Calabria avvelenata

Page 1

---------------- Calabria avvelenata ----------------

Con ‌ I QUADERNI di NON MOLLARE

UNA CALABRIA avvelenata Dalle indagini sui rifuti tossici di Crotone, ai veleni nel fume Oliva, passando per le discariche abusive all'amianto *** Viaggio tra i rifuti e l'emergenze ambientali di una regione avvelenata dalla partitocrazia e dal malgoverno dei processi e dei problemi del territorio *** E.Book – Dossier a cura di Giuseppe Candido & Filippo Curtosi

EDIZIONI 1


---------------- Calabria avvelenata ----------------

©© Creative Commons – alcuni diritti riservati Non Mollare Edizioni 2010 Associazione di volontariato culturale associazionenonmollare@gmail.com www.nonmollare.net In copertina: Amianto sulla spiaggia a Sellia Marina (foto Giuseppe Candido)

Ebook - Progetto editoriale: Giuseppe Candido IN CATANZARO – 2010 DALLA STAMPERIA DI BRUMAR Viale dei Normanni, 93/q - 88100 Catanzaro I Edizione Finito di stampare nel mese di settembre 2010

2


---------------- Calabria avvelenata ----------------

Premessa Con la pubblicazione dei “Quaderni” l'associazione di volontariato culturale Non Mollare, nell'ambito dei propri fni statutari di valorizzazione e salvaguardia dell'ambiente, ha inteso occuparsi di rifuti e di veleni in Calabria proponendo una raccolta di scritti, documenti e indagini funzionale ad evidenziare le problematiche ambientali e le responsabilità cocenti della politica e della partitocrazia nel palese fallimento – così come esso emerge evidente – sia nel settore della depurazione sia in quello dello smaltimento dei rifuti urbani. Discariche abusive, discariche al collasso, cemento amianto nelle fumare, depuratori che funzionano male o che non funzionano per niente, emergenza rifuti che dura da dodici anni, la raccolta diferenziata che non decolla. Siti d'interesse nazionale di cui non si è ancora efettuata la bonifca e che non interessano più a nessuno. Indagini aperte e non ancora concluse. Sullo sfondo, ma neanche troppo celata, la mano della 'ndrangheta. Un contesto, quello calabrese, fatto di illegalità, di convivenze e di mancate assunzioni di responsabilità. Ma il “Quaderno” guada oltre occupandosi dei casi più gravi ed eclatanti di avvelenamento delle acque, di inquinamento delle falde, dei mari, dei torrenti e dei suoli di questa nostra martoriata regione. Dall'inchiesta della Procura di Crotone sulle “Black mountains”, montagne di rifuti tossici sparite tra le strade, le scuole e nel mare di Crotone, ai veleni tossici e radioattivi rinvenuti nel Fiume Oliva nell'ambito delle inchieste della Procura di Paola. 3


---------------- Calabria avvelenata ---------------Un contributo di conoscenza e rifessione con lo scopo esplicito di individuare azioni politiche e soluzioni possibili per il cambiamento di rotta sempre più inderogabile. Perché anche in Calabria, per dirla alla Pannella, “la strage di legalità ha sempre per corollario, nella storia, la strage di vite e di popoli. Giuseppe Candido e Filippo Curtosi

4


---------------- Calabria avvelenata ----------------

Rifuti, il quadro di riferimento normativo L’emanazione del cosiddetto Decreto Ronchi nel 97, conclude un triennio caratterizzato dalla reiterazione di decreti leggi sul recupero dei residui bollati dalla Corte Costituzionale come anticostituzionali per via del fatto che venivano reiterati con contenuto immutato ed in assenza di nuovi presupposti di necessità ed urgenza, anche un ventennio di confusione nel settore dello smaltimento dei rifuti solidi che ha inizio il luglio 1976 con l’incidente all’ICMESA di Seveso. In seguito a tale incidente e ai successivi risultati di alcuni ricercatori olandesi che individuarono nell’incenerimento dei rifuti una delle cause principali della produzione di diossine (praticamente sconosciute ai più prima dell’incidente), la discarica divenne l’unico sistema di smaltimento accettato dopo aver messo al bando l’incenerimento dei rifuti e il compostaggio che non riusciva a dare i risultati voluti. Il Decreto Ronchi, in attuazione delle direttive comunitarie, introduce il concetto di gestione integrata dei rifuti solidi pertanto lo smaltimento, efettuato in maniera tale da proteggere l’ambiente dall’inquinamento e quindi in modo da salvaguardare la salute umana, diventa solo l’ultimo anello di una catena di azioni sui rifuti solidi che prevedono, in via gerarchica: - la riduzione alla fonte della produzione di rifuti; - il riutilizzo; - il riciclaggio; - il recupero di materia e di energia; - lo smaltimento fnale della frazione residuale della gestione del sistema integrato dei rifuti solidi. 5


---------------- Calabria avvelenata ---------------Pertanto, se con la precedente normativa il rifuto era inteso come un problema da arginare secondo le previsioni di legge, con il D.Lgs. 22/1997 diviene (o sarebbe dovuta divenire) problematica e risorsa allo stesso tempo, da gestire lungo il suo intero percorso di vita, dalla produzione, al riutilizzo, al riciclaggio, al recupero fno all’ultima fase quella dello smaltimento fnale. Nel 2006 si perviene fnalmente ad un Testo Unico ambientale (D. L.gs. n. 152/2006). Pubblicato il 03/04/2006 il D. Lgs. n. 152 “Norme in materia ambientale”, in ottemperanza a quanto previsto dalla Legge delega n. 308/2004, si impegna a coordinare e integrare le disposizioni legislative in materia ambientale. In particolare la Parte Quarta della norma è dedicata alla “Gestione dei rifuti e bonifca dei siti inquinati”. Il testo rivede nella sostanza le attribuzioni delle competenze fra i vari Enti, favorendone l’accentramento in capo allo Stato. S'introducono inoltre alcune semplifcazioni che riscrivono gli obblighi a carico dei produttori. Dalla pubblicazione del D.Lgs. 152/2006 si sono poi succeduti una serie di ulteriori interventi normativi che hanno modifcato il testo del decreto. In particolare, il D.Lgs. 8 novembre 2006 n. 284 integra il “Codice dell’ambiente” emanando esplicitamente “Disposizioni correttive e integrative del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale”. In sostanza il decreto modifca gli articoli 159, 160, 170, 207 e 224 relativamente all’autorità di bacino, all’autorità di vigilanza ed allo statuto del consorzio nazionale imballaggi (CONAI). Nel 2008, col D.Lgs. n. 4 del 16 gennaio vengono emanate “Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale”. Il nuovo decreto è entrato in vigore il 13 febbraio 2008. 6


---------------- Calabria avvelenata ---------------Ma il grosso delle modifche sarebbe stato contenuto soltanto nel secondo correttivo, approvato in prima lettura dal C.d.M. nell’ottobre 2006, che conteneva numerose modifche alla parte III e IV del codice ambientale. Il Governo era giunto ad approvare in seconda lettura il DdL, sennonché non ha ottemperato al termine di 45 giorni (che scadeva l’11 agosto 2007) previsto dalla legge delega 308/2004, per la trasmissione del citato schema di decreto correttivo alle Camere per il parere defnitivo. Il 13 settembre 2007 il C.d.M. si è trovato obbligato ad approvare un nuovo schema di DdL con il quale ha ricominciato l’iter di approvazione, tale decreto è diventato il D.Lgs. n. 4/2008. Due, essenzialmente, le novità previste dal nuovo decreto legislativo: la riformulazione in senso restrittivo della nozione di sottoprodotto per cui vengono introdotte nuove condizioni che, in aggiunta a quelle già previste, i materiali derivanti da un ciclo produttivo devono rispettare per potere uscire dal regime dei rifuti, ossia: il processo da cui derivano non deve essere direttamente destinato alla loro produzione; fn dalla fase di produzione dovrà essere assicurata la certezza e l’integrità del loro reimpiego; la cancellazione dal D.lgs. 152/2006 della categoria dei “sottoprodotti ex lege”, ossia di quelle sostanze coincidenti con le ceneri di pirite e polveri di ossido di ferro provenienti dal alcuni procedimenti industriali attualmente sottratte in via presuntiva dal medesimo Codice ambientale dal regime dei rifuti. Per quanto attiene alle “Materie prime secondarie”, la regolamentazione diviene più restrittiva anche per i materiali di scarto produttivo che, sottoposti operazioni di recupero e rispettando determinate condizioni, escono dal regime dei rifuti. Il correttivo inserisce nel Dlgs 152/2006 nuovi requisiti merceologici che tali 7


---------------- Calabria avvelenata ---------------materiali devono rispettare e l’eliminazione della nozione delle “materie prime secondarie sin dall’origine”, ossia di quelle materie che derivano da un processo di recupero “imperfetto”. Nel decreto è previsto inoltre l'innalzamento a tre mesi (dai due precedentemente previsti) del periodo temporale entro il quale è permesso lo stoccaggio dei rifuti pericolosi indipendentemente dal quantitativo, viene reintrodotto l’obbligo per i produttori di determinati rifuti speciali non pericolosi (quelli di cui all’articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g) di efettuare la comunicazione annuale alle Camere di Commercio. Sono invece esclusi dall’obbligo esclusivamente in relazione ai rifuti non pericolosi le imprese e gli Enti produttori iniziali che non hanno più di 10 dipendenti. Una rifessione è d'obbligo: il Servizio di Gestione dei Rifuti si è, negli ultimi decenni, particolarmente evoluto sotto il proflo normativo con l’inserimento di nuovi e più complessi interessi pubblici da tutelare. Ma dal '97 la normativa sui rifuti in Calabria non viene rispettata e pertanto interviene l'emergenza e il relativo commissariamento. In data 12 settembre 1997 veniva istituito, con D.P.C.M., l’Ufcio del Commissario Delegato del Governo per l’Emergenza Rifuti. Con O.P.C.M. n. 2696 del 21 ottobre 1997 (G.U.R.I. n. 250 del 25/10/97), si prendeva atto che la gestione dei rifuti della Regione Calabria si basava in larga misura sul ricorso alle discariche, molte delle quali attivate dai sindaci con procedure d’urgenza, gestite in modo carente, tanto da aver fatto rilevare al Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri (NOE) vasti spazi di illegalità, dalla mancanza dei requisiti tecnici, a gravi omissioni amministrative, a smaltimenti abusivi di rifuti provenienti da varie regioni. Inoltre si riconosceva che i pochi impianti a tecnologia complessa in esercizio non erano adeguati ai più recenti requisiti e che 8


---------------- Calabria avvelenata ---------------la realizzazione di altri impianti si trascinava nel tempo in modo da impedire il formarsi di previsioni ragionate. Valutata la necessità di riportare immediatamente sotto controllo la gestione della raccolta e dello smaltimento dei RU impedendo l’introduzione di rifuti provenienti da altre Regioni, contrastando i casi di smaltimento abusivo anche con la chiusura e bonifca delle discariche esistenti e con l’attivazione di discariche pubbliche adeguatamente attrezzate, gestite e controllate, con la sopra richiamata Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri, sulla scorta del dettato normativo di cui all’art. 5 della L. 24 febbraio 1992 n. 225, nominava il Presidente della Regione Calabria Commissario delegato per l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifuti solidi urbani nella Regione Calabria. Si assegnava quindi all’Ufcio del Commissario il compito di contrastare gli aspetti di illegalità e abusivismo conformandosi ai principi del D. Lgs. n. 22/1997, attuando la raccolta diferenziata con il recupero delle materie prime, la produzione di compost e di combustibili derivati rispettivamente dalle frazioni umido e secco raccolte separatamente, assicurando l’impiego di tali frazioni e prodotti nel sistema industriale al fne di ridurre il ricorso ad impianti dedicati ed i relativi costi di realizzazione e di superare defnitivamente il ricorso alle discariche. Il Decreto 12 settembre 1997 e l’Ordinanza P.C.M. n. 2696 del 21 ottobre 1997 venivano successivamente integrati e modifcati rispettivamente dai successivi decreti del Consiglio dei Ministri in data 23 /12/98, in data 29/12/99, in data 16/06/00 e dalle Ordinanze P.C.M. n. 2856 in data 1/10/98, n. 2881 in data 30/11/98, n. 2984 in data 31/05/99, e n. 3062 in data 6/07/00. Al Presidente della regione Calabria quale Commissario delegato sono attribuite le seguenti principali competenze con particolare riferimento al settore rifuti per: Realizzare gli interventi necessari per 9


---------------- Calabria avvelenata ---------------far fronte alla situazione di emergenza; Approvare i progetti e autorizzare l’esercizio degli impianti ex Artt. 27 e 28 del D.Lgs. 22/97; Vietare l’ingresso dei rifuti provenienti da altre Regioni e dall’estero; Predisporre progetti socialmente utili con specifco riguardo al conseguimento degli obiettivi di raccolta diferenziata; Fissare una apposita tarifa di smaltimento dei rifuti; Stipulare contratti di conferimento dei rifuti urbani, a valle della raccolta diferenziata, prodotti nei Comuni della Regione Calabria, per la produzione di combustile derivato da rifuti (CDR); Disporre obbligo, a carico dei Comuni, di conferimento dei RU, con esclusione della RD nei siti di produzione del CDR; Disporre per le discariche incontrollate di rifuti, nonché per le aree a qualsiasi titolo divenute discariche abusive, la messa in sicurezza e bonifca a carico dei soggetti titolari, previa difda; Esercitare in via esclusiva le competenze di cui all’Art. 13 del D.Lgs. n. 22/97; Esercitare i poteri sopra richiamati anche con riferimento alla gestione dei rifuti speciali e pericolosi, alla bonifca dei siti industriali e alla tutela delle acque; Provvedere all’espletamento dell’incarico in materia di rifuti urbani, rifuti speciali e pericolosi; Disporre in ciascuno degli ATO individuati nel Piano degli interventi di emergenza: la realizzazione della RD della carta, plastica, vetro, metalli e legno, la realizzazione della RD della frazione umida dei rifuti urbani, l’attivazione della RD dei rifuti urbani pericolosi, dei rifuti ingombranti, nonché dei beni durevoli di uso domestico, la realizzazione della RD degli imballaggi primari, la realizzazione, in ciascun Comune, di piazzole per lo stoccaggio delle frazioni raccolte separatamente, l’adeguamento ovvero la realizzazione degli impianti di selezione e preparazione di carta, plastica, vetro, metalli, legno, l’adeguamento ovvero la realizzazione degli impianti per la produzione di compost da frazione organica selezionata da RU, 10


---------------- Calabria avvelenata ---------------l’adeguamento ovvero la realizzazione degli impianti per il recupero degli inerti, l’adeguamento ovvero la realizzazione degli impianti di trattamento dei rifuti ingombranti, la realizzazione di impianti per il recupero dei beni durevoli di uso domestico, l’adozione di misure per favorire il riciclaggio ed il recupero da parte del sistema industriale, l’adeguamento ovvero la realizzazione delle discariche necessarie per fronteggiare l’emergenza, la chiusura, la messa in sicurezza e gli interventi di postgestione delle discariche, la realizzazione di sistemi di trasporto della frazione di RU residuale dalla RD agli impianti di produzione di CDR. Inoltre il Commissario delegato ha per compiti quello di “Promuovere e organizzare una gestione unitaria dei rifuti urbani nonché la costituzione delle forme e dei modi della cooperazione tra i Comuni di ciascun ambito territoriale ottimale ai sensi dell’Art. 23, co. 5, del D.Lgs. 22/97, anche tramite la costituzione, in ciascuno degli ambiti territoriali ottimali nel Piano degli interventi di emergenza, di società miste cui partecipano i Comuni dell’ambito”; “Realizzare gli interventi per la produzione e l’utilizzo del combustibile derivato da rifuti”; “Predisporre il Piano di gestione dei rifuti e delle bonifche delle aree inquinate di cui all’Art. 22 del D.Lgs. 22/97; Realizzare le infrastrutture di collegamento e di mitigazione ambientale degli impianti di produzione e di utilizzo del combustibile derivato da rifuti; Realizzare la riduzione e successivamente il divieto di conferimento di qualsiasi tipo di imballaggio primario, secondario e terziario, della sostanza organica, dei rifuti inerti, dei rifuti ingombranti, dei beni durevoli nonché dei rifuti assimilati e assimilabili sottoposti a procedure semplifcate di recupero ai sensi del D.M. 5 febbraio 1998 (s.m.i.); Disporre gli strumenti amministrativi per assicurare il conferimento separato da parte dei singoli produttori 11


---------------- Calabria avvelenata ---------------di rifuti; Approvare le misure di messa in sicurezza d’emergenza, i piani di caratterizzazione, i progetti preliminari ed i progetti defnitivi; Disporre la caratterizzazione delle aree pubbliche ivi compresi i litorali ed i sedimenti marini; Realizzare gli interventi di caratterizzazione, di messa in sicurezza d’emergenza e di bonifca e ripristino ambientale di competenza pubblica, intervenendo in via sostitutiva, in caso di inadempienza dei soggetti obbligati, applicando quanto disposto dall’Art. 17, commi 10 e 11, del D.Lgs. 22/97. Insomma, non c'è potere che il Commissario non abbia. Ma forse è stato proprio questo il male come dimostrano le dimissioni, nel 2007, del Prefetto Ruggiero che era stato nominato dal Governo Prodi. Il Decreto Ronchi da un lato, ha per la prima volta previsto che i Comuni “efettuano la gestione dei rifuti urbani e dei rifuti assimilati avviati allo smaltimento in regime di privativa” e, dall’altro, ha introdotto la gestione dei rifuti urbani in Ambiti Territoriali Ottimali (ATO). In particolare, l’art. 23 stabiliva che “salvo diversa disposizione stabilita con legge regionale, gli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei rifuti urbani sono le Province. In tali ambiti territoriali ottimali le Province assicurano una gestione unitaria dei rifuti urbani e predispongono piani di gestione dei rifuti, sentiti i Comuni”. Il carattere unitario del ciclo dei rifuti era garantito da una programmazione regionale e provinciale cui spettava, rispettivamente, garantire la gestione dei rifuti urbani secondo criteri di efcienza ed economicità e garantire la programmazione e l’organizzazione dello smaltimento dei rifuti a livello provinciale. Gli artt. 199 e successivi (di cui al Capo III, parte IV) del Decreto legislativo 152/2006 hanno determinato una notevole modifca al quadro giuridico preesistente. In primis, l’art. 199 ha raforzato l’impostazione per Ambiti 12


