B U I L D I N G
&
M A N A G E M E N T
ANACI LECCO
Laboratorio di idee, progetti e pareri in materia di condominio
Prevenzione incendi Odori e rumori da incubo Decreto ingiuntivo e condensa Materiali da costruzione Profilo psicoattidudinale dell’Amministratore Contratto di affitto: un nuovo modello per la registrazione
Anno II | n. 7 Mag-Lug 2017
KEEP CALM AND
CALL ICT GENESIA Amministrare un condominio è un lavoro stressante. Con ICT Genesia hai la sicurezza del numero 1 al tuo ďŹ anco. Il lavoro dell’amministratore è in continua evoluzione, per responsabilitĂ , problematiche e aspettative sempre piĂš elevate dei condòmini. Per questo la scelta del partner può determinare l’ottenimento o meno di un importante vantaggio competitivo. ICT Genesia è garanzia di assistenza completa, che si traduce in maggior JVU[YVSSV LK LɉJHJPH ULSSH NLZ[PVUL KLSSV Z[HIPSL :PHTV PS WYPTV 0Z[P[\[V MVUKH[V PU 0[HSPH JVU VYNHUPaaHaPVUL LK LZWLYPLUaH JOL JP OHUUV YLZP PS YPMLYPTLU[V KLS ZL[[VYL PU [\[[P P JHZP! ]LYPĂ„JH HZJLUZVYP Ă„U KHS PTWPHU[P LSL[[YPJP KP TLZZH H [LYYH JHUJLSSP H\[VTH[PaaH[P *LY[PĂ„JH[V KP 0KVULP[n :[H[PJH 4LNSPV HUKHYL Z\S ZPJ\YV! IHZ[H \U PUJVU[YV PUMVYTH[P]V WLY JHWPYL SH WHZZPVUL L SÂťVYNHUPaaHaPVUL SH]VYH[P]H KP 0*; .LULZPH
Info e preventivi gratuiti: T 02 53 47 72 - info@ictgenesia.it ICT Genesia Srl Via Triulziana 10 20097 San Donato Milanese (Mi) Capitale sociale Euro 1.000.000,00 i.v.
“
Con oltre quattromila lettori, questa rivista raccoglie saggi, pareri e relazioni legali, tecnici e fiscali curati dal nostro Centro Studi lecchese e da professionisti esperti in materia condominiale
Marco Bandini Presidente di ANACI LECCO
”
SOMMARIO IL PARERE LEGALE
02 07 11 15 17
La prevenzione incendi in ambito condominiale Dott. Eugenio Sangregorio
Odori e rumori da incubo: le immissioni limite in condominio Avv. Arveno Fumagalli
L'opposizione al decreto ingiuntivo e i problemi dei danni da condensa Avv. Laura Torri
Riforma del condominio e divieto di deleghe in eccesso Avv. Fabrizio Goretti
Amarcord
L'interruttore differenziale per l'incolumità casalinga - Prima Parte
20
Novità normativa in materia di SCIA antincendio
22
Gli Amministratori condominiali e il profilo psicoattitudinale
26
Sicurezza sul lavoro: pubblicato il Testo Unico aggiornato
27
La transizione alle rinnovabili come opportunità per i condomini
Rubrica a cura di Pierluigi Dell'Oro
IL PARERE TECNICO
18
19
Materiali da costruzione: in opera solo quelli conformi alle direttive Ue Prof. Arch. Annalisa Galante
Ing. Pierluigi Scarcelli
Ing. Alessio Maggi
Dott. Silvano Sala
Geom. Simona Frigerio Ing. Paolo Albo
IL PARERE FISCALE
31
Registrazione contratti di affitto: un nuovo modello Dott.ssa Raffaella Figini
Hanno collaborato a questo numero: Paolo Albo, Pierluigi Dell'Oro, Raffaella Figini, Simona Frigerio, Arveno Fumagalli, Fabrizio Goretti, Alessio Maggi, Silvano Sala, Eugenio Sangregorio, Pierluigi Scarcelli, Laura Torri Anno 2 | n.7 | Maggio - Luglio 2017
Progetto grafico: AGC s.r.l. - Milano
www.anacilecco.it
© ANACI Provinciale di LECCO via F.lli Cernuschi, 23 - Merate (LC) - tel. 039 9160551 segreteria.presidenza@anacilecco.it
Direttore editoriale Marco Bandini - presidenza@anacilecco.it Direttore responsabile Annalisa Galante - consulentetecnico@anacilecco.it Marketing e diffusione: Periodico bimestrale on-line 5 numeri all’anno - marketing@anacilecco.it
Periodico on line non sottoposto a registrazione come previsto dall’Art. 3-bis del D.L. 18 maggio 2012, n. 63 Tutti i diritti sono riservati - È vietata la riproduzione anche parziale senza autorizzazione di ANACI LECCO
Informativa Privacy ai sensi del D.lgs 196/03 per il trattamento dei dati. La informiamo che, le finalità del trattamento dei dati relativi ai destinatari del presente periodico on-line consistono nell’assicurare l’aggiornamento dell’informazione in materia condominiale a soggetti identificati per la loro attività professionale mediante l’invio della presente rivista. In qualsiasi momento, è possibile chiedere al Titolare del Trattamento dei dati personali, ANACI LECCO, con sede legale in Merate (LC), via F.lli Cernuschi, 23 la consultazione, la modifica, il blocco o la cancellazione dei Suoi dati secondo quanto previsto dall’art. 7 della stessa normativa, scrivendo a segreteria.presidenza@anacilecco.it
Dott. Eugenio Sangregorio
IL PARERE LEGALE
Membro del Centro Studi di ANACI LECCO
La prevenzione incendi in ambito condominiale Nel delicato campo della Prevenzione Incendi si sono susseguite negli anni diverse normative che hanno legiferato in relazione agli adempimenti necessari per garantire la sicurezza e prevenire il rischio di incendi. Dopo le più datate normative (ricordiamo il grande rimedio rappresentato dal Nulla Osta Provvisorio) la norma quadro a cui per anni si è fatto riferimento è stata la Legge 07/12/1984 n. 818 con le successive modifiche apportate in particolare dal D.M. 01/02/1986 e dal D.M. 81/2008, mentre le più recenti norme di riferimento sono il D.P.R. 01/08/2011 n. 151 e il successivo D.M. 07/08/2012. Per quanto riguarda il Condominio sono generalmente due gli impianti (definiti attività) soggetti a certificazione di prevenzione incendi che più frequentemente sono presenti. La prima e certamente più semplice attività si ha allorché nel Condominio esiste un impianto centralizzato di riscaldamento e la caldaia installata ha una potenzialità superiore a 116 kW. La seconda invece si riferisce alla presenza di box interrati qualora la superficie complessiva di tale area sia superiore ai 300 m2.
Gli adempimenti per dotare il condominio della certificazione Al fine di individuare la procedura per ottenere le necessarie certificazioni è indispensabile preliminarmente individuare a quale categoria tra quelle indicate nel D.M 07/08/2012 appartenga l'attività soggetta a controllo. Il suddetto decreto infatti ha individuato tre diverse tipologie di attività determinando una differente procedura da osservare. Se infatti ci troviamo di fronte a un’attività che rientra nella categoria A (caldaia con potenza fino ai 350 kW e autorimesse con superficie coperta fino a 1000 m2) non è necessaria l 'approvazione del progetto da parte dei VVFF, progetto che comunque deve essere presente agli atti del Condominio, in quanto il responsabile dell'impianto deve presentare una SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) con la relativa asseverazione da parte del tecnico abilitato incaricato dal Condominio. Se, invece, ci troviamo nella categoria B (caldaia oltre 350 kW e fino a 700 kW e autorimesse con superficie coperta oltre
2
“
Per quanto riguarda il Condominio sono due gli impianti soggetti a certificazione di prevenzione incendi che più frequentemente sono presenti: quando esiste un impianto centralizzato con potenza superiore ai 116 kW e quando ci sono box interrati di più di 300 m2
”
ANACI LECCO n.7 | Mag-Lug 2017
IL PARERE LEGALE
1.000 m2 e fino a 3.000 m2) diventa indispensabile non solo la predisposizione del progetto, ma anche l 'approvazione dello stesso da parte del Comando dei VV.FF. Una volta eseguite le opere per rendere l 'impianto conforme alla normativa sulla base del progetto approvato da parte dei VVFF verrà presentata la SCIA. che sostituisce per le predette attività il Certificato di Prevenzione Incendi (CPI), fatti salvi gli eventuali controlli a campione che successivamente potrebbero eseguire i VVFF per quanto riguarda le attività rientranti nelle categorie A e B. Alla suddetta SCIA, deve essere allegata l'asseverazione da parte del tecnico abilitato attestante la conformità dell'attività ai requisiti di cui alle normative di prevenzione incendi e di sicurezza antincendio (nonché per le attività categoria B la conformità delle opere realizzate al progetto approvato), le certificazioni inerenti la conformità del materiale utilizzato e la corretta posa in opera dello stesso.
ANACI LECCO n.7 | Mag-Lug 2017
Se, infine, ci troviamo di fronte a un’attività rientrante nella categoria C (caldaia superiore ai 700 kW o autorimesse con superficie coperta superiore ai 3.000 m2) non solo deve essere preventivamente sottoposto al Comando dei VVFF il progetto che deve conseguentemente dallo stesso essere approvato; non solo deve essere, a lavori eseguiti e completati e a certificazioni acquisite, presentata la SCIA, ma quanto sopra non è sufficiente per ottenere le necessarie certificazioni sino a quando i VVFF non effettuano il sopralluogo per verificare la conformità delle opere realizzate al progetto approvato con conseguente rilascio da parte loro del Certificato di Prevenzione Incendi. (verificare la categoria dell'attività per conoscere gli adempimenti da eseguire).
Validità temporale e rinnovo della certificazione La predetta documentazione ha una validità temporale di 5 anni e quindi è soggetta a rinnovo periodico che può essere ottenuto a seguito presentazione documentazione con cui il tecnico incaricato assevera che la situazione non è mutata rispetto a quanto si è verificato in occasione del rilascio della conformità per quanto riguarda le condizioni di sicurezza antincendio; che le attrezzature sono ritualmente e correttamente mantenute; che gli impianti di prevenzione incendi sono funzionanti e non presentano anomalie.
