MAGGIO 2014 ANNO VI • NUMERO
circo-lo creativo d’intrattenimento culturale s.ambrogio cibrèo città aperta firenze
Luna
Poesia
Una stella a Firenze
Staino
Federico
La “sora luna” tutrice balzana
di Fabio Picchi
di Stella Rudolph
Il pazzo vedeva la luna dalla sua finestra. Sapeva che illuminando tutto il sangue di tutte le arene del mondo avrebbe visto il suo cuore infranto.
F
Il pazzo la chiamava pregandola di venire. Le si affidava. Lei poteva stendere quel gentile velo di luce così bianca sulle sue cose. La bianca Follia usciva sempre dal pozzo. Sapeva sfilare con perizia le corna dei tori. Bestie nere che per tutta la vita, lo avevano prima minacciato e poi in fine ferito a morte. I cattivi pensieri, si sa, vivono senza Sole, senza Luna, senza alcune luce. Sono le tenebre nella loro invisibilità a dare loro volgare potenza. Come vigliacchi colpi di fucile smembrano le viscere e le ossa che d’un tratto grazie alla luna si illuminano del rosso sangue dei poveri eroi ormai sempre più morti. Eroi che nei loro agire sopra una motocicletta, dentro una macchina, come in una prigione o in una battaglia si elevano dalle disumane e normali vicende quotidiane. Sacrificandosi nelle tragedie come in tutti gli ideali finiti ormai dentro il pozzo della libertà. Libertà o morte urlavano sia sulle barricate che davanti ai plotoni. E pensare che era solo amore per la vita. Dite dunque alla Luna di venire che qui c’è molta tragica normalità ed è questo quel che lei deve illuminare.
Il popolo del blues
Non esiste un lato oscuro
Occhio di bue
di Giulia Nuti
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l tempo, che molto spesso ci sfugge. Il denaro, un obiettivo da raggiungere che spesso oscura l’importanza di altri valori. E poi quel costante velo di follia, che attanaglia l’uomo moderno. Era il 1973 quando i Pink Floyd pubblicavano The Dark Side of The Moon. Un concept che è un colosso della storia della discografia. Un lavoro titanico, dal punto di vista musicale e concettuale. Il terzo album più venduto di sempre. Il capitolo più rappresentativo della carriera della band, per quanto questa sia lunga e variegata. Nel cuore avevano Syd Barret, il luna-
in prima degli albori della civiltà la nostra pianeta Luna ha calamitato, nelle sue fasi mensili insieme crescenti e calanti, sia il ciclo vitale della Terra che le mutevoli complessioni degli esseri d’ogni sorta che vi albergano. Perciò dal fascino del suo bel volto cangevole sono scaturiti infiniti proverbi attinenti al suo influsso concreto e metaforico, che spaziano dalla soprintendenza delle maree e stagioni dell’agricoltura alla condizione umana nelle sue variabili caratteriali e sbalzi di umore per sconfinare nel campo della mitologia, dei prognostici meteorologici e della poesia tout-court. Già venerata sotto diversi nomi come dea dagli antichi greci e romani, nel medioevo essa era ritenuta l’astro dell’Amore; in concomitanza fu assunta come simbolo di contrastanti enti storici quali l’Impero (rispetto al Sole del papato) e la potenza ottomana, estesa all’emblema della mezzaluna adottato dalla religione mussulmana. Ma fanno risalto le opposte valutazioni del suo presunto, ricorrente messaggio: “avere la luna nel pozzo” significa grande fortuna, mentre “avere la luna” indica stizza, capriccio e intrattabilità. Ciò riguarda anche l’applicazione dei suoi segnali come sorvegliatrice alla sfera pratica. Se San Bernardino da Siena avvertì che “Quando tu vuoi tagliare un arbolo, se tu il vuoi buono, non cerchi tu di tagliarlo a luna piena?”, invece secoli dopo Cesare Pavese ribatté “Prova a tagliare a luna piena un pino, te lo mangiano i vermi”. Alla stregua di Leopardi ogni tanto è capitato a ciascuno di chiedere “che fai tu, luna in ciel? Dimmi che fai? […]”: una sardonica risposta viene dall’Ungaretti – “Luna allusiva vai turbando incauta/nel bel sonno, la terra”. Insomma, come scrisse D’Annunzio, “La luna nuova è come un pugno di solfo che bruci”, scintillante auspicio e per l’appunto metafora della nascita, morte e risurrezione nelle sue perenni ricomparse che ci confortano, inquietano e suggestiono.
tico protagonista dei loro primi album, genio folle uscito per cause di forza maggiore dalla band nel 1967. Raccontavano in modo disincantato dei ritmi frenetici e dei paradossi della vita moderna. Il titolo dell’album ha proprio a che vedere con la follia. L’esplorazione del lato oscuro della luna, quello che nessuno vede mai. Una lucida analisi in musica alla fine della quale ci si chiede chi è veramente pazzo e chi no. “Non c’è lato oscuro della luna, ci ricordano i Pink Floyd a conclusione di Eclipse, il brano che chiude il lavoro. È il sole a rendere luminosa l’altra metà”.
