, Venezia non aveva raggiunto la soglia minima di 21 (6 calcolato in decimi). La scelta arriva dopo la consegna dei dossier avvenuta il 5 marzo 2010. Il 15 dicembre 2009, al termine della Giunta CONI, era stato consegnato alle due città candidate, Roma e Venezia, il questionario articolato su una trentina di pagine, comprese le istruzioni per la compilazione, basato sul formulario CIO. 25 pagine, 24 risposte, 5 allegati dove sono state presentate le infrastrutture alberghiere e supplementari.

Le città candidate dai singoli Comitati Nazionali Olimpici e presentate al CIO diventeranno prima Applicant City e poi quelle che entreranno nella short list Candidate City. Nel mese di gennaio 2012 le città consegneranno al CIO le risposte al questionario, nei successivi due mesi la Commissione Esecutiva del CIO compirà una selezione delle città candidate. Nel mese di novembre 2012 le Città consegneranno al CIO il dossier di candidatura.La scelta definitiva della sede, da parte del Comitato Olimpico Internazionale, è fissata per luglio 2013 a Bue-

nos Aires. A novembre 2012 scadrà il termine per la presentazione del dossier delle candidature, tra gennaio e febbraio 2013 è fissata la visita della Commissione di Valutazione, mentre un mese prima della sessione (giugno 2013) è previsto l’invio del rapporto della Commissione ai membri del CIO, ai CNO, alle FI, alle città candidate e alla stampa.

LA CANDIDATURA DI ROMA

CRONOLOGIA

I massimi rappresentanti istituzionali con il vessillo olimpico di Roma ‘60, Aurelio Regina (Presidente UIR), Nicola Zingaretti (Presidente della Provincia), Renata Polverini (Presidente della Regione), Francesco Giro (Sottosegretario di Stato ai Beni e alle Attività Culturali), il Sindaco Gianni Alemanno, l’On. Andrea Ronchi (Ministro delle Politiche Comunitarie) e Giorgia Meloni (Ministro della Gioventù)


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X X X I I G I O C H I O L I M P I C I E X V I G I O C H I P A R A L I M P I C I

GIORNO PER GIORNO 19 ottobre

LA PRESENTAZIONE DELLA CANDIDATURA Attraverso una lettera ufficiale al CONI firmata dal Sindaco, Roma si candida ufficialmente a rappresentare l’Italia nella corsa alle Olimpiadi 2020. 21 ottobre

IL DECALOGO DEL CONI La Giunta del CONI rende noto il decalogo che stabilisce i criteri nella scelta della città rappresentante e sottolinea l’importanza della ricettività e dell’accoglienza della città candidata a rappresentare l’Italia. Immediato il commento positivo del Sindaco Alemanno: «le linee guida ricordate dal Coni servono a fare ordine per evitare che il momento della selezione della candidatura italiana per le Olimpiadi 2020 si trasformi in una rissa tra territori e città. Roma si atterrà strettamente a queste indicazioni nel portare avanti la sua candidatura».

7 ottobre PRIMI PASSI ALLA REGIONE PER LA CANDIDATURA Il Consiglio Regionale del Lazio vota all’unanimità una mozione per chiedere alla Regione di supportare la candidatura di Roma per l’organizzazione delle Olimpiadi 2020, manifestando il proprio sostegno al Governo e al CONI. 7 ottobre ALEMANNO A COLLOQUIO CON LETTA Il Sindaco di Roma annuncia di aver avuto un colloquio telefonico con il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Gianni Letta, per chiedere di dare «un segnale di serietà. Un minuto dopo la scelta del CONI, la candidata italiana dovrà confrontarsi contro i colossi internazionali e dunque allora sarà decisiva l’unità dell’Italia».

23 ottobre UIR, UN’OPINIONE RILEVANTE Aurelio Regina, Presidente dell’Unione Industriali capitolina, assicura che «Roma è pronta per le Olimpiadi» e che la Capitale ha già avviato progetti e lavori per meritare la candidatura ai Giochi 2020. NOVEMBRE 2009

OTTOBRE 2009

2009 2 ottobre A COPENAGHEN PASSA RIO DE JANEIRO A Copenhagen il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) sceglie Rio de Janeiro quale sede delle Olimpiadi 2016. Poco dopo l’annuncio della vittoria brasiliana, che prevale sulle candidature di Madrid, Tokyo e Chicago, il Presidente del Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) Gianni Petrucci definisce «maturi i tempi per una candidatura italiana» per le Olimpiadi del 2020. Contemporaneamente sono due le città a proporsi: Roma e Venezia. Il Sindaco Alemanno diffonde una nota ufficiale: «La scelta di Rio de Janeiro apre una grande possibilità per l’Italia e per Roma, per la successiva edizione del 2020. Credo che il Presidente Petrucci abbia fatto bene a manifestare un interesse per l’Italia e credo che Roma debba avanzare la propria candidatura per i Giochi del 2020. Dopo più di mezzo secolo dalla fantastica edizione del 1960 possiamo sognare di portare i cerchi olimpici nella capitale d’Italia».

20 novembre SOLO ROMA E VENEZIA CANDIDATE Il Presidente del CONI, Gianni Petrucci, annuncia la chiusura della raccolta delle candidature. Considera valide le richieste di Roma e Venezia.

UN ITALIANO ALLA VICEPRESIDENZA DEL CIO Mario Pescante viene eletto Vicepresidente del Comitato Olimpico Internazionale. Per la prima volta un rappresentante dello sport italiano siede ai vertici del movimento olimpico internazionale.

24 novembre LA CONFINDUSTRIA APPOGGIA ROMA Il Presidente della Confindustria, Emma Marcegaglia, appoggia la candidatura di Roma per i Giochi Olimpici. Nel corso dell’Assemblea annuale dell’Uir, dichiara «Non sono romana, ma sostengo con grande energia la candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2020. È un’opportunità importante, lavoriamo tutti insieme perché ci sia una candidatura forte e autorevole che possa arrivare ad una soluzione».

12 ottobre UN DOSSIER PARALIMPICO PER LA CANDIDATURA Il Presidente del Comitato Italiano Paralimpico (CIP), Luca Pancalli sottolinea che la città italiana candidata ad ospitare le Olimpiadi 2020 dovrà tener conto che nel pacchetto da presentare al CIO serve anche un dossier paralimpico forte.

27 novembre PAGNOZZI ALLA SEGRETERIA GENERALE DEL COE Il Segretario Generale del CONI, Raffeale Pagnozzi, viene confermato per la seconda volta alla Segreteria Generale del COE, che riunisce i Comitati Olimpici Europei. Questo risultato rappresenta una garanzia solida per l’Italia dello sport.

9 ottobre

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DICEMBRE 2009

1 dicembre LA PRESENTAZIONE DEL PROGETTO MILLENNIUM Il Sindaco di Roma presenta il “Progetto Millennium”, così chiamato per sottolineare come il decennio che va dal 2010 al 2020 potrà essere decisivo per la trasformazione radicale della Città. La presentazione è un ulteriore passaggio verso il primo piano di Sviluppo Strategico di Roma Capitale. 11 dicembre LE CHANCES DI ROMA Il Sindaco di Venezia Cacciari incontra al CONI il presidente Petrucci. Al termine del colloquio arriva una doccia fredda per la città lagunare, con Petrucci che dichiara: «Il Coni vuole partecipare per vincere e quindi porteremo avanti la candidatura più concreta e credibile. Venezia è una città importante ma io sono realista: è diverso portare avanti una candidatura che si basa su quello che già c’è rispetto ad una candidatura basata su quello che si farà». Cacciari di contro annuncia la presentazione del progetto entro febbraio. Durissima la reazione del Presidente della Regione Veneto, Giancarlo Galan: «Roma ha già avuto e ha già dato in termini di Olimpiadi. Venezia e il Veneto si meritano questo riconoscimento perché siamo tra le regioni più avanzate del mondo. Il Presidente Petrucci dimostra di non conoscere il Nordest e il Veneto e quello che siamo in grado di realizzare». Laconica la risposta del massimo dirigente del CONI: «Ognuno conosce il proprio mondo. Galan conoscerà bene il Nordest, io conosco bene le Olimpiadi e la Carta olimpica». 11 dicembre

ROMA INCASSA L’APPOGGIO DI LONDRA

nel 2015. L’Olimpiade di Roma del 1960 fu l’occasione per mostrare un’Italia che aveva avuto una straordinaria crescita». 15 dicembre

CONSEGNATO IL QUESTIONARIO A ROMA E VENEZIA La Giunta del Coni presenta il questionario per la candidatura italiana ai Giochi della XXXIII Olimpiade 2020 che le due candidate, Roma e Venezia, dovranno riconsegnare entro il 28 febbraio. Una trentina di pagine, comprese le istruzioni per compilarlo, basato sul questionario CIO. 25 pagine, 24 risposte, 5 cartine, dove dovranno essere presentate le infrastrutture alberghiere e supplementari, per convincere la commissione istituita dal Comitato Olimpico Nazionale prima, la Giunta, di fine aprile inizio maggio, poi. Petrucci precisa che «qui è nata una falsa impressione, si accusa me come rappresentante dell’Istituzione di essere un arbitro tra le due candidate, ma noi non siamo arbitri, siamo tecnici e parte integrante della candidatura. Noi rispettiamo tutti, anche se si fa di tutto per alzare polveroni, vogliamo vincere così come vuole vincere il Presidente della Repubblica. Vorrei ricordare, inoltre, che è la città che si candida e non la regione». 15 dicembre IL PESSIMISMO DEL SINDACO DI VENEZIA Cacciari dichiara di non essere molto fiducioso sulla possibilità che la candidatura della città di Venezia per i giochi olimpici del 2020 possa essere accolta seriamente, perché il ruolo della Regione «non viene ancora riconosciuto a sufficienza. C’è resistenza ad accettare la nostra candidatura, a riattivare i fondi di legge speciale, a concedere il riuso di aree demaniali come quelle dell’Arsenale». 16 dicembre PETRUCCI INDICA LE LINEE GUIDA PER LA VITTORIA In occasione del Consiglio Nazionale del CONI, Gianni Petrucci ribadisce che «portare in Italia i Giochi olimpici, sessant’anni dopo i Giochi di Roma, è un’impresa difficile ma non impossibile. L’ importante è presentare una candidatura forte e che abbia già una base di impianti e infrastrutture esistenti e funzionali all‘evento».

In occasione del suo viaggio a Londra, il Sindaco di Roma incassa l’appoggio della capitale londinese, sede dei Giochi olimpici 2012 e del primo cittadino, Boris Johnson. «Il sostegno di Londra è molto importante, perché serve a capire gli elementi vincenti che l’hanno portata a conquistare i giochi del 2012». Johnson è stato invitato a maggio a Roma, in occasione di una presentazione in Italia delle Olimpiadi del 2012. 15 dicembre NAPOLITANO SOGNA LE OLIMPIADI IN ITALIA Il Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, in occasione della visita al Quirinale dei dirigenti del Coni e di una delegazione degli atleti titolati del 2009, sottolinea che «Sarebbe bello che si svolgessero in Italia nuove Olimpiadi, come 50 anni fa a Roma. A volte anche per il Presidente della Repubblica è lecito fare dei sogni. Se ci impegniamo sarà possibile, così come è stata possibile l’Esposizione Universale che si svolgerà a Milano

18 dicembre L’UIR SI ATTIVA A FAVORE DI ROMA OLIMPICA La Giunta dell’Unione Industriali di Roma nomina l’Ad di Alitalia Rocco Sabelli nuovo Vicepresidente con delega per Roma 2020. L’Uir spiega che la delega ha come obiettivo quello di sviluppare un progetto comune che, mettendo a disposizione dell’amministrazione locale esperienze, energie e know how di tutte le più grandi aziende italiane, prima fra tutte Alitalia, porti Roma ad essere la candidata italiana prescelta per le Olimpiadi 2020. 21 dicembre UN COMITATO DI INDUSTRIALI PER ROMA 2020 Il Presidente dell’Uir, Unione industriali di Roma, Aurelio Regina annuncia: «Lanceremo un comitato di industriali, società civile e sportivi per Roma 2020. Una realtà che non vuole sovrapporsi al comitato organizzatore ma che si porrà tre obiettivi: raggruppare il mondo industriale e non solo, intorno a questa candidatura; supportare l’amministrazione con progettualità, investimenti e competenze di natura organizzativa; coinvolgere maggiormente la città verso questo obiettivo».

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21 gennaio

GENNAIO 2010

2010

IL CONSIGLIO COMUNALE APPROVA ROMA OLIMPICA

8 gennaio PETRUCCI INCONTRA IL SINDACO DI VENEZIA E DI ROMA In occasione di un viaggio in Veneto il Presidente del CONI, Gianni Petrucci, incontra il sindaco di Venezia Cacciari. Il giorno dopo, nel corso delle celebrazioni per i 110 della S.S. Lazio, anche il Sindaco di Roma incontra il Presidente Gianni Petrucci. 15 gennaio L’ITER DI DISAMINA DEI QUESTIONARI Il CONI ribadisce che «i questionari delle Città proponenti saranno esaminati da un’apposita commissione, nominata il 21 ottobre e composta dal Presidente, dai Vicepresidenti e dal Segretario Generale del CONI, unitamente ai membri italiani del CIO e al Rappresentante della Commissione Atleti del CONI. Le valutazioni saranno portate all’esame della Giunta Nazionale che, sulla base del lavoro della Commissione, effettuerà una preselezione circa l’idoneità e la presentabilità al Consiglio Nazionale, in analogia alla procedura adottata dal CIO. A conclusione di questo iter, il Consiglio Nazionale assumerà la decisione ultima sulle candidature ammesse dalla Giunta Nazionale». 18 gennaio L’APPOGGIO DI TORINO A VENEZIA Iniziata da Torino (nella sede di Confindustria) la tournée di Venezia e del sindaco Cacciari per presentare la propria candidatura. Il progetto incassa l’appoggio del Sindaco Sergio Chiamparino che definisce Venezia «una città unica al mondo e da questa deriva la forza della sua proposta che il CONI dovrà valutare attentamente». Appoggio anche dal Vicepresidente della Giunta regionale Franco Manzato: «la carta vincente di Venezia sta nella qualità della sua candidatura. Venezia olimpica sarà il coronamento dello sviluppo e del dinamismo economico e sociale di una realtà territoriale da sempre aperta al mondo, oggi è baricentrica tra Europa e Mediterraneo».

Il Consiglio Comunale di Roma approva all’unanimità la mozione bipartisan firmata da Francesco Rutelli e Dario Rossin) sulla “Candidatura di Roma ai Giochi Olimpici 2020 e iniziative di carattere internazionale che riguardano la Capitale nel campo sportivo”. 22 gennaio:

IL COMUNE INSIEME A PROVINCIA E REGIONE LAZIO Il Comune di Roma raccoglie il sostegno e la collaborazione della Regione Lazio e della Provincia di Roma per la candidatura olimpica ai Giochi del 2020. I tre enti locali diventano parte attiva del tavolo tecnico, che valuterà lo studio di avanzamento del progetto per Roma 2020. 25 gennaio MOZIONE DI SOSTEGNO DEL CONSIGLIO PROVINCIALE Il Consiglio provinciale di Roma approva all’unanimità la mozione di sostegno alla candidatura della Capitale per le Olimpiadi del 2020. La mozione, firmata da tutti i capigruppo è presentata da Andrea Simonelli (Pdl). 26 gennaio

18 gennaio ALEMANNO E IL PROGETTO DI VILLAGGIO OLIMPICO In occasione del premio in Campidoglio “Atleta dell’Anno”, il Sindaco Alemanno torna sulle Olimpiadi e annuncia che «Il 26 gennaio presenteremo i primi elementi di un dossier che vi stupirà: un progetto di Villaggio olimpico molto serio che non si è mai visto prima. Oggi premiamo le eccellenze dello sport, ma ciò che avviene qui è anche importante in chiave olimpica perché la qualificazione alle Olimpiadi 2020 parte dalla base, dalle periferie, dal territorio di una città che deve puntare ad essere non solo capitale dello sport ma anche capitale del benessere». Nella foto il Sindaco consegna il premio de l’“Atleta dell’Anno” a De Rossi e Zarate.

COMITATO PER LA CANDIDATURA DI ROMA OLIMPICA L’UIR presenta il Comitato a sostegno della candidatura di Roma alla corsa ai Giochi olimpici 2020. Nell’elenco delle personalità figurano Andrea Mondello, Aurelio Regina, Rocco Sabelli, Giampaolo Letta, Mauro Moretti, Eduardo Montefusco, Andrea Ambrogetti, Giancarlo Leone, Azzurra Caltagirone, Ugo Maria Brachetti Peretti, Marco Sala, Francesco Trapani, Rossella Bussetti. 26 gennaio IL LOGO DELLA CANDIDATURA DI ROMA Nel corso della conferenza stampa UIR il Sindaco Alemanno presenta una parte del Progetto di candidatura per i Giochi del 2020. In particolare: il logo che accompagna la candidatura di Roma fino alla scelta del CONI, il Parco Olimpico e l’Impianto di Tor Vergata. 26 gennaio INCONTRO A ROMA PER VENEZIA OLIMPICA A Roma, presso la sede della Regione Veneto di via del Tritone, circa 130 parlamentari, in prevalenza veneti incontrano Galan e i rappresentanti del Comitato a sostegno della candidatura di Venezia alle Olimpiadi 2020.

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IL MIBAC ESALTA IL PROGETTO DEL PARCO OLIMPICO Attraverso un comunicato ufficiale il MiBAC definisce «assai positiva» la riunione tecnica tra rappresentanti del Comune di Roma e del Ministero per i Beni e le Attività Culturali riguardo la candidatura della Capitale alle Olimpiadi del 2020, con particolare attenzione al progetto del parco olimpico individuato nella zona nord della città a Tor di Quinto. L’incontro ha permesso di individuare e concordare tutte le procedure da porre in essere per la valorizzazione dell’area, che rafforzerà notevolmente il dossier di candidatura per i giochi olimpici avanzato dal Campidoglio. 11 febbraio A BUENOS AIRES LA SCELTA DELLA CITTA’ OLIMPICA La sessione del CIO, riunita a Vancouver per i giochi invernali, sceglie Buenos Aires quale sede in cui sarà scelta la città che ospiterà i Giochi olimpici 2020. La designazione avverrà nel mese di luglio. La sede alternativa alla capitale argentina, scartata dal Comitato Olimpico Internazionale, era Kuala Lumpur. Particolare non irrilevante sul piano politico: a Buenos Aires si voterà nella stessa occasione anche il nuovo presidente del CIO, dal momento che il mandato di Jacques Rogge scadrà proprio a luglio 2013.

19 marzo FRATTINI SI SCHIERA CON ROMA Nel corso di un’intervista rilasciata al Giorno, Resto del Carlino, La Nazione il Ministro degli Esteri Franco Frattini prende posizione sulla competizione Roma-Venezia, sostenendo che tra le due sarebbe «Meglio Roma, dove già esistono le principali infrastrutture, dove già ci sono gli impianti». APRILE 2010

FEBBRAIO 2010

17 marzo SI RIUNISCE LA COMMISSIONE DI VALUTAZIONE Prima riunione di insediamento della Commissione di Valutazione del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, che esaminerà i dossier di Roma e Venezia. La Commissione è composta dal Presidente del CONI, Giovanni Petrucci, dai Vicepresidenti, Riccardo Agabio e Luca Pancalli, dal Segretario Generale, Raffaele Pagnozzi, dai membri italiani del CIO, Mario Pescante, Franco Carraro, Ottavio Cinquanta, Francesco Ricci Bitti e Manuela Di Centa, e dal rappresentante designato dalla Commissione Atleti, Anna Maria Marasi.

4 febbraio

16, 17, 18 aprile LA UIR A PIAZZA DEL POPOLO

MARZO 2010

19 febbraio UNICREDIT NEL COMITATO PER ROMA 2020 Alessandro Profumo, Amministratore Delegato di Unicredit, entra nel Comitato per Roma 2020, istituito dalla UIR. 5 marzo

LA CONSEGNA DEI DOSSIER OLIMPICI

Il Sindaco di Roma e il Sindaco di Venezia consegnano al presidente del CONI Petrucci i dossier olimpici. Un momento storico e di grande vicinanza tra le due città candidate. 5 marzo

LA PRESENTAZIONE DEL PROGETTO

Roma presenta alla città il Progetto Olimpico, presso la Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica.

100 mila persone partecipano all’evento “Roma Capitale dello Sport” organizzato dal Comitato Uir per Roma 2020 a piazza del Popolo. Nella foto Andrea Abodi, uno dei sei “saggi” del tavolo tecnico, parla con il Sindaco degli elementi caratterizzanti la candidatura (Parco Olimpico, Tor Vergata e Parco Fluviale sul Tevere). Nel Secondo scatto il Sindaco dalla terrazza dello stand del Comune di Roma osserva le attività sportive della Piazza. Il Sindaco e la Governatrice della Regione Lazio Renata Polverini con la nostra rivista.


21 aprile NATALE DI ROMA, NEL RICORDO DEL 1960

11 maggio IL 19 MAGGIO LA SCELTA DELLA CANDIDATA Il CONI comunica che il 19 maggio sarà resa nota la scelta della città candidata a rappresentare l’Italia nella corsa ai Giochi Olimpici 2020 nel corso della Giunta Nazionale e del successivo Consiglio Nazionale. 14 maggio ANCHE MOSCA IN CORSA PER LE OLIMPIADI Mosca annuncia la sua candidatura alla corsa Olimpica 2020. 19 maggio

ROMA È LA CANDIDATA AI GIOCHI DEL 2020

In Campidoglio, in un giorno storico per la città, nell’ambito dei festeggiamenti del XXI Aprile (è il 2763° compleanno della città), viene presentata la medaglia celebrativa del Natale di Roma dedicata quest’anno alle Olimpiadi del 1960 in una manifestazione di alto profilo, organizzata dal Sovrintendente ai Beni Culturali del Comune di Roma, Umberto Broccoli. In sala presenti gli olimpionici Daniele Masala, Paolo Tofoli e Nino Benvenuti.

26, 27 aprile

IL CONI INCONTRA I COMITATI TECNICI La segreteria tecnica della Commissione di Valutazione del Coni incontra i comitati tecnici di Venezia e Roma per richiedere alcuni chiarimenti inerenti i dossier olimpici.

MAGGIO 2010

29 aprile ANCHE ISTANBUL CANDIDATA AI GIOCHI Il Presidente turco Mehmet Ali Sahin ha annunciato l’ingresso di Istanbul nella corsa alle Olimpiadi 2020. 3 maggio VENEZIA DÀ CHIARIMENTI SUL PROPRIO DOSSIER Venezia presenta al CONI i chiarimenti richiesti sul dossier Olimpico. 4 maggio ROMA FORNISCE DELUCIDAZIONI AL CONI Roma presenta al CONI i chiarimenti richiesti sul dossier.

Il Consiglio Nazionale del CONI designa Roma città italiana candidata all’assegnazione delle Olimpiadi 2020. La valutazione della commissione tecnica è positiva, fatto che dà a Roma ampie chance per concorrere con le altre città che si candideranno ad ospitare la XXXII edizione dei Giochi del 2020. Ora comincia la corsa più lunga...

D I C O N O G L I A T L E T I Roma correrà per organizzare i Giochi olimpici del 2020. Ecco cosa pensano della candidatura alcuni atleti di punta

IVAN ZAYTSEV

azzurro di pallavolo che sogna le Olimpiadi Che ne pensi della possibilità per Roma di ospitare i Giochi del 2020? «È la città in cui vivo e dove gioco da diversi anni, quindi credo sarebbe qualcosa di semplicemente meraviglioso vederla addobbata a festa per l’Olimpiade. Poi per me, che sono ancora molto giovane, potrebbe essere l’occasione per disputare un’Olimpiade da protagonista, visto che ci arriverei con la maturità agonistica». Le strutture per il tuo sport ci sono già? «Potenzialmente si, anche se per un evento di quella portata servirebbero, secondo me, almeno due palazzi dello sport di nuova concezione». Cosa si dovrebbe migliorare in città approfittando del grande evento? «Difficile migliorare Roma, è la città più bella del mondo. Andando sul concreto, penso alla rete metropolitana che potrebbe essere rinforzata, consentendo così spostamenti più rapidi e la città meno affollata».


G L I A T L E T I C H E H A N N O F A T T O G R A N D E L ’ I T A L I A Bruno Mascarenhas

canottiere, bronzo all’Olimpiade di Atene 2004 nel quattro pesi leggeri

Che ne pensi della possibilità per Roma di ospitare i Giochi del 2020? «Roma è la città più bella del mondo, quindi ospitare nuovamente i Giochi, a 60 anni da quelli mitici del 1960, comporterebbe una consacrazione mondiale di questa città». Le strutture per il tuo sport ci sono già? «Per il canottaggio, purtroppo, bisogna costruire un bacino artificiale. Sarebbe una

grande opportunità anche per ospitare in futuro grandi eventi internazionali. Tutti i canottieri del mondo verrebbero a Roma a disputare, ad esempio, una prova di Coppa del Mondo. Per i tanti canottieri romani, poi, che si allenano sempre sul fiume, dove non puoi dare il cento per cento, sarebbe fantastico». Cosa si dovrebbe migliorare in città approfittando del grande evento? «Con l’Olimpiade, Roma dovrebbe approfittare per espandere la rete metropolitana, arrivando ai livelli delle grandi capitali europee e mondiali».

Alessia Filippi

campionessa d’Europa, del mondo e argento ai Giochi olimpici di Pechino 2008 Che ne pensi della possibilità per Roma di ospitare i Giochi del 2020? «Mi vengono i brividi solo al pensiero. Il ricordo di quello che ha fatto il tifo dei romani per me ai Mondiali di Nuoto, spingendomi in acqua per vincere l’oro, mi fa pensare a cosa potrebbe provare un atleta romano nel partecipare all’Olimpiade in casa. Sono certa, comunque, che il fascino e l’immagine che Roma ha nel

mondo contribuiranno a far scegliere la Capitale per ospitare l’evento del 2020». Le strutture per il tuo sport ci sono già? «Fortunatamente Roma è la capitale italiana del nuoto in quanto a strutture, quindi non ci sarebbe bisogno di molto». Cosa si dovrebbe migliorare in città approfittando del grande evento? «Roma è una città grande e con molti problemi, legati soprattutto alla viabilità. Comunque penso che si potrebbe approfittare per migliorare in generale tutte le periferie della città».

Nicola Marconi campione europeo di tuffi, ha rappresentato l’Italia ai Giochi di Pechino 2008

Tania Di Mario

Che ne pensi della possibilità per Roma di ospitare i Giochi del 2020? «Credo che non ci sarebbe edizione più emozionante per tutti gli atleti. Altro che città asiatiche o statunitensi, Roma è la capitale del mondo e il suo fascino è indiscutibile. Io non ci sarei come atleta per raggiunti limiti d’età, ma nel caso mi piacerebbe partecipare come tecnico o anche solo da spettatore». Le strutture per il tuo sport ci sono già? «Purtroppo tranne lo Stadio del Nuoto non c’è altro. Servirebbero almeno due strutture di alto livello, una per il vivaio e una per l’eccellenza. Il nostro è uno sport che a Roma potrebbe esplodere con le strutture adeguate, perché è pieno di giovani appassionati. Con due centri d’eccellenza, sono certo che Roma diventerebbe in futuro la capitale mondiale dei tuffi». Cosa si dovrebbe migliorare in città approfittando del grande evento? «Più che migliorare poterebbero approfittare per realizzare una cittadella dello sport decentrata, ad esempio nella zona di Saxa Rubra. Una cittadella moderna, collegata con la metropolitana, accessibile a tutti, dove far praticare decine di discipline sportive a migliaia di persone. Parlo di sport per tutti, non dei campioni».

Che ne pensi della possibilità per Roma di ospitare i Giochi del 2020? «Credo che una città come Roma sia perfetta sotto ogni punto di vista per organizzare i Giochi Olimpici. In generale penso lo siano tutte le città europee, più rispondenti allo spirito con cui nacque l’Olimpiade alla fine dell’800. A Roma sarebbe un’edizione speciale, come lo fu quella del 1960». Le strutture per il tuo sport ci sono già? «Non molte, ma quello che manca di più sono le società di vertice. Impossibile come la Capitale d’Italia non abbia squadre di vertice, e un’Olimpiade magari potrebbe essere una grande occasione per motivare dirigenti e imprenditori a investire nella pallanuoto di livello». Cosa si dovrebbe migliorare in città approfittando del grande evento? «Migliorare la viabilità, dall’incremento dei mezzi di trasporto pubblici allo sviluppo di una nuova rete viaria».

olimpionica di pallanuoto ai Giochi di Atene 2004

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Mauro Sarmiento

Fabrizio Donato

argento olimpico nel taekwondo a Pechino 2008

tre partecipazioni olimpiche, da Sydney a Pechino

Che ne pensi della possibilità per Roma di ospitare i Giochi del 2020? «Sarebbe una soddisfazione enorme per qualsiasi atleta italiano disputare l’Olimpiade in casa e nella capitale d’Italia. Poi sarebbe una grande opportunità per molti atleti, perché come per il nostro sport, non dovrebbero passare per le qualificazioni. Infine con tutto il tifo che penso, arriverebbero grandi risultati». Le strutture per il tuo sport ci sono già? «Fortunatamente noi abbiamo un ottimo centro all’Acquacetosa. Su questo siamo messi molto bene, quasi dei privilegiati. Anche quando vengono atleti dall’estero per raduni si trovano molto bene al Giulio Onesti, dove non manca nulla». Cosa si dovrebbe migliorare in città approfittando del grande evento? «Dovrebbero migliorare la viabilità potenziando soprattutto la metropolitana».

Che ne pensi della possibilità per Roma di ospitare i Giochi del 2020? «Sarei molto contento se Roma riuscisse ad ospitare i Giochi del 2020, perché sarebbe un’edizione meravigliosa. Roma e il suo pubblico sono straordinari quando si svolgono grandi eventi sportivi, vedi i Mondiali di nuoto o il Sei Nazioni di rugby, figuriamoci per l’Olimpiade cosa potrebbero fare». Le strutture per il tuo sport ci sono già? «Andrebbero sistemate e modernizzate quelle esistenti, e potrebbe essere la giusta occasione per costruire, finalmente, un impianto indoor. Roma è l’unica capitale che non ne ha uno». Cosa si dovrebbe migliorare in città approfittando del grande evento? «Mi piacerebbe che si investissero alcune risorse per costruire strutture sportive nelle scuole e per i giovani, per formare tecnici e insegnanti, e per realizzare una sorta di accademia dello sport a vantaggio dei ragazzi meno abbienti».

Margherita Granbassi

oro mondiale e due volte bronzo olimpico a Pechino 2008 nel fioretto Che ne pensi della possibilità per Roma di ospitare i Giochi del 2020? «Disputare un’Olimpiade in casa per un’atleta è qualcosa di eccezionale. Ne so qualcosa, avendo vinto un mondiale a Torino, anche se non è lo stesso di una medaglia. Roma, in più, è una città amata in tutto il mondo, quindi un evento così importante organizzato in una città così bella sarebbe il massimo per tutti gli atleti, non solo gli italiani. Il movimento della scherma olimpica azzurro, poi, ha una tradizione vincente da sempre:

non oso immaginare con i Giochi nella capitale dove potremmo arrivare». Le strutture per il tuo sport ci sono già? «Si, ma mi piacerebbe che realizzassero un laboratorio dotato di nuove tecnologie e attrezzature per migliorare la qualità dell’allenamento dello schermidore. Magari organizzando l’Olimpiade potrebbe essere costruito un centro d’eccellenza di questo tipo». Cosa si dovrebbe migliorare in città approfittando del grande evento? «Non vivendo a Roma, ma venendo spesso, punto sul miglioramento della viabilità».

Federica Pellegrini, pluricampionessa d’Europa e del mondo. Medaglia d’argento alle Olimpiadi d’Atene, d’oro ai giochi di Pechino Per quale città hai tifato alla vigilia della scelta della candidata alle Olimpiadi del 2020? «In primis sono sempre schierata con l’Italia. Sono nata e cresciuta a Venezia ma in un momento difficile della mia vita, Roma, con il Circolo Canottieri Aniene, è stata l’unica a credere in me. Diciamo che mi sono un pò divisa». Perché la decisione secondo te alla fine è ricaduta sulla Capitale? «Venezia come città non poteva costruire un’Olimpiade, a meno che non aggiungesse la provincia. Mi sarebbe piaciuto vedere una 50 metri in laguna, ma sa-

rebbe stato impossibile farlo. Roma invece credo sia la scelta più giusta. La capitale è abituata ad ospitare grandi manifestazioni». Federica Pellegrini a Roma ha vinto due ori mondiali lo scorso anno ai Mondiali. La capitale ti porta fortuna? «Assolutamente sì, nel 2009 sono successe cose importantissime, vincere in casa è stata l’emozione più bella della mia vita. Ora però nella mia testa ci sono solo gli Europei di Budapest, sono un pò stanca ma manca ancora un po’».


LA GRANDE STORIA DI PIAZZA DI SIENA l concorso dell’ultimo fine settimana di maggio, ha visto la partecipazione dei più importanti ed affermati cavalieri del mondo. La quattro giorni di gare è stata segnata dalla vittoria della Francia nella Coppa delle Nazioni (successo numero 19 per i transalpini a Roma) con in squadra il Campione d’Europa in carica, Kevin Staut, e dal Gran Premio Loro Piana Città di Roma, che è stato vinto dall’americano McLain Ward, uno dei cavalieri più forti del momento. Nelle altre categorie internazionali sono arrivati i successi di Eric Lamaze, canadese campione olimpico in carica, di John Whitaker, cavaliere inglese che da vent’anni fa scuola di salto ostacoli nel mondo e di tre cavalieri italiani (Alfonso-Gaudiano-Montella) che ex aequo si sono aggiudicati la gara più amata dai romani che è quella della potenza, saltando il muro a 2 metri e 10 centimetri. A proposito di pubblico, straordinaria la presenza della gente di Roma e non solo, specie nel sabato e nella domenica che ha offerto un colpo d’occhio che solo la città e Piazza di Siena possono offrire. Piazza di Siena prende il nome dalla città di origine di una delle più antiche e nobili

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di Edoardo LUBRANO foto Claudio Papi Comune di Roma

famiglie di Roma: i Principi Borghese. Fu pensata e fortemente voluta dal principe Marcantonio che, alla fine del Settecento, commissionò agli architetti Mario e Antonio Asprucci uno spazio nuovo, capace di rievocare i luoghi della memoria a lui cari. Il suo grande desiderio, infatti, era quello di far rivivere, nella città di Roma, le atmosfere delle tradizionali feste popolari e dei palii che si svolgevano, sin dal Medioevo, nel senese. Il Principe però morì prima di riuscire a vedere realizzato il suo disegno. Piazza di Siena esordisce come scenario di competizioni equestri nel 1922. Nel 1926 la Fei inserisce il Concorso romano nell’agenda internazionale. L’edizione del 1928 rimarrà negli annali, non solo perché da questa data si è soliti far risalire la nascita della storia del Concorso Ippico Ufficiale di Piazza di Siena (CSIO) - con quattro squadre in gara, Francia, Polonia, Spagna e Italia e con il trionfo

del capitano italiano Sandro Bettoni - ma anche perché, da allora ha inizio la numerazione ufficiale dello CSIO di Roma. L’appuntamento con il concorso ippico fu interrotto solo dal 1940 al 1947, durante la seconda guerra mondiale. Nel 1960, anno in cui Piazza di Siena ospitava le prove individuali dei Giochi Olimpici di Roma, lo CSIO è stato spostato a Torino. Nel 1998, invece, il Concorso Internazionale Ufficiale ha lasciato il posto ai World Equestrian Games e anche Piazza di Siena ha ceduto lo scettro allo stadio Flaminio. Nel 2000, però, ha avuto la sua rivincita ospitando ben due CSIO, a maggio e ad ottobre, quando è stato testimone della finale del circuito Samsung Nations Cup. Nel 2003 anche il Concorso Ippico di Piazza di Siena è stato inserito nella Super League, il circuito FEI che unisce gli otto migliori concorsi internazionali ufficiali di salto ad ostacoli e che dallo scorso anno ha preso il nome di Meydan FEI Nations Cup™. Quella del 2010 è stata la 78^ edizione del concorso romano.


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In quello che è considerato uno dei più grandi e celebrati parchi pubblici della Capitale si sono svolti eventi straordinari per l’equitazione italiana, sfide indimenticabili tra protagonisti d’eccezione


Un gioiello per Roma

Tradizione e modernità al servizio della leggenda

oma ha un nuovo “diamante”:

Ril Centrale del Foro Italico. È

capiente, bello a vedersi, ma soprattutto, e non è questa operazione di facile realizzazione, si integra senza stonare nel Parco del Foro Italico, 50 ettari dedicati allo sport, un progetto ideato negli anni ‘30 per divenire un modello unico al mondo, in marmo bianco di Carrara così incassato da non impattare all’interno di una macchia verde, protetta e vincolata, motivo per il quale oggi la collina di Monte Mario si è “salvata” dalla speculazione edilizia che ha trasformato Roma. Il colore chiaro dell’impianto, le vetrate che presto arricchiranno la struttura, già resa disponibilile per gli Internazionali, e anche i seggiolini interni, che sfumano dal basso verso l’alto, richiamano le strutture marmoree di cui è circondato. Lo studio del progetto del nuovo centrale del Tennis ha voluto fondere tradizione e modernità, creando un impianto caratterizzato da una forma morbida dell’invaso superiore dello stadio, dotato di una intrinseca leggerezza dovuta ai materiali impiegati: acciaio, ve-

tro e carter metallici. Si viene così a realizzare un impianto con la configurazione all’aperto per 10.500 posti a sedere. Il terreno di gioco è mantenuto alla quota originaria del piano di campagna, a circa 5 m dall’attuale livello stradale. Il primo anello di tribune e spalti è quindi ricavato proprio dalla conca del terreno. Da ciò ne deriva una particolare relazione tra gli spazi aperti e i singoli elementi architettonici, che ha consentito di ridurre al minimo l’ingombro volumetrico, realizzando una sequenza di spazi incassati nel terreno. Questo stadio coniuga in modo importante tradizione e modernità. La storia del tennis romano e italiano viene arricchita da questo impianto nel quale il comfort e la visibilità predominano. La cavea inferiore è stata risagomata, nel rispetto della precedente struttura, dotandola anche di palchi in prossimità del campo. Nei lati lunghi, troviamo gli sky boxes, spazi esclusivi allestiti con frigo bar, servizi multimediali e climatizzati. Caratterizzati da un’ampia vetrata, serigrafata per garantire la privacy e l’ingresso di luce naturale. Alberto ABBATE

Cavea Spett.

Tribuna Nord

2549

• Settore Stampa • Postazioni cronisti

222 14

Tribuna Tevere

2451

• Skybox Tevere

84

Tribuna Sud

2734

• Settore Players • Settore Autority • Settore Main Sponsor

Trib. Montemario

133 144 144

2318

• Skybox Montemario • Settore G.O.S.*

Totale

75 9

10052

* Gruppo Operativo Sicurezza


Il nuovo Centrale del Tennis Una sezione del nuovo Centrale del Tennis. Sulla destra, in basso, il tunnel che congiunge il centrale allo stadio Nicola Pietrangeli

Piano interrato Questo piano è in particolar modo dedicato alle esigenze degli atleti e delle direzioni tecniche, grazie al rifacimento degli attuali spogliatoi e con l’aggiunta di aree riservate agli arbitri e ai giudici di gara e dell’Area Lounge Atleti, in corrispondenza dello stadio Nicola Pietrangeli. Nel lotto nord dell’impianto, sono stati localizzati dei nuclei ufficio, che dialogano direttamente con l’open space dedicato alla Lounge Atleti. Avere due ali spogliatoio, localizzate lungo i lati lunghi dell’impianto, divise per sesso, prepara l’impianto alle esigenze dell’entrata in vigore della formula combined, in vigore dal prossimo anno.

Piano terra

Sezione della cavea. Il campo è al di sotto del livello stradale

Il piano terra rappresenta il cuore pulsante dell’impianto. Sui lati corti dello stadio, sono state collocate le aree dedicate al main sponsor e alle autorità, mentre sui lati lunghi saranno localizzati gli sky boxes. I quattro angoli risultano essere i vari nuclei funzionali dell’intera struttura. Oltre ad essere i punti di accesso principali all’impianto, accolgono i servizi igienici per il pubblico e i bar. Gli angoli sono caratterizzati da tre scale che confluiscono in uno spazio comune, che rappresenta il vero ingresso del pubblico.

Primo piano Porzione dello schema strutturale

Una visuale panoramica dello stadio durante la fase d’installazione dei seggiolini IL TEMPIO DEL TENNIS | 25

Sotto l’intero perimetro delle tribune superiori si sviluppano grandi spazi a servizio degli atleti e dei media. Gli ambienti saranno tamponati da ampie vetrate sostenute con un sistema di facciata continua che lascia intravedere - sia di giorno che di notte - la plasticità e il ritmo a supporto della cavea superiore. Il piano, dotato di eleganti bar e moderni servizi igienici dedicati, è strutturato come un ampio volume totalmente flessibile e quindi facilmente adattabile alle esigenze dei diversi eventi che verranno ospitati.


Nuovo Centrale del Tennis Un viaggio all’interno del nuovo Backstage impianto del Foro Italico. Un servizio esclusivo realizzato durante gli Internazionali d’Italia

I seggiolini, grazie a varie tonalità di grigio, danno un effetto di sfumatura

La reception della tribuna autorità. Nel quadro alle spalle dell’accoglienza, la struttura del nuovo centrale

Il Foro dall’alto Il Foro Italico fotografato dall’ultimo piano del centrale.

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Sorveglianza discreta e attenta


FOTO

Vari gli addetti al desk, per le informazioni riservate ai giocatori. L’area è posizionata nel piano interrato

I corridoi che si sviluppano nella parte lunga dello stadio, portano agli spogliatoi, alle palestre e all’ingresso al terreno di gioco

Gli spogliatoi del piano interrato, off limits per tutti. Giocatori a parte!

BRUNO-GETTY IMAGES

La porta d’ingresso al campo

Le postazioni di corrispondenza

La palestra degli atleti

Piove. Il campo viene coperto, mentre le tribune vengono pulite in attesa della ripresa del match La conferenza stampa

1930 - Teatro e campi d’allenamento al posto del Centrale Nell’immagine, in basso, c’è l’attuale disposizione della struttura dedicata al tennis nel Foro Italico. Dove oggi c’è il nuovo centrale, nel progetto dell’architetto Del Debbio, c’era un teatro e i campi di allenamento proprio del tennis. Sullo sfondo, nella planimetria d’epoca a destra, si nota lo stadio dei Centomila e, accanto, lo stadio dei Marmi che, nel disegno originale, non prevedeva le statue, ma solo due tribunette coperte.

Il tunnel che, nel piano interrato, congiunge il nuovo centrale allo stadio Pietrangeli


L ’ I N T E R V I S TA

di Laura PATERNO foto Getty Images

Nadal, il Re del Foro Ha solo 24 anni, le passioni di un ragazzo, eppure Rafael Nadal dimostra di possedere la calma e la saggezza del grande campione

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al vivo, Rafa appare più alto e magro di quanto la televisione faccia immaginare. Solo quando si appoggia al tavolo spuntano dalla maglietta braccia poderose ben fornite di bicipiti, con le quali il mancino di Manacor imprime potenza ai suoi colpi arrotati. Ha solo 24 anni, veste un pantaloncino a quadretti un po’ eccentrico, eppure Rafael Nadal dà l’impressione di possedere la calma e la saggezza del grande campione. Vincitore per la quinta volta al Masters 1000 di Roma, tornato in forma dopo una stagione di guai fisici che lo hanno pesantemente condizionato, al punto che più di un commentatore si interrogava sul suo futuro, Nadal è di nuovo il re indiscusso della terra rossa e il successo agli Internazionali, dopo Montecarlo, lo conferma. Nel nuovissimo stadio centrale non si verifica l’attesa sfida con il suo rivale di sempre nonché numero uno al mondo, Roger Federer. Lo svizzero esce in anticipo per colpa di un giovanissimo e talentuoso di prossima ascesa, Ernests Gulbis, che a sua volta impegnerà Rafa in una semifinale appassionante e tirata fino al 3° set. Lo spagnolo dovrà fare appello alla maggiore esperienza e all’immensa voglia di vincere per contrastare una delle stelle emergenti del tennis internazionale. Così, nel suo soggiorno romano, un Rafa non eccessivamente impegnato dalla competizione può dedicarsi anche ad attività da turista. Spiega infatti Rafa: «Adoro Roma, è una città bellissima e mi piace visitarla. Ho visto quasi tutto quello che un turista può vedere».

D

Il vincitore degli Internazionali BNL d’Italia 2010 nasce a Manacor, paesino dell’isola di Maiorca, nelle Baleari, il 3 giugno 1986. Numero uno al mondo per 45 settimane, dal 2008 al 2009, resta per molto tempo secondo alle spalle di Roger Federer e conquista sei titoli del Grande Slam. Nel 2005, anno della sua consacrazione internazionale, arriva in finale nel torneo di Roma dove lo aspetta una maratona tennistica di 5 ore e 14 minuti per battere l’argentino Guillermo Coria. Nella Capitale vincerà tutti gli anni tranne nel 2008, confermando il suo predominio assoluto sulla terra rossa. Nelle finali dei tornei che contano, Rafa si trova spesso a duellare con Federer: una rivalità degna delle grandi sfide sportive di ogni tempo. Lo svizzero osannato da critici e appassionati per il suo stile fuori e dentro al campo, per la sua grandezza posata e talentuosa; il maiorchino, spesso vincente per la sua potenza esplosiva e la grande forza mentale. Una forza che però contempla qualche stranezza: sono ormai famose le bottigliette d’acqua allineate con cura più che maniacale da Nadal sul campo durante le pause di gioco, o i gesti ripetitivi, fra cui il “riposizionamento” delle mutande, prima del servizio. Stranezze che hanno fatto ridere anche i suoi colleghi, almeno a giudicare dalle imitazioni del burlone del circuito, l’altro top ten Novak Djokovic. Fra le altre curiosità, un video con la star sexy del pop Shakira. Il gossip del tennis ha parlato di una love story fra i due, ma lui, Rafa, bello come tutti gli dei dello sport, assicura di essere fidanzato da tempo con una più calma fanciulla maiorchina.

Hai tempo anche per questo? «Durante i tornei e durante il giorno per me non è facile, visto il fitto programma delle partite, ma se una sera vado a cena fuori con il mio team, ne approfitto per godere dello spettacolo di Roma di notte. Ho un buon amico, Giorgio di Palermo, lui è un romano vero e mi illustra con orgoglio tutto quello che vediamo insieme e mi aiuta a conoscere la storia di Roma».

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Nadal, il Re del Foro INTERNAZIONALI: bilancio finale «Per l’ottavo anno consecutivo il tennis italiano, un movimento in crescita costante, fa registrare solo segni positivi. Inoltre, per il sesto anno di seguito gli Internazionali crescono per fatturato, spettatori paganti e qualità». Parola di Angelo Binaghi, presidente della Federazione Italiana Tennis. E infatti anche quest’anno si è battuto il record di spettatori: la biglietteria ha registrato un incremento di quasi il 6%, mentre l’incasso, esclusa la finale del torneo femminile, registra un aumento di quasi mezzo milione di euro. Più precisamente, nella settimana dedicata al maschile, la crescita è stata stimata intorno all’11,6%, con un femminile penalizzato, per via anche della pioggia, di un -5,6%. Inoltre, il prossimo anno gli Internazionali Bnl d’Italia potranno contare sul “combined event “, ovvero uomini e donne in campo negli stessi giorni. Si punta al “tutto esaurito”, annullando il gap tra torneo maschile e femminile. Già fissate le date: dal 6 al 15 maggio 2011. Per il combined, il Pietrangeli aumenterà la sua capienza, grazie a strutture complementari che permetteranno di ospitare fino a 7 mila spettatori, tremila in più di quest’anno. Ma aumentano anche i campi, per un totale di 11, grazie ai due realizzati fra il Pietrangeli e la Club house del Circolo del Foro Italico e attualmente coperti dal pavimento del villaggio ospitalità.

E Roma ti porta bene, visto che dal 2005 hai vinto cinque volte. «Il pubblico romano mi assiste sempre e non finirò mai di ringraziarlo per il suo aiuto. Mi fa sentire come a casa e posso dire che sono stati loro a portarmi a vincere titoli. La finale del 2005 contro Coria la devo tutta a loro. Poi quest’anno il nuovo Centrale è stato ancora più coinvolgente: è davvero un piacere giocarci». Cosa ti aspetti da questo 2010? «Vorrei essere in forma fisicamente per poter competere al meglio per tutto l’anno. Se ciò avverrà, ce la metterò tutta per vincere i prossimi tornei. Aggiungere titoli al mio palmarés è quello che desidero dal mio tennis».

Sei stato numero uno al mondo e ora torni con grinta dopo un periodo duro di allenamenti. Dove trovi le motivazioni per competere ogni giorno? «Per me giocare a tennis è un piacere. Competere al massimo livello è un’emozione fantastica. Sono fortunato a fare del mio hobby la mia professione, e questo è ciò che mi dà sempre motivazioni incredibili per fare sempre meglio». È questo quello che rende una persona un campione? «È difficile definire un campione. Io credo che sia uno sportivo che compete al massimo livello per un periodo abbastanza lungo e con risultati che possano smuovere le folle di appassionati».

A proposito di smuovere le folle, sei amatissimo dai più giovani: cosa provi nel sapere di essere un modello per i giovanissimi? «Grande responsabilità. Cerco di essere sempre un bravo sportivo e di far del mio meglio per essere un buon esempio per i ragazzi. Devo dire che è un ruolo che mio zio Tony, il mio allenatore, tutta la mia famiglia ed io stiamo cercando di portare avanti nel modo migliore che possiamo». Il tuo profilo su Facebook ha quasi 2 milioni e mezzo di fan. Sei sempre tu che scrivi i commenti? «Oh, certo! Molto spesso. Mi dispiace solo di non avere tanto tempo da dedicare ai miei fans che mi scrivono messaggi. Sono tantissimi ed è una cosa che mi rende molto orgoglioso! Mi piace essere vicino a loro».


