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AUGURI AMOENA
45 anni di sostegno alla fiducia delle
donne in se stesse
Lee è il nostro modello di reggiseno per l’anniversario (articolo 44540)
Nel 2020 Amoena celebra il suo 45° compleanno. Dal 1975, molte cose sono cambiate per le donne con diagnosi di tumore al seno, e Amoena ha continuato a evolversi e a innovarsi per rispondere alle loro esigenze. Vediamo allora alcuni dei principali traguardi che abbiamo raggiunto.
La sede centrale di Amoena è a Raubling, un bel paese di montagna in Baviera. Il nostro fondatore Cornelius Rechenberg ha inventato la prima protesi mammaria in silicone mentre studiava ingegneria tecnologica delle materie plastiche all’università.
Preoccupato dal poco sostegno su cui potevano contare le donne dopo una mastectomia, decise di trovare una soluzione migliore rispetto alle imbottiture improvvisate e alle scomode protesi mammarie in gomma che all’epoca si usavano per ricreare la silhouette femminile. La sua invenzione ha trasformato la vita delle donne in tutto il mondo e resta il prototipo per tutte le protesi e le coppette compensative odierne.
UNA STORIA DI INNOVAZIONE
Fin dalle origini, Amoena ha puntato a diventare una realtà globale, con una rete di distribuzione che raggiunge oltre 80 Paesi in tutto il mondo. Come pionieri del settore, abbiamo sempre unito le più recenti conoscenze scientifiche a una profonda comprensione delle esigenze delle donne colpite da tumore al seno, per creare una gamma di protesi, coppette compensative, lingerie e abbigliamento capace di aiutare le donne a sentirsi ancora sicure di sé e femminili dopo una mastectomia.
Se le nostre clienti trovano i nostri prodotti confortevoli e facili da indossare è perché in fase di progettazione lavoriamo a stretto contatto con le
1975 Cornelius Rechenberg, il nostro fondatore, inventa la protesi in silicone creando Amoena 1992 Amoena presenta la sua prima gamma di lingerie con taschine 1996 In risposta alle richieste delle donne di tutto il mondo, Amoena inventa i costumi da bagno con taschine
donne operate, effettuando test scrupolosi su comfort e adattabilità alle differenze individuali: di intervento e di stile di vita. Siamo orgogliosi di spostare sempre in avanti i confini della creatività, e di aver dato vita a oltre quarant’anni di materiali, prodotti e metodi di produzione brevettati.
FARE LA DIFFERENZA NELLA VITA DELLE DONNE
Amoena non è solo un’azienda internazionale, ma anche una comunità che si impegna ad aiutare le donne nel ritrovare sia la fiducia in se stesse che una miglior qualità di vita. Il tumore al seno è una sfida enorme e noi vogliamo che tu possa contare su di noi ad ogni tuo passo.
Progettiamo con sensibilità i nostri prodotti affinché rispondano alle tue esigenze: dalle protesi realizzate a mano, alla lingerie, ai costumi da bagno, all’abbigliamento sportivo e per il tempo libero e ai foulard.
Il nostro sostegno non si ferma qui: per aiutarti ad affrontare il percorso dalla diagnosi alla terapia e oltre,
La sede centrale a Raubling, Germania
proponiamo una serie di risorse tra cui una piattaforma online dove le donne possono condividere le proprie esperienze e sostenersi a vicenda. Il nostro forum, “Il giorno in cui l’ho scoperto” [ilgiornoincuilhoscoperto. it], contiene articoli, casi di studio e informazioni sanitarie per ogni fase del tuo percorso. Parallelamente, la nostra newsletter Amoena4Life è un punto di riferimento costante per le donne affette da tumore al seno. Se non sei ancora iscritta, contattaci all’indirizzo amoenatirichiama@amoena.com
Da 45 anni sosteniamo le donne nel ritrovare fiducia in se stesse, e continueremo sempre a farlo.
Le donne di oltre 80 Paesi scelgono i prodotti Amoena
2008 Amoena presenta le protesi con tecnologia termostabilizzante Comfort+, che aiuta a mantenere costante la temperatura corporea
1998 Amoena presenta la sua rivoluzionaria linea di protesi autoadesive 2014 La nuova gamma Amoena di indumenti e abbigliamento sportivo con taschine è l’unica collezione nel suo genere
2020 45° anniversario Amoena
PRENDERSI CURA DI SE STESSI PER PRENDERSI CURA DEGLI ALTRI
Partner, familiari e amici delle donne colpite da tumore al seno si trovano ad assumere un ruolo difficile e complesso: devono essere infermieri, assistenti e fonti di sostegno. Vediamo allora l’importanza di gestire lo stress per evitare la sindrome della “compassion fatigue”.
