RASSEGNA STAMPA DEL 16 GIUGNO 2019

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Regione 11

IL GIORNALE DI VICENZA Domenica 16 Giugno 2019

VENEZIA.MuorenelloschiantoalCavallino

Ungiovane di23anni,DavideZane,residenteaBurano, èmortoieri notteinun incidentestradaleaCavallinoTreporti:eraalvolantediun’autouscitadi stradaefinitanelcanale.Sisonosalvati2passeggericheviaggiavanoconlui.

TREVISO.Violenze:accoglienza“isolarosa”

IlProntosoccorsodell’ospedaleCàFoncellometteadisposizioneun’«Isola rosa»peraccogliereinunambientepiùfamiliareledonnevittimediviolenza: unastanzacon un operatore incui sarannotempestivamente curatee aiutate

PADOVA.Glisparò:illadrochiedeidanni

Lamoglie di WalterOnichini, ilmacellaiopadovano condannatoin2° gradoa 4 annie11mesiperaversparatoaunladronel2013,lanciaunappelloperraccogliere24milaeuro:lichiedeillegaledellavittima,l’albaneseElsonNdreca.

SCHIAFFO AL VENETO? PIÙ IPOTESI. C’è da indicare ilcommissarioregionale, ma prima del voto perVenezia forse Salvini pensa a quello perRoma

Lega,aluglio siva aun Congresso federale Ilombardi pareabbiano capitodiaverefattouno sgarbo: Fontana forse entra incommissione“Statuto” La storia, specie quella italiana, è piena di episodi in cui un territorio, vivendo divisioni interne, va a chiedere aiuto a qualche potere esterno che venga a portare ordine. Poi quel “foresto”, una volta insediato, tende a prendere in mano tutto. Verrebbe da

leggere così anche l’esito dell’ultimo Consiglio federale della Lega, dal quale le cronache di ieri hanno raccontato che i lombardi hanno messo all’angolo i veneti (non è la prima volta), con Matteo Salvini che ha voluto un terzo vicesegretario federale lombardo su quattro, l’astro nascente e suo pupillo Andrea Crippa, ha poi lasciato fuori i veneti dalla commissione che dovrà varare lo statuto del nuovo partito, e infine ha annun-

ciato che il nuovo commissario regionale veneto della Lega non potrà essere un candidato alle elezioni regionali dell’anno prossimo, gelando così quella che sembrava la candidatura in pole position e cioè quella del capogruppo regionale, il vicentino Nicola Finco. Il giorno dopo, ieri, erano di scena i pompieri politici. A cominciare da chi si è sorpreso dei titoli di giornale dopo «uno dei consigli federali più

tranquilli della storia». Anche a Milano in via Bellerio, in realtà, pare abbiano capito di aver generato un “effetto schiaffo” al Veneto di Luca Zaia (era assente al consiglio federale, ma lo aveva comunicato già da giorni) tanto che in commissione “Statuto” ora pare verrà aggiunto proprio Lorenzo Fontana, l’unico veneto che è vicesegretario federale (e ministro) ed è uno dei più vicini a Salvini della pattuglia ex lighista. La commis-

sione d’altra parte lavorerà a quello che è il vero appuntamento forte nel calendario leghista: il “Congresso federale” che a luglio dovrà varare la nascita del nuovo partito. Sempre che gli avvocati diano il via libera finale, perché è vero che il Congresso e lo Statuto regoleranno l’organizzazione futura del partito di Salvini, ma il tema è prima di tutto giuridico e cioè quello del gestire l’addio alla vecchia Lega (e alle contestazio-

ni da parte della magistratura sui conti pregressi). Ma chi sarà il commissario veneto della Lega, che avrà il grande potere di fare le liste di candidati alla Regione tra un anno? Lo stop alla candidatura di Finco (che pare fosse benedetta ad esempio sia da Zaia che da Fontana) è un boccone amaro. Ci sono voci che danno in pole il sindaco trevigiano Mario Conte, altre che si aspettano sorprese, ma emerge anche tutt’altra otti-

ca. E cioè che Salvini abbia in mente ben altro, rispetto alle elezioni regionali: a Roma il clima è sempre più teso e il governo leghista-grillino potrebbe saltare a breve. Morale: prima delle elezioni regionali potrebbero esserci quelle nazionali, con la Lega che ovviamente si preparerebbe a mietere seggi alla Camera e al Senato, e poi posti di futuro governo: il commissario regionale quindi avrebbe prima di tutto il potere di fare le liste per Roma. Ed è ovvio che in via Bellerio (ma anche in Veneto) si guarda molto di più a questa sfida, prima che al voto in Regione. • P.E.

L’ASSICURA SALVINI. Il vicepremier non frena: «Vediamo di essere operativi alla prima seduta»

«Autonomia,ildossierc’è Siva in Consiglio ministri» EilministroStefaniin bicamerale «Iltestohadueparti: quellaormai concordata, con molte materie ok, equellasucuisidevedecidere» «Sull’autonomia il dossier è pronto. Vediamo di essere operativi con il primo passaggio in Consiglio dei ministri». Parole precise, sulla vicenda della maggiore autonomia chiesta da Veneto, Lombardia ed Emilia R., quelle dette l’altroieri ai microfoni dal leader leghista Matteo Salvini, vicepremier, rispondendo ai giornalisti nella sede della Lega mentre annunciava la nomina del nuovo vicesegretario federale Crippa. Parole che vanno lette assieme a quelle messe a verbale in Parlamento - appena dopo le elezioni europee - dal ministro per gli Affari regionali, la senatrice vicentina Erika Stefani, tornata in audizione alla commissione bicamerale “Affari regionali”. A deputati e senatori Stefani ha «tradotto in modo schematico», ha spiegato, la situazione di questo famoso “dossier”. Da una parte c’è «un testo su cui si è realizzato il consenso delle parti rispetto alla richiesta»

delle tre Regioni. E poi c’è un’altra parte «comunque significativa, su cui invece le posizioni non hanno trovato un punto di equilibrio, che a questo punto è per sua natura proprio un punto di equilibrio politico, che quindi rimanda al contratto di Governo che abbiamo sottoscritto un anno fa, all’insediamento dell’Esecutivo». Sono i punti di cui si discute da mesi: richieste di autonomia del Veneto su soprintendenze, procedura Via, autostrade e infrastrutture, competenze sanitarie sui farmaci e altro. LA MOSSA. Quindi Stefani ha

spiegato: «Su questi punti politici io ho inteso portare l'attenzione del Consiglio dei ministri nella sua collegialità, nel corso dell’ultima seduta, e ho chiesto l’iscrizione del testo fino ad oggi maturato, suddiviso proprio in queste due parti, comprendente quindi un testo condiviso e le altre parti sulle quali emergo-

MatteoSalvini ed ErikaStefani sui banchidelgovernoal Senato

no le differenze fra le richieste e le proposte o le riformulazioni predisposte dai ministeri competenti». L’obiettivo quindi è giungere al “dunque”: il Governo deve ufficializzare la sua posizione. I RISULTATI RAGGIUNTI. Tra

centinaia di incontri tecnici e revisioni dei testi «importanti risultati - ha detto Stefani sono stati raggiunti «in materie delicate come la tutela e la sicurezza del lavoro, su cui si è definito un testo, che, fatti salvi alcuni punti ancora aperti, ha raggiunto ormai un elevato livello di consenso. Vale anche per il trasferimento di competenze in materia di governo del territorio, che in realtà sono materie di urbanistica e di edilizia, su cui l’intesa può a mio avviso già oggi considerarsi possi-

bile, così come in materia di commercio con l’estero e internazionalizzazione delle imprese. Anche sulla delicata materia della salute, su cui giustamente c’è una grande attenzione da parte di tutte le forze politiche, al momento, da una verifica che ho fatto poco prima di presentare il testo in Consiglio dei ministri, si registra un consenso da parte delle Regioni su buona parte della proposta governativa». E il Parlamento? Il ministro ribadisce che è sovrano nel proporre modifiche all’intesa e nel decidere come fare l’esame del testo, ma prima appunto ci vuole “un testo”, e cioè un via libera formale del Governo a una bozza da far discutere alle Camere prima della firma Stato-Regione. • P.E. © RIPRODUZIONERISERVATA

Ilprof. Arachi(CommissioneCtfs)nominatoe subitoinaudizione

Mailsuper-tecniconominatofrena sullecifreeifabbisognistandard Eraattesa daun anno,eè arrivata:ilprof. Giampaolo Arachi(economista dell’UniversitàdelSalento)èil nuovopresidentedella Ctfs-commissionetecnicaper i fabbisognistandard. Edèstato subitosentito dalla commissionebicamerale “Federalismofiscale”assieme all’ispettoreSalvatoreBilardo. Perla veritàalla Ctfs nonè statoaffidato un incarico specificoper determinarei “fabbisognistandard” delle Regioni,cioè stabilire le cifre giusteper cui un entepossa assicurareuncerto servizio pubblico(istruzione,trasporto, sanità)con efficienzaesenza sprechi:labozza diintesa sull’autonomiadelministro ErikaStefani prevede chei “fabbisognistandard” siano stabilitida un“Comitato paritetico”dello Statoedi tuttele Regioni.Ma datochela commissionedi Arachiè tecnicaelavoraai fabbisogni perProvinceeComuni, è automaticocheci si aspettiche dicala sua puresulleRegioni.

LEDIFFICOLTÀ. Arachi èsolo all’iniziodel lavoro,anchese ha ricordatochela societàSose delMinisterofinanzehagià stimatoqualèla spesa storica cheoggi nellediverseRegioni vienesostenuta per le diverse funzioniehaanche«effettuato unaricognizionedel livellodei

L’audizioneincommissione: dasin. S. Bilardo, G.ArachieC.Invernizzi serviziofferti». Arachiperaltro ha subitomesso ildito suunapiaga: sipuòstabilire qual èil “fabbisognostandard” per garantireun serviziopubblico essenziale,ma aquel puntopoi devigarantire checi siano incassa tuttele risorseche servono,ead esempionel casodeiComuni i taglidegliultimi annihannofatto sìchea lorodisposizioneci siano 26miliardimentrei “fabbisogni standard”indicano chene servirebbero35 (eperaltro ancoraoggi laspartizionetra Comuniavviene peril 50% su base“fabbisogni”eper il 50% su “spesastorica”).Allora chesi fa? C’èunaltro modo,già attuato per lasanità: primasi definisce che cifrac’è incassa,poi la distribuisce inmodochela cifra chevaai singoliComuni corrisponda “in proporzione”al criteriodei fabbisognistandard. Labasedi tutto,ovviamente, resta lo

stabilirequali sonoi Lep-livelli essenzialidiprestazione chein ogniterritoriovanno garantiti. Arachiperò manda a verbaledel Parlamentoanche duecritiche precise.Primo,non condivideche senon siarrivasse intre annia stabilirei fabbisogni standard a ogniRegioneandrebbedata la “mediadellaspesa storica”dello Statointuttele Regioni, perchéla spesamedia pro capite«per definizioneappiattiscetutte le differenze»tra territori. Secondo, nonècerto chesiauna buonaidea pensaredi giungerea definire i “fabbisognistandard” per ogni singolafunzione. Forse si può pensareanche qui,parequasi suggerireArachi,al metodoche giàsi attuainsanità: individuare Regioni“benchmark” chesiano il modelloa cui far tendere, agendo conla distribuzione risorseper garantireefficienza deiservizi, tuttele altre. P.E.

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PADOVA

DOMENICA 16 GIUGNO 2019 IL MATTINO

A Padova la settimana Conferenza europea di Virologia: fra i relatori il professor Giorgio Palù dell’Università di Padova

«Virus aggressivi e pericolosi alle porte ora servono nuovi laboratori più sicuri» L’INTERVISTA

Elena Livieri i conclude oggi all’orto botanico la settima Conferenza europea di Virologia intitolata “Vaccines and antibodies against viral infection”, momento di incontro e scambio fra studenti e ricercatori con i più grandi esperti di virologia da tutto il mondo. Fra i temi trattati i nuovi risultati scientifici sui vaccini contro l’Hiv, i virus dell’Epatite e quelli a trasmissione materno-fetale, l’infezione da Ebola e altri virus emergenti, come Zika, West Nile e Dengue. Tra gli interventi anche quello del professor Giorgio Palù, direttore della Clinica di Microbiologia e Virologia dell’Università di Padova. E da Palù arriva il monito: «Abbiamo alle porte virus aggressivi e pericolosi, servono nuovi laboratori sicuri per lavorare ai vaccini». Professore dobbiamo aspettarci anche quest’anno tanti casi di infezione da West Ni-

S

le? «Il virus è già presente nelle zanzare anche se non sono ancora stati registrati casi di infezione negli umani. Dopo il lungo periodo di piogge, ora le zanzare stanno proliferando e credo che già nei prossimi giorni potremo avere i primi casi di infezione». A che punto è il vaccino? «Siamo alla fase di sperimentazione sulle scimmie. Il problema è che si tratta di un virus che colpisce relativamente poche persone, sull’ordine di decine di migliaia nel mondo e nel 90 per cento dei casi è asintomatico: per le case farmaceutiche non è interessante. L’anno scorso in Europa ci sono stati circa 1.500 casi, di cui 500 in Italia e la metà di questi in Veneto. Qui il virus è stato isolato proprio da noi nel 2008 ed è da allora che è endemico. Stiamo assistendo all’arrivo di un parente del virus West Nile, l’Usutu, che, come centro di riferimento per la Regione Veneto, stiamo studiando qui a Padova». Ci sono altri virus pericolosi di cui ci dovrebbe preoccupare? «Qui alla conferenza si è parla-

Il virologo dell’Università di Padova Giorgio Palù e una ricercatrice in laboratorio

to di Ebola e del vaccino che sta avendo un grande successo. Ancorché in fase sperimentale viene somministrato in Sierra Leone, Liberia e Guinea. In Congo i casi sono passati da 30 mila con 15 mila morti a 3 mila con 1.500 morti. Quello di cui dobbiamo preoccuparci è il virus Crimea Congo che causa una febbre

emorragica simile a Ebola. E questo virus ce l’abbiamo ormai alle porte. È presente in Kosovo e l’anno scorso ci sono stati dei morti anche in Spagna. Ha una mortalità alta, intorno al 30 per cento». Come ci si infetta? «Il vettore è una zecca presente anche nella nostra area Pedemontana. La zecca infetta

piccoli animali, come lepri e roditori ma anche le pecore. Al di là della puntura diretta della zecca che può colpire l’uomo, l’infezione può avvenire da questi piccoli animali già infetti, a partire dal personale veterinario o chi lavora nei campi». Non esiste vaccino contro il Crimea Congo?

