Mensile di politic a, cultura e informazione ANNO XLVII - n. 10 A cura dell’Alleanza Monarchica - Casella Postale n. 1 - 10121 Torino Centro - Poste Italiane Spedizione in a.p. - 70% - D.C. - D.C.I. - Torino - N. 10/2013 Novembre 2013 - In caso di mancato recapito rinviare all’Uff. C.M.P. Torino Nord per la restituzione al mittente, che si impegna a corrispondere il diritto fisso dovuto.
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Giancarlo Vittucci Righini
PANORAMA POLITICO sempre più imminente l’estromissione di Berlusconi dal Senato a seguito dell’applicazione della c.d. legge Severino. I Senatori del PD, del Movimento 5 Stelle, di Sel ed i seguaci di Monti, si sono coalizzati per cacciare il leader del centrodestra poiché lo considerano un avversario abile e pericoloso, l’unico che veramente avrebbe la capacità e la possibilità di ribaltare i giochi e di tornare alla vittoria in un prossimo futuro.
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È pur vero che il Cavaliere è ormai anziano, logorat o dalle esperienze e da un tenore di vita non proprio adatto ad un uomo della sua età, ma è altrettanto vero che anche nelle circostanze più avverse ha saputo reagire in modo inaspettato e travolgente. Comunque in questo momento il Sen. Berlusconi ha molte gatte da pelare. In particolare deve evitare assolutamente la scissione all’interno del suo partito tra i cosiddetti governativi capeggiati da Angelino Alfano (il
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quale ricopre attualmente gli incarichi di Vice Presidente del Consiglio, Ministro degli Interni e Segretario Nazionale del PdL) ed i cosiddetti lealisti capeggiati dall’On. Raffaele Fitto, ex Presidente della Regione Puglia, sostenuto da Verdini e dalla Santanchè. Ovviamente Alfano vorrebbe conservare le 3 cariche mentre i suoi avversari chiedono l’azzeramento di tutti i posti dirigenziali, da attribuire soltanto dopo le tanto attese primarie. Sul voto ormai prossimo del Senato (questo articolo è stato scritto il 21 ottobre - n.d.D.), esistono alcune incognite: in particolare il voto dovrebbe essere segreto, com’è avvenuto finora tutte le volte che si è trattato di decisioni riguardanti singole persone, ma l’orientamento di tutti i gruppi parlamentari fatta eccezione per quello del PdL è invece favorevole al voto palese. In realtà i fautori del voto segreto sperano che una parte rilevante dei senatori approfittando della segretezza del voto possa votare contro l’esclusione di Berlusconi per due motivi collegati tra loro: evitare la caduta del Governo Letta che potrebbe perdere la fiducia del PdL e la conseguente possibilità che si giunga a nuove elezioni mettendo a rischio il seggio parlamentare di tanti “peones” che non hanno la certezza della loro rielezione. Anche gli altri partiti hanno i loro grossi problemi. Nel PD fervono i preparativi per le primarie che allo stato dovrebbero essere vinte da Matteo Renzi già sconfitto in precedenza da Bersani, ma che ora gode dell’appoggio di molti ex bersaniani.
Singolare figura quella del Sindaco di Firenze, proveniente dalla sinistra DC e certo più rassicurante degli ex PCI, il quale vorrebbe fare le scarpe all’attuale Presidente del Consiglio Enrico Letta, anch’egli ex DC. Renzi è un tuttologo che discetta su tutti e su tutto, ma che finora non risulta che si sia particolarmente distinto nell’incarico che ricopre. Gli viene contrapposto Gianni Cuperlo, sostenuto dai comunisti e dalla CGIL. In Scelta Civica, l’alleanza elettorale costituita dai seguaci di Monti, dall’UDC di Casini e da Italia Futura di Montezemolo, è successo il finimondo. Pare che la maggioranza dei senatori, 12 su 16, sia in procinto di concludere un accordo con il PdL, per cui Monti ha dato le dimissioni da presidente, ma non da senatore a vita, e si è iscritto al gruppo misto. Nel Movimento 5 Stelle di Grillo il solito marasma di incompetenti, varie espulsioni, dichiarazioni contraddittorie e chi più ne ha più ne metta.
Infine il Governo ha varato la nuova “Legge di Stabilità” che appare del tutto insufficiente in quanto i lavoratori dipendenti nei prossimi tre anni guadagneranno soltanto tra i 150 ed i 200 euro in più a testa. Va ancora peggio per le società sia di capitali che di persone, poiché nei loro confronti la riduzione del cuneo fiscale è esigua e non è neppure prevista per le persone giuridiche. Va meglio per le solite Banche alle quali sono stati concessi notevoli vantaggi, ma che non è detto possano risolversi in un incremento del credito per i propri clienti. Per le famiglie non è prevista una riduzione del carico fiscale che avrebbe consentito maggiore disponibilità di spesa.
GIUSTIZIA, QUALI RIFORME? a pag. 3
SE NON ADESSO, QUANDO? a pag. 4
Inoltre non sono stati previsti incentivi di alcun genere sul piano industriale per trasporti, industria e agricoltura. Sarebbe stata invece preferibile una sanatoria tombale accompagnata da una riduzione drastica della spesa pubblica per addivenire alla riduzione progressiva della pressione fiscale. ■
PUBBLICISTICA a pag. 12
MEMENTO Ricordiamo ai Lettori quanto comunicato con il precedente numero, e cioè che con quello di dicembre cesseranno le pubblicazioni di questo Mensile nell’attuale veste, nella Redazione di Torino, nelle Caselle Postali, nella sede e nell’attuale Direttore. Nessun contributo deve così venir versato sul conto corrente postale intestato all’Alleanza Monarchica che è in via di chiusura. Saremo precisi nel prossimo numero sulla prosecuzione della testata “Italia Reale” in altra sede e con altro responsabile.
CADUTI PER LA BANDIERA a pag. 14
ITALIA REALE - 10/2013
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Giancarlo Vittucci Righini
R.V.R.
ONORIFICENZE
PANORAMA INTERNAZIONALE NON UCCIDERE LA SPERANZA
Germania Dopo la vittoria della coalizione CDU-CSU che ha però visto la scomparsa del Partito Liberale alleato di governo, la Cancelliera Merkel si accinge a varare un governo con i socialdemocratici.
Inghilterra Mentre secondo i sondaggi il partito laburista sarebbe in grado di sconfiggere largamente i conservatori, il segretario Ed Milliband, capo dell’opposizione, si è messo in contrasto con i sindacati ed ora rischia il posto.Aveva scoperto che il sindacato Unite aveva iscritto i propri aderenti al partito a loro insaputa e ne era derivato uno scandalo.
Serbia- Kosovo I capi del governo serbo Ivica Dadic e di quello kosovaro Hasim Thaci hanno stipulato un accordo per la normalizzazione dei reciproci rapporti, che dovrebbe consentire alle loro Nazioni di aderire in un secondo ordine di tempo all’U.E. Tuttavia molti gli scontenti. Marlo Jaksic, leader della minoranza serba nel kosovo settentrionale, ha affermato: “È la peggior resa e tradimento mai accaduti in Serbia”. Infatti l’accordo prevede che gli 80.000 serbi debbano integrarsi nelle istituzioni del Kosovo. Il negoziatore dei serbi,Alexsander Vulin, si è dimesso ed il Partito radicale serbo (estrema destra) minaccia di ricorrere alla Corte costituzionale. A loro volta gli albanesi del Nord del Kosovo contestano l’intesa poiché concederebbe un’eccessiva autonomia ai serbi.
Albania È l’unico stato balcanico, assieme al Kosovo ad aver ottenuto una crescita economica (1,6%) mentre tutti gli altri Stati hanno registrato incrementi negativi dalla Serbia (-1,7%) alla Croazia (- 2%), ecc. Alla base dei miglioramenti le rimesse degli emigranti, le donazioni internazionali, i crediti agevolati e le grandi privatizzazioni.
Note negative: un’economia nascosta pari al 50% del pil ed una disoccupazione del 30%.
Russia Il governo russo esercita pressioni sulle ex repubbliche sovietiche, dall’Ucraina alla Moldavia, affinché entrino nell’Unione Euroasiatica alla quale hanno aderito finora Russia, Bielorussia e Kazakistan. L’accordo prevede la libera circolazione di persone, capitali, beni e servizi e diverrà operativo a partire dal 2015. Possibili prossime aderenti Armenia, Tajikistan e Kyrgyzstan. L’Unione rappresenta un’area di circa 20 0 milioni di abitanti e possiede il 32% dei depositi mondiali di gas. Stati Musulmani In tutta l’area si stanno diffondendo gruppi locali collegati con Al Qaeda che mirano al rovesciamento dei vari governi ed all’istituzione del Califfato facendo ricorso al terrorismo ed alla guerriglia. In Marocco opera l’Aqmi, in Somalia gli AlShabaab, in Nigeria i Boko Haram, in Mali il movimento per l’unità e la Jihad in Africa occidentale, in Afghanistan i talebani, in Siria il Fronte al Nusra e lo Stato islamico dell’Iraq. La parte iniziale del califfato dovrebbe comprendere la provincia di Anbar in Siria e la zona desertica della Siria Orientale. Iran Dopo la recente elezione del Presidente Hassan Rouhani che passa per moderato, pare che alla politica di rigida contrapposizione all’Occidente caratterizzata da minacce ed attività ostili stia subentrando un atteggiamento diretto a smussare gli angoli ed a consentire un avvicinamento tra le rispettive posizioni, cosa altamente auspicabile. Cina Il regime comunista sta attraversando un periodo di gravi difficoltà.
Xi Jinping, il nuovo Capo dello stato, deve affrontare grossi scandali (l’ultimo, carne di topo nei cibi), l’inquinamento di aria e fiumi, gli incidenti di massa (scioperi, proteste e rivolte costantemente più estese) che dimostrano una distanza sempre maggiore tra partito comunista e popolazione, chiusura di grosse aziende di stato accusate di inquinare e ancora espropri di terra e cause di lavoro. La nuova dirigenza con ogni probabilità dovrà introdurre profonde modifiche nel settore economico-finanziario tenendo duro nel settore dei diritti politici. Dovrà anche privatizzare grandi aziende statali poco competitive e fonte di corruzione, e liberalizzare vari settori economici.
Cina-India Sono in corso trattative per addivenire alla risoluzione dell’annoso problema del confine sul Kashmir. Inoltre la Cina auspica un accordo con l’Indostan sia sotto il profilo economico-commerciale sia sotto quello militare nel tentativo di tenere l’Occidente fuori dall’Asia. In realtà è stata proprio la recente politica aggressiva della Cina, la quale ha esteso arbitrariamente il limite delle acque territoriali e rivendicato il possesso di territori che non le sono mai appartenuti, a costringere molti Stati asiatici a chiudere la protezione degli Stati Uniti.
Venezuela Il regime comunista con la sua dissennata politica, nonostante i ricchi proventi del petrolio ha portato l’inflazione al 50% annuo. I prezzi dei prodotti alimentari sono aumentati del 60%. L’inflazione vede il crollo del valore del bolivar (la moneta locale) al cambio ufficiale pari a 6,3 bolivar per un dollaro, mentre sul mercato parallelo è di 40 bolivar per un dollaro. ■
on essendo medico non ho la minima possibilità di comprendere e sapere se la cura con le cellule staminali, a favore della quale si batte il comitato “Pro Stamina”, sia o meno utile agli ammalati della tremenda malattia Sma (atrofia muscolare spinale). Non posso però condividere ed accettare la decisione del Ministero della Salute di sospendere la sperimentazione della cura contro il volere dei malati e dei loro familiari, ed il parere di taluni medici, senza per di più da quanto si è appreso da alcuni organi di stampa che siano stati visitati ed esaminati gli ammalati che hanno potuto godere sia pure in modo incompleto della cura, al fine di accertare se abbia-
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no riportato o meno benefici da essa. Rimane in ogni caso una domanda, tanto più importante in mancanza di rilevati danni ai malati che hanno effettuato sia pure parzialmente la cura: con quale diritto può venir uccisa la speranza in persone destinate a breve e dolorosa vita? Non hanno mai i “Signori” del Ministero della Salute sentito parlare dei miracoli che la fede, l’attaccamento alla vita e l’avvinghiarsi alla disperata voglia di guarigione possono operare da cure al limite anche inefficaci, in persone altrimenti destinate a sicura fine? Con quale ardire se non cattiveria e stupidità, viene uccisa la speranza? ■
PENA DI MORTE essuno tocchi Caino” è un’Associazione e nel contempo una delle frasi meno condivisibili che abbia mai sentito. Caino per poter aspirare o pretendere di non essere toccato avrebbe dovuto preventivamente evitare di toccare altri. Sono pertanto da sempre favorevole alla pena di morte a condizione ben inteso che venga applicata esclusivamente nei casi in cui non esista il minimo dubbio sulla colpevolezza del condannato vale a dire che abbia volontariamente ucciso un’altra persona o commesso qualche altro reato orrendo. I contrari a tale pena sostengono che bisogna redimere i condannati permettendo così loro di purificarsi e diventare persone nuove. È anche possibile che in alcuni, per me rari casi, un assassino si redima e si penta eliminando così il rischio che, rimesso in libertà, possa reiterare il reato ma la possibilità in
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DILETTANTE Il Senatore a vita Mario Monti, già Presidente del Consiglio, si è dimesso da “Scelta civica” il partito da lui fondato,dichiarando con orgoglio di essere“un dilettante della politica”. Sai che novità! Gli Italiani da lui massacrati con l’aumento delle imposte, lo avevano sempre saputo! ■
tal senso secondo me è tutt’altro che sicura. A favore della pena di morte giova, invece, una serie di considerazioni che possono così riassumersi: - cessa automaticamente a carico dello Stato la necessità di prendersi cura del detenuto condannato fornendogli custodia, alloggio e vitto, con spese a carico dei contribuenti; - si evita la possibilità, purtroppo verificatasi in taluni casi, che l’assassino, fuggito dal carcere o scontata la pena e rimesso in libertà, uccida altre persone; - la pubblicità data all’esecuzione della condanna di morte può essere deterrente e indurre altri aspiranti delinquenti a temere la stessa fine, ed a non sopprimere altre vite. ■
GENEROSI (con se stessi) 32 dei 40 “coraggiosi” firmatari (tutti del PD) dell’emendamento con effetto retroattivo comportante la reintroduzione dell’IMU sulla prima casa sulla rata già scaduta a giugno, per gli appartamenti con rendita catastale superiore a 750 euro, hanno firmato la proposta a cuor leggero sapendo che non li riguardava personalmente dato che la residenza di 22 di essi ha rendita catastale inferiore ai 750 euro e quella di 10 è in affitto. ■
Quando qualcuno dice “Sono una persona onesta”, di regola conviene controllare di avere ancora in tasca il portafoglio. Se poi, tronfio di importanza, aggiunge “Sa, sono cavaliere” o “commendatore” la possibilità che sia un disonesto aumenta in modo esponenziale L’essere onesto deve, infatti, rientrare nella normalità e non venir vantato come un dono di natura o un privilegio, e l’aver ricevuto un’onorificenza deve appagare l’insignito senza necessità di esibizione. Ho ripensato a quanto sopra leggendo su alcuni quotidiani che potrebbero o dovrebbero venir revocati i cavalierati al merito della repubblica italiana e del lavoro, a suo tempo conferiti al Cav. Silvio Berlusconi, al pari di quanto già verificatosi con Calisto Tanzi, magna magna della Parmalat, a Lucio Gelli e ad altri condannati penalmente. Ma se così dovesse essere ritengo giunto il momento che non solo la repubblica italiana, ma tutte o quasi tutte le istituzioni che elargiscono onorificenze, creino accanto agli organi che le conferiscono altri che se le facciano restituire, dato che, da come sta andando il mondo e stante il pensiero che sta diventando dominante,“gli onesti sono fessi e i profittatori e ladri esempi da imitare”. ■
PROPOSTA PERICOLOSA È all’esame del Governo l’introduzione di una proporzione tra il reddito dei cittadini e le multe per le infrazioni stradali, in particolare di quelle per eccesso di velocità, sull’esempio di quanto già avviene in Finlandia. Lo spirito della proposta consiste nel ritenere che una persona benestante soffra meno le sanzioni economiche, vale a dire pagare somme, rispetto a chi dispone di stipendi, salari o rendite ridotti. Se venisse in effetti approvato un tale principio, finirebbero però per incentivarsi le violazioni del codice da parte di persone nullatenenti o quasi, con conseguente aumento della loro pericolosità tenuto anche conto del fatto che molte volte sono tali persone a guidare automezzi non assicurati e così tanto più pericolosi in quanto privi di copertura dei danni cagionati alle vittime degli incidenti. ■
ITALIA REALE - 10/2013
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Massimo Mallucci
GIUSTIZIA: QUALI RIFORME? della Costituzione, al quale il magistrato deve attenersi, quale funzionario dello Stato. In forza di tale articolo “i funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili,secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti ...”. Se per tutti non è così, agli “esonerati” potrebbe attribuirsi la denominazione di super casta. D’altra parte assistiamo a casi in cui il principio di “autonomia” é diventato un vero e proprio diritto all’irresponsabilità.
li elementi, caratterizzanti il sistema dello Stato Monarchico, erano ben distribuiti sul territorio, per rispondere a precise domande che ogni uomo pone in tutte le epoche. La prima riguarda “il diritto violato” e, quindi, una ben precisa domanda di Giustizia. La seconda riguarda “la sicurezza”, per sè e per la propria famiglia. La terza riguarda “la salute e l’assistenza”. La quarta riguarda “l’istruzione”, per poter progredire nel sapere. Ben lo sapeva il nostro Re Umberto II, quando riuscì a sintetizzare quello che sarebbe stato il programma del suo Regno, in poche parole: “Autogoverno di popolo e Giustizia sociale”.
