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PIL UN INDICATORE INSOSTENIBILE | PARCHI NELLA CITTÀ IL VERDE NON È SOLO BELLO | ACQUA LA PRIVATIZZAZIONE NON È LA SOLA OPZIONE | INNOVAZIONE SUPERCONDUZIONE ALL’ATTACCO

AMBIENTARSI Poste Italiane SpA – Spedizione in abbonamento postale – 70% - Roma Aut. C/RM/060/2010

Trimestrale d’Informazione Ambientale - Anno I Numero 2 Giugno 2010 - www.ambientarsi.net - € 6,00

MUOVERSI BIO La mobilità sostenibile tra sperimentazione e realtà Il Pomos si presenta

GEOTERMIA

Inserto: una rinnovabile tutta da scoprire

BIOMASSE

FUTURO E ENERGIA

di Giuseppe Langella

di Alessandra Tomeo

Un’energiA dai grandi potenziali, ma spesso sottovalutata

L’ambiente chiave di competitività per i giovani. Intervista a Claudia Bettiol

NUCLEARE

Sulle nuove centrali nucleari è alto il rischio di colonizzazione di Simone Malacrida



AMBIENTARSI

Trimestrale d’Informazione Ambientale Anno I Numero 2 Giugno 2010 - www.ambientarsi.net Iscrizione al tribunale di Roma N. 95/2010 del 16/03/2010 - COPIA OMAGGIO -

Direttore Responsabile Alessandra Lombardi Direttore editoriale Amodio Di Luccio Capo redattore Sergio Ferraris Editore ADL Publishing Srl Art director Alessandra Pidò Progetto grafico ADL Group Srl Stampa Grafiche San Benedetto Srl Contatti Via R. R. Garibaldi, 119 00144 Roma T. +39 06 92918060 F. +39 06 92911594 email: redazione@ambientarsi.net Redazione: Roberto Ballarotto, Claudia Bettiol, Giuseppina Crisci, Alessandro Drago, Carla Gentili, Giuseppe Langella, Claudio Laterza, Simone Malacrida, Silvia Nalesso, Alessandro Ribaldi, Rosella Sansone, Alessandra Tomeo, Luca Vecchiato Le opinioni contenute negli articoli di Ambientarsi sono da ascriversi ai singoli autori e non rappresentano necessariamente la linea della Redazione. © Copyright Tutti i diritti di riproduzione o di traduzione degli articoli pubblicati sono riservati. Manoscritti, disegni e fotografie sono di proprietà dell’editore. È vietata la riproduzione anche parziale degli articoli salvo espressa autorizzazione scritta dell’editore. I contenuti pubblicitari sono riportati senza responsabilità, a puro titolo informativo. GARANZIA DI RISERVATEZZA L’editore garantisce il rispetto del principio di riservatezza nel trattamento dei dati forniti dagli abbonati. Ai sensi degli artt. 7,8,9 Dlgs 196/2003 gli interessati possono in ogni momento esercitare i loro diritti rivolgendosi a: ADL Publishing Srl all’indirizzo e-mail abbonamenti@ambientarsi.net Stampata su carta ecologica senza contenuto di cloro

Per abbonarsi L’abbonamento a 4 numeri ha un costo di Euro 20,00 Modalità di pagamento - Bonifico bancario intestato a ADL Publishing Srl IBAN: IT 58 W 05308 03202 0000 00000 391 - Assegno non trasferibile intestato a ADL Publishing Srl da inviare presso ADL Group Srl ufficio abbonamenti Ambientarsi Via Cesario Console, 3 80132 Napoli Contatti T. +39 06 92918060 - F. +39 06 9291 1594 abbonamenti@ambientarsi.net

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Sommario La mobilità ha il suo Polo

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Metti il verde nel motore

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Un Pil chiamato desiderio

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Il futuro dei parchi urbani

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L’atomo nel Bel Paese

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Un’energia nascosta

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di Fabio Massimo Frattale Mascioli Ricerca di Alessandro Ribaldi Industria di Roberto Ballarotto Prospettive di Alessandro Drago Prospettive

di Simone Malacrida Nucleare

- L’energia sottotraccia di Alessandra Lombardi - L’energia dal profondo di Giuseppe Langella - L’Europa ci crede, l’Italia un poco meno di Sergio Ferraris - La roccia nel pozzo che scotta di Simone Malacrida

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Il verde delle città di Pina Crisci

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Clima di divisione di Claudio Laterza

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L’acqua in cattive acque

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La buona energia è bio

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Il futuro è energia di Alessandra Tomeo

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Una fredda efficienza di Sergio Ferraris

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Ambiente urbano Emissioni

di Rosella Sansone Risorse idriche

di Giuseppe Langella Fonti

Esperienze: intervista a Claudia Bettiol Tecnologie

Rubriche FLASH NEWS

di Alessandra Tomeo

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L’OPINIONE

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LA PAROLA AL LETTORE

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APPUNTAMENTI

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NEWS DALL’EUROPA

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NEWS AZIENDE

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IL RECENSORE

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di Claudia Bettiol

a cura della redazione a cura della redazione di Carla Gentili

di Alessandra Lombardi di Alessandra Tomeo

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Energy Professional Network

Awards 2010 0 0 5 . 3 ro eu

Riservati a 3 Tesi di Laurea dedicate allo sviluppo e all’approfondimento di tematiche dirette alla riduzione dei consumi energetici nell’edilizia pubblica e privata e all’ all’implementazione di nuove e più efficienti tecniche di generazione energetica mediante l’utilizzo di fonti rinnovabili. Al premio possono partecipare tutti i laureati delle Facoltà di Ingegneria e di Architettura delle cattedre nazionali che abbiano conseguito la Laurea a partire dall’anno 2005

per scaricare il bando: www.energyprofessionalnetwork.com/bando2010.pdf Per informazioni: Segreteria Premio EPN - ADL Group Srl Via Cesario Console, 3 80132 Napoli Tel. 081/2451222 - Fax 081/7640558 www.adiellegroup.com; e-mail: premioepn@adiellegroup.com

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L’editoriale di Amodio Di Luccio

Il sogno tutto italiano di essere rinnovabili

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n Qatar, Paese arabo ricchissimo di petrolio, si consumano circa 25 tonnellate di petrolio all’anno per persona ovvero oltre tre volte in più di uno statunitense (comunque tra i più sciuponi al mondo). L’abbondanza di giacimenti di petrolio e la relativa facilità di estrazione determinano bassissimi costi di produzione dell’energia che, di certo, non stimolano politiche di contenimento dei consumi energetici. In Francia, tipicamente si cucina con i fornelli elettrici, si produce acqua calda sanitaria con scaldabagni elettrici, si riscaldano le case con le stufe elettriche. Inoltre, si svende all’estero il surplus notturno di energia elettrica (noi Italiani ne siamo tra i principali compratori). Grazie alla tecnologia nucleare l’abbondanza di energia elettrica è tale che i Francesi si sono abituati ad impiegarla nel dispregio totale delle più elementari regole in termini di uso efficiente dell’energia. Che dire degli Italiani? Pur sciuponi, non siamo tra i peggiori al mondo: un Italiano consuma ogni anno il 62% dell’energia pro-capite consumata in Russia, il 39% di quella negli USA, il 12% di quella in Qatar. D’altronde, è noto che l’abbondanza stimola lo sperpero, mentre la carenza favorisce il risparmio. La mancanza di riserve fossili e giacimenti di uranio tradizionale ha, da sempre, im-

posto un minimo controllo dei consumi energetici (per contenere le importazioni dall’estero). Pur tuttavia, idroelettrico a parte, molto poco è stato fatto per impiegare al meglio le riserve energetiche massimamente disponibili sul territorio italiano: le fonti rinnovabili. Finora ben poco è stato fatto per sfruttare il potenziale solare. Non è andato molto meglio con l’eolico dove siamo ben lontani dall’ottimo. Un po’ meglio è stato fatto con il geotermico dove la produzione geotermoelettrica non presenta significativi margini di incremento, mentre si può migliorare in ambito residenziale dove esiste un buon potenziale geotermico disponibile per scopi sanitari o per il riscaldamento invernale. In buona sostanza il nostro Paese, in qualche misura, si impegna per contenere i consumi di petrolio, metano e carbone, ma si permette il lusso di sprecare quello che, invece, è naturalmente presente sul territorio. E questo è tanto più grave in un Paese che, per tradizioni storiche, culturali, artistiche e paesaggistiche potrebbe fare del turismo la principale fonte di reddito e, in quest’ottica, lo sviluppo delle fonti rinnovabili potrebbe essere affrancato da sterili vincoli di convenienza economica. Eventuali rincari del costo di produzione dell’energia, infatti, potrebbero essere ripagati con i maggiori proventi derivanti dal rafforzamento di immagine di un’Italia che volesse aggiungere l’ulteriore risorsa costituita da un patrimonio culturale ambientale di difficile replica per quantità e qualità delle fonti rinnovabili disponibili sul territorio italiano.

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Chi siamo Alessandra Lombardi Direttore responsabile, biologa, giornalista dal 1995. Ha lavorato con Greenpeace, Legambiente, ministero dell’Ambiente, Cobat, Federparchi. Lavora con Ansa Eco-energia. Sergio Ferraris Capo redattore, giornalista scientificoambientale, direttore responsabile “QualEnergia” e di “QualEnergia.it” responsabile della sezione energia di “La Nuova Ecologia”. Amodio Di Luccio Imprenditore, direttore editoriale di Ambientarsi, presidente di Unione Imprese Solari, brand manager del marchio Energy Professional Network. Alessandro Drago Sociologo con Master in Diritto Ambientale. Project manager nella Programmazione Comunitaria per l’inclusione sociale, l’urbanistica, l’ambiente e la sostenibilità energetica. Carla Gentili Esperta nel settore dei programmi di finanziamento comunitari e delle attività internazionali con particolare attenzione alle tematiche dello Sviluppo Sostenibile. Alessandro Ribaldi Laureato in Scienze della Comunicazione. Ha lavorato come copy writer a Milano e collabora con GreenMe.it e Ghigliottina.it. Vorrebbe portare a termine il “suo” romanzo e correre una maratona. Giuseppe Langella Ricercatore, Professore aggregato di “Sistemi per l’Energia e l’Ambiente” presso la Facoltà di Ingegneria dell‘Università “Federico II” di Napoli. Simone Malacrida Vicepresidente Associazione Italiana per la Ricerca Ingegnere elettronico da 4 anni si occupa di progettazione di impianti industriali, in particolare legati al settore energetico. 6 06_Chi siamo.indd 1

Alessandra Tomeo Esperta di comunicazione sociale e ambientale. Lavora nell’Area Comunicazione ed Eventi di Sviluppo Lazio. Roberto Ballarotto Ingegnere. Come direttore di Federabitazione ha promosso il progetto Europeo SHE. È esperto del Comitato Economico e Sociale della Commissione Europea. Coordinatore Sportello per Kyoto, Regione Lazio. Claudio Laterza Ingegnere, dottore di ricerca, esperto di energie alternative, si occupa di formazione professionale e sviluppo di fonti rinnovabili. Claudia Bettiol Scrittrice e pensatrice nel settore del rapporto fra uomo ed energia e delle nuove tecnologie consulente strategico per imprese e pubbliche amministrazioni. Giuseppina Crisci Architetto, dottore di ricerca in Tecnologia dell’Architettura, docente a contratto. E’ autrice di pubblicazioni scientifiche su la Bioarchitettura e la Progettazione Ambientale. Luca Vecchiato Ingegnere chimico a Padova. Ha lavorato per AgipPetroli, ENI, Ekipo. Nel 2003 ha fondato l’Ethan Group, la realtà industriale più giovane e dinamica dell’ecologia veneta. Silvia Nalesso Laureata in Ingegneria Chimica con la tesi “Sperimentazione sull’efficacia dei biofertilizzanti come agenti decontaminanti di un suolo inquinato da idrocarburi pesanti”. Rosella Sansone Laureata in sociologia, giornalista specializzata in comunicazione e mass media.

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Flash news dal mondo

a cura di Alessandra Tomeo

Rivoluzione rinnovabile

Brasile nel vento

L’industria delle energie rinnovabili può creare otto milioni e mezzo di posti di lavoro entro il 2030 se i governi colgono l’opportunità di investire in un futuro più verde. Lo dimostra Energy [R]evolution, lo studio diffuso recentemente da Greenpeace e dall’Erec (European Renewable Energy Council). Se i governi investissero in lavori verdi si salverebbe il clima ponendo fine alla dipendenza dai carburanti fossili. «Secondo lo scenario della rivoluzione energetica si possono eliminare i costi imprevedibili dei combustibili fossili comprese le distruzioni ambientali legate all’estrazione mineraria e all’esplorazione petrolifera cui sono associati rischi come l’ultima catastrofe causata da BP nel Golfo del Messico», spiega Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace. Lo studio Energy [R]evolution mostra come è possibile creare, entro il 2030, dodici milioni di posti di lavoro, di cui otto e mezzo soltanto nel settore delle fonti rinnovabili. Allo stato attuale, i posti di lavoro in energie rinnovabili sono soltanto 2,4 milioni a fronte di 8,7 del settore energetico a livello mondiale. Invece, attuando Energy [R]evolution, si creerebbero 3,2 milioni di nuovi posti di lavoro, il 33% in più di quelli attuali, sempre nel settore dell’energia. Il mercato globale per le tecnologie rinnovabili, entro il 2030, passerà dagli attuali 100 miliardi di dollari l’anno, a più di 600 miliardi di dollari. «Il rapporto Energy [R]evolution 2010 - spiega Onufrio - delinea i percorsi possibili per raggiungere il 100% di energie rinnovabili. Non ci sono ostacoli tecnologici, mentre sono evidenti i vantaggi dal punto di vista ambientale e dei posti di lavoro. Gli ostacoli sono invece di tipo politico». Nello scenario di Energy [R]evolution, le emissioni globali di CO2 raggiungerebbero il picco nel 2015, per poi cominciare a scendere. Rispetto al 1990, nel 2050 le emissioni di CO2 diminuiranno dell’80% se l’approvvigionamento energetico sarà basato esclusivamente su fonti pulite. Entro il 2050, circa il 95% dell’elettricità potrebbe essere prodotta da fonti energetiche rinnovabili.

Il Brasile punta a decuplicare il suo potenziale di energia eolica entro il 2019. Lo ha detto il ministro dell’Energia Marcio Zimmermann ricordando le linee del programma governativo sul potenziamento delle fonti rinnovabili. L’obiettivo di Brasilia, al termine di un ambizioso intervento decennale, sarà quello di apportare 6.000 megawatt di energia eolica al bilancio nazionale, dieci volte di più dei livelli attuali. L’ambizione delle autorità brasiliane, nel 2019, è quella di arrivare a produrre poco meno di 190mila megawatt di elettricità su tutto il territorio nazionale. Con un 90 per cento di energia proveniente da fonti rinnovabili.

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Agli italiani piace Eolo Gli italiani sono pronti all’energia eolica: secondo un sondaggio condotto dall’Associazione produttori energia da fonti rinnovabili (Aper), all’80% si sono dichiarati favorevoli all’energia ricavata dal vento. I risultati del sondaggio hanno delineato quasi un plebiscito in favore dell’opportunità di sviluppare energia eolica nel nostro paese: ha risposto sì a questa opportunità l’80% della popolazione in generale, con un picco dell’87% tra gli esperti di settore e un inaspettato 71% anche tra coloro che risiedono vicino a un impianto. «La maggior parte della gente si sente informata sulle fonti rinnovabili e il livello di accettazione e’ molto buono - ha spiegato Renato Mannheimer, direttore dell’Istituto di ricerca Ispo che ha condotto l’indagine - quasi 4 italiani su 10 dice di sapere bene cosa sia l’energia eolica e quali siano le sue modalità tanto che dai risultati è emersa una trasversalità dell’informazione sull’argomento». L’Aper ha sottolineato come il 2009 sia stato «l’anno di conferma per l’eolico italiano», con un tasso di crescita costante che ha portato ad un incremento di circa il 30% rispetto al 2008 pari ad una potenza complessiva di 4.845 MW su tutto il territorio italiano.

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www.ambientarsi.net

Uno sportello per l’efficienza

Obama scava a fondo

Muove i suoi primi passi il progetto voluto e cofinanziato dalla Regione Marche per diffondere lo strumento della diagnosi energetica tra le imprese artigiane delle Marche attraverso l’attivazione di dieci sportelli-energia. “Presa-Progetto sul risparmio energetico e la sostenibilità ambientale” è attuato da Confederazione nazionale artigianato Marche e da Casartigiani Marche, le due associazioni di categoria dell’artigianato che hanno risposto all’invito regionale. «Il fulcro delle attività –spiega dalla Giunta regionale delle Marche - è rappresentato dalla rete di dieci sportelli, distribuiti su tutto il territorio regionale, che avranno il compito di informare e di sensibilizzare le imprese artigiane sull’utilizzo dello strumento della diagnosi energetica. Attraverso l’analisi dei propri consumi, degli eventuali sprechi, delle possibilità offerte dai nuovi sistemi di produzione e gestione dell’energia, dei vantaggi dell’impiego delle fonti rinnovabili, le imprese artigiane diventeranno soggetti attivi del Piano energetico ambientale regionale e delle nuove frontiere della ‘green economy’ cogliendone tutte le opportunità».

Gli Stati Uniti hanno lanciato un nuovo progetto basato su una tecnologia innovativa (cosiddetta EGS - Enhanced Geothermal Systems) per ricavare energia geotermica dai “punti caldi” della crosta terrestre. Aree generalmente composte da rocce secche riscaldate (anche a temperature elevate) dalla relativa vicinanza di sistemi magmatici. Il progetto, affidato alle società di geotermia AltaRock Energy e Davenport Newberry, è compreso nel Geothermal Technologies Program finanziato dal Dipartimento dell’energia con uno stanziamento di 21,45 milioni di dollari (circa 17 milioni di euro). La prima sperimentazione verrà tentata presso l’area vulcanica di Newberry, a una trentina di km dalla città di Bend (Oregon). La scelta è dovuta al fatto che il vulcano di Newberry è inattivo, ma ha una camera magmatica relativamente vicina alla superficie (meno di 5 chilometri). La tecnica EGS prevede di realizzare una serie di perforazioni per raggiungere i punti caldi in profondità, e qui creare un sistema più o meno vasto di fratture sotterranee in cui immettere acqua dalla superficie. Questa, a contatto con l’alta temperatura delle rocce, si riscalda e può quindi essere prelevata e utilizzata in impianti simili a quelli alimentati dai convenzionali fluidi geotermici. Si tratta di una tecnica ancora in fase sperimentale, ma che si ritiene possa dimostrarsi promettente nel futuro. Secondo uno studio condotto dal Massachusetts Institute of Technology nel 2007, è possibile ipotizzare una copertura del 10% della domanda elettrica USA con impianti EGS, ma dopo il 2050. Nel frattempo dovrà essere fatta molta strada nell’innovazione di impianto e di progetto, nonché nella disponibilità di nuovi e particolari materiali. Ad esempio, un impegnativo progetto EGS avviato in Australia nel 2003 è stato (momentaneamente) abbandonato nell’aprile 2009 poiché tutti i tre pozzi scavati registravano rotture continue. Il motivo sembra sia dovuto al fatto che i pur specialissimi acciai utilizzati per le tubazioni venivano resi fragili dall’idrogeno presente nel sottosuolo.

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L’o p i n i o n e

di Claudia Bettiol

Visioni d’Europa Investire sul futuro anche con una visione politica innovativa. Questo il futuro del vecchio continente

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a crisi di alcuni paesi e la caduta dell’Euro sotto assedio da parte degli scommettitori finanziari porterà a cambiamenti profondi. Come nella fiaba della formica e della cicala, durante le crisi si pagano i conti e chi è stato virtuoso prima, e magari è stato deriso, non vuole aiutare chi ha sprecato tempo e denaro. L’indecisione tedesca nell’aiutare la Grecia seguiva proprio queste stesse dinamiche. Come poteva la cancelliera chiedere al suo popolo di stringere la cinghia mentre altrove la situazione non veniva percepita nella sua gravità ed i soldi sarebbero stati spesi per continuare a sopravvivere? La Germania, infatti, chiedeva di capire come sarebbero stati impiegati i prestiti che la Grecia chiedeva. Queste poche parole sono riduttive della complessità del momento, ma non voglio analizzare il passato o il presente. Proviamo a fare degli scenari futuri basandoci su questi fatti senza tentare di capirli. Partiamo dal cittadino europeo. Negli ultimi anni in Europa abbiamo conosciuto la pace e l’agiatezza e se l’Unione europea rappresentava un sogno per i nostri genitori, per noi rappresenta un organismo sovranazionale. In questi anni, poi, ogni governo che faceva scelte impopolari si giustificava con i propri cittadini dicendo che quelle scelte gli erano imposte da Bruxelles. Così sempre di più l’Unione Europea è stata percepita come un problema e non una guida politica. Ogni volta che l’Europa ha tentato di modernizzarsi ha dovuto scontrarsi con qualche lobby di agricoltori, allevatori o pescatori, a cui è destinato gran parte del bilan-

cio comunitario, e ha interrotto il processo di evoluzione. I rappresentanti politici scelti secondo l’ultimo trattato costituzionale sono figure di secondo piano e non hanno alcun carisma politico, la loro storia politica è locale e non erano mai saliti alla ribalta per capacità e di avere visioni. In questo scenario il cittadino non trova sollievo nei governi nazionali e sempre di più si rifugia nei governi locali e nella riscoperta di identità storiche. Frammentazione. L’identità è oggi forse il maggior problema politico che va affrontato. Il contrasto alle grandi scelte storiche che stanno compiendo i governi riducendo lo stato sociale e cambiando le prospettive delle persone non viene fatto dagli intellettuali con la testa, ma viene fatto direttamente con i cittadini attraverso le loro pance. Chi scende in piazza in Grecia o in Spagna non vuole analizzare gli errori del passato, vuole un “mea culpa” ed una visione del futuro. Abbiamo tutti sbagliato un po’ e ognuno di noi ha sprecato occasioni durante i periodi buoni. Alcuni hanno responsabilità personali ed altri pubbliche in quanto a capo di istituzioni di carattere pubblico, ma ognuno di noi deve fare i conti con i propri errori. Semplicemente alcuni saranno sottoposti al giudizio della famiglia ed altri a quello del popolo. Ammettiamole ma andiamo avanti. Come è avvenuto in Sud Africa dopo l’apartheid. Tutti vogliono sapere che fare nel futuro, vogliono avere un sogno condivisibile sul quale compattarsi e ritrovare uno spirito di squadra che permetta loro di accettare i sacrifici di oggi per stare meglio domani. Le visioni relative alle energie rinnovabili e agli obiettivi al 2020, ma ancora di più l’efficienza energetica intesa a livello di sistema uomo-energia, sono elementi su cui si può costruire un processo identitario ed elaborare una visione socio-politica. In parte questo è avvenuto in USA, ma in Europa siamo ancora troppo burocrati e legati ai numeri e poco liberi di sognare.

