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III
Primo Piano
Sabato 15 Giugno 2019 www.gazzettino.it
L’ESPLOSIONE A sinistra il momento in cui è stata fatta saltare la testa della fra A destra il versante principale che dà sul paese
IL RISULTATO ALPAGO Il performer di una giornata col “botto” è stato lui, Danilo Coppe, il numero uno in Italia nel preparare e maneggiare esplosivi. È lui, a parziale demolizione ultimata, a commentare l’esito della sua creatura.
RISULTATO RAGGIUNTO «Questa frana è una rogna esordisce senza mezzi termini perché ci sono rocce molto giovani, ovvero arenarie tenere che male rispondono all’esplosivo, più adatto alla roccia dura. Sul versante principale, ovvero quello che dà direttamente sull’abitato, abbiamo raggiunto il risultato che ci eravamo prefissati, la massa di blocchi più grandi si è frantumata e si è compostamente depositata lungo il versante, senza lanci in aria. Ora si tratta solo di smontarla con un mezzo meccanico come se fosse un mucchio di sabbia, procedendo a terrazzamenti. Sul lato posteriore, che aveva uno strato vegetale pazzesco di radici e terra, necessità di un ritocco perché si è profilato solo in parte. Quindi faremo un secondo intervento. Domani mattina inizieranno a forare per mettere le cariche poi martedì o giovedì si procederà con una seconda esplosione».
ONDA DI SHOCK
FUOCHINO Danilo Coppe, detto anche mister Dinamite Sopra uno scorcio della piccola frazione ormai fantasma
Sulla quantità di materiale strappato dalla detonazione i numeri si sprecano tra i presenti, ma Coppe ha una sua stima. «Credo che si siano staccati circa 500-600 metri cubi per parte, quindi un po’ meno dei 1500 che ci eravamo prefissati». Dall’alto della sua esperienza, mister Dinamite giudica «rognosa» la frana di Schiucaz: «L’esplosivo si adatta bene alla roccia dura, qui invece siamo di fronte a materiale terroso che ci ha costretto a fare dei fori creando cariche distanziate rompendo laddove gli strati erano più duri». L’esplosivo utilizzato non è stata la dinamite. «La dinamite è l’esplosivo più potente che si potesse usare -
«Distacco inferiore di quanto previsto: il terreno è rognoso» Mister Dinamite parla di roccia tenera che risponde male alle cariche: liberato però il fronte verso le case `
GLI ABITANTI Da sinistra Simone De Pizzol e la famiglia di Giovanni Torelli sfollata da otto mesi
spiega l’esperto -, qui invece abbiamo impiegato un’emulsione, di quelle meno potenti. L’obiettivo era evitare l’onda di shock che serve per spaccare. A noi serviva spingere».
ATMOSFERA BUCOLICA Alla domanda se sia più facile tirar giù il ponte Morandi o la frana di Schiucaz, Coppe sorride divertito. «Diciamo che qui l’atmosfera è molto più rilassata più bucolica, mentre di là è elettrizzante. Ciò che rende complessa l’operazione a Genova sono le mille sfaccettature con le quali devi fari i conti, come il traffico, i sottoservizi, realtà industriali, abitative, gasdotti, oleodotti. Per cui ogni volta bisogna confron-
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tarsi con mille enti». Oltre a tutti i vertici di Veneto Strade, sul posto c’era anche l’assessore regionale Gianpaolo Bottacin, suo malgrado uno dei più profondi conoscitori di frane e dissesti, specie dopo la tempesta Vaia alla quale va ascritta anche la frana di Schiucaz. Sua la regia di spostare la competenza dell’intervento alla Regione,
«NON ABBIAMO USATO DINAMITE PERCHÈ SAREBBE STATA TROPPO FORTE PROVOCANDO UN’ONDA CHOC»
attraverso Veneto Strade, alleggerendo la Provincia di un’incombenza troppo grande per le esigue forze rimaste in cassa. Un modo anche per accelerare l’operazione e cercare di ridare vita quanto prima al piccolo borgo composto da 15 case e 17 abitanti tra i quali due imprenditori attualmente costretti a girarsi i pollici dopo aver chiesto più volte aiuto al Comune. «La gente tuttavia ha capito e si è tranquillizzata - commenta Floriano De Pra, capogruppo di maggioranza del Comune di Alpago, annusando il clima tra la gente -. Hanno visto che si sta lavorando in fretta e bene, con fior di professionisti». L.M.
REGIONE
SABATO 15 GIUGNO 2019 CORRIERE DELLE ALPI
Il federale blocca Finco e in vista del congresso rispunta l’ipotesi del sindaco trevigiano Conte nel ruolo di traghettatore
Lega, veto di Salvini sul nuovo commissario consiglieri regionali di Zaia esclusi in blocco
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mezza di discussione conclusa da un accenno alla «probabile» convocazione entro il mese di luglio del congresso federale. Tempi brevi che potrebbero spingere ad affidare al sindaco di Treviso Mario Conte (ancorché recalcitrante all’idea) il fatidico ruolo di commissario-traghettatore. ANCHE IL VICE È LUMBARD
IL COLPO DI SCENA
Filippo Tosatto
L’impressione è che l’influenza esercitata dalla delegazione veneta al vertice del Carroccio sia inversamente proporzionale alla sua capacità di calamitare il consenso; a dispetto del trionfale 50% centrato il 26 maggio, anche la tornata di nomine decretate ieri - promozione a vicesegretario del MVNCBSE Andrea Crippa, scelta dei componenti della cruciale commissione Statuto - li ha visti, una volta ancora, ai margini. Una debolezza acuita dall’assenza di dialogo tra gruppo consiliare e parlamentari, mai così lontani e reciprocamente insofferenti.
capeggiato dal governatore, al quale è riconosciuto il primato sul versante amministrativo ma è osteggiata l’influenza in ambito politico.
arzo 2018: le liste della Lega per Camera e Senato escludono le personalità più vicine a Luca Zaia; un indizio è un indizio. Aprile 2019: nel Veneto, a differenza di Piemonte e Lombardia, ai consiglieri regionali è vietata la corsa in Europa; due indizi sono una coincidenza. Venerdì 14 giugno, in vista della stagione congressuale “tricolore”, Matteo Salvini, stabilisce che il nuovo commissario del partito non potrà candidarsi alla Regione nel 2020, piazzando così un macigno sulle chance di Nicola Finco, il capogruppo a Palazzo Ferro-Fini indicato da più parti come favorito all’incarico; tre indizi sono una prova. Scomodiamo il teorema di Agatha Christie perché ieri il consiglio federale di via Bellerio ha sancito con tutta evidenza la volontà del Capitano, deciso più che mai ad impedire l’aggregazione di un “potere concorrente”
VOLTI SCURI E NO COMMENT
businarolo e d’incà
Vertice a milano con i consigli regionali
M
La riprova arriva dalla stessa biografia di Finco, amico di lungo corso del ministro Lorenzo Fontana e dello stesso Salvini, artefice con loro (correva il 2013) del “patto di Monfalcone” che avrebbe catapultato il Matteo in felpa al vertice della Lega, sloggiando il titubante Bobo Maroni e segnando l’inizio di una rincorsa culminata negli attuali, scoppiettanti, successi. Tutto è il giovanotto di Bassano tranne che una figura personalmente sgradita al vicepremier, lesto però a sacrificarlo per sbarrare la strada - ecco il vero bersaglio - all’ineffabile Zaia, prudentemente assente dalla riunione milanese. Alla quale hanno preso parte i veterani MJHIJTUJ - Fontana, Gianantonio Da Re (autore della relazione sul voto nostrano), Mara Bizzotto, Massimo Bitonci, Roberto Marcato, Erik Pretto muti come pesci e di umore contrastante dopo le due ore e
L’ASSALTO ALLE TESSERE
Luca Zaia e Matteo Salvini fianco a fianco nel corso di una manifestazione leghista per l’autonomia a Jesolo
«Il M5S vuole creare le Zes a Venezia e a Rovigo» VERONA. La Zes in Veneto?
Si può fare subito, ma la Regione deve darsi una mossa. Lo dicono Francesca Businarolo e Federico D’Incà, deputati del M5S che difendono il ministro Barbara Lezzi che l’11 giugno scorso ha risposto alla senatrice di FI Roberta Toffanin, scesa in campo a sostenere le richieste del presidente di Confindustria Marinese e dei sindaci di Venezia e Rovigo. «Il tema è molto caldo e il ministro Lezzi ha riaffermato la sua volontà di introdurre le Zes in Veneto. Dalle parole ai fatti, perché ha dato mandato al Mise e a Confindustria di monitorare i territori. Lei si è mossa, ma ha dato una risposta la Regione, ente competente? Aspettiamo la costruzione dei passaggi successivi, sperando che il presidente Zaia inizi a collaborare, perché le Zes rappresentano una grande opportunità di crescita per il territorio. Come segnalato, a Venezia e nei comuni della provincia di Rovigo sarebbero disponibili 385 ettari dismessi o abbandonati: si stimano 2,4 miliardi di euro di investimenti, 7.600 posti di lavoro diretti e 19.000 mila indiretti», concludono Businarolo e D’Incà. Lunedì la palla passa a Marinese. — BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
nomina decisa da giorgia meloni
Gardini commissaria di FdI Il presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni ha nominato Elisabetta Gardini commissario del partito a Padova.La Gardini (nella foto con Urso, Zanon e Levis) alle elezioni europee del so 26 maggio ha raggiunto le 15 mila preferenze. Roberto Ciambetti, presidente del consiglio regionale del Veneto
Autonomia, le tre intese in Consiglio dei ministri Ciambetti: stop ai rinvii Il ministro degli Interni assicura «I tempi sono maturi» Il governatore lombardo e il presidente di palazzo Ferro Fini «Aspettiamo i passi concreti» PADOVA. L’impegno è solenne e
Matteo Salvini l’ha pronunciato al consiglio federale della Lega, a Milano: «I tempi sono maturi, siamo pronti e non vediamo l’ora di portare l’autonomia nel primo Consiglio dei mi-
nistri utile». Il conto alla rovescia è iniziato. Si tratta di capire quando verrà convocato e poi finalmente le tre bozze di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna potranno essere discusse e licenziate dal consiglio dei ministri che darà mandato al premier Conte di trasmetterle ai presidenti di Camera e Senato. Che i tempi siano maturi lo conferma Roberto Fico, che ha commemorato a Barga di Lucca i 200 anni del-
la nascita di Antonio Mordini, il patriota che aprì la prima seduta di Montecitorio dopo il trasferimento della capitale a Roma. Fico ha ricordato «gli sforzi, i sacrifici, le battaglie necessarie per arrivare all'Unità d’Italia. Centinaia di migliaia di persone hanno dato la vita per difendere la libertà e il diritto all’autodeterminazione. È significativo parlarne in un momento in cui c’è una discussione pubblica sull’autonomia
dopo un referendum consultivo promosso in alcune regioni. Un argomento oggetto di approfondimento del Parlamento, che eserciterà un ruolo centrale e sostanziale» ha detto il presidente della Camera. La svolta è davvero vicina? Ne è convinto Attilio Fontana, che a Cernobbio a un convegno del Censis, ha dichiarato: «Mi fido di Salvini e aspettiamo che si faccia concretamente il passaggio con il primo via libera del consiglio dei ministri. Non si può continuare a traccheggiare: ci dicano se si può portare a compimento la riforma o meno e chi non è d’accordo si assuma la responsabilità di aver preso in giro milioni di cittadini andati a votare. L’autonomia non è una riforma eversiva e quando mi dicono che le bozze sono scritte male mi girano un po’ le balle»
C’è altro? In verità sì. Nel lanciare la nuova campagna di proselitismo - «Abbiamo mandato in stampa le prime 100 mila tessere» - Salvini ha ordinato gazebo in tutti i campanili nel week end; ai militanti la card verdolina arriverà gratuitamente a domicilio mentre ai soci sostenitori di ogni parte d’Italia sarà consentita l’iscrizione senza pre-requisiti. Il timore di un assalto famelico al carro del vincitore (per tacere d’altro) sembra tutt’altro che peregrino. —
ha concluso il governatore della Lombardia. A Milano e a Cernobbio c’era anche Roberto Ciambetti, presidente del consiglio regionale del Veneto, che ha ribadito la necessità di uscire dalla paralisi. «I veti di alcuni ministeri sono immotivati» afferma Ciambetti che ricorda con orgoglio il record di Treviso, dov’è commissario della Lega. «Siamo arrivati al 53,6 in provincia, record italiano. Treviso in testa, seguita da Sondrio e poi Vicenza con il 52,6. L’elettore ha decisamente imboccato la strada dell’autonomia, diventata patrimonio comune dei veneti: sottovalutare questo sentimento diffuso potrebbe essere un gravissimo errore» conclude Ciambetti, che mette sotto accusa il ministro Toninelli. «Non è possibile ignorare in una visita ufficiale il sindaco di Venezia Brugnaro e il presidente della regione Zaia, che voleva fare il punto sulla Tav Brescia-Padova e sulla Pedemontana: i rapporti istituzionali vanno sempre rispettati», conclude Ciambetti. Nel coro leghista, si alza la voce del dissenso Pd, con il governatore dell’Emilia Romagna che critica Salvini: «La Regione può andare a votare anche a fine gennaio 2020, la legge ce lo consente. Nel frattempo, lavoro per abbassare le tasse alle imprese in montagna, operazione che sarebbe più semplice se sul progetto di autonomia dell’Emilia-Romagna questo governo e il vicepremier Salvini fossero passati dalle parole ai fatti. Qui si perde tempo, noi abbiamo rispettato i vincoli costituzionali chiedendo 15 e non 23 materie dell’articolo 116». — Albino Salmaso BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
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PRIMO PIANO
SABATO 15 GIUGNO 2019 LA NUOVA
Grandi navi/Il dibattito
Un referendum tra Lido e Chioggia La proposta del ministro Toninelli Sopralluogo in laguna, con la motovedetta e l’elicottero. «Marghera la escludo, troppi rischi. Decideremo a breve»
Alberto Vitucci VENEZIA. Marghera no. Trop-
po pericolosa. Lo scavo del canale Vittorio Emanuele? Complicato. «Le soluzioni per le grandi navi lontane da San Marco sono soltanto due: Chioggia e un nuovo porto a San Nicolò, in mare, lato spiaggia. Abbiamo raccolto elementi importanti. A breve decideremo insieme agli enti locali. Ma non saranno decisioni calate sulla testa della gente: siamo pronti su questo a fare anche un referendum». Eccolo il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli mentre sbarca dalla motovedetta della Capitaneria di porto alle Zattere. È arrivato all’aeroporto Marco Polo ieri intorno alle 9. Un giro in elicottero sui cantieri del Mose e sulle aree portuali e a Marghera. Proprio mentre una grande nave entra in Bacino. «È davvero impattante», si lascia sfuggire il ministro mentre osserva dall’alto. Poi un sopralluogo via acqua insieme al presidente dell’Autorità portuale Pino Musolino, al provveditore Roberto Linetti, al comandante della Capitaneria Piero Pellizzari. «Siamo qui», scandisce, «per trovare una soluzione definitiva e togliere le grandi navi dal canale della Giudecca e dal Bacino San Marco». Poi attacca: «Dobbiamo dire che fino a oggi c’erano soltanto idee, non progetti. I tecnici hanno filtrato le idee esistenti e hanno scelto quelle che potevano essere soluzioni percorribili. I primi documenti indicano San Nicolò e Chioggia come futuro per il porto di Venezia ad uso delle Grandi navi». LA POLEMICA
Il ministro lancia qualche frecciata ai tanti sostenitori
dell’ipotesi Marghera. «La escludo», dice, «è un’area a rischio Seveso. Pensate al traffico di navi mercantili. E quelli che dicevano che era già pronta non lo hanno detto». LIDO O CHIOGGIA
Dunque sono due le ipotesi che adesso dovranno essere valutate nel dettaglio. Per Chioggia ci vorranno 250 milioni per il nuovo terminal, 4-5 anni di lavori. E nel frattempo la necessità di adeguare la ferrovia e le reti stradali come la Romea, chiaramente insufficienti. Lo scavo dei fanghi, dice il ministro, po-
L’incontro con il comitato «No Grandi Navi». La polemica con gli enti locali trebbe essere meno problematico degli scavi a Marghera. Nelle ultime analisi i fanghi risultavano «non inquinati». Più complesso il discorso del Lido. Il terminal costerebbe lì almeno 700 milioni. LA DECISIONE
«Sono decisioni che non avvengono da un giorno all’altro», insiste, «del resto sono almeno 10 anni che abbiamo il problema grandi navi e la politica non lo ha risolto. La decisione non riguarda solo il mio ministero, ma anche i Beni culturali e gli enti locali. Decideremo insieme. Ma la devono smettere di insultarmi Non rispondo alle offese». IL REFERENDUM
Toninelli lancia l’idea di una soluzione pubblica. «Noi non vogliamo che le decisioni siano prese dall’alto», dice, «e anche la legge sul Codice degli appalti prevede la procedura di dibattito pubbli-
Il ministro Danilo Toninelli con il presidente del Porto Pino Musolino sulla barca della Guardia costiera
co. Porteremo le due ipotesi e poi si deciderà». VITTORIO EMANUELE
Soluzione non facile, anche se «provvisoria». «Occorre il protocollo fanghi», dice, «quello attuale risale al 1993. Perché quelli che vogliono lo scavo non si sono preoccupati di fare la caratterizzazione dei fanghi?».
nua, «ci vorrà del tempo, ma almeno saranno tempi certi. Sapremo che si apre un cantiere e si è trovata una soluzione». Intanto le grandi navi continueranno a passare da San Marco? «Stiamo lavorando al monitoraggio, per verificare se la nuova ordinanza risponda maggiore sicurezza. Una soluzione non la si fa da oggi a domani. Almeno si parte».