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ITALIA REALE COMUNICATI STAMPA
LE SPACCIANO COME RIFORME l Partito “Italia Reale Stella e Corona” denuncia come un sistema asfittico, ormai ai suoi ultimi epigoni, che non ha più nulla da dire agli Italiani, risponda alle esigenze di servizi decentrati, concentrando uffici e distribuendo, invece, sul territorio, poltrone ben retribuite per politici vari. Il Partito “Italia Reale” ricorda come i punti di riferimento dell’Amministrazione Monarchica siano sempre stati: 1) I Tribunali, decentrati sul territorio come presidio e risposta alle innumerevoli esigenze del cittadino. 2) La stazione dei Carabinieri, per tutelare la sicurezza della gente. 3) Il medico condotto, presente fin nei paesini più dispersi, con l’ambulatorio, per assicurare le cure e l’assistenza sanitaria. 4) Le scuole elementari, diffuse anche nei paesini più lontani, per garantire la cultura e la presenza del cuore dello Stato. L’attuale sistema ha distrutto tutti i riferimenti periferici che lo Stato Monarchico aveva costruito sul territorio, concentrando in modo burocratico, attraverso progetti inauditi che vengono gabellati per riforme. Il risultato é un fallimento colossale. I privilegi della casta
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politica non si sono toccati e questa “democrazia senza popolo”, vista la sempre maggiore scarsa affluenza alle urne, non ha certo un lungo avvenire. Hanno eliminato scuole, ospedali e Tribunali. Sarebbe stata preferibile come più volte proposto dai Monarchici, la cancellazione dal sistema giudiziario, di quei tribunali, così detti “dei Minori”. Si sarebbero potute costituire idonee sezioni specializzate nei Tribunali Ordinari. Questa, ad esempio, sarebbe stata una riforma di quelle vere, con maggiori risparmi e meno “brutte figure” all’estero, ove l’Italia si becca molteplici condanne, proprio dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo, a causa delle violazioni che emergono nei confronti dei diritti dei minori, ben evidenziati nella Convenzione, pur recepita anche da questo Stato. Risultato: la gente é sempre più abbandonata a sé stessa, ha problemi economici propri di una economia di guerra, pur vivendo un lungo periodo di pace. La burocrazia imperversa, economia disastrata e disoccupazione sono i fiori all’occhiello di questa bella Italia. Viva la Monarchia. ■
RIFORME ELETTORALI? Mentre la classe politica continua a litigare e a dare esempi indegni, i vari esponenti politici non sanno far altro che minacciarsi, l’un l’altro, di far cadere quello che chiamano governo e di indire nuove elezioni. Di riforme elettorali non se ne parla. Abbiamo sentito discutere di riduzione del numero dei parlamentari, anziché di riduzione dei privilegi e delle indennità. Abbiamo sentito parlare di “premi di maggio-
ranza” ma non abbiamo sentito proporre il ritorno ad un sistema ove, gli elettori possano esprimere le loro preferenze e decidere, così, quale debba essere la classe dirigente del Paese. La “casta” é sempre più inamovibile e, tanto per risparmiare, vengono chiamati a fare il ministro persone non elette dal popolo, così come vengono nominati nuovi senatori a vita. Nuove spese, nessuna speranza per il futuro: viva la Monarchia. ■
Alle domande semplici, quasi primordiali, di cui sopra, il sistema Monarchico, ha saputo rispondere, con la presenza dei Tribunali decentrati, a presidio del territorio, con le stazioni dei Carabinieri, a tutela della Legge, con il medico condott o, nei più sperduti paesi, insieme ad un ambulatorio, a tutela della salute, con le “scuolette” elementari, nei più sperduti borghi montani, per rappresentare il cuore dello Stato ed un inizio di istruzione diffusa. Il presente sistema asfittico e corrotto, ha distrutto tutto: i Comuni vendono le strutture scolastiche per concentrare ogni cosa in disordinati ammassi di burocrati e di costruttori del pensiero che hanno tolto ai giovani ogni speranza per il futuro. I Carabinieri sono umiliati ed il loro potere di indagine e di intervento viene limitato dalla burocrazia e dall’ideologia di un sistema giudiziario in crisi che non riesce neppure a difendere i cittadini dai banditi da strada. Gli Ospedali decentrati, così come i Tribunali, vengono chiusi e conglobati, in una visione centralista, tipica delle tirannidi che voglio tutto controllare, perchè nulla sfugga al potere. La conclusione è che i cittadini perdono i servizi, sostituiti da centri per
politici ben remunerati ed inutili. Per quanto riguarda l’eliminazione di Tribunali, efficienti ed utili, proprio perchè decentrati e vicini alla gente, non possiamo che protestare, ricordando la funzione di presidio che avevano ai tempi della Monarchia. In tutto ciò un certo “Partito della Magistratura”, che non rappresenta la maggioranza dei Giudici che fanno il loro dovere e si trovano, tutti i giorni, sulle barricate per risolvere problemi immani, non è certo estraneo. Vediamo i fatti. I lettori ricorderanno che nel 1987 si svolse un Referendum per affermare il principio della responsa bilità civile diretta dei Magistrati. In quell’occasione si espresse favorevolmente oltre l’80% dei votanti. Non passò molto tempo e il Parlamento, infischiandosene della volontà popolare, emanò la Legge n. 117/88, che porta il nome di un certo “Vassalli”, per riaffermare ciò che il popolo aveva abrogato. Questa Legge, infatti, prevede che l’azione di risarcimento possa essere promossa soltanto contro lo Stato. Solo successivamente si potrà attuare la rivalsa nei confronti del Magistrato, limitata ad un terzo di
un’annualità del suo stipendio. Il cittadino potrà porre in essere la propria azione risarcitoria, nel termine di due anni, esperiti i mezzi di impugnazione, in modo che il provvedimento, ritenuto causa di danni, non possa più essere modificato o revocato. Altre ipotesi d’azione diretta nei confronti del Magistrato, sono del tutto limitate, residuali: potremmo dire del tutto inutili. In pratica il Referendum non è servito a nulla. A distanza di venti anni occorre una vera riforma della giustizia che veda il cittadino protagonista e tutelato. Le riforme burocratiche, le innumerevoli riforme del processo civile e penale hanno aggravato soltanto la confusione e il senso di sfiducia della gente nei confronti delle istituzioni. L’amministrazione dello Stato é pessima ma quella della giustizia é determinante nella vita della gente. È indubbio che il principio di indipendenza funzionale del Giudice dovrà essere mantenuto, anche in una normativa che riveda la responsabilità personale dei magistrati. Le funzioni del magistrato e i diritti del cittadino devono essere bilanciati, senza dimenticare l’art. 28
Una irresponsabilità, senza possibilità di controlli e penalizzazioni costituisce un vero e proprio pericolo per le nostre libertà, tale da poter aprire la porta all’arbitrio, oltre che alla negligenza ed all’imperizia. Certamente lo Stato repubblicano non ha saputo garantire questi diritti fondamentali del cittadino e la soppressione dei Tribunali non risolve certo i problemi di tutti i giorni. ■
FINANZIAMENTI Nel 2000 con la Sentenza All Iberian l’On. Silvio Berlusconi è stato prosciolto per estinzione del processo grazie alla prescrizione, dall’accusa di aver creato una serie di società off shore con le quali finanziò con 21 miliardi di lire l’ex Senatore del Psi Bettino Craxi. 28 anni prima, nel 1972, il Partito MonarchicoPDIUM si è fatto inghiottire dal MSI-DN a causa di debiti per 70 milioni. Più che vergognarsi viene da impazzire! ■
DIMISSIONI L’On. Michaela Biancofiore del PdL dopo aver dato le dimissioni da Sottosegretario si è pubblicamente lamentata per essere le stesse state accolte dal Capo del Governo. Sarebbe ora che ci si rendesse conto che le dimissioni non vanno date solo contando sul fatto che siano respinte. ■
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Giuseppe Chirico (Rinnovamento Italiano)
Mario Patrucco
SE NON ADESSO, QUANDO? COLONIALISMO E PERCHE’ NON SUBITO? DI RITORNO a condizione italiana finanziaria ed economica è oggi ben nota a tutti - debito pubblico ciclopico, superiore ai duemila miliardi di €, tuttora in costante crescita, nonostante le manovre attuate. Lo Stato Italia è indebitato in ragione di 33.000 € per ogni cittadino, neonato e nonagenario compresi - una spesa annua per interessi su detto debito pubblico pari a circa 100 miliardi annui, pari a circa 1.700 € annui per ogni cittadino - un prodotto interno lordo pari a 1.580 miliardi di €, pari a 26.330 € per ogni cittadino - una spesa pubblica corrente annua di circa 850 miliardi di €, pari a circa il 58% del Pil.
OVVERO, SI STAVA MEGLIO
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Molti Governi precedenti hanno fatto quasi nulla per correggere la condizione di cui sopra, all’infuori di qualche vaga promessa del tipo “pannicelli caldi” o del tipo populistico. Un Governo tecnico di alto livello insediatosi alla fine del 2011 ha continuato lungo la rotta tradizionale dell’aumento della pressione fiscale. Adesso è al lavoro un Governo Politico del Presidente premier Enrico Letta. Dovrebbe essere un Governo a tempo determinato con molti obblighi da assolvere, di ordine non solo contingente (crisi economica) ma anche strutturale (le riforme di cui tutti parlano, anzi discettano, ma che visti i risultati nulli nessuno nella sostanza ha voluto fin qui attuare). I provvedimenti da attuare non sarebbero neanche molti: 1) sostituire l’attuale legge elettorale definita una “porcata” proprio da uno dei tre o quattro soggetti che l’hanno proposta, con altro metodo meno sconcio e meno dittatoriale 2) ridurre il debito pubblico e con esso le spese annue per interessi 3) ridurre anche la spesa pubblica corrente.
QUANDO SI STAVA ... PEGGIO Africa continua a tenere banco: negli ultimi numeri di Italia reale ci siamo soffermati, a tratteggiare le ultime vicende del Continente Nero, che poi, in realtà, la nostra attenzione era soprattutto focalizzata sull’Africa pre-sahariana. Ma ora una bella trasmissione di Rai Storia ci ha richiamati alla realtà che sta vivendo l’Africa Nera, quella proprio nera, a sud del Maghreb.
L’
Enrico Letta Il punto centrale del problema è la riduzione della spesa pubblica corrente, che potrebbe essere attuata rapidamente e bene, semplificando la Struttura Amministrativa dello Stato nel modo seguente - una sola struttura legislativa la Camera dei deputati con circa 30 0 componenti, ognuno e l e tt o i n 3 0 0 c o l l e g i u n i n o m i n a l i d i c i rc a 200.000 abitanti ognuno. La legislatura dura 6-7 anni ed i deputati ultrasessantatreenni non sono rieleggibili - il Senato resta come Sezione di Studi politici e di Consulenza Pubblica del Presidente della repubblica e più avanti, se sarà ripristinata la Monarchia Sabauda, di S.M. il Re, vista l’ingloriosa nostra repubblica e l a s u a i n e ff i c i e n z a costante e sostanziale, non si vede perché non possa essere ripristinata una Monarchia moderna, espressione di ordine, legalità e pulizia. E poi, si sa le Monarchie costano poco. - S o p p re s s i o n e d e l l e Province: se ne parla da circa 10 anni e le Province sono intanto cresciute, come è ben noto. Adesso pare che qualcosa si muova. Durerà? Chissà - personalmente sono anche per la soppressione di quelle favolose ricchissime greppie che sono le Regioni tutte, perché sono tutte non virtuose - ed altro non sono che un debitificio permanente di grande efficienza. (Dall’inizio, dal 1970 in poi, costano 80.0 0 0 miliardi di lire annue, p o i d a t r a d u r re i n Euro).
Un intervento così riduttivo, e di semplificazione dello Stato, consentire b b e d i re a l i z z a re ormai presto una enorme disponibilità finanziaria, da sottrarre ai costi ed agli sprechi della politica, soprattutto. Resterebbe uno Stato così razionalizzato Capo dello Stato, Presidente o Re, meglio il Re, Camera d e i D e p u t a t i 3 0 0 eletti, pagati molto bene, senza possibilità di attività alternativa ed obbligo di presenza costante a fini di bene pubblico. Senato un piccolo drappello di persone che a b b i a n o o n o ra t o l a Patria come persone di c u l t u ra e d i s c i e n z a , Magistrati o Professionisti, di arti varie e di virtù militari. Non hanno potere legislativo. Sono consiglieri personali del Presidente o del Re e p o s s o n o e s s e re richiesti del loro parere non vincolante anche da altre strutture dello Stato. Percepiscono emolumenti dignitosi, che consentono loro di continuare a servire la Patria in un nuovo ruolo di altissimo livello non soltanto onorifico, ma non determinante.
Il preciso servizio in poco meno di mezz’ora ci ha messi di fronte ad una realtà sconosciuta dai più: molte Nazioni centroafricane paradossalmente, dopo sessant’anni dalla fine del colonialismo stanno, adesso, peggio di prima, quando erano colonie! In particolare parliamo oggi di quella colonia, più colonia … delle altre (perché era proprietà personale del Re del Belgio), il Congo belga. La “troupe” inizia riprendendo un infinito corteo di indigeni che si snoda lungo una pista fangosa, nella giungla, con pesantissimi fardelli, recati per lo più sul capo. Interrogati dai giornalisti spiegano che da un bel po’ di tempo migliaia di congolesi percorrendo a piedi un centinaio di chilometri per una quarantina di dollari trasportano quantità bibliche di materiale minerario in piccoli aeroporti ricavati nella giungla dove li attendono fatiscenti aerei, pilotati da russi.
Dove va a finire questa enorme massa di fangoso terriccio? In parecchie “silicon valley” in Europa, dove il minerale grezzo viene trasformato d’incanto in preziosi componenti indispensabili per la costruzione ed il funzionamento di computers e apparecchiature elettroniche in genere. Prima rapina. La seconda rapina, sempre mineraria, è meno grezza, ma indubbiamente più mastodontica. A questo punto, però, s’impone uno sguardo a questo sfortunato Paese. Il Congo Belga ora si chiama “Repubblica democratica del Congo”. È grande otto volte l’Italia, la popolazione è stimata in 75,80 milioni di abitanti. Per dare un’idea della struttura amministrativa, si pensi che l’ultimo censimento risale al 1984. La seconda rapina, dicevamo, è polivalente poiché riguarda un po’ tutte le risorse di questo ricchissimo e sfortunato Paese, ma la polivalenza riguarda anche l’associazione a delinquere dei diversi Stati che contornano (meglio dire che circondano strozzandolo) il Congo. Uganda, Tanganika, Rwanda, Angola, ecc., insistono non solo ai confini ma anche si appoggiano, all’interno, alle solite milizie irregolari, variopinte e delle più svariate etnie. Per fare che? Semplice: per arraffare dal sotto-
Comuni: sono le più antiche strutture amministrative d’Italia, e ad esse dobbiamo riferirci per il futuro, che sia operativo e pulito. Le Signorie ed i Principati sono venuti dopo ed hanno ridotto l’Italia ad un campo di predominio da parte di “Barbari”. oggi Signorie = Province 1861 P r i n c i p a t i = Re g i o n i 1970 La re a l t à è s o tt o g l i occhi di tutti, del colto pubblico ed anche dell’inclita guarnigione. ■
suolo quello che la fantasia del buon Dio regalò a questo sfortunato Paese. Dai diamanti al petrolio e tutto quello che può venire in mente, sopra e sottoterra. E qui l’obbiettività ci costringe a precisare che la “longa manus”di molte rapine fa capo a multinazionali occidentali, finora, ma sta arrivando la Cina. Come si difende il popolo congolese? Non certo con la struttura politicoamministrativa pregressa e sempre attuale: a parte lo scorrazzamento continuo delle già viste bande e il permanente stato di guerriglia che interessa una buona metà del Paese, quello che rimane in una precaria pace ha enormi problemi sociali: all’istruzione primaria può accedere solo un terzo della popolazione, rimanendo analfabeta un altro terzo. Malgrado le imponenti possibilità di produzione di energia idro-elettrica, in minima parte sfruttate, il 90 per cento delle abitazioni non ha ancora la luce! E quel poco di energia idro-elettrica che veniva prodotta sul fiume Congo dalle uniche due centrali, ora peraltro guaste, andava a finire in SudAfrica! ■
PANDA La rivista scientifica Environmental Practice ha pubblicato lo studio di un gruppo di ricercatori di Oxford che ha esaminato le cessioni di panda effettuate dalla Cina nell’ultimo mezzo secolo. E semplari di panda, mammifero esistente allo stato libero in Cina in circa 1600 esemplari, secondo detta ricerca sono stati donati agli zoo di altre Nazioni in cambio o in agevolazione di accordi commerciali di vitale importanza per i cinesi. ■
INSAZIABILE
Stemma del Congo
Judith Oakes, di 48 anni, Commercialista del distretto scolastico californiano di Rialto, negli ultimi 7 anni ha sottratto buoni pasto per studenti per 3 milioni di dollari alla scuola in cui lavorava. Data l’enormità della somma rubata in una sola scuola, vi è da pensare alla scarsità se non del tutto alla mancanza di controlli, lo stesso che accade purtroppo in molti settori in Italia. ■
ITALIA REALE - 10/2013
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Danilo Quinto (Corrispondenza romana)
Mauro Faverzani (Corrispondenza romana)
MEGLIO LE ELEZIONI ANTICIPATE DEL NULLA ATTUALE
SIRIA
i chiamano Neet. La sigla, che in inglese sta per “Not in Employment, Education or Training” (giovani non impegnati né nella scuola né nel lavoro). In Italia, i minori di 25 anni in questa situazione, sono pari al 21% del totale.