3
IL PARERE LEGALE
Ripartizione dei costi Laddove sia necessario procedere all'ottenimento della prima attestazione di conformità o dei successivi rinnovi è evidente che vi sono dei costi da sostenere sia per le opere da realizzare che per il compenso da corrispondere al professionista incaricato dal Condominio. È necessario, quindi, approfondire come dovrà procedere il Condominio a ripartire i predetti costi tra i condomini. Nel caso in cui l'attività in questione sia l 'impianto di riscaldamento centralizzato non pare vi siano particolari problematiche da risolvere per valutare come ripartire i predetti costi (riparto costi CPI per centrale termica). L'ottenimento delle necessarie certificazioni è una condizione essenziale per lo svolgimento dell'attività (e quindi per far funzionare la caldaia), il manutentore dell'impianto potrebbe rifiutarsi di tenere lo stesso in funzione o rinunciare all'incarico come terzo responsabile (che in tal caso diventerebbe l'Amministratore del Condominio); i predetti costi sono, quindi, a vantaggio di coloro che sono collegati all'impianto centralizzato di riscaldamento; trattasi di spese relative alla proprietà dell'impianto di riscaldamento e non certamente legate all'uso e al consumo per cui va certamente utilizzata la tabella dei millesimi di proprietà escludendo quella del riscaldamento, sia essa ottenuta sulla base delle superfici radianti, delle cubature o delle dispersioni secondo le
4
Norme UNI 10200; trova certamente applicazione in tal caso il terzo comma dell'art. 1123 c.c. Conseguentemente tali costi devono essere ripartiti tra coloro che all’origine erano collegati all'impianto di riscaldamento centralizzato sulla base della tabella dei millesimi di proprietà. Certamente più complessa e dibattuta è la questione inerente la ripartizione dei costi per quanto riguarda gli interventi eseguiti o le prestazioni professionali corrisposte nel caso di autorimesse interrate condominiali (riparto costi CPI per autorimesse interrate). La questione in particolare si pone allorché nulla preveda espressamente il regolamento condominiale, in particolare se contrattuale (nel qual caso ci si atterrà a quanto ivi previsto), e non siano presenti nell'area soggetta a certificazione di prevenzione incendi parti comuni a tutti i condomini quali a titolo esemplificativo locali contatori, immondezzai, sale comuni, taverne
ANACI LECCO n.7 | Mag-Lug 2017
IL PARERE LEGALE
condominiali, lavanderie, ecc. Qualora vi fossero tali parti comuni all'intero Condominio appare pacifico ed incontroverso che detti costi debbano essere ripartiti tra tutti i condomini sulla base della tabella dei millesimi di proprietà. Qualora, invece, nella predetta area vi dovessero essere solamente box di proprietà privata, si pone la questione del criterio da utilizzare per la ripartizione dei predetti costi: a carico di tutti i condomini pro-quota millesimale o a carico esclusivamente di coloro che sono proprietari di immobili (box) nell'area interessata? La diatriba non è certamente di facile soluzione, tanto è vero che dottrina e giurisprudenza hanno espresso pareri contrastanti con un orientamento maggioritario, ma non unanimitario in modo tale che entrambe le tesi sostenute hanno un supporto giuridico coerente e logico. Coloro che sostengono la tesi (minoritaria) affermano che le predette spese debbano essere ripartite tra tutti i condomini facenti parte del Condominio e non solamente tra i proprietari
ANACI LECCO n.7 | Mag-Lug 2017
dei box ex art. 1123 primo comma c.c., ponendo a fondamento della stessa il fatto che ancorché gli interventi devono necessariamente coinvolgere anche (ma non solo) impianti che sono fruiti da una parte soltanto dei condomini, gli stessi sono resi necessari da esigenze di tutto il Condominio che comportano la stessa esistenza del bene. Il Condominio privo di agibilità e della relativa certificazione perde la stessa identificabilità come bene abitazione e non può essere alienato come tale. Ragioni di sicurezza e responsabilità inoltre gravano su tutti i condomini facendo nascere un corrispondente onere comune di provvedere con regolarità alle certificazioni. L'interesse prevalente all'ottenimento delle relative certificazioni è quello finalizzato alla sicurezza dell'intero stabile riducendo il rischio di incendi. Nel caso di incendio il costo di ricostruzione, così come i danni subiti da terzi e il rimborso assicurativo sono o carico e a favore dell'intero Condominio e di tutti i condomini pro-quota millesimale. Le stesse opere da realizzare per rendere il Condominio conforme alla normativa interessano almeno indirettamente tutte le parti comuni come solai, prese d 'aria, apertura di nuove uscite di sicurezza, idranti, porte tagliafuoco, pannelli adatti alla resistenza al fuoco, impianto elettrico, ecc. Conseguentemente secondo la predetta tesi la ripartizione dei relativi costi deve essere effettuata tra tutti i condomini sulla base dei rispettivi millesimi di proprietà. Coloro, invece, che sostengono che tali costi debbano essere suddivisi, sulla base di quanto statuito dall'art. 1123 comma 3 (tesi maggioritaria), solamente a carico di coloro che posseggono box nella zona interessata, si basano innanzitutto su due
5
IL PARERE LEGALE
pronunciamenti della Suprema Corte che, pur senza emettere un principio di diritto motivato, hanno optato per la ripartizione solamente a carico dei proprietari di box. Trattasi delle sentenze n. 7707 del 2210611995 e n. 17268 del 2810812015. La prima di esse aveva stabilito che il costo per l 'installazione di manufatti antincendio nel corsello box andava posto solamente a carico dei proprietari di box. La seconda aveva accolto l 'impugnazione di una delibera assembleare proposta da un condomino non proprietario di box cui era stata accollata una quota delle opere di prevenzione incendio realizzate nel corsello dei box. I fautori di tale tesi ritengono che poiché i predetti interventi vengono eseguiti in area dove si trovano le proprietà solamente di alcuni condomini, che la necessità di procedere alla richiesta del certificato di prevenzione incendi dipende dalla presenza dei box di loro proprietà, che l 'ottenimento della relativa certificazione porta utilità e benefici solamente ai predetti, che anche la Suprema Corte si è espressa in tal senso, non vi sono dubbi che la ripartizione debba essere effettuata ex art. 1123 comma 3 c.c. La scelta è certamente difficile e il rischio di impugnazione della relativa delibera è piuttosto alto, qualunque sia la soluzione prescelta. Evidentemente una delibera di ripartizione del predetto costo solamente a carico dei box potrebbe essere più facilmente motivata facendo riferimento alle succitate sentenze, mentre una delibera di ripartizione sull'intero Condominio andrebbe certamente motivata in modo più approfondito ed esaustivo, con particolare riferimento agli interventi realizzati.
Considerazioni conclusive Dovendo arrivare alle conclusioni non mi rimane che esprimere la mia del tutto personale opinione - da considerarsi come tale - in merito alla predetta ripartizione e in tal caso sinceramente non mi convince l'orientamento maggioritario che quindi non ritengo di dover seguire, pur nella difficoltà di superare quanto statuito nelle sopraccitate sentenze, mentre ritengo più consona una ripartizione a carico dell'intero Condominio. Infatti, a prescindere dalle argomentazioni di altri autori sopra riportate (chi scrive in favore della ripartizione su base millesimale dell'intero Condominio riferisce essere parere condiviso dal "Centro Studi di Milano dell'Immobiliare di Milano, dalle riviste di giurisprudenza specializzate nella materia compreso il Centro Studi di ANACI'') ritengo che le predette opere debbano
6
essere eseguite prevalentemente in adempimento a un obbligo legislativo e non portano una diretta utilità, come previsto come condizione di applicabilità del terzo comma dell'art. 1123 c.c., ai proprietari dei box. Ritengo che, a titolo esemplificativo, la messa in opera di un pannello avente resistenza al fuoco sul soffitto del corsello dei box, porti una maggiore utilità a coloro che abitano ai piani superiori e che quindi evitano il rischio di una propagazione dell'incendio nelle loro proprietà, piuttosto che ai proprietari dei box stessi. Siamo forse certi che fare il possibile per evitare il rischio di un incendio porti utilità e vantaggio solamente ai proprietari dei box e non all'intero Condominio? E se i proprietari dei box sono gli unici a dover pagare per intero il relativo costo significa che sono gli unici ad avere il diritto di voto nelle delibere assembleari in argomento, togliendo proprio in materia di sicurezza la possibilità a tutti gli altri proprietari di apportare il loro contributo, esprimere il proprio voto ed impugnare eventuale delibere illegittime assunte. In tal caso peraltro verrebbero addebitate dall'Ente Preposto direttamente all'intero Condominio eventuali sanzioni per violazioni della normativa in materia. In questa situazione quantomeno di incertezza ci si augura in una prossima presa di posizione della Suprema Corte di Cassazione con un pronunciamento specificatamente motivato sull'argomento in modo di emettere un principio di diritto ed evitare al Condominio il rischio di impugnazione delle delibere assunte su tale argomento.
ANACI LECCO n.7 | Mag-Lug 2017
Avv. Arveno Fumagalli
IL PARERE LEGALE
Membro del Centro Studi di ANACI LECCO
Odori e rumori da incubo: le immissioni limite in condominio
“
Motivi di contrasto e lite tra condomini sono da imputare ai rumori e a tutte le immissioni di odori "molesti", vietate dal codice civile e sanzionate dal codice penale. Spesso basterebbe un po' di buon senso e una maggiore attenzione verso il prossimo per evitare contrasti
” ANACI LECCO n.7 | Mag-Lug 2017
Molti dei motivi di contrasto e lite tra condomini sono da addebitare ai rumori e a tutte quelle immissioni “di fumo o calore, esalazioni, scuotimenti e simili propagazioni”, vietate dal codice civile, oltre che sanzionate dal codice penale, e il cui divieto è spesso non osservato. La generica dizione della norma civilistica si offre in concreto a un ampio ambito di applicazione in quanto nel concetto di “simili propagazioni” può rientrare una vastissima gamma di avvenimenti legati all’attività delle persone, basti pensare agli esempi che seguono: odori della cucina del ristorante, volume alto degli apparecchi radio-televisivi, rumore di porte e portoni chiusi con voluta o colposa violenza, esercizi musicali di studenti e/o musicisti professionisti e/o, peggio forse, dilettanti. Se contestualmente ipotizziamo una situazione di maggior sensibilità di chi queste immissioni le subisce, legata a fattori personali quali lo stress o altre condizioni personali, già possiamo immaginare come i condomini possano essere maggiormente intolleranti rispetto ai casi, a titolo esemplificativo, sopra indicati. Spesso basterebbe solo un pizzico di buon senso e attenzione verso il prossimo per evitare di sentirsi richiamare a maggiore attenzione verso la quiete altrui. In molti di questi casi i condomini si rivolgono all’amministratore nella convinzione che il rappresentante del condominio abbia il potere di far cessare immediatamente i comportamenti che danno origine alle immissioni moleste, ma presto si rendono conto che, con i pochi strumenti a sua disposizione, l’amministratore rischia solo di inimicarsi sia i proprietari richiamati che quelli che, non avendo trovato soddisfazione, continuano a subire i comportamenti molesti dei vicini. Occorre puntualizzare che nella stragrande maggioranze dei casi le immissioni, siano esse di rumori, fumo o calore, esalazioni, scuotimenti e simili propagazioni coinvolgono due o più soggetti privati e ledono beni che non sono condominiali (la lesione del diritto alla salute è una lesione a un diritto assolutamente personale ed esclusivo) in senso stretto ma oggetto di proprietà esclusiva: in tal caso la legittimazione attiva per dare impulso a qualsiasi azione, civile o penale che sia, spetta esclusivamente al condomino danneggiato e non all’amministratore. Ben altra ipotesi sarebbe se il condominio, e in definitiva l’amministratore, fosse dotato di strumenti validi ed efficaci quali un adeguato e chiaro regolamento condominiale di tipo contrattuale, all’in-
7
IL PARERE LEGALE
terno del quale le ipotesi di “immissioni” troverebbero esplicita e puntuale esplicazione e la violazione dei precetti adeguata sanzione in modo di attenere una altrettanto adeguata tutela nel caso della loro trasgressione da parte degli altri condomini. In assenza di un regolamento di condominio siffatto, i condomini che si assumono lesi nei loro diritti possono solo rivolgersi al giudice ordinario per chiedere la cessazione degli intollerabili rumori, fumi e odori, scuotimenti e simili propagazioni ai sensi dell’art. 844 del codice civile che in modo specifico le vieta qualora superino il limite della normale tollerabilità(1). Qualora i condomini, con il regolamento di condominio, abbiano disciplinato i loro rapporti reciproci, in materia di immissioni, con norma più rigorosa di quella dettata dall’art. 844 cod. civ., della liceità o meno della concreta immissione si deve giudicare non alla stregua del principio generale posto dalla legge, bensì del criterio di valutazione fissato nel regolamento L’amministratore agisce solo all’interno delle proprie attribuzioni, cioè sulle materie indicate dal codice civile, dalle leggi speciali e dal regolamento di condominio. Tra le attribuzioni derivanti dal codice civile vi è il far rispettare il regolamento di condominio ed attuare le delibere assembleari. Per cui se il regolamento di condominio pone degli orari in cui si deve rispettare il riposo delle persone l’amministratore potrà invitare i “disturbatori” ad attenersi alle norme del regolamento condominiale. Amministratore di condominio, in casi di immissioni intollerabili, è legittimato attivo solo in relazione alla tutela delle cosa comuni e previa autorizzazione dell’assemblea.