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Ricerca La ricerca sulla mobilità sostenibile si sta concretizzando nel Lazio. L’esperienza del Pomos

di Fabio Massimo Frattale Mascioli

La mobilità ha il suo Polo

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on la Convenzione del 1° febbraio 2008 tra l’Assessorato all’Ambiente e Cooperazione tra i Popoli della Regione Lazio, il Dipartimento Info-Com dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” e il Comune di Cisterna di Latina, è nato il Polo regionale per la mobilità sostenibile (Pomos). Il Polo per la mobilità sostenibile è un centro di sperimentazione e innovazione tecnologica e un punto di aggregazione per tutte le piccole e medie imprese che operano nel settore della mobilità. Le attività di Pomos vengono svolte a Cisterna di Latina, comune che offre un supporto logistico ed economico a Pomos e che fa da dimostratore di

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politiche di mobilità a basso impatto ambientale. La sede ufficiale, inaugurata il 24 novembre 2008, è situata in uno stabile completamente ristrutturato grazie ai finanziamenti europei, costituito da un piano inferiore di 1.600 metri quadrati con soffitto alto, che ospita i laboratori pesanti, e un piano superiore di 800 metri quadrati con uffici, laboratori leggeri e sale per conferenze e attività di formazione. Pomos si presenta, quindi, come un grande laboratorio in cui interagiscono soggetti diversi (Università, imprese, Regione, comuni, Pubbliche Amministrazioni), che costituiscono una rete di portatori di interessi sul tema della mobilità sostenibile. Gli

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obiettivi e le linee d’azione del progetto Pomos sono stati definiti tenendo in considerazione gli indirizzi dettati dall’Unione Europea in materia di promozione di attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione, al fine di rafforzare le basi scientifiche e tecnologiche dell’industria comunitaria per garantire un elevato livello di competitività. Obiettivo primario del Polo è quello di stimolare la creazione di Pmi che producano Ultra low emission vehicles (Ulev) e Zero emission vehicles (Zev), per rispondere alle crescenti necessità di ricerca tecnologica e innovazione, per il loro trasferimento a realtà locali di tipo imprenditoriale e istituzionale, di sviluppo di prototipi e di commercializzazione del prodotto. Per raggiungere tale scopo il Polo svolge diverse attività, segmentate in sei linee principali: Ricerca e Sviluppo (soprattutto nella propulsione ibrida termico-elettrica e totalmente elettrica, nei sistemi di accumulo evoluti, nelle piattaforme di elaborazione intelligenti, nei materiali innovativi e tecniche di infomobilità); formazione universitaria specializzata (master) e Life Long Learning; supporto tecnico-scientifico alle istituzioni e ai centri decisionali; assistenza, verifiche, prove e certificazione su componenti e prodotti; comunicazione e informazione; assistenza alle PMI nei finanziamenti pubblici (come il VII Programma Quadro europeo Industria 2015).

Emissioni zero Con queste azioni coordinate il Polo intende favorire la penetrazione di veicoli Ulev e Zev per mezzo di adeguate applicazioni pilota e dimostrazioni (tramite la collaborazione delle amministrazioni locali), cercando di incrementare la fiducia del cittadino con opportune azioni e aumentando la diffusione dei mezzi, raggiungere il giusto fattore di scala nella produzione (riducendo quindi i costi) capace di attivare il mercato di privati. Ad oggi Pomos ha contatti con più di 160 soggetti tra istituzioni e associazioni di settore, enti, aziende, consorzi e fondazioni e ha già stipulato accordi di collaborazione con 50 di questi, tra cui circa 33 PMI laziali e non operanti, soprattutto, nei settori dell’elettronica, dell’elettromeccanica e delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Le attività di Ricerca e Sviluppo, che si concentrano in particolar modo sulla propulsione ibrida termico-elettrica e totalmente elettrica, sui sistemi di accumulo evoluti, sulle piattaforme di elaborazione intelligenti, sui materiali innovativi e sull’infomobilità, hanno già portato alla realizzazione di diversi prototipi di veicoli Ulev e Zev, in collaborazione con alcune aziende partner. Tra questi, vi

sono il quad totalmente elettrico Ram Zev, la Bizzarrini P538 “Eco Targa Florio”, vettura sportiva leggera a propulsione ibrida, un Pickup a propulsione ibrido parallelo, un Suv sportivo a propulsione totalmente elettrica e una vettura sportiva ultraleggera totalmente elettrica con batterie Litio-ione. Il progetto Ram Zev prevede la realizzazione di un prototipo di Atv totalmente elettrico con due motori elettrici DC brush a flusso assiale e un sistema di accumulo con batterie al litio. La configurazione del powertrain vede l’utilizzo di un motore per assale e, quindi, la possibilità di gestire elettronicamente la motricità in modo totalmente indipendente dalle condizioni di marcia. Il sistema di accumulo di tipo avanzato garantisce bassi pesi ed elevate percorrenze. Il dimensionamento previsto per il primo prototipo consente un range di 50 chilometri circa.

Sostenibilità da corsa Il progetto Bizzarrini P538 “Eco Targa Florio” viene svolto in collaborazione con la Scuderia Bizzarrini e con il supporto dell’ACI Sport e del Consorzio Ecogas: riguarda la realizzazione di una versione innovativa e a basso impatto ambientale della storica Bizzarrini P 538, vettura nata alla fine degli anni ’60 per competere alla 24ore di Le Mans. Il progetto prevede l’adozione di un motore a c.i. di cilindrata ridotta (2.2 litri contro i 5.3 litri del motore originale) alimentato a GPL e affiancato, in una configurazione ibrido parallelo plug-in, da un motore elettrico alimentato da un sistema di accumulo con batterie al litio. Il prototipo, con un telaio estremamente leggero e performante, avrà un peso complessivo inferiore agli 800 chili, a tutto vantaggio delle prestazioni e dei consumi; si prevede una percorrenza media di 20 chilometri/litro (circa doppia rispetto ad analoghe vetture presenti in commercio attualmente). Il progetto Nozomi riguarda la realizzazione di un prototipo di un pickup di produzione Faw (Cina) a propulsione ibrido parallelo plug-in, cioè capace di una discreta autonomia in solo elettrico oltre che della propulsione ibrida propriamente detta. Il sistema di propulsione vedrà l’aggiunta di un motore elettrico asincrono trifase (Ansaldo) da collocare lungo l’albero di trasmissione fra cambio e differenziale posteriore (il veicolo è a 4 ruote motrici). Verwww.ambientarsi.net

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ranno utilizzate batterie a litio-ioni per il sistema di accumulo, simili a quelle impiegate per il progetto Ram Zev, in grado di garantire almeno 20 chilometri di autonomia in solo elettrico. In modalità ibrido parallelo si dovrebbe conseguire una riduzione dei consumi dell’ordine del 20%.

Quattro per quattro Il progetto Suv sportivo sarà svolto insieme alla Fornasari, una piccola azienda vicentina a forte vocazione artigianale che produce, oramai da diversi anni, uno Sport Utility Vehicle ad elevate prestazioni, sia in versione stradale omologata che in versione per competizioni rallistiche. Il veicolo, nella versione originale, si caratterizza per un peso totale molto contenuto (rispetto ai tradizionali Suv in commercio) e ha un telaio tubolare particolarmente efficace e rigido. Il progetto vede lo sviluppo di una versione totalmente elettrica del veicolo, con un doppio motore elettrico (Ansaldo) con trazione a 4 ruote motrici. Il progetto sarà supportato da un finanziamento pubblico per la ricerca cui la Fornasari sta accedendo in questi mesi. In questi progetti vengono affrontate diverse tematiche di ricerca, dalla gestione dei sistemi di propulsione a motori separati alla sperimentazione di un Battery Management System per veicoli totalmente elettrici a batterie a litio-ioni, dai sistemi innovativi

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per la visualizzazione dati di bordo basati su car PC alla sperimentazione della trazione ibrido parallelo plug-in con batterie innovative su veicoli ad elevate prestazioni. Questi progetti hanno consentito al Polo di ottenere una grande visibilità (sono già stati presentati a diversi saloni ed eventi come il salone di Ginevra 2008, il MotechEco, l’EICMA 2007, la Coppa FIA energie alternative, il Motorshow, l’Autopromotec di Bologna, Automechanika Roma, etc.), ottenendo un notevole riscontro su internet e sui mezzi di comunicazione. Pomos sta, inoltre, sviluppando dei progetti per implementare modelli di sviluppo sostenibile a valorizzazione delle realtà locali del territorio laziale. In particolare, sta effettuando degli studi per individuare sistemi di mobilità sostenibile ottimali per l’accessibilità ai giardini di Ninfa dalla stazione ferroviaria di Cisterna di Latina e sta collaborando con la Regione Lazio e il Comune di Ventotene per il progetto “Ventotene: isola ad emissioni zero 2”. Quest’ultimo progetto ha l’obiettivo di implementare modelli di mobilità sostenibile attraverso l’introduzione di mezzi elettrici, al fine di rendere l’isola di Ventotene, location della sperimentazione, un territorio a emissioni zero. Intervento questo che ha significato operare attraverso un “contributo di sistema”, per dimostrare che un progetto di mobilità sostenibile nasce e persiste se si costruiscono le

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premesse affinché il suo utilizzo divenstriale ai bandi ministeriali di “Induti permanente. Il progetto è stato, stria 2015” su efficienza energetica e Pomos si quindi, pensato in modo triplice. mobilità sostenibile, con un parimpegna nella Come primo passo la scelta deltenariato costituito da universiformazione di capitale la flotta più idonea arricchita tà, centri di ricerca, aziende e umano specializzato anche di nuove vetture, alcune associazioni nazionali. nel settore della mobilità delle quali sperimentate e reUn ulteriore progetto è stasostenibile con alizzate dagli stessi ricercatori to presentato al bando nuol’organizzazione di un di Pomos. Successivamente la ve Tecnologie per il Made in realizzazione di un’infrastruttuItaly per la realizzazione di master internazionale ra di ricarica armonizzata con il un veicolo sportivo predisposto e di scuole resto del progetto e che prevedesse all’installazione di un propulsore specializzate la produzione da fonte fotovoltaica e, totalmente elettrico (Zero Emission infine, la costruzione di una struttura teleVehicle) e, in alternativa, di un propulsomatica che permettesse di sostenere diverse funzioni re ibrido (Ultra Low Emission Vehicle) ad elevate tra cui il controllo delle flotte, nell’ottica di una po- prestazioni ed eco compatibile. Il progetto è stato litica ottimizzata di gestione. L’intera infrastruttura ammesso al co-finanziamento del Ministero dello telematica, che comprende tra l’altro la possibilità di Sviluppo Economico, essendo risultato tra i 100 avere una centrale di monitoraggio ambientale fissa progetti migliori dal punto di vista di innovatività e una o più mobili, diventa così uno strumento per e di competenze tecniche. la raccolta dei dati. Ambiente sportivo Isola mobile Il tema che si intende sviluppare con il progetto, La sperimentazione sul campo, iniziata nell’estate denominato “Hi-ZEV”, riguarda principalmente del 2009, conta due fasi principali e si concluderà quello delle auto sportive e dello sviluppo di versioni alla fine del 2010. La prima tappa, in fase conclu- di prestigio di autoveicoli sportivi a basso impatto siva, riguarda la sperimentazione delle infrastrut- ambientale per la diffusione nel mercato degli Eau ture, dei mezzi individuati, delle funzioni connes- (versione completamente elettrica) ed in quello USA se e la loro relativa implementazione. Il progetto Europa (versione ibrida). A tal fine saranno coinvol‘Ventotene Isola a Emissioni Zero’ ha consentito, ti nel progetto prestigiosi marchi storici italiani di quindi, di evidenziare l’importanza delle azioni costruttori di veicoli (Bizzarrini e Bandini) per readi partenariato fra istituzioni diverse ed aziende: lizzare delle versioni moderne delle loro autovetture, da una parte gli enti locali, osservatori diretti del- valorizzandone la creatività e la qualità italiane. le esigenze e delle istanze del territorio, dall’altra Del partenariato del progetto fanno parte, oltre l’università e le imprese che hanno lavorato a stret- naturalmente a Pomos, oltre 20 soggetti, in partito contatto e instaurato una vantaggiosa collabo- colare PMI nazionali, attive nei settori dell’automorazione al fine di diffondere una nuova cultura che tive, dell’elettronica e del design, centri di ricerca e possiede, come punti cardini, la tutela ambienta- associazioni. È stato, inoltre, coinvolto un marchio le e lo sviluppo ecosostenibile. Infatti, insieme al storico del mondo del Racing (Targa Florio). Infine, Polo per la mobilità sostenibile, sono stati presenti ma non ultima, tra le sue attività, Pomos si impegna e partecipanti attivi al progetto partner aziendali nella formazione di capitale umano specializzato di rilievo, la Piaggio, che ha fornito i mezzi oggetto nel settore della mobilità sostenibile, con l’organizdella sperimentazione, l’Aci Consult, che ha dotato zazione di un master internazionale e di scuole spel’isola delle infrastrutture necessarie al progetto e cializzate, come la “International School on Hybrid Cnos-fap, Centro Nazionale Opere Salesiane, che and Electric Vehicles”, arrivata lo scorso settembre si occuperà della formazione tecnico professionale alla sua seconda edizione, che si svolge nella splendiagli operatori territoriali del comune di Ventotene. da cornice naturalistica dell’isola di Ventotene, che E restando in tema di trasferimento tecnologico e vede ogni anno il coinvolgimento di più di trenta collaborazioni aziendali è nell’ambito delle attività partecipanti tra docenti universitari, studenti (dotdi consulenza alle PMI nei finanziamenti pubblici torandi e progettisti aziendali) e relatori provenienti nazionali ed europei, che Pomos ha, recentemente, da illustri centri di ricerca nazionali (primo tra tutti presentato quattro progetti di Innovazione Indu- l’Enea) e da aziende italiane e americane.

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Industria

METTI IL VERDE NEL MOTORE di Alessandro Ribaldi

Il settore dei motori prova a inquinare meno. E ci riesce

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’utilizzo dei carburanti “alternativi” nel settore automobilistico è, ormai, molto più di una semplice tendenza. La quasi totalità delle case automobilistiche, infatti, presentano all’interno delle rispettive gamme un’alternativa di vetture quanto mai eco-friendly. Basterebbe andare dietro di non troppi anni per notare come un tempo prodotti a metano, GPL o elettrici rappresentavano un’eccezione, un caso isolato, una chimera. Ora non è più così. E, fortunatamente, questo cambio di rotta sta diventando sempre più regola. Facendo una carrellata su tutti i marchi presenti sul mercato si può facilmente intuire di come ce ne siano veramente di tutti i gusti ed esigenze. Le aziende che strizzano l’occhio all’ambiente, con l’utilizzo di carburanti a basso impatto ecologico, hanno una differen-

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ziazione dell’offerta incredibilmente ampia, riuscendo a soddisfare – finalmente – le diverse esigenze del consumatore. Noi italiani, a tal proposito, dovremmo essere alquanto orgogliosi dato che la Fiat ha vinto, per il terzo anno di fila, il titolo di marchio più ecologico. Le vetture del Lingotto hanno, infatti, registrato in media il valore più basso tra tutti i marchi automobilistici. Il dato si è fermato ai 127,8 grammi di CO2 al chilometro, contro, in ordine decrescente, Toyota (130,1 g/ km), Peugeot (133,6 g/km), Renault (137,5 g/km), Citroen (137,9 g/km), Ford (140,0 g/km), Opel/Vauxhall (148,9 g/km), Volkswagen (150,4 g/km), Audi (160,9 g/km) e, infine, Mercedes (176,4 g/km). A stilare le statistiche è stata la Jato, società specializzata da quarant’anni nella consulenza d’impresa e nella ricerca nel settore automobilistico. Questo rico-

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noscimento rende merito ad un’azienda che ha deciso di adottare una strategia basata, principalmente, sulla diffusione del nuovo e pulito motore Twin-Air che possiamo trovare – ad esempio - sotto il cofano della Nuova Fiat 500. Da citare, inoltre, l’impegno della casa italiana per la promozione del metano come fonte energetica alternativa, spinto dalla gamma in espansione Natural Power che ha nella Fiat Panda Cross certamente il suo principale fiore all’occhiello.

Obiettivi ambiziosi Il marchio di Torino, però, vuole ancor di più stupire avendo in fase di realizzazione dei progetti altamente futuristici ma quanto mai vicino alla salvaguardia ambientale. Sempre la 500 ha una versione elettrica, bella, pronta e fatta. Debutterà nel 2011 e sarà presentata al prossimo Motor Show. Dovrebbe avvalersi di un sorprendente rapporto relativo alle emissioni di CO2, pari a 90g/km, tradotto in circa 2.94L/100km. Insomma, una moderna City Car con tutte le carte in regola per far diventare il brand Fiat ancora più “verde”. La storica casa fondata in Piemonte l’11 luglio del 1899 non è la sola in Italia ad aver impostato le proprie strategie di produzioni sotto questa ottica. In Emilia, infatti, casa Lamborghini non è stata di certo a guardare. Lamborghini, che pure non essendo obbligata dalle nuove normative comunitarie poiché casa automobilistica che produce meno di 10.000 vetture all’anno, ha varato un grande piano di risparmio energetico che verrà applicato sul suo stabilimento di Sant’Agata Bolognese. Si tratta, nello specifico, di un grandioso impianto fotovoltaico di 17.000 metri quadrati, potente 1,4 MW, capace di produrre 1582 MWh di energia elettrica all’anno, riducendo le emissioni di anidride carbonica del 20%. Quando anche un’azienda che ha fatto del lusso delle super sportive il proprio marchio di fabbrica decide di orientarsi alla tutela ambientale, vuol dire che qualcosa sta effettivamente cambiando. Rimanendo in ambito di super sportive, non si può non citare la Porsche che, con la sua 918 Spyder, sembrerebbe voler abbinare grandissime prestazioni al rispetto dell’ambiente. Una vettura che rappresenta ancora un work in progress ma con tutte le potenzialità di non essere per nulla un bluff. Questa Porsche, infatti, non è altro che un’ibrida in grado di promettere una percorrenza superiore ai 100 km con l’impiego di soli 3 litri di carburante. Inoltre, sarà dotata di una strumentazione ispirata alle auto da corsa degli anni Sessanta, capace di regolare la guida secondo quattro modalità di funzionamento: E-Drive in città, Hybrid per percorsi misti, Sport Hybrid e Race Hybrid per

svelare, invece, tutto il suo carattere sportivo. Non è ancora realtà e per ora solo un’idea. Le premesse, però, rischiano di avere tutte le potenzialità per rivoluzionare prepotentemente questo segmento di mercato.

Competizione verde Parlando di automobili ecologiche non bisogna dimenticare una kermesse – la Shell Eco Marathon – che, ogni anno, mette in competizione tutti i progetti più interessanti al mondo nel panorama della ricerca sul consumo di carburante più efficiente e ecologico per i mezzi del futuro. Quest’ultima edizione ha visto trionfare un prototipo, quanto mai esaltante, capace di realizzare una performance di percorrenza pari a 4.414 chilometri con l’utilizzo di un solo litro di idrogeno. Stiamo parlando della vettura presentata dal tema francese Plyjoule, nata in seguito alla joint-venture tra il Politecnico di Nantes, ossia Polytech Nantes e il Lycée La Joliverie. Questa vettura, dal sapore futuristico, è stata in grado di frantumare il precedente record di chilometraggio percorrendo una distanza pari a quella che divide New York da Los Angeles. È proprio il caso di dire che se il futuro in termini di auto e salvaguardia ambientale non sarà roseo… sarà di certo, prepotentemente, green! Non è, però, solo l’industria delle quattro ruote ad aver deciso di sposare questa tipologia di scelta ecologista. È di recentissima ufficializzazione la notizia della prima moto ecologica. Conosciuta come TTW One è un progetto realizzato dal Politecnico di Torino. In realtà non si tratta di un vero e proprio mezzo di trasporto a due ruote né tanto meno di un prodotto capace di essere categorizzabile come vera e propria automobile. Per accontentare i più puntigliosi possiamo affermare di trovarci di fronte ad un modello trait d’union tra le due tipologie. K-Way Motus (questo il suo nome ufficiale) sarà la prossima partecipante del concorso internazionale Automotive X Prize, la competizione riservata ai veicoli ad alta efficienza e basse emissioni. K-Way Motus è un prototipo eco sostenibile, dotato di una trazione elettrica ibrida. In modalità solo elettrica ha un’autonomia di 25 chilometri. Sicura, stabile in ogni condizione, K-Way è in grado di percorrere 43 chilometri con 1 litro di benzina. Anche un mercato, come quello dei motori, non di certo vicino all’ambiente sta dimostrando – col tempo – di aver maturato una certa ottica ecologista. Marchi, più o meno noti come si è visto, stanno cercando di sposare questa politica. Di certo non si può non essere contenti, anche se il mezzo di trasporto a minor impatto ambientale rimane solo ed esclusivamente uno: camminare. www.ambientarsi.net

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Economia

Un Pil chiamato desiderio

di Roberto Ballarotto

La crescita del Pil non può essere il solo indicatore del nostro benessere

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I

l 18 Marzo del 1968 Robert Kennedy pronunciava, presso l’università del Kansas, un discorso nel quale evidenziava - tra l’altro - l’inadeguatezza del Pil come indicatore del benessere delle nazioni economicamente sviluppate. Tre mesi dopo veniva ucciso durante la sua campagna elettorale che lo avrebbe probabilmente portato a divenire Presidente degli Stati Uniti d’America. Dopo oltre 40 anni, la crisi economica, lungi dall’essere superata, anche nelle opinioni dei più ottimisti, ha favorito l’estendersi di un dibattito tra gli studiosi, con riflessioni approfondite sul significato e l’importanza di questo indicatore nelle moderne economie. A dire il vero già nel 2002 l’economista e filosofo francese Serge Latouche, in un convegno Unesco a Pari-

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gi, aveva avviato questa riflessione (dopo più di 30 anni dal discorso di Kennedy), criticando l’assioma dello sviluppo economico come unico indicatore del progresso e lanciando la “decrescita” (dei consumi e quindi del Pil) come mezzo per perseguire il benessere delle popolazioni, giungendo a ipotizzare un sistema economico che non utilizzasse più il Pil. I suoi principi hanno trovato in Italia con Maurizio Pallante e il suo Movimento per la decrescita felice un autorevole interprete che, per diversi anni, ha seminato dubbi nelle dottrine economiche prevalenti. La netta differenziazione tra i beni (che ci aiutano a vivere meglio) e le merci (che sono semplicemente alla base dello scambio di denaro), l’incompatibilità della crescita (illimitata per definizione) con le limitate risorse ambientali della Terra, una critica feroce all’usa e getta, una radicale riduzione dei rifiuti, una grande attenzione all’efficienza come strumento per risolvere i nostri problemi energetici, la valorizzazione dell’autoproduzione dei beni e dei servizi, che non fanno crescere il Pil, ma certamente la qualità della nostra vita.