Lasciate che i bambini La Luna che illumina spirito, scienza e natura di Tomaso Montanari
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dam Elsheimer – morto, in miseria, a trentadue anni – è uno dei più grandi poeti della pittura. La notizia della sua scomparsa colpì amaramente il grande Rubens, che il 14 gennaio 1611 scrisse: “certo che dovrebbe per una tale perdita vestirsi di lutto stretto tutta la nostra professione, la quale non ritroverà facilmente un par suo”. Un altro contemporaneo leggeva così il capolavoro di Adam, cioè la nostra Fuga in Egitto: “Maria è seduta sopra un asino che Giuseppe conduce lungo un ruscello circondato da erbetta, tenendo con l’altra mano un pezzo di legno acceso, come fiaccola per la notte. In lontananza si vedono i pastori con gli armenti presso un fuoco acceso, che si rispecchia e si riverbera sull’acqua. La scena si svolge davanti ad un fitto bosco, sopra il quale è raffigurato il sereno cielo stellato, ed in particolare la Via Lattea, con dietro però anche la luna piena, straordinaria e chiara, che dall’orizzonte si innalza sopra le nuvole, gettando il suo perfetto riflesso sull’acqua. Nessuno ha mai realizzato qualcosa di simile”.
Ed era proprio vero: fino a quel momento la Via Lattea veniva rappresentata come la mitica scia di latte fuoriuscita dal seno di Era quando quest’ultima allontanò Eracle, figlio illegittimo del suo sposo Zeus. Elsheimer, invece, la dipinge per quel che è: un insieme di corpi celesti. Un anno dopo, Galileo Galilei affermò la stessa idea, fondandola sull’osservazione attraverso il telescopio. Nella Fuga in Egitto di Elshemeir il primato della natura si sposa perfettamente con una nuova capacità di osservarla, e di leggerne la luce: qualcosa che l’artista tedesco aveva imparato da Caravaggio, di sette anni più grande di lui. Ma, proprio come per Caravaggio, questa rinnovata attenzione per la natura non si risolve in una pittura scientifica, bensì in una altissima riflessione sulla condizione dell’uomo, letteralmente inghiottito in una notte esistenziale in cui è possibile procedere solo a tentoni. E solo grazie alla luna. Quando c’è. Fuga in Egitto, Adam Elsheimer, 1609 - Alte Pinakothek, Monaco
In scena
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omento di passaggio tra la stagione invernale e quella pienamente estiva, di festival teatrali e di grandi concerti all’aperto, il fine primavera consegna a Firenze, da venti anni, la grande opportunità internazionale di Fabbrica Europa, dall’8 maggio al 28 giugno, che ha nel magico mondo della Stazione Leopolda il suo focus e fulcro principe, senza però dimenticare le varie annessioni strutturali che nel corso degli anni hanno portato linfa cittadina alla grande parata che, di fatto, apre la stagione festivaliera delle arti contemporanee. Dalla Leopolda è possibile spostarsi alle Murate come all’ex Chiesa di san Carlo dei Barbabiti in San Niccolò, come al Cantiere Florida o a Cango, il vicino Goldoni o respirare l’aria nuova e istituzionale, ma anche tecnologica e futurista dell’Opera fino a declinarci verso Pontedera, ed il suo Teatro Era, da dove partono le idee, la nascita e la crescita di Fabbrica Europa. Quest’anno spazio ai Balcani, a venti anni dall’assedio di Sarajevo. Luca Dini e Roberto Bacci sono sempre attenti ai frammenti, alle deviazioni, alle vicinanze, alle intuizioni, ai sottoboschi, all’impercettibile.
di Tommaso Chimenti Certamente Il gabbiano a cura del Teatro Nazionale Serbo (9, 10, 11 maggio) un’esperienza di vita viste le sette ore in scena e la partecipazione attiva della platea che non se ne potrà restare nel buio a dormicchiare passivamente. Da seguire anche Maledetto sia il traditore della sua patria (10, 11 maggio) da Lubiana, Slovenia, al Cantiere Florida per interrogarci su quale valore diamo, ogni giorno, alla morte che pervade giornali, web e tv. Dopo tanta poesia torniamo al prosaico con le due produzioni, una targata 2013 quella a Palazzo Davanzati (10, 11, 24, 25 maggio), e la novità di Casa Martelli (3,4, 17, 18 maggio), testi firmati da Riccardo Ventrella e messinscena a cura della Compagnia delle Seggiole, visite guidate armonizzate e coordinate tra costumi, cenni storici, ironia tutta toscana: non solo per turisti. Poi arriva giugno e Crozza (il 6 al Mandela Forum) ci farà ricordare di essere piccoli italiani, ci farà scordare chi avremo votato alle amministrative, ci farà ridere pensando, ci farà piangere del Bel Paese. Non più un comico ma un comunicatore, non più un comico ma un pensatore. I comici fanno bene alla democrazia.