---------------- Calabria avvelenata ---------------Territoriali Ottimali, stabilendo che i Comuni compresi in ATO (da individuarsi con leggi regionali) dovranno provvedere alla costituzione delle Autorità d’Ambito, soggetto dotato di personalità giuridica, alla quale gli Enti Locali partecipano obbligatoriamente e alla quale è trasferito l’esercizio delle loro competenze in materia di gestione integrata dei rifuti. All’Autorità d’Ambito, inoltre, è assegnata la competenza ad istituire ed organizzare il servizio di gestione integrata dei rifuti secondo criteri di efcienza, efcacia, economicità e trasparenza. In Calabria non c'è l'efcenza, non c'è l'efcacia, l'economicità né la trasparenza. Ma la novità di maggiore peso è costituita dalla prescrizione, ex art. 202, di afdare a terzi, mediante gara, l’intero servizio di gestione integrata dei rifuti urbani nel territorio compreso nell’ATO, nel rispetto del Piano d’Ambito (cui ogni Autorità d’Ambito è tenuto a dotarsi ex art. 201) e del principio di unicità della Gestione per ciascun ATO. La gestione del servizio di cui sopra è aggiudicata mediante gara ad evidenza pubblica, così come disciplinata dai principi e dalle disposizioni comunitarie. Tale prescrizione è di fondamentale importanza in quanto, come sostenuto da brillante dottrina, dà vita ad una disciplina speciale con la conseguente applicabilità della disciplina generale soltanto per le parti non normate dal Decreto legislativo 152/2006. La disciplina generale è costituita dall’art. 113 del decreto legislativo 267/2000 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) che consente al singolo ente locale di decidere se far ricorso al mercato oppure gestire direttamente mediante struttura in house. La Regione Calabria, con delibera di giunta regionale n. 463 del 21/07/2008, avente ad oggetto: “Attribuzione alle Province delle funzioni di Autorità d’ambito in materia di gestione integrata dei rifuti – Legge n. 244/2007 (Finanziaria 2008), art. 2 comma 38” 13


---------------- Calabria avvelenata ---------------attribuisce “a ciascuna delle Province della Regione Calabria le funzioni ed i poteri di autorità d’ambito in materia di gestione integrata dei rifuti, di cui alla normativa vigente ed all’allegato “B” al Piano regionale dei rifuti, per come rimodulato dal Commissario delegato per l’emergenza ambientale con ordinanza 30 ottobre 2007, n. 6294 e pubblicato nel supplemento straordinario n. 2 del 14 novembre 2007 al BUR n. 20 del 31ottobre 2007”. Un dedalo di normative che ne rende difcile l'applicazione. Nel 2007 il fallimento è evidente. Il Prefetto Ruggiero si dimette con una relazione shock inviata al Presidente del Consiglio Romano Prodi e all'allora Ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio. Il commissariamento ritorna per un periodo in mano alla politica e successivamente con Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 luglio 2008 vengono emanate “Disposizioni urgenti di protezione civile, (Ordinanza n. 3690, GU n. 164 del 15-7-2008) il Prefetto Gofredo Sottile viene nominato Commissario delegato in sostituzione del Prefetto Salvatore Montanaro per il completamento, in regime ordinario ed in termini di urgenza, entro e non oltre il 31 dicembre 2008, di tutte le iniziative già programmate ed in corso di attuazione per il defnitivo superamento del contesto di criticità ambientale in atto nel territorio della regione Calabria. Oggi, dopo le elezioni regionali del Marzo 2010 il Presidente della Giunta Scopelliti è nominato Commissario. Un commissariamento che dura da oltre dodici anni e che ancora non ha consentito alla Calabria di uscire dall'emergenza sia sotto il proflo dei rifuti solidi urbani (Rsu) sia sotto il proflo della depurazione dei liquami fognari. Il Commissario delegato avrebbe 14


---------------- Calabria avvelenata ---------------avuto il compito di coadiuvare la Regione Calabria nella realizzazione delle iniziative fnalizzate al rientro nella gestione ordinaria in materia ambientale. L’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3731 del 13/01/2009 con la quale si è disposto di prorogare fno al dicembre 2009 la nomina del Dott. Gofredo Sottile Commissario delegato per il superamento della situazione di emergenza nel settore dei rifuti urbani nel territorio della Regione Calabria con compiti ampliati di: a) progettazione, approvazione ed afdamento, nel rispetto della normativa comunitaria tecnica di settore, dei lavori di realizzazione e della gestione: • delle discariche di servizio per lo smaltimento degli scarti derivanti dalla lavorazione dei rifuti, già individuate o da individuarsi d’intesa con i Presidenti delle Province ed i Sindaci interessati; • delle discariche di smaltimento dei rifuti urbani, da utilizzarsi nelle more della realizzazione degli impianti tecnologici previsti nel Piano regionale dei rifuti, da individuarsi nel seguenti comuni: Casignana (RC), Santa Maria del Cedro, San Giovanni in Fiore, Castrolibero e Cassano(CS) nonché delle ulteriori da individuarsi d’intesa con le province ed i Comuni interessati; • degli impianti tecnologici previsti nel Piano regionale dei rifuti, d’intesa con la regione Calabria, e sentiti i Presidenti delle province ed i Sindaci interessati solo in caso di variazione alla localizzazione contenuta nel Piano medesimo. In quest’ultimo caso, il Commissario delegato provvede alla conseguente defnizione dei rapporti pendenti; 15


---------------- Calabria avvelenata ---------------•

supporto alla Regione Calabria nelle iniziative necessarie al rientro nella gestione ordinaria nonché l’espletamento delle procedure necessarie al defnitivo trasferimento delle opere e degli interventi realizzati e da realizzarsi e della relativa documentazione amministrativa e contabile agli Enti ordinariamente competenti, anche avvalendosi di Commissari ad acta all’uopo nominati, con oneri a carico dei soggetti inadempienti; defnizione di fussi, modalità, tarife ed eventuali contributi per il conferimento e lo smaltimento dei rifuti, anche in funzione di ristoro per particolari casi di disagio ambientale.

La Regione Calabria si è dotata di un “Piano degli interventi di emergenza nel settore dello smaltimento dei RU e dei RAU”, pubblicato sul B.U.R. della Regione n. 71 del 29 luglio 1998. Il Piano ha poi subito alcune variazioni per la parte riguardante la RD per cui è stato redatto il “Piano generale della raccolta diferenziata” (B.U.R. Calabria n. 30 del 26 marzo 1999). Nel 2002 ne viene però approvato un altro e, nel 2007, un altro ancora. Non si fnisce mai di fare piani che però, puntualmente falliscono gli obiettivi dichiarati. Il “Piano di gestione dei rifuti della Regione Calabria”, approvato, originariamente, con Ord. Comm. n. 1771 del 26/02/02 (BUR Calabria n. 7 del 16/04/2002) e in via defnitiva, a conclusione delle operazioni di revisione formale, correzione dei refusi e degli errori materiali nonché di editing, con Ord. Comm. n. 2065 del 30/10/02 (pubblicata il 04-12-2002 sul supplemento straordinario n. 2 al B. U. della Regione Calabria - Parti I e II - n. 22 del 30 novembre 2002) aveva lo scopo dichiarato “di adeguare lo scenario di 16


---------------- Calabria avvelenata ---------------pianifcazione regionale, costituito essenzialmente dal Piano di emergenza e dal complesso delle Ordinanze commissariali, alla normativa comunitaria e nazionale in materia. Le fnalità principali del Piano erano: la riduzione della produzione e della pericolosità dei rifuti; il conseguimento degli obiettivi di RD del D.Lgs. 22/97 in qualità di obiettivi minimali; il tendenziale abbandono della discarica come sistema di smaltimento; la minimizzazione degli impatti ambientali degli impianti; il contenimento dei costi, anche attraverso il dimensionamento ottimale degli impianti; l' attivazione di opportunità di lavoro connesse con il sistema di gestione dei rifuti”. Tutti obbiettivi che non sono stati raggiunti per cui c'è bisogno di un'altro piano e di proseguire l'emergenza. Quasi convenisse tenere la Calabria in situazione d'emergenza, una situazione in cui la norma sugli appalti viene costantemente derogata. In termini di organizzazione del sistema integrato di gestione dei rifuti suddivide il territorio regionale in Ambiti Territoriali Ottimali coincidenti con le Province calabresi, nella fattispecie: l'ATO 1 è la Provincia di Cosenza, l'ATO 2 è la Provincia di Catanzaro, l'ATO 3 è rappresentato dalla Provincia di Crotone, l'ATO 4 la Provincia di Vibo Valentia e l'ATO 5 la Provincia di Reggio Calabria. All’interno degli ATO provinciali saranno realizzate le “Aree di Raccolta” defnite come “parti funzionali dell’ATO” a dimensione sub provinciale, “al fne di predisporre e realizzare soluzioni congiunte per i servizi di raccolta e trasporto dei rifuti, in specie, con riguardo a: gestione dei servizi di raccolta e trasporto rifuti; realizzazione di strutture di servizio (ecocentri e stazioni di trasferimento); gestione dei servizi di trasporto e di conferimento agli impianti di trattamento e smaltimento fnale”. Per quanto attiene all’organizzazione del sistema delle Raccolte Diferenziate, vengono ripresi gli indirizzi già espressi 17


---------------- Calabria avvelenata ---------------nel “Piano Generale della Raccolta Diferenziata nella Regione Calabria”. In sintesi, l’attuazione diretta della Raccolta Diferenziata in ciascun sotto ambito è svolta da società miste a prevalente, a volte esclusiva, partecipazione pubblica locale. Società miste che oggi sono quasi tutte sull'orlo della crisi e che, così come sono strutturate, servono soltanto ad avere qualche nomina da fare, qualche poltrona d'attribuire. Per la parte pubblica, assumono partecipazioni nella società i Comuni, anche consorziati, e la quota maggioritaria (51%) è sottoscritta attraverso il conferimento alla società, da parte dell’Ufcio del Commissario Delegato, di mezzi ed attrezzature occorrenti per l’espletamento del servizio. La fnalità principale dichiarata del Piano è quella di “recuperare il ritardo accumulato in termini di RD rispetto agli obiettivi stabiliti dal D.Lgs. 22/97, fssandoli nei seguenti: 15% a 6 / 12 mesi; il 25% entro 18/24 mesi per arrivare al 35% in 36 mesi. Ma nessuno di questi obiettivi dichiarati viene raggiunto. L’emanazione del D.Lgs. 152/2006 e l’O.P.C.M. n° 3585 del 24 aprile 2007 della citata O.P.C.M. n. 3585 24 aprile 2007, pubblicata sulla Gazzetta Ufciale della Repubblica Italiana n. 105 dell’8/5/2007, al comma 2 dell’art. 1 dispone ulterioremente che il Commissario Delegato, in particolare, “provvede all’espletamento, tra le altre, delle seguenti attività: a) aggiornamento e rimodulazione del piano regionale dei rifuti; b) attuazione degli articoli 148 e 149 del decreto legislativo 152/2006, mediante l’istituzione delle Autorità d’ambito per la successiva predisposizione e/o aggiornamento dei piani d’ambito. Ciò comporta l’elaborazione di un nuovo Piano di Gestione dei rifuti della Regione Calabria. Il nuovo piano viene approvato con Ordinanza del Commissario n° 6294 del 30 ottobre 2007 pubblicata il 14-11-2007 sul supplemento straordinario n. 2 al B. U. della Regione Calabria - Parti I e II- n. 20 del 31 ottobre 2007”. 18


---------------- Calabria avvelenata ----------------

La missione impossibile In ottemperanza al disposto del D.Lgs 152/2006 il piano regionale dei rifuti del 2007 introduce delle novità rispetto al precedente piano di gestione del 2002. In particolare per quanto riguarda la raccolta diferenziata recepisce l’obiettivo, previsto dal decreto suddetto, di raggiungere il valore del 65% al 2012. Pertanto, si ipotizza una puntuale osservanza della normativa in merito alla percentuale di raccolta diferenziata che si prevede debba conseguire l’ambizioso obiettivo del 65% entro il 2012. Una missione che già da subito si rivela “impossibile” come evidenziato, più avanti, per la provincia di Catanzaro. Uno scenario, quello del 65% nel 2012, che sarebbe in linea con gli obbiettivi previsti dal D.Lgs. 152/06 : almeno il 35% entro il 31/12/2006, almeno il 45% entro il 31/12/2008 e almeno il 65% entro il 31/12/2012. Tali valori, inoltre, sarebbero stati integrati in base all’art. 1108 della L. 27/12/2006 n. 296 (Legge fnanziaria 2007) che prevede le seguenti percentuali minime: almeno il 40% entro il 31/12/2007, almeno il 50% entro il 31/12/2009, almeno il 60% entro il 31/12/2011. Secondo tale scenario si sarebbe dovuto procedere alla determinazione dei fabbisogni impiantistici e alla loro costruzione. La Regione Calabria è dotata di un impianto di termovalorizzazione di CdR ubicato a Gioia Tauro (RC). Tale impianto ha una potenzialità di 120.000 ton/anno, che risulta attualmente insufciente per trattare il CdR prodotto dagli impianti di selezione secco/umido regionali attualmente in esercizio. Tale defcit è stimato in circa 30.000 ton/anno. Con l’attivazione di tutti gli impianti di trattamento previsti da Piano, “la produzione su base regionale di CdR aumenterà considerevolmente. 19


---------------- Calabria avvelenata ---------------Diventerà pertanto necessario realizzare il raddoppio della attuale potenzialità di termovalorizzazione”. Il 22 dicembre 2008, durante una giornata di mobilitazione per la Piana di Gioia Tauro, il “Movimento Difesa del Territorio” scrive: “Avevamo salutato con soddisfazione la legge regionale che bloccava il raddoppio dell’inceneritore. Dopo mesi di iniziative nella Piana e oltre 8mila frme raccolte in tutto il territorio, ci eravamo illusi di avere defnitivamente sconftto l’ipotesi dell’ennesimo mostro da realizzare in quest’area”. E ancora: “dopo aver già segnalato che i lavori non si sono mai fermati, veniamo a sapere che il Consiglio dei Ministri ha impugnato questa legge, nonostante le rassicurazioni ricevute dalla giunta regionale alla luce della fne dell’esperienza del Commissariato. Noi vogliamo vederci chiaro, vogliamo sapere che cosa si vuole fare di questo inceneritore che nessuno vuole, per questo saremo il 28 febbraio davanti la sede del Consiglio Regionale! Per organizzare questa ennesima mobilitazione i cittadini della Piana e tutte le realtà, i sindaci, le organizzazioni, che hanno contribuito alla riuscita della splendida manifestazione del 22 dicembre, sono invitate ad un momento di confronto che si terrà martedì 26 febbraio alle ore 18 al presidio di Contrada Cicerna, davanti l’inceneritore già funzionante. Per ribadire nuovamente che senza la gente non si decide niente!”. La realizzazione del raddoppio dell’impianto di Gioia Tauro si sarebbe dovuta completare nel corso del 2009. L’entrata in funzione sarebbe dovuta avvenire nel 2010. Il 22 aprile del 2010, sulle pagine della cronaca della “Gazzetta del Sud” si legge che a Catanzaro “Si è tenuto un incontro al Commissario all'emergenza ambientale di Catanzaro tra il presidente 20


---------------- Calabria avvelenata ---------------della Conferenza dei sindaci dell'Asp 5 di Reggio, Rocco Domenico Ceravolo, sindaco di Laureana, il Commissario all'emergenza, prefetto Sottile, il neo sindaco di Gioia Tauro, Renato Bellofore per discutere sulle problematiche relative al raddoppio del termovalorizzatore”. E ancora: “Ceravolo aveva posto il problema della veridicità o meno della ripresa dei lavori per il raddoppio. Si ricorderà che in seguito alle manifestazioni di popolo e sindaci dei territori interessati, il Consiglio regionale, all'unanimità aveva deliberato il blocco dei lavori. E il Governatore Loiero aveva garantito l'impegno delle risorse per la costruzione di un nuovo termovalorizzatore sul territorio cosentino. La notizia della prosecuzione dei lavori del raddoppio ha allarmato Ceravolo. L'incontro ha chiarito una serie di questioni che dovranno ora passare al tavolo della politica. Sottile ha chiarito che non è mai stato emanato un provvedimento di sospensione dei lavori in seguito all'intervento della Corte Costituzionale che aveva annullato la delibera del Consiglio regionale di blocco dei lavori. Un provvedimento di sospensione – secondo il Prefetto – avrebbe comportato un danno economico ingente. È defnitivamente chiaro che qualsiasi provvedimento non può che essere assunto dal Prefetto se non di concerto con l'Amministrazione regionale. Questo signifca che occorrerà attendere l'efettivo insediamento della Giunta regionale per comprendere come questa intenderà afrontare il problema. In attesa ottenute una serie di garanzie volte alla tutela della salute della gente del territorio attraverso una serie di misure che saranno, di concerto con il commissariato, poste in essere e che riguardano il corretto funzionamento dell'inceneritore così come è attualmente in funzione. Le misure da adottare e le relative modalità saranno stabilite in un incontro a breve in Gioia Tauro, dove Sottile si recherà, unitamente a propri collaboratori e tecnici. Si è preso atto della 21


---------------- Calabria avvelenata ---------------sensibilitĂ del Prefetto in ordine alle tematiche ambientali. Ma la partita è sul tavolo della politicaâ€?. Nel mese di giugno 2010 il neo Governatore della Calabria Giuseppe Scopelliti viene nominato commissario delegato per l'emergenza rifuti in Calabria ma, ad agosto del 2010, ancora niente raddoppio.

22


---------------- Calabria avvelenata ----------------

La monnezza in provincia di Catanzaro Duecento ottantanove pagine tra cui grafci e tabelle per spiegare la situazione dei rifuti in provincia di Catanzaro. Nel Rapporto1 sulla produzione dei rifuti in provincia di Catanzaro (ATO n°2) l'area d'ambito risulta suddivisa in tre macro aree di raccolta: Catanzaro, Lamezia e Soverato. A loro volta le macro aree di raccolta sono suddivise in diversi sub-bacini. All'area di Catanzaro fanno riferimento il Sub bacino 1 Catanzaro che comprende i comuni di Borgia, Carafa di Catanzaro, Catanzaro, Gimigliano, Sellia, Sellia Marina, Settingiano, Simeri Crichi, Soveria Simeri, Tiriolo, Zagarise, il Sub bacino 4 comprendente i comuni di Cropani Andali, Belcastro, Botricello, Cerva, Cropani, Marcedusa, Petronà, Sersale e il Sub bacino 7 raggruppante i comuni di Taverna Albi, Fossato Serralta, Magisano, Pentone, Sorbo San Basile, Taverna. Alla macro area di raccolta di Lamezia fanno riferimento il Sub bacino 2 Lamezia Terme comprendente i comuni di Amato, Feroleto Antico, Gizzeria, Lamezia Terme, Marcellinara, Miglierina, Pianopoli, Platania, il Sub bacino 5 raggruppante i comuni di Nocera Terinese Confenti, Falerna, Martirano, Martirano Lombardo, Motta Santa Lucia, Nocera Terinese, San Mango d’Aquino, il Sub bacino 6 comprendente Decollatura, Carlopoli, Cicala, Decollatura, San Pietro Apostolo, Serrastretta, Soveria Mannelli e il Sub bacino 8 comprendente i comuni di Maida, Cortale, Curinga, Girifalco, Jacurso, Maida, San Pietro a Maida. 1 Rapporto su produzione smaltimento e raccolta differenziata dei rifiuti nella Provincia di Catanzaro. Amministrazione provinciale di Catanzaro, Settore tutela e sviluppo ambientale, Edizione 2008. Dedalo Società Cooperativa Srl (a cura di).