L’IMMEDIATO
«Altre riunioni sono previste a partire da lunedì», conti-
LE COMPAGNIE
Assediato dalla politica e da-
le reazioni
«Propone soltanto soluzioni irrealizzabili» L’irritazione per la bocciatura di Marghera VENEZIA «Così il problema
non lo risolveremo mai. Il ministro non sa che per il canale Vittorio Emanuele già oggi possono passare il 10 per cento delle navi. E noi cominceremo a farle passare». Dice di non volere la polemica, il sindaco Luigi Brugnaro. Poi lancia la provocazione. Lo «sgarbo» del ministro, che ha preferito un sopralluogo in solitaria con i suoi uffici lagunari, ha lasciato Comune e Re-
gione nell’angolo. E con loro anche l’ipotesi Marghera, sostenuta dagli industriali, dalla Lega, Forza Italia e da una parte del Pd. Brugnaro continua: «Il commissario per il Mose. Ma c’è anche il resto della laguna, le acque, il moto ondoso, le rive». «Il referendum? Rischioso. La democrazia non è quella, ma il suffragio universale con voto segreto». Brugnaro ricorda infine al ministro la delibera vo-
tata quattro anni fa dal Consiglio comunale sulla «centralità» della Stazione Marittima. «Toninelli propone soluzioni irrealizzabili», attacca il deputato veneziano del Pd Nicola Pellicani, «da Chioggia non si può arrivare a Venezia, occorre scavare. Il Lido ha problemi ambientali. E non dice la verità quando sostiene che il progetto di Marghera non esiste, ci hanno lavorato il vecchio governo, il
Porto, gli Industriali. Continuando a sostenere ipotesi irrealizzabili, Venezia perderà il traffico crocieristico e migliaia di posti di lavoro». Sulla stessa linea il senatore Andrea Ferrazzi. «Chioggia è un’ipotesi che non sta in piedi», dice, «dista 5 chilometri dalla bocca di porto, la Romea non sarebbe sufficiente a contenere le centinaia di autobus che ogni giorno farebbero la spola con Venezia e
gli armatori, Toninelli annuncia di aver incontrato le compagnie delle crociere. Il tema è la possibile riduzione dei passaggi delle grandi navi e delle loro dimensioni. Ma anche di una loro distribuzione nel tempo. Oggi gli arrivi sono concentrati il sabato e la domenica. IL COMITATO NO NAVI
Una delegazione del comitato guidata da Tommaso Cacciari è stata ricevuta dal ministro in Capitaneria. «Gli ab-
l’aeroporto. L’unica soluzione è Marghera». Non tutti sono favorevoli al porto crociere nell’area industriale. Perplessità vengono dal mondo del lavoro e dai sindacati, che mettono in guardia sul rischio che le navi passeggeri potrebbero portare al traffico commerciale e industriale dell’area. Ad attendere il ministro sulla banchina ieri mattina anche Cesare de Piccoli, ex viceministro alle Infrastrutture autore del progetto di porto crociere in bocca di porto Venicecruise 2.0. «La legge prevede che anche questo nostro progetto sia esaminato», dice, «è l’unico progetto che ha avuto una Valutazione di Impatto ambientale favorevole. Noi abbiamo speso dei
INTERPRESS
biamo ricordato la grande manifestazione», dice Cacciari, «e obiettato che se vogliamo portare le navi fuori della laguna, Chioggia è dentro la laguna. Gli regaleremo una cartina così lo potrà vedere.Il porto al Lido ci ricorda le opere faraoniche del Psi anni Ottanta, magari con sublagunare...? C’è un progetto che ha avuto il parere favorevole della Via, quello di Duferco-De Piccoli. Bisogna esaminare anche quello». — BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
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SABATO 15 GIUGNO 2019 LA NUOVA
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Grandi navi/Il dibattito il progetto
i lavori
Cerniere del Mose da sostituire gara da 34 milioni per i nuovi steli
Da sostituire anche le valvole rovinate
Corrosione diffusa e durata media ridotta da 100 a 13 anni. Toninelli: «Fonte di sprechi, ora finiamo» Alberto Vitucci VENEZIA. Trentaquattro milio-
ni di euro per sostituire gli «steli» danneggiati. Quelli che erano gli inascoltati allarmi dei tecnici adesso sono diventati un bando di gara, per cercare soggetti in grado di studiare la corrosione dell’elemento vitale del Mose, i gruppi «cerniera-connettore». E sostituire tutte le parti «ammalorate». Mentre si parla di gestione futura del Mose e di commissario per «sveltire i lavori», come previsto dal decreto Sblocca cantieri, ci sono gravi emergenze da risolvere. Come i danni del sistema Mose sott’acqua. Ieri il ministro Toninelli in visita in laguna si è limitato ad annunciare l’imminente nomina di un commissario. «Siamo giunti al 95 per cento dei lavori», ha detto, «ci sono stati sprechi e corruzione. Ma abbiamo il dovere di portare a termine quest’opera. Per questo a breve nomineremo il commissario». Con una frecciata polemica al presidente della Regione Luca Zaia: «Mi pare che Zaia non volesse nemmeno portarlo a termine. Noi invece ci proviamo». «Lo Sblocca cantieri», ha detto il ministro, «ha avuto anche il merito di sboccare i finanziamenti della Legge Speciale. 65 milioni di euro bloccati perché i comuni della laguna non si mettevano d’accordo». Intanto si corre a riparare le cerniere «ammalorate». Uno dei danni collaterali del Mose, adesso messo nero su bianco dai tecnici del Cvn guidato dagli amministratori straordinari. Da circa tre anni è emersa questa grave criticità del sistema Mose. Gli steli in acciaio delle cerniere sono soggetti a corrosione. «Do-
Paratoie del Mose in movimento: sullo sfondo si vede la diga di San Nicolò
Manutenzione delle paratoie di Treporti Una gara da 250 milioni di euro vuta ad attacchi di natura galvanica», hanno certificato gli esperti del Rina, interpellati dal Provveditorato. «Non sono stati bene isolati al momento del montaggio». «E il fenomeno dei danneggiamenti», si legge nella relazione del bando di gara, «dei gruppi cerniera e in particolare degli steli, si è diffusa con gravità diverse su tutte le bocche porto». Occorre trovare
un rimedio. E anche sostituire tutti gli elementi danneggiati. Per questo adesso il Consorzio ha bandito la gara, che scadrà il 10 luglio prossimo. Sempre ieri il Consorzio Venezia Nuova ha pubblicato un’altra gara con una cifra consistente (250 milioni di euro) per la manutenzione delle paratoie della schiera di Treporti, nella bocca di porto di Lido. Andranno smontate e ripulite, con la costruzione di nuovi elementi di riserva e 1263 giorni di lavori previsti. Gara d’appalto consistente, che sostituisce quella parziale da 30 milioni di euro
Approvato lo sblocca cantieri entro un mese con la nomina del commissario pubblicata qualche mese fa e poi annullata, dopo i ricorsi incrociati. Adesso l’incarico affidato al vincitore dell’appalto prevede la ricerca e la fabbricazione di alcuni gruppi cerniere-connettori nelle tre bocche di porto. Dovranno essere sostituite, perché dopo le ultime verifiche si è accertato che a causa della corrosione che si estende su aree sempre più estese, la du-
rata del sistema non potrà più essere di cento anni, come garantito nel progetto dal Consorzio e dalla ditta che le ha realizzate, la Fip di Selvazzano di proprietà della famiglia Chiarotto (gruppo Mantovani), maggiore azionista del Consorzio. La durata, certificata dal Rina non potrà essere superiore ai 13 anni. Problemi con cui si dovrà fare i conti prima di passare alla fase conclusiva dei lavori del Mose e al suo collaudo, previsto per la fine del 2021. Con l’entrata in vigore dello Sblocca cantieri, il nuovo commissario sarà nominato entro 30 giorni. — BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
Luigi Brugnaro
Antonio De Poli
Andrea Ferrazzi
soldi e vorremmo una risposta. Per quale ragione non è ritenuto idoneo?». Ma il progetto del Lido (bocca di porto) è stato ritenuto «non idoneo» dall’Autorità portuale. Il luogo poco adatto per via dei venti e del-
le correnti. La distanza con la Marittima problematica per il trasporto di passeggeri, rifornimenti e bagagli. «Tutto superabile, nel progetto c’è scritto», dice De Piccoli, «e questa idea applica il concetto delle navi fuori dalla lagu-
na». Una sortita, quella di Toninelli, che ha accentuato i malumori della Regione. «Non siamo stati invitati», ha detto il presidente Luca Zaia. Qualcuno spera che il prossimo rimpasto possa risolve-
VENEZIA. Cerniere da veri-
ficare e in parte da sostituire: 156 «steli» in acciaio attaccati dalla corrosione sott’acqua e già «ammalorati» come scrivono i tecnici. 936 valvole (12 per ogni paratoia) anch’esse da cambiare. E poi i buchi nelle tubazioni sott’acqua a Malamocco, dovuti alla corrosione. Le incrostazioni e i materiali che impediscono il funzionamento del sistema delle paratoie mobili. Per non parlare delle spese di manutenzione, sottovalutate nel progetto. Ora quantificate almeno come 100 milioni di euro l’anno. I guai del Mose non finiscono mai. E di questo dovrà occuparsi come prima cosa il nuovo commissario dello Sblocca cantieri. Per concludere i lavori e rispettare il cronoprogramma, che prevede la consegna dei lavori finiti per il 31 dicembre 2021 Siamo già in ritardo, perché l’opera non è conclusa, e mancano ancora parti importanti e delicate, come gli impianti elettrici definitivi. La progettazione va a rilento, come denunciato dal Provveditore alle Opere pubbliche Roberto Linetti. E dunque di circa 900 milioni di euro disponibili per completare l’opera e avviare le opere complementari e di «inserimento architettonico» vanno a rilento. Dal 2014 il Consorzio Venezia Nuova è stata commissariato dall’Anac. Lo guidano due amministratori straordinari, l’avvocato dello Stato Giuseppe Fiengo e l’ingegnere Francesco Ossola. Adesso, entro luglio, potrebbe arrivare il nuovo commissario. Dovrà occuparsi di un’opera costata fino a oggi 6 miliardi di euro. E ancora non in grado di funzionare. — A.V.
re la questione. Magari avvicendando Toninelli alla guida delle Infrastrutture. «Ma il rimpasto è stato rinviato, e Toninelli appare saldo al suo posto. Ad attaccare Toninelli anche l’Udc. «Quella del ministro è stata una passerella», dice il deputato veneto centista Antonio de Poli, «per quale motivo il ministro non ha incontrato i rappresentanti degli Enti territoriali a partire da Comune e Regione? Non si è mai visto un atteggiamento di questo tipo dal governo: al ministro che ha annunciato una soluzione provvisoria, in attesa di trovarne una definitiva, diciamo che Venezia non può più aspettare». — A.V
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Padova
Sabato 15 Giugno 2019 www.gazzettino.it
Un fumetto carico di tensione e polemiche Palazzo Moroni presidiato dalle forze dall’ordine per evitare `Realizzato dalla casa editrice di estrema destra Ferrogallico disordini alla presentazione del volume “Brigate rosso sangue” a quarantacinque anni dall’uccisione di Mazzola e Giralucci `
IL CASO PADOVA Si infiamma la polemica
durante la presentazione del fumetto “Brigate rosso sangue”, realizzato dalla casa editrice di estrema destra Ferrogallico, a 45 anni dall’uccisione dei militanti del Msi Giuseppe Mazzola e Graziano Giralucci. Ieri sera Palazzo Moroni è stato tenuto sotto controllo dalle forze dell’ordine per evitare disordini, dopo le numerose critiche espresse dall’opposizione, dai gruppi antagonisti e in particolare dal collettivo ex Marzolo. L’editrice della graphic novel è la stessa a cui lo scorso maggio era stata vietata la partecipazione al salone del libro di Torino. Ferrogallico torna così a Padova dopo un anno dall’attacco per la presentazione del fumetto dedicato a Norma Cossetto. Una polemica ricordata soprattutto dall’assessore regionale Elena Donazzan che, oggi come allora, ha voluto esserci. «Un fumetto può fare paura? Forse è la storia d’Italia che continua a fare paura – ha detto Donazzan - Padova certamente è una città che ha continua ad avere conflitti, non si riesce a mettere la parola fine. Ancora una volta si è tentato di non dare gli spazi, ma ancora una volta c’è stato un lieto fine grazie ad un coraggioso consigliere comunale. Non mi interessa da che parte sta, ma ha voluto dare libertà di parola ed è questo di cui abbiamo bisogno. Questo duplice omicidio deve entrare nelle pagine dei libri di storia senza al-
cun giudizio di parte».
UNA BRUTTA PAGINA È stato il consigliere comunale Davide Meneghini ad organizzare la presentazione in sala Anziani. «È stato un piacere per me – dichiara Meneghini – ritengo che l’omicidio di Mazzola e Giralucci sia una brutta pagina della nostra città. Ricordare questo fatto, non solo durante una cerimonia, ma anche in un contesto di confronto assieme
ai protagonisti dell’epoca, assume un significato diverso. Aiuta a interiorizzare. Al di là del colore politico e della propria posizione. Le polemiche sono esagerate e fuori luogo, stiamo solo ricordando la storia di due vittime della politica». Il volume sarà presentato anche a Roma, il 19 giugno alle 16, nella sala stampa del Senato. Ieri al tavolo, insieme al curatore Mario Bortoluzzi, sono intervenuti l’editore Marco Caruc-
ci e l’avvocato Marcello Vinci. Presente anche Fabio Ragno, autore del libro e testimone indiretto del duplice omicidio. Ragno, quel 17 giugno del 1974, all’età di vent’anni, trovò i due corpi nella sede Msi in via Zabarella. «All’epoca ero iscritto al fronte Gioventù, ero uno studente – ricorda – Ero salito in sede per cercare qualcuno e bere un caffè, assieme ad un conoscente. Il mio amico Gigi, che oggi vedo qui davanti a me per
la prima volta dopo quarant’anni. Quel giorno abbiamo trovato la porta spalancata, era molto strano. Siamo entrati in segreteria e abbiamo notato una persona caduta a terra. Era a faccia in giù, ci domandavamo perché nessuno la aiutasse, pensavamo fosse vivo. Poi, poco più in là, ho visto Mazzola steso a pancia in su con un foro di proiettile in fronte e una chiazza di sangue. Avevamo paura, siamo scappati per chiedere aiuto. Poi
IL LIBRO Da sinistra: Fabio Ragno, testimone indiretto del duplice omicidio, il curatore del volume Mario Bortoluzzi e l’editore Marco Carucci; le forze dell’ordine hanno presidiato Palazzo Moroni
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ci hanno accompagnati in Medicina legale per fare la prova del guanto di paraffina, fu una buona mossa dell’avvocato per chiarire la situazione. Mi hanno messo le garze alle mani e versato sopra paraffina bollente. Ricordo i volantini delle Br, parlavano di “perlustrazione armata” e “attivisti giustiziati”. Questi erano gli anni ‘70».
ORRENDO CRIMINE Seduti ad ascoltare c’erano anche Raffaele Zanon di Fratelli d’Italia e Alberto Bortoluzzi, presidente provinciale di Casapound. Lunedì, in occasione della commemorazione, è atteso un corteo organizzato da diverse sigle dell’estrema destra che partirà da piazza Insurrezione alle 19.30 per poi arrivare in via Zabarella. «Sono polemiche incomprensibili – dichiara Bortoluzzi – Stiamo onorando la memoria di due assassinati dalle Brigate Rosse. Cosa che si fa a Padova come in tante altre città d’Italia. Non ci trovo nulla di strano. A chi dice il contrario, rispondo con le parole di Silvia Giralucci: nel nostro libro la storia è stata raccontata correttamente. Noi li consideriamo i nostri martiri. Questo libro è venduto anche da Feltrinelli e Mondadori, non è di Casapound. Due illustri docenti padovani hanno definito il fumetto una banalizzazione militante. Si tratta di un orrendo crimine, chi non pensa questo significa che non ha mai provato il clima che si respirava in città in quel periodo». Elisa Fais
15-GIU-2019 Estratto da pag. 11 3043
a cura dell'Ufficio Stampa e Comunicazione
15-GIU-2019 Estratto da pag. 11 3043
a cura dell'Ufficio Stampa e Comunicazione
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Primo Piano LA BARCA La motovedetta della Guardia Costiera utilizzata dal ministro per i suoi spostamenti
Sabato 15 Giugno 2019 www.gazzettino.it
Centinaio e la tassa-Venezia «Così costa più di Gardaland» Il ministro leghista stronca il contributo ` «Una famiglia di 4 persone solo per arrivare d’accesso: «Altre strade per gestire i turisti» in Piazza San Marco alla fine spende 80 euro» `
L’ALTRA VISITA
Salvaguardia La Regione sblocca altri 28 milioni Altri 28 milioni della Regione Veneto per la salvaguardia della laguna. «Continua il forte impegno per il risanamento che ha portato la giunta ad investire oltre 100 milioni di euro in 3 anni», sottolinea l’assessore Roberto Marcato. La manovra consentirà di realizzare interventi di bonifica dei siti inquinati, di consolidamento delle sponde e di riqualificazione ambientale e idraulica. La cifra sbloccata dalla Regione rientra tra quelle precedentemente soggette ai vincoli imposti dalle norme di bilancio statali.