8
La nozione di “normale tollerabilità” non è chiaramente e positivamente definita dal codice civile e lo stesso spiega solo che per valutare tale limite si deve tenere in considerazione anche la condizione dei luoghi. In concreto è sufficiente, per esempio, dimostrare che i rumori del vicino abbiano superato di 3 dB il rumore di fondo (se i rumori si verificano nelle ore notturne) oppure che abbia superato di 5 dB rumore di fondo (se i rumori si verificano di giorno) per aver dimostrato l’intollerabilità delle immissioni rumorose. Il giudice valuterà sulla base di una relazione di un Consulente Tecnico appositamente nominato se i rumori superano di tre decibel quelli di fondo dell’ambiente in cui si verificano e valuterà inoltre le testimonianze presentategli per la verifica dei fenomeni di disturbo. Il secondo comma dell'art. 844 stabilisce inoltre che il giudice deve valutare il caso concreto anche contemperando le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà e quindi deve tener conto della priorità di un determinato uso. La priorità è stata intesa dalla Corte di Cassazione come il "preuso": ad esempio chi acquista una villetta in una zona industriale deve poi aspettarsi possibili immissioni e il limite della tollerabilità è più alto rispetto ad una zona residenziale. A sfavore di chi subisce il danno anche la destinazione d'uso conosciuta al momento dell'acquisto della proprietà, ovvero se una persona acquista un immobile in una zona residenziale vicino ad una discoteca, non può dolersi se dallo stesso arrivano rumori. Ma anche in questo caso è sempre necessario valutare il caso concreto. Chi infatti è proprietario di un’attività rumorosa come potrebbe essere quella di una discoteca, non può non tenere conto della necessità di adottare le necessarie cautele per evitare il propagarsi di rumori nelle ANACI LECCO n.7 | Mag-Lug 2017
IL PARERE LEGALE
proprietà dei vicini. In tal caso l’uso di insonorizzazioni, la predisposizione di accorgimenti, e l’utilizzo di sistemi di controllo e di limitazione della potenza degli impianti acustici, consentono in genere di evitare problemi con il vicinato. Oltre all’azione ex art. 844 c.c. l’ordinamento ha previsto un particolare rimedio che consente di anticipare gli effetti della sentenza che nel merito inibisca l’attività rumorosa e/o molesta o disponga l’approntamento di particolari presidi finalizzati alla eliminazione e/o riduzione delle immissioni al di sotto del limite di intollerabilità. Si tratta in particolare dello speciale procedimento ex art. 700 del codice di procedura civile(2), predisposto affinché l’autorità giudiziaria emetta un provvedimento urgente che tuteli quei diritti minacciati da un pregiudizio imminente ed irreparabile, si pensi alla lesione del diritto alla salute. In relazione all’azione inibitoria – nel quale ben può essere proposto un ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c. – sono legittimati attivi il proprietario dell’immobile che subisce le immissioni che superano il limite della normale tollerabilità, così come il conduttore dello stesso. In relazione all’azione di risarcimento del danno sono legittimati attivi tutti i soggetti che dall’immissione illecita abbiano subito un danno psicofisico e/o una lesione della qualità della propria vita. Dovremmo anche considerare, nelle particolari ipotesi di immissioni rumorose, anche le norme contenute nella legge quadro sull'inquinamento acustico, Legge 447/95. Tale legge postula che le immissioni rumorose provochino un danno alla salute, bene protetto dall’articolo 32 della Costituzione, e per questo motivo l'art. 9 stabilisce un potere di ordinanza in capo al Sindaco come ufficiale di governo. L'ordinanza può obbligare colui ANACI LECCO n.7 | Mag-Lug 2017
che provoca le immissioni a cessare immediatamente le stesse o a ridurne l'entità in modo da rientrare nella normale tollerabilità. Al fine dell’emissione dell’ordinanza è necessario l’intervento dell'Agenzia Regionale di Protezione Ambientale (ARPA) che, effettuati i rilievi tecnici per misurare l’entità dei rumori in decibel, ne attesti la violazione dei limiti stabiliti dalla legge. La legge prevede anche che i Comuni adottino la divisione del territorio attraverso la codifica “zonizzazione acustica”, uno strumento che stabilisce dei vincoli in base alla zona in cui ci si trova, ovviamente il limite di tollerabilità sarà più basso nella zona residenziale e più elevato nella zona industriale. Grazie alla zonizzazione acustica sarà più facile per il giudice così come per il sindaco valutare nel caso concreto se le immissioni superino la normale tollerabilità. Vi può essere il caso in cui l’autore delle immissioni sia persona diversa dall’effettivo titolare della cosa dalla quale provengono le stesse. In tal caso, sulla base del criterio del petitum sostanziale e sempre in considerazione della natura reale dell’azione ex art. 844 c.c., si ritiene che essa possa essere esperita anche nei confronti dell’autore materiale delle immissioni, che sia persona diversa dal proprietario, allorquando soltanto a tale soggetto, ai fini dell’inibitoria, debba esser imposto un “facere” o un “non facere”, suscettibile di esecuzione forzata in caso di diniego, ovvero qualora l’autore chieda “sic et simpliciter” la cessazione delle immissioni; mentre va proposta nei confronti del proprietario o di tutti i comproprietari se mira al conseguimento di un effetto reale, come nel caso in cui l’azione sia volta a ottenere il compimento delle modifiche strutturali del bene indispensabili a farle cessare. In ambito penale si sono susseguite diverse pronunce che hanno trattato immissioni eccedenti il limite della normale tollerabilità, diversamente inquadrate dalla giurisprudenza, a seconda dell’oggetto concreto, nella previsione normativa definita dall’art. 674 c.p.(3) (Getto pericoloso di cose) o dall’art. 659 c.p.(4) (Disturbo del riposo e della quiete delle persone).
Alcuni casi Una sentenza (Cass. Pen., n. 14467/17) resa in un caso di “odore di fritto” ha stabilito che la fattispecie concreta poteva essere sussunta al paradigma del reato di «getto pericoloso di cose». Analogamente è stato ritenuto che nel caso di un panificio che provocava emissioni di vapore e di fumo sino a imbrattare un condominio vicino fosse configurabile a carico del titolare del panificio la responsabilità penale per la violazione dell’articolo 674 del Codice penale «in quanto l’agente, a prescindere dal superamento o non dei limiti di emissione, è, comunque, tenuto ad adottare tutte le cautele necessarie per evitare fuoriuscite di gas, vapori o di fumo atti
9
IL PARERE LEGALE
ad imbrattare o molestare le persone» (Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 7605/12), ugualmente l’odore della pizza può disturbare al punto da essere considerato «molesto», come deciso dalla Cassazione con sentenza n. 45225/16 configurando, a carico dell’autore, il reato di «getto pericoloso di cose» nei confronti degli inquilini residenti negli appartamenti sopra il suo locale. Anche l’uso di un potente disinfettante provocando irritazione agli occhi di altri condomini, secondo la Cassazione, integra il reato chi getto pericoloso di cose (la Corte ha condannato una donna che aveva tentato di disinfestare con la creolina le zone del cortile infestate dalle deiezioni del gatto dei vicini). La Cassazione Penale, con la sentenza n. 54531/16, ha definito alcuni importanti principi in materia di rapporto tra le persone e gli animali domestici negli spazi urbani. In particolare la padrona di alcuni cani era stata indagata per “disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone” e “getto pericoloso di cose”. In particolare veniva contestato alla donna di tenere i propri animali in scarse condizioni igieniche. Anche nella sentenza n. 45230/14, la Cassazione si era occupata di cani condannando il proprietario accusato dai vicini di casa di detenere gli animali in condizioni dannose non solo per i cani, ma anche per gli umani. In un altro ambito (amministrativo) la cura prestata anche in luogo privato (su un terrazzo di esclusiva proprietà) di gatti randagi, dando loro da mangiare seppur a intervalli non regolari, espone chi pone in essere tale attività al rischio di vedersi far carico dell’obbligo di provvedere alle necessarie vaccinazioni e altre incombenze relative ai felini. Principio sancito dal Tar Sicilia, sezione distaccata di Cata-
10
nia, con sentenza n. 3/2016. Il caso era nato da una denuncia di un condomino, il quale aveva segnalato la presenza di una colonia di gatti randagi che sostava spesso sul terrazzo di proprietà di un altro condomino, causando gravi inconvenienti igienico sanitari all’intero condominio. Nel caso di immissioni di fumo provenienti da una canna fumaria l’intollerabilità delle stesse deve essere provata da colui che ne lamenta l’esistenza e la semplice presenza di fumo non è di per sé sufficiente a configurare un danno alla salute. Sent. n. 4093/14 che afferma come «l’accertata esposizione ad immissioni intollerabili non costituisce di per sé prova dell’esistenza di un danno alla salute, la cui risarcibilità è subordinata all’accertamento dell'effettiva esistenza di una lesione fisica o psichica».