23


---------------- Calabria avvelenata ---------------Per ciascuna macro area di raccolta sono individuati i soggetti gestori, società a prevalente capitale pubblico, che sono rispettivamente, per l'area di Raccolta 1 (Catanzaro) la “Ambiente e Servizi S.p.A”, per l'area di raccolta 2 (Lamezia) la società “Lamezia Sevizi SpA” mentre per l'area di raccolta 3 (Soverato) la società che gestisce la raccolta è la “Schillacium S.p.A”. Il Piano provinciale prescrive, per ciascuna area di raccolta, la defnizione e realizzazione delle soluzioni più razionali ed economiche per quanto attiene la gestione dei servizi di raccolta e trasporto dei rifuti comprese le raccolte di ferenziate; la realizzazione delle strutture di servizio (ecocentri, stazioni di trasferimento, isole ecologiche); la gestione dei servizi di trasporto e di conferimento agli impianti di trattamento e smaltimento fnale. Nella provincia di Catanzaro (ATO 2) il Piano dei rifuti approvato dalla stessa amministrazione provinciale rileva i seguenti trend nella produzione dei rifuti: “Si evidenzia un andamento crescente che in 6 anni ha accumulato un incremento del +7%, dal grafco si evidenzia come la maggiore crescita si sia avuta nell’intervallo 2003-2004 con un +6%, mentre nell’intervallo 20042007 si sia registrato un consolidamento dei livelli di produzione. 24


---------------- Calabria avvelenata ---------------Dall’interpolazione dei dati, risulta che in assenza di strategie che intervengano sul contenimento della produzione, i RU continueranno a crescere superando nel 2008 le 161.000 t/a”. Grazie alle serie storiche 2002-2007 rese disponibili da fonti ufciali, per quanto riguarda la raccolta diferenziata si legge testualmente che “A livello di ATO 2 nell’intervallo indagato si registra un andamento fortemente crescente, con una variazione complessiva registrata fra il 2002 e il 2007 di +112%. Tuttavia,” - si legge ancora - “bisogna rilevare anche che gli incrementi registrati negli ultimi anni sono stati via via decrescenti, lasciando supporre un andamento futuro simile a quello del grafco” allegato al rapporto e che si riporta a sinistra. In pratica si è passati dal 7,08% di raccolta diferenziata nel 2002 al 13,16% del 2007. Ampiamente al di sotto del 35% che costituiva l'obiettivo del Decreto Ronchi e dello stesso piano provinciale. Si ammette candidamente il fallimento. In provincia di Catanzaro, in tutte le quattro aree di raccolta la percentuale di diferenziata non supera mai il 16% come ben si evince nel grafco individuato nel Rapporto provinciale come fgura 15.

25


---------------- Calabria avvelenata ---------------Ma forse sarebbe stato più appropriato chiamarlo “fguraccia”. E le cose non vanno meglio se si dà un'occhiata ai dati relativi ai singoli comuni. Tanto per fare un esempio useremo quello di Sellia Marina, un piccolo comune della provincia di Catanzaro della costa ionica, che potremmo considerare emblema di un fallimento: nel 2002 la RD in questo comune costituiva lo 0,41% appena dei rifuti prodotti; nel 2003, causa un processo virtuoso locale, la percentuale di RD sale sorprendentemente al 15,01% per tornare però a crollare di nuovo, nel 2004, all'8,05%. Nel 2005 si arriva all'8,37%, nel 2006 a 9,63% e nel 2007 all'11,29% ampiamente al di sotto degli obiettivi del piano (35%) ma anche della stessa media provinciale che è del 13,6% nel 2007. Il tutto mentre le società gestori del servizio sono sull'orlo della crisi fnanziaria a furia di pagare poltrone. A gennaio del 2010, le assemblee straordinaria e ordinaria della società “Ambiente e Servizi spa”, hanno defnito l’acquisizione delle quote del socio privato, “Salvaguardia ambiente spa” che aveva avuto problemi sulla certifcazione antimafa a riprova della pregnante presenza di ecomafe nel settore dei rifuti. Il socio maggioritario, cioè il Comune di Catanzaro, che per le quote acquisite possiede circa il 71% di Ambiente e servizi spa, ha ritenuto di dover fare una proposta per il rinnovo del Consiglio di Amministrazione – che ha un valore assolutamente provvisorio – riducendolo da cinque membri a tre. Viene confermata la fducia al presidente uscente Franco Laudadio e al membro uscente Riilo, per conto del Comune di Borgia, è stato indicato un terzo membro nella persona dell’assessore all’Ambiente del Comune Lorenzo Costa, con la responsabilità di amministratore delegato. Questa la nuova distribuzione delle poltrone. La strategia dell’Amministrazione comunale nella vicenda della Società Ambiente e servizi è stata, fn dalle prime difcoltà e dopo aver 26


---------------- Calabria avvelenata ---------------acquisito il parere del prefetto Montanari e dell’Avvocatura distrettuale, quella di “difendere la sopravvivenza della società stessa, non solo e non tanto per la Città di Catanzaro ma, soprattutto, per il valore strategico che ha per l’intero ambito di 26 comuni”.

27


---------------- Calabria avvelenata ----------------

Il ciclo integrato e l’incantesimo degli inceneritori Nell’ultimo piano regionale approvato per la gestione dei rifuti in Calabria sono state evidenziate le principali criticità del sistema che riguardano sia aspetti strutturali sia aspetti funzionali. Accanto al defcit di impianti dovuto al non avvenuto completamento di alcune strutture, si lamenta l’insufcienza proprio della raccolta diferenziata e il totale mancato avvio della raccolta diferenziata dell’umido organico. Il tutto in un contesto, come si legge nello stesso piano regionale, reso scarsamente efciente per l’eccessivo numero di “sotto ambiti” e di società che gestiscono la raccolta diferenziata. Gli obiettivi del piano previsti per la raccolta diferenziata non sono stati conseguiti e, anzi, si è ancora ben lontani dal loro raggiungimento. Il Piano Generale della Raccolta diferenziata in Calabria pubblicato sul B.U.R. Calabria n. 30 del 26 marzo 1999 ha delineato una strategia mirata alla valorizzazione della RD, fssando gli obiettivi del 25% dopo 12-24 mesi e del 35 % dopo 36 mesi dalla data di attivazione delle raccolte diferenziate. Nel 2007, il dato ufciale era molto al di sotto delle previsione: la raccolta diferenziata aveva raggiunto il 12% su scala regionale, obiettivi lontani da quanto stabilito dalla normativa, anche se “alcune realtà locali avevano mostrato risultati più confortanti”. “I motivi – si legge nel Rapporto Arpacal del 2007 - si possono sintetizzare nell’aspetto tarifario con scarsi margini operativi per la gestione di un 28


---------------- Calabria avvelenata ---------------ciclo tendenzialmente più complesso della mera raccolta e smaltimento del tal quale. La non elevata tarifa per lo smaltimento del rifuto indiferenziato in discarica, infatti ha costituito fno ad oggi un disincentivo all’attivazione della RD. Con Ordinanza n. 4905 del 28/09/2006, l’Ufcio del Commissario per l’Emergenza Ambientale ha stabilito, con decorrenza dal 1 gennaio 2007, tarife più elevate rispetto alle attuali per lo smaltimento dei rifuti indiferenziati ed il dimezzamento del costo di conferimento della frazione organica proveniente dalla RD agli impianti di trattamento”. Tali criticità di sistema sono particolarmente rilevanti poiché causano un efetto a catena sulle altre fasi del trattamento dei rifuti. Infatti, in assenza di un’adeguata raccolta diferenziata aumenta il carico di rifuti sulle discariche dove viene immessa una quantità di rifuti tal quale superiore a quella prevista e superiore ai limiti fssati dalla normativa vigente. Situazione aggravata, se ciò non bastasse, dalla mancata utilizzazione degli impianti per la valorizzazione della raccolta diferenziata e dalla scarsa funzionalità del sistema di raccolta a causa dell’attuale suddivisione del territorio regionale in 14 sotto ambiti in cui l’afdamento della raccolta diferenziata ad una società mista all’interno di ciascun sotto ambito è inadeguata. Come avviare la fne di un’emergenza che dura da dodici anni? Costruendo altre discariche? Nuovi inceneritori? Quale politiche da perseguire, per risolvere una volta per tutti il problema dei rifuti ed evitare che, colmate le discariche esistenti defagri la bomba “monnezza” e la si contenga con i “salubri” inceneritori? L’alternativa c’è, ma necessita di un salto culturale: si chiama “ciclo integrato dei rifuti”. E dovremmo prendere esempio da realtà, come quella tedesca, che sono all’avanguardia. 29


---------------- Calabria avvelenata ---------------La raccolta diferenziata porta a porta anche della frazione organica è il punto cardine del ciclo, ma la diferenziata da sola non basta: è necessario innescare a valle una fliera del riciclaggio per produrre nuovi oggetti e dalla quale è senz’altro possibile creare posti di lavori “ecologici” che potrebbero diventare un volano positivo contro la crisi in atto. L’organico, anch’esso raccolto porta a porta, andrà agli impianti di compostaggio per produrre fertilizzante. Per quello che comunque non è riciclabile (o ancora raccolto indiferenziato) è ancora troppo presto sia per la discarica, sia per l’inceneritore. Lo si può trattare senza incenerire ed evitando di inviare in discarica le ceneri tossiche o il materiale tal quale putrescibile e quindi pericoloso per i percolati che produce. Mediante il trattamento cd meccanico-biologico a freddo che in Germania risulta in grande evoluzione: 64 gli impianti di TMB contro i 73 inceneritori. I rifuti che rimangono indiferenziati e non riciclati vengono dapprima selezionati da appositi macchinari cercando di recuperare ancora vetro, metalli ed altro materiale riciclabile. Dopodiché il rimanente viene inviato in appositi “bio-reattori” chiusi e con “bio-fltri” che essiccano, a 40-60°C, ciò che rimane. Il tutto senza bruciare e producendo biogas utile per far funzionare l’impianto stesso. Il materiale così essiccato è ridotto del 40 – 50% rispetto alla massa in ingresso, non è più putrescibile e non è nemmeno una cenere tossica come quella che invece esce dagli inceneritori.

30


---------------- Calabria avvelenata ----------------

Essendo reso inerte, il materiale prodotto dal trattamento meccanico biologico lo si può riciclare in edilizia come sottofondo stradale. Gli inceneritori non eliminano le discariche ma, anzi, producono ceneri tossiche in quantità pari a circa il 25% di ciò che viene bruciato, e che richiede particolari accorgimenti per essere smaltite. Come scrisse nel 1993 il Wall Street Journal: quello degli inceneritori è (e resta ancora) il metodo più costoso di smaltimento dei rifuti. Un impianto di trattamento meccanico biologico costa invece il 50-70% in meno di un inceneritore e il materiale che rimane è riutilizzabile come inerte o per produrre combustibile da rifuti. 31


---------------- Calabria avvelenata ---------------Nell’ambito di un ciclo integrato dei rifuti, assieme alla raccolta diferenziata porta a porta e al compostaggio dell’umido, il trattamento meccanico biologico a freddo viene accettato più facilmente dalle popolazioni perché ha costi ambientali decisamente inferiori consentendo di abbattere gran parte degli inquinanti: 5 kg di polveri prodotte per tonnellata di rifuti trattate contro i 38 kg degli inceneritori; 78 Kg di ossidi di azoto (nitrati e nitriti) contro i 577 kg per tonnellata di rifuti trattati con inceneritore; scarti solidi pesanti a tossicità media contro quelli a tossicità alta sempre degli inceneritori; pochi fumi a bassa tossicità contro elevati quantitativi di fumi ad elevata tossicità degli inceneritori; 40 nanogrammi di diossine per tonnellata trattata che, con particolari accorgimenti, possono scendere addirittura a 0,1 nano grammi, contro i 400 nanogrammi rilasciati degli inceneritori per ogni tonnellata di rifuti trattati. Il ciclo integrato e il trattamento meccanico biologico a freddo per uscire dall’emergenza senza cadere nell’incantesimo degli inceneritori che ormai volge al termine in tutta l’Europa.

32


---------------- Calabria avvelenata ----------------

Emergenza rifuti Nel 2007 si dimette il prefetto Ruggiero

L’8 febbraio del 2007, sul Corriere della Sera la Calabria è in prima pagina. A fare notizia è la relazione del prefetto Ruggiero che, nel dimettersi da Commissario delegato per l’emergenza rifuti in Calabria, parla di “41 dipendenti fantasma, parcelle ad avvocati amici, bilancio su foglietti”. Calabria, ambiente e il gioco di 864 milioni è il titolo dell’articolo di Gian Antonio Stella che spiega ai calabresi e agli italiani tutte le “Denunce e le accuse nella relazione del commissario Antonio Ruggiero”. È il paradigma del fallimento della partitocrazia. Autore del volume di successo “La Casta” assieme a Sergio Rizzo, Stella scrive2: “Credevano di giocare coi soldi fnti del Monopoli, al Commissariato per l’Emergenza Ambientale in Calabria”. I bilanci redatti su “foglietti”: entrate e uscite. Di «un bilancio vero e proprio» nessuna traccia. Stella spiega che la “casta” calabrese, quella che i Radicali chiamano partitocrazia, sprecava i soldi europei “Senza una documentazione giustifcativa. Senza un controllo della Ragioneria. Hanno speso così, in otto anni, 864 milioni di euro”. “Ad afermarlo è”, continua Stella, “La relazione fnale, esplosiva, dell’ultimo commissario. Che se ne va con una chiusa amarissima: «E molto altro ancora potrebbe essere illustrato, se valesse la pena di raccontare, avendo tempo e modo. E soprattutto scopo». 2 Gian Antonio Stella, 08.02.2007 www.corrieredellasera.it - “Denunce e accuse nella relazione del commissario Antonio Ruggiero”

33


---------------- Calabria avvelenata ---------------Questo è il punto: c’è ancora un senso, nel radiografare una situazione amministrativa di confne tra la sciatteria e la criminalità? La denuncia, 50 pagine da far ribollire il sangue, è stata mandata al premier Romano Prodi, al ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, al governatore Agazio Loiero e al capo della protezione civile Guido Bertolaso. Ed è frmata da Antonio Ruggiero, un prefetto che da anni viene sbattuto qua e là per l’Italia a farsi carico delle situazioni più rognose. Come quella di Isola Capo Rizzuto, dove il comune era andato in bancarotta, un terzo dei dipendenti municipali aveva precedenti penali o era stato indagato, il 93% non pagava la tassa sui rifuti, il 97% non pagava l’acqua, il 30% non pagava l’Ici ed erano abusive perfno alcune tombe di famiglia costruite a ridosso del cimitero. Insomma: stiamo parlando di un funzionario che dalle bombe ai tralicci in Alto Adige ai primi sbarchi di albanesi a Brindisi ne aveva viste tante. Come al Commissario per l’emergenza ambientale in Calabria, però, mai. O almeno così pare di capire dal rapporto con cui, dopo due mesi e mezzo, ricostruisce la sua esperienza alla guida dell’organismo voluto nel ’97, dopo l’ennesima emergenza, per mettere ordine nel caos totale che in cui agonizzava il mondo dei depuratori, dei rifuti, delle discariche. Sette capi ha avuto, in una manciata di anni, quel Commissariato. Quattro presidenti regionali e tre prefetti. Con proroghe su proroghe di poteri speciali usati, stando anche all’inchiesta giudiziaria intitolata a «Poseidone», malissimo. Al punto che un anno e mezzo fa, tra i numerosi indagati per una serie di reati che vanno dalla trufa aggravata all’abuso d’ufcio, fnì anche l’ex governatore Giuseppe Chiaravalloti. «Avete rilevato interessi di 34


---------------- Calabria avvelenata ---------------politici nazionali nella vicenda?», chiesero i membri della Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifuti ai giudici titolari delle indagini, Salvatore Murone, Isabella De Angelis e Luigi De Magistris. La risposta dei giudici fu eloquente: «Prima di rispondere vorremmo disattivaste il circuito audio-visivo interno». Come fnirà l’iter processuale si vedrà. Ma il rapporto di Ruggiero, al di là degli aspetti penali, dice già tutto. Dal 1998 al 2006 il Commissariato fgura aver avuto entrate complessive per 692 milioni e mezzo di euro e uscite per quasi 645 milioni, tanto che al passaggio di consegne fu detto al nuovo commissario, con una «certifcazione da parte della Tesoreria provinciale dello Stato» ( sic) che c’era perfno un saldo di cassa di 45 milioni di euro. Una bufala: neanche il tempo di metter mano ai conti e saltava fuori «una pesante situazione debitoria»: oltre 223 milioni. Che non fguravano «né nei vari passaggi di consegne né nelle precedenti rendicontazioni». Possibile che non se ne fossero accorti? Ma certo che se n’erano accorti. Solo che tutto era stato occultato in una inestricabile selva contabile. «Lo scrivente ha rilevato la mancanza di un bilancio vero e proprio e la distinzione delle somme in soli tre capitoli di contabilità speciale che rende oltremodo difcoltosa la verifca dell’andamento delle spese relative ad ogni singolo intervento, perché di fatto la gestione delle suddette contabilità è tipo conto corrente fnalizzato», accusa il prefetto, ricordando di aver denunciato tutto alla Corte dei Conti. Per capirci, c’erano solo dei «foglietti»: di qua le entrate, di là le uscite. Fine. Si trattava di «emergenze», perché tener nota di tutto? Le «emergenze» sono «emergenze», no? Lo dice la parola stessa...