GLAMOUR e tennis Gonnelline increspate come pizzo, vestitini che somigliano a corpetti con le stecche e mutandoni nude look: il tennis femminile è andato in scena al Foro Italico con una esplosione di glamour e colori. A cominciare dalle giocatrici più eccentriche fra le top players: Venus e Serena Williams. Le “sorellone” americane, amatissime da fotografi e dai giornalisti per il loro essere naturalmente “dive”, hanno mostrato in campo e fuori una provocante esuberanza. Mentre infatti Serena stringeva la racchetta con le unghie lunghe e laccate, vezzo comune fra le tenniste, Venus, la maggiore, ha sfoggiato ai primi turni un vestito nero con sottogonna color pelle, particolare che ha acceso la curiosità del pubblico, illuso per qualche game di vederla giocare senza niente addosso. Ai quarti di finale, invece, la Venere del tennis è scesa in campo con una mise rossa con bordature nere, in perfetto stile “Moulin rouge”. Venus disegna personalmente i suoi completini e questa è solo una delle attività che rendono particolari le sorelle in un circuito di serio professionismo. Non solo tennis per loro, in vetta alle classifiche da ormai quasi un lustro, ma anche impegno nel sociale e svaghi spensierati, come lo shopping, la moda, la cucina. L’american style aveva del resto già fatto scalpore, ai tempi della cresta di Andrè Agassi e dei suoi completi in technicolor. Oggi a incarnare lo maestà della tradizione ci pensa in parte Re Roger Federer, mentre il suo diretto rivale Nadal si diverte a innovare ancora con pantaloncini lunghi e fantasie bizzarre. Se stanchi di tante stravaganze, appassionati e curiosi possono rifarsi gli occhi con la nostra brindisina Flavia Pennetta. Bella e decisamente più acqua e sapone, Flavia ha vinto il Premio Eleganza 2010, trofeo assegnato ai giocatori che si sono distinti per avere saputo impersonare, come recitano le motivazioni, “i nuovi valori di stile ed eleganza che contraddistinguono il tennis del 21° secolo, in un momento di grandi cambiamenti dello sport”. Come dire, non c’è più il bianco di Wimbledon, ma l’eleganza non è un opinione.

Le tenniste italiane hanno raggiunto ancora una finale della Federation Cup ma anche gli uomini stanno facendo bene in Davis. «I giocatori italiani sono al vertice delle classifiche mondiali e sono degli ottimi ragazzi, con i quali mi trovo molto bene. Le ragazze, e la mia amica Flavia Pennetta in particolare, stanno facendo addirittura meglio dei ragazzi e sono molto contento per loro. Il tennis internazionale è uno sport durissimo e molto competitivo, per

cui non c’è da meravigliarsi se così tanti giocatori sono così forti e magari qualche Italiano di grande potenziale non l’ha ancora espresso al massimo livello. Auguro loro di riuscirci presto». Sei appassionato di calcio e tifoso del Real Madrid. Tuo zio, Miguel Nadal, ha giocato otto anni nel Barcellona. In Italia chi tifi? «A me sono sempre piaciuti i colori della Roma e della Fiorentina. Sono due squadre che mi sono sempre state simpatiche. Quest’anno sono stato a vedere la Roma allo stadio (Roma-Sampdoria, ndr) e mi sono meravigliato quando lo stadio ha cantato l’inno. Incredibile, mi è venuta la pelle d’oca, è stato davvero emozionante».

TOTTI, HILARY e Nadal Tra Nadal e la squadra di capitan Totti sembra si sia creato un buon feeling, dal momento che quest’anno sono stati molti i giocatori giallorossi, fra cui Francesco (e la moglie Ilary), che hanno guardato i suoi match seduti nelle tribune del Nuovo Campo Centrale. Nadal è sembrato soddisfatto di questi nuovi fans, tanto da postare su facebook la sua foto con il pupone, abbracciati e sorridenti negli spogliatoi del Foro Italico.

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FIFA FAN FEST

Le partite sudafricane saranno trasmesse su maxischermi a Piazza di Siena. Italiani e non potranno vivere l’emozione del Campionato del Mondo in un laboratorio interculturale

IL MONDIALE di Marcel VULPIS

a Coppa del Mondo FIFA 2010 SudAfrica, in programma dall’11 giugno all’11 luglio, sarà una rassegna iridata unica e irripetibile. Per la prima volta, infatti, la manifestazione di calcio a marchio FIFA sarà ospitata da una nazione africana. Un debutto assoluto, come il lancio del progetto International Fifa Fan Fest (IFFF), studiato per coinvolgere sei tra le più importanti metropoli internazionali (Sydney, Città del Messico, Rio de Janeiro, Berlino, Parigi e Roma) in un maxi evento di intrattenimento e di festa

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TUTTE LE SEDI DEL PROGETTO IFFF ROMA Villa Borghese (ovale di Piazza di Siena) - capacità: 20 mila persone; BERLINO Olympischer Platz – capacità: 40 mila-300 mila persone; PARIGI Jardins du Trocadero – capacità: 20 mila persone; MEXICO CITY Zòcalo (Plaza de la Constituciòn) – capacità: 150 mila persone; RIO DE JANEIRO Copacabana beach – capacità: 25 mila persone; SYDNEY Darling Harbour – capacità: 100 mila persone.

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sssss

A VILLA BORGHESE

popolare, in parallelo a ciò che verrà organizzato nelle città sudafricane, sedi della Coppa del Mondo FIFA 2010. L’ovale di Piazza di Siena, nella cornice del parco pubblico di Villa Borghese, sarà il fulcro di una serie di attività con numerosi eventi legati da un leit motiv: coinvolgere il maggior numero di persone appassionate di calcio in un luogo attrezzato per assistere, dal vivo e all’aria aperta, alle gare ufficiali del Mondiale di calcio 2010 (con il supporto televisivo di RAI che allestirà a Villa Borghese uno studio per le dirette di “Notti Mondiali”). «È la prima volta per un evento come questo. Si tratta di un esperimento che abbiamo il dovere di far riuscire perché si ripeta negli anni a seguire», ha spiegato il dottor Marco Gamberale Amministratore di NSA group, società che unitamente a Infront e MiniMega ha curato l’organizzazione del Fifa Fan Fest per conto del Comune di Roma. Le parole d’ordine sono aggregazione e interazione. Mai come questa volta le comunità calcistiche dei 32 Paesi interessati dal Mondiale di calcio potranno incontrarsi in un unico posto, nelle sei città selezionate dalla Fifa, per tifare insieme la propria nazionale. Tifosi, diversi per razza, lingua, religione, cultura, avranno il calcio come “collante” per scambiarsi emozioni, passioni e pensieri durante un mese che porterà alla celebrazione della nuova squadra campione del mondo di calcio

(da sempre la Coppa del Mondo FIFA è l’evento sportivo più seguito a livello televisivo in tutto il pianeta). L’International Fifa Fan Fest, al debutto in questa nuova edizione calcistica, è stato progettato, quindi, per permettere al maggior numero di fan (non solo italiani) di sperimentare dal vivo l’atmosfera della Coppa del Mondo FIFA 2010 Sud Africa. I tifosi saranno sempre al centro di tutti gli avvenimenti studiati all’interno di aree appositamente allestite come un grande “salotto” calcistico (con attività fino alle ore 2 della mattina) durante questo emozionante mese mondiale. Più in generale, la città di Roma si presenta come contenitore di intrattenimento/integrazione ed è importante che la cultura dell’aggregazione sociale dimostrata in altri grandi eventi sportivi sia stata al centro della scelta effettuata dalla FIFA in sede di individuazione delle sedi dell’IFFF. Un nuovo e importante riconoscimento per la Città Eterna, che, da sempre, sa accogliere, nel modo migliore, culture diverse, confermandosi luogo ideale di integrazione a livello internazionale. Vedere decine di migliaia di fan di Paesi diversi emozionarsi e tifare insieme sarà il “gol” più importante di questa Coppa del Mondo, che attende i tifosi a Villa Borghese fino al prossimo 11 luglio.

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Nell’ovale di Piazza di Siena è stato pensato un campo di calcio a cinque nel quale saranno organizzati tornei in collaborazione con i circoli di Roma

L’AREA

Il ristorante sul campo Tutti gli stand saranno dotati di tv dove sarà possibile seguire le varie partite del Mondiale

Realtà di particolare rilevanza avranno un proprio spazio sul campo di Piazza di Siena

Sarà possibile seguire le partita sia dal campo che dalle tribune, capaci di contenere oltre 5000 spettatori

Il palco di 30X15 m è dotato di un maxischermo di 50 mq. Alle spalle dello schermo c’è l’ingresso al campo

LE ATTIVITÀ PREVISTE A PIAZZA DI SIENA “NUMERO1”: una scuola portieri in uno spazio appositamente allestito, dove tutti i visitatori dell’IFFF potranno provare a sfidare i “numeri uno” (a partire dalle prime ore del pomeriggio) calciando a turno i rigori

“FREESTYLE ITALIA”: spettacolo assicurato con il pallone da parte dell’associazione Freestyle Italia; stage per bambini e ragazzi, esibizioni e contest nazionali

“DAI UN CALCIO ALLA DISABILITÀ”: attività di calcio integrato tra bambini/e e ragazzi/e normodotati appartenenti ai settori giovanili delle società sportive della Capitale, insieme a bambini/e e ragazzi/e diversamente abili provenienti da diverse realtà associative di Roma

importanti del Mondiale, due bambini scelti fra il pubblico si sfideranno, con le squadre che scenderanno realmente in campo, in una partita “virtuale” alla Playstation (verrà proiettata sul maxi schermo di Villa Borghese e sarà quindi visibile a tutti gli ospiti dell’IFFF)

“FONDAZIONE GIACINTO FACCHETTI”: la Fondazione G. Facchetti organizzerà, insieme a NSA ed INFRONT, un torneo di beneficenza con vecchie glorie del calcio, attuali giocatori di serie A e artisti del mondo dello spettacolo

“TORNEO MONDIALE IFFF“: torneo a 32 squadre

“SOUTH AFRICA TOURISM”: l’Ente del turismo

con tutti i circoli più famosi della Capitale; le squadre iscritte rappresenteranno le 32 nazionali iscritte al vero Mondiale e seguiranno inizialmente il calendario dell’evento a marchio FIFA

sudafricano sarà presente all’International Fifa Fan Fest di Roma con video promozionali e attività che coinvolgeranno il pubblico quasi tutti i giorni

“RADIO ITALIA”: è il media partner dell’IFFF di Roma. Previsti collegamenti radiofonici promozionali dalla location di Villa Borghese

“FIFA INTERACTIVE”: prima delle partite più

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“DISKI DANCE”: nata in SudAfrica in vista del Mondiale di calcio 2010, è pronta a far ballare tutti i tifosi di calcio con il suo ritmo sudafricano. Con una coreografia che riprende movimenti del football coinvolgerà supporter, e non, durante il grande evento iridato

“GIOCHI MIRATI” al coinvolgimento dei visitatori


Il Campionato del Mondo 2010 si svolgerà per la prima volta in Africa. Il paese ospitante è il Sudafrica, dove dall'11 giugno all'11 luglio si affronteranno le 32 squadre partecipanti. L'Italia è guidata dal tecnico campione del mondo Marcello Lippi

Giappone 2002

Stati Uniti 1994 Africa 2010

Il Campionato del Mondo del 1994 si è svolto per la prima volta nella storia negli Stati Uniti. Le 24 squadre partecipanti si sono affrontate dal 17 giugno al 17 luglio, giorno della finale vinta dal Brasile ai calci di rigore sull'Italia guidata da Arrigo Sacchi

Con le edizioni statunitense e nippocoreana, la Fifa ha cambiato registro rispetto ai canoni tradizionali europei e sudamericani. Ma il vero punto di svolta verso un calcio globale, l’offrirà il primo Mondiale africano della storia

Il Campionato del Mondo del 2002 si è svolto per la prima volta in Asia, precisamente in Corea del Sud e Giappone. È anche l’esordio di un Mondiale ambientato in due differenti Nazioni. Le 32 squadre partecipanti si sono affrontate dal 31 maggio al 30 giugno, giorno della finale vinta dal Brasile sulla Germania. L'Italia guidata da Giovanni Trapattoni esce agli ottavi di finale proprio contro la Corea del Sud

persona nel processo di unia prima voldi Luigi PANELLA versalizzazione. E l’essere ta in Africa. foto Getty Images riuscito a portare il MondiaOrmai manle in Africa, in Sud Africa, è ca solo l’Oceania, stato il suo capolavoro. La rassegna ma prima o poi ci si arriverà, e l’imsudafricana rappresenta una svolta ponente universalizzazione del calcio più netta rispetto alle precedenti. Se sarà completa. La tradizionale spartiad Usa ‘94 si tentò di esportare il mozione culturale del mondo del pallone dello calcio, se a Giappone-Corea ‘98 da parte del binomio Centro Sud ci fu l’apertura al floridissimo mercaAmerica-Europa, è ormai nel dimento orientale, con Sud Africa si entra ticatoio. Nessuno sport è in grado di proprio nel sociale, nella crescita decatalizzare l’attenzione delle masse e finitiva di una società per troppo temfarsi largo in posti dove, fino al qualpo ferita dal problema razziale. che anno fa, sembrava difficile potesse attecchire. Certo, questo comporta un allargamento delle considerazioni: USA: ESPERIMENTO FALLITO il grande interesse è anche fonte di Il Mondiale degli Stati Uniti fu il colpo business, e i valori dello sport rischiadi coda, il gesto estremo della Fifa per no di andare a farsi benedire. Ma queimporre il soccer in una terra domista è un’altra storia. Intanto Sepp nata soprattutto da basket, football, Blatter ce l’ha fatta. Al potentissimo baseball. È il secondo tentativo di impresidente della Fifa bisogna dare atporsi in uno Stato dalla situazione pato di essere stato sempre in prima radossale: nei college il calcio spopo-

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IL PROGRAMMA DELLE PARTITE Girone E Olanda - Danimarca Camerun - Giappone

Girone A Sudafrica - Messico Uruguay - Francia Sudafrica – Messico Uruguay – Francia Sudafrica – Uruguay Francia – Messico Messico – Uruguay Francia – Sudafrica

11/06/10 16.00 11/06/10 20.30 16/06/10 20.30 17/06/10 13.30 22/06/10 16.00 22/06/10 16.00

12/06/10 13.30 12/06/10 16.00 17/06/10 16.00 17/06/10 20.30 22/06/10 20.30 22/06/10 20.30

12/06/10 20.30 13/06/10 13.30 18/06/10 16.00 18/06/10 20.30 23/06/10 16.00 23/06/10 16.00

OTTAVI DI FINALE

(1) - 1° Girone A - 2° Girone B (3) - 1° Girone C - 2° Girone D (4) - 1° Girone D - 2° Girone C (2) - 1° Girone B - 2° Girone A (5) - 1° Girone E - 2° Girone F (7) - 1° Girone G - 2° Girone H (6) - 1° Girone F - 2° Girone E (8) - 1° Girone H - 2° Girone G

FINALE

(3°-4° posto) Perd. I - Perd. II (1°-2° posto) Vinc. I - Vinc. II

Italia – Paraguay Nuova Zelanda – Slovacchia Slovacchia – Paraguay Italia – Nuova Zelanda Slovacchia – Italia Paraguay – Nuova Zelanda

14/06/10 20.30 15/06/10 20.30 20/06/10 13.30 20/06/10 16.00 24/06/10 16.00 24/06/10 16.00

Costa d’Avorio – Portogallo 15/06/10 16.00 Brasile – Corea del Nord 15/06/10 20.30 Brasile – Costa d’Avorio 20/06/10 20.30 Portogallo – Corea del Nord 20/06/10 20.30 Portogallo – Brasile 25/06/10 16.00 Corea del Nord – Costa d’Avorio 25/06/10 16.00

Girone H Spagna - Svizzera Honduras - Cile

Girone D Germania - Australia Serbia - Ghana Germania – Australia Serbia – Ghana Germania – Serbia Ghana – Australia Australia – Serbia Ghana – Germania

14/06/10 13.30 14/06/10 16.00 19/06/10 16.00 19/06/10 16.00 24/06/10 20.30 24/06/10 20.30

Girone G Brasile - Corea del Nord Costa D’Avorio - Portogallo

Girone C Inghilterra - USA Algeria - Slovenia Inghilterra – Stati Uniti Algeria – Slovenia Slovenia – Stati Uniti Inghilterra – Algeria Stati Uniti – Algeria Slovenia – Inghilterra

Olanda – Danimarca Giappone – Camerun Olanda – Giappone Camerun – Danimarca Camerun – Olanda Danimarca – Giappone

Girone F Italia - Paraguay Nuova Zelanda - Slovacchia

Girone B Argentina - Nigeria Corea del Sud - Grecia Argentina – Nigeria Corea del Sud – Grecia Grecia – Nigeria Argentina – Corea del Sud Grecia – Argentina Nigeria – Corea del Sud

Ora italiana

13/06/10 16.00 13/06/10 20.30 18/06/10 13.30 19/06/10 13.30 23/06/10 20.30 23/06/10 20.30

26/06 (16:00) 26/06 (20:30) 27/06 (16:00) 27/06 (20:30) 28/06 (16:00) 28/06 (20:30) 29/06 (16:00) 29/06 (20:30) 10/07 (20:30) 11/07 (20:30)

Honduras – Chile Spagna – Svizzera Chile – Svizzera Spagna – Honduras Chile – Spagna Svizzera – Honduras

QUARTI DI FINALE (C) - Vinc. 5 - Vinc. 7 (A) - Vinc. 1 - Vinc. 3 (B) - Vinc. 2 - Vinc. 4 (D) - Vinc. 6 - Vinc. 8

SEMIFINALI

(I) Vinc. sfida A - Vinc. sfida C (II) Vinc. sfida B - Vinc. sfida D

16/06/10 13.30 16/06/10 16.00 21/06/10 16.00 21/06/10 16.00 25/06/10 20.30 25/06/10 20.30

02/07 (16:00) 02/07 (20:30) 03/07 (16:00) 03/07 (20:30) 06/07 (20:30) 07/07 (20:30)

la, ma a livello professionistico la disciplina non sfonda. La squadra storica di riferimento sono i Cosmos, ma basta pensare che la famosa squadra newyorchese vince il suo primo titolo davanti a poche migliaia di spettatori. Poi però la Warner, proprietaria del club, costruisce una squadra destinata a rimanere nella storia. Viene ingaggiato niente meno che Pelé, 4,7 milioni di dollari (nel 1975, da capogiro), poi arrivano Giorgio Chinaglia, bandiera anche negli Usa e capace di trascinare la squadra alla vittoria di ben 5 campionati, e il ‘’Kaiser’’, Franz Beckenbauer. E poi ancora: il Neeskens, Rijsbergen, tanto per citarne alcuni. Una gran bella squadra che però, non riuscì mai a dare l’idea del calcio vero. Uno spettacolo tutto sommato platonico, con quei terreni da football (e in sintetico) prestati al soccer, non sempre convincente. Non a caso, la scomparsa dei Cosmos dal panorama internazionale per motivi finanziari, anno 1985, di fatto sancì la fine del calcio americano. Il secondo tentativo fu con i mondiali statunitensi. Una canzone del gruppo “Elio e le storie tese” ironizzava parecchio sull’evento, cantando di nessuna emozione e soprattutto nessun tifoso allo stadio. Vero? Falso? Per certi aspetti, giuste entrambe le risposte. Stadi pieni, ma per la mescolanza etnica che è proprio il senso della società americana. Basti pensare alla sfida dell’Italia contro l’Irlanda, con lo stadio di New York tappezzato in ogni ordine di posti dalle comunità italiane e irlandese. Quello che però manca è l’atmosfera, la partecipazione in stile “Eurosudamericano” del pubblico. E poi c’è ancora la soggezione verso il calcio Europeo. Gli orari non sono a beneficio del pubblico Usa, ma di quello del Vecchio Continente. C’è un caldo atroce, eppure le gare iniziano a mezzogiorno. La finale di Pasadena tra Italia e Brasile inizia alle 12,30 locali: a quell’ora, nel mese di luglio, Los Angeles è una fornace.


SCOPPIA LA PASSIONE IN ASIA La seconda svolta è meno complicata ed affonda le radici in un terreno completamente diverso. Nel 2002, per la prima volta, il Mondiale va in Asia, e soprattutto è diviso tra due nazioni, Corea del Sud e Giappone. Il discorso, rispetto all’esperimento americano, è all’opposto. In Giappone e Corea, infatti, il calcio ha fatto passi da gigante. Qualcuno ricorderà Katsuo Miura, il giapponese del Genoa nei primi anni ‘90. Un primo piccolo passo verso la crescita, poi ne sono seguiti altri (il più famoso, almeno in Italia, resta Nakata), sempre con lo stesso comune denominatore: la coda di giornalisti e fotografi al seguito. A questo va aggiunto che il Giappone, da molti anni organizzava la coppa Intercontinentale (oggi Mondiale per

Sudafrica, passione e contraddizioni Il Sudafrica è una Repubblica, ma la democrazia da quelle parti è ancora giovane. La colonizzazione europea mosse un primo passo nel 1486, ma furono gli olandesi a dare succesivamente il via ad un vero e proprio processo di insediamento con una lingua autonoma (l'Afrikaans). Una popolazione denominata boera, dall'olandese “contadino”. Arrivarono, poi, i britannici ed i boeri ripiegarono nella parte settentrionale del paese. Dopo la fine della Seconda guerra mondiale iniziò il regime segregazionista, basato sulla divisione tra la razza bianca, predominante, e le altre. Nel 1961 l'Onu dichiarò crimine contro l'umanità l'apartheid, ma soltanto dopo oltre trent’anni ci sarebbe stata la svolta. L'uomo delle riforme fu il presidente de Klerk, che liberò il simbolo del riscatto dei neri, Nelson Mandela. Nell'aprile del 1994 si svolsero le prime elezioni libere.

club). Insomma, media, tifosi, una fame di calcio incredibile e l’idolatria per i miti del calcio occidentale, inteso come europeo e sudamericano. È il Mondiale dei tifosi “fatti in casa”. Proprio per la distanza, non ci sono esodi di massa al seguito: fanno eccezione la solita Inghilterra e il Brasile. Dunque, tocca ai padroni di casa fare il tifo: fa un certo effetto vedere maglie azzurre dalle quali spuntano occhi a mandorla, ragazzi che scandiscono con volonteroso sincronismo “Italia Italia”. L’edizione nippocoreana rappresenta anche quella in cui l’Europa cessa la sua egemonia, intesa ad esempio come orari televisivi. Nessuno spostamento, vengono lasciati orari di gara canonici, che però nel Vecchio Continente corrispondono a sfide all’ora di pranzo. È anche il Mondiale, ma in questo caso non è certo una novità, in cui il tanto discusso “aiutino” alla squadra di casa va oltre la normalità. Il riferimento riguarda soprattutto la Corea. In Italia ancora ricordano le sguardo fisso dell’arbitro Byron Moreno. Ancora peggiore l’arbitraggio pro-Corea nei quarti con la Spagna. A parte questo, però, tutto riesce da copione o quasi.

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MANDELA E LO SPORT Nelson Mandela, primo Presidente nero del Sudafrica, durante una visita alla squadra di rugby nazionale che vincerà i Mondiali disputati in casa

LA SVOLTA AFRICANA La vera scommessa però è il Mondiale in Africa. Un vero banco di prova, ma anche il segnale tangibile di quanto sia cresciuto il Continente Nero, perché no, anche dal punto di vista tecnico. La nostra analisi del Mondiale sudafricano inizia da Ilunga Mwepu, nome che ai giovani di oggi sicuramente non dirà nulla, ma che per i ragazzini incollati davanti allo schermo nel Mondiale del 1974, è una specie di icona. Va detto che Mwepu non è sudafricano, ma della Repubblica Democratica del Congo, nazione che quando prese parte alla indimenticabile edizione tedesca, prima squadra dell’Africa Nera, si chiamava Zaire. Il presidente – o dittatore, punti di vista – Mobutu, aveva messo lo Zaire sulla carta geografica, organizzando il match più famoso della storia del pugilato, quello della notte di Kinshas vinto da Muhammad Alì. Un momento magico, che sembrava prolungarsi anche nel calcio. Per i “Leopards” però, le speranze di ben figurare vengono ridimensionate dal 2-0 subito dalla Scozia e letteralmente annientate da un terrificante 9-0 subito dalla JuManca l’ultima gara, e lo Zaire è atteso dal Brasile campione del mondo in carica. I verdeoro sono sul 3-0, manca poco alla fine e c’è una punizione per i sudamericani. Rivelino, Jairzinho (roba forte) si aggirano intorno al punto di battuta, la ritardano ad arte. Ad un certo punto, l’inconcepibile: Ilunga Mwepu esce dalla barriera, e tra l’ilarità generale, “batte” lui la punizione scagliando palla lontano. Follia, ignoranza delle regole elementari? Lo abbiamo pensato a lungo in tanti, fino a quando l’autore del gesto, rintracciato dalla Bbc, ha spiegato il gesto con la paura di non tornare a casa. Questa infatti, secondo il racconto di Mwepu, la minaccia di Mobu-


mondiali 2010 Africa), una per i neri (South African Coloured Football) e una per gli indiani (South African Bantu Football Association), tutte rigorosamente distinte. La federazione che ha più credito è quella All White, che ha fatto richiesta di ammissione alla Fifa, accolta nel 1958 con l’avvertimento di adeguarsi in fretta alle norme contro la discriminazione. Invito naufragato nel nulla. Uno spartiacque è la rivolta degli studenti di Soweto del 1976. Giorni di sommosse dal parte degli studenti neri, la violenta risposta delle forze dell’ordine, la definitiva sensibilizzazione da parte della comunità internazionale al problema. La Fifa espelle definitivamente il Sudafrica proprio nel 1976. Il Cio aveva provveduto già nel 1964, e proprio questo particolare scatena la “questione Montreal’’. Come detto, il rugby è lo sport all white in Sud Africa. I neozelandesi hanno una tradizionale rivalità con i sudafricani, tanto che gli All Blacks vanno a giocare una serie di gare di altissimo livello contro gli eterni rivali. La protesta dei paesi dell’Africa nera non si fa attendere: viene minacciato il boicottaggio dei Giochi del 1976 se non verrà esclusa la Nuova Zelanda, e quando il Cio fa

Lo sport, ed il calcio in particolare, non ha mai avuto un ruolo marginale in questo paese, ma si è intrecciato con ferite dolorose. Per capire tutto bisogna partire dall’apartheid (in lingua afrikaans, “separazione”). Usato per la prima volta nel 1917 dal primo ministro sudafricano Jan Smuts, venne trasformato in un sistema legislativo nel 1948, dopo la vittoria del National Party. L’apartheid aveva due punti cardine: la Le trombette che i tifosi sudafricani separazione dei biantu, «se dopo le prisuonano in continuazione sugli chi dai neri nelle zone me due sconfitte, la spalti degli stadi di calcio e rugby. abitate da entrambi squadra avesse preEccole mostrate nella cerimonia di (uso di mezzi e struttuso oltre i tre gol...». presentazione del Mondiale re pubbliche); l’istituziosudafricano ne dei bantustan, i terriMA ORA CI SONO tori semi-indipendenti in ETO’O E DROGBA cui molti neri furono costretti a Ribadiamo, Mwepu non è sutrasferirsi. Il sistema imponeva una dafricano, ma la sua storia aiuta a serie di privazioni alla popolazione capire come il calcio sia cambiato in nera. Africa. Ora gli africani sono forti delle Questo anche nello sport. Il calcio è la stelle Eto’o, Drogba. Anche se, forse – disciplina preferita dai neri, mentre il sottolineamo forse – ci vorrà ancora rugby è in voga tra i bianchi. Non solo tempo per quella sociale, la svolta neri però nel calcio, come testimonia tecnica c’è stata. Che dire del Sudaun fatto che è la fotografia della sofrica? Non c’è un solo particolare del cietà sudafricana della segregazione: Mondiale che sta per iniziare che diec’è una federazione solo per bianchi tro non abbia un riferimento, anche (FASA, Football Association of South simbolico, al passato.

LE VUVUZELAS

Moses Mabhida - Durban 70.0000 spettatori

Soccer City - Johannesburg 88.0000 spettatori

66.0000 spettatori

Green Point - Cape Town

Ispirato alla bandiera sudafricana che richiama l’unita del paese. Dedicato al leader del partito comunista dal 1978 al 1986. Strutturato su 6 livelli.

Free State - Bloemfontein

Ellis Park - Johannasburg

N. Mandela Bay - Port Elizabeth

Ha subito costosi lavori di ampliamento che ne hanno portato la capienza da 36.000 a 48.000 posti. vi si gioca anche a rugby.

62.0000 spettatori

48.0000 spettatori

L’esterno richiama il calabash, una zucca africana, utilizzata come bottiglia. Rivestimento a mosaico: di notte s’illumina e simula il fuoco sotto una pentola.

48.0000 spettatori

La struttura ricorda una ruota di una bicicletta. La facciata esterna è in teflon: di notte s’illumina e somiglia ad una ciotola rosa.

Meglio conosciuto come Coca Cola Park. Un sistema tecnologico permette di rivedere le azioni di gioco. Parcheggio sotterraneo a 5 piani: 1200 posti auto.

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Quattro tribune su cinque livelli. Due maxischermi per il replay delle azioni salienti di gioco. La sua realizzazione è costata 170 milioni di euro.


orecchie da mercante, c’è il clamoroso strappo. In Canada, solo il Senegal e la Costa d’Avorio rappresentano l’Africa Centrale e Meridionale, ma il boicottaggio è larghissimo. Dopo la fine dell’Apartheid, il calcio e il rugby riescono ad unire una popolazione lacerata nell’anima. Due casi, partendo dal rugby.

Una zucca africana, la bandiera del Paese, i posti a sedere zebrati, la copertura che si ispira alle giraffe, ma anche sistemi tecnologici d’avanguardia. Questi sono gli stadi sud-africani. Conosciamoli uno per uno

44.000 spettatori

Royal Bafokeng- Rustenburg

Loftus Versveld - Pretoria 49.000 spettatori

STADI

RUGBY E CALCIO.BIANCO E NERO... Springboks, le antilopi. È la leggendaria formazione sudafricana, punto di riferimento per tutta la palla ovale mondiale. Nel 1995 viene organizzata in Sudafrica la coppa del mondo, ed accade una cosa imprevedibile fino a pochi anni prima. La comunità nera inizia a tifare per la propria nazionale

Mbombela - Nelspruit

Peter Mokaba - Polokwane

I posti a sedere zebbrati, vicini al campo, e le 18 “giraffe” poste intorno alla struttura svelano l’ispirazione dell’impianto incastonato in una riserva.

45.0000 spettatori

Uno degli stadi più vecchi e storici del Sudafrica: in questo luogo la nazionale, nel 1999, sconfisse per la prima volta una squadra europea: la Svezia.

43.0000 spettatori

Costruita grazie alla vittoria legale di un ente che, dopo la fine dell’Apartheid, ha ottenuto il 20% dell’estrazione di platino dalle miniere circostanti.

Intitolato a uno dei simboli della lotta all’apartheid. Ispirato alla pianta del baobab, come suggeriscono 4 immensi “tronchi” posizionati agli angoli.

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con lo slogan “one team, one country” (una squadra, un paese). Australia, Romania, Canada, Western Samoa, Francia e, in finale, proprio la Nuova Zelanda, tutte battute. L’ultima è una gara dura, per cuori forti, che va ai tempi supplementari: Joel Stransky, piazza il drop vincente, e gli Springboks vincono la coppa. Qui il momento storico: Nelson Mandela, indossando la maglia Springboks, la consegna al capitano bianco Francois Pienaar. Clint Eastwood nel film “Invictus” racconta il legame scaturito tra Nelson Mandela (interpretato da Morgan Freeman) e Francois Pienaar (Matt Damon). NELSON MANDELA, IL CAMPIONATO IN CELLA Già Nelson Mandela, il simbolo del riscatto nero. Leader dell’ANC (African National Congress), paga con una lunghissima detenzione la sua lotta. Nel famigerato carcere di Robben Island, i detenuti hanno il permesso di giocare a calcio una volta a settimana. C’è un mini campionato, al quale Mandela non è però ammesso, lui può guardare solo attraverso le grate della cella. Ma anche il calcio avrà la sua funzione, cassa di risonanza inferiore ai Mondiali di rugby, ma altrettanto significativa. È il 1996, ed il Sudafrica organizza la coppa d’Africa. Qui non ci sono gli Springboks, ma i “Bafana Bafana” (i ragazzi), che battono in finale la Tunisia e finiscono per alzare la coppa. Altro particolare simbolicamente eccezionale: il capitano Neil Tovey alza la coppa, lui che è bianco nello sport preferito dai neri. Nel corso degli anni l’integrazione migliora notevolmente. Ora l’idolo del “Bafana Bafana” è Matthew Paul Booth, 33 anni, bianco, l’unico della formazione allenata dal santone brasiliano Parreira. Così il Sud Africa si prepara alla grande avventura, tra un finto buu per incitare Booth ed una suonata di vuvuzela, tremenda trombetta da stadio che con il suo suono rischia seriamente di fare da sfondo – simpaticamente insopportabile – alle gare del Mondiale. Comunque vada, la vera svolta, quella planetaria e multirazziale del calcio, ha già compiuto il passo decisivo.


l’intervista

ASAFA POWELL,“L’ITALIANO” Nato a St. Catherine il 23 novembre 1982 in Giamaica, è stato detentore sui 100 metri piani del primato del mondo con un tempo di 9"74, realizzato sulla pista di Rieti nel 2007. Inizia a praticare atletica nel 1999, si allena a Kingston in Giamaica, dal 2001 seguito Stephen Vincent Francis e dal manager Paul Doyle. Il suo esordio in manifestazioni internazionali risale ai Mondiali 2003 di Parigi, quando incappa in una squalifica per falsa partenza. Nel 2004 eguaglia il record mondiale di Maurice Greene nei 100m. Ad Atene 2004 si qualifica per le finali sia nei 100m che nei 200, ma arriva quinto sulla prima distanza e non partecipa all’altra. Sempre ad Atene, il 14 giugno 2005, batte per la prima volta il record mondiale dei 100m, fermando il cronometro a 9"77. La stagione 2005 è bruscamente interrotta da un infortunio, che costringe Powell a saltare i mondiali di Helsinki. La stagione 2006 segna la definitiva consacrazione di Powell quale migliore centometrista del pianeta: lo sprinter giamaicano vince i Giochi del Commonwealth, la Golden League e le World Athletics Final di Stoccarda. Powell perde la sua imbattibilità sui 100 m ai Mondiali di atletica leggera del 2007, ad Osaka. A Rieti, nel 2007, migliora il record nei 100m, che ha però breve durata: il 31 maggio 2008 un altro giamaicano, Usain Bolt, al Reebok Grand Prix corre i 100 in 9"72 davanti al campione del mondo in carica Tyson Gay. Con Bolt, fra vittorie e sconfitte, è battaglia sino ai giorni nostri.

L’UOMO CHE VOLA SUL TARTAN L’atleta presente al Golden Gala, edizione 2010, si è allenato per anni allo Stadio delle Aquile di Roma. Al meeting di Rieti stabilì il record del mondo. Il suo talento fu scoperto da un napoletano di Alessio GIOVANNINI foto Getty Images scurato dalla velocità, dalla personalità del personaggio Usain Bolt, Asafa Powell, negli ultimi anni è sceso dal trono. Lui che è stato l’uomo più veloce del mondo. Abbiamo tutti ancora negli occhi e nel cuore quel Meeting di Rieti quando fece fermare il cronometro a 9.74 diventando l’uomo più veloce del mondo. Storia del 2007. Negli anni a seguire il suo connazionale gli ha tolto i riflettori della ribalta, demolendo il suo record e vincendo Olimpiadi e Mondiali. Asafa però non molla, vuole tornare protagonista assoluto, è nel suo DNA, raddoppiando gli sforzi per tornare ad essere il numero 1. In Giamaica è comunque un idolo, amato dalla sua gente che, al pari di Bolt, vedono in lui un simbolo di riscatto e di affermazione. Pochi sanno che nel successo internazionale di Powell l’Italia è un crocevia importante e fondamentale. Un uomo, un tecnico, il cui nome Marco Aloi dice poco al grande pubblico, con un passato da discreto velocista (10” 82 sui 100 metri), è stato il primo a intuire le doti di Asafa. Il tecni-

O

co napoletano nel 2002, nei corridoi di uno stadio conobbe Stephen Francis, un allenatore giamaicano che chiedeva solo di dare un’opportunità al suo team di giovani sconosciuti. In inverno Aloi andò in Giamaica e all’Università di Kingston vide un gruppo che si allenava. Tra loro c’era un ragazzo che sull’ erba correva con una facilità da far paura: si chiamava Asafa Powell, aveva 19 anni. Lo portò in Italia trovandogli un alloggio a Roma, nel centro Coni dell’Acquacetosa. Lo trascinò in un negozio, gli comprò due giacche a vento per non rischiare di farlo morire di freddo. Quando arrivava la nostalgia dei Caraibi se lo portava al Vomero, a casa sua, lo coccolava, stimolandolo, facendogli superare la naturale pigrizia, l’idiosincrasia al duro allenamento. Asafa divenne pian piano un campione, poi spiccò il volo, e a Marco Aloi rimase solo la grande soddisfazione di averne intuito e plasmato il talento. E siamo sicuri che quando il suo pupillo demolì il record del mondo gli occhi gli si velarono di pianto.

INTERVISTA A ASAFA POWELL | 40


(foto Mezzelani - GMT)

spq ort

Sei entrato nella storia dell’atletica mondiale con un record sui 100 metri ottenuto sulla pista di Rieti: da li sei rimasto per un po’ ad allenarti a Rieti, poi sei passato a Lignano: ti alleni ancora nel nostro paese? «Ricordo che quel giorno a Rieti c’era un’atmosfera davvero speciale. Per me è stato un momento magico. Ho un legame particolare con l’Italia. È per questo che ho scelto Lignano come base per i miei allenamenti estivi in Europa».

E prima invece a Roma? «Si, dalla prima volta che sono arrivato in Italia, e per qualche anno, durante i periodi estivi mi allenavo sulla pista dello Stadio delle Aquile all’Acquacetosa». E a Rieti invece? «Anche su quella magica pista mi sono allenato diverse volte». Quale la tua preferita? «In realtà tutte le città in cui mi sono allenato mi piacciono. Roma perché è una città meravigliosa, così come Napoli. A Rieti c’è tanta passione per l’atletica e l’ambiente è molto tranquillo. Stesso discorso per Lignano».

Se ti dico Golden Gala? «Ho partecipato a diverse edizioni di questo meeting. Gareggiare a Roma è sempre una bella emozione». Com’è il tuo rapporto con Usain Bolt, giamaicano come te? «Dentro e fuori dalla pista tra di noi c’è grande rispetto e una sana rivalità. Ma sappiamo giocare anche in squadra come dimostrano le due medaglie d’oro, una alle Olimpiadi di Pechino e l’altra ai Mondiali di Berlino, conquistate con tanto di record del mondo nella staffetta 4x100 giamaicana.» Tu sei il terzo uomo più veloce al mondo: come si fa ad essere sempre al top? «Non ci sono segreti. Servono solo tanta costanza e tanto allenamento». Com’è entrata l’atletica nella tua vita? I ricordi da bambino legati allo sport, alla famiglia, alla tua terra? «Vengo dalla Giamaica dove l’atletica da sempre ha un ruolo importante. Ed io non sono l’unico sprinter della mia famiglia. Anche mio fratello Donovan è stato un velocista di livello internazionale che ottenne il sesto posto ai Mondiali Indoor del 1999 a Maebashi».

LA MUSICA LI UNISCE I due fortissimi velocisti giamaicani, rivali quando gareggiano individualmente, affiatati quando affrontano le staffette, sono legati da un’altra grande passione. Oltre alla velocità, infatti, Powell e Bolt amano la musica. Da buoni giamaicani prediligono la musica reggae, ma anche il rap e l’hip hop. Entrambi si divertono a ballare

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nelle discoteche quando sono liberi, ma anche a cantare e suonare. Asafa si diletta con la batteria e la chitarra, e uno dei suoi fratelli è insegnante di musica. Chissà se un giorno, una volta conclusa l’attività agonistica, i due non si cimentino in un concerto, magari per beneficenza. Ai posteri l’ardua sentenza



l’intervista

Asafa Powell Dal 2001 sei testimonial del comitato sport cultura e solidarietà: so che hai corso accanto ad atleti disabili. Quanto conta per atleti famosi come te divulgare messaggi positivi di sport? «Se la mia popolarità può essere uno strumento per aiutare in qualche modo persone meno fortunate e per lanciare messaggi che abbiano un impatto positivo sulla sfera sociale, sono sempre disposto a scendere in pista». Bolt secondo te è imbattibile? «Nessuno è invincibile ma in questo momento Usain corre molto velocemente e quindi per batterlo bisogna essere al massimo». Il tuo rapporto con la musica? «Mi piace l’hip hop e la musica reggae. Nel tempo libero mi piace anche suonare la batteria e la chitarra. Mio fratello Nigel, tra l’altro, è un apprezzato insegnante di musica».

Powell in Campidoglio nel giorno della conferenza stampa di presentazione del Golden Gala di atletica leggera. Nella foto è con il Delegato allo Sport del Comune di Roma, Alessandro Cochi

Quale il sacrificio più grande che hai fatto per l’atletica? «Quando si hanno degli obiettivi ambiziosi, i sacrifici si devono sempre mettere in conto. Ma se si guarda al traguardo che si vuole raggiungere, e poi ci si arriva, il primo pensiero che si ha guardandosi indietro è che sicuramente ne è valsa la pena». Secondo te, fino a quale tempo potrà spingersi l’uomo nella velocità. Come sarà il corridore del domani? «Non so se vedremo degli sprinter correre alla soglia dei 9.4, ma sono sicuro al 100% che anche quest’anno si registreranno tempi rapidissimi».

Usain Bolt è nato a Trelawny, Giamaica, il 21 agosto del 1986. È l’uomo più veloce del mondo di tutti i tempi. Campione Olimpico e mondiale dei 100, 200 e della staffetta 4x100, detiene anche i record mondiali delle tre distanze

USAIN BOLT l’avversario

Chi è Powell? «Un uomo, un atleta, e soprattutto una persona normale». Come veste Powell nella vita privata? «Sportivo e sempre in maniera molto casual». Se non fosse diventato corridore saresti? «Sono un atleta e sono contento di quello che sono». Abitazione, macchina, animali? «Sono da sempre un appassionato di macchine da corsa. Pensate che da ragazzo mi ero costruito da solo un kart con cui giravo nel mio quartiere. Mi piace vedere le partite di calcio e ogni tanto mi diverto a giocarci». I sogni nel cassetto? «Quando ero uno studente del liceo, la mia ambizione era quella di diventare un atleta famoso e di battere il record del mondo. Non ho mai smesso di credere in quei sogni».


Atletica

GOLDEN GALA

I PROTAGONISTI CHE HANNO RESO GRANDE QUESTA MANIFESTAZIONE, LA PIÙ IMPORTANTE D’ITALIA iamo nel 1980, Giochi Olimpici di Mosca. La contrapposizione politica dei blocchi sovietici e occidentali impedisce il confronto sportivo sotto i cinque cerchi fra i migliori del mondo. Primo Nebiolo, allora Presidente della Fidal, ha l’intuizione di regalare al mondo, sulla pista dell’Olimpico, le grandi sfide di atletica che erano saltate qualche mese prima. Nasce così la storia del Golden Gala, in una calda notte di settembre, davanti a sessantamila spettatori. E che gara! Quella sera Carl Lewis s’inchina all’americano Floyd che vince in 10.20 contro i 10.23 del futuro “Figlio del vento”. Nei 200 Pietro Mennea, già primatista del mondo, infiamma il pubblico correndo in 20.01 e stracciando il giamaicano Quarrie. Nei 5000, vinti dal keniano Koskei in 13:30.8, quarto è un giovanissimo Alberto Cova che chiude in 13:40.4. Nei 3000 siepi Scartezzini sorprende tutti correndo in 8:12.5 e venendo battuto dal solo keniano Kip Rono in 8:12.0. È un Italia che corre, salta e lancia a livelli altissimi. I nostri atleti sono protagonisti come non lo saranno più negli anni a venire.

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di Luca MONTEBELLI foto Archivio Fidal Nel 1983 all’Olimpico, si registra il primo record del mondo stabilito al Golden Gala, quello del francese Thierry Vigneron che, con la sua asta, scavalca l’asticella posta a quota 5,83. L’anno dopo, spodestato nel frattempo dal mito di tutti i tempi della specialità, il russo Sergej Bubka, Vigneron lo sfida proprio al Golden Gala. Ne nasce una gara memorabile: 5,91 per il francese ottenuto al secondo tentativo. Il primato torna in suo possesso. Trascorrono solo nove minuti e Bubka si riprende il record con 5,94. Lo stadio impazzisce. Fra imprese e performance memorabili si arriva al 1987. È la serata del marocchino Said Aouita, tesserato per una società italiana, l’Atletica Boianese, che riesce nei 5000 metri a regalare emozioni straordinarie grazie a un 12:58.39 ottenuto senza l’aiuto di lepri. Gli italiani lo adottano, diventa uno dei più grandi di sempre nella specialità, prendendo l’abbrivio proprio a Roma. In vista dei Mondiali di Calcio, ed il conseguen-

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te restyling dello Stadio Olimpico, il meeting emigra fuori dalla Capitale. Verona, Pescara, Bologna, le sedi provvisorie in attesa del “grande rientro” datato 1991, dopo quattro anni di esilio. Ed allora via, verso i giorni nostri con tante altre storie da raccontare. Il 1993 è un anno magico: 38 mila salutano sette migliori prestazioni mondiali stagionali. Gli italiani onorano al meglio la competizione ed anche quest’anno regalano una vittoria. Stavolta tocca ad Alessandro Lambruschini, toscano di Fucecchio che dopo tanti tentativi riesce finalmente ad avere ragione dei keniani nella gara dei 3000 siepi. Nel 1994 sarà Carl Lewis ad infiammare i 40.000 dell’Olimpico. Il “figlio del vento” vince correndo in 10.14. Niente di eccezionale, ma la sua sola presenza, il suo carisma, il suo essere in simbiosi con la gente, ne fanno l’incontrastato protagonista della serata. E come dimenticare l’anno successivo l’impresa del keniano Moses Kiptanui, che sui 5000 metri demolisce il record del mondo con lo stratosferico tempo di 12:55.30 nella gara più bella della storia sulla distanza. Torniamo ai nostri.


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UNA GRANDE SFIDA “L’ingresso nella Diamond League è una sfida affascinante –spiega Franco Arese, campione d’Europa dei 1500 metri a Helsinki 1971 e oggi Presidente della FIDAL– anche se, come tutte le sfide, presenta al momento ancora delle incognite. Sono però certo che il Golden Gala sia entrato oggi in una nuova era, grazie alla partnership organizzativa con il CONI e al rinnovato supporto degli Enti locali, in primis il Comune di Roma”. La trentesima edizione è, di fatto, l’inizio di un percorso diverso: “Il progetto che avviamo quest’anno è di lungo respiro, va valutato almeno nell’arco di un triennio. Poggia però su basi solidissime: la tradizione di un meeting straordinario come il Golden Gala, e l’amore di Roma per l’atletica leggera, cresciuto negli anni grazie alle tante Corre l’anno 1997. Fabrizio Mori, futuro campione del mondo dei 400 ostacoli, firma un’impresa che rimarrà nella storia del Golden Gala. L’ostacolista toscano, con una veemente rimonta, brucia sul traguardo l'americano Bronso, che precede di quasi mezzo secondo, e stampa un tempo eccezionale: 48.34, un solo centesimo dal record italiano. Un altro nome che segnerà la storia del meeting romano è quello del marocchino Hicham El Guerrouj, capace di una performance che resterà impressa in maniera indelebile nel mondo dell’atletica. Siamo nel 1998. Il campione africano entra nella leggenda dello sport con una cavalcata che lascia a bocca aperta le migliaia di spettatori presenti. Il cronometro scandisce, secondo dopo secondo, la sua rincorsa al record mondiale, che si ferma esattamente a 3:26.00. E, a proposito di record, il Golden Gala ne è sempre prodigo. Nell’anno 2000, agli onori del mondo sale la norvegese Trine Solberg-Hattestad, che trova la serata di grazia per lanciare il giavellotto alla distanza di 68,22. Il 2001 vede fra i protagonisti dell’Olimpico un’inusuale stella per questi palcoscenici dello sport mondiale. Varenne, reduce dai successi sugli anelli di tutto il mondo, fa un giro d’onore sulla pista. Il cavallo più veloce che si confronta con l’uomo più veloce, Maurice Greene, l’americano che sui 100 metri dà spettacolo ottenendo uno strepitoso 10.01 (soprattutto in base alle condizioni climatiche della

manifestazioni internazionali che qui hanno avuto luogo, dai Giochi Olimpici ai Campionati del Mondo, dagli Europei alle Coppe del Mondo e d’Europa, alle finali del Grand Prix”. A dare qualche numero sul Golden Gala ci pensa Anna Riccardi, Direttore del meeting. "Organizzare un appuntamento di Atletica non è cosa semplice. Basti pensare che, per quanto riguarda ad esempio il calcio, occorre organizzare una partita e 11 giocatori per squadra. In un meeting ci sono da gestire 400 atleti per circa venti gare diverse. Tutti con esigenze di spogliatoio, alberghiere, logistiche". Non solo atleti chiaramente: "Al numero di chi gareggia vanno aggiunti, ad esempio, cento giudici, 400 giornalisti, quelle migliaia di spettatori che rendono ancor più bello uno spettacolo che viene irradiato in tutti i continenti". serata) precedendo il connazionale Tim Montgomery. La serata del 13 luglio del 2007 sarà ricordata a lungo per quello che avvenne. Fortemente voluto dall’allora direttore del meeting Luigi D’Onofrio compare sulla pista dello Stadio Olimpico Oscar Pistorius, atleta disabile privo delle gambe, che con particolarissime protesi sfida i campioni dei 400 creando così un acceso dibattito sull’argomento, che ha diviso in due l’opinione pubblica e messo in difficoltà la Iaaf, la Federazione mondiale di atletica leggera. Il pubblico lo adotta ed i media di tutto il mondo invadono Roma per tributare a questo coraggioso atleta i giusti onori. Ma quella è anche la sera che si ricorda per un incidente che avrebbe potuto avere conseguenze davvero tragiche: il giavellotto scagliato dal finlandese Pitkamaki esce fuori settore e si infila nella schiena di Salim Sdiri, lunghista francese. Il primo a soccorrere lo sfortunato atleta è Andrew Howe. Impressionanti le immagini dell’azzurro con le mani macchiate dal sangue del collega. La paura è tanta ma fortunatamente le ferite, seppur gravi, non lasceranno strascichi all’atleta. Tutti tirano un sospiro di sollievo. Arriviamo ai giorni nostri ed il Golden Gala offre al mondo un'altra grande protagonista ed un altro record mondiale. Siamo nel 2008, manca poco alle Olimpiadi di Pechino e la regina incontrastata dell’asta mondiale Yelena Isinba-

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Carl Lewis al Golden Gala

Sergei Bubka nel 1984

yeva scavalca, fra le ovazioni di all'Olimpico impazzito per lei, l’asticella a quota 5,03, dopo aver fallito i primi due tentativi. È nuovo record mondiale. Un'impresa che mancava da qualche stagione nel palmares della russa, che vive e si allena nel Centro Tecnico Federale di Formia, sotto la guida del maestro Vitaly Petrov. E proprio la corsa ad abbracciare il suo allenatore costituisce uno dei momenti più emozionanti della serata.