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«Anche questo è in fase sperimentale». Interventi di studiosi internazionali hanno trattato di Hiv, Epatite C e influenza: a che punto sono i vaccini? «Per l’Hiv si sta testando un sistema che funziona sui macachi in gradi di coprire tutte le forme del virus. In fase sperimentale è poi il vaccino per l’Epatite C che colpisce cento milioni di persone anche se solo il 20 per cento dei casi viene diagnosticato. In particolare è stato trattato il tema della trasmissione materno-fetale del virus che è fra le maggiori cause di danni nella fase di vita embrionale e del modo di bloccarla. Sul fronte dell’influenza, invece, gli studi sono volti a trovare un vaccino universale come per l’Hiv, che e sia in grado di coprire tutti i ceppi così da doverlo fare una o due volte nella vita e non ogni anno come adesso». Su quali altri fronti state lavorando a Padova? «Uno molto importante è quello dei tumori, ovvero la possibilità di utilizzare dei virus come sistema oncolitico. Si tratta di usare virus non patogeni per l’uomo che siano in grado di indurre una risposta immunitaria che rigetta il tumore». Padova si conferma quindi all’avanguardia nella ricerca in Virologia. «I risultati lo confermano, tuttavia servono investimenti per dotarci di nuovi laboratori per lavorare più in sicurezza a fronte di questi nuovi virus molto pericolosi che stanno arrivando». — BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI


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Domenica 16 Giugno 2019 Corriere del Veneto

VE

Venezia&Mestre

NUMERI UTILI CentroStorico MalmoccoAlberoni Pellestrina

venezia@corriereveneto.it

0412385648 0412385668 0412385653

Burano MuraroS.Erasmo CavallinoTreporti Ca’Savio

0412385659 0412385661 0412385678

MestreeMarghera FavaroVeneto MarconQuarto d’Altino

0412385631 0412385639 0412385642

FARMACIE AlCastoro AlledueSirene SanNicolò

0415223025 041716118 0415269048

Crociere, maxi-vertice sugli scavi Anche la Regione contro il vincolo

SanTeodoro Comun.Gaggio Malcontenta Rigamonti

0412602316 0414568041 041698230 0415040397

Il naufragio

Domani ci sarà anche l’Ambiente. La delusione delle compagnie: tempi lunghi La vicenda ● Venerdì è venuto a Venezia il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli che ha visionato dall’alto (in elicottero) e dal basso (in barca) i possibili siti in cui delocalizzare il terminal crociere ● Alla fine del tour il ministro ha ribadito la sua contrarietà all’ipotesi Marghera, ma anche, di fatto, allo scavo del canale Vittorio Emanuele, ipotesi sostenuta invece da Porto, Regione e Comune ● Toninelli ha detto che le due ipotesi in campo su cui stanno lavorando i tecnici sono San Nicolò al Lido e Chioggia

Non sarà una semplice riunione tecnica di passaggio, ma potrebbe essere quella, «epocale», per trovare finalmente la quadra sul protocollo fanghi, forse anche con la presenza di due ministri, oltre ai tecnici: quello delle Infrastrutture Danilo Toninelli, padrone di casa, e quello dell’Ambiente Sergio Costa. Erano stati lo stesso Toninelli e il presidente dell’Autorità di sistema portuale Pino Musolino, nel corso della visita del ministro a Venezia l’altro ieri, a dire che domani ci sarebbe un nuovo incontro. Ma non sarà sulle ipotesi in campo per la delocalizzazione del nuovo terminal crociere, ora che in pole position ci sono San Nicolò al Lido e Chioggia; bensì sul nuovo protocollo che dovrebbe sostituire quello in vigore dal 1993 per la gestione dei sedimenti in laguna. Argomento che Toninelli aveva affrontato a lungo dopo aver visto i siti potenziali, sia dall’alto in elicottero, che da una motovedetta della Guardia Costiera. «Per dragare il canale Vittorio Emanuele serve il protocollo fanghi - ha detto il ministro - senza protocollo e senza una caratterizzazione che dica se quei fanghi sono velenosi o no, quella soluzione non esiste». Anche questa è dunque una delle priorità che Toninelli vuole affrontare, insieme al collega Costa, dato che l’Avvocatura dello Stato, in un parere, ha specificato che servirà un decreto tra i due ministeri. In realtà c’è da mesi un gruppo di lavoro, guidato da Pier Francesco Ghetti, che sta lavorando sul nuovo protocollo, anche se il professore ed ex assessore continua a sgolarsi per dire che l’aggiornamento non ha a che fare con il bisogno di scavare i canali. «E’ un passaggio necessario alla luce delle normative europee spiega Ghetti - Ma poi è una questione di sopravvivenza

«Non sono un eroe Lo abbiamo salvato tutti»

VENEZIA

Il futuro del Lido di Giacomo Costa

In banchina Il terminal della Marittima visto dall’alto con due navi attraccate. In questo momento l’unica via per arrivarci è il bacino di San Marco (Errebi)

Corte dei Conti

Ambulatorio non paga ex titolare condannata «All’Usl 63 mila euro»

A

l processo contabile non si è nemmeno presentata e dunque, senza una linea difensiva, i giudici non hanno potuto far altro che condannarla. La Corte dei Conti ha riconosciuto come responsabile di danno erariale Patrizia Palomba, 56enne napoletana di nascita, ex titolare del poliambulatorio Plinio di Cazzago di Pianiga: la donna è stata condannata a risarcire l’Usl 3 con 63 mila euro. Le indagini del pm contabile Mariapaola Daino erano partite da un esposto dell’allora Usl 13, che aveva segnalato come la struttura privata per ben sette mesi (da maggio a novembre 2014) non avesse versato le somme dovute. Tra privato e pubblico c’era infatti una convenzione che regolava le prestazioni fornite e questa prevedeva che una parte dei soldi fossero riversati all’Usl. Nonostante le promesse, però, i debiti non erano mai stati pagati. © RIPRODUZIONE RISERVATA

della laguna: portare tutto “fuori” dalla laguna è in contraddizione con il deficit di sedimenti che la sta trasformando in un braccio di mare: si possono anche spostare da una parte all’altra». Il gruppo di lavoro sarà presente all’incontro di domani con il professor Antonio Marcomini. Intanto si continua a discutere dopo la visita di Toninelli, che ha detto un secco «no» all’ipotesi Marghera – «troppi rischi», è il suo pensiero, che di fatto tarpa le ali anche al Vittorio Emanuele come modo per continuare a far arrivare le navi in Marittima – e ha ipotizzato un referendum tra i cittadini. Qualcuno dice che forse si è creato un equivoco con il «dibattito pubblico», che proprio il M5s ha regolato nei dettagli sul modello francese, rendendolo un passaggio obbligato per le opere principali. La bocciatura del Vittorio Emanuele preoccupa anche le compagnie. Clia non commenta, ma c’è preoccupazione per il rischio che i tempi si allunghino e che anche la soluzione a breve termine sia

rimandata a data da destinarsi. D’altra parte Toninelli l’ha detto chiaramente: «Quando decideremo dove fare il porto crociere si aprirà un cantiere di anni - ha ammesso - Ma è fondamentale dare un tempo certo in cui magari sopportare ancora un po’, ma poi le navi non passeranno più». «Serve una soluzione subito, non tra 10 anni», è sbottato il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro. «Il gigantismo navale delle crociere non è compatibile con Venezia e con l’ecosistema lagunare», dicono i Verdi. Ca’ Farsetti ha anche impugnato al Tar il vincolo paesaggistico posto dalla Soprintendenza sul bacino di San Marco e sul canale della Giudecca (oltre che sul canal Grande) lo scorso 31 gennaio, che potrebbe portare all’esclusione delle crociere. Nei giorni scorsi anche la Regione Veneto si è affiancata al Comune di fronte ai giudici. Il Porto aveva fatto invece un ricorso gerarchico al ministero dei Beni Culturali, che è stato rigettato. Alberto Zorzi

Resort, club Med, scuola d’hotellerie «Sanità e trasporti siano adeguati» Dall’alto Un rendering di come sarà il progetto. Nell’intero polo ricettivo ci saranno circa 500 stanze. L’investimento sarà di 132 milioni di euro

l’impatto antropico del futuro polo ricettivo, che avrà oltre 500 stanze – e quindi almeno un migliaio di visitatori – e ambisce a superare il princi-

pio della stagionalità: «Queste persone dovranno muoversi al Lido e sicuramente vorranno raggiungere Venezia - ragiona Carella - si è pensato

ai collegamenti? Actv cambierà i percorsi o potenzierà le linee? Sono tutte questioni che speriamo si affrontino pubblicamente, prima possibile». La riqualificazione del complesso è un’operazione messa in piedi dall’Agenzia dello sviluppo di Venezia, che ha unito gli interessi di Cassa depositi e prestiti, quelli di Club Med e Th Resort, le necessità del distretto sanitario (ancora presente entro le mura dell’ex Ospedale) e le proposte della Iulm di Milano: Cdp si fa carico dei lavori – 132 milioni di euro in totale – e poi affitta agli operatori turistici (pare tra 5 e 10 milioni l’anno); l’università lombarda lancia invece una Italian Hotel

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Le richieste della Municipalità dopo la presentazione del progetto VENEZIA «È sicuramente una bella opportunità per il territorio, ma proprio per questo avremmo voluto che ce la spiegassero pubblicamente, senza dover leggere sulla stampa locale, a distanza di 24 ore, gli esiti di un convegno a porte chiuse». Danny Carella, presidente della Municipalità di Lido e Pellestrina, non è contrario al progetto di riqualificazione dell’Ospedale al Mare, che entro tre anni dovrebbe diventare un complesso con un hotel, un resort di lusso e una scuola di hotellerie; ma contesta con forza il mancato coinvolgimento della popolazione lidense. Il presidente, tesserato, Pd è particolarmente preoccupato dal-

«I

colleghi e i passeggeri in questi giorni mi chiamano eroe, ma io non mi sento così. Ho fatto quello che chiunque avrebbe fatto». Andrea Favaro è co-comandante dell’imbarcazione Aci che fa servizio da Fusina agli Alberoni, che giovedì pomeriggio si è buttato in acqua dal vaporetto per salvare un uomo caduto dalla barca davanti a Malamocco. «Stavamo andando verso Fusina quando abbiamo visto la barca girare su se stessa —racconta Andrea — in acqua c’erano un uomo e una donna, a bordo un’altra coppia con la barca fuori controllo». Questione di secondi, Favaro capisce che l’uomo in acqua non reagisce, è immobile e il suo corpo va sempre più giù, vicino il salvagente che non ha preso. Andrea si spoglia e si butta. «Aveva la testa sott’acqua, l’ho tirato su e ho nuotato verso l’imbarcazione trascinandolo. Quando sono arrivato altre due persone si sono buttate per aiutarmi a spingerlo su. A bordo c’erano i medici, ero stremato, non sarei stato in grado di fargli il massaggio cardiaco. Non sono un eroe, lo abbiamo salvato tutti: io, il comandante Alberto che ha gestito l’emergenza, i medici. Per fortuna è vivo»

La vicenda ● Venerdì Cassa depositi e prestiti, Club Med e Th Resort hanno presentato il progetto di riqualificazione dell’ex ospedale al Mare ● Al Lido arriveranno un hotel, un resort di lusso e una scuola di hotellerie

School, che formi i professionisti di domani mettendoli subito alla prova. Il nodo sanitario, invece, è più complesso: il monoblocco che oggi affaccia su piazzale Ravà dovrà essere demolito e al suo posto sarà realizzato un nuovo edificio, con tanto di piscina per la talassoterapia, all’angolo opposto del complesso murato; prima, però, bisognerà demolire i ruderi presenti. «Questa è una questione fondamentale – incalza Carella – vogliamo la garanzia che il presidio sanitario non lascerà mai il Lido. Soprattutto vogliamo rassicurazioni anche in fase di lavori: non deve essere sospeso neanche un servizio. Il vecchio monoblocco dovrà restare attivo fino a che non sarà pronto il nuovo». Anche queste richieste la Municipalità intende avanzarle pubblicamente, possibilmente in un incontro aperto a tutti. © RIPRODUZIONE RISERVATA


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Nordest

L’ATTESA VENEZIA Una settimana per ottenere 44 voti. Una settimana per convincere la maggioranza dei membri del Cio, il Comitato internazionale olimpico, che il dossier di Milano-Cortina è migliore di quello di Stoccolma-Aare. E che è qui, nelle Alpi italiani, che devono essere disputati i Giochi invernali del 2026. È questa la settimana decisiva in vista del verdetto di lunedì 24 giugno, quando in Svizzera, a Losanna, si terrà la 134ma sessione del Cio con la votazione della città che ospiterà le Olimpiadi tra cinque anni. Il presidente del Coni, Giovanni Malagò, partirà alla volta di Losanna martedì. I componenti della delegazione italiana lo raggiungeranno sabato, visto che domenica mattina è in programma l’inaugurazione della “casa olimpica”, il nuovo quartier generale del Cio. Dopodiché si entrerà nel vivo dei lavori. A caccia dell’ultimo voto. «Ci stiamo giocando tutte le carte, è una partita complicata ma sono ottimista», ha detto ieri a Milano Malagò, in prima fila alla sfilata con cui Giorgio Armani ha presentato, insieme alla sua linea Emporio, le divise ufficiali del team italiano alle prossime Olimpiadi di Tokyo 2020. Sarà sempre Armani a vestire la delegazione italiana - non solo i testimonial sportivi come Alberto Tomba, ma anche i rappresentanti istituzionali, come i sindaci Beppe Sala e Gianpietro Ghedina e i governatori delle due Regioni, Attilio Fontana e Luca Zaia - alla sessione del Cio a Losanna. «Vorremmo che le Olimpiadi Invernali fossero nostre - ha detto ieri il presidente del Coni - In questi giorni c’è una spinta molto forte, un’onda, una carica di entusiasmo».