VENEZIA Al Lido per presentare il progetto di riqualificazione dell’ex Ospedale a Mare, destinato a diventare un hotel di lusso (gestito da Th Resort, Club Med con annesso presidio sanitario e la prima Academy italiana dell’hotellerie) Gian Marco Centinaio, ministro di Turismo e Agricoltura - in quota Lega - della compagine gialloverde guidata da Giuseppe Conte e dai dioscuri Luigi Di Maio e Matteo Salvini, qualche sassolino dalla scarpa se l’è tolto. E al di là delle formalità, stuzzicato, è tornato a gamba tesa sul contributo d’accesso a Venezia pronto a entrare in servizio dal primo settembre.
Varato, a onor di cronaca, dallo stesso governo a trazione Lega-Cinque Stelle, il contributo era stato criticato via Twitter da Centinaio solo pochi giorni dopo l’approvazione. Era gennaio, ma col passare dei mesi la situazione non sembra essere cambiata. Anzi, presa penna e taccuino, Centinaio snocciola le ragioni economiche del suo niet.
«TROPPI COSTI» «Io sono contrario al contributo d’accesso a Venezia perché nei giorni in cui ci sarà il bollino rosso costerà 6 euro entrare a Venezia (dai piani del Comune, sono 8, ndr). Ci si aggiungano i 14 euro di vaporetto tra andata e ritorno (sono 15 in realtà: 7.50 eu-
ro a tratta, ndr), insomma io senza avere bevuto un bicchiere d’acqua per venire in Piazza San Marco dovrò spendere 20 euro. A queste condizioni - è sbottato il ministro del Turismo - mio figlio lo porto a Gardaland, visto e considerato che una famiglia di quattro persone, solamente per arrivare in Piazza San Marco, dovrà spendere 80 euro». Secondo Centinaio c’erano altre strade per gestire i flussi turistici, che però non sono state battute. «Sono sempre dell’idea che limitare l’accesso alle persone a un’area importante e a un sito turistico come quello di Venezia, sia fare del male al turismo in Italia - ha continuato - Venezia vuole mettere la tassa di ingresso, in Sardegna c’è qualche folle che dice che vuole mettere la tassa di sbarco, le Cinque Terre la tassa d’ingresso, in altre zone della Sardegna stanno chiedendo un’ulteriore tassa di ingresso, io mi chiedo: dov’è che devo portare la gente, a Cinisello Balsamo o a Rozzano?»
«MAI PRESO IN CONSIDERAZIONE»
LIDO DI VENEZIA Gian Marco Centinaio e Luigi Brugnaro
Vittorio Emanuele), ma, dice Toninelli, sono «fanghi buoni»: «Una verifica è stata fatta dieci anni, da allora non sono sorte nuove zone industriali». Quindi Lido San Nicolò o Chioggia? Toninelli è stato cauto: bisogna sentire anche gli altri ministeri. Idem sulla tempistica. Dunque, per ora grandi navi ancora in Bacino di san Marco con tre rimorchiatori anziché due e cavi di traino più grossi. Sperando che, nell’incertezza, a spezzarsi non sia la pazienza degli armatori. Perché il rischio è che le navi bianche se ne vadano a Trieste. Il ministro dice di no: «Vogliamo rilanciare le crociere a Venezia e aumentare il numero di passeggeri. Ma in sicurezza». Alda Vanzan
La domanda, però, sorge spontanea: essendo stato il Governo a dare il via libera al Comune di Venezia per istituire il contributo d’accesso, come mai queste critiche? «Sì - è la bomba sganciata da Centinaio - c’è l’ok di un Governo che come al solito ha fatto senza chiedere niente al ministro del Turismo: io avrei detto assolutamente no. Penso che sia una cosa che non serve al turismo e a Venezia, sembra l’ulteriore tassa che si chiede ai turisti. Oggi come oggi nel nostro paese ci troviamo con la tassa di sbarco nelle piccole isole, la tassa di soggiorno nei vari comuni italiani, adesso abbiamo la tassa d’ingresso a Venezia e la domanda che faccio a tutti gli italiani è: ditemi voi dove devo portare i turisti». Centinaio, insomma, si sente tra incudine e martello: «L’Italia mi chiede di portare turisti e le amministrazioni pubbliche sembrano turisti-repellenti perché qualsiasi cosa che fanno, li tassano. Prima o poi i turisti si stuferanno e andranno dall’altra parte del mondo, ma quel punto non sarà colpa di Centinaio».
CROCIERE Con il ministro Centinaio al Lido, impossibile non affrontare la questione delle grandi navi in laguna. Soprattutto nel giorno della calata del collega alle Infrastrutture Danilo Toninelli a Venezia. «Noi avevamo visto la proposta del Comitatone (grandi navi alla Marittima attraverso il canale Vittorio Emanuele III, ndr) ma il ministro Toninelli non lo vedo tanto d’accordo - è stata la risposta - Aspettiamo la sua proposta per dire se siamo d’accordo o meno. L’idea che ho è quella che non possiamo però pensare di far sbarcare i turisti troppo lontano. Sappiamo tutti benissimo che l’accesso all’Adriatico da parte delle navi da crociera c’è perché si va a Venezia. Se noi dovessimo togliere Venezia dalla destinazione delle navi da crociera, vorrebbe dire togliere la destinazione Adriatico» ha chiosato Centinaio, ammettendo di stare dalla parte del Governatore Luca Zaia e del sindaco Luigi Brugnaro. Quindi nello spettro di luce opposto a quello di Toninelli. «Se così fosse, mi piacerebbe capire dal mio amico Zaia cosa ne pensa se non dovessero più sbarcare i crocieristi in Veneto». Per la risposta, annunciata entro giugno, è solo questione di tempo. Nicola Munaro
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Magari li avesse invitati al tour o fosse andato a trovarli in municipio o a Palazzo Balbi, forse, chissà, si sarebbero chiariti o, quantomeno, parlati. In ogni caso, non si troveranno al Comitatone perché Toninelli non ha alcuna intenzione di convocarlo: «Non l’aveva convocato neanche il mio predecessore», ha detto. Salvo poi spiegare che per nominare il commissario del Mose e assegnare i 65 milioni agli enti locali per la salvaguardia della laguna, ha preferito un decreto: con il Comitatone, ha detto, «ci sarebbero voluti sei, se non dodici, mesi». Quindi, riassumendo, la scelta del nuovo porto crocieristico sarà fatta con i tecnici e solo successivamente presentata alle istituzioni locali. Al.Va.
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«PRIMA O POI GLI OSPITI SI STUFERANNO E ANDRANNO DALL’ALTRA PARTE DEL MONDO»
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Cronaca 21
L'ARENA
Sabato 15 Giugno 2019
ILFENOMENOELE CIFRE. LaRegioneha divulgatoil datidell’attività dellaretedi assistenza perleragazzein difficoltà
Donnee violenze,nel Veneto raddoppiatii casisegnalati Ilnumeroèpassato inun anno da4.733 a8.464. Nel Veronese nel2018sono stateseguite daicentrid’aiuto408 situazioni Manuela Trevisani
Sempre più donne a Verona si rivolgono ai Centri antiviolenza: un trend in crescita, come testimonia il report annuale 2018 sull’attività dei Centri antiviolenza e delle Case rifugio. Le segnalazioni sono infatti passate dai 4.733 contatti registrati a livello veneto nel 2017 agli 8.464 dello scorso anno, con un balzo del 79 per cento. Di queste donne, 2.373 sono state prese in carico dai centri (280 in più rispetto al 2017). Numeri esorbitanti, se si pensa che ogni 300 donne in Veneto una ha deciso di rivolgersi a un centro antiviolenza. E la situazione, purtroppo, non è migliore nel Veronese. Qui le donne prese in carico dalle strutture dedicate sono state 408 rispetto alle 369 del 2017. In particolare, nel corso del 2018, ci sono state nei centri antiviolenza 314 nuove prese in carico e 102 percorsi terminati o interrotti. «E’ un segnale da seguire con attenzione», commenta
l’assessore regionale al Sociale, Manuela Lanzarin. «Se, da un lato, è la spia di un dramma sociale dagli esiti spesso tragici che continua a persistere nella nostra società, come purtroppo le cronache ci testimoniano, dall’altro conferma la valenza e l’attività di una rete di servizi, sia pubblici sia privati, sempre più diffusa e omogenea nel territorio, che si è strutturata e qualificata nell’offrire risposte alle donne in difficoltà e sotto minaccia». Quest’anno la Regione ha assegnato 100mila euro in più alla rete delle strutture antiviolenza, portando così la posta complessiva a 600mila euro. Attualmente in Veneto sono presenti 44 strutture che accolgono e proteggono le donne (22 centri antiviolenza e 22 case rifugio), con l’apertura di un nuovo centro antiviolenza a Legnago e di tre case rifugio nelle province di Verona (la casa rifugio Area Est), Treviso e Padova. Sul territorio scaligero, in particolare, i centri antiviolenza sono due: il Centro Petra del Comune di Verona di
Spessoleviolenze si consumano tralemuradomestiche
Intutta laregione sonopresenti 44strutture diaccoglienza eprotezione
piazza Mura Gallieno 3 (il cui numero verde è 800.392.722) e il Telefono Rosa di via Santa Toscana, contattabile al numero 045.8015831 o agli sportelli di Caprino, Bussolengo, Negrar e Zevio. Finora era presente, poi, solo la casa rifugio Petra, di cui non si conosce l'indirizzo proprio per ragioni di sicurezza delle vittime:
PROGETTOVERONESE. Sichiama crioablazione:una sonda vieneinserita nella massatumorale
Dalfreddounanuovaterapia per combattere i tumori al seno L’azotoa-196°viene utilizzato perdistruggerelecellulemalate Laura Perina
Un tempo, quando si parlava di tumore al seno, il pensiero correva a interventi cruenti che quasi sempre comportavano l'asportazione completa dell'organo colpito. Nonostante le tecniche siano sempre meno invasive, ancora oggi la chirurgia è il primo passo per trattare questa malattia di cui soffre una donna su otto nell'arco della vita. Anche se all'Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona è stata sperimentata una valida alternativa. Arriva dal freddo, cioè sfrutta le basse temperature per distruggere le cellule malate. Si chiama crioablazione e consiste nel posizionare un ago-sonda al centro della massa tumorale per congelarla con l'azoto liquido fino a -196 gradi e portarla alla necrosi, ossia alla morte cellulare. «È un trattamento parallelo alle altre terapie», su tutte radio e chemioterapia, «ma in un futuro non troppo lontano potrebbe sostituire in toto l'intervento chirurugico. Anche per le recidive, per le quali oggi è inevitabile la mastectomia».
È l'obiettivo del chirurgo Giovanni Paolo Pollini. La Chirurgia senologica che il professore guida a Borgo Trento è capofila di un protocollo di studio condiviso con le unità operative «gemelle» di Vicenza, Treviso, Padova e Mestre (i centri hub del Veneto) che finora ha permesso di intervenire con successo su 25 pazienti. Tutte over 65 e con forme circoscritte di tumore, al di sotto di un centimetro e mezzo, per azzerare il rischio di ripercussioni negative. Le prime cinque sono state curate a Verona. Il progetto pilota, il primo in Europa, è solo all'inizio. Ma i risultati preliminari incoraggianti hanno indotto Pollini e il direttore generale della Aoui, Francesco Cobello, a diffondere la notizia. Così ieri mattina è stato organizzato un incontro a Borgo Trento a cui hanno partecipato i rappresentanti dei centri di Chirurgia senologica coinvolti nel progetto. Erano presenti anche Domenico De Leo, presidente della Scuola di Medicina veronese, e il vicario del dipartimento di Scienze chirurgiche Pier Francesco Nocini, rettore eletto dell'ateneo.
Uninterventoin salaoperatoria
Va sottolineato che la crioablazione è utilizzata già da diversi anni per curare neoplasie della prostata, del polmone, del fegato, del rene e dell'osso, in quest'ultimo caso principalmente per le metastasi, e uno scenario possibile è il suo uso per il trattamento dei tumori cutanei. Invece del suo utilizzo per il cancro maligno della mammella non ci sono precedenti. «C'è stato qualche caso all'estero», ha spiegato Pollini. «Però, al di là del trattamento in sè, non sono stati documentati i risultati a distanza. Invece attraverso il nostro protocollo potremo raccogliere tutti i dati necessari a certificarne la reale efficacia». Infatti la massa viene prelevata dopo un mese, per le analisi necessarie, e finora le riso-
nanze magnetiche hanno dimostrato che non vi sono differenze fra queste pazienti e quelle trattate con la chirurgia. Per l'azienda ospedaliera la crioablazione è una prima assoluta, tant'è che il macchinario innovativo con cui viene effettuata è stato messo a disposizione dalla ditta produttrice unicamente a scopo scientifico. La sua valenza è poter essere eseguita in ambulatorio, in anestesia locale, con un tasso di complicanze molto basso non trattandosi di chirurgia tradizionale. Non lascia cicatrici, né segni di sutura; sarebbe una bella svolta, in termini di qualità della vita, per le donne che si portano addosso i segni della lotta al cancro e il disagio psicologico che ne consegue. •
qui sono presenti tre camere che possono ospitare 4-6 donne in situazioni di grave pericolo e fino a 4-6 bambini. I percorsi delle donne nei Centri antiviolenza durano in media un anno e mezzo e in due casi su tre giungono a termine, mentre quelli di ospitalità e reinserimento nelle Case rifugio si protraggono in media tre mesi e nel 50 per cento dei casi consentono alle donne di acquisire una loro autonomia. L'identikit delle vittime che si rivolgono ai Centri antiviolenza è diverso da come si potrebbe pensare: si tratta, infatti, in prevalenza le donne italiane (nel 67 per cento dei casi), coniugate o conviventi (59 per cento), con un grado di istruzione medio alto (64 per cento) e con un lavoro (52 per cento), quasi sempre con figli (68 per cento). In sei casi su dieci i figli sono testimoni delle violenze, e quindi a loro volta vittime da assistere e proteggere. Le donne riferiscono agli operatori dei centri di essere vittime in prevalenza di violenze psicologiche (50,6 per cento delle segnalazioni) e di violenze fisiche (37,5 per cento). Ma solo in un caso su tre si rivolgono ai servizi di pronto soccorso e solo una su quattro prende il coraggio di denunciare la violenza alle forze dell’ordine. • © RIPRODUZIONERISERVATA
Domanil’inserto
Su«ÈDomenica»ecco comevivremonelfuturo eiVipneocinquantenni Letture su: cultura | costume | moda | viaggi | tempo libero | motori Domenica 16 Giugno 2019
a cura dei CAPOREDATTORI
ILMONDO DIDOMANI
«Immersi» nelfuturo diANDREA LUGOBONI APAGINA3
VIAGGIO A INNSBRUCK
Memorie asburgiche nelcuoredelleAlpi diSARAPANIZZONA PAGINA7
Come vivremo domani? Immersi nel futuro, indosseremo gli «occhiali» per la «mixed reality». Ne è convinto Francesco Giachi, pioniere della tecnologia emozionale, protagonista dell'intervista di «È Domenica», l’inserto gratuito domani in edicola con L’Arena. Dopo aver approfondito le infinite possibilità che ci regaleranno la realtà aumentata e la cosiddetta realtà mista, andremo nella Grande Mela, incubatrice di tendenze, per scoprire in anteprima i trend dell’estate, dagli abiti agli accessori ai capelli. Ricordate, poi, il Tamagotchi, l’avatar
MODA
DallaGrandeMela tuttiitrend dell’estate
APAGINA4
di gattino o cagnolino da accudire? Ebbene, il tormentone anni ’90 sta per tornare, stavolta in versione App da scaricare sul cellulare. Per i viaggi, andremo a Innsbruck, capitale delle Alpi in questi mesi agghindata a festa per i 500 anni dalla morte di Massimiliano I, che la rese il centro nevralgico dell’impero asburgico. Dedicato agli appassionati di motori, poi, il focus sui costi di manutenzione delle auto elettriche e ibride. Chiusura in bellezza con i compleanni delle star: faremo gli auguri a quelle che compiono 50 anni nel 2019.