Principi di decrescita Questi sono i principi base del manifesto delle Decrescita e gli esempi che Pallante cita sono illuminanti: • l’assistenza agli anziani, fornita tramite un servizio retribuito, fa crescere il Pil, ma non è certamente migliore di quella eventualmente prestata nella propria famiglia senza scambio di denaro; • l’aumento dei tempi di percorrenza delle auto per il traffico fa aumentare il consumo di carburante e quindi il Pil, ma non certamente il nostro benessere; • l’acquisto degli yogurt (che potrebbero essere autoprodotti in casa) fa crescere il Pil, aumentando trasporti e rifiuti ma non la qualità di quello che mangiamo. Ma, negli ultimi mesi, alle enunciazioni convinte e convincenti di Pallante, stanno facendo riscontro diversi studi e ricerche che partono tutti dal dubbio che, per uscire dalla crisi, forse potrebbe essere utile tenere conto delle stringenti riflessioni di Kennedy sul Pil. Fra questi sottolineiamo l’importante iniziativa del Presidente Francese Sarkozy che, nel 2008, ha affidato a tre autorevoli studiosi quali Joseph Stiglitz, Amartya Sen e Jean Paul Fitoussi (con un gruppo di lavoro internazionale di 22 membri), l’incarico di approfondire l’argomento ed estrarre possibili nuovi indicatori, diversi dal Pil, per la misurazione del benessere e del progresso di una comunità. I risultati sono stati presentati nel settembre 2009 e lo studio rappresenta oggi un riferimento per chi si occupa di questi temi.

In Italia il dibattito ha iniziato a coinvolgere diversi soggetti con l’obiettivo (più o meno prossimo e diretto) di influenzare le politiche economiche. Abbiamo recentemente registrato l’iniziativa promossa l’11 maggio dalla Fondazione Fare Futuro (Oltre il Pil: i nuovi indicatori del benessere e la sostenibilità dello sviluppo) e, il 20 Maggio, la presentazione dello studio sul Piq (Prodotto interno di qualità), da parte della Fondazione Symbola di Ermete Realacci, in collaborazione con UnionCamere e Istituto Tagliacarne. Questi due approfondimenti, che prendono entrambi spunto dalla inadeguatezza del Pil e sembrano far uscire i principi della Decrescita dalla nicchia dei suoi convinti sostenitori, possono essere molto interessanti per verificare le concrete possibilità che le politiche economiche possano perseguire sempre di più il progresso delle nazioni svincolandosi da quell’indicatore.

Approcci diversi Riteniamo utile riportare, in estrema sintesi, entrambi gli approcci lasciando a chi legge le proprie valutazioni sottolineando che il dibattito avviato si apre a riflessioni molto importanti per la vita nostra e dei nostri figli. La Fondazione Fare Futuro ha presentato uno studio preliminare, svolto da un gruppo di economisti coordinato dal CIRPS-La Sapienza, lanciando il tavolo di lavoro “Oltre il Pil”, aperto al contributo di studiosi ed esperti, volto “all’esplorazione di una pluralità di strumenti alternativi in grado di colmare le lacune del Pil quale strumento primario di misurazione del benessere. Nel 2011, proprio nell’anno del 150° anniversario dell’unità d’Italia, i risultati del tavolo di lavoro di Fare Futuro proporranno strumenti e linee-guida per i prossimi 150 anni di sviluppo sociale ed economico del nostro Paese”. Obiettivo ambizioso, quindi, il cui primo passo è stato una disamina comparata e ragionata delle migliori proposte portate avanti, a livello internazionale, sui nuovi indicatori del benessere (che vengono comunque considerati complementari al Pil e non sostitutivi). Ma il fine ultimo è trovare indicatori diversi da utilizzare nelle scelte di politica nazionale ed internazionale, che così non saranno più solamente basate sui consumi, ma potrebbero meglio perseguire il vero benessere dei cittadini. Molto diverso è l’approccio della Fondazione Symbola, che però ha il pregio di aver già messo a punto un indicatore: il Piq (Prodotto interno di qualità) misurato, per il 2009, nel 46,3% del Pil. Sono diversi anni che la Fondazione, promossa da Ermete Realacci, si www.ambientarsi.net

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18 marzo 1968 Robert Kennedy sul Pil «Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell’ammassare senza fine beni terreni. Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow-Jones, né i successi del Paese sulla base del Prodotto interno lordo (Pil). Il Pil comprende anche l’inquinamento dell’aria, la pubblicità delle sigarette e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana. Il Pil mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari. Il Pil non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l’intelligenza del nostro dibattere o l’onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali né dell’equità nei rapporti fra di noi. Il Pil non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro Paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull’America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani». occupa delle eccellenze italiane, con l’obiettivo di individuare i caratteri più efficaci per aumentare la competitività dell’economia nazionale. Non quindi un’analisi dei fattori che aumentano “la felicità” degli italiani, ma una evidenziazione di quei componenti del Pil che possono essere vincenti, per le produzioni nazionali, nella competizione globale, in termini di capitale umano, conoscenza, sviluppo del prodotto/servizio, costruzione di reti nazionali ed internazionali. L’obiettivo è di misurare l’economia non solo in termini quantitativi ma anche nella sua salute reale, attraverso i punti di forza, in particolare in termini di filiera. Ciò che le statistiche non hanno saputo cogliere, la trasformazione di una parte del nostro sistema produttivo nel segno della qualità, è evidente per esempio nel settore delle calzature, che ha aumentato i fatturati diminuendo le quantità. Lo stesso è successo nel vino.

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L’evidenziazione delle caratteristiche di qualità che aumentano la competitività delle produzioni italiane, può avere grandi riflessi sulle politiche economiche in particolare sul sistema degli incentivi. In particolare questo è stato il contenuto dell’intervento del dott. Giuseppe Tripoli, capo del dipartimento impresa e internazionalizzazione ministero Sviluppo Economico, che, nell’ambito del riordino del sistema degli incentivi (oggi oltre 1.200), sembra propenso a proporre l’utilizzazione dell’indicatore Piq per affinare gli incentivi, finalmente attraverso un uso appropriato della leva fiscale, vero strumento per diminuire l’imposizione fiscale avendo attenzione al futuro delle imprese italiane. Come si può vedere, diversi approcci che contribuiscono ad arricchire un dibattito che, dopo l’ubriacatura di globalizzazione e mercato degli ultimi decenni, può veramente qualificare le economie moderne come quella italiana.

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per le vie del mondo


Prospettive Sempre più minacciati da pianificazioni intese a riorganizzare gli spazi urbani in chiave produttiva, i parchi potrebbero diventare un’arena per l’integrazione sociale

di Alessandro Drago

Il futuro dei parchi urbani

N

egli ultimi venti anni nel nostro paese, così come nel resto d’Europa, il cosiddetto processo di “rigenerazione urbana” o “urban renewal” delle grandi e medie città si è caratterizzato per la realizzazione di progetti su vasta scala. Sia che si trattasse di opere pensate per colmare i “vuoti urbani” lasciati dalle attività industriali dismesse che della realizzazione di importanti infrastrutture facenti da traino allo sviluppo come nuovi musei ed auditori (effetto Guggenheim), la costante è stata l’orientamento imprenditoriale dei governi locali, alla ricerca di collaborazioni con il settore privato (public-private partnership) per attrarre investimenti. In realtà questa nuova

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politica urbana ha origine nel processo conosciuto come “urban renewal”, risalente alla fine degli anni ’60 in Nord America. Con questo termine si designavano gli interventi che hanno utilizzato finanziamenti pubblici per demolire quartieri degradati e far spazio ad investimenti pubblico-privati capaci di finanziare infrastrutture strategiche all’espansione della città: uffici, aree commerciali, nuove residenze, ecc. Per realizzare tutto ciò su entrambe le sponde dell’oceano è stata necessaria l’adozione di politiche urbane basate sulla centralità del mercato e sulla deregolamentazione dell’uso del territorio che incentiva gli investimenti privati e riduce gli spazi dell’azione pubblica. Nell’ottica

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della pianificazione, questo si è tradotto nella necessità di utilizzare strumenti di intervento a progetto in grado di concentrare le risorse disponibili su aree specifiche del tessuto urbano piuttosto che strumenti come il piano regolatore in grado di assicurare la crescita ordinata della città ma non di riorganizzarla al suo interno in termini altamente speculativi.

patrimonio italia Il nostro Paese possiede un patrimonio di circa 5000 ville, parchi e giardini storici oggetto di specifico provvedimento di tutela. Molte delle grandi ville e parchi urbani sono di proprietà demaniale (Stato o Enti Locali) e aperti al pubblico, alcuni sono stati anche dichiarati patrimonio dell’umanità (come la Reggia di Caserta, la Villa d’Este a Tivoli e l’Orto Botanico di Padova) e fanno parte della World Heritage List dell’UNESCO.

Cosa è successo in Italia Nel nostro paese – come ha fatto notare l’urbanista Berdini – il ricorso alle attività per progetto nello sviluppo delle città si ha con l’introduzione dei programmi complessi da parte del Ministero delle Infrastrutture a partire dagli inizi degli anni ’90. Nasce l’urbanistica contrattata, sostenuta da leggi nazionali volte a privilegiare i singoli interventi urbani alla pianificazione onnicomprensiva: programmi integrati (L.179/)2), programmi di recupero urbano (L.493/93) e programmi di riqualificazione urbana e di sviluppo sostenibile del territorio (Decr. Min. LL. PP. Del 1998). Prima ancora, nel 1990, la Legge 142 introduceva il cosiddetto “accordo di programma” con l’obiettivo di semplificare le procedure degli interventi pubblici ma da cui dipenderà, a causa di una interpretazione volutamente errata da parte dei comuni, il definitivo affermarsi degli interessi privati su quelli pubblici negli interventi urbanistici. Questo ha portato al sacrificio di numerose aree pubbliche, riconvertite nella loro destinazione d’uso per creare infrastrutture dalle funzioni privatistiche, senza risparmiare i parchi urbani.

centri delle città d’arte Italiane, i parchi urbani sono oggi sotto forti minacce di privatizzazione. Le evidenti pressioni sembrano destinate ad aumentare a causa di due fenomeni concomitanti quali il forte indebitamento delle amministrazioni Italiane legato a operazioni sui derivati e la possibilità di valorizzare beni trasferiti dallo Stato agli enti territoriali, come previsto dal cosiddetto “Federalismo demaniale”, conferendoli a Fondi Comuni di beni immobiliari, previe necessarie varianti urbanistiche a tale scopo autorizzabili. Va ricordato che non sono poche in Italia le Ville storiche i parchi urbani e i giardini di proprietà demaniale che potrebbero fare questa fine.

I parchi urbani Non v’è dubbio che i parchi urbani siano opera dell’uomo e da questo realizzati per accontentare l’uomo: la loro pianificazione paesaggistica, le infrastrutture presenti e i sentieri fanno pensare ad uno spazio pubblico volutamente creato per soddisfare il bisogno ricreativo dei cittadini e rivestono, pertanto, un’importante funzione sociale. Nonostante alcuni di essi siano andati incontro recentemente a parziali modifiche nella destinazione d’uso (come nel caso dei punti verdi qualità ideati dal Comune di Roma per insediare al loro interno strutture funzionali per la loro valorizzazione originariamente non previste quali cinema, teatri e punti ristoro), possiamo asserire che i parchi urbani finora non abbiano subito un radicale ripensamento. Questi, sia in Italia che in Europa, sono per la maggior parte pubblici come altri spazi urbani con questo tipo di proprietà rimangono accessibili gratuitamente e destinati a funzioni di interesse pubblico. Ciononostante, così come le ville storiche, presenti in gran parte dei

La dimensione sociale I parchi urbani, d’altra parte, stanno vivendo un vero e proprio exploit che negli ultimi anni ha visto un aumento costante dei fruitori sia per quanto riguarda un utilizzo “attivo” dedicato al jogging, all’organizzazione di feste o ad altre attività ricreative che per un utilizzo “passivo”, dedicato al relax. Inoltre, questi spazi urbani stanno assumendo una strategicità in senso sociale, laddove si configurano sempre più come luogo d’incontro per le comunità straniere che spesso non trovano altro spazio a buon mercato per potersi incontrare in maniera conviviale. Ne segue, che i parchi urbani, al giorno d’oggi, rappresentino tra i pochi spazi in cui possa avvenire una forma di socializzazione multiculturale tra comunità di nuovi immigrati ed autoctoni. Di ciò e della potenzialità dei parchi in termini di integrazione sociale tra diverse comunità se ne sono accorti alcuni antropologi Nord Americani che, sono arrivati a proporre, a margine di una ampia ricerca sul campo di tipo socio-antropologiwww.ambientarsi.net

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co, delle linee guida per la gestione della diversità culturale e sociale nella pianificazione e gestione dei parchi. Il lavoro coordinato dalla Professoressa Setha Low, è frutto dell’attività di un gruppo di ricercatori che per anni ha studiato il comportamento degli utenti di alcuni parchi di New York seguendo il metodo d’indagine dell’urbanista William H. Whythe, autore del rapporto” regole per i piccoli spazi urbani”, di fatto adottate dal Dipartimento di Pianificazione della città di New York per trasformare gli spazi pubblici della città.

I parchi di New York L’interessante approccio alla gestione socio-culturale dei parchi di New York si basa sul concetto di sostenibilità sociale espresso dallo studioso David Throsby che facendo un parallelo con quello ambientale, fondato sull’equilibrio naturale degli eco-sistemi, lo misura sulla capacità di conservare e supportare la vita culturale e, più in generale la civiltà umana presente negli “ecosistemi culturali”. Questi vivono di relazioni sociali, valori e storie che si esprimono necessariamente in luoghi di incontro in cui è possibile, attraverso lo scambio, preservarli. In particolare, i ricercatori Nord Americani individuano la capacità di conservare la diversità culturale presente come misura della sostenibilità sociale poiché negli Stati Uniti, paese nato da processi migratori che ha spesso esperito fenomeni di sopraffazione culturale ed etnica tra gruppi diversi, ciò può voler dire garantire spazi di democrazia. Queste aree urbane sono sempre più rappresentate nelle grandi metropoli americane dai parchi cittadini. La frequentazione assidua dei parchi urbani di New York, Washington e Setale da parte di gruppi etnici è ormai un dato di fatto tanto che queste comunità cominciano ad essere direttamente coinvolte dalle amministrazioni, sia nella loro manutenzione che chiamate in causa nei processi di pianificazione culturale propedeutici a decisioni sull’eventuale modifica dell’assetto. Nel nostro paese la situazione dei parchi urbani non è totalmente diversa poiché alcune caratteristiche accomunano il fenomeno che abbiamo fin qui descritto: la diminuzione di spazi pubblici nelle aree urbane dovute al processo di “urban renewal/rigenerazione urbana”, il successo di pubblico nei parchi dato dall’aumentata frequentazione degli utenti, la mutata diversità culturale ed etnica di questi anche in Europa, ed infine la restrizione dei fondi dedicati al mantenimento di questi spazi in dotazione ai comuni presenti sulle due sponde dell’Oceano. Tutto ciò pone un problema di sostenibilità che richiede delle misure di sviluppo ambientale e socio-economico che evitino soluzioni temporanee. La sfida è notevole,

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perché la tentazione di utilizzare una formula di questo tipo da parte delle amministrazioni quale la privatizzazione del parco o l’accesso oneroso al pubblico (come ad esempio avviene nei parchi di Pechino) porterebbe a risolvere il problema finanziario nell’immediato ma allo steso tempo intaccherebbe la conservazione dell’identità culturale di questi luoghi, privando, gli abituali frequentatori, di uno spazio in cui poter socializzare ed esprimere la propria appartenenza etnica con feste e altre attività ricreative comunitarie. E, in senso lato, comprimerebbe la democrazia, che esiste fintantoché mette a disposizione degli spazi in cui potersi esprimere. Ripensare i parchi pubblici urbani riducendone drasticamente gli spazi o imponendo dei costi di accesso non farebbe atro che rallentare il processo di integrazione sociale, favorendo invece il conflitto a seguito del venire meno di luoghi di sfogo e distrazione quali quelli rappresentati da questi spazi. La soluzione che si sta cercando di intraprendere in America per evitare questo dannoso processo passa per il coinvolgimento diretto delle comunità che fanno uso dei parchi, e cioè responsabilizzandole all’auto manutenzione di aree interne da queste frequentate, riducendo così i costi generali della manutenzione ordinaria. Altre forme di stewardship dei parchi urbani si sono diffuse anche in Europa del Nord e sembrano finora le esperienze migliori in grado di evitarne la chiusura. Senza voler sottovalutare la valenza ambientale rappresentata dai parchi urbani, è probabilmente sul versante della funzione sociale da essi svolta nei confronti della cittadinanza che si potrà far valere la necessità di non modificarne l’esistenza. Va da se che i parchi urbani svolgano infatti la funzione finora descritta in quanto tali e che quindi la socializzazione ivi prodotta è caratteristica e non potrebbe essersi realizzata in aree diverse come un centro commerciale o un altro spazio urbano. Oggi più che mai i parchi urbani possono diventare le agorà del terzo millennio.

per saperne di piÙ “Rigenerare la città. Pratiche di innovazione sociale nelle città Europee”. A cura di Serena Vicari Haddock e Frank Moulaert, ed. 2009, Il Mulino pag. 25-26. “La città in vendita. Centri storici e mercato senza regole.”, di Paolo Berdini, 2008 Donzelli Editore, pag. 129-130.

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Nucleare

L’atomo nel Bel Paese

di Simone Malacrida

Sulle nuove centrali nucleari è alto il rischio di colonizzazione industriale. In attesa della quarta generazione

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I

l recente accordo stipulato da alcune aziende italiane con gli attori preminenti del settore industriale francese, in primis con EDF e Areva, si inquadra nella più ampia collaborazione che, già da più di un anno, è stata intavolata dai rispettivi governi in ambito energetico, in particolar modo per ciò che concerne l’energia nucleare. Più volte è stato detto come questi accordi costituiscano un primo passo per il ritorno, dopo più di venti anni, del nucleare in Italia e più volte sono state sottolineate da un lato le opportunità connesse, dall’altro i rischi relativi a questo approccio. Però, quasi sempre, ci si è soffermati su questioni legate all’ambiente, alla sicurezza e al costo energetico. Questioni capitali ed importan-

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ti quando si ha a che fare con l’energia, ma che, così come affrontate fino ad oggi, non tengono in considerazione il punto di vista industriale, altrettanto fondamentale come i precedenti. Prima di entrare nel merito delle considerazioni industriali e nazionali, conviene ricordare che l’energia nucleare copre il 15% della produzione mondiale di energia elettrica e, a livello europeo, tale quota si attesta al 30%. D’altro canto, l’energia nucleare è del tutto inesistente negli altri due settori principali di utilizzo di tutta l’energia prodotta: quello dei trasporti e quello del riscaldamento degli edifici. Visto che l’energia elettrica rappresenta circa un terzo di tutta l’energia primaria, possiamo dire che, nel complesso, l’energia nucleare incide in misura del 5% sull’energia mondiale. Il confronto di questi due dati ci dice che non è possibile pensare di risolvere tutti i problemi delle questioni energetiche riconducendo tutto al nucleare ma, nello stesso tempo, non è possibile tralasciare a priori questa fonte, senza cioè aver valutato i possibili rischi e benefici. Come già detto, le questioni circa la sicurezza e l’ambiente sono al primo posto quando si parla di nucleare e, ormai sempre più spesso, quando si parla di impiantistica in generale. In questa sede ci soffermeremo, invece, sugli aspetti più legati alle ricadute industriali, cercando di capire quali possano essere i rischi e i benefici di questi accordi. Va detto che in Italia manca completamente, da ormai più di venti anni, un piano energetico nazionale ed un piano industriale degno di tale nome. Ed è proprio questo il rischio maggiore. Quello, cioè, di trasformare questi accordi in semplici annunci non supportati da decisioni di medio e lungo periodo, riducendo queste collaborazioni ad un puro scopo immediato, in parte propagandistico ed elettorale.

particolare proprio da EDF e Areva, e di aumentare solamente un’occupazione interna di bassi profili, incrementando, sempre di più, il divario con il resto dei Paesi avanzati ed alimentando quella fuga di capitale umano costituita da laureati e ricercatori che, ogni anno, lasciano l’Italia per recarsi altrove. Questo fenomeno è molto più generale di quanto si possa pensare coinvolgendo anche tutti gli investimenti di centrali elettriche alimentate in altro modo (carbone, gas, petrolio) e, addirittura, arrivando fino alle fonti rinnovabili come il solare o l’eolico. Il rischio è quello di non generare vera ricchezza e vero indotto, ma di utilizzare tutto questo potenziale solamente come un normale cantiere pubblico, alla stessa stregua dei progetti riguardanti il Ponte sullo Stretto o l’Alta Velocità. Tutto ciò si tradurrebbe in un bacino immediato, ma temporaneo, di posti di lavoro legati ad investimenti pubblici e non in uno sfruttamento di un’industria energetica efficiente in grado di rilanciare l’economia nazionale. Per fare un paragone, sarebbe come conferire gli incentivi al settore automobilistico senza avere un produttore nazionale come Fiat. Un ulteriore problema di questa visione di breve termine riguarda la tecnologia da adottare. Se si cominciassero a progettare e poi a costruire in Italia delle centrali nucleari nei prossimi 5 anni, oltre a non avere una ricaduta significativa sul nostro territorio ed oltre a non avere le competenze di alto livello necessarie, si adotterebbe di sicuro la “terza generazione” di queste centrali, una tecnologia

Basso investimento In effetti, fatto 100 l’investimento iniziale di una centrale nucleare, le ricadute su imprese e indotto nel nostro territorio nazionale si attestano solamente a quota 15, contro un valore che in Germania sale a 40 e in Francia a 50. Ciò vuol dire che lo stesso investimento iniziale, non genera la stessa ricchezza sociale ed un’equa redistribuzione del reddito. Questo dato è riconducibile soprattutto alla scarsa presenza di industrie nazionali che sono in grado di produrre i componenti principali dell’impianto, relegando le ricadute interne solamente ai livelli più bassi di installazione e manutenzione. Così facendo, si rischia di “comprare” tecnologia estera, in 28 26_30 Malacrida.indd 2

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ben collaudata ma che è considerata ormai nella fase del tramonto, tanto è vero che vi è una sola centrale nucleare in Europa in costruzione (da 7 anni ormai) e che il previsto ricambio del parco centrali coinciderà con l’avvento della quarta generazione e il conseguente declino della terza. In altre parole, vorrebbe dire installare delle centrali già vecchie di concezione, facendo un duplice errore storico: essere usciti dal nucleare proprio mentre la terza generazione diventava una tecnologia matura ed esserci rientrati, dopo 25 anni, con la stessa tecnologia ormai obsoleta, senza averne sfruttato i benefici. Con questo scenario di fondo, diventa arduo individuare le opportunità di questo accordo. In realtà queste opportunità ci sono e sono anche di primaria natura. È proprio il futuro avvento della quarta generazione che dovrebbe generare la consapevolezza di cogliere un’occasione storica: quella di saldare, in un’unica politica concertata, piano energetico, piano industriale e un’adeguata formazione delle competenze.

re impianti all’avanguardia, sfruttabili per almeno 50 anni, risolvendo (almeno in parte) il problema energetico di quasi tutto questo secolo. La quarta generazione è concepita proprio per eliminare quei problemi che hanno assillato gli attuali impianti nucleari soprattutto in termini di scorie e di maggiore efficienza del processo. Inoltre, questo lasso di tempo ci permetterebbe di formare due intere generazioni di tecnici e di manager in grado di gestire autonomamente la progettazione, la costruzione e il funzionamento di questi impianti, avendo di fronte la possibilità di collaborare alla creazione di figure senior e dei futuri tecnici, oggi tra i banchi delle scuole superiori o dell’Università, proprio grazie a questo accordo di partnership con le aziende francesi che hanno, allo stato attuale, un’esperienza molto più vasta nel settore nucleare. L’accordo di collaborazione con EDF funzionerà a dovere, dal punto di vista italiano, se contestualizzato in un’ottica di medio-lungo periodo, supportato da una chiara visione dello scenario energetico e da una volontà politica di ricostituzione di un panorama industriale di spicco, coinvolgendo l’intera società civile ed il sistema di istruzione. Per attuare questa visione è richiesta una predisposizione alla pianificazione e al conseguimento di un risultato positivo per le prossime generazioni, piuttosto di una ristretta visuale legata alla contingenza e alla scadenza elettorale o della trimestrale di bilancio industriale. È una sfida da raccogliere per l’intero sistema-paese. Solo dall’evoluzione futura potremo capire se, finalmente dopo tanto tempo, l’Italia sarà stata in grado di scommettere sulle proprie competenze.