Moon 1
by James O’Mara
Gesti teatrali Le frittelle di Caino e il battuto della mezzaluna di Alberto Severi
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o, francamente, Caino che faceva le frittelle, in quelle macchie più scure sulla lattea epidermide della luna piena, non sono mai riuscito a vedercelo. Essì che mio padre insisteva, avvicinando la sua testa alla mia, e cercando di far coincidere non solo il suo e il mio immaginario analogico, ma anche, e soprattutto, il mio punto di vista di nanerottolo seienne col suo di slanciato adulto, nell’orientare la direzione del dito puntato verso il cielo notturno del Valdarno, contro il pallido disco sospeso sulle silhouettes nere dei pioppi e le chiome argentate degli olivi. “Vedi la gobba curva di Caino? E, a destra, la padella con le frittelle…?” Mah. Sarà… Sarà che, come spesso mi è successo anche in seguito, guardavo più il dito che indicava la luna, che non la luna stessa. Poi, molto più tardi, ho saputo che in Cina e in Giappone, ci vedono un coniglio intento a cucinare una torta di riso, in quelle macchie (prodotte in realtà, com’è ormai noto anche
ai più sprovveduti fra i poeti, dalle ombre di montagne e crateri immensi). Paese che vai… Invece da noi, in Italia, c’era pure la filastrocca. E mio padre puntualmente la cantilenava, a mio disdoro, e a canzonatura della mia inettitudine visionaria: Vedo la luna, vedo le stelle, vedo Caino che fa le frittelle, vedo la tavola apparecchiata, vedo Caino che fa la frittata… Buffo, comunque, che il fosco fratricida biblico fosse diventato per l’immaginazione popolare, lassù, e nell’aldilà, un personaggio quasi comico e simpaticamente caricaturale, da Corriere dei Piccoli. Mentre la leggenda medievale, ricordata anche da Dante nel Ventesimo dell’Inferno, ne relegava l’anima dannata sull’astro notturno, fra Astolfo, Münchausen, e mille altri lunatici, sempre curvo, sì, ma sotto il peso di una fascina di spine. Meglio. Cioè, più congruo col crimine commesso. Che razza di contrappasso sarebbe, fare frittate e frittelle per l’eternità? Tanto varrebbe avergli dato
l’obbligo dei servizi sociali in un ospizio. Comunque sia, a me la “luna in ciel” diceva poco, peggio che al pastore errante del Leopardi. Che fai? Che dici? Che taci, silenziosa luna? Molto più eloquente – era la mezzaluna. Non quella islamica, all’epoca ancora semisconosciuta ai più. O quella fertile, mesopotamica, di cui ci avrebbero narrato, già alle elementari, i libri di storia e geografia. Parlo dell’attrezzo da cucina: il coltello convesso, a due manici, o pomelli di legno, con cui la mamma triturava sul tagliere il battuto di cipolle, prezzemolo, sedano e carote, per il soffritto del ragù di carne. Qualche volta, pur con un leggero brivido per la potenziale pericolosità della lama affilata, il compito veniva affidato, non senza un malcelato controllo ravvicinato da parte sua, a me o a mia sorella, quando fummo abbastanza cresciuti e responsabili per esserne investiti. E quel gesto, l’impugnare i due manici rotondi facendo altale-
nare la lama nell’incavo del tagliere, riducendo in pezzettini sempre più piccoli, e più fragranti, le verdure e gli ortaggi, con le cipolle che sprigionavano effluvi lacrimosi, e l’acquolina in bocca che cresceva, ispirando l’incrocio dei fendenti sminuzzatori sul tagliere, oggi che la mezzaluna è stata in buona parte soppiantata, nelle nostre cucine robotizzate e de-gestualizzate, da frullatori e trituratori elettrici, quel gesto resta nella memoria come uno dei gesti di iniziazione alla vita adulta, consapevole dei tagli buoni e dei tagli cattivi che le mezzelune e gli oggetti e le esperienze più o meno taglienti possono provocare o infliggere quaggiù, nella vita terrestre di noi mortali, mentre lassù nel cielo Artemide, nella sua fredda pienezza iperuranica di dea, nulla sa dire, a noi pastori erranti nel deserto, su che sia questo viver terreno, il patir nostro, il sospirar, su che sia questo morir, questo supremo scolorar del sembiante. E Caino, in eterno, fa le frittelle. Sipario.