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SABATO 15 GIUGNO 2019 MESSAGGERO VENETO
ECONOMIA costruttori
Edilizia in allarme «Fermi investimenti per 900 milioni Così addio ai fondi» Serve una Segreteria straordinaria come nella Ricostruzione La task force regionale non basta: vanno accelerati gli iter Elena Del Giudice UDINE. Risorse per 900 milioni di euro da destinare a investimenti che restano al palo. «Serve una Segreteria generale straordinaria, sulla falsariga di quanto già testato con successo in occasione della ricostruzione post terremoto, per trasformare il denaro in cantieri». L’Ance, l’Associazione dei costruttori di Confindustria del Friuli Venezia Giulia, sollecita la giunta Fedriga e invia al presidente della Regione il Protocollo d’intesa, siglato dalle associazioni datoriali (Ance, Cna, Confartigianato, Confapi) e sindacati di categoria di Cgil Cisl e Uil, che contiene - per l’appunto - la richiesta di istituzione della Segreteria. «La task force di professionisti e Rup (Responsabile unico del procedimento) necessari per l’accelerazione delle procedure e per la cantierizzazione delle ope-
ROBERTO CONTESSI PRESIDENTE DELL’ASSOCIAZIONE DEI COSTRUTTORI DEL FVG
«In tutto il mondo la risposta alla crisi sono state le opere pubbliche, soltanto in Italia ancora non accade»
re, è utile ma non sufficiente». Visto che buona parte delle opere è ancora ferma e che il rischio di perdere i finanziamenti per gli interventi finalizzati a mitigare il rischio sismico e garantire l’efficientamento energetico degli edifici scolastici, se entro agosto non saranno aperti i cantieri, è quanto mai concreto. Parliamo di finanziamenti resi disponibili con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale avvenuta nel 2017, e che a oggi non sono partiti. La domanda che sorge spontanea è: perché? A enti locali e Regione l’ardua risposta. Una ragione sta sicuramente nell’organico, a volte insufficiente, a volte privo di specifiche competenze, dei piccoli enti che non è in grado di gestire la complessa fase richiesta dall’iter, e da qui la famosa taske force disposta dalla Regione e che rende disponibili le professionalità. Certamente non è la sola. Burocrazia
maxi appalto
Rizzani de Eccher in Lettonia per la nuova stazione di Riga UDINE. È stato firmato il con-
tratto di 430,5 milioni di euro per l’appalto della Stazione di Riga, primo lotto funzionale di 2,6 chilometri del megaprogetto infrastrutturale denominato Rail Baltica. Si tratta di un appalto molto complesso in design & build, a cui Rizzani de Eccher partecipa, assieme alla impresa belga Besix e alla impresa lettone Rere, portando un significativo valore aggiunto per la propria esperienza nel settore delle grandi infrastrutture. L’opera consiste nella trasformazione della esistente stazione di Riga in uno dei più moderni terminal ferroviari mai realizzati con 26 scale mobili, otto ascensori e ampi parcheggi auto. Sarà eliminato il terrapieno ferro-
Il rendering del progetto della nuova stazione di Riga
viario esistente che taglia la città di Riga e sarà creato un bypass per treni merci. Rail Baltica è un sistema ferroviario greenfield di 870 chilometri del valore stimato in circa 6 miliardi di euro con uno scartamento tale da permet-
tere il collegamento diretto di Estonia, Lettonia e Lituania alla rete ferroviaria europea. Sono previsti tre centri multimodali e sette stazioni passeggeri. Il finanziamento dell’opera è coperto dalla Comunità Europea. —
Allarme dell’Ance: 900 milioni di finanziamenti a rischio se non partono i cantieri
e norme interpretabili fanno il resto. Il risultato è che i finanziamenti ci sono, i cantieri invece no. Quanto impatti questa la situazione sull’economia del Fvg è presto detto. I numeri dicono che ogni milione di euro investito genera 15 posti di lavoro tra diretti e indiretti, e rilascia sul territorio 180 mila euro di imposte che, grazie all’autonomia, rientrano nelle casse della Regione. «Evitare che le risorse continuino a rimanere solo poste contabili, è la più alta sfi-
da di questa Amministrazione regionale - si legge nel Protocollo d’intesa - e una improcrastinabile scommessa socio-economica che si deve vincere per dotare il territorio di un sistema di infrastrutture efficienti, per attuale una preventiva messa in sicurezza delle aree più fragili e anche per favorire la ripresa del settore delle costruzioni e del suo indotto». Settore che, in 10 anni, ha visto la perdita di oltre 10 mila addetti e la chiusura di 1.200 aziende.
Prendendo spunto dall’Ordinanza di Protezione civile del 2018 che ha consentito di avviare procedure straordinarie di contrattualizzazione per realizzare lavori per 159 milioni, che altrimenti sarebbero andati perduti, categorie e sindacati chiedono dunque di attivare «in un quadro di governance dotata di forza cogente che escluda sovrapposizioni e conflitti di competenza tra le strutture, le misure più idonee a sostenere il rapido utilizzo delle risorse finanziarie disponili».—
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PRIMO PIANO
Sabato 15 Giugno 2019 Corriere del Veneto
La laguna Salvaguardia e turismo
Grandi navi, c’è l’ipotesi referendum
Il ministro Toninelli in laguna ribadisce il no a Marghera e vira su Chioggia e Lido: «Serviranno anni e non caleremo decisioni dall’alto». A poca distanza un altro ministro, Centinaio, lo contraddice La vicenda ● Nel 2012 il decreto CliniPassera ha stabilito che le grandi navi non devono passare davanti a San Marco, ma solo quando sarà trovata una via alternativa ● Dopo anni di ipotesi, il Comitatone nel 2017 aveva puntato su Marghera per le navi più grandi e il canale Vittorio Emanuele per quelle medie ● Il ministro Danilo Toninelli preferisce invece Chioggia o San Nicolò al Lido
Il de profundis definitivo della doppia ipotesi Marghera e Vittorio Emanuele, quella «partorita» dal territorio e stabilita dal Comitatone del 2017. La conferma che in ballo ci sono San Nicolò al Lido e Chioggia, con quest’ultima in vantaggio anche perché i fanghi da scavare sarebbero «puliti». Ma anche l’ammissione che «serviranno anni» per vedere le grandi navi definitivamente fuori dal bacino di San Marco e dal canale della Giudecca. Infine, in pieno stile 5 stelle, l’apertura all’ipotesi di un referendum tra i cittadini sulla soluzione migliore. Dopo l’incidente dello scorso 2 giugno, quando la Msc Opera ha perso il controllo e si è schiantata contro il battello fluviale River Countess e contro la banchina di San Basilio, c’era grande attesa per la visita di ieri a Venezia del ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, che ha dato una forte accelerazione al «dossier grandi navi», aperto nel 2012 dopo un altro grave episodio, il naufragio della Costa Concordia. Ma chi sperava in parole definitive sul futuro della crocieristica lagunare è rimasto deluso. Il ministro ha però messo dei paletti: il tour dall’alto in elicottero, e ancor più quello con la motovedetta della Guardia Costiera con cui ha attraversato il canale Vittorio Emanuele per andare a Marghera, non l’hanno smosso dalla sua convinzione. «Politicamente escludo la soluzione
di Marghera - ha detto - non posso accettare il rischio che una nave con a bordo 5-6 mila persone vada a scontrarsi non contro una banchina, come avvenuto il 2 giugno, ma contro una petroliera o una raffineria». A Marghera ci sarebbe poi il tema delle bonifiche («ci vor-
VENEZIA
Il blitz Il ministro Toninelli in laguna, qui con gli uomini della Capitaneria di Porto di Venezia (Sabadin Vision)
❞❞ Toninelli (M5s) A Marghera dico no. Anche a Chioggia bisogna scavare fanghi? Si ma dieci anni fa erano stati studiati ed erano di categoria «A», buoni
Centinaio (Lega) Non si possono far sbarcare i turisti troppo lontano da Venezia, sposo il progetto Marghera e scavo del canale Vittorio Emanuele
Il ministro incontra i no global ma non Zaia e Brugnaro che lo avvisa: «Servono soluzioni veloci» VENEZIA Il dito sulla famigerata «piaga» lo met-
te Tommaso Cacciari. «La dimostrazione della forza della nostra manifestazione di sabato scorso è che Toninelli vede noi e non il sindaco e il presidente della Regione», dice il portavoce del comitato No grandi navi mentre aspetta l’arrivo del ministro. E sebbene il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, interpellato nel pomeriggio, abbia fatto un po’ di «spallucce» («il ministro fa le sue visite, è importante che sia venuto») e un po’ di polemica («parla con chi lo porta al suo risultato, complimenti all’onestà intellettuale»), ieri mattina la cosa non è passata inosservata. Danilo Toninelli aveva infatti detto che si trattava di una visita tecnica e non politica, ma ha dedicato alcuni minuti a chi le navi non le vuole più in laguna e una settimana fa ha portato in piazza San Marco 8 mila persone per gridarlo ad alta voce. Che poi, in realtà, non è proprio vero che la pensino come lui, anzi. «Regaleremo a Toninelli una mappa della laguna per mostrargli dov’è Chioggia - ironizza Cacciari - Un terminal a San Nicolò? Chiacchiere al bar di chi ha bevuto un po’ troppo. Sembrano progetti del Psi anni ‘80». La soluzione per i No Nav è una sola: «Una moratoria immediata - aggiunge Chiara Buratti - le navi in laguna non devono più entrare». Ieri in banchina si aggirava anche l’ex viceministro Cesare De Piccoli, promotore del progetto Venis Cruise 2.0, che prevede un terminal di scalo alla bocca di Lido, ma dall’altro
lato rispetto a San Nicolò, vicino al litorale del Cavallino. «Siamo gli unici ad aver ottenuto il parere favorevole della commissione Via, prima o poi dovranno fare i conti con il nostro progetto - dice De Piccoli - Ben venga l’analisi costi-benefici, perché siamo certi che il nostro progetto è l’unico che salva la crocieristica a Venezia». Tutti gli enti locali e anche la Clia, l’associazione delle compagnie, però, lo osteggiano, ma tra i comitati c’è chi lo appoggia. «Vanno rispettate le procedure, quello è un progetto che ha la Via ed è fuori dalla laguna», dice Armando Danella. «Al ministro abbiamo anche consegnato l’esposto presentato di recente in procura - continua Danella - Le navi sono pericolose anche per gli idrocarburi e la Capitaneria ha il dovere di intervenire». Brugnaro ha risposto al ministro a distanza su tutti i fronti, a partire dal referendum. «Per parlare con i cittadini c’è già la democrazia, quella del voto segreto a suffragio universale ha detto il sindaco - E se poi facciamo il referendum su tutto? Se passa l’idea che invece di votare si fa un clic su una piattaforma che democrazia sarà?». Ma al primo cittadino preoccupa soprattutto il merito delle proposte di Toninelli. «Dice che i tempi non si sanno e lo dice pubblicamente nel ruolo di ministro - ironizza ancora - Ma così ci teniamo le navi per altri 5-6 anni e i soliti con i cartelli che ci dicono che non le vogliono. Ci vuole una soluzione vera, non tra dieci anni». La sua Brugnaro la ripe-
te da due anni (Marghera e canale Vittorio Emanuele), ma ora ha anche una versione «di emergenza». «Sul Vittorio Emanuele si potrebbero spostare già il 10 per cento delle navi continua - se Toninelli lo volesse da domani due navi potrebbero passare di là». Solo quelle piccole, però, visto che il pescaggio è di appena 6 metri e mezzo. Brugnaro dice no a Chioggia («ma vi rendete conto? Le navi non ci stanno, bisogna scavare cinque volte tanto e i costi sono esagerati») e la litania si allunga: «Dice che non ci sono i progetti? Doveva farli lui. Che il protocollo fanghi è bloccato? Chi lo deve sbloccare è sotto la sua autorità e a noi non dà la possibilità di fare i carotaggi. E’ incapace». Contro Toninelli si schierano anche i parlamentari locali di opposizione. «Il ministro continua ad avanzare proposte irrealistiche e irrealizzabili - dice il deputato Pd Nicola Pellicani - A Chioggia non ci sono banchine, fondali e bisognerebbe trasferire migliaia di persone attraverso la Romea, la strada più incidentata d’Italia». «Venezia non può più aspettare, invece di fare le passerelle Toninelli si confronti con gli enti territoriali», aggiunge il senatore dell’Udc Antonio De Poli. «Non c’è una proposta ideale ma quella migliore possibile - afferma il senatore Pd Andrea Ferrazzi - Il Pat in vigore da anni dice già che il futuro delle navi è a Marghera. Chioggia è solo fumo». A. Zo. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Brugnaro Dice che i tempi non si sanno e lo dice pubblicame nte nel ruolo di ministro Così ci teniamo le navi per altri 5-6 anni
rebbero anni»), la «viabilità promiscua con le petroliere e le megacontainer» e, per quello che riguarda lo scavo del Vittorio Emanuele – che collegherebbe l’attuale Marittima alla zona industriale –, il nuovo protocollo fanghi: ora è in vigore quello del 1993, di cui è in corso una revisione. «Senza caratterizzazione e senza capire se quei fanghi sono velenosi o no, non si può parlare di alcuna soluzione», ha tagliato corto il ministro. Si dice che per riportarlo navigabile (il canale è stato aperto un secolo fa e lo era fino a vent’anni fa) serve scavare poco più di 2 milioni di metri cubi di fanghi, mentre a Chioggia sarebbero 6, visto che la laguna sud è molto interrata. «Ma qui è stata fatta oltre 10 anni fa una caratterizzazione e c’erano fanghi di categoria A, cioè buoni», ha aggiunto Toninelli, che ha assicurato il dialogo con gli enti locali dopo gli scontri verbali con il governatore Luca Zaia e il sindaco Luigi Brugnaro. E non ha escluso di rivolgersi direttamente ai cittadini: «Per questo tipo di cantieri è previsto il dibattito pubblico - afferma riferendosi alla norma approvata l’anno scorso dal governo giallo-verde - Siamo il M5s e non vogliamo far calare dall’alto una decisione». Ma Toninelli ha ammesso anche che servirà tempo. «La soluzione non sarà domani, quando decideremo si aprirà un cantiere, ma daremo un tempo certo che ci diranno i tecnici - ha spiegato - Bisognerà sopportare le navi ancora un po’, ma poi non passeranno più». Nel frattempo ricorda l’ordinanza della Capitaneria che mercoledì ha introdotto l’obbligo di tre rimorchiatori al posto di due per le navi più grandi e un limite di velocità da 6 a 5 nodi, ma non esclude nuovi step. «Il ministro ha dato delle indicazioni e noi ci atteniamo», ha commentato laconico il presidente dell’Autorità di sistema portuale Pino Musolino, che ha accompagnato Toninelli con il provveditore Roberto Linetti e l’ammiraglio Piero Pellizzari. Musolino nel novembre 2017 aveva sostenuto la tesi poi passata al Comitatone con l’ok dell’allora ministro Graziano Delrio, di Zaia e di Brugnaro: Marghera per le grandi navi e il Vittorio Emanuele per le medie. Soluzione su cui ieri ha confermato il suo appoggio un altro membro del governo, il ministro del Turismo Gian Marco Centinaio, leghista. «A noi piaceva, ma il ministro Toninelli non lo vedo molto d’accordo - ha detto - Aspettiamo la sua proposta per dire se siamo d’accordo o meno». Centinaio ha però chiarito la sua posizione: «Non possiamo pensare di far sbarcare i turisti troppo lontano, anche perché sappiamo tutti benissimo che l’accesso all’Adriatico da parte delle navi da crociera c’è solo ed esclusivamente perché si viene a Venezia - ha concluso - Sposo quindi assolutamente il progetto Vittorio Emanuele». Alberto Zorzi © RIPRODUZIONE RISERVATA
Primo Piano 3
IL GIORNALE DI VICENZA Sabato 15 Giugno 2019
Tutteletappe delrisanamento
sEssere vincolati a rispettare gli obiettivi indicati dall'Ue per i conti pubblici e subire uno stretto monitoraggio della loro gestione: questalaprimaconseguenzadell'even-
tuale apertura di una procedura per deficit eccessivo dovuto al debito. Ecco le tappe principali della procedura. Nella fase uno dopo aver compiuto tutti i passaggi pre-
visti dall' istruttoria dellaprocedura attraverso scambi di pareri tra la Commissione e il Comitato economico, la decisione finale sull'apertura della procedura viene pre-
sadalConsigliodeiministridelleFinanze che può bocciare la raccomandazionedellaCommissionesoloconunvotoamaggioranzaqualificata.IlPaesesottoprocedurade-
ve applicare le raccomandazioni di Bruxelles altrimenti rischia una multa tra lo 0,2% e lo 0,5 del Pil. oppure la sospensione del versamentodeifondi strutturali.