NOTE (1) Art. 844 c.c.: «Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi. Nell'applicare questa norma l'autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà. Può tener conto della priorità di un determinato uso». (2) Art. 700 c.p.c.: “Chi ha fondato motivo di temere che durante il tempo occorrente per far valere il suo diritto in via ordinaria, questo sia minacciato da un pregiudizio imminente e irreparabile, può chiedere con ricorso al giudice i provvedimenti d'urgenza, che appaiono, secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito». (3) Art. 674 c.p.: “Chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti, è punito con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda fino a 206 euro”. (4) Art. 659 c.p.: “Chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a 309 euro. Si applica l'ammenda da 103 euro a 516 euro a chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell'Autorità”
ANACI LECCO n.7 | Mag-Lug 2017
Avv. Laura Torri
IL PARERE LEGALE
Membro del Centro Studi di ANACI LECCO
L'opposizione al decreto ingiuntivo e i problemi dei danni da condensa
“
L'amministratore come deve regolarsi per l'opposizione a un decreto ingiuntivo? Deve ottenere la preventiva autorizzazione dell'assemblea o l'assemblea può ratificare anche in un tempo successivo l'operato dell'amministratore? Chi è responsabile dai danni da condensa nei locali abitati? Vediamo comeprocedere
”
ANACI LECCO n.7 | Mag-Lug 2017
Può accadere che l'amministratore di Condominio riceva la notifica di un decreto ingiuntivo, da parte di un soggetto che assuma di avere un credito nei confronti del Condominio. A questo punto bisogna decidere piuttosto rapidamente se proporre opposizione o meno. Infatti in mancanza di opposizione nel termine di 40 giorni dalla ricezione dell'atto, il decreto diviene esecutivo (o definitivamente esecutivo). In un tempo così ridotto, l'amministratore come deve regolarsi? Deve ottenere la preventiva autorizzazione dell'assemblea per la proposizione dell'opposizione? Oppure l'assemblea può ratificare anche in un tempo successivo l'operato dell'amministratore? O non è necessaria nè l'autorizzazione, nè la ratifica? La Suprema Corte di Cassazione nella sentenza del 3 agosto 2016 n. 16260 prende in esame proprio questa fattispecie. La vicenda in particolare trae origine dall'emissione di un decreto ingiuntivo da parte del Tribunale di Roma, su richiesta di un geometra che richiedeva il compenso dovutogli per essere stato incaricato dal Condominio, di redigere il capitolato speciale di appalto, il computo metrico, il piano di sicurezza per l'esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria dell'edificio condominiale, nonché per la denuncia di inizio attività e per la direzione lavori. Il Condominio successivamente aveva però deciso di non dar corso ai lavori di manutenzione straordinaria. Il Condominio, ricevuta la notifica del decreto ingiuntivo, ha proposto opposizione, sostenendo che l'opera prestata dal tecnico sino al recesso, doveva essere contenuta in una minor somma rispetto a quella richiesta con il decreto. In primo grado il Tribunale dichiarava inammissibile l'opposizione a decreto ingiuntivo proposta dal Condominio. Il Condominio proponeva appello. La Corte d'Appello accoglieva l'impugnazione e revocava il decreto ingiuntivo, stabilendo che il Condominio doveva versare al tecnico una minor somma proporzionata all'opera effettivamente svolta, ritenendo la fattispecie regolata dall'art. 2237 c.c. (Recesso). Avverso la sentenza della Corte d'Appello di Roma il tecnico proponeva ricorso per cassazione sulla base di due motivi, uno dei quali rileva ai fini della materia condominiale. In particolare il tecnico promuoveva ricorso denunziando la violazione dell'art. 1131 c.c. (Rappresentanza), sostenendo che la Corte d'Appello aveva erroneamente ritenuto che l'amministratore condominiale
11
IL PARERE LEGALE
era munito di valido potere di rappresentare il Condominio in giudizio ed asserendo invece che l'amministratore era privo di tale potere di rappresentanza perchè non si era preventivamente munito dell'autorizzazione dell'assemblea. La Suprema Corte di Cassazione, chiamata a dirimere tale controversia, prende innanzitutto in esame l'art. 1131, comma 2, c.c. che stabilisce che l'amministratore: "può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio". Articolo 1131 c.c., che viene richiamato alla luce di quanto stabilito dalla sentenza Cass. Sezioni Unite 6 agosto 2010 n. 18331, che aveva ritenuto che l'amministratore convenuto può certamente: "in modo autonomo costituirsi in giudizio, così come impugnare la sentenza sfavorevole al condominio, e ciò nel quadro generale di tutela urgente di quell'interesse comune che è alla base della sua qualifica e della legittimazione passiva di cui è investito; non di meno, l'operato dell'amministratore deve poi essere sempre ratificato dall'assemblea, in quanto unica titolare del relativo potere. La ratifica assembleare vale a sanare retroattivamente la costituzione processuale dell'amministratore sprovvisto di autorizzazione dell'assemblea, e perciò vanifica ogni avversa eccezione di inammissibilità, ovvero ottempera il rilevo ufficioso del giudice che abbia all'uopo assegnato il termine ex art. 182 c.p.c. per regolarizzare il difetto di rappresentanza".
12
In base a questa prospettazione delle Sezioni Unite viene negato che l'amministratore sia titolare di una legittimazione processuale passiva illimitata ex lege. La Sentenza della Cassazione del 3 agosto 2016, richiama però quanto disposto anche da sentenze successive alla pronuncia a Sezioni Unite e precisamente la sentenza Cass. 23 gennaio 2014 n. 1451 e la sentenza Cass. 25 maggio 2016 n. 10865, nelle quali si afferma il principio per cui la necessità dell'autorizzazione o della ratifica assembleare per la costituzione in giudizio dell'amministratore va riferita soltanto alle cause che esorbitano dalle attribuzioni dell'amministratore, ai sensi dell'art. 1131, commi 2 e 3, c.c. Ciò premesso, la sentenza in esame conclude per l'infondatezza del motivo invocato dal tecnico, che era stato inizialmente incaricato dal Condominio, affermando che è corretto sostenere che: "l'amminiANACI LECCO n.7 | Mag-Lug 2017
IL PARERE LEGALE
stratore di Condominio può proporre opposizione a decreto ingiuntivo, e altresì impugnare la relativa decisione del giudice di primo grado, senza necessità di autorizzazione o ratifica dell'assemblea, nella controversia avente ad oggetto il pagamento preteso nei confronti del Condominio dal terzo creditore in adempimento di obbligazione assunta dal medesimo amministratore nell'esercizio delle sue attribuzioni in rappresentanza dei partecipanti,ovvero dando esecuzione a deliberazione dell'assemblea o erogando le spese occorrenti per la manutenzione delle parti comuni o per l'esercizio dei servizi condominiali, e quindi nei limiti di cui all'art. 1130 c.c."
La responsabilità del condominio per i danni da condensa Nella recente ordinanza, Cass. ordinanza del 22.06.2017 n. 15615, la Corte di Cassazione è stata chiamata ad espri-
ANACI LECCO n.7 | Mag-Lug 2017
mersi in merito a una controversia che concerne il fenomeno della condensazione. I problemi legati alla formazione di condensa e alla conseguente comparsa di macchie di umidità e di muffe che si manifestano sulle pareti dei locali abitati, sono problematiche molto diffuse nell'ambito delle costruzioni e sono spesso oggetto di contenzioso anche all'interno delle aule giudiziarie. Nel caso di specie due coniugi avevano proposto domanda risarcitoria nei confronti del condominio, dove si trovava l'appartamento di loro proprietà, perchè avevano riscontrato delle infiltrazioni di umidità nelle camere da letto. Gli attori ritenevano che la causa delle infiltrazioni fosse da attribuirsi ad un cattivo stato di conservazione della facciata esterna del condominio. Chiedevano quindi che il Condominio fosse chiamato a rispondere dei danni quale custode dell'immobile ai sensi dell'art. 2051 c.c. Nel giudizio di primo grado era stato incaricato un CTU affinchè verificasse le cause delle infiltrazioni. Il consulente aveva stabilito che la ragione delle infiltrazioni di umidità era prevalentemente da ricercarsi in cause endogene (condensazione) e solo in parte nelle micro fessurazioni presenti nelle pareti esterne dell'edificio condominiale. Il Tribunale aveva nominato anche un secondo consulente tecnico che aveva accertato l'assenza di responsabilità del condominio per il fenomeno di condensazione, che aveva provocato le infiltrazioni di umidità nei vani letto dell'appartamento degli attori.
13
IL PARERE LEGALE
Il Tribunale si era pronunciato accogliendo parzialmente la domanda risarcitoria. I coniugi avevano impugnato la sentenza. La Corte d'Appello, riportandosi a quanto accertato ed esposto nella relazione del secondo CTU, aveva rigettato l'appello proposto dai coniugi, rilevando l'assenza di responsabilità del condominio per il fenomeno della condensazione. I coniugi avevano proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che la condensa all'interno del loro appartamento era stata provocata dalla cattiva fattezza o dalla mancata manutenzione della facciata condominiale e che il condominio quale custode dell'immobile, era tenuto, almeno pro quota, a rispondere dei danni. La Cassazione ha confermato la decisione della Corte d'Appello per cui il fenomeno della condensazione si sarebbe comunque verificato e cioè i danni prodotti dalla condensazione si sarebbero verificati anche se la facciata esterna fosse stata ben tenuta. La causa dei danni è da ricondursi al fenomeno della condensazione che è un fatto naturale, che si sarebbe verificato anche se il condominio fosse intervenuto sulle micro fessurazioni della facciata. La Cassazione ha ritenuto che in alcun modo potesse trovare accoglimento la domanda dei coniugi, sul presupposto che la condensa è un fenomeno che si verifica naturalmente a prescindere dallo stato di conservazione della facciata condominiale. La richiesta di risarcimento per i danni provocati da infiltrazioni è una problematica che viene spesso affrontata nelle aule giudiziarie. È fon-
14
damentale stabilire se sussiste un nesso di causalità tra una determinata condotta e l'evento verificatosi. Le infiltrazioni e l'umidità, che possono riscontrarsi all'interno degli edifici, possono infatti avere cause molteplici. Nell'ambito condominiale, il condominio è chiamato a rispondere qualora venga provato il nesso di causalità tra l'evento e l'inosservanza dell'obbligo di custodia di cui all'art. 2051 c.c. L'art. 2051 c.c. disciplina il danno cagionato da cose in custodia e prevede che ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito. In particolare deve essere provata la ricollegabilità dei danni all'inosservanza, da parte del condominio, dell'obbligo di provvedere, quale custode, ad eliminare le caratteristiche dannose della cosa. Se il condominio-custode non adotta i provvedimenti necessari al fine di eliminare le componenti vizianti il bene, dovrà rispondere ai sensi dell'at. 2051 c.c. Se il danno alle unità abitative è riconducibile ad una cattiva manutenzione delle parti comuni, il condominio deve intervenire e porre in essere le misure necessarie per tenerle in buono stato in modo da non arrecare pregiudizio. Nel caso di specie è invece emersa l'assenza di responsabilità del condominio. La presenza di infiltrazioni di umidità all'interno dell'abitazione dei due condomini, non è dipesa da una cattiva manutenzione delle facciate e quindi il condominio non dovrà risarcire alcun danno. Nel caso di specie è invece emersa l'assenza di responsabilità del condominio. La presenza di infiltrazioni di umidità all'interno dell'abitazione dei due condomini, non è dipesa da una cattiva manutenzione delle facciate e quindi il condominio non dovrà risarcire alcun danno.