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così lontani | così vicini Reja e Ranieri, fotografati insieme al Premio Ussi, allenano le due squadre della città, rivali per antonomasia, tradizione e battaglie infinite sul campo da gioco. Ma i due trainer sono uniti da una storia simile consumatasi nella stagione appena trascorsa. Entrambi hanno preso le squadre in corsa ed entrambi hanno fatto bene e anche di più. Reja ha portato la Lazio fuori dalle sabbie mobili della classifica ricompattando un gruppo allo sbando e Ranieri ha condotto la Roma dove nessuno avrebbe mai immaginato, consegnando questa stagione alla storia e un po’ anche alla leggenda

LE INTERVISTE L’ALLENATORE ARRIVATO DAL NORD

IL GLADIATORE DI TESTACCIO

Edy Reja ha portato a termine la sua missione: salvare la Lazio quando la situazione iniziava davvero ad essere critica. Lavoro e professionalità hanno contraddistinto i suoi quattro mesi sulla panchina biancoceleste. Il tecnico carnico è riuscito a ricostruire un gruppo, mai così coeso. Ha restituito la fiducia a giocatori che ormai sembravano averla persa. Si è conquistato l’affetto e la fiducia del popolo laziale in poco tempo. Ha fatto breccia nei cuori e nella mente di tutti. Ora è pronto a gettarsi a capofitto sulla prossima stagione. Vuole programmare un futuro sul mercato ed avrà anche un occhio di riguardo per il settore giovanile. Vuole costruire una squadra che possa lottare per quelle posizioni che competono alla Lazio per blasone.

L’uomo dei “sogni”. Quello scudetto, Ranieri, é riuscito a coltivarlo e cucirlo nella mente dei suoi uomini per un’intera stagione. Sin dal primo giorno del suo arrivo, quando la Roma navigava nei bassi fondi e sembrava aver smarrito l’orientamento, l’ex tecnico della Juve è riuscito ad inculcare ai suoi giocatori una mentalità vincente. Ha plasmato una Roma testarda, indomita, mai sazia di imprese e di risultati. Con questo spirito Totti e compagni hanno oltrepassato i propri limiti, hanno disputato un’annata eroica sino a sfiorare quel tricolore, sfuggito per un tragico errore, una maledetta fatalità. Rimane comunque l’impresa di un tecnico-tifoso, il dodicesimo uomo in campo dei giallorossi, amato e osannato dai suoi sostenitori.


MISTER DE ROMA

LA SCHEDA Nato a Roma il 20 ottobre 1951. Da giocatore, esordisce in Serie A il 4 novembre 1973 in Genoa-Roma 2-1: a lanciarlo è il tecnico Manlio Scopigno. Disputa 6 partite in campionato, per poi passare al Catanzaro, dove rimane dal 1976 al 1982. Chiude la carriera in due squadre siciliane: Catania (82-84) e Palermo (84-86). Dimessi i panni del giocatore, si siede subito in panchina. Parte dal basso, allenando per una stagione il Vigor Lamezia e una la Puteolana. Dal 1988 al ‘91 guida il Cagliari. Nei due anni successivi è al timone del Napoli. Dal 1993 al ‘97 allena la Fiorentina, con la quale vince una Coppa Italia e una Supercoppa Italiana. Emigra in Spagna, allenando prima il Valencia (1997-99), poi l’Atletico Madrid (1999-00). La stagione successiva vola in Inghilterra dove guida il Chelsea per 4 anni. Nel 2004/05 torna al Valencia. Nel 2006 si prende un anno di pausa. Nel 2007 è alla guida del Parma, ma nello stesso anno passa alla Juventus, dove rimane fino a due turni dal termine della stagione 2008/09. Nel 2009 approda alla Roma al posto del dimissionario Spalletti. INTERVISTA A CLAUDIO RANIERI | 48


così lontani | così vicini

Ranieri

di Ettore COSCARELLA foto Getty Images

È arrivato a stagione iniziata quando la Roma era in crisi nera. Ha infranto il record di risultati utili consecutivi, portando i giallorossi al primo posto. Per un soffio, non gli è riuscita l’impresa impossibile

pochi giorni di distanza dalla conclusione di un campionato che ha visto la Roma e i suoi tifosi con il fiato sospeso fino all’ultimo minuto, con il sogno di poter conquistare il quarto scudetto della propria storia calcistica, siamo andati nel tempio di Trigoria, il Fulvio Bernardini, e abbiamo scambiato alcune battute con l’artefice di una cavalcata nella quale in pochi avrebbero creduto solo alcuni mesi fa, mister Claudio Ranieri. In tuta, per guidare l’ultimo allenamento della stagione, quello in vista di una partita di solidarietà, che il giorno dopo l’As Roma avrebbe disputato invitando alla donazione del sangue i suoi sostenitori, Ranieri ci accoglie nei locali che danno sui campi di Trigoria. Il volto è disteso, lascia trasparire anche il desiderio di un meritato riposo dopo le fatiche di un campionato tirato e affascinante.

A

Mister, cosa ha provato nel momento in cui la Roma l’ha scelta come tecnico giallorosso? «Una grande soddisfazione vista la possibilità di tornare a casa, perché in fondo ero partito da Roma 35 anni fa come giocatore. Ogni tanto, in passato, c’era qualche voce su un mio possibile ritorno, ma nel calcio le voci sono tante. Invece, quando vieni contattato veramente la realtà prende forma. L’emozione è stata tanta, sono tornato indietro col tempo a quando ero ragazzo e andavo allo stadio, a quando ho esordito in serie A, o all’ultima partita giocata all’Olimpico contro il Cagliari di Gigi Riva. La “botta” è stata forte, insomma». Qual è stata la prima persona alla quale l’ha detto? «Mia moglie e mia figlia. E sono state molte contente». È difficile prendere una squadra in corsa? «Ne ho prese tante nella mia carriera…».

rità e ho detto che, chi mi seguiva, aveva più possibilità di giocare». Lei, che giocatore è stato? «Di grinta, di determinazione e sacrificio. Quello che voglio anche dai miei giocatori. Poi se c’è anche la qualità in più, allora tanto meglio. Ma devono esserci queste caratteristiche. Io accetto la sconfitta, sono sportivo, però per battermi mi devi proprio far sudare sino in fondo. E allora lì vuol dire che sei stato bravo». Quanto conta l’aspetto mentale secondo lei? «Tantissimo, è il lato più importante che ci possa essere. Se sei forte mentalmente e caratterialmente non ti esalti nei momenti dove tutto ti riesce, e non ti butti giù in quelli difficili, allora sei inattaccabile. Perché tanto, in una carriera o in un’annata, ci sono sempre dei frangenti complicati. Anche in una partita ce ne sono. Ecco, a me piace quel tipo di giocatore che sa gestire il momento di difficoltà». Tornando indietro col tempo, come si svolgeva la domenica quando andava allo stadio, da bambino? «In linea di massima giocavo la mattina presto, o a San Saba o vicino allo stadio Olimpico, di fronte ai Cavalieri di Colombo. La mia famiglia veniva a mangiare da mia zia che abitava nei pressi, e io e mio cugino andavamo allo stadio». Ricorda la prima partita che ha visto? «No. Ricordo che non capivo tanto, però sapevo fischiare. Allora mio fratello e mio cugino mi dicevano quando dovevo farlo. Poi mi sono accorto che dovevo fischiare quando lo facevano gli altri, e allora ho detto: non c’è bisogno che me lo dite voi, è facile».

Ma questa è una squadra particolare. «No, questa è La Squadra (sorride)».

Come viveva il suo quartiere da ragazzo? «Totalmente. Aspettavo che aprisse l’oratorio a San Saba, e poi andavo a giocare sempre dove si trovavano quelli più grandi di me. Perché mi piaceva la sfida».

Cosa ha detto ai giocatori appena arrivato? «Dobbiamo risalire. Ho dato le mie direttive, ho spiegato loro come io vedo il calcio, quali sono per me le prio-

Ricorda qualcuno in particolare del suo quartiere? «Ricordo quel gruppo di amici con i quali mi sono ritrovato ora che sono tornato, e con i quali ci vedia-

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Io ho la mia squadra, i miei giocatori. Ne sono molto geloso e guai a chi me li tocca «Madrid è molto simile a Roma. Ai romani piace star bene, la movida. Forse, siamo più esasperati come traffico rispetto a Madrid. Anzi, credo che esasperati come lo siamo noi romani, non ce ne siano. Anche a Napoli, dove il traffico è caotico, c’è un mutuo soccorso. Se, ad esempio, un giorno hai fretta, ti lasciano andare, e allo stesso modo ti comporti tu, quando ha fretta qualcun altro. A Roma invece tutti andiamo di fretta, e non lasciamo andare. Il nostro istinto ci fa fare dieci centimetri avanti per non far passare colui che in auto ci sta accanto. Ecco, questo lo cancellerei. A Londra, invece, pur essendoci traffico, non ne sei stressato, perché c’è rispetto reciproco. Un rispetto per il prossimo che noi a Roma non abbiamo più. E forse non l’abbiamo mai avuto». mo. Avevo perso un po’ i contatti perché, lavorando fuori, quelle poche volte che tornavo a Roma per uno o due giorni andavo a trovare la famiglia, per cui molti amici non riuscivo a vederli». La sua famiglia l’ha agevolata nel calcio? «Fortunatamente non sono stato il primo dei fratelli. Sono il quarto figlio, se fossi stato il primo magari sarei dovuto andare a lavorare. Invece, ho avuto il privilegio di tentare la via del calcio». Come andava a scuola mister? «Non molto bene. Ero molto vivace, casinaro». Aveva una materia preferita? «Lasciamo stare questo tasto. Sono autodidatta in tutto». Preferisce Roma di adesso, o quella di quando era ragazzo? «I ricordi belli sono legati all’infanzia. Della Roma di allora si diceva già che ci fosse molto traffico, ma ricordo che da ragazzo, da San Saba, scendevamo per andare a giocare a pallone alle Terme di Caracalla, e passava poca gente. Adesso invece c’è un fiume di macchine. A me piace vedere le foto della Roma dell’Ottocento, sono legato alla capitale del passato». Quali caratteristiche porterebbe a Roma delle capitali dove ha allenato?

Tornando al calcio, quale giocatore avrebbe voluto allenare, anche del passato? «Non penso mai a uno o all’altro calciatore. Io ho la mia squadra, i miei giocatori, ne sono molto geloso e guai a chi me li tocca. Li devo rimproverare soltanto io e mi dà fastidio quando qualcun altro fa apprezzamenti su di loro. Penso ad altri giocatori nel momento della campagna acquisti, ma solo per migliorare la rosa che ho. E anche in quel caso non penso al nome, ai tifosi se saranno contenti di lui. Il mio pensiero è: questo giocatore può darci una mano, le sue caratteristiche tecniche umane, di collaborazione nello dello spogliatoio, lo faranno ambientare con noi?».

Come ha superato il problema della barriera linguistica? «È difficile. Si va a scuola, con il tutor. Quando sono arrivato in Spagna non sapevo una parola di spagnolo: si iniziava la mattina con una full immersion e il pomeriggio con la squadra. Ma, dopo tre mesi, già riuscivo a parlare, anche perché è una lingua simile all’italiano, e come la nostra difficile dal punto di vista grammaticale. Ma molti vocaboli si somigliano. Si inizia dicendo una parola in spagnolo e novantanove in italiano, e poi si aumenta la percentuale». Ma non è che aggiungeva solo le “s” alla fine delle parole? «Bè, all’inizio un po’ come fanno tutti…. -Ride fragorosamente-. Mentre con l’inglese è stata più dura. Anche perché, io, tutto questo l’ho imparato a cinquant’anni, non a venti. Però è stato bello, perché la mente era sempre molto sollecitata. Poi nel calcio, bene o male, ci si fa capire. Però ricordo che, essendoci le panchine molto vicine, se capitava un giocatore italiano, gli parlavo nella nostra lingua, se era spagnolo gli parlavo in spagnolo, così gli allenatori avversari non capivano quello che dicevo». Non ha fatto mai un exploit come Trapattoni, però? «In Spagna, prima di Trapattoni, feci una cosa del genere. Per fortuna non c’era un giocatore che si chiamava Strunz…». Come imposterà la sua prima preparazione estiva con la Roma? «Faremo dei carichi crescenti di lavoro per cercare di portare la squadra a una buona condizione fisica per la prima di campionato. Non si può essere già in forma da quella partita, ma cercheremo di essere pronti per quell’appuntamento».

Dall’alto delle sue esperienze all’estero, come viene visto il calcio italiano fuori dal confine? «Basti pensare al fatto che quando ci sono i sorteggi per le Coppe tutti vogliono evitare le squadre italiane. Ci reputano all’altezza della situazione, tutti sanno che sei veramente forte se riesci a battere una squadra italiana. E questo, stando all’estero, mi faceva molto piacere».

Si è notata in questi ultimi anni, in generale, una crescita muscolare dei calciatori. Lei predilige giocatori con una massa importante? «No, noi non lavoriamo in palestra, preferiamo sviluppare la forza con esercitazioni sul campo. Non cerchiamo la forza specifica, a meno che il calciatore non abbia subito un infortunio, e lì il discorso cambia».

E un allenatore italiano? «Penso molto bene. Ci è andato Sacchi, Capello, ci sono stato io, Ancelotti, Trapattoni. Dove siamo andati, abbiamo fatto bene. La scuola italiana è ottima ».

Preferisce una squadra più rocciosa o più tecnica? «Certo, il calcio è fatto di gente brava tecnicamente, se poi sei anche roccioso, ben venga. Ma l’importante è essere bravi».

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SIENA-ROMA 1-2 13/09/2010 Esordio a Siena col botto. Ranieri prova a risollevare la Roma dal baratro. Prima Mexes, poi Riise provano a dargli una mano. In terra toscana arrivano tre punti per iniziare a risollevare una stagione dall’inizio choc. Inizia una cavalcata che porterà i giallorossi sino al primo posto.

Tornando al campionato, molti hanno individuato in Roma-Sampdoria la partita cruciale nella volata scudetto. Che ne pensa? «Credo che sia un errore guardarla così. Si è fatto qualcosa di straordinario e irripetibile. Non concentriamoci su una partita piuttosto che su un’altra, perché potremmo anche pensare che con il Livorno abbiamo portato a casa un solo punto. Si è portati a pensare che ci mancano quei punti o quelli di Cagliari o Napoli, ma quando si è vinto col Siena o con la Fiorentina fuori casa, allora quei punti vanno bene. Non si può fare questo tipo di conteggio. La Roma ha fatto un grandissimo campionato, non ce l’ha fatta a vincerlo perché, contro di noi, c’era una squadra costruita per vincere, che ha rallentato. Noi ci siamo superati, ma alla fine non ce l’abbiamo fatta. Complimenti a chi ha vinto il campionato. Ma grandissimi complimenti alla protagonista del Campionato, la Roma, che ha tenuto vivo un torneo, che altrimenti sarebbe stato noioso».

ROMA-INTER 2-1 27/03/2010 La scalata dall’approdo di Ranieri sulla panchina romanista arriva al suo apice. I giallorossi si aggiudicano lo scontro diretto contro i nerazzuri grazie ad un gol di capitan futuro, Daniele De Rossi, e al raddoppio di Luca Toni. La rete di Milito non ferisce. Meno un punto alla vetta.

LAZIO-ROMA 1-2 18/04/2010 Avvio disastroso: Rocchi va in gol sorprendendo la difesa romanista. Il secondo tempo dei giallorossi é da autentici gladiatori. Vucinic realizza una splendida doppietta e regala a Ranieri tre punti che possono valere uno scudetto.

In previsione del prossimo anno, vede di nuovo una sfida a due Roma-Inter? «Credo che la Juventus si rafforzerà, così come il Milan e il Napoli. I partenopei stanno proseguendo un progetto di crescita che li ha portati lassù. E la Sampdoria dovrà fare i conti con le competizioni europee. Ce la giocheremo anche il prossimo anno. Dobbiamo esserci anche il prossimo anno».

ROMA-SAMP 1-2 25/04/2010 Le lacrime di Mexes in panchina dicono tutto. Dopo aver assaporato un sogno, i giallorossi si risvegliano da un incubo firmato Pazzini. La doppietta dell’attaccante doriano trafigge il cuore di tutti i romanisti che ormai cominciavano a credere al tricolore. Serve a poco il gol di Totti.

Montali l’ha incoronata come miglior allenatore dell’anno, con 80 punti su 36 partite disputate, due in meno rispetto ai colleghi. Eppure si ritrova a fine anno senza trofei. C’è un po’ di amarezza? «L’amaro c’è, perché ritornavo a casa dopo 35 anni, e se avessi vinto il titolo al primo colpo sarebbe stata un’impresa storica. Peccato, ma ci riproveremo, non ci arrendiamo. Voglio che i miei giocatori, dopo una sconfitta, abbiano una reazione: non abbiamo vinto, saremo pronti il prossimo anno».

INTER-ROMA 1-0 5/05/2010 Sfuma al 40’ del primo tempo, fra le mura dell’Olimpico, la possibilità di mettere in bacheca la decima Coppa Italia. L’Inter riesce a imporsi con il solito Milito.

In chiusura, quale formazione vede in corsa per la vittoria ai prossimi Mondiali? «Le solite. È questione di esperienza: Brasile, Italia, Germania, Inghilterra e Spagna sono sempre le più forti. E poi bisogna tener conto dell’outsider, che potrà battere una di queste squadre e che c’è in ogni campionato. Occhio».

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così lontani | così vicini

Reja

IL SALVALAZIO

LA SCHEDA Nato a Gorizia il 10 ottobre 1945. Da giocatore esordisce in Serie A nel 1963 con la Spal, squadra nella quale ha militato sino al 1968. Dalla stagione successiva al 1973, gioca col Palermo, poi si trasferisce all’Alessandria dove giocherà tre stagioni. Nel 1976 chiude la carriera da giocatore con il Molinella, piccola società sulla cui panchina esordirà in veste di allenatore nel 1979. Allena per quasi un decennio diverse squadre friulane e venete: Monselice, Pordenone, Pro Gorizia, Treviso e Mestre. Nell’86 passa al Varese, l’anno successivo fa il salto di qualità, arrivando al Pescara. Da lì in poi allenerà Cosenza, Verona, Bologna, Lecce, Brescia, Torino, Vicenza, Genoa, Catania, Cagliari fino all’arrivo nel 2005 al Napoli. All’ombra del Vesuvio, in quattro stagioni, risolleva le sorti del club partenopeo. Nella stagione scorsa si trasferisce a Spalato, Croazia, per poi passare alla Lazio il 10 febbraio scorso, in sostituzione dell’esonerato Ballardini.

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di Luigi SINIBALDI foto Getty Images

È arrivato a febbraio salvando la compagine dalla retrocessione: la sua intervista era bisogno di un sergente di ferro per risollevare una squadra in difficoltà ed è arrivato lui, Edoardo Reja, detto Edy, anni 65 il prossimo 10 ottobre, goriziano doc ed ex centrocampista di buona sostanza a cavallo fra gli anni Sessanta e Settanta. A guardarlo bene, però, fra le rughe che solcano il viso del tecnico della Lazio si nasconde un “uomo di campo”, un ironico condottiero, un impavido navigatore, un papà maestro. Un calcio ai luoghi comuni, una carezza a chi ancora crede che nel dorato “emisfero del football” resistano storie come la sua. Un allenatore capace di collezionare 779 panchine complessive, che in passato non ha badato tanto alla sua immagine, ma che ha le idee chiare come pochi. Dopo aver portato il Napoli dalla C alla Coppa Uefa, non esita troppo nell’accettare la proposta dell’Hajduk Spalato, caduto in disgrazia dopo anni di predominio in patria. Dopo aver portato a termine la sua missione, facendo risalire in graduatoria il club croato, prende a cuore le sorti del progetto Lazio, abbracciandolo in termini di salvezza e rilancio, verso quella zona di classifica che è consona ad un grande club come quello capitolino. Sovrano, nella “Reja” biancoceleste.

C’

Come riassumerebbe la sua carriera? «Ho iniziato questo mestiere con grandi sofferenze, navigando fra squadre di serie C con tanti problemi e conquistando salvezze per i capelli. Ho fatto parecchia gavetta, dall’Interregionale alla C2, poi la C1 e la B a Pescara e da lì in A, a cui sono arrivato un po’ tardi. Ho avuto tempo per valorizzare il mio lavoro, forse perché non sono mai sceso a compromessi, affrontando di petto certe situazioni, anche abbandonando panchine di serie A perché magari non ero d’accordo sulla linea societaria. Questo forse mi ha penalizzato, se dovessi tornare indietro probabilmente farei sfoggio di una dose più massiccia di diplomazia, il calcio negli ultimi tempi è fatto so-

INTERVISTA A EDY REJA | 53

prattutto di immagine. Io non ho curato più di tanto la mia, trascurando palcoscenici perché mi sono sempre considerato un allenatore di campo, perché per me la squadra diventa fondamentale. Ho avuto una carriera sofferta, ma ho ottenuto risultati importanti, perché quello che mi chiedevano le varie società in cui sono stato l’ho sempre portato, in termini di programmi, in porto. Chiaramente in trentadue anni c’è stato anche qualche fallimento, però la gran parte delle volte ho centrato l’obiettivo». Com’è cambiato il calcio? «Una volta c’era di sicuro più rispetto per il ruolo del tecnico. Ho provato di recente l’esperienza in Croazia all’Hajduk Spalato: da quelle parti la figura dell’allenatore è rimasta pura. Il tecnico è visto come il punto di riferimento della società e i giocatori lo considerano come una guida costante. Tutto ciò non succede nel nostro calcio. Ai tempi in cui giocavo c’era questa figura, brava o carente che fosse, comunque era un punto fermo della società ed era rispettata, a differenza di ciò che accade ora, con poco rispetto del prossimo e pretese costanti in ogni situazione. Tutti si sentono indispensabili, ma c’è bisogno di un bagno d’umiltà, ognuno dovrebbe essere più disponibile». Cosa vuol dire per un tecnico prendere una squadra in corsa? «Parlando a titolo strettamente personale, io sono abituato ai subentri, che tra l’altro mi sono andati tutti piuttosto bene. Ho già l’abitudine, il colpo d’occhio immediato, ad esempio quando dirigo gli allenamenti, entro subito in sintonia dal punto di vista individuale ed umano con i giocatori e questo mi avvantaggia. Per un tecnico non è facile entrare subito nei meccanismi della squadra e decidere come agire per migliorare».

Quando ha varcato la soglia di Formello cosa ha pensato? «Sapevo di venire in una situazione difficilissima, però mi metto sempre in gioco, sono


PARMA-LAZIO 0-2 14/02/2010 Reja esordisce col botto sulla panchina biancoceleste. Stendardo e Zarate annientano la formazione di Guidolin . I biancocelesi allontanano il terzultimo posto in classifica e conquistano una vittoria in trasferta che manca dal 31 agosto, seconda di campionato contro il Chievo. CAGLIARI-LAZIO 0-2 21/03/2010 Dopo tre sconfitte (pesante quella in casa col Bari) e un pareggio con la Fiorentina, i biancocelesti espugnano il Sant’Elia con gol di Rocchi e Floccari. Fondamentale il ritiro di Norcia.

LAZIO-SIENA 2-0 24/03/2010 La Lazio vede la salvezza più vicina. Batte il Siena 2-0 all'Olimpico nello scontro più diretto possibile, tra quartultima e terzultima, grazie ai gol di Lichtsteiner e Cruz in splendida acrobazia. I biancazzurri agganciano l'Udinese a quota 32 anche se l'Atalanta resta a meno quattro. GENOA-LAZIO 1-2 25/04/2010 La sconfitta nel derby pesa come un macigno: ha vanificato anche la vittoria di Bologna. La classifica si fa preoccupante, ma al Marassi, inaspettatamente, Dias e l’ex Floccari regalano tre punti vitali a Reja, ribaltando il momentaneo vantaggio rossoblù di Palacio. Ossigeno LIVORNO-LAZIO 1-2 9/05/2010 Arriva l’aritmetica salvezza. I biancocelesti vincono 2-1 al Picchi e festeggiano la permanenza in serie A con un turno d'anticipo. A Rocchi risponde Lucarelli, ma decide Brocchi con un destro dal limite. Stavolta il cerchio con mister Reja a centrocampo è l’ultimo.

scommesse che vinco spesso, come è accaduto in questa occasione non so se per abilità, per caratteristiche o per esperienze, che diventano determinanti in vista del traguardo finale quando affronti questi problemi. Sape-

vo benissimo che arrivando alla Lazio mi sarei trovato di fronte ad un compito stimolante ma complicato. Stiamo parlando di una fra le prime squadre per bacino d’utenza, passato e storia. Quando approdi in queste società, sai

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di essere giunto al meglio del calcio nazionale, ma un conto è il blasone, un altro è l’aspetto operativo. Bisogna rimboccarsi le maniche, fissare alcuni paletti ben precisi, è necessario che la società sia ben organizzata e pensi al futuro. Io non guardo mai, per esperienza, a quello che ho fatto, guardo sempre a quello che può essere il domani in modo da poter migliorare. Non solo il mio aspetto, inteso come esperienza calcistica, ma anche l’aspetto della società in cui opero. Quando sono entrato a Formello a febbraio mi sono detto che dovevo verificare e cercare di dare dei correttivi». Dov’è intervenuto per “salvare” la Lazio? «Ho un preciso metodo di lavoro, non ho fatto niente di particolarmente difficile. Mi avvalgo del prof. Luigi Febbrari, che è nel mio staff da diversi anni: non c’è neanche bisogno di dire cosa fare, perché ci troviamo ad occhi chiusi, prima dell’allenamento sappiamo già come impostare il lavoro. Ho solo mantenuto le mie caratteristiche: la preparazione fatta in un certo modo e impegno a profusione. Inizialmente i ragazzi hanno un po’ sofferto i carichi di lavoro: abbiamo avuto una grossa spinta emotiva con la vittoria di Parma, poi un pareggio e alcune sconfitte, che rappresentavano un adattamento dei giocatori al nuovo modo di impostare gli allenamenti. Io però ero convinto che a lungo andare questo lavoro avrebbe portato i suoi frutti. Siamo arrivati in fondo al campionato in costante crescita sotto l’aspetto fisico, non mi sono mai fasciato la testa per aver perso una o due partite. Non sai mai se fai bene, ma lavorando con insistenza i risultati giungono eccome, lo dimostrano i fatti». I giocatori come hanno reagito dinanzi alla nuova guida tecnica? «Ho avuto grande disponibilità, e man mano che passava il tempo vedevo che apprezzavano molto il lavoro che chiedevo loro di fare, il modo di stare in campo dal punto di vista tecnico-tattico. Tutti i giocatori devono essere umili e disponibili, in questa ottica sanno di trovare in me un padre che abbraccia questo tipo di qualità. Quando sono arrivato sbagliavamo qualche occasione di troppo sottoporta perché eravamo apprensivi ma, quando i timori si sono attenuati e abbiamo acquistato un po’ di sicurezza,


non c’è stato un match in cui non abbiamo segnato. Hanno trovato entusiasmo e questo è stato il completamento del risultato, un’iniezione di fiducia al di là dell’aspetto psicologico». Che pensa del centro sportivo che accoglie tutti i giorni giocatori, dirigenti e addetti ai lavori della Lazio? «Il centro di Formello è una struttura straordinaria, io credo che in Italia non ci sia nulla di simile. Ci sono le varie palazzine che ospitano sia lo staff tecnico e la squadra sia gli altri componenti del mondo Lazio, c’è una meravigliosa Club House, le accoglienti stanze della foresteria, un’organizzazione certosina per ogni necessità. I prati sono molto curati, i campi sono perfetti come tanti biliardi, tutto ciò per un allenatore come me è un sogno. È un peccato vedere certi spazi che non sono totalmente sfruttati, mi viene da pensare al settore giovanile: inserire non solo la Primavera ma anche gli Allievi all’interno del centro, in modo tale da poterli vedere allenare. Insomma, far maturare questi giovani vicino ai campioni della prima squadra. Però è chiaro che vanno valutate altre situazioni, come la passione dei genitori. Se apri le porte di Formello a tutti, diventa molto difficile lavorare in tranquillità: quando si lavora sul campo non bisogna avere distrazioni. Sempre più frequentemente mi capita di leggere sui giornali episodi incresciosi, come liti in tribuna fra genitori che causano sospensioni di partite di bambini. Questa è pura maleducazione, i ragazzi siano lasciati liberi di crescere, tanto se sono bravi vengono fuori lo stesso».

Nel corso della sua carriera ha raccolto successi allenando squadre dalla tifoseria piuttosto calda e appassionata, Napoli è la più celebre prima del suo avvento alla Lazio. Nel segno della continuità il finale di stagione scorso ha fatto sbocciare l’amore anche con la ‘torcida’ laziale… «Intanto mi preme ringraziare i tifosi della Lazio, prima dell’ultima gara all’Olimpico contro l’Udinese ho visto quello striscione che hanno esposto per me e mi hanno invocato. Avrei voluto andare subito ad abbracciarli tutti insieme simbolicamente, ma poi mi sono concentrato sulla partita, sperando che andasse bene per poter poi festeggiare in maniera completa. I tifosi biancocelesti sono un valore aggiunto per il club, mi piacerebbe molto se si avvicinassero alla società, nonostante le frizioni». Capitolo futuro: fra l’ampia rosa biancoceleste e i prossimi traguardi qual è il Reja-pensiero? «Il mio ideale è quello di avere sempre a disposizione una squadra che pensi positivo, che abbia ben chiaro il concetto della proposta di gioco. Il mio secondo Giovanni Lopez si occupa della fase difensiva, mentre io mi dedico ai movimenti della fase offensiva: mi piacerebbe che la mia Lazio mostrasse un calcio positivo. È importante che tutti sentano la considerazione di chi gli è vicino: del gruppo, del compagno di squadra che trovi all’interno dello spogliatoio. Poi servono mezzi tattici, giocatori dal tasso tecnico importante per poter conseguire i risultati. Nel calcio italiano attualmente si spende poco, perché si devono tenere a bada i bilanci, basti guardare realtà come Mi-

lan o Juve. Anche la Lazio deve essere oculata, serve un’adeguata struttura soprattutto giovanile che possa compensare il mancato arrivo di eventuali acquisti che non si possono sostenere economicamente». Qual è stato il momento più bello e importante dei suoi quattro mesi? «A livello di gruppo la famosa ‘braciolata’ a Formello, che ha trovato tanto spazio sui giornali, è stato il culmine del gruppo nel segno della coesione». Quale match è al primo posto nella sua mente? «La gara con il Genoa a Marassi, perché più di qualcuno aveva dato per scontata la nostra sconfitta. Già si facevano i conti con le altre squadre invischiate nella lotta per non retrocedere: quella partita fu il colpo finale che ha fatto innalzare le nostre speranze. Ora lo posso dire: ecco perché in quell’occasione ero nervoso e mi sono fatto cacciare dall’arbitro».

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L’IMPORTANZA DEL GIOCO DI SQUADRA Il principale artefice della salvezza viene abbracciato da tutti i suoi ragazzi al centro del campo. L’Olimpico lo ringrazia e gli dà appuntamento alla prossima stagione, quella del rilancio. Reja promette una grande Lazio. È deciso a ripartire dalla coesione e dalla forza del gruppo.


Splende Da piazza Vescovio alla Croisette, moglie innamorata e mamma da pochi giorni, la nuova dimensione della proette romana, la migliore italiana di sempre. Rientrerà al Women’s British Open di Gianluca MEOLA foto Getty Images


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la LUNA igliore giocatrice azzurra dell’anno, prima italiana a chiudere la stagione del Ladies European Tour al 6° posto della Money List, prima italiana della storia a far parte della squadra europea nella Solheim Cup (versione al femminile della Ryder Cup, la tradizionale sfida tra Europa e USA), prima italiana a vincere due tornei consecutivi del circuito europeo. Se si concludesse già così, con questi risultati, l’anno 2009 consegnerebbe nelle mani di Diana Luna il primato di miglior golfista italiana di sempre. Romana purosangue, 28 anni il prossimo settembre, le prime indicazioni di questo 2010 per la nostra “tiger” in gonnella sembrano voler regalare ancora nuovi, affascinanti capitoli alla sua incantevole favola, altri tasselli importanti alla sua vita ordinata, ricca di valori, sport, lavoro, interessi culturali e impegni umanitari, e priva di mondanità. Questa volta però i risultati sui green c’entrano poco, importanti novità familiari hanno messo temporaneamente la freccia sulla sua carriera, e nel giro di tre anni Diana è stata catapultata in una nuova realtà che l’ha allontanata dalla sua città natale per via del matrimonio e della straordinaria parabola di successi, che ne hanno fatto una vera e propria star. Da quella che adesso è la sua casa, a Le Cannet, sulle colline di Cannes, Diana si dice soddisfatta della sua nuova sistemazione. Vive a pochi minuti dal Golf di Mandelieu, dove il marito Fabio insegna, e a un quarto d’ora da Mougins, dove lavora il suo coach Roger Damiano.

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Hai nostalgia della tua città natale? «Di Roma mi manca tantissimo la gente e anche il cibo. Ma sono molto contenta di come si vive a Cannes: un posto tranquillo e ordinato, mi sono trovata subito bene. Qui, poi, ci sono i miei cari, quindi è l’ideale per la serenità familiare. E per la mia professione resta una sistemazione ottimale, perché qui riesco ad allenarmi con molta serenità». Il nuovo stile di vita ha modificato le tue priorità nel tempo libero? «Fondamental-

mente sono una persona che ama molto la casa, adoro arredare e cucinare. Anche gli amici rivestono un ruolo importante, ma al primo posto c’è sempre la famiglia, soprattutto in questo momento». Ruoli importanti quelli di moglie e di mamma… «Sono una moglie felicemente innamorata di un marito che mi sostiene molto, non è facile quando sei spesso lontana a causa dei tanti impegni. Devo tantissimo a Fabio, è sempre stato un vero punto di riferimento nella mia vita. Ed ora spero di riuscire ad essere anche una brava mamma, mi impegnerò tanto anche in questo. Mia figlia è nata da poco e si chiama Elena». Il feeling col golf è stato immediato? «Ero una bambina molto vivace, a otto anni le mie attività erano principalmente la danza e il tennis, poi i miei genitori scoprirono il piacere di giocare a golf trasmettendo questa passione ai miei quattro fratelli. Tra loro devo tanto a Giovanni, è grazie a lui che ho scoperto il golf ed è scattato l’amore». Successo, bellezza e popolarità. Come ci si convive? «Il successo è stato voluto e cercato col tanto lavoro, è arrivato col sacrificio e la dedizione, ma è anche un’arma a doppio taglio: più collezioni risultati importanti, più è difficile mantenere e migliorare le proprie performance. Bellezza e popolarità? Ci convivo in modo naturale, ma l’etichetta di bella e vincente non significa che non abbia dei difetti, per esempio sono impulsiva ed eccessivamente pignola». Dopo un 2009 da incorniciare è diventata testimonial della Federgolf: come si vede in questo importante ruolo istituzionale? «Sono molto orgogliosa di questo incarico, la Federazione sta portando avanti un lavoro eccellente ed un progetto vero con una politica di accessibilità per tutti, vuole svecchiare e sostituire l’immagine distorta di una disciplina elitaria: oggi giocare a golf costa meno che sciare».

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Nasce a Roma il 3 Settembre 1982. Da dilettante, vince 4 titoli italiani (il primo a soli 15 anni) e il Campionato europeo juniores a squadre del 2000. Nel 2001 diventa professionista. Da Tour Player vanta la vittoria nell’Open di Tenerife 2004 e in tre campionati della Professional Golf Association of Italy: 2002, 2004, 2006. Nel 2009 vince l’AIB Ladies Irish Open e il SAS Ladies Masters in Norvegia, diventando così la prima italiana ad aver vinto due tornei consecutivi del circuito europeo. In carriera ha vinto 470.907 euro, di cui solo 181.411 nel 2009. Alle 112 gare disputate, con 3 vittorie e 18 top ten, si aggiungono 4 “hole in one”. Si classifica terza nel LET Solheim Cup ranking e diventa la prima italiana della storia ad entrare nella squadra europea per la sfida contro gli Stati Uniti. Come rookie, esce imbattuta vincendo il match single e pareggiando il four ball best ball, insieme a Catriona Matthew, vincitrice del Women’s British Open 2009. Sesta classificata nell’ordine di merito europeo, è la migliore azzurra nel ranking italiano. Testimonial del World Food Program, che sfama circa 70 milioni di bambini in 80 paesi poveri, madrina del progetto della Kinder Ferrero, che ogni anno fa giocare gratuitamente 1200 ragazzi in provincia di Cuneo. Da tre mesi è anche testimonial, assieme a Matteo Manassero, della Federgolf.


DICONO DI LEI E DEL GOLF ITALIANO Il mondo politico e quello sportivo... «Il successo del golf italiano deve molto alla spinta della federazione e del suo presidente Franco Chimenti. Un ottimo lavoro è anche quello che porta avanti Carlo Scatena, presidente del Comitato Regionale del Lazio. La nuova politica introdotta sta rendendo questo sport più accessibile, dicendo addio all’elite e ai fortini arroccati», dichiara il dott. Paolo Giuntarelli, Direttore del Dipartimento Tutela Ambientale e del Verde e Promozione dello Sport. «Questa crescita non lascia indifferente un’amministrazione pronta a rendere il golf uno sport di massa partendo dai nuovi campi pratica di Tor Vergata e Centocelle». Alle voci amministrative si aggiunge anche quella dell’Onorevole Antonio Gazzellone, consigliere comunale che parla di un’occasione unica per la capitale:«Un grande momento con tante eccellenze -sostiene- e il golf romano deve saper cogliere l’attimo… Offrire una città che sia traino non solo per monumenti, eventi culturali ed ospitalità religiosa, ma circoli straordinari ed un clima favorevole, che possano rilanciare la nostra città anche attraverso questa meravigliosa disciplina. Questa amministrazione lo ha fatto con il Challenge, lo faremo ancora con la richiesta della tappa dell’Open d’Italia e in vista del 2020».

Dalla politica al mondo dello sport. Per tradizione familiare Diana Luna tifa Roma, papà Carlo è un accanito giallorosso, anche se lei preferisce definirsi una «moderata simpatizzante». Attualmente il padre è impegnato a curare i suoi rapporti con la stampa in giro per il mondo, ma quando insieme alla mamma Gloria scoprì in età già avanzata il piacere di giocare a golf, c’era anche qualcuno a rendersi conto dello straordinario talento di Diana ragazzina che, per la serie «strani incroci del destino», avrebbe figurato proprio nell’ organigramma della Società capitolina. Elena Turra, responsabile della comunicazione giallorossa, anch’essa golfista, ci rivela una Diana Luna inedita: «Diana a soli 12 anni era già una bambina prodigio, in quei tempi giocavo al Sestriere con i suoi genitori e con lei mi è capitato di giocarci quattro o cinque volte. Per la sua età era un fenomeno e mostrava già i grandi numeri che competono ai fuoriclasse. Ricordo che anche i suoi istruttori sottolineavano spesso quanto fosse brava e quanti margini di miglioramento avesse, erano certi che avrebbe fatto strada. Paragonarla calcisticamente ad un giocatore della Roma? È difficile, Diana è molto brava». Il marito di Diana, Fabio, tifa Juve. Il derby in casa si dice sia accesissimo tra consuoceri: il padre di Fabio è di fede biancoceleste e gli sfottò tra i due non mancano mai.

Dopo le conferme sui palcoscenici internazionali della “premiata ditta” Molinari, cosa pensa del fenomeno Manassero? «Matteo ha appena chiuso una grande carriera da dilettante. Sono certa che confermerà tutto il suo talento anche ora che è passato al professionismo, sebbene dilettantismo e professionismo non siano la stessa cosa». Ha seguito il Masters di Augusta? «Certo. È stata una gara molto avvincente e Mickelson ha meritato la vittoria finale». Si diceva della sua vita molto ordinata e ricca di valori. Visto che lo ha menzionato, le possiamo chiedere una riflessione sulla vicenda di Tiger Woods? «Mi è dispiaciuto molto vedere rovinata l’immagine di un fuoriclasse del suo calibro. Certo, ha fatto delle cose che non condivido, ma sportivamente resta un campione pazzesco. Senza Tiger , il golf perderebbe molto appeal». Prevede già la data del suo rientro in versione “Supermum”? «Credo che in questo 2010 così speciale riuscirò comunque a disputare 3 o 4 eventi del circuito europeo, vediamo se già da fine luglio». Il riferimento al prossimo Women’s British Open è lampante: le avversarie sono avvisate…

IN SCENA MATTEO MANASSERO, L’ENFANT PRODIGE DEL GOLF MONDIALE Miglior giocatore dilettante del mondo del 2009, è nato a Negrar, in provincia di Verona, nel 1993. Comincia a giocare a golf all’età di 3 anni e mezzo, frequentando il circolo Gardagolf. Nel 2009, a soli 16 anni, arriva alla ribalta internazionale realizzando due imprese sportive: dapprima vincendo il prestigioso The Amateur Championship, uno dei maggiori tornei per dilettanti, diventando il più giovane vincitore di sempre nella sua categoria e, conseguente alla vittoria, debuttando nell’Open Championship, uno dei 4 tornei “major” del golf. È lì che per la prima volta gioca al fianco di nomi del calibro di Tom Watson e Sergio Garcia. Lo scorso 9 aprile Manassero ha battuto il record di Bobby Cole (Sud Africa), che resisteva dal 1967, divenendo il più giovane giocatore di sempre a passare il taglio, qualificandosi per i due giri finali del Masters di Augusta, all’età di 16 anni, 11 mesi e 22 giorni. È qui, che anche l’America si innamora di Matteo e delle sue gesta, con le quali sta sublimando le platee golfistiche di mezzo mondo: ormai l’attenzione di tutti i media internazionali sono per il nostro giovanissimo campione, scelto assieme a Diana Luna come testimonial della Federazione Italiana Golf. Manassero ha esordito da professionista lo scorso mese, al BMW Open d’Italia disputatosi al Royal Park di Torino dal 6 al 9 maggio.

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I PIÙ BEI CIRCOLI DEL LAZIO Il libro “Golf e Ambiente, viaggio nei percorsi di Roma e del Lazio”, edito da Darwin e patrocinato dal Dipartimento Tutela Ambientale e del Verde e Promozione dello Sport, narra dei luoghi capitolini dove il connubio raggiunge la sua massima essenza. Il Golf Club Archi di Claudio é ubicato nel cuore del Parco Regionale dell’Appia Antica. Nel Golf Club Arco di Costantino si respira la leggenda del mitico imperatore e il panorama fa risplendere tutte le bellezze della capitale. Il Golf Club Belmonte si situa fra gli alberi della campagna reatina ed è inserito in un complesso sportivo alle porte di Rieti. Il Golf Club Castelgandolfo sorge ai piedi di un palazzo del ‘600 che domina un cratere vulcanico. Il Golf Club Centro d’Italia, si trova nei pressi del convento francescano “La Foresta”, ai piedi del monte Terminillo. Il Golf Club Fioranello si affaccia sui resti di un antico acquedotto romano, a breve distanza dai Castelli. Il Golf Club Fiuggi è uno dei più antichi d’Italia. Il Golf Club Marco Simone, nei pressi di Guidonia, esalta

la bellezza della campagna romana. Il Golf Club Marediroma, a metà strada tra Roma e Anzio, contempla le bianche spiagge di Marina di Ardea. Il Golf Club Oasi è un’incantevole angolo di verde nei pressi di Aprilia. Il Golf Club Olgiata rende merito alla favolosa oasi di verde della Cassia. Il Golf Club Parco de’ Medici trasuda di storia e di poesia. Il Golf Club Parco di Roma celebra la bellezza della natura romana fra la via Cassia e la via Flaminia. Il Golf Club Le Querce, in prossimità di Monterosi, è considerato fra i più belli in Europa. Il Golf Club Roma Acquasanta, sull’Appia Antica, è il più antico d’Italia. Il Golf Club Tarquinia è situato vicino marina della cittadina da cui prende il nome con l’esclusivo panorama delle torri e delle mura medievali.

ampioni contro tutto e tutti. Nello sport sono tante le eccellenze che potremmo definire inusuali, sfide difficili e storie di fuoriclasse predestinati. Nel golf, ad esempio, la star di pelle nera Tiger Woods ha espugnato uno sport tradizionalmente appannaggio dei bianchi, divenendo ciò che Micheal Jordan è stato nel basket e Cassius Clay nel pugilato. Di storie particolari se ne trovano diverse. Nella vela, Bertarelli ha vinto con Alinghi sotto la bandiera di un paese senza sbocchi al mare e senza tradizioni di mare, la Svizzera. E che dire dell’africano Kwame Nkrumah Acheampong, ghanese dal nome impronunciabile (ma soprannominato “Il Ghepardo delle Nevi)”, scopertosi slalomista nelle ultime Olimpiadi invernali di Vancouver. E quanti gli atleti venuti alla ribalta nonostante impedimenti fisici: su tutti Lionel Messi, afflitto dal deficit di “Gh”, il cosiddetto ormone della crescita che gli impediva di raggiungere un’altezza accettabile per il calcio. Un altro argentino, Juan Martin Del Potro, dall’alto dei suoi 2,07 mt di altezza, ha scelto di non darsi alla pallacanestro ma al tennis, uno sport che richiede spostamenti rapidissimi sul campo, affermandosi comunque tra i grandi del circuito mondiale.

C

LIONEL MESSI

TIGER WOODS ALINGHI

NKURMAH ACHEAMPONG

QUELLI CHE VINCONO negli sport degli... altri


Boxe Madison Square Garden. Nino Benvenuti incontra Emile Griffith per il titolo di campione del Mondo.Vincerà di fronte a migliaia di italiani da anni emigrati a New York. Questa la storia di quel match e dei due che seguiranno facendo entrare i pugili nella storia mondiale di questo sport. Ma questa è anche la storia di due uomini che, 42 anni dopo, si incontrano di nuovo, stavolta sul ring della solidarietà. Griffith è malato di Alzhaimer e Benvenuti ha deciso di aiutarlo…


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TRE MATCH NELLA STORIA Nino Benvenuti

l’intervist MATCH 1, 17-4-1967: winner Benvenuti Nino Benvenuti ci arriva da campione d’Europa dei pesi medi, titolo conquistato contro Pascal Di Benedetto al Palazzetto dello Sport di Roma per ritiro all’undecimo round. Poi cinque match di collaudo, quattro dei quali sostenuti a Roma. Griffith vi arriva dopo una discussa vittoria contro Dick Tiger (la maggior parte dei giornalisti aveva assegnato il match allo sfidante) e dopo un doppio successo ai punti contro Joey Archer: in una di queste occasioni Benvenuti lo vede combattere per la prima volta dal vivo. Il match tra i due è spettacolare: Nino al secondo round piazza un montante che stende Emile, che però si riprende e rischia il KO su un destro alla tempia. Con il passare delle riprese Benvenuti sfoggia la sua velocità e si impone ai punti.

MATCH 2, 29-11-1967: winner Griffith È l’immediata rivincita del match precedente, i due non sostengono ulteriori test di avvicinamento. Non si combatte al Madison Square Garden ma allo Shea Stadium del Queens. Incontro cruento, con Griffith che lo indirizza dalla sua parte nel secondo round, grazie a un destro che incrina una costola a Benvenuti. Quest’ultimo prova a tenere in piedi il match, limitando la sconfitta ai punti, ma cedendo nettamente nel verdetto.

MATCH 3, 4-3-1968: winner Benvenuti Curioso un test fatto da Emile Griffith, che viene a combattere al Palazzo dello Sport di Roma, dove sconfigge per KO al sesto round Remo Golfarini. Un test anche per Benvenuti, che batte ai punti in dieci riprese Charly Austin. Dei tre incontri è quello più equilibrato. La svolta arriva all’undecimo round, quando su un attacco di Griffith, Benvenuti piazza un sinistro d’incontro che atterra l’avversario. Un momento chiave che varrà a Nino il verdetto ai punti, seppur di strettissima misura.


Benvenuti, dopo diversi anni dai tre match mondiali, si prodiga per aiutare Emile Griffith, leggendario avversario che ora si trova in difficoltà: una storia da raccontare

NINO, IL RE DI UNA GENERAZIONE di Luigi PANELLA

foto Enrico RIPARI Archivio BENVENUTI

tare seduti in mezzo a due miti del ring, lo si può dire senza il rischio della scivolata nella retorica, è come toccare con mano un pezzo di storia. Immaginiamo che la Sala delle Bandiere in Campidoglio sia un grande, immaginario ring. Ad un angolo Nino Benvenuti da Isola d’Istria, Italia, nell’altro Emile Griffith da Saint Thomas, Isole Vergini. Siamo tra loro, potremmo essere gli arbitri, ma non per dare le ultime raccomandazioni prima del match, non dobbiamo separare i contendenti e dare il canonico ‘boxe’. Siamo solamente, insieme a tanti altri, testimoni di una straordinaria storia umana e d’amicizia. Emile da qualche tempo a questa parte non ha più i riflessi di un tempo, perché afflitto dal morbo di Alzheimer. Ciò non gli impedisce simpatici atteggiamenti istrionici, come un gancio destro appoggiato con un ghigno beffardo allo scrivente, intento a chiacchierare con il suo antico rivale. Ma in questo momento ha bisogno di aiuto e Nino si è subito prodigato.

S

Nino, ci spieghi cosa è successo a Emile? «Ho saputo che una persona che considero come un fratello si è ammalata di Alzheimer, trovandosi con un sussidio di appena 300 dollari, insufficiente non solo per pagarsi le cure ma anche per vivere in maniera dignitosa. Sono andato a trovarlo negli Stati Uniti, e li ho capito che bisognava fare qualcosa per aiutarlo. La mia idea è di raccogliere 100mila euro per un vitalizio a suo nome. Merita una vecchiaia serena chi ha dato lustro alla boxe per venti anni». E così è nato il Magic Round. «Sì, un’iniziativa itinerante per raccogliere fondi anche tramite la vendita di un libro, ‘’Diari paralleli’’ (di Mauro Grimaldi, prefazione di Anita Madaluni, ndr), che racconta la storia delle nostre sfide sul ring. Verso Emile mi sento legato da una sorta di debito di riconoscenza. In fondo io non sarei diventato grande senza le tre epiche sfide contro di lui. Mi piace ricordare che Emile nella rivincita, nel secondo round, mi ha rotto una costola e ho dovuto far ricorso a tutte le mie energie, fisiche e morali, per finire il match. Dico sempre che non si può non diventare amici di un pugile con il quale hai diviso 45 round». Già, quarantacinque round, tradotti in minuti fanno centotrentacinque, tradotti in secondi fanno ottomilacento. Tre incredibili battaglie combattute con lo sfondo di un’Italia diversa, di un mondo diverso. Verrebbe quasi


Due campioni, un ring

EMILE ALPHONSE GRIFFITH, è nato a Saint Thomas (Isole Vergini) il 3 febbraio 1938. Inserito nella Hall of Fame come uno dei più grandi pugili di ogni tempo. Diventato professionista nel 1958, combatte fino al 1977 collezionando 112 incontri con 85 vittorie (25 prima del limite), 24 sconfitte (2 prima del limite) e 2 pareggi. Il dato più straordinario, però, sono i 24 titoli mondiali disputati nelle categorie di leggeri, welter e medi, in una epoca in cui, senza la insopportabile proliferazione di sigle, arrivare a battersi per il titolo non era certo una cosa da tutti. Per dare il senso di come Griffith sia stato parte di un’epoca, basti ricordare che una delle sue due sconfitte prima del limite gli è stata inflitta da Rubin Carter, detto ‘Hurricane’.