POLITICA. Dal consigliofederale tenutosiieriin viaBellerioSalvini ha piazzatomolti lombardi aivertici delpartito
Il“capitano”tagliaipontiaZaia NellaLegailVenetoèall’angolo Il commissario regionale non potrà essere un candidato alle regionali Finco così è out. Crippa terzo vice. Zero veneti in commissione statuto Roberta Labruna
Il 50 per cento, voto più, voto meno, che la Lega ha trionfalmente tesaurizzato nelle urne venete delle ultime elezioni europee è finito disperso nei corridoi della sede di via Bellerio, a Milano. Ci ha pensato Matteo Salvini, il “capitano”, indiscusso e indiscutibile, a disegnare l’impalcatura della nuova Lega. Che da tempo aveva messo in soffitta il Nord, ma che ieri ha mandato in cantina il Veneto. Così, almeno, la pensavano diversi “colonnelli” leghisti di queste latitudini, specie quelli abituati a strapparsi i voti in campagne regionali durissime, che al termine delle novità annunciate dal capo sono sbottati: «In questo modo mette all’angolo tutti i veneti». A cominciare dal governatore, Luca Zaia, ieri “prudentemente” assente.
Ilbilaterale
Verticetra ItaliaeFrancia Dialogosucontienomine Idossier eranotroppo importantiper rinunciare.E nonostantelo slittamentodei tempidelvertice deipaesi del SudEuropa a Malta, cheha fattosaltare piùdiun bilaterale inagenda,allafine il premier GiuseppeConte eil presidente franceseEmmanuelMacron sonoriusciti a ritagliarsi un colloquio.Consapevolidel fattoche, dopole frizioni del passato,questavolta gli interessideidue leader potrebberoconvergere. Macronèinfatti alla ricercadi spondesullenominedei top job,dossier sulquale siè duramentescontrato con la cancellieratedescaAngela Merkel.MentreContevuol dareimpulso al lavoro diplomaticoperscongiurare la proceduradiinfrazionecontro
l'Italia.Il premierharipetutopiù voltechenonservono azioni «muscolari»mabisognapuntare suldialogo. Perquesto, visti i tempistrettissimi, laprocedura di infrazioneèstato iltema centrale delcolloquio.Conte,secondo quantosièappreso, haaggiornato l'inquilinodell'Eliseosulla posizioneitaliana, tornando ad assicurarecheRomaterrà i conti inordine.Ementre daRoma Salvinilanciava l'ennesimo aut aut ilpremierèandato avantinel lavorodimediazione. Il climatra i dueleader ècambiatooraèpiù disteso,ameno diuna settimana dalvertice europeo dedicato ai topjobeuropei, la necessitàdi scioglierepiùdiun nodorasserena glianimi. Tantochefonti di PalazzoChigi sottolineanocome siastato proprioMacron a chiedereilbilaterale.
COMMISSARIO. La prima bor-
data Salvini l’ha piazzata sui criteri per la scelta del nuovo commissario regionale. «Lo sceglierò io - ha detto - e non potrà essere un candidato alle regionali». Anche se Toni Da Re, l’ultimo ad aver ricoperto l’incarico, si è candidato ed è stato eletto alle ultime europee proprio con le stellette del capo del partito in regione. Il succo del discorso, comunque, è che a queste condizioni il papabile Nicola Finco, capogruppo a palazzo Ferro Fini e sicuro ricandidato, non potrà essere della partita. A chi osservava che in fondo un commissario candidato sarebbe avvantaggiato, i colonnelli portavano l’esempio di Da Re, appunto. Morale della favola, tutti i maggiorenti regionali in qualche modo vicini a Zaia resterebbero interdetti dalla carica, aprendo le porte a un “foresto”. LOMBARDI. Del resto, sempre
Ilsegretario dellaLega,Matteo Salvini,duranteuna conferenzastampa in viaBellerio aMilano
ieri, è apparsa chiarissima la trazione lombarda che Salvini ha impresso alla Lega passata dal verde al blu. Dopo il lombardo Giancarlo Giorgetti e il veronese Lorenzo Fontana, ieri il leader del Carroccio ha scelto un terzo vice, Andrea Crippa, 33 anni, a suo tempo portaborse di Matteo Salvini a Bruxelles e, soprattutto, lombardo. In modo da mettere il Veneto in ancora più netta minoranza in segreteria: 3-1. Altro indizio, che comincia a deviare verso la prova, dell’emarginazione progressiva della vecchia e dimenticata Liga è dato dall’assenza di veneti nella commissione per la riforma dello statuto, ritenuta importante proprio per la stesura delle regole del nuovo partito nazionale. Insomma, gli ordini del capitano non si discutono ma ieri sono stati digeriti ma-
le. Non da Luca Zaia, che ieri era assente («Giustificato», assicurano), ma dai alcuni vertici regionali del partito. Anche se, ufficialmente, tutti hanno approvato senza battere ciglio. LIGA. Lo stato maggiore della
Liga era tutto schierato: dal segretario Da Re, fresco di elezione a Bruxelles, ai membri elettivi, il vicentino Erik Pretto, Lorenzo Fontana e Roberto Marcato, passando per la capogruppo in Europa, Mara Bizzotto, il responsabile organizzativo Giuseppe Paolin, e il presidente del partito veneto, Massimo Bitonci. Sono tutti d’accordo con la nuova concezione nazionale del partito e non vola una foglia neanche lontanamente sospettabile di opposizione interna. Del resto, come si fa a mettere in discussione un
LA CONCHIGLIA D’ORO
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GIUGNO
leader che ha portato la Lega a vette impensabili ai tempi romantici del Senatur, Umberto Bossi? Non si discute, appunto, si ama. Però, faceva notare qualche veneto, non andrebbe neanche dimenticata la straordinaria performance che la Lega ha ottenuto qui alle ultime europee: primo partito in tutti i Comuni tranne che a Livinallongo, roba che neanche ai tempi della Dc di Rumor e Bisaglia si sognavano. Qualcuno ha fatto pure autocritica: se il Veneto di fosse presentato con una proposta di candidatura unitaria per il posto da commissario, magari quel 50 per cento avrebbe finito col convincere Salvini a farla propria. Chi lo sa. Zaia tace, ma quel 50% disperso in via Bellerio non deve averlo messo di buon umore. • © RIPRODUZIONERISERVATA
Europaverso laprocedura Contefrena Il pressing sull'Italia si fa sempre più forte e alla fine della due giorni di riunioni in Lussemburgo il messaggio unanime della Ue, dalla Commissione agli Stati membri, emerge con chiarezza: il Governo ha più o meno una settimana per convincere l'Europa a non aprire una procedura per debito eccessivo. Se non ce la farà, tutto è pronto per andare avanti rapidamente con l'iter che potrebbe, per la prima volta, mettere in mora un Paese per il suo debito eccessivo. Il ministro dell'economia Giovanni Tria continua a dirsi ottimista, conferma che non ci saranno nuovi interventi sul deficit ma assicura che calerà ugualmente. Una linea ribadita dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, anche lui convinto che di manovre correttive non ci sarà necessità. Di fronte ai tempi stretti indicati dall'Europa, il premier garantisce soprattutto che «la lettera italiana è quasi pronta: l'importante, spiega, «sono i contenuti». «I nostri fatti e le nostre azioni sono scritti nei nostri bilanci, nei conti e nelle nostre entrate. Quindi i fatti ci sono». Le riunioni tra Tria e i commissari Moscovici e Dombrovskis non hanno fatto fare progressi al negoziato. Il ministro spiega che si sono gettate le basi per il confronto, ma in questa fase non c'è da convincere nessuno, solo da portare nuovi dati e confermare la bontà delle stime italiane sul deficit. Secondo Tria scenderà di 0,2 punti: «Dovremo dargli le cifre», spiegargli «da dove vengono».
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CARNE
MESE DELLA BLACK ANGUS AMERICANO ANGUS IRLANDA CHIANINA CROAZIA
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Il rilancio del Lido IL PROGETTO VENEZIA Una rivoluzione in piena regola per rilanciare quello che fu uno degli ospedali più importanti e affascinanti (visto il luogo) del Veneto, trasformandolo in un hotel di lusso. Ma anche in un luogo d’eccellenza nella formazione alberghiera, senza dimenticare il presidio sanitario. Tutto questo sarà tra tre anni ciò che, una volta, fu l’Ospedale a Mare del Lido.
ALBERGHI, SCUOLA E SANITA’ Con un costo di 132 milioni di euro - di cui 9 solo di oneri di urbanizzazione - tutti sostenuti da Cassa Depositi e Prestiti (individuata, come anche Club Med e Th Resort, dall’Agenzia dello Sviluppo del Comune e in particolare dal suo presidente, Beniamino Piro) l’ex Ospedale a Mare è destinato - a fine maquillage - a ospitare un albergo gestito dal gruppo Th Resort e un resort di livello internazionale a firma di Club Med per un totale di 525 camere. Non soltanto turismo però, perché alla nascita delle strutture ricettive di Th Resort e Club Med è legato a doppio filo anche il varo di “The Italian Hotel School”, voluta da Cassa Depositi e Prestiti, Th Resort e l’università Iulm per formare sul luogo i futuri protagonisti del mondo dell’hotellerie, a stretto contatto proprio con la pratica alberghiera. La scuola, che nel progetto firmato dallo studio di architetti King&Rosselli nascerà dall’altra parte della strada dietro all’ex Ospedale, ha come obiettivo quello di «sviluppare le competenze e i profili più richiesti sul mercato - ha spiegato durante la presentazione del progetto l’amministratore delegato di CdP, Fabrizio Palermo - e potrà attrarre giovani talenti da tutto il mondo, contribuendo a diffondere l’eccellenza della cultura italiana dell’ospitalità e sostenere la competitività delle aziende del settore. Questo intervento, primo in Italia, è dimostrazione del nostro grande impegno per Venezia». Accanto alle strutture ricettive e all’Academy alberghiera, spazio poi ad un presidio sanitario come chiesto a gran voce dalla Regione Veneto per dare il via al progetto di riqualificazione. Il Primo intervento si farà: l’area del Monoblocco verrà abbattuta (al suo posto il rendering divulgato ieri mostra una piscina con acqua pompata dal mare) e tutti i servizi lì ospitati verranno trasferiti dove fino a una decina di anni fa c’erano gli uffici, sul lato strada.
LO STATO Una fotografia del giardino interno dell’ex Ospedale a Mare, lasciato al degrado. Era un ricovero di sbandati
L’ex ospedale, da rudere a resort di lusso sul mare Il progetto da 132 milioni è sostenuto da Cassa Depositi e Prestiti: 525 camera traTh Resort e Club Med. La novità è l’apertura di una scuola di alta hotellerie in collaborazione con lo Iulm `
TEMPI E RIQUALIFICAZIONE Quanto ci vorrà per passare dai desideri ai fatti, è un punto dibattuto. Graziano Debellini, presidente di Th Resort ha buttato il cuore oltre l’ostacolo parlando di «chiavi in mano» nel giro di due anni. Più realistica la stima dell’ad di Cassa Depositi e Prestiti, Palermo, secondo cui tutto dovrebbe essere pronto non prima di tre anni. Tra un mese e mezzo infatti il progetto finirà sulle scrivanie del Comune per l’ok definitivo. Poi ci sarà da superare lo scoglio della Soprintendenza dei Beni artistici e culturali di Venezia, chiamata a dare il via all’abbattimento di padiglioni storici. Per ovviare il problema, il concept che si è aggiudicata la gara di progettazione ha ridisegnato
il nuovo complesso “in sagoma” con il vecchio profilo dell’ex Ospedale a Mare, recuperando anche i tetti storici. Visto dalla spiaggia, ecco che a sinistra ci sarà il Th Resort, poi la ristrutturazione del teatro Marinoni. A fianco, lo spazio occupato dalla struttura di Club Med e costruzioni alte al massimo un piano pronte a ospitare ristoranti e bar.
LA PRESENTAZIONE Il sindaco con Palermo e Centinaio
SULL’ISOLA UNA RICADUTA DA 77 MILIONI CON 500 NUOVI POSTI DI LAVORO
La cronistoria Un’area recuperata
L’INGRESSO L’ex ospedale al Mare
Ventisette anni di degrado e illusioni Era diventato dormitorio di sbandati
La Cdp ha inserito il vecchio nosocomio isolano tra i nove edifici di maggior pregio nelle principali città italiane (Milano Roma, Venezia, Firenze e Venezia appunto) affidati a “Cbre”, l’advisor americano tra i più quotati al mondo, per andare a caccia di possibili acquirenti o partner interessati ad investire. Dopo che all’interno del vecchio ospedale erano stati tagliati e disboscati anche tutti gli alberi. La fotografia attuale resta, comunque, desolante: voragini a cielo aperto, rifiuti abbandonati ovunque, tronchi d’albero segati a metà, buche e dissesti quasi ad ogni passo: così è stato ridotto il viale principale. Degrado e abbandono sono visibili quasi ovunque e a destare grande scalpore è soprattutto il fatto che la passeggiata centrale che dal lungomare portava
IL COMPENDIO VENEZIA Era il 1992 quando, per decisione della Regione, venne chiuso il primo padiglione. Fu l’inizio della fine: per una “cittadella della salute” che, negli anni d’oro, ospitava anche 1200 malati. Sembra passata un’eternità: oggi l’ospedale è un cumulo di macerie, buchi sulla strada principale, padiglioni vuoti e fatiscenti, alloggio per senzatetto, e si presenta come se fosse stato centrato da un bombarda-
mento. Tutto questo è accaduto da quando, nel 2003, venne chiuso l’ultimo padiglione del monoblocco, Lungodegenza e riabilitazione. Poi ci fu l’epoca Est Capital, la cordata padovana presieduta da Gianfranco Mossetto dai progetti faraonici, che al Lido ebbe lo stesso effetto devastante di uno tsunami, culminato nel fallimento. E nel periodo di stallo aumentò il degrado, soprattutto da quando fu chiuso l’accesso per arrivare al Monoblocco dall’entra-
ta del Lungomare. Cassa Depositi e Prestiti ne rilevò successivamente la proprietà e ha compiuto i primi passaggi, fin dal suo insediamento. L’area, più volte sgomberata dalle forze dell’ordine, era diventata un dormitorio per clochard e anche un covo per lo spazio di droga. Il recupero è iniziato dal ripristino di sorveglianza e guardiania, con la realizzazione di una recinzione che doveva scoraggiare l’ingresso di non addetti ai lavori, che non sempre è stato un deterrente sufficiente.
DAL PRIMO PADIGLIONE CHIUSO NEL 1992 AI PROGETTI FARAONICI DI EST CAPITAL
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Mentre all’interno ci sarà spazio per un “Secret garden” con tre piscine, una delle quali, come detto, al posto dell’attuale Monoblocco. Il sogno? Passerelle circolari in legno dalla spiaggia al mare, ma anche ad alcuni metri dalla riva, simili a quelle usate dai pescatori nella tradizione.
LA RICADUTA L’investimento avrà ricadute economiche sul territorio, attraverso impatti indiretti e indotti, stimabili in circa 77 milioni di euro. Una volta che le strutture saranno a regime, si stima un giro di affari di 14 milioni di euro l’anno ed un impatto occupazionale di 500 nuovi posti di lavoro. Nicola Munaro © RIPRODUZIONE RISERVATA
internamente al Monoblocco, si presenta bruscamente interrotto da una enorme voragine, in questo stato già da diversi anni, esito di alcune bonifiche che non sono mai iniziate. L’unico edificio in cui il degrado è stato arginato è il teatro Marinoni, grazie all’attività dei volontari che hanno recuperato, almeno in parte, l’utilizzo della struttura portandovi alcune attività culturali. La situazione di abbandono ha fatto sì che il buco oggi sia in parte coperto da vegetazione incolta che ha iniziato a crescere sopra la cavità mai ripristinata. Inoltre quasi tutti gli alberi che costeggiavano il percorso pedonale sono stati abbattuti dalle motoseghe e poi non più rimpiazzati. (l.m.) © RIPRODUZIONE RISERVATA
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COME SARA’ Due immagini del rendering presentato ieri. Sotto una delle piscine e le strutture rifatte dove c’erano i posti di ricovero. A destra una vista dall’alto del progetto
LE REAZIONI
La curiosità
Il convegno nella chiesa consacrata L’ultima messa celebrata nel 2011 LIDO (L.M. ) Era il 16 gennaio 2011 quando venne celebrata l’ultima messa nella chiesa di Santa Maria Nascente nell’ex ospedale al mare. Nessuno, allora, poteva però immaginare che la riapertura avvenisse non per una celebrazione liturgica, ma per ospitare un convegno sul turismo. La chiesetta, fa parte
del compendio dell’ex ospedale al mare e quindi è di proprietà di Cassa Depositi e Prestiti. E’ però tutt’ora consacrata e quindi un luogo sacro. La cura pastorale era affidata al Patriarcato e gli organizzatori si sono rivolti alla Curia per avere l’autorizzazione a poter ospitare l’incontro.