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Nel Sud, i giovani disoccupati rappresentano quasi il 40%. Mentre i dati Istat annunciano che nell’ultimo semestre la disoccupazione totale ha raggiunto il 12%, uno studio di Confindustria rileva che negli anni della crisi l’Italia ha perso il 15% del settore manifatturiero e la produzione industriale è scesa del 25%, rispetto al punto massimo, toccato nel 2007. Le aziende italiane chiudono ad un ritmo di 36 al giorno. Quelle che hanno avviato una procedura di fallimento o di concordato preventivo, sono 126 mila. Tra queste, 9 mila aziende storiche, con più di 50 anni di attività. Nel solo mese di agosto 2013 sono state autorizza-
te 75,3 milioni di ore di cassa integrazione. Rispetto ad agosto 2012, si è registrato un aumento del 12,4%. L’Ocse (l’Organizzazione per la Cooperazione e per lo Sviluppo Economico) prevede che alla fine del 2013 il Pil italiano sarà sceso dell’1,8%. Si potrebbe continuare a lungo con questa litania di dati, che la stampa italiana si guarda bene dall’approfondire. Quel che invece fa la stampa europea (“Le Monde”, “The Guardian”), che sbeffeggia il nostro Paese, considerato non in grado di uscire dalla recessione, diversamente da quanto hanno già fatto le altre economie europee. C’è addirittura chi sostiene - “The New York Times” - che “l’economia italiana sarà l’unica, tra le prime sette al mondo, per la quale quest’anno si prevede un arretramento”. Che fare di fronte a questa situazione? Innanzitutto, prendere atto che gli esecutivi degli ultimi due anni, non sono stati in grado di governare il Paese. Sia Mario Monti sia Enrico Letta, non sono riusciti neanche ad indicare le riforme necessarie per
affrontare la crisi economica. Nessun intervento strutturale sulla spesa pubblica, che incida sull’enorme debito pubblico. Nessuna misura che renda meno opprimente la presenza della burocrazia. Tanto meno, provvedimenti sul costo del lavoro, per imprese e lavoratori e sul carico fiscale, che è il più alto in Europa. Solo nelle ultime settimane ci si è accorti che le risorse per la ripresa economica ci sono. Si è notato, ad esempio, che l’insipienza della classe politica che governa le Regioni è riuscita a spendere il 50% delle risorse europee del 2007-2013 e si è creata l’Agenzia per la Coesione Territoriale, per tentare di non perdere l’opportunità della programmazione 2014-2020. Sul fronte interno, qualcuno ha indicato che pur esiste la Cassa Depositi e Prestiti, che tra i suoi compiti principali ha quello di gestire il risparmio postale: 230 miliardi di euro. Sarà usata - dice il Governo - come strumento di “politica industriale” e pare siano utilizzabili 95 miliardi di euro, attraver-
so interventi mirati nel settore delle infrastrutture, delle amministrazioni locali, delle imprese. Una buona trovata, sperando che qualcuno non pensi di salvare Telecom, come propongono in molti. La realtà amara è che questo Paese non merita - e abbiamo il dovere di dirlo a gran voce, proprio in quanto cattolici - di sacrificare il suo destino in base all’esistenza della tecnocrazia, che diventa potere o delle “larghe intese”. Questo Paese, ha bisogno di una generazione di politici diversa da quella attuale e se occorressero dieci turni di elezioni anticipate per ottenere questo risultato, sarebbe incomparabilmente meglio del nulla che ci viene proposto. Se vi fosse qualcuno che ha a cuore il bene comune, dovrebbe prendere le sue decisioni su questi presupposti e non su interessi e profitti personali. Si dice: tutto andrebbe a rotoli, se non ci fosse il Governo. Siamo convinti che il bene da tutelare non è l’indice dello spread, ma la dignità del Paese. ■
Eugenio Ragno (Corrispondenza romana)
DALLA PRIGIONIA DELLE BRIGATE ROSSE AL PREMIO ACQUI STORIA l premio La Storia in TV, sezione del premio Acqui Storia dedicata alle fiction televisive di argomento storico, è stato assegnato alla Casa cinematografica Albatrossfilm di Roma per la realizzazione delle miniserie in due puntate Gli anni spezzati. Il giudice, programmata in prima serata su “Rai Uno” nella stagione 2013-2014.
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La fiction, tratta dal libro Nella prigione delle Brigate Rosse, scritto dal giudice Mario Sossi e dal giornalista Luciano Garibaldi e pubblicato, nella nuova edizione, dalla casa editrice “Ares”,sarà la ricostruzione del rapimento del giudice Sossi, effettuato a Genova dalle Brigate Rosse nel 1974, e del conseguente ricatto allo Stato, compiuto
dall’organizzazione terroristica, ma fallito per la coraggiosa iniziativa del Procurato-re generale Francesco Coco, che rifiutò di porre in libertà i terroristi la cui scarcerazione era stata richiesta in cambio della vita del giudice rapito. Coco vinse la battaglia, ma pagò con la vita, assieme alla sua scorta, tutti assassinati due anni dopo dalle Brigate Rosse, le prime vittime degli “anni di piombo”.
La fiction premiata fa parte di una triologia le cui altre due puntate sono intitolate Il commissario e L’ingegnere e si riferiscono la prima al commissario Luigi Calabresi, assassinato a Milano da Lotta Continua nel 1972, la seconda all’organizzazione della “marcia dei quarantamila” che nel 1981, a Torino, pose fine alle violenze dei terroristi contro la Fiat.Dunque, una significativa panoramica sugli anni di piombo incentrata sulle tre città che maggiormente dovettero subir-
ne il peso: Milano, Genova e Torino. Il premio è stato ritirato sabato 19 ottobre, al teatro Ariston di Acqui Terme, da Graziano Diana, sceneggiatore e regista della miniserie, già autore di pregevoli filmati televisivi come La vita rubata con Beppe Fiorello, Edda Ciano e il comunista, con Alessandro Preziosi e Stefania Rocca, vincitore a Saint Vincent della “Grolla d’oro” come migliore regista televisivo. Alla consegna del premio hanno presenziato il giudice Mario Sossi con la moglie Grazia (che nella fiction sono interpretati da Alessandro Preziosi e Stefania Rocca), il giornalista e storico Luciano Garibaldi, e Massimo Coco, figlio del Procuratore generale di Genova ucciso dai terroristi. ■
SECONDO UN RAPPORTO, META’ DEI “RIBELLI” SONO DI AL QAEDA O ESTREMISTI ISLAMICI l mondo ha saputo del rapporto stilato dagli ispettori dell’Onu circa l’utilizzo di armi chimiche alle porte di Damasco lo scorso 21 agosto, rapporto che comunque non individua i responsabili dell’attacco.
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Decisamente meno noto, invece, ma non meno importante appare uno studio condotto dall’Ihs Jane’s, la società di consulenza britannica specializzata in temi relativi alla Difesa. Secondo tale docu ment o, stilat o sulla base di testimonianze e di fonti d’intelligence e pubblicato dal quotidiano “The Daily Telegraph”, la metà dei circa 10 0 mila “ribelli”, che - frammentati in mille differenti gruppi - combattono contro il regime siriano, sarebbe jihadista o apparterebbe al fanatismo islamico. In particolare, 10 mila di loro sarebbero emanazione diretta o comunque collegati ad al Qaeda: loro scopo sarebbe quello di fare della Siria un “emirato” in seno ad un “califfato” islamico, esteso all’intera regione; tra i 30 ed i 35 mila sarebbero invece membri di gruppi di estremisti islamici, focalizzati sul conflitto locale e senza altre prospettive geopolitiche di medio-larga scala; almeno altri 30 mila apparterrebbero a gruppi, pure islamici, definiti però più “moderati”.
dato ai militanti islamici in Siria di non stringere alleanze con chi sia sostenuto dagli Stati arabi del Golfo e dai Paesi occidentali, monito che riflette le profonde rivalità tra fazioni, in competizione tra loro ed unite soltanto dall’odio contro le shabiha, le milizie pro-Assad, accusate d’esser nemiche dello “Stato islamico”, nonché dalla sete di potere e di controllo sulle popolazioni delle zone ove esse operano. Le truppe legate ad al Qaeda sono quelle meglio orga nizzate, meglio armate, meglio pagate e meglio inserite nel tessuto sociale: il loro enorme potere economico consente di conquistare la simpatia ed il sostegno della gente povera, affamata, malata e stremata dal conflitto, distribuendo cibo e medicine agli adulti, oltre a giocatt oli per i bambini, assieme però all’immancabile propaganda islamista. A tal scopo uno di questi gruppi, l’Eil - sigla che sta per Stato islamico in Iraq e in Oriente - ha lanciato un vero e proprio programma di “indottrinamento” dei civili, per “rieducare” i musulmani sunniti siriani più moderati ad un’interpretazione radicale e dura dell’islam. Senza dimenticare la propaganda anti-Assad, scatenata da al Qaeda in Occidente, propaganda che pare abbia già prodotto i propri frutti, forse anche sin troppo copiosi ed insperati, senz’altro oltre ogni aspettativa anche nell’Occidente cristiano. ■
Solo un’esigua minoranza di combattenti apparterrebbe a gruppi non islamici o nazionalisti. Non a caso in un discorso audio, diffuso in occasione dell’anniversario degli attacchi dell’11 settembre, il capo della rete al Qaeda, Ayman alZawahiri, ha raccoman-
Ayman al-Zawahiri
ITALIA REALE - 10/2013
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Donatella Ceccarelli
MONARCHIE E REPUBBLICHE ARABE on tutte le tragiche vicende che accadono, credo sia giusto ricordare che la Siria che noi oggi conosciamo nacque, in origine, come una Monarchia, benché tale forma istituzionale abbia avuto in quel Paese una brevissima esistenza. Perché ricordare ciò? La risposta dovrebbe essere palese. Quando si guarda al caos, al disordine ed alle violenze che hanno accompagnato la così detta “Primavera araba”, appare evidente come tutti i peggiori regimi che sono stati rovesciati fossero regimi repubblicani. Tunisia, Libia, Egitto (tutte repubbliche), hanno visto imponenti sconvolgimenti e ora, restando in Siria, si vedrà se quel governo riuscirà a sopravvivere oppure no. E, se sopravvivrà, comunque lo farà su strati di cadaveri di persone innocenti, cadute per una guerra della quale non si capisce bene di chi siano le responsabilità che, ricordiamolo, non stanno mai da una parte sola.
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Anche le Monarchie del mondo arabo hanno conosciuto momenti di tensione, anche forti, in questi anni, ma nessuna di esse è stata rovesciata o ha conosciuto ondate di violenza assimilabili a quelle che hanno sconvolto i vicini Paesi repubblicani. I Regni del Marocco, dell’A rabia Saudita, della Giordania e le piccole Monarchie del Golfo Persico, hanno tutte subito dei contraccolpi, ma nessuna è caduta o ha visto l’insorgere di guerre civili. Pertanto, dovrebbe essere evidente ad ogni osservatore veramente imparziale che il sistema monarchico potrebbe essere una risorsa importante per il medio oriente e per il nord Africa (e non solo). Aree in cui invece, il sistema repubblicano, generalmente imposto con atti di carattere politico violento, ha causato solamente disordine e confusione. Sempre, quando un sistema repubblicano è stato instaurato in un Paese di quest’area, ciò è avvenuto solo perché un tiranno - non trovo altri termini - è riuscito a destabilizzare il pre-
cedente regime spesso monarchico (Egitto, Libia, Tunisia, Irak, Iran), imponendosi sovente, con modi barbari, alla massa amorfa della popolazione e comunque senza alcuna “santificazione”, anche successiva, democratica.
nano conseguenze che hanno causato la morte di decine di migliaia di innocenti. Tornando al “caso” siriano, occorre ricordare che, per molti secoli, l’odierno territorio siriano, così come altre vastissime aree del medio oriente, fece parte dell’Impero
avevano voluto avviare nel Paese una forse troppo veloce azione di modernizzazione. Allorchè gli inglesi presero contatti con lui, per prima cosa chiese un aiuto concreto per la creazione di un impero arabo che avrebbe dovuto includere tutti i territori compresi tra l’Egitto, la Turchia e la Persia, con se stesso destinato a sostituire il Sultano di Costantinopoli come nuovo Califfo dell’Islam. Occorre considerare che tale richiesta non era come potrebbe apparire a prima vista, come una semplice “voglia” di grandezza o di egocentrismo politico. Lo Sceicco Hussein, infatti, comprendeva pienamente che una regione etnicamente si araba, ma divisa in una miriade di tribù che, pur se musulmane, appartenevano a più “correnti” dello stesso credo, non poteva, per essere governata, non avere un unico capo riconosciuto.
Re Idris I Ciò è accaduto in Egitto, dove Nasser, dopo pochi mesi dal colpo di stato che aveva detronizzato Re Farouk, si liberò degli stessi suoi compagni di putsch; in Libia, dove Gheddafi, rovesciato Re Idris I, per prima cosa cacciò tutti gli Italiani che, in alcuni casi da oltre 50 anni, vivevano nel Paese, instaurando un regime assai simile a quelle che erano state le satrapie orientali di biblica memoria; in Tunisia, dove Bourghiba, detronizzando nel 1957 il Bey - che come simbolo, per secoli, pur con molte pecche, aveva rappresentato l’unico residuo di indipendenza del Paese, prima dai turchi, poi dai francesi instaurò una dittatura del partito unico, durata, appunto, fino alla primavera del 20 11; in Irak, dove un gruppo di sanguinari militari rovesciò nel 1958 la pacifica e filoccidentale Monarchia Hascemita - che aveva portato il Paese all’indipendenza - con il massacro dell’intera Famiglia Reale. Gli effetti di quel golpe ancora oggi, dopo più di 50 anni, determi-
ottomano. Un Impero che aveva concluso un lungo processo di espansione, non solo in Asia, con la conquista di Costantinopoli e di quel che rimaneva dell’antico Impero bizantino, nel maggio del 1453. Con l’entrata in guerra dell’Impero turco a fianco delle potenze centrali nel 1914, gli alleati dell’Intesa, e principalmente il Regno Unito, avviarono una serie di iniziative diplomatiche verso le popolazioni arabe della penisola arabica, formalmente sott oposte al controllo turco. In particolare era prevista la fornitura d’armi ed istruttori, per far si che queste conducessero azioni di guerriglia nelle retrovie turche, distogliendo truppe e risorse dai fronti principali. Gli arabi avevano come guida Hussein Bin Ali, Sceriffo della Mecca sin dal 1908. Egli si era allontanato dall’Impero turco allorché ad Istanbul erano andati al potere i così detti “Giovani turchi”, che
Un capo che fosse sia politico che religioso. Più o meno il ruolo del Sultano turco ma, l’ondata laicista incarnata dal movimento dei “Giovani turchi”, gli faceva temere una troppo rapida e pericolosa laicizzazione dello Stato. Gli inglesi non accettarono del tutto tali richieste ma, nonostante ciò, Hussein Bin Alì iniziò la rivolta contro i turchi nel 1916, con la convinzione, comunque, di dar vita alla fine della guerra ad uno Stato arabo indipendente. Questa intenzione, però cozzava con gli accordi a suo tempo sottoscritti da Gran Bretagna, Francia, Russia ed Italia, per la spartizione della Turchia a guerra conclusa.Tali accordi erano segreti, ma vennero rivelati, con grande imbarazzo delle Cancellerie coinvolte, dal governo bolscevico russo, allorché andò al potere. Tale piano strideva con quelli che erano i teoremi - in particolare “sponsorizzati” dal presidente americano Wilson - sull’autodeterminazione dei popoli. Infatti i territori che costituiscono gli attuali Irak, Giordania e Palestina, erano reclamati dagli inglesi (che si erano impegnati con gli ebrei, riguar-
do alla formazione di uno Stato libero ebreo in Palestina, nel 1914); gli attuali Libano e Siria, invece, erano “chiesti” dai francesi, mentre ai russi, sempre sulla base degli accordi pre-bellici, doveva andare parte della Turchia settentrionale e la zona di Costantinopoli, con il conseguente controllo degli stretti.A complicare ulteriormente la situazione, gli inglesi, con la dichiarazione di Balfour che favoriva gli ebrei per quel che riguarda un loro possibile re-insediamento in Palestina. Solo tale scelta, di fatto, invalidava ogni accordo o promessa precedentemente sottoscritta con gli arabi. Il dopo guerra confermò le aspettative britanniche e francesi che rispettivamente ebbero mandati fiduciari nell’amministrazione di Irak, Transgiordania e Palestina, i primi, di Siria e Libano, i secondi. In quel momento, naturalmente, non esistevano
diritto in forza degli accordi a suo tempo sottoscritti in particolare con gli inglesi. Il problema, per gli arabi, stava nel fatto che non erano compatti nelle loro istanze, e nuove forme di nazionalismo stavano subentrando ad antiche faide tribali, in alcuni casi di antichissima data. Alla Mecca, lo Sceicco Hussein era stato dichiarato “Re di tutti gli Arabi” dai religiosi che vigilavano sul luogo più santo dell’Islam, ma si trattava di un titolo del tutto vuoto di ogni significato pratico. A Damasco si era riunito un congresso arabo, ma le varie fazioni erano divise internamente e nessuna decisione concreta veniva mai presa. Unico dato certo, fu la rinuncia all’idea di un unico, vasto, impero arabo che assorbisse le province ex- ottomane. Venne però deciso che quell’ampio territorio fosse diviso tra lo Sceicco
Sceicco Hussein Bin Ali entità statali in quell’ampia area geografica che divideva la Turchia dall’attuale Arabia Saudita e, per antico retaggio storico, l’intera zona era indicata genericamente come “Siria”. Gli arabi però, in quella zona, avevano considerevoli forze che, come detto, negli anni precedenti erano state utilizzate in operazioni di guerriglia contro i turchi (ricordate Lawrence d’A rabia), ed erano determinati ad ottenere ciò che ritenevano spettasse loro di
Hussein ed i suoi figli. Fu in quel momento che nacque, con il nuovo Regno, la prima entità statale indipendente per una nuova Siria, così come oggi la conosciamo, che all’epoca, però, era ben più ampia nei suoi confini, rispetto a quelli odierni. Quel che oggi sono la Siria, la Palestina e l’Irak settentrionale, furono riuniti nel Regno Arabo di Siria, sotto lo scettro di Re Feisal I, figlio dello Sceicco Hussein. Il Principe Zeid (un altro figlio
ITALIA REALE - 10/2013
Re Feisal I di Re Hussein), venne dichiarato reggente dell’ Irak, mentre il Principe Abdullah, sempre figlio di Hussein, fu proclamato Re di Transgiordania. Non nasceva un Impero arabo ma i tre nuovi regni erano comunque retti da esponenti della medesima Dinastia, quella Hashemita. Rimaneva esclusa la Palestina, rimasta sotto il controllo diretto inglese, stante la promessa da questo fatta, come detto, agli ebrei ed al movimento Sionista, di dare vita ad un nuovo Stato ebraico. Purtroppo, né la Francia, né la Gran Bretagna riconobbero il nuovo ruolo assunto da Feisal I quale Re di Siria. In particolare la Francia fu veemente nell’opposizione all’iniziativa, stante le sue mire sul territorio siriano. Da ciò, la brevità della vita del nuovo regno. Dopo solo alcuni mesi Re Feisal, nonostante le pressioni contrarie che provenivano dalla base popolare, che intendeva difendere la propria indipendenza, venne obbligato a rinunciare al trono, sotto la minaccia del governo repubblicano francese, di inviare l’esercito a supporto dei presunti diritti di Parigi. Finiva così l’avventura siriana del Principe Hashemita, che “ripiegava” sulla corona irakena. Oggi unica superstite tra le dinastie Hashemite della regione è quella Giordana che, non a caso, regna sul più tranquillo e stabile dei Paesi del medio oriente. Degli altri due Paesi sottratti a quei Principi arabi, Siria ed Irak, tutti conosciamo le spaventose vicende ancora in corso ed i bagni di sangue di cui quelle popolazioni, ancora oggi, sono vittime. Resta, comunque, a parere di chi scrive, che il
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motivo fondante del caos che caratterizza la zona medio orientale nei territori che separano la Turchia dall’Arabia Saudita, stia nella folle scelta delle potenze vincitrici la Prima guerra mondiale di smantellare quel bastione di stabilità politica e religiosa che fu l’Impero ottomano. Il Sultano, infatti, oltre ad esercitare il potere politico, pur se nei secoli in maniera sempre più debole, mantenne sempre il ruolo di Califfo dell’Islam, cui tutti i mussulmani guardavano con rispetto. Era questo, probabilmente, il ruolo di maggior effetto nell’esercitare un controllo morale costante, perfettamente atto a sopire passioni e contrasti tra le varie interpretazioni date, nei secoli, al Corano. Crollato quel bastione, ne vediamo, ogni giorno, le drammatiche conseguenze, ieri come oggi. ■
ORGOGLIO ITALIANO È stato inaugurato a San Basilio, a nord di Cagliari, il Srt - Sardinia Radio Telescope, un gigantesco radiotelescopio, il più moderno d’Europa, in grado di lanciare messaggi verso gli altri pianeti. Alto circa 70 metri con diametro di 64, è stato costruito con 3.000 tonnellate di acciaio che hanno comportato diecimila saldature. Il suo costo di 60 milioni di euro è stato finanziato principalmente dal Miur, dall’Agenzia Spaziale Italiana e dalla Regione Sardegna. Per l’inoltro nell’etere verso altri mondi è stato proposto, tra gli altri, il seguente messaggio: “La terra è un pianeta bellissimo, ma abitato dall’Uomo, il quale, sebbene dotato di Divina intelligenza, è spesso cieco, avido e stupido e sta sconsideratamente depredando il mondo sino alla distruzione. PER FAVORE, AIUTO!!!”. ■
NEGRO La parola “negro” si può usare a condizione che i toni non siano offensivi. Lo ha dichiarato nella trasmissione radiofonica “La zanzara” il Sig. Domenico Grispino, marito del ministro (di colore) dell’Integrazione, Cécile Kyenge. ■
Sergio Bosca
ITALIA E BRASILE SITUAZIONI A CONFRONTO ui in Brasile dove vivo da più di 20 anni, si è recentemente creata una situazione inedita: il popolo, ha incominciato a protestare. Non era mai successo, dopo la fine della dittatura militare che ci fossero dimostrazioni di piazza con centinaia di migliaia di partecipanti, protestando contro la corruzione, il malgoverno, una classe politica di onestà dubbia, chiedendo una riforma politica attraverso il plebiscito. E pensare che tutto era iniziato come una protesta contro l’aumento delle tariffe del passaggio in autobus di più o meno 20 centesimi avvenuto quasi simultaneamente in varie città capitali di Stato. Studenti e lavoratori delle più svariate categorie e classi sociali, si ritrovano in piazza come per incanto, protesta stranamente spontanea, complice l’Internet, partiti e sindacati
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pacifiche e inquadrabili in un aspetto di liceità democratica, ma che si fossero inseriti gruppi di facinorosi. Questo è indubbiamente vero, ma solo in parte. Ladruncoli e vagabondi hanno indubbiamente cercato di approfittare della situazione per ottenere qualche tornaconto, ma non solo loro si coinvolsero nelle proteste più violente. Quando un popolo è vessato e tartassato e ignorato per decadi è difficile che perdendo la pazienza lo faccia in modo misurato, con calma olimpica e la certezza che riuscirà nell’intento, ma è inevitabile che la situazione sfugga al controllo e la protesta degeneri, tanto più non essendoci un comando organizzativo che assumesse responsabilità. Credo di poter affermare che anche il popolo brasi-
La stessa Presidente, la cui popolarità sta crollando, è intervenuta con discorsi e promesse cercando di cavalcare la protesta, qualcosa sarà fatto, ma se non si tratterà di qualcosa di sostanziale rischiamo di avere una Coppa del Mondo di calcio disastrosa. E in Italia come stanno le cose? Stranamente, per quanto abbiamo una situazione ben peggiore di quella brasiliana per quanto riguarda corruzione, malgoverno, disonestà dei politici, problemi economici, disoccupazione e chi più ne ha più ne metta, le proteste sono poche e deboli. Dove sono gli ex sessantottini che per motivi molto meno impellenti e alla luce dei fatti direi addirittura futili, devastarono il sistema sociale di quel lontano 1968? Evidentemente si sono imborghesiti o l’età non accompa-
avrebbe il diritto di dire la sua visto il vuoto di potere politico che si è creato semplicemente tenta di sopravvivere mandando a produrre all’estero, oppure chiude bottega nella massima indifferenza. Il mondo studentesco, troppo preoccupato per il proprio futuro non ritiene opportuno protestare, forse nella speranza che lo stellone d’Italia ci protegga ancora una volta. I militari che un poco di platea dovrebbero averla, date le molte missioni all’estero che svolgono con onore e competenza, non emettono un vagito. È bensì vero che neppure all’epoca del Regno, i militari italiani non si sono mai immischiati in politica, ma a quell’epoca c’era qualcuno al comando in possesso degli attributi del caso e non la zerocrazia attuale, per cui hanno il diritto di dire la loro come qualunque altra categoria di cittadini. Ma allora dov’è il popolo? Dove sono le proteste legittime pacifiche e ordinate, ma compatte e insistenti che dovrebbero martellare il sistema fino a farsi sentire?