GIOVANNI BENVENUTI, detto Nino, nasce a Isola d’Istria nel 1938. Che sia un predestinato, lo si capisce dalla folgorante carriera dilettantistica, in cui vince praticamente tutto. Due volte campione d’Europa, poi l’apoteosi di Roma 1960, dove vince la medaglia d’oro nei pesi welter. Per rendere il senso della grandezza della carriera dilettantistica, parlano i numeri: 120 vittorie, una sola sconfitta, peraltro molto dubbia. Passato al professionismo conquista tutti i titoli possibili. Titolo italiano nei medi contro Truppi, campione del mondo dei superwelter battendo Sandro Mazzinghi, campione europeo dei medi contro Folledo, e mondiale contro Griffith. Mondiale che perde e riconquista contro Tom Bethea, prima di chiudere con la doppia sconfitta contro Carlos Monzon.

da sezionare ognuno dei tre match, dividerli inserendo tra un round e l’altro gli eventi che nella seconda metà degli anni sessanta hanno cambiato in maniera drastica la società. Nino arriva a New York in aereo, gli italiani palpitano per lui come 34 anni prima avevano trepidato per un altro grande italiano, Primo Carnera. Ormai i cittadini made in Italy che vivono a New York, di italiano hanno probabilmente solo il cognome, e pensano con la mentalità americana. Non era ancora così ai tempi dei tre match. Ancora ‘Little Italy’ non era completamente affrancata nel suolo straniero, aveva bisogno di simboli, di miti che ne rappresentassero il riscatto. Ma anche in Italia il match ha una cassa di risonanza enorme, tanto che vengono organizzati dei voli per seguire dal vivo il match. Già il luogo è da brivido, il Madison Square Garden: un monumento che ospita boxe, basket, eventi sportivi di ogni tipo e spettacoli (attualmente è nella 7° Avenue, tra la 31° e la 33° strada). In quello stesso impianto Emile Griffith è stato protagonista di un dramma qualche anno prima, carnefice ed al tempo stesso vittima di una tragedia del ring. Un KO brutale, figlio di una violenza che non è propria di Emile si abbatte su Ben ‘Kid’ Paret, che morirà dieci giorni più tardi. Le polemiche impazzano: si pensa che Griffith si sia voluto vendicare delle accuse di omosessualità rivoltegli dal suo avversario. Già, l’omosessualità. Emile l’ha confessata dopo la fine della carriera nel libro “Nine, Ten... and Out! The two worlds of Emile Griffith’’. Griffith combatte anche contro una società piena di pregiudizi, ha una durezza che fa subito pesare sul rivale alle operazioni di peso. “Gli dico hello Emile dandogli una pacca sulla spalla”, racconta Benvenuti, e lui si ar-

rabbia: “Non ti permettere di toccarmi, io sono il campione e devi rispettarmi”. Poi l’incontro. Nino mette giù Emile al secondo round, ma nel quinto è lui ad essere sull’orlo del KO. Man mano che si va avanti, la boxe intelligente di Benvenuti ha il sopravvento fino alla vittoria finale. Qual è il momento più bello della prima esperienza? «Lo slang dello speaker che annuncia la vittoria di ‘Naino’ Benvenuti, e poi la folla che mi attende a Milano al rientro e la dimostrazione di affetto al ritorno a Trieste, da dove tutto era cominciato». Per la seconda sfida, la rivincita, il ring scelto è allo Shea stadium, ed il viaggio, forse per dare un tocco di romanticismo al tutto, per seguire le orme di Carnera, o più semplicemente per evitare eccessiva pressione, viene fatto in nave. Sulla Raffaello c’è un ring attrezzato e lo spazio per la corsa non manca di certo. All’arrivo negli Usa, scene da ‘Little Italy” con i tifosi che attendono Benvenuti con stendardi di ogni tipo. Il match però lo vincerà Griffith, nettamente, anche se ai punti. Nino, cosa non è andato in quel secondo match? «Penso sia stata una questione di sensazioni, tutto troppo perfetto. Il viaggio in nave, splendido, tranquillo, che però ha finito per rilassarmi troppo. E poi la sede di allenamento, in una splendida villa, dove però mi mancava l’odore della palestra. Per ultimo lo Shea Stadium, capace di contenere 50.000 spettatori, troppo dispersivo, non riuscivo a sentire il calore del tifo italiano. Il match poi è stato una sofferenza. Emile, con un gancio terribile nel secondo round, mi ha rotto una costola e, per finire in piedi l’incontro, ho dovuto

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CAMPIONI IN CAMPIDOGLIO Benvenuti e Griffith in Campidoglio hanno presentato il libro Diari Paralleli, edizione Il Levante, curato da Mauro Grimaldi e Anita Madaluni, che è stata anche uno degli organizzatori del tour promozionale 'Magic Round' (ideato da Nino Benvenuti per aiutare economicamente, tramite la vendita del volume, l'ex rivale ammalato di alzhaimer) e moderatrice della conferenza stampa cui ha partecipato anche il Sindaco di Roma Gianni Alemanno, il Delegato allo Sport Alessandro Cochi, il Segretario Nazionale Anap, Fabio Menicacci, il Delegato del Sindaco per i rapporti con le ASL e per i rapporti con gli Enti ed Istituzioni sanitarie, Adolfo Panfili e Luciano Ferrari, imprenditore, tra i promotori e i sostenitori dell’evento. I punti di distribuzione del libro sono visibili sul sito www.magicround.com.

far richiamo a tutte le mie risorse. Le racconto un aneddoto. Quando sono arrivato dal medico per farmi curare, questo mi ha chiesto a che round sono andato KO». Poi il terzo match nel Madison Square Garden ricostruito. «Non era più come prima. Quei camerini cambiati, non sentivo più le voci della storia. Ormai però mi ero americanizzato, ero a mio agio, tranquillo, ed infatti non ho sbagliato match. Anche quella fu una battaglia, con il verdetto sul filo deciso da un KO inflitto ad Emile nell’undicesimo round”. E’ il 4 marzo 1968, l’Italia esulta con Nino, ma contemporaneamente iniziano le occupazioni delle scuole e delle Università, le prime vetrine cominciano a cadere durante le manifestazioni, gli studenti di destra e di sinistra iniziano a fronteggiarsi in un crescendo di aggressività che porterà a scontri anche sanguinosi. Insomma il ‘Sessantotto’, uno dei grandi movimenti di massa che la storia recente ricordi, ha iniziato a muovere i primi fragorosi passi.

medaglia al collo. È la prima realizzazione del sogno che iniziò quando pesavo 39 chili e vinsi il mio primo incontro, un’esibizione sulla piazza del porto. Poi tra i novizi, superai le eliminatorie provinciali, regionali ed interregionali, arrivai a Roma, vinsi il torneo in finale con Guerra e venni premiato con la Coppa Zanati come miglior pugile del torneo». Nel 1954 era praticamente un ragazzino. Aveva 16 anni, ricopriva il classico ruolo del pugile che esce da una infanzia difficile? «Assolutamente no, sfuggo allo stereotipo del pugile che viene dalla povertà per emergere. Mio nonno e mio padre lavoravano nel commercio del pesce ed a me non è mai mancato niente, neanche in tempo di guerra. Probabilmente, se non avessi preso la strada del ring, avrei proseguito nella tradizione di famiglia».

Qui si chiude la trilogia con Griffith. Ma Lei, oltre che con Emile, ha mantenuto contatti con i suoi avversari? «Quasi con tutti. Monzon, ad esempio, lo sono andato a trovare in carcere ed anche quando è venuto a mancare tragicamente mi sono recato in Argentina. Ma anche con avversari meno noti, ogni tanto mi capita di alzare il telefono e chiamare, fare una sorpresa, che è sempre straordinariamente gradita. L’eccezione? Sandro Mazzinghi. Con lui ho provato in tutti i modi, ma ha sempre rifiutato il dialogo». Tre incontri con Griffith, tutti disputati a New York, anche se Lei ha un’altra grande città di riferimento. «E’ senza dubbio Roma, alla quale sono legatissimo, anche perché è la città nella quale ho vissuto di più e dove vivo tuttora». La prima volta nella Capitale? «Nel 1954, per il campionato nazionale novizi. Venni, vinsi e me ne tornai a Trieste con la

GRIFFITH E LA STAMPA MONDIALE L’incontro tra Benevenuti e Griffith ha avuto una grande eco sui giornali americani che hanno raccontato i match leggendari e l’attualità di due campioni uniti dall’affetto e dalla solidarietà. A fianco, la pagina del Daily News dedicata all’avvenimento.

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Nino Benvenuti

Una Roma diversa da quella di adesso? «Completamente diversa. Era più tranquilla, a misura d’uomo, una specie di enorme paese. Nel senso buono del termine, era una città molto ‘provinciale’, nella quale la gente prediligeva, cercava quasi con spontaneità il contatto umano, dove salutare gli altri veniva naturale». Un città che ora cercherà di coronare il sogno di organizzare i Giochi del 2020, a sessanta anni da quella indimenticabile edizione? «E io spero di dare un contributo, anche per vedere come si è modificata nel tempo una manifestazione di questa importanza. Quelle del 1960 furono le ultime Olimpiadi a misura d’uomo, penso che con quelle dei nostri giorni, per sponsor, incidenza delle televisioni, partecipazione allargata a tantissimi atleti, a parte il fatto agonistico, avrebbero poco in comune». A Roma ‘60, l’oro nei welter fu vinto da un certo Nino Benvenuti... «E’ forse l’impresa che mi piace ricordare di più. Dico sempre che se diventi campione del mondo, quando lasci il titolo, vieni ricordato come ex campione. Se vinci l’Olimpiade, invece, rimani sempre campione olimpico, non sei mai ex». Per il pugilato fu un’edizione indimenticabile. «Straordinaria. Ricordo l’esperienza al villaggio olimpico, la conoscenza con Muhammad Alì, che allora era conosciuto come Cassius Clay e che aveva già un carisma straordinario». Tempo dopo, rivedendola ad una trasmissione di Gianni Minà, Alì la definì, insieme a lui, il pugile più bello in circolazione. «Beh, magari oltre alla bellezza avevo anche qualche altra dote, ma Alì è sempre stato un birbone, pronto a scherzare su ogni cosa».

QUANDO IL PUGILE ERA UNA STAR Uno stimato collega di Bologna ci raccontava che una volta, negli anni ‘60, notò che il centro della città era praticamente paralizzato. Lui pensò ad un capo di stato, ad un stella del cinema americano, tipo Marlon Brando, Dustin Hoffman. Passa un ragazzino e, alla domanda chi fosse la causa di tale baraonda, il tipetto esclama a ugola estesa: ‘’Ma come non lo sai, c’è il campione, c’è Nino Benvenuti’’. Ora l’ingorgo del traffico lo può creare un calciatore: se a Piazza Venezia Francesco Totti si fa una passeggiata, l’assedio dei fans è praticamente scontato, se la passeggiata se la fa un pugile italiano che va per la maggiore (non facciamo nomi, non è mai simpatico), a malapena viene riconosciuto e si vede chiedere una foto o un autografo. Il problema del pugilato in decadenza è duplice: non c’è più un campione di grande spessore, e poi si tratta di uno sport non più radicato nella società. Senza tornare per forza ai favolosi anni trenta, in cui la palestra era la strada e la maggior parte dei ragazzini sognavano di battersi sul ring, basta fare una rassegna di film italiani neorealisti e post neorealisti per capire molte cose. Il ring c’è spesso, nelle commedie: memorabile un Raimondo Vianello pugile per caso, vittorioso per caso, e poi picchiato brutalmente dal ragazzo che vende le bibite. Il ring c’è spesso, anche in film impegnati: basta ricordare i bellissimi lineamenti di Alain Delon, improbabile faccia da boxeur nel celebre ‘Rocco e i suoi fratelli’ di Luchino Visconti. Il ring c’è spesso in tv: ‘Canzonissima’ 1968, condotta dall’ex campione lombardo dei pesi medi Walter Chiari, si collega con un ring dove danno luogo ad una esibizione l’attore Giuliano Gemma e Nino Benvenuti. Insomma, il ring lo trovavi un po’ dappertutto, un luogo di ritrovo come può essere adesso una sala da biliardo. Ci salivi, provavi la sensazione, magari ci passavi sempre più tempo. Ora questo non succede: non c’è un Nino Benvenuti che blocchi il traffico, manca però anche la spinta dalla base: la fitness boxe è un buon fenomeno, ma non aiuta il movimento.

Olimpiadi di Roma, 1960. Benvenuti sul podio per la medaglia d’oro

l’intervista


Altri tempi per il pugilato italiano. «Decisamente un’altra epoca e altri pugili. E’ chiaro che le condizioni sociali complessivamente migliori non giovano alla boxe, che da sempre, salvo eccezioni, attinge negli strati meno abbienti della popolazione. Ma indipendentemente da questo, una volta la palestra era un luogo di ritrovo. Veniva quasi naturale, ma non per la voglia di fare a pugni, di fare male. Si andava per imparare l’arte del pugilato, per apprendere l’arte della difesa nel vero senso del termine». E oggi quest’ ‘abitudine’ si è persa? «Non è che si è persa, però bisogna spiegare alcune cose. Se uno ha una discreta tecnica di base, anche senza particolari insegnamenti e con un minimo di allenamento, può andare a giocare a calcio con gli amici. La boxe invece è diversa, bisogna impararla con gradualità e pazienza, dopo quattro allenamenti non è immaginabile salire sul ring. Oggi c’è poca vocazione al sacrificio, si vuole tutto e subito, e questo con la noble art non va d’accordo». Inoltre ci vuole tanto coraggio. «È alla base del pugilato. Il senso della sfida, della lotta, fare a pugni non è per niente facile. Quando ti batti, sin da bambino, il cuore ti va in gola, è una sensazione fortissima che non tutti sono in grado di sopportare». Eppure Lei, nella veste di commentatore Rai, è spesso bonario nei giudizi sui pugili attuali. «Quando commento un incontro voglio spiegare l’essenza del pugilato, evidenziare quelle cose che magari allo spettatore possono sfuggire. In pratica, cerco di evidenziare il “bello” di quello che viene trasmesso, anche perché per il “brutto” non c’è bisogno, quello lo vedono tutti...E poi non mi faccia fare troppe critiche, io sono un figlio di questa boxe, anzi (correzione non casuale, ndr) forse è meglio dire che sono figlio della boxe». Qualche pugile attuale che le piace? «Ma, io sono abbastanza fuori dall’ambiente. Senza voler fare polemica, non ho avuto dalla federazione pugilistica italiana particolare considerazione». Allora qualche nome lo facciamo noi. Ad esempio un altro campione olimpico, Roberto Cammarelle, è sprecato tra i dilettanti? «Difficile rispondere a questo quesito, se ha scelto di non passare professionista va rispettato. Per fare una scelta del genere bisogna essere determinati e consapevoli che può andare bene, ma anche andar male. Cammarelle è un buon pugile, ma bisognerebbe vedere tra i professionisti la sua capacità di assorbire i colpi». Tra i pro, nei pesi massimi, vanno forte i due fratelli ucraini Klitschko. «Sono degli ottimi pugili, tipico prodotto della scuola dell’Est. Ai miei tempi si diceva che se i pugili dell’Europa orientale fossero passati al professionismo avrebbero fatto terra bruciata. In realtà, pur avendo avuto un buon impatto, non è stato così. E questa è la dimostrazione che boxe professionistica e dilettantistica sono due sport differenti». La boxe resta uno sport in cui è possibile fare confronti tra un atleta di 80 anni fa ed uno dei nostri tempi. «Si, anche

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perché a livello tecnologico, ma tutto sommato anche di preparazione, non è cambiato molto. L’unica cosa diversa che mi viene in mente sono i guantoni. Ai miei tempi era più piccoli, dentro c’era la lana, il crine. Oggi c’è la gomma piuma e non si deformano, prima invece si consumavano e quando accadeva il colpo diventava più secco». Il colpo migliore di Benvenuti? «Parlerei di colpi migliori. Il gancio sinistro e montante destro, anche se quello che portavo maggiormente era il jab sinistro».



di Federico PASQUALI foto Getty Images

NEL SEGNO DEL FITNESS [

È uno degli sport più diffusi al mondo. E, anche in Italia, è sempre più praticato da persone di ogni età

a nascita di questa arte la si deve ad uno statunitense, tal Joe Weider che inventò la più prestigiosa competizione di Body Building al Mondo, vinta per sette volte di seguito dall’attuale governatore della California Arnold Schwarzenegger. Solo agli inizi degli anni ’70 il Fitness conquista l’universo femminile, grazie ad un altro nome famoso, quello della bellissima attrice Jane Fonda. Probabilmente, dopo la corsa, è l’attività sportiva più praticata al mondo. È il fitness, una parola che racchiude un mondo condiviso da milioni di appassionati di ogni età. L’origine del “fitness” è statunitense: nasce infatti a Venice Beach, California, a metà degli anni ‘60 con Mr Olympia, la più prestigiosa competizione di Body Building al mondo, pensata e creata da Joe Weider. In Italia Mr Olympia arriva nel 1989, in occasione dello svolgimento del 1° Festival del Fitness. Ma in realtà il fitness è nato e si prarica ovunque ci sia una palestra o uno spazio all’aperto attrezzato. Agli inizi degli anni ‘70, anche le donne si avvicinano al “fitness”: grazie all’apporto di una ex ballerina, Jacki So-

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rens, l’aerobica venne abbinata alla musica, trasformando così esercizi ripetitivi in una forma di divertimento: la musica è capace di dare quell’energia che fa superare con minor fatica movimenti pesanti, rendendoli più facili da eseguire, fornendo il giusto ritmo di esecuzione. Grazie a questa accoppiata vincente - esercizio fisico e musica - la ginnastica aerobica divenne la forma più popolare di attività fisica del Nord America. Negli Stati Uniti nacque una vera e propria mania, alimentata anche dall’apporto di una grande attrice, Jane Fonda, che fece dell’aerobica uno stile di vita, ma anche un affare con la A maiuscola: una quantità innumerevole di palestre, dove si poteva praticare la ginnastica aerobica, vennero aperte in tutti gli Stati Uniti. Alla fine degli anni ‘70 anche l’Europa apre le porte al fitness.

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STEP La lezione di step (traduzione inglese di gradino) prevede una serie di esercizi dinamici di salita e discesa dalla piattaforma, seguendo un ritmo costante scandito dalla musica

CARDIO FITNESS Attività aerobica, svolta su attrezzature come il tapis roulant e la cyclette, che aiuta a bruciare i grassi

SPINNING Attività aerobica/anaerobica di gruppo su bicicletta fissa

PILATES Programma di esercizi che si concentra sui muscoli posturali, cioè quei muscoli che aiutano a tenere il corpo bilanciato e sono essenziali a fornire supporto alla colonna vertebrale FUSION Una nuova formula di allenamento che combina bike, tappeti e krankcycle BOOTCAMP Sistema di allenamento all’aperto, nato negli States e ispirato al training dei Marines americani STRIKE ZONE Un workout sensazionale per la mente e per il corpo, che tonifica e definisce i muscoli, con focus sugli addominali.

L’attività fisica, grazie al boom economico, iniziava ad uscire dalla tradizione degli sport olimpici, trovando nuovi adepti negli sportdivertimento da praticare in montagna, al mare o comodamente nelle palestre della propria città. Negli anni ‘80 il fitness inizia radicalmente a diversificarsi. Nascono nuove specialità, metodi, tipologia di esercizi, e anche le attrezzature per praticare alcuni esercizi cambiano. Le palestre, luogo per eccellenza per praticare il fitness, sorgono in ogni città del mondo, e il mercato diventa globale sotto tutti i punti di vista. Non sono solo i giovani a frequentarle, ma anche persone di mezza età e anziani. In questo periodo anche in Italia c’è un vero e proprio boom, tanto che nel 1989 nasce il Festival del Fitness, che contribuisce anche al proliferare di tante palestre su tutto il territorio nazionale consentendo anche alle aziende tecniche uno straordinario start up. «L’idea di organizzare non solo un evento, ma un vero e proprio festival, è stata vincente fin da subito. In quegli anni in Italia i praticanti si erano moltiplicati, grazie anche ai tanti imprenditori che aprivano palestre attrezzate non solo per il body building e a quelli che lanciavano sul mercato attrezzature innovative. In Italia, o meglio, nel mondo, non c’era un festival che li radunasse tutti insie-

KRANKING Permette di utilizzare la parte superiore del corpo in modo armonico, bruciando calorie e migliorando la stabilità corporea.

ACQUAGYM Ginnastica in acqua, basata su movimenti dolci a basso impatto.

GAG Ginnastica per allenare dolcemente glutei, addominali e gambe. È molto praticato soprattutto dalle donne.

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me, così il successo è stato immediato», spiega Gabriele Brustenghi, ideatore e patron del Festival del Fitness. Negli anni ‘90 l’industria del fitness diventa una delle più importanti per giro d’affari nel campo dello sport. Palestre, attrezzatura, abbigliamento, prodotti alimentari legati al benessere, tutto ciò che riguarda il fitness raggiunge un successo commerciale. Il fitness, in tutte le sue sfaccettature, inizia ad interessare sempre più, da una parte i praticanti di altre discipline sportive, dall’altra tutti gli strati sociali. Gli sportivi, ad esempio, frequentano le palestre per allenare la potenza e la resistenza, facendo pesi e correndo sui tapis roulant, ma anche vogando sul remoergometro o pedalando. Inoltre entrano a far parte della grande famiglia del fitness l’acqua, con diverse specialità da praticare in piscina, o alcuni attrezzi che consentono un divertimento di massa, come lo spinning, che raduna centinaia di persone in una sola lezione. Il nuovo millennio si apre con l’esplosione dei programmi personalizzati di fitness. Oggi sono centinaia i tipi di allenamento ideati da istruttori di tutto il mondo. Il nuovo concetto che avanza è quello del wellness, lo stare in forma non solo fisicamente ma anche mentalmente. Le nuove palestre sono veri e propri centri per il benessere psico-fisico della persona. All’attività fisica, infatti, è sempre più abbinata la pratica del rilassamento e della cura del corpo in generale.


Il Festival del Fitness nel cuore del Foro Basket Playground Hip Hop International

Group Italiana Cycling Fitness

Fiamme Gialle Dabliu Suite

Spa Area

Beach Volley

Main Stage

Uisp Fitness STADIO OLIMPICO

GOLDEN GALA

STADIO DEI MARMI

Mille e una corsa Mountain 4 people Mountain Expo Canoa Scuba

Muscle Beach Fitness XRKade Gym First Italiana University Expo Fitness Beach Open Tennis Dabliu Beach Fidal

Pole Dance

Csen Stage

Asi Aqualand Bosu Stage

Kids Village Federazione Ingresso Italiana Uscita Canottaggio

Esercito

Martial Arts

1km Fitness Challenge

Pilates Arena

Macumba Stage

La 22esima edizione del Festival del Fitness, su 40.000 metri quadri del Foro Italico, dal 10 al 13 giugno, vive di quattro giorni intensi, con centinaia di ore di lezione senza sosta da mezzogiorno a mezzanotte. Uno dei più affascinanti scenari del pianeta è il biglietto da visita del Festival che dal 1989, prima di Roma a Rimini e Firenze, attira visitatori attivi da ogni angolo del mondo. Un evento internazionale dove, a partire dai bambini che trovano spazio per fare attività fisica divertendosi, si arriva ai frequentatori assidui, che vivono anche 10 ore all’interno del villaggio.

Maurizia Cacciatori è una delle più vincenti pallavoliste italiane e una delle più famose al mondo. In carriera ha vinto 4 scudetti in Italia (Bergamo) e uno in Spagna (Tenerife), 4 Coppa Italia (3 con Bergamo e 1 con Perugia) e 1 Coppa di Spagna (Tenerife), 3 Supercoppa Italiana (Bergamo), 3 Coppa dei Campioni (2 con Bergamo e 1 con Tenerife) e 1 Coppa Cev (Napoli). In carriera ha vestito 228 volte la maglia azzurra, vincendo l’oro ai Giochi del Mediterraneo nel 2001, un bronzo e un argento agli Europei del 1999 e del 2001. Quest’anno è stata scelta come testimonial del Festival del Fitness

A Roma si moltiplicano i luoghi dove fare movimento

Da Mondofitness al Big Gym ondofitness, immerso nel verde del Parco di Tor di Quinto, aprirà le porte il 9 giugno, per dare inizio, come tradizione ad una maratona estiva di fitness che si concluderà il 16 settembre. Cento giorni di sport,

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benessere e divertimento, per un’estate tutta da vivere all’aria aperta. Mondofitness è giunto all’XI edizione, a testimonianza del gradimento sempre crescente che raccoglie nella nostra città. Sarà una

grande palestra a cielo aperto di 30.000 mq, divisi in oltre 20 aree, tra le quali fitness, sala pesi, indoor cycling, rowing, arti marziali, sport da ring, danza, discipline acquatiche e da spiaggia. La manifestazione è patrocinata dal Municipio XX, dal Comune e dalla Provincia di Roma e dalla Regione Lazio. Torna invece, dopo alcuni anni di assenza, un grande appuntamento dello sport romano, il Big Gym, evento multisport che per anni ha fatto divertire migliaia di ragazzi della Capitale. Dal 7 giugno all’8 agosto, allo Stadio delle Tre Fontane dell’Eur, si potranno praticare decine di discipline sportive, dal basket al volley, dal beach soccer al tennis. Il cuore sportivo della capitale pulserà

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ininterrottamente per 14 ore dalle 10.00 alle 00.00, seguendo un calendario di lezioni che si svolgeranno ad orari stabiliti e di tornei interni, previsti in molti degli sport praticati all'interno del villaggio, tutto accompagnato da un programma intessuto da numerosi appuntamenti di intrattenimento e svago. Sessanta giorni di sport e fitness all'aperto in un'area esclusiva: una palestra outdoor di circa 12.000 mq per un'estate da vivere all'insegna dello sport e dell'attività fisica più variegata ed alternativa.


egnali di fumo nell’orizzonte dell’impiantistica sportiva. Magari lentamente, ma comunque qualcosa si muove per tentare di portare gli impianti su livelli di eccellenza. La normativa in via di approvazione parlamentare tratta delle modalità di costruzione di nuovi stadi o modernizzazione di quelli esistenti, considerati in buona parte inadeguati ai più elevati standard europei. L’occasione per parlarne è stato il Disegno di Legge in materia. La strada è quella del celebrato modello inglese. Ovviamente, però, in versione un po’ riveduta. Non scomodiamo fantasmi di Italia ’90, tristi ricordi di sprechi, morti bianche, opere inutilizzate e abbandonate l’indomani. Nella legge si parla solo di stadi. Lo spirito è finanziare interventi per migliorie o, in alternativa, per la loro costruzione. In questa eventualità l’iniziativa apparterebbe a un soggetto proponente (ad esempio un club) che dovrebbe individuare l’area da destinare allo scopo, ovvero utilizzare aree a discrezione del Comune di pertinenza. Presentato e approvato il piano di fattibilità, vi sarebbe la possibilità di accedere a finanziamenti del Credito Sportivo, attraverso un fondo creato all’uopo dalla Presidenza del Consiglio, con possibilità di intervento finanziario ulteriore degli enti locali per un investimento che possa avere una efficacia sociale. Motivazione: il suo valore al servizio della comunità. Cioè palestre, piscine, ad uso di associazioni dilettantistiche, enti di promozione sportiva, con possibilità di prevedere centri commerciali, aree comuni, perfino aree residenziali. Nel famigerato Novanta furono costruiti per il Mondiale due stadi “ex novo”: Bari e Torino. Ambedue le città, ovviamente, avevano già il loro impianto, dotato di pista di atletica che, notoriamente, è nemica della visibilità e dello spettacolo calcistico. Eppure, vennero costruiti due stadi che replicarono la medesima e famigerata pista dalle caratteristiche, ovviamente, non strettamente “calcistiche”. Il modello inglese, allora, non era ancora di moda. Adesso invece va per la maggiore, sebbene sia lecito sospettare che un certo equivoco regni sovrano in materia e il mantra d’oltremanica venga utilizzato per estendere le finalità sportive degli stadi. Nelle brume nebbiose, infatti, generalmente non sono previsti né centri commerciali né cinema. Lodevole, comunque, l’intenzione. Quella di legiferare su un settore così importante e al tempo stesso nebuloso come l’impiantistica sportiva. Quella di voler rendere l’impiantistica di vertice del nostro paese all’altezza dei migliori stadi del mondo. Quella di voler coniugare lo sport di vertice a quello di “base”, attraverso la fruizione dell’impianto in via continuativa, anche da atleti non professionisti. O almeno le opere di contorno, le palestre previste nel ventre delle tribune, le piscine ubicate accanto agli spogliatoi dei campioni. In fondo, a Roma, con questi criteri già molti anni fa venne costruito l’attuale Flaminio. Perché non parlare di modello italiano, invece di scomodare esempi britannici? Alla legge il compito di indicare la strada; il passo successivo sarà la progettazione. Alla fattibilità l’arduo compito di scindere le opere sportive da quelle edilizie, gli stadi dai quartieri. L’opera “sociale” da quella speculativa.

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STADI L A

N U O V A

L E G G E

ECCO COSA DICE FINALITÀ

Ha lo scopo di favorire e di incentivare la realizzazione di nuovi impianti sportivi e stadi ovvero la ristrutturazione di quelli già esistenti secondo criteri di sicurezza, fruibilità e redditività dell’intervento e della gestione economico-finanziaria. L’obiettivo è quello di garantire anche, nell’interesse della collettività, la sicurezza degli impianti al fine di prevenire anche fenomeni di violenza all’interno e all’esterno dei medesimi.

MODALITÀ Piano triennale di intervento straordinario: prevede la concessione di contributi (tramite fondo speciale presso l’Istituto per il Credito Sportivo), previsti all’articolo 28, comma 4, del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, e gli eventuali ulteriori contributi provenienti anche dagli enti locali.

TEMPISTICA I soggetti proponenti devono presentare alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, lo studio di fattibilità.

NUOVI IMPIANTI ITER Individuazione dell’area a carico del Comune o del soggetto proponente (il club o società di capitali in accordo con la società). Studio di fattibilità, comprensivo delle valutazioni di ordine sociale, ambientale e infrastrutturale e del piano finanziario con l’indicazione delle eventuali risorse pubbliche e degli eventuali finanziamenti per la sua predisposizione.


di Luca ALEANDRI foto Getty Images

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La Legge Butti-Lolli attende l’ok della Camera. Via agli impianti d’avanguardia

DICHIARAZIONI DEL SEN. ALESSIO BUTTI, FIRMATARIO DDL STADI AL SENATO Mi auguro che il Ddl sugli impianti sportivi trovi una rapida approvazione alla Camera, dopo l’ok unanime ricevuto al Senato ad ottobre. Il provvedimento punta alla realizzazione di stadi più sicuri e polifunzionali, e potrebbe essere un volano economico per il Paese, coniugando le esigenze delle società sportive con quelle degli enti locali e generando un investimento di 6 miliardi di euro con un’offerta di 85 mila posti di lavoro. Lo stadio deve diventare un luogo di famiglia, ospitare attività commerciali, ricreative e culturali, con il massimo del confort e della sicurezza.

DICHIARAZIONI DEL SEN. GIOVANNI LOLLI, COFIRMATARIO LEGGE BIPARTISAN AL SENATO La nostra legge rappresenta una grande opportunità per rinnovare la concezione dei grandi impianti nel nostro paese; ma anche per facilitare e snellire gli estenuanti iter burocratici oggi previsti per la costruzione o la ristrutturazione degli stessi tenendo naturalmente ben fermi i vincoli ambientali, idrogeologici e archeologici. Vogliamo favorire la nascita di impianti utili per le nostre città che, come nel resto d’Europa, siano capaci di remunerare l’investimento e non siano un peso per la comunità e per l’Ente Locale. Lo stadio deve diventare un luogo di tutti, da vivere tutta la settimana.

NELFUTURO

OBBLIGHI Il soggetto proponente si impegna a: • garantire l’equilibrio economico e finanziario della gestione dello stadio o, se inserito, del complesso multifunzionale; • garantire le migliori condizioni di visibilità per gli spettatori anche in relazione alla distanza tra le tribune e il campo di gioco; • prevedere locali da adibire a palestra, servizi commerciali, spazi destinati ad attività sociali ad uso della cittadinanza, anche mediante convenzioni con istituti scolastici, associazioni sportive dilettantistiche, federazioni sportive nazionali ed enti di promozione sportiva; • garantire la massima sicurezza degli stadi, tenuto conto della normativa vigente.

Nel caso della realizzazione di complessi multifunzionali il progetto può prevedere locali e spazi da destinare ad attività residenziali, direzionali, turistico-ricettive e commerciali; • diversificazione delle attività all’interno della struttura; • previsione di box o palchi per seguire le manifestazioni sportive da una posizione privilegiata; • massima adattabilità alle riprese televisive; • previsione di un sistema di telecamere a circuito chiuso e di una centrale operativa da cui siano visibili le immagini di tutte le telecamere, situata in un locale all’interno dello stadio.

RISTRUTTURAZIONE DI IMPIANTI

Alle società sportive che ne abbiano, a qualsiasi titolo legittimo, l’uso prevalente. Possono essere oggetto della cessione, unitamente allo stadio, anche le aree e le strutture ad esso funzionali o pertinenziali, quali parcheggi, aree di rispetto, costruzioni adibite a biglietteria, a pronto soccorso o ad accoglienza, eventualmente costituite da fabbricati strutturalmente autonomi. L’acquirente deve garantire lo svolgimento di attività sportive, commerciali e ricettive connesse, ricreative e di spettacolo, nonché per le funzioni sociali e pubbliche cui gli stadi sono destinati. Nell’atto di cessione dello stadio il comune deve specificare le destinazioni d’uso, anche in variante alle destinazioni d’uso esistenti, degli stadi e delle aree funzionali e pertinenziali, al fine di consentire l’utilizzo e lo sfruttamento economico quotidiano e continuativo degli stadi e delle aree medesime. In tale contesto, il comune può prevedere la possibilità di un ampliamento edificatorio delle cubature. Nel caso di fallimento della società sportiva il bene rientra nel patrimonio del comune nel cui territorio è ubicato.

NORME COMUNI Sono preferiti, in linea di massima, i progetti che prevedano la realizzazione di complessi multifunzionali destinati ad essere utilizzati durante l’intero anno e per eventi anche sociali e culturali, che abbiano capacità di generare processi di riqualificazione urbana e ambientale, che creino nuova occupazione nel territorio e che prevedano l’uso di tecniche innovative di costruzione e la realizzazione di impianti di produzione di energie alternative, con particolare riguardo ai sistemi fotovoltaici idonei a generare energia elettrica a favore del territorio su cui è ubicato lo stadio.

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STADI NELFUTURO

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DICHIARAZIONI DELL’ON. CLAUDIO BARBARO, RELATORE DDL STADI ALLA CAMERA

Progetto Stadi UN DOSSIER DA CUI RIPARTIRE

Onorevole, a che punto siamo? «Siamo nella fase di discussione generale e stiamo per iniziare le audizioni. Non siamo quindi ancora entrati nel merito dell’articolato. La volontà politica c’è ma certamente prima dell’estate sarà difficile che si giunga ad una approvazione da parte della Camera, soprattutto in assenza della spinta derivante dagli Europei 2016».

li Europei 2016 prendono la strada di Parigi. Ma, del dossier presentato dalla nostra Federazione alla Uefa, rimane lo straordinario lavoro che rappresenta una base dalla quale ripartire per migliorare, anche a livello infrastrutturale e di organizzazione, il nostro Sistema Calcio. A partire (e non solo) dagli stadi: nel rispetto dei requisiti di candidatura indicati dalla UEFA, l’Italia aveva inserito nel dossier 12 città, premiando il lavoro fatto dalle Amministrazioni Comunali che, in questi mesi, hanno predisposto e portato a termine impegni concreti per la presentazione di un dossier rispondente ai requisiti UEFA. Le città sulle quali si è lavorato a livello progettuale sono Bari, Cagliari, Cesena, Firenze, Milano, Napoli, Palermo, Parma, Roma, Torino, Udine, Verona. I principali stadi italiani sono stati costruiti o ristrutturati per i Mondiali del 1990. Alcuni, come il Meazza di Milano e l’Olimpico di Roma, sono stati poi ulteriormente rinnovati per ospitare le finali di Champions League nel 1996, 2001 e 2009. La Juventus ha già iniziato i lavori di costruzione di un suo nuovo stadio. Sono previsti poi tre nuove costruzioni: Torino, Cagliari, Palermo; importanti ristrutturazioni sono state previste negli altri stadi, attraverso nuove coperture, minimizzazione delle piste d’atletica, implementazione degli spazi dedicati all’accoglienza per VIP con nuovi skybox, riconfigurazione degli spalti per assicurare una perfetta visione, miglioramento del comfort dei servizi igienici e di ristoro, dei posti dei diversamente abili. Il tutto con una particolare attenzione allo sfruttamento delle risorse, grazie all’ausilio di impianti fotovoltaici, illuminazione a LED, raccolta dell’acqua piovana, raccolta differenziata dei rifiuti e riciclaggio dei materiali da costruzione. Si attende chiaramente una legge passata in Senato ed ora all’esame della Camera appoggiata bipartisan. Il lavoro di questi mesi ha permesso di gettare ulteriori basi per una accelerazione nella modernizzazione delle infrastrutture sportive, per l’adeguamento alle normative di sicurezza agli standard internazionali delle competizioni UEFA, per una nuova consapevolezza del valore del calcio come eredità per le generazioni future.

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Qual è l’obiettivo di questa iniziativa legislativa? «Sicuramente snellire le procedure così da permettere un immediato intervento sugli impianti, costruendoli o ristrutturandoli. Quest’aspetto dovrebbe rinforzare le potenzialità economiche e finanziarie dei club calcistici». Merita davvero questo calcio così tante attenzioni? «Già qualche anno fa, come centro destra e come ente di promozione, avevamo sollevato il problema di come potesse cambiare la struttura del calcio italiano, venendo meno quel vincolo di solidarietà che ne aveva caratterizzato lo sviluppo nel dopoguerra. Allora si era sussurrato di una svolta epocale, poi si è constatato che molti calcoli fossero decisamente inesatti. Il problema di base era il rinvigorirsi di un certo egoismo del calcio nei confronti delle altre discipline sportive. Sono i numeri ad evidenziarlo: oggi l’indebitamento dei club di serie A è di circa 2 miliardi e non è un caso. Se pensiamo che l’obiettivo era quello di eliminare l’elemento sociale per mettere in rilievo quello finanziario, forse qualcosa non è andato secondo le previsioni». Siamo sicuri che gli introiti sono stati previsti in modo ragionevole o potrebbe verificarsi l’ennesimo calcolo sbagliato del settore? «In realtà, in questo settore ogni analisi preventiva sembra sempre rosea, salvo scoprire spine a ogni angolo. Con l’avvento della pay tv si è verificato qualcosa di analogo; i diritti sono stati sopravvalutati e, una volta avuta la stima corretta, c’è stata un’inversione di marcia tanto dolorosa quanto inevitabile. In Italia l’unico esperimento finora tentato sulla strada degli impianti di proprietà è il Giglio di Reggio Emilia. Costruito tra le fanfare, oggi è in liquidazione. Non credo che tutte le squadre, o le città, possano sopportare esperimenti del genere, che mi sembrano adatti solo a metropoli dal grande seguito calcistico. Per il resto, qualche dubbio esiste».

Claudio Barbaro, deputato, presidente ASI, Consigliere Nazionale del CONI nonché esperto di tematiche sportive. È relatore del Ddl sugli stadi STADI NEL FUTURO | 74


MATERIALE TRATTO DAL DOSSIER PRESENTATO ALLA UEFA DA PARTE DELLA FIGC IN VISTA DEGLI EUROPEI DEL 2016

ROMA | Stadio Olimpico

LA PROPOSTA ITALIANA ALLA UEFA

Capienza: 66.968 Capienza UEFA EURO 2016: 60.216 Gare di competizioni internazionali disputate negli ultimi 20 anni: 148 Gare di competizioni nazionali disputate negli ultimi 20 anni: 823

Principali interventi: interventi finalizzati al miglioramento della visibilità; realizzazione di 80 skybox; realizzazione di aree ospitalità esterne; implementazione del numero e della qualità dei servizi igienici e di ristorazione; incremento postazioni riservate ai diversamente abili motori da 200 a 240, oltre a 60 posti riservati ai diversamente abili visivi e uditivi.

MILANO | Stadio San Siro - Giuseppe Meazza Capienza: 75.498 Capienza UEFA EURO 2016: 71.290 Gare di competizioni internazionali disputate negli ultimi 20 anni: 186 Gare di competizioni nazionali disputate negli ultimi 20 anni: 829 Principali interventi: realizzazione di nuove aree da destinare a uffici e spazi commerciali; realizzazione di 50 nuovi skybox e ammodernamento dei 30 già esistenti; interventi finalizzati al miglioramento della visibilità, della circolazione e della sicurezza; realizzazione di aree ospitalità esterne; Implementazione del numero dei servizi igienici e di ristorazione; 218 posti riservati ai diversamente abili motori e 60 ai diversamente abili visivi e uditivi.

BARI | Stadio San Nicola Capienza: 45.151 Capienza UEFA EURO 2016: 40.637 Gare di competizioni internazionali disputate negli ultimi 20 anni: 9 Gare di competizioni nazionali disputate negli ultimi 20 anni: 416 Principali interventi: ampliamento della copertura esistente; realizzazione di 50 skybox; Interventi finalizzati al miglioramento della visibilità; realizzazione di aree ospitalità esterne; implementazione del numero e della qualità dei servizi igienici e di ristorazione; incremento postazioni riservate ai diversamente abili motori da 50 a 130, oltre a 40 posti riservati ai diversamente abili visivi e uditivi.

CAGLIARI | Karalis Arena Capienza: 31.653 Capienza UEFA EURO 2016: 30.606 Gare di competizioni internazionali disputate negli ultimi 20 anni: 11 Gare di competizioni nazionali disputate negli ultimi 20 anni: 351 Principali interventi: costruzione del nuovo stadio nel sito del Sant’Elia. Le tribune sono sviluppate su un unico anello per ottimizzare la visibilità; realizzazione di 40 skybox; realizzazione di una struttura esterna modulare e smontabile a complemento delle superfici interne destinate ai media; realizzazione di aree ospitalità esterne; 105 posti riservati ai diversamente abili motori e 30 posti riservati ai diversamente abili visivi e uditivi.

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CESENA | Stadio Dino Mauzzi Capienza: 31.800 Capienza UEFA EURO 2016: 30.598 Gare di competizioni internazionali disputate negli ultimi 20 anni: 3 Gare di competizioni nazionali disputate negli ultimi 20 anni: 305 Principali interventi: realizzazione di nuova tribuna coperta con integrazione di impianto fotovoltaico e parte inferiore telescopica per facilitare gli allestimenti di concerti e convention senza dover utilizzare il campo di gioco; realizzazione di 40 skybox nella nuova tribuna; implementazione del numero e della qualità dei servizi igienici e di ristorazione; 100 postazioni per i diversamente abili motori e 30 per i diversamente abili visivi e uditivi.

FIRENZE | Stadio Comunale Artemio Franchi Capienza: 31.652 Capienza UEFA EURO 2016: 30.087 Gare di competizioni internazionali disputate negli ultimi 20 anni: 44 Gare di competizioni nazionali disputate negli ultimi 20 anni: 392 Principali interventi: Realizzazione di nuove aree ai lati della Tribuna Principale da destinare ai servizi per Euro 2016 e successivamente a negozi e uffici; ampliamento della copertura esistente; realizzazione di 41 skybox; implementazione del numero e della qualità dei servizi igienici e di ristorazione; 124 posti riservati ai diversamente abili motori e 30 posti riservati ai diversamente abili visivi e uditivi; realizzazione di area ospitalità esterne.

NAPOLI | Stadio San Paolo Capienza: 63.250 Capienza UEFA EURO 2016: 56.898 Gare di competizioni internazionali disputate negli ultimi 20 anni: 23 Gare di competizioni nazionali disputate negli ultimi 20 anni: 379 Principali interventi: realizzazione di nuova copertura con impianto fotovoltaico integrato; eliminazione della pista di atletica; risagomatura e rifacimento degli spalti dell’anello inferiore al fine di migliorare la visibilità; realizzazione di 82 skybox; implementazione del numero e della qualità dei servizi igienici e di ristorazione; incremento postazioni riservate ai diversamente abili motori, da 192 a 200, e 60 posti riservati ai diversamente abili visivi e uditivi.

PALERMO | Stadio di Palermo Capienza: 35.074 Capienza UEFA EURO 2016: 33.866 Gare di competizioni internazionali disputate negli ultimi 20 anni: 22 Gare di competizioni nazionali disputate negli ultimi 20 anni: 269 Principali interventi: costruzione del nuovo stadio nel quartiere Zen, come motore primario di riqualificazione dell’area; tribune sviluppate su due anelli ottimizzando al massimo la visibilità; interventi improntati alla sostenibilità ambientale ed alla semplicità gestionale grazie anche alla realizzazione di ampie superfici commerciali interne ed esterne; realizzazione di 56 skybox; 100 posti riservati ai diversamente abili motori e 30 ai diversamente abili visivi e uditivi. STADI NEL FUTURO | 76


PARMA | Stadio Ennio Tardini Capienza: 31.297 Capienza UEFA EURO 2016: 30.225 Gare di competizioni internazionali disputate negli ultimi 20 anni: 64 Gare di competizioni nazionali disputate negli ultimi 20 anni: 390 Principali interventi previsti: ampliamento della copertura esistente; realizzazione di una nuova tribuna; realizzazione di 40 skybox; implementazione dei servizi interni; implementazione delle superfici di parcheggio riservate; implementazione del numero dei servizi igienici e di ristorazione; incremento postazioni riservate ai diversamente abili motori da 80 a 100, e 30 posti per i diversamente abili visivi e uditivi.

TORINO | Stadio Juventus Capienza: 41.192 Capienza UEFA EURO 2016: 40.012 Gare di competizioni internazionali disputate negli ultimi 20 anni: 109 Gare di competizioni nazionali disputate negli ultimi 20 anni: 856 Principali interventi: costruzione del nuovo stadio nel sito dello Stadio delle Alpi; tribune sviluppate su due anelli ottimizzando al massimo la visibilità; realizzazione di un’area commerciale complementare, di 8 aree ristorante interne e di un museo; realizzazione di n. 66 skybox; realizzazione di aree ospitalità esterne; 190 posti riservati ai diversamente abili motori e 80 posti riservati ai diversamente abili visivi e uditivi.

UDINE | Stadio Friuli Capienza: 41.254 Capienza UEFA EURO 2016: 40.026 Gare di competizioni internazionali disputate negli ultimi 20 anni: 35 Gare di competizioni nazionali disputate negli ultimi 20 anni: 357 Principali interventi: eliminazione della pista di atletica; riconfigurazione degli spalti con avvicinamento al campo; ampliamento della copertura esistente; realizzazione di 50 skybox; implementazione del numero e della qualità dei servizi igienici e di ristorazione; incremento postazioni riservate ai diversamente abili motori da 71 a 144, oltre a 40 posti riservati ai diversamente abili visivi e uditivi; realizzazione di aree ospitalità esterne e nuove aree per servizi.

VERONA | Stadio Marcantonio Bentegodi Capienza: 31.391 Capienza UEFA EURO 2016: 30.089 Gare di competizioni internazionali disputate negli ultimi 20 anni: 8 Gare di competizioni nazionali disputate negli ultimi 20 anni: 648 Principali interventi: integrazione di impianto fotovoltaico nella copertura esistente; riconfigurazione degli spalti; interventi finalizzati al miglioramento della visibilità; realizzazione di 40 skybox; implementazione del numero e della qualità dei servizi igienici e di ristorazione; incremento postazioni riservate ai diversamente abili motori da 67 a 105, oltre a 32 posti riservati ai diversamente abili visivi e uditivi; realizzazione di aree ospitalità esterne. STADI NEL FUTURO | 77


STADI NELRITORNO FUTURO

AL PASSATO Gli stadi inglesi, dal vecchio Highbury al sempreverde Craven Cottage, modelli di un calcio vissuto a “casa”.

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Ron Yeats, capitano del Liverpool, ammira pensieroso il terreno di gioco dell’Anfield. Stile compunto, inglese. Rigido come le inferriate dello stadio che lo avvolgono insieme alle nebbia tetra in lontananza. C’è una coppa da mettere in bacheca. Quella del 1970

]

ddio vecchia Inghilterra. Soprattutto addio all’atmosfera che si respirava nei vecchi stadi, tra folle pigiate dietro le porte che ad ogni gol venivano giù. Ancelotti è rimasto conquistato dall’atmosfera che si respira nei teatri della Premier: che cosa avrebbe detto dei cori che rimbombavano sotto le tettoie, sostenute da pali di ferro battuto dal sapore vagamente retrò? Campi fangosi battuti dai tackle, accompagnati da boati, tiri improbabili di terzini da quaranta metri, centravanti spilungoni a fare la torre. Il calcio inglese che conquistava l’Europa negli anni settanta era l’espressione di un gioco maschio, in opposizione al calcio di tocchi del mondo latino. Intorno, le vie dai tetti spioventi, le nebbie delle cinque della sera, lo sferragliare della metro, il culto dei “programs” e quello delle coccarde, le finali di Wembley dalle torri che svettavano fin dall’uscita dell’omonima stazione. Ma il fascino del calcio inglese era nei vicoli, nel tratto di muro della vecchia gradinata Shed che il nuovo Chelsea ha voluto conservare in omaggio al passato, al Craven Cottage dove si esibisce il Fulham ancora ai giorni nostri. Inaugurato nel 1879, sorgeva nelle campagne (allora) londinesi. La sede sociale, incastonata in un fabbricato meraviglioso attiguo alle gradinate, era una vecchio capanno di caccia reale, quando quell’area verde che costeggia il Tamigi era ancora lontana dal centro abitato ed oggi è puro centro. L’Arsenal che gioca, anzi giocava ad Highbury, fin dal 1913. Qui giocò l’Italia campione del mondo, quando gli inglesi maestri del calcio si limitavano a sfidare i primi della classe. Si giocò qui in omaggio al club, che i quell’occasione dava alla nazionale sette giocatori. Gli azzurri, pur sconfitti per 3-2, si meritarono l’appellativo di “leoni”. Oggi Highbury non esiste più, in ossequio al nuovo e bellissimo calcio per teletubbies, e nulla ha potuto nemmeno la facciata dell’East Stand, del 1936, monumento nazionale di seconda classe.