Quarta generazione L’Italia è già presente nel consorzio di ricerca sullo sviluppo della quarta generazione delle centrali nucleari. Detto in altro modo, stiamo già partecipando a livello di enti di ricerca e di personale coinvolto, come lo stiamo facendo per altri settori del nucleare, dalla fusione nucleare (dove abbiamo punte di eccellenza) allo sviluppo degli acceleratori di particelle come il famoso LHC a Ginevra, presso il CERN. L’avvento della quarta generazione è previsto entro il 2025, tra 15 anni, un tempo consono per la ricostituzione di un indotto industriale solido e che porti quella famosa quota del 15% di ricadute sull’impresa nazionale ad una cifra uguale a quella degli altri Paesi europei. Essere in prima linea nello sviluppo e nell’implementazione di questa tecnologia, ci permetterebbe di installa30 26_30 Malacrida.indd 3

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Geotermia

UN’ENERGIA NASCOSTA L’energia sottotraccia L’energia dal profondo L’Europa ci crede, l’Italia un poco meno La roccia nel pozzo che scotta

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Protagonisti

L’energia sottotraccia di Alessandra Lombardi

La geotermia in Italia e in Europa è stata sviluppata per ora in maniera parziale. Ulteriori sviluppi sono possibili

S

auro Valentini si occupa di ecologia industriale e presiede il Gruppo Informale per la Geotermia e l’Ambiente. A lui abbiamo chiesto qual è la situazione della geotermia e quali sono le prospettive di sviluppo di questa rinnovabile.

Quali sono i terreni più adatti per lo sfruttamento geotermico?

Sicuramente le aree migliori sono quelle che presentano una marcata anomalia positiva, ovvero dove il gradiente geotermico è più alto del normale. Si tratta, per lo più, di aree interessate da importanti fenomeni distensivi innescati dall’intensa attività tettonica che ha caratterizzato e caratterizza l’evoluzione del nostro pianeta. Proprio in Italia abbiamo interessanti esempi come l’area che si estende dalla Val di Cecina all’alto Lazio e i Campi Flegrei, area quest’ultima ancora interessata da importanti fenomeni bradisismici. È possibile operare anche in aree a gradiente normale (+ 3°C ogni 100 metri di profondità) poiché, se alla profondità di 3.000 metri individuiamo un acquifero importante i f luidi, ivi contenuti, presenteranno una temperatura di oltre 90°C.

Esiste un solo tipo di geotermia?

I f luidi vettori presentano caratteristiche chimiche e fisiche anche molto diverse in ragione della

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geometria del giacimento e della composizione delle rocce che lo contengono e che attraversano nel loro cammino verso la superficie. C’è una distinzione tra media, bassa entalpia e alta entalpia, ovvero di f luidi a temperatura ben superiore ai 135°C ubicati anche a profondità relativamente superficiali. Com’è noto nell’area di Larderello e in quella dell’Amiata, l’ENEL ha realizzato da tempo importanti centrali geotermoelettriche, centrali che, da sole, sopperiscono al 25% del fabbisogno energetico della Toscana. Le alte entalpie sottendono l’utilizzo dei “cicli f lash” mono o pluristadio e le medie entalpie sottendono l’utilizzo di “cicli binari”. Nel primo caso il f luido estratto dal sottosuolo viene fatto espandere, allo stato di vapore, direttamente all’interno di una turbina, mentre nel secondo caso il f luido geotermico viene inviato ad uno scambiatore dove cede calore a un f luido bassobollente che, all’interno di un circuito perfettamente stagno, si espande in turbina per poi raffreddarsi e, una volta ricondensato, rientrare in circolo. Il ciclo binario può, infine, essere installato anche a valle di un ciclo f lash permettendo così un significativo aumento del rendimento del sistema. Nonostante il vasto know-how dell’Italia in materia geotermica, la tecnologia utilizzata nei nostri campi ad alta entalpia non risponde a criteri di sostenibilità ambientale e questa è la ragione che ha portato alla nascita in Amiata di comitati popolari che avversano lo sfruttamento dei f luidi geotermici perché, oltre al rischio di depaupera-

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mento acquifero e alla sostenibilità climatica ed ambientale, entra in gioco addirittura la salute dei cittadini. Certo è che se l’ENEL provvedesse, o meglio fosse obbligata, ha reiniettare il f luido estratto nel serbatoio di origine, realizzando di fatto un circuito chiuso, ogni rischio sarebbe abbattuto. La scelta è stata, invece, quella di sviluppare una tecnologia di trattamento dei f luidi ref lui che prevede l’adozione di sistemi filtranti, capaci di catturare la gran parte degli inquinanti trasportati in superficie dal f luido geotermico (Arsenico, Mercurio e Acido Solfidrico in particolare), ma che non incide minimamente sugli effetti del clima conseguenti al rilascio in atmosfera di grandi quantità di anidride carbonica.

Come vengono realizzati gli impianti e quanto costano?

L’investimento necessario varia soltanto in ragione della profondità e della tipologia del f luido. Nella peggiore delle ipotesi, comunque, il costo complessivo di una centrale da 1 MW si aggira tra i 5 e i 6 milioni di euro investimento che, grazie agli incentivi governativi, ha un tempo di ritorno inferiore ai 5 anni.

Gli impianti hanno bisogno di tanta manutenzione e con quale frequenza?

Le aziende che producono le centrali, almeno quelle più performanti, garantiscono una produzione costante per almeno 8.500 ore/anno, ciò ovviamente a fronte di approfonditi studi del chimismo del f luido e grazie all’adozione di particolari accorgimenti atti ad evitare l’intasamento dei pozzi e a consentire agli incondensabili di rimanere in equilibrio con il f luido anche al variare della sua temperatura.

L’Italia può incrementare la geotermia?

C’è ancora molto margine di incremento soprattutto per la media entalpia che potremmo velocemente mettere in produzione. Il nostro gruppo sta lavorando anche al di fuori delle aree geotermiche per antonomasia (Toscana, Lazio, Campania) ed alcune amministrazioni regionali, come la Puglia, stanno rispondendo davvero bene adottando quei provvedimenti, anche tipo economico-finanziario, che sono assolutamente necessari per sostenere la ricerca. Occorre, però, che il decisore politico si impegni seriamente per abbattere ogni forma di

monopolio. Se la legge pare garantire “pari opportunità d’impresa” (Decreto Legislativo 11 febbraio 2010, n. 22), l’operato della pubblica amministrazione pare continuare in un atteggiamento di sudditanza verso l’ex industria energetica di Stato. Potenzialmente la geotermia potrebbe contribuire per ben oltre il 3-4% del fabbisogno energetico nazionale per di più garantendo, con costi ben inferiori di quelli previsti per il vetusto nucleare, un impatto ambientale irrisorio.

Quanto è sviluppata e che contributo fornisce al fabbisogno energetico nazionale?

Nel nostro Paese geotermia è sinonimo di Toscana: 33 impianti, una potenza installata di circa 700 MW e una produzione superiore a 5.000 GWh/anno, pari a circa il 25% dell’energia elettrica consumata in Toscana e a circa l’1% del fabbisogno nazionale. Il fatturato annuo della geotermia, stimato per difetto, si aggira sui 700 milioni di Euro (dati 2004).

E in Europa come stanno le cose?

Soltanto l’Islanda (dati EGEC, l’Ente europeo geotermia) sta forse meglio di noi. La media entalpia ha importanti giacimenti distribuiti in varie aree del continente. La bassa entalpia, quella risorsa che potrebbe essere utilizzata per riscaldare e raffrescare le nostre case a costi irrisori, è invece disponibile ovunque. Paesi come Francia, Austria e Germania, utilizzano, sia per produzione di energia elettrica che di calore, giacimenti anche molto profondi e a temperature non proprio ottimali. All’estero hanno capito che, se il calore del f luido estratto è insufficiente per generare direttamente energia, lo si può utilizzare direttamente per realizzare sistemi di teleriscaldamento (oggi possibili già con temperature di 35-40°C), o lo si può riscaldare ulteriormente ricorrendo a semplici impianti alimentati con biomasse. La Germania, inoltre, si è seriamente impegnata nella ricerca finalizzata alla realizzazione del sistema Egs (Enanced geothermal system) e i primi risultati non sono tardati a giungere. Un altro campo di ricerca sostanziale è poi quello della ricerca di nuovi f luidi basso bollenti che, come è stato dimostrato da ricercatori statunitensi che hanno utilizzato allo scopo metalloidi, potrebbero permettere la generazione di energia elettrica a partire da f luidi con temperature trai 60 e i 70°C.

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Tecniche 1

L’energia dal profondo di Giuseppe Langella

Dalla geotermia a bassa entalpia ci sono ottime possibilità d’accesso a una fonte rinnovabile molto diffusa ma poco sfruttata

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ormalmente il termine “impianto geotermico” si riferisce ad un sistema energetico che sfrutta l’energia termica del sottosuolo terrestre per fornire calore da utilizzare per riscaldare o produrre energia meccanica e quindi elettrica. Tale energia termica immagazzinata nella crosta terrestre aumenta in maniera proporzionale man mano che si scende in profondità. Si tratta di una fonte di energia inesauribile, costantemente disponibile e soprattutto rinnovabile. Il termine “geotermia a bassa entalpia” è stato coniato invece per gli impianti destinati alla climatizzazione ed è quindi un’applicazione nuova e diversa rispetto alla geotermia classica. Più che sullo sfruttamento dell’energia termica contenuta nel sottosuolo, tali sistemi si fondano sulla proprietà di stazionarietà termica del primissimo strato di crosta terrestre (100 m) che mantiene una temperatura in prima approssimazione costante per tutto l’anno; tale importante proprietà permette di estrarre calore d’inverno per riscaldare un ambiente e di cedere calore durante l’estate per rinfrescare lo stesso ambiente. Sfruttando questo principio, lo scambio di calore viene realizzato con pompe di calore abbinate a sonde geotermiche che permettono di riscaldare e rinfrescare gli edifici con un unico impianto e assicurano un alto grado di rendimento sull’arco dell’intera stagione, con un fabbisogno di energia elettrica contenuto rispetto alle prestazioni. Non è neppure necessario alcun apporto termico esterno (per esempio una caldaia a metano) per coprire le punte invernali. Gli elementi fondamentali che costituiscono un impianto geotermico a bassa entalpia sono: • La/le sonde geotermiche verticali • la pompa di calore • il serbatoio di accumulo. Le sonde geotermiche sono tubi in polietilene di diametro 32 o 40 mm, inseriti in fori che vanno dai 70 ai 120 metri di profondità. Circa la geometria della sonda, essa può essere “ad U” oppure “coassia-

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le”; quest’ultima è da preferirsi nei sottosuoli poco conduttivi termicamente. Per le sonde ad U, a seconda che nel foro venga inserito un solo circuito o un doppio circuito, si parla rispettivamente di sonda single U (simplex) e double U (duplex).

Le caratteristiche del sottosuolo Non tutti i tipi di rocce o terreni presentano lo stesso rendimento termico, intendendo con questo termine la potenza termica specifica ricavabile da ogni metro di sonda. Per tale motivo le caratteristiche termiche ed idrogeologiche del sottosuolo giocano un ruolo importante e la loro conoscenza è determinante per il corretto dimensionamento dell’impianto. Nella tabella che segue sono riportate le differenze nel rendimento termico di alcuni tipi di sottosuolo per le sonde geotermiche verticali. In prima approssimazione si può considerare che le sonde geotermiche estraggono una quantità specifica per ogni metro di lunghezza: più alta è la conducibilità termica del sottosuolo, più alta è la quantità estratta.

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Sottosuolo

Rendimento[W/m]

Sottosuolo cattivo (terreno asciutto)

20

Roccia o terreno umido

50

Roccia con alta conducibilità

70

Ghiaia, sabbia asciutta

< 20

Ghiaia, sabbia satura

55-65

Argilla, limo umido

30-40

Roccia calcare

45-60

Arenaria

55-65

Granito

55-70

Gneiss

60-70

Quanto costano le sonde geotermiche? Di solito il costo per l’installazione delle sonde geotermiche è pari a circa 1/3 del costo totale dell’impianto geotermico e per questo motivo è essenziale affidarsi a professionisti qualificati. Il costo varia da 50 euro a 60 euro per metro lineare di perforazione con le sonde geotermiche in polietilene cementate, mentre varia da 70 euro a 80 euro per metro lineare di perforazione, per sonde geotermiche coassiali. Impianti geotermici “a circuito aperto” A differenza degli impianti a sonde geotermiche verticali, in cui non c’è alcun utilizzo di acque di falda (qualora intercettate), gli impianti geotermici acqua/acqua o a circuito aperto (open loop) prelevano acqua direttamente da un pozzo o da un altro idoneo corpo idrico. L’acqua viene avviata alla pompa di calore, che scambia calore con quest’ultima e quindi restituita alla sorgente, in un pozzo a valle della direzione di falda. In questo caso la perfetta conoscenza del sottosuolo e della sua idrogeologia diventa determinante. La restituzione di acque a monte del livello di falda potrebbe compromettere in maniera significativa il funzionamento di questi tipi di impianti. I costi per questo tipo di impianti sono variabili e dipendono fortemente dalle potenze in gioco. Le pompe di calore Le pompe di calore sono macchine elettriche o a gas che consentono gli scambi di calore dall’edificio al sottosuolo. In particolare durante l’inverno il sistema pompa di calore - sonde geotermiche provvede ad estrarre calore dal sottosuolo, mentre in estate, al contrario, si smaltisce nel sottosuolo il calore estratto dall’edificio. Tale scambio termico è pos-

Valori approssimativi di rendimenti specifici per diversi tipi di sottosuolo per sonde geotermiche.

sibile in quanto il sottosuolo, nei primi 100 metri, in generale, ha una temperatura di 12-14°C. Tale temperatura è costante durante l’anno, per cui sarà una temperatura favorevole agli scambi durante l’inverno quando la temperatura esterna è inferiore ai 10°C ed analogamente è una temperatura favorevole in estate quando le temperatura esterna supera i 2530°C. L’impianto geotermico sostituisce in tutto e per tutto la caldaia per riscaldamento e produzione di acqua calda sanitaria ed i gruppi frigo per il raffrescamento. Lo scambio termico con il sottosuolo rappresenta una possibilità molto vantaggiosa sul piano economico in quanto consente di dimezzare i costi di bolletta energetica.

Vantaggi L’installazione di impianti geotermici risulta particolarmente vantaggiosa per i seguenti motivi: • Impianto A livello impiantistico, un’unica macchina silenziosa e dalle dimensioni contenute consente sia di riscaldare che di raffrescare. La pompa di calore geotermica sostituisce quindi in tutto e per tutto caldaia per il riscaldamento ed i gruppi frigo per il raffrescamento; può essere alloggiata in qualsiasi locale, perchè non necessita di ambienti dedicati e non necessita di canna fumaria. Tutto ciò consente un notevole recupero di spazi all’interno dell’edificio ed una riduzione degli oneri relativi alle opere murarie accessorie. • Sicurezza Dal punto di vista della sicurezza, l’impianto geotermico rappresenta quanto di meglio possa offrire la tecnologia, in quanto non è più necessario l’utilizzo di alcun combustibile, e questo azzera i pericoli derivanti da: www.ambientarsi.net

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- perdite di gas con conseguente pericolo di saturazione; - perdita di monossido di carbonio da scarichi della caldaia; - pericolosi stoccaggi ad elevato rischio di incendio, che in caso di rottura possono sversare il proprio contenuto al suolo, con conseguenti contaminazioni ed inquinamento dei suoli e delle falde. • Ambiente Gli impianti di climatizzazione geotermici rappresentano una delle tecnologie meno inquinanti e più rispettose dell’ambiente. In questo tipo di impianti si ha la totale assenza di emissioni di CO2 o di altre sostanze nocive (ossidi di azoto, ossidi di zolfo, polveri sottili, particolato, PM10, PM2,5, residui che si depositano nell’ambiente dove si vive o si lavora o anche policiclici aromatici cancerogeni e diossine in caso di perdita di efficienza del bruciatore). Secondo il rapporto EPA, gli impianti geotermici sono il sistema che ha il più basso valore delle emissioni di CO2 fra tutte le tecnologie disponibili per la climatizzazione e il più basso impatto ambientale complessivo. Durante l’estate poi, questi impianti non contribuiscono in alcun modo all’inquinamento termico dell’atmosfera, in quanto smaltiscono il calore nel sottosuolo, generando accumulo termico per la stagione invernale successiva.

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• Costi di gestione I consumi di corrente elettrica sono bassissimi. I risparmi sui costi di gestione sono consistenti e le manutenzioni sugli impianti molto limitate. Inoltre utilizzando la tecnica del raff rescamento passivo o free cooling è possibile raffrescare gli ambienti a costo zero. • Manutenzioni Le manutenzioni ad un impianto di climatizzazione geotermica sono pressochè nulle rispetto alle costose manutenzioni necessarie alla caldaia (pulizia del camino, controllo del bruciatore, etc.) o ai gruppi frigoriferi. • Durata degli impianti La durata degli impianti supera di gran lunga quella dell’edificio che li ospita. Le prime sonde geotermiche in polietilene HD sono state installate in Germania 50 anni fa. E’ presumibile ipotizzare che le sonde installate oggi durino almeno 50 anni. La vita media delle migliori pompe di calore geotermiche, ammonta a circa 40.000 ore di funzionamento. Considerato che una pompa di calore lavora dalle 2.000 alle 2.500 ore/anno, la durata di un macchinario di questo tipo è pari a circa 20 anni. • Equipaggiamento e gestione di facile utilizzo Si tratta di una semplice pompa di calore e le modalità di controllo, in particolare se si adotta un’installazione decentralizzata zona termica per zona termica, sono a portata dell’utente privato, che deve gestire un semplice selettore. • Architettura Non è più necessario installare anti-estetici gruppi frigoriferi al di fuori degli edifici, lasciando spazio disponibile per altro impiego, eliminando i problemi di corrosione e rendendo più semplice la manutenzione vista la maggiore accessibilità dell’impianto. Non richiedendo gas, non è più necessario ricavare nicchie per l’alloggiamento di ingombranti e costosi contatori. L’integrità di ogni stile architettonico può essere completamente mantenuta a causa della totale assenza di di-

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spositivi visibili esterni. Questo vantaggio risulta particolarmente evidente in ristrutturazioni di pregio di edifici storici sottoposti a vincoli urbanistici. • Isole termiche Nelle grandi città, l’utilizzo di condizionatori ad aria crea all’interno dell’area urbana, il cosiddetto fenomeno delle isole termiche. I condizionatori immettono aria calda in atmosfera. A causa della ventilazione non sufficiente in quanto ostacolata dai palazzi, in particolari condizioni si creano situazioni in cui la temperatura dei centri urbani arriva ad essere di parecchi gradi superiore a quella del territorio circostante. Questo fenomeno dovuto anche al traffico veicolare, potrebbe essere notevolmente contenuto se lo scambio avvenisse con il sottosuolo. • Minore utilizzo di refrigeranti Le pompe di calore acqua-aria e acqua-acqua contengono al loro interno un sistema di refrigerazione, il che riduce il rischio di perdite di HCFC e mal funzionamenti dovuti a errata carica o connessione. Richiedono inoltre una quantità inferiore dal 20% al 70% di refrigerante rispetto a un’apparecchiatura tradizionale. • Efficienza elevata In caso di grosse installazioni, se il sistema è correttamente dimensionato (cosa sempre importante, ma fondamentale per questo tipo di impianti), la temperatura del fluido termovettore negli

scambiatori a terreno assicura un rendimento superiore a quello dei sistemi convenzionali ad aria o a combustibili fossili, sia per la costanza nel tempo, che per il livello termico più prossimo a quello medio di riscaldamento (teorema di Carnot); la stabilità di temperatura garantisce inoltre una elevata efficienza del sistema. • Acqua calda sanitaria pressocchè gratuita I centri commerciali, che utilizzano frigoriferi per la conservazione delle derrate alimentari dispongono di un’abbondanza di calore da cedere che viene assorbito dall’impianto nel funzionamento in condizionamento; con un sistema a pompa di calore questo calore può essere facilmente utilizzato per il riscaldamento dell’acqua calda sanitaria, attraverso heat recovery coils su alcune unità o con pompe di calore acqua-acqua dedicate, riuscendo anche a ridurre il numero delle sonde geotermiche (infatti in questo caso la maggior parte del calore è rimossa prima di essere re-immessa nel terreno attraverso gli scambiatori). • Maggiore efficienza in parzializzazione Se questi impianti lavorano a carico parziale, incrementano l’efficienza rispetto a quando operano a pieno carico: quando gli scambiatori sono parzialmente caricati infatti, la temperatura del fluido termovettore è più prossima a quella del terreno, di conseguenza più bassa in raffrescamento e più elevata in riscaldamento, e di conseguenza l’ efficienza del sistema è incrementata.