Domenica 16 Giugno 2019 www.gazzettino.it

Giochi, in divisa Armani a Losanna per vincere Il presidente del Coni fiducioso: «È una `Lettera della Svezia al Cio “contro” l’Italia partita complicata, ma io sono ottimista» Malagò: «Da noi c’è tanto coinvolgimento» `

La presentazione

Pronti i due video firmati Balich

che che mai come in questo momento in Italia c’è una formidabile onda di coinvolgimento, adesione, positività e volontà di avere i Giochi - ha spiegato Malagò Nell’intera popolazione il favore è quasi all’80 per cento: vuol dire che è stata ben presentata la candidatura, forse molti non credevano che si potessero spendere così pochi soldi per promuoverla. Non ho mai detto nulla degli avversari, perché è profondamente vietato, sbagliato e lo considero inelegante. Al di là di quello che loro stanno facendo, io sono convinto dal primo giorno che ce la faremo, ma sono conscio delle dinamiche del voto che non sfuggono a nessuno».

LE DELEGAZIONI

(foto) presenterà i video, uno tecnico e uno emozionale, della candidatura di Milano-Cortina. Ma il produttore che in passato ha realizzato le cerimonie di apertura di Torino 2006, Sochi 2014 e Rio 2016, oltre che a rilanciare il Carnevale di Venezia, ha ottenuto un altro successo, mettendo la firma sull’ennesima cerimonia olimpica. Sarà Balich, infatti, a curare gli show di apertura e chiusura dei Giochi di Tokyo 2020. Ma prima di Tokyo e dopo Losanna, ha pure le Universiadi a Napoli dal prossimo 3 luglio.

Malagò ha annunciato che al seguito della delegazione del Coni che andrà a Losanna ci saranno anche «i vertici» di Inter e Milan, con Steven Zhang, Alessandro Antonello e Paolo Scaroni: «Ho invitato anche Maldini». A fare da testimonial ci saranno sedici atleti che, da Alberto Tomba ad Armin Zöggeler, da Manuela Di Centa ad Arianna Fontana, da Sofia Goggia a Giuseppe Abbagnale e Aldo Montano, in tutto contano 66 medaglie. La Svezia ha arruolato invece non solo il suo primo ministro Stefan Lofven, ma anche la principessa ed erede al trono Vittoria per cercare di convincere le teste coronate - da Anna di Inghilterra ad Alberto di Monaco - che fanno parte del Cio. Per l’Italia a rappresentare il governo ci sarà il sottosegretario Giancarlo Giorgetti. Il vicepremier Matteo Salvini medita un’incursione. Certo che la migliore risposta italiana ai reali di Svezia sarebbe la presenza a Losanna del premier e del Capo dello Stato. Alda Vanzan

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`A Losanna Marco Balich

LA SFILATA Giorgio Armani (al centro) veste l’Italia ai Giochi di Tokyo 2020

“RE GIORGIO” VESTIRÀ NON SOLO I TESTIMONIAL SPORTIVI MA ANCHE I POLITICI DELLA DELEGAZIONE

LA LETTERA Venerdì Malagò ha inviato una lettera ai membri del Cio (in inglese, francese e spagnolo a seconda del destinatario) che il 24 giugno decideranno se assegnare i Giochi invernali del 2026 a Milano-Cortina o a Stoccolma-Aare. Una mossa per ribadire i punti

forti del progetto e che le regole sono state rispettate, anche in reazione alla missiva in inglese inviata ai membri Cio da Gunilla Lindberg, segretaria del comitato olimpico svedese, che conteneva qualche commento poco lusinghiero sulla candidatura italiana. «Nella lettera ho scritto an-

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REGIONE

DOMENICA 16 GIUGNO 2019 IL MATTINO

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Tragedia sulla Triestina

Auto sbanda e si schianta sul pullman Morti padre e figlia di 12 anni, altri 5 feriti Mestre: in ospedale la madre, un figlio di 6 anni in pericolo di vita, l’altra figlia di 7 e una nipote di 14. Ricoverato l’autista del bus MESTRE. Un’auto che sbanda

all’uscita della curva, un botto tremendo tra l’auto e il pullman che proviene in senso opposto e due vite, padre e figlia, che si spengono all’istante. Nell’auto che diventa un groviglio di lamiere restano incastrati anche tre bambini e la mamma di due di loro. I piccoli sono rimasti feriti in maniera grave, uno di loro rischia di morire. Meno grave la donna. Ferito anche il conducente del pullman. Sono le 18.05 di ieri e la Triestina, all’altezza del Montiron, si tinge nuovamente di rosso sangue. E poi ore e ore di caos per la viabilità bloccata proprio nel momento di punta del rientro dei pendolari dalle spiagge. Sul posto due elicotteri del Suem, almeno quattro ambulanze con altrettanti medici rianimatori e sette pattuglie tra polizia locale, polizia di stato e carabinieri. Le vittime sono Andrei Boaghe, 35 anni e la figlia Ana Maria di 12. La famiglia, di origine moldava risiede a Mirano. Il Montiron continua ad essere un cimitero di morti per incidenti stradali. Metro più, metro meno la strada è disseminata di croci. In quel punto, dove ieri sera è avvenuto l’incidente, inizia ad allargarsi dopo essere rimasta per chilometri e chilometri un budello stretto dove è impossibile sorpassare. Ieri pomeriggio la Wolkswagen Touran della famiglia moldava proveniva da Jesolo. Nell’auto oltre Sergei c’è la moglie Liudmila Cavadji, di 37 anni, i loro figli. Con Ana Maria ci sono la sorellina di 7 e il fratellino di 6 anni. I tre sono seduti dietro, con una cuginetta di 14 anni. Il gruppo aveva trascorso la giornata al mare. L’incidente all’uscita di una curva dove la strada già si è già allargata e si è in comune di Venezia. Non è chia-

Il pullman dell’Atvo coinvolto nel tremendo frontale sulla Triestina. A destra l’auto con a bordo una famiglia di origine moldava: due le vittime e cinque i feriti

ro cosa sia successo, sta di fatto che l’auto ad un certo punto finisce sulla corsia opposta di marcia, proprio nel momento in cui sopraggiunge un pullman dell’Atvo. L’autobus era appena partito dall’aeroporto Marco Polo ed è diretto a Latisana. È stato un attimo. I due conducenti praticamente non frenano nemmeno. Lo scontro è tremendo, si sente solo un gran botto. La parte sinistra dell’auto viene sventrata. Il conducente e la figlia che sta seduta dietro a lui muoiono sul colpo. Tra le lamiere restano incastrati tre bambini di sei, sette e quattordici anni e la moglie del conducente che siede davanti. La donna si lamenta mentre i piccoli sono immobili e privi di conoscenza. Sul pullman ci sono l’autista e

L’auto sulla quale viaggiava la famiglia

due passeggeri. Mentre quest’ultimi rimangono illesi l’autista riporta delle ferite leggere. A far scattare i soccorsi un vigile del fuoco che sopraggiunge poco dopo con la sua auto. «È stata come una bomba», ha raccontato ai suoi superiori l’autista dell’Atvo, un 45enne che vive nel Portogruarese e ha alle spalle 20 anni alla guida dei pullman. «L’autista è riuscito a mantenere il sangue freddo nonostante la botta presa», ha spiegato Fabio Turchetto, presidente di Atvo. Il mezzo rimasto coinvolto nell’incidente, che ieri copriva la tratta Venezia-Latisana, aveva solo un mese e mezzo di vita. A bordo c’erano solo due passeggeri che sono stati medicati sul posto. È stato invece portato in pronto soccorso a San Do-

Grandi navi a Venezia, la non scelta di un referendum

Z

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FRANCESCO JORI

L’OPINIONE

ero vale zero. La genialata del ministro Toninelli di affidare a un referendum la scelta sulle grandi navi a Venezia, obbliga a riformulare l’equazione-tarocca dei Cinque Stelle in fatto di politica, uno vale uno. Un parlamento e un governo vengono nominati (e stipendiati) con il preciso scopo di scegliere, specie nelle situazioni più complesse: se non sanno adempiere al compito, che ci stanno a fare? “Ho molti interessi che spaziano dalla let-

nà l’autista che ha riportato ferite non gravi. C’è voluto parecchio lavoro da parte del personale medico e dei vigili del fuoco per soccorrere i feriti rimasti incastrati. La mamma della ragazzina morta è stata trasferita a Mestre in codice giallo, ovvero media gravità. Codice rosso, invece, per i tre bambini coinvolti ricoverati a Mestre, Treviso e Padova dov’è stato portato il più grave, il piccolo di 6 anni. Tutti sono in prognosi riservata, ma il più piccolo ieri sera era in pericolo di vita. Difficile il lavoro degli agenti della polizia locale che hanno terminato i rilievi solo in tarda serata. La Triestina è stata riaperta solo dopo le 22. — Rubina Bon Carlo Mion

tura allo sport”, confida nella propria autobiografia sulla piattaforma Rousseau l’interessato: li coltivi a tempo pieno, gli italiani se ne faranno una ragione. Se dalla rischiata catastrofe della Msc Costa ci sono volute due settimane prima che si decidesse a venire di persona sul posto, figuriamoci per prendersi una responsabilità che gli compete sotto il profilo istituzionale, con i relativi rischi: meglio delegare al popolo. Anzi, scaricare. I veneziani sono abituati

(rassegnati) alla pazienza. Non a caso si chiama Giobbe, uno dei personaggi-chiave dell’ultimo profetico romanzo di Paolo Malaguti sulla morte al buio della città, “L’ultimo Carnevale”. Per il momento, siamo al penultimo: perché è un’autentica carnevalata che un signore travestito da ministro proponga di affidare ad una scheda referendaria una questione carica di implicazioni politiche, tecniche, ambientali, su cui ci si confronta (a vuoto) non da anni ma da de-

cenni. “Venezia è un caso nazionale perché nessuno oggi fotografa meglio ciò che non deve essere la Politica”, segnalava nel 1988 Giorgio Lago, giornalista ma anche profeta; e significativamente, scriveva Politica con la maiuscola. Quasi trent’anni dopo, quell’impietosa analisi rimane più che mai vera e drammatica; semmai, si è aggravata. Con una città irripetibile, ormai cronica vittima della più devastante delle acque alte: decidere di non decidere.