35


---------------- Calabria avvelenata ---------------Ed ecco centinaia di migliaia di euro (quanti? «Non siamo ancora riusciti a fare le somme») dati ad avvocati amici infschiandosene della regola che ogni vertenza doveva essere passata all’Avvocatura dello Stato. Ecco i buchi nel bilancio lasciato dai comuni calabresi in larghissima maggioranza riottosi a pagare al Commissariato quanto dovevano per la gestione dei depuratori dato che nessuno di fatto chiedeva loro i soldi, parzialmente recuperati solo adesso con la creazione di 127 commissari ad acta che sono riusciti a rastrellare in 127 comuni 21 milioni di euro mai versati. Ecco la scoperta che «il programma di elaborazione dei dati contabili» è di fatto inutilizzabile e non ha neppure un contratto di assistenza: anzi, non si trova più manco il «carteggio relativo al contratto a suo tempo stipulato». Ecco infne i ritardi dovuti a una prassi burocratica che, nel casino totale di competenze e priorità, era «sostanzialmente fnalizzata a ritardare tutto il ritardabile». Insomma, un disordine tale che nel settore dei rifuti (che vede la Calabria buttare in discarica ancora il 50% della spazzatura!) «non si è ancora riusciti ad accertare una situazione complessiva e analitica dei debiti pregressi delle gestioni precedenti sulle quali non esiste una contabilità sistematica, né relazioni tecnico-economiche». Per non dire del personale. Oltre ai 64 dipendenti in organico, compresi contrattisti ed esperti, il prefetto ha scoperto che c’erano a carico del commissariato 41 fantasmi di cui non sapeva assolutamente nulla. Mai visti in faccia. Mai impegnati in una pratica. Assunti con «contratti stipulati da dirigenti del Ministero dell’Ambiente, nei quali è espressamente stabilito che il corrispettivo per la prestazione resa sarà corrisposto dal Commissario delegato dietro attestazione del committente che il lavoratore ha regolarmente adempiuto agli obblighi contrattuali». 36


---------------- Calabria avvelenata ---------------Traduzione: ogni mese arrivava da Roma l’ordine di pagare quegli sconosciuti senza che il Commissariato fosse in condizione «di indicare l’attività prestata dai dipendenti in questione». Domanda: ma nessuno controllava? Risposta, no: «Non risultano allegati né gli atti che avrebbe dovuto produrre il servizio di controllo interno né i verbali della verifca amministrativa e contabile». Peggio: «Le pezze d’appoggio» a giustifcare i conti, da parte della Ragioneria competente, «non è stata mai richiesta».

37


---------------- Calabria avvelenata ----------------

38


---------------- Calabria avvelenata ----------------

Veolia spa, acque e termovalorizzatori. Ma c'è da fdarsi? Veolia è il 135esimo gruppo multinazionale al mondo per giro di afari. Di origine francese, è attivo nel settore dei servizi acqua, energia, rifuti e trasporti. In tale settore è classifcata sesta a livello mondiale. È anche la prima multinazionale dell'acqua a livello mondiale. Il gruppo è formato dalla capogruppo Veolia Environnement SA domiciliata in Francia e da migliaia di fliali. Alcune sono attive nel settore dell'acqua, altre nel settore energetico, altre nel settore dei rifuti, altre ancora nel settore dei rifuti. Nel settore rifuti Veolia Servizi Ambientali Spa detiene, tra le altre, il 100% di di T.E.C. Spa (Termo Energia Calabria), che gestisce il termovalorizzatore e la discarica di Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria, più alcuni impianti di trattamento rifuti. Nel settore acque, come Veolia Acque srl, in Calabria il gruppo detiene il 46,5% di So.Ri.Cal., Società Risorse Idriche Calabresi, che ha in concessione la gestione “all'ingrosso” delle acque della regione Calabria mentre, il restante 53,5% appartiene alla stessa regione Calabria. Il gruppo pubblica un bilancio sociale e ambientale, abbastanza dettagliato per quanto riguarda gli aspetti ambientali, ma carente per quanto riguarda gli aspetti sociali. Il documento riporta le quantità di risorse consumate dal gruppo, l'ammontare delle multe subite per violazione alla normativa ambientale, la quantità di rifuti prodotti. Invece il bilancio non accenna alla presenza in paradisi fscali, alle condanne o multe comminate dalle autorità giudiziarie, al coinvolgimento con regimi oppressivi. Nel 2008 il gruppo ha pagato 39


---------------- Calabria avvelenata ---------------95,4 milioni di euro per vari casi di violazione alla normativa ambientale. Sempre nel 2008 la magistratura di Lucca apre un'indagine sull'inceneritore di Pietrasanta, gestito da Veolia, per emissioni di diossina superiori a quelle consentite. L'indagine ha appurato che i dati ufciali erano viziati dal fatto che le centraline di rilevazione erano state manomesse. Veolia, tuttavia, ha declinato ogni responsabilità asserendo che il fatto era stato commesso dalla gestione precedente (Rainews 24, “L'inchiesta”, 20 novembre 2008). Contro l'inceneritore è in atto una forte protesta popolare, perchè tutti i rilievi mettono in evidenza un inquinamento ambientale pesante (Il Tirreno, Diossine nei sedimenti del torrente, 27 maggio 2009). Ma per Veolia i problemi sono anche altri. Sul sito ufciale di legambiente3 si parla di Veolia: “Ecomafa News” il titolo del post pubblicato il 05/03/2009. “Brindisi, sigilli all'inceneritore” l'occhiello. “I carabinieri del Noe di Lecce hanno sequestrato” - si legge - “il sistema di monitoraggio delle emissioni in atmosfera dell'impianto di termodistruzione dei rifuti gestito dalla Veolia servizi ambientali di Brindisi. Sequestrati anche serbatoi e fusti di rifuti.”. E ancora: “I carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Lecce hanno sequestrato il sistema di monitoraggio delle emissioni in atmosfera dell'impianto di termodistruzione di rifuti gestito dalla società “Veolia servizi ambientali Tecnitalia” di Brindisi. Nell'operazione del Noe vengono sequestrati anche otto serbatoi verticali da 25 metri cubi ciascuno contenenti rifuti liquidi e circa 1.000 fusti presenti in un'area interna all'impianto. Anche i fusti contenevano rifuti di cui non si conosce la provenienza e di cui non si conoscono le caratteristiche chimiche. 3 www.legambiente.eu 40


---------------- Calabria avvelenata ---------------Nel corso di una perquisizione, sono stati sequestrati anche un computer, documenti relativi alla gestione dell'impianto di termodistruzione, alle emissioni in atmosfera e ai rapporti della società con altri enti e aziende. Altra documentazione è stata sequestrata dai carabinieri del Noe di Lecce nella sede centrale dell'azienda 'Veolia', a La Spezia, e in altre aziende lombarde e liguri”. “Il sequestro” - si legge - “è a scopo probatorio e servirà agli investigatori a capire se il sistema di monitoraggio ambientale dell'impianto del termodistruttore della Veolia Servizi Ambientali Tecnitalia Brindisi sia in regola oppure no”. Fusti fantasma: “Quando i carabinieri hanno compiuto il sequestro della cabina di monitoraggio, sul posto hanno trovato altre situazioni apparentemente non in regola, come i fusti contenenti rifuti, accatastati nel piazzale dell'impianto brindisino, che si trova nella zona industriale del capoluogo. Fusti per i quali resta un mistero non solo il contenuto, sul quale sono state avviate verifche, ma, soprattutto, la provenienza, visto che i carabinieri in sede non hanno trovato alcun documento riferito ad essi. Al momento, non ci sarebbero iscritti nel registro degli indagati. La Veolia gestisce da poco tempo la struttura brindisina e sta fronteggiando anche uno stato di agitazione dei lavoratori che dura da alcune settimane. I dipendenti, infatti, temono per il proprio posto di lavoro. Tra i documenti sequestrati, anche quelli relativi ai rapporti dell'azienda con altre società italiane. Impianti in tutta Italia Veolia Servizi Ambientali Tecnitalia spa, società operativa di Veolia Propreté in Italia, a Brindisi gestisce - si legge nel sito internet 41


---------------- Calabria avvelenata ---------------della società - una piattaforma polifunzionale costituita da un termovalorizzatore di rifuti industriali e ospedalieri con recupero energetico, da una discarica per rifuti pericolosi (ex 2e) e un impianto di trattamento dei refui industriali. L'impresa gestisce, oltre agli impianti di Brindisi, il sistema integrato “Calabria Sud” - costituito dal termovalorizzatore di Gioia Tauro e cinque impianti di selezione e valorizzazione della raccolta diferenziata a Sambatello, Siderno e Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria, Rossano (Cosenza) e Crotone, e dalla discarica in località Marrella a Gioia Tauro - il termovalorizzatore di Vercelli, il termovalorizzatore di Potenza e l'impianto di biostabilizzazione e produzione di Cdr della Spezia. Emissioni sospette Le indagini che riguardano l'inceneritore di Brindisi sono scaturite da sospetti sul sistema di monitoraggio delle emissioni. L'impianto ha sul territorio una particolare rilevanza, in quanto smaltisce varie tipologie di rifuti, come quelli sanitari, a livello locale ma anche nazionale. Il sequestro è stato fatto nell'ambito di indagini coordinate dalla Procura di Brindisi e cominciate il mese scorso. Un'inchiesta relativa alla gestione dell'impianto nel corso della quale sono emersi sospetti riguardanti il sistema di monitoraggio delle emissioni in atmosfera. Il termovalorizzatore è attivo dal 2001 ed era gestito sino all'ottobre 2007 dalla Tmt del Gruppo Termomeccanica. Da due anni è gestito, per conto del Consorzio dell'Area di sviluppo industriale (Asi) dalla società Veolia Servizi Ambientali Tecnitalia, nata dall'acquisizione del 75% di Tmt da parte di Veolia Servizi Ambientali”. 42


---------------- Calabria avvelenata ---------------Il 28 aprile del 2009, dopo l'incontro ufciale col Prefetto Gofedo Sottile, commissario all'emergenza rifuti in Calabria, l'ufcio stampa del Comune di Gioia Tauro dirama il seguente comunicato: “La riunione - alla quale hanno preso parte anche il Vice Sindaco della città, Jacopo Rizzo ed i vertici della Veolia Servizi Ambientali Tecnitalia S.p.A., società di gestione del locale impianto di incenerimento, Dott. Enrico Friz, Direttore Generale ed Ing. Leonardo Salvaggio, Responsabile Operativo, oltre all’avv. Domenico Ceravolo, Presidente della Conferenza dei Sindaci in materia di Sanità - si è svolta in un clima di reciproca collaborazione, al fne di risolvere od attenuare, almeno in parte, le problematiche, anche ambientali, sulle quali è possibile intervenire per ottenere margini di miglioramento rispetto all’attuale situazione”. Il Sindaco di Gioia Tauro ha sottoposto, durante la riunione, una serie di punti: “l’esigenza di garantire alla popolazione un adeguato monitoraggio dei dati relativi all’impianto, attraverso l’installazione presso l’aula consiliare di un display facilmente consultabile; la problematica delle esalazioni provenienti dall’impianto, che arrecano disagio alle popolazioni locali; la viabilità e le conseguenze derivanti dall’attraversamento della città da parte dei numerosi Tir che devono conferire le RSU, con conseguenti difcoltà di trafco, miasmi e scie di percolato”. Ma la situazione è anche più complessa di quello che appare dalle dichiarazioni. Sembrerebbe che Veolia SpA non sia più certa di voler continuare la propria opera, a due anni di distanza dall’impegno assunto per la gestione degli impianti di smaltimento dei rifuti in 43


---------------- Calabria avvelenata ---------------Calabria. È la stessa società a renderlo noto, il 5 febbraio 2010, tramite una nota stampa, nella quale si aferma testualmente che: “Veolia-Tec si trova in una situazione economico-fnanziaria non più a lungo sostenibile, con 200 milioni di euro di investimenti, 85 milioni di euro di crediti pregressi nei confronti della Regione non versati e perdite nella gestione ordinaria, dovute al mancato rispetto del contratto, pari a 10 milioni di euro. I debiti della Regione sono composti da fatture non pagate (per 27,3 milioni di euro per il servizio espletato, di cui 11,4 milioni di euro da oltre un anno), una tarifa di smaltimento di gran lunga inferiore alla media di mercato, pari a 68,4 euro/t in confronto ai 120 euro/t della Versilia, un residuo di contributo pubblico di 33 milioni di euro previsto dal contratto per poter tenere la tarifa di smaltimento ai più bassi livelli nazionali, maturato e non corrisposto”. Nella partita, entra i gioco l’operato della Regione Calabria morosa, stando a quanto aferma Veolia, per diversi milioni di euro. Eppure nel novembre del 2008, le agenzie battevano le dichiarazioni del presidente della Regione, Agazio Loiero, che, dopo due incontri avuti con Gianni Letta e successivamente nella sede della Protezione civile con il sottosegretario Guido Bertolaso, afermava: “Abbiamo concordato le linee generali su come procedere nei prossimi mesi, siamo sulla stessa lunghezza d’onda e perseguiamo lo stesso obiettivo: portare la Calabria fuori dalla decennale emergenza ambientale”. Promesse da marinaio si direbbe, ma si rischia di ofendere chi in mare ci lavora per davvero. Dopo tante battaglie degli ambientalisti si sceglie di delocalizzare il raddoppio dell'impianto di Gioia Tauro. 44


---------------- Calabria avvelenata ---------------Sarà interessante vedere dove sarà individuato il sito per il raddoppio del termovalorizzatore visto che l'ex presidente della Giunta Regionale Agazio Loiero, il 24 aprile del 2009, all’agenzia di stampa Il Velino, dichiarava: “Stiamo lavorando per individuare il sito che ospiterà il nuovo termovalorizzatore dopo la decisione di delocalizzare la seconda linea prevista a Gioia Tauro e fra un paio di mesi indicheremo precisamente il sito che sarà in provincia di Cosenza”. Intanto l'amministrazione della Regione è cambiata e rimane da vedere quale azienda si occuperà del nuovo impianto, considerato che Veolia, che ha realizzato la prima linea del termovalorizzatore e che si è aggiudicata i lavori anche per la seconda a Gioia Tauro, come riportato, asserisce di essere sull’orlo del crack fnanziario. La Regione festeggia i 40 anni dalla sua istituzione ma annaspa sui rifuti; l’emergenza rifuti diviene un business, diventa un afare per cui è giustifcato chiedersi a chi giovi che la Calabria permanga nello stato di emergenza. La ‘ndrangheta, abbandonati i sequestri di persona e continuando a controllare il trafco di droghe illegali e l’intero ciclo dell’edilizia, ha cominciato, negli anni, a investire nel trafco di rifuti. L’enorme numero di discariche abusive, chiuse, giorno dopo giorno, in tutta la regione, ne è testimonianzae. L’azione repressiva della magistratura e delle forze dell’ordine messa in atto, negli anni, nell’ambito del trafco di rifuti ne costituisce prova.

45


---------------- Calabria avvelenata ----------------

46


---------------- Calabria avvelenata ----------------

Acque nere balneabili per decreto In Calabria l'allarme mare inquinato viene ricordata annualmente da Goletta Verde - la campagna di Legambiente dedicata al monitoraggio e all'informazione sullo stato di salute delle coste e delle acque italiane - a conclusione della tappa crotonese. Mare Ionio. Il 17 luglio 2010, Goletta Verde di Legambiente è a Crotone per presentare “le criticità del mare e delle coste della Calabria jonica”. “SOS foci: fortemente inquinate le 8 analizzate” è il titolo del comunicato stampa ufciale: “In mare gli scarichi non trattati di oltre 500 mila calabresi”. Bisogna, secondo Goletta, “potenziare subito la rete depurativa dell'entroterra”. “Le cattive notizie per il sistema marino-costiero della Calabria jonica” - si legge testualmente nel comunicato - “viaggiano lungo fumi e corsi d'acqua minori, arrivando alle foci da cui si riversano a mare. Tutti e 8 i punti campionati, infatti, sono risultati gravemente contaminati da inquinamento microbiologico”. In provincia di Cosenza, in località Marina di Schiavonea nel comune di Corigliano Calabro, il campione prelevato nel tratto dinnanzi la foce del torrente Corigliano (in via colombo, altezza via Ponza dietro al porto) è risultato fortemente inquinato. Altrettanto a Crosia in località Pantano Martucci presso la foce del Torrente Triono e a Crotone presso le foci dei fumi Esaro e Neto. In provincia di Catanzaro sono risultati fortemente inquinati i tratti di mare antistanti le foci del Torrente Arango nel comune di Botricello, in località Sena, all'altezza del viale Carraro nel comune di Sellia Marina e dei fumi Alli e fumarella nel comune di Catanzaro. È da notare, in particolare, che la defnizione di “fortemente 47


---------------- Calabria avvelenata ---------------inquinato” non è generica ed è riferita specifcatamente alla presenza di Enterococchi intestinali maggiori di 400 UFC ogni 100 ml e/o Escherichia Coli maggiori di 1000 UFC/100ml. La merda, tanto per essere chiari. “Le criticità del mare e delle coste della Calabria Jonica” sono state illustrate a Crotone da Nunzio Cirino Groccia, della Segreteria nazionale Legambiente e da Franco Saragò, della Segreteria regionale della Calabria, assieme ad Antonio Tata, Presidente Circolo Legambiente Ibis Crotone e Peppino Vallone, Sindaco di Crotone. Inquietante: i campionamenti efettuati da goletta delineano uno scenario “di forte soferenza presso le foci dei fumi, con grave rischio anche per le zone limitrofe”. Un forte grido d'allarme. I risultati delle analisi “mettono in evidenza una situazione di gravissimo deterioramento dei fumi e dei corsi d'acqua minori, e quindi del mare calabrese” - ha commentato Nunzio Cirino Groccia - “proprio nell'anno in cui è entrata in vigore la nuova normativa sulla balneabilità, con limiti assai più permissivi rispetto alla precedente Dpr 470/1982. Tanto che, nella sola provincia di Crotone, per efetto della nuova legge sono diventati balneabili “per decreto” tutti i 2.712 metri che con la vecchia normativa erano dichiarati non balneabili”. La grave contaminazione microbiologica dei fumi e dei mari calabresi è “legata a doppio flo” – secondo Legambiente - “con reti fognarie e servizi depurativi defcitari”. E come se non bastasse, “ai casi di scarsa depurazione, si aggiungono anche quelli di cattiva manutenzione e guasto delle condutture”. Il campionamento efettuato alla foce del torrente Arango, nel comune di Botricello, a 48