ANACI LECCO n.7 | Mag-Lug 2017
Avv. Fabrizio Goretti
IL PARERE LEGALE
Membro del Centro Studi di ANACI LECCO
Riforma del condominio e divieto di deleghe in eccesso
“
La legge di riforma del condominio ha messo mano alla delega, introducendo il cosiddetto “divieto d'incetta di deleghe” a partecipare all'assemblea condominiale
”
ANACI LECCO n.7 | Mag-Lug 2017
Come più volte ribadito le deleghe sono lo strumento attraverso cui ogni condomino può partecipare all'assemblea facendosi rappresentare da un'altra persona. Il delegato è chi partecipa all'assemblea, il delegante colui che conferisce l'incarico di partecipare in suo nome e conto. Sì è già parlato del divieto della partecipazione contemporanea in assemblea sia del delegato sia del delegante poiché, in questo modo, verrebbe meno lo scopo delle delega. Proprio in considerazione dell’importanza della delega, la legge di riforma del condominio ha messo mano su tale istituto introducendo il così detto “divieto d'incetta di deleghe” a partecipare all'assemblea condominiale. Infatti, l’art. 67 delle disposizioni di attuazione del codice civile, al primo comma, statuisce che “Ogni condomino può intervenire all'assemblea anche a mezzo di rappresentante, munito di delega scritta. Se i condomini sono più di venti, il delegato non può rappresentare più di un quinto dei condomini e del valore proporzionale". Nel pensiero del legislatore questa norma tende quindi a fissare un duplice obiettivo: oltre che limitare nei condomini medio-grandi la formazione di posizioni private di “dominio”, da parte di pochi soggetti all’interno della compagine condominiale, la novella si prefigge di incentivare la presenza in prima persona e la partecipazione dei proprietari alla formazione delle decisioni che riguardano il condominio. In pratica ogni singolo proprietario di un edificio superiore a 20 unità non potrà rappresentare condomini complessivamente superiori sia a 1/5 delle teste che a 1/5 dei millesimi (ad esempio in uno stabile con 35 condomini non potrà avere deleghe di condomini aventi complessivamente più di 200 millesimi e superiori a 7 teste). Leggendo con attenzione la disposizione di cui sopra non può non ravvisarsi l’importanza della riforma in quanto prima la regolamentazione delle deleghe era demandata esclusivamente alle norme contenute nel regolamento di condominio e spesso, nel silenzio del regolamento, si poteva verificare il caso di condomini presenti in assemblea con un numero esagerato di deleghe. Detto questo, è ora utile comprendere che cosa accade se si dovesse eccedere dai limiti indicati dall’art. 67 sopra richiamato. Preliminarmente, il presidente dell’assemblea dovrà verificare che ogni condomino che abbia deleghe non ne abbia in misura su-
15
IL PARERE LEGALE
periore a quelle prescritte dalla legge (ciò sempre se i condomini hanno più di 20 partecipanti). Ma cosa accadrà nell’ipotesi in cui un condomino presente in assemblea abbia un numero di deleghe superiore a quanto previsto dalla legge? Il presidente dovrà dichiarare che tutte le deleghe non sono valide? Oppure esiste un criterio di scelta? In primo luogo assume molta rilevanza come sia stata rilasciata la delega. Se le deleghe riportano la data di quando sono state conferite andranno escluse dal computo quelle che, in linea temporale, sono successive sino al raggiungimento del limite previsto dalla legge. Molto spesso, però, le deleghe non riportano la data del loro conferimento ed allora la questione andrà risolta tenendo presente la natura giuridica delle stesse. La delega, intesa quale autorizzazione a comparire in assemblea in nome e per conto di un altro soggetto, è da inquadrarsi quale mandato a rappresentare gli interessi del delegante e a compiere atti (istanze, eccezioni, espressione di voto) nel corso dell’assemblea che producono effetti giuridici direttamente in capo a chi delega. Si tratta, ovviamente, di un mandato limitato (per l’oggetto e per lo scopo) a cui non è applicabile integralmente la disciplina codicistica dell’istituto (artt. 1703 – 1730 c.c.) che, tuttavia, consente al mandatario (colui a cui è stata conferita delega) di esercitare discrezionalmente il potere di rinunzia (ad una o più deleghe) affinché sia rispettato il limite legale introdotto dalla riforma. Diversamente il presidente dovrebbe escluderle tutte poiché (non potendosi stabilire quale delega sia stata concessa prima e quale dopo) a costui non è demandabile il potere di preferire la parteci-
16
pazione di un condomino piuttosto che di un altro. Potrebbe invece accadere, quale seconda ipotesi, che né il presidente né l’amministratore si accorgano che un condomino possiede deleghe in eccesso. In questo caso le delibere assunte sono da ritenersi annullabili in quanto “affette da vizi formali in violazione di prescrizioni legali, convenzionali o regolamentari attinenti al procedimento di convocazione o informazione in assemblea”, come osservato, anche precedentemente alla novella, dalle Sezioni Unite della Cassazione (Cassazione, Sezioni Unite, Sentenza 7 marzo 2005, n. 4806). L’eccesso di deleghe costituisce infatti, e più precisamente, “un vizio nel procedimento di formazione della relativa deliberazione dando luogo ad un’ipotesi di annullabilità ai sensi dell’art. 1137 c.c.” (vedi ex multis: Tribunale Potenza 4 luglio 2008). Stante quanto sopra, i presidenti e gli amministratori dovranno prestare particolare attenzione al numero di deleghe per ogni condomino onde evitare che l’assemblea sia viziata.
ANACI LECCO n.7 | Mag-Lug 2017
AMARCORD
Rubrica a cura di Pierluigi Dell'Oro Ex-Presidente e Socio Onorario ANACI
C
ongresso a Naxos - 2002 Alla fine di ottobre 2001, per insanabili contrasti insorti con la Giunta Nazionale, il Presidente Giuseppe Rigotti diede le sue irrevocabili dimissioni. Fu, quindi, compito del Vicepresidente Vicario Pietro Membri convocare il Consiglio Nazionale per decidere la data del Congresso. Grazie all’impegno ed al lavoro degli amici siciliani, il Congresso venne convocato presso l’Hotel Ramada ai Giardini di Naxos e si tenne dal 23 al 27 aprile 2002. A Linate ci unimmo ad altri Congressisti Lombardi e poi con l’aereo arrivammo a Catania dove con navetta raggiungemmo l’Hotel Ramada a Naxos. Un posto meraviglioso e un magnifico albergo: peccato che il tempo non fosse dei migliori e solo al ritorno potemmo intravedere la cima innevata dell’Etna. Esauriti gli accrediti a cena familiarizzammo con gli altri Congressisti. Oltre al sottoscritto per Lecco c’erano Giancarlo Astorri, Consigliere Nazionale, Fily Rotondi e Jadran Savarin. Per il mattino del giorno dopo era stato organizzato una tavola rotonda “L’Amministratore condominiale professionista atipico” mentre nel pomeriggio era convocato il Consiglio Nazionale al quale partecipai con Astorri.
ANACI LECCO n.7 | Mag-Lug 2017
17
Come detto era (ed è tuttora) mia abitudine alzarmi presto al mattino e quindi, gironzolando per il paese, mi imbattei in un bar-pasticceria che a quell’ora era già aperto. Stavano riempiendo dei cannoli e non potei fare a meno di assaggiarne un paio, cosa che ripetei nei giorni successivi: così buoni non ne ho più trovati. La domenica prima del ritorno mi feci confezionare un vassoio con cannoli e pasticcini con la pasta di mandorle: peccato che i cannoli nel viaggio avevano perso tutta la loro croccantezza. Ma lasciamo perdere i peccati di gola e torniamo al Congresso. Questa volta avevamo un nostro candidato forte e lombardo. Facendo quadrato attorno al nostro candidato e tessendo le opportune alleanze, riuscimmo a eleggere Presidente Nazionale Pietro Membri. Con lui furono eletti a Tesoriere Giuseppe Merello di Genova e a Segretario Umberto Anitori di Roma. Mi permetto far presente che Pietro Membri è stato per me il miglior Presidente che ANACI abbia avuto, dando all'Associazione consistenza e visibilità. Alla fine si fece una grande festa ringraziando gli amici siculi per la meravigliosa ospitalità.
ANACI Lecco, con indescrivibile dolore, comunica l’mprovvisa scomparsa dell’amatissimo ex Presidente Pierluigi Dell’Oro, avvenuta nella sera di sabato 9 settembre, mentre questo numero della rivista stava per essere pubblicato. Presidente della Provinciale lecchese per ben 17 anni, ha riscosso nel tempo stima e profonda ammirazione in tutti gli associati, ben oltre i confini territoriali, per l’impegno e l’abnegazione profusi nel corso del suo lungo mandato. Grazie Pierluigi, il tuo ricordo rimarrà indelebile nei nostri cuori!
Prof. Arch. Annalisa Galante
IL PARERE TECNICO
Membro del Centro Studi e Consulente Tecnico ANACI LECCO
Materiali da costruzione: in opera solo quelli conformi alle direttive Ue Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 10 luglio 2017, il Decreto “Materiali” dal 9 agosto è in vigore: aumentate le responsabilità di progettisti e produttori che dovranno installare solo materiali da costruzione armonizzati alle direttive europee. Le novità legislative sull’armonizzazione e la commercializzazione dei prodotti da costruzione sono contenute nel Decreto Legislativo 16 giugno 2017 n. 106 riguardante il “Regolamento dei prodotti da costruzione”, che adegua la normativa italiana in tema di materiali per l’edilizia alle disposizioni del Regolamento europeo UE 305/2011. Con l’entrata in vigore del d.lgs. 106/2017, il costruttore, il progettista, il Direttore dei Lavori, il direttore dell’esecuzione o il collaudatore, ognuno secondo la propria competenza, saranno tenuti a rispettare l’obbligo di impiego di prodotti da costruzione contenuti nel Regolamento Ue. In caso di violazione del nuovo decreto la norma prevede che “il progettista dell'opera che prescrive prodotti non conformi alla norma venga “punito” con l'ammenda da 2.000 euro a 12.000 euro” e "qualora la prescrizione non conforme riguardi prodotti e materiali destinati ad uso strutturale o ad uso antincendio, il professionista sarà punito con l'arresto fino a tre mesi, e dovrà pagare una ammenda che può variare dai 5.000 euro ai 25.000 euro". In base al d.lgs. 106/20176, il produttore dovrà certificare, redigendo un’idonea dichiarazione, la prestazione del prodotto secondo le nuove direttive, se viola tale disposizione, sarà soggetto a una sanzione che ammonta tra i 4.000 e i 24.000 euro. Pena che potrà arrivare fino all’arresto, se il materiale prodotto è stato destinato a uso strutturale o a uso antincendio. Il decreto tra l’altro, disciplina i compiti del produttore che sarà obbligato a certificare il rispetto del prodotto alla nuova norma nel caso in cui il prodotto messo in vendita rientra nell’ambito di una norma armonizzata; oppure è conforme a una valutazione tecnica europea (ETA), ma ancora non disciplinata da norma armonizzata europea, come nel caso di materiali innovative appena messe in commercio.