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Il capitano dello Stoke City, McGrory, si accinge a scendere in campo col pallone in mano. Sta per iniziare la battaglia contro l’avversaria. C’è chi uccide l’attesa con le leccornie del venditore ambulante

Era il palcoscenico dei vecchi eroi, dove poteva capitare perfino che un giorno l’Arsenal fosse in dieci, per una partita contro il Reading del 1916, e venisse rintracciato sugli spalti un vecchio terzino ritiratosi da anni. Bob Benson scese negli spogliatoi, ritrovò la sua maglia e giocò, sospinto dal ruggito della folla, che lo sostenne fino all’ennesima discesa sulla fascia, interrotta solo da un infarto fatale. Attraversi Londra e trovi l’Accademia del West Ham, i pub intorno al Boleyn, dove anche il campione del mondo Bobby Moore aveva pensato di investire in vista di una vecchiaia mai raggiunta. Oggi il 6, il suo numero campeggia in una linea di abbigliamento claret and blue, i colori del club, ad imperitura memoria. Per non parlare, oltre il Tamigi, del vecchio Den, “la tana” del Millwall, che non ha mai vinto e non vincerà mai niente, e il cui motto dei tifosi era, ed è, «nessuno ci vuole e noi ce ne freghiamo». Il vecchio Den, oggi sostituito da uno dei tanti stadi modello che ha ripulito non poco l’immagine del club, sorgeva invece tra vecchie

carrozzerie, edifici popolari, cunicoli fatiscenti. Le tettoie erano disposte in modo casuale, interrompendosi a metà della loro lunghezza, il peso degli anni sembrava annullarsi quando la folla arrabbiata del South London riempiva le gradinate, infrequentabili per gli estranei. Era un filo che sembrava ripercorrere la storia di questo paese attraverso i decenni, dai calzoncini lunghi fino al ginocchio del Primo Dopoguerra a quelli cortissimi degli anni Settanta, quasi sulla scia glamour di una certa signorina Quant, che è passata alla storia per aver inventato la minigonna. La Londra di Carnaby e la Liverpool dei Beatles, la Kop di Anfield dal suo inno celeberrimo, “you’ll never walk alone”, ripreso perfino dai Pink Floyd. Capelli lungi e basettoni, sciarpe popular, braccia al cielo al gol di Mc Dermott, le latrine fatiscenti di cui non si lamentava nessuno, la rivalità con il Manchester di George Best, l’uomo che ha detto «se fossi stato brutto non avreste mai sentito parlare di Pelé».

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7 settembre 1935. Al Brentford i bambini vengono invitati a sedersi nei seggiolini a ridosso del campo di gioco. I piccoli fremono per poter ammirare da pochi metri i propri eroi sul terreo di gioco. Non è facile frenare la loro euforia. Nella foto in basso un altro scatto di uno stadio, vecchio stile, senza pista di atletica e con i tifosi vicini al campo

Chi non ha mai vissuto questo si meraviglia di questo calcio in cui gli hooligans sembrano sconfitti per sempre. Eppure, nonostante sembri tutto un inno alla perfezione, i vecchi tifosi, strana razza, soffrono un po’ di nostalgia. A Manchester nasce un club di vecchi sostenitori dello United che sono stanchi di andare ad Old Trafford, tra biglietti carissimi, telecamere, stewards ad ogni angolo, posti tutti numerati. E rifiutano tutto questo non perché vogliano creare problemi, ma solo perché sentono di aver perso il loro calcio che era elemento di coesione, di comunità, un rito, non un passatempo. E allora fondano una squadra di semiprofessionisti ed esultano per ogni vittoria come fosse

Dagli anni del bianco e nero agli anni ‘70. Sciarpe al cielo ed applausi scroscianti da parte dei propri sostenitori agli eroi dell’Anfield Road. L’Arsenal è campione d’Inghilterra, come si evince dal sorriso della propria gente

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Una lontana giornata d’Agosto all’Highbury. Inizia la stagione 1933-34 e l’Arsenal sfida davanti al proprio pubblico il Birmigham City. Qualche fortunato spettatore riesce a coprirsi dal sole sotto le tettoie che richiamano gli ippodromi inglesi

una Champions. Hanno abbandonato Old Trafford semplicemente perché non la sentono più come casa loro. Questa era la forza storica di questo sport, e forse, in parte, lo è ancora, perché nessuno vuole ammettere come tutto sia cambiato. Attualmente, il calcio vorrebbe sempre più vivere di spettacolo, e allora entrerà in competizione con mille altri modi di trascorrere un week end. E chissà se basteranno cento telecronisti che urlano ad ogni tiro, ad ogni lancio, ad ogni parata per far credere a tutti che il pallone non sia diventato di plastica.

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Londra, 1936. Lo speaker ufficiale col megafono annuncia le formazioni che scenderanno in campo


di FRANCESCA MEI foto Ciamillo-Castoria


Core de Roma ANGELO GIGLI

emplicemente un sogno che si realizza. Per Angelo Gigli, 27 anni, romano, giocare nella squadra di cui è sempre stato grande tifoso sin da piccolino, significa semplicemente questo: un sogno che diventa realtà. “Angelone” o “Giglio”, come lo chiamano i suoi amici e compagni di squadra, è al suo secondo anno con la maglia della Lottomatica Virtus Roma, la squadra di massima serie della Capitale, di cui l’Ingegnere Claudio Toti è proprietario e presidente. Dopo aver iniziato da piccolo in alcune società storiche della pallacanestro romana, Angelo lascia la sua città per poter crescere e fare la gavetta, prima a Reggio Emilia e poi a Treviso, per poi tornare finalmente lo scorso anno a casa, dove ad aspettarlo ha trovato la sua famiglia e i suoi amici. Tutti a Roma lo indicano come la futura bandiera della Virtus; in cuor suo lui ci spera «ma –ci tiene a precisare– l’unica vera bandiera da 16 anni a questa parte è il capitano storico della Virtus, Alessandro Tonolli. Poi si vedrà. Per diventare bandiera di una squadra devi lavorare sodo e devi meritartelo. Di strada da fare ce

S

ne è ancora tanta. Per me “Tonno” è sempre stato un punto di riferimento dentro e fuori il campo, e prendere il suo posto un giorno per me sarebbe un grande onore, oltre che una grande responsabilità. Per ora sono più che felice di vestire questa maglia. Era il mio sogno da bambino e sono molto contento di avere avuto questa opportunità, non potevo chiedere di più. Per un romano giocare nella propria città, rappresentarla non solo in Italia ma anche all‘estero, quando si gioca in Eurolega, è una grande soddisfazione e una sensazione bellissima. Ho sempre dato il massimo, ma ora che vesto i colori di Roma cerco di dare ogni volta il 110 per cento». Un attaccamento alla città, alla Virtus, ma anche alla Roma calcio. «Si, è l’altra mia grande passione sportiva. Quando posso vado allo Stadio Olimpico e mi porto dietro, oltre a mio fratello Emanuele, anche qualche mio compagno di squadra. Di solito vengono con me Jacopo Giachetti e Tadija Dragicevic con il suo gemello. Questi ultimi, serbi, sono ormai diventati grandi tifosi romanisti».

I PROTAGONISTI | 83

TUTTO INIZIA COSÌ Gigli inizia il suo percorso di cestista nel Vigna Pia. Già promette un: eccolo nella foto alzare, sorridente, la sua prima coppa. Prosegue la sua maturazione al San Raffaele e alla Fortitudo Roma. Poi decide di andare a farsi le ossa a Reggio Emilia e a Treviso. Accumula la giusta dose d’esperienza che gli permette finalmente di approdare nel 2009 a Roma, la sua amata città. Finalmente corona il sogno d’infanzia.


M AT T E O B O N I C I O L L I

«Angelo Gigli è stata una delle scoperte più positive e interessanti dal punto di vista personale. È un bravo ragazzo, un grande lavoratore, di poche parole ma di grande sostanza. In più, cosa rara in questi periodi di professionismo spinto, è un ragazzo sinceramente attaccato alla sua romanità. IL COACH DICE DI LUI E questa è una delle chiavi per capire il suo sincero attaccamento alla squadra e alla società. Tecnicamente è un lungo moderno, molto dinamico, che difensivamente dà all’allenatore una molteplicità di opzioni: la sua agilità e la sua mobilità sui piedi gli permettono infatti di poter marcare anche giocatori più piccoli. Offensivamente, ha ancora interessanti margini di miglioramento rispetto alla sua bi-dimensionalità: può attaccare da lontano contro avversari più lenti e attaccare anche da vicino contro avversari più bassi. In coppia con Andrea Bargnani, l’altro cestista romano, può essere l’architrave per costruire i successi della nazionale di Pianigiani».

Ci racconti dello spot che hai girato a Trigoria con Francesco Totti? «Si è trattato di uno spot promozionale che è andato anche sui mega schermi dell’Olimpico per promuovere un’iniziativa di beneficenza portata avanti da Virtus Roma e Roma calcio e che ha portato le due squadre a giocare partita di calcio a cinque e di basket in una bella serata di dicembre in un Palalottomatica colmo di gente. È stato molto divertente girare lo spot con il Capitano. Devo dire che lui ormai è un provetto attore, ma anche io non me la sono cavata male: in fondo il primo ciak è stato subito quello giusto!». Tornando al basket, puoi raccontare come si svolge la tua giornata tipo? «La mia giornata gira tutta intorno alla pallacanestro. Nel periodo, in cui non si gioca più l’Euro-

lega, il lunedì è solitamente di riposo e mi dedico alla mia nuova casa, a sistemare il giardino. Se è una bella giornata vado anche a pesca, il mio hobby preferito. Quando c’è l’Eurolega però, o quando giochiamo i playoff, non c’è un attimo di respiro: si mangia, si dorme e si gioca a basket tutta la settimana. A regime normale, invece, dopo il riposo del lunedì, il martedì torniamo in palestra con due sedute di allenamento: la mattina pesi, atletica e tiro, poi a casa per il pranzo e un po’ di riposo. Nel tardo pomeriggio ci ritroviamo al campo. Iter identico mercoledì e venerdì. Giovedì e sabato abbiamo una sola seduta». E quando c’è la partita? «La mattina facciamo un po’ di tiri al Palalottomatica, quando giochiamo in casa, o al Palasport di un’altra città quando siamo in trasferta. Il nostro quartier generale è il Palazzetto dello Sport, ma la settimana in cui giochiamo in casa capita spesso di andare ad allenarci all’Eur, al Palalottomatica. Una volta è accaduto che qualcuno pensava di doversi allenare al Palalottomatica, invece

Due premi in un giorno Angelo Gigli ha fatto incetta di premi nel 2010. Ha ricevuto il Premio Ussi Roma 2010, assegnatogli dalla stampa capitolina, e quello del Coni Provinciale di Roma, uno dei più importanti riconoscimenti per un atleta della nostra città. Nella foto in alto (Premio Ussi) è con Giovanni Malagò e in basso (Premio Coni) con la Bascelli campionessa di canottaggio..

LO SPORT MILITARE | 84


quel giorno ci allenavamo al Palazzetto, così è arrivato tardi all’appuntamento dopo aver attraversato tutta Roma. Il giorno dopo però ha portato i pasticcini nello spogliatoio, così si è fatto perdonare dai suoi compagni, dal coach e da tutto lo staff. È rito portare i pasticcini in spogliatoio al termine di un allenamento quando qualcuno compie gli anni: il festeggiato paga per tutti!». Passiamo al basket in campo, come vedi quest’anno la Virtus? «Abbiamo iniziato benissimo la stagione, facendo un’ottima prima parte di Eurolega, andando a battere alcune fra le squadre europee più forti di sempre su campi difficilissimi. Poi abbiamo avuto un calo e le troppe sconfitte consecutive hanno portato l’allenatore Nando Gentile a dimettersi. Quando si perde tanto il tecnico è il primo a pagare. Si era venuta a creare una atmosfera negativa anche con il nostro pubblico, così Nando ha scelto di lasciare la squadra. Avevamo tutti un bel rapporto con lui e ci è dispiaciuto». Il nuovo allenatore… «È arrivato Matteo Boniciolli che ci ha aiutato a riprenderci soprattutto a livello mentale. Con lui è iniziata una striscia positiva di vittorie, specie in casa, che ci ha ridato nuova linfa. Ora siamo mentalmente pronti ad affrontare la nuova stagione». Quella di quest’anno è stata una Virtus incentrata sui giocatori italiani, cosa ne pensi? «Penso che il presidente Toti abbia avuto un grande coraggio ad investire sugli italiani. Non è da tutti. Tutti pensano a vincere e a farlo subito, senza guardare troppo alla nazionalità del giocatore. Il nostro patròn ha invece scelto una strada più difficile e più lunga. Speriamo di poterlo ripagare al più presto».

i Angelo Gigl Soprannome: Giglio Data di Nascita: 4 Giugno 1983 Luogo di Nascita: Pietermaritzburg (Sud Africa) Stato civile: celibe Ruolo: ala/centro Altezza: 209 cm Peso: 106 Kg Squadre in cui ha giocato: Vigna Pia Roma, San Raffaele Roma, Fortitudo Roma, Reggio Emilia, Benetton Treviso, Virtus Roma Macchina Preferita: Suv Hobby: playstation, pesca Squadra di Calcio: Roma Film: il Marchese del Grillo Musica: tutti i tipi Colore: arancione Piatto: pasta alla calamarata Città preferita: Roma Meta per le vacanze: Cuba

A proposito di italiani, con Pianigiani alla guida inizia un nuovo corso della Nazionale di basket e tu ne fai parte. «La pallacanestro italiana, a livello di risultati con la nazionale, ha raggiunto forse il momento più brutto della

«Roma non si tira indietro » Francesco Totti, capitano della Roma, e Angelo Gigli, ala della Lottomatica Virtus Roma, si sono incontrati il 14 dicembre scorso, ognuno con le divise da gioco dell'altro, come testimonial dell'evento '”Roma scende in campo per combattere la fame nel mondo”. Patrocinata da Unilever e Comune di Roma, promossa da Alphaomega, la manifestazione -che ha visto un Palalottomatica quasi al completo, con 9.000 biglietti venduti- ha

fruttato, compresa la vendita delle maglie messe all’asta su E-bay, 344mila pasti. L’incasso è stato devoluto al Programma alimentare mondiale (Pam) dell'Onu, che ha sede a Roma ed è il primo fornitore di pasti scolastici nei Paesi in via di sviluppo. Anche il sindaco Alemanno ha risposto presente. Francesco Totti (nella foto a destra) ha dichiarato: «Mi sono divertito molto».

I PROTAGONISTI | 85

sua storia. Ora c’è un nuovo allenatore, il più vincente in Italia. Questo dovrebbe già essere una garanzia per un futuro senz’altro più roseo. Ma molto dipende anche da noi giocatori, dovremo impiegare tutte le nostre forze ed energie. Non sarà facile, ma tutti insieme dovremo risollevare le sorti degli azzurri del basket».


NATA A Roma, 4 maggio 1979. SEGNO ZODIACALE: Toro, ascendente Cancro. ALTEZZA: 1.68. PESO: 57 kg. TAGLIA: 42. NUMERO DI SCARPE: 39. OCCHI: castani. CAPELLI: castani. DIPLOMA: Liceo Scientifico. LAUREA: prossima in Economia Agraria. GENITORI: Davide e Cinzia FRATELLI: 1, Daniele. STATO CIVILE: nubile. HOBBY: studio e lettura. SPORT PREFERITI: pallanuoto e calcio. SQUADRA DI CALCIO: Roma. COLORE PREFERITO: verde. ELEMENTO PREFERITO: acqua. STAGIONE PREFERITA: primavera. GIOCHI PREFERITI: Pictionary e Trivial Pursuit. INDUMENTO PREFERITO: jeans. SCARPE PREFERITE: ginnastica. RUOLO: attaccante. OLIMPIADI: Oro ad Atene 2004. MONDIALI: Oro a Fukuoka 2001 e Argento a Barcellona 2003. Coppa del Mondo: Bronzo a Winnipeg 1999 e Argento a Tianjing 2006. EUROPEI: Oro a Prato 1999 e a Lubiana 2003. Argento a Budapest 2001 e a Belgrado 2006. CITTÀ PREFERITA: Roma. PIATTO PREFERITO: le lasagne di nonna

È stata tra le premiate alla manifestazione Atleta dell’Anno organizzata dall’Ufficio Sport del Comune di Roma. Ha dato l’addio all’azzurro, è stata la migliore giocatrice delle Olimpiadi greche di sei anni fa, ma a livello di club ancora domina in campo nazionale ed europeo: «Ricevere il premio in Campidoglio è stata una grande emozione».

Tania Di Mario eterminata, sincera e leale. Si definisce così Tania Di Mario. L’ex regina della pallanuoto azzurra, medaglia d’oro ad Atene 2004, dove fu anche premiata come migliore giocatrice delle Olimpiadi, ha detto addio alla calottina della Nazionale durante i Mondiali di Nuoto 2009 a Roma, sua città natale. Nella capitale Tania non abita ormai da 12 anni. Ancora oggi vive a Catania, in quanto giocatrice di spicco dell’Orizzonte, team campione d’Italia e d’Europa. Ma Roma ha scelto quest’anno di premiarla tra i migliori atleti del 2009.

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Che effetto le ha fatto ricevere questo riconoscimento in Campidoglio? «È stato emozionante. Speriamo che a questa prima edizione ne seguano tante altre. Nella mia città difficilmente ho avuto riconoscimenti in passato. È successo soltanto un’altra volta, subito dopo le Olimpiadi»

CALOTTINA ROSA | 86

Nella sua città ha partecipato ai Mondiali 2009. Cosa ne pensa? «È stata una bella manifestazione, organizzata molto bene. Certo sarebbe stato bello vincere a Roma. A prescindere dal risultato, mi sarebbe piaciuto anche condividere un momento così importante come un Mondiale giocato in casa con quelle che, oltre ad essere le mie ex compagne di squadra, sono le mie migliori amiche. Magari insieme saremmo anche riuscite a vincere senza problema. Probabilmente la nostra amicizia è stata in passato alla base dei successi. Io non ho mai giocato soltanto per me o per l’allenatore, ma soprattutto per chi lottava al mio fianco». L’addio all’azzurro è una decisione definitiva? «Sì. Questa è una delle poche certezze dell’ultimo periodo. Pensavo di poter arrivare almeno fino a Londra 2012, ma ho capito che non poteva es-


LA REGINA

di Anna Tina MIRRA foto Getty Images

DI ATENE sere così. Sono stata abituata a vivere la Nazionale in modo diverso dall’attuale. Quando ho capito che non mi piaceva più, ho deciso di lasciare. A 30 anni devo pensare anche al mio futuro. Non si può fare l’atleta tutta la vita». Sta pensando di appendere la calottina al chiodo? «È fisiologico. Ormai ho 30 anni. Deciderò a fine stagione se giocare ancora un altro anno». Quale vittoria ricorda con maggior piacere? «L’oro ad Atene. Dopo tanti anni di successi, l’Olimpiade è stata la realizzazione di un grande sogno. Mi sono sentita davvero una grande campionessa».

E quale sconfitta con più dolore? «La mancata qualificazione alle Olimpiadi di Sydney». Perché ha scelto di giocare proprio a pallanuoto? «Perché nuotavo, e poi ho cominciato ad annoiarmi. Dietro consiglio del mio allenatore Daniele De Santis, ho provato con la pallanuoto, mi è piaciuto ed ho continuato. Giocare a pallanuoto è l’alternativa più logica al nuoto per chi vuole rimanere nell’acqua». Le piace anche il mare? «Del mare ho paura. L’idea che ci siano pesci o meduse mi crea panico, sono abituata a un ambiente chiuso».

CALOTTINA ROSA | 87

Passando alla sfera più personale, è fidanzata? «Da un anno e mezzo, con Raffaele. È di Catania, ha qualche anno più di me e fa l’agente di commercio. Ci siamo conosciuti in discoteca tramite amici». Crede che sia lui l’uomo della sua vita? «Forse sì, ma nel mio futuro non vedo ancora il matrimonio. Forse cambierei idea soltanto se dovessi diventare


A San Francisco

La S arde gna

Io e mio fratello

mamma, ma mi sembra ancora una cosa molto lontana». Crede nell’amore? «Inizialmente ci credevo. Poi mi sono persa. E ora mi sono ritrovata. Insomma l’amore ha avuto un andamento un po’ altalenante nella mia vita. Ma non ho mai smesso di crederci, mi ero solo presa un attimo di pausa». Il primo amore? «A 18 anni. Lui si chiamava Giorgio. L’avevo conosciuto al S. Maria in Via Manzoni, dove frequentavo il liceo». La sua prima volta? «A 18 anni, sempre con Giorgio». In passato ha affermato che studiare all’università era un hobby… «Lo è stato, anche se ora sono in dirittura d’arrivo. Prima dell’estate dovrei laurearmi in Economia agraria. Sto lavorando alla tesi sul verde pubblico nella città di Catania». Ha progetti post laurea? «Vorrei frequentare un master in marketing e management dello sport» Non pensa di restare nel mondo dello sport come tecnico? «Lo deciderò col tempo. Non so se sarei brava come allenatore. Lo devo capire» Non pensa ogni tanto di tornare a vivere a Roma? «Mi piacerebbe, non lo nego. Sono 12 anni, però, che vivo a Catania e sarebbe difficile anche andare via dalla Sicilia».

CALOTTINA ROSA | 88

L’isola di Salina

La sua famiglia vive a Roma? «Sì. Ed io appena posso cerco di tornare. Ho piacere di stare con loro. In particolare con i miei genitori Davide e Cinzia, che mi hanno dato la libertà di crescere, e con mio fratello Daniele. Anzi, spesso non torno quanto vorrei». In che quartiere andrebbe a vivere? «Sono nata e cresciuta in centro, vicino al Colosseo. Non potrei, dunque, andare in periferia. Non dico che tornerei proprio nel mio quartiere, ma almeno nelle vicinanze». Le piace tutto di Roma? «Abbastanza. Forse se diventasse un pochino più vivibile, si starebbe ancora meglio». Per quale squadra di calcio tifa? «La magica Roma. Come mia madre. Mio padre e mio fratello Daniele tifano Lazio. Insomma in famiglia è derby tutto l’anno». Un’ultima domanda, le piace leggere? «Molto. Ho appena finito l’ultimo di Isabelle Allende. Amo particolarmente questa scrittrice cilena. Narra spesso storie avventurose legate al passato, che hanno come protagoniste eroine, donne forti e coraggiose».


SPORT DILETTANTISTICO

ALLA SCOPERTA DELLE SQUADRE ROMANE DI TUTTI GLI SPORT

S.S. LAZIO PALLAMANO

30 anni di storia biancoceleste La Lazio Pallamano nasce nel 1980, il primo Presidente è Franco Cionci, fino al 1989. Si inizia per divertimento dalla serie D. Con impegno e serietà prima c’è la promozione in serie C, poi in serie B. Nel 1985 con l’arrivo a Roma di Giuseppe Langiano, Dario Paroletti e Carlo Jurgens , la Lazio inizia la scalata al vertice nazionale. Dal 1989 al 1991 scende in campo, come Presidente, Mario Apuzzo. Dopo, però, la società conosce un periodo di autogestione fino all’arrivo, nel 1992, del presidente Giovanni Chiarion Casoni. La squadra raggiunge il massimo risultato, il 4° posto in serie A1. L’anno successivo, per problemi di sponsor, la Lazio retrocede in A2. Arriva la fusione: AS Roma e Lazio si uniscono. La nuova società S.S. Lazio Pallamano partecipa al campionato di serie A1, poi retrocede fino in serie B. Nel 2004 viene nominato Presidente Roberto Pessi che porta la squadra alla promozione in A2.

A 30 anni dalla nascita, la Lazio pallamano vince il campionato di B e torna, dopo una stagione in purgatorio, a giocare in A2

di Saverio FAGIANI

icuramente la pallamano a Roma non occupa, nell’olimpo degli sport, un posto rilevante. La difficoltà nel reperire impianti adeguati alle esigenze tecniche, che lo stesso gioco richiede, crea problemi a tutto il movimento dell’Handball della Capitale, penalizzandone sia la pratica sia la sua divulgazione. Una politica sportiva poco attenta nel passato ha ulteriormente frenato la giusta crescita di uno sport appassionante e spettacolare. E pensare che nel 1966 all’ISEF (Istituto superiore di educazione fisica) di Roma venne organizzato uno dei primi corsi di addestramento alla pratica del gioco, mentre il 10 ottobre dello stesso anno si costituì, sempre a Roma, il Comitato promotore per lo sviluppo dell’Handball. Quest’ultimo, sorto per divulgare il gioco della pallamano, nel 1969 si trasformerà nell’attuale Fede-

Si ringrazia per il materiale e l’Ufficio Stampa S.S. Lazio Pallamano, Alessandro Pizzuti

S

Pallamano, cenni di storia razione Italiana Gioco Handball (F.I.G.H.). La situazione attuale delle società romane è veramente preoccupante e in continua decadenza, basti pensare che il settore femminile è totalmente assente. Nonostante ciò, la SS Lazio Pallamano è riuscita ad ottenere una attesissima promozione in serie A2. Un’attività sportiva lunga 30 anni, quella della società biancoceleste del Presidente Roberto Pessi, premiata da questa promozione. Un traguardo importante che presuppone un impegno ampio per il futuro così come ci racconta lo stesso Pessi... Professor Pessi dopo un anno di serie B siete tornati nella pallamano che conta. «Il merito è certamente della squadra e dello staff tecnico. È stato un campionato esaltante, chiuso con 16 vittorie e 18 punti di distacco sulla seconda in classifica. Ciò è stato possibile solo grazie all’enorme impegno e disponibilità dei ragazzi nonché alla guida di un eccellente allenatore, Pino Langiano, che ha saputo motivare la squadra in ogni momento». Quali sono i programmi per il prossimo campionato?«Dopo aver festeggiato la A2, stiamo programmando già la prossi-

LA PALLAMANO DELLA CAPITALE | 89

La Pallamano –o Handball– ha origini recenti rispetto agli altri sport di squadra: ammesso come disciplina alle Olimpiadi solo nel 1936. Progenitore, il Torball, “palla in porta“, inventato nel 1915 in Germania. Inizialmente viene praticato soltanto da squadre femminili, poi anche dagli uomini. Successivamente, per merito di Holger Nielsen, nasce in Danimarca un gioco con regolamenti molto simili, l’Handbol, che si diffonde nei paesi scandinavi

ma stagione. Il compito non è semplice, con poche disponibilità da parte di sponsor, ma stiamo provando comunque a stabilire gli obiettivi del prossimo anno. Vogliamo essere protagonisti». Come cercate di avvicinare i giovani a questo sport? «Oltre a curare il settore giovanile, siamo molto presenti nelle scuole, dove andiamo ad insegnare ai ragazzi i valori e la cultura sportiva. Un grosso plauso deve andare al nostro tecnico Langiano, che tanto si prodiga per essere vicino ai giovani, girando in lungo e in largo per le scuole della capitale».


L A S TO R I A M I T I C A D I U N O S T R AO R D I N A R I O C A M P I O N E

CALCIO Fulvio Bernardini, nasce portiere, anni ‘20, nella Lazio. Poi i genitori decidono che il ruolo è troppo pericoloso. Quì nasce la leggenda di Fuffo, il nome d’arte, centrocampista dotato di un genio che lo porterà presto in Nazionale, primo giocatore romano e centromeridionale della storia. Bernardini vestirà anche le maglia dell’Inter e della Roma, prima di iniziare la carriera di allenatore. Tornerà anche nella Lazio per conquistare la coppa Italia del 1958. È stato allenatore anche della Nazionale, giornalista e dirigente sportivo.

di Fulvio STINCHELLI

F U F F O :

L A

F O R T U N A

l mio è un nome che viene dal freddo. Ebbi infatti la ventura di nascere, il 12 novembre 1928, in un antico palazzo della “spina” dei Borghi, quella “spallata” nel ’38 per far posto all’attuale via della Conciliazione. Non fu una meritoria impresa, quella demolizione, ma gli architetti Piacentini e Spaccarelli, come tutti gli esecutori di giustizia, non fecero che obbedire a ordini piovuti dall’alto. In ottemperanza al concordato del ’29, urgeva fare spazio alla nuova “strada del Papa”. E del prezioso tessuto urbano, mandato così in polvere, chissenefrega . Una dolorosa vicenda romana passata, com’è noto, alla storia. Dicevo del freddo, del grande freddo dell’inverno 1929: il più gelido del XX secolo, tanto che nevicò per settimane anche a Monte Carlo, arrecando serio nocumento alla fama del locale Principato, impegnatissimo a spalare la neve, ma assolutamente impossibilitato a sbrinare i vecchi miliardari incartapecoriti tra Casino, Sporting e Hotel del Paris. Talché si lamentarono numerose facoltosissime dipartite. Inevitabile, dunque, che Roma, città normalmente privilegiata in fatto di clima, patisse anche lei la gelata, persino d’autunno. Dico questo per spiegare la ragione per cui mio padre, quel martedì 13 novembre, dovendo recarsi in Comune a denunciare la mia nascita, all’amata bicicletta preferì l’Alfetta dell’amico Attilio Ferraris. Ambedue di origine fortitudiana, Attilio ed Enrico, mio padre, erano grandi amici. Nulla di strano, perciò, se quel giorno, tra loro, il dialogo andasse pressappoco così: «Attì, mi puoi dare uno strappo in Campidoglio? Vado a iscrivere il pupo, ma co’ sta giannetta…». «Dajje, Righè, monta, che te faccio pure da testimonio. Anzi, siccome ciò appuntamento co’ Fulvio, pe’ l’allenamento, imbarcamo pure lui, così, in due, er problema tuo è risolto. O no?». «Ti ringrazio, ma Bernardini non si scoccia?». «Chi, quello? Te và de scherza’… Fuffo nun sa dìmme de no». Era vero. Appena rientrato in patria dall’esilio milanese al-

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D ’ U N

N O M E

l’Inter e da pochi mesi alla Roma ancora pargoletta, ma fresca vincitrice della Coppa CONI, il fuoriclasse monticiano rappresentava il fulcro del “progetto Sacerdoti” incentrato su un attaccante stratosferico come Volk. Ferraris IV, capitano e anima dei giallorossi, aveva fortissimamente voluto l’acquisto di Fulvio, dicendo: «Ahò, io so’ un senzaddio, me ce vo’ uno serio e bravo vicino». Tutti e due grandi campioni, come uomini erano totalmente diversi. Fulvio e Attilio fecero poi, affiancati, le fortune e la gloria di quella prima Lupa. Recandosi all’anagrafe, scortato dai due prestigiosi testimoni, mio padre aveva in mente due nomi da darmi: Silvano (voluto da mio nonno, gran cacciatore) e Alvaro (patrocinato dalla nonna per misteriosi motivi). Allora, i vecchi dettavano ancora legge nelle famiglie. Davanti all’ufficiale civile, il genitore non aveva ancora sciolto il dilemma: Silvano o Alvaro? Di colpo, illuminato, prese una terza via. Rivolto a Bernardini, di cui non era ancora intimo, disse: «Selo chiamo Fulvio, sì, il pupo mio, a te dispiace?». «E perché mai? Anzi, ne sono felice». Andò proprio così. Venni registrato coi tre nomi in sequenza: Fulvio, Maria, Alvaro, Silvano. Il Maria venne aggiunto, perché la nostra era una famiglia molto cattolica. Scontato, direi fatale, in séguito a questo evento, che i rapporti tra Righetto, Attilio e Fulvio senior divenissero sempre più stretti. La Roma in casa nostra era davvero a casa propria: specie a Natale, quando tanti amici giallorossi si riunivano per festose tavolate, puntualmente orchestrate dallo zio Peppino, il decano, da tutti omaggiato per essere stato, un anno prima, uno dei sei firmatari dell’o.d.g. fondante l’Associazione Sportiva Roma. Che Natali, quelli! Li ricordo ancor oggi con gioia e commozione: Attilio c’era sempre, Bernardini spesso. Una volta, per quanto ebreo di nobile prosapia, intervenne anche il “presidentone”, Renato Sacerdoti: l’amicizia e il tifo per la Lupa annullavano le difformità religiose.

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IL MITO DI

Fulvio

IL PRIMO ROMANO

IN NAZIONALE

Bernardini nasce portiere ma il papĂ pensa che il ruolo sia troppo pericoloso e Fuffo si mette a giocare al centro del campo dove diventerĂ un campione assoluto, primo a vestire la maglia della Nazionale.


Il ricordo di Attilio, compagno d’infanzia di mia madre, è per me sempre stato inscindibile da quello di Bernardini, di cui orgogliosamente condividevo il “first name”. Attilio era scherzoso, battutista feroce, un trascinatore, parlava romanaccio e m’insegnava “un sacco di bojjerie”, come sottolineava, fingendosi indignata, la nobile nonna Corinna. Fuffo, come lo aveva ribattezzato la plebe lupina, era composto, gentile, educatissimo, un po’ sulle sue, come si dice a Roma. Io ero devoto a tutti e due, seppur con animo diverso. Sentivo crescere con questa devozione, l’amore per la Roma. Di cui i due diversissimi campioni-fratelli erano onore e vanto. Quando poi, Fuffo, a suoi esordi portiere, visto in prova il veronese Guido Masetti, disse a Sacerdoti che quello era l’estremo difensore giusto, e la Roma lo prese, sognai che avremmo vinto lo scudetto. Così fu, alla vigilia della tragedia mondiale. Bernardini, il Bernardini ch’io ricordo, era fantastico in campo ed estremamente riservato fuori. Tante partite ho visto seduto al suo fianco, in religioso silenzio. Bernardini detestava la beceraggine dei tifosi e i loro commenti perlopiù strampalati. Una volta, mi scappò di dire che Pruzzo era lento. Mi fulminò con un «Questa te la potevi risparmiare: Pruzzo è un grande centravanti». Da lui, da Fuffo, ho appreso il poco che so di calcio. Più che un maestro di calcio, era il Calcio. Un ricordo ora mi assale quasi a tradimento. Risale agli ultimissimi anni della sua vita, quando incominciava a imporsi tra i critici il vezzo, oggi trionfante, di indicare coi numeri (4-4-2, 4-3-2-1 eccetera), la disposizione delle squadre in campo. Buttò via il giornale che aveva in mano e disse: «Questi dànno i numeri al lotto. Nel calcio, in qualsiasi squadra, serve un portiere che pari il parabile, un uomo in mezzo al campo a dettare i tempi e un altro davanti che, quando gli arriva, butti dentro la palla. Non serve altro. Il resto sono chiacchiere. Anzi, numeri…». Fu, quella, una delle rare occasioni in cui usasse più di un monosillabo per formulare un giudizio. Sia chiaro, io non ho mai osato dargli del tu. Pochi anni prima che morisse di Scla, il morbo terribile di tanti calciatori, lo rividi nella tribuna-stampa del vecchio Olimpico. Quando spuntò dalla porta vetrata, inalberando l’immancabile Borsalino, Gianni Brera, che mi era accanto, depose pipa e “pince-nez”, si alzò e gli si fece incontro con la destra tesa. «Caro dottore, è un piacere vederla». Mai visto prima Brera levarsi in piedi con tanta sincera, cerimoniosa sollecitudine. Davanti a un romano, poi! Erano in genere gli altri, se ammessi, a chinarsi verso di lui. Ma di Bernardini, di Fuffo, del “dottore”, nel mondo del calcio, non c’è stato che lui. E credo proprio che non ce ne saranno altri in futuro.

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Foto Centro Studi 9 gennaio 1900

Di Bernardini, di “Fuffo”, del “dottore”, nel mondo del calcio, non c’è stato che lui. E credo proprio che non ce ne saranno altri in futuro

GIOVANE PORTIERE LAZIALE

Fulvio Bernardini comincia la sua carriera come portiere. Eccolo a difendere i pali quadrati di una porta senza le reti e con i primi tifosi del calcio romano appena dietro. Uno scatto da consegnare alla storia

A CACCIA DI AUTOGRAFI

Una cartolina d’epoca, raffigurante Fulvio Bernardini, utilizzata per firmare autografi

È STATO ANCHE ALLENATORE

Bernardini in campo alla guida della Nazionale italiana. Le panchine ancora senza la copertura, in legno, fascino di tempi che non ci sono più


LA MAGLIA DELLA ROMA

ERA SOCIETA’ PODISTICA

La casacca, quella con lo scollo largo e i laccetti d’epoca. Il tessuto in lana, caldo d’estate e pesante d’inverno quando, sotto la pioggia, si inzuppava pesando chili. Ma era una maglia piena di storia e di tradizione, quella dei pionieri della Lazio d’allora, come si può cogliere dallo stemma cucito a mano: “SPL”, Società Podistica Lazio.

Nella foto Fuffo è con la maglia della Roma. Ceduto dalla Lazio all’Internazionale, allora Ambrosiana, Bernardini tornerà nella Capitale per vestire la casacca giallorossa. In tempi di rivalità accesa ma comunque cavallereschi, Bernardini, nonostante i trascorsi laziali, divenne un idolo per i testaccini e venne sempre rispettato dai sostenitori biancocelesti. Oggi, il centro sportivo di Trigoria è dedicato a lui.

IN NAZIONALE

Ecco il giovanissimo campione con la maglia dell’Italia. Sul petto, lo stemma sabaudo e il fascio littorio, segno dei tempi

FUFFO, INSIEME A TRILUSSA

Una foto davvero importante. Bernardini è insieme al poeta Trilussa al bar di via Cola di Rienzo del compagno di squadra Attilio Ferraris che, oltre a un bar aveva anche un negozio di famiglia che riparava bambole. Ferraris fu il primo romanista ad andare in Nazionale CON MAESTRELLI

Fulvio Bernardini è al campo di allenamento di Tor di Quinto in visita alla sua vecchia società, la Lazio. Lo accoglie Tommaso Maestrelli allenatore della Lazio e futuro campione d’Italia: è il 1974. Da allenatore Bernardini aveva vinto la coppa Italia del 1958


Nato il 15 dicembre 1970 a Roma, nel 2005 conquista insieme ad Andrea Gancia il record di traversata atlantica su catamarano sportivo “open” per il percorso oceanico Senegal-Guadalupa coprendo il tragitto di circa 2.700 miglia in 13 giorni, 13 ore, 58 minuti e 27 secondi. Nel 2006 attraversa l’Atlantico in solitario, partendo dalle Canarie e arrivando a Guadalupa (oltre 3000 km), impiegando 14 giorni e stabilendo un altro record del mondo.

Giorno 14 2630 miglia. Arrivo a Gosier, Guadalupa

Giorno 13

2500 miglia. L’arrivo è vicino, è a largo di Guadalupa, ma sul cartografico, appannato da 13 giorni di mare, non riesce a vedere bene la posizione di due piccole isolette presenti sulla rotta sottovento all’isola della Désirade

Giorno 12

di Massiliano CECCHI l vento è un muro di mattoni, davanti alle prue di Biondina Nera. Gli esili scafi di carbonio del catamarano s’impennano scalando vette d’acqua: ne cerco la cima piegando il collo all’indietro, lo sguardo in alto. Mi chiedo se la spinta delle vele basterà per farmi arrivare lassù. Su ogni cresta, per un attimo le prue puntano verso il cielo e poi si lanciano giù, planando sul dorso dell’onda. Sento la barca partire a razzo, molto più veloce del solito. Il fischio degli scafi è acutissimo. Poi cessa di colpo. Istintivamente guardo giù, al di là della traversa e vedo i timoni in fondo a poppa tutti e due completamente fuori dall’acqua. Sto volando…» [da l’Oceano a mani Nude di Jean-Luc Giorda Ed. Nutrimenti]. Il velista romano Matteo Miceli racconta la sua avventura della traversata atlantica su un catamarano di poco più di sei metri, non abitabile, in solitaria.

«I

2.300 miglia La notte è stata movimentata da due grossi groppi, che hanno prodotto onde molto alte, una delle quali ha strappato il pilota automatico dalla sua sede del timone e lo ha fatto finire in acqua. Mentre ripara il pilota, un grosso pesce volante lo colpisce all’occhio destro. Il pesce è finito sfilettato come prima colazione Circa duemilaottocento miglia di navigazione solitaria nell’Oceano Atlantico, in condizioni meteo marine spesso molto dure che comunque non hanno impedito allo skipper di stabilire il record transoceanico di 14 giorni, 17 ore e 52 minuti partendo da Las Palmas (Canarie) il 29 dicembre del 2006 e arrivando a Guadalupe il 12 gennaio 2007. Velista e costruttore navale, Matteo Miceli detiene il record di traversata dell’Atlantico su catamarano sportivo. In passato è stato membro d’equipaggio del My Song timonato da Francesco De Angelis nel Circuito Max’s 1992-1996 (Coppa del Re, Rolex Cup, Giraglia, Campionati Italiani e Campionati Mondiali); ha partecipato al circuito nazionale e internazionale Hobbie-cat 16 (Merit cup 1997); nel 1998 è stato selezionato dal team Luna Rossa con la mansione di costruttore; nel 1999 è stato primo di classe alla Roma per due

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Giorno 10

1920 miglia. Ha festeggiato il decimo giorno di Giorno 11 navigazione 2100 miglia con delle Siamo nella salsicce fase cruciale regalate per battere dall’amico il record, la Colman difficoltà maggiore è portare per 15 ore consecutive il gennaker e il timone contemporaneamente

replicando nel 2001; nel 2002 è secondo nella traversata Bermuda-Azzorre dell’Arc Europe 2002 su V.O.R. 60’ Chica Bboba. Attualmente è impegnato con il suo Este 40 in competizioni d’Altura internazionali, ha stabilito il record Roma-Cartagine nel 2009. Torniamo a parlare della traversata con il catamarano: la partenza da Gran Canaria com’è andata? «La linea di partenza era tra l’isola di Goré e la boa di Tacoma. Nella rotta tra Dakar e Guadalupa i venti alisei sono predominanti in senso est verso ovest e soffiano ogni anno da novembre a febbraio con intensità massima alla metà temporale di questa finestra; quindi la rotta è coperta quasi tutta al lasco mura a dritta, condizione per la quale la mia barca è stata ottimizzata. Per questo motivo, i giorni stabiliti per la partenza avevo deciso di attendere alle Canarie il mo-


Giorno 3

Giorno 8

1340 miglia A causa di numerosi temporali, il mare ribolle di onde, che provengono da tutte le direzioni, ed il vento non sostiene l’andatura, rallentando l’imbarcazione

960 miglia Mentre navigava sotto gennaker, un forte groppo di vento, a più di 30 nodi, lo ha raggiunto improvvisamente ed ha rischiato di scuffiare

Giorno 7 Giorno 9

1730 miglia Sta seguendo la classica rotta 18° N – 40 W°, più vantaggiosa in termini di velocità

390 Miglia. Vento da 080°100° per 15-20 nodi, previsto in aumento, c’è molto mare incrociato, che frange ovunque

Giorno 6

1150 miglia Il bordo di andatura mura a dritta, con rotta 290° 300°, è quello più difficoltoso, aggravato dalla stanchezza dovuta dal freddo, per assoluta mancanza di sole

Giorno 1

Giorno 2

200 Miglia. La cerata si è 580 miglia. bucata già dal di 25 Giorno 5 Vento primo giorno ed nodi, la 770 miglia entra acqua, barca Situazione sente freddo ma procede sui preoccupante: non ha tempo per 9 nodi di il cielo è sostituirla a causa media sempre delle condizioni nuvoloso ed i meteo molto pannelli solari critiche non ricaricano al massimo le batterie del pilota automatico

Giorno 4

La posizione delle H 16.00 UTC è 27° 11’ N, 18° 45’ W. La rotta è 240°, dritto sul primo waypoint a 25° N, 25°W.

UNA TRAVERSATA TRANSOCEANICA CON UNA BARCA DA “SPIAGGIA” BIONDINA NERA Il Balance Ocean Cat 20’ è un catamarano, progettato da Sito Avilès Ramos esclusivamente per battere il record dell’Atlantico. I numerosi compartimenti stagni, sette su ogni scafo, e un doppio crash-box sulle prue lo rendono inaffondabile. Inoltre, l’uso della fibra di carbonio ha permesso di ottenere un peso leggero e, al tempo stesso, di far rimanere l’imbarcazione estremamente rigida e resistente. Il risultato finale è una carena molto potente, ottimizzata per una condizione di navigazione ad alta velocità con tutti e due gli scafi poggiati sull’acqua, guardando attentamente la stabilità. Grazie a tutte queste caratteristiche tecniche è stato possibile raggiungere velocità superiori ai 25 nodi, ottenendo, anche grazie ad un piano velico versatile, le massime prestazioni sia in condizioni di vento favorevole che sfavorevole, ed eliminando punti deboli in mancanza di aria. In caso di rovesciamento, la barca è equipaggiata per essere

20 piedi (6 metri e 60 cm)

facilmente raddrizzata da un uomo solo. Una scuffia quindi non è grave dal punto di vista della sicurezza, ma la perdita di tempo è enorme, così come il logorio fisico e il rischio di qualche piccolo danno. Il catamarano è attrezzato con gavoni stagni per cibo, attrezzature di sicurezza, abiti, acqua potabile e ricambi; sulla piattaforma centrale, due sacche stagne per tenere il necessario a portata di mano. Una batteria a pannelli solari è dedicata alla alimentazione di telefono satellitare, gps portatile, radio vhf portatile, un piccolo pilota automatico, luce bussole. Presenti le dotazioni di sicurezza tipiche di una barca oceanica molto più grande: EPIRB, giubbotto, muta di sopravvivenza, radar trasponder, utensili, farmacia.

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ROTTA COMPLETA DELLA TRAVERSATA ATLANTICA DI MATTEO MICELI IN SOLITARIA Ogni punto corrisponde al giorno ore 11.00 UTC (UTC= sinonimo di ora di Deriva dal Greenwich Mean Time GMT, cioè dal giorno solare medio sopra il meridiano di Greenwich) così la prima sarà il 29 Dicembre alle 11.00 UTC ovvero la partenza, la seconda sarà il 30 Dicembre alle 11.00 UTC e così via

mento di massima intensità di vento. Il 29 dicembre, il vento era di venti nodi, tra gli ottanta e i cento gradi, quindi la partenza è stata davvero molto difficile. La prima notte, appena allontanato dalla costa, il vento soffiava a trenta nodi. La terza notte aveva raggiunto i quaranta, con onde di otto metri. C’era molto mare incrociato che frangeva ovunque, navigavo con tre mani di terzaroli alla randa e un pezzo di fiocco. La notte era un vero inferno. Come se non bastasse, a complicare le cose anche la cerata difettosa che faceva entrare acqua. Quindi, i primi tre giorni di mare fortissimo ho dovuto soffrire anche il freddo, oltre alla normale tensione e la stanchezza». L’oceano, giorni e notti intere trascorse al timone, razionando il cibo, acqua, energie e sonno per portare a termine la traversata: quali sono le vere moti-


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vazioni e cosa si pensa in mezzo al mare? «Be’ non esageriamo, giorni e notti attaccato ad un timone proprio no, per carità! Per fortuna esiste l’autopilota che è uno strumento fondamentale nella navigazione, un fedele compagno di viaggio. Comunque, le motivazioni sono strettamente legate alla mia grande passione per il mare e la vela e alla realizzazione degli obiettivi sportivi che mi prefiggo. In mezzo al mare sei solo e devi essere concentrato per non fare errori per gestire le risorse e le energie. Planare di notte su un’onda oceanica da delle sensazioni uniche e puoi fare solo affidamento su te stesso e sulla barca. I pensieri, nei momenti più tranquilli di navigazione, sono sempre rivolti alle persone care, ai parenti, agli amici che sono a casa». La tecnologia ha facilitato la sicurezza e la navigazione in solitaria? «Con gli strumenti di navigazione di oggi -come l’autopilota e il GPS– è ovvio che hai un aiuto in più ma non puoi fare affidamento solamente su questi. Sulle grandi imbarcazioni oceaniche gli automatismi dell’elettronica possono essere gestiti perché si ha una maggiore stabilità del mezzo. Su un piccolo catamarano è tutta un’altra cosa, sei più esposto e quando le condizioni sono critiche, le onde più rapide, più cattive, devi metterci tutte le tue risorse, la tua forza, per entrare bene prima in planata per non ingavonarti. Bisogna avere solo la concentrazione assoluta, con la scotta del gennaker in mano, pronto a lasciare in un secondo, poi a cazzare di nuovo per riprendere velocità. In certe situazioni scuffiare è questione di un attimo se ti distrai, se non funziona il riflesso di mollare in grande la scotta quando infili le prue in un’onda. È successo a tanti. In due un catamarano di sei metri lo raddrizzi. Da solo è più difficile. Su Biondina Nera ho armato in testa d’albero un “trucchetto”: una specie di siluro galleggiante, aerodinamico, che evita alla barca di

rovesciarsi a centottanta gradi con l’albero che punta il fondo del mare. È stato testato e funziona bene ma in mezzo all’oceano atlantico, con onde di quattro metri, vi garantisco che non ci ho mai tenuto ad usarlo, ho preferito evitare. Il mare non perdona l’errore». Navigatori come Giovanni Soldini o Pasquale De Gregorio, insieme a tanti altri, hanno sempre fatto valutazioni molto positive sulla tua impresa sportiva. «Persone che stimo. È bello avere amicizie nel proprio ambiente. Si condivide l’esperienza, si parla degli obiettivi, i progetti che ognuno di noi sta seguendo e c’è un sano confronto che fa sempre bene». Nell’autunno del 2009 hai iniziato questo ciclo di corsi per approfondire gli aspetti importanti della navigazione d’altura «Ho pensato di mettere a disposizione la mia esperienza con questo corso formativo full immersion di quattro giorni e quattro notti sulla mia barca Este 40, il quaranta piedi classe 40. Il programma lo definisco di volta in volta, secondo le capacità dell’equipaggio e le condizioni meteo, stabilendo la rotta da seguire e fissando gli obiettivi che ciascuno si propone di raggiungere. Il mio obiettivo è quello di fornire ai partecipanti gli strumenti per essere pronti ad affrontare il mare in condizioni non ottimali». Il mare, com’è il suo stato di salute? «È anche peggio della Terra, molto inquinato e sfruttato in modo scellerato da parte dell’uomo. Se pensiamo che il no-

UN ORO OLIMPICO IN FAMIGLIA Matteo Miceli ha una sorella olimpionica. Si tratta di Martina, difensore della Nazionale italiana, con la quale ha vinto l’oro ai Giochi olimpici di Atene 2004, due Campionati del Mondo (1998 e 2001) e un Campionato Europeo (1999). Con il suo club storico, il Catania, ha vinto 5 scudetti e 2 Coppa dei Campioni.

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stro pianeta è costituito più da acqua salata che da terra, la situazione non è molto bella. Faccio l’esempio delle spadare, Il caso forse più scandaloso di pesca illegale, al di fuori di ogni regola. Si tratta di reti che vanno alla deriva in alto mare, spesso in acque internazionali e non catturano solo il pesce spada, come suggerirebbe il nome, ma spaziano dalla sardina alla balena e costituiscono un serio pericolo anche per i naviganti. Purtroppo, in queste trappole ci sono capitato anch’io durante le regate. Sono anni che mi batto per l’ambiente facendo informazione e impegnandomi per sensibilizzare la gente. Dallo scorso anno sto lavorando al prossimo evento sportivo programmato per il 2012 : il giro del mondo in barca a vela – da Roma a Roma – senza scalo. Quattro mesi su un nuovo Este 40, con l’attrezzatura della barca ristudiata in collaborazione con diverse realtà, tra cui il CNR e l’Università degli Studi Roma Tre. Una barca ecocompatibile, per dimostrare che è possibile agire nel pieno rispetto della natura. Non vedo l’ora di partire, di mollar le cime». Buon Vento Matteo Miceli, esempio di uno sport che non è fatto solo di soldi e sponsor bensì passione, fatica e dedizione, dove contano di più un cuore e delle mani d’acciaio che il denaro.