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Politiche

L’Europa ci crede, l’Italia un poco meno di Sergio Ferraris

Nella Ue la geotermia si sta sviluppando, ma in Italia c’è il problema della normativa

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a geotermia sta iniziando a essere conosciuta. «Molti esperti erano in disaccordo con i numeri assegnati durante la precedente dichiarazione di Ferrara dieci anni fa circa la capacità geotermica europea per il 2010, giudicandoli troppo irrealistici e ambiziosi, 1.000 MWe e 16.000 MWth di capacità installata (il primo valore è riferito alla geotermia ad alta entalpia, il secondo a quella a bassa entalpia. N.d.R). Oggi, nel 2009, noi possiamo affermare che questi valori sono quasi stati raggiunti» così si è espresso il Presidente dell’Associazione Europea per l’Energia Geotermica (Egec), Burkhard Sanner, durante una delle ultime riunioni delle associazioni geotermiche. In Europa una delle nazioni capofila per quanto riguarda la geotermia a bassa entalpia è la Svizzera che, negli ultimi 25 anni, ha acquisito una notevole esperienza, grazie anche agli oltre 100 mila impianti che utilizzano pompe di calore elettriche, riscaldando e raffrescando altrettante abitazioni unifamiliari e plurifamiliari. Per dare un’idea circa il dimensionamento di un impianto geotermico a pompe di calore, si deve considerare che una pompa di calore da 16 kW termici, allacciata a due sonde geotermiche poste a 150 metri di profondità, è in grado di riscaldare un’abitazione della superficie di oltre 400 metri quadrati e il sistema può essere incrementato grazie all’utilizzo dei pannelli solari termici che sono in grado di fornire calore aggiuntivo, aumentando le prestazioni del sistema. Per quanto riguarda la compatibilità rispetto ai sistemi di riscaldamento esistenti, la geotermia a bassa entalpia consente di utilizzare energia termica all’interno di sistemi tradizionali come radiatori, ventil-convettori, pavimenti radianti e così via e, in termini di risparmio, un sistema geotermico consente di abbattere del 70% i costi rispetto al Gpl e al gasolio e del 45% nei confronti del gas naturale.

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Caos Normativo Nel nostro Paese la geotermia oltre a essere poco conosciuta sconta, come altre rinnovabili, un grande deficit sul piano normativo. A livello nazionale, per quanto riguarda la geotermia a bassa entalpia, il quadro è molto frammentato e le competenze sulla geotermia spesso sono appannaggio delle Province e non esiste, quindi, un riferimento più generale, cosa che rappresenta un forte ostacolo allo sviluppo di questa rinnovabile. A livello Europeo, per esempio, esistono Paesi con normative avanzate, come la Germania, la Svizzera e la Svezia e le competenze sono declinate a livello regionale, cosa che rende molto più semplice l’iter autorizzativo di questi impianti. Esempio della confusione normativa presente nel nostro Paese in materia di geotermia a bassa entalpia è il caso della Lombardia, regione nella quale da una parte nel Documento di Programmazione Economica e Finanziaria Regionale 2007-2009 si prevede che l’utilizzo delle grandi potenzialità geotermiche a bassa entalpia del sottosuolo lombardo per il riscaldamento, il condizionamento estivo e addirittura nella “catena del freddo” commerciale sia favorito con interventi di semplificazione normativa e di sostegno mentre, sempre nella stessa normativa regionale, troviamo ciò che è una vera e propria tassa sulla geotermia. Nel Regolamento regionale 24 marzo 2006, n. 2, “Disciplina dell’uso delle acque superficiali e sotterranee dell’utilizzo delle acque a uso domestico, del risparmio idrico e del riutilizzo dell’acqua” esiste, infatti, una clausola che prevede l’applicazione di un canone annuo di 80 euro nel caso, quasi certo in Pianura Padana visto che le falde si trovano a una profondità di pochi metri, la sonda geotermica intercetti una falda.

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Tecniche 2

La roccia nel pozzo che scotta di Simone Malacrida

L’energia geotermica può essere sfruttata quasi ovunque adottando tecniche derivate da quelle petrolifere

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’energia geotermica è l’energia immagazzinata sotto la superficie terrestre. Difatti penetrando in profondità, a partire dalla superficie terrestre, si assiste ad un aumento medio della temperatura di 30 °C per ogni chilometro (il cosiddetto gradiente geotermico), ma, in alcuni punti della crosta terrestre, si possono trovare fonti di calore a profondità molto ridotte agevolando così lo sfruttamento di questi giacimenti per scopi energetici. Attualmente è utilizzata, in maggior parte, quella associata ai sistemi idrotermali dominati dal moto convettivo dell’acqua che, raggiungendo zone calde profonde caratterizzate da un’anomalia termica, determina, nel risalire, un trasferimento del calore in superficie o a profondità economicamente raggiungibili. L’energia geotermica è ricavata, quindi, da aree “anomale”, geograficamente poco distribuite, in quanto fluidi molto caldi e superficiali si ritrovano solo in zone della terra con peculiari condizioni geologiche. I luoghi più noti si trovano in Islanda, Stati Uniti, Messico, Nuova Zelanda, Filippine. In

particolare, proprio l’Islanda sfrutta questa fonte energetica in modo intensivo coprendo quasi l’80% del proprio fabbisogno energetico. In Italia sono abbastanza diffuse aree ad elevata anomalia geotermica. In effetti, il nostro Paese ha uno sfruttamento superiore rispetto alla media europea o mondiale di questa risorsa, andando a coprire il 2% del fabbisogno energetico, contro una media che generalmente si attesta all’0.5%. Inoltre, a livello storico, il primo impianto geotermico è stato inaugurato proprio in Italia nel 1904.

Buone potenzialità Proprio per questa prospettiva storica e geologica del nostro Paese, risulta interessante indagare le applicazioni e i possibili sviluppi di questa fonte energetica, annoverabile tra le fonti rinnovabili ad impatto quasi nullo dal punto di vista delle emissioni di gas serra. I principali utilizzi dell’energia geotermica riguardano il riscaldamento degli edifici tramite il prelevamento dell’acqua calda pro-

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veniente dal sottosuolo e la produzione di elettricità, convertendo il calore, proveniente da bacini ad alta temperatura (da 150 a 350 °C), in energia elettrica mediante l’utilizzo di turbo-generatori. Quanto detto fino ad ora si riferisce alla cosiddetta geotermia di prima generazione. I limiti dell’utilizzo di questa tecnologia sono molto chiari e sono legati proprio alle rare zone geotermiche anomale. Proprio per slegare questa tecnica dagli aspetti peculiari di alcune zone geologiche e per apportare maggiore efficienza e diffusione di questa fonte energetica, già dagli anni Settanta, è stata studiata la geotermia di seconda generazione. Ricorrendo a particolari conformazioni geologiche, presenti nel sottosuolo (le rocce secche calde), si sostituisce il serbatoio naturale, costituito dai giacimenti idrotermali posti in profondità con un serbatoio artificiale, caratterizzato da discontinuità create da frattura idraulica. Il principale concetto di questa nuova tecnica risiede nell’immettere acqua nel sottosuolo attraverso un pozzo di iniezione e, tramite il contatto con la roccia calda, questo flusso di acqua si riscalda prima di giungere in superficie. A questo punto, si può utilizzare questo fluido sia per generare elettricità da una turbina sia per fornire acqua calda per riscaldare gli edifici. Con questa tecnologia, si mutuano delle conoscenze provenienti dalle più diffuse trivellazioni petrolifere e si possono raggiungere anche i 5000 metri di profondità, sfruttando in

modo molto più consistente l’energia geotermica e senza essere legati a particolari anomalie geologiche locali.

Fratture difficili Vi sono però delle difficoltà tecnologiche e dei problemi aggiuntivi legati a questa tecnica. La frattura idraulica deve essere molto estesa, al fine di creare delle vie continue per il passaggio dell’acqua e ciò comporta la necessità di applicare alte pressioni, letteralmente adottate per “farsi strada” tra le rocce, generando dei microsismi locali. Questa nuova tecnologia è, dunque, invasiva dal punto di vista dell’impatto ambientale globale. Per superare queste difficoltà, è stata concepita una terza generazione di energia geotermica, quella legata ai fluidi a bassa entalpia. L’idea di base di questa nuova tecnologia risiedie nel posizionare in profondità, cioè nelle vicinanza delle rocce calde secche, degli scambiatori di calore a circuito chiuso, di modo da evitare i lunghi percorsi creati dalla frattura idraulica della seconda generazione. Questi scambiatori posti in profondità dovranno riscaldare l’acqua fino ad una temperatura utilizzabile in superficie dalle turbine per la produzione di energia elettrica o per l’immissione diretta di acqua calda nelle reti di teleriscaldamento residenziale ed industriale. Avendo le rocce calde secche una ridotta conduttività termica, si ha l’esigenza di una grande superficie di scambio in modo da immagazzinare una significativa quantità di energia. Tutto questo si traduce nell’immettere l’acqua in fori ben più grandi rispetto a quanto si fa nelle normali tecniche di perforazione dell’industria petrolifera. La naturale conseguenza di questo processo è che, per rendere competitiva questa tecnologia, bisognerebbe ridurre notevolmente i costi di perforazione e sviluppare nuove tipologie di materiale per le tubazioni, avendo a che fare con temperature e pressioni molto elevate. Conoscenze geologiche Per tutti questi motivi, la prospettiva industriale della geotermia di terza generazione passa, inevitabilmente, da migliorie di processo e di sistema implementabili solo a livello di ricerca di base in un primo tempo e di ricerca applicata in un secondo passaggio. Un primo passo riguarda tutta l’attività di telerilevamento geologico dei siti, al fine di individuare, fin da subito, l’ubicazione più adatta ed economicamente migliore tenendo a mente sia la limitazione dei costi di perforazio-

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ne sia l’efficienza generale del processo. La vera sfida riguarda però la tecnica di perforazione. Infatti, se è vero che la diminuzione dei costi da 30 anni a questa parte ha impattato in modo più significativo sull’energia geotermica piuttosto che sull’industria petrolifera, è altrettanto vero che perforare un sito geotermico costa ancora notevolmente di più, proprio per la natura geologica del sottosuolo, con rocce più resistenti ed eterogenee. La svolta potrebbe essere data dallo studio di nuovi materiali più adatti al particolare utilizzo in questo settore e dall’applicazione di un maggior numero di sensori per rilevare tutte le variazioni fisiche e chimiche del processo. Ulteriori ricerche a compendio, di notevole importanza, riguardano anche la stabilità del foro nel quale immettere l’acqua e gli studi circa la sismicità indotta che, sebbene di natura molto inferiore rispetto alla seconda generazione, è sempre presente quando si va a toccare il sottosuolo (a ben guardare anche nel caso di perforazioni petrolifere o di gas naturale). Le potenzialità di questo nuovo tipo di geotermia sono molto elevate e, purtroppo, poco note. In

termini numerici, una volta svincolata la dipendenza da particolari siti geologici, la geotermia potrebbe essere applicata su scala mondiale fornendo, nel contempo, energia elettrica e acqua calda, due degli utilizzi maggiori di tutta l’energia prodotta (il terzo utilizzo, legato ai trasporti, è per ora dominato dal petrolio ma, un’eventuale affermazione dell’auto elettrica riporterebbe anche questo terzo settore in questa casistica). La percentuale mondiale di questa fonte energetica potrebbe tranquillamente attestarsi su quote del 4-5%, quindi, una decuplicazione rispetto a quanto in essere oggigiorno e l’Italia potrebbe giocare un ruolo chiave proprio per gli interessi intrinseci legati a questa fonte. Un efficace sfruttamento di questa risorsa energetica “gratuita” (nel senso che è il nostro stesso pianeta a fornire questa energia nel sottosuolo) potrebbe essere un punto di svolta significativo nel panorama energetico di questo secolo, caratterizzato dalla conciliazione in termini globali di fabbisogno energetico, crescita della popolazione e rispetto degli impatti ambientali, in primis della limitazione alle emissioni di gas serra.

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Ambiente urbano

IL VERDE DELLE CITTÀ di Pina Crisci

Da elemento architettonico decorativo a elemento essenziale dell’ambiente urbano. Il verde ha un suo ruolo

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er promuovere la sostenibilità ambientale è necessario garantire e valutare una qualità ecosistemica costituita non dalla semplice somma algebrica dei singoli fattori ambientali, ma come funzione esponenziale dell’evoluzione dei loro livelli. In tale ottica, si può intuire come, nel complesso sistema urbano, il livello di qualità raggiunto da un aspetto specifico diventi non un elemento di sommatoria, ma costituisca di per sé un fattore che partecipa alla definizione del livello di qualità relativo ad un aspetto differente. Il ruolo fondamentale del verde nella riprogettazione della città viene così riconosciuto e si evidenzia immediatamente la necessità di definire nuove strategie per incrementare la superficie di verde in aree urbane e, soprattutto tutelare e valorizzare quella esistente. La crescente

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antropizzazione e lo smisurato uso del territorio per “attività urbane” lascia disponibile alla progettazione del verde pochissimi spazi; per questo architetti “ecologisti” propongono soluzioni innovative, individuando layer di progetto diversi dal tradizionale piano stradale: se conservano l’andamento orizzontale, essi vengono traslati a livello delle coperture, oppure, trasponendo in facciata il rapporto verdecostruito, si trasformano in cortine verticali.

Verde verticale La presenza della vegetazione sulla copertura di un edificio o in facciate fornisce una serie di notevoli benefici di carattere ecologico: migliora il clima urbano operando una diminuzione dell’isola di calore, dove una riduzione anche solo di pochi gradi di tem-

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peratura permette di ottenere sisoluzione nell’ottica del risparmio La necessità gnificativi risparmi economici; energetico. Infatti, queste compodi gestire il verde assorbe gli inquinanti atmosferinenti garantiscono un maggiore urbano come una ci, riduce i livelli di rumore, forisolamento termico, permettendo grande risorsa ha fatto nisce l’habitat per molte specie una minore dispersione termisi che l’attenzione animali e vegetali, tutelando la ca nei mesi freddi, e un maggior biodiversità. Il “tetto verde” può raffrescamento naturale nei mesi si concentrasse sul essere favorito dalla presenza di caldi. Una precedente esperienza potenziale verde costruzioni con copertura piana esistente e sulle possibili italiana nell’ambito della regoe con diversa larghezza od artilamentazione di tetti giardino, è trasformazioni relative colazione del corpo di fabbrica; quella del Comune di Bolzano, agli spazi aperti oppure, quando una congrua che si è posto il problema di inseparte della copertura superiore rire nell’attuale meccanismo delle del fabbricato è disponibile ed accessibile; od anco- concessioni edilizie l’obbligo di rinverdire e di indira quando le unità abitative sono dotate di terrazzi viduare l’indice del verde nel regolamento edilizio sufficientemente ampi ad ospitare composizioni di come parametro di riferimento per la Commissione verde. La realizzazione di coperture verdi consente Edilizia. È stato fissato un parametro oggettivo, che di recuperare alla città nuovi spazi e contribuisce a quantifichi il verde urbano non solo rispetto alle sue migliorare la percezione visiva dell’ambito urbano dimensioni, ma soprattutto rispetto alla sua qualità, consentendone la ricucitura con il paesaggio natu- definito “Indice del Verde”, inserito nel regolamento rale circostante, soprattutto in città che godono di edilizio del Comune di Bolzano come riferimento vedute dall’alto. I giardini verticali, secondo il suo obbligatorio per ottenere la concessione edilizia per ideatore Patrick Blanc, integrano in un tutt’uno ve- qualsiasi intervento di modificazione del verde (pubgetazione e architettura, le pareti verticali sono di- blico e privato) esistente. ventati spazi della città in cui la: «Natura è in grado Inoltre è stata adottata una politica di incentivi per di poter riprendersi una piccola parte di terra». invogliare i cittadini a rinverdire i tetti; infatti, la Il sistema, brevettato, è costituito da strati di feltro prospettiva, reale per il Comune di Bolzano, di far racchiusi in involucri di PVC fissati a telai metallici pagare in un’unica soluzione al cittadino l’approvviopportunamente distanziati dalla parete; all’interno gionamento e lo smaltimento dell’acqua dà la possidel feltro, secondo un sistema di irrigazione a goccia, bilità di applicare delle riduzioni a coloro che rendoè conservata l’acqua in cui vengono disciolti i sali no permeabili ovvero rinverdiscono le loro proprietà minerali; nella parte inferiore della facciata è collo- edilizie o fondiarie, favorendo così un maggiore ascato un impianto che raccoglie i residui del giardi- sorbimento dell’acqua nel suolo e di conseguenza un no. Questo sistema si fonda sul principio del terreno rallentamento dei deflussi. come supporto meccanico per le piante, in quanto Una diversa politica seguono quelle Amministragli elementi che rendono possibile la vita verde sono zioni (Torino, Vicenza, Regione Emilia Romagna) l’acqua e i sali minerali, di conseguenza le specie uti- che hanno inteso di introdurre nei loro regolamenlizzate nei giardini verticali sono piante con radici ti requisiti finalizzati all’innalzamento dei livelli di superficiali, che rispondono ai caratteri della vege- qualità urbana con l’aumento delle superfici verdi, tazione tropicale. Con tale sistema i luoghi che non cercando di sostituire alla logica prescrittiva quella hanno un’usuale vocazione ad ospitare il verde urba- incentivante. Infatti, nei Regolamenti edilizi vengono possono essere ricoperti, integrati fino ad entrare no previsti incentivi, tecnici ed economici per: in simbiosi con esse per costituire un involucro orga- • la creazione di verde pensile su tetti piani o rovenico per gli edifici. sci adatti ritenzione idrica; • la trasformazione di parte di tetti in falda a favore Incentivare i tetti verdi di terrazze da adibire a giardino pensile aperto o Il Regolamento Edilizio del Comune di Carugate invernale che sia; introduce la realizzazione dei “Tetti verdi” nei re- • edifici la cui morfologia sia concepita in funzione quisiti bioclimatici volontari poiché essi così come i del verde di pregio esistente; giardini pensili, non rappresentano solo un metodo • edifici che prevedono quote di superficie filtrante per restituire spazi verdi all’ambiente circostante e largamente superiore al minimo e con superfici per ridurre l’impatto edilizio, ma anche un’ottima libere opportunamente impiantate.

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Gestire e trasformare La necessità di gestire il verde urbano come una grande risorsa ha fatto si che l’attenzione si concentrasse sul potenziale verde esistente e sulle possibili trasformazioni relative agli spazi aperti. Per governare tali azioni, in alcuni casi, le norme contenute all’interno dei Regolamenti edilizi non si sono mostrate più sufficienti, così alcuni Comuni hanno prodotto un progetto generale di settore: il piano del verde, con l’intento di trattare le relazioni incrociate che caratterizzano la pianificazione territoriale, l’ambiente ed il paesaggio. Il loro impegno è stato rivolto a costruire non solo “un paesaggio naturale ma anche un paesaggio culturale”; infatti le esperienze da loro effettuate tendono a diffondere linee guida per le Amministrazioni che, solo ora, si muovono in questa direzione. Il Piano del verde è uno strumento che consente di determinare un programma organico di interventi per lo sviluppo quantitativo e qualitativo del verde, oltre che per la sua manutenzione e gestione, specialmente in relazione agli obiettivi e alle esigenze specifiche delle aree urbane e periurbane; disciplina lo sviluppo di ambiti territoriali omogenei, attraverso la verifica di compatibilità ecologico-ambientale delle trasformazioni urbanistiche analizzando, inoltre, le relazioni spaziali e funzionali del sistema urbanizzato con la rete delle matrici ecologiche, per la riqualificazione paesaggistica. Per la redazione di un Piano è necessaria la conoscenza dei caratteri del territorio, delle dinami44 42_44 Crisci.indd 3

che sociali e delle vocazioni naturali presenti e, in considerazione della complessità dei fenomeni da analizzare, è fondamentale l’apporto di esperti di diversi settori disciplinari con competenze specialistiche; gli obiettivi che si perseguono devono essere conseguiti attraverso l’utilizzo degli spazi verdi esistenti o potenzialmente realizzabili, mediante strategie e progetti che seguono le logiche della sostenibilità, al fine di migliorare l’ecosistema sul quale si va ad intervenire. Un Piano del verde è in genere costituito da vari elaborati tra cui il regolamento, in cui vengono definite le norme sulla progettazione, l’attuazione, la manutenzione del verde, la descrizione delle nuove realizzazioni pubbliche e private, un elenco generale delle specie e delle diverse possibilità di utilizzo e di collocazione suggerite per le differenti funzioni ornamentali (strade, parchi, giardini pubblici, ecc.) e per i diversi soggetti fruitori; si può prevedere che esso contenga, inoltre, indicazioni relative a situazioni particolari, come interventi di ingegneria naturalistica in aree degradate, difesa della vegetazione in aree di cantiere, difesa del suolo in aree urbane, ecc. Lo strumento attuativo del Piano è costituito proprio dal Regolamento, in cui sono contenute non solo indicazioni per una corretta e razionale gestione e conservazione del patrimonio vegetazionale presente sul territorio comunale, ma anche la definizione di requisiti e prestazioni per la progettazione. Le indicazioni contenute nel regolamento indirizzano il progettista nella realizzazione del sistema vegetazionale attraverso l’applicazione di principi che riconducono al riconoscimento della sostenibilità come elemento essenziale per il conseguimento della qualità ambientale e urbana. Lo strumento normativo contiene, per esempio, prescrizioni per ottenere un’appropriata relazione fra il verde esistente e il verde di nuovo impianto, relazione conseguita attraverso l’impiego di specie che rispondono al criterio di corretto rapporto col “climax” locale. La presenza di verde è sicuramente uno degli elementi che contribuisce al miglioramento della percezione della città e della qualità della vita dei cittadini. In molti contesti urbani le dotazioni di verde non sono ancora soddisfacenti, sia qualitativamente sia quantitativamente, tuttavia la presenza di vegetazione e di aree naturali è importante non solo nell’ottica di realizzare città sostenibili, ma anche per gli effetti positivi sul benessere fisico e mentale dei cittadini.

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Green City Energy

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Nuove Energie per lo sviluppo competitivo e sostenibile della città

Pisa, Palazzo dei Congressi 1, 2 e 3 luglio 2010

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l Forum Green City Energy nasce dall’esigenza di rendere evidenti i cambiamenti che le città stanno vivendo, mettendo in risalto come la produzione e l’utilizzo delle nuove energie possano migliorare la qualità di vita dei cittadini, creare uno sviluppo sostenibile delle attività produttive e generare nuove opportunità di crescita del settore della green economy. Comitato Promotore:

Comune di Pisa

Provincia di Pisa

In collaborazione con:

Green Sponsor:

Main Sponsor:

Supporter:

Sponsor:

Sponsor Tecnico:

Con il patrocinio di:

Ministero dello Sviluppo Economico

Commissione Europea Rappresentanza in Italia

Patrocinato da Kyoto Club

Media Partners:

L’evento Green City Energy 2010 è a Impatto Zero®. Le emissioni di CO2 generate sono state compensate contribuendo alla creazione e tutela di foreste in crescita.