Sappiamo bene, oltretutto, quanto taroccato sia l’istituto del referendum. Nel 1993, sette italiani su dieci votarono per l’abolizione del ministero dell’Agricoltura: a Roma ne presero atto, svitarono le targhe e le sostituirono con altre che recavano la scritta “Ministero delle risorse agricole”. Nel 2017, nove veneti su dieci hanno sostenuto la proposta di autonomia del governatore Zaia: quasi due anni dopo, a Roma sono state fin qui tenute una novantina di riunioni tec-

niche, ma la questione rimane appesa a un tragicomico rinvio seriale. Perché allora riprovarci? La risposta è sconfortante: perché questa, semplicemente, non è politica; e Venezia è la punta d’iceberg di un Paese sempre più sommerso nella palude del rinvio ad oltranza. Giusto trent’anni fa, dopo la catastrofica alluvione del 1966, Indro Montanelli siglava un’appassionata battaglia per Venezia con un amaro quanto bruciante verdetto: “O sono inetti, o sono ladri”. Lo querelarono, ma poi la querela venne ritirata. La sostanza, rimane. — BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI


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REGIONE

DOMENICA 16 GIUGNO 2019 CORRIERE DELLE ALPI

Lo scontro nei partiti

La Lega scommette su Conte commissario Da Re: «La scelta spetta al leader nazionale, nel giro di un mese ci sarà la nomina. Avanti con l’autonomia del Veneto» Albino Salmaso PADOVA. Affossata la nomination di Nicola Finco, giovane padano cresciuto con Fontana e Salvini, prende quota il nome di Mario Conte per la poltrona di commissario della Lega: il sindaco di Treviso è pronto a emulare Giampaolo Gobbo che con Marilena Marin e Franco Rocchetta ha tenuto a battesimo il Carroccio. Il potere è tutto nelle mani del Capitano che nel giro di un mese scioglierà il rebus: si tratta solo di capire se consulterà i big con cui costruire poi le liste per le regionali del 2020 e forse anche per le politiche anticipate, visto che a Roma il governo è alla paralisi. “Tenetevi pronti” ha detto Salvini ai ministri accolti nella sua casa romana. DECIDE SOLO MATTEO

«Il commissario? Lo statuto affida i massimi poteri a Matteo e c’è piena fiducia. Intanto lui mi ha detto di restare alla guida del partito e siamo pronti ad aprire il tesseramento». Toni Da Re, eurodeputato, è il potente segretario della Lega che vanta il record di consensi nelle mappe geopolitiche: 49,8 per cento in Veneto. Lui è il punto di equilibrio tra i padri fondatori come Gobbo e Bossi e la generazione di Salvini e Fontana, con Zaia governatore più amato e intervistato d’Italia. Se Matteo “bombarda” con i tweet e indossa le divise della polizia per infondere ordine e sicurezza, Luca rassicura con la pacatezza e i brindisi al Prosecco, miracolo di una terra passata dall’incubo della cirrosi epatica al business delle bollicine con il marchio Unesco. Cosa divide il Capitano e il Governatore? La strategia di governo. Se per Salvini l’asse con Di Maio è fondamentale per compattare i populisti contrari al rigore Bce-Ue, per Zaia invece i 5 stelle sono da confinare all’opposizione visto che bloccano l’autonomia e le grandi opere con cui si crea oc-

cupazione e cresce il Pil. Mai uno screzio, un battibecco. Solo cinguettii.“Caro Luca, sei un modello di efficienza per l’Italia”. “Caro Matteo, con te la Lega è volata al 34%”. Tagli di nastro e brindisi alla Pedemontana, promesse di federalismo e autonomia che si rinnovano a ogni stretta di mano, senza però diventare mai realtà. E’ la politica dell’annuncio, dei tweet e

Il sindaco di Treviso punto di equilibrio tra le varie correnti Duello con Vicenza dei like. «Salvini ci ha detto di portare pazienza, l’autonomia arriverà, si tratta solo di capire quanto dura il governo e poi bisogna stare attenti alle imboscate in Parlamento, io di Fico non mi fido», conclude Toni Da Re. DI FICO NON MI FIDO

Mario Conte ce la farà a conciliare il ruolo di sindaco e di commissario? Salvini ha chiuso la porta sia ai consiglieri regionali che ai parlamentari e gli altri due nomi autorevoli sono Erika Stefani e Mara Bizzotto, rispettivamente ministro delle Regioni e capogruppo a Bruxelles. Non se ne parla. Nicola Finco è stato costretto al dietrofront perché legato a Luca Zaia? Radio-Lega dice che la gestione della federazione di Verona è stata un banco di prova decisivo per Finco, che ha sì rafforzato il suo legame con il ministro Fontana, ma forse ha ecceduto in decisionismo. Con il pugno di ferro ha presentato una lista con decine di dirigenti da cacciare, stile Flavio Tosi, mentre Salvini vuole allargare il consenso anche alle frange più estreme, con un patto che include persino la destra di Casa Pound. Zaia invece da eterno Dc guarda al centro, con una prateria di voti da conquistare. Due strategie opposte. — BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

Dalle assemblee di Lombardia e Piemonte si entra poi in Parlamento Da sinistra: Da Re, Gentilini, Zaia, Conte e Salvini. A destra Nicola Finco, capogruppo in regione

il malessere dei consiglieri regionali

Penalizzata la squadra di Zaia Salvini blocca solo i veneti PADOVA. “Paroni a casa nostra: questa è l’autonomia” ama ripetere Luca Zaia, ma le chiavi per entrare nel condominio della potente Liga-Lega veneta le ha Matteo Salvini. Il vero duello tra il “Governatore serenissimo” e il “Capitano” si giocherà in primavera. La nuova legge elettorale assegna il 60% dei seggi del consiglio regionale al partito o coalizione che raggiunge il 40% dei voti e la lista “Zaia Presidente” vuole bissare il clamoroso risultato del 2015, quando incassò il 23% con la Lega Nord al 17,8% e la coalizione al 52%. Ma ci sarà ancora il centrodestra unito nel 2020 con il Carroccio al 49,8 in Veneto e al 53% a Treviso? E quali big scenderanno in campo? Gira una

insorgono i renziani esclusi dai posti chiave

Pd, Zingaretti nomina Martella coordinatore della segreteria L’ex deputato veneziano torna in cabina di regia Paolo Gentiloni entra di diritto, il segretario vicario è l’ex ministro Orlando VENEZIA. Nicola Zingaretti ha

nominato la nuova segreteria del Pd: coordinatore sarà il veneziano Andrea Martella, ex deputato. Vicesegretari Andrea Orlando (vicario) e Paola De Micheli; Marco Miccoli

sarà il capo della segreteria politica del segretario. Nicola Zingaretti rompe gli indugi e nomina una segreteria quasi tutta di fedelissimi, senza esponenti vicini a Matteo Renzi, in quella che appare una risposta più decisa e compiuta al caso Luca Lotti-Csm che scuote il partito. Il leader, di fronte al montare dello scandalo, non aspetta la direzione di martedì per annunciare la

sua squadra, della quale sulla carta avrebbe potuto far parte anche Lotti, in segno di apertura ai renziani dialoganti. Ma le condizioni non ci sono più e minaccia di riaccendersi in grande stile la lotta interna, con le minoranze all'attacco del segretario. «Non condivido la segreteria, non è il partito del noi», dice il capogruppo al Senato Andrea Marcucci. «Una bella segreteria, con

L’assessore Roberto Marcato

battuta in riva al Canal Grande, dopo lo stop al capogruppo Nicola Finco che puntava alla poltrona di commissario che dovrà redigere le liste: Palazzo Ferro Fini sta diventando la succursale dei “Piombi” del Ducale ammirati dal ponte dei Sospiri di Venezia, con i consiglieri regionali della Lega “prigio-

donne, giovani, gente di esperienza», commenta Zingaretti, «un altro passo per la costruzione dell'alternativa». Il leader punta ora a coinvolgerle nei dipartimenti, avendo riscontrato dei segnali di disponibilità, esclusa la corrente di Roberto Giachetti che resta sulle barricate. Zingaretti affida a Maurizio Martina la presidenza della Commissione per la riforma del partito e dello statuto del Pd. L'ex segretario reggente, sconfitto al congresso, ma campione dell'unità del partito, fa sapere che la riforma «è una sfida decisiva. Bisogna che le energie Pd ci lavorino insieme; maggioranza e minoranze, circoli, amministratori local». Nella segreteria Paolo Gentiloni entra di diritto. —

nieri”del loro mandato anche per 4 legislature come Federico Caner. Da lì non possono più uscire: porta sbarrata sia per la Camera e il Senato di Roma sia per l’europarlamento di Strasburgo e Bruxelles. Matteo Salvini li ha condannati non a pane e acqua come Silvio Pellico, ma ad esercitare il loro ruolo di amministratori solo in Veneto, con il lauto stipendio di 8 mila euro al mese. Nel consiglio federale di via Bellerio nessuno dei 6 big (Fontana, Da Re, Bitonci, Bizzotto, Marcato e Pretto) ha sottolineato l’anomalia di un divieto che penalizza soltanto i dirigenti che militano nella Lega fin dai tempi di Bossi e Gobbo. I consiglieri regionali della Lombardia, del Pie-

monte e dell’Emilia Romagna sono stati invece eletti nel Parlamento nel 2018, mentre dal Veneto è stato ripescato Franco Manzato che dopo aver gestito l’agricoltura in regione ora ricopre lo stesso incarico da sottosegretario a Roma. Il veto di Salvini alla squadra di Zaia è osservato con religiosa e muta obbedienza al Capitano e ricorda l’ultima stagione della Dc al 32%, dove però si praticava piena libertà di parola e di critica. I dorotei di Bisaglia, stanchi di portare voti a Gava e Andreotti, scaldarono i motori per una Dc stile Cdu-Csu bavarese, prologo del federalismo. Il no di Piazza del Gesù spalancò la porta alla prima ondata leghista al Nord, con gli slogan roventi contro Roma ladrona. Trent’anni dopo, finita l’éra Bossi e Rocchetta, è sempre Milano che detta le regole a Venezia, con Luca Zaia che deve chiedere le chiavi di casa a Matteo Salvini. — Albino Salmaso BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

la Forza dei numeri

Nella Lega Italia il Leòn vale “solo” il 13,4% dei voti

Andrea Martella, Pd

Marcucci, capogruppo al Senato: è un altro passo per costruire l’alternativa

Certo, in Veneto, un elettore su due, ha scelto Matteo Salvini. Ma quanto vale la Liga Veneta, che ha raccolto 1.234.610 voti, nella Lega tricolore che ha raggranellato nello Stivale 9.153.638 consensi? La quota del Leòn è pari al 13,4%. Una quota assai ridotta rispetto al 23% della Lega Lombarda (2.107.080). Seguono Piemonte (813.005), Lazio (793.889) ed Emilia-Romagna (753.948).


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PRIMO PIANO

Domenica 16 Giugno 2019 Corriere del Veneto

Politica I fronti aperti

Lega, è guerra per il commissario Salvini blocca Finco, consiglieri regionali in rivolta e Capitano sotto accusa. Rebus sui nomi

La vicenda ● Venerdì sera durante il consiglio federale della Lega, tre decisioni hanno scontato la Lega veneta ● Il nome di Nicola Finco, capogruppo in Regione, come commissario per la gestione del partito dopo l’elezione di Toni Da Re in Europa, è stato respinto ● È stato nominato un altro lombardo, Andrea Crippa, vice segretario federale ● I veneti sono stati esclusi dalla commissione che sta scrivendo il nuovo statuto

La nomina di un altro vice segretario federale in quota Lombardia, certo. L’assenza di veneti nella commissione che redigerà il nuovo statuto del partito, sicuramente. Ma nonostante il polverone che si è alzato, a far infuriare i leghisti del Veneto è stato in realtà un punto soltanto, tra quelli all’ordine del giorno del consiglio federale di venerdì: la mancata nomina da parte di Matteo Salvini del capogruppo in Regione Nicola Finco quale commissario chiamato a succedere fino al congresso al segretario Toni Da Re, eletto in Europa. Perché la nomina di Andrea Crippa nel ruolo di terzo dei tre vice segretari (gli altri due sono il ministro Lorenzo Fontana, veneto, e il sottosegretario Giancarlo Giorgetti, lombardo) potrebbe rivelarsi piuttosto ininfluente in un partito in cui decide sempre tutto Salvini. E perché la commissione statuto, senza dubbio importantissima, rischia di avere un ruolo ancillare rispetto a Roberto Calderoli, vero estensore materiale del testo su cui metterà radici la nuova Lega nazionale (lo statuto, peraltro, poi dovrà essere votato dal congresso federale). Ben diversa, perché di sostanza, è invece la questione del commissario, che sarà chiamato a gestire in coabitazione con Salvini e il governatore Luca Zaia la VENEZIA

I protagonisti 1

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composizione delle liste e la campagna elettorale per le Regionali del 2020. I consiglieri regionali, con il placet di Zaia e il convinto sostegno di Fontana, avevano suggerito Nicola Finco, capogruppo a Palazzo Ferro Fini, garante della pax tra i big che godono di cospicui consensi sul territorio. Ma Sal-

1 Matteo Salvini, vicepremiere segretario federale della Lega 2 Lorenzo Fontana, ministro della Famiglia e vice segretario federale 3 Nicola Finco, capogruppo in Regione 4 Luca Zaia, governatore del Veneto

vini ha detto stop: «Non ritengo opportuno che a gestire le Regionali sia un candidato alle Regionali». Obiezione non del tutto priva di ragioni, anche se va detto che le Politiche sono state gestite dai segretari provinciali, poi tutti in lista per le Politiche, e le Europee sono state gestite da Da Re, poi in lista

per le Europee. Perché loro sì e Finco no? Da tempo, in Veneto, i consiglieri regionali, detentori di decine di migliaia di preferenze, lamentano un ostracismo nei loro confronti, plasticamente rappresentato dal diniego sistematico a correre per le altre competizioni. Gelosie di parlamentari ed europarlamentari? Al Ferro Fini più d’uno chiama in causa non meglio precisati «timori» di Salvini nei confronti di Zaia (che non perde occasione per proclamarsi leale al segretario), una tesi condivisa dall’ex segretario della Lega Flavio Tosi: «Salvini? Sta cercando in maniera felpata di depotenziare Zaia e la Liga Veneta all’interno della Lega. Dopo la mia espulsione e la marginalizzazione di Maroni - attacca Tosi Zaia è l’ultimo leader rimasto nel partito che può fare ombra a Salvini e che può mettere in discussione la nuova Lega nazionale e non più autonomista». Ora, detto che il problema va inquadrato nelle giuste proporzioni (chiunque faccia il commissario, a dare le carte alle Regionali sarà sempre e solo Zaia), il malcontento c’è e si concentra essenzialmente su tre aspetti. La linea politica: chi decide dove va il partito? Perché l’autonomia è finita in uno stallo irreversibile? L’organizzazione: la vita di sezione, uno degli

aspetti che ha sempre contraddistinto la Lega (e l’ha tenuta in piedi nei momenti più duri) è azzerata; il confronto è inesistente, nel frattempo, nell’ottica del gigantismo, si è aperto il tesseramento a chiunque. Il rapporto con Salvini: in Veneto il Capitano con chi parla? Con chi si confronta? Chi sono gli ufficiali di collegamento? Non si sa. Al punto che molti si dicono convinti che il rinvio del commissariamento sia dettato da ragioni assai più banali di quelle su cui ci si arrovella: «Salvini non sa che fare». D’altronde, «può avere come unica bussola like, sondaggi e report sull’andamento dei profili social?». Nell’attesa, impazza il toto nomi. In altre tempi sarebbe stato il momento giusto per Gianpaolo Dozzo, il signor Wolf che ha risolto parecchi problemi al Carroccio. Ma quel tempo è passato. Potrebbe essere allora un sottosegretario, come è accaduto in Friuli Venezia Giulia con Vannia Gava (Massimo Bitonci? Franco Manzato?), o un sindaco, come quello di Treviso Mario Conte. Oppure un parlamentare. Ma tra Camera e Senato c’è qualcuno così autorevole ed esperto da non farsi mettere sotto dallo scafatissimo gruppo regionale, ora pronto ad andare alla guerra? Ma. Bo. © RIPRODUZIONE RISERVATA