Dilma Vana, Presidente del Brasile che cercavano di inserirsi con loro simboli e bandiere furono cacciati e i sindaci furono costretti a fare marcia indietro circa l’aumento. La protesta però non si placò. Iniziata in concomitanza con la Coppa delle Confederazioni, impaurì le autorità per la pubblicità negativa che comportava e per il fatto che i dimostranti tentassero di avvicinarsi il più possibile agli stadi per darle maggiore risonanza, di qui scontri con la polizia con feriti e anche alcuni morti. I politici e i media hanno insistito molto sul fatto che le dimostrazioni fossero
liano più dedito al gioco del calcio, carnevali e feste di ogni genere piuttosto che alla politica ha finalmente imboccato la strada della maturazione e del progresso. Il mondo politico sta cercando di rabbonire gli animi facendo promesse, che non potrà mantenere perché incostituzionali, ma non comprende che quando la protesta popolare raggiunge certi livelli, è inutile cercare di nascondersi dietro costituzioni o altre leggi, che sono le stesse che hanno provocato i problemi che causano la protesta.
gna le velleità o più probabilmente sono proprio loro i rappresentanti della classe politica e imprenditoriale responsabili per l’attuale situazione. Quanto agli attuali giovani, che sarebbero i più interessati a migliorare la situazione, dove sono? Inesistenti. I giovani, che dovrebbero rappresentare il futuro della Nazione, che dovrebbero essere la speranza delle loro famiglie non hanno volontà, interesse, fiducia in se stessi. Nessuno protesta, il mondo dell’impresa che
Sarà ipotizzabile una teoria, secondo la quale la maturità dei popoli e il loro grado di progresso sono, a livello planetario in quantità limitata. Se un popolo ne acquista un altro ne deve perdere? Spero proprio che questa ipotesi sia improponibile, ma chi lo deve decidere sono gli Italiani, non con inconcludenti ludi cartacei, ma trovando il coraggio di farsi sentire così come lo hanno trovato i Brasiliani. ■
PROFEZIA? “Se è volontà del popolo brasiliano, io promuoverò l’Apertura Politica in Brasile. Ma arriverà un tempo in cui il popolo sentirà nostalgia della Dittatura Militare. Dato che molti di questi che guidano la fine della dittatura, non stanno lavorando per il bene del popolo, ma per i loro interessi”. Generale Ernesto Geisel ■
ITALIA REALE - 10/2013
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Roberto Vittucci Righini
FALSIFICARE LA STORIA on è tanto difficile falsificare la Storia sino a giungere a far dimenticare fatti e personaggi del passato cancellandone la memoria, oppure anche, più limitatamente, denigrare e nel contempo o alternativamente creare falsi miti e leggende.
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sede del Partito Monarchico a Novara, diventata anche poco apprezzata e non autorizzata sede di non condivisibili comportamenti di un gruppo che si definiva partigiano.
baldi”, 10.000 azionisti nelle formazioni “Giustizia e Libertà”, 9.000 in formazioni democristiane e 1.000 in formazioni socialiste.
in fotografia ma che si presentarono all’incasso quali salvatori della democrazia e della libertà, rivendicando e non raramente ottenendo privilegi e favori non spettanti. L’A.N.P.I. ora iscrive e dà la tessera anche a giovani e vi è da ritenere che, al pari di talune Associazioni di “Garibaldini” avrà vita ultra secolare.
Damnatio memoriae Precursori anche in questo campo furono gli antichi Romani che con la “damnatio memoriae” cancellavano ogni riferimento a fatti e persone che in odio o punizione volevano far sparire dal ricordo come se mai fossero esistiti. Tipico il caso di Zenobia, Regina di Palmira, che dopo aver nel III secolo d.C. conquistato la Siria e l’Egitto, entrata in contrasto con Roma fu catturata da Aureliano nel 272 con cancellazione di lei e del suo regno lasciato sommergere dalla sabbia per condanna alla perdita del ricordo. Diventato poi impossibile ricorrere alla “damnatio memoriae”, che comportava l’eliminazione di qualsiasi riferimento in documenti, a causa del propagarsi della scrittura e dei mezzi di sua diffusione e archiviazione, ecco prendere sempre più piede la denigrazione delle persone e la falsificazione dei fatti e della Storia, quale conseguenza di odi o anche solo di sentimenti di rivalsa e rivincita, oppure di ancora meno nobili interessi politici e fattori commerciali. Riportiamo alcuni dei falsi maggiormente diffusi nell’Italia di oggi.
Resistenza Per Resistenza qui si intende l’attività svolta dall’8 settembre 1943 all’aprile 1945 per la liberazione dell’Italia dall’occupante nazista. È indispensabile chiarire subito un punto, prima che qualcuno mi salti agli occhi sostenendo che ho insultato e denigrato la Resistenza, al pari di quanto avvenne alla fine degli anni ’60 allorchè fui minacciato di denuncia in occasione dello sgombero manu militari della
Partigiani in Val Varaita Mio Padre, in licenza l’8 settembre 1943 in Italia dalla Grecia dove comandava il Secondo Gruppo a cavallo dei “Lancieri di Milano”, non rientrato forzatamente al Reparto che venne catturato e quasi interamente - a parte pochi che abbandonarono i compagni per aderire alla Repubblica sociale italiana - internato in Germania, entrò immediatamente a far parte della Resistenza precisamente della Brigata SAP (Squadra Azione Politica) Boero, Distaccamento di Bianzè, come anche da tessera di riconoscimento già riprodotta su questo Mensile. Non fosse altro che per il rispetto di mio Padre, mai potrei parlare male della Resistenza, pur ritenendo lecito criticarne taluni aspetti. E veniamo al punto. La Resistenza non fu nel modo più assoluto un fatto comunista, anche a voler prescindere dalla sua più massiccia e attiva componente, costituita dall’Esercito che alla fine della guerra aveva alle armi più di 300.000 uomini, dalla Marina con 75.0 0 0 uomini e dall’Aeronautica con 31.000 uomini. Secondo lo Special Force che aveva tra l’altro il compito di tenere i contatti e catalogare i partigiani italiani, questi erano in totale 89.942 dei quali 38.000 apolitici che comandati da Ufficiali di carriera si consideravano emanazione del Regio Esercito, 32.000 comunisti, inquadrati nelle formazioni “Gari-
Qualcuno, fuorviato da propaganda interessata, potrebbe ribattere che gli risulta che i partigiani a fine guerra fossero circa un milione, ma si tratta di un colossale falso, conseguenza anche della corsa quando ormai non vi erano più pericoli, di una massa di opportunisti, ad accaparrarsi un pezzo di carta dal quale risultasse l’appartenenza a formazioni antifasciste, da utilizzare per prebende, posti di lavoro, ecc., ecc. Ma se la grande maggioranza dei partigiani non era comunista, come hanno potuto fare dell’Associazione Partigiani d’Italia - A.N.P.I. una succursale comunista ed invadere le manifestazioni partigiane con le bandiere rosse? La stragrande maggioranza di quanti si batterono apertamente e con rischio della vita contro nazisti e fascisti furono paghi della lotta e cioè della vittoria che, almeno sulla carta, restituiva libertà e democrazia all’Italia, e tornarono tranquillamente alle loro case e occupazioni, senza frequentare sfilate e manifestazioni e tanto meno senza avanzare richieste. La serietà di comportamento si è però rivelata un errore perché così facendo permisero che la Resistenza venisse spacciata per un fatto squisitamente comunista e perché lasciarono campo libero anche ad una massa di falsi partigiani che la resistenza avevano visto solo
Bella ciao “Bella ciao” è stata canzone delle mondine nelle risaie con il testo che iniziava “Stamattina mi sono alzata Laggiù in risaia mi tocca andar e fra gli insetti e le zanzare un duro lavoro mi tocca far”. Solo a guerra di liberazione finita da circa venti anni, durante la quale la canzone più nota dei partigiani era “Fischia il vento”, qualcuno trasformò il testo di “Bella Ciao” in “Stamattina mi sono alza-
l’adattamento di una vecchissima canzone “Fior di tomba”, risalente all’epoc a dell’unità d’Italia. Giovanna Daffini, ex mondina vercellese, che cantò “Bella ciao” negli anni sessanta dello scorso secolo accompagnata al violino dal marito Vittorio Carpi, diceva di averla appresa negli anni trenta, mentre Vasco Scausani, ex mondino di Galtieri, sosteneva di averla trasformata nel secondo dopoguerra e di averla insegnata ad un gruppo di mondine che la cantarono ad un festival de “L’Unità” organizzato nel novarese. Comunque sia, i ragazzetti di sinistra che si riempirono la bocca tracimando con fiero piglio guerrafondaio la “Bella ciao” partigiana, non fanno altro che perpetrare un falso.
Lega Nord Nata in contrapposizione all’Unità d’Italia e auspice della separazione delle Regioni del nord dal resto della Nazione, la Lega ha cercato di trovar radici storiche in un personaggio di pura fantasia, mai esistito, da essa assurto a simbolo: Alberto da Giussano. Al pari della “Compagnia della Morte”, Alberto da Giussano fu
battaglia di Legnano, conservata nell’Archivio dell’Ospedale Maggiore di Milano, indirizzata al Pontefice contro una sentenza dell’A rcivescovo della Città, da 50 postulanti, il ventottesimo dei quali era tale Albertus de Gluxano. Parimenti di fantasia la statua che rappresenta un guerriero di Legnano con braccio alzato armato di spadone, che compare nel simbolo della Lega Nord, statua realizzata nel 190 0 dallo scultore Enrico Butti, in sostituzione di precedente statua opera dello scultore Egidio Pozzi, che era stata commissionata dal Comune di Legnano nel 1876 per commemorare un esaltante discorso tenuto nel 1862 da Giuseppe Garibaldi sull’unità della Patria e sulla necessità di cacciare gli austriaci che ancora occupavano il Veneto. La statua attribuita dalla Lega Nord al mai esistito Alberto da Giussano potrebbe oggi venir sostituita nel simbolo del Partito da altra riproducente il suo segretario Roberto
Dal film “Riso amaro” ta e ho trovato l’invasor”, compiendo una falsificazione poi ripresa in un disco di canti popolari italiani da Yves Montand in uno spettacolo del Canzoniere Italiano al Festival di Spoleto. Il musicologo Roberto Leydi, accertato che “Bella ciao” è di autore sconosciuto, aveva scopert o che era
inventato nella prima metà del XIV secolo dal frate domenicano Galvano Fiamma, per compiacere Galeazzo Visconti, Signore di Milano, il quale desiderava una storia lombarda in toni eroici. Il frate prese il nome dell’inesistente eroe da una supplica forse del 1196, successiva di 20 anni alla
Maroni nell’atto di sventolare (come è stato immortalato in pubblicate fotografie) buste contenenti i brillanti recuperati dall’ex cassiere della Lega, Francesco Belsito, noto anche per gli investimenti dei “puri e duri” realizzati o forse solo auspicati in Tanzania e Cipro.
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bre 1861, data di partenza dell’ultimo contingente, accolse per tre mesi 12.447 soldati borbonici nella maggior parte poi entrati a far parte dell’Esercito italiano e per ridotte quote rispediti a casa.