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Gatti
L’orto Luce per il Grande Cocomero
Moonstruck Honeymooner
Madre sorella badante
di Stefano Pissi
by Kate McBride
di Giovanni Curatola
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e vedete un ortista che scava una grande buca nel suo orto, è probabile che sia la degna dimora per un’anguria. Il cocomero o anguria - Citrullus lanatus – è la cucurbitacea più coltivata in Italia; la sua vegetazione è delicata, labile a confronto del suo frutto che verrà, un peponide con polpa succulenta e zuccherina, dal peso variabile da 3 a 30 kg, di forma tondeggiante o allungata. Il cocomero per crescere ha altissime esigenze di luce e calore del sole, le più alte rispetto alle cucurbitacee sue parenti: secondo me è uno dei veri simboli dell’estate. Una leggenda narra che le angurie ingrossano i loro frutti specialmente nelle notti di luna piena, solo la luna infatti ha facoltà di riflettere la luce e il calore del sole sulla terra, anche di notte. In queste notti, passaggi da un giorno precedente a quello successivo, alcuni uomini stanno, come Linus, in attesa proprio del Grande Cocomero, un’attesa di speranza più che di pretesa, che riesce a distendere l’anima, necessario atteggiamento che valorizza il percorso rispetto alla meta, dolce e succulenta.
t was the MONDAY following a BLOOD MOON and I was OVER THE MOON to be on my HONEYMOON with the person who caused me to be MOONSTRUCK on a ONCE IN A BLUE MOON night when a FULL MOON rose in the east for the second time that month and shed MOONLIGHT on the conversation between my lover and I as we sailed the sea with the assistance of our MOON RAKER flapping at the top of the mast of our boat and adding a little staccato music to our words at the moment we decided to REACH FOR THE MOON and get married even though many would call us members of a LUNATIC FRINGE and assume that we were under the influence of MOONSHINE but in fact we were staring at the MAN IN THE MOON, singing MOON RIVER and drinking grappa with our black cat Diana who we named after the Roman MOON GODDESS and who made us laugh when she meowed loudly as I proclaimed the romantic words of the poet E.E. Cummings that sealed our fate, “Yours is the light by which my spirit’s born: - you are my sun, MY MOON, and all my stars.” ■ Traduzione su ambasciatateatrale.com
Ri-cercata Magico scontro di Clara Ballerini
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ome costruirsi una luna, non è come potrebbe sembrare il nome di un kit fai da te, è il titolo di un filmato, una simulazione al computer, che è possibile trovare nel sito di una rivista scientifica e che cerca di spiegare l’origine della Luna, ancora oggi misteriosa. Il filmato mostra un urto gigantesco fra la Terra in via di formazione e un enorme pianeta: i cocci del pianeta più grosso risultati dallo scontro, una volta condensati, avrebbero originato la Luna. Pare che nel sistema solare, al tempo della formazione della Terra, gli scontri fra corpi celesti fossero all’ordine del giorno. Eppure no: lo studio delle rocce, i dati derivati dalle missioni lunari ci dicono che la composizione della Luna è simile alla superficie terrestre, quindi dobbiamo ipotizzare uno scontro fra due oggetti uguali, difficile da credere poiché nel nostro sistema non si conoscono pianeti simili al nostro. La Luna sarebbe così un evento raro, improbabile ed è forse la consapevolezza della sua unicità che rende magica la sua familiare presenza nel nostro orizzonte. → http://www.nature.com/news/planetary-science-lunar-conspiracies-1.14270
Cinema Vogliamo la Luna e le stelle Disegno di Lucio Diana
L’erba voglio Questione d’amore di Caterina Cardia
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Pieni d’Islam
i sono un sacco di scienziati che negano un possibile effetto della luna sugli esseri viventi; praticamente tutti quelli degni di questo nome. Eppure, in una notte di luna piena, la linfa o il sangue nel nostro caso, che anche noi siamo capaci di sentire scorrere più forte, ci suggerisce il contrario. Come si spiega il pollice verde? Anche questo per la scienza non esiste, eppure può succedere che due persone diverse che interagiscono seguendo le stesse tecniche colturali, sulle stesse piante, ottengano risultati diversi. Come può succedere a due persone che cucinano con gli stessi ingredienti e nello stesso modo, lo stesso piatto. È una questione di amore e di dedizione speciale. Chi coltiva la terra con passione o interagisce con le piante o gli altri esseri viventi è in stretta connessione con le forze della natura e non può fare a meno di esserlo se vuole ottenere un risultato interessante dal suo lavoro. Ecco perché chi coltiva un orto con i metodi biodinamici segue la fasi della luna, o chi ogni tanto prepara pozioni magiche di certo non lo fa quando la luna attraversa un segno d’acqua. Ho un orto-giardino molto amato e quando è notte, e la luna è piena, ci succedono cose che la scienza non riuscirà mai a spiegare e, se lo facesse a me, toglierebbe tutto il divertimento. Scienziati del mondo: I’ll see you on the dark side of the moon.