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Nordest

UN’ALTRA SCOSSA DI TERREMOTO IN FRIULI Una nuova scossa di terremoto di magnitudo 3,5 della scala Richter è stata registrata in provincia di Udine alle 6.12 di ieri con epicentro Tolmezzo

Domenica 16 Giugno 2019 www.gazzettino.it

Lega, i militanti veneti in rivolta La base del partito in fermento dopo le decisioni di Salvini `Fa discutere la scelta di escludere un’altra volta i regionali Ma via Bellerio prova a minimizzare: nessuna polemica Incrinati i rapporti tra Salvini e il vice segretario Fontana `

IL CASO VENEZIA È alta tensione nella Liga Veneta dopo le scelte del segretario Matteo Salvini. La nomina di un terzo vice lombardo, con un rapporto nella segreteria di 3 a 1 per Milano. L’esclusione dei veneti dalla nuova commissione statuto. Soprattutto la decisione di escludere i candidati consiglieri regionali, e cioè gli uomini e le donne più vicini al governatore Luca Zaia, dal ruolo di commissario del partito per evitare che vengano avvantaggiati nella campagna elettorale del prossimo anno, mentre analoga decisione non è stata compiuta alle recenti Europee con il candidato-segretario Toni Da Re. Da Matteo Salvini nessun commento, anche se fonti vicini alla segreteria tendono a minimizzare le polemiche, giungendo perfino a negare non solo che ci sia un problema con il Veneto, ma addirittura che nel corso del consiglio federale di venerdì si sia affrontato il capitolo del commissario. Cosa che invece è contraddetta da molti esponenti di primo piano del partito veneto. Un segno evidente della situazione delicata che sta vivendo la Lega.

Ma se la Liga veneta sostiene di non essere considerata da Salvini, non è che i ministri leghisti veneti possano dirsi privilegiati. La vicentina Erika Stefani è irritatissima per aver lavorato un anno sul fascicolo dell’autonomia per portare a casa solo gli stop del M5s. E con il veronese Lorenzo Fontana si sarebbe addirittura registrata una rottura con il Capitano. Il fatto di essere stato testimone di nozze di Fontana, non ha impedito al segretario federale di ignorare le sue proposte: Fontana aveva proposto con il placet di Zaia il capogruppo in Regione Nicola Finco per il ruolo di commissario veneto? Salvini di fatto ha detto no. Fontana aveva chiesto di candidare a Bruxelles non il suo portaborse Paolo Borchia, ma l’assessore al Commercio del Comune di Verona Nicolò Zavarise? Salvini ha preferito Borchia. Chi c’era a Breganze, all’apertura del primo tratto della Pedemontana, racconta di un gelo tra i due. C’è anche chi cerca di dare una lettura meno polemica della vicenda: contiamo poco - è il ragionamento - non solo perché i voti presi in Veneto in termini assoluti sono quanto quelli di Toscana e Umbria messe assieme, ma soprattutto perché siamo divisi e questo ci fa perdere autorevolezza di fronte ai lumbard.

Il vertice leghista Il segretario federale della Lega Matteo Salvini. A lato, dall’alto, i tre vice: Andrea Crippa, nominato venerdì scorso; Giancarlo Giorgetti; Lorenzo Fontana. Dei quattro solo Fontana è veneto

IL MALCONTENTO Nelle scelte annunciate venerdì dal Capitano al consiglio federale di via Bellerio, c’è chi legge anche l’isolamento dell’unico vicesegretario veneto, il ministro Lorenzo Fontana. Che forse paga quel sostegno al congresso della famiglia a Verona che un po’ ha messo in imbarazzo la componente più laica del Carroccio, accentuando anche le frizioni con

L’ESPULSO TOSI: «STANNO CERCANDO DI DEPOTENZIARE ZAIA, L’UNICO CHE PUÒ FARE OMBRA AL SEGRETARIO»

gli alleati pentastellati. Fatto sta che in Veneto la tensione è alle stelle. Una rabbia che sta montando soprattutto tra i militanti: se prendiamo il 50% dei voti - è la considerazione - perché Salvini ci taglia fuori? Perché al vertice mette solo lombardi? Ha forse paura di essere messo in ombra dall’unico che può competere con la sua leadership e che tra l’altro supera tutti i sondaggi di gradimento, vale a dire il governatore Luca Zaia? A metterli in fila, gli indizi salviniani paiono alla base leghista prove schiaccianti della volontà di mettere all’angolo una regione buona sola a portare voti, ma a contare poco o nulla nelle deci-

sioni al vertice: Politiche 2018, ai consiglieri regionali veneti Salvini vieta di candidarsi alle Politiche, però in altre regioni lo stesso principio non vale. Lo scenario si ripete un mese fa, con le Europee: regionali veneti stoppati, regionali lombardi ammessi in lista. «La storia è ciclica - confida un colonnello del partito - Una volta ci lamentavamo di Bossi che ci teneva all’angolo, Salvini sta facendo la stessa cosa». E c’è chi ricorda che un anno fa, al tavolo di trattativa con il M5s per definire il contratto di governo, non c’era neanche un veneto. Dopodiché, c’è chi sommessamente obietta: ma perché al consiglio federale i veneti stanno sempre zitti?

L’ESPULSO

De Menech (Pd)

Tempesta Vaia, bocciata la zona franca VENEZIA Salta l’emendamento presentato dal deputato Roger De Menech (Pd) per l’istituzione in Veneto di una zona franca a ristoro dei danni per l’alluvione di ottobre. «L’emendamento dice De Menech - riprendeva la sollecitazione delle associazioni di categoria. Il governo metterà la fiducia sul decreto crescita che arriverà in aula la settimana prossima e quindi ha fatto decadere decine di emendamenti e, di conseguenza, la possibilità di

adattare almeno in parte la legge alle esigenze dei territori. Ormai ci hanno abituato che le decisioni vengono prese a Roma da un gruppo ristrettissimo di persone e poi applicate indifferentemente in tutto il Paese. È il contrario del federalismo, ma questa è la Lega». Non sarà discusso neppure l’emendamento, sempre a firma De Menech, con cui si attenuavano le sanzioni per la guida di autoveicoli immatricolati all’estero.

Flavio Tosi, già sindaco di Verona ed ex segretario della Liga Veneta prima dell’espulsione nel 2015, accusa il segretario: «Salvini sta cercando in maniera felpata, dolce e morbida di depotenziare Zaia e la Liga Veneta all’interno della Lega. Dopo la mia espulsione e la marginalizzazione di Maroni, Zaia è l’ultimo leader rimasto nel partito che può fare ombra a Salvini e che può mettere in discussione la nuova Lega nazionale e non più autonomista». E ancora: «È evidente che in questo contesto l’autonomia non si farà mai e che Salvini sta uccidendo il 50% del consenso che la Lega ha in Veneto». Alda Vanzan © RIPRODUZIONE RISERVATA

Sant’Antonio, il cammino fino a Gemona 47x14

OFFERTA IMPIEGO LAVORO Si precisa che tutte le inserzioni relative a offerte di impiego lavoro devono intendersi riferite a personale sia maschile che femminile (art.1, legge 9/12/77 n. 903). Gli inserzionisti sono impegnati ad osservare la legge CERCHIAMO UN IMPIEGATO/A amministrativo per nuovo inserimento in azienda privata del Commercio, preferibile titolo di studio di ragioneria o simili e/o laurea in

materie. Orario full-time. Luogo di lavoro: Mestre/Venezia. Si richiede massima serietà e disponibilità. Inviare Curriculum a: ornella@continiarte.com AUTISTA NICOLI Trasporti Spa cerca autista autoarticolato con esperienza per filiale di Udine. E’ gradita esperienza nel trasporto di materiale per i settori siderurgico ed edile. Inviare curriculum a: personale@nicoligroup.com o chiamare il 035.7756241

DEVOZIONE E TURISMO Gli ex voto nel santuario di Sant’Antonio a Gemona del Friuli. Fin qui arriverà il Cammino che partirà da Messina

IL PROGETTO TRIESTE Cammino di Sant’Antonio da Capo Milazzo a Padova, nella partita entra anche il Griuli Venezia Giulia. L’assessore regionale al Turismo Sergio Emidio Bini ha illustrato alla giunta la proposta, pervenuta dalla Pontificia Basilica del Santo di Padova, per l’adesione del Friuli Venezia Giulia alla realizzazione del Cammino di Sant’Antonio, da Campo Milazzo, in provincia di Messina, a Padova via Assisi, percorso che potrebbe essere prolungato appunto fino a Gemona. L’ipotesi, ha spiegato Bini, si riferisce all’inserimento del tracciato da Padova a Gemona nell’Atlante dei Cammini d’Italia, curato dal ministero delle Politiche agricole

alimentari, forestali e del turismo. Una opportunità, ha rimarcato, per far conoscere il Friuli Venezia Giulia anche attraverso il turismo slow, rappresentata dai pellegrinaggi della fede, che seguono i percorsi tracciati dalle figure emblematiche della Chiesa cattolica.

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ILLUSTRATA IN GIUNTA REGIONALE LA PROPOSTA DI ESTENDERE AL FRIULI IL TRAGITTO DA CAPO MILAZZO

La proposta, sostenuta dal Santuario di Sant’Antonio di Gemona del Friuli, dalla Regione, da PromoTurismoFvg e dall’Università di Udine, sta coinvolgendo tutti i Comuni friulani attraversati dalla ipotetica direttrice del Cammino, nonché i Comuni veneti delle provincie di Padova e Treviso dove si trovano, rispettivamente, Castelfranco Veneto e Conegliano. I Cammini hanno ottenuto un riconoscimento a livello nazionale attraverso un sistema di censimento e valorizzazione realizzato dal ministero con l’obiettivo di dare vita a una rete di mobilità slow che possa dotare il Paese di una infrastruttura modale di vie verdi atta a offrire la possibilità di spostarsi lungo l’Italia a piedi. © RIPRODUZIONE RISERVATA


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DOMENICA 16 GIUGNO 2019 LA NUOVA

VENEZIA

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Lido, maxi resort I dubbi dei comitati «Distretto sanitario troppo piccolo» Lihard: il monoblocco non si tocca, daremo battaglia Caner: ce ne sarà uno nuovo, costruito per primo Roberta De Rossi «Il Monoblocco non si tocca, mobiliteremo i cittadini sia come Coordinamento associazioni ambientali del Lido sia come Comitato difesa della sanità pubblica». Così Salvatore Lihard commenta il progetto per trasformare l’ex ospedale al Mare in un’attività ricettiva di lusso gestito da Club Med e Th Resort, presentato dall’Agenzia per lo Sviluppo del Comune di Venezia e dalla Cassa Depositi e Prestiti con il ministro Centinaio: operazione – alla fase iniziale – da 132 milioni di euro. Progetto che prevede proprio l’abbattimento del Monoblocco, per trasferire la sede dell’attuale distretto sanitario nell’edificio alla sinistra del vecchio ingresso, dove un tempo era ospitato il punto di primo intervento. Con la nuova piscina termale in uso promiscuo tra terapie e ospiti. Sulla trasformazione alberghiera dell’ex ospedale, nessuno ha più nulla da obiettare. Ma sul “come” e sul “cosa”, sì. «La presentazione è stata quasi un’azione carbonara all’interno chiesetta sconsacrata risistemata con il cartongesso», commenta il portavoce di comitati ambientalisti dell’isola e dell’Associazione Difesa della sanità pubblica (la stessa

che si è mobilitata in difesa della specialità dell’ospedale civile, infine, confermata dalla Regione), «l’idea è che i cittadini devono stare fuori dai piedi, sebbene la Cassa Depositi e Prestiti ci avesse assicurato che saremmo stati convocati per un confronto sul masterplan. Che non c’è, come non c’è un piano di fattibilità: solo un semplice rendering, dal quale non si capisce niente». Il cuore del problema è il destino del distretto sanitario. «Siamo fortemente preoccupati dall’abbattimento Monoblocco», insiste Lihard. Un occhio alla struttura stessa e uno ai servizi che ospita. «Abbatterlo ha costi notevolissimi: poteva diventare un grande albergo con un semplice restauro esterno», osserva ancora Lihard, «altra cosa sono i servizi. Siamo preoccupati che non abbiamo riservato un adeguato spazio al distretto sanitario: non vogliono spendere per il restauro dell’ex Ginecologia, che poteva essere una sede adeguata, così ora puntano su un altro edificio, che temiamo troppo piccolo. Anche la soluzione della piscina promiscua è insensata: oggi nel Monoblocco ci sono 3 piscine, una grande e due piccole. Un vanto, perché il Lido è l’unico polo sanitario dove l’idro-chinesiterapia si fa con l’acqua di mare, con vantaggio per i pazienti,

oPeraZione da 132 milioni

Un centro turistico per rilanciare l’isola nel giro di tre anni L’operazione per trasformare l’ex Ospedale al Mare del Lido di Venezia in un grande centro turistico-alberghiero di lusso, prevede un investimento di 132 milioni da parte di Cassa Depositi e Prestiti, proprietario del complesso, dopo il passaggio dall’Usl al Comune, a Est Capital e ritorno (con liti giudiziarie ancora aperte). Obiettivo realizzare un polo ricettivo con un alber-