LA STORIA Corriere dello Sport, una lunga storia raccontata e vissuta con emozione. Un ampio dossier sulla vita del giornale, sulle aspirazioni future, mostrando le “prime” tra le più significative della storia del quotidiano nato nel 1924. Entriamo nel cuore del giornale di Piazza Indipendenza a partire dal racconto della sua storia. Il giornale viene fondato a Bologna il 20 ottobre 1924: all’epoca esce in edicola tre volte a settimana. Nel 1927 la redazione centrale si sposta a Roma e il giornale cambia il suo nome in “Il Littoriale”, diventando quotidiano. Il 4 giugno del 1944, dopo la Liberazione di Roma, la testata torna a chiamarsi Corriere dello Sport. Negli anni ‘60 viene rilevato dall’imprenditore Francesco Amodei, che più avanti lascerà il timone dell’azienda a suo figlio Roberto. L’11 settembre 1977 è il giorno della fusione tra Corriere dello Sport e Stadio, testata quest’ultima - nata nel 1945 e acquistata in seguito sempre da Francesco Amodei. Nasce così il Corriere dello Sport-Stadio, con l’obiettivo di rafforzare il proprio impegno dedicando pagine sempre più specifiche per i lettori del Nord e del Sud. Il 12 luglio 1982, dopo il trionfo dell’Italia nel Mondiale spagnolo, il Corriere dello Sport-Stadio diretto da Giorgio Tosatti, fa registrare il record assoluto di vendite di un quotidiano: 1.699.966 copie. Quel titolo, “Eroici”, è destinato ad entrare nella storia. Il 10 luglio 2006, dopo la conquista del Mondiale da parte della nazionale azzurra, il Corriere dello Sport-Stadio diretto da Alessandro Vocalelli, con un altro titolo destinato a entrare nella storia, “Italia!”, fa registrare una diffusione complessiva di 2 milioni e 200 mila copie. L’8 novembre 2007, nell’ottica di una costante e progressiva crescita, l’editore Roberto Amodei presenta ufficialmente la nascita del nuovo sito internet: www.corrieredellosport.it registra in media 80-90 milioni di pagine viste al mese, con un milione di utenti unici. E le emozioni non sono ancora finite.

L’ingresso del Corriere dello Sport a Piazza Indipendenza

AI VERTICI DEL CORRIERE Roberto Amodei (nella foto) è Editore, Presidente ed Amministratore Delegato del Corriere dello SportStadio. Il Direttore Generale è Giulio dalla Chiesa. Direttore è Alessandro Vocalelli, vice-Direttori Stefano Agresti e Sergio Rizzo.


IL BACKSTAGE gni lunedì mattina, entro le undici, tutti i cronisti devono inviare in redazione il programma settimanale degli argomenti: una base di lavoro sulla quale impostare la costruzione delle pagine. In aggiunta alla programmazione generale, ogni giorno entro le 12, tutti i cronisti hanno il dovere di contattare il caposettore della Serie A per l’aggiornamento quotidiano delle notizie. Alle 12:30 si svolge la riunione con il direttore, insieme ai suoi vice e ai capisettore, per analizzare il giornale in edicola e tracciare le linee guida di ogni sezione del nuovo numero. Intorno alle 19 il direttore riunisce nuovamente i caposettore per decidere i titoli e l’impostazione delle prime pagine. Ciascun redattore ha alcune pagine da seguire e titolare: la prima edizione deve essere chiusa entro le 23.30. La tipografia, una volta ricevuto il via libera per l’invio, recapita i fogli ai centri stampa di tutta Italia per la successiva distribuzione. Ogni centro stampa si affida ai centri di diffusione locale, cui spetta lo smistamento delle copie. La prima edizione si trova in edicola intorno all’una di notte. Peculiarità Corriere dello Sport: sono stampate varie edizioni locali tramite le quali vengono approfondite le tematiche giornalistiche delle zone interessate. La seconda edizione viene chiusa entro l’una e dalle prime ore della mattina è già disponibile in edicola.

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L’ampio androne con i servizi di accoglienza e sorveglianza

La Lupa capitolina all’ingresso dell’edificio Un’altra immagine degli uffici: la redazione centrale del Corriere dello Sport-Stadio è presente al quinto e sesto piano del palazzo, mentre al settimo si trova la redazione del sito internet. L’archivio fotografico, ormai in corso di totale digitalizzazione, si trova nei sotterranei del giornale dove aveva sede la vecchia tipografia

1924

CORRIERE DELLO SPORT, IL PRIMO NUMERO Il quotidiano presenta in apertura la notizia della vittoria di Ascari al GP d’Italia di Automobilismo. La pagina parla di audacia e tecnica italiana

1934

1934

NASCE IL LITTORIALE Il regime fascista impone il cambio immediato del nome alla testata sportiva

LA FINALE DEL ‘34 L’Italia di Pozzo conquista il Mondiale, contro la Cecoslovacchia a Roma

IL CORRIERE DELLO SPORT | 99


Un’altra fase della giornata trascorsa al Corriere dello Sport-Stadio. Ore 21:00, i giornalisti sono al lavoro per scrivere, passare gli articoli e titolarli

Sono direttamente i giornalisti ad inserire articoli e foto all’interno di gabbie grafiche predefinite Le rotative del Corriere

Parte la distribuzione

Nelle foto, uno dei centro stampa

1938

1944

1955

CAMPIONI DEL MONDO DEL ‘38 Secondo Mondiale consecutivo vinto dall’Italia, questa volta in Francia

RITORNO AL CORRIERE Dopo la parentesi bellica, il Littoriale torna all’originaria denominazione

LE OLIMPIADI DEL ‘60 Il Foro Italico fa da sfondo all’edizione che annuncia l’Olimpiade romana

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Alessandro Vocalelli:

“Il Corriere è già nel futuro” di Federica FRANGI foto Bruno-Getty Images

l Corriere dello Sport non ha bisogno di presentazioni. Nato nel 1924, è oggi il quotidiano sportivo per eccellenza nel centrosud e in particolare a Roma. Il direttore, Alessandro Vocalelli, ha aperto le porte del suo ufficio, nella sede di piazza dell’Indipendenza, a Spqr Sport. Noi ne abbiamo approfittato per scovare i segreti quotidiani del giornale più letto dai romani. Sposato, e padre di due figli, Vocalelli ha una grande passione per tutto lo sport. Direttore della testata dal 10 agosto 2003, ha lavorato con grandi giornalisti sportivi come Giorgio Tosatti, Domenico Morace, Italo Cucci e Mario Sconcerti. La sua passione giovanile, racconta, era il gioco degli scacchi perché «è l’unica competizione nella quale la fortuna non è una componente essenziale».

L’INTERVISTA AL DIRETTORE

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Come si svolge la sua giornata lavorativa? «Comincia al trillo della sveglia, alle 7. Parte con la lettura di un decina di quotidiani, che mi impegna per circa due ore e mezza. Piuttosto che avere una sintetica rassegna stampa preferisco leggere i giornali in maniera integrale, anche perché credo che la prima necessità per fare bene il giornale è essere informato su tutto. È per questo motivo che preferisco arrivare in redazione già preparato. Verso le 11.30 sono nel mio ufficio e, alle 12, inizia la prima riunione con i diversi vicedirettori, capiredattore e capisettore. Decidiamo come impostare il giornale sui temi quotidiani e cerchiamo di confrontarci per trovare anche argomenti originali».

1969

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NON SOLO SPORT, IL PRIMO PASSO L’uomo mette per la prima volta piede sulla Luna, una conquista

TRICOLORE LAZIO Per i biancocelesti, di fronte a 80.000 spettatori, arriva il primo Scudetto

L’ULTIMO CORRIERE L’ultimo numero prima della fusione della testata giornalistica con Stadio

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E dopo la riunione? «Una breve pausa per il pranzo. E poi si ricomincia con la seconda parte della giornata. La riunione per la prima pagina è intorno alle 19. Durante questa, se necessario, si fa ancora in tempo a modificare qualcosa e si organizzano gli editoriali o i fondi della giornata. Poi ci si concentra sulla fattura del giornale, fino alle 23.30, quando chiude la prima edizione. Ma non è finita: subito dopo si parte con le altre edizioni. È una giornata piuttosto lunga...».

L’INTERVISTA AL DIRETTORE

Quindi cercate di andare oltre la notizia? «Sì, il lavoro che facciamo prevede anche la messa in cantiere di approfondimenti e inchieste che ci permettano di non essere legati soltanto alla mera attualità, ma di potere avere ogni giorno in pagina uno o più argomenti che distinguano il nostro quotidiano dagli altri».

Questa la giornata tipo all’interno della redazione. E chi lavora “fuori”? «La giornata dei colleghi esterni è diversa perché loro vanno sui campi dove raccolgono le notizie e fanno capo, in tarda mattinata, ai diversi capisettore. Gli altri colleghi fanno grossomodo lo stesso tipo di attività, tranne quelli che giustamente arrivano un po’ più tardi, di pomeriggio, perché ovviamente per un orario di redazione così lungo è necessario prevedere dei turni». Quando iniziate a disegnare le pagine? «Dopo la riunione della mattina, quando si imposta il lavoro e i capisettore cominciano a chie-

FO N D ATO R E . . . F E R R A R I Tra i fondatori del Corriere dello Sport c’è Enzo Ferrari, padre storico dell’omonima casa automobilistica. E proprio per lanciare e rendere ancor più popolare l’automobilismo partecipa alla fondazione del Corriere. «Ricordo con nostalgia quei tempi. Il corso della vita doveva prevaricare per l’automobile, che era con l’operetta la terza delle mie adolescenti passioni, ma le incursioni giornalistiche resistettero...», spiegò il Drake in un suo scritto.

dere i servizi agli inviati o alle redazioni esterne. Noi siamo un giornale sempre pronto a rimodellarsi in corsa. Da una parte questa attività è esaltante, perché confezionare un buon prodotto è la nostra priorità; dall’altra rifare continuamente – a seconda delle esigenze – il disegno delle pagine, significa chiedere una grande partecipazione a tutti i colleghi». Qual è la prima pagina che lei ricorda con maggiore emozione? «Beh, direi quella della vittoria del Campionato del Mondo in Germania, quattro anni fa. Mi era capitato di vivere l’altra vittoria ai Mondiali, sempre qui al Corriere dello Sport, nel 1982 , e il solo pensiero, dopo un quarto di secolo, di poter riassaporare il trionfo e raccontarlo da direttore è stata una grande emozione. Sono quelle gioie che si assaporano raramente e spesso sono pure inaspettate. Giornalisti molto più grandi di me non hanno avuto la fortuna di vivere un’atmosfera del genere. L’aspetto più bello che ha accomunato tutta la redazione, però, è stato quello di chiudere in tempo reale il quotidiano e dopo mezz’ora scendere giù in piazza dove c’erano migliaia di persone per strada, e tanti avevano il Corriere in mano. Quel giorno abbiamo venduto oltre due milioni di copie». Gestire un quotidiano sportivo in una città come Roma, dove soprattutto l’antagonismo tra Roma e Lazio è forte, non deve essere semplice… «Sì, non è facile. Però è straordinariamente bello perché si avverte che stai trattando un argomento che tocca le corde e la sensibilità di una città, di una regione. Io peraltro, mettendoci un pizzico di civetteria personale, credo di essere il primo direttore romano dopo tanti, tanti anni. Fra l’altro dichiaratamente appassionato di una delle due squadre capitoline. Devo dire che l’impegno nel cercare di essere il più obiettivo possibile, la mia buona fede, sono state capite da entrambe le tifoserie». Usate una sorta di “par condicio” per la Roma e la Lazio quando impostate il giornale, oppure a seconda delle notizie decidete quanto spazio dare? «Penso che l’errore più grande che possa fare un giornalista in questi casi è spaccare la mela a metà, pensando di fare semplicemente un calcolo di spazio da offrire. Vorrebbe dire negare il giornalismo. Per cui a seconda degli avve-

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NASCE IL CORRIERE DELLO SPORT-STADIO Il primo numero del quotidiano dopo la fusione con Stadio

ITALIA TRE VOLTE CAMPIONE DEL MONDO Battendo la Germania, gli azzurri salgono sul tetto del mondo

ROMA CAMPIONE I giallorosi a Genova, accompagnati da migliaia di tifosi, vincono il loro secondo Scudetto

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le itoria o ed alelli, m i r c p Il re Vo enica iretto m del D licato do o 2003 pubb 10 agost

nimenti dedichiamo più o meno spazio all’una e all’altra. Però complessivamente, visto che di spunti importanti per un motivo o un altro entrambe le squadre ne offrono molti, credo che nel bilancio annuale l’attenzione e lo spazio si equivalgano. Naturalmente, mi ripeto, tutto dipende dagli avvenimenti che accadono».

ORGOGLIO CURIOSITÀ IMPEGNO

Secondo lei, oltre al calcio che la fa un po’ da padrone, quali sono gli altri sport che appassionano i romani? «Ce ne sono tanti. Io credo che i romani siano un popolo di sportivi autentici, praticanti. I dati dicono che Roma è una città in cui si fa, Una mattina di ventitré anni fa, il 1° dicembre del 1980, mi affacciai non soltanto si segue, lo sport. È indubbio che ci siano delle discipline più per la prima volta nella sede del Corriere dello Sport-Stadio. L’emozione seguite di altre. A livello di sport di squadra, il basket è molto seguito. In di quel giorno non ha cancellato i ricordi di un mondo che, in un attimo inassoluto i cittadini della Capitale sono molto legati ai motori, sia alle terminabile, si spalancò davanti ai miei occhi. Una redazione silenziosa e maequattro che alle due ruote. Sia alla Formula Uno che al Motomonstosa che, da lì a un paio d’ore, si sarebbe accesa improvvisamente, in un impeto diale. Da quando, poi, c’è Valentino Rossi, che incarna un persodi solenne energia. Mi aspettava, nel suo ufficio, Roberto Amodei, delegato da suo panaggio trasversale, le moto sono seguite dappertutto e non solo dre Francesco a consegnarmi la lettera di assunzione. Non avrei mai immaginato, quelin Italia». la mattina di ventitré anni fa, che sarei un giorno tornato nello stesso ufficio, di un Editore che sinceramente ringrazio, per ricevere anche l’incarico più prestigioso. La direzione di quel giornale che ho sempre amato. Sin da bambino. Non lo avrei mai immaginato, perché non saIpotizziamo che nel 2020 le Olimpiadi si svolgano a Roma. pevo, non potevo sapere, ciò che sarebbe successo. Stavo firmando, non solo una lettera di asCome immagina il suo giornale? Il calcio continuerebbe a sunzione, ma l’iscrizione all’università del giornalismo sportivo. Nei ventitré anni futuri, e lo dico monopolizzare quasi tutto lo spazio o verrebbe relegato senza falsa modestia, avrei dovuto soltanto studiare, capire, conoscere. Al resto ci avrebbero sicunelle “brevi”? «Innanzitutto nel 2020, chiunque sarà il diramente pensato i miei grandi maestri. Guardando all’indietro, capisco come tutto sia potuto accarettore non potrà più parlare di giornale per come lo abdere. Dai direttori che ho avuto prima di Xavier Jacobelli, un amico e compagno in questi suoi dieci biamo sempre inteso noi. Tra dieci anni, si dovrà parmesi romani, non avrei potuto che apprendere le fibrillazioni e i segreti di una professione con il gusto lare di un sistema editoriale che non potrà non pasprofondo di una sfida continua. Tosatti, Morace, Cucci (il mio bidirettore), Sconcerti: prendete un ragazsare attraverso la multimedialità, in maniera sempre zo, affidatelo a loro, e scoprirete come può essere facile farne un buon giornalista. Ventitré anni sono trapiù massiccia. Noi, per esempio, abbiamo aperto scorsi in un attimo, tra ansie e paure di non essere mai veramente all’altezza, gioie e soddisfazioni. Tra quattro anni fa un bellissimo sito internet, che tra racconti ed aneddoti, tra centinaia di partite allo stadio, continue lezioni e ripetizioni. Ogni trasferta per iml’altro sta scalando parecchi gradini nelle classifiparare qualcosa: la competenza di Ezio De Cesari, la grandezza di Alberto Marchesi, la musicalità di Franche di gradimento, arrivando a toccare cifre da reco Dominici, l’autorevolezza suprema di Giuseppe Pistilli. Con loro, in trasferta, ho trascorso più serate che cord assoluti. a casa. Tornando, ogni volta, con un pizzico in più di esperienza. Guardandomi intorno e scoprendo, nelPerò ritengo che in futuro ci sarà la reale necessil’università del giornalismo sportivo, tanti altri maestri. Da Ferrajolo a Girelli, dai fratelli maggiori che hantà di prevedere un circuito editoriale integrato che no fatto un tifo infernale: Antonio Corbo ed Enrico Maida. comprenda televisione, radio, internet e giornale, Sono gli uomini, i nomi, che hanno scandito finora la mia storia al ”Corriere”: me lo chiedessero adesso, che sicuramente continuerà a essere il cuore di tutrisponderei - visti i loro profili - che ventitré anni fa stavo sicuramente sbagliando. Avrei anche potuto pensare di farcela. Ad assumere la direzione di un giornale che qui ha la sua storia - è un onore, per me, to questo sistema, ma dovrà rapportarsi a tutte le poter dare del tu ad Antonio Ghirelli o a Sergio Neri - e qui ha il suo futuro. Una redazione fantastica nei altre componenti di comunicazione. suoi valori professionali ed umani. Accanto alle firme più conosciute, importanti, stanno fiorendo ragazE se dovessero esserci le Olimpiadi a Roma, natuzi a cui occorre soltanto concedere la classica chance. Un impegno che ben volentieri mi assumo, in un ralmente sarebbero un argomento forte per tutte progetto che ho condiviso, sposato. Raccontare lo sport, come mi è stato insegnato, accompagnandoqueste piattaforme, anche se credo che, passato quel lo con storie ed inchieste, con approfondimenti e - mi auguro - scoop. Nel segno di un feroce rigore periodo, tornerà il calcio a essere l’argomento più poe della credibilità che ha sostenuto ogni giorno i nostri discorsi. Un giornale che non scenderà a compromessi e continuerà le battaglie in cui crede: quella su Catania ed il Catania ad esempio. Non ci rassegneremo all’idea che non si possa giocare una B a 21 squadre. E la speranza - senza gridarlo - è di poter continuare a seguire la linea virtuale che ha tracciato la crescita diffusionale dei dieci mesi di Xavier Jain Messico cobelli, a cui va il mio augurio, e con il quale ho diviso un reados la tournée contro il Ray no concluso Lazio I giallorossi han Mancini, in azioni GOGLIO cente passato. Ora, però, il nostro sguardo è al futuro. Voglia- OR io Roma ITÀ IOS CUR ttro mesi di stipend Totti: Scudetto alla lia qua IMPEGNO l’Ita mo esserci, insomma. Sempre e comunque. Nel segno di quesport italiano e poi Europeo con è festa per lo le: dia on motom Formula 1 e sta fantastica sfida che ogni volta è il Corriere dello Sport-Stadio. E nella scuola a cui ventitré anni fa mi ha introdotto Francesco Amodei, a cui devo tutto, che ebbe il coraggio e la voa trionfale o Rossi: domenic glia di investire in un giovane. E la pazienza di accompagnarFerrari e Valentin Schumacher, la lo davanti alla porta del Direttore di allora, Giorgio Tosatti, per farsi spiegare la prima lezione. «Vedi, ragazzo. Al ”Corriere” contano soprattutto tre cose: l’orgoglio dell’appartenenza, l’impegno e la curiosità». Non sono sicuro, perché l’emozione era piah-Miccoli21) E’ la Juve diraAp 1 dalle forte come l’odore del sigaro, ma credo proprio che aggiunse. con la Reggina (Rai galà Stase . mille a Bianconeri super «Abbiamo perso già troppo tempo. Forza, al lavoro». Già: Bettini è proprio stian vince a San Seba disse proprio così. Al lavoro. RM

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Bobo Vieri L’Inter si coccola ma fa il Chelsea non molla preso Mutu! un altro colpo: sogna Maccarone invece in A li lla che va ai Mondia23 di giocare col Napoli Kakà firma Impresa di Antone FAVA a pagina Milan, domani e FEDELE

La Bevilacqua vola e arriva a 1,92 cm

di Antonio Ghirelli

né i club così in fretta che e cronisti facl calcio ha cambiato né noi spettatoriNaturalmente né le federazioni a tenergli dietro. ciamo in tempo ed indignati dallo scadimento di un siamo tutti colpiti della crescita mostruosa ruffiani e dei valori morali, dalspeculatori e mediatori, sottobanco di genere, siamo tutti sbigottiti procumezzani di ogni di avvocati, giudici, di gal’intrusione selvaggia false, truffe e avvisi belil gioco più ratori, di fideiussioni il gioco del calcio, maleranzia, come sesi fosse trasformato in un lo del mondo, detto imbroglio. proprio di un maledetto imbroIl guaio è che in quel bel film di Germi tratse glio si tratta, come romanzo di Gadda, anche e potuto succedere to da un bellissimo sia come bene non si capisce A PAGINA 9 SEGUE

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2003

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LA PRIMA DI VOCALELLI Il primo giornale curato dal nuovo direttore del Corriere dello Sport

L’ITALIA DEI MOTORI SUL TETTO DEL MONDO Le vittorie della Ferrari e di Valentino Rossi

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L’INTERVISTA AL DIRETTORE

polare, di maggior presa. Però è indiscutibile che, se si faranno altre manifestazioni importanti a Roma, come per esempio il Gran Premio di Formula Uno, queste saranno curate e celebrate come autentici avvenimenti imperdibili».

Rimanendo alla multimedialità, il giornale del futuro sarà dedicato esclusivamente agli approfondimenti? «Il quotidiano ha un ruolo che sarà sempre e comunque insostituibile, perché si presenta come un grande ordinatore di notizie. Oggi chi segue lo sport attraverso internet, guardando la televisione o sentendo la radio, è inondato di informazioni. Il ruolo del giornale deve essere proprio quello di organizzare queste notizie, dandogli una scala di importanza, commentandole e approfondendole. È questo il motivo per cui i quotidiani non scompariranno mai anche se cambierà naturalmente la loro distribuzione: non passerà solo dalle edicole ma seguirà il passo della modernità come ci dimostra l’iPad. Credo comunque che cambierà moltissimo il ruolo del giornalista, che dovrà integrarsi con il resto del mondo che gli sta intorno. Già adesso il giornale si è trasformato, è diventato un contenitore di idee, opinioni e non è più soltanto un dispensatore di notizie che ormai vengono diffuse in tempo quasi reale da radio, internet e tv». L’approfondimento sarà quindi sempre più importante? «Non c’è dubbio. Sarà il momento di riflessione, assolutamente insostituibile, per cui non credo che ci sarà il rischio che i giornali diventino la parte marginale dell’informazione».

Lei ci parlava di televisione. Cosa c’entra col Corriere dello Sport? «Non c’è dubbio che un grande sistema editoriale come quello del Corriere tra dieci anni non potrà non avere anche un canale televisivo proprio. Non è un mistero che siamo impegnati nella realizzazione di questo progetto. La radio ti dà la possibilità di essere ascoltata mentre fai qualunque altra cosa, ma è la televisione che ti costringe a concentrare il tuo interesse, perché per capire cosa si dice spesso la devi anche guardare, facendoti aiutare dalle immagini. Per questo credo che oltre al sito web disporre anche di un canale radiotelevisivo sia assolutamente indispensabile».

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Torniamo alle Olimpiadi. Cosa significherebbe per Roma l’investitura olimpica? «Una straordinaria occasione e la possibilità di trasformare le Olimpiadi in un grandissimo evento anche culturale perché credo che Roma da questo punto di vista sia – e non me ne vogliano i direttori delle testate di tutte le altre capitali europee – un’occasione unica e irripetibile per abbinare la cultura allo sport. Roma già di per sé rappresenta uno spot olimpico. E se le Olimpiadi dovessero essere disputate nella Capitale, e io mi auguro che possa accadere, sarebbe uno straordinario messaggio al mondo intero». Passiamo al rugby. Dopo mesi di estenuanti trattative la Celtic League ha ammesso due squadre italiane: Treviso e Aironi Viadana. Ricordando la strana vicenda dei Pretoriani prima scelti dalla Fir e poi silurati in favore dei veneti, non le sembra quantomeno singolare che nonostante Roma ospiti il VI Nazioni, nella lega celtica non ci sarà una rappresentativa del rugby nazionale al di sotto del Po? «Assolutamente. Credo che questo sia uno dei tanti enigmi del rugby. Questo sport è affascinante soprattutto per due misteri: il primo è che nei luoghi dove è radicato esiste una grande tradizione, che non si riscontra invece a un più ampio livello nazionale. L’altro mistero è quello della Nazionale: più si perde e più la gente la segue con crescente passione. Chiaramente è una battuta. È proprio grazie a questo fenomeno che il rugby è considerato un gioco che va oltre il risultato, che veicola messaggi diversi dal quello solito del “successo a tutti i costi”. Grazie anche alla palla ovale si è tornati a parlare di valori quali la partecipazione, l’apDue anni dopo, partenenza. E proprio la Fondazione per questo motivo Gabriele Sandri spero si arrivi da Nel 2009, a due anni dalla morte di Gabbo (in parte dei vertici albasso, il giornale di quel giorno), in Campidoglio, alla presenza del Sindaco di Roma, è stato la valorizzazione firmato l’atto costitutivo della Fondazione Sanun po’ più omodri che avrà sede in una struttura che lega a genea delle realfilo doppio il ricordo di Gabriele con la sua latà rugbistiche nazialità. Una torretta di inizio ‘900 si erge, infatti, zionali». nel cuore di Piazza della Libertà, storico luogo dove quasi 110 anni fa nacque la Lazio.

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della pace

Ciao, grandissimo il Papa Il mondo piangedi lutto In Italia 3 giorni ato E lo sport si è ferm amico per ricordare un

UNA QUE

E LA SUA VOC

i calendari Il calcio cambia oggi tite rinviate tra ieri e BOLOGNA-INTER MILAN-BRESCIA 20.30

Sabato 16 aprile 18.00 SE MESSINA-UDINE 20.30 SAMP-PALERMO ROMA-REGGINA

CAGLIARI-LAZIO

SINA FIORENTINA-MES JUVE-INTER

LECCE-BOLOGNA Domenica 17 aprile MILAN-CHIEVO 15.00 IA PALERMO-BRESC 15.00 BOLOGNA-LAZIO O NTA PARMA-SAMPDORIA ATALANTA-CHIEV BRESCIA-ATALA CAGLIARI-SAMP NTA CHIEVO-PARMA REGGINA-ATALA I LAZIO-LIVORNO INTER-CAGLIAR LECCE-SIENA ROMA-SIENA INA JUVE-LECCE TINA PALERMO-MESS O LIVORNO-FIOREN UDINESE-LIVORN REGGINA-PARMA SIENA-MILAN UDINESE-ROMA

FIORENTINA-JUVE Domenica 10 aprile

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71112

848403 9 771124

si Assurdo, lite tra tifo all’autogrill: la polizia le brie Ga spara, muore

Ora aspettiamo

28 anni, dj e tifoso

della Lazio morto

all’autogrill di

Badia al Pino,

vicino ad Arezzo

risposte

Vocalelli

di Alessandro tifosi? E allotrasferte ai Vietiamo le a cinque ragaznera del cal- ra impediamo anche i suoi amici, di e nera del fondo alla domenica andare dove zi, come Gabriele macchina e le trasferte mettersi in sai E che c’entrano calcio, e di impotenza ri gli pare? c’è una discussione, non poso di sgomento che gli informato se dubbi se per questioni perdono vietate me a mille - quelli che in quel momento magari soltanto per starsene donne, della domenica parte deloccasioni per e. Il po- litiche, di o e dall’altra mille buone un parcheggi per ingigantir pallottola che zitti - finiscono è morto da neppure l’autostrada parte una O non sarà ane ti uccide? ingovero Gabrielesi sa ancora perchè ti colpisce e di un Paese due ore, nonchi, che dilettanti della che questa la spia inadepaura, per per colpa di del pudore, si lanciano vernabile che per za, è andato e Tirando per incoscien sensibilità appassionate.magari le guatezza, già in analisi interroscorrono ben oltre i limiti? fine, il grande in in ballo, mentre l che non c’enResta, alla farfugliata , dell’Heyse colle domenica nulla, immagini dove da anni gativo della ma proprio trano nulla, della moviola, di chi re- quel teatrino del calcio, più tragica e domenica . pe del calcio, La fine di Gabriele e anche nella nani e soubrette clama un rigore.del tempo e dei giu- nera sfilano tutti, e il campiona la precisi, più Bisognava sospender solo col passare lutto, perchè contorni più con dizi assume in segno di di un giovane e to? Sì, . chiari, nei racconti della Lazio semplimorte va rispettata del calcio, senso chiedersi la passione Uno che viene centrato implicazioMa non ha ieri sera a Roma della musica.di pistola nel sedile po- cemente, senza le dovute giocare incidenti scoppiati immagine degli l’auto già in ni psicologiche, se bisognava da un colpo stato decon è Una spaventosa steriore dell’auto,le se ci ripensate o non giocare. A Bergamo e la partiin campo marcia. Incredibi di scendere simo , con una vetrata inol- ciso un istante. mente a e che a notte ta è stata interrotta in un clima pesantis incredibil pericolosa è a di realmente che continuav Come Giocate 5 partite riesca ancora è stato deciso trata non si sia effettivamente acca- spezzarsi. A Roma è stata uguala capire cosa colpi sparati per aria non giocare e la città nera. due e colpiduto. Uno, teatro di cronaca ricostruiun finestrino a dir- mente dire che - se non si rispetto che sfondano E’ pazzesco anCome di relazione, scono una persona? diventa aca notte inoltrata, può sce un rapporto - la partita a come ma la così. E allora, piuttosto e convivenz che è a chiedersi: cora tutti lì sparare da una parte al- cessoria, un pretesto, una frangia di tra sessanpiù un poliziotto una guerra ril - in mezzo a! - in atto le forze dell’ordine, molto l’altra dell’Autog tifosi e e delle misecorsie di autostrad ta metri e seiPaese normale accetta- grande degli interessi alla rabbia, oltre Eppure, set- rie del calcio. Ieri, non c’è più - e come può un e RIALTI all’interno del genere? GIARDINI, GIORDANO tutti davanti per un ragazzo che re una cosa il dolore BERTOLANI, dopo siamo te, dieci ore orribile film, e non sen- niente potrà mai attenuare il dolore ha attenuato - almeno a un film, un giornata) di uscire, scappare, come niente a di Raciti . Serie A (12ª tiamo l’urgenza per la scompars diventare, terormai sottosopra Classifica da un mondo Tutti lì, impegnati nel questo doveva essere, Invece, no. 14 sospesa che 25 Milan......... 14 e più chiaro.prendeva con Invece, no. le, teatrino Atalanta-Milan 1-2 Inter .......... la Genoa ...... di volte. ribilment qualcuno se la convocazioconsueto, stucchevo Fiorentina-Udinese rinviata Fiorentina . 23 Torino ....... 13 già decine già Che Mentre partiva tancalcio? abbiamo vissuto del Roma........ 22 Parma....... 12 come Inter-Lazio la moviola, le colpe (g. sab.) 2-1 Quali sono vietare le trasferte ai ti- ne per il prossimo vertice, di torJuventus... 22 Palermo-Napoli a 2-2 Udinese .... 22 Lazio......... 109 già stati a proposito pallone per aspettiamo Ma è ora ....... Parma-Juventus deve fare il o di chi poi ti ci sono 2-0 Atalanta .... 18 Cagliari fosi? Cosa biglietti nominali. ci dia oa e .......... 9 Stato nelli prigionier lo Reggina-Gen più ta si gio3-0 Palermo .... 18 Siena non essere (g. sab.) Reggina...... 9 che chi rappresen e soluzioni adedentro gli stadi Samp-Empoli 2-3 Samp........ 17 impedisce che fermare tutto il cam- spiegazioni plausibili Livorno ....... 9 Siena-Livorno 1-1 Napoli....... 15 Empoli ........ 9 e sichi? Era giustonon bisognerebbe so- guate. ..... 15 Un Torino-Catania un po’ di rispetto pionato e ora rinviata Catania per un mese? ti Per il resto, in nome di Gabriele e Roma-Cagliari spendere l’attivitàmentre il dolore lenzio: almeno fiume di parole, quali sono le colpe del dolore della famiglia. chiedi: ti così? e assale fronte a tragedie del calcio di

a domenica un senIncio, all’ennesim rabbia, restano dolore, , insie-

Ciampi* perdi Carlo Azeglio e di giustizia e l'hanno una strada di libertà questo momento il Santo cato con tutte le loro forze. In straorseguita il pensiero va allo io con loro, piangono tanto vicino. Lo di profonda commozione ha dato al superamento italiani tutti, e che egli imal suo strenuo dinario contributo fra Est ed Ovest,sorretto da principi abbiamo la passione la capacità ai della divisione apostolato in noi, soprattutto per un ordine mondiale delle idee, il coraggio, e speranza a tutti al suo infaticabile Abbia- pegno di una migliore smettere valori ai giovani di tutto il mondo. al dia- ed obiettivi di pace terra in sostegno nostri giovani, sua straordinaria apertura ogni angolo della umana. a tutti noi. mo ammirato la ed etnie. speranza e fiducia senun profon- condizione logo fra religioni Egli ha comunicato con i valori che danno Avverto come tutti dei tanti incontri, Ha scolpito le coscienze L'Italia è in lutto. e della società in me il ricordo forza alla vita delle persone do dolore. E' forte Mia moglie ed io conserveremo II ha creduto nella i suoi so e dignità Giovanni Paolo il Suo indomito dei tanti colloqui. voce, soprattutto con umana. sua la cuore profontestimoniato, la fortezza per sempre nel ed acuti che ti scavavano nel dello spirito e ha nella sofferenza, ostacolo, di opeocchi, luminosi carico di affetto che ti abbraccia- coraggio e la serenità affrontare qualsiasi Egli continuerà do. Il suo sguardoche egli alzasse le braccia. che permette di circostanza. la va prima ancora dimenticare momenti straordi-il rare per il bene in ogni nella riconoscenza per Non potrò mai di milioni di giovani durantedi- a vivere nei nostri cuori,il Suo esempio. Nè , per nel mondo innari come il raduno del 2000 a Tor Vergata. in Sua testimonianza apostolo di pace provai quando, il Giubileo nell'agosto Egli è stato vero - la Sua Diocesi che si sta riverl'emozione che di 2002, mai del Roma perdita la L'Italia, menticherò ad Assisi, nel gennaio sul tri- tero. in Piazza San Pietro - piangono una cerimonia offrì di portare la lampada sando amata. di una persona Repubblica Santo Padre mi ri- un Padre, * Presidente della pode della pace. II ha segnato la storia. Sarà Giovanni Paolo di quegli uomini che hanno indicordato come uno

Sabato 9 aprile 18.00

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Gabriele Sandri,

i in segno di lutto. Bisognava fermars

a noi che abbiamo sentito per la forza GliPadreamato, lo abbiamo ammirato di tra-

Mercoledì 20 aprile (20.30)

6 numeri, semestrale € 103,00; € 19,00. semestrale annuo € 207,00, ITALIA, 7 numeri, solo lunedì, annuo € 36,00, Roma, tel. 06 abbonamenti, semestrale € 90,00; Australia $A. 3,00; ABBONAMENTI: ALL’ESTERO: annuo € 181,00,servizio postale. ESTERO, ufficion. 29367000 Roma 1,20; PREZZI DI VENDITA c/c postale 1, comma 1, DCB) Spedizione con Germania € 1,60; arretrata € 2,00 in L. 27/02/2004 n. 46 art. Canada $C. 3,00; LM 0,65-€ 1,51; (conv. 4992312.Una copia Malta D.L. 353/2003 Svizz. Fr. S. 2,50; Grecia € 1,70; € 1,00. Sped. abb. post. Spagna € 1,70; W.C.$ 2,00. PROVINCIA A Usa Monaco Pr. € 1,60; FROSINONE E 2,50; Usa $ 2,00; IN ABRUZZO, Svizz. Tic. Fr. S. CON IL “MESSAGGERO” A € 1,00. TUTTI I GIORNI “LA NAZIONE” OBBLIGATORIO UMBRIA CON * IN ABBINAMENTO OBBLIGATORIO IN ** IN ABBINAMENTO

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furia ultrà zio e Roma-Cagliari: Rinviate solo Inter-La amo, guerriglia nella Capitale i a Berg tifosi laziali e juventin Tragedia sull’A1, STIONE DI STATO partita sospesa gono gli

icato, meraviglioso la Dopo 27 anni di pontif lasciato Karol Wojty e illuminato, ci ha osso anche il mondo Lo ricorda commaveva avuto sempre vicino dello sport, che lo NEL CUORE,

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ROSSA ROMA

Le par a settimana slittano alla prossim

sportive tutte le manifestazioni 10 il Coni aveva sospeso così: le partite del Nel pomeriggio Italia. La Serie A recupererà dì 20 (c’è Juve-Inter) mercole in programma in pagina 6 il 17, quelle del 17 da pagina 2 a aprile si giocheranno

ITORE

GUADAGNO TI FEDELE, GHIACCI, D’UBALDO, FANI’, MAIDA, PATANIA, RAMAZZOT e TORRI all’interno INTORCIA, MAGLIE, SPLENDORE RINDONE, SANTONI,

Juve, pari e proteste Fiorentina, primo ko

CA LICA E AULI ONE DRAU ZION OI OIDR HE ZAZI ICHE RM ATIZ IZZA MIC TE TERM RAM IMAT CE CERA CL CLIM ZZATO RIVEND

. Interven vengono a contatto a che sparano dalla agenti della Polstrad Gabriele Sandri corsia opposta: ucciso «Esplosi due colpi ora Il questore di Arezzo: tragico errore». Per in aria, è stato un La famiglia accusa nessun indagato. io, è stato ammazzato» «Omicidio volontar a Bergamo, fermata Tentata invasioneCori contro la polizia Atalanta-Milan. stop a Roma-Cagliari in tutti gli stadi. Lo incidenti gravissimi non placa la rabbia:

AUTORI

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I e RIALTI MAGLIE, POLVEROS

2005

2006

2007

ADDIO GIOVANNI PAOLO Muore il Papa dei giovani. La foto è quella di un saluto sereno di Karol Wojtyla

ITALIA, E SONO 4 Gli azzurri affondano la Francia e si laureano Campioni del Mondo per la quarta volta

ROMA IN LUTTO È l’11 novembre, muore Gabriele Sandri. Il Corriere commenta così…

IL CORRIERE DELLO SPORT | 104


Mondiali di nuoto, Sei Nazioni, il patron della F.1 Bernie Ecclestone che assicura che presto si correrà un gran premio a Roma. Secondo lei questa città sta acquisendo definitivamente il titolo di Capitale dello sport? «Direi di sì. Mi sembra veramente che Roma stia catalizzando tutti i grandi avvenimenti sportivi. Vorrei ricordare anche gli Europei di pallavolo e i Mondiali di baseball». Sa che per i romani il Corriere è un po’ come una Bibbia. Che effetto le fa? «Innanzitutto sento una grande responsabilità perché vuol dire che viene riconosciuta al Corriere dello Sport la qualità essenziale per un giornale e un Giornalista con la G maiuscola: la libertà d’espressione. E noi siamo liberi di dire quello che pensiamo. E poi la credibilità, l’altra dote assolutamente indispensabile. È capitato – quando è stato necessario – anche di dover dire delle cose in maniera molto dura. Però su problemi scottanti come il doping, la moralità e l’etica nello sport, ci siamo battuti a costo di farci non dico tanti nemici, ma molte antipatie. Ripeto: un giornale deve essere libero e credibile. Per cui tanto più se ci considerano così è un motivo di soddisfazione, di orgoglio». Ora ce lo dice per quale squadra tifa? «Io nasco da una famiglia laziale per cui sono tifoso della Lazio da quando ero piccino. Poi con gli anni (e con questo non voglio dire che si è stemperata la mia simpatia nei confronti della Lazio) ho imparato a convivere benissimo anche con l’altra squadra della Capitale, la Roma. Quando ero più giovane per sette-otto anni ho seguito quotidianamente i giallorossi. Sono stato il giornalista al seguito della Roma per lungo tempo, il che vuol dire che anche nell’ambiente romanista mi riconoscevano un certo tipo di equilibrio e di onestà intellettuale. Non è una qualità perché secondo me per un giornalista dovrebbe essere una cosa assolutamente normale. Essere onesti, in buona fede, giudicare senza pregiudizio e preferenze credo sia assolutamente indispensabile». Ancor prima della sua nomina a direttore furono proprio i tanti tifosi della Roma, settore curva Sud dell’Olimpico, a caldeggiare una sua promozione alla guida del Corriere… «Io ho un buon rapporto con entrambe le tifoserie. Ripeto, la Roma l’ho seguita per tanti anni quando facevo il cronista. La Lazio ho avuto la fortuna di seguirla nel periodo d’oro, a cavallo degli anni Novanta e Duemila. Allora definii la Lazio la squadra più forte del mondo e qualcuno, all’epoca, pensò che fosse un’esagerazione. Ne resto ancora convinto e vi spiego anche il perché: una volta in un aeroporto mi vidi sfilare sotto il naso in successione Mancini, Almeyda, Mihajilovich, Nesta, Marchegiani, Salas, Nedved… e pensai in quel momento che la Lazio fosse una squadra imbattibile. Sembrava una parata inLA CAPITALE CANDIDATA Il Coni si pronuncia a favore di Roma per le Olimpiadi 2020

2010

NON SOLO QUOTIDIANO Il Corriere dello Sport non è solo il quotidiano che ogni mattina troviamo nelle edicole. Dietro le quinte c’è anche un ufficio che si occupa di studiare speciali, allegati, prodotti cartacei e non solo, per un gruppo editoriale di grande dinamicità.

terminabile di campioni. Pensate che quella Lazio aveva anche Stankovic, Sensini, Simeone e Conceiçao in panchina o in tribuna». Qual è stata la sua prima partita da giornalista e quale la prima da tifoso? «La mia prima volta al Corriere dello Sport fu quando andai a fare gli spogliatoi di un Lazio-Catania. Era il 1980, forse il 1981. Da tifoso invece mi portò mio padre a vedere allo stadio Flaminio un derby dell’amicizia, Lazio-Roma». Quale bilancio traccerebbe della sua gestione del Corriere dello Sport fino a oggi? «Estremamente positivo. Ho avuto una straordinaria opportunità e sono davvero contento. Il Corriere è un’azienda moderna, dinamica, piena di idee. La reputo straordinaria proprio perché offre l’opportunità di essere liberi, sempre. Avere un editore come Roberto Amodei, attento, partecipe, pronto a cavalcare le novità, è un’autentica fortuna. Inoltre ho la possibilità di lavorare con una redazione veramente fantastica, caratterizzata da valori assoluti. E anche questo è il segreto dei successi che riusciamo a riscuotere. Sono soddisfatto perché, dal mio arrivo, abbiamo mantenuto altissimo il numero delle copie vendute, in controtendenza al mercato. E abbiamo vissuto momenti di sport esaltanti. Inoltre in questo periodo è nato anche il sito internet che, ripeto, è diventato in Italia uno dei più cliccati in assoluto. Insomma, abbiamo fatto cose importanti». Una domanda che le avranno fatto molte volte. Come si diventa giornalista sportivo? «Era il mio sogno sin da piccolo. Non dico sia stata una vocazione, ma sicuramente una fissazione e, nel mio caso, avendo avuto la fortuna di nascere professionalmente in un periodo in cui aprivano a Roma le prime televisioni private, ho avuto l’opportunità di fare questo lavoro. La mia carriera nasce in una televisione privata che nel 1977 cominciava la sua attività, e come tanti miei colleghi ho avuto l’opportunità di sfruttare un momento propizio per tanti della mia generazione. Lavoravo con Sandro Piccinini, con Gianni Cerqueti, con Mario Mattioli. Come si diventa giornalista? Probabilmente lo si diventa perché si ha un’occasione, ecco. E io ho avuto la fortuna di avere un’opportunità grazie al fatto di aver vissuto quel momento di grande trasformazione del mondo dell’informazione. La cosa a cui tengo di più è quella di offrire una possibilità ai giovani di oggi. Credo sia molto importante. Dato che anche noi ci stiamo rinnovando, nel segno di quella dinamicità di cui parlavamo, credo che al Corriere dello Sport si stiano creando altre possibilità. D’altronde da qui, da questo giornale, sono passati tutti i più grandi professionisti dell’informazione sportiva. Questa è una palestra, anzi un’Università, per chi vuole misurarsi nel mondo della comunicazione».

IL CORRIERE DELLO SPORT | 105


CANOTTAGGIO O SCI DI FONDO NON IMPORTA. LEI LOTTA SEMPRE PER VINCERE... di Federico PASQUALI foto Getty Images

Storia di un’atleta

SUPER

a quarantacinque anni appena compiuti, ma a vederla bene ne dimostra meno di trenta. Vero, l’età non si chiede mai alle donne, ma come si fa a capire la forza di un’atleta come Paola Protopapa se non si conoscono gli anni? Ha due Paralimpiadi alle spalle, una estiva a Pechino 2008, dove ha conquistato a 43 anni l’oro nel canottaggio (specialità quattro con LTA, ovvero atleti con disabilità meno invalidanti), e una invernale a Vancouver 2010 (13^ nella 5 chilometri sci di fondo). Due partecipazioni che l’hanno fatta entrare nella leggenda dello sport romano, perché è l’unica atleta della Capitale ad aver partecipato ad un’edizione dei Giochi estivi e ad una di quelli invernali. Nessuno sportivo romano, uomo o donna, era riuscito nell’impresa. Paola, invece, ce l’ha fatta e non ha intenzione di fermarsi qui. Romana verace, tesserata per il Circolo Canottieri Aniene, dipendente di una compagnia francese di assicurazioni, mamma, single, è una di quelle donne che va oltre, sotto tutti i punti di vista. Capace di vincere un titolo assoluto nel canottaggio prima di aver compiuto venti anni, dopo un incidente d’auto, a causa del quale ha perso l’articolazione del braccio sinistro, ha saputo rimettersi in gioco nello sport fi-

H

Paola Protopapa Ha vinto 4 titoli italiani nell’adaptive rowing, ha partecipato a tre campionati del mondo nella stessa specialità, vincendo un argento nel 2009 e l’oro alle Paralimpiadi di Pechino 2008. In carriera ha partecipato anche a diversi campionati europei e mondiali di vela. È laureata in scienze motorie, è impiegata presso una compagnia d’assicurazioni, ama la montagna e la lettura


Paola Protopapa nel 2008 ha raggiunto il massimo obiettivo per un atleta, quello di vincere un oro olimpico. Paola ha portato in alto i colori della sua città, Roma, nella quale vive da sempre e si allena quotidianamente no a salire sul gradino più alto del podio olimpico di Pechino. Testimonial dell’Istituto per il Credito Sportivo, insieme ad altri quattro mostri sacri dello sport italiano, Idem, Sensini, Trillini e Vezzali, Paola ironicamente si definisce una donna “SuperAbile”. Una giornata delle sue, vale una settimana di qualsiasi persona. Ce la descrivi nei dettagli? «Mi sveglio poco dopo le 5 del mattino. Dalle 6 alle 7.30 mi alleno in barca sul Tevere. Torno a casa, preparo la colazione a mia figlia Giulia, che ha venti anni, e fin quando frequentava le scuole superiori l’accompagnavo tutte le mattine. Poi vado al lavoro, dove mi aspettano nove ore d’ufficio. Alle 17 stacco e torno al circolo per calarmi nuovamente sul fiume con la barca. Dopo un’altra ora, e più, di allenamento torno a casa, preparo la cena e sistemo l’ordinario. Questo è l’iter di tutti i giorni, per me ormai è normale». Scusa, sei per caso Wonder Woman? «Faccio quello che mi piace: amo il mio lavoro, lo sport e mia figlia, quindi non mi pesa nulla di tutto questo». Visti i risultati conseguiti, non potresti fare la sportiva a tempo pieno? «Magari, ma non gioco mica a calcio. Per avere un sostegno economico devo rimanere in azzurro, portando risultati costan-

temente. Poi nello sport non si può mai sapere fin quando sarai ad alti livelli, quindi devo lavorare». Come hai vinto l’oro a Pechino? «Lavorando sodo nei tre anni precedenti e arrivando all’appuntamento, sapendo di non essere tra i favoriti della vigilia. Nessuna pressione, dunque, ma solo una forte consapevolezza dell’intero equipaggio di dovere dare tutto. Così ci siamo stretti l’un l’altro e la forza in barca è raddoppiata». Cosa è cambiato dopo l’oro? «Maggiore consapevolezza della propria forza. Quando ti rendi conto di essere un’atleta vincente, qualcosa cambia dentro di te». Delusa invece dalla prova di sci di fondo a Vancouver? «No. Certo, arrivando da campionessa olimpica del canottaggio c’erano molte aspettative riposte su di me. Ma lo sci non è il mio sport, anche se amo la montagna, e mi sono preparata in soli cinque mesi per affrontare la gara olimpica. Invece, sono molto soddisfatta perché è pur sempre u n ’ i m p re s a partecipare ad una Paralimpiade. Ol-

tretutto, Vancouver è stata un’esperienza fantastica perché per la prima volta il movimento paralimpico ha avuto le stesse attenzioni mediatiche di quello olimpico. È importante diffondere la cultura dello sport tra i disabili. Soprattutto per i giovani, perché pochi di loro si avvicinano allo sport di base e di alto livello». Un grande successo per lo sport dei disabili «Ci sono voluti 50 anni (la prima volta delle Paralimpiadi in contemporanea con le Olimpiadi risale ai Giochi di Roma 1960, ndr) ma, finalmente, abbiamo avuto il giusto riconoscimento. In fin dei conti viviamo lo sport nello stesso modo dei normodotati, quindi perché differenziare?». Sei anche velista: hai progetti in questo sport per il futuro? «No, perché è troppo difficile eccellere nella vela col poco tempo che ho a disposizione. Da quando sono tornata da Vancouver, ho ripreso col canottaggio. L’obiettivo è qualificarmi per la Paralimpiade di Londra 2012. Voglio andare a difendere l’oro di Pechino. Poi si vedrà per quelle invernali del 2014». A proposito: è vero che per prepararti ai Giochi di Vancouver ti sei allenata anche sulla pista ciclabile di Roma? «Sì, avendo poco tempo a disposizione per andare in alta quota a sciare, ho iniziato ad allenarmi con gli skiroll sulla pista ciclabile. Non mi sono fermata a questo. Un giorno me li sono infilati e sono andata a scalare il K2 (la salita di Monte Mario, ndr). Visto che la cosa funzionava, ho convinto il tecnico federale e i compagni della nazionale di sci di fondo a provare. Sono venuti giù dal nord, hanno visto di cosa si trattava, e hanno convocato un collegiale a Roma per allenarsi sul K2. Poi, però, ho trascorso cinque mesi in raduno sulle montagne, prendendomi l’aspettativa dal lavoro». L’atleta che stimi di più? «Giovanna Trillini, per le cose che non dice. I suoi silenzi sono quanto di più grande un’atleta possa dire».