di Juan Pittaluga
L
a lune et les rêves ont toujours été associés. La lune est comme un cinéma naturel dans la nuit, source de lumière dans l’obscurité de la salle. Le pouvoir du film sur l’imaginaire demande cette complicité. Elle impressione toujours par sa force de sugestion. Le regard de l’homme sur cette source lumineuse a toujours inspiré des scènes d’amour pour le cinema. Pratiquement tout les films de nuit imites la lumière de la lune pour avoir une source réele. De toutes les scènes de nuit d’amour, peut être celle où Bette Davis dit dans Now, Voyager, “Oh, Jerry, don’t let’s ask for the moon. We have the stars”, reste la plus belle preuve de la présence de la lune dans le cinéma, et dans la vie. ■ Traduzione su ambasciatateatrale.com
Dylan Bob Ella Fitzgerald conquista la Luna di Marco Poggiolesi
H
ow high the moon, quanto è alta la luna? Ve lo spiega chiaramente Ella Fitzgerald in uno dei suoi dischi più affascinanti e unici, un disco live di un concerto a Berlino. Tutta la scaletta dei brani sembra il preparativo per il lancio. Il riscaldamento dei motori, l’ansia e la gioia, il saluto prima della partenza e alla fine, solo alla fine il decollo. Ella non solo ci indica How high the moon, ci accompagna lassù con lei prendendoci per mano e così quella canzone diventa qualcos’altro, la sua voce diventa mille voci, sintesi di secoli di tradizioni, di tecnica al servizio della musica, di poesia, di soul, di jazz e che jazz. Potenza e delicatezza, velocità e precisione e al minuto 1:03 inizia la conquista, la danza, il gioco che non si può far altro che ascoltare e sognare e ammirare: la meraviglia di chi con la voce è andata oltre la luna stessa disegnando rotte inesplorate tra le stelle delle note e delle melodie. Quanto è alta la luna? Certamente meno di Ella.
itolo della sura (capitolo) LIV del Corano, col suo celebre primo versetto: “È vicina l’Ora: s’è spaccata la luna”, sulla cui interpretazione si sono versati fiumi d’inchiostro. Ma più che a una lettura ortodossa vorremmo accennare a quell’Islam tutt’altro che popolare, e di certo un po’ esoterico, che tanto ha affascinato – già nel Medioevo – i nostri dotti filosofi e maestri. Diciamo subito, per esempio, che 28 sono le lettere dell’alfabeto arabo e di conseguenza tante sono le stazioni lunari e il calendario islamico al mese lunare in parte si attiene. Artificiosa, e errata, quanto poche altre è la distinzione fra scienze esatte e umane nell’Islam, ove, secondo la lezione di Aristotele, è più coerente distinguere fra quelle matematiche e quelle fisiche. In ogni caso, a proposito di luna, ragioniamo di astronomia e di conseguenza di astrologia (un’arte; come tale valutata e rispettata), secondo la lettura di colui che chiacchierava da par suo con Avicenna, un genio del X-XI secolo, e cioè Abu Rayhan Muhammad b. Ahmad al-Biruni (973-1050). La luna, dunque, e qualcuna delle sue caratteristiche: fredda e umida, talora moderata e spesso mutevole [di qui il termine lunatico]. Il suo influsso è particolarmente favorevole ovviamente il lune-dì (e anche la notte del venerdì). Ha il gusto di una salsa, talvolta insipida ma più spesso amara. Sotto il suo patrocinio troviamo tutte le pietre bianche, gli smeraldi e, va da sé, le pietre di luna, mentre fra i metalli si annovera l’argento; farina, orzo e cetrioli le si addicono in modo particolare, insieme alla vite e al melograno della specie dolce. L’erba dei prati, i giunchi, le canne anche palustri, il lino, la canapa, indiana e non, e le piante striscianti, come meloni e appunto cetrioli, sono le favorite della luna. Fra gli animali a quattro zampe sono prediletti il cammello, il bue [entrambi ricordano il crescente lunare; quel croissant (brioscia) divenuto popolare nell’assedio di Vienna del 1683 quando i difensori della città smeleggiavano il feroce Turco, facendosi beffe della mezzaluna che si mangiavano a colazione], l’ariete, l’elefante e tutte le bestie da soma, mentre fra gli uccelli si annoverano anatre, gru, corvi, aironi, pulcini e pernici. Se dovessimo indicare una parte del viso sarebbe l’occhio sinistro, del corpo il collo, i seni, polmoni e stomaco. Certamente nella versione femminile, che prevale, ha portamento distinto e con figura dritta, essendo madre, zia (materna), sorella maggiore e forse oggi, ma questo al-Biruni non lo dice, badante. L’aspetto del viso ha incarnato chiaro ed è tondo con sopracciglia unite (un arco atto a scoccare frecciate d’amore col solo sguardo), naso aquilino, bocca piccola con denti leggermente separati e capelli ricciuti. Se si tratta di un uomo e del suo carattere ha cuore puro, è accomodante, re fra i re, servo fra i servi, magnanimo, ciarliero, allegro, timido ed amante di eleganza e divertimento, estimatore delle donne che molto lo turbano; non particolarmente perspicace ed intelligente, troppo pensa e troppo parla. Facile alla menzogna e alla calunnia ha molta vivacità e brio, ma è troppo preoccupato della sua salute e del proprio benessere. Riesce bene e gli sono congeniali alcune attività in particolare: il commercio, la diplomazia, la mediazione e la contabilità. Possono essere discreti sacerdoti, grandissimi medici, ma anche versati nella geometria (e nella geologia); ottimi barbieri, grandi osti, sono spesso vittime di raggiri e allora non sfuggono alla prigione, quando la luna è storta!