Regno delle Due Sicilie Questo mensile si è più volte occupato dei falsi che taluni estimatori del Regno delle Due Sicilie hanno diffuso, ampliandoli all’inverosimile in occasione dei 150 anni del Regno d’Italia. Sia chiaro che contro tale Regno e chi lo impersonò non abbiamo nulla da eccepire e da dire, ma non siamo disposti a tollerare e lasciar passare sotto silenzio le periodiche incredibili e intollerabili falsità contro chi l’Italia unita volle e realizzò. Ancora recentemente recensendo il volume “I prigionieri dei Savoia - La vera storia della congiura di Fenestrelle” del Prof. Alessandro Barbero, Edizioni Laterza, abbiamo scritto: I fautori del Regno delle Due Sicilie (che imputano l’arretratezza e la miseria che imperversavano sotto i Borboni e che purtroppo ancora oggi colpiscono parti del Mezzogiorno d’Italia, all’unificazione della nostra Patria sotto il Tricolore con lo Stemma Sabaudo) da alcuni anni diffondono false e fantasiose notizie non solo sulla ricchezze che sarebbero state depredate al Sud per ingrassare il Nord Italia, ma anche su stragi dei prigionieri di guerra che sarebbero avvenute tra la fine del 1860 ed il 1861. La diffusione di tali calunniose e false notizie ha evidentemente una doppia ragione d’essere: attizzare l’odio tra Italiani contrapponendo il Sud sfruttato al Nord predatore, e incassare i diritti di vendita di libri presentati come seri e documentati studi nel mentre si fondano su rancori e fantasie. L’opera del Prof. Alessandro Barbero, che insegna Storia medioevale presso l’Università del Piemonte Orientale, sede di Vercelli, è diretta a porre fine a tale scandaloso travisamento della verità che viene fatto risalire all’articolo “I campi di concentramento”, di tono misurato ma fondato su presupposti sbagliati, di Francesco Maurizio Di Giovine, pubblicato nel novembre 1993 sulla rivista napoletana L’Alfiere, di orientamento filoborbonico e tradizionalista. Il tema dell’articolo di Di Giovine (che ricordiamo già fervente sostenitore di Casa Savoia, partecipan-
te nel febbraio 1987 al Chateaù d’Oron in Svizzera ad una festa in onore dei Principi Vittorio Emanuele e Marina, oltre che attivo dirigente dell’Unione monarchica a Bologna) per il Prof. Barbero, è stato ripreso nel 1997 dall’autonomista piemontese Roberto Gremmo, poi nel 1998 nel libro “Maledetti Savoia” Lorenzo Del Boca e via via da altri. Anziché ricorrere a serie e laboriose ricerche storiche, i vari autori che si sono successivamente occupati dell’argomento, si sono per lo più limitati a porre a base dei loro scritti le false o quanto meno gonfiate notizie riportate da chi li aveva preceduti in tempi recenti, aggravandone di passaggio in passaggio il contenuto, sino ad inventare ecatombe con migliaia di soldati del Regno delle Due Sicilie che sarebbero morti nel Forte di Fenestrelle e nel Campo di S. Maurizio (entrambi in Piemonte) a causa del freddo e dei maltrattamenti. Basti pensare che Lorenzo Del Boca nel citato suo libro è giunto a sostenere che a San Maurizio Canavese, località ad una ventina di chilometri da Torino, il termometro scende sotto lo zero per otto mesi l’anno e che al Forte di Fenestrelle, che non è stato mai dotato di finestre, le stesse erano state strappate dai piemontesi per far morire di freddo i prigionieri del Regno delle Due Sicilie. La verità puntigliosamente accertata dal Prof. Barbero (le Note del volume son ben 650 nella stragrande parte con richiamo dei documenti dai quali sono riprese le notizie) dimostra invece che il Forte di Fenestrelle nel novembre 1860 accolse per tre settimane 1186 prigionieri di guerra borbonici, dei quali ne morirono per malattia 5, mentre dei 260 arrivati il 13 e 14 agosto 1861 e ripartiti ai primi di settembre ne morirono 2; il Campo di S. Maurizio dall’agosto al 12 novem-
Uno degli “storici” denigratori e falsificatori della verità è giunto a chiamare il Campo di S. Maurizio “la Buchenwald del regno sabaudo” e un “campo di concentramento feroce”, mentre un altro, in quello che giustamente il Prof. Barbero definisce “clima di delirio”, sotto il titolo “Auschwitz? Macchè: soldati meridionali deportati e sterminati nella fortezza di Fenestrelle in Piemonte”, ha pubblicato la fotografia tratta da un sito sullo sterminio degli omosessuali da parte dei nazisti, che ritrae un gruppo di deportati in un lager tedesco. Fotografia che fa il paio con quella pubblicata nel 2003 e distribuita a Napoli in un volantino intestato “Criminali di guerra” che si chiudeva con “Viva i Borboni” e presentava la didascalia “teste di contadini meridionali esposte alle porte di Isernia dai massacratori inviati dai Savoia”; tale fotografia era stata tratta da pag. 110 del Mensile “Storia Illustrata” n. 154, anno 1970, con riproduzione delle teste mozzate, contenute in gabbiette di legno, dei fanatici Boxer giustiziati dal Governo cinese nel 1900 ed esposte pubblicamente come ammonimento alla popolazione. Il vergognoso volantino è stato con scherno riprodotto sul nostro Mensile a pag. 5 del numero di maggio 2003. Vada la nostra condanna più ferma ai falsificatori della storia nazionale che cercano di creare odio tra gli Italiani. ■
UNIONE EUROPEA Dall’annuario della Ragioneria generale dello Stato risulta che nel 2012 l’Italia ha versato all’Unione europea 16 miliardi di euro, ricevendo contributi per un totale di 9,7 miliardi, con un saldo negativo di circa 6,3 miliardi. A beneficiare dei contributi sono state principalmente la Puglia con 796 milioni, la Campania con 60 0 e la Sicilia con 442. ■
LICENZIATO! ella Torino di metà ’800, a cavallo tra gli ultimi anni del Regno di Sardegna e la nascita del nuovo Regno d’Italia, giungeva sul tavolo di lavoro di Re Vittorio Emanuele II la supplica di un giovane regio impiegato che implorava il Sovrano affinché venisse revocato un provvedimento di licenziamento assunto a suo carico dall’amministrazione dello Stato.
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Incuriosito dalla vicenda, il Sovrano apprendeva scorrendo le carte, che il giovanotto si era invaghit o di una Signora della Torino bene, ed aveva iniziato nei confronti di questa un corteggiamento che, in breve, era diventato ossessivo. Non vi era luogo frequentato dalla Dama nel quale, dopo poco, non apparisse anche lo spasimante, sempre fermamente respinto. Per il giovanotto la Signora era diventata un’ossessione ed il fatto di non ricevere alcun riscontro alle sue profferte amorose, non faceva altro che aumentare in lui la passione. Una sera, intenzionato a proclamare il suo amore, il giovane “Romeo” ebbe la bella idea di attender la sua “Giulietta” davanti al portone della casa di lei, attendendone il ritorno dalla consueta passeggiata serale. Appena giunta, impetuosamente le si avvicinò dichiarandole il suo grande amore ma, così facendo, ottenne il risultato esattamente contrario, inducendo la donna a cercare, immediatamente il riparo del proprio appartamento. È a questo punto che iniziava un folle inseguimento per le scale del palazzo (allora, ascensori non ce ne erano), con la Signora sempre più terrorizzata, che urlava chiedendo aiuto ai vicini ed al portiere. Accorrevano vicini e coinquilini, che soccorrevano la sconvolta donna, bloccando lo spasimante respinto, consegnandolo alla forza pubblica, parimenti intervenuta. Di qui l’avvio del procedimento disciplinare, che portava al licenziamento. Si trattava di un
regio impiegato ed a quei tempi il pubblico dipendente era tenuto a tenere sempre ineccepibile condotta morale non solo sul lavoro, ma anche nella propria vita privata. Così non era stato. Con i suoi atti il giovane aveva “macchiato” la sua onorabilità e, quindi, quella dello Stato. Sanzione dura, ma inevitabile. Unica speranza di salvarsi, la Grazia Sovrana. Il Re, incuriosito, come detto, da quella strana storia d’amore, ed essendo, come arcinoto, uomo non insensibile al fascino femminile, man mano che leggeva, sorridendo sotto gli ampi baffi, si convinceva che, in fondo, il giovanotto meritava il suo perdono. Era una questione di cuore, che diamine, e lui se ne intendeva di queste cose! Purtroppo però, con la penna già in mano per firmare la Grazia, una curiosità sovveniva nella mente del Sovrano e, rivolgendosi al Ministro competente chiedeva: “ma chi l’era quella Signora?”. “Maestà - rispose il Ministro - è la madre del Presidente del Tribunale di Torino”. La faccia del Re, a quel punto, cambiò espressione, passando dalla consueta bonomia ad un acceso stupore. “Ma allora, è una vecchia!”. E nella mente del Re dovette passare un orrendo pensiero: un giovane, prescindendo se regio impiegato, spasimava per una donna che poteva essere sua nonna! Inaccettabile. Intinse la penna nel calamaio, e chiuse la pratica. Licenziato ! ■
TONGA Lieto evento nel Regno di Tonga, il piccolo Stato insulare del Pacifico. È nato il Principe Taufa’ahau Manumataongo, primo figlio del Principe ereditario Tupouto’a ‘Ulukalala e della Principessa Sinaitakalai. Vivamente compiaciuto, ovviamente, Re Tupou VI, che si è complimentato con i neo genitori. Il bambino nato in Nuova Zelanda, nell’ospedale di Auckland, quale primogenito del Principe
AUSTRALIA Anche le Poste Australiane hanno voluto celebrare il 60° anniversario dell’incoronazione di S.M. la Regina Elisabetta II, con l’emissione di una serie di francobolli. È stato Michael Zsolt, direttore delle Poste Australiane, a dare l’annuncio dell’iniziativa, evidenziando la rilevanza dell’evento, sia per il pubblico che per i collezionisti. L’incoronazione della Regina, era avvenuta il 2 giugno 1953, 12 mesi dopo l’ascesa al Trono.Allora il percorso della Carrozza Reale da Buckingham Palace all’Abbazia di Westminster era stato seguito, oltre che da centinaia di migliaia di cittadini britannici, da oltre 20 0 mila persone provenienti da altri Paesi. Pe r l e c e l e b r a z i o n i del 60º di Regno, invece, sono stati, approssimativamente, tre milioni gli spettatori schierati, a Londra, lungo il percorso del corteo Reale. Tornando all’iniziativa dell’Ufficio Filatelico d’Australia, si evidenzia che il francobollo da 60 centesimi mostra la carrozza di stato, interamente dorata, utilizzata per ogni incoronazione sin da quella di Giorgio IV, nel 1821. Invece il valore di 2,60 dollari riproduce il ritratto fotografico di Elisabetta appena incoronata nel 1953. La foto venne eseguita a Buckingham Palace dal fotografo Cecil Beaton. I nuovi francobolli del Giubileo sono disponibili sul mercato dal 9 aprile 2013. ■
ereditario è al secondo posto in ordine di successione al Trono di Tonga. Il Principe Tupouto’a ‘Ulukalala e la Principessa Sinaitakalai Fakafanua si erano sposati il 12 luglio 2012, e di recente hanno vissuto a Mont Albert, nel sobborgo di Auckland. Il Regno di Tonga, per molti anni protettorato della Gran Bretagna, è indipendente dal 1970. Collocato in piena area tropicale, ha una superficie di 748 Kmq. ed una popolazione di poco più di 100.000 abitanti. ■
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CI IMPEDIRONO DI CHIUDERE LE PORTE AL FASCISMO E RESERO POSSIBILE LA MARCIA SU ROMA RIVELAZIONI DI IVANOE BONOMI SUL TENTATIVO DI TURATI NEL 1922 (ARTICOLO PUBBLICATO SU “L’EUROPEO” DEL 7 NOVEMBRE 1948) ntorno alla marcia dei fascisti su Roma compiuta Il 28 ottobre 1922 molto si è scritto e molto si è documentato. Ma poco invece si sa circa Il contegno del mondo parlamentare e circa la sua inopinata inerzia prima e dopo l’avvenimento. Si tenga presente che nel 1922 la Camera dei Deputati comprendeva, di fronte a una trentina di deputati fascisti, oltre un centinaio di deputati popolari (gli attuali democristiani), altrettanti socialisti di tendenza democratica e parecchie decine di democratici di tutte le tinte, dal cosiddetti democratici sociali ai democratici liberali. Dunque nella Camera dei Deputati (e altrettanto deve dirsi per il Senato) una forte maggioranza avrebbe potuto opporsi ai metodi violenti adottati dai fascisti e costituire tempestivamente un argine contro il loro dilagare e contro i loro piani insurrezionali. Perché non si è tentata una difesa sul terreno parlamentare? Perché la Corona non ha trovato nel Parlamento lo strumento atto a reprimere un movimento che apertamente confessava dì volersi impadronire con la forza dello Stato? A queste domande occorre dare qualche risposta. È risaputo che nel dopoguerra 1919-1922 l’instabilità del governo era diventata un pericolo mortale per il regime parlamentare. In brevi anni l'Italia aveva visto succedersi al ministero Orlando i ministeri Nitti, Giolitti, Bonomi e Facta e aveva assistito a crisi lunghe ed estenuanti dove il prestigio dello Stato veniva compromesso e abbassato nelle più meschine diatribe e nelle più miserevoli gare. La radice del male era nel rifiuto a collaborare di una grossa frazione della Camera: il gruppo socialista, che già costituito da quasi un terzo dell’assemblea prima delle elezioni del 1921, era pur sempre rimasto, per il suo numero e per la sua combattività oppositrice, l’elemento determinante della situazione.
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La presenza di questo gruppo sempre schierato per la sua intransigenza dottrinale all’opposizione, permetteva a tutti i gruppi e i gruppetti della Camera di giocare a cuor leggero al rovesciamento del Gabinetto, con uno di quegli assalti alla diligenza dove chi attaccava sapeva d’aver sempre alleate le formidabili forze dell’estrema sinistra. Da ciò non solo nasceva il discredito del regime parlamentare con il pullulare d’invocazioni alla dittatura (considerata come un rimedio alla crisi perpetua dello Stato), ma derivava anche una irrimediabile debolezza di tutti i Governi che, nati provvisori e vissuti nella precarietà della situazione, non potevano fare alcun atto di forza e neppure infondere energia e risolutezza alle loro burocrazie sfiduciate e disorientate. Nel luglio del 1922 questa situazione parve doversi chiarire. Una discussione sulla politica interna del Gabinetto Facta aveva avuto per argomento il pericolo fascista, la necessità conclamata di ristabilire il rispetto della legge, la deplorazione delle violenze antiche e recenti di cui il fascismo era apertamente dichiarato responsabile. I 253 voti contrari, contro 89 favorevoli, con cui la Camera votava contro il Governo nella seduta del 19 luglio 1922, significavano che coloro che si erano decisi a condannare il Governo per la sua politica interna erano anche decisi a volere una politica contraria, cioè una politica di difesa energica delle libertà fondamentali dello Stato. E poiché in quei 253 voti di maggioranza avevano confluito popolari (democristiani) e socialisti insieme ad alcune frazioni liberali e democratiche, era logico che il nuovo Governo dovesse essere fondato su queste forze e dovesse essere l'espressione genuina della nuova maggioranza. Ma la realtà fu purtroppo diversa. Il primo uomo politico a cui la Corona, sulla desi-
gnazione dei capi gruppi politici, conferì l’incarico di formare il nuovo Governo fu l’on. Orlando. Egli naturalmente lavorò nel solco tracciato dal voto del 19 luglio. Ma avendo opinato di tentare un ministero di conciliazione nel quale fossero rappresentati a destra i fascisti e a sinistra i socialisti Orlando incontrò le nette ripulse dell’una e dell’altra parte. Effetto di
dava un giudizio favorevole. Aveva approvato l’organizzazione difensiva affidata per la bassa valle padana da me, allora Presidente del Consiglio, ad un prefetto di polso, il Mori (che fu poi inviato in Sicilia a combattervi la mafia), e di quella difesa vigile e pronta (con una specie di “Celere” avanti lettera) aveva riconosciuta l’efficacia. Così egli si era sem-
Ivanoe Bonomi queste ripulse fu la sua decisione di declinare l’incarico nel pomeriggio del 24 luglio. Io ero in quel momento a casa ad attendere dai giornali del pomeriggio le notizie della crisi, quando inaspettatamente venne a trovarmi I’amico Filippo Turati. Le varie vicende della vita socialista italiana avevano allentati i legami che un tempo ci avevano strettamente avvinti; ma rimaneva fra noi una amicizia profonda maturata in lunghi anni di collaborazione cordiale ed assidua. Egli aveva per me l’affetto d’un fratello maggiore e giudicava con imparziale serenità la mia opera nel Governo e nel Parlamento. Della mia opera sulla fine del 1921, in difesa delle organizzazioni proletarie contro la violenza fascista, egli
pre levato contro le malevoli voci, provenienti da qualche settore deteriore della Camera, che accusavano me e Giolitti di aver armato i fascisti con le armi dell’esercito: sciocche storielle che uscivano dalla malignità per finire nel ridicolo. Ma l’improvvisa visita di Turati aveva un ben determinato fine. Egli mi avvertì subito che ormai alla Camera si dava per certo che, dopo il ritiro dell’on. OrIando la Corona si sarebbe rivolta a me per affidarmi l’incarico di costituire il nuovo ministero e pertanto occorreva intendersi circa la soluzione da darsi alla crisi. Per suo conto, e precorrendo le deliberazioni del suo gruppo parlamentare egli riteneva doversi costituire un Gabinetto poggiato sulle forze espresse
nel voto del 19 luglio, dove, tranne i voti fascisti dati per motivi d’opportunità tattica, si erano raccolti in blocco popolari, socialisti, e democratici. Io risposi subito al Turati che condividevo interamente la sua valutazione della situazione parlamentare, e che avrei ritenuto inutile anzi dannoso costituire un Gabinetto non rispecchiante tutta la nuova maggioranza. Infatti un Gabinetto che fosse sorto su basi malferme e con la continua sistematica opposizione dei socialisti non avrebbe avuto la forza di resistere all’impetuosa ondata fascista e si sarebbe, come i ministeri precedenti, logorato in una debolezza congenita distruttrice dell’ultima residua autorità dello Stato. Ma che avrebbero fatto i socialisti nella presente situazione? Filippo Turati non lasciò finire la domanda senza rispondere immediatamente e con estrema chiarezza. Egli mi disse che i più autorevoli socialisti ritenevano ormai che un’opposizione perpetua diretta a combattere tutti i ministeri avrebbe finito per fare il giuoco dei fascisti; che occorreva pertanto uscire dalla sterile intransigenza che il rivoluzionarismo massimalista aveva fatto prevalere, e che, con una chiara aperta decisione di appoggiare un Governo dì difesa, si sarebbe potuto entrare nella maggioranza per sostenervi l’opera del Gabinetto. Naturalmente io chiesi se questo appoggio, che Turati mi assicurava potersi concretare in un impegno scritto di quasi cento deputati socialisti, potesse arrivare fino alla partecipazione di qualche autorevole socialista al Gabinetto. Tale partecipazione, non solo avrebbe legato di più il gruppo al Governo, ma avrebbe dato la sensazione precisa al Paese che i socialisti, già sospettati d’essere elementi di disordine e di sovversione, accettavano le responsabilità del potere disposti a far rispettare da tutti, anche da loro stessi, le leggi dello Stato. Qui Turati fu preciso e esplicito. Personalmente egli era del mio avviso che il passo dovesse farsi e che la fobia del potere non dovesse durare. Un grande partito con un fortissimo gruppo parlamentare non può a lungo, per ideologie rivoluzionarie inconcludenti, escludersi dal Governo. Ma tale era la resistenza delle vecchie