---------------- Calabria avvelenata ---------------valle del depuratore, si legge nel comunicato, “al momento del prelievo” - i tecnici di Goletta verde - “hanno trovato un'ordinanza del Sindaco che sospendeva il normale funzionamento del depuratore stesso”. E ancora: “Pesa sul cattivo stato di salute dei fumi, e quindi del mare calabrese, anche, i numerosi scarichi fognari illegali". Non a caso con 358 infrazioni accertate dalle forze dell'ordine in tema di scarichi abusivi e illegali sulle coste, la Calabria si è classifca terza nella classifca nazionale del mare inquinato stilata dal rapporto Mare Monstrum 2010”. Il “vero tallone d'Achille dell'inquinamento marino calabrese” continua ad essere “la depurazione del tutto defcitaria”. “Stando ai dati del Rapporto Blue Book (elaborato da Anea e Utilitas) relativo al 2009” - spiega Franco Saragò, Segreteria regionale Legambiente Calabria - “la depurazione delle acque refue nella nostra regione raggiunge un'efcienza sulla carta del 74,5% lasciando scoperti oltre 500 mila abitanti. Ma la realtà è ancor peggiore, molti comuni calabresi non sono muniti dei depuratori, e dove ci sono spesso il sistema di depurazione non è efciente, o è sottodimensionato, oppure presenta tecnologie obsolete. E le carenze strutturali riguardano anche il sistema di collettamento fognario. Un quadro che trova riscontro anche nell'ultimo Rapporto sullo Stato dell'Ambiente (2008) redatto dall'ARPA. Sul versante jonico, nelle sole province di Catanzaro e Crotone fniscono nei fumi e quindi in mare gli scarichi non depurati di oltre 7 mila cittadini. Per risolvere alla radice i problemi di trattamento delle acque refue e ofrire un efcace servizio di depurazione a tutta la popolazione, occorre un'azione corale sotto il coordinamento dell'amministrazione regionale in stretta collaborazione con tutti gli enti locali, in primis i comuni dell'entroterra”. 49


---------------- Calabria avvelenata ----------------

50


---------------- Calabria avvelenata ----------------

La più grande discarica abusiva d’Europa4

È la Calabria avvelenata, la Calabria che avrebbe potuto e dovuto essere la California d’Europa e del Mediterraneo e che invece necessiterebbe di una “Dichiarazione immediata dello stato di emergenza che vieti subito la pesca nel mare antistante il fume Oliva ed in tutte quelle aree che possano essere contaminate dal fusso delle acque del fume”. È quanto chiedono oggi comitati civici e ambientalisti. Nel maggio del 2009, la procura di Paola aveva consegnato all’allora assessore all’ambiente Silvio Greco uno studio epidemiologico riferibile all’area del fume Oliva, nel quale erano stati evidenziati preoccupanti problemi sanitari (aumenti di patologie come il tumore al colon, agli organi uro-genitali e al seno) dovuti alla presenza di sostanze tossiche nocive. Oggi – dopo l’esito delle prospezioni geologiche e geo-chimiche - sappiamo che il livello d’inquinamento è ben più grave del prevedibile. Le analisi l’hanno confermato: lungo il fume Oliva, nei pressi della spiaggia dove nel 1991 si arenò la Jolly Rosso, i carotaggi rilevano la presenza di fanghi industriali e idrocarburi. La notizia arriva direttamente da Bruno Giordano, procuratore capo di Paola (Cosenza) che dichiara: “Dubbi non ce ne sono più riguardo alla presenza di sostanze tossiche sotto il fume Oliva. Ci sono almeno quattro siti interessati”. E ancora: “Man mano che si scava 4 Articolo di Giuseppe Candido pubblicato il 7 luglio 2010 su “Il Domani della Calabria”

51


---------------- Calabria avvelenata ---------------l’odore di idrocarburi e di metallo diventa insopportabile”, ha aggiunto Giordano. “E pensare che qui doveva nascere un parco naturale”. L’area – è stato detto - fa registrare agli strumenti una radioattività più alta del normale, da tre a sei volte, e un incremento di leucemie e tumori. Millecinquecento persone in poco più di dieci anni, nella sola piccola porzione di territorio attorno alla valle dell’Oliva, si sono ammalati di tumore. Ed è ancora una volta, la strage di legalità che diventa, si manifesta, come strage di popoli. Durante gli anni Novanta, in barba a tutte le leggi e a tutte le direttive comunitarie, l’area ubicata tra i comuni di Amantea, Serra d’Aiello e Aiello Calabro, lungo l’alveo del fume, è stata utilizzata come discarica abusiva per rifuti tossici e nocivi. Migliaia di metri cubi di terreno contaminato. Peggio, se possibile, di quello che sembra essere avvenuto a Crotone coi rifuti tossici e nocivi della ex Pertusola interrati nei campi e usati come inerte nei cementi delle scuole. Gianfranco Posa, portavoce del Comitato civico Natale De Grazia, ha spiegato che: «Alla fne dei lavori, quasi certamente, emergerà che nella vallata dell’Oliva è stata realizzata una delle più grandi discariche abusive d’Europa». Coi carotaggi sono state individuate “buche” sotterranee “grandi quanto un campo di calcio e profonde oltre 10 metri”. Vasche che sono state utilizzate per nascondere veleni d’ogni genere, riempite con fanghi industriali ed idrocarburi. E si parla anche della presenza di residui di altiforni, rifuti cioè provenienti d’attività industriali sicuramente non presenti in Calabria. Siamo serviti come pattumiera per i rifuti la cui produzione dava vantaggi economici alle aziende del Nord ma, adesso, è il Sud, siamo noi meridionali che pagheremo i costi ambientali. Costi che si ripercuoteranno sui settori 52


---------------- Calabria avvelenata ---------------dell’agricoltura e del turismo calabrese e che, invece, avrebbero dovuto costituirne il volano di uno sviluppo sostenibile. Ora, con i piezometri – strumenti in grado di rilevare e consentire il monitoraggio delle acque sotterranee - disposti lungo il corso del fume, si cercherà di analizzare se anche la falda acquifera è stata contaminata. Ma del danno ambientale sembra non essere responsabile la sola criminalità organizzata, le sole eco mafe. “Sono tanti e troppo estesi gli appezzamenti di terreno utilizzati nell’Oliva come discarica abusiva. Per realizzare un lavoro di tale portata – prosegue Posa – non si può pensare al solo coinvolgimento di imprese “criminali”, certamente vi è stata la connivenza – se non vera e propria complicità – di chi doveva controllare e non lo ha fatto”. Obama fa pagare il danno della catastrofe ambientale alla società che estraeva il petrolio, traendo proftto. Noi dovremmo pensare di aggiungerlo ai costi della politica. Il prezzo per una politica ambientale inesistente che ha permesso che tutto ciò avvenisse. **** Ma la storia dei veleni interrati nell'alveo del Torrente Oliva è appena agli inizi. Il 26 Ottobre 2010 viene pubblicata la seguente Ansa: << Paola (CS) - Nel letto del torrente Oliva ci sono rifuti speciali e pericolosi del tipo fanghi industriali, arsenico e scarti di rafnerie. È quanto emerso dagli accertamenti fatti dall'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente della Calabria (Arpacal) che stamani ha depositato alla Procura di Paola gli esiti dei carotaggi compiuti nei mesi scorsi. Per lo smaltimento illegale dei rifuti nel letto del torrente Oliva e' in corso un'inchiesta nella quale sono indagate quattro persone per il reato di disastro ambientale >>. A queste lapidarie si 53


---------------- Calabria avvelenata ---------------aggiungono le dichiarazioni del Procuratore di Paola Bruno Giordano inerenti i 91 carotaggi << dai quali sono emersi rifuti speciali, fanghi industriali, in particolare, che non potevano essere smaltiti nello stesso terreno, ma dovevano fnire in un apposito sito che si trova in Germania. Ci sono poi rifuti pericolosi ed in particolare, è stato riscontrato anche un picco alto di arsenico e degli idrocarburi pesanti e noi riteniamo che si tratti di scarti di rafneria>>. Allora la domanda sorge spontanea: non è che la 'ndrangheta importa i veleni lucani della ricerca petrolifera che in Basilicata non si riesce ad interrare? Poi c'è il discorso della radioattività superiore alla norma e rilevata nei pressi di una cava dismessa. I campioni sono stati inviati in laboratori di ARPA del nord Italia e ancora non ci sono i risultati certi sulla natura della radioattività. Potrebbe trattarsi di rocce naturali contenenti metalli radioattivi. In tutto ciò “si pone il problema della bonifca ambientale”. Un problema non da poco vista l'entità dei volumi interessati rinvenuto dai sondaggi in diversi punti della valle dell'Oliva. Sta di fatto che, paradossalmente, ai calabresi quasi quasi “conviene” che ci siano pure i rifuti radioattivi perché altrimenti, al Ministero dell'ambiente non spetterà più intervenire per la bonifca e dell'arsenico, degli idrocarburi e degli altri veleni rinvenuti se ne dovranno invece preoccupare integralmente Regione e Provincia. E con questi tempi che corrono lascio voi immaginare come andrà a fnire.

54


---------------- Calabria avvelenata ----------------

L’osservatorio dei rifuti in Calabria L’art. 20 dell’allegato B al Piano Regionale dei Rifuti, così come rimodulato dal Commissario Delegato per l’Emergenza Ambientale nel Territorio della Regione Calabria con Ordinanza n. 6294 del 30/10/2007, istituisce l’Osservatorio dei servizi di gestione integrata dei rifuti urbani. Ai sensi del DDG n. 373 del 23/01/2009 del Dipartimento Politiche dell’Ambiente della Regione, l’Osservatorio svolge funzioni di raccolta, elaborazione e difusione di dati statistici e conoscitivi concernenti i servizi di gestione dei rifuti urbani e si raccorda con l’Autorità regionale per la vigilanza dei servizi di gestione integrata dei rifuti urbani. Inoltre, a seguito della trasmissione periodica di dati e informazioni da parte delle Autorità d’Ambito e dei soggetti gestori dei servizi: a) efettua il censimento dei soggetti gestori dei servizi e dei relativi dati dimensionali, tecnici e fnanziari di esercizio; b) realizza la raccolta delle convenzioni e delle condizioni generali di contratto per l’esercizio dei servizi; c) svolge l’analisi dei modelli adottati dai soggetti gestori in materia di organizzazione, di gestione, di controllo e di programmazione dei servizi e degli impianti; d) conduce l’analisi dei livelli di qualità dei servizi erogati; e) efettua l’analisi e la comparazione sulle tarife applicate dai soggetti gestori del servizio; f ) compie l’analisi e l’elaborazione in ordine ai piani di investimento per l’ammodernamento degli impianti e dei 55


---------------- Calabria avvelenata ---------------servizi; g) assicura l’accesso generalizzato, anche in via informatica, a soggetti pubblici e privati, ai dati raccolti e validati e alle elaborazioni efettuate; h) formula indirizzi e linee guida per l’organizzazione e la gestione del servizio di gestione integrata dei rifuti urbani, secondo le fnalità del Piano Regionale di Gestione dei Rifuti; i)defnisce criteri ed indirizzi per la ricognizione delle dotazioni strumentali all’erogazione del servizio di gestione integrata dei rifuti urbani, la predisposizione del programma degli interventi, del relativo piano fnanziario e del connesso modello gestionale organizzativo. Per espletare le proprie funzioni, l’Osservatorio si avvale dell’ARPACal, l’Agenzia Regionale per la protezione ambientale in Calabria, e degli Osservatori provinciali sui rifuti. Nel “Rapporto sullo stato dell’ambiente” in Calabria pubblicato nell’ottobre del 2007 a cura dell’Arpacal, testualmente si legge che “Per i rifuti pericolosi si assiste, rispetto al 2003, ad un decremento del 26%” delle quantità totali smaltite. E ancora: “Per i rifuti pericolosi è la macro categoria 07 relativa ai rifuti derivanti da processi chimici organici, la più rappresentata nella produzione con il 20% sul totale.” In base alla normativa nazionale vigente, i siti contaminati rappresentano tutte quelle aree nelle quali è stata riconosciuta un’alterazione puntuale delle caratteristiche naturali del suolo e/o del 56


---------------- Calabria avvelenata ---------------sottosuolo o delle acque da parte di un qualsiasi agente inquinante aventi una concentrazione superiore ai valori di concentrazione limite (allegato 1 ex D.M. 471/99 oggi all. 5 D.lg.vo 152/06) stabiliti per un certo utilizzo (residenziale, verde pubblico privato, commerciale, industriale). È lo stesso strumento legislativo a prevedere un sistema di raccolta e aggiornamento dei dati sui siti inquinati attraverso la creazione dell’ “Anagrafe Regionale dei Siti da Bonifcare”, inizialmente prevista dall’ ex D.Lgs. 22/97, ed attualmente contenuta nel D.lg.vo 152/06. In Calabria, l'area industriale di Crotone, quella di Cassano sullo Ionio e di Cerchiara sono stati inseriti nell'elenco dei siti inquinati d'interesse nazionale e per i quali sarebbe stato necessario avviare interventi di bonifca oltreché di monitoraggio. Con i fondi POR, misura 1.8, sono stati programmati, per la bonifca dei siti inquinati ad alto rischio, “azioni mirate e interventi specifci per la caratterizzazione e la progettazione della bonifca di 33 discariche dismesse”. Ma ancora si è lontani dall’averle realizzate e i siti inquinati sono ancora tali. Parallelamente, sempre con fondi della Misura 1.8, sono stati predisposti gli strumenti fnanziari per la rimozione di manufatti in amianto da strutture pubbliche. I siti inquinati ad alto rischio, compresi nel Piano Regionale di gestione Rifuti e pubblicati sul B.U.R. Calabria 4 dicembre 2002 Ss. n.2., sono stati suddivisi in 6 Lotti al fne di garantire lo svolgimento dei lavori nei tempi richiesti dalla programmazione del Dipartimento Politiche dell’Ambiente. Il “Piano regionale di bonifca e ripristino ambientale delle aree inquinate della Calabria” è stato redatto dall’Ufcio del Commissario 57


---------------- Calabria avvelenata ---------------per l’Emergenza Rifuti e successivamente recepito nel Piano regionale di gestione dei rifuti, approvato con ordinanza del Commissario delegato per l’emergenza rifuti n. 1771 del 26 febbraio 2002. Nel piano regionale di bonifca vengono elencati, come siti potenzialmente inquinati da rifuti con volume superiore ai 250 mc le discariche, che sono 696, di cui 300 a fne vita, non rispondenti ai requisiti di legge, chiuse per ordinanza commissariale e in attesa di bonifca. A questi si aggiungono le 14 discariche attualmente in costruzione o in attesa di utilizzo e i tre impianti di selezione e valorizzazione dei rifuti: Lamezia Terme (ATO 4), Sambatello (ATO5), Rossano (ATO1). Solo in provincia di Catanzaro sono 118 le discariche da bonifcare, di cui 5 attive; 268 in provincia di Cosenza, di cui 26 attive; 36 in provincia di Crotone, di cui 11 attive; 190 in provincia di Reggio Calabria, di cui 11 attive; 84 in provincia di Vibo Valentia e di cui 4 attive. La Regione – dopo anni di inerzia e numerosi commissari, ha fnalmente avviato (ma non ha ancora portato a termine) la procedura di bonifca per 40 siti defniti ad alto rischio nel Piano regionale delle bonifche. Inoltre pare siano state avviate, e in parte concluse, le attività di ripristino ambientale di numerosi siti a rischio medio, basso e marginale e per i rimanenti 535 siti a rischio medio e basso è stato predisposto e pubblicato un bando di gara per la redazione dei relativi piani di caratterizzazione che costituisce l’avvio della procedura di bonifca prevista dalla norma. Insomma, montagne di rifuti ancora da bonifcare. 58


---------------- Calabria avvelenata ----------------

Fine dell’emergenza? Dopo quasi tre lustri di commissari ed emergenze ambientali varie, si può parlare, oggi, di exit strategy? D’uscita dall’emergenza ambientale in Calabria? Non credo ma andiamo velocemente ad analizzare la situazione. Per quanto riguarda il settore “depurazione” è vero che, come dichiarato dall’ex assessore Diego Tommasi della giunta Loiero, “fnisce il commissariamento per il settore depurazione, entrano in gioco le ATO”, ma quando e sopratutto, ci chiediamo come? Visto che la maggior parte dei depuratori Calabresi sono in panne e richiedono enormi investimenti? Praticamente, sembrerebbe, che si passi dalla padella alla brace. Per quanto attiene alla bonifca dei siti inquinati è necessario ricordare che “Rimangono aperti molti dei cantieri ancora da bonifcare, considerando che, in dieci anni di commissariamento, la situazione “grandi bonifche” è rimasta immutata,. Per il settore “Rifuti” è innegabile che, indipendentemente dalla collocazione geografca di un altro termo-valorizzatore (quello di Gioia Tauro sembra non essere più sufciente), la Calabria non riesce a smaltire i rifuti che produce senza creare nuove discariche dove ammassarli indiferenziati, il progetto di raccolta diferenziata va rimodulato e fnanziato sulla base di una politica di “termo valorizzazione” dei rifuti diferenziati afnché i benefci economici ricadano direttamente sul territorio, creando un vero e proprio “ciclo integrato dei rifuti”. Se non si afronteranno subito e con delle soluzioni serie questi nodi, altro che fne dell’emergenza ambientale, siamo solo all’aperitivo! 59


---------------- Calabria avvelenata ----------------

60


---------------- Calabria avvelenata ----------------

Passeggiando sui rifuti5 La vicenda è nota. Nel crotonese 70 mila m³ di materiale altamente tossico e radioattivo, pari a 350 mila tonnellate, miscelato con polveri provenienti dall’Ilva di Taranto e impastato col cemento, sono stati impiegati, come materiale edilizio, per la realizzazione dei cortili di tre scuole, di alloggi popolari, villette, centri commerciali, strade e perfno di una banchina portuale. Le indagini, avviate nove anni fa, hanno portato all’iscrizione nel registro degli indagati, con l’accusa di associazione a delinquere, di sette persone: il legale rappresentante pro tempore della Pertusola Sud, quelli di tre imprese edilizie (due di Crotone e una di Parma), tre funzionari dell’ex Presidio multizonale di prevenzione dell’ex Azienda sanitaria di Catanzaro. Gli scarti industriali tossici erano prodotti dalla Pertusola Sud, stabilimento dell’Eni nato negli anni Venti su iniziativa della compagnia tedesca Rotschild e addetto alla produzione di zinco, di cui riusciva a coprire quasi la metà del fabbisogno nazionale. La Pertusola, insieme alla Montedison, è stato l’unico vero polo industriale della Calabria. Chiuso nel 1994, dopo una crisi del settore che si trascinava da circa tre anni, aveva lasciato sul lastrico i 700 operai che vi lavoravano. Nel 1998 era scoppiato il primo scandalo che aveva portato, l’anno successivo, all’arresto dell’allora assessore regionale all’ambiente e all’apertura di un’inchiesta: la Guardia di Finanza di Trebisacce, comune del cosentino, aveva infatti sequestrato una discarica abusiva di 15 mila tonnellate di rifuti in un terreno agricolo di Cassano Jonio. Si era così scoperto che la Pertusola, per 5 Articolo di Giovanna Canigiula pubblicato il 14.10.2008 sul sito di giornalismo partecipativo Fai Notizia (www.fainotizia.it)