Come sarà uno degli hotel

perché il peso specifico è minore. Poi il problema parcheggi: oggi quello del Monoblocco viene completamente occupato dalle auto dei pazienti e dalle ambulanze. Dove andranno a finire? Nel rendering non ce ne è traccia. Siamo preoccupati anche perché siamo reduci dall’esperienza disastrosa con Est Capital, finita nel grande “buco”. Eppoi, negli anni – l’Usl dice per mancanza di medici – si è andato riducendo Ortopedia, Medicina generale, le specialità sono a part time, come Radiologia: non è possibile avere macchinari nuovi e utilizzarli solo la mattina. Non vorremmo che questa cosa portasse acqua all’Usl per un ridimensionamento totale. La nostra proposta? Mantenere distretto e piscine al Monoblocco, vendere l’area ex Ginecologia e con i soldi ristrutturarlo all’esterno. Ricordando che bisogna trovare uno spazio adeguato e aperto anche al Centro di salute mentale». Ieri l’Asl 3 Serenissima ha preferito non commentare, pur confermando – come sempre dichiarato – che i servizi attuali saranno garantiti in futuro. L’assessore regionale Federico Caner ha promesso: «Il monoblocco sarà demolito, ma prima ne sarà realizzato uno analogo per mantenere tutti i servizi». –

il Progetto

Due resort di lusso con 500 stanze al Lido Il progetto di Club Mediterranée e Th Resorts per il recupero dell’ex ospedale al mare, dove saranno realizzati due resort con 525 camere, prevede anche l’abbattimento del monoblocco sanitario.

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go a quattro stelle gestito dal Gruppo Th Resorts e un resort di lusso gestito dal Club Mediterranée, per un totale di 525 camere, aperto nove mesi all’anno. Il masterplan - prima definizione architettonica, ancora lontana da un progetto esecutivo - è stato presentato venerdì. L’intervento prevede il mantenimento e la ristrutturazione di buona parte degli ex padiglioni sanitari e l’abbattimento di alcuni di essi - i più fatiscenti - ricostruendoli però nello stesso stile, per mantenere la conformazione architettonica del complesso: resta da vedere quali saranno le disposizioni della Soprintendenza. Il progetto - che secondo i firmatari dovrebbe essere realizzato in 3 anni - pre-

vede l’abbattimento del Monoblocco che ora ospita il Distretto sanitario del Lido, per lasciare libera la visuale verso la spiaggia: servizi sanitari trasferiti nell’edificio del vecchio ingresso dell’ospedale, destinato a ospitare anche la nuova piscina per l’idrochinesiterapia, aperta al pubblico oltre che agli ospiti del Club Med. A firmare il progetto dell’allestimento è lo studio King & Roselli Architetti, che ha già curato pe ril Club Med il primo resort italiano a Cefalù. La spiaggia, che Cassa Depositi ha già ottenuto in concessione dal Demanio, sarà mantenuto l’attuale aspetto naturalistico con le dune, che si è creato negli anni. Recuperato e restaurato anche il Teatro Marinoni. —


PONTE NELLE ALPI - LONGARONE - ALPAGO - ZOLDO

DOMENICA 16 GIUGNO 2019 CORRIERE DELLE ALPI

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Un territorio fragile il geologo salti

«La porzione demolita si è ridotta in sabbia» ALPAGO.La frana di Schiu-

La frana di Schiucaz che incombe sulle abitazioni della frazione

Microcariche sulla frana martedì il secondo round La Regione vuole far cadere il materiale rimasto in piedi dal lato opposto alle case Per i 17 sfollati si prospetta il ritorno a casa verso la fine di luglio Francesco Dal Mas ALPAGO. La frana di Schiucaz

verrà di nuovo affrontata con l’esplosivo martedì, probabilmente nel primo pomeriggio, per far precipitare quel poco che è ancora rimasto in piedi. Dalla parte opposta del borgo. Subito dopo, se non ci saranno precipitazioni piovose tali da rimettere in movimento il materiale, il grossista di bevande potrà rientrare nel suo capannone, ma solo di giorno e solo accompagnato dagli uomini della protezione civile. Per i 17 sfollati la data del ritorno stabile in casa potrebbe essere a fine luglio, al più tardi ai primi di agosto. C’è chi si chiede perché l’esplosione dell’altro giorno non abbia registrato gli effetti attesi. «No, l’operazione si è svolta secondo quanto pro-

grammato. Ne è buon testimone il geologo Salti, uno dei tecnici», afferma l’assessore regionale Gianpaolo Bottacin, titolare della Protezione civile. «Qualcuno si aspettava il crollo a valle di tutto il corpo della frana? Credo sia piuttosto evidente che se fosse stato “tirato giù” tutto il materiale instabile in un sol colpo, i 6000 metri cubi avrebbero superato le barriere e si sarebbero riversati sulle abitazioni danneggiandole pesantemente». L’obiettivo di Veneto Strade, Regione, Comune e degli esperti era invece quello di “sbriciolare” la parte più alta (e pericolosa) per asportarla con mezzi meccanici. «Cosa che abbiamo sempre detto e che è stata fatta», sottolinea Bottacin. «Adesso la parte alta, come ha dichiarato Danilo Coppe, massimo esperto di esplosivi, è diventata un

mucchio di sabbia facilmente asportabile con mezzi meccanici». Sono dunque 6 mila circa i metri cubi da asportare. L’area è già stata individuata; verrà costruito un terrapieno lungo il torrente Borsoia, in un sito di proprietà del Genio Civile. «Stiamo facendo tutto il possibile e anche l’impossibile per salvare le case e far rientrare le persone nelle proprie abitazioni. Faccio presente che noi questa frana l’abbiamo presa in carico un mese fa perché prima era gestita dalla Provincia. E in Centro Italia sono ancora sfollati e in mezzo alle macerie da 3 anni. Noi contiamo di far rientrare tutti nel giro di un mese e l’attività produttiva nel giro di qualche giorno», commenta l’assessore regionale Bottacin. Per il cantiere c’è stato un primo stanziamento di 200 mila

ponte nelle alpi

Cobra: è il nome della gang della rissa furibonda di Polpet PONTE NELLE ALPI. Una gang

di nome “Cobra”. Un gruppo misto di giovani italiani e marocchini che per giorni avrebbe seminato il panico fuori e dentro la sagra di Polpet e una notte di fine estate dell’anno scorso avrebbe partecipato a una rissa furibonda nel parcheggio del negozio Expert di viale Dolomiti con altri ragazzi italiani. Sono più o meno le 3 del mattino quando Un 18enne

bellunese viene più volte colpito con calci e pugni in piena faccia e qualcuno gli spacca letteralmente la testa, mandandolo all’ospedale San Martino, con fratture craniche per una prognosi superiore ai 40 giorni. È questo l’episodio che ha scatenato le indagini della Procura della Repubblica, che una decina di giorni fa sono culminate in undici perquisizioni domiciliari con il

sequestro di telefonini, tablet e computer da parte degli agenti della Squadra mobile. I poliziotti cercavano anche droga, tanto è vero che quando hanno bussato all’alba erano con loro anche dei cani abituati a fiutarla, ma non risulta che siano stati sequestrati stupefacenti, a parte il fatto che è tutto secretato. Gli undici, alcuni dei quali ancora minorenni ma non an-

L’ASSESSORE REGIONALE BOTTACIN CONFERMA LA RIUSCITA DEL PRIMO INTERVENTO

«L’obiettivo era quello di sbriciolare la parte alta per poterla poi portare via utilizzando i mezzi meccanici» cora presi in carico dalla Procura dei Minori di Venezia, si vedono contestare reati gravissimi dalla magistratura, a cominciare dall’associazione a delinquere. Ma poi ci sono violenza sessuale di gruppo, rapina, atti persecutori e anche lesioni aggravate. La violenza sessuale non è per forza uno stupro: molto più probabile che sia trattato di palpeggiamenti ai danni di una ragazza, che potrebbero essere stati il detonatore della zuffa successiva, quando ormai i cancelli della sagra erano chiusi e la musica spenta. Le data da focalizzare sono: 31 agosto, 2 settembre e 12 novembre. Le lesioni sono quelle causate dalle botte date e prese; ci dev’essere sta-

euro. La somma non è ancora esaurita. Ma al termine dell’operazione si ritiene che l’esborso da parte del Commissariato per la ricostruzione sarà superiore al mezzo milione. «Le famiglie non si preoccupino, tutte le spese le stiamo pagando noi, sia degli alberghi che delle case in affitto. Certo, è un gravissimo disagio quello che stanno affrontando. Ma ci vuole almeno un mese da pazientare, forse anche qualche giorno di più; basta che piova per qualche ora perché si verifichino dei ritardi». Intanto una prima soluzione sarà trovata per il grossista di bevande che ha l’attività sacrificata. La Protezione civile ed il Comune di Alpago hanno cercato dei capannoni da affittare per qualche settimana, in modo da consentire la ripresa del lavoro. L’esito è stato però negativo. Si è così deciso, una volta fatta cadere l’intera frana e liberata almeno una corsia della strada, di consentire all’imprenditore di rientrare nel suo magazzino. Dovrà, però, farsi accompagnare – ovviamente di giorno – dagli uomini della stessa Protezione civile, dopo che questi avranno verificato l’inesistenza di movimenti sulla montagna. «Si tratterà», anticipa Bottacin, «di veloci ingressi, tutti blindati». — BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

to un furto con strappo qualificato dal Codice Penale come rapina e lo stalking sarebbe stato consumato ai danni del ragazzo picchiato che ha sofferto le conseguenze più pesanti. Gli indagati non sono stati ancora interrogati, ma non è difficile immaginare che re-

Proseguono le indagini della magistratura sugli undici perquisiti dalla Squadra mobile spingano tutti gli addebiti e si proclamino innocenti. Uno di loro sostiene di essere stato all’estero nel periodo contestato e, a suo dire, non

caz ha delle caratteristiche che la rendono unica nel Bellunese. Lo ha spiegato sul suo profilo Facebook il geologo Luca Salti, che ha seguito fin dall’inizio il dissesto. «Basti pensare», spiega Salti, «che nella prima settimana tutto il pendio si muoveva di un metro al giorno e, a mano a mano che si verificavano i vari crolli dal ciglio, rallentava il suo corso, a causa della progressiva perdita di peso, fino ad arrivare a velocità di qualche centimetro al giorno, misurate dal sistema di controllo/allarme installato». Dunque l’obiettivo principale dell’intervento di venerdì, spiega, coordinato da Danilo Coppe, tra i massimi esperti internazionali di esplosivi, «non era quello di far “esplodere la frana ma di frantumare l’ammasso roccioso rendendolo molto più lavorabile dai mezzi di scavo meccanici. Secondariamente l’esplosione ha permesso anche un ulteriore alleggerimento del carico in testa alla frana, senza chiaramente eccedere per non creare problemi alle sottostanti abitazioni. La porzione demolita è stata poco visibile, in quanto la fragile roccia coinvolta dall’onda d’urto, si è ridotta in sabbia, colando nella depressione presente alla base della frana». La parte alta del dissesto, spiega Salti, dopo l’esplosione si è abbassata di altri due metri circa «permettendo di ricavare uno spazio utile per iniziare le operazioni di scavo meccanico con il “ragno” che verrà ancorato in sicurezza e procederà dall’alto verso il basso. Così facendo la riprofilatura sarà controllata riducendo notevolmente il pericolo per le sottostanti abitazioni». —

può c’entrare nulla con quello che è successo. I loro difensori Ponticiello, Mauro Gasperin e Riccitiello non hanno ancora in mano niente di concreto, al di là del decreto di perquisizione e sequestro, e dovranno aspettare l’avviso di fine indagini per avere accesso agli atti della Procura e decidere come impostare la strategia difensiva. A quel punto gli indagati potranno decidere di essere sentiti dal magistrato titolare dell’inchiesta o potranno produrre delle memorie, ma non è ancora il momento. Una domanda se la pongono un po’ tutti: perché la perquisizione, a più di sei mesi dalle contestazioni? — Gigi Sosso BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI


VII

Primo Piano

Domenica 16 Giugno 2019 www.gazzettino.it

Porto crociere, l’ora delle scelte

Navi a Chioggia, serviranno 700 milioni Nessuna ipotesi è stata finora avanzata ufficialmente ma serviranno almeno 100 milioni per spostare il Gpl `

La cifra totale si raggiungerebbe finanziando lo scavo di 6 milioni di metri cubi di fanghi e le opere infrastrutturali `

potrà andare il deposito. Però la legge ci può aiutare: in aree industriali anche dismesse o in zone di scarsissima densità abitativa». Per la croceristica, servirebbero, poi opere infrastrutturali “dirette”, come lo scavo del canal Lombardo e del bacino di evoluzione delle navi, e il terminal passeggeri. Qui la valutazione dell’Autorità portuale è che sia necessario spostare cinque-sei milioni di tonnellate di fanghi dei quali dovrà essere valutato il grado di inquinamento. Se saranno “puliti” (come ha ipotizzato lo stesso ministro Toninelli, in base a controlli eseguiti nel 1993) smaltirli (in zona lagunare) costerà relativamente poco, ma se saranno “inquinati” il costo sarà molto più alto. E poi ci sono le opere “indirette”: adeguamento della Romea e delle ferrovia Chioggia-Venezia per permettere ai croceristi di raggiungere la “capitale del Veneto”, meta ultima del loro viaggio.