Segreteria organizzativa: Gloria Cottafava - Via Sottoripa, 1A 16124 Genova Tel +39 010 42.17.101 - Fax 010 999.86.83 E-mail: segreteria@greencityenergy.it

Segreteria scientifica: Rowena Milan - E-mail: r.milan@clickutility.it Marketing e sviluppo commerciale: E-mail: marketing@greencityenergy.it

Ufficio Stampa a cura di BoccaccioPassoni Via degli Orefici 8 - 16123 Genova www.boccacciopassoni.com Enrico Passoni Tel: +39 010 8692648 - Fax: +39 010 8632906 Mail: ufficiostampa@greencityenergy.it


Emissioni Sul riscaldamento globale le divisioni sono ancora aspre e la durezza del dibattito non facilita le soluzioni

di Claudio Laterza

Clima di divisione

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ino a qualche tempo fa gli ambienti scientifici erano divisi tra chi sosteneva che il mondo si stava riscaldando e chi negava questa tesi, ritenendo che gli incrementi di temperatura registrati rientrassero nei limiti del fisiologico e che, dunque, si trattasse di normali oscillazioni termiche. Oggi l’evidenza di una diffusa anomalia di temperatura è tale che quasi nessuno più nega il riscaldamento globale. Pur tuttavia, continuano a non mancare discussioni, stavolta circa l’opportunità di adottare azioni volte al contenimento delle immissioni climalteranti in atmosfera (tipicamente anidride carbonica o biossido di carbonio, alias CO2). Così, gli ambienti scientifici

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odierni si dividono tra interventisti e negazionisti: i primi, riconducendo il riscaldamento globale alle massicce iniezioni in atmosfera di gas climalteranti di origine antropica, spingono perché si adottino serie misure di contenimento del fenomeno; i secondi obiettano che, da sempre, il clima terrestre alterna fasi di glaciazione a fasi di surriscaldamento senza che sia possibile dimostrare una correlazione esplicita tra temperature terrestri e concentrazioni di CO2 in atmosfera. Se, in generale, il dialogo ed il confronto sono elementi essenziali per la crescita e lo sviluppo, nel caso specifico le conseguenze di un eccessivo contraddittorio potrebbero essere molto pesanti.

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Me ne sono convinto leggendo la rivista solo un effetto di un qualcosa che ancora “Le Scienze” dove, nel numero di non intendiamo. Pur tuttavia, i toni Nessuno febbraio 2010, il professore Enridelle discussioni sul clima spesso ignora che la co Bellone ha esposto alcune sue evidenziano una decisa contrapdecarbonizzazione considerazioni circa il rapporto dell’economia sia costosa posizione di opinioni, direi quatra “Il clima e l’anidride carbosi un contrasto, mentre ai fini in termini monetari, nica”. In quella sede, il prof. di una sostanziale tutela della ma è anche vero che Bellone ha affermato, senza salute del mondo sarebbe auspitale strada prima o poi mezzi termini, che il legame cabile una dialettica più pacata e tra temperatura terrestre e conpropositiva. Nel caso di Bellone e dovrà essere centrazione di CO2 sia da ritenere dei dissenzienti, tutti ragionano in forzosamente “non banale”. Come egli sottolinea, prospettiva futura, l’uno evidenzianpercorsa il mondo avrebbe già vissuto in epoca do la necessità di prevedere un’enorme medievale una fase di riscaldamento certacrescita del fabbisogno energetico mondiale, mente non imputabile a responsabilità umane. Inol- gli altri propugnando di decarbonizzare l’economia tre, occorrerebbe domandarsi perché nel corso del “per limitare la dipendenza dalle fonti fossili”. DunXX secolo la CO2 non sia cresciuta in maniera linea- que, una possibile risposta alle esigenze di entrambi re, bensì secondo andamenti alterni. In virtù di ciò, potrebbe essere fornita da efficienza energetica e fonti il prof. Bellone invita a non “accontentarsi di facili rinnovabili. In questo caso, capire se l’attuale fase di semplificazioni” e mette in guardia dal “correre dietro riscaldamento globale sia effettivamente riconducibile ai fantasmi della CO2 ”. ad azioni antropiche serve a poco.

Dissenso evidente Nel successivo numero della rivista si è fatta sentire la replica di un nutrito gruppo di persone che ha sentito l’esigenza di dissentire, asserendo che il giudizio di Bellone “ignora completamente il lavoro rigoroso ed appassionato di migliaia di studiosi in tutto il mondo”. Dal punto di vista scientifico, i dissenzienti evidenziano che il confronto, con quanto accaduto in epoca medievale, è mal posto in quanto l’attuale anomalia di temperatura riguarda tutto il pianeta, mentre nel medioevo il riscaldamento ha interessato un’area limitata dal punto di visto geografico. Inoltre, la crescita della temperatura nel XX secolo non poteva essere lineare, ma necessariamente fluttuante, a causa di una variabilità della concentrazione in atmosfera di altre sostanze che interagiscono con il sistema climatico. Per esempio, negli anni immediatamente successivi al secondo dopoguerra la presenza in atmosfera di particolato di origine bellica avrebbe “nascosto la crescita delle temperature” configurandosi come una sorta di schermo della radiazione solare. I dissenzienti concludono che “negare ideologicamente i rischi legati ai cambiamenti climatici significa fare un pessimo servizio alla nostra società e alle generazioni future”. Chi ha ragione? Benché sembri probabile che l’anomalia di temperatura sia imputabile alle azioni dell’uomo, è anche vero che nessuno può escludere categoricamente che la causa del riscaldamento globale possa risiedere altrove ovvero che l’incremento di CO2 sia

Soluzioni possibili Efficienza energetica e fonti rinnovabili sicuramente contribuirebbero a contenere le immissioni di gas serra (e, quindi, i potenziali nefasti effetti sul clima), ove mai il riscaldamento globale sia effettivamente di origine carbonica. Diversamente, se l’attuale anomalia di temperatura fosse solo fisiologica, l’umanità si sarebbe arricchita di un know-how preziosissimo per soddisfare le crescenti future esigenze energetiche di un pianeta che, comunque, in tempi più o meno brevi, è destinato ad esaurire le riserve fossili. Nessuno ignora che la decarbonizzazione dell’economia sia costosa in termini monetari, ma è anche vero che tale strada prima o poi dovrà essere forzosamente percorsa. Partendo prima si disporrebbe di più tempo ovvero sarebbe possibile rendere più graduale l’inevitabile disagio sociale derivante dalla necessità di dover abbandonare consolidate abitudini in nome di una maggiore parsimonia energetica. Pertanto, se davvero si punta ad un modello di sviluppo ecosostenibile, è inutile perdere tempo in discussioni che, nell’immediato, non trovano soluzione certa ma, piuttosto, è preferibile collaborare in direzione comune. Diversamente, si fa solo il gioco di chi, temendo di dover rinunciare a posizioni di privilegio connesse al perdurare degli attuali equilibri socioeconomici, punta a perdere tempo per mantenere lo status quo. Con buona pace di negazionisti ed interventisti, troppo impegnati a discutere per accorgersi di sprecare tempo e risorse preziose. www.ambientarsi.net

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Risorse idriche

L’ACQUA IN CATTIVE ACQUE di Rosella Sansone

La privatizzazione imposta dal Governo agli enti locali lascia intravedere scenari negativi

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on l’approvazione del decreto Ronchi del novembre dello scorso anno, si è assistito ad un’accelerazione del processo di privatizzazione dell’acqua. Entro il 2015, infatti, tutti i servizi affidati dai Comuni a proprie aziende («in house») dovranno essere affidati con gara pubblica per rispettare la normativa europea: mantenendo le attuali concessioni le società che cederanno almeno il 40% ai privati; se quotate in Borsa, il pubblico dovrà scendere sotto il 30% entro la fine del 2015. In pratica con la privatizzazione degli acquedotti e dei servizi idrici si consentirà a forti gruppi di potere di trattare l’acqua come una merce e non come un servizio, secondo logiche di mercato, come se il bene fosse di proprietà di chi poi ce lo vende. Il risultato

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che ne deriva è catastrofico: l’acqua sarà più cara, potrebbe essere meno controllata, più inquinata perché rimessa in circolo con un livello di depurazione carente e, infine sarà in proporzione più cara dalle classi meno abbienti. Ciò perché le logiche dei colossi delle utilities sono quelle del privato che ha due strade da seguire al fine di raggiungere gli utili: o aumentare i prezzi o risparmiare sugli investimenti. Il quadro che si presenta è paradossale. Il nostro Paese ha spinto l’acceleratore sulla privatizzazione dell’acqua. Con le reti idriche allo sfascio, nessuno sa dove trovare le risorse per ricuperare il “gap” infrastrutturale. I lavori necessari ammontano a 62 miliardi di euro. Questo mentre 8 milioni di cittadini non hanno accesso certo all´acqua

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potabile, 18 milioni bevono spesso acqua non depurata e le perdite del sistema sono salite al 37%, con punte forti soprattutto al Sud. Sono più di vent´anni che si investe col contagocce, non si costruiscono acquedotti e la manutenzione di quelli esistenti è quasi scomparsa dai bilanci. Un quadro da Terzo Mondo. Nel frattempo, fra gli appetiti finanziari dei privati, moltissimi Comuni virtuosi che finora hanno gestito i servizi a basso costo e in modo eccellente, non intendono vendere “l´acqua del sindaco”, e lottano con tutti gli strumenti a disposizione. Dalla Puglia dove Niki Vendola ha deciso di ripubblicizzare l´acquedotto pugliese, il più grande d´Europa. A Mezzana Montaldo (Biella) dove gestiscono la loro rete in modo ineccepibile da oltre un secolo. Ad Aprilia dove l’amministrazione comunale si riprende il controllo della gestione idrica, grazie a una sentenza del Consiglio di Stato.

Buona gestione Il caso di Biella è un esempio di come si può gestire un bene prezioso attraverso l’unione di più forze, gli abitanti non pensano nemmeno un minuto a mollare l´acqua ad altri. Un «no all’acqua privata» di chi ha scelto un’altra strada, quella del privato noprofit, di un’autogestione senza aiuti statali, indipendente, nella pienezza dello spirito di servizio pubblico. Si tratta di cento piccole alleanze di paese che hanno tenuto duro, costruendo un ar-

cipelago che ha il suo centro a est di Biella. Nasce un secolo fa come il più grande distretto italiano del tessile: l’Associazione dei consorzi delle “acque libere” è un ottimo modello che gestisce centoventi sorgenti, cento chilometri di tubi, e serve cinquemila abitanti con tariffe tra le più basse d’ Europa. Diverso per alcuni aspetti, simile per altri, è il caso di Acqualatina. Il comune di Aprilia grazie alla sentenza del Consiglio di Stato può decidere a chi affidare la propria acqua senza dover sottostare alle decisioni prese dalla Provincia di Latina – che di fatto ha voluto imporre la scelta di un gestore privato. Precisamente viene riconosciuta l’acqua quale valore superiore su cui è necessario garantire la massima tutela. Riconoscendo ai comuni il pieno titolo di decidere come gestire le risorse idriche, senza dover subire interventi dall’alto. Aprilia ha aperto così la strada a tantissimi comuni, stretti tra acNel frattempo, quedotti che non possono più gofra gli appetiti vernare e una popolazione sempre più inferocita, che in ogni caso finanziari dei privati, continua a rivolgersi ai primi citmoltissimi Comuni tadini, ai loro eletti. È questo il virtuosi che finora vero paradosso della privatizzaziohanno gestito i servizi ne, che non potrà che peggiorare a basso costo e in con il decreto Ronchi. La domanmodo eccellente, da nasce spontanea: cosa se ne fa non intendono il cittadino della proprietà delle reti se l’acqua che scorre è gestita vendere “l´acqua del dai colossi, da consigli di ammisindaco” e lottano nistrazione non eletti dai cittadini con tutti gli strumenti e non sottoposti ai principi della a disposizione democrazia rappresentativa?

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Fonti

La buona energia è bio

di Giuseppe Langella

Il ruolo delle biomasse nel panorama energetico può essere importante, ma è necessario rispettare la sostenibilità

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L

e biomasse hanno costituito per millenni la principale fonte di energia per la maggior parte della popolazione mondiale ed assumono, oggi, un ruolo sempre più determinante nell’ambito della politica energetica dei Paesi industrializzati, incentrata su di uno sviluppo economico che faccia i conti con il concetto di sostenibilità e quindi con il rispetto e la salvaguardia delle generazioni che verranno. Utilizzate come fonte di energia attraverso tecnologie sempre più efficienti e mature, il loro ruolo inizialmente appariva strategico in relazione alla loro parziale sostituzione con i combustibili fossili, dando un contributo, seppure marginale, al bilancio energetico mondiale e, nel nostro Paese, alla riduzione della

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dipendenza dall’estero nell’approvvigionamento di fonti di energia. In realtà, la bioenergia coinvolge molti aspetti delle attività produttive e producendo esternalità positive a favore dell’inquinamento atmosferico, della difesa del suolo, dello sviluppo rurale, dell’occupazione, della corretta gestione dei rifiuti. Considerazioni più strettamente ambientali riguardano il loro contributo nel limitare l’effetto serra e nello scongiurare il rischio di mutamenti climatici derivanti da fenomeni ambientali legati ai crescenti consumi di combustibili fossili. Come è noto, infatti, la combustione di biomassa non incide sull’aumento netto di CO2 atmosferica in quanto la CO2 prodotta dalla combustione della stessa è pari alla CO2 assorbita dalle piante durante la loro crescita. Biomassa è un termine che riunisce una gran quantità di materiali, di natura estremamente eterogenea. Con alcune eccezioni, si può dire che è biomassa qualunque tipo di sostanza organica derivante direttamente o indirettamente dall’attività fotosintetica delle piante. Questa definizione racchiude al suo interno la prima grossa distinzione che si è soliti fare tra: • Biomassa vegetale, che insieme all’ossigeno costituisce il prodotto della fotosintesi clorofilliana delle piante e pertanto rappresenta la biomassa che deriva direttamente da questa attività; • Biomassa animale, che invece rappresenta quella quota di biomasse che, attraverso le catene alimentari degli animali, passa dal mondo vegetale al mondo animale, costituendo pertanto la biomassa derivata indirettamente dalla fotosintesi clorofilliana. In altri termini la biomasse è la forma più sofisticata di accumulo di energia solare a disposizione degli organismi viventi per il completamento dei loro cicli biologici e a disposizione dell’uomo, previa gestione sostenibile, per produrre energia ed alimentare le sue innumerevoli attività. Fonti dell’ITABIA calcolano che con la fotosintesi vengano fissate complessivamente 200 miliardi di tonnellate di Carbonio all’anno, con un contenuto energetico dell’ordine dei 70.000 Mtep. Ovviamente, non tutto questo potenziale può essere sfruttato dall’uomo perché le biomasse rappresentano una fonte di energia a lento rilascio e notevolmente dispersa sul territorio. La biomassa è quindi una risorsa rinnovabile a condizione che venga impiegata ad un tasso di utilizzo non superiore alle capacità di rinnovamento biologico, di contro è una risorsa quantitativamente non illimitata in quanto la disponibilità di ciascuna tipologia è limitata da vincoli fisici, ad esempio dalla superficie destinata alle singole produzioni vegetali o

dal numero di capi di allevamento, oltre che da quelli climatici ed ambientali che condizionano ad esempio le rese produttive delle coltivazioni vegetali. Le biomasse si prestano a numerose applicazioni riconducibili a tre tipologie principali: • Produzione di energia (Biopower); • Sintesi di carburanti (Biofuels); • Sintesi di prodotti (Bioproducts). Per qualunque applicazione la biomassa venga utilizzata, essa deve subire un processo di trasformazione: la conversione energetica.

La conversione energetica: processi biochimici e termochimici E’ possibile ricondurre i processi di conversione in due macrocategorie: • Processi di conversione biochimica; • Processi di conversione termochimica I processi termochimici (specialmente combustione e gassificazione) sono operativamente più flessibili di quelli biochimici. I primi sono adatti ad un funzionamento discontinuo nel tempo (processi stagionali), mentre i secondi richiedendo lunghi tempi di avviamento, sono raccomandabili laddove è possibile garantire la continuità di funzionamento degli impianti, dunque la continuità dell’approvvigionamento dei materiali da trattare. Inoltre, per quanto riguarda i prodotti della conversione energetica, quelli derivanti dai processi biochimici sicuramente presentano una maggiore elasticità di utilizzo. La conversione biochimica è il processo di trasformazione delle biomasse che avviene attraverso una serie di reazioni chimiche messe in moto grazie al contributo di enzimi, funghi e microrganismi che si formano nella biomassa sotto particolari condizioni. Le conversioni di tipo biochimico hanno la caratteristica di partire dalla biomassa umida, evitando co-

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stosi pretrattamenti. Pertanto risultano idonei a tali processi: le colture acquatiche, alcuni sottoprodotti colturali (foglie e steli di barbabietola, patata, ortive, ecc.), i reflui zootecnici ed alcuni scarti di lavorazione (acque di vegetazione dei frantoi, ecc.), nonché la biomassa organica eterogenea immagazzinata nelle discariche controllate. Le principali tecnologie per i processi biochimici sono: 1) La digestione anaerobica (o fermentazione) La digestione anaerobica è un processo di conversione che avviene in assenza di ossigeno e consiste nella demolizione, ad opera dei microrganismi specializzati, di sostanze organiche complesse (lipidi, protidi, glucidi) contenute nei vegetali e nei sottoprodotti di origine animale. Il prodotto in uscita è un gas (Biogas) costituito per 45-60% da metano (CH4) e per la restante parte soprattutto da monossido di carbonio (CO2) ed avente un potere calorifico medio dell’ordine di 23.000 kJ/Nm3 . 2) La digestione aerobica Tale processo consiste nella metabolizzazione delle sostanze organiche, per opera di microrganismi, che avviene in presenza di ossigeno. Gli artefici di questa degradazione sono batteri che convertono sostanze complesse in sostanze più semplici, liberando, come sottoprodotti, CO2, H 2O ed un’elevata quantità di calore, il quale può essere efficacemente trasferito all’esterno del substrato in via di decomposi-

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zione, mediante scambiatori a fluido ed utilizzato per diversi scopi. 3) La fermentazione alcolica E’ il processo di trasformazione dei glucidi, contenuti nelle produzioni vegetali, in etanolo. Quest’ultimo viene utilizzato come combustibile e altri sottoprodotti, impiegati nella produzione di altri combustibili, composti chimici, calore ed energia elettrica. L’etanolo è un prodotto utilizzabile anche nei motori a combustione interna (dual fuel), come avvenuto sin dall’inizio della storia automobilistica. 5) La produzione di metanolo Noto come l’alcol del legno, il metanolo è prodotto di solito dal gas naturale, ma può essere sintetizzato dalla biomasse tramite il processo di gassificazione. Il metanolo, caratterizzato da un potere calorifico inferiore dell’ordine di 21.000 kJ/kg, può essere successivamente raffinato per ottenere benzina sintetica, con potere calorifico analogo a quello delle benzine tradizionali. 6) L’estrazione di oli e la produzione di biodisel Le principali colture sulle quali si sta operando per lo sviluppo dei biocarburanti sono le colture da amido e da zucchero (cereali, patate, barbabietola, canna da zucchero ecc.) per la produzione di alcoli (etanolo) da utilizzare tal quali o da additivare alle benzine in sostituzione degli antidetonanti tradizionali (piombo tetraetile) e le colture oleaginose (girasole, colza, soia), da cui possono essere estratti oli vegetali per la produzione del biodiesel. La conversione termochimica invece, è il processo di trasformazione basato sull’azione del calore per produrre reazioni chimiche adatte a fornire energia; si tratta di processi di tipo distruttivo che producono energia o prodotti diversi, a secondo del procedimento adoperato. Le biomasse più adatte a subire processi di conversione termochimica risultano la legna ed i suoi derivati (segatura, trucioli, ecc.), i più comuni sottoprodotti colturali di tipo ligno-cellulosico (paglia di cereali, residui di potature, ecc.) e taluni scarti di lavorazione (lolla, pula, gusci, noccioli, sanse, vinacce, ecc.). Le principali tecnologie di conversione per i processi termochimici sono: 1) La combustione diretta La combustione diretta è un processo di degradazione termica della biomasse in presenza di ossigeno ed alte temperature. Il calore prodotto può essere sfruttato tal quale per il riscaldamento

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2004

2005

2006

2007

2008

Incremento medio annuo (%)

Idrica

17056

17356

17412

17458

17623

1%

Eolica

1131

1639

1908

2714

3537

33%

Fotovoltaica

7

7

7

87

431

385%

Geotermica

681

711

711

711

711

1%

Biomassa e RSU

1347

1195

1256

1337

1555

4%

Totale

20222

20908

21294

22307

23857

4%

Tab.1 - Potenza efficiente lorda degli impianti da fonte rinnovabile in Italia (GW)

degli ambienti, ovvero ci può essere scambio di calore tra i gas della combustione ed appositi fl uidi di processo (acqua, olio diatermico, ecc.). 2) La carbonizzazione La carbonizzazione è un processo termochimico che consente la trasformazione delle molecole strutturate dei prodotti legnosi e cellulosici in carbone (carbone di legna o carbone vegetale). 3) La gassificazione La gassificazione consiste nell’ossidazione parziale di una sostanza in un ambiente ad elevata temperatura (900-1.000°C) per la produzione di gas combustibile (detto gas gasogeno) di basso potere calorifi co inferiore (PCI), variabile tra i 4.000 kJ/Nm3, nel caso più diff uso dei gassificatori ad aria, ed i 14.000 kJ/Nm3, nel caso dei gassificatori ad Ossigeno. 4) La pirolisi La pirolisi è un processo di decomposizione termochimica di materiali organici, ottenuto mediante applicazione del calore, a temperature comprese tra 400-800°C, in completa assenza di un agente ossidante (l’ossidante per eccellenza è l’Ossigeno). I prodotti della pirolisi possono essere solidi, liquidi o gassosi, a seconda del metodo di pirolisi utilizzato (pirolisi convenzionale, lenta, veloce) e vengono usati come combustibili.

• idrocarburi (PCI circa 32000-42000 kJ/Nm3); • metanolo (PCI circa 22000 kJ/Nm3). Le tecnologie di conversione energetica delle biomasse, quindi, consentono di ottenere elettricità, calore/ freddo, carburanti per autotrazione e varie materie prime. Prendendo in considerazione solo le soluzioni oggi proponibili per elettricità e calore, le tecnologie utilizzabili possono essere suddivise in tre gruppi: • impiego di caldaie; • sistemi di gassifi cazione della biomasse; • impiego di combustibili ottenuti da biomasse.