LO SPORT PARALIMPICO | 107


IL CALCIO DILETTANTISTICO Nasce nel 1972 in un calcio d’altri tempi, dove la dimensione ludica quasi passava in secondo piano rispetto alla necessità di dare sfogo a centinaia di ragazzi del popoloso quadrante Prenestino

CAMPI

1 campo di calcio 1 campo di calcio a 8 3 campi di calcetto

Uno dei campi del Savio potrebbe essere dedicato alla figura di un grande uomo di spettacolo che per anni ha fatto del calcio dilettantistico una sua passione, Raimondo Vianello

di Roberto CORAMUSI

PRENESTINA VIA NORMA

A.S.D.

SAVIO Il nome Savio in onore di San Domenico, come l’oratorio che portava il suo nome nel 1966 dal quale venne fondato l’originario Gruppo Sportivo Savio

l Savio è parte integrante della storia sportiva romana. Un fulgido esempio di positiva sintesi tra aggregazione sociale ed eccellenza agonistica. Una realtà che oggi ha deciso di rilanciarsi con lo stesso stile di sempre, nel segno della passione, tipica del quartiere popolare dove ha sede, il Prenestino, e della professionalità che l’ha portata ad essere un punto di riferimento nel frastagliato scenario cittadino, per la qualità e la preparazione dei tecnici in organico. Uno spirito che affonda le sue radici addirittura negli anni ‘60, quando il pallone rotolava nel polveroso campo dell’oratorio della parrocchia di Santa Maria della Misericordia. Il nome, in onore di San Domenico Savio, è lì a testimoniarlo, ma non solo. Anche i suoi colori sono testimoni di questo legame: il bianco e soprattutto l’azzurro del cielo rappresentano infatti la purezza. Quella stessa limpidezza che ogni amante del calcio rivede nei gesti tecnici di un qualsiasi bambino felice di giocare al gioco più amato nel mondo. Passano gli anni e nasce la voglia di fare calcio in maniera più qualificante. È neces-

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CASILINA

STAFF Lo stemma ha un valore stilistico in voga nell’anno di fondazione: basti ricordare il logo di Mexico ‘70. Il puntino della “i”, diventa un pallone nella creatività del disegnatore. I colori sociali sono il bianco e l’azzurro a ricordare i colori del cielo, simbolo di purezza mariana (la società è di origine parrocchiale).

sario fare un salto di qualità: da qui l’iscrizione ai campionati federali nella stagione 1972-73. È essenziale la fusione delle sinergie delle tante persone che gravitavano intorno all’oratorio per la nascita della prima scuola calcio. Da quel momento la società sportiva Savio non smette mai di crescere, prendendo sempre più piede nel tessuto sociale del quartiere e nell’attività agonistica della città di Roma. Certo, allora era un calcio diverso, dove la dimensione ludica quasi passava in secondo piano rispetto alla necessità di dare uno sfogo a centinaia di ragazzi del quadrante Prenestino, tanto popoloso e con una natalità rilevante. Non c’era la cultura sportiva di oggi, e nemmeno le possibilità con le strutture idonee per fare venire a giocare i giovani da fuori Roma, quindi si insisteva sul materiale umano a disposizione cementando ancor di più il rapporto con la cittadinanza. Il Savio negli anni ‘80 interpreta prima di altri i cambiamenti della società ed imposta un lavoro di preparazione dei giovani che

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Presidente: Gaetano LACAVA Vicepresidente: Massimo PAOLONI Amministratore unico: Paolo FIORENTINI Direttore generale: Alessandro RUBINACCI Direttore tecnico: Massimo MOCCIOLA Medico sociale: Michele MORELLI Segreteria: Maria Teresa ILARI Silvia PICCIRILLI Fiduciario di Presid.: Roberto CANESTRO Resp. Scuola Calcio: Mario GUERRA inizia subito a dare i suoi frutti. Dopo una serie di successi sfumati, nel 1989 arriva il primo titolo regionale nella categoria Giovanissimi, ripetuto un anno dopo con gli Allievi, praticamente con la stessa squadra vittoriosa nella categoria dei più piccoli. Ormai il Savio è diventata una delle più forti realtà del calcio romano celebrando nel 2005 un anno storico con due titoli regionali ed uno nazionale (più una semifinale con i giovanissimi nella fase nazionale). Ma giunta all’apice del suo successo sportivo, la società Savio non immaginava di dover fare i conti con il trasloco dell’impianto: «La notizia che i lavori della futura stazione Teano della metro C interessavano il nostro impianto –ha dichiarato Paolo Fiorentini, amministratore unico e vera anima della società– ci è giunta nel 2006 con la delibera del Cipe; la vicinanza di un terreno comunale ci ha facilitati nell’accelerazione delle pratiche per l’edificazione del nuovo


OGNI NUMERO ALLA SCOPERTA DI UNA SOCIETÀ CAPITOLINA PER CONOSCERE UN MONDO FATTO DI LAVORO E PASSIONE campo realizzato da Roma Metropolitane». La struttura di via Norma è un gioiello con delle carenze che solo interpellando il futuro inquilino, cioè una società sportiva che conosce bene determinate esigenze impiantistiche, potevano essere evitate o corrette in corsa: «Ci sono delle incongruenze progettuali che rendono più complicato l’esercizio dell’attività calcistica –ha affermato Fiorentini- e l’esempio più grande è la tribuna del campo a 11 dalla quale risulta praticamente impossibile vedere il terreno in tutta la sua estensione. Per questo siamo in contatto con tutti gli enti interessati per iniziare a fine giugno un’opera di riqualificazione al fine di migliorarne la visibilità, allestendo anche ai lati dei pannelli antisfondamento in plexiglas». L’ex società di via Teano, dunque, ancora non ha concluso in pieno il periodo di transizione dovuto al trasferimento dell’attività dal suo storico impianto, che sorgeva dove è stata cantierizzata la futura fermata delle metro C, a quello attuale di via Norma. Lo spostamento, seppur

in linea d’aria non abbia inciso più di 500 metri, ha determinato un’iniziale spaesamento nella gestione della scuola calcio, facendo registrare una naturale flessione nelle iscrizioni, ed un calo anche sotto il profilo dei risultati nelle categorie di vertice. La rinascita però non si è fatta attendere ed è partita ovviamente dalla figura chiave della società, Paolo Fiorentini (al Savio dal ‘72), che sta portando avanti anche un altrettanto importante passaggio istituzionale per far ricomprendere nelle spettanze dell’Ufficio Sport del Comune di Roma l’impianto ora in capo al VI Municipio. Dopo due anni di concessione, il Savio ha vinto il bando di concorso per l’assegnazione definitiva (6 anni rinnovabili): la stima patrimoniale della struttura fatta dall’amministrazione municipale viene considerata troppo alta anche in virtù dell’attività non commerciale svolta dall’Associazione Sportiva Dilettantistica vincitrice del bando e dell’attività storica di una società che ha dato tanto al calcio romano e ai giovani della nostra città.

NOMI ILLUSTRI

Dalla scrivania al campo, il Savio sta sistemando tutte le questioni aperte per tornare vincente come prima e, se possibile, ancora più solida degli anni passati: «Il futuro della società è già iniziato quando è stata fatta una scelta cruciale per i progetti di sviluppo del settore giovanile –ha continuato Fiorentini– e rispetto al passato cresceremo i talenti nel nostro vivaio, sin dai primi calci, visto che ormai la concorrenza sta diventando ingestibile su una piazza così congestionata come Roma, a rischio anche di non rispettare alcune regole basilari che inficiano, io credo, anche sulla crescita dei ragazzi. Grazie ai nostri tecnici qualificati –ha concluso l’Amministratore Unico del Savio– siamo convinti di poter valorizzare tanti giovani senza rincorrere ‘fenomeni’ in giro per la città, conoscere i bambini e le loro famiglie può aiutare a far maturare il ragazzo prima ancora 7 squadre di settore giovanile agonistico 250 bambini di scuola calcio 10 squadre tra esordienti e pulcini

NUMERI

Giovani crescono, sognando la Serie A Makeda, nel 2007 ha firmato un triennale da 65.000 euro a stagione con gli inglesi del Manchester UTD, complice l'impossibilità delle società italiane di far sottoscrivere contratti professionistici a giocatori sotto i 16 anni.

che il calciatore”. Se vogliamo, si tratta di un ritorno alle origini senza dimenticare quindi le radici profonde, ben radicate nel quartiere e nel sociale, come la storia dell’oratorio insegna. Un solco dal quale non ci si è mai allontanati. Ed oggi il Savio continua, infatti, ad operare in maniera attiva nel quartiere aprendo l’impianto ed i suoi servizi a chi ne ha maggiormente bisogno. Sono 10 i bambini della scuola calcio segnalati dai Servizi Sociali del Municipio ai quali la società di via Norma riserva quote gratuite. Ma nel calcio moderno tutto questo non basta e per offrire sempre maggio-

Dalla periferia al Manchester: Federico Kiko Macheda è nato calcisticamente nel Savio, poi approdato alla Lazio, è salito alla ribalta internazionale grazie all’esordio con gol risultato decisivo per la conquista del campionato 2008-09 da parte del team di Sir Ferguson. Ma anche altri giovani del Savio: ad esempio Corvia del Lecce, attaccante di razza passato alla Roma, dove ha esordito in A nel 2004. Poi, Giallombardo dell’Ascoli, difensore classe ‘80 che ha giocato in Serie A con le maglie del Catania, del Livorno e della Lazio.

ri servizi alla cittadinanza, muovendosi ovviamente nell’ottica della rivalutazione della vita del quartiere, il Savio ha deciso di fondere diverse sinergie per migliorare la ricettività dell’impianto. Si parla di una piscina, una palestra e un’area accoglienza più confortevole per i genitori, prima però serve l’intitolazione della struttura, serve un nome in cui riconoscersi. Le ipotesi sul tavolo erano diverse, ma sembra che, d’accordo con il Delegato allo Sport del Comune di Roma Alessandro Cochi, l’opzione si sia ridotta ad una, nel solco della tradizione del calcio romano e della sana passione per questo sport.

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Daniele Corvia contro Cannavaro

Giallombardo è in azione in maglia laziale mentre marca un altro ex, Fiore

PALMARES Titoli nazionali: 2005 Allievi Titoli regionali: 1989 Giovanissimi, 1990 Allievi, 1996 Juniores, 1997 Giovanissimi, 1998 Allievi, 1999 Giovanissimi e Allievi, 2001 Giovanissimi, 2003 Allievi, 2005 Giovanissimi e Allievi, 2006 Allievi, 2007 Giovanissimi.


orienteering

di Roberto MORETTI* foto Getty Images

Orientarsi diventa uno sport di Roberto MORETTI foto Getty images


ambe g e l overe anche u m a he f nquista rtecipanti c , t r o o Lo sp ervello, c e 1000 pa r c ed il pitale. Olt ille 2010 V la Ca feo delle al Tro

13/06/2010 - TERMINILLO (RI) 4° Trofeo Italia Centrale & Trofeo Terminillo Organizzata da: Orientering Roma 20/06/2010 - CAMPAEGLI - CERVARA DI ROMA 3° Trofeo Italia Centrale - Camp. Laz. Middle Organizzata da: Orientisti Mezzaluna 19/09/2010 - BRACCIANO (RM) 2° Trofeo Italia Centrale Centri Storici Organizzata da: Orientering Roma 19/09/2010 - BRACCIANO (RM) Gara Promozionale di Trail Orienteering Organizzata da: Orientering Roma 26/09/2010 - ROMA 5° Trofeo Italia Centrale Organizzata da: Corsaorientamento Club Roma 03/10/2010 - MONTE LIVATA - SUBIACO (RM) 6° Trofeo Italia Centrale - Camp. Laz. Long Organizzata da: G.O. Subiaco 10/10/2010 - ALLUMIERE (RM) 3 ° Trofeo Italia Centrale Centri Storici Organizzata da: Civitavecchia Orienteering Team 17/10/2010 - ROMA 1° prova Trofeo Enea 2010/2011 Organizzata da: Enea Casaccia Orientering 31/10/2010 - VALLE DEL SORBO - FORMELLO (RM) 2° prova Trofeo Enea 2010/2011 Organizzata da: Enea Casaccia Orientering 07/11/2010 - ROMA 3° prova Trofeo Enea 2010/2011 Organizzata da: Enea Casaccia Orientering 21/11/2010 - LOTTI DI GARBATELLA - ROMA 4° prova Trofeo Italia Centrale Centri Storici Organizzata da: A.S.D. Orsa Maggiore 28/11/2010 - MONTE MUSINO - SACROFANO (RM) 4° prova Trofeo Enea 2010/2011 Organizzata da: Enea Casaccia Orientering --> Info Gara sul sito FISO Nazionale

VOGLIO PROVARE… COSA DEVO FARE? Per iniziare è sufficiente presentarsi al ritrovo di una gara e acquistare una cartina di un percorso di bassa difficoltà! Poi, se vi piace, potete frequentare un corso base per affinare la vostra tecnica… Il calendario gare offre una serie di appuntamenti durante tutto l’anno e si può trovare consultando il sito www.fisolazio.it, oppure il sito nazionale www.fiso.it. Lì si potranno rintracciare anche articoli e resoconti di gara, classifiche e una serie di informazioni di base per iniziare. Ci sono anche i riferimenti di tutte le società sportive del Lazio, affiliate alla Federazione, attraverso le quali potrete tesserarvi e partecipare agli allenamenti e alle gare. Per poter praticare, all’inizio non serve una attrezzatura particolarmente costosa: sono sufficienti una bussola piana (trasparente) e un abbigliamento comodo e sportivo (da bosco, con braccia e gambe coperte). Calzature: si possono utilizzare scarpe da trekking leggere o degli scarpini da calcio, l’importante è che siano comodi e leggeri, e abbiano una suola non liscia, per una buona presa sul terreno.

DALLE VILLE DI ROMA AI PERCORSI CITTADINI Avvicinarsi allo Sport dell’Orientamento a Roma non è difficile. Oltre a tutte le occasioni di manifestazioni promozionali e regionali, che si svolgono nella Capitale durante tutto l’anno, la collaborazione tra il Comune di Roma e il Comitato Regionale della FISO, nell’ambito dell’iniziativa “Una Stagione per lo Sport”, ha portato alla realizzazione di cinque impianti fissi nel territorio della Capitale. Si tratta in pratica di carte d’orientamento sulle quali sono segnati una serie di punti fissi in corrispondenza delle realtà con emergenze peculiari, o piccoli punti di controllo in legno posati in forma stabile. La presenza dei percorsi fissi e la possibilità di scaricare la carta dal sito della Federazione consentono a chiunque di organizzarsi un passeggiata inusuale e, ad insegnanti e gruppi sportivi, la possibilità di organizzare allenamenti con un minor impegno organizzativo. Gli impianti si trovano nel parco del Pineto, a Villa Borghese, a Villa Ada, a Villa Pamphili e nel parco di Aguzzano. Le carte si scaricano dal sito www.fisolazio.it, dove si troveranno anche tutte le informazioni per una corretta fruizione dell’impianto in totale autonomia.

12/12/2010 - ROMA 5° prova Trofeo Enea 2010/2011 Organizzata da: Enea Casaccia Orientering 19/12/2010- SUBIACO (RM) Organizzata da: G.O. Subiaco

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chi non è mai capitato di sbagliare la direzione, in auto o a piedi, ritrovandosi su una strada sconosciuta con la netta sensazione di essersi persi? Magari anche se la vostra meta si trovava a poche decine di metri da voi? Esiste uno sport che ad ogni gara vi mette alla prova, mette alla prova la vostra capacità di orientarvi, di muovervi in un territorio sconosciuto, con il solo aiuto di una carta topografica molto precisa ed una bussola: è lo sport dell’Orientamento o Orienteering. Una disciplina completa, affascinante, arrivata in Italia oltre quaranta anni fa dalla penisola scandinava e sviluppatasi in Trentino e nel Lazio, grazie alla passione di un piccolo gruppo di pionieri che nel tempo lo hanno praticato e insegnato con passione. È uno sport che si pratica solitamente nei boschi, dove la capacità di saper leggere una carta si unisce al piacere della corsa all’aria aperta, ma ogni spazio ricco di particolari può essere teatro di una manifestazione di Orientamento. Si pratica a piedi, in bicicletta, sugli sci da fondo ed esiste anche una disciplina, detta Trail-O o di “precisione”, che si rivolge in particolare ai disabili. È uno sport particolare che non necessita di edifici o strutture particolari, ma solo di una carta estremamente precisa e dettagliata in

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LA GARA? LE REGOLE DEL GIOCO Come si svolge una gara di Orientamento? Al via, viene consegnata al concorrente una cartina specifica della zona, a colori e ricca di particolari. Sulla stessa sono riportati una serie di oggetti (segnati con un cerchietto rosso), che rappresentano i “punti di controllo” (o lanterne) dove il concorrente è tenuto a passare. Il suo obiettivo è quello di transitare per tutti i punti di controllo nel minor tempo possibile. Le gare sono di norma individuali e la sequenza di passaggio è vincolante. Il concorrente, oltre alla carta, può utilizzare solo la bussola… Tutto il resto è dato dal lavoro di analisi, strategia e controllo del percorso, totalmente libero e deciso dall’atleta, che deve effettuare durante la gara, dosando le proprie energie e distribuendole tra ragionamento e corsa. Una gara prevede percorsi di difficoltà tecnica e fisica variabile, in relazione all’età e al sesso degli atleti. In ogni manifestazione è però sempre possibile “provare” la disciplina, senza necessariamente tesserarsi, acquistando una carta con percorso semplice e provando a cimentarsi sul terreno.

RIGHELLI

CERCHIOGRAFO

AGO MAGNETICO

grado di dare all’atleta tutte le informazioni necessarie allo svolgimento della gara. Gara che consiste nell’effettuare un percorso nel minor tempo possibile, transitando obbligatoriamente per una serie di “punti di controllo”, con la totale libertà di scegliere il percorso tra un punto e il successivo. È uno sport multidisciplinare: non solo educa fisicamente, ma richiama concetti di geografia, matematica, botanica, geometria, storia. Al punto da renderlo uno di quegli sport riconosciuti come “didattico” dal Ministero dell’Istruzione, e praticato ai Giochi Sportivi Studenteschi fino alle fasi nazionali. Il fascino di questa disciplina sportiva non ha lasciato indifferenti i romani, visto che la Capitale conta un buon numero di praticanti e otto società sportive affiliate alla Federazione. Questa attività trova la sua naturale espressione in un appuntamento che nel 2010 ha fatto il giro di boa del suo primo decennale: il “Trofeo delle Ville”. Si tratta di una se-

rie di manifestazioni che si svolgono negli splendidi scenari dei parchi romani, coinvolgendo ogni anno non solo gli atleti agonisti, ma anche molti ragazzi di scuola media e superiore e tanti appassionati, che possono in questo modo avvicinarsi all’Orientamento senza doversi spostare da Roma. L’edizione 2010 ha visto oltre mille atleti cimentarsi sui “terreni” del parco degli Acquedotti, del parco di Villa Pamphili (Est e Ovest) e del parco di Villa Ada, grazie all’organizzazione delle società “Corsa Orientamento Club Roma” e Polisportiva “Giovanni Castello”. Ma la città offre anche altri impianti per l’Orientamento, sfruttando le caratteristiche del suo centro storico. È quello che è successo a fine aprile, quando quasi 500 atleti si sono confrontati nel “Rome Orienteering Meeting MMX”, gara organizzata dalla società “Orsa Maggiore”, che si è svolta tra Tor Tre Teste, piazza Navona e Villa Borghese. * Presidente Comitato Regionale Lazio – Federazione Italiana Sport Orientamento – www.fisolazio.it

LA BUSSOLA

GHIERA MOBILE

La bussola è uno strumento importante per chi pratica Corsa di Orientamento. Viene solo dopo la cartina, che rappresenta l’elemento necessario alla pratica. I modelli per Orientamento sono di norma piani e realizzati in materiale trasparente, per consentire la lettura della carta anche con la bussola appoggiata sopra. Generalmente viene tenuta al polso o al collo con un laccetto, ma vi sono modelli... da dito: viene fissata con un laccetto elastico al pollice, lasciando libere entrambe le mani. La ghiera mobile, presente in alcuni modelli, consente di memorizzare una certa direzione angolare, da mantenere negli spostamenti cosiddetti “per azimut”. I righelli servono a prendere misure sulla carta ed effettuare la stima della distanza reale tra due oggetti. Il cerchiografo è richiesto, in allenamento o ad un tracciatore, per disegnare sulla carta un cerchietto di identificazione di un punto di controllo.

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di Giorgio Franchetti

i ludi romani

Presidente Ass. Culturale “S.P.Q.R.” di Roma Servizio fotografico: Piero & Giusy Lancialonga

giochi nell’antichità LE REGOLE DEL GIOCO

pa n c r a z i O , LOT TA s e n za pau r a

Calcio, pugni... tutto è permesso l pancrazio è uno sport di origine greca, un misto di lotta e pugilato. Il termine (dal greco pankràtion, pan = tutto e kràtos = potere, forza) significa “intera forza (del corpo)”. Appare come disciplina olimpica nel 648 a.C. durante la 33esima olimpiade; lo scopo era sconfiggere l’avversario utilizzando tutte le proprie forze, a mani nude, e i contendenti avevano la possibilità di utilizzare tutte le tecniche possibili: sgambetti, proiezioni, leve articolari, pugni, calci, ginocchiate, gomitate, unghiate, tecniche di rottura delle dita, morsi, possibilità di strozzare l’avversario. In genere, gli atleti approdavano al Pancrazio dopo una certa esperienza nella Pale (Lotta olimpica). Per la sua natura, il pancrazio è diventato una delle più complete discipline da combattimento, poiché comprende tecniche diverse tra loro ed allena quindi ad un uso generale del proprio corpo (tra queste tecniche, che vanno dalla lotta a terra al pugilato, c’è anche l’acrocorismo, ossia la torsione e conseguente rottura delle dita delle mani). L’efferatezza di questo sport era tale che i due contendenti spesso arrivavano a lottare fino alla morte che decretava il vincitore, osannato dal pubblico.

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ristides! Aristides! Dove sei?! Dove sei finito stavolta?! Maledetto caprone, torna ad allenarti cogli altri!» Dietro questo ulivo Eleutherios non può certo vedermi. La sua voce mi giunge lontana ma viva. Meglio che non mi trovi ora, voglio rubare ancora qualche minuto di pausa all’allenamento … Ogni tanto riesco a sfuggire al suo sguardo e venire qui, appena fuori della palestra, per sedermi all’ombra di un ulivo e guardare il mare… «Aristides! Per Zeus! Tra due settimane ci saranno le olimpiadi e ti devi allenare o gli atleti di Athenai (Atene), di Rodos (Rodi), di Akragas (Agrigento) e di Naxos ti ridurranno tutte le ossa a un cumulo di polvere!». Non ha torto Eleutherios, il mio gymnasiarchos (capo e gestore del gymnasion, palestra ma anche luogo di studio)… Ad un tratto mi sorprende una voce alle occhi… Accadde a Salamina, dove lui e mia mie spalle: «Eleutherios, ha ragione Aristides, ultimamente sei svogliato e spesso madre Hemea si erano trasferiti dopo esnon ti alleni come dovresti. Cosa ti turba? sere fuggiti da Miletos nel 494, quando i Quali sono i tuoi pensieri?». Persiani la rasero al suolo su ordine di Dario I il Grande per vendicarsi dell’istigazio«Oh Petros, non ti ci mettere anche te per ne alla rivolta delle altre città favore…». ioniche ispirata da AristagoPetros è il mio compaContinua gno, la persona con cui il grande viaggio ra. I miei si erano fermati primi alleno tutti i giorni; e ma per qualche tempo ad nei giochi forse l’unico amico vero Eretria, dove nacqui io, ma dell’antichità. che mi rimane al monUn’esplorazione anche quella città non sodo. Eppure neanche lui pravvisse all’ondata Persianelle pieghe può capirmi ora… Guarna, che spinse tutti gli abitandella storia grazie ti della Boiotìa e dell’Attiké dando il mare non posso fare a meno di ripensare alla ricostruzione verso sud, dopo la disfatta di un set alle a mio padre, Theophilos. delle Thermopylai. In mezzo porte di Roma Morì sulla sua nave a quella massa di gente dicombattendo gli odiati sperata e terrorizzata che si Persiani, nel mare di fronte Athenai, in un rifugiò prima ad Athenai, e poi a Salamina, assolato settembre di 20 anni fa. Proprio c’era pure la mia famiglia, guidata da mio sul mare della madre patria Hellàs (Grepadre, commerciante di tessuti di Miletos; cia). Come il mare che io ora ho davanti gli che tanto aveva cercato di fare contro le

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a pugni dalla grecia a roma

manie di grandezza di Aristagora da rendersi inviso al potere… Mia madre era morta qualche anno dopo il nostro ritorno ad Eretria, io ero ormai cresciuto abbastanza da cominciare il lavoro di fabbro. «Capire cosa c’è in quella tua testa, Aristides, questo vorrei… Bè, io torno ad allenarmi, altrimenti davvero Eleutherios ci scorticherà… Ma senza di te non posso provare il combattimento, il pankration (pancrazio) si combatte in due Aristides, lo sai bene. Perciò cerca di uscire dai tuoi pensieri e torna nel gymnasion… » . «Non ti preoccupare Petros, rubo ancora due minuti per guardare il mare e poi vengo… Vai avanti e se vedi Eleutherios non gli dire dove sono, mi raccomando!». Il mio compagno si allontana, lo vedo superare il circuito per la corsa, il drômos, dove alcuni atleti stanno parlottando all’ombra della statua di Hermes, loro protettore. Petros passa il peristilio ed entra nel cortile in

terra battuta dedicato all’allenamento vero e proprio per la lotta. Io torno a voltarmi verso le colline di Eretria che vanno verso il mare, puntellate di ulivi lungo un tessuto di campi di grano. Appoggio la testa all’ulivo dietro di me, che mi ripara con le sue ampie fronde dal Sole battente, e fisso ancora un po’ il mare. Se chiudo appena gli occhi trovo un po’ di pace ai miei pensieri. Tra poco più di due settimane ci sono le Olimpiadi, presso il santuario di Zeus; e mi piange il


cuore a pensare che mio padre non potrà vedermi gareggiare. Mia madre non avrebbe potuto fare altro che festeggiarmi, visto che a parte la sacerdotessa di Demetra le donne non sono ammesse allo stadion. Ho scelto il pankration come disciplina, ho rabbia e rancore contro il destino, dentro di me… I miei genitori sarebbero stati così felici di sapermi a gareggiare nell’olimpiade, e invece non potranno sostenermi dagli spalti né da casa… Forse lo faranno dalla terra delle ombre. Mi alzo, mi spolvero la tunica leggera e mi avvio verso il gymnasion. Eleutherios mi viene incontro… «Ancora un po’ e mandavo Heracles in persona a cercarti, Aristides! Ma dov’eri finito?». «Ero qui a tirare un po’ il fiato, Eleutherios… Questi allenamenti mi stanno uccidendo!». Il gymnasiarchos ride di gusto: «Ahahaha, ucciderti dici? Ahahah questo è solo allenamento, Aristides… Se ti avesse avuto tra le mani Diagoras, che come sai trionfò senza eguali nella 79° edizione dei giochi, 4 anni fa, quello sì, ti avrebbe forse ucciso! E adesso torna subito ad allenarti con gli altri, non voglio che tu sfiguri alle gare altrimenti la gente penserà che la colpa è mia!» Passo lo stadion ed entro nel cortile dedicato alle gare di lotta, non senza aver accarezzato il piede della statua di Heracles, entrando. Petros è lì. «Alla buon’ora… E adesso… Difenditi, lavativo!» e così dicendo mi corre incontro e mi afferra con una mano al collo e l’altra al polso destro. La mia mano sinistra però è libera, il fiato comincia a mancarmi. Gli cingo il collo e sferro un colpo potente con il ginocchio verso il suo stomaco. Questo gli leva il fiato, molla la presa, si piega. Gli giro intorno, gli metto il braccio intorno al collo e lo sollevo da terra. Qualche secondo e lo lascio cadere, sfinito. Toccandosi il collo, si volta e mi guarda, ha gli occhi rossi. «Non ci starai mettendo un po’ troppa foga, Aristides? Non siamo ancora al santuario e se continui così non ci arriverò mai!». Forse la rabbia per non avere i miei genitori ad ammirarmi l’ho sfogata un po’ troppo in questo scontro con Petros, ha ragione. Mi spolvero e mi dirigo verso i miei vestiti, per oggi l’allenamento è terminato… Sono trascorse poco più di due settimane da quel giorno, il viaggio da Eretria ad lis, nell’Elide, è stato lungo e faticoso… Abbiamo dovuto attraversare molti territori e anche la Messenia, dove si trova Sparta e che confina a nord con l’Elide, e se non fosse stato

per la ekecheiria (la tregua sacra prima dei giochi che tutti i popoli dovevano rispettare), questo viaggio sarebbe certo stato più pericoloso… La cerimonia di apertura è stata imponente: un corteo maestoso composto dagli atleti, dagli allenatori, dai nomophylakes (personalità aristocratiche e sacerdoti del posto che custodivano i regolamenti), dagli hellanodìkai (giudici di gara), è partito da Elis ed ha raggiunto l’Altis, il sacro recinto del santuario dell’Olympieion, percorrendo la Via Sacra. Tutti gli atleti hanno poi giurato di non commettere scorrettezze di fronte alla grande statua di Zeus Horkios. Oggi si tiene la gara di lotta e pankration, nel 3° giorno di giochi. È il solstizio d’estate, cade sempre nel terzo giorno in base ai calcoli dei sacerdoti. Ci sono moltissime persone ad assistere, sono nervoso, nel sorteggio ho pescato un lottatore temibile: Damaghetos, uno dei due figli del grande campione Diagoras di Rodos. Nessuno pensa che io possa vincere. È il momento di dimostrare a me stesso, ai miei genitori e agli Dei che sono degno di essere qui e gareggiare in nome di Eretria. È il mio turno, scendo nello stadion e vedo il mio nemico. È massiccio, ha una capigliatura crespa nera, occhi corvini e sottili con cui mi scruta, una barba rada. Somiglia molto alla descrizione che ho sentito fare del temibile padre. Ma non c’è peggior modo di avvicinarsi a una ga-

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ra che sottovalutare il proprio avversario e lui forse con me l’ha fatto, visto che non posso vantare genitori famosi e vincenti come può fare lui… Già…Genitori… Il pensiero mi riporta a mio padre. Ma non ho molto per pensare, Damaghetos si avvicina in posizione di combattimento, mi gira intorno, giro anche io, mi scruta, lo scruto, sento il suo odore… Girandoci intorno ci siamo ritrovati in una posizione per cui ora ho il Sole negli occhi e non è un caso. Il forte dolore e il sapore di sangue in bocca seguono immediati il colpo che ricevo in pieno viso, accecato. Un pugno, certamente. Poi un altro colpo, stavolta allo stomaco, che mi toglie il fiato. Devo allontanarmi e riprendermi. Giro ancora facendo appello alle mie forze e il sole torna di lato, ora lo vedo, è di fronte a me, il pubblico acclama, lui certo starà pensando di avere già vinto. Si lancia contro di me, mi afferra con una mano al collo, e mi sferra un colpo con il ginocchio al bacino… Ma la mia mano sorprende la sua e la torce. La torsione lo porta a voltarsi e a darmi le spalle. Gli cingo il collo con il braccio destro, stringo forte. Forte. Forte… Si inginocchia. Mette le mani in terra davanti a sé. Ho vinto? No, un attimo dopo qualcosa di violento, di fastidioso e caldo mi acceca. Terra. Le sue mani l’hanno raccolta e me l’hanno gettata in viso, colpendo gli occhi e facendomela respirare, nel mio nervoso affanno della lotta. Tossisco. Damaghetos si alza, si


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PAROLA ALL’ESPERTO ANDREA FREDIANI, esperto di popolazioni antiche, scrittore per la Giunti e per la Newton & Compton con la quale ha pubblicato libri come “Gli assedi di Roma”, vincitore nel ‘98 del premio Orient Express come miglior opera di Romanistica dell’anno, “Gli ultimi condottieri di Roma”, “Le grandi battaglie di Roma antica” con 100.000 copie vendute. Nel 2007 pubblica il romanzo “Trecento guerrieri, la battaglia delle Termopili”, che vende oltre 50.000 copie nel primo anno e raggiunge il 7° posto tra i libri italiani di narrativa più venduti. Il 2008 è l’anno di “Jerusalem”. Attualmente fa parte del comitato scientifico di Focus Storia.

volta, mi sferra un calcio alla testa, per un attimo sento solo silenzio e crollo a terra. Il mio udito piano piano torna, in un boato crescente di folla… Damaghetos è sopra di me, mi afferra la testa e prova a infilarmi le dita negli occhi. Stringo le sue mani, cerco di aprire le sue dita che si stanno pian piano conficcando nella mia testa. Con gli occhi gonfi dalla polvere piango. Il pianto porta via la polvere e pian piano ricomincio a vedere. Damaghetos è accanto a me semisdraiato, concentrato nel cercare di vincere la mia resistenza alle sue dita. Il mio ginocchio destro allora sferra un colpo fortissimo al suo ventre nudo, e lui grida. Ne approfitto per togliere le sue dita dai miei occhi e girarli intorno come una belva. Lo cingo al collo. Respira. Respira. Tossisce. Respira. Sputa polvere. Respira piano. Il padre dalle prime file lo incita. «Damaghetos! Figlio mio! Reagisci! ». Il mio nemico cerca di sollevarsi e alla fine tira su se stesso e me, avvinghiato dietro. Respira. Respira. Tossisce. Alzo gli occhi alla folla. Stavolta dovete urlare per me, il mio nome! Aristides! Aristides! dovete dire, per Zeus! Mentre penso questo, guardo nella folla di fronte a me e vedo mio padre, Theophilos… Ma… Sei proprio tu padre?! Sei tornato dalla terra delle ombre e sei venuto a vedermi? Mio padre mi indica di guardare il padre di Damagetos, il grande Diagoras. È seduto ora. Non incita più il figlio. È visibilmente distrutto. «Diagoras pensa che ormai il figlio morirà, Aristides. E lui è un padre, come me… Non togliergli suo figlio, Aristides. Io sono fiero di te, comunque. Abbassa gli occhi e vedrai che, la tua vittoria, l’hai avuta. Damaghetos sta alzando il braccio in segno di resa, per suo padre questo è già abbastanza. La resa per lui sarà un’onta indelebile… Non portarglielo via, tu non sei un assassino, neanche qui ai giochi, neanche nel pankration, dove tutto è permesso. Tu non sei un assassino, onora la mia memoria e risparmialo, figlio mio…».

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enza esclusione di colpi. Altro che gladiatori. Loro almeno, il lanista, tentava di preservarli dal rischio della morte o delle menomazioni permanenti, per salvaguardare il proprio investimento. Per i lottatori di pankration, invece, era lecito, perfino auspicabile, combattere fino alla morte. E se pure non capitava spesso che qualcuno ci lasciasse la pelle, v’è da giurare che molti saranno usciti dall’arena sciancati, orbi, con orecchie e dita staccate. Solo la mancanza di armi rendeva il pankration meno avvincente, agli occhi del feroce pubblico dell’Antichità, rispetto ai ludi gladiatori. Per il resto, si trattava di una competizione pienamente in grado di eccitare le folle, anche perché, al contrario di quanto avviene oggi per gli incontri di lotta o di pugilato, non erano previsti round, ma si andava avanti a oltranza. Scriveva Aristotele: “Chi ha la forza di schiacciare un avversario e di resistere al suo impeto è un lottatore; chi sa tenere lontano con i propri colpi l’avversario è un pugilatore; chi sa fare entrambe le cose è campione di Pancrazio”.

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La polvere è tornata nei miei occhi, li chiudo, li riapro, non vedo ancora, li richiudo, li strizzo, li riapro. Mio padre non c’è più, c’è solo Diagoras seduto e distrutto nello scranno dinnanzi a me… E vedo un’altra cosa: un braccio di Damaghetos alto di fronte alla mia faccia. È rosso in volto, singhiozza, cadiamo insieme a terra, io sto sempre dietro di lui, stringendo, lui sta morendo. Ripenso a mio padre. Lo immagino con mia madre sereni nella terra delle ombre. Allento il braccio e mi alzo da terra. L’arbitro si avvicina e mi decreta vincitore per la resa di Damaghetos. Ho vinto. Stasera parteciperò al banchetto dell’uccisione di 100 buoi, che si tiene del 3° giorno di gara e poi, nel 5° giorno, avrò la mia corona di olivo selvatico… Mi volto verso il pubblico, saluto, saluto, mi giro sui 4 lati e saluto. Ancora il Sole negli occhi, mi acceca, li chiudo… Vedo tutto nero. Una mano sulla mia spalla… Mi scuote, mi chiama «Aristides…Aristides!!». Vedo ancora tutto nero… Ancora una mano che mi scuote e mi chiama «Aristides! Per Zeus vuoi svegliarti!?». Apro gli occhi. C’è il mare azzurro, gli ulivi e le dolci colline di Eretria di fronte a me. Un prodigio degli Dei, mi chiedo?? Dov’è finita Olympìa e dov’è Damaghetos? Davanti a me a scuotermi c’è Eleutherios… «Aristides!! Caprone che non sei altro, svegliati, alzati, abbandona questo ulivo e i tuoi pensieri, e torna ad allenarti insieme agli altri! Tra due settimane ci sarà l’Olimpiade nel santuario di Zeus!»…


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Dopo l’ultimo GP del 2008, che assegnò a Hamilton il Mondiale. «È stata una corsa perfetta, ma non abbastanza. Difficile immaginare qualcosa di più frustrante che perdere il titolo per un punto alle ultime curve, dopo che ti hanno detto che ce l’hai fatta. Ma Dio sa quello che fa, e noi ci dobbiamo credere».

FELIPE MASSA, PILOTA FERRARI

Dopo un ricovero in ospedale. «Ho dovuto accettare il fatto che ero un alcolizzato ed era la cosa più importante. Tuttavia, cerco di non dire che sono un alcolizzato: preferisco dire che è una malattia che ho».

PAUL CASCOIGNE, EX GIOCATORE DELLA LAZIO

hanno detto

In mare, le stelle d’Olimpia

Trenta atlete olimpiche italiane di varie discipline e specialità hanno lanciato il guanto di sfida ai mostri sacri della vela. La maggior parte di loro non ha mai messo piede su un’imbarcazione, ma per beneficenza queste trenta atlete a cinque cerchi avrebbero fatto anche di più. Sono le “Stelle Olimpiche”, l’unico team velico al mondo composto da sole donne, che hanno partecipato almeno una volta ai Giochi olimpici e sono scese in “acqua” per sostenere concretamente le attività di “Save The Children”. Il team parteciperà a due prestigiose regate italiane dopo la Tre Golfi del 28 maggio a Napoli: la Giraglia Rolex Cup (Sanremo, 11 - 19 Giugno) e la Barcolana (Trieste, 10 ottobre). «Il gruppo è nato innanzitutto per valorizzare lo sport al femminile», dice la fondatrice del team, nonché skipper, Larissa Nevierov. «In Italia abbiamo grandissime atlete - prosegue - e, quanto ai risultati e alle medaglie conquistate, nessuna di loro ha nulla da invidiare ai colleghi delle categorie maschili». Un team eterogeneo, che non andrà a passeggiare nelle regate alle quali parteciperà, anche perché i membri dell’equipaggio in carriera hanno affrontato e battuto avversarie di tutto il mondo. Tra le altre, del team fanno parte Manuela Di Centa, Margherita Granbassi, Giulia Quintavalle, Valentina Turisini, Clarissa Claretti, Alessia Pieretti, e le due veliste Larissa Nevierov e Giulia Pignolo.

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UFFICIO SPORT, BORSE DI STUDIO

A completamento della solida collaborazione instaurata con la Facoltà di Architettura dell’Università ”La Sapienza” per il Master in Progettazione degli Impianti Sportivi, quest’anno l’Ufficio Sport – Progettazione Impianti ha stabilito di erogare 2 borse di studio per la partecipazione al corso, a copertura parziale delle spese.

NASCE LA S.S. LAZIO DANZA SPORTIVA La famiglia biancoceleste diventa sempre più grande. Nell’ultimo comitato di presidenza, la Società Sportiva Lazio ha accolto una nuova attività associata. Si tratta della Danza Sportiva, presieduta da Roberto Amidani. Diventano così 7 le attività associate (Calcio a 8, Calcio Tavolo, Difesa Personale, Foot Volley, Golf, Surf e Boarding, le altre sei)


L’avversaria più tradizionale dell’Italia nella storia del calcio è la Svizzera, affrontata 57 volte con 28 vittorie, 21 pareggi e 8 sconfitte

M. ROMA VOLLEY La M. Roma Volley torna in A. La società neopromossa in A è già in cerca di gloria. Il Presidente Mezzaroma vuole riportare la Capitale agli antichi fasti nella pallavolo. Nei prossimi numeri, troverete un articolato dossier sul volley capitolino, nonché un approfondimento sui prossimi Mondiali, che si disputeranno a Roma a settembre.

IN CAMPO PER I GIOVANI Un emozione vera. Un invasione di campo pacifica e festosa condita da tanto sport per salutare la fine dell’anno scolastico è quella che ha visto protagonisti 5.000 studenti di Roma e provincia. Promossa dal Coni Provinciale di Roma, nella cornice dello stadio Olimpico, per il terzo anno è andata in scena la Festa provinciale dei Giochi della Gioventù, riservata ai ragazzi delle scuole medie, il Giocosport per bambini da 6 a 10 anni oltre ad una nutrita rappresentativa degli istituti pilota che hanno partecipato al nuovo progetto Coni/MIUR relativo all'alfabetizzazione motoria. «Lo spirito sportivo che si è respirato è uno sprone importante nel cammino di Roma verso le Olimpiadi del 2020». Ha detto il Sindaco Alemanno.

IL PREMIO CONI

Alessia Filippi nel giorno della consegna del Premio Coni

ono stati consegnati, nella sala Conferenze dello stadio Olimpico, i premi del Coni Roma. Alla cerimonia, giunta alla sua ottava edizione, hanno preso parte l’assessore allo sport della Provincia di Roma Patrizia Prestipino, il Presidente del Coni Roma e padrone di casa, Riccardo Viola, il Presidente della Commissione Sport della Provincia, Pino Battaglia. Il Comune di Roma era rappresentato dal Delegato allo Sport, Alessandro Cochi, premiato per l’attività svolta in favore della crescita e della valorizzazione dello sport di base, in una città che non ha rinunciato per questo ad essere palcoscenico privilegiato di grandi eventi sportivi, come i Mondiali di nuoto dello scorso anno e quelli di pallavolo che si terranno in autunno. La rassegna iridata, che ha fatto di Roma nel 2009 la capitale del nuoto mondiale, ha tenuto banco grazie ai riconoscimenti ad Alessia Filippi e a Va-

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lerio Cleri. Gli altri premi della categoria atleti sono andati a Gabriella Bascelli, per il canottaggio, e a Francesca Quondamcarlo, per la scherma. Per la categoria dei tecnici, premiati l’arbitro internazionale di pugilato, Massimo Barrovecchio, l’allenatore di basket, Amedeo D’Antoni, quello di pattinaggio a rotelle, Riccardo Felicioni, e Riccardo Vernole, coach del Santa Lucia nuoto. Ciclismo e tennis hanno trovato spazio nella sezione riservata ai dirigenti, con Lorenzo Baldesi, patròn della Roma Ciclismo, ed Ezio Pancho Di Matteo, padre del Tennis Club Garden. Con loro, Riccardo Masetti, ideatore della Race of the Cure, e Guido Zanecchia della Federazione Sport Silenziosi. Per la catego-

ria società, premiate la Fondiaria SAI atletica, la Libertas San Saba di hockey prato, l’ASD Calciosociale e la Lazio Rugby. Riconoscimenti speciali anche al senatore a vita, Giulio Andreotti, e al capitano della Roma, Francesco Totti. I premi del Comitato provinciale del Coni di Roma sono invece andati a due assessori allo sport, Giacomo Moianetti (Castel Gandolfo) e Massimo Perifano (X municipio); ai due fiduciari del Coni, Adriano Corsetti (Colleferro) e Alessandro Pellas (VI municipio), al già citato Alessandro Cochi e ad Andrea Novelli, presidente della UISP di Roma. Fabio BICCHIELLI

Il Presidente del Coni Roma, Riccardo Viola, e il Presidente della giuria del Premio Coni Roma, Luigi Ferrajolo


Nel Golden Gala del 1984, Serguej Bubka e Thiery Vigneron diedero vita ad un duello incredibile nel salto con l’asta. Il francese eguagliò il primato mondiale con 5,91, ma dopo pochi minuti l’ucraino lo superò saltando 5,94

VLADI POLO Si è conclusa domenica 23 maggio, presso l’Ippodromo Militare Generale C.A. Pietro Giannattasio di Roma, il “1st International Rome Polo Challenge - Coppa della Federazione Polo Italiana, ITALIA - RUSSIA - U.S.A.”. La manifestazione è stata realizzata da VLADI POLO Associazione, in collaborazione con il Ministero della Gioventù ed il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Ufficio per lo Sport, del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, del Consiglio Regionale del Lazio, della Provincia di Roma e del Comune di Roma. Il triangolare ha visto protagonista la VLADI POLO

LIVIO BERRUTI, OLIMPIONICO DI ROMA 1960 Sulla sua carriera: «È stata tutta una combinazione. Da piccolo correvo dietro ai gatti, mi piacevano i cambi di direzione e forse questo mi ha dato le prime qualità».

FILIPPO MAGNINI BI-CAMPIONE MONDIALE DI NUOTO Alla vigilia della finale iridata del 2007: «Quando sei l’uomo da battere, tutti hanno più paura. Si ha tanta pressione addosso e maggiori responsabilità, ma se si è tranquilli, se si sta bene, allora non si teme nessuno».

SPORT, CULTURA E FAIRPLAY: CI PENSA LA FIGC LAZIO

ALBERTO TOMBA, MITO DELLO SCI

Grande affluenza di bambini lo scorso 24 maggio agli Scavi di Ostia Antica, dove si è svolta la Festa Conclusiva dei progetti "I Valori scendono in campo" e "Fun Football", promossi dal Settore Giovanile e Scolastico FIGCLazio per i bambini delle scuole elementari di Roma e delle scuole calcio del Lazio. La giornata ha visto il coinvolgimento di 40 società di calcio del Lazio categoria "Piccoli Amici".

La passione per il windsurf: «Nascere sotto il segno dell’Acquario deve essere stato un segnale del destino. Le stelle mi hanno indicato la strada da percorrere. Da quel 26 gennaio 1970 ne ho fatta di strada. Già da bambina sognavo di diventare un’atleta. Lo sport era la mia passione: dalla corsa al tennis, dal basket al nuoto, riuscivo sempre bene. Ho scoperto la tavola a vela a 13 anni, all’inizio era soprattutto un gioco, un passatempo, ma presto la mia anima agonistica ha avuto il sopravvento».

ALESSANDRA SENSINI - OLIMPIONICA DI WINDSURF

hanno detto

Sul doping: «Nello sci non credo vi sia, perchè non ce n’è il bisogno. Mia madre mi faceva le tagliatelle. E ancora oggi mi fa tourtel e tourtlon».

CAMPIONATI ITALIANI DI BOCCE Di fronte ad una straordinaria cornice di pubblico si sono conclusi i campionati italiani di bocce organizzati dal Comitato Regionale Federbocce presieduto da Vincenzo Santucci. Le finali si sono svolte nel nuovo centro federale del Torrino dove sono state assegnate le maglie tricolori ai vincitori delle varie categorie.

QUADRI SOCIETARI Presidente: Mattia Argentino, Vice Presidente: Matteo Caponnetti, Segretario: Roberto Maria Morelli, Consigliere: Mario Quaranta QUADRI TECNICI Direttore Sportivo: Giulio Lucarelli, Allenatore: Gianni Fruzzetti

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TEAM (Russia), prima classificata, seguita da HARPA ITALIA POLO TEAM (Italia), seconda classificata e PELAGOS POLO TEAM (USA), terza classificata

ROMA: IL BEACH SOCCER PENSA GIÀ IN GRANDE La squadra giallorossa porta per la prima volta in spiaggia i colori ed il simbolo della capitale nel campionato italiano, promosso dalla Figc per completare un progetto dedicato agli sport da spiaggia, che la città ha già avviato lo scorso anno con iniziative come l’Eurocup (svolta dal 2009 al Circo Massimo, dove si replica dal 4 al 6 giugno di quest’anno), la Coppa Italia sempre al Circo Massimo e le finali scudetto della Serie A (previste dal 2009 e fino al 2011 a Ostia). La società ha ingaggiato i più grandi giocatori del mondo: azzurri e stranieri. L’avventura giallorossa inizia con tante ambizioni. A guidare la squadra è stato chiamato l’ex capitano della Nazionale e dei Cavalieri del Mare, Viareggio Gianni Fruzzetti, primo italiano ad essere convocato nel “Resto del Mondo” contro il Brasile (2 volte). Ha lasciato il beach la scorsa estate. «È una persona –commenta Argentino, il Presidente del club– che conosce questo sport, è apprezzato a livello nazionale e internazionale». Anche il DS Lucarelli ne esalta le qualità: «Vogliamo entusiasmare il pubblico romano e ci siamo assicurati il migliore che potesse esserci in circolazione. Ora abbiamo contattato un gruppo di calciatori dilettanti per completare la rosa con giovani promesse». ROSA Portieri: Stefano Spada, Tommaso Merola. Difensori: Vinicio Ribeiro Buru, Ilya Leonov (Rus), Maurizio Galli, Valerio Staffa. Laterali: Roberto Pasquali, Madjer (Por), Juan (Bra). Attaccanti: Pasquale Carotenuto, Belchior (Por). Per informazioni: www.romabeachsoccer.it press@romabeachsoccer.it


Uno dei primi campionissimi del ciclismo italiano fu Alfredo Binda. La sua superiorità era tale che gli organizzatori del Giro del 1930 gli diedero il premio del vincitore per non farlo partecipare e tenere vivo l’interesse

I GIORNALISTI PREMIANO LO SPORT ella sede del Circolo Canottieri Aniene sono stati consegnati i prestigiosi premi USSI Roma 2010, i riconoscimenti che la stampa sportiva romana da anni assegna a uomini e donne di sport che hanno portato in alto il nome della Capitale. Come da tradizione, la cerimonia si è svolta alla presenza di numerosi personaggi di spicco del mondo dello sport romano. Una delle presenze più gradite è stata quella della signora Maria Sensi, arrivata per premiare il tecnico della Roma, Ranieri, vincitore del premio “Arancio”, insieme al collega biancoceleste Edy Reja. Tra i premiati, il Delegato allo Sport, Alessandro Cochi, al quale l’Ussi ha riconosciuto anche l’intuizione di aver voluto promuovere lo sport attraverso l’impegno editoriale SPQR SPORT: «Sono molto felice di essere stato premiato dall'Unione Stampa Sportiva Italiana. Un premio che rappresenta a tutti gli effetti non un punto d'arrivo, ma un punto di partenza».