«Grazie a Cassa Depositi e Prestiti e due gruppi imprenditoriali importanti: 500 gruppi posti di lavoro fissi. Vogliamo evitare il turista casuale in una città che è speciale. Restituiamo alla città un luogo pubblico: il Lido sta iniziando a rivitalizzarsi e a crescere. Per arrivare a questo punto abbiamo fatto, assieme, un lavoro silenzioso e paziente». Il nuovo progetto di riconversione dell’ex ospedale al mare al Lido conquista il plauso del sindaco Luigi Brugnaro. «Quando sono diventato sindaco – insiste Brugnaro - qui c’era un c’era un accampamento. Ero andato in elicottero e quella volta, sì, serviva andare in elicottero (riferimento implicito al volo del ministro Toninelli, ndr) e ho chiesto interventi di sicurezza, e coi nostri ragazzi della Polizia Locale abbiamo fatto continuamente sgomberi. Era uno dei posti più frequentati per spaccio di droga. «Chi abita a Venezia conosce bene questo luogo, anche per i problemi che ci sono stati in tanti anni di degrado. Il Lido è una spiaggia straordinaria, quando abbiamo fatto il piano degli arenili abbiamo lasciato il sistema delle dune che questo progetto riprende e lascia, una naturalizzazione dell’area: portiamo sicurezza e lavoro in questa città delicatissima».
LA PROMESSA
La promessa: «Un nuovo presidio sanitario prima di demolire il monoblocco» L’assessore regionale Caner garantisce che i servizi non subiranno tagli: «Perché la costa veneta è importante» `
L’assessore regionale Federico Caner ha aggiunto: «Come Regione – sottolinea Caner – per noi è importante che qui rimangano concentrati anche tutti i servizi sanitari. In Veneto siamo la costa con la spiaggia più inclusiva d’Italia e ci teniamo molto a questo primato. L’attuale monoblocco fronte mare verrà demolito, ma prima ne sarà realizzato uno analogo per ospitare tutti i servizi sanitari oggi li concentrati». Temi di realizzazione del progetto di riqualificazione dell’ex ospedale al mare? «Oggi – risponde Caner – siamo ancora in una fase di rilascio di autorizzazioni e permessi. Da quando partiranno i lavori si concluderanno in 30-36 mesi».
IL MINISTRO Un progetto ambizioso e benedetto anche dal ministro al Turismo Gian Marco Centinaio. «Pre-
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sentiamo una riqualificazione importante – sono le parole del ministro - dove assieme a Cassa Depositi e Prestiti, Th Resort e Club Med avremo una struttura di lusso per portare a Venezia ulteriori clienti facoltosi, che apprezzano la vicinanza a una delle città più belle del mondo». Soddisfatta anche la Confindustria di Venezia Marianna Tiso. «Il Lido – afferma – ha l’occasione di tornare ad essere una destinazione per un turismo di qualità, riconqui-
IL SINDACO «VOGLIAMO EVITARE IL TURISTA CASUALE IN UNA CITTA’ CHE E’ SPECIALE»
stando un’identità forte che negli anni si è un po’ persa. Il progetto, nelle fasi preliminari, mi è parso consono all’ambiente e alla storia. Potrà offrire molti posti di lavoro, insieme ad un’alta scuola di formazione turistica e portare lavoro alle imprese locali». Critico, però, il presidente della municipalità del Lido e Pellestrina, Danny Carella. «Scelta sbagliata – annota Carella - quella di presentare un progetto così importante per il nostro territorio, in un modo chiuso, senza coinvolgere la cittadinanza. Questo al di là di ogni commento, positivo o negativo che sia, sulla valenza del progetto che io, personalmente, non ho ancora avuto l’onore di conoscere e vedere». Lorenzo Mayer © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Nordest
TERREMOTO IN CARNIA, 4 GRADI RICHTER Una scossa di terremoto ieri alle 15.57 ha fatto tremare il Friuli. Il sisma di 4.0 gradi Richter ha l’epicentro a un chilometro da Tolmezzo
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Lega, alta tensione: «Salvini ci esclude» Nella segreteria federale nominato come vice un altro lombardo ` E il leader boccia anche la candidatura del capogruppo Finco, Nessun esponente della Liga è entrato nella Commissione Statuto molto vicino al governatore Zaia, come commissario regionale `
Secondo lei chi sarà nominato commissario? «Non si sa. Secondo me saranno esclusi anche i parlamentari». Al.Va.
lombardo Giancarlo Giorgetti e al veneto veronese Lorenzo Fontana, Salvini nomina un terzo vicesegretario: è Andrea Crippa, 33 anni, noto alle cronache per aver avuto l’idea, nel 2018, di intasare il centralino del museo egizio di Torino per protestare contro sconti e promozioni a favore dei visitatori di lingua araba. Già portaborse di Salvini a Bruxelles e segretario dei Giovani padani, poi tra i neo-eletti a Montecitorio nel 2018, Crippa ora è anche vicesegretario. Contando Salvini, Lombardia batte Veneto tre a uno. Il secondo annuncio per i veneti è una sonora sberla: «Il commissario veneto lo scelgo io - dice Salvini - e non potrà essere un candidato al consiglio regionale». Significa che Nicola Finco, attuale capogruppo, sicuramente ricandidato l’anno prossimo al consiglio regionale del Veneto, è fuori gioco. E con lui tutti quelli che si candideranno o si ricandideranno al Ferro Fini. Nulla di nuovo, verrebbe da dire: già alle Politiche 2018 i regionali erano stati esclusi dalle candidature al Parlamento, lo stesso quest’anno per Bruxelles. I retroscenisti si scatenano. C’è chi legge in questa decisione di Salvini una guerra sotterranea portata avanti dai parlamentari - tutti nominati senza neanche un voto personale - contro i consiglieri regionali che invece sono ben radicati sul territorio. Chi pensa che i lombardi temano il successo elettorale dei veneti e per questo vogliano penalizzarli. Chi semplicemente sostiene che quella di Salvini è stata una decisione sana: un segretario che è anche candidato in Regione sarebbe avvantaggiato nella campagna elettorale. Vero, è la replica, ma è esattamente quello che è successo per Da Re, segretario e candidato in Europa. C’è chi si addossa le responsabilità: come veneti - è il ragionamento - potevamo sederci attorno a un tavolo e presentare un nostro candidato. Tant’è, delusione e fermento sono alle stelle. Come se il 49,88% delle Europee fosse finito al macero. Alda Vanzan
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L’AFFRONTO VENEZIA Quanti voti ha preso la Lega in Veneto lo scorso 26 maggio? Una valanga, quasi il 50 per cento, con punte che hanno sfiorato il 54 a Treviso. Eppure la Lega veneta negli equilibri di via Bellerio conta poco. Utile a portare acqua, messa in disparte quando è il momento di assegnare incarichi di rilievo. «Salvini ci taglia fuori», è lo sfogo di un colonnello del Carroccio veneto. L’ultima sberla è arrivata ieri. Con la nomina di un terzo vicesegretario federale. Lombardo. Il terzo lombardo su quattro. E con l’annuncio che il commissario della Liga in Veneto non sarà un candidato al consiglio regionale. Il che non solo taglia fuori il capogruppo a Palazzo Ferro Fini Nicola Finco, molto vicino a Zaia, che era in cima alla lista dei papabili, ma aumenta l’isolamento dei “regionali”. E come se non bastasse nella commissione statuto voluta da Salvini, necessaria per organizzare il nuovo partito, non c’è neanche un veneto.
LEGHISTI Il leader Matteo Salvini con il governatore veneto Luca Zaia e, dall’alto, il neo-eurodeputato Toni Da Re e Nicola Finco
IL FEDERALE Milano, via Bellerio. Nella sede storica del partito il segretario Matteo Salvini a mezzogiorno convoca il consiglio federale. L’incontro è partecipatissimo, si attendono comunicazioni importanti. È anche la prima riunione dopo il successo delle elezioni Europee, oltre il 34 per cento. Per il Veneto, poi, è il momento del cambio al vertice: il segretario nathional Gianantonio “Toni” Da Re è stato eletto a Bruxelles, tutti si aspettano la nomina di un commissario. Anche perché c’è la
NEL VERTICE NAZIONALE LA LOMBARDIA HA TRE POSTI, IL VENETO UNO. «TEMONO LA NOSTRA FORZA ELETTORALE, VOGLIONO INDEBOLIRCI»
“nuova” Lega da costruire: quella con l’Alberto da Giussano diventerà un cimelio, il nuovo partito sarà quello con la scritta Salvini Premier ed è per quello che bisogna cominciare a tirare su tessere e organizzare iniziative se non si vogliono disperdere i clamorosi, enormi consensi appena ottenuti. È così che al federale di via Bellerio vanno tutti i veneti che ne fanno parte: il segretario Da Re, i membri elettivi Erik Umberto Pretto, Lorenzo Fontana e Roberto Marcato, la capogruppo a Bruxelles Mara Bizzotto, il responsabile organizzativo Giuseppe Paolin, il presidente Massimo Bitonci. Manca solo il governatore Luca Zaia.
L’ANNUNCIO Il primo annuncio di Salvini per i veneti è una doccia fredda. La conferma di contare poco negli equilibri interni. Accanto al
L’intervista Toni Da Re
«I vice? Quelli non contano E io per ora resto segretario» ianantonio “Toni” Da Re, segretario della Liga Veneta non si scompone della scelta del “Capitano” Matteo Salvini di nominare, quale terzo vicesegretario del partito, un lombardo: «Noi abbiamo sempre il nostro Lorenzo Fontana».
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Ma adesso al vertice sono in quattro e tre sono lombardi. I veneti contano poco? «Non vedo nulla di preoccupante. Salvini ha nominato il suo vice segretario federale con delega
all’organizzazione. I vicesegretari sono come i vicesindaci, cosa vuoi che contino». Salvini ha annunciato di aver nominato anche il segretario del Carroccio in Trentino, Denis Paoli, e quello del Friuli, Vanna Gavia. In Veneto resta lei? «Intanto resto io». Per quanto? «E chi lo sa? In Italia non c’è nulla di più duraturo del provvisorio».
Salvini ha detto che il futuro commissario veneto non potrà essere un candidato al consiglio regionale. Perché? «Per il semplice fatto che un commissario che è anche candidato e va sul territorio a prendere voti per se stesso potrebbe essere avvantaggiato». Lei è stato segretario e candidato. «Così ha deciso Salvini».
Gardini, primo incarico in FdI: commissaria a Padova SORELLE D’ITALIA Elisabetta Gardini con la presidente di Fdi, Giorgia Meloni
LA NOMINA VENEZIA È Elisabetta Gardini il nuovo commissario di Fratelli d’Italia per la provincia di Padova, nominata ieri dalla leader del partito Giorgia Meloni. “Prosegue così un percorso di consolidamento territoriale e di ampliamento di Fratelli d’Italia verso la costituzione di un movimento di conservatori e sovranisti”, recita la nota diffusa ieri dal partito. La padovana Gardini, 63 anni, si era candidata alle elezioni Europee dello scorso 26 maggio con il partito di Giorgia Meloni e aveva raggiunto 15 mila preferenze. Una candidatura eclatante se si considera che fino a poche settimane prima era la portabandiera a Bruxelles di
Gardini non è stata eletta a Bruxelles neanche con Fratelli d’Italia, ma ha preso tantissimi voti - terza dopo Meloni e Sergio Berlato. E a dispetto dei maligni che raccontavano di malpancismi interni locali, la nomina di Elisabetta Gardini è stata pubblicamente ben accolta dai padovani storici di FdI, Raffaele Zanon e Filippo Ascierto: «Un’ottima scelta».
AVVICINAMENTI Forza Italia, partito con il quale ha rotto dopo la decisione di stringere un accordo politico con la Svp, regalando di fatto agli altoatesini - per la precisione a Herbert Dorfmann - l’unico seggio conquistato dagli azzurri nella circoscrizione del Nordest.
E ANCHE ZANETTI (EX VICEMINISTRO DEL GOVERNO RENZI) SI STA AVVICINANDO AL PARTITO DI GIORGIA MELONI
Da Padova a Venezia, si racconta di altri clamorosi avvicinamenti a Fratelli d’Italia: in avvicinamento a Giorgia Meloni ci sarebbe anche l’ex viceministro dell’Economia e delle Finanze nel Governo Renzi, nonché già segretario di Scelta civica, Enrico Zanetti. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Treviso
Lista di minoranza lascia il consiglio Al Viminale il “caso Pieve di Soligo” Elezioni comunali del 26 maggio. In un comune del trevigiano, Pieve di Soligo, viene riconfermato il sindaco uscente Stefano Soldan e in consiglio comunale entrano, come minoranze, due civiche. Ma una di queste, Vivere Pieve, pochi giorni dopo lo spoglio dei voti decide di abbandonare in massa il consiglio. «Nessuno di noi è disponibile a ricoprire il posto in consiglio» recita una comunicazione protocollata in municipio. E nasce un caso a quanto pare unico a livello
nazionale: mai tutti i candidati consiglieri di una lista avevano preso una simile decisione. Il caso è esploso nel corso del primo consiglio comunale, giovedì sera. Se per il segretario comunale, sentita la Prefettura di Treviso, l’assenza di un consigliere non inficerebbe il lavoro del consiglio, di diversa opinione sono i consiglieri dell’unica minoranza rimasta in aula. Del caso ora sarà investito anche il Viminale. (c.b.) © RIPRODUZIONE RISERVATA
REGIONE ATTUALITÀ
Corriere del Veneto Sabato 15 Giugno 2019
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Primi cittadini in trincea
Menoaipolitici,piùaisindaci:«Siparte»
IlsottosegretarioFantinatiapreaunconfrontoperriequilibrareglistipendi:«Togliamoachihatroppo» IntantoilNordestsimuove:prontiprogettidileggeanchesullaprevidenzaintegrativa.«Ebastapopulismi» La vicenda ● Difficoltà, responsabilità e le piccole frustrazioni, ma anche l’entusiasmo generato dalla
voglia di realizzare un progetto e la soddisfazione nel portarlo a compimento. Sono le «Vite da sindaci» che il Corriere del Veneto ha deciso di raccontare dando voce ai diretti interessati, impegnati 24 ore al giorno spesso con indennità risibili ● Il direttore Alessandro Russello ha messo a disposizione la sua email alessandro.russ ello@rcs.it a chi vorrà raccontare la sua esperienza (in foto, l’editoriale che ha aperto il dibattito) ● La questione si è posta per la sempre maggiore indisponibilità a «correre il pericolo» di candidarsi. Per una questione economica (col rischio «che possano impegnarsi solo ricchi e pensionati», come denunciato dall’Anci Veneto) ma anche per la possibilità di incappare in grane giudiziarie
VENEZIA Potremmo definirlo un
tentativo di conciliazione alla «Robin Hood», per cercare di abbassare i toni. Fatto sta che il sottosegretario alla Pubblica Amministrazione Mattia Fantinati (M5S), bersagliato di critiche dopo l’invito ai sindaci «a non guardare ai soldi» ed a pensare all’impegno amministrativo con puro «spirito di servizio», apre al confronto sulle indennità dei primi cittadini e il dibattito avviato dal Corriere del Veneto dopo le ultime elezioni comunali: «Dobbiamo togliere a chi ha troppo e dare a chi ha troppo poco», scrive Fantinati replicando al vicepresidente del Consiglio Regionale Massimo Giorgetti (Lega) sui costi della politica. E, pur contestando a Giorgetti (e alla consigliera tosiana Gio-
vanna Negro) la provenienza «da quei partiti che hanno tagliato le indennità dei sindaci e legato le maglie del bilancio con assurdi patti di stabilità», non esclude un cambio di rotta: «Non ho preclusioni a porre una questione di equità sulla redistribuzione degli emolumenti degli amministratori». Che si tratti di un primo, timido punto di svolta? Vedremo. Intanto il fronte pro-sindaci si muove in autonomia. E mentre la presidente di Anci Veneto Maria Rosa Pavanello (sindaco di Mirano) anche ieri ha continuato a ricevere attestazioni di solidarietà - «anche da parte di importanti associazioni di categoria», dice - il Nordest si muove. A Bolzano, per esempio, il presidente della Provincia Arno Kompatscher ha insediato un gruppo di lavoro regionale insieme a Trento: «Stiamo ragionando su come impostare una legge che ripristini gli emolumenti
che ora sono stati tagliati. Andremo, comunque, a vedere la situazione tra i vari Comuni. Non è, ad esempio, che andremo ad un aumento del 10% per tutti», sostiene Kompatscher. E tra gli obiettivi c’è anche la creazione di una previdenza integrativa, una parte pagata dal diretto interessato e un’altra dal Comune. E i timori di eventuali critiche? «Sa che gli assessori di un piccolo Comune guadagnano 240 euro lordi? In tanti si pagano benzina e cellulare. Di questo passo non troveremo più chi si candida», ha dichiarato al Corriere dell’Alto Adige. Già, perché i tabellari sono impietosi e possono spiegare il motivo per cui decine di Comuni veneti (e non solo) hanno visto concorrere, il 26 maggio, un solo candidato: lo stipendio di un sindaco fino ai mille abitanti è pari a 1.291,14 euro lordi, fino a 3 mila residenti si raggiungono i 1.402,70
Il primo cittadino
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professionista, lavoro nell’ambito della comunicazione da 15 anni. Se è dura? Accidenti... sei lì che quando sei in Comune ti chiamano i clienti o i colleghi e non gli puoi rispondere «sono in giunta» perché se lo fai poi alla solita prima occasione ti dicono «tanto non ci sei mai...». Oppure vai in ufficio e passi le ore al telefono con problemi del Comune che non puoi spostare. Perché domani non si può aspettare (...). A volte vorresti prendere una scelta ma la politica non può diventare il tuo unico mestiere perché lo dico sempre, si vede chi lavora... Intendo dire chi ha non è sempre stato stipendiato dalla politica. Ha prospettiva e visioni diverse. Se stai troppo in Comune pensi che quei problemi siano i più grandi del mondo. Quando esci da quelle mura ti rendi conto che ce ne sono di peggiori e ti ricordi che la prima cosa da fare è confrontarsi. Quindi usciamo e cerchiamo il dialogo. Io molto di questo l’ho trovato proprio in Anci... Al tempo stesso che fare il sindaco ti occupa più di un tempo pieno. Il tempo che ci devi dedicare è molto. Ma devi stare attento. Prima o poi finisce. Per questo chi fa il sindaco – se non è ricco o pensionato – non può permettersi di non pensare anche ad una professione. In conclusione: chi resta a fare politica? Chi non ha problemi di soldi perché non ha il problema del dopo. Chi ha una pensione. Chi ha un’attività. E spesso anche chi non ha figli. Fare il sindaco impegna domeniche, serate, fine settimane. Fare il sindaco è dedizione e tempo. Non è un lavoro. Non è politica di professione. È impegnarsi per la comunità. Cristina Andretta Sindaco di Vedelago (Treviso) © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il funzionario