Gli incentivi Con i provvedimenti collegati alla legge finanziaria 2008 sono state introdotte delle importanti novità per incentivare la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. In particolare viene data la possibilità di usufruire di una tariffa omnicomprensiva per la vendita dell’energia elettrica prodotta da impianti con potenza inferiore al Megawatt elettrico, viene inoltre prolungato a 15 anni il periodo di diritto agli incentivi. Questi provvedimenti pongono le basi per una sicura diffusione di impianti di piccola-media dimensione, alimentati con biomasse di origine aziendale. Tuttavia rispetto alle altre fonti rinnovabili, come evidenziato nella tabella, il trend di crescita della I prodotti energetici capacità produttiva di energia dalle biomasse è siAttraverso la conversione delle biomasse in biocom- curamente contenuto. Ciò è dovuto in particolare ai bustibili si possono ottenere una serie di prodotti maggiori costi di gestione di tali impianti, dalla racenergetici, quali: colta della materia prima alla trasformazione e infine • biogas, con potere calorifi co inferiore (PCI) di alla utilizzazione energetica. circa 4000-8000 kJ/Nm3; Tale difficoltà , di contro, è sicuramente riconosciuta • bio-olio combustibile (PCI. circa 20000-27000 dall’attuale sistema di incentivazione che, in partikJ/Nm3); colare per quanto riguarda la tariffa omnicompren• carbone (PCI. circa 28000 kJ/Nm3); siva, premia la produzione di energia da biomasse • miscela combustibile acqua-olio-carbone (PCI (specialmente da fi liera corta) rispetto alle altre fonti circa 16000 kJ/Nm3); rinnovabili. www.ambientarsi.net 50_53 Langella.indd 4

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Esperienze

Il futuro è energia di Alessandra Tomeo

L’ambiente come chiave di competitività anche personale per i giovani. Questa la logica di un’iniziativa di Claudia Bettiol

C

laudia Bettiol, socioingegnere esperta in fonti rinnovabili, e madre di un’inquieta adolescente, Maria, i cui sogni spaziano tra i cavalli e le motociclette a idrogeno, recentemente ha tenuto una lecture destinata ai giovani dal titolo “Futuro ed Energia”, grazie al supporto del Sindaco di Colleferro Mario Cacciotti, e con la collaborazione dei giornalisti Marco Gisotti, direttore della rivista Modus Vivendi e di Sergio Ferraris, caporedattore di Ambientarsi, nel teatro di Colleferro. Abbiamo chiesto a Claudia Bettiol di parlarci di questa esperienza.

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Qual è lo scenario di riferimento che hai utilizzato per la tua iniziativa?

«Bisogna tenere conto che oggi viviamo in un Mondo che ha diverse velocità sociali, ma quella massima è in aumento. La globalizzazione, la rete e la mobilità planetaria stanno mettendo in relazione tutto e tutti. Questa relazione sta producendo degli effetti sulla vita quotidiana oggi, e sulle scelte che sarà necessario fare in futuro, specialmente per quanto riguarda il clima e l’ambiente. E oggi parlare d’ambiente significa occuparsi specialmente d’energia, tecnologie e società».

Lavoro e giovani che rapporto c’è in questo contesto?

«Il rapporto è il futuro. L’accelerazione di cui parlavo prima ha come primo effetto quello di comprimere il futuro, bisogna dare risposte adeguate a sfide sempre più grandi in tempi che si accorciano ogni giorno di più. Un esempio è rappresentato dal lavoro. I dieci lavori più richiesti oggi solo dieci anni fa non erano immaginabili o erano di nicchia. I processi decisionali politici non riescono più a stare al passo con le trasformazioni della produzione e noi in Italia sembra che siamo alla finestra mentre i treni dello sviluppo passano sempre più veloci. Oggi un giovane deve decidere il proprio futuro professionale in pochi mesi pensando a lavori che ancora non esistono, con i quali produrrà oggetti che devono ancora esse-

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re concepiti, il tutto con un’istruzione che per forza delle cose diventerà obsoleta in pochi anni. E mentre la Cina e l’India sfornano centinaia di migliaia di ingegneri, fisici e matematici, lo scenario italiano è statico, fermo appiattito, nelle migliori delle ipotesi, su una storia che dovrebbe essere conservata nei musei, non contrabbandata come motore di sviluppo».

Quindi cosa ha voluto fare con la propria iniziativa?

«Prima di tutto ho voluto portare i giovani in un teatro, quello della mia cittadina Colleferro, (in provincia di Roma, N.d.R.) che è stretta nella morsa di uno sviluppo insostenibile, inquinante e oggi anche in crisi a causa della congiuntura economica, per parlare loro del futuro. Abbiamo scelto il teatro per decontestualizzare le scene di discussione tradizionale perché finora gli strumenti interpretativi che sono offerti loro dalla scuola, dalla televisione o da internet non sono sufficienti. Teatro significa vivere l’emozione in diretta e aumentare il livello di attenzione secondo un processo parallelo a quello che è successo nel campo musicale. La possibilità di scaricare musica gratuitamente dalla rete ha aumentato il numero di piccole band che suonano musica dal vivo e restituiscono emozioni dirette».

Anche internet?

«Si il nostro internet perché è scritto in una lingua che nel Mondo è parlata da poche persone, ma soprattutto perché la maggior parte dei nostri giovani non studiano inglese e non lo parlano. Il web è pieno di risorse e di stimoli, ma buona parte dei contenuti sono in altre lingue e per questo motivo sono incomprensibili per chi vive in una sorta d’autismo culturale. È un paradosso non indifferente. Viviamo nel momento storico nel quale è disponibile un’enorme massa d’informazioni, ma nel nostro paese rimaniamo ai margini. E questo discorso vale specialmente per le informazioni tecniche legate all’innovazione. Rischiamo di subire, per esempio, fenomeni come l’I Phone o l’I Pad, dei quali rischiamo di diventare dei meri consumatori, invece di poter agganciare il fenomeno magari sviluppando delle applicazioni per questi device innovativi».

Tu punti molto sulla centralità dell’energia. Perché?

«Oggi siano di fronte a una vera e propria rivoluzione sul fronte energetico. Stiamo cambiando paradigma passando dalle fonti fossili alle rinnovabili, dalla generazione centralizzata a quella distribuita e non si tratta di fenomeni da specialisti, ma coinvolgerà

ognuno di noi, il proprio stile di vita. Un piccolo esempio lo abbiamo di fronte a noi. L’incremento della capacità delle batterie dei computer portatili sta già modificando lo stile di lavoro. In tutto il Mondo si possono vedere gruppi di lavoro nei bar, nei parchi, in treno che sfruttano tempi e luoghi, spesso occasioni e informali, per lavorare, scambiarsi idee o anche solo per condividere informazioni tramite i social network. E siamo solo all’inizio. Tra poco le nostre case saranno in grado di gestire l’energia in modo intelligente, producendola e consumandola in maniera efficiente, magari interfacciandosi con l’auto elettrica parcheggiata in garage accumulando energia per poi rivenderla sul mercato elettrico nel momento migliore. È fantascienza? No le tecnologie per fare ciò esistono e sono mature. Ciò che è necessario fare, per diffondere queste pratiche è intervenire sulla società nonchè sugli stili di vita e i soggetti migliori, sui quali è prioritario intervenire per le ragioni a cui ho accennato prima, sono proprio i giovani».

Come si è svolta la tua iniziativa?

«Si è trattato di un evento nel quale sono intervenuti prima Sergio Ferraris che ha tracciato un quadro generale sullo scenario energetico partendo da concetti semplici per approdare a questioni più complesse, come il bilancio energetico dell’Italia, utilizzando poche cifre di grande impatto come quelle dell’Università Bocconi che prevede un giro d’affari da parte dell’industria sulle rinnovabili di 42 miliardi di euro nei prossimi dieci anni e finendo con un’immagine d’impatto per i giovani: un’auto elettrica sportiva da 200 km/h che è già sul mercato. A seguire è intervenuto Marco Gisotti che ha parlato di ambiente, lavoro ed energia partendo da linguaggi vicino ai giovani, come i fumetti, i film, i cartoni animati dei Simpson, con una linea narrativa semplice ma rigorosa e ricca di esempi efficaci e comunicativi. La chicca di Marco è stata quella di scovare un episodio dei Simpson nel quale la”terribile” famiglia statunitense fa i conti con la questione energetica e con l’eolico. Successivamente sono intervenuta io sulle questioni che ho già evidenziato».

Si tratta di un evento isolato?

«No. Vorrei riuscire a portare questa iniziativa in altre città, magari raffinando ulteriormente il formato, magari inserendo un attore e un musicista. Nel frattempo “Futuro ed Energia” continuerà a vivere sul web. Abbiamo fatto le riprese video di tutto l’evento e lo renderemo disponibile a breve su internet tramite You Tube».

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Tecnologie

UNA FREDDA EFFICIENZA di Sergio Ferraris

Lo sviluppo e ricerca per una maggior efficienza energetica possono passare anche attraverso il freddo come nel caso della superconduttività

I

l freddo può essere utile per l’efficienza energetica poiché il suo utilizzo aumenta la conduttività elettrica ed abbassa le dispersioni di corrente. In pratica la resistenza al passaggio degli elettroni all’interno di qualsiasi materiale conduttore tende allo zero, tanto più che ci si avvicina allo zero assoluto, ma esistono materiali, come metalli puri, leghe e composti che quando sono raffreddati al di sotto di una temperatura, comunemente detta critica, presentano un brusco aumento della conduttività diventando così dei superconduttori. Questo principio non è nuovo al mondo della fisica, fu infatti scoperto quasi cento anni fa, nel 1913, dallo scienziato Heike Kamerlingh Onnes che la rilevò nel mercurio al di sotto dei quattro Kelvin, ma le sue applicazioni pratiche, al di la delle indagini

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sperimentali, si sono potute intravedere solo negli ultimi anni quando le tecnologie legate al freddo sono diventate sufficientemente accessibili a livello industriale. Prova di ciò risiede nella storia recente del Centro europeo per la ricerca nucleare, meglio noto come Cern, nel quale solo l’ultimo acceleratore di particelle che è in via di completamento, l’Lhc, utilizza superconduttori lungo tutto l’anello della circonferenza di 27 chilometri, mentre il suo predecessore, il Lep attivo tra il 1989 e il 2000, utilizzava queste tecnologie solo nei punti di rilevazione delle particelle. Questo fatto può essere preso come indicatore di quali siano i progressi tecnologici legati alla superconduzione, visto che ora si riesce a raffreddare a bassa temperatura l’intera circonferenza dell’acceleratore.

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I principi In fisica per distinguere i due stati di conduzione nei quali si può trovare lo stesso materiale in base alla temperatura si fissa un punto che è definito “critico” (Tc) e che è differente a seconda delle sostanze stesse il quale definisce sia lo stato superconduttore, sia quello normale. In pratica il punto critico di temperatura, Tc, è una sorta di spartiacque tra i due stati stessi. La temperatura critica varia in maniera notevole a seconda dei materiali. I metalli puri, per esempio, hanno temperature critiche di pochi kelvin al di sopra dello zero assoluto, difficili da raggiungere e costose da mantenere, mentre le leghe e i composti possiedono temperature critiche decisamente più alte. Ceramiche miste con ossigeno e rame, per esempio, hanno temperature critiche di 120 kelvin cosa che permette di utilizzare con profitto un refrigerante come l’azoto liquido che è economico e ampiamente disponibile. Il punto di svolta della ricerca sui superconduttori è arrivato una ventina di anni fa, nel 1986, quando si scoprì che un materiale ceramico composto da ittrio, bario, rame e ossigeno entrava nella fase di superconduzione alla temperatura di 92 kelvin, 23 sopra al migliore superconduttore dell’epoca, consentendo la sostituzione dell’elio con l’azoto liquido. I risultati di questa scoperta sul mondo della ricerca furono due. Il primo fu quello di indirizzare le linee di ricerca mondiali verso l’obiettivo di trovare leghe che diventino superconduttrici già a temperature prossime a quella ambiente, mentre il secondo fu quello di far abbandonare definitivamente la ricerca sui metalli puri conduttori per eccellenza a temperatura ambiente, come oro, argento e rame che contrariamente a ciò che si pensa sono dei pessimi superconduttori. Questo indirizzo di ricerca ha portato ad aumentare la temperatura critica fino a un livello di 134 Kelvin in una lega composta da calcio, bario, uranio, mercurio, ossigeno e carbonio.

Nel 2001 un ulteriore progresso in questa direzione è arrivato grazie alla scoperta della superconduttività all’interno di un semplice composto binario formato da magnesio e boro, MgB2. Questi recenti superconduttori possono essere impiegati sia con liquidi criogenici quali l’idrogeno, l’azoto e il neon, sia con tecniche criogeniche le quali permettono di ottenere temperature molto basse senza l’impiego di liquidi refrigeranti e con un saldo energetico che inizia a essere interessante. La nuova lega a base di magnesio e boro, inoltre, non presenta una serie di difficoltà tecniche che hanno caratterizzato i materiali precedenti, impedendone molte applicazioni pratiche. L’impiego dell’ MgB2 è previsto a breve negli apparecchi per l’analisi biomedicale e nei fili superconduttori da impiegarsi nella trasmissione di elettricità.

Peculiarità Una delle caratteristiche peculiari dei superconduttori è l’annullamento della resistività elettrica al punto che questi materiali possono essere attraversati dalla corrente elettrica senza che ai suoi estremi sia applicata una differenza di potenziale e in queste condizioni quindi la dissipazione ohmica si annulla completamente. Il linea teorica la corrente immessa in un circuito superconduttore potrebbe circolare per sempre e ciò potrebbe permettere a un sistema basato sulla superconduzione di fungere da accumulatore d’energia. Questa applicazione è stata verificata empiricamente in un esperimento condotto negli Stati Uniti, nel 1956, durante il quale non si è osservata alcuna perdita di corrente per ben due anni, all’interno di un circuito posto in condizioni costanti di superconduzione. Si tratta, naturalmente, di sistemi sperimentali tesi a dimostrare solo delle capacità potenziali. A oggi, infatti, il bilancio energetico dei sistemi a superconduzione è sfavorevole ai fini della conservazione energetica. L’energia necessaria

Superconduttori anti black out I nuovi materiali superconduttori saranno impiegati per un utilizzo tanto semplice quanto essenziale: quello dei limitatori di corrente ad alta potenza. Sfruttando il fenomeno per il quale un superconduttore diventa resistivo al superamento di una corrente critica limitando in maniera automatica la corrente presente all’interno del circuito, si potrebbe evitare, inserendoli in punti strategici della rete di trasmissione, il cosiddetto effetto a cascata per il quale le centrali di generazione si distaccano dalla rete elettrica quando occorre un sovraccarico, come è successo in Italia durante il black out del 28 settembre 2003.

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Superconduttori rinnovabili Una delle linee più promettenti di applicazione dei superconduttori è quella legata al loro utilizzo nella generazione eolica. Tra i vari limiti in questo tipo di generazione c’è quello legato alle dimensioni della macchina elettrica sincrona che deve trovare posto nella gondola a ridosso delle eliche. La possibilità superiore di conduzione dei nuovi materiali, infatti, potrebbe portare alla creazione di macchine dalla potenza notevolmente più alta, con un volume contenuto e con migliori prestazioni. Un sistema sincrono a superconduzione, infatti, possiede una buona efficienza anche a bassi regimi di rotazione consentendo a un aereogeneratore di funzionare anche con velocità del vento basse, ottimizzando la produzione e permettendo la creazione di parchi eolici in zone che ora sono considerate troppo poco produttive. Questa tecnologia è già alla fase di prototipo. Siemens, infatti, ne ha dimostrato recentemente la fattibilità e sta ottimizzano il progetto a livello industriale. per mantenere in condizione di superconduzione un sistema, infatti, è maggiore di quella accumulata o conservata durante la trasmissione, anche nei sistemi ad alta temperatura. In pratica maggiore è la temperatura, minore è l’energia necessaria per assicurare la superconduttività e la ricerca oggi si muove in questa direzione. Prova di ciò la si può trovare nell’esperimento per la fusione nucleare, Iter (International Thermonuclear Experimental Reactor), nel quale è prevista la costruzione di un reattore sperimentale a Cadarache, nel Sud della Francia da parte di un consorzio tra Unione Europea, Russia, Cina, Giappone, Stati Uniti d’America, India e Corea del Sud. Il reattore sperimentale che si prevede possa offrire i primi risultati non prima del 2016 (anno in cui si spera di stabilizzare il processo per qualche minuto), utilizzerà per il confinamento del plasma che ha una temperatura di lavoro di 1,5 x 108 kelvin in campi magnetici della potenza di circa 5,3 Tesla prodotti da appositi magneti superconduttori. L’obiettivo è quello di arrivare ad avere una produzione energetica che abbia un fattore dieci rispetto a quella immessa per l’innesco e il mantenimento della reazione nucleare. A oggi le prove sperimentali per la generazione del plasma però hanno un bilancio energetico negativo, ossia è maggiore l’energia introdotta ne sistema rispetto a quella prodotta. Altra peculiarità dei semiconduttori è quella di poter assicurare il trasporto di corrente con una dissipazione molto vicina allo zero e ciò comporta il fatto di poter trasportare corrente elettrica in quantità molto maggiori rispetto ai conduttori normali. Un superconduttore può, infatti, trasportare migliaia di Ampere per millimetro quadro, rispetto ai pochi

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Ampere per millimetro quadro dei conduttori comuni, come il filo di rame utilizzato negli impianti elettrici e ciò fa ben sperare in evoluzione dei sistemi di trasporto dell’energia elettrica ad alta potenza.

Applicazioni concrete Le tecnologie e le applicazioni nelle quali i superconduttori dovrebbero offrire i migliori risultati concreti sono quelle legate ai campi magnetici di forte intensità. Nella diagnostica e nella ricerca genetica, già oggi sono estremamente diffuse le tecniche di risonanza magnetica che si basano sulla superconduzione a basse temperature, mentre in prospettiva si attendono buoni risultati nel trasporto, i treni a levitazione magnetica, nei sistemi meccanici privi di attrito, i cuscinetti magnetici, nella gestione dell’elettricità con limitatori di corrente, linee di trasporto e trasformatori di corrente, nei motori magnetoidrodinamici che sono realizzabili sono con i superconduttori, i rivelatori Squid che sono in grado di analizzare campi magnetici molto bassi come quelli generati dall’attività cerebrale. Altro impiego possibile quello della telefonia mobile dove l’utilizzo di filtri superconduttori può ridurre l’intensità delle onde elettromagnetiche e abbassare l’intensità di campo dei ripetitori, abbattendo il controverso fenomeno dell’elettrosmog. L’introduzione di nuovi materiali superconduttori ad alta temperatura e lo sviluppo di sistemi di raffreddamento sempre più efficaci, svincolati dai liquidi refrigeranti difficili da maneggiare e caratterizzati da una maggiore efficienza energetica dovrebbe portare in futuro i materiali superconduttori ad abbandonare l’ambito dei laboratori di ricerca per approdare ad applicazioni sempre più comuni.

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@mbientarsi La parola al lettore Stimato direttore, Recentemente un gruppo di agricoltori bolognesi ha dato luogo alla campagna “Genuino Clandestino” contro il potere delle lobby istituzionali e per meglio supportare la propria battaglia all’agri-business. L’agricoltura contadina è a rischio l’estinzione: in Europa scompare un’azienda agricola al minuto, ai giovani manca l’accesso alla terra, i piccoli produttori non hanno potere nella contrattazione del prezzo con la grande distribuzione e ottenere il marchio “bio” per i propri prodotti richiede una spesa che è spesso superiore ai 3.000 euro. L’associazione Campi Aperti, che raccoglie una trentina di aziende agricole bolognesi, il cui obiettivo è quello di svincolarsi dal giogo degli enti certificatori e promuovere piccole produzioni di altissima qualità ha dato vita alla campagna “Genuino Clandestino”. Genuino Clandestino promuove l’autocertificazione da parte degli agricoltori dei propri prodotti e si basa sul rapporto di fiducia e di controllo diretto tra produttore e consumatore. La scelta del nome deriva dal fatto che gli agricoltori che vi aderiscono sono considerati illegali per la legge italiana, perchè utilizzano laboratori non a norma per la trasformazione e non sono iscritti alla camera di commercio, quindi sono “clandestini”. Una relazione stabile e trasparente tra consumatore e produttore, altrove è considerata illegale? Mario Chittani (Roma)

lettere@ambientarsi.net

Cordiale redazione, Il Dipartimento degli Interni Usa e i governatori di dieci Stati che si affacciano sulla costa atlantica hanno recentemente siglato un accordo che ha dato vita all’Atlantic Offshore Wind Energy Consortium. Il nuovo consorzio che avrà il compito di promuovere lo sviluppo delle risorse eoliche offshore disponibili nella parte esterna della piattaforma continentale atlantica degli USA. E in particolare coordinare gli sforzi compiuti dai diversi Stati per facilitare il rilascio dei permessi, per il completamento degli studi ambientali, per il superamento degli ostacoli tecnici e finanziari e per la realizzazione e gestione degli impianti. L’accordo è stato sottoscritto dai governatori del Maine, New Hampshire, Massachusetts, Rhode Island, New York, New Jersey, Delaware, Maryland, Virginia e del North Carolina, mentre la supervisione sulle attività di sviluppo sarà esercitata dal Bureau of Ocean Energy Management del dipartimento. Si ipotizza che sviluppando l’intero potenziale eolico offshore degli USA si potrebbe arrivare a soddisfare un quinto del fabbisogno elettrico del Paese e avere un incremento occupazionale di 250mila nuove unità lavorative. Questa ennesima iniziativa è il segno che ormai il Mondo crede nella forza delle risorse naturali, mentre in Italia, Paese del sole, si pensa alla tecnologia atomica.