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L’On. Cochi e il Presidente di Ussiroma Jacopo Volpi

Massimo Mezzaroma, Presidente della neo-promossa M. Roma Volley e Giancarlo Abete, Presidente della Figc

Insieme al Vicepresidente di Ussiroma Gianfranco Tobia, c’è la signora Sensi e il portiere della Roma Calcio, Julio Sergio Bertagnoli

L’avv. Tobia e Antonello Valentini, FIGC

foto Bruno - Getty Images

Gli allenatori di Roma e Lazio, Ranieri e Reja

Massimo Piscedda, allenatore della Nazionale Under 19, con Alberto Dalla Palma, caporedattore del Corriere dello Sport-Stadio

BASKET IN CARROZZINA: FINALE DELLA COPPA DEI CAMPIONI A Roma si è giocata la fase finale della Coppa dei Campioni di basket in carrozzina che, da trentacinque anni, vede sfidarsi le migliori squadre di club europei. Nella Fase Finale, che si è svolta nella Capitale, si sono incontrate otto squadre: le sei qualificate, oltre al Galatasaray (Turchia), vincitore della Coppa 2009, e alla CMB Santa Lucia di Roma, che vi accede di diritto in quanto società organizzatrice del torneo conclusivo. La coppa è passata dalle mani turche a quelle tedesche. Non hanno sbagliato un colpo, infatti, i cinque del Lahn Dill vincente in tutte e tre le sfide in programma.


La inarrivabile ginnasta romena, Nadia Comaneci, alle Olimpiadi di Montreal del 1976 ha ottenuto in 7 occasioni il punteggio 10 (il massimo, la perfezione), conquistando 3 medaglie d’oro, un argento e un bronzo

UFFICIO SPORT pesso gli uffici pubblici ci sembrano “impermeabili ed impenetrabili”: un luogo a cui solo gli addetti ai lavori hanno accesso, con un linguaggio che si pensa incomprensibile. L’intenzione di tale piccola “rubrica” è offrire un manuale d’uso che permetta agli utenti di conoscere i vari servizi della Direzione Sport aperti al pubblico, guidandoli nelle procedure da seguire per ottenere le informazioni cercate e raggiungere con maggiore facilità e soddisfazione il risultato desiderato. La Promozione Sportiva si occupa dell’erogazione di contributi per le manifestazioni sportive a vari livelli: dal Grande Evento Internazionale alla piccola attività sviluppata da associazioni minori. La sua attività si basa innanzitutto sulle direttive che, annualmente, la Giunta Comunale detta circa l’erogazione di contributi in relazione a somma a disposizione e tipologia di progetto da realizzare. L’Ufficio Promozione predispone quindi un Bando Pubblico (di norma pubblicato tra maggio e luglio dell’anno in corso) in cui vengono indicate tutte le condizioni da rispettare per poter accedere ai fondi. Successivamente, per mezzo di una

di Roma, Race for the Cure, Torneo Tre Ville, Gran Premio della Resistenza. L’attività è sempre supportata da Commissioni di Tecnici che di volta in volta valutano la qualità dei progetti proposti e la congruità dei prezzi dei preventivi. L’Ufficio Promozione Sportiva si trova in Via Capitan Bavastro, 94 al 5° piano ed è aperto al pubblico per ogni tipo di informazione o chiarimento dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 12.00 e anche nei pomeriggi del martedì e giovedì dalle 14.00 alle 16.00. Maria IEZZI

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commissione di tecnici, viene stilata una graduatoria dei vari progetti ammessi ai contributi. La partecipazione è aperta a tutti i soggetti che soddisfino i criteri indicati dal Bando. Oltre alla gestione di tali fondi, la Promozione Sportiva si occupa dell’erogazione di piccoli contributi ad enti minori, senza l’indicazione di uno specifico progetto, sempre tramite Bando Pubblico (di norma pubblicato nel secondo semstre dell’anno in corso). Infine gestisce i Grandi Eventi e tutte le manifestazioni sportive storiche patrocinate dal Comune di Roma come Maratona

IL MEDIORIENTE AL FORO ITALICO Più di 500 praticanti hanno partecipato alla manifestazione Roma Taiji 2010, arte marziale che in Italia vanta più di 15.000 proseliti. Allo Stadio dei Marmi gli organizzatori hanno regalato ai romani un’esibizione altamente spettacolare.

SETTIMO CAMPIONATO ATLETI CELIACI L'AIC Lazio Onlus (Associazione Italiana Celiachia) ha organizzato la settima edizione del campionato di calcio amatoriale per atleti celiaci presso il centro sportivo Giulio Onesti (CONI). Leo Carnevali responsabile tecnico della squadra AIC Lazio ha ribadito l'importanza di eventi del genere, attraverso i quali si possono stabilire contatti alla pari tra i giovani atleti celiaci e i loro coetanei non celiaci. Per info www.aiclazio.it

IL PREMIO SIMPATIA Giuliano Razzoli, medaglia d’oro alle Olimpiadi di Vancouver 2010 nello slalom (ben 22 anni dopo l’ultima medaglia nella specialità di Alberto Tomba) ha ricevuto il Premio Simpatia nella categoria moda, il prestigioso riconoscimento ideato dal celebre studioso della romanità, Domenico Pertica. La premiazione, che si è tenuta presso la Sala dell’Esedra del Marco Aurelio ai Musei Capitolini è stata presieduta dal Sindaco di Roma, Gianni Alemanno, e dall’Assessore alla Cultura, Umberto Croppi. L’evento, presentato da Miranda Martino e Pino Strabioli, ha premiato tra gli altri: l’ambasciatore tedesco Michael Steiner; Lavinia Biagiotti, il professor Umberto Veronesi, Carlo e Enrico Vanzina, Carlo Verdone, Elsa Martinelli, Claudia Gerini, Ornella Vanoni, Massimo Ranieri.

SONO TORNATI I LUDI MOTORI Anche quest’anno l’Ufficio Sport ha collaborato con il Dipartimento Servizi Educativi e Scolastici nell’organizzazione del progetto “Ludi Motori“. Più di 10.000 i bambini e le bambine che hanno calcato il prato dello Stadio dei Marmi, 110 le scuole, del secondo ciclo delle scuole primarie di Roma, che hanno aderito al progetto e alla manifestazione finale del 31 maggio 2010. In uno scenario di festa e di colori i bambini partecipanti si sono divertiti a praticare giochi singoli e di squadra. Il progetto che prevede come obiettivo l’educazione motoria, tende a favorire la diffusione dello sport con i suoi valori ed ideali, combattere il bullismo, nonché alla salvaguardia della salute. Insieme a moltissimi genitori e ad alcuni atleti Olimpionici hanno partecipato, alla manifestazione finale, il Sindaco On. Gianni Alemanno; L’assessore alla Scuola, alla Famiglia e all’Infanzia On. Laura Marsilio e Il Delegato allo Sport On. Alessandro Cochi.

HOCKEY: ROMA CAMPIONE D’ITALIA Con la vittoria sull’HC Bra, l’HC Roma De Sisti si laurea Campione d’Italia di hockey su prato e centra il suo sesto Scudetto. Mattatore Luca Settimi entrato a gara iniziata e autore dei 2 gol partita (la Roma era in svantaggio di 1 gol. Risultato finale 2-1). “È un successo fortemente voluto da una squadra matura” , ha detto il Presidente Enzo Corso.


PROFILI

FEDERICA PELLEGRINI

Billie Jena King è stata protagonista della gara di tennis più famosa della storia. Nella ‘battaglia dei sessi’ a Houston, nel 1973, davanti a 30.000 spettatori e 50 milioni di telespettatori, battè l’uomo che l’aveva sfidata, Bobby Riggs per 6-4, 6-3, 6-3

Professione “Stato civile”

NUOTATRICE FIDANZATA CON IL NUOTATORE AZZURRO LUCA MARIN

Nata Il Segni particolari Abita Guida una

MIRANO (VENEZIA) 5.8.1988 7 TATUAGGI VERONA E ROMA MASERATI

Cani, gatti, dintorni Colore preferito Musica preferita Film preferito Cosa ama Cosa odia Hobby Sport preferito oltre il suo Pregi e difetti

UN GATTO, NEVE NERO DISCO DANCE RE LEONE LA SINCERITÀ LA FALSITÀ MUSICA PATTINAGGIO SUL GHIACCIO PREGIO: NON MOLLA MAI DIFETTO: TROPPO SINCERA UN FIGLIO

Il sogno

PETRUCCI DA SAN BASILIO AL TITOLO INTERCONTINENTALE itolo Intercontinentale IBF pesi welter a Ponte Milvio , venerdi 25 giugno alle 20.30, tra Daniele “Bucetto” Petrucci e Jorge Daniel Miranda (Argentina). Daniele Petrucci, classe 1980, romano di San Basilio si appresta a disputare l'incontro più importante e più impegnativo della sua già titolata carriera. Affronta il campione in carica dei pesi welter, Jorge Daniel Miranda, pugile argentino di Santa Fe. L'atleta oriundo vanta un record fenomenale di 35 vittorie e 7 sconfitte, con un totale di 42 incontri. Dal canto suo, Daniele Petrucci, atleta della BBT di Davide Buccioni, ha un record immacolato di 27 incontri. Già campione italiano, campione unione europea, campione internazionale IBF, tenta l’assalto a un altro titolo.

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G SS LAZIO RUGBY

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Il 23 maggio si è svolta una classica delle gare podistiche romane, giunta alla IX edizione. Questa maratona inserita nell’ambito dei festeggiamenti di Santa Maria Liberatrice, patrona di Testaccio, è caratterizzata da un percorso che si snoda nel cuore di Roma.

er il settimo anno consecutivo, il Rugby col Cuore rinnova il suo impegno al fianco della missione dell’ANTEA, la Onlus che da oltre vent’anni offre gratuitamente assistenza a pazienti in fase terminale. In Campidoglio, alla presenza di Paolo Gangi, Giuseppe Casale e dell’On. Cochi, è stato presentato il match del 15 maggio scorso tra la Nazionale Italiana Rugbysti Giornalisti e la Selezione ANTEA (formata da vecchie glorie e giocatori in attività), e una gara tra la Selezione Nazionale del Centro-Sud (formata da giocatori appartenenti all’Accademia Federale) e la Selezione Rugby col Cuore (composta da giocatori di interesse federale).

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A Capannelle è andato in scena l’ultimo atto della grande primavera del galoppo, con lo svolgimento del Premio Presidente della Repubblica At The Races, una delle corse di maggiore risalto tecnico del panorama nazionale.

LA MARATONINA DI TESTACCIO

Una partita del cuore anche nel Rugby

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GALOPPO: UN PREMIO PER IL PRESIDENTE

RUGBY COL CUORE

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Grandi emozioni e divertimento nell’impianto del Palatolive, dove il Comitato Organizzatore Locale di Roma dei Mondiali di Pallavolo Maschile 2010, in collaborazione con il Comune di Roma e i Comitati, Regionale e Provinciale della Fipav, hanno organizzato una mattinata all’insegna della pallavolo di base, insieme ai giovani delle scuole medie dell’XI e XII municipio. Sempre più famosa e acclamata, Volly, la mascotte. Sono intervenuti, per salutare i giovani pallavolisti, il Delegato allo Sport del Comune di Roma, Alessandro Cochi, il General Manager del COL di Roma, Barbara Pescatori, il presidente del Palatolive, Viviana Taddei, che ha ricevuto una targa ricordo; il presidente dell’XI Municipio, Andrea Catarci, e il presidente del XII, Pasquale Calzetta, che ha ricevuto in omaggio una rete da volley, È stato un incontro di promozione per il prossimo Campionato del Mondo di Pallavolo, che vedrà la Capitale protagonista dal 4 al 10 ottobre.

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VERSO IL MONDIALE DI VOLLEY

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Muhammad Alì è stato il primo pugile a conquistare per tre volte il titolo dei pesi massimi. La prima volta nel 1964 contro Sonny Liston, la seconda nel 1974 contro George Foreman, la terza nel 1978 nella rivincita contro Leon Spinks

È ITALIANO IL PIÙ GIOVANE PRESIDENTE DELLA FEDERAZIONE INTERNAZIONALE DI MEDICINA DELLO SPORT

a Lazio Rugby conquista la top 10. Dopo la vittoria (21-15) nella semifinale d´andata all´Acquacetosa, in quella di ritorno i biancocelesti perdono 13-11 in casa del Mogliano, ma per differenza punti (+4) conquistano comunque l´ingresso nel Campionato Eccellenza.

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A San Juan di Puerto Rico, nel corso dell'Assemblea della Federazione Internazionale di Medicina dello Sport (Fims), tenutasi in occasione del Congresso Mondiale di Medicina dello Sport, il Prof. Fabio Pigozzi è stato eletto Presidente. Romano, cinquantuno anni, prorettore dell’Università del Foro Italico, Pigozzi è il più giovane Presidente nella storia della Federazione, fondata nel 1928 e riconosciuta dal Cio, che annovera 117 Paesi Membri nei cinque continenti. La carica torna ad essere rivestita da un italiano a 50 anni dalla presidenza di Giuseppe La Cava negli anni '60.

Lazio tra le grandi


È il “BARONE” Andrea Lo Cicero il giocatore della Nazionale italiana con più presenze nel Torneo Sei Nazioni di rugby. Dal 2000 al 2008 il pilone azzurro ha collezionato ben 35 presenze.

La nuova disciplina olimpica

ROMA SEVEN

arà disciplina alle prossime Olimpiadi: il rugby a sette è definito dal pubblico e dagli addetti ai lavori particolarmente spettacolare. Nello Stadio dei Marmi si è svolta la manifestazione Roma Seven 2010, una kermesse che ha permesso a tanti romani di seguire da vicino e scoprire tante curiosità e dinamiche di gioco di questa interessante variante del rugby tradizionale.

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FOTO ROBERTO BIOCCO

LA PARTITA PERFETTA: DA ROMA A GRENOBLE

4NAZIONI UNDER 17 I giovani si formano col Rugby i è svolto a Roma il 4Nazioni, il torneo under 17 che ha visto la Francia vincitrice indiscussa. Attraverso il patrocinio del Comune di Roma e con l'organizzazione di due società romane come l'Unione Rugby Capitolina e Polisportiva S.S. Lazio, l'evento ha dimostrato come il rugby ha le potenzialità di un grande sport anche con le nazionali minori. Il torneo, con la formula del girone all'italiana e partite di sola andata, ha toccato il campo dell'URC e lo stadio Flaminio di Roma, teatro dei match interni della nazionale nell'RBS 6Nazioni. Protagoniste Francia, Galles, Irlanda e Italia che hanno messo in campo, insieme al pallone ovale, i futuri campioni scelti tra i migliori atleti classe 1993.

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È ancora da definire la data, ma sarà a settembre, e proprio a Grenoble, la giornata de “La partita perfetta”, iniziativa patrocinata dal Comune di Roma. Per ora si è assistito alla proiezione dei momenti salienti della storica partita Italia-Francia di rugby, che si svolse il 22 marzo 1997 a Grenoble e che permise l'accesso all'Italia nel Sei Nazioni. A settembre, invece, il match vero e proprio.


La pista dell’Olimpico è sempre stata propizia per i partecipanti alla gara dei 5000 metri. Al Golden Gala del 1987 il marocchino Said Acuita abbattè il muro dei 5000 (12:58.39). Meglio di lui fece 8 anni dopo il keniano Moses Kiptanui (12:55.30)

News dai Municipi

A cura di Maria IEZZI

I

In bici verso Ostia Si è tenuta il 9 maggio, ai Fori Imperiali, la prima Giornata Nazionale della Bicicletta con attività di tipo ludico-motorio per piccoli e grandi. Obiettivo, stimolare l’uso delle due ruote per creare un circolo virtuoso “Sport – Salute – Ambiente” in una città che, peraltro, soffre di una mobilità complessa. Grande successo per l’iniziativa del XIII, dove è stata organizzata dall’ASD Gruppo-Sport-Natura una pedalata verso il mare di Ostia.

XI

Uno sguardo sul Mondo

Fino al 19 giugno 2010, il Municipio Roma XI realizza la 1° edizione della Festa dell’intercultura, “Uno sguardo sul Mondo”. Cinque gli appuntamenti in programma, con spettacoli, animazione, giochi e sport per tutti.

XII

Maratona all’Eur Domenica 6 Giugno ha avuto luogo la Maratona del XII Municipio, partita da Viale America. Presenti, oltre all’Ufficio Sport del Comune di Roma, il Presidente del XII Municipio, Pasquale Calzetta, Pietrangelo Massaro Presidente Commissione Sport del XII Municipio e Marco Scotto Lavina, consigliere della Provincia di Roma.

Memorial Matteo Bonetti

II

L’Atletico Vescovio e il Borgorosso si sono sfidate presso il Centro Sportivo Comunale “Montesacro” per la finale del torneo, in memoria di Matteo Bonetti, patrocinato dal secondo Municipio. La vittoria è andata all’Atletico.

XIII

IV

Sportquarta

A fine maggio, presso il Pratone delle Valli, è stata organizzata la manifestazione Sportquarta con attività ludico motorie, la corsa campestre e mini tornei di pallone per ragazzi ed adulti. Scopo della manifestazione, chiudere l’anno sportivo dei centri municipali con una festa corale. I saggi delle singole discipline (mini volley, basket, ginnastica ritmica ed artistica) si sono tenuti il 27 ed il 28 maggio presso le palestre municipali.

Il ciclismo la fa da padrone

Un calendario ricco di manifestazioni sportive, quello del XIII Municipio: oltre alla pedalata, coincisa con la Giornata della Bicicletta, hanno avuto luogo diverse competizioni ciclistiche nel territorio municipale. Tra queste si segnalano il “V Trittico di Primavera 49° Premio Cicli Capobianchi” per

Spaz ai mu notizio locale ie o far ncicipi roma scrivi onosc ni. Per a reda ere la in zione@ tua reviare spqrs altà port.it

IV

Pedalare in Quarto Per favorire lo sport amatoriale, il Presidente del Municipio IV Cristiano Bonelli, ha promosso un evento sportivo “Pedalare in quarto” che si svolgerà domenica 13 giugno 2010 dalle ore 9.00 alle ore 12.00. Possono partecipare tutti i cittadini seguendo un percorso adatto a grandi e piccoli utilizzando mountain bike- citybike e bici da corsa. Il circuito, parte da via Monte Grimano (Colle Salario).

A DIECI ANNI DALLO SCUDETTO DELLA LAZIO Le ore 18.04 del 14 maggio del 2000 resteranno impresse per sempre nel cuore e nella memoria di qualunque tifoso laziale. Quell'ora e quella data, infatti, rappresentano il coronamento di un sogno coltivato per anni e sono la dimostrazione lampante di come, a volte, anche i sogni più arditi possono trasformarsi in realtà e, come nel caso della Lazio, addirittura andare oltre il sogno. Dove osano le aquile (Ed. Ultrasport), presentato in Campidoglio a dieci anni dalla conquista del secondo tricolore bianco-celeste, rende un tributo alla conquista dello scudetto più incredibile nella storia del calcio italiano. Un libro di emozioni forti e grandi gioie (ma anche di inediti retroscena), scritto e vissuto in prima persona da un cronista-tifoso, Stefano Greco: testimone diretto di una stagione intensa e vincente, glorioso emblema di una Lazio stellare. Il tutto arricchito da una lunga intervista esclusiva al Presidente della Lazio Sergio Cragnotti.

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esordienti e giovanissimi nella zona di Via Saponara il 30 maggio, e la competizione denominata “IX Gran Premio Industria e Commercio e IV Memorial Mirella Salviato” il 23 maggio, con partenza ed arrivo in Viale C. Lenormant.

XVI

Ecco le Municipaliadi

Si sono tenute il 14 maggio, presso l’I.S.S. Volta in Via di Bravetta, le finali e la cerimonia di premiazione della I edizione delle “Municipaliadi”, che ha coinvolto gli studenti delle scuole medie inferiori e superiori del Municipio. Inoltre, dal 10 al 31 maggio, si è svolta la manifestazione “Fai Sport con noi”, organizzato in collaborazione con il Gruppo sportivo Basket La Foudre, che intende coinvolgere i cittadini di ogni fascia di età in varie attività sportive (basket, danza, ginnastica).

XX

XX Municipio

Si è svolta domenica 30 maggio, con partenza da Piazzale di Ponte Milvio, la “III° Edizione della Maratona del Municipio XX – Corri per Matteo” (10 km.), appuntamento consolidato per i cittadini del Municipio che vuole promuovere l’attività sportiva come mezzo di aggregazione e divertimento. Organizzata dall’Olimpus Events in collaborazione con l’ACSI (Associazione Centri Sportivi Italiani) e l’Associazione Milleventi, la manifestazione ha il patrocinio del Comune di Roma, della Provincia di Roma, della Regione Lazio.


GLI ENTI DI PROMOZIONE SPORTIVA

UISP, SPORT PER TUTTI A

ll’indomani della fine della Seconda Guerra Mondiale, precisamente nel 1948, l’Italia percepisce un nuovo modo di vivere lo sport con la nascita dell'Unione Italiana Sport Popolare. Il principale scopo dell’associazione è quello di promuovere e far praticare lo sport alle classi popolari. Nel corso della sua lunga storia, molte sono le date significative, una di queste il 1974, l’anno in cui la UISP viene riconosciuta dal CONI come Ente di Promozione Sportiva. Nel 1990 viene decretato il cambio di nome da Unione Italiana Sport Popolare a Unione Italiana Sport Per tutti. «Un diritto alla pratica sportiva dei cittadini di ogni età , sesso, classe sociale e condizione fisica. Nessuno escluso», sottolinea Andrea Novelli, Presidente Uisp. La UISP è sempre stata attenta alle nuove tendenze dello sport moderno, a pro-

muoverne lo sviluppo associativo, a organizzarne le attività. Ne fa un valore di riferimento per la riforma dello sport. Sport per Tutti significa garantire le discipline in funzione di chi le pratica, secondo bisogni, capacità, motivazioni, ridisegnare una proposta sportiva attorno ai soggetti nuovi. Della UISP fanno parte oltre un milione e 200.000 soci, 13.000 società sportive affiliate (a Roma 50.000 tesserati e 600 società). Le manifestazioni principali targate UISP Roma sono il “Trofeo gioca volley”, la più importante manifestazione organizzata dalla Lega Pallavolo della UISP; la “Festa degli Anziani”, la “Summer League”, il tradizionale appuntamento con la pallacanestro e il divertimento, della durata di tre settimane; “Vivicittà”, il grande appuntamento nazionale del podismo, una corsa aperta a tutti, che ogni anno coinvolge circa 30.000 atleti nella parte competiti-

va e oltre 100.000 cittadini nella parte non competitiva. La caratteristica originale di Vivicittà, infatti, è la contemporaneità dello svolgimento della gara in tutte le città che aderiscono in Italia e all’estero. C’è poi “Corri Per il Verde”, la corsa podistica a tappe più longeva dell’UISP Roma; e infine “Sport Per Tutti”, una manifestazione nata per offrire una vetrina di tutte le attività sportive svolte durante l’anno. Oggi la UISP è uno degli Enti di promozione più presenti sul territorio. «L’Uisp conferma che la sua concezione di sport si articola in tre grandi parole: diritti, ambiente e solidarietà», conclude Novelli. Eleonora MASSARI

I SONDAGGI DI SPQR SPORT

Cosa ne pensate di questa rivista? A quali argomenti dovremmo dare più spazio? Cosa avete gradito di più e di meno del numero d’esordio? Potrete dare il vostro parere sul sito www.spqrsport.it grazie al primo dei sondaggi i cui risultati saranno poi pubblicati anche sulla rivista. Grazie al vostro giudizio e ai vostri consigli, aiuterete la redazione a sviluppare un prodotto sempre più interessante e vicino a voi.

Un campo polivalente è stato messo a disposizione del territorio nella scuola primaria e secondaria di primo grado, Gregna Sant’Andrea, in via della Seta. All’inaugurazione erano presenti il corpo docente, rappresentanti del X Municipio e il Delegato allo Sport, Alessandro Cochi.

nche le stelle del beach sbarcano a Roma. Dal 17 al 23 maggio si é tenuto lo Swatch FIVB Foro Italico Grand Slam, al quale hanno partecipato i più grandi campioni mondiali della pallavolo da spiaggia. Nel tabellone femminile, trionfano le campionesse del mondo in carica, April Ross e Jennifer Kessy. Nel tabellone maschile vincono gli olimpionici statunitensi Todd Rogers e Philip Dalhausser. Tanti gli italiani in campo: Greta Cicolari, Marta Menegatti, Daniela Gioria, Giulia Momoli, Matteo Varnier, Paolo Nicolai, Matteo e Paolo Ingrosso. Nel riquadro fotografico, in basso a destra, la conferenza stampa di presentazione con il presidente Fipav Carlo Magri, il Responsabile Impianti sportivi del Foro Italico, Diego Nepi, il Delegato allo Sport, Alessandro Cochi e l’Assessore alla Scuola, alla Famiglia e all’Infanzia, Laura Marsilio.

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Foto Simone Ferraro/ GMT

IL BEACH PROTAGONISTA AL FORO


s w e n Federico Moccia

Sebastiano Somma

Giulio Base

Daniele Tombolini

Maurizio Mattioli

Matilde Brandi

Vanessa Gravina

Roberto Ciufoli

PING PONG,

TORNEO AQUANIENE 2010

incenzo Santopadre batte Stefano Giacinti e si aggiudica il Trofeo Aquaniene 2010. E in serata spunta anche Carlo Verdone, pronto a sfidare il campione di basket Andrea Bargnani (foto in alto). Si sono fronteggiati a ping pong, i vip che hanno partecipato al Torneo organizzato dalla Federazione Italiana Tennis Tavolo nella struttura Aquaniene. Tra i personaggi famosi, un veterano del ping pong, Federico Moccia: «Al torneo della Federazione partecipo sempre perché mi diver-

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to», ha detto lo scrittore sconfitto ai primi turni. Vincenzo Parrinello, Giulio Base, Matilde Brandi, Vincenzo D’Amico, Vanessa Gravina, Fabrizio Maffei, Maurizio Mattioli, Enrico Montesano, Franco Oppini, Adriano Panatta, Tiziana Rocca, Sebastiano Somma, Tiberio Timperi e Ivan Zazzaroni sono alcuni dei tanti partecipanti al Torneo. Tra gli spettatori, c’erano anche il presidente del Circolo Canottieri Aniene, Giovanni Malagò, e il presidente FITET, Franco Sciannimanico.

Sebastiano Somma

Ivana Vaccari

Tutti famosi. Un solo vincitore

I MONTEPORZIO ...SHARKS LA CURIOSA STORIA DEGLI SQUALI DEL VOLLEY

LUOGHI E PERSONAGGI DA SCOPRIRE VOLETE RACCONTARCI UNA STORIA PARTICOLARE LEGATA AD UNO SPORTIVO? O UN LUOGO DELLA CITTÀ DOVE LO SPORT È PROTAGONISTA? INVIATE LA VOSTRA SEGNALAZIONE A: redazione@spqrsport.it

Caro SPQR Sport, vi voglio segnalare una storia di sport sano che dà un senso alla stessa parola “sport”. È la storia dei “Monteporzio Sharks”, un gruppo di ragazzi, persone qualunque, uniti da una passione: la pallavolo. Nel luglio 2007 hanno fatto squadra, nel vero senso della parola: acquisiti i diritti da una squadra di Serie D, hanno raccolto i fondi necessari per potersi iscrivere al campionato ed è iniziata la loro avventura. Un’avventura che si è consumata non solo sul campo di gioco (il primo anno in asfalto, un vero incubo per i loro tendini…), ma anche fuori, attraverso il coinvolgimento dell’intera comunità del paese che li ha “adottati”, e un simbolo a cui hanno voluto legarsi: uno squalo. Il sogno dei Monteporzio Sharks è diventato subito realtà: promozione alla Serie C al primo anno, e ora si stanno per giocare la promozione alla Serie B, campionato nazionale, che li costringerebbe anche a lunghe trasferte nelle Isole. Trasferte che, sono sicura, questi ragazzi sarebbero disposti a fare anche a nuoto, per continuare a vivere il sogno loro e del paese che rappresentano, ogni week end, sui campi del Lazio. Questo è lo sport che vogliamo insegnare ai nostri figli.

ED ECCO LA PRIMA STORIA ARRIVATA IN REDAZIONE. DA LUCA FRONTONI

LA SCHEDA

Storie di Sport


OGNI NUMERO UNO SPORT AI RAGGI X SPORT PER TUTTI: PAROLA DI UN MITO! a pallavolo? Uno sport per tutti, tutto per me. Già, perché non riesco proprio ad immaginare che cosa avrei fatto nella vita se un pomeriggio - avevo poco più di quattordici anni non avessi incrociato sulla mia strada il presidente del Sabaudia, formazione di A2 che si allenava all’aperto su un campo di mattonelle. Incuriosito m’ero fermato a guardare chi stava nel rettangolo di gioco. Il dirigente mi invitò ad entrare per provare con qualche palleggio. Essere alto di statura fece il resto. In un paio di giorni mi ritrovai a Gubbio con l’under 15 per giocare il Trofeo Topolino di minivolley. Quella fu la prima mossa, il mio primo approccio con il volley che, successivamente, mi avrebbe regalato un’infinità di soddisfazioni ed una carriera di tutto rispetto. Con lo sport, per la verità, mi ero già rapportato in maniera diversa. Mio padre Dario, un militare di stanza a Sabaudia perché campione di canottaggio, mi aveva avviato a questa disciplina, sperava che, come lui, avrei potuto partecipare a qualche Olimpiade, ad importanti competizioni e, in realtà, c’erano fondati motivi per crederlo: a livello juniores avevo vinto 79 gare su 80 e quella persa a Cagliari fu una sorta di “scherzi a parte”, perché più vogavo, più la linea d’arrivo si allontanava. Dopo scoprì che mi avevano fregato, spostando il traguardo per non farmi vincere. Un segno del destino? Forse. Voglio credere sia stato così, considerato com’è proseguita la mia storia negli anni, in cui la pallavolo è stata la vita, sempre presente, nei club e in Nazionale come atleta ed ora come tecnico, fresco di panchina, ma sufficientemente vincente. Il volley, dunque. Un po’ di storia non guasta. La sua diffusione in Italia si fa risalire al Medioevo, anche se nell’antichità, soprattutto tra i greci e tra i romani, esistevano giochi con la palla che possono essere considerati i predecessori della pallavolo. Il vero battesimo fu, comunque, celebrato negli Stati Uniti nel 1895, quando un certo signor William Morgan, istruttore di educazione fisica presso un college YMCA di Holyoke nel Massachusetts, radunò alcuni insegnanti a Springfield per la dimostrazione di un nuovo sport, la “minonette” - così allora veniva chiamata questa attività - in una partita fra due squadre, cinque contro cinque, in cui furono schierati anche il sindaco di quella città e il comandante dei vigili del fuoco, con l’obbligo di giocare la palla al volo. Caratteristica peculiare, in una sorta di primo regolamento, era quella di non prevedere il contatto fisico tra i partecipanti, per cui la forza, il vigore atletico, specifico connotato di altre discipline, lasciavano spazio alla destrezza, alla prontezza di riflessi, all’agilità. Ecco, quindi, che la “minonette” e successivamente il volleyball sembravano essere destinati ad atleti agili, con una buona elevazione, efficaci soprattutto nel gioco acrobatico. Dagli Usa il gioco fu prontamente esportato in Brasile, Argentina e Uruguay. Erano i primi passi della pallavolo, negli anni affinata e perfezionata nelle regole, nei movimenti, negli automatismi, lo sport più diffuso all’interno delle scuole, secondo soltanto al calcio per praticanti, iscritti e simpatizzanti, perché, forse, non ha bisogno di strutture particolari, almeno a livello dilettantistico, per essere praticato. Per divertirsi bastano due mura di una casa o due alberi ed una rete. Andrea GIANI

PALLA VOLO

I GRANDI CAMPIONI SCRIVONO PER NOI

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iochi con le mani e la palla se ne ritrovano in tutte le epoche. Il primo gioco codificato simile alla pallavolo è il Faustball, praticato in Germania dal 1893. Il volley moderno, invece, lo ideò nel 1895 lo statunitense William Morgan, istruttore di educazione fisica di un college di Holyoke, nel Massachusetts, che lo chiamò Minonette. Fu però un altro statunitense, Alfred T. Halstead, a cambiare il nome originale in quello attuale, volleyball, ovvero “palla sparata”. Nel 1947 i rappresentanti di 15 federazioni si ritrovarono a Parigi e crearono la Federazione Internazionale di Volleyball (FIVB). Nello stesso anno in Italia fu creata la FIPAV (Federazione Italiana Pallavolo). Nel 1949 si disputò il primo campionato del mondo, nel 1964, ai Giochi di Tokyo, la prima volta del volley olimpico.

LE REGOLE na gara di pallavolo si disputa tra due squadre di sei giocatori ciascuna. Scopo del gioco è far cadere la palla nel campo avversario, o nella zona libera o fuori dal campo dopo un tocco di un avversario, siglando un punto. Il numero massimo di tocchi della palla per chiudere un’azione sono tre. Ogni azione inizia con la battuta effettuata da fondo campo. La partita è divisa in set, per un numero massimo di cinque: vince, chi se ne aggiudica tre. Vince il set chi mette a segno 25 punti con uno scarto minimo di 2 rispetto agli avversari. In caso di parità sul punteggio di 2424 si va avanti ad oltranza finché il margine di una delle due squadre non raggiunge i due punti. Sul 2-2 si procede con il quinto set, chiamato tie break, che si risolve con 15 punti (o in caso di 14-14 a oltranza).

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LA PALLA. Deve essere di cuoio vero o sintetico, e deve avere una forma sferica, una circonferenza di 6567 cm, un peso di 260-280 gr e una pressione interna di 0,30-0,325 kg/cm².

LA PALLAVOLO A ROMA oma vanta una buona tradizione nel volley. Gli anni d'oro della pallavolo romana sono gli Anni '70 e i primi del nuovo millennio. Il primo dei tre scudetti maschili vinti risale alla stagione 1974/75 con il successo dell'Ariccia. Due anni più tardi il bis con la Federlazio Roma. Nel 1978 Roma vince di nuovo, stavolta in fatto di organizzazione. Nella capitale si disputano i Campionati del Mondo maschili: palazzetti sempre pieni, entusiasmo alle stelle che trascina l'Italia verso la conquista della prima storica medaglia, un argento. Alla fine del secolo arriva l'onda d'urto della Piaggio Roma. Una squadra che fa innamorare la città vincendo il tricolore nel 2000. Nel 2006 il ritorno nel volley che conta con la M. Roma Volley.

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IL CA MPO DA GIOCO

LA STORIA

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RETTANGOLO DI GIOCO. L'area è di forma rettangolare, divisa in due settori di 9x9 m (quindi 18 metri in lunghezza e 9 in larghezza) separati da una rete. PORZIONI DEL CAMPO. Ciascuna delle due esistenti è divisa da una linea in una zona d'attacco (prima linea), lunga 3 m a partire dalla linea di rete e una di difesa (seconda linea) lunga 6 m a partire dalla linea che delimita quella di attacco.

ZONA LIBERA È la superficie esterna alle linee di delimitazione del campo che deve essere larga fra 3 e 5 m dalle linee laterali e fra i 3 e gli 8 m dalle linee di fondo, dove al giocatore è consentito effettuare il servizio. LE LINEE. Devono essere larghe 4 cm e devono avere un colore chiaro, contrastante con la superficie di gioco.

LE ANTENNE All’interno delle due bande verticali, sono inserite le “antenne”. Si tratta di due aste di 1,80 m di altezza e 10 mm di diametro, a strisce bianche e rosse, larghe 10 cm l'una: ogni antenna si estende 80 cm al di sopra della rete e serve a delimitare lo spazio di passaggio della palla.

SPORT AI RAGGI X | 130

LA RETE È disposta ad un'altezza di 2,43 m per gli uomini e 2,24 per le donne. Le dimensioni sono di un 1 di altezza e da 9,50 a 10 m di lunghezza. Due bande bianche verticali, larghe 5 cm e alte 1 m, sono fissate nella rete esattamente al di sopra di ciascuna linea laterale.


LA TENUTA PALLEGGIATORE È il regista della squadra, in genere è meno alto rispetto agli altri compagni che hanno il compito di schiacciare la palla. Dopo la ricezione della palla, è lui che pensa a smistarla agli “attaccanti” che dovranno indirizzarla sul campo. Può anche fare punti. SCHIACCIATORE-RICEVITORE Sono, perché in una squadra ne vengono schierati due, coloro che ricevono la palla sulla

battuta avversaria e allo stesso tempo finalizzano le azioni d'attacco. Inoltre aiutano la squadra anche in fase di difesa aggiungendosi al muro composto dai centrali. OPPOSTO È il bomber della squadra. A lui il compito di fare punti in ogni modo: in fase d'attacco con le schiacciate, dalla seconda linea, e an-

LIBERO Non può servire, non può schiacciare ne tanto meno difendere a muro. È libero di schierarsi in ogni parte del campo e il suo compito è quello di ricevere il servizio avversario e di difendere. Generalmente è più basso degli altri perché è dall'agilità che deriva la sua forza.

Protezioni per le dita

LE AZZURRE D’ORO Nel 2009, la Nazionale femminile guidata da Massimo Barbolini, ha chiuso un anno difficilmente eguagliabile. In pochi mesi le azzurre hanno vinto tutte le competizioni alle quali hanno partecipato: Europeo, Grand Champions Cup, Giochi del Mediterraneo e Universiadi.

Sono delle fasciature che servono per attutire i colpi che subiscono le dita in fase di palleggio, schiacciata e muro

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Maglia e pantaloncini sono aderenti per facilitare i movimenti degli atleti. Il libero veste una maglia con colori diversi rispetto ai compagni

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Casacca

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IL MISTER FILOSOFO Julio Velasco, argentino, è stato il tecnico più vincente della storia azzurra. Sulla panchina della nazionale, in sette anni, ha collezionato 231 successi in 310 partite, conquistando due Mondiali (1990 e 94), tre Europei (1989, 93 e 95), quattro World League (1991, 92, 94 e 95) e altri otto ori in competizioni ufficiali. Prima di guidare gli azzurri, ha allenato per quattro anni la Panini Modena, vincendo quattro scudetti, tre Coppa Italia e una Coppa delle Coppe. Velasco ha lavorato anche nel mondo del calcio, ricoprendo ruoli dirigenziali nella Lazio e nell’Inter.

che in battuta. Ha anche compiti di difesa, ma solo in rare occasioni. In genere è il giocatore più spettacolare.

ell

BERNARDI Lorenzo “Lollo” Bernardi è stato uno dei più grandi giocatori di sempre. Nel 2001 è stato eletto dalla federazione Mondiale “mister secolo” del volley mondiale. Lo schiacciatore di Trento, in 20 anni di carriera, ha siglato 8578 punti. Inoltre, è stato lui a schiacciare l'ultimo pallone della finale del 1990 che regalò alla pallavolo italiana il primo titolo mondiale.

PILLOLE DI STORIA

PILLOLE DI STORIA

ABECEDARIO PALLEGGIO: È uno dei fondamentali più importanti. Permette d’ impostare le azioni di attacco. BAGHER: Consente ai giocatori di difen dere e contemporaneamente costituisce un passaggio al palleggiatore che, a sua volta, servirà un attaccante per chiudere l'azione.

Scarpe Devono essere comode e avvolgenti. All’interno alcuni giocatori inseriscono plantari realizzati su misura

ATTACCO: I fondamentali si utilizzano per inviare il pallone nel campo avversario cercando di ottenere un punto. MURO: Il muro è il fondamentale difensivo principale sull’attacco degli avversari. Uno o più giocatori di prima linea si innalzano al di sopra della rete al fine di arrestare il colpo avversario. SERVIZIO: O battuta, è il colpo netto che dà inizio alla fase di gioco. Il servizio deve essere effettuato con una sola mano, dopo che la palla è stata lanciata in aria.

Ginocchiere Sono imbottite e, una volta indossate, proteggono le ginocchia dalle frequenti cadute dei giocatori nelle fasi difensive

GINOCCHIA E DITA COPERTE

L’abbigliamento del volley è studiato per consentire la massima libertà nei movimenti. Le maglie sono di tessuto tecnico e attillate come fossero una seconda pelle. I pantaloncini, anch’essi, forniscono al giocatore la massima libertà di movimento durante gli spostamenti. Le scarpe sono molto importanti perché l’appoggio in sicurezza del piede per una persona molto alta, che per giunta salta spesso e molto in alto, atterrando con forza, è fondamentale. Per questo motivo le scarpe sono avvolgenti e, all’interno, l’atleta infila spesso plantari realizzati su misura. Per non rovinarsi le ginocchia, molti giocatori le proteggono con un’apposita ginocchiera imbottita che attutisce l’urto con il suolo. Protezioni meno ingombranti, in genere fasciature, si usano anche per le dita. SPORT AI RAGGI X | 131



Raimondo Vianello

di Giancarlo GOVERNI a prima immagine comica di Raimondo Vianello riguarda una scelta drammatica che furono costretti a fare molti giovani italiani nel 1943: rimanere fedele alla Italia che si ribella all’ex alleato tedesco, diventato invasore, oppure rispondere alla chiamata di Mussolini che, sotto la imposizione di Hitler, ha costituito al Nord una repubblica fascista. Anche il giovane Raimondo, che aveva poco più di venti anni e un fisico (e anche uno spirito, potremmo dire con il senno di poi) tutt’alto che portato agli agoni bellici, dovette fare la sua scelta. Forse fu una scelta obbligata dal padre ammiraglio e dalla educazione che aveva dato ai suoi figli e che vedeva per Raimondo una carriera militare o diplomatica. Raimondo era cresciuto nel culto del dovere e dell’obbedienza, tanto che si era laureato in Legge. Insomma Raimondo vestì la divisa fascista. Fino a qui l’aspetto drammatico della scelta, ordinariamente drammatico potremmo dire, mentre l’aspetto comico sta altrove. Raimondo è un giovane molto alto, la sua altezza supera abbondantemente il metro e ottanta e si avvicina al metro e novanta, praticamente un gigante in una Italia dove l’altezza media non arriva al metro e sessanta. Ebbene, il “gigante” Raimondo viene messo nei bersaglieri, un corpo a cui vengono destinati giovani robusti e traccagnotti, con gambe corte e forti, dediti alla corsa. Gente che non sta mai ferma, che non cammina o marcia come gli altri soldati ma corre sempre, anche quando non c’è fretta. Il giovane Raimondo è tutto il contrario di quello che deve essere un bersagliere. Nel plotone sopravanza tutti di una ventina di centimetri e, quello che è più grave, corre in maniera sgraziata perdendo continuamente il passo. Viene destinato alla poco gloriosa ma più tranquilla fureria. Alla fine della guerra finì in un campo di prigionia, vicino Pisa, gestito dagli Alleati e lì, e questo è un altro paradosso nella vita di Raimondo Vianello, forse cessò di vivere il giovane obbediente destinato dal padre ammiraglio e nacque l’attore, il comico, l’uomo che vede sempre il lato comico e ridicolo della realtà. Con Vianello nel campo di concentramento ci sono altri giovani, più o meno coetanei, che avranno un ruolo importante nello spettacolo italiano: il futuro Premio Nobel Dario Fo, Enrico Maria Salerno, Luciano Salce e quel Walter Chiari che diventerà, insieme a Ugo Tognazzi, uno dei partner comici preferiti. In quel campo c’è anche il poeta Ezra Pound, che però se ne sta defilato come si addice a una grande personalità come lui, e non si immischia con quei giovani caciaroni.

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Affilata alla Federazione Italiana Giuoco Calcio la Sa.Mo. (acronimo del nome e cognome di Sandra Mondaini) ha sempre preso parte al campionato di terza categoria. Soprattutto nei primi anni, in campo la domenica mattina ci andava anche Raimondo Vianello, per dare sfogo alla sua passione calcistica. Da una ventina di anni, Vianello era diventato presidente.

Lo sport in Tv La televisione ed il calcio. Raimondo ha sempre amato il binomio, aggiungendoci sempre la sua dose d’ironia. Lo scatto fotografico è riferito a “Pressing”, per anni da lui condotto, con Massimo De Luca e Maurizio Pistocchi.

FOTO UFFICIO STAMPA MEDIASET

La Sa.Mo. FC

Non si sa se l’influenza di quelli che diventeranno suoi colleghi d’arte abbia inciso sulla decisione solenne che prenderà il giovane Raimondo dopo la prigionia e il ritorno alla vita civile: diventare attore contraddicendo a tutti i principi che gli aveva inculcato la famiglia. Che indubbiamente la cosa non la prese affatto bene. La madre, la marchesa Virgilia Accorteti e il padre Giulio, ammiraglio, avrebbero voluto che il figlio seguisse la carriera militare, diplomatica o, al limite quella forense, continuando a studiare giurisprudenza e, semmai, a sferrare qualche dritto nella celebre palestra Colombo di Roma. Ma l’incontro con il teatro di rivista rappresentò per il giovane Vianello «un colpo di fulmine».

«Per mio padre fu come se gli avessero affondato la flotta» e, per lenirne il dispiacere, Raimondo acconsentì di modificare il cognome in Viani. (Il Secolo d’Italia, 2006). Dopo la guerra il ritorno a Roma, che aveva lasciato per seguire la famiglia in Dalmazia, la città dove è nato e dove passa alcuni decenni prima di spostare la sua residenza a Milano, dove ha passato il resto della sua vita e dove è morto. Ma è a Roma dove prende il via la sua carriera, perché Roma è la capitale anche del cinema e del teatro. La prima occasione glie la danno Garinei e Giovannini che lo fanno debuttare nel Cantachiaro n.2, una delle prime riviste del dopoguerra, che suscitano l’entusiasmo del pubblico che vi assapora la ritro-

Un tennista DOC Uno sportivo a 360° e giocava spesso a tennis. Una passione, questa, che aveva caratterizzato la sua grande amicizia con Ugo Tognazzi. Quest’ultimo organizzava i tornei a Torvajanica. Qualche anno fa Raimondo raccontava: «Una volta mi disse di andare lì prima. Mi invitò per pranzo e mi fece mangiare i peperoni ripieni dicendomi: ma che t'importa, mangiali tranquillamente, tanto giochi stasera, con la luce artificiale...». «E contro chi gioco?» «Mah, non si sa ancora, c'è da fare il sorteggio, comunque giochi stasera. Be', dopo mangiato, in piena digestione dei micidiali peperoni mi fa: senti, Raimondo, mi dispiace ma per un contrattempo devi giocare subito». «E contro chi? Confessò che dovevo giocare contro un famoso produttore cinematografico che doveva tenersi buono perché ci voleva fare un film, motivo per cui m'aveva minorato col peperone».

UNA VITA TRA SPETTACOLO E SPORT | 134

vata libertà di poter ridere di tutto, anche dei politici che per tanti anni sono stati tabu. Raimondo compare nella locandina, in mezzo agli attori di seconda categoria con il nome di Raimondo Viani, per tenere fede alla promessa fatta alla sua famiglia: vada in arte se vuole ma non portandosi dietro il glorioso cognome dei Vianello. Incomincia quel girovagare che è proprio degli attori ma gli attori di rivista sono una categoria diversa, più portati allo scherzo, al gioco, alla vita mondana e anche allo sport. E lo sport preferito è sempre il calcio. Anche per motivi pubblicitari si organizzano partite di calcio fra le compagnie, a cui spesso assistono divertiti i calciatori veri, quelli più celebrati. Raimondo, grande amante dello sport, di queste partite è quasi sempre l’anima e l’organizzatore. Oltre, ovviamente, al capitano della sua squadra. Ma in gioventù c’è un altro sport che si affaccia alla vita di Raimondo, uno sport assolutamente insospettato per una figura come la sua, dall’aplomb inglese che ne fanno un personaggio del grande scrittore umorista Wodhouse. Lo sport è (nientepopodimeno, direbbe Mario Riva) il pugilato. La cosa, sconosciuta ai più, ci fu rivelata a Porta a Porta, la sera della sua morte, da Massimo De Luca che giurò di aver visto con i suoi occhi il suo tesserino di iscrizione alle federazione pugilistica. Forse Vianello avrebbe voluto fare il calciatore piuttosto che l’attore e forse l’avrebbe fatto se non fosse stato nel calcio così scarso quanto invece era bravo come attore. Ma lo sfizio, come si dice, se lo levò sempre, fino a quando il fisico glie lo ha consentito. E poiché non lo faceva giocare più nessuno lui si fece una squadra propria, che chiamò Sama con le iniziali di Sandra Mondaini, sua moglie, dove fece il presidente finanziatore, il capitano e l’allenatore. La sua sapienza calcistica la mise a frutto, professionalmente, conducendo la trasmissione sportiva di Mediaset, dove portò il suo umorismo e la sua grande capacità di sdrammatizzare un gioco che era diventato troppo serio. Per chi tifava Vianello? Non siamo riusciti a capirlo: lui era nato a Roma ma c’era stato troppo poco negli anni giovanili quando si sceglie la squadra del cuore per cui è difficile che tifasse per le due squadre romane. Potremmo azzardare l’Inter perché quando partecipava al “Derby del cuore” milanese sceglieva sempre di indossare la maglia nero azzurra. Ma anche questo non è una prova. Mi sono rivolto a Andrea Vianello, il giornalista conduttore di “Mi manda Raitre”, che con Raimondo era cugino di secondo grado. «Veramente non lo so» mi ha risposto «ma suppongo che tifasse per il Venezia». Sì, buonanotte!


SPQR SPORT, il nuovo mensile voluto dall’Ufficio Sport del Comune di Roma è sfogliabile anche online sul sito www.spqrsport.it dove saranno visitabili anche delle aree dedicate all’interazione dell’utente con la redazione. SPQR SPORT sarà presto presente anche nei principali social network ed inviato tramite newsletter. Un modo per raggiungere una fetta quanto più ampia della popolazione capitolina. Internet garantisce un’importante diffusione parallela rispetto al prodotto cartaceo che rispetta i canali classici della diffusione freepress: la rivista è distribuita in occasione dei grandi eventi sportivi della Capitale e anche sul territorio grazie alla scelta di un esercizio commerciale (edicole, bar, etc) scelto nelle piazze più importanti dei 19 municipi romani. L’elenco è ovviamente consultabile sul web.

FREE PRESS per la città


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30-03-2010

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FANALCOMUNICAZIONE

I L F U T U R O N O N È P I Ù Q U E L L O D I U N A V O LT A .

Ogni giorno Acea si impegna e lavora per gestire in modo sostenibile le risorse naturali e l’energia, valorizzandone l’impiego, prestando particolare attenzione alla riduzione degli sprechi e incrementando il ricorso alle fonti rinnovabili. Perché l’uso razionale dell’energia, il risparmio energetico, il rispetto per il territorio e la tutela dell’ambiente sono le primissime cose che migliorano la qualità della vita. Perché il nostro futuro inizia da qui, ora.


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