61


---------------- Calabria avvelenata ---------------aggirare i costi dello smaltimento, trovandosi l’unico impianto preposto in Sardegna, ne aveva afdato la gestione all’ATMC SUD, azienda che lavorava in subappalto per la IMI Chimica di Milano e per la Eco Italia di Roma. L’AMTC era riuscita ad ottenere da un funzionario regionale una deroga amministrativa alla legge e, dotatasi di uno schiacciasassi e di una pala meccanica, aveva impastato i materiali radioattivi con cemento seppellendoli, oltre che nel cosentino, in altre aree sulle quali ci si apprestava ad indagare. Secondo gli inquirenti del NISA, nucleo che indaga su sanità e ambiente, esistevano due videocassette che flmavano il modo in cui gli operai delle imprese Crotonscavi e Ciampà mescolavano i rifuti tossici che poi seppellivano nei cantieri, ma una è risultata introvabile e l’altra è giunta in Procura cancellata. Non solo: parte dei rifuti fniva in mare, probabilmente nella riserva protetta di fronte a Crotone. La conferma è venuta da un ex caporeparto della Pertusola: ordine di servizio della fabbrica era proprio di scaricare a mare, ogni due o tre giorni, i prodotti eccedenti. Da anni Legambiente lanciava appelli, rimasti inascoltati, sulla presenza di depositi di rifuti tossici e nucleari nel territorio calabrese e sulla presenza di navi afondate nei mari limitrof, sollecitando l’intervento dei responsabili regionali perché venisse attuato un sistema di controllo e monitoraggio, allo scopo di verifcare anche le incidenze sulla salute. A Reggio Calabria l’esecuzione delle indagini era stata afdata, dalla Procura della Repubblica, a un’impresa con interessi nel campo che, guarda caso, non aveva trovato nessuna delle navi accuratamente indicate sulla carta. Nel “bidone Calabria”, secondo una defnizione di Legambiente, mancano discariche controllate e a norma di legge, i rifuti vengono collocati alla bell’e meglio sfruttando norme temporanee ed eccezionali, sono pochi e 62


---------------- Calabria avvelenata ---------------mal funzionano i depuratori, nessuno interviene a frenare lo scarico abusivo nei mari, i fumi sono fossi di scolo di acque luride. Eppure, la Regione “non è riuscita a realizzare un piano sanitario né un piano di controllo del territorio né un piano per la realizzazione di discariche e l’individuazione delle zone in cui collocarle né un piano per il controllo degli scarichi fognanti e dei depuratori”. Dal Rapporto Ecomafa 2008 la Calabria risulta essere la quarta regione in Italia per gli illeciti ambientali, legati a doppio flo con le attività criminali di stampo mafoso, ma non si ipotizza al momento, nel caso di Crotone, alcun collegamento con la ‘ndrangheta, sebbene l’impresa Ciampà sia stata oggetto di indagine in tal senso negli ultimi anni e il suo rappresentante legale sia un sorvegliato speciale. Il mondo politico stupisce. Ieri il Governatore della Calabria, A. Loiero, dai microfoni di Uno mattina ha indicato l’Eni e lo Stato quali responsabili del disastro: il primo perché, quando ha chiuso negli anni Novanta, ha lasciato in eredità disoccupati e veleni, ma non ha realizzato la bonifca di un’area che era stata riconosciuta sito nazionale da disinquinare; il secondo perché ha nominato dieci anni fa, senza ottenere nulla di fatto e senza chiederne conto, un Commissario per l’emergenza ambientale. Loiero ha dichiarato di avere subito stornato 15 milioni di euro dai fondi Por, destinandoli al lavoro di indagine di una task force di ricercatori nominata dalla Regione Calabria e composta dall’Unical, dal Politecnico delle Marche, dalle Università di Cagliari, Napoli e Siena, dallo Iamc-Cnr e dalla Stazione zoologica di Napoli. Primi campi di indagine: terreno, aria, alimenti. Quindi, costa e mare. La Regione Calabria, ha aggiunto Loiero, si costituirà in giudizio come parte civile. Pari sgomento a Crotone, dove ieri si è tenuta una lunga e afollata seduta del Consiglio comunale. Ho chiesto ragguagli, oggi, a 63


---------------- Calabria avvelenata ---------------uno dei consiglieri di maggioranza, il prof. F. Pesce, che mi ha rilasciato una lunga dichiarazione: “I cittadini hanno diritto alla verità e devono essere continuamente informati sulle soluzioni che si prospettano e sulle fasi di attuazione. Abbiamo istituito un’apposita Commissione che lavorerà a stretto contatto con i comitati cittadini per monitorare assieme la difcile soluzione. Ciò che bisogna condannare è il silenzio di quella classe dirigente che, in passato, sapeva, avrebbe potuto fare e non ha fatto e la cui assenza ha, in un certo qual modo, determinato l’indiferenza della collettività che si è allontanata dalla politica”. Secondo Pesce “la politica ha una funzione vitale per una città come Crotone e il vero politico è colui che cerca di prevenire, con interventi signifcativi, i problemi di qualsivoglia natura, senza aspettare che gli stessi possano incancrenirsi per poi divenire irrisolvibili. Il consenso dell’elettorato va rispettato, stima e fducia vanno contraccambiate: si rende, dunque, necessaria una svolta che consenta un diverso percorso in grado di recuperare alla politica la piena fducia della collettività”. Alla domanda su come la sua amministrazione intenda procedere, Pesce ha risposto che “innanzitutto essa si costituirà parte civile nel procedimento in corso” e ha aggiunto che “tocca all’Eni risanare la situazione come ha fatto altrove, ma è necessario che gli enti locali possano controllare i lavori sia in fase di progettazione che di realizzazione. Per intanto si hanno i primi risultati dei controlli efettuati sull’aria e sull’acqua potabile nelle aree interessate e sono negativi. Anche le due centraline messe nelle scuole interessate, per verifcare l’aria, hanno dato esito negativo”. A quanti protestano per l’assenza di un piano territoriale, il consigliere risponde che esso “non può essere approntato fnché le indagini della magistratura non saranno concluse. Al vaglio è, comunque, anche l’istituzione di altre commissioni che afrontino problemi vitali per Crotone come l’aeroporto, la stazione, 64


---------------- Calabria avvelenata ---------------l’università, perché turismo, cultura e lavoro sono la via che consente di dare a questa città ciò che realmente merita, anche in virtù dei suoi trascorsi”. Pesce si è da ultimo sofermato sul diritto al lavoro e alla salute, ricordando il padre che, per 25 anni, ha lavorato nel polo industriale di Crotone dove molti, respirando i vapori, si sono ammalati di cancro o, nel migliore dei casi, hanno perso i denti: “Non si può essere indiferenti alla morte. Anche se i siti inquinati e causa di inquinamento hanno oferto lavoro a migliaia di cittadini, non va dimenticato che lo stesso lavoro è stata causa di mali incurabili. Il lavoro è un diritto, ma la vita è un bene incommensurabile”. Difcile dire a quali risultati defnitivi porterà l’indagine in corso. Altrettanto difcile è capire in che modo, in un terra dalle forti connivenze tra politica, imprenditoria e criminalità organizzata, si potrà afrontare il problema rifuti. Occorre, però, che maturi una maggiore coscienza dei singoli e della collettività, riunita magari in comitati, come sta accadendo a Crotone. Ma non a disastro avvenuto. Mi sovviene la proposta radicale dell’anagrafe pubblica degli eletti: brutta parola ma utile, forse e non solo, in terre sinistrate, dove di rado ci si prende la briga di seguire un consiglio comunale o chiedere di poter prendere in visione le delibere di giunta. Piccoli passi, piccolissimi, per un controllo diretto di ciò che si decide intorno a noi.

65


---------------- Calabria avvelenata ----------------

I veleni industriali di Crotone L’ex insediamento industriale di Crotone è una striscia di terreno di forma rettangolare che, a nord della Città di Pitagora, si estende per circa 5 km per una larghezza di 1,5 km circa e che, in passato, ospitò le fabbriche della Pertusola Sud, della Montedison e, dagli anni ’60, la Cellulosa Calabra spa che produceva pasta di cellulosa. La Pertusola sud, operante con 1000 operai sin dagli anni ’30, trattava il minerale orneblenda (solfuro di zinco) per ricavarne lo zinco metallico generando, come principali prodotti di rifuto, ferriti di zinco, piombo, cadmio e rame. La Montedison (poi Enimont) fu operante sin dagli anni ’20 occupandosi di trattare fertilizzanti azotati e composti del fosforo fno al 1993 quando, a causa della messa al bando di tali prodotti, passò ad occuparsi della sintesi di zeoliti per il settore dei detergenti con il nome di Sasol Italy spa. Fino al 1976, prima dell’entrata in vigore della c.d. Legge Merli, tutte le fabbriche potevano scaricare le loro acque refue dai cicli di lavorazione nei fumi o nel mare e potevano “tombare” le scorie solide nel sottosuolo aziendale. Ovviamente anche l’area di Crotone fu interessata da quella dissennata procedura. Per 50 anni legalmente, senza cioè che nessuna legge lo vietasse, v’è stata una contaminazione del suolo e del sottosuolo con conseguente compromissione delle acque di falda. Dal settembre del 2001 l’area, oggetto d’indagini della procura di Crotone per le vicende dello smaltimento illegale dei rifuti avvenute successivamente all’entrata in vigore della legge merli, risulta inserita nei 57 siti d’interesse nazionale (SIN) da sottoporre a risanamento ambientale. 66


---------------- Calabria avvelenata ---------------Sono i 500 ettari dello stabilimento della Pertusola Sud, i 300 ettari dell’ex stabilimento Montedison, le discariche sulla costa per ulteriori 9 ettari e il fondale marino antistante le fabbriche per una lunghezza di circa 5 km. Ma le cose stanno anche peggio. Ma, dal 2001, di questi siti d'interesse non si è interessato granché nessuno e i rifuti sono ancora là. È stata avviata la mise (messa in sicurezza d'emergenza) ma di bonifca ancora non se ne parla. «La situazione ambientale in assoluto più difcile e complicata dell’intera Calabria», ha avuto modo di defnirla l’ex assessore regionale all’Ambiente Silvio Greco. A diferenza delle navi dei veleni che vanno cercate, le scorie tossiche di Crotone si sa dove sono. La questione dei rifuti tossici a Crotone, una sorta di pentola che, l’indagine Black Mountains di recente conclusa dalla procura di Crotone, svela una realtà peggiore di un incubo. I dati in possesso del pm Pierpaolo Bruni, titolare dell’inchiesta, parlano chiaro: 290 studenti, a Crotone, hanno nel sangue, nei capelli e nelle urine una concentrazione superiore di 3-4 volte ai livelli normali di metalli pesanti come zinco, nichel piombo, cadmio e uranio. Lo dimostrano i risultati di alcuni test epidemiologici efettuati sotto la supervisione di Sebastiano Andò, consulente della procura e preside della facoltà di Farmacia dell’Università della Calabria. Per anni gli studenti avrebbero assorbito tra le mura scolastiche veleni che possono colpire stomaco, reni e centri nervosi altamente cancerogeni. Per capire da dove provengono i veleni bisogna fare un passo indietro nel tempo, tornando a quando venne dismesso lo stabilimento industriale della Pertusola Sud appartenente a Enichem 67


---------------- Calabria avvelenata ---------------(oggi Syndial) un’azienda controllata da Eni dove precedentemente veniva lavorato il salgemma ed oggi incaricata per la bonifca del sito. Quando, alla fne degli anni 90, si decise di chiudere la Pertusola Sud rimanevano da smaltire 350mila tonnellate di rifuti tossici (meglio note come cubilot, una miscela altamente tossica di zinco ed altri veleni) disposti in montagne nere e che la gente ricorda benissimo. A un certo punto le montagne nere spariscono. Per risparmiare sui costi di smaltimento Enichem decise, secondo la ricostruzione fatta dalla procura, di sotterrare il cubilot in 18 zone diverse della città destinate alla costruzione di scuole, edifci pubblici, ville, strade e anche banchine portuali. È il caso delle “scuole tossiche” e della “passeggiata degli innamorati”, una villa comunale che sarebbe dovuta diventare fore all’occhiello della città di Pitagora e che invece, oggi, si trova sotto sequestro giudiziario perché stracolma di veleni. Questo sarebbe stato possibile soprattutto grazie alle pressioni esercitate dai vertici dell’azienda sul governo all’epoca guidato da Romano Prodi che, alla fne, con un decreto del ministro dell’Ambiente Edo Ronchi (siamo nel 1998), classifcò il cubilot come materiale non pericoloso se stabilizzato. Fu allora che le scorie fnirono, insieme ai residui (loppa) d’alto forno provenienti dall’Ilva di Taranto, in una miscela chiamata “conglomerato idraulico catalizzato” (l’ormai famigerato Cic) con il quale, a partire dal 1999, sono stati riempiti, tra gli altri, i piazzali della scuola elementare San Francesco in via Cutro, dell’Istituto tecnico commerciale di via Acquabona, ma anche di centri commerciali, alloggi popolari e villette private, strade e persino la Questura e la banchina del porto di Crotone. 68


---------------- Calabria avvelenata ---------------“Quel materiale è utile” - scrive l’ingegner Francia all’Amministratore delegato della TAV - “per il cantiere della tratta Napoli Roma del treno super veloce, noi siamo pronti a proporre condizioni assolutamente competitive accollandoci l’onere del trasporto”. Un metodo di smaltimento redditizio e sicuro. Secondo il pm Bruni non meno di 83 milioni di chili di materiale tossico sono stati spalmati nei cantieri della città. Altri 127 milioni sono fniti in discariche illegali. Tutto veniva “certifcato”. Che la Calabria, la nostra regione, fosse in grave situazione di emergenza ambientale, un’emergenza che ormai dura da oltre 14 anni, era noto. Ma che si dovesse arrivare a chiudere le scuole perché avvelenate dai rifuti tossici e nocivi che la "Pertusola Sud" ed altre aziende hanno vomitato su Crotone, non lo si poteva immaginare. Montagne (nere) L’indagine Black Mountains si è chiusa a settembre del 2009 con 45 avvisi di garanzia e la questione dei rifuti tossici dell’ex Pertusola Sud è stata afrontata in alcune riunioni al ministero dell’Ambiente, durante le quali il sindaco Vallone e la senatrice del Pd eletta a Crotone, Dorina Bianchi, hanno chiesto a gran voce di ampliare la zona del Sin, il sito inquinato di interesse nazionale, in cui parte della città è già inclusa. Nel frattempo nella città pitagorica l’emergenza ambientale non accenna a fermarsi: fa la notizia che la procura ha incriminato otto dirigenti della Montedison per la morte di sette operai che nello stabilimento di Crotone avrebbero respirato 69


---------------- Calabria avvelenata ---------------per oltre vent’anni amianto. Insieme a loro sarebbero morte anche le mogli, che lavavano le loro tute blu, intrise di polveri del materiale tossico. Dopo che erano stati resi noti i risultati delle analisi del professor Sebastiano Andò, consulente del pm Pierpaolo Bruni che da anni indaga sullo scandalo dello smaltimento dei rifuti tossici nella città che fu di Pitagora, l’allarme è corso sui media. Il focus della cronaca per qualche giorno. Poi le elezioni e quindi niente più rifettori. Ma i dati epidemiologici non lasciano dubbi: lo screening efettuato su 290 studenti coinvolti parlano di bambini e di ragazzi che hanno assorbito, per anni di esposizione, concentrazioni elevatissime di zinco, nichel, cadmio, uranio e piombo. Metalli pesanti: veleni che colpiscono organi come lo stomaco, i reni e i centri nervosi, e che “fanno da detonatore all’insorgere di tumori”. “Il cadmio – spiegano i consulenti scientifci della procura - è uno dei metalli più tossici a cui l’uomo può essere esposto”. Per capire quali e quanti saranno i danni alla salute di quei ragazzi saranno necessari anni. “Si dovrà valutare periodicamente la funzionalità di organi e apparati target dell’azione dei metalli pesanti”. Montagne nere che hanno avvelenato una città. Montagne di rifuti tossici che la “Pertusola Sud” ha scaricato su Crotone e che imprenditori senza scrupoli (o inconsapevolmente) hanno usato per costruire strade, piazze, scuole, ville. Centinaia di tonnellate di cubilot sparse sul territorio. Un composto fglio della fusione dello zinco, che viene usato per produrre conglomerato idraulico. Monnezza pericolosa che si ammassava per essere smaltita. 200mila metri cubi, 400mila tonnellate, di veleni erano stoccati nei depositi dell’industria a dicembre del 1996. Una vera bomba ecologica. 70


---------------- Calabria avvelenata ---------------Successivamente la chiusura delle indagini, il 12 luglio 2010, c'è stata la prima udienza del processo durante cui è stato dato il via libera all'incidente probatorio richiesto dalla pubblica accusa. Poi si dovrà decidere sulla competenza del Tribunale di Crotone nel procedimento visto che, essendo indagato inizialmente anche l'ex ministro dell'Ambiente Edo Ronchi la cui posizione, però, è stata successivamente starlciata, il processo potrebbe passare sotto la competenza del Tribunale dei Ministri. Il 20 settembre si procederà all'afdamento formale dell'incarico al perito individuato dal Tribunale per l'incidente probatorio richiesto dalla pubblica accusa con lo scopo di “cristallizzare” mediante contraddittorio, come elemento di prova, la tipologia e il grado di nocività delle sostanze rinvenute nel sottosuolo dei 24 siti sottoposti a sequestro. Una volta assunti tutti i dati relativi a questa parte del processo, si potrà infatti procedere alla bonifca dei luoghi. Oltre cinquanta le richieste di costituzione come parte civile dei genitori dei bambini che hanno frequentato le scuole sotto le quali sono state rinvenute le scorie tossiche (tra loro anche i genitori di una bimba morta di leucemia). Tra le parti civili anche il Comune, la Provincia, l'associazione Fabbrikando l'avvenire, Legambiente, Fare Verde, Enel distribuzione, la cooperativa di pescatori "L'orizzonte" e tante persone singole, che in un modo o in un altro ritengono di essere state danneggiate dallo smaltimento illecito delle scorie industriali. Quarantacinque le persone per le quali la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio, accusandole a vario titolo di aver realizzato discariche abusive di rifuti tossici e pericolosi, ma anche di disastro ambientale e avvelenamento delle acque. Secondo gli inquirenti le scorie sarebbero state interrate nel sottosuolo di scuole pubbliche, centri commerciali, alloggi popolari e villette private, strade e persino 71


---------------- Calabria avvelenata ---------------della Questura e della banchina di riva del porto di Crotone; 24 siti posti sotto sequestro su richiesta della Procura. La giustizia ha i suoi tempi ma i cittadini di Crotone non possono vivere in questa incertezza.