Moon 2
by James O'Mara
Biodinamica
Classika
L’orologio cosmico
La Luna di Pierrot
di Cristian Giorni
di Gregorio Moppi
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a Luna è tra le più suggestive manifestazioni delle forze cosmiche. A galla sulla volta celeste è da sempre fonte di osservazione per comprendere i suoi influssi e giustificare l’istintivo legame tra la Terra ed il cosmo. L’amore e l’odio, il caso o il disegno. Nel pensiero antroposofico la Luna è fortemente legata all’elemento vitale dell’acqua e alle forze organizzate che portano la forma. La Luna e l’acqua. Equilibrio che porta vita o disequilibrio che porta grattacapi per gli agricoltori. Una pianta, non avendo corpo astrale ma vivendo grazie all’orologio del cosmo, trova in lui la fonte d’ispirazione per la crescita e la riproduzione. Porre un seme di lattuga nel terreno oggi si dimostrerà molto diverso nella sua espressione dall’averlo posto nello stesso terreno, un giorno della settimana successiva. Le fasi lunari scandiscono il mese e i flussi di crescita nel lungo periodo. Dalla Luna nuova, dove il satellite scompare ai nostri occhi per invertire il flusso di forze che agiranno nella successiva fase di Luna crescente fino al plenilunio. Qui sono amplificati i processi rigenerativi e di creazione che risiedono nel vivente, si rafforza la struttura e vengono facilitati i processi di cicatrizzazione. Durante la Luna piena il disco risplende e riflette parte dei benefici effetti del Sole che la illumina, è il giusto periodo per la raccolta dei frutti o il taglio dei rametti da innesto sopratutto se la Luna è ascendente, ovvero quando raggiunge la posizione più bassa della sua orbita nel segno del sagittario. In questo periodo che inizia dal solstizio d’inverno (21 dicembre) fino al solstizio d’estate (21 giugno) si ha un’energia ascendente, un progressivo incremento dall’inverno alla primavera, delle forze di espansione di forma, che agiscono dall’interno della terra per ridar vita sopra il suolo, dove la linfa delle piante sale con più forza verso gli apici, stimolando la crescita e la fioritura. Quando invece nella sua orbi-
ta mensile raggiunge la costellazione dei gemelli, il suo punto più alto, per poi ridiscendere di nuovo verso il sagittario, si avvertiranno forze discendenti, dall’estate all’autunno, sarà il momento di piantagione, dove le forze cosmiche penetrano progressivamente verso il sottosuolo, sarà quello il tempo per trasferire le plantule nell’orto o i fiori in un nuovo vaso. È questo il tempo della radicazione, quando la linfa discende con più efficacia nel terreno, verso le radici. Sarà il momento del taglio di alberi per l’uso del legname per mobili o legna da ardere, è il momento della fruttificazione e conseguente maturazione, del raccolto e del decadimento delle forze viventi fino al riposo. In Luna calante, con la gobba a destra, la Luna regala tutti i suoi influssi al terreno ed alle radici, alla vita sotto il suolo, non favorendo l’innesto di alberi da frutto. Gli influssi della Luna cambiano ogni qualvolta, durante la sua rotazione attorno alla Terra, incontra le costellazioni dello zodiaco. Come è noto ogni segno dello zodiaco appartiene a un elemento, acqua, calore/fuoco, terra, luce/aria; quando la Luna è nel segno della vergine o del toro o del capricorno, il cui elemento è terra, il mondo vegetale percepirà gli influssi del periodo nella zona delle radici e gli interventi in campagna andranno a beneficiare quella parte della pianta. Così il calore e le sue costellazioni agiranno su semi e frutti, acqua sull’apparato linfatico e foglie così luce sul fiore. L’esperienza e l’osservazione dell’uomo, ha dettato le regole per la comprensione del più grande orologio del mondo, il cosmo, seguendo la scintillante ed enigmatica lancetta, la Luna. Secolo dopo secolo, memore delle conoscenze ancestrali dei padri del mondo, l’essere umano ha tentato di trasferire le leggi che regolano le forze del nostro pianeta, man mano perdendo l’istintiva conoscenza dei ritmi di cui noi siamo parte.