formule, l’ossequio alle antiche tradizioni, che un mutamento così radicale non avrebbe avuto fortuna. Bisognava pertanto accontentarsi di un preciso, chiaro, irrevocabile impegno di sostenere il Governo votando per lui nei voti politici del Parlamento. Io mi arresi alle esortazioni del Turati.Avrei fatto un governo di sinistra con l’appoggio dei socialisti ma senza la presenza dei socialisti. Programma: la difesa contro l’ondata di illegalità e di violenza che abbatteva le organizzazioni politiche ed economiche degli avversari del fascismo e minacciava lo Stato di un colpo di mano rivoluzionario. Intanto, durante la conversazione, il telefono squillava. Era il generale Cittadini che mi convocava al Quirinale per invito del Re. Indubbiamente si trattava dell’incarico ufficioso preannunziatomi dal Turati. Andai dal Re con l‘impressione vivissima del mio colloquio col “leader” socialista. Sebbene fosse nelle consuetudini che, all’invito del Re, l’incaricato si riservasse di dare una, risposta dopo il necessario sondaggio parlamentare, io, bruciando le tappe, gli riferii subito la mia conversazione col Turati dichiarandogli che, pur di fare un Governo con una salda maggioranza, avrei accettato l’adesione socialista benché diminuita della loro non partecipazione al Governo. Di ciò il Re si mostrò contentissimo. Era da tempo che egli deplorava l’instabilità delle maggioranze parlamentari, il loro rapido farsi e disfarsi la loro isterica mutabilità che contribuiva alla debolezza del Governo e alla sua perpetua perplessità. La nuova soluzione, pur non essendo ancora l’ingresso dei socialisti al potere, ne era il preludio. Forse un preludio breve che avrebbe terminato col trionfo della logica. Ad ogni modo il Re incoraggiava il mio tentativo e, uscendo dal consueto riserbo, mi augurava calorosamente di riuscire. Non posi indugi alla difficile opera. Rividi subito il Turati, che aspettava, nel mio studiolo, il mio ritorno. Conferii con alcuni eminenti popolari.Anche il loro gruppo (il gruppo democristiano come si direbbe ora) era favorevole al tentativo pur non dissimulandosi le gravi difficoltà. L’on. Meda, che ne era il “leader”, mi dava pubblicamente il suo inco-
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raggiamento. Né insuperabili ostacoli opponevano i gruppi democratici sebbene le loro rivalità personali rendessero difficili, le intese. Sennonché nel giorno successivo tutto quell’edificio crollò dalle fondamenta. Il gruppo socialista, sulla cui avvedutezza aveva contato il Turati, non volle arrendersi alla
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tarlo occorreva superare le formule antiche dell’intransigenza rivoluzionaria. Alle mie esortazioni e a quelle accorate di Filippo Turati, che fu, per suo destino, un veggente inascoltato, si rispose che i socialisti avevano diritto, per la Carta costituzionale, d’esser difesi nelle loro persone e nelle loro cose, senza che per
geva e finiva l’estremo tentativo di opporre dal di dentro (dal Parlamento e dallo Stato) un argine solido al dilagare della violenza fascista. Mancato quell’argine per l’incomprensione di quelli stessi che dovevano per primi esserne sommersi, l’ondata fascista non trovò alcuna barriera e quando il 28 Ottobre 1922 essa
Filippo Turati dura realtà. I massimalisti, ipnotizzati dal grande sogno di una vicina palingenesi, per la quale occorreva mantenersi immuni da contatti impuri, avevano silurate le intese e rese impossibili le più ragionevoli soluzioni. Quando, il mattino successivo, Turati, ormai scoraggiato per l’esito della sua vana battaglia, mi condusse a casa gli interpreti autorizzati del gruppo socialista, capii subito che la partita era perduta. L’on. Modigliani, incaricato egli non massimalista, di spiegare e attenuare le intransigenze dei suoi amici di sinistra cercò di medicare la ripulsa con questo surrogato il Governo avrebbe contato, volta a volta sul benevolo atteggiamento dei socialisti senza però che questi prendessero un preciso impegno di appoggiarlo in tutta la sua opera nella continuità della sua azione. Era una proposta inaccettabile. Nell’ora tragica che si attraversava, mentre Mussolini minacciava alla Camera la guerra civile qualora si volesse arrestare il suo movimento, fondare un Governo sull’eventuale benevola accoglienza di un grosso gruppo parlamentare diventava una avventura da disperati. Invano io dimostrai che l’ora non consentiva mezze misure che il pericolo era mortale e che per evi-
tale difesa essi dovessero deflettere dalla intransigente custodia della loro verginità politica che non ammetteva né connubi, né stabili accostamenti. Nella serata del 26 luglio io riferii al Re le difficoltà incontrate e la mia inclinazione a deporre l’incarico. II Re ne fu sinceramente rammaricato, contava molto sul nuovo e sperato atteggiamento dei socialisti e aveva fiducia nella loro resipiscenza. Perciò mi esortò a tenere il mandato per fare nuove insistenze e nuovi tentativi. “Chiami, mi disse, questa notte i suoi amici socialisti e veda di persuaderli”. L’attesa non ebbe successo. Le mie nuove insistenze non ebbero risultato. La corrente massimalista teneva in soggezione il gruppo socialista e anche nobili spiriti (che di lì a poco dovevano far parte da sé) non sapevano ancora ribellarsi alla sua tirannia. Nel giorno di mercoledì 26 io andai dal Re per declinare definitivamente il mandato. Il Re interpellò alcuni parlamentari di primo piano, come Luigi Meda e Giuseppe De Nava, poi nell’impossibilità di creare una situazione nuova, richiamò Luigi Facta che rifece un Gabinetto destinato a brevissima vita. Così, a poco più di tre mesi dalla marcia fascista su Roma, nasceva si svol-
inviò le cosiddette legioni su Roma trovò la strada aperta e tutti i poteri dello Stato o inefficienti o travolti. Ivanoe Bonomi ■
Franco Ceccarelli
TUSCANIA, 1971 Premessa. Alla fine del 1993, quale referente della Federazione regionale Lazio di Alleanza Monarchica, avevo chiesto al comune di Tuscania di considerare la possibilità di intitolare un pubblico sito a S. M. Re Umberto II che, nel 1971, a seguito di un grave sisma che aveva colpito la città del viterbese, aveva inviato aiuti morali e materiali a mezzo dell’allora Ministro della Real Casa, Avv. Falcone Lucifero. Essendo stata tale richiesta accolta con entusiasmo dalla civica amministrazione, poco tempo prima della cerimonia inaugurale (settembre 1994), mi recai dall’A vv. Lucifero per invitarlo personalmente a partecipare all’evento. Già assai anziano, declinò cortesemente l’invito ma mi donò, in ricordo di quel fatto, la copia della relazione da lui fatta al Sovrano, dopo aver visitato Tuscania, pochi giorni dopo l’evento tellurico. Questo documento, per certi versi storico, ci piace riproporre in questa sede.
IL PEZZO DI CARTA Il mitico “pezzo di carta”, vale a dire il titolo di studio (tanto meglio se laurea) che veniva indicato come un passaporto per trovare lavoro, sta perdendo importanza. Da un’indagine della Excelsior Unioncamere relativa al secondo trimestre 2013 è emerso che la domanda di lavoro da parte delle imprese si è rivolta per il 43% verso giovani che hanno conseguito un diploma, per il 32% verso ragazzi privi di formazione specifica, per il 16% a giovani titolari di qualifica professionale e per il solo 8% verso laureati. ■
TARTUFI Leggi: “buona annata per i tartufi” e pensi “che me ne importa, tanto non posso permettermeli”. Poi ti ricordi dei “trifolai”, i cercatori di tartufi che non raramente in mancanza di altro lavoro si arrabattano per campare tutto l’anno con il guadagno ottenuto dal loro ritrovamento, e allora ti passa la malinconia. ■
Cav. Falcone Lucifero Ministro della Real Casa AIUTI DI SUA MAESTÀ IL RE A TUSCANIA Il 6 febbraio 1971 Tuscania (prov. Viterbo) è stata gravemente danneggiata da un terremoto. Il 15 febbraio il Ministro della Real Casa si è recato sul posto a portare la espressione della solidarietà del Re per tutta la cittadinanza e qualche aiuto ai più danneggiati e più bisognosi. Il giorno prima il T. Colonnello Scoppola si era recato dal Sindaco, Rag. Cesare Leonardi, dc (Democrazia Cristiana n.d.r), giovane, che si era
manifestato di sentimenti monarchici. Il Ministro Lucifero, accompagnato dal T. Col. Scoppola, ha incontrato il Sindaco sotto la tenda funzionante da municipio e ivi sono stati chiamati i congiunti dei 22 morti. A ciascuno il Ministro ha detto parole di circostanza e consegnato una busta con lire ventimila. Tutti commossi e grati. Poi il Ministro e Scoppola, muniti di speciale permesso, hanno visitato la città vecchia, con molti edifici pericolanti e completamente sgomberata dagli abitanti. Ancora conserva le artistiche mura, magnifiche chiese, caratteristici edifici e strade. Un vero gioiello, in gran parte danneggiato irreparabilmente. Squadre di Vigili del Fuoco e qualche raro abitante (munito di speciale permesso) cercava di prendere tra le macerie o nelle case lesionate suppellettili non andate distrutte. Il Ministro si è fermato a dire una parola di conforto e dare un aiuto da parte del Re. Così ha fatto anche per il Convento di Clausura, molto danneggiato, e sgomberato, ma ove erano rimaste tre Suore per cercare di salvare e custodire qualche cosa. Anche le Suore più che mai grate, hanno detto parole di fedeltà verso il Re e assicurato le loro preghiere. Il Ministro ha anche incontrato alcuni gruppi di studenti romani che aiutavano a demolire case pericolanti o aiutavano per gli sgomberi. Si è avvicinato, ha detto parole d’apprezzamento da parte del Re e dato qualche aiuto in denaro. Molto apprezzato e gradito. In una delle vie più caratteristiche, ad una parte superstite, una piccola lapide ricorda una visita della Regina Margherita effettuata nel 1903. Mando a parte il testo che ho copiato salendo le belle scale del bellissimo edificio, costruito su massi forse etruschi, oggi in parte anch’esso distrutto. Dalla città vecchia sono passato alla Tendopoli di Piansano, ove, su indicazioni chieste alla tenda della CRI, degli scouts, ad una Suora e ad un Sacerdote, ho dato qualche altro aiuto in denaro. Belle le tende, tutte con lettini e stufe, ma era una
bella giornata di sole. Prevedibile che gli spazi fra tenda e tenda sarebbero divenuti fango, come accaduto i giorni seguenti. Belle le tende per i pasti, per l’assistenza all’infanzia, ecc. (dati aiuti in denaro). Incontrati i funzionari del Ministero degli Interni, che hanno molto apprezzato e qualcuno ha incaricato di porgere il saluto al Re. Si era così giunti alle ore 13,30 e si è passati a Viterbo. Lì, alle 15 appuntamento col Sindaco di Tuscania, all’Ospedale Civile, avendo il Sindaco voluto accompagnare il Ministro nella visita ai 75 feriti, sparsi nei vari reparti del vecchio ospedale. Ci sono volute ben 4 ore, salendo, scendendo, intrattenendosi, uno per uno, con i feriti, a ciascuno dicendo una parola di conforto, di certezza e un dono da parte del Re. Alle donne (47) una bella scatola di cioccolatini, avvolti in carta bianca e nastro tricolore, agli uomini un pigiama o una camiciola, anch’essa in un bel pacco; ai bambini giocattoli; ad una donna che aveva dato alla luce un bambino in ospedale, un bellissimo corredino (preparato dalla Contessa Paoletti*), con segni sabaudi. Tutti i doni con un biglietto, in busta, con cartoncino e fac-simile della firma del Sovrano. Scene, anche qui, commoventi e generale apprezzamento, gratitudine da parte dei feriti, tra l’interesse di tutti i ricoverati. A ciascuno, il Sindaco diceva parole esaltando il gesto del Re.Alla fine della visita ho dato al Sindaco la Medaglia d’Argento Morabito, in una bella scatola. Il Sindaco l’ha molto gradita. Egli mi aveva detto che mi avrebbe segnalato eventuali altre nascite in ospedale (avevamo trovato altre 2 gestanti) ed eventuali altri morti (ve ne sono stati altri 3), ma non lo ha fatto. La Contessa Paoletti ha potuto ugualmente inviare - sempre da parte di Vostra Maestà - altro corredino, ad altro neonato. Il T. Col. Scoppola ha voluto aggiungere ai doni preparati dall’ufficio del Ministro, altri vari doni, dati sempre a nome di (segue a pag. 12)
ITALIA REALE - 10/2013
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TUSCANIA, 1971
Domenico Giglio
(da pag. 11)
Vostra Maestà. E cioè alcuni grandi pacchi, ognuno con diversi kg. di generi alimentari. A tarda sera, prima di rientrare, dall’ufficio telefonico di Viterbo ho dato il comunicato all’A nsa, pubblicato dai più importanti giornali e, per la prima volta, da “La Stampa” di Torino. Ho poi scritto lettere di apprezzamento al Comandante i Vigili del Fuoco di Viterbo, che aveva detto a Scoppola parole entusiaste per il gesto del Re e l’interessamento del Ministro anche per i Vigili del Fuoco. Il Comandante dei Vigili del Fuoco ha risposto con la lettera che accludo in copia. Altre lettere ho scritto al Prefetto, Direttore Generale della Protezione Civile (dalla quale dipendono ora i Vigili del Fuoco) e ne ricevo oggi la risposta, che accludo in copia fotostatica. Altra lettera e la Medaglia d’Argento Morabito, avevo inviato al Sacerdote Don Steno Santi, che aveva preparato la visita all’Ospedale e mi aveva accompagnato, assieme ad alcuni giovani di quel F.M.G. (Fronte Monarchico Giovanile, n.d.r.), che recavano i doni, che io andavo, man mano, donando ai singoli feriti. Anche Don Steno Santi ha risposto con una bella lettera, che è stata già inviata in copia, a Cascais, con la consueta lettera di segreteria del 27 febbraio u.s. 3 allegati (purtroppo non consegnati, a suo tempo, dall’Avv. Lucifero, con la copia della presente relazione. Roma, 4 marzo 1971. (Falcone Lucifero)
PUBBLICISTICA IL RUOLO DELLA MONARCHIA E L’AZIONE DEI MONARCHICI DOPO IL REFERENDUM opo silenzi ultradecennali qualcosa si sta muovendo nella pubblicistica, relativamente alla Monarchia Sabauda nella storia dell’Italia unita ed ai monarchici dopo il referendum del 1946.
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Nel giro di qualche mese dall’uscita del fondamentale testo di Domenico Fisichella “Dal Risorgimento al Fascismo” (editore Carocci), ricco di dati
statistici e di analisi storico-politiche sul ruolo della Monarchia nello sviluppo e nel progresso dell’Italia, insieme con il giudizio durissimo sulle responsabilità del partito popolare e di quello socialista nell’avvento al potere del fascismo, tema sul quale, più recentemente, ha portato un ulteriore contributo di documenti inoppugnabili, oltre ad un commento rigoroso delle vicende dei governi Facta nel 1922, Aldo Mola, con il suo “Mussolini a pieni voti” (edizioni del Capricorno), si sono aggiunti
^^^ * La Contessa Paoletti era, all’epoca, la responsabile femminile delle attività assistenziali dell’UMI. ■
BOLLETTE L’autorità per l’energia ha deciso la riduzione del 3% del prezzo del gas naturale e dello 0,8% di quello dell’energia elettrica, nel trimestre ottobre-dicembre 2013. Rimane però il problema che affligge la quasi totalità degli utenti dell’impossibilità di controllo delle bollette nell’attuale loro formulazione per quasi tutti incomprensibile. ■
contributi più specifici sul ruolo dei monarchici dopo il referendum del 1946, dal libro di Fabio Torriero su “Alfredo Covelli - la mia destra” (i libri del Borghese), arricchito da interventi e ricordi di qualificati esponenti monarchici, ancora oggi presenti ed attivi, da uno studio sul movimento monarchico in Sicilia ed infine, recentissimo, “I monarchici e la politica estera italiana nel secondo dopoguerra”, di Luciano
Monzali ed Andrea Ungari (editore Rubbettino), libro diviso in due parti; la prima aderente al titolo, di Ungari, la seconda invece specifica sulla figura di Raffaele Guariglia, diplomatico, ambasciatore, ministro degli Esteri, nel Governo Badoglio, ed infine senatore del Partito Nazionale Monarchico e successivamente Presidente dell’Unione Monarchica Italiana.
Dal nostro punto di vista la prima parte di Ungari, già autore de “In nome del Re - i monarchici italiani dal 1943 al 1948” (edizioni Le lettere anno 2004), affrontando lo studio dell’azione del P.N.M., basandosi principalmente sul periodico “Italia Monarchica” e su articoli di giornali ideologicamente vicini fra i quali “Governo”, diretto da Cantalupo e di cui ricordo la modestissima sede in Via del Piè di marmo, il tutto con ricchezza di citazioni di documenti politici e di interventi parlamentari, riveste quel necessario carattere di documentazione e di memoria, di cui oggi vi è particolarmente bisogno per rinforzare le convinzioni degli attuali monarchici, che lo sono diventati quasi per germinazione spontanea non avendo conosciuto, per motivi anagrafici questi loro predecessori ed il loro operato, positivo o negativo che fosse.
Ungari ad esempio sottolinea il significato che ebbe l’ingresso nel P.N.M. di un gruppo qualificato di ambasciatori, da Roberto Cantalupo a Guido Rocco (questi due ricordo facevano parte della Giunta Esecutiva del Partito fino al 1958), ad Emanuele Grazzi, ad Armando Koch, a Raffaele Guariglia, il tutto pare per sollecitazione del Re Umberto, che Re di tutti gli Italiani, non poteva non guardare con particolare interesse e simpatia, e lo provano anche alcuni Suoi iniziali messaggi, a questa giovane formazione politica, il P.N.M., dove mancava una vera classe dirigente, che appunto, poteva essere costituita da diplomatici, ricchi di personali esperienze nei più diversi Paesi del mondo e dotati di una cultura storico-politica di elevato livello, che era stato il vanto della nostra scuola diplomatica durante tutto il Regno. Sui principali ed in molti casi dolorosi argomenti che si susseguirono dal 1946 al 1954, periodo preso in esame in quanto, come dice giustamente Ungari, dopo la scissione laurina del 2 giugno 1954: “… da quel momento il monarchismo come partito politico organizzato scivolò progressivamente verso l’irrilevanza politica ...”, la posizione parlamentare dei monarchici fu da un lato coerente con la loro ispirazione nazionale, solo in alcuni, moderatamente nazionalista, vedi il problema della ratifica del Trattato di Pace, di Trieste e dei confini con la Jugoslavia e delle Colonie dell’Africa, e dall’altra aperta, concreta, moderna e lungimirante come per l’adesione al Patto Atlantico e per gli inizi della costruzione europea, anche se sempre sensibile, propositiva e di stimolo nei confronti del Governo, nel riaffermare la posizione storica e geopolitica dell’Italia, ricollegandosi in questo più all’Italia liberale, e sempre con ricchezza di argomenti, grazie alla preparazione specifica dei suoi esponenti, riconosciuta ed in diversi casi apprezzata anche dai nostri avversari. Del resto se vediamo il nome dei parlamentari
del P.N.M., eletti il 7 giugno 1953, tra militari, giuristi, scienziati e tecnici possiamo affermare che i monarchici avrebbero potuto ricoprire incarichi in tutti i ministeri di un eventuale Governo!