Strade lastricate di veleno A Crotone, il suolo ed il sottosuolo di 24 aree dove si trovano scorie di rifuti pericolosi, sono state sequestrate nell’ambito dell’inchiesta Black Mountains relativa all’utilizzo del conglomerato idraulico catalizzato (cic) fatto con scorie provenienti dagli stabilimenti Pertusola Sud e dall’Ilva di Taranto. Il sottosuolo di 18 aree, la gran parte delle quali vicino a scuole ed abitazioni, era stato già sequestrato nel settembre del 2008 ed ora la Procura ha poi provveduto anche al sequestro del suolo. In altre cinque aree, di cui una vicino ad una scuola, tre campi agricoli ed una zona vicino a case popolari, si è provveduto al sequestro di suolo e sottosuolo. Il sequestro, disposto dal Procuratore Rafaele Mazzotta e dal suo sostituto Pierpaolo Bruno, è stato eseguito dal personale del Nucleo ambientale della Procura di Crotone, dai carabinieri e dai militari della Guardia di fnanza. Da una consulenza tecnica della Procura è emerso che per la realizzazione del conglomerato idraulico veniva utilizzata una miscela di scorie, che dovevano essere trattate e smaltite in discariche speciali, prodotte dal forno cubilot della Pertusola Sud di Crotone e le scorie d’altoforno dell’Ilva di Taranto. 72


---------------- Calabria avvelenata ----------------

Sostanze altamente tossiche e cancerogene Le scorie utilizzate per il conglomerato idraulico catalizzato utilizzato nelle aree sequestrate a Crotone sono “altamente tossiche e cancerogene”. È la conclusione alla quale è giunta il consulente della Procura di Crotone al termine delle analisi del terreno delle aree sequestrate. Nella corposa consulenza fornita alla Procura di Crotone è scritto a chiare lettere che “le scorie rilasciano veleni nelle falde acquifere. Se ingerite o inalate sono altamente tossiche e cancerogene”. E ancora: “la scoria cubilot ha presentato una concentrazione di ossidi (di calcio, silicio, alluminio, magnesio e ferro) del 71,5 per cento. Tale valore risulta nettamente inferiore a quello previsto per i rifuti recuperabili. Tale rifuto non era ammissibile alle procedure semplifcate”. Le aree sequestrate si trovano nei pressi di scuole, case popolari, campi agricoli dove avviene la coltivazione di ortaggi ed altre strutture pubbliche. Rifuti che dovevano essere trattati e scaricati in discariche speciali. Invece venivano mescolati con scorie d’altoforno (scoria di produzione della ghisa proveniente dall’Ilva di Taranto) per la produzione del conglomerato idraulico catalizzato con cui si sono costruite le scuole tossiche.

Quando studiare nuoce gravemente alla salute Black Mountains e la vicenda delle “scuole tossiche” di Crotone fnisce anche su Current tv, il network televisivo internazionale di informazione indipendente, fondato da Al Gore nel 2005. “Oltre le solite storie” - recita il video promozionale - “Lo studio nuoce gravemente alla salute”. Il giornalista di Current Franco Fodero si è recato a Crotone proprio sulle Black Montains per intervistare i protagonisti. La madre di una bambina della scuola chiusa a causa dei 73


---------------- Calabria avvelenata ---------------veleni riscontrati nelle analisi della procura spiega perché non sa cosa dire alla fglia. Una situazione vergognosa! Il ministro Ronchi istituì una commissione per stabilire se i cubilot fossero pericolosi. Inizialmente la commissione disse “No, il materiale non è pericoloso” ma a distanza di pochi mesi la stessa commissione ne afermò la pericolosità. In realtà la commissione ministeriale non aveva detto che il materiale non era pericoloso ma aveva detto che il materiale, se opportunamente trattato, non era da considerarsi pericoloso. Un'inchiesta partita nel 98, interrottasi per 10 anni e ripresa nel 2008 dal nuovo procuratore di Crotone. Come risulta dalla relazione territoriale sulla Calabria del novembre del 2003, “I rifuti pericolosi prodotti e illecitamente smaltiti (le scorie Cubilot) sono stati utilizzati per la realizzazione di rilevati e sottofondi stradali di opere pubbliche e private o smaltiti in mare dalla Pertusola”. L'azienda, per legittimare il suo operato, dichiara di essere ricorsa all'applicazione del D.M. del Ministero dell'Ambiente del 5 febbraio 97 (Decreto Ronchi) nella “procedura semplifcata” per lo smaltimento dei rifuti. Secondo il consulente tecnico incaricato dalla procura di Crotone questo rifuto non era ammissibile alle procedure semplifcate. Insomma, di mezzo anche responsabilità a livello nazionale. Bisognerà capire perché il Ministero ha sdoganato le scorie. Di qui il terremoto giudiziario che dalla Città pitagorica arriva sino a Roma. Il procuratore di Crotone Paolo Bruni, intervistato dall'inviato di Current, aferma: “Non ci siamo fermati ai livelli locali. Abbiamo afrontato, in riferimento alla problematica locale, anche delle responsabilità, in nostro parere, di livello superiore. Nel procedimento 1138/99 abbiamo iscritto anche il Ministro dell'Ambiente dell'epoca, l'On. Ronchi, la cui posizione abbiamo immediatamente stralciato trasmettendo gli atti al competente Tribunale dei Ministri. Abbiamo 74


---------------- Calabria avvelenata ---------------fra i nostri indagati – continua Bruni - anche il capo di gabinetto e il direttore generale dell'epoca. Tre sono i capi d'imputazione essenziali contestati: riguardano la realizzazione di grandi discariche di questo materiale, abbiamo contestato anche il disastro doloso (art. 434 del c.p.) nonché il reato di avvelenamento delle acque, intese non come acque potabili ma come acque della falda e del mare”. Si vuole capire se vi si sia provocato un disastro ambientale consapevolmente. “Lo smaltimento di questo tipo di rifuti tossici o comunque industriali – spiega la giornalista Francesca Travierso che si è recata assiema alla troupe di Current a Crotone – ovviamente costa molto alla azienda. Allora per ottenere lo smaltimento a prezzi modici probabilmente si ricorreva a questo stratagemma: si vendeva questo materiale ad alcune ditte edili che lo utilizzavano come inerte da costruzione. Peccato che però si è scoperto che questo materiale non era inerte”. Il giornalista di Current incalza: Quindi vuol dire che quelle montagne (di rifuti) adesso esistono ancora disseminati sul territorio? Alla domanda la Travierso risponde così: “Esistono sparse in almeno 18 siti cui è risalita l'inchiesta Black mountains. Si è scoperto che questo materiale, che ha preso la sigla di “cic” conglomerato idraulico catalizzato, una specie di miscuglio dei residui di Pertusola e della “loppa” d'alto forno proveniente dall'Ilva di Taranto, è stato usato in almeno 18 siti che sono quelli sequestrati dalla procura di Crotone, tra cui scuole, il piazzale della Questura, strade e persino la banchina del porto”. A riguardo il procuratore Bruni ha afermato: “Noi abbiamo sequestrato innumerevoli siti che erano interessati dalla presenza di questo materiale. Abbiamo ritenuto di stimare – continua Bruni - in circa 450.000 tonnellate le scorie “cubilot” che sono state utilizzate, a nostro parere illecitamente, nei sottofondi stradali e di innumerevoli fabbricati”. Tra i siti sequestrati 18 sono ex cantieri delle imprese 75


---------------- Calabria avvelenata ---------------Giampà e Croton Scavi e, tra questi, ci sono opere realizzate con fondi pubblici come la banchina del porto di cui si è disposto il sequestro sia del suolo sia del sottosuolo. Poi la befa del piazzale della Questura che, secondo le consulenze della Procura della Repubblica, è classifcabile come sito inquinato. Qui gli elementi rilevati sono cadmio, cobalto, arsenico, berillio, piombo, rame e zinco. E infne le scuole come la “San Francesco Alcmeone” frequentata da bambini tra i sei e i dieci anni. Una delle madri dei bambini, Rossella Vazzano del comitato genitori, dichiara all'inviato di Current: “Se sei una persona normalissima, se fai l'impiegato piuttosto che la casalinga, veramente non sai dove porti tuo fglio. Tu sei il genitore che porti tuo fglio in una istituzione che dovrebbe essere la seconda fgura che accompagna il bambino dopo te che sei il genitore. È devastante, veramente devastante”. E ancora: “Se ci sono, o se ci saranno, delle ripercussioni sulla salute (dei nostri fgli ndr) non si vede subito. Questi sono metalli che hanno un logorio lento nel tempo. È stato siglato un protocollo con diversi attori istituzionali che ha stabilito per un periodo non inferiore a 5 anni questo campione di bambini individuato dalla procura di Crotone sarà sottoposto a delle analisi per eseguire uno screening”. E alla domanda del giornalista che chiedeva se la fglia di Rossella era stata sottoposta ad analisi la mamma, visibilmente afranta, risponde: “No, perché non rientrava nello screening”. E aggiunge: “Il campione riguardava solo i bambini di quarta e quinta elementare ed è stato confrontato con un campione di un'altra scuola dove non c'è stata contaminazione”. Intanto, il 9 settembre del 2010, viene convalidato il sequestro dello stabilimento ex Sasol di Crotone dove erano state rinvenute discariche abusive con acido solforico e soda caustica. 76


---------------- Calabria avvelenata ---------------Il Giudice per le indagini preliminari del tribunale di Crotone, Gloria Gori, ha infatti confermato il provvedimento di sequestro emesso dal sostituto procuratore della Repubblica, Pierpaolo Bruni. Nel suo provvedimento il Gip aveva evidenziato la pericolositĂ dei rifiuti e la necessitĂ che l'area restasse sequestrata.

77


---------------- Calabria avvelenata ----------------

78


---------------- Calabria avvelenata ----------------

«Anche in mare i veleni di Crotone»

6

È fnita anche in mare parte dei veleni usati come materiale di riempimento per la costruzione di case e scuole nel crotonese. La procura ha acquisito una relazione che già aveva segnalato al ministero dell’Ambiente la presenza di veleno nelle acque della riserva marina. Arsenico in mare già nel 2004 È fnita anche in mare parte dei veleni utilizzati, nel crotonese, come materiale di riempimento per la costruzione di edifci pubblici e privati. È questa l’ipotesi sulla quale sta lavorando il pm della Procura di Crotone, Pierpaolo Bruni, che ha deciso di acquisire una relazione del Conisma che già nel 2007 aveva segnalato al ministero dell’Ambiente la presenza del veleno nelle acque della riserva marina antistante Crotone. In particolare l’arsenico sarebbe nei sedimenti del fondo marino dove, secondo i tecnici di Conisma, potrebbe essersi depositato attraverso una falda sotterranea che potrebbe aver fatto giungere in mare il suo carico inquinante. E mentre l’inchiesta va avanti e si arricchisce di nuovi sviluppi, i bambini dell’istituto comprensivo del rione San Francesco di Crotone, una delle 18 aree fatte sequestrare dalla Procura per la presenza nel sottosuolo di materiale nocivo, oggi sono stati costretti a cambiare scuola per poter proseguire le lezioni. I genitori, sabato scorso, erano stati chiari: non manderemo i nostri fgli a scuola fno a quando sarà fatta chiarezza su eventuali pericoli. Per 6 Articolo pubblicato su La nuova Ecologia.it, il giornale telematico di legambiente.

79


---------------- Calabria avvelenata ---------------evitare che ciò accadesse e impedire che 400 bambini di età compresa tra i nove ed i due anni e mezzo perdessero le lezioni, la dirigente scolastica Eugenia Garritani, in tutta fretta, ha deciso di trasferire le aule nella sede centrale dell’istituto, posto a circa 3-400 metri dall’altro plesso. Così, stamani, i bambini sono potuti entrare regolarmente a scuola. "Le assenze - ha commentato Eugenia Garritani - sono state pochissime ed i bambini, pur con qualche disagio superabile, sono regolarmente in classe". Per far ciò, però, la dirigente e tutto il personale hanno lavorato tutta la giornata di sabato e quella di domenica per smantellare i laboratori e recuperare tutti gli spazi disponibili. Sulla vicenda dell’istituto è intervenuto anche il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo che ha disposto "immediati accertamenti" sui rischi per la salute a Crotone. "E’ inammissibile - è stato il commento del ministro - che esistano scuole dove i ragazzi rischiano la salute. Su Crotone va fatta chiarezza subito; ho disposto con urgenza i necessari accertamenti. Se verranno confermate le notizie relative all’inquinamento di strutture come le scuole, interverremo con la massima sollecitudine". L’inchiesta sull’utilizzo degli scarti di lavorazione della Pertusola si è anche arricchita di un giallo: dal fascicolo è scomparsa una videocassetta sulla quale si vedevano gli operai di una ditta utilizzare il materiale nocivo. Per il pm Bruni, che comunque ha avviato le indagini sull’episodio, la circostanza non è rilevante. "Non abbiamo la certezza - ha detto il pm - che i flmati siano stati fatti sparire. Si potrebbe trattare di uno scambio o di un errore. In ogni caso i flmati non sono fondamentali. La prova è abbondantemente nel fascicolo ed è una prova documentale". 80


---------------- Calabria avvelenata ----------------

Le navi dei veleni Avvelenati è il titolo del libro inchiesta di Giuseppe Baldessarro e Manuela Iatì edito per i tipi di Città del Sole. Una “storia che deve essere raccontata perché uccide la nostra gente” il sottotitolo. C’è un sottile flo rosso che lega il mistero delle navi dei veleni al business del nucleare. È quello stesso flo che mette assieme l’afare somalo e l’omicidio di Ilaria Alpi, il centro Enea di Rotondella e la strage di Ustica. Un altro capitolo dei misteri italiani, nel quale si muovono uomini di ‘ndrangheta, pentiti e trafcanti di armi, loschi fguri e fguranti, faccendieri e pezzi deviati dello Stato. A tracciare i contorni di una storia che parte dagli anni ’80 due giornalisti di razza, Giuseppe Baldessarro (Quotidiano della Calabria, La Repubblica) e Manuela Iatì (Sky Tg24). È sulle coste calabresi che si addensano i più terribili sospetti, apparentemente confermati dal ritrovamento di una nave sui fondali al largo di Cetraro nel settembre scorso. Nave dei veleni o piroscafo silurato nel 1917? Tra Regione Calabria e Ministero dell’Ambiente la battaglia si combatte a suon di perizie. A mettere la parola fne sul caso del relitto ritrovato, il rapporto della Geolab, pubblicato per la prima volta in questo libro. Ma la storia delle navi dei veleni non può essere chiusa, come qualcuno vorrebbe. Troppi indizi, coincidenze, dichiarazioni, sospetti. Troppi i nomi e gli eventi che si rincorrono, intrecciando una torbida trama: il faccendiere Giorgio Comerio, il pentito Francesco Fonti, il capitano Natale De Grazia, magistrati, politici, imprenditori, mafosi. I due giornalisti giungono a una puntuale ricostruzione dei fatti e delle inchieste, delle verità raggiunte o solo sospettate, delineando un quadro inquietante e oscuro. E intanto in Calabria si continua misteriosamente a morire. Nella vallata dell’Oliva, compresa tra i Comuni di Aiello 81


---------------- Calabria avvelenata ---------------Calabro, S. Pietro in Amantea, Serra d’Aiello ed Amantea, è stata accertata la presenza elevatissima di sostanze tossiche e radioattive (cesio 137, mercurio, cadmio, stronzio, diossina, pcb e altri) sotterrate nel greto del fume ed in altri siti circostanti. Al largo di Cetraro è stato ritrovato il relitto di una nave che, a detta di un pentito, è stata afondata dalla ndrangheta con tutto il suo carico di rifuti tossici; una delle tante “navi a perdere” fatte inabissare nei nostri mari con i loro carichi di veleni prodotti nel nord d’Italia e d’Europa. A Crotone molte case, scuole e strade sono state costruite usando scorie tossiche e nocive prodotte dalla Pertusola ed altre industrie che per decenni hanno inquinato terra e mare. A Praia a Mare i rifuti tossici della lavorazione della Marlane hanno inquinato un vasto territorio producendo, specialmente tra gli operai, una altissima mortalità per patologie tumorali. Dovunque in Calabria si trovano discariche zeppe di rifuti tossici e nocivi prodotti altrove e sversati nel nostro mare o sotterrati nel nostro territorio da lobby afaristico-mafose collegate ai clan locali. La Calabria è stata ridotta a pattumiera d’Europa e noi calabresi trattati come “topi da discarica” e “cavie radioattive”, mentre le indagini della Magistatura venivano afossate, depistate, contrastate da poteri occulti e da servizi anche statali ed internazionali. Le indagini riaperte oggi dalla Procura della Repubblica di Paola e dal’ex Assessore regionale all’ambiente Silvio Greco impongono a tutta la popolazione calabrese la necessità e l’urgenza di mobilitarsi ed intervenire per chiedere, a tutte le istituzioni competenti, di farsi carico di questa emergenza nazionale che investe 82


---------------- Calabria avvelenata ---------------non soltanto la nostra Regione e che colpisce la salute di centinaia di migliaia di cittadini e di intere generazioni future. Servirebbe “una continua e veritiera informazione pubblica sull’andamento delle ricerche e degli interventi”. Al governo italiano, fnora latitante, c'è da chiedere la dichiarazione dello stato di emergenza ambientale e l’immediata bonifca dei siti inquinati; sia di quelli già rilevati come l’Oliva, Cetraro, Crotone e Praia a Mare, sia dei tanti altri disseminati sulla terraferma e nel mare. Occorrerebbero fnanziamenti straordinari per realizzare, in tempi brevi ed in stretta collaborazione con la magistratura e l’assessorato regionale, la totale e completa “caratterizzazione” dei siti con conseguente bonifca.