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ra le tante lune presenti nel melodramma e nella musica strumentale (in Beethoven, Bellini, Debussy) ce n’è anche una sadica. Appartiene ad Arnold Schönberg, il compositore viennese padre della dodecafonia. Si trova nel Pierrot lunaire, un ciclo di 21 canzoni (“tre per sette poesie” annota l’autore nel manoscritto autografo) per voce femminile e strumenti che nel 1912 inaugura clamorosamente il Novecento musicale. I testi sono del simbolista belga Albert Giraud che Otto Erich Hartleben ha tradotto liberamente in tedesco rendendoli più interessanti che nell’originale. L’impostazione del canto è del tutto nuova: si ispira allo stile strascicato e impertinente del cabaret; e la voce non partecipa delle proprie emozioni ma si fa spettatrice distante di quel che dice. Del resto Schönberg scrive Pierrot per un’attrice-cantante, Albertine Zehme, che non deve intonare propriamente la parola ma renderla quasi declamata. Il che le conferisce l’aspetto di una deformazione grottesca. La musica veste di livido, esasperato espressionismo i versi raffiguranti un Pierrot canaglia, maschera da commedia trasformata in figura empia, in macabro abitatore di incubi morbosi, in vampiro ingordo di gocce di sangue rosse come rubini principeschi che trapana il cranio all’amico Cassandro per fumarci dentro o gli sfrega la testa con un archetto gigante. E la luna, malata e beffarda, posata sul nero cuscino di seta del cielo, ne illumina con raggi di un biancore spettrale le azioni spesso insensate, raccapriccianti.
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Moon 3
by James O’Mara
Perle del Sale
MAGGIO GIUGNO 2014 T
Da Tel Aviv
Di line e di lane
Parying to the moon
L’astro dei poeti
di Sefy Hendler
di Pietro Jozzelli
L
a luna non va più di moda nelle nostre canzoni. Da quando il rap ha cancellato amore e cuore, inabissandosi nel chiacchiericcio sociologico, sembra che la fine dei sentimenti, o del sentimentalismo (spesso sono la stessa cosa), abbia portato nella sua rovina anche l’astro dei poeti come se quella domanda “Che fai tu luna in ciel, dimmi che fai?” non potesse avere più risposta se non quella algida dei fisici e degli astronomi. Che spiega ma non riscalda. Mentre non spiegarono ma riscaldarono (almeno la mia generazione) le note avvolgenti di The dark side of the Moon con cui quei folletti dei Pink Floyd snobbarono la ridicola passeggiata di Neil Armstrong sulle sabbie lunari. È strano: ma proprio il millennio della scienza, appena iniziato, ci lascia indifferenti davanti alla sua esattezza geometrica e piuttosto malinconici nel ricordo di quando la luna era una affettuosa lampadina o la meta del folle volo di Astolfo o, riflesso affettuoso di un popolo di cantanti e mandolinisti, una luna verde, rossa, pallida o blue americano, che diffondeva la sua tenue tintarella sugli amanti notturni. È una delle tante catastrofi (ridicole, avrebbe detto Flaiano) del nostro tempo, che con cinica presunzione tutto vuole spiegare rinunciando a quella speciale conoscenza che dà la suggestione.