CROCIERE IN VAL DA RIO CHIOGGIA Portare la croceristica a Chioggia potrebbe costare, tra oneri diretti e indiretti, almeno 700 milioni. Ma una firma sotto questa valutazione non la metterebbe nessuno: si tratta di una somma “spannometrica” basata su alcuni dati conosciuti (ma, probabilmente, da aggiornare), altri sconosciuti e altri ancora soggetti a trattativa di mercato.

SPOSTARE IL GPL Tra questi ultimi rientra certamente lo spostamento del deposito gpl che è stato costruito nel porto di Val Da Rio, lo stesso dove dovrebbero attraccare le navi dei turisti. Che i due traffici siano «incompatibili», l’ha già detto il sindaco di Chioggia, Alessandro Ferro, ed è scontato agli occhi dell’opinione pubblica. Ma il deposito gpl è, praticamente, terminato e in attesa di autorizzazione all’esercizio. Mandarlo via, per far posto alle navi passeggeri, appare, a dir poco, complesso dal punto di vista giuridico (le sentenze dei tribunali sono sempre state favorevoli all’azienda costruttrice) e la transazione economica sancirebbe, di fatto, il riconoscimento della legittimità dell’impianto. Alla Costa Bioenergie, proprietaria del deposito, comunque, non è giunta, né in via ufficiale, né ufficiosa, alcuna proposta di “indennizzo” per un eventuale trasloco e, di conseguenza, la società non ipotizza alcuna cifra. Anche perché l’impianto di Chioggia, nelle intenzioni dichiarate, sarebbe strategico per il nord Italia, dove la control-

IL SINDACO FERRO: «SONO INTERVENTI IMPORTANTI CHE LA CITTÀ CHIEDE COMUNQUE DA MOLTO TEMPO»

lante Socogas ha la maggior parte dei suoi clienti. Anche il sindaco Ferro si affida, nel caso in cui la cosa si potesse concretizzare, alle «valutazioni di tecnici esperti, che sapranno stimare i giusti valori».

IMPIANTO DA 35 MILIONI L’unico valore noto, però, è il costo di costruzione dell’impianto: 35 milioni, stimato da Socogas. Se, per traslocare, servissero quattro, cinque o sei anni, la società chiederebbe, ovviamente, di essere risarcita per i mancati guadagni in quel periodo di tempo. E se la nuova collocazione compor-

Dove volete il porto? È online il sondaggio sul sito de Il Gazzettino “Grandi navi via da Venezia. Quale soluzione alternativa secondo voi è la migliore?” : è il quesito che da ieri il nostro giornale lancia tra i lettori sul sito internet www.ilgazzettino.it. Un modo per testare l’opinione pubblica. Il ministro Toninelli vuole proporre un referendum.

I No-gpl: «Basta decisioni che non coinvolgono la città» I COMITATI CHIOGGIA «La decisione sulla croceristica non può essere calata dall’alto, ma deve coinvolgere tutta la città». Pone una questione di metodo, Roberto Rossi, presidente del Comitato No-gpl. La grande discussione, sviluppatasi in questi giorni, sulla possibilità che la creazione del terminal croceristico a Chioggia permetta di “sloggiare” il deposito gpl di Punta Colombi, non lo convince.

GPL TROPPO VICINO «Il deposito se ne deve andare – dice – semplicemente perché un simile impianto a poche decine di metri da case, scuole e attività varie, non ci può stare». E questo, secondo il Comitato, vale «indipendentemente» dalla presenza, o meno, delle navi da crociera. Se poi l’arrivo di queste navi a Chioggia rappresenti un bene per la città, è una questione che «non riguarda il

Comitato» dice Rossi. «Noi siamo nati in opposizione a quel progetto sul gpl, che riteniamo pericoloso, e che vogliamo allontanare, ma non ci occupiamo di tutte le problematiche cittadine, la cui risoluzione spetta ad altri soggetti». E, tuttavia, proprio l’esperienza del gpl insegna, continua Rossi, che certi progetti non possono essere calati dall’alto. «Se la decisione sulla croceristica dovesse essere presa in separata sede, senza coinvolgere la popolazione cittadina, le categorie, le associazioni, sarebbe, ancora una volta, uno sbaglio». Per “allontanare” ora il gpl,

ROBERTO ROSSI: «IL DEPOSITO SE NE DEVE ANDARE INDIPENDENTEMENTE DALLA PRESENZA DELLE NAVI»

quindi, (anche tenendo conto che le crociere non arriveranno prima di sei o sette anni) serve un confronto di merito, punto per punto, per dimostrare, anche in via documentale, quello che è già evidente a tutti. E qui Rossi pensa al documento sui rischi rilevanti presentato da Socogas alla capitaneria di porto per ottenere il benestare al passaggio delle gasiere.

TOCCA AL COMUNE «Il Comune deve preparare e presentare un suo documento che confuti le “certezze” espresse dall’azienda. Ad esempio che non sia possibile l’impatto di una gasiera contro la banchina, o che una collisione tra navi possa produrre, al massimo, un danno allo scafo pari a un solo centimetro o, ancora, che non si tenga conto dei giorni di maltempo, ad esempio con nebbia fitta, che potrebbero pregiudicare la navigazione». D. Deg. © RIPRODUZIONE RISERVATA

tasse maggiori costi di costruzione, anche questi entrerebbero nella trattativa. Ipotizzare costi dell’ordine di un centinaio di milioni, quindi, come aveva fatto il commercialista Carlo Albertini, a un recente convegno pubblico sul porto di Chioggia, non sembra tanto azzardato.

COSTI DIRETTI E INDIRETTI E quale potrebbe poi essere la nuova collocazione del deposito gpl? A rispondere è Roberto Rossi, presidente del Comitato No-gpl e, tra l’altro, contrarissimo all’idea dell’indennizzo per trasloco. «Non sta a noi dire dove

inquinato d’Italia per quanto riguarda l’ossido di zolfo». In particolare durante la permanenza per circa 8mila ore in porto delle navi con i motori accesi è stata calcolata una emissione di 27mila 520 kg di ossido di zolfo. «Si tratta - puntualizzano i Verdi - di 20 volte la quantità dello stesso inquinante prodotta dalle automobili nell’intera area comunale, Marghera e Mestre comprese. E poi ancora 600mila 337 kg di ossido di azoto e 10mila 961 kg di particolato. Senza parlare dell’anidride carbonica emessa». I Verdi di Venezia ribadiscono infine la propria contrarietà allo scavo di nuovi canali : «Potrebbero alterare ulteriormente i delicati equilibri idraulici, già gravemente compromessi dell’intero bacino lagunare. Serve insomma una prospettiva diversa per il futuro immediato della città» . © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Qui ci sono numeri più precisi, forniti dall’avvocato Giuseppe Boscolo, promotore del Comitato Legge Speciale per Chioggia. Il recente progetto dello studio Sinergo (la cosiddetta Romea a quattro corsie), che prevede il raddoppio della statale 309 fino a Santa Margherita e l’allargamento di un tratto dell’Arzeron, verso Chioggia, costerebbe sui 400 milioni. L’ammodernamento del tratto ferroviario Chioggia-Piove di Sacco, in base a uno studio di fattibilità del 2010, commissionato dalla Regione Veneto, costerebbe 130 milioni e altri 70 servirebbero al prolungamento verso Venezia. Tirando le somme, siamo già a oltre 700 milioni, con molti benefici d’inventario. Ma, come osserva il sindaco Ferro, la gran parte di queste spese riguardano interventi strutturali «che Chioggia chiede da molto tempo» e che andrebbero classificati, piuttosto, come investimenti territoriali che darebbero fiato non solo all’economia turistica, ma anche ad altri settori. Diego Degan © RIPRODUZIONE RISERVATA

I Verdi

«Basta con il gigantismo navale Non è compatibile con la laguna» AMBIENTALISTI VENEZIA «I gigantismo navale delle crociera non è compatibile con Venezia e con l’ecosistema lagunare, di cui fanno parte a pieno titolo le bocche di porto e l’area di Marghera». Lo dicono i Verdi di Venezia, in seguito alla visita del ministro Toninelli e al suo rapido sopralluogo in elicottero e in motovedetta. «Bisogna trovare da subito una soluzione veramente sostenibile per applicare nei tempi più rapidi possibili il Decreto Clini Passera, che dopo 7 anni rimane del tutto disatteso - proseguono occorre inoltre adottare tutte quelle misure utili a ridurre l’impatto sulla laguna e sulla città, a cominciare dall’abbattimento delle emissioni inquinanti considerando che il Porto di Venezia risulta essere il più

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Il viaggio separato su due motoscafi di Toninelli e Musolino

entile Direttore, con riferimento all’articolo dal titolo “Per Musolino niente barca istituzionale. Il Presidente del porto sul suo motoscafo” pubblicato a pagina III dell’edizione di Venezia del 15 giugno 2019 del quotidiano da Lei diretto, si precisa che il trasferimento dall’aeroporto alla banchina Zattere è avvenuto con due motoscafi, uno della Capitaneria e l’altro del Provveditorato Interregionale Opere pubbliche. Dunque, non esisteva una, ma due barche istituzionali, a differenza di quanto riferito dall’articolo. Sulla prima imbarcazione è salito il Ministro Toninelli assieme alla gran parte del suo staff e all’ammiraglio Pellizzari. Sulla seconda, contrariamente a quanto raccontato, il Provveditore Linetti, il Presidente Musolino e il professor Ferrante, esperto del Ministro in forza al Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. Dunque, Musolino non era affatto “solo”. L’imbarco sui due motoscafi è avvenuto peraltro in maniera del tutto casuale. Si è trattato, infatti, di un semplice trasferimento alla banchina Zattere, funzionale al successivo imbarco a bordo della Motovedetta CP 287 (di maggiori dimensioni), sulla quale tutti i partecipanti hanno effettuato il sopralluogo via mare del Canale Vittorio Emanuele. Ufficio stampa Ministero dei Trasporti e Infrastrutture ----------------------------Prendiamo atto della precisazione del Ministero. Resta il fatto che, come abbiamo scritto, anche se le barche istituzionali erano due, il presidente dell’Autorità portuale non era sull’imbarcazione del ministro. Un dettaglio non irrilevante, considerato il rilievo istituzionale e le competenze del Presidente soprattutto considerate le ragioni della visita del ministro Toninelli a Venezia. Una piccola annotazione: il capo ufficio stampa del ministro Toninelli contestando ciò che abbiamo scritto ha definito in un whatsapp il nostro articolo “questa roba qui”. Un’espressione che la dice lunga sul rispetto per il lavoro dei giornalisti. Vogliamo sperare che il ministro Toninelli si dissoci da certi atteggiamenti. Attendiamo una sua opinione in proposito.