Il Comitato Nazionale di Coordinamento Per l’ufficio di armonizzazione delle norme, il decreto istituisce il Comitato Nazionale di Coordinamento dei prodotti da costruzione, presieduto dal Presidente del Consiglio Superiore dei LLPP, che avrà il compito di promulgatore degli indirizzi volti alla uniformità e il controllo delle procedure per le certificazioni e i collaudi dei materiali. E, per l’integrazione delle nuove procedure connesse al rilascio della ETA (valutazione tecnica europea), è prevista la costituzione della ITAB (Organismo nazionale per la valutazione tecnica europea).
18
“
Entrato in vigore il 9 agosto 2017 il nuovo Decreto che stabilisce l'obbligatorietà della conformità dei materiali da costruzione alle direttive europee
Sanzioni
”
Le sanzioni contenute nel d.lgs. 106/20176 sono quelle riportate dall’articolo 19 all’articolo 23 e, fermo restando le disposizioni nazionali in materia, la parte sanzionatoria riguarda: • Art. 19. Violazione obblighi di dichiarazione di prestazione e marcatura CE da parte del fabbricante; • Art. 20. Violazione degli obblighi di impiego dei prodotti da costruzione; • Art. 21. Violazione degli obblighi degli operatori economici; • Art. 22. Violazione degli obblighi di certificazione; • Art. 23. Modalità di irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie Tutte sanzioni pecuniarie, tra i 5.000 e i 50.000 euro, che possono comportare l’arresto, se le violazioni riguardano prodotti e materiali destinati a uso strutturale o a uso antincendio. ANACI LECCO n.7 | Mag-Lug 2017
Ing. Pierluigi Scarcelli
IL PARERE TECNICO
Responsabile Tecnico Divisione Impianti Elettrici di Messa a Terra di ICT Genesia
L'interruttore differenziale P R I M A per l'incolumità casalinga P A R T E
“
L'interruttore differenziale è un dispositivo che protegge le persone dai contatti accidentali e dalle tensioni di contatto
”
L'interruttore differenziale è un dispositivo che protegge le persone dai contatti accidentali e dalle tensioni di contatto. Ma quali sono gli effetti della corrente sul corpo umano? L’attività biologica del corpo umano è controllata da segnali elettrici che vengono trasmessi dai neuroni del sistema nervoso. Esiste una soglia “di eccitabilità” superata la quale gli stimoli elettrici esterni risultano pericolosi. La pericolosità degli stimoli elettrici esterni dipende dall’intensità, dalla natura e dalla durata della corrente che riescono a far circolare nel corpo umano, oltre che dalla costituzione fisica della persona (massa corporea e stato di salute). Una corrente elettrica nel corpo umano, con caratteristiche che la pongono al di sopra della soglia di eccitabilità, può produrre effetti che possono essere particolarmente pericolosi e anche mortali: • Tetanizzazione: si contraggono i muscoli interessati al passaggio della corrente, risulta quindi difficile staccarsi dalla parte in tensione con cui si è venuti in contatto. Il valore più grande di corrente per cui una persona é ancora
ANACI LECCO n.7 | Mag-Lug 2017
•
•
•
in grado di staccarsi della sorgente elettrica si chiama “corrente di rilascio” ed é compreso tra i 10mA e i 15mA (a 50Hz); Arresto della respirazione: se la corrente elettrica attraversa i muscoli che controllano il movimento dei polmoni, la contrazione involontaria di questi muscoli altera il normale funzionamento del sistema respiratorio e il soggetto può morire soffocato. Il fenomeno è reversibile solo se si provvede con prontezza, anche con l’ausilio della respirazione artificiale, al soccorso dell’infortunato per evitare danni al tessuto cerebrale; Fibrillazione ventricolare: si tratta di contrazioni scoordinate del cuore, è particolarmente pericolosa quando si verifica nella zona ventricolare perché diventa un fenomeno non reversibile in quanto il fenomeno persiste anche se lo stimolo é cessato. Meno pericolosa, grazie alla sua natura reversibile è invece la fibrillazione atriale. La fibrillazione ventricolare é reversibile entro i primi due o tre minuti soltanto se il cuore viene sottoposto a una scarica elettrica molto violenta (viene impiegato il “defibrillatore”); Ustioni: sono prodotte dal calore che si sviluppa per effetto Joule a causa della corrente elettrica che fluisce attraverso il corpo (per esempio, se attraverso la pelle si innesca un flusso di corrente la cui densità è di circa 60 mmA al mm2, questa verrà carbonizzata in pochi secondi).
Ai fini pratici, è più conveniente riferirsi ai valori di “tensione pericolosa” per il corpo umano, piuttosto che non direttamente ai valori di corrente. Per arrivare a definire i valori di tensione pericolosa, è necessaria una stima - statistica - del valore della resistenza del corpo umano. Dare dei valori precisi alla resistenza elettrica del corpo umano risulta piuttosto difficoltoso essendo questa influenzata da molte variabili; quindi le norme CEI fanno riferimento a valori convenzionali riferiti a un campione medio di popolazione.
Contatti pericolosi Contatti diretti: si parla di contatto diretto quando si entra in contatto con una parte attiva dell’impianto e cioè con conduttori che sono normalmente in tensione, ad esempio i conduttori linea elettrica compreso il neutro (ma escluso il conduttore PEN). Contatti indiretti: un contatto indiretto è il contatto di una persona con una massa o con una parte conduttrice a contatto con una massa durante un guasto all’isolamento (ad esempio la carcassa di un elettrodomestico). Il contatto indiretto è più “insidioso” del contatto diretto. Infatti, mentre nel caso del contatto diretto il pericolo è “visibile”, nel contatto indiretto il pericolo è “invisibile” e inaspettato, perché si presenta, a causa di un guasto, in situazioni che si è abituati a considerare non pericolose.
19
Ing. Alessio Maggi
IL PARERE TECNICO
Esperto in sicurezza e ambiente - Tecnolario
Novità normativa in materia di SCIA antincendio Il 29 maggio 2017 è stato pubblicato in Gazzetta il Decreto Legislativo che definisce le sanzioni e la sospensione dell’attività in caso di mancata presentazione della SCIA antincendio. Nello specifico si tratta del Decreto Legislativo n. 97/2017: Disposizioni recanti modifiche al decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, concernente le funzioni e i compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché al decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217, concernente l’ordinamento del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, e altre norme per l’ottimizzazione delle funzioni del Corpo nazionale dei vigili del fuoco ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lett. a), della legge 7 agosto 2015, n.124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche (17G00103)", pubblicato in Gazzetta Ufficiale n.144 del 23 giugno 2017 e vigente dall'8 luglio 2017. Il provvedimento apporta delle modifiche alla normativa antincendio e interviene sulle strutture organizzative dei VVFF, disciplinando le funzioni, l’ordinamento del personale e i compiti in materia di: • soccorso pubblico; • prevenzione incendi; • difesa civile; • incendi boschivi e modifica.
“
Novità legislative in materia di antincendio: sanzioni e sospensione delle attività se non si presenta la SCIA
”
Modifiche alla normativa antincendio: le sanzioni previste e la possibile sospensione dell’attività In caso di mancata presentazione della SCIA antincendio (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) o di richiesta di rinnovo periodico
20
ANACI LECCO n.7 | Mag-Lug 2017
IL PARERE TECNICO
della conformità antincendio il D.Lgs. interviene in materia di sanzioni penali e sospensione dell’attività. L’art. 3 del nuovo decreto apporta modifiche al capo III del D.Lgs. 8 marzo 2006, n. 139; in particolare il comma 8 sostituisce l’articolo 20 che prevedeva sanzioni in caso di omessa richiesta di rilascio o rinnovo del certificato di prevenzione incendi. Viene chiarito che nel caso di dichiarazioni mendaci o rilascio di certificazioni non vere rese ai fini della presentazione della SCIA o della richiesta di rinnovo periodico della conformità antincendio è prevista la reclusione da 3 mesi a 3 anni e con la multa da 103 a 516 euro. Il prefetto, ferme restando le sanzioni penali, può disporre la sospensione dell’attività, fino all’adempimento dell’obbligo, nelle ipotesi in cui i soggetti responsabili omettano di: • presentare la SCIA o la richiesta di rinnovo periodico della conformità antincendio; • richiedere i servizi di vigilanza (LL. PP.SS.) nei locali di pubblico spettacolo e intrattenimento e nelle strutture caratterizzate da notevole preANACI LECCO n.7 | Mag-Lug 2017
senza di pubblico per i quali i servizi medesimi sono obbligatori Il nuovo testo dell’art. 20 del D.Lgs. n. 139/2006 è il seguente: Art. 20 (Sanzioni penali e sospensione dell’attività) 1. Chiunque, in qualità di titolare di una delle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi, ometta di presentare la segnalazione certificata di inizio attività o la richiesta di rinnovo periodico della conformità antincendio è punito con l’arresto sino ad un anno o con l’ammenda da 258 a 2.582 euro, quando si tratta di attività che comportano la detenzione e l’impiego di prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti, da cui derivano in caso di incendio gravi pericoli per l’incolumità della vita e dei beni, da individuare con il decreto del Presidente della Repubblica previsto dall’articolo 16, comma 2. 2. Chiunque, nelle certificazioni e dichiarazioni rese ai fini della presentazione della segnalazione certificata di inizio attività o della richiesta di rinnovo periodico della conformità antincendio, attesti fatti non rispondenti al vero è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni e con la multa da 103 a 516 euro. La stessa pena si applica a chi falsifica o altera le certificazioni e dichiarazioni medesime. 3. Ferme restando le sanzioni penali previste dalle disposizioni vigenti, il prefetto può disporre la sospensione dell’attività nelle ipotesi in cui i soggetti responsabili omettano di: presentare la segnalazione certificata di inizio attività o la richiesta di rinnovo periodico della conformità antincendio; richiedere i servizi di vigilanza nei locali di pubblico spettacolo e intrattenimento e nelle strutture caratterizzate da notevole presenza di pubblico per i quali i servizi medesimi sono obbligatori. La sospensione è disposta fino all’adempimento dell’obbligo.
21
Dott. Silvano Sala
IL PARERE TECNICO
Psicologo e membro del Centro Studi di ANACI LECCO
Gli Amministratori condominiali e il profilo psicoattitudinale Per profilo psicoattitudinale (Personnel Assessment) s’intende la descrizione delle potenziali attitudini derivate dai risultati di specifici test psicologici, i quali indicano all’individuo che li ha eseguiti se è adatto a svolgere una determinata attività lavorativa. Attitudini e capacità che in parte sono il frutto della combinazione di fattori innati e acquisiti. Fattori, che se ben gestiti possono indirizzare l’operosità del soggetto verso quel settore d’impiego a lui più appropriato. I test che vengono impiegati, quale supporto utile a individuare tali attitudini, sono i cosiddetti test di orientamento professionale. Nel caso, invece, ci fosse l’esigenza di fare una valutazione inerente alla professionalità di un soggetto che sta già esercitando una precisa funzione, verranno utilizzati un insieme di speciali test, che sono: le batterie attitudinali multiple e i test di attitudini specifiche.