83


---------------- Calabria avvelenata ----------------

C’era rimasto il mare Sono7 cresciuto a contatto col mare calabrese, ed è da vent’anni che col windsur vado avanti e in dietro planando sulle onde luccicanti dal sole. In luglio, agosto e settembre, ma anche in ottobre, novembre e poi a marzo, aprile e maggio e giugno. Basta inflarsi una muta e il gioco è fatto anche a gennaio e febbraio. Onde e vento che mi rendono imparagonabile la vita in qualsiasi altra regione italiana. Mi sento la prova vivente di quanto il nostro mare sia una stupenda, meravigliosa, risorsa che la natura ha regalato alla Calabria. Una risorsa che, noi calabresi, non abbiamo saputo valorizzare adeguatamente, anzi l’abbiamo sputtanata. Lo abbiamo inquinato con tutto, non depurando bene i liquami fognari, usandolo come recapito per rifuti d’ogni genere. Quella rinvenuta a largo di Cetraro, in provincia di Cosenza, è una delle navi (oltre venticinque) segnalate dalle associazioni ambientaliste sin dal 1994. L’apoteosi dei disastri ambientali di una Regione – la Calabria – già di suo disastrata. Ma al peggio no v’è limite e, come se non bastassero il mare inquinato per la cattiva depurazione, l’emergenza rifuti e i veleni, i metalli pesanti dell’ex Pertusola smaltiti come inerti per costruzioni e con i quali si sono costruite scuole per i nostri fgli, adesso abbiamo un’altra triste conferma: lo Ionio e il Tirreno sono stati utilizzati come enormi discariche con le quali si sono arricchiti ’ndrangheta e afaristi. Forse anche la mano della massoneria deviata. Il mare, quella risorsa che avrebbe dovuto rappresentare il volano dello sviluppo turistico eco sostenibile della Calabria, è stato adulterato, vilipeso, persino con 7

Articolo di Giuseppe Candido pubblicato su Abolire la miseria della Calabria sul sito www.almcalabria.org / www.abolirelamiseriadellacalabria.it

84


---------------- Calabria avvelenata ---------------scorie radioattive. Una radioattività che non svanirà per millenni. Speriamo quindi, si faccia presto col recupero dei fusti che s’intravedono, nelle immagini sottomarine, spuntare dalla prua squarciata della nave a largo di Cetraro. Il giornalista Carlo Lucarelli, nella scorsa puntata di “Blu notte, misteri italiani”, ha ripercorso le tracce di questa storia e quella del Capitano di marina Natale De Grazia morto in condizioni quantomeno misteriose mentre svolgeva una consulenza per la procura di Reggio Calabria che stava conducendo indagini sulle cosiddette “navi a perdere”. Navi usate – mediante l’afondamento programmato – per smaltire rifuti in modo illegale e con un giro d’afari da capogiro per afaristi come Giorgio Comerio e l’armatore della motonave “Rosso” Ignazio Messina. Una storia di trafci di rifuti che risale agli anni ’80 e ’90 e che ha visto le prime denunce delle associazioni ambientaliste già nel 1995. Nel 2004 WWF e Legambiente presentarono alle istituzioni ed ai media uno specifco dossier corredato di mappe di probabili siti di afondamento che restò però lettera quasi morta, nel senso che soltanto le indagini giudiziarie proseguivano ma nulla fu fatto per ricercare le navi che i pentiti dichiaravano di aver afondato. Quel dossier evidenziava la necessità di uno “sforzo congiunto di tutti gli organismi istituzionali con competenze in materia”. Lo stato, il ministero dell’ambiente e, ovviamente, le Regioni coinvolte tra cui la Calabria. Organismi che, stante le numerose indagini delle procure, non si sono minimamente preoccupati di ciò che vi era scritto in quel dossier e di far partire ricerche o iniziative di mobilitazione. Se è vero com’è vero che le indagini aprivano scenari inquietanti sovra nazionali, 85


---------------- Calabria avvelenata ---------------è pur vero che nessuno avrebbe vietato – dopo la presentazione del rapporto denuncia di Legambiente – l’autonoma ricerca mediante sistemi di telerilevamento e/o di ricerca oceanografca. Neanche una parola.

86


---------------- Calabria avvelenata ----------------

Amianto, la storia (anche) calabrese di un serial killer Eternit è un marchio registrato di fbrocemento e il nome di una ditta che lo produce. E’ stato utilizzato in edilizia come materiale da copertura nella forma in lastra piana o ondulata, oppure come coibentazione di tubature, navi, canne fumarie ecc. La sua commercializzazione, in Italia, è cessata ufcialmente dal 1992. Nel 1901 ’austriaco Ludwig Hatschek brevettò il cementoamianto col nome Eternit mutuando il nome dal latino aeternitas, che signifca eternità. Già nel 1902 Alois Steinmann acquista la licenza per la produzione e, nel 1903, apre a Niederurnen le Schweizerische Eternitwerk AG e, in breve, l’Eternit divenne popolarissimo tanto che, nel 1911, la produzione di lastre e tegole sfrutta appieno la capacità produttiva della fabbrica. Nel 1915 sono immesse sul mercato anche le foriere in Eternit. Poi, 13 anni più tardi la produzione si diversifca. Nel 1928 inizia la produzione di tubi in fbrocemento, che fanno rappresentato lo standard per la costruzione degli acquedotti e dei serbatoi idrici fno agli anni settanta. Nel 1933 fanno la loro comparsa le lastre ondulate, in seguito usate spesso per tetti di fabbricati civilim pubblici e privati oltreché di capannoni industriali. Negli anni quaranta e cinquanta l’eternit trova poi impiego in parecchi oggetti di uso quotidiano. Anche una sedia da spiaggia. Dal 1963 l’eternit può essere prodotto in varie colorazioni. Dal 1984 le fbre di asbesto vengono via via sostituite da altre fbre non cancerogene fn quando, nel 1992 viene introdotta la legge che di fatto 87


---------------- Calabria avvelenata ---------------lo vieta per qualsiasi utilizzo. L’amianto rappresenta infatti un pericolo per la salute a causa delle fbre di cui è costituito e che possono essere presenti in ambienti di lavoro e di vita e inalate. Nonostante sin dal 1962 era noto in tutto il mondo che le fbre di amianto provocassero il mesiotelioma pleurico, una forma di cancro delle pleura oltre che la più nota asbestosi, a Casale Monferrato, in provincia di Alessandria e a Broni, in provincia di Pavia, la Eternit e la Fibronit continuarono a produrre manufatti. Fino al 1986 la prima e fno all’entrata in vigore della legge n 93 per Broni, tentando di mantenere i propri operai in uno stato di totale ignoranza circa i danni, soprattutto a lungo termine, che le fbre di amianto provocano, col solo fne di prolungare l’attività dello stabilimento e quindi dei proftti. A Casale Monferrato i morti e i contaminati da amianto sono migliaia, anche perché lo stabilimento disperdeva con dei potenti aeratori la polvere di amianto in tutta la città, causando la contaminazione anche di persone non legate alle attività produttive dell’eternit. Un killer subdolo ma “democratico”. Fino al 1994, ricorda il presidente di Assoamianto, Sergio Clarelli in un’intervista all’Espresso, “la situazione era paradossale, perché la legge 257/1992 riconosceva i rischi per la salute e metteva al bando tutti i prodotti contenenti amianto, vietando l’estrazione, l’importazione, la commercializzazione e la produzione di amianto e di prodotti contenenti amianto, ma non la loro utilizzazione”. L’epidemiologo Valerio Gennaro dell’Istituto tumori di Genova che da anni si occupa dei tumori correlati all’esposizione da amianto, dice che di amianto si morirà sino al 2040 e che il picco arriverà solo tra 4 o 5 anni.

88


---------------- Calabria avvelenata ---------------Per l’Organizzazione Mondiale della Sanità invece il picco delle morti bianche arriverà tra il 2025 e il 2030. “Nessuno ci aveva spiegato che l’amianto portava il cancro”. All’udienza nel processo a Torino del 12 luglio 2010 decine di cittadini di Casale Monferrato, la cittadina più colpita dagli efetti di questo subdolo e micidiale veleno, si sono presentati in tribunale con una fascia nera legata al braccio, in segno di lutto; hanno voluto ricordare Luisa Minazzi, loro concittadina deceduta una settimana prima, uccisa dal mesotelioma, il tumore provocato dall’amianto. Tra i testimoni ascoltati, il giornalista casalese, Giovanni Turino, autore del libro “Eravamo tutti ricchi di sogni” che ha ricordato come, già nel 1964, – cinquant’anni fa! – il giornalista e dirigente del PCI Davide Lajolo aveva denunciato su “L’Unità” i pericoli incombenti sui casalesi, parlando esplicitamente di mesotelioma e non solo di asbestosi. Giorgio Corradini, un ex operaio dello stabilimento Eternit di Rubiera, un paese vicino di Reggio Emilia, ha raccontato le lotte sindacali intraprese negli anni Settanta per ottenere migliori condizioni di lavoro, adottate solo dieci anni dopo: cose perfno banali, come le mascherine di protezione, gli armadietti doppi per gli indumenti, la possibilità di far lavare le tute di servizio in azienda e non a casa, ed è sconcertante che queste cose minime siano state oggetto di lotta e rivendicazione durate dieci anni. L’azienda non forniva molte informazioni sui rischi per la salute: “Nessuno ci aveva spiegato che l’amianto portava il cancro. Il medico interno ci diceva che fumare e respirare la polvere non faceva bene”. Soltanto in Calabria, nel 2006, sono state oltre duemila le richieste pervenute all’Inail per l’accesso ai benefci previdenziali 89


---------------- Calabria avvelenata ---------------concessi ai lavoratori esposti all’amianto durante l’attività lavorativa. Presso la sede regionale sono giunte ben 2.339 richieste dei benefci previdenziali previsti dalla legge. Le richieste pervenivano dalla zona di Crotone, area con una elevata concentrazione di industrie chimiche. In particolare 769 domande riguardavano la Montedison-Enichem, mentre erano 429 i curricula pervenuti alla Direzione provinciale del lavoro. Delle certifcazioni presentate, 75 hanno subito avuto esito positivo con emissione dei relativi certifcati per i lavoratori. Le domande pervenute dalla Pertusola sono state 730, i curricula 313 (di questi, le certifcazioni positive emesse sono state 135 e 115 quelle negative). Dalla Gufanti sono pervenute 35 domande e 35 sono state le certifcazioni positive emesse. Altre 129 domande riguardano le FS, 71 l’Enel, 70 i Vigili del fuoco e 421 altri settori. Ad oggi soltanto due delle venti Regioni hanno previsto uno specifco piano ed una data certa in cui arriveranno a completare la bonifca e la rimozione dei materiali contenti amianto: la Lombardia che prevede lo smaltimento entro il 2016 e la Sardegna che dovrebbe completare la rimozione dell’amianto entro il 2023. Il Piano Regionale Amianto della Lombardia (PRAL), approvato nel dicembre del 2005 con deliberazione della Giunta Regionale, spiega che, in base a quanto disposto dall’art. 6 del D.P.R. dell’8 agosto 1994, in Regione Lombardia gli impianti utilizzati per lo smaltimento dei rifuti contenenti cemento-amianto, erano le discariche per rifuti inerti con settore appositamente dedicato, gestite secondo specifche sanitarie molto severe. Nel Piano si specifca però che “Le nuove modalità e i nuovi criteri di deposito dei rifuti contenenti amianto – che prevedono la 90


---------------- Calabria avvelenata ---------------realizzazione di celle appositamente ed esclusivamente dedicate, la coltivazione delle celle ricorrendo a sistemi che prevedano la realizzazione di settori o trincee e la necessità di spazi morti che comportano perdite di volumetria – e le modalità gestionali, che prevedono campionamenti ed analisi, sono particolarmente onerosi e difcilmente i gestori privati di discariche per i rifuti pericolosi o non pericolosi, saranno disposti a realizzare tali celle. Pertanto, già in quel Piano del 2005 la Regione Lombardia prevedeva la necessità di “adottare provvedimenti regionali che consentano modalità di realizzazione e gestione di discariche per rifuti di amianto legato in matrice cementizia e/o resinoide economicamente sostenibili, garantendo, comunque, il rispetto dei criteri della direttiva discariche (direttiva 1999/31/CEE) e la tutela dell’ambiente e della salute pubblica”. Nel piano erano previsti un “censimento dei manufatti contenenti amianto” di edifci e luoghi pubblici e privati con presenza di amianto e, persino, la mappatura geo-referenziata delle coperture in cemento-amianto. La Calabria allo stato attuale non ha ancora provveduto a redigere un proprio Piano Regionale per l’amianto. Anche se il Piano regionale dei rifuti, redatto e approvato nel 2002 dall’Ufcio del Commissario per l’Emergenza Ambientale, pone in essere una pianifcazione della problematica che prevede una “prima fase” di acquisizione dei dati, propedeutica ed indispensabile alla formulazione di una pianifcazione specifca. Nel rapporto regionale sui Rifuti curato dall'Arpacal la parola “amianto” compare una sola volta e i dati relativi alla sua difusione sul territorio regionale non vi sono o forse non esistono neanche. Con delibera della Giunta Regionale 8 La Regione Calabria nel 8 D.G. Calabria n° 3569 del 20/7/1996

91


---------------- Calabria avvelenata ---------------luglio del 1996 ha costituito una commissione a cui ha afdato il compito dì studiare e defnire il Piano Regionale Amianto. Successivamente nel dicembre del ’96, con atto deliberativo9 la Regione ha approvato le “linee guida per la protezione dell’ambiente, la decontaminazione e la bonifca delle aree interessate da inquinamento da amianto”. La delibera prevedeva nella “Programmazione degli interventi di bonifca” di efettuare il censimento dei siti interessati da attività di estrazione dell’amianto, delle imprese che utilizzano o hanno utilizzato amianto nelle rispettive attività produttive nonché delle imprese che operano nelle attività di smaltimento o di bonifca, il censimento degli edifci nei quali sono presenti materiali o prodotti contenenti amianto libero o in matrice friabile, con priorità per gli edifci pubblici, per i locali aperti al pubblico o di utilizzazione collettiva e per i blocchi di appartamenti, quindi la predisposizione di programmi per dismettere attività estrattiva dell’amianto e realizzare la relativa bonifca e l’individuazione dei siti idonei per lo smaltimento dei rifuti contenenti asbesto. Con fondi della Misura 1.8 del POR 2007-2013, sono stati predisposti gli strumenti fnanziari per la rimozione di manufatti in amianto da strutture pubbliche. A tutt’oggi nessun sito autorizzato per lo stoccaggio o individuato per lo smaltimento di materiali contenenti la fbra killer che, invece, si può spesso rinvenire in discariche abusive nei greti dei corsi d’acqua e persino sulla spiaggia. A Reggio Calabria, il 26 maggio 2009, la Guardia di Finanza sequestra 36 tonnellate di amianto. Il titolare della ditta dove era stato trovato è stato denunciato per trasporto e stoccaggio abusivo di 9 D.G. Calabria n° 9352 del 30/12/1996

92


---------------- Calabria avvelenata ---------------materiale pericoloso per la salute pubblica. Ad Aiello Calabro, la guardia costiera di Vibo Valentia sequestra un terreno di ben 29 ettari adibito a discarica abusiva, di proprietà dell’Istituto Papa Giovanni XXIII. Il provvedimento di sequestro è stato emesso dal Procuratore della Repubblica di Paola, Bruno Giordano, dopo che erano stati eseguiti numerosi accertamenti. Nell’area sequestrata furono trovati rifuti edili e traverse ferroviarie, nelle quali si suppone la presenza di amianto. E, sempre in Calabria, una tonnellata di amianto è stata sequestrata sulla spiaggia in località Bocale di Reggio Calabria. La discarica abusiva era nascosta nella sabbia ed è stata scoperta dalla Guardia di Finanza. A Cosenza, il centro urbano è invaso dai tetti in eternit: a rivelarlo è uno studio condotto con una metodologia che ha reso possibile il monitoraggio e l’analisi visiva dei siti, mediante la compilazione di schede, l’osservazione di una specifca documentazione aero-fotografca e l’elaborazione dei dati acquisiti mediante sofware dedicati. Le rilevazioni sono state eseguite nella parte centrale del territorio cittadino, su indicazione della stessa Amministrazione, precisamente nell’area delimitata a nord dall’Autostazione, a sud dal Lungo Busento Tripoli, ad est da via Quattromani, piazza Matteotti, viale Parco e, ad ovest da via Monte Baldo, via Montesanto, via Alimena. Il rettangolo cittadino preso in considerazione nello studio reso noto da Francesca Canino sul portale indymedia.org, “Ha consentito di efettuare una mappatura completa degli stabili inquinati dal pericoloso materiale e determinarne lo stato e la consistenza nei punti rilevati, considerata l’emergenza nel settore dei rifuti solidi urbani”. 93


---------------- Calabria avvelenata ---------------“È fuor di dubbio”, si legge, “che i frantumi di eternit, a causa dell’aforamento delle fbre di amianto, siano da considerarsi rifuti pericolosi qualora vengano abbandonati in discariche all’aperto”. E ancora: “Attraverso una precisa documentazione fotografca, è stato possibile accertare e collegare la presenza di amianto sui diversi immobili censiti, procedendo, poi, al rilievo del materiale per una stima dello stato di conservazione. È proprio la struttura del materiale a costituire un pericolo a causa del persistente sfaldamento dell’eternit, quando lo stesso presenta una struttura friabile dovuta alla sua vetustà: in questo caso i danni derivanti dalla dispersione delle polveri di amianto, rappresentano un pericolo rivolto a tutti i soggetti che abitano nelle vicinanze”. “... Si è accertato che la superfcie totale dei materiali contenenti amianto (coperture, pavimenti in gomma, pannelli) nella zona presa in esame, è pari ad oltre 20.000 metri quadrati, di cui circa il 90% è rappresentato dalle coperture in eternit degli edifci, nella stragrande maggioranza privati. Analizzando, in un secondo momento, la qualità dell’amianto presente nelle aree esaminate, è risultato che, degli oltre ventimila metri quadri, il 60% presenta una struttura friabile, il rimanente 40% compatta”. Ed è proprio la porzione con struttura “friabile” a rappresentare il pericolo per la salute, poiché il rilascio di fbre nell’ambiente e la loro conseguente inalazione, sono causa di gravi malattie all’apparato respiratorio. “La presenza di migliaia di metri quadrati di amianto nel centro città, soprattutto non più compatto, richiede interventi di bonifca urgenti mediante la predisposizione di attività di decontaminazione per la tutela della salute dei cittadini, la maggior parte dei quali ignora di cosa sia costituito il tetto dell’edifcio in cui vive”. Nella locride, a Bovalino, nel luglio del 2009 l’inquietante 94


---------------- Calabria avvelenata ---------------copertura dell’ex fabbrica “Rica” fnisce sulle pagine dei quotidiani locali dopo che l’allarme era stato lanciato sul web. Ma è sufciente fare qualche passeggiata lungo il corso di fumi e fumare per avere l’idea della vastità del fenomeno dello smaltimento illegale di questo materiale. E basti pensare che la Regione Calabria non si è ancora dotata di un piano per lo smaltimento di amianto che, rifuto pericoloso, richiede particolari tipi di discariche. Questa la situazione, questi i fatti che, dalla cronaca, emergono. E, a Sellia Marina, l'amianto lesionato, in frantumi, oltre che nella Fiumara Uria, lo si può tranquillamente rinvenire sulla battigia dove i bagnanti convivono con il subdolo “serial killer”.

95


---------------- Calabria avvelenata ----------------

96


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.