Gentile direttore, Sembrava che nel Golfo del Messico fossero finalmente riusciti a tappare quel buco in diretta comunicazione con l’inferno. Purtroppo, nonostante i molteplici tentativi con capsule d’acciaio o tappi di cemento, nessuno sa ancora come fermare quel f lusso ininterrotto di 2-3.000 mc di petrolio, che si riversa ogni giorno nel mare e lo soffoca pian piano. Anche supponendo che a breve una soluzione la si trovi, per rimediare al peggior disastro ambientale della storia dell’uomo ci vorrà più di mezzo secolo ed in questo lungo tempo è possibile che la cosa si ripeta, perchè in quell’angolo di oceano ci sono già oggi più di 6.000 piattaforme che continuano a succhiare, avidamente e senza altri pensieri, petrolio dal ventre della terra. Possibile che gli interessi di pochi debbano attentare la libertà di tutti? Simone Strada (Novara)

Franco Grandi (Lecce)

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Appuntamenti Green City Energy International Forum 1-3 luglio 2010, Pisa

Forum Internazionale mirato ad approfondire in modo “verticale” le tematiche lanciate dal “Think Tank”, con un Focus sulle tecnologie e i progetti per lo sviluppo delle nuove energie per le città. Partecipazione gr atuita informazioni: www.greencityenergy.it

ISIE 2010 4-7 luglio 2010, Bari

La più grande conferenza estiva dell’Industrial Electronics Society dell’istituto IEEE è un forum internazionale dove vengono illustrati gli ultimi risultati di ricerca nell’ambito delle nuove tecnologie, nonché storie di successo in materia di elettronica industriale e relative applicazioni. Per l’occasione, i settori dell’industria, della ricerca e dell’Università sono soliti proporre presentazioni, relazioni didattiche e nuove iniziative per il progresso tecnico-scientifico e nell’ambito dell’istruzione e della formazione tecnica. I lavori si svolgeranno in lingua inglese e i contributi saranno pubblicati negli atti e inseriti nella biblioteca digitale «IEEEXplore». Institute of Electrical and Electronics Engineers (IEEE) - Sonya Rosbotham info@isie2010.it; www.isie2010.it

Semicon West 2010 13-15 luglio 2010, San Francisco, California, USA

Una delle più importanti fiere dell’industria dei semiconduttori, ricca fonte di informazione anche per la produzione di celle fotovoltaiche e wafer. Tecnologia solare, materiali e macchinari di produzione per semiconduttori saranno tra gli argomenti principali dell’evento concomitante della fiera «Intersolar North America». SEMI Global Headquarters Becky Achermann Tel. 001 / 408 / 94 37 – 987, www.semi.org

Intersolar North America 13-15 luglio 2010, San Francisco, California, USA

La manifestazione segue l’impostazione di matrice tedesca, offrendo un palcoscenico sia per il fotovoltaico

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che per il solare termico. Data la concomitanza con la fiera partner «Semicon» dedicata all’industria dei semiconduttori, è atteso un numero cospicuo di aziende produttrici di silicio e wafer. Solar Promotion International GmbH Diana Döppe Tel. 0049 / 7231 / 585 98 – 22, doeppe@intersolar.us, www.intersolar.us

4th China (Qingdao) International Building Energy-saving & Renewable Energy Utilization Fair 17 - 19 luglio 2010, Qingdao, Cina

L’esposizione, che intende affrontare globalmente il rapporto tra le energie rinnovabili e i settori della casa e dell’edilizia, sarà anche in parte dedicata al fotovoltaico e alle tecnologie solari per il riscaldamento, l’illuminazione e i progetti energetici. ingdao Haichen International Expo. Co., Ltd. Amy Li Tel. 00 86 / 532 / 80 79 10 23, info@qdcese.com, www.qdcese.com

PV Production Forum 2010 7 settembre 2010, Valenzia, Spagna

Un forum che si integra nella venticinquesima edizione di EU PVSEC e di IPVEA, incentrandosi sulle tecnologie di produzione del fotovoltaico e offrendo vari workshop su argomenti quali il silicio e la fabbricazione di film sottile. L’evento intende rappresentare una piattaforma sia per lo scambio di informazioni che per la creazione di contatti in tutti i segmenti della produzione. WIP GmbH & Co. KG, Heinz Ehmann, Tel. 00 49 / 89 / 720 127 35 heinz.ehmann@wip-munich.de, www.photovoltaic-conference.com

PV Rome Mediterranean 8-10 settembre 2010, Roma

Nell’ambito della manifestazione «ZeroEmission Rome», è previsto questo Salone internazionale delle Tecnologie del Fotovoltaico per il Mediterraneo, in concomitanza con altri importanti eventi dedicati alle energie rinnovabili. Artenergy Publishing Srl, Angelo Altamura Tel. 02 66 30 - 68 66, info@zeroemission.eu, www.zeroemission.eu

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Solarmed 2010 15-17 settembre 2010, Parigi, Francia

La nuova manifestazione sarà interamente dedicata all’utilizzo dell’energia solare nei Paesi del Mediterraneo, sfruttando uno spazio espositivo e proponendo una conferenza sul tema. Solarmed, Louise Leininger, Tel. 00 33 1 45 - 24 33 10 solarmed@solarmed.com, www.solarmed.com

12th Renewable Energy Finance Forum – London 20-21 settembre 2010, Londra, Gran Bretagna

La conferenza annuale, giunta alla dodicesima edizione, intende fornire una piattaforma per investitori e consulenti che si occupano di energie rinnovabili. Saranno discusse le opportunità di investimento e le tendenze nel settore del fotovoltaico. Nel 2009, furono presenti oltre 400 partecipanti, provenienti da 38 Paesi diversi. Euromoney Energy Events, Jianjia Chan, Tel. 00 44 / 20 / 77 79 89 - 95 energyevents@euromoneyplc.com, www.euromoneyenergy.com

Conference & Exhibition: World Renewable Energy Congress XI 25-30 settembre 2010, Abu Dhabi, Emirati Arabi Uniti

Dopo aver fatto tappa a Glasgow, nel 2008, la prossima edizione del congresso si terrà negli Emirati Arabi Uniti. La conferenza tratterà di tutte le fonti di energia rinnovabili, compreso il fotovoltaico. World Renewable Energy Network (WREN), Ali Sayigh, Tel. 0044 / 1273 / 625 - 643 asayigh@netcomuk.co.uk, www.wrenuk.co.uk/wrecxi.html

3rd Renewable Energy Finance Forum West

gie rinnovabili e della finanza un forum in cui si può discutere delle possibilità di investimento e delle tendenze in atto nei vari campi. Euromoney Energy Events, Christopher Knowland, Tel. 00 44 / 20 / 77 79 89 - 95 energyevents@euromoneyplc.com, www.euromoneyenergy.com

Solarpeq 2010 28 settembre-1 ottobre 2010, Düsseldorf, Germania

In concomitanza con l’esposizione dell’industria del vetro Glasstec, debutterà quest’altra fiera specializzata, con l’intenzione di puntare i riflettori sul tema delle tecnologie di produzione del settore fotovoltaico: le imprese vi troveranno nuovi spazi per presentare i propri macchinari di produzione di silicio, wafer, celle e moduli. Messe Düsseldorf GmbH, Heiko M. Stutzinger, Tel. 00 49 / 211 / 45 60 - 273 stutzingerh@messe-duesseldorf.de, www.solarpeq.de

Glasstec 2010 28 settembre-1 ottobre 2010, Düsseldorf, Germania

La fiera internazionale dedicata alla produzione del vetro presenterà macchinari, attrezzature, applicazioni e prodotti dedicati a questo materiale dell’«high-tech». I settori principali dell’esposizione dovrebbero essere occupati tanto dai prodotti del comparto fotovoltaico e del solare termico, quanto dalle soluzioni multifunzionali di isolamento e dalle tecnologie per l’integrazione nelle facciate degli edifici. Messe Düsseldorf GmbH, Anke Pröpper, Tel. 00 49 / 211 / 45 - 604 18 proeppera@messe-duesseldorf.de, www.glasstec.de

28-29 settembre, San Francisco, California, USA

L’appuntamento con la conferenza a cadenza annuale offre ai rappresentanti dei settori delle ener-

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NEWS dall’ Europa

di Carla Gentili

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ono oltre 400 i progetti internazionali a cui hanno aderito 3.500 organizzazioni europee tramite “Intelligent Energy Europe” che, come illustrato nel precedente numero di Ambientarsi, è un programma di finanziamento comunitario volto a creare le condizioni migliori per un futuro energeticamente sostenibile. I progetti riguardano svariati ambiti tra cui l’energia rinnovabile e l’efficienza energetica rivolta all’edilizia, all’industria, ai beni di consumo, al trasporto. Al fine di far fronte agli impegni assunti, l’Unione Europea chiede a tutti i suoi cittadini di svolgere azioni concrete finalizzate a uno stile di vita più sostenibile perché, quando si parla di cambiamento climatico, il fattore tempo è cruciale. Per questo è fondamentale un’efficace coordinamento di tutte le iniziative a livello internazionale, nazionale e regionale. I progetti finanziati, fino ad oggi all’interno di Intelligent Energy Europe, dimostrano che le fonti rinnovabili possono rappresentare un’alternativa concreta ai combustibili fossili. Risparmiare più energia negli edifici è possibile e la mobilità ecologica nelle nostre città non è solo un sogno. Tutte le informazioni sui prossimi bandi sono reperibili accedendo al sito: http://ec.europa.eu/energy/intelligent/

In questo numero m

L’iniziativa comunitaria “ManagEnergy”

m La piattaforma europea “BUILD UP” m La campagna ambientale “Energy Union”

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www.ambientarsi.net

L’ iniziativa “ManagEnergy”

La piattaforma Europea “BUILD UP”

ManagEnergy è un’iniziativa della Direzione Generale per l’Energia e i Trasporti della Commissione europea volta a sostenere il lavoro dei soggetti attivi nel settore delle fonti di energia rinnovabili e della gestione della domanda energetica a livello locale e regionale.

BUILD UP è una iniziativa della Comunità Europea dedicata a professionisti, imprese e autorità locali che vogliano condividere esperienze in tema di Risparmio Energetico e Edilizia.

ManagEnergy si basa sulle richieste di miglioramento della comunicazione e della diffusione di informazione, sulle questioni energetiche pertinenti a livello locale sollevate nel corso della prima conferenza europea delle agenzie locali e regionali per la gestione dell’energia. ManagEnergy sostiene l’attività degli operatori locali attraverso le seguenti azioni: • gruppo di riflessione di ManagEnergy, composto dai rappresentanti delle associazioni nazionali delle agenzie energetiche o altri soggetti rappresentativi dei settori della gestione della domanda energetica delle fonti di energia rinnovabili a livello locale e da rappresentanti della Direzione Generale Energia e Trasporti della Commissione europea; • informazioni sui finanziamenti per progetti e programmi a disposizione dei soggetti attivi a livello locale a sostegno della legislazione in materia; • organizzazione di azioni per l’acquisizione di capacità, eventi e seminari europei, compresa un’importante piattaforma europea per la trasmissione via Internet, in diretta o in differita, di eventi, discorsi e presentazioni in materia di energia, al fine di garantire una comunicazione e un apprendimento migliori; • raccolta e diff usione delle migliori pratiche delle agenzie locali al fine di apprendere e condividere le esperienze e le conoscenze; • un servizio di ricerca di partner per agevolare la creazione di partenariati transnazionali per la partecipazione a programmi europei nel settore del risparmio energetico e dell’energia da fonti rinnovabili.

www.managenergy.net

Ritenendo che la diversità sia un punto forza, BUILD UP mira a promuove scambi di buone pratiche, strumenti e tecnologie disponibili in ambito europeo per una efficace implementazione delle “energy-saving measures in buildings”. Il portale web interattivo BUILD UP contiene informazioni esaustive sulle misure di risparmio energetico da adottare nel settore dell’edilizia ed offre gratuitamente un’ampia gamma di informazioni sulle migliori pratiche di lavoro, sulle tecnologie e sulla legislazione in materia di riduzione del consumo energetico. www.buildup.eu

La campagna ambientale “ Energy Union” “Energy Union” è una campagna ambientale internazionale che raggiunge i giovani di tutta Europa sfruttando il potere della musica e dei concerti. L’iniziativa, co-finanziata dalla Commissione Europea, affronta le tematiche dell’energia rinnovabile e dell’efficienza energetica. Fra il 2009 e il 2010 i partner del consorzio internazionale hanno organizzato ben otto tappe del tour Energy Union in Germania, Austria, Slovacchia e Ungheria ed un totale di 9.000 persone hanno assistito allo Energy Union Show. “Senza questo supporto finanziario non saremmo stati in grado di far partire il progetto, perché il rischio finanziario, connesso all’organizzazione di 24 grandi eventi in tutta Europa, sarebbe stato troppo elevato. Grazie al successo degli otto spettacoli che abbiamo organizzato, siamo ora in grado di trovare degli sponsor e di proseguire senza bisogno di ulteriori finanziamenti. Grazie al sostegno del programma, ora siamo pienamente operativi” (Marta Bissman, Coordinatrice del Progetto) Per maggiori dettagli: www.energyunion.eu

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Newsaziende Il calore che rispetta l’ambiente Si chiamano BruciaPellet 65, 80 e 110 i primi tre modelli della nuova gamma di stufe a pellet proposte da Argoclima, disponibili sul mercato a partire dal prossimo settembre. Grazie all’energia rinnovabile del pellet, le nuove stufe BruciaPellet di Argoclima producono calore in maniera efficace ed efficiente. Nel rispetto dell’ambiente. I tre modelli, dal design compatto e dalle linee essenziali, sono caratterizzati da un comodo sportello con maniglia a scomparsa, attraverso cui caricare l’ampio serbatoio; inoltre, sono dotati di uno scarico per i fumi posteriore e/o verticale. Certificate da IMQ e completamente automatiche, le BruciaPellet garantiscono un’efficienza superiore all’ 85%, riducendo nettamente i relativi costi d’esercizio.

Vodafone lancia il cellulare solare Si chiama 247 Solar, il modello solare di cellulare lanciato dalla Vodafone. È dotato di pannello solare che lo priva della telecamera fotografica. Basta un’ora di esposizione per consentirci di parlare per 20 minuti. Il display TFT è di 1.44 pollici. Il telefono supporta i formati MIDI e AMR e connessione Wap.

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a cura di Alessandra Lombardi

Legambiente acquista in gruppo 1.000 kW installati in due anni, 25.000 tonnellate di CO2 in meno in 20 anni, 200.000 euro l’anno risparmiate in bolletta. È questo il risultato raggiunto, dopo due anni di attività, dai gruppi di acquisto solare di Legambiente. Un’esperienza che, in Veneto e Friuli Venezia Giulia, è riuscita a coinvolgere oltre mille famiglie, riunite da Legambiente, per acquistare impianti solari termici e fotovoltaici, abbattendo il costo di acquisto e d’installazione del 2530%, rispetto al prezzo medio di mercato, con un risparmio a famiglia di circa 3.000 euro. Coordinati dai circoli di Legambiente e da sportelli informativi promossi con le amministrazioni comunali, gli otto gruppi di acquisto solare hanno ormai raggiunto 1 MW di solare fotovoltaico e più di 500 metri quadrati di solare termico installati, a fronte di più di 400 impianti realizzati complessivamente. Un risultato che, in termini di mancate emissioni di CO2, vuol dire circa 25.000 tonnellate in 20 anni. Ma il risparmio non è solo ambientale: i cittadini che hanno partecipato ai Gas (Gruppi di acquisto solidali), infatti, risparmieranno in bolletta circa 200.000 euro l’anno in totale, mentre nell’acquisto dei pannelli hanno già evitato di spendere complessivamente circa 1,1 milioni di euro rispetto al prezzo medio degli impianti. Un risultato raggiunto anche grazie agli ac-

cordi di Legambiente con istituti di credito convenzionati, in particolare le Banca di Credito Cooperativo e Banca Etica, che hanno consentito alle famiglie aderenti un credito agevolato e l’installazione dei pannelli a costo zero, ripagando il prestito con gli incentivi del conto energia e azzerando le bollette elettriche fin dal primo anno. Vantaggi dai risvolti positivi anche per l’economia del territorio visto che, solo nel 2009, gli installatori che si sono aggiudicati i lavori per i gruppi di acquisto hanno avuto un fatturato di oltre 5 milioni di euro. I Gas di Legambiente, infatti, stanno facendo scuola. Sono numerosi i cittadini, le associazioni e i comitati esterni che hanno tratto ispirazione da questa esperienza per adottare l’energia solare. Lo confermano anche i dati: in due anni sono state circa 3.000 le persone informate direttamente da Legambiente tramite gli sportelli energia, che affiancano e promuovono i gruppi di acquisto solare sui temi delle rinnovabili e del risparmio energetico. Per i gruppi di acquisto solare le iscrizioni sono ancora aperte a Padova e nei comuni in provincia di Pordenone. Tutte le info su www.energiacomune.org

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www.ambientarsi.net

Geotermico a stelle e strisce L’Enel punta ad espandere la propria presenza negli Stati Uniti nel geotermico. Dopo i due impianti in Nevada (per i quali l’azienda italiana ha ottenuto incentivi per oltre 60 milioni di dollari dal programma degli Stati Uniti a sostegno delle energie rinnovabili), il gruppo è pronto ad allargarsi allo Utah, al Nord della California e all’Arizona. Lo ha detto Fulvio Conti, nel corso di una conferenza organizzata dalla National italian american foundation (Niaf). Oltre ai due impianti di Stilwater e Salt Wells nello stato del Nevada, ora l’Enel vorrebbe utilizzare la stessa metodologia in alcuni campi dello Utah, del Nord della California e dell’Arizona.

Il Sole di Abu Dhabi Total, insieme al gruppo degli Emirati Arabi, Masdar e al gruppo spagnolo Abengoa Solar, costruirà Shams 1, la più grande centrale solare a concentrazione del mondo. Ad annunciarlo in una nota è il gruppo petrolifero francese precisando che questo progetto, di oltre 100 MW, contribuirà ad Abu Dhabi di raggiungere l’obiettivo di produrre il 7% da fonti rinnovabili entro il 2020. La joint venture tra Masdar (60%), Total (20%) e Abengoa Solar (20%) sarà incaricata di sviluppare, di concepire, gestire e intrattenere la centrale fotovoltaica. La costruzione, che dovrebbe durare 2 anni, dovrebbe iniziare nel terzo trimestre del 2010.

Pirelli rinnovabile Parte dal progetto dello stabilimento di Settimo Milanese, destinato ad essere una fabbrica modello, la svolta ecologica della Pirelli. Quando sarà a regime, infatti, avrà una riduzione delle emissioni di CO2 del 36% (le regole di conformità indicherebbero - 20%), del 33% nel consumo di energia e il 40% della produzione e consumo di energia deriverà da fonti rinnovabili. Non è solo una questione etica ma una questione assolutamente economica: investire in sostenibilità aumenta la credibilità dell’azienda, abbassa il

rischio e, dunque, aumenta il valore nel lungo termine. Marco Tronchetti Provera, presidente di Pirelli, menziona i risultati raggiunti in un solo anno (dati 2009) e consolidati su tutto il perimetro del gruppo nei 160 Paesi in cui è presente: emissioni di CO2 diminuite rispetto al 2008 del 5,9%, il consumo di acqua ridotto del 12,3%, quello di energia dell’8,4%, l’uso di solventi del 16,8%, la produzione di rifiuti è calata in un anno del 13,9% mentre la percentuale di riciclo è cresciuta del 2,2 per cento.

In arrivo speaker solare per l’iPod/iPhone Vi piacerebbe ascoltare la musica dal vostro iPod/iPhone mentre siete all’aperto con i vostri amici o prendete il sole, ma cercate degli speaker che non consumino una infinità di pile? Eton Soulra pare essere la soluzione adatta per la musica della prossima estate. Si tratta di un dock con speaker pensato appositamente per le situazioni estive: il case è resistente

e a prova d’acqua, oltre che è dotato di pannelli solari per ascoltare il proprio iPod/iPhone sfruttando l’energia più pulita ed economica del mondo. Con dimensioni 301 x 168 x 89 mm, un peso di circa 1.58 kg, ha anche una batteria ricaricabile agli ioni di litio, un controllo remoto e un adattatore AC. Il prezzo parte dai 199 dollari.

Brevetto italiano per un ascensore risparmia energia Più lo usi più più produce energia. Il brevetto italiano della Eco Sun Power di Tito Scalo, in provincia di Potenza, ha messo a punto un sistema che riesce a recuperare l’energia cinetica prodotta dal funzionamento dell’ascensore. Quella

stessa energia sarà poi usata per alimentare le luci nelle scale, il cancello elettrico o i portoni automatici. Il mercato, inutile sottolinearlo, è interessante: in Italia ci sono 850mila ascensori. Per ora la Eco Sun Power ne ha venduti 10mila.

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Il Recensore L’economia punta sul verde

di Alessandra Tomeo

La corsa della Green Economy come la rivoluzione verde sta cambiando il mondo Edizioni Ambiente 2010 - 208 pagine – 14,00 euro

U

n viaggio attraverso 23 esperienze concrete di green economy, 23 sguardi verso il futuro, coraggiose e consapevoli iniziative di cambiamento verso quella che un tempo sembrava essere un’utopia ed è oggi diventata una realtà. Antonio Cianciullo, giornalista di Repubblica e Gianni Silvestrini, anche direttore scientifico della rivista QualEnergia, né “La corsa della Green Economy” tracciano lo scenario dell’evoluzione dei mercati verso un modello di futuro in cui piacere e benessere giocano un ruolo di primissimo piano. Il volume, confronta le diverse opportunità date dalla rivoluzione verde, lo stato dell’arte nei diversi Paesi, e fornisce molti spunti alla classe imprenditoriale, politica e scientifica. Tra le tante risposte, “La corsa della Green Economy”, ne fornisce una che chiarisce in maniera inequivocabile e inappellabile il perché lo sfruttamento

dell’energia atomica non andrebbe inserito nel pacchetto delle misure mirate a combattere i cambiamenti climatici. L’analisi non esclude alcun fattore, parte dai rischi economici e ambientali connessi all’utilizzo di questa tecnologia fino a considerare la variabile temporale, determinata dalla costruzione di reattori nucleari a scapito della riduzione delle emissioni e dello sviluppo di altre forme di produzione energetica da fonte “pulita”. “La corsa della Green Economy” come la rivoluzione verde sta cambiando il mondo”, è un titolo che rientra nella collana dei Kyoto Books nati dalla collaborazione tra Kyoto Club ed Edizioni Ambiente, scritti da esperti del comitato scientifico del Kyoto Club, intendono promuovere lo sviluppo di una consapevolezza diffusa in merito alle maggiori tematiche ambientali, avendo quale indiscutibile merito quello di affrontare gli argomenti con rigore e autorevolezza.

Antonio cianciullo

gianni silvestrini

è inviato di la Repubblica. Per conto del giornale segue da oltre 25 anni i temi ambientali e ha partecipato ai principali appuntamenti internazionali: dalle conferenze sull’ozono negli anni Ottanta all’Earth Summit di Rio de Janeiro del 1992, dai reportage sui grandi disastri petroliferi ai vertici sul cambiamento climatico. È laureato in filosofia. Per la sua attività ha vinto numerosi premi. Tra i suoi libri Atti contro natura (Feltrinelli, 1992), Ecomafia (Editori riuniti, 1995, con Enrico Fontana), Far soldi con l’ambiente (Sperling & Kupfer, 1996, con Giorgio Lonardi), Il grande caldo (Ponte alle grazie, 2004), Soft economy (Rizzoli, 2005, con Ermete Realacci).

ricercatore del CNR, direttore scientifico del Kyoto Club e della rivista QualEnergia. Autore di più di 100 articoli scientifici e coautore di vari libri, coordina il master “Ridef – energia per Kyoto” del Politecnico di Milano. Ha vinto l’”European solar prize 2001” ed è stato eletto nel consiglio direttivo dell’European Council for an Energy Efficient Economy. Ha ricoperto la funzione di Direttore generale presso il ministero dell’Ambiente e di consigliere per le fonti rinnovabili del Ministro dello sviluppo economico Pier Luigi Bersani. È presidente di Exalto una nuova società della green economy.

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“I problemi non possono essere risolti usando gli stessi schemi mentali che li hanno generati� (Albert Einstein)

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ENERGY PROFESSIONAL NETWORK LA GRANDE RETE DEI PROFESSIONISTI DELL’ENERGIA

I PROTAGONISTI DELL’ENERGIA ENTRANO IN RETE Incontri, news, focus, formazione e promozione. Energy Professional Network mette in relazione tutti gli attori della filiera energetica

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Per noi giovani aggregarsi è un imperativo”.

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Promuovo la realizzazione di parchi fotovoltaici. Necessito di un continuo aggiornamento e di un’affidabile guida. EPN dimostra giorno dopo giorno di rispondere a questo bisogno”.

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