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Nel 150° dell’Italia Unita
Nel 150° dell’Italia Unita
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Copia Omaggio Un contributo libero è gradito
Con il contributo della
L'Unità d'Italia:
nascita della questione meridionale
Gli oltraggi subiti dalle popolazioni meridionali sono incommensurabili. Nonostante ciò non rifarei oggi la via dell'Italia meridionale, temendo di essere preso a sassate, essendosi colà cagionato solo squallore e suscitato solo odio.
Giuseppe Garibaldi
Generoso cuore, ferro e libertà La via calabrese verso l’Italia Unita ----
I LUOGHI DELLA GUERRA DEL 1860 IN CALABRIA >> a Pag. 6 e 7
Le forze d'opposizione ed i
Repubblicani del 1848 >> a Pag. 4 ISSN 2037-3945 Abolire la miseria della Calabria Anno V - n°01,02 e 03
Periodico nonviolento di Storia, Arte, Cultura e Politica laica liberale calabrese Gennaio - Marzo 2011 - Anno V - N. 1, 2 e 3
Con il contributo della
L’Attualità di Giuseppe Mazzini,
Direttore Responsabile: Filippo Curtosi - Direttore Editoriale: Giuseppe Candido
sindacalista socialista a distanza di un secolo e mezzo di Maria Elisabetta Curtosi
azzini, a ragione, viene considerato l’antesignano del sindacalismo nazionale, cioè parliamo di quel sindacalismo che non si esaurisca nella lotta di classe, poichè temeva che in Italia una g uerra di classe avrebbe prodotto facilmente una reazione che avrebbe ritardato sia la conquista totale dell’indipendenza nazionale sia lo sviluppo economico del paese. Aveva osservato che la borghesia era diventata volubile, e l’appoggio più costante gli proveniva dagli operai, uno dei motivi che lo
inducevano a denunciare la divisione provocata dal comunismo che si traduceva, a suo vedere, in un espediente illiberale e oppressivo con cui un gruppo di intellettuali intendeva impadronirsi del potere assoluto sull’intera comunità. Per Mazzini il comunismo era una “falsa utopia” ed era certo che un giorno le classi lavoratrici si sarebbero visti riconoscere il loro ruolo di componenti primarie della società. Della questione sociale si è interessato durante tutto il corso del suo “apostolato” che sostanzialmente consistette nell’elevazione
M
L’Ottocento, un secolo cruciale
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Il Sud si sente tradito e depredato da chi avrebbe dovuto sanare le strutture feudali lasciate dai Borboni
di Giovanna Canigiula*
Ottocento è un secolo cruciale nella storia dell’Italia e della Calabria ma, val bene ricordarlo, è preparato, sotto la spinta della rivoluzione francese, dal triennio 1796-1799, in cui si gettano le basi di un ritrovato nazionalismo e si ridefiniscono i termini della vita politica italiana, poiché sono sul tappeto le grandi questioni degli anni a venire: libertà, democrazia, indipendenza, unità. Agli inizi del secolo Napoleone, dopo aver creato la Repubblica Cisalpina, col proclama di Schoenbrunn dichiara finita la casata borbonica, costringe Ferdinando IV alla fuga in Sicilia, mette sul trono il fratello Giuseppe Bonaparte, quindi dà mandato al generale Massena di occupare il Regno di Napoli e al generale Reynier di ridurre al dominio francese una Calabria già prostrata dal violento terremoto del 1783 e dalla dura repressione, seguita alla breve parentesi della Repubblica partenopea del 1799, ad opera del cardinale Ruffo, sbarcato a Reggio in qualità di Vicario Regio. A Monteleone i francesi sono accolti a braccia aperte, ma il controllo del territorio non è facile, in quanto le truppe borboniche hanno l’appoggio di bande di briganti che ostacolano le comunicazioni, depredano i villaggi, uccidono. Nel monteleonese il brigante Bizzarro, a capo di 400 uomini, mette a dura prova il generale Messana che
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chiede inutilmente, con un bando, la resa pacifica delle armi. La situazione si normalizzerà, infatti, solo dopo la dura repressione del francese Manhès nel 1810. Con Gioacchino Murat, salito al trono nel 1806, la Calabria è divisa in due province: quella Citeriore, con capoluogo Cosenza, e
Luigi Br uz z ano Monte le one 1838- 1 9 0 2
quella Ulteriore, con capoluogo Monteleone che, dopo tre secoli, cessa di essere feudo e diventa, grazie anche alla posizione strategica, un centro di grande rilievo. La fine dell’Età napoleonica e, in Calabria, della centralità di Monteleone, è segnata dal congresso di Vienna del 1815, che riconsegna il regno di Napoli a Ferdinando IV, col titolo di Ferdinando I Re delle due Sicilie. Inizia, con la Restaurazione, un periodo di decadenza economica e sociale che dura fino al 1860 e oltre, come testimonia anche il vistoso calo della popolazione. Tuttavia, a dispetto del declino, il fermento culturale e politico del periodo è intenso. Già alla fine del Settecento avevano cominciato a circolare, fra gli intellettuali monteleonesi, le idee liberali della Rivoluzione francese e della Massoneria che, perseguitata a più riprese da Carlo III e Ferdinando IV, aveva attecchito perché auspicava la fine di principati e sacerdozi, in quanto compromissori della libertà che Dio ha dato all’uomo. Dopo il 1815, inoltre, si vanno diffondendo in tutta Italia le “vendite carbonare”, col parziale contributo di quel ceto borghese che aveva visto ridimensionate, con la caduta di Napoleone, le proprie prerogative. Senza un reale programma politico, esse legano la loro vicenda nazionale a quella >> Pag 2 e 3