Di Beth Leibson
“Quando mia figlia Lindsey era nel periodo delle terapie, passavo tutto il giorno con lei, ogni giorno”, racconta Barbara. “La lasciavo solo quando dovevo fare la doccia o mangiare qualcosa, e solo se c’era un’altra persona che potesse stare con lei - suo padre o suo cugino. Anche quando andavo in bagno, lasciavo la porta aperta e facevo molto, molto velocemente”. Barbara non si prendeva nemmeno un minuto per se stessa, né per leggere un libro né per una passeggiata o per quattro chiacchiere con un’amica. “Ero del tutto focalizzata sullo stare con lei, sul prendermi cura di lei. Non pensavo per niente a me stessa”. Barbara era come anestetizzata, inconsapevole delle emozioni che si stavano accumulando dentro di lei.
Un giorno, inaspettatamente, urlò contro uno dei medici della figlia. Fu un chiaro campanello d’allarme.
Purtroppo, Barbara non è la sola in questa condizione. Come evidenziato da uno studio del 2007, chi assiste un malato di tumore ha alte probabilità di cadere in depressione e vittima dell’ansia, quanto il malato stesso.
In quattro casi su cinque, una persona che affianca una persona colpita da un tumore afferma di sentirsi stressata e ansiosa. Secondo il National Cancer Institute (USA), queste persone si trovano ad affrontare una doppia sfida: da un lato la malattia, dall’altro le responsabilità dell’assistenza.
E spesso non sono consapevoli dello stress che tutto questo genera. “Spesso chi assiste un malato di tumore entra nel mio ufficio dicendo ‘Sono in imbarazzo, non sono io quello che ha il cancro’”, spiega Laura
Mosiello, dottoressa in servizio sociale oncologico presso Cancer and Careers, un’associazione no profit di New York. Mosiello fornisce consulenza sia ai pazienti che alle persone che li assistono. “Mi dicono di essere esausti, arrabbiati e spaventati”, dice Mosiello. “Ma che comunque si sentano, non può essere peggio di come si sente il paziente’”.
La verità è che il tumore colpisce chi affianca il paziente tanto quanto il paziente stesso.
Però il paziente è ‘autorizzato’ a scavare nei propri sentimenti difficili, per il fatto stesso di essere malato. Chi lo assiste, invece, pensa che il suo compito sia tenere duro, e se lo auto-impone. “Molti non si concedono il permesso di stare male”, spiega Mosiello. “Dimenticano che devono innanzitutto prendersi cura di se stessi, per potersi occupare di un’altra persona”. LO STRESS DA MULTITASKING E DA SENSO DI COLPA
“Molto dello stress deriva dal multi-tasking”, afferma Richard Hara, dottore in servizio sociale oncologico e professore presso la Columbia University di New York. “Chi assiste un malato fa tutti i lavori di casa, gestisce impegni e attività, cucina, accompagna alle visite mediche e interagisce con il sistema sanitario, il tutto mantenendo la propria vita professionale. A volte fa addirittura un secondo lavoro, per compensare il mancato stipendio del paziente”, aggiunge Hara.
Senso di colpa e affaticamento sono frequenti.
“Spesso queste persone pensano che se non fanno una cosa, se non cambiano un vaso da notte o non cucinano un pasto, significa che non sono d’aiuto”, afferma Mosiello.
Allora si tengono sempre occupati, in un turbinio di attività, considerando un atto di egoismo il prendersi del tempo per se stessi. I CAMPANELLI D’ALLARME DELL’ESAURIMENTO A volte chi assiste un paziente è così preso dal cucinare, dal programmare, dal pulire e dal controllare il budget che nemmeno si accorge del proprio stress.
Esistono però alcuni segnali che possono essere considerati dei sintomi a cui fare attenzione. Come si legge nel libro About Caring for Family or Friends with Cancer, scritto da Hara e dalla dottoressa in servizi sociali Susannah L. Rose, i segni di esaurimento, o “compassion fatigue” sono vari: • irritabilità; • problemi legati al sonno (nel senso di faticare ad addormentarsi o di dormire troppo); • perdita di interesse verso le attività; • isolamento sociale; • sensi di colpa e ansia ricorrenti.
Meditare, fare una passeggiata quotidiana, mangiare cibi sani e trascorrere un po’ di tempo con altri amici e familiari sono alcuni semplici modi di alleviare lo stress. In più, esistono specifici gruppi di sostegno.
Se una persona manifesta una o più di queste condizioni, deve prendere coscienza della propria situazione e cercare di capire come gestire lo stress.
Assistere una persona malata può portare anche gratificazioni inaspettate: molte persone acquisiscono nuove competenze, una maggiore comprensione di se stesse e una relazione più forte con la persona assistita.
Ma per vivere a pieno i benefici del prendersi cura di un’altra persona, occorre innanzitutto prendersi cura di se stessi.