Caratteristiche comportamentali che deve possedere l’Amministratore Ovviamente, per tracciare un profilo psicoattitudinale, occorre sapere quali sono le capacità, le attitudini e le qualità ricercate nel professionista che necessitano per svolgere al meglio l’incarico lavorativo in questione. Nel caso di una mansione come quella di Amministratore condominiale, le caratteristiche comportamentali ricercate, desiderate e volute nel professionista, ovverosia, le capacità e le attitudini che deve possedere, dimostrando di saperle gestire adeguatamente nell’ambito della propria attività, sono le seguenti: Caratteristiche generali • L’osservazione • L’ascolto attivo e l’aspetto relazionale • La comunicazione • L’empatia • La negoziazione e la decisione • La leadership • La gestione dello stress
“
Per profilo psicoattitudinale s’intende la descrizione delle potenziali attitudini derivate dai risultati di specifici test psicologici, i quali indicano all’individuo che li ha eseguiti se è adatto a svolgere una determinata attività lavorativa
”
Caratteristiche personali • L’Amministratore è aperto e cordiale • Si esprime pienamente ma senza prepotenza • È propositivo • Valorizza i lati positivi di se stesso e degli altri • È leale ed esprime fiducia
22
ANACI LECCO n.7 | Mag-Lug 2017
IL PARERE TECNICO
• • • • • • • • • • • • • • • • • •
Si assume la responsabilità Ammette i propri errori Riconosce i meriti, ecc. Ha disponibilità per gli altri Ricerca il dialogo Comprende e condivide Utilizza il feedback Crea un clima di cooperazione/collaborazione Impara ad ascoltarsi e ascoltare Stimola comportamenti positivi Riconosce le situazioni emotive e impara a gestirle Sa fissare degli obiettivi Trova le soluzioni Sa comunicare, sa trasmettere Sa motivare e motivarsi Si aggiorna Ha consapevolezza delle motivazioni che sono alla base delle proprie scelte È entusiasta del lavoro che tratta
Caratteristiche e stile interpersonale • L’Amministratore parla bene delle persone • Ha la tendenza naturale a credere nelle persone piuttosto che stare sulla difensiva
ANACI LECCO n.7 | Mag-Lug 2017
• • • • • • • • • • • • •
Stabilisce rapporti calorosi con le persone Ha un contatto costruttivo con le persone Dispensa gratitudine e riconoscenza Ha obiettivi di comportamento ben chiari in mente Sa rapportarsi a chi gli sta di fronte (nella specificità del singolo) Risponde alle domande in tempi brevi Ha un buon contatto oculare con gli interlocutori Controlla il volume e il tono della voce Padroneggia la gestualità Coordina la fluidità verbale Controlla la prossimità dello spazio in relazione con le persone Gestisce il timing (i tempi d’interazione) Sa chiaramente i limiti delle sue conoscenze; dice che non sa, se non ha la certezza • È entusiasta delle persone • Sa condurre una riunione condominiale • Sa gestire i conflitti condominiali Ci sono professionisti che, un po’ per curiosità un po’ per “sfida” con se stessi, ritengono importante avere un proprio profilo psicoattitudinale (Personnel Assessment). Il fine è quello di accrescere la consapevolezza di ciò che si è, con lo scopo di volersi migliorare da un punto di vista delle competenze, sviluppando contemporaneamente un’immagine più sicura di se stessi. Questo “profilo”, pertanto, può essere considerato come un valore aggiunto che arricchisce l’Amministratore condominiale nello svolgimento della sua professione, permettendogli di esercitarla con maggior talento. Vediamo perché.
23
IL PARERE TECNICO
Perchè e come redigere un profilo psicoattitudinale L’Amministratore condominiale avrà modo di utilizzare il proprio profilo psicoattitudinale per i seguenti motivi: • come documento di valutazione fatto da esperti del settore e professionisti in materia (psicologi, psicometristi, testisti, counselor, ecc.); • per studiare e analizzare il profilo psicoattitudinale stando alle proprie esigenze; • come elemento di feedback in confronto alle proprie percezioni e valutazioni; • per arricchire l’immagine professionale; • nell’accrescere le conoscenze di se stesso in termini di percezione delle proprie capacità, attitudini e caratteristiche personali; • per evitare l’autoreferenzialità; • come elemento in più, se si vuole, da aggiungere al curriculum vitae; • per dimostrare ai collaboratori e colleghi la propria “trasparenza”; • come self-development, per la ricerca e lo sviluppo di se stesso. Per redigere un profilo psicoattitudinale a un Amministratore condominiale, ci si servirà di tecniche e di strumenti professionali – maggiormente avvalorati dalla letteratura e sviluppati secondo gli standard scientifici più accreditati – col fine di determinare accurate valutazioni concernenti gli aspetti cognitivi, relazionali, attitudinali e comportamentali della personalità dell’Amministratore.
24
Per quanto riguarda i test da compilare, risulta vantaggioso il fatto di poterli eseguire stando comodamente seduti davanti al proprio computer o a quello nello studio dell’esperto, tranne se c’è l’esigenza di effettuarne certuni da svolgere esclusivamente a mano e in presenza dello specialista. L’utilizzo, pertanto, di diversi strumenti di valutazione, applicati in maniera integrata, sono tali da consentire maggiori margini di attendibilità del materiale e delle informazioni raccolte, così pure, nel dare maggiore validità alle considerazioni, conclusioni e giudizi a cui si perviene. Inoltre, tali strumenti, daranno persino una maggior predittività, in funzione di considerazioni previsionali, di riflessioni e valutazioni prospettiche, riferite al tipo di performance che un Amministratore condominiale potrà mettere in gioco in ambito lavorativo, ovviamente in relazione alle componenti motivazionali, attitudinali e di potenziale possedute. Praticamente viene fatta una valutazione qualitativa completa sulla persona dell’Amministratore, debitamente autorizzata dallo stesso, che acconsente all’uso degli strumenti conoscitivi e d’intervento atti a tale scopo. La valutazione si baserà sui risultati e sulle risposte che l’Amministratore condominiale avrà dato attraverso la descrizione del proprio comportamento nel compilare i Test Psicometrici, i Questionari e dai Colloqui semistrutturati. Inoltre, qualora ci fosse la necessità o la richiesta da parte dello stesso Amministratore o da parte del committente, si potrà intervenire anche con un’Osservazione sistematica in ambito professionale e relazionale (riunione condominiale, ambiente lavorativo, ecc.), con lo scopo di rilevare e verificare “dal vivo” alcune particolari dinamiche comportamentali del soggetto coinvolto. ANACI LECCO n.7 | Mag-Lug 2017
IL PARERE TECNICO
Alla fine di questo processo di valutazione, come appena delineato, i risultati emersi vengono descritti in un Rapporto PPQC - Personnel Assessment (Profilo Psicoattitudinale Qualitativo Completo - Valutazione del personale), i quali si riferiscono e rispecchiano le “reali” capacità, attitudini e caratteristiche personali dell’Amministratore, espresse e raccolte in riferimento ad un dato periodo di tempo. Infatti, va detto, che i dati ricavati sono sensibili a stati transitori e a effetti situazionali. Generalmente i risultati espressi nel Rapporto PPQC Personnel Assessment sono da considerarsi validi per un periodo di 12-18 mesi dopo la sua compilazione, salvo che non subentrino importanti cambiamenti nella vita, professionale o non, della persona. A questo punto, in considerazione dei risultati ottenuti, l’Amministratore condominiale potrà adottare degli accorgimenti o correttivi comportamentali, indirizzati alla promozione delle attitudini o del loro adattamento in ordine agli obiettivi da realizzare. Le aeree che vengono maggiormente esaminate nell’Amministratore per redigere il PPQC - Profilo Psicoattitudinale Qualitativo Completo, sono le seguenti: ANACI LECCO n.7 | Mag-Lug 2017
• • • •
valutazione delle performances; valutazione e mappatura delle attitudini; valutazione e sviluppo del potenziale; valutazione della personalità.
L’indagine fatta nelle aree sopra descritte ci rimandano a dei risultati che vengono descritti nelle seguenti elaborazioni redatte nel Rapporto PPQC dell’Amministratore: • Profilo riassuntivo • Temperamento di base • Stile Comunicativo e Relazionale • Stile di Leadership • Aspetti Sensibili (intelligenza emotiva) • Aspetti Motivazionali e Valoriali • Livello di energia/vitalità • Integrazione Individuo-Ambiente di Lavoro (performances) • Attitudini personali e competenze trasversali • Aspetto cognitivo e Apertura Mentale • Potenzialità • Indicazioni di sviluppo (gap analysis e self-empowerment). Va sottolineato che la generazione dei report viene fatta attraverso una procedura computerizzata che ne garantisce a livello internazionale la correttezza dei procedimenti secondo gli standard scientifici più riconosciuti. Inoltre, le procedure utilizzate sono eseguite solo da personale laureato, certificato, registrato, riconosciuto e abilitato all’uso dei test, poiché il materiale scientifico utilizzato per queste indagini psicoattitudinali è sottoposto a restrizioni d’impiego ai soli professionisti qualificati.
25
Geom. Simona Frigerio
IL PARERE TECNICO
Titolare Impresa Frigerio
Sicurezza sul lavoro: pubblicato il Testo Unico aggiornato Il quadro di sintesi dell'Ispettorato spiega che, oltre al datore di lavoro, anche il dirigente è responsabile e può essere sanzionato. È stata pubblicata sul sito dell'Ispettorato nazionale del lavoro la versione 2017 del Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro (D.lgs. 81/2008). Il testo, un corposo documento di più di mille pagine, ripercorre le interpretazioni date sulla normativa da circolari, accordi Stato – Regioni, interpelli e altri atti amministrativi nel periodo compreso tra luglio 2016 e maggio 2017. Si tratta di un punto della situazione e una sintesi normativa.
Sicurezza: responsabili anche i dirigenti Dopo una serie di interpelli, iniziati nel 2013, il Ministero del Lavoro ha chiarito che, oltre al datore di lavoro, anche il dirigente ha delle responsabilità in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Di conseguenza, anche al dirigente possono essere irrogate delle sanzioni. Sulla base dello stesso lavoro interpretativo, nelle attività di convogliamento del materiale di demolizione e demolizione per rovesciamento è stata cancellata la sanzione a carico del preposto e spiegato che le sanzioni possono riguardare solo il datore di lavoro e il dirigente. Per chiarire questi passaggi, l’ispettorato nazionale del lavoro ha aggiornato il suo quaderno di sintesi modificando il Titolo II e i box sanzionatori degli articoli 153 e 155.