CORRUZIONE Da relazione della Price & Waterhouse alla Olaf, Agenzia antifrode europea, risulta che dei 120 miliardi che la Commissione Ue stima vengano sottratti dalle tangenti all’economia continentale, metà è preda di italiani. Su 8 Paesi presi in esame risulta che la corruzione è pari in media al 3% del valore degli appalti, mentre in Italia sale al 9%. Il settore più colpito dalla corruzione è quello dei corsi di formazione destinati ad insegnare a chi non lo ha, come trovare un lavoro. Altro settore nel quale la corruzione impera è quello idrico. Il 63% delle violazioni delle regole riguarda in Italia le gare truccate, quelle in cui il vincitore è già stato deciso a priori, mentre il 23% è relativo al conflitto di interesse, vale a dire la preferenza accordata a parenti ed amici. ■
Da quest’analisi serena, ricca anche di nominativi di altri esponenti del movimento monarchico quale ad esempio il Colonnello Enzo Avallone, esperto di problemi militari, dobbiamo trarre il convincimento che non siamo stati né figli di un dio minore né i parenti poveri della politica italiana, almeno sicuramente fino al 1954 ed ancora fino al 1958. ■
RIDUZIONE DELLE IMPOSTE? È stato calcolato che l’aumento dell’Iva dal 21 al 22%, che coinvolge il 70% dei prodotti, costerà ad ogni italiano 207 Euro di imposte in più all’anno. Molti prodotti acquistati dalle famiglie stanno registrando un aumento del 3-4% per effetto della crisi. Si calcola che il 68% degli italiani abbia ridotto i pasti fuori casa e nei ristoranti, le spese di abbigliamento e tante altre considerate non prioritarie. ■
CRISI E USURA La crisi economica ha portato ad una riduzione del credito bancario ai privati, stimata da Bankitalia nel 3,3%. In crescita invece l’usura, secondo alcune stime del 195%, con punte in Campania ove le famiglie finite in mano agli strozzini sarebbero aumentate del 217%. ■
Armando Pupella
PILLOLE DI STORIA * Durante la rivoluzione francese viveva a Parigi l’A bate Maury, uomo di grande coraggio, mal visto per le sue idee politiche. Un giorno fu circondato da un manipolo di scalmanati furiosi che volevano impiccarlo ad un lampione. L’Abate con massima serenità disse loro:“E quando mi avrete appeso, ci vedrete di più?”. La battuta fece sorridere i rivoltosi che rinunziarono al loro proposito. E l’Abate si salvò. * L’Unità di ieri recava in prima pagina questo titolo su cinque colonne: “Come superare quel muro” (di Berlino, si capi-
sce). Non ci sembra un problema. Ci sono svariate migliaia di berlinesi dell’Est che lo hanno brillantemente risolto. (Controcorrente, 15 agosto 1986, di Indro Montanelli). * L’attore Baron piaceva alle donne. Una Duchessa lo riceveva spesso, ma solo di notte. Un pomeriggio l’attore andò a trovarla. La dama, che conversava con ospiti di riguardo, indignata per la visita inaspettata, con cipiglio gli chiese: “Signore, cosa venite a cercare?”. Baron, con voce pacata e massima tranquillità, le rispose: “Il mio berretto da notte”. ■
ITALIA REALE - 10/2013
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Maurizio Michele Caterino
PERCHÉ SONO MONARCHICO ll’idea del dovere l’uomo non può sottrarsi; ei non può non sentire l’importanza di questa idea. Il dovere è attaccato inevitabilmente al nostro essere; ce n’avverte la coscienza fin da quando cominciamo appena ad avere uso della ragione (Silvio Pellico).
A
Silvio Pellico Premesso che il primo dovere dell’uomo in assoluto è quello di fare il volere di Dio, suo Creatore, ho dunque inteso la vita, sin quasi dall’età della ragione, come dovere etico, al di là della vanità dei sogni, del turbinio delle passioni, che agitano il corpo e l’anima, e dell’inesorabilità del tempo, perché abbiamo dei doveri verso Dio, che ci ha donato la Vita e nei confronti della società da cui dipende la nostra stessa esistenza, non potendo assolutamente vivere avulsi dal contesto umano. In quanto alla questione dei diritti individuali, la loro solenne proclamazione non ha fatto altro che atomizzare le persone, privandole delle protezioni che i vincoli sociali garantivano loro un tempo, e riducendo sostanzialmente la fruizione degli stessi diritti, asseriti solo a parole, ma in realtà assoggettati alla mera legge del più forte, dove pochi astuti e prepotenti, godono materialmente di tutti i diritti, la cui effettiva disponibilità presuppone implicitamente una certa capacità economica e un certo potere.A tale scopo mi sono imposto, in primis, tra i principali obbiettivi da raggiungere, la ricerca del vero e il rifiuto di ogni falsità e di ogni menzogna, proprio come metodo di vita, ritenendo che si debba vivere, non per sé, ma per gli altri, che lo scopo della propria vita non è quello effimero ed egoistico di essere più o meno felici, ma di rende-
re sé stessi e gli altri migliori, combattendo innanzitutto l’ingiustizia, l’ignoranza e l’errore. Incerta e caduca è la felicità; certo ed eterno rimane il dovere (Ernst Baron von Feuchtersleben). Di qui il mio impegno politico, rappresentato fin dall’adolescenza, tra i fautori del ritorno della Monarchia sabauda, nella convinzione che Essa potesse essere molto utile alla nostra Patria, in quanto lo Stato incarnato da un Sovrano può meglio fare gli interessi di tutti, maggiormente del popolo, redistribuendo ai suoi cittadini beni, franchigie, protezioni e privilegi in ragione dell’utilità del corpo sociale, ma esigendo nel contempo da ciascuno determinati doveri.Volendo stilare un bilancio parziale di questo mio impegno mi piace principiare dal ricordo di un tema svolto alle elementari in cui, affascinato dallo studio della storia del Risorgimento, auspicavo il ritorno del Re. Quando si studia la storia, s’impara a comprendere da dove si viene e, probabilmente, anche dove si sta andan-
Ernst von Feuchtersleben do, essa è Maestra di Vita. Mi avevano inoltre molto affascinato la figura di un fratello di mia nonna il T.Col. Francesco Mattia, Commendatore della Corona d’Italia (del quale conservo una grande fotografia che lo ritrae con S.M. Vittorio Emanuele III) e i racconti di mio nonno, Luigi Fariello, Cavaliere di Vittorio Veneto, convinto monarchico, combattente nella Grande Guerra 19151918, che aveva avuto la fortuna di vedere il Re sul fronte, in prima linea tra i suoi fanti. Era, ovviamente data la mia giovane età, più un sentimento romantico, un’ineffabile suggestione, quasi
fiabesca, che una scelta razionale e ponderata. Successivamente sempre spinto più dall’istinto che dal raziocinio continuai nell’approfondimento del tema politico e contemporaneamente volli passare alla militanza attiva iscrivendomi dapprima al PDIUM, malauguratamente già agonizzante, e poi ai CAM destinati purtroppo all’insuccesso.
Ad un anno dalla morte del Re Umberto II, chiesi di essere ammesso all’Istituto della Guardia d’Onore al Pantheon e poi anche all’Alleanza Monarchica: fu per me un’emozione inenarrabile e motivo di grande orgoglio. Per dirla con Guareschi forse ero monarchico perché non c’era più il Re! Nel frattempo con la lettura ero entrato nel vivo delle tematiche storicopolitiche, mi appassionavano molto i seguenti libri: Io difendo la Monarchia di Pietro Silva, La Repubblica nasce nel sangue di C.A. del Papa, I Savoia di Francesco Cognasso, la Monarchia di Pietro Gerbore, il Re dall’Esilio di Falcone Lucifero, ma anche tanti altri autori non propriamente filo-monarchici servivano allo scopo, tra questi l’indimenticato Indro Montanelli. Avevo intenzione di formarmi un’opinione molto obbiettiva, attraverso un approfondimento storiografico di ampio respiro e secondo molteplici
prospettive. Feci così l’amarissima scoperta dell’inganno del referendum del 1946 e dell’imposizione del regime repubblicano ad opera dei vincitori, che sicuramente avrebbero mal tollerato una Casa Regnante sovrana, mentre una Repubblica a sovranità limitata era più gradita e adeguata alle esigenze neocolonialiste ed imperialiste, perché più facilmente manovrabile, come la storia successiva, tragicamente attuale, lo conferma. Ero poi sorpreso dal fatto che le persone che vivono in Paesi senza monarchia sono così affascinate da quelli in cui c’è: vedi l’interesse e la curiosità quasi morbosa per le vicende della Monarchia Britannica anche in Italia, forse per un inconscio senso di colpa per aver scacciato il proprio legittimo monarca. In un momento storico in cui le tensioni ideologiche erano molto acute e stridenti, le argomentazioni storico-politiche che mi fecero particolarmente riflettere, e mi fecero diventare un monarchico pienamente convinto e consapevole, erano così riassumibili: sono monarchico perché in tremila anni di storia l'Italia non ha avuto un solo giorno di repubblica unitaria, perché l’unità della Penisola si è potuta ottenere soltanto con l’iniziativa della Dinastia Sabauda alla quale è pertanto oltremodo giusto e doveroso tributare eterna gratitudine, perché vedevo nella Monarchia dei Savoia l’unico mezzo di coesione e di salvaguardia dell’unità della Patria, perché la Monarchia, ponendo a capo dello Stato un uomo che per definizione è al di sopra e al di fuori di tutti i partiti, è in grado di meglio garantire l’effettiva indipendenza del Paese da ogni influenza straniera e di tutelare efficacemente le libertà costituzionali, mentre un Pre-
sidente di Repubblica, per bravo che sia, sarà sempre uomo di parte e potrebbe portare la Nazione verso ordinamenti politici e sociali diretti in un secondo tempo ad avallare o ad instaurare un regime autoritario e dispotico o che ne pregiudichi l’indipendenza. Insomma condividevo e condivido quanto sostenuto da Benjamin Constant che considerava la Corona come “quarto potere”, cioè come una funzione arbitrale ed equilibratrice al di sopra dei tre tradizionali poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario, ma, aggiungo, anche di freno alle trame oligarchiche in base a quanto acutamente sostenuto dall’ottimo Prof. Domenico Fisichella nel suo testo Elogio della Monarchia. Infatti la tendenza intrapresa dall’attuale regime repubblicano è pericolosamente di stampo oligarchico, con una cricca ristretta, in apparenza litigiosa, che amministra il Paese, sotto l’occhiuto controllo della tenebrosa e tentacolare usurocrazia mondialista. La presenza della Monarchia non avrebbe reso tanto facile l’esecuzione di questo piano obbrobrioso. Inoltre devo aggiungere che non mi sono solo limitato a sognare il rientro del Re Sabaudo, ma mi sono attivato e prodigato, senza alcunché pretendere e sempre pronto a servire, nel pieno ed assoluto rispetto di ogni norma legale e morale, per tenere accesa la fiaccola, in attesa di un improbabile ritorno. Mi sono cimentato nell’impresa rifuggendo da ogni camaleontismo ed affrontando a viso aperto difficoltà enormi, attraversando tempi difficili (dal sessantotto agli anni di piombo), destreggiandomi in ambienti indifferenti od ostili, esponendomi in prima persona,
ma senza atteggiamenti tremebondi o vanesi, scrivendo articoli e lettere ai giornali, organizzando cerimonie, mostre, convegni culturali e celebrativi, operando alacremente, ma molto disciplinatamente e con grande spirito di sacrificio, contribuendo anche finanziariamente alla loro realizzazione, in tutto ciò guidato, incitato e sorretto dall’indimenticabile Cap. Felice Bucci, italiano di antica fede e di grandi ideali, un ufficiale tutto d’un pezzo. Perché ho fatto e continuo a fare tutto questo dopo tanti lustri? Non solo per coerenza con le mie idee e le mie convinzioni culturali, politiche e spirituali, ma soprattutto per dovere etico. Perché abbiamo dei doveri nei confronti dell’umanità, ma in particolare verso la nostra Patria, l’Italia, che è la Terra dei nostri Padri, che hanno combattuto e che si sono immolati per noi. È nostro dovere consegnare ai nostri figli un’Italia sempre migliore e più giusta, libera, forte e pacifica, che abbia come scopo il Bene comune per il suo popolo. Se ci disinteressiamo, se ci chiudiamo a riccio nel nostro egoismo, se ci poniamo in contemplazione delle glorie passate, trincerandoci nelle nostre magnifiche idee, ma incapaci di confronto, di interazione, arroccati in un’autistica e narcisistica autoreferenzialità, senza metterci in gioco, qualcun altro lo farà al nostro posto, magari per motivi meno nobili, o nell’interesse proprio o di altri soggetti, cioè lo farà probabilmente a danno di tutti. Chi disputa col proprio dovere è sul punto di violarlo (Conte JosephMarie de Maistre, Discorso inaugurale dell’anno giuridico del Senato di Savoia, 1º dicembre 1784). ■
ITALIA REALE - 10/2013
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CADUTI PER LA BANDIERA NEL 70º ANNIVERSARIO DELLA “BATTAGLIA DI SICILIA 1943” abato 7 settembre 2013 si è svolta presso il Circolo Ufficiali della Marina Militare “C.F. Vandone” di Augusta una rievocazione nel 70° Anniversario della “Battaglia di Sicilia 1943” organizzata dal “Museo della Piazzaforte” di Augusta, dall’Associazione “Lamba Doria” di Siracusa, dalla Federazione di Siracusa dell’Istituto del Nastro Azzurro fra Decorati al Valore Militare e dal Comando di Marisicilia.
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Il convegno ha avuto per titolo: “L’invasione: fine della Piazzaforte ed i Caduti per la Bandiera; l’Armistizio ed il sacrificio della Corazzata Roma” sì da rendere immediatamente esplicito il collegamento fra gli eccezionali avvenimenti militari e diplomatici che segnarono la storia d’Italia e del mondo fra il 10 luglio e l’8 settembre 1943. L’iniziativa è stata presentata alle autorità civili e militari intervenute ed al qualificato e folto uditorio presente dal Contrammiraglio Giu-
seppe Abbamonte, Presidente del Circolo Ufficiali M.M. di Augusta. Ha aperto i lavori l’Avv. Antonello Forestiere, Direttore del “Museo della Piazzaforte” di Augusta e vice presidente della Federazione provinciale di Siracusa, che ha relazionato sul tema: “I Caduti italiani per la Bandiera nel territorio della Piazzaforte nel luglio 1943”. Forestiere ha presentato un’accurata analisi della situazione della Piazzaforte al momento dell’invasione, descrivendo le forze costiere italiane stanziate, le batterie antiaeree ed antinave ed i personaggi più significativi che componevano la catena di Comando
e ha poi tratteggiato le operazioni militari nel territorio di Augusta dopo lo sbarco alleato. Diversamente dalle ricostruzioni storiografiche stereotipate che, prescindendo da una analisi della situazione e del contesto tattico e strategico degli eventi, hanno liquidato per anni con giudizio impietoso la fase dell’occupazione della Piazzaforte di Augusta, è emerso come più di uno furono i duri scontri
sostenuti dai nostri militari contro le truppe nemiche, spesso incredule di trovare una tale resistenza da parte di unità non specializzate e soprattutto armate in maniera inidonea. Rievocati così con dovizia di particolari i combattimenti svoltisi presso il Ponte Grande sull’Anapo, Luogo Grande ed il Ponte della Peppa sopra Punta Cugno; ad Arcile ed al caposaldo di Cozzo Telegrafo vicino Brucoli; le fasi, seppure contenute, di resistenza italotedesca anche allo sbarco dei reparti speciali britannici direttamente ad Augusta il 12 luglio 1943; le azioni risolute di som-
mergibili, motosiluranti ed Arditi; le numerose e disperate missioni di nostri aviatori dei “Tuffatori” e dei bombardieri sul porto di Augusta e nelle acque antistanti assiepate di naviglio alleato, coronate dalle numerose Decorazioni al Valore, alla Memoria ed a viventi, concesse ai loro protagonisti. Il Dott. Alberto Moscuzza, Presidente dell’Associazione “Lamba Doria” ha ricordato la vicenda del sommergibile italiano “Bronzo” che gli inglesi, dopo averlo mitragliato e fortunosamente catturato al largo, ormeggiarono presso il Porto Grande di Siracusa con parte dei caduti ancora riversi in coperta. È stato reso noto che nel luglio del 20 14 quella banchina, per iniziativa della “Lamba Doria”, sarà intitolata ufficialmente ai marinai che persero la vita in quello sfortunato episodio bellico. L’Avv. Francesco Atanasio, Presidente della Federazione di Siracusa dell’Istituto Nastro Azzurro fra Decorati V.M., ha affrontato il delicato e complesso argomento delle controverse fasi dell’Armistizio nel settembre del 1943 intervenendo sul tema: “Da Roma a Brindisi: storia di un armistizio”. Il relatore ha ripercorso le vicende politiche e diplomatiche che determinarono la resa dell’Italia agli anglo-americani alla luce della più accurata e attenta opera di rivisitazione storiografica portata avanti dalla
rivista “Nuova Storia Contemporanea”, diretta dal Prof. Francesco Perfetti, Capo Ufficio Storico del Ministero degli Affari Esteri. La decisione di avviare dei negoziati con gli anglo-americani in Portogallo, le missioni di Lanza d’A ieta, Castellano e Zanussi, la totale “chiusura” delle potenze alleate a qualsivoglia collaborazione con il governo italiano, lasciato all’oscuro sia della data dell’invasione del territorio peninsulare che della data dell’annuncio dell’armistizio, la fraudolenta imposizione di un doppio testo armistiziale, le responsabilità personali maturate a Roma e ad Algeri, sede del Comando alleato nel Mediterraneo, nella mancata attuazione dell’operazione “Giant II”, la miopia dei vertici alleati dinanzi alle richieste di rinvio da parte di Roma, le ragioni della prevedibile crisi delle Forze Armate italiane, il gravissimo “errore” strategico degli anglo-americani nel sottovalutare il peso più che rilevante che
la resa di uno Stato come l’Italia poteva avere nella conduzione complessiva della guerra contro la Germania, l’impatto dell’armistizio sull’opinione pubblica d’oltreoceano: questi alcuni dei temi affrontati dal relatore che hanno, come nel caso della c.d. “mancata difesa” della Piazzaforte di Augusta, suggerito nuovi temi di riflessione e di analisi su un evento che ha segnato e segna tutt’ora la vicende italiane. L’Ing. Salvatore Leanza del Comitato Scientifico dell’Associazione “Lamba Doria” ha riferito delle sue originali ricerche sul campo di concentramento “Camp Pow 369” realizzato nella zona di Priolo (piccolo centro vicino Siracusa), anche per prigionieri politici, da parte degli inglesi. Ha concluso gli interventi, il C.V. Francesco Loriga, Direttore dell’Ufficio Storico della Marina Militare, sul tema “Luglio 1943: la difficile scelta strategica della Marina: il sacrificio della Corazzata Roma”. L’autorevole relatore ha descritto la consistenza delle forze della Regia Marina in Italia, nel Mediterraneo e nell’Atlantico prima dell’invasione della Sicilia, la coesione ideale da questa mantenuta sino all’ultimo, le ragioni della sua condotta operativa prima e dopo l’8 settembre 1943, la sofferta obbedienza agli ordini del Sovrano all’annuncio dell’armistizio e dell’ordine di raggiungere il porto di Malta quando quasi immediata era maturata la volontà di autoaffondarsi. Le pagine di sublime eroismo compiute dagli uomini della Regia Marina in quei frangenti sono compendiate dalla tragi-
Il sommergibile “Ascianghi”
ca fine della Corazzata “Roma” a seguito della quale perirono l’A mmiraglio Bergamini e quasi tutto l’equipaggio, ma anche del sacrificio degli ammiragli Campioni e Mascherpa, “giustiziati” nel 1944 per essere rimasti fedeli al giuramento prestato. È seguita la proiezione di un breve filmato realizzato dalla Marina Militare sul recente ritrovamento della “Roma” al largo della Sardegna. Il Contrammiraglio Roberto Camerini, Comandante di Marisicilia, concludendo i lavori, ha sottolineato l’importanza dell’evento soffermandosi sugli argomenti affrontati dai relatori, che ha ringraziato per i contributi offerti, e ha sottolineato il rilievo che la Marina Militare ha conferito al ritrovamento della Corazzata “Roma”, quale momento di memoria e riflessione sul sacrificio di tutti i Marinai caduti in mare, ai quali sarà d’ora in avanti dedicata la giornata del 9 settembre. La manifestazione è stato arricchita dalla presenza di un gruppo di figuranti della “Lamba Doria” in divise d’epoca italiane, tedesche, inglesi ed americane e dai modelli del sommergibile “Ascianghi” e del “Barchino” della Regia Marina realizzati da Giuseppe Saraceno del Museo della Piazzaforte. Il collezionista siracusano Gabriele Scozzarella ha esposto alcuni pezzi delle sua raccolta di radio militari del periodo. Le Sale del Circolo hanno anche ospitato la Mostra itinerante di immagini e dati informativi realizzata dalla Marina Militare in ricordo della Corazzata “Roma” e del suo equipaggio. ■
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Gianni Mori
IL CONTE ROSSO tagna e di Alencon. Seguivano ancora i Conti di Armagnac, di Vendòme e di Ginevra, i Signori di Challant, di Valperga, di San Martino, e molti altri Baroni e Cavalieri. Per contro il Conte di Hedington vestito di broccato azzurro trapuntato d’argento, stava già in campo ritto sul cavallo dinnanzi ad una colonnina, dove era appeso il corpetto su cui era ben in vista il prezioso anello. Fatti i saluti d’obbligo al Re ed a tutti i convenuti, i contendenti presero possesso del campo, e al via si lanciarono l’uno contro l’altro a briglia sciolta.