«Chi vive di sola politica non capisce le difficoltà» are il sindaco oggi? Una passione che ti deve convincere giorno dopo giorno. Quando si decide di «scendere in campo» lo fai solo fai perché hai voglia di metterci del tuo e di impegnarti per la comunità. Essere sindaco è un’assunzione di responsabilità prima di tutto. Significa non essere indifferenti o lamentarsi, ma mettersi in gioco. Sei convinto che qualcosa possa cambiare, decidi di portare avanti quelle istanze che ti sembrano giuste perché diventino realtà. Così si inizia, almeno per me è stato così. Poi con un po’ di esperienza e qualche anno in più inizi a scrivere il tuo libro. Inizi a strutturare le tue idee e a dare corpo alla visione che hai per il tuo Comune. Un sindaco spesso è solo. Spesso aspetta che prima o poi qualcuno chieda cosa possa servire cambiare o aggiungere per rendere migliore il ruolo dell’Amministratore. Tra i primi appunti troverete la squadra e tutte le problematiche annesse. Non è semplice fare il capitano a volte ti chiedi perché ... ma soprattutto come si può fare (...). E poi fare il sindaco oggi è difficile. Punto. C’è una disaffezione nei confronti della politica , tutti odiano tutti e quindi siccome vedono te, odiano anche te e ti accusano... (...). Noi sindaci abbiamo i cittadini non solo fuori dalla porta del Comune, ma fuori dalla porta di casa. Li incontriamo al bar, li vediamo al mercato, li incrociamo al supermercato e sono sempre pronti ad accusarti. La critica stimola a migliorare. L’accusa è gratuita e non lascia spazio. E questo è un aspetto, ma valutiamo cosa significa fare il sindaco, la mamma e la libera professionista. Concordo con la presidente Pavanello: la politica sta tornando quella di un tempo, per ricchi o pensionati. Altro che spazio ai giovani. Ai giovani si chiede l’impegno e poi li lasciamo da soli a gestire famiglia e lavoro. Il lavoro ti promette flessibilità e poi alla prima occasione promuove qualcun altro. Io? Io sono una libera
euro, che salgono a 2.104,05 dai 3.001 ai 5 mila abitanti. Troppo poco rispetto al volume delle responsabilità, della disponibilità 24 ore e dei rischi di incappare in qualche grana giudiziaria. A Bologna, il deputato del Pd Serse Soverini è tra i primi firmatari di un progetto di legge che prevede di elevare a 1.500 euro netti al mese lo stipendio dei sindaci dei Comuni fino ai 3 mila abitanti. «Si tratta di un provvedimento da 3035 milioni l’anno, non mi sembra una spesa eccessiva», ha spiegato Soverini al Corriere di Bologna. Tuttavia il progetto di legge è chiuso in un cassetto da sei mesi. Ma c’è chi chiede di affrontare il problema. «Non siamo una Casta. C’è stato troppo populismo in questi anni, è l’ora di finirla» chiosa Maria Rosa Pavanello. A costo di sfidare l’impopolarità. Stefano Bensa
«Casta? Tanti lavorano gratis per il loro territorio» Veterano
Carlo Rapicavoli, dirigente della Provincia di Treviso, dell’Unione delle Province e dell’Anci del Veneto
Decisa
Cristina Andretta è stata riconfermata nel 2018 con oltre il 66% dei voti in una coalizione di centrodestra
M
olto bene ha fatto Maria Rosa Pavanello, presidente di Anci Veneto e sindaco di Mirano, a ricordare le difficoltà che i sindaci e gli amministratori locali affrontano ogni giorno. Purtroppo la martellante campagna, spesso strumentalizzata alla ricerca del consenso non solo elettorale ma anche mediatico e personale (è sufficiente ricordare i «successi editoriali» di numerosi opinionisti), contro la classe politica e in generale la pubblica amministrazione, non ha avuto l’auspicabile effetto selettivo, ma ha delegittimato le istituzioni (...). Fare l’amministratore locale oggi significa soltanto avere passione e dedizione per il proprio territorio. Inconcepibile che il sottosegretario alla Pubblica Amministrazione risponda ai sindaci «non pensate ai soldi o ai privilegi». Quali? Si è arrivati al paradosso di considerare «casta» i consiglieri comunali dei piccoli Comuni; nel 2011 si è provveduto a ridurne il numero, per poi modificarlo ulteriormente con la Legge Delrio nel 2014 nei Comuni fino a 10.000 abitanti. Si tratta di persone, al servizio della loro comunità, retribuite con la somma straordinaria media di poco più di 10 euro (!) per ogni seduta di Consiglio comunale. Privilegi straordinari! Le responsabilità dei sindaci oggi sono enormi. Ancora più evidente e del tutto inaccettabile la situazione delle Province, responsabilità peraltro oggi assunta dagli stessi sindaci. I presidenti delle Province hanno la responsabilità di gran parte del sistema della viabilità del nostro Paese, dell’edilizia scolastica secondaria superiore, dell’ambiente, del trasporto pubblico locale. Tutto a zero indennità; ai consiglieri
provinciali non spettano neanche i 10 euro del consigliere del piccolo Comune. È impopolare oggi affrontare queste questioni. Ma se una comunità perde il rapporto con le istituzioni, non riesce ad avere la giusta riconoscenza verso le persone che si occupano, per passione, del bene comune, allora c’è davvero da preoccuparsi. Rivolto ai sindaci, il Presidente Mattarella ha affermato: «È un lavoro faticoso il vostro. Ma prezioso. Immagino che, talvolta, di fronte a difficoltà, problemi, amarezze, vi sarete chiesti: chi me l’ha fatto fare? Perché ho assunto questo ruolo? Ma il compito del sindaco è un impegno di grande fascino e significato. Il più alto. Perché la politica è anzitutto servizio alle persone e alle comunità. Quando smarrisce questo carattere, la politica si spegne». E rivolto ai presidenti delle Province. «A voi è affidato il compito di presidiare adeguatamente funzioni di delicata e impegnativa rilevanza per la vita dei territori, dall’edilizia scolastica alla viabilità, che impattano direttamente su diritti primari delle persone, quali istruzione, mobilità, sicurezza. Nel percorso di revisione organica dell’ordinamento delle province e città metropolitane (...) va valutata la coerenza del quadro legislativo vigente, anche riguardo all’allocazione delle funzioni e delle risorse necessarie per il loro esercizio, nonché alla legittimazione degli organi elettivi». Credo, e lo ribadisco sempre, che oggi più che mai bisogna aggrapparsi ai principi costituzionali, pretenderne l’applicazione e il rispetto, impegnandosi, ciascuno nel proprio ruolo, a salvaguardare le istituzioni quale unico presidio di libertà e democrazia. Continuando a crederci. Con enorme fatica e difficoltà, ogni giorno, malgrado tutto. Carlo Rapicavoli Direttore Anci e Upi Veneto Dir. generale Provincia di Treviso © RIPRODUZIONE RISERVATA
II
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Sabato 15 Giugno 2019 www.gazzettino.it
Grandi navi e salvaguardia LA VISITA DEL MINISTRO VENEZIA Anche se non si parla di grandi navi, ma di salvaguardia e dei fondi per Venezia e la laguna che saranno prossimamente sbloccati per decreto, la distanza tra il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli e le istituzioni locali è così grande che non poteva non finire in polemica. Come è noto, il sindaco Luigi Brugnaro chiede la convocazione del Comitatone da un anno e mezzo per decidere l’allocazione dei fondi di Legge speciale e affrontare gli altri problemi lasciati irrisolti dal Comitatone del novembre 2017.
NIENTE COMITATONE Ieri Toninelli ha ribadito che per il momento non serve convocarlo e che si procederà come da legge appena approvata. «Il Comitatone non è stato mai convocato neppure dal mio predecessore - ha precisato ieri in visita a Venezia per una ricognizione con Capitaneria, provveditorato alle Opere pubbliche e Autorità portuale - Intanto sblocchiamo 65 milioni di euro che erano bloccati perché i Comuni della Laguna non si mettevano d’accordo sulle modalità e criteri per dividersi questi fondi: se convoco il Comitatone questi stanziamenti li do tra mesi o oltre, invece in questo modo vado ad accelerare». Per quanto riguarda invece il Mose « abbiamo previsto un commissario, strumento contrario allo spreco di denaro e alla corruttela come è stato e che sarà nominato presto dal Presidente del Consiglio. Siccome l’opera è ad uno stato di avanzamento del 95% ritengo vada finita».
NON RISPONDO ALLE OFFESE Nessuna parola su Brugnaro e sul presidente della Regione Luca Zaia. Il ministro ha scelto di non incontrare entrambi. «Non rispondo certamente alle offese e provocazioni o polemiche - è stato l’unico riferimento ai due - cerco di risolvere i problemi con tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione, coinvolgendo tutti». Da un paio di giorni Zaia ha ritenuto di aver detto tutto quello che aveva da dire sull’argomento e si è rifiutato di commentare qualsiasi cosa attinente il tema e il ministro. Il sindaco Luigi Brugnaro, nel pomeriggio si è lasciato un po’ andare.
IL SINDACO «Ha detto che ci ha liberato i soldi della città - attacca il sindaco - È un anno che glielo dico. Il Governo precedente, assieme al presidente della Repubblica ci aveva finanziati per 285 milioni. Bastava convocare il Comitatone
IN PLANCIA Il ministro Danilo Toninelli sulla motovedetta con il contrammiraglio Piero Pellizzari, il presidente del porto Pino Musolino e il Provveditore Roberto Linetti
Toninelli: no Comitatone Brugnaro: lui ci ostacola Il ministro su Zaia e il sindaco: «Non rispondo alle offese e alle provocazioni» Da Ca’ Farsetti: «Afferma che ci ha dato i soldi per la laguna? Dice bugie gravi» `
e distribuirli. Gli ho detto: “metti le navi al secondo punto: vengono prima i lavori della città e della laguna”. I soldi erano lì, dati dall’altro Governo. Adesso lui si prende il merito dicendo che ci ha dato due rate. Non ce li ha dati neanche tutti, perché altrimenti avremmo potuto fare una pianificazione pluriennale. Dice bugie gravi. La gente non può credere a questo qui».
«Speriamo che torni. O ha già capito tutto in mezza giornata? La verità è che con le sue proposte ci teniamo il problema “grandi navi” per altri cinque-sei se non dieci anni. Se non vogliamo le navi a San Marco, e lo abbiamo detto tutti - rileva Brugnaro -, ci vuole una soluzione vera. Io sostengo una soluzione di emergenza ed è quella del canale Vittorio Emanuele che è già transitabile dal 10% delle navi. Poi - aggiunge le strutture del Ministro stesso ci hanno impedito di fare i carotaggi sui fanghi, loro non rilasciano il protocollo fanghi, ma il ministro dice che per Chioggia potrebbe valere il protocollo del 1993. Vorrei un po’ più di rispetto dell’intelligenza delle persone».
RISPETTO PER L’INTELLIGENZA Impietoso anche il commento a proposito delle navi.
«LE SUE STRUTTURE CI HANNO IMPEDITO DI FARE I CAROTAGGI SUI FANGHI MA PER CHIOGGIA VA TUTTO BENE»
DEMOCRAZIA Molto critico anche il deputato Pd Nicola Pellicani. «Il ministro continua ad avan-
De Piccoli rilancia. I No Navi: «Siamo stati ricevuti» I COMMENTI VENEZIA Tra la visita del ministro e le polemiche con regione e comune c’era il convitato di pietra: Cesare De Piccoli. L’ex viceministro ai porti è ad oggi l’unico soggetto che abbia in mano un progetto per le crociere che abbia passato la valutazione d’impatto ambientale, che nelle opere pubbliche è lo scoglio più grande. Eppure, anche ieri tutti hanno fatto finta di non vederlo e il ministro Toninelli ha ricevuto una delegazione dei No grandi navi, ma lui no. «Mi pare bene che il ministro abbia capito che Marghera è quella che è e quindi impraticabile - dice De Piccoli - aggiungerei che per il canale Vittorio Emanuele non occorre cambiare solo
il protocollo fanghi, come se i fanchi cattivi potessero diventare buoni. Mi spiace per lui, ma un progetto alternativo c’è. Il Venis Cruise 2.0 mio e di Duferco è l’unica soluzione. Vogliamo confrontarlo con altri in un’analisi costi benefici? Sono pronto e se c’è un progetto migliore che tiene la crocieristica a Venezia, rispetta la città e la laguna ed è migliore del mio, sarò il primo a sostenerlo. Ma un progetto, non una chiacchiera. E stupisce - continua - come mai quello di un singolo privato dopo 7 anni è ancora l’unico progetto approvato e milioni di euro di enti pubblici sono stati bocciati. Da ex viceministro dei Trasporti vi dico che nella storia repubblicana non è mai stato bocciato alla Via un progetto presentato da un’autorità portuale. Prendo atto - conclude - che il si-
L’EX VICEMINISTRO: «VENIS CRUISE UNICA SOLUZIONE» IL COMITATO BOCCIA CHIOGGIA E SAN NICOLO’
stema degli interessi in questo momento è contro e prendo atto che non ha progetti in mano. Comunque non tutto è perduto, perché il ministro ha idee chiare su Marghera, ma sul resto è prudente. Attenzione, però, perché tirando la corda troppo finirà come il Petrolchimico e perderemo le crociere». Toninelli ieri ha incontrato anche alcuni rappresentanti del movimento contro le navi in laguna. Poco prima di parlare con il ministro Tommaso Cacciari ha spiegato che l’appuntamento è stato il frutto della manifestazione di sabato scorso: «L’incontro è frutto della potenza del corteo di sabato, è abbastanza singolare, ma ci fa piacere, che (Toninelli, ndr) non incontri Zaia e Brugnaro, ma scelga invece di incontrare il comitato, noi gli esporremo
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le nostre ragioni». Cacciari ha quindi spiegato che per il movimento «il Vittorio Emanuele e Marghera sono bugie, non esiste alcun tipo di fattibilità di queste pseudo soluzioni. Su Chioggia gli regaleremo una cartina, perché quando dice navi fuori dalla laguna (in realtà Toninelli si è espresso dicendo fuori dal bacino di San Marco e dal canale della Giudecca, ndr), beh, Chioggia è dentro la laguna, gli diamo questa dritta, e non ha un progetto». Bollata come assurda anche l’altra soluzione ipotizzata da Toninelli: «L’ipotesi di un porto in spiaggia a San Nicolò ha lo stesso valore di una chiacchierata al bar tra amici che hanno bevuto troppo continua Cacciari -, non ha alcun tipo di valore progettuale, non esiste alcuna concretezza». Dopo l’incontro, a raccontare quanto
accaduto sono stati Chiara Buratti e Armando Danella, del comitato No grandi navi: «Abbiamo ribadito l’importanza di una battaglia che va avanti da anni, la voce dei 10mila che hanno manifestato sabato scorso è stata ascoltata». Quindi gli attivisti hanno spiegato al ministro le richieste del popolo dei no navi: «Le ipotesi che stanno emergendo ora, Marghera, Vittorio Emanuele, Chioggia sono interne alla laguna, la provvisorietà del Vittorio Emanuele si traduce in scavi. E anche la capitaneria di porto è inadempiente rispetto ai compiti di salvaguardia della navigazione». Da ultimi gli attivisti hanno concluso spiegando come questo non sia un: «Punto di arrivo, ma uno in cui spingere ancora più forte». © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Primo Piano
Sabato 15 Giugno 2019 www.gazzettino.it
Ferro apre il porto: «Crociere a Chioggia ma il gpl va spostato» Per il sindaco l’attività navale dovrà essere “sostenibile” ed aprire quindi il fronte della realizzazione della viabiltà `
CHIOGGIA
PERLUSTRAZIONE Il ministro è arrivato ieri mattina all’aeroporto, ha fatto una perlustrazione dei siti alternativi per le grandi navi in elicottero e poi in motovedetta è andato a vedere il canale dei Petroli e le banchine del canale industriale di Porto Marghera. (Fotoservizio Sebastiano Casellati/Fotoattualità)
zare proposte irrealistiche e irrealizzabili, come il trasferimento del terminal crocieristico in laguna a Chioggia oppure l’ipotesi del Lido, davanti alla spiaggia di San Nicolò. Toninelli e il Movimento 5 Stelle hanno una strana idea di democrazia: praticano una democrazia eterodiretta sul web. Un po’ come il sorvolo in elicottero della città - conclude - un modo per evitare la responsabilità che comporta il governo, senza confrontarsi con le altre istituzioni, democraticamente elette, come Comuni, Regione, Città Metropolitana». Michele Fullin (ha collaborato Filomena Spolaor) © RIPRODUZIONE RISERVATA
PELLICANI (PD): «I CINQUESTELLE HANNO UN’IDEA STRANA DELLA DEMOCRAZIA EVITANDO IL CONFRONTO CON LE ISTITUZIONI»
La curiosità
Per Musolino niente barca istituzionale Il presidente del Porto sul suo motoscafo VENEZIA Il primo motoscafo stracarico, il secondo praticamente vuoto. Dopo il sorvolo in elicottero e il rientro al Marco Polo, la delegazione ministeriale era attesa alle Zattere per imbarcarsi sulla motovedetta della Guardia costiera e andare a Marghera. E qui la delegazione si è “divisa”: tutti con il ministro Danilo Toninelli sul primo motoscafo, vale a dire il direttore marittimo del Veneto contrammiraglio Piero Pellizzari, il provveditore Roberto Linetti, Andrea Ferrante del Consiglio superiore dei Lavori pubblici, più lo staff del ministro. E il presidente dell’Autorità di sistema portuale Pino Musolino? Da solo, sul secondo motoscafo.