ALMENO 700 MILIONI

CHIOGGIA Ecco come sarebbe il porto di Chioggia dopo il completamento delle bonifiche

Il caso

G


Domenica 16 Giugno 2019

La Voce

.ROVIGO

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PALAZZO NODARI Nessuno ha ancora rinunciato all’incarico. Presidenza, Romeo in pole position

Nuovo consiglio, zero dimissioni Capigruppo: Azzalin guiderà il Pd, la Lega ad Aretusini. Domani la nomina della giunta Roberta Boldrin

ROVIGO - Certo, ci sarà ancora tempo per cambiare idea, ma per il momento nessuno dei consiglieri eletti ha rinunciato alla carica. Neppure Silvia Menon che questa settimana sarebbe passata per Palazzo Nodari, come i colleghi, a ritirare la sua documentazione da compilare prima del primo consiglio comunale (che sarà sicuramente - così prevede il regolamento convocato entro la fine del mese), ma non la avrebbe ancora restituita. Non avrebbe quindi, ancora, formalmente rinunciato all’incarico di consigliere di opposizione. E come lei anche gli altri. Agli uffici comunali non sarebbe in questi giorni arrivata alcuna rinuncia all’incarico. E allora, intanto, i gruppi si organizzano. La Lega ha già consegnato il documento, firmato dai quattro consiglieri eletti (Lorenzo Rizzato, Michele Aretusini, Cristiano Corazzari e Valentina Noce),

Capigruppo Sopra Graziano Azzalin (Pd), a fianco Michele Aretusini (Lega) che identifica e nomina come capogruppo in consiglio comunale Michele Aretusini, già consigliere nella passata amministrazione e già vicepresidente della Provincia. “La Lega ci sarà e sono fiero di

poterla rappresentare in consiglio - commenta Aretusini - Noi saremo sempre al fianco dei cittadini e lavoreremo dai banchi dell’opposizione per loro”. Nessuna richiesta e nessuna rivendica-

zione dal gruppo che si dissocia dalla richiesta di Monica Gambardella, l’ex candidata sindaco che qualche giorno fa rivendicò per la minoranza il ruolo di presidente del consiglio. Mai concesso

nella storia. Anche in casa Pd si pensa all’organizzazione in consiglio. E pare, almeno così trapela dagli ambienti dem, che si stia riflettendo sull’assegnazione a Graziano Azzalin del ruolo di capo-

gruppo del Pd e a Nadia Romeo di quello di presidente del consiglio. Sarà il consiglio, però, a decidere con il voto. E per quanto riguarda la giunta ormai la composizione è chiara anche se per l’ufficialità bisognerà attendere domani con il decreto di nomina. Ufficialità della quale qualche futuro assessore, o meglio, gli ambienti che li circondano, non stanno tenendo in conto. Dopo la gaffe di venerdì con una nota ufficiale del Comune che attribuiva il ruolo di assessore allo sport ad Erika Alberghini, ieri anche la grande festa all’ordine degli assistenti sociali del veneto che onoravano con fiori e bigliettini la loro presidente, Mirella Zambello, perché “nominata assessore ai servizi sociali”. Anche se, ripetiamo, non esiste alcun decreto di nomina. Ma, d’altronde, non considerare la squadra dei futuri assessori già certa, a questo punto, sarebbe solo pura e semplice scaramanzia. © RIPRODUZIONE RISERVATA

SOCIALE La Cgil chiede già al sindaco Gaffeo di intervenire

“Sindaco, l’Iras è una priorità”

Lo stabile di Casa Serena

ROVIGO - “Nuovo Sindaco e vecchi problemi con priorità che hanno urgenza di risposte, e tra queste come Cgil poniamo l’Iras e tutto il sistema socio sanitario”, con queste parole esordisce il segretario della Fp Cgil, Davide Benazzo con la notaappello rivolta al sindaco di Rovigo. “In campagna elettorale per il nuovo sindaco i temi sanità e sociale sono stati centrali e per questo al suo insediamento chiediamo un impegno urgente che si sostanzi prima di tutto nel porre le basi necessarie

al piano industriale che dia stabilità e futuro all’Iras, struttura centrale nell’assistenza alla non autosufficienza non solo per Rovigo, ma per l’intera Provincia”. “Questo importante ente, che soffre dei problemi che purtroppo assillano tutto il sistema di assistenza pubblica, si è trovato, a causa di una politica miope e poco capace, ad essere commissariato per il rischio di fallimento – continua Benazzo Questo commissariamento perdura da tre anni senza ad oggi, malgrado sul ta-

volo le scelte da fare siano già state presentate, giungere alla messa a regime del piano di risanamento programmato a causa dell’assenza dell’attore principale: l’amministrazione comunale. Con la spada di Damocle del Commissariamento non si discute più di nulla all’interno dell’Iras malgrado i problemi organizzativi dei lavoratori siano tanti. Per questo chiediamo che nell’agenda del nuovo sindaco, quale priorità ci sia l’Iras”. © RIPRODUZIONE RISERVATA


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Domenica 16 Giugno 2019

VENETO E-mail: veneto@ilgiornaledivicenza.it

DOMANISULGDV.Lalezionedellesconfitte

«Unasconfittanonèmaisolo negativa».FlavioZanonato,esponentedellasinistrache èstatosindaco,consigliereregionale,ministroedeurodeputatolascialapoliticae raccontalastotiaelelezionivissutenellasuavitadomanisulGdvper“Ivenetidioggi”

UFFICIALIZZATOIL REPORT. Si èpartiti da una direttivadel Ministerodell’ambientedel 2017

Pfas,dallostudioIspra sono coinvolte 14 Regioni

IERIPOMERIGGIO

Autocontro bus:2morti aTessera Feriti3bimbi

Eccoisuperamenti

VENEZIA

Sitrattadelle misureper leacquedisuperficie.Perlefaldeinvece c’è “bollo rosso” da Pfos e Pfoa in Veneto ma anche Friuli, Toscana, Sicilia Piero Erle

«Questo screening permette di evidenziare che la presenza di sostanze perfluoroalchiliche è un fenomeno diffuso, che riguarda la maggior parte delle regioni del Paese». È pubblicato ufficialmente ora il documento con le linee guida dell’istituto nazionale Ispra “Indirizzi per la progettazione delle reti di monitoraggio delle sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) nei corpi idrici superficiali e sotterranei». Il lavoro nasce da una decisione del Ministero dell’ambiente presa ancora nell’autunno 2017 e di fatto

Èlaretedelle diverseArpaafare lemisurazioni,ma quelladelVeneto hadovutoaiutarne moltealtre

mette assieme a livello nazionale il variegato lavoro delle Agenzie per l’ambiente delle varie Regioni che sono unite assieme nel Snpa-Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente. E come detto dimostra una volta di più che, anche se il Veneto è in primissima linea per i numeri rilevati, il problema dell’inquinamento è nazionale. IL METODO. «Questo primo

screening nazionale sulla presenza di Pfas - scrivono l’Ispra e Snpa - è stato eseguito su un numero complessivo di 302 stazioni relative a 20 tra Regioni e Province autonome; sono state effettuate 3186 determinazioni analitiche». Tra l’altro il Veneto con la sua Arpav si è messo a servizio di molte altre regioni per analizzare i loro campioni, mentre si sono arrangiate con le loro strutture Bolzano, Friuli VG, Emilia R., Liguria, Lombardia, Lazio, Basilicata e Sicilia. Quello che conta, oltre ai risultati, è che si sia mes-

so a punto un sistema di rilevazione che ad esempio tiene conto delle industrie presenti sul territorio e che utilizzano prodotti con Pfas che, ricorda la rete Snpa, sono «molecole altamente resistenti ai processi di degradazione termica, biodegradazione, idrolisi, metabolizzazione», sono altamente solubili nell’acqua e si trovano nell’ambiente perché arrivano da produzione industriale, e smaltimento o rilascio: «La loro diffusa presenza e il bioaccumulo nell’uomo e nell’ambiente rendono alcune di queste sostanze molto tossiche». ACQUE DI SUPERFICIE. Sono

state analizzate sia acque di superficie (fiumi, canali) sia falde acquifere sotterranee. L’esito del report era stato in parte anticipato dal Ministero dell’ambiente come risposta a un’interrogazione urgente del deputato Pierantonio Zanettin (FI). Ispra e Snpa certificano che nelle acque di superficie «in 150 casi

(pari al 14% delle rilevazioni) sono state rilevate concentrazioni pari o superiori al limite di quantificazione richiesto dalla normativa», cioè superiori al 30% della soglia che fa da standard di qualità ambientale come media annua (Sqa-Ma). Ma i superamenti veri di queste soglie sono stati trovati solo per Pfos e Pfoa: «Per il Pfos si sono registrati 83 superamenti (cioè il 45% dei casi) della concentrazione di 0,65 nanogrammi per litro) e tali superamenti, sebbene con frequenza diversa, hanno riguardato la gran parte delle regioni o province». Insomma, l’inquinamento è diffuso. Per il Pfoa «si sono registrati 7 superamenti (4% dei casi) della concentrazione di 100 nanogrammi per litro (è il valore dell’Sqa-Ma)» ma in questo caso sono tutti in Veneto. FALDEACQUIFERE. Anche nel-

le acque sotterranee, su 1154 misurazioni fatte in 117 stazioni, «soltanto Pfos e Pfoa

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IL GIORNALE DI VICENZA

Nella2a e 3a colonna i superamentiPfos ePfoa (acque superficiali)

hanno fatto rilevare casi di concentrazioni superiori ai valori soglia per le acque sotterranee. Per il Pfos sono state rilevate presenze in 65 stazioni sotterranee su 117 (è il 56% dei casi), con 7 superamenti del valore soglia di 30 nanogrammi per litro in tre diverse regioni: oltre al Veneto (4 superamenti), Friuli (due) e Sicilia (uno). Per il

Pfoa sono state rilevate presenze in 44 stazioni sotterranee su 117 (38% dei casi) con 4 casi di superamento del valore soglia di 500 nanogrammi per litro in tre regioni: oltre al Veneto (due superamenti), il Friuli Venezia Giulia (uno) e la Toscana (uno). Ora altre misure, per capire se i Pfas crescono o calano. • © RIPRODUZIONERISERVATA

Due persone sono morte in un incidente stradale avvenuto ieri verso le 18.30 in località Montiron a Tessera nella terraferma veneziana. Secondo una prima ricostruzione dei vigili del fuoco, un’automobile avrebbe fatto un salto di corsia andando ad incastrarsi sotto un autobus delle linee extraurbane. Le due vittime sarebbero gli occupanti del mezzo mentre l’autista, per la violenza dell’impatto, è rimasto incastrato nel mezzo. Sul posto sono giunti i vigili del fuoco, i sanitari del Suem 118 con più ambulanze e le forze dell’ordine. Nell’auto, di targa dell’Est Europa, erano a bordo tre adulti, di cui due deceduti, e tre bambini. L’adulto superstite è rimasto ferito come i tre bambini di cui uno in maniera grave. Ferito anche l’autista dell’autobus mentre sono rimaste illese le altre due persone che erano a bordo. Il bus coinvolto è un mezzo nuovo, inaugurato un mese e mezzo fa e stava svolgendo la linea Venezia - Latisana. Aveva appena effettuato la tappa in aeroporto • © RIPRODUZIONERISERVATA

ISTITUTOONCOLOGICO VENETO. Ora serve ilvialibera dell’Aifa perquestotumore alcervello cheè in aumentoacausa diradiazionie ambiente

Lombardi:«Abbiamo dimostratoche il Regorafenibhaeffetti anchesulla qualitàdivita» Marina Zuccon PADOVA

L’Iov-Istituto oncologico veneto è sempre in prima linea nella ricerca di nuove terapie contro i tumori, essendo ormai eccellenza nazionale e internazionale. L’ultimo studio riguarda il glioblastoma, una neoplasia cerebrale particolarmente aggressiva con

un’incidenza di sei casi ogni 100mila pazienti. Da vent’anni non si trovavano nuove modalità di contrasto. Adesso, dopo due anni di ricerca e sperimentazione, c’è una nuova speranza nei risultati dello studio Regoma, un trial ideato e coordinato dallo Iov di Padova che ha coinvolto dieci centri italiani che curano pazienti con tumore cerebrale. «Si tratta di uno studio – spiega il dottor Giuseppe Lombardi, specialista in neoplasie cerebrali - che ha riguardato 119 pazienti con recidiva di glioblastoma. I risul-

tati hanno dimostrato che i pazienti trattati con il Regorafenib, un farmaco somministrato per via orale che agisce come inibitore delle cellule tumorali, vivono di più rispetto ai malati che ricevono i trattamenti standard, e senza che la loro qualità della vita peggiori. Aspetto quest’ultimo che i medici ritengono rilevante». Visti i risultati della sperimentazione, lo Iov ha dunque chiesto all’Agenzia italiana del farmaco, Aifa, un’autorizzazione urgente all’impiego del Regorafenib, già utiliz-

zato per la cura di altri tumori, anche per la terapia contro il glioblastoma. Già entro l’estate potrebbe esserci una risposta. La terapia rientra nella cosiddetta medicina di precisione , che individua le caratteristiche molecolari dei pazienti per orientare in modo mirato le cure. «È una delle nuova frontiere della medicina» sottolinea Stefano Indraccolo, oncologo sperimentale. Vittorina Zagonel, direttore di Oncologia medica 1, ricorda come lo Iov lavori sulle neoplasie cerebrali dal 2010,

concentrando sempre più la ricerca e la cura sulle attività ad alto contenuto di innovazione, arrivando a seguire 260 casi nel 2018 e confermandosi primo centro in Italia, grazie anche alla collaborazione con l’Azienda ospedaliera dell’Università. Il glioblastoma secondo gli ultimi dati è in sensibile aumento soprattutto tra i 40 e i 50 anni. Le cause, secondo studi americani, sarebbero legate a radiazioni ionizzanti, mutazioni ambientali, sostanze chimiche, campi elettromagnetici, manifestando-

Lasede delloIov aPadova

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Iov, trovato il farmaco che cura il glioblastoma

si nelle aree più industrializzate . Soddisfazione è espressa del direttore dello Iov, Giorgio Roberti, considerando anche che la ricerca è stata presentata all’Asco di Chicago, il più importante simposio di oncologia del mondo. «Nel campo delle neoplasie cerebrali - dice il Roberti - abbiamo raggiunto livelli di ricerca e cura molto alti. Per il nostro istituto ogni persona ha una sua specificità, con bisogni chiari e unici di salute e di qualità della vita». A sostenere gli sforzi dei ricercatori la Fondazione Celeghin e la Fondazione Luca Ometto, che di recente ha donato 22mila euro per proseguire lo studio Regoma e dare nuove speranze di guarigione. •


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