l’AMBASCIATA teatrale - Direttore responsabile: Raffaele Palumbo. Segreteria: Giuditta Picchi, Francesco Cury. Illustrazione pagine centrali di Giulio Picchi. Anno VI Numero 4 del 15/5/2014. Autorizzazione n°5720 del 28 Aprile 2009. Sede legale e redazione Via dei Macci, 111/R - 50122, Firenze. Ed. Teatro del Sale info@ambasciatateatrale.com. Stampa Nuova Grafica Fiorentina, via Traversari 76 - Firenze. Progetto grafico: Enrico Agostini, Fabio Picchi. Cura editoriale: Tabloidcoop.it
SI RINGRAZIA
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■ Traduzione su ambasciatateatrale.com
ra i quasi cinquanta eventi in programma al Teatro del Sale, in questo numero doppio maggio/giugno vi segnaliamo alcune novità, che vanno ad aggiungersi al ricco elenco di talenti scoperti e cresciuti nell’incubatore curato da Maria Cassi. Si tratta davvero di una perla imperdibile, oltre ad essere data unica a Firenze, la performance di Allison Crowe, direttamente dal Canada, in tournée in Europa. Allison è una cantautrice e pianista, originaria di Nanaimo. Pubblica per la prima volta all’età di 22 anni. Nel 2005 ha già all’attivo un doppio live. Di origini irlandesi, scozzesi e dell’isola di Man, Crowe è cresciuta ascoltando musica jazz, classica e rock, e subendo le influenze di musicisti come Ani DiFranco, Pearl Jam, Tori Amos e Counting Crows. Suona una musica che fonde tutti questi generi, rendendo difficile una classificazione del suo stile. Tra le sue caratteristiche principali si distinguono la sua notevole abilità nelle apparizioni dal vivo e la peculiarità della sua voce, la cui naturale forza è stata paragonata a quella di Mahalia Jackson. Il suo repertorio personale ha uno stile molto variegato, che, come detto, attraversa e reinterpreta numerosi generi musicali. È, tuttavia, molto apprezzata anche per le sue interpretazioni di canzoni di altri autori, da Jerome Kern ai Pearl Jam, passando per John Lennon, Joni Mitchell e Leonard Cohen. La sua interpretazione della canzone Hallelujah (di Leonard Cohen) è stata nominata Record of the Week da Record of the Day (UK) nell’agosto del 2004 e di nuovo nel novembre del 2005. Per il mese di giugno segnaliamo invece, venerdì 6, Le Chapeau Des Rêves con La Muta vita. La compagnia, fondata a Bologna nel 2011, unisce il lavoro di artisti con differenti capacità ed esperienze nel campo artistico teatrale avendo lavorato con maestri di spicco tra cui Pierre Byland, Mamadou Dioume, Elena Serra, Carlo Boso ed essendosi esibiti in alcuni teatri tra cui Teatro Dehon (Bologna), Teatro dell’argine (San Lazzaro di Savena, Bologna), Teatro Alemanni (Bologna), Teatro San Pantaleo (Dolianova, Cagliari). Dal 2011 la compagnia si propone con spettacoli nelle piazze, nelle scuole, nelle fattorie didattiche, nelle fiere e nei festival nel territorio locale e fuori. Maurizio Vai, attore, mimo, artista di strada, è anche pittore, illustratore di libri per ragazzi, lavora l’argilla e la cartapesta per creare personaggi e scenografie da portare in scena. Stefania Milia attrice, mimo, studia tessuti aerei e acrobatica, lavora come artista di strada dedicandosi alla pantomima. Le loro performance sono accompagnate dalle musiche di Francesco Paolino, Stefania Megale, Alessandro Predasso. Il risultato è strabiliante. Martedì 10 giugno arriva Matteo Addabbo Organ Trio. Tra Funky e Swing da Steve Wonder a Ray Charles passando da B.B. King. E infine il giorno successivo è la volta di Davide Lipari, ovvero One man 100% bluez. Si tratta di un giovane cantante, chitarrista, armonicista e compositore romano, che ha radici molto lontane. Viaggiando fra Boston, New York e New Orleans ha imparato che è meglio mettere il cuore in ogni singola corda fatta vibrare, piuttosto che correre sulla tastiera senza dire nulla. L’ascolto appassionato di molti generi musicali si riflette nella sua scrittura: brani che esplorano le lande desolate della vena blues, ma sfaccettati di moltissime influenze, dal sapore moderno, ma sempre, totalmente, roots. Il progetto One man 100% bluez ha visto come primi palchi i ponti e le strade di Roma, chitarra e voce collegati allo stesso amplificatore a batterie e tamburello al piede sinistro. Monetina dopo monetina è arrivato a dividere il palco con Mud Morganfield (figlio di Muddy Waters) e Bob Log III (one man band di Tucson) per alcuni tour e a partecipare ad importanti festival in giro per l’Europa. Tutto il resto è ancora teatro, musica dal vivo, progetti rodati e progetti da sperimentare, giovani talenti e artisti affermati. Tutto il resto, è il Teatro del Sale. A maggio, giugno e luglio Maria Cassi sarà al Teatro del Sale per sei settimane con i suoi show storici e con un nuovo straordinario, bellissimo, divertentissimo spettacolo.