PRESIDENTE Pino Musolino
«O San Nicolò, o Chioggia». Il ministro Toninelli continua a tenere in ballo le due ipotesi sulla destinazione finale del terminal croceristico ma che la sua preferenza vada a Chioggia, sembra scontato. Soprattutto perché questa scelta potrebbe risolvere due problemi: quello della grandi navi ma, in particolare, dal punto di vista pentastellato, quello di Chioggia, la cui amministrazione, pentastellata, appunto, è alla ricerca di una riconferma tra due anni. E quale miglior viatico di quello che si potrebbe ottenere sfrattando, tramite le crociere, il deposito gpl, e iniziando la modernizzazione dei collegamenti (Romea e ferrovia) attesa da decenni? Un’ipotesi da cui passa anche la riconferma del sindaco Alessandro Ferro. Ma, prima, rimane il nodo della scelta: Chioggia o San Nicolò (Marghera permettendo)? Toninelli arriva a prefigurare un referendum e Ferro non dice di no. «Siamo favorevoli a tutte le forme di coinvolgimento dei cittadini – dice il sindaco, fresco dall’approvazione, nel suo Comune, del regolamento per il bilancio partecipativo – quindi ben venga anche il referendum», con l’implicita speranza di fare, in città, il pieno di voti a favore di Chioggia, se non altro per la generalizzata ostilità al deposito Gpl. Sul piatto, poi, c’è anche la modernizzazione delle infrastrutture viarie. «L’adeguamento della Romea e della ferrovia saranno la naturale conseguenza dell’arrivo delle crociere. Sono, comunque, interventi che richiediamo da tempo, indipendentemente dalla croceristica» ma che, appunto, non sono mai stati realizzati. E sono interventi che richiederanno qualche anno di finanziamenti continui, per evitare di ritrovarsi con cantieri aperti e incompiuti. Un tema che, probabilmente, esula dai poteri del sindaco, anche se non dalle sue possibilità di interessamento, se non altro tramite la Legge Speciale. Lo scavo dei canali (inquinato il Vittorio Emanuele, con conseguente difficoltà a smaltire i fanghi, molto meno il canal Lombardo) è un altro degli ar-
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SINDACO Alessandro Ferro
«FAVOREVOLI AL REFERENDUM TRA I CITTADINI E’ L’OCCASIONE PER AMMODERNARE LE INFRASTRUTTURE»
gomenti a favore di Chioggia ma è anche il “varco” per le grandi navi che lo stesso Ferro, all’ultimo Comitatone, aveva detto di non volere, anche se poi è stato meno esplicito. Ma ora Ferro, puntualizzando che «lo scavo serve anche al traffico commerciale» aggiunge che la croceristica dovrà essere «sostenibile», ovvero, per esempio, se ne potranno ridurre le emissioni facendo uso del “cold ironing”, che consiste nello «spegnimento dei motori in banchina, che dovranno essere alimentati da terra con un cavo elettrico, accorgimento che a Chioggia è già stato messo in atto per i cantieri del Mose». Infine, ma non ultimo, c’è il problema del deposito gpl la cui azienda costruttrice, la Costa Bioenergie, controllata Socogas, si accinge a far entrare in funzione. La via giuduziaria sembra riservare poche possibilità al Comune e agli oppositori dell’impianto ma l’idea che le navi da crociera, in quanto incompatibili con l’attività gasiera, “sfrattino” il deposito, sembra riportare la questione a una trattativa commerciale. Diego Degan
SERVONO BONIFICHE L’area portuale di Val da Rio
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Sabato 15 Giugno 2019 www.gazzettino.it
Il salvataggio di Schiucaz L’OPERAZIONE ALPAGO Tre colpi di sirena poi la detonazione scuote il silenzio di Schiucaz. Sono le 14.45 quando il fianco della montagna, gravido di un quintale di esplosivo, si alza come in un profondo respiro per poi riadagiarsi in frantumi esattamente là dove si trovava prima. Solo una nuvola di polvere avverte che il distacco è avvenuto. Sull’altro versante, invece, nascosto alla vista delle centinaia di curiosi accorsi per assistere all’evento, salta un ampio strato di copertura vegetale che finisce in parte sulla strada. Ma è proprio qui che servirà un secondo intervento.
SEIMILA METRI CUBI La testa della frana da 6mila metri cubi che dal 12 maggio minaccia l’abitato di Schiucaz, è stata aggredita, ma non decapita completamente come si sperava. Serviranno altre cariche per ultimare l’opera e aprire quindi il varco all’intervento via terra. Già ieri si è iniziato a preparare le nuove perforazioni con l’ipotesi di un secondo scoppio entro martedì o mercoledì. La prima stima di mister Dinamite, ovvero Danilo Coppe, il fuochino che si occupa anche della demolizione del ponte Morandi di Genova, è che si siano staccati 1000-1200 metri cubi di materiale contro i 1500 previsti inizialmente.
PRIORITARIE LE CASE «Abbiamo agito con la massima cautela nel dosare l’esplosivo - spiega Michele Artusato, dirigente provinciale di Veneto Strade -, perché l’obiettivo era quello di non danneggiare le abitazioni. E ci siamo riusciti. Meglio procedere con un secondo scoppio per profilare meglio la frana». Il sindaco di Alpago, Umberto Soccal, appare un po’ preoccupato mentre osserva il gigante ferito, ma non crollato: «Restiamo ancora con un po’ d’ansia». Il timore è di un possibile allungamento dei tempi, passaggio che tuttavia non sembra preoccupare Veneto Strade. «Credo che entro un mese e
Tre colpi di sirena e la frana fa “boom” Nelle viscere della frana è stato infilato circa un quintale di emulsione esplosiva Artusato: «Siamo stati cauti per salvare le case. Ora servirà un secondo botto» mezzo al massimo - spiega l’amministratore delegato Silvano Vernizzi - si possa concludere il cantiere e far rientrare a casa la gente». Ma se per la grande folla accorsa per osservare da vicino il “botto” si è trattato di una sorta di spettacolo mai visto, per i proprietari delle case sono stati momenti di adrenalina pura. L’ingaggio dei migliori professionisti non ha tolto dalla testa l’incubo di veder crollare la propria casa. Si sa che qualcosa può sempre andare storto. L’ansia era palpabile tra i residenti, tutti ancora alloggiati altrove, chi in affitto, chi da parenti. Solo uno di loro resta ancora ospite in albergo. Dal 12 maggio non possono nemmeno varcare la zona rossa.
promesso subito un capannone ai Paludi - spiega sconsolato - ma non è successo nulla. Dice che ci sono problemi per l’affitto. Intanto noi siamo completamente fermi. Non solo non guadagnamo, ma perdiamo anche la clientela. Se non ci danno soluzioni dovrò anche restituire i contributi per l’attività agricola». Elogio invece a Veneto Strade e ovviamente alla Regione Veneto di cui la società è diretta emanazione, per la velocità e la professionalità con cui si sta muovendo. Giovanni Torelli e moglie, con i loro tre figli, sono fuori casa ormai otto mesi, vorrebbero più certezze sulla tempistica, ma concordano sul fatto che ci sia stato un intervento energico e rapido: «Diciamo - affermano - che sono andati incontro alla gente, ci hanno dimostrato la loro presenza. Ora non ci resta che aspettare il secondo botto». Costo complessivo dell’opera: 200mila euro. Lauredana Marsiglia
SFOLLATI E SENZA LAVORO C’è chi ha dovuto fermare anche la propria attività di commercio di mangimi e bevande e di un’azienda agricola. Come Simone De Pizzol: «Il Comune ci aveva
SILVANO VERNIZZI: «NOI CONTIAMO DI POTER ULTIMARE IN 45 GIORNI CIRCA PER POI FAR TORNARE GLI ABITANTI»
IL CANTIERE La parte della frana che dovrà essere profilata con una nuova esplosione
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L’IMPRENDITORE SENZA LAVORO: «IL COMUNE CI AVEVA PROPOSTO UN AIUTO MA SIAMO ANCORA AL PALO»
Sabato 15 Giugno 2019
La Voce
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PRIMO PIANO POLESINE ECONOMIA Mancano duecento giorni alla data ultima per l’istituzione della zona speciale
Zes, i sindaci chiamano Mattarella Il 25 giugno tutti dal prefetto di Rovigo. Intanto i 5 Stelle attaccano Zaia e confondono le acque Alberto Garbellini
ROVIGO - Tutti i sindaci polesani dal prefetto per la Zes quando, alla data di ieri, mancano 200 giorni alla data ultima per l’istituzione della Zona economica speciale in Polesine e a Marghera. E’ stato fissato per martedì 25 giugno l’incontro dei primi cittadini polesani con Maddalena De Luca, prefetto di Rovigo, un vertice per far arrivare al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella la voce del territorio e la richiesta della Zes, la Zona economica speciale capace di rilanciare occupazione e lavoro grazie ad un sistema di sgravi fiscali. “Saremo tutti dal prefetto - spiega Ivan Dall’Ara, presidente della Provincia e coordinatore gli amministratori in questa partita - che si è detto disponibile a portare le nostre istanze dal capo dello Stato. Ci saranno tutti i sindaci direttamente interessati dalla Zes, ma anche molti altri primi cittadini, nella consapevolezza che questa opportunità è per tutto il territorio polesano. Hanno già dato la loro adesione i sindaci di Adria, Omar Barbierato, Rovigo, Edoardo Gaffeo, e tanti altri”. L’obiettivo è di far cambiare idea al ministero per il Sud, Barbara Lezzi, indisponibile ad istituire da subito, come chiedono Confindustria e i sindaci polesani e veneziani, una Zes in Veneto, avendo rimandato tutto alla prossima legge di bilancio. Quel che si cercherà di ottenere, quindi, è una volontà politica, quel che ora manca nel Movimento 5 Stelle. Gli stessi grillini ieri hanno spacciato come un successo l’aver ottenuto dal ministro Lezzi assicurazioni che la Zes per il Veneto sarà inserita nella legge di bilancio di fine anno. E che partirà un lavoro di raccordo con il ministero dello sviluppo. Tutte cose già risapute, e che hanno generato delusione già diversi giorni fa, perché rimandare tutto ad un pro-
Sopra Gian Michele Gambato, vicepresidente di Confindustria Venezia-Rovigo A destre Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella getto complessivo di Zes nel Centro nord significa mettere tutto in dubbio, compreso il progetto industriale per la Zes veneta, già definito da Confindustria in ogni sua parte. E infatti Erika Baldin, consigliere regionale dei 5 Stelle spiega che “il ministro ha dato disponibilità a considerare la Zes per la legge di bilancio, abbiamo fatto notare che per il Veneto e le tante situazioni di crisi sarebbe importante. Per il decreto crescita credo invece che non ci sia margine per inserirla”. Ed ancora ieri i deputati del Movimento 5 Stelle Francesca Businarolo e Federico D’Incà hanno detto che “l’istituzione delle Zone economiche speciali (Zes) in Veneto è stata posta solo di recente grazie alla nostra azio-
ne. Il precedente governo aveva pensato la loro creazione solo per il Mezzogiorno. Purtroppo, non manca chi vorrebbe affossare o negare il nostro impegno. Occorre costruire gli adeguati passaggi. Il ministro Lezzi, rispondendo alla senatrice Roberta Toffanin, ha riaffermato la sua volontà sull’introduzione delle Zes in Veneto, ha dato mandato al Mise e a Confindustria di fare dei monitoraggi sui territori”. Un modo per confondere le acque ed esibire risultati che non ci sono. Fino all’affondo nei confronti del governatore veneto Luca Zaia. “Aspettiamo la costruzione dei passaggi successivi, sperando che il presidente Zaia inizi a collaborare”. Come era già capitato l’intervento dei rappresentanti dei
5Stelle appare temporalmente sfasata, senza contare che per la Zes in veneto la Regione ha già fatto tutti i suoi passaggi, come ha ribadito il presidente di Confindustria Venezia- Rovigo, Vincenzo Marinese lunedì scorso in Provincia di Rovigo, e come rimarca Gian Michele Gambato, vicepresidente di Confindustria. “da quel che ci risulta la Regione Veneto ha fatto tutto il possibile per chiedere e sostenere la Zes. Quando alcune settimane fa il ministro aveva chiesto una posizione della Regione, questa è arrivata nel giro di pochissime ore. Il presidente Zaia ha già detto più volte che la Zes è fondamentale per Marghera e il Polesine. Cosa deve fare di più. Questi sono fatti, sulle dichiarazioni politiche di
questo o quel rappresentante dei partiti non voglio entrare”. E intanto sul sito web di Confindustria continua il conto alla rovescia dei giorni che mancano all’ultima data utile per istituire la Zes come indicato dall’Unione Europea. A ieri mancavano esattamente 200 giorni (data finale il 31 dicembre 2019). Certo, come ha sottolineato lunedì scorso Marinese è possibile che la Ue possa prorogare i termini di scadenza, “ma - ha sottolineato - possiamo basarci su una ipotesi che potrebbe anche non verificarsi? Possiamo rischiare che il treno della Zes non passi mai più? Per questo chiediamo al governo di considerare le istanze del territorio”. © RIPRODUZIONE RISERVATA
LA SCHEDA Le ricadute per i territori coinvolti e per l’indotto
Migliaia di posti di lavoro Una partita da oltre due miliardi di euro. La Zes significa due miliardi e 400 milioni di euro di investimenti in cinque anni. Con la creazione di 7.600 posti di lavoro diretti, e circa 19mila nell’indotto, per un totale di oltre 26mila posti. Cifre colossali, che interesseranno direttamente una parte consistente del Polesine, quella lungo l’asta del Po da Polesella a Melara. Sedici Comuni, e un intero territorio ricco di 284 ettari di aree industriali da rilanciare e riqualificare. Per attrarre investimenti e imprenditori grazie ad un sistema di detrazioni fiscali, sulle accise per l’energia. Si tratta del sistema europeo delle Zes, le zone economiche speciali. Ce ne sono 400 in tutta Europa, due nel Ve-
neto, l’area di Marghera, vicino a Venezia, e la porzione del Polesine che comprende 16 Comuni: Polesella, Canaro, Fiesso, Occhiobello, Bagnolo, Stienta, Gaiba, Trecenta, Ficarolo, Ceneselli, Calto, Salara, Bergantino, Castelnovo Bariano, Castelmassa, Melara. Un sistema capace di realizzare in Polesine, quindi, quello che avviene in molte aree Ue, ad esempio la Polonia, dove tantissime aziende vanno ad insediarsi proprio per sfruttare le agevolazioni fiscali. L’Europa ha deciso che quei territori individuati come possibili Zes devono effettivamente diventarlo, attraverso una legge nazionale e un decreto della Regione, entro l’anno 2019. Altrimenti questa
possibilità verrà cancellata. Ed è proprio per questo che Confindustria VeneziaRovigo sta spingendo per cogliere i frutti di queste due Zes. Il piano di Confindustria inoltre, prevede una serie di step, fra le prime cose da fare, dopo l’istituzione per legge c’è una sorta di tour mondiale per promuovere e far conoscere le opportunità della Zes veneta in vari città del mondo, per attrarre investimenti. In parallelo una sorta di mappatura di tutte le aree dismesse e disponibili ad accogliere insediamenti, un percorso, in questo caso, da portare avanti in collaborazione con le varie amministrazioni comunali. © RIPRODUZIONE RISERVATA