medeo VII Conte di Savoia, soprannominato il Conte Rosso (Chambéry 24 febbraio 1360-Ripaglia 1 novembre 1391) figlio del Conte Amedeo VI, il Conte Verde, e di Bona di Borbone, fu Conte di Savoia, d’Aosta, Moriana e Nizza dal 1383 al 1391. Succeduto al padre nel 1383, condivise parte dei suoi poteri con la madre, già abituata a governare lo Stato durante le lunghe assenze del marito per guerre e missioni politiche.
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^^^ IL DUELLO Nel primo anno del suo regno il Conte Rosso (così chiamato per il colore preferito per i suoi abiti o per quello dei capelli), al comando di 700 lance, era andato in soccorso del Re di Francia, impegnato nell’assedio di Bourbourg contro i Fiamminghi e contro gli Inglesi. Ma un fatto veramente eccezionale si verificò quando, approfittando di una giornata di tregua, il Conte di Hedington, ricco e prode cavaliere inglese, si recò una sera in visita al campo francese, ricevuto con gli onori e la dignità che spettavano a personaggi di alto rango, come era nella nobile usanza di quei tempi. Hedington era un cavaliere giovane e molto bello e, caso assai raro fra gli inglesi, un tantino pronto di lingua e sfacciatamente spavaldo. Quel giorno indossava un ricco corpetto di velluto cremisi, e si compiaceva di mostrare, sul lato sinistro del petto, un fregio ricamato a filo d’oro, sovrastato da perle, su cui si intrecciavano due colombe che reggevano nel becco, per mezzo di una catenella d’oro, un anello con magnifico rubino contornato da dodici brillanti. Questo fatto richiamò l’attenzione del Re di Francia, curioso di sapere che strana usanza fosse quella di portare gli anelli in tale maniera. Il Conte inglese raccontò al Re che l’anello, di grande valore era dono, in occasione di un capodanno, di una Princi-
pessa di alto lignaggio che gli aveva imposto con patto d’onore di non metterlo al dito, se prima di altri dodici mesi non le avesse condotti, prigionieri, dodici cadetti di gran sangue pari al suo, vinti in tornei a colpi di lancia, ma non di spada o di altre armi. È un anello che vi costerà molto caro ...! disse il Re. Rispose prontamente l’Hedington: Costerà caro agli altri perché i colpi della mia lancia sono tali che se il malcapitato non resterà subito a terra morto, se ne andrà per tutta la vita malconcio e storpiato. Poi aggiunse, con grande enfasi, per rincarare la dose del suo carattere guascone: Chi ne vuole assaggiare si faccia avanti, che ce n’è per tutti. Era una sfida aperta a ognuno degli astanti! Il Conte Rosso, presente al colloquio, giovane, bollente di spiriti guerrieri, aveva un alto senso della propria dignità al punto tale che le parole dell’inglese gli giunsero all’orecchio come uno sfregio insopportabile. A voce alta, rivolgendosi al Re di Francia disse: Quel signore a cui piace tanto la sua lancia meriterebbe di trovare qualcuno che gliela facesse mangiare. Apriti o cielo! La pronta risposta era stata più che decisa, e il Conte di Hedington se la sentì sbattere in faccia come uno schiaffo pesante. Ma i suoi compagni che l’avevano scortato al
campo francese, i Conti di Prembroke e di Arundel, lo trascinarono fuori dal padiglione reale, rimproverandogli la sfida aperta in presenza del Re, che pure aveva avuto la pazienza di ascoltarlo senza cacciarlo via. Nel frattempo il Conte Rosso chiedeva licenza al Re di combattere contro l’inglese, ma il Re tentennava parendogli di concedere troppo onore al britannico. Infine concesse la licenza quando il Conte di Hedington, presentatosi il giorno appresso al Re, si scusò per il suo eccessivo ardire, ma in ginocchio lo supplicò di permettergli lo scontro con il Conte di Savoia, affinché non restasse una macchia sul suo scudo, e neanche il rimorso al giovane Savoia di aver ingiuriato un cavaliere straniero senza dargli soddisfazione. Il giorno fissato per lo scontro,Amedeo VII, che era in lutto per la morte del padre, entrò nel recinto vestito superbamente di velluto nero, ricamato in oro a lacci d’amore, con le lettere Fert gemmate di rubini, di diamanti e di perle. Montava un vivacissimo morello alto e robusto. Il Conte d’A rmagnac lo seguiva portandogli l’elmo dorato, circondato dalla corona a nove punte, tempestata di gemme e sormontato da un teschio di leone alato a foggia di cimiero, e dopo di lui i Duchi di Berry, di Borbone, d’Anjon, di Bre-
Le lance di entrambi volarono in mille pezzi al primo scontro, e il Conte Rosso riportò una leggera ferita che gli fu di monito a moderare l’assalto ed a perfezionare i colpi di lancia. Infatti alla seconda passata al Conte di Hedington toccò una percossa così terribile che cavallo e cavaliere stramazzarono a terra coperti di polvere e di sabbia. L’inglese, intontito per la botta tremenda, rimase sul terreno per un tempo così lungo che se il Conte Rosso avesse voluto, avrebbe potuto tranquillamente, e a proprio agio, staccare l’anello dalla colonnina e portarselo via. Ma il Conte Rosso era tanto prode quanto generoso, e attese che l’avversario venisse raccolto, soccorso, lavato d’aceto e di acqua di rose, poi gli fece dono di un cavallo, e quando lo vide in sella, gli domandò se voleva almeno lasciargli toccare l’anello della sua dama. Pronto e sdegnato rispose l’altro: Non prima che io vi abbia reso il colpo che mi avete dato. Poi il combattimento ricominciò più violento, e i due contendenti presero e diedero tali e tanti colpi da cadere insieme, e insieme rialzarsi, per continuare la lotta, con l’ostinazione di assicurarsi la vittoria finale. Lo scontro raggiunse momenti di altissima tensione e prima di sera ben quarantasette lance vennero distrutte . Ma finalmente il Conte di Savoia rifilò all’inglese un colpo così tremen-
do che gli trapassò di netto la spalla e, il poveretto, per non sopportare il peggio, si diede per vinto. Ma non per questo il Conte Rosso volle toccare l’anello con un dito, staccò il corpetto dalla colonnina e lo restituì all’inglese lodandolo per il suo coraggio, e invitandolo ad … andare a cercare altrove i suoi dodici cadetti di gran sangue pari al suo, e vincerli! Ma la storia ebbe ancora un curioso seguito, poiché il Conte Rosso invitò i Conti di Arundel e di Pembroke a combattere con lui, il primo con la spada, il secondo alla scure, subito, uno dopo l’altro, e senza alcuna interruzione. All’Arundel, dopo quattro assalti terrificanti spaccò con un fen-
dente l’elmo d’acciaio, così che il ferro gli ruppe il cranio e penetrò nel cervello. Al Pembroke rifilò tali e tanti colpi di scure che questi, disteso per terra, chiese pietà confessando di non poter resistere a quel martellamento terrificante. L’epilogo fu degno della generosità del Conte di Savoia che fattosi recare una catena d’oro ne fece dono al Conte di Arundel, il quale boccheggiava, ma non morì.Al Pembroke offrì un bel diamante e gli ordinò di tornare a casa sua, e che facesse dono della gemma alla sua dama, raccontandole quello che aveva veduto, e sentito, con tanti complimenti da parte di un cavaliere vestito di rosso. ■
W LE ROI! n recentissimo sondaggio commissionato dal quotidiano “Le Parisien” la Monarchia, in Francia, ha avuto conferma di godere di una popolarità assai più ampia di quanto si sospettasse. Infatti il 47,2% dei francesi ha affermato di vedere con favore un Sovrano all’Eliseo. Probabilmente il momento particolarmente felice per il sistema monarchico in Europa ha indotto anche molti francesi a riflettere: l’ascesa al Trono del Principe Filippo dei Belgi, l’abdicazione di Giuliana d’Olanda e la serena intronizzazione di Guglielmo Alessandro, la nascita del primo figlio del Principe William e di Kate, sono tutti eventi cui i media d’oltralpe hanno riservato amplissimi spazi, assai apprezzati dalla pubblica opinione. Del resto non è una novità che tra le Nazioni “repubblicane” la Francia sia sempre stata tra le più sensibili al fascino della Corona. Forse, per essere stata una delle prime a perderla. Si deve infatti tornare al 1870 per trovare un Sovrano di Francia, quel Napoleone III, cui l’Italia deve tanto, che sconfitto dalla Prussia dovette abdicare. Ciò nonostante il pensiero laico e repubblicano francese non riesce a cancellare l’idea della Monarchia che continua ad esistere in ogni francese. Probabilmente, tra i tanti eventi citati in
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apertura, la nascita del terzo erede al Trono britannico è quello che maggiormente ha messo in discussione il “mito” della repubblica in Francia, vista l’immensa partecipazione popolare nel Regno Unito e in tutti gli Stati che riconoscono il Sovrano inglese quale loro Capo di Stato. Tutte Nazioni che - per inciso - possono contare su basi democratiche di assoluta stabilità. Ecco dunque perfettamente comprensibile il sondaggio de “Le Parisien”, che domandava: “Vuoi che la Francia abbia un re o una regina?”. Quasi la metà della popolazione francese ha risposto positivamente al quesito del sondaggio. E questo, come si dice, “a bocce ferme”. Cosa accadrebbe con un minimo di libera informazione e/o propaganda? Non si può, insomma, non ammettere che, in effetti, la Monarchia ha un fascino ed una forza che non possono essere cancellati e che è difficile riscontrare tale fascino in uno Stato retto da un sistema repubblicano. Forse occorrerebbe riflettere su ciò, anche in Italia. ■
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LA PUGLIA DI VENDOLA Nel novembre 20 12 il Consiglio regionale della Puglia, della quale è governatore Nichi Vendola, aveva stabilito tra il consenso generale che ai Consiglieri condannati per reati contro la pubblica amministrazione non venisse riconosciuta e versata pensione. Il 15 ottobre 2013 il Consiglio regionale ha modificato quanto deciso un anno prima e stabilito ch e i l ma nc at o pa g a mento della pensione debba venir limitato al solo periodo di interdizione dai pubblici uffici. Il primo a beneficiare della “clemenza” a spese dei pugliesi, a favore di chi ha commesso reati nell’esercizio della proprie pubbliche mansioni, è stato Sandro Frisullo, ex vice presidente Pd del Consiglio regionale, condannato nel di c em bre 2 0 12 a du e an ni e otto me s i pe r associazione a delinquere, turbativa d’asta e abuso d’ufficio, senza che gli fosse stata comminata l’interdizione dai pubblici uffici. Frisullo potrà così incassare la ricca pensione senza alcuna sospensione. ■
GIOVEDI’ MONARCHICI A TORINO Le riunioni hanno luogo in una sala della Caffetteria Madama di Via Madama Cristina 27, sempre nel terzo giovedì del mese e precisamente: - Giovedì 21 novembre 2013, ore 17,30. - Giovedì 19 dicembre 2013, ore 17,30. Le riunioni sono aperte ad iscritti e simpatizzanti per discutere i programmi di attività.
CIRCOLO DI CULTURA E DI EDUCAZIONE POLITICA “REX” SESSANTASEIESIMO CICLO DI CONFERENZE Conferenze presso la Casa Salesiana “Sacro Cuore”, Via Marsala 42, Roma, con inizio alle ore 10,45 È iniziato il 27 ottobre il 66º ciclo di conferenze del “Circolo di Cultura ed Educazione Politica”, chiamato “Rex”, che rappresenta per antichità e durata l’unico circolo del genere, espressione del mondo monarchico ma rigidamente apartitico, esistente non solo a Roma, ma in Italia. Le Conferenze si terranno, come già da diversi anni in un salone, nel cortile interno dello stabile avente accesso da Via Marsala 42, alle 10,45 della domenica. Prossime conferenze: 10 novembre 2013 Conte Vincenzo Capasso Torre “Il mondo ed il pensiero europeo di Otto d’Asburgo” 24 novembre 2013 Prof. Flora Panariti “L’influenza delle donne sul governo di Roma antica” 1º dicembre 2013 Prof. Francesco Perfetti “La calda estate del 1943 dal 25 luglio all’8 settembre” Dopo la pausa natalizia si riprenderà con la seconda parte del ciclo, da domenica 26 gennaio 2014, con successiva frequenza quindicinale, e con Conferenze del Sen. Prof. Domenico Fisichella, dell’Ing. Domenico Giglio, dell’Avv. Riccardo Scarpa, del Prof. Michele D’Elia e altre da definire dedicate ai 70 anni dal 1943-1944 per ristabilire la verità dei fatti ed il ruolo di Re Vittorio Emanuele III. L’ingresso è libero ed ai presenti sarà distribuito gratuitamente il volume “Nascita ed affermazione del Regno d’Italia”, che raccoglie tutte le conferenze tenutesi nel 2011 e 2012 al Circolo REX per ricordare il 150º anniversario del Regno. Con quest’ulteriore testimonianza il Circolo che nella sua lunga vita ha visto avvicendarsi decine di prestigiosi relatori per un totale di quasi 1000 conferenze intende fornire le basi storico-politiche per coloro che vedono nella Monarchia dei Savoia l’unico mezzo per la rinascita dell’Italia perché chi “sbaglia storia, sbaglia politica”. ■
IL GIUOCO DI LETI
RICONOSCENZA
Prem...a - Sp...quare - Im...gnare - Im....re - Simpa..ca - Sciac...o - Tr...ardo -
Sostenuto dagli americani oltre che dalla comunità internazionale, Hamid Karzai è stato eletto due volte presidente dell’A fghanistan, ricevendo notevoli aiuti economici in buona parte di non nota e dubbia utilizzazione. Nonostante i 3.400 militari alleati vittime dei talebani, compresi 53 Italiani, in un’intervista alla Bbc Karzai ha dichiarato che l’intervento della Nato ha causato al Paese solo sofferenze, con perdite di molte vite umane e nessuna utilità dato che non è più sicuro di prima, aggiungendo che essendo i talebani afghani, dovrebbero partecipare alle elezioni. Un’altra lezione impartita agli Stati Uniti che preferirono personaggi di tal fatta a Zahir Shah, Re dell’Afghanistan, rientrato nel 2002 dall’esilio trascorso a Roma, volutamente accantonato in base al falso presupposto secondo il quale solo le repubbliche e non le Monarchie garantiscono la democrazia. ■
Cont....neo - Pn..matico - An...ato - V..colo - Di....ato - St...ti - Ass...atto - Sera…o Tr...mare - A...e - D...da - Oss....tore - Ba...liere - Str...rlare - Tre..nto Per ottenere 22 parole di senso compiuto sistemate i gruppi di lettere seguenti sopra i puntini (una lettera per puntino). Risulterà così la parte di un discorso pronunciato da George Washington l'8 gennaio 1790. aci -agu - all - apa - ati - ce - dip - ei - ere -erra - erva - ess - eu - fic - ipi - mezz - nod -para - pre -rel -res - uef
SOLUZIONE 1
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I N A N D A O C I C A U L I L O R A A T A T O I O S I 3
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O R I B E O N M B A E N C H I E
E S O S O E T S E Z A T E R R O
de “Il Giuoco di Leti” pubblicato sul numero di ottobre 2013. 4
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