“
Il Testo Unico ripercorre le interpretazioni date sulla normativa da circolari, accordi Stato – Regioni, interpelli e altri atti amministrativi del periodo luglio 2016 maggio 2017
Sicurezza, formazione e altre modifiche Nel testo pubblicato dall'Ispettorato nazionale del lavoro è stato inserito l’accordo Stato – Regioni 128/CSR del 7 luglio 2016, che ha cambiato la durata e i contenuti minimi dei percorsi formativi per i responsabili e gli addetti dei servizi di prevenzione e protezione. L’accordo ha ammesso anche la modalità e-learning. Il testo tiene anche conto di una serie di integrazioni apportate alla disciplina che regola il rinnovo triennale dell’autorizzazione all’esecuzione di lavori sotto tensione, l’esecuzione in sicurezza di lavori su alberi con funi, la prevenzione del rischio di caduta dall’alto (Circolari 21/2016, 23/2016, 28/2016, 11/2017) e l’iscrizione nell’elenco dei soggetti abilitati all’effettuazione delle verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro (Decreto interdirettoriale 35/2017). Nel punto della situazione sul Testo Unico è stato inoltre inserito il Decreto Interministeriale 183/2016, con cui è stato istituito il Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP).
26
” ANACI LECCO n.7 | Mag-Lug 2017
Ing. Paolo Albo
IL PARERE TECNICO
Formatore di ANACI LECCO esperto di rinnovabili e mobilità elettrica
La transizione alle rinnovabili come opportunità per i condomini
“
L’espressione più comune del concetto di sostenibilità si riflette nel crescente impiego di energia da fonti rinnovabili e in una spiccata vocazione al risparmio energetico, nonché all’indotto che i due settori hanno alimentato
”
ANACI LECCO n.7 | Mag-Lug 2017
La sostenibilità ambientale è un concetto che negli ultimi anni ha preso piede trasversalmente a tutti i mercati e ha modificato le logiche di approccio alla progettazione e alla gestione di processi, prodotti e servizi di qualsiasi settore. L’espressione più comune di tale concetto si riflette nel crescente impiego di energia da fonti rinnovabili e in una spiccata vocazione al risparmio energetico, nonché all’enorme indotto che i due settori hanno alimentato. Ma qual è lo scenario di mercato e che impatto può avere sull’edilizia e sulla relativa gestione dei fabbricati? Occorre anzitutto considerare che i due settori viaggiano su binari paralleli e strettamente legati. Un buon approccio progettuale oggi non può prescindere dall’integrazione di sistema in funzione del miglior controllo di tutte le risorse energetiche impiegate: ogni iniziativa di efficientamento che introduce avanguardistiche tecnologie di sfruttamento delle fonti rinnovabili senza lavorare sulla riduzione del fabbisogno energetico di sistema non ne inficia solo l’economia, ma svilisce il senso stesso dell’intervento, che perde in efficienza e sostenibilità. Tale approccio integrato nella progettazione alimenta il processo di conversione da una produzione energetica centralizzata a un ciclo di sfruttamento energetico distribuito: ogni singolo utilizzatore diventa potenzialmente in grado di produrre, accumulare, gestire e consumare energia da fonti rinnovabili per il proprio fabbisogno, assumendo la neologistica definizione di prosumer. Si tratta di un processo conosciuto come transizione alle rinnovabili, che se da un lato grava in misura importante sulle grandi utility di produzione centralizzata, dall’altro accelera il passo verso la creazione delle cosiddette smart grid, veri e propri comparti energetici in cui il ciclo di sfruttamento viene operato e gestito a livello locale. La sola tendenza degli operatori a un approccio più sostenibile però è insufficiente a orientare l’intero mercato: solo una politica saldamente orientata all’efficienza energetica può ingenerare meccanismi virtuosi, attorno ai quali si possa sviluppare un mercato di massa. Ecco quindi che una serie di strategie comunitarie internazionali si traducono a cascata in obiettivi, misure e strumenti, che ai vari livelli amministrativi incentivano le buone pratiche di efficientamento. Tutte le forme di incentivazione di questo settore lasciano un’impronta indelebile che si profila in andamenti di mercato differenti nei vari Paesi. Il mercato globale delle rinnovabili è in continua crescita e in particolare il fotovoltaico nel 2016 ha conosciuto un incremento del
27
IL PARERE TECNICO
50% rispetto all’anno precedente. Lo stesso mercato in Europa ha registrato invece un flesso del 21%, mentre l’Italia ha assistito a un incremento del 22% a fronte di un calo generico delle rinnovabili del 19%. Questi numeri dimostrano quanto le politiche dei vari Paesi incidano in maniera rilevante sull’andamento globale: il 66% della crescita globale è registrato in Asia, in cui la sola Cina ha conosciuto un aumento dell’installato annuo del 125% nel 2016. Proprio la Cina si è resa protagonista di una politica fortemente incentivante e ospita attualmente l’impianto fotovoltaico più grande al Mondo (850 MW). Diversi Paesi europei come il Regno Unito hanno rallentato l’assetto incentivante sulle nuove installazioni che nel 2015 avevano fatto impennare i volumi. L’Italia mantiene un buon trend di crescita, a fronte di uno spiacevole flesso nel settore delle rinnovabili in genere, che ha colpito soprattutto l’eolico. Tornando agli strumenti con cui le Amministrazioni ottemperano alle strategie globali, in Italia nel 2011 è stato emanato il Decreto Legislativo n. 28, meglio conosciuto come Decreto Rinnovabili, che all’articolo 11 introduce l’obbligo di integrazione delle fonti rinnovabili negli edifici di nuova costruzione e negli edifici esistenti sottoposti a ristrutturazioni rilevanti, a copertura del fabbisogno energetico per il calore, l’elettricità e il raffrescamento. La potenza installata obbligatoria è proporzionale alla superficie del sedime del fabbricato e inversa a un coefficiente legato al periodo di installazione. Tale obbligo non è esteso agli edifici sottoposti a vincolo culturale e del paesaggio e la relativa inosservanza può condurre al diniego della licenza edilizia. È opportuno considerare che gli impianti alimentati da fonti rinnovabili realizzati ai fini dell’assolvimento degli obblighi accedono agli incentivi statali previsti per la promozione delle fonti rinnovabili, limitatamente alla quota eccedente quella necessaria per il rispetto dei medesimi obblighi. Tale quota potrebbe nascondere il vero valore intrinseco di un impianto per lo sfruttamento di energia rinnovabile in
28
quanto all’indiscusso plusvalore che conferisce all’intero fabbricato, soprattutto nell’eventualità in cui l’impianto superi la stretta soglia d’obbligo e sia dimensionato per sopperire ad un determinato carico fisso di alimentazione. In un mercato globalizzato come quello del fotovoltaico è difficile difendersi dalla concorrenza di aziende straniere che propongono soluzioni a bassissimi costi, spesso con garanzie di qualità limitate. La competenza, l’esperienza e l’alto contenuto tecnico delle soluzioni di Tecno-Lario consentono di mettere al riparo gli operatori del settore e di conseguenza il consumatore finale da pacchetti di minor qualità e durevolezza, proponendo invece prodotti di qualità e partnership con case produttrici di alto riconoscimento. Cosa fare dell’energia prodotta da fotovoltaico? La destinazione più logica è l’alimentazione diretta dei carichi spesso particolarmente energivori durante il giorno: ascensori, luci del corsello, ricarica dei veicoli elettrici, centrale termica, ecc. L’eccesso di produzione viene immesso in rete. Ci sono però due fattori che remano contro l’autoconsumo di energia da fotovoltaico: il fabbisogno di energia da parte dell’utenza non è mai perfettamente allineato nel tempo alla produzione dell’impianto; anzi, il picco dei consumi giornalieri in ambito residenziale avviene in genere nelle ore serali notturne a dispetto della produzione che è esclusivamente diurna. Ciò è accompagnato dall’eredità del meccanismo incentivante del Conto Energia, che ha favorito l’installazione di impianti secondo una leva speculativa, poco legata al fabbisogno effettivo di energia dell’utente. Il risultato odierno di questa espressione è l’enorme quantità di energia che ogni giorno viene scambiata con la rete, generando picchi di immissione e consumo,
ANACI LECCO n.7 | Mag-Lug 2017
IL PARERE TECNICO
che stressano la rete, rallentando la corsa verso la produzione distribuita da fonti rinnovabili. In questo modo l’utente riduce drasticamente l’autosufficienza dalla rete e abbatte il valore dell’energia immessa a tariffe sempre più basse. La soluzione migliore per calmierare questo problema è l’introduzione di sistemi di accumulo, che consentano di immagazzinare l’energia prodotta in eccesso durante il giorno per poterla utilizzare durante le ore di mancata produzione. Tali sistemi consentono di avvicinare le curve di produzione e fabbisogno, aumentando l’autoconsumo dell’utente e attenuando gli effetti della contemporaneità di scambio con la rete elettrica. Quello dello storage è un settore decisamente emergente, che rappresenta il nuovo volto del fotovoltaico sia per nuove installazioni che per applicazioni in retrofit a impianti esistenti. La compatibilità con l’intervento allo sgravio fiscale del 50% costituisce un ulteriore spunto incentivante l’iniziativa. L’accumulo non è il solo settore emergente: in realtà tutto il ciclo distribuito sta prendendo le sembianze del nuovo mercato di gestione energetica degli edifici. A fianco della produzione e dell’accumulo infatti si stanno posizionando con dinamiche ben delineate gli altri strumenti di gestione locale dei flussi energetici, che in un ambito condominiale si trovano spesso a dover dialogare con altri sistemi a servizio dei singoli o delle parti comuni: i sistemi di controllo e monitoraggio, la domotica, l’alimentazione elettrica di nuove tipologie di carico come pompe di calore, cucine a induzione, sistemi di trattamento dell’aria, fino ad arrivare alla ricarica di auto elettriche, sempre più diffuse nel grande pubblico soprattutto per gli utenti già orientati verso il green e operanti a ridosso dei grandi centri urbani.
ANACI LECCO n.7 | Mag-Lug 2017
La mobilità elettrica: chimera o realtà? Un settore da anni sulla bocca di molti quello della mobilità elettrica, che continua ad annunciare uno sviluppo repentino, ma che ancora oggi in Italia stenta a prendere piede in forza di svariate ragioni quali i costi delle batterie, gli standard in via di definizione, una carente politica incentivante e un continuo disallineamento tra il mercato dell’auto e quello dell’infrastruttura di ricarica. Di fatto ogni sviluppo in questo senso è ancora una volta figlio delle strategie globali sui cambiamenti climatici, che hanno generato obiettivi e misure strettamente legate ai consumi e alle emissioni del settore della mobilità. La cultura e la politica incentivante nei vari Paesi del globo hanno poi favorito in misura diversa lo sviluppo di questo settore nei diversi scenari nazionali. Nei primi tre trimestri del 2016 le immatricolazioni di auto ricaricabili sono aumentate complessivamente del 53%. La Cina, neanche a dirlo, è il mercato più grande con una crescita del 118%, ma potrebbe “ripulire” in maniera più incisiva la produzione di energia elettrica per l’alimentazione dell’auto. Bene anche USA (+33%) ed Europa (+23%). Flessione invece per il mercato giapponese (-10%). In Europa i Paesi Bassi sono leader del mercato con il 23% del venduto del Vecchio Continente e il 10% di penetrazione nel mercato nazionale dell’auto. Segue la Norvegia al 18%, con uno share già difficile da concepire del 23% e via via gli altri Paesi europei. L’Italia mantiene stabile il trend di un mercato lento: 1% del mercato europeo e 0,1% del venduto nazionale. Approfondendo i numeri si scoprirebbe che il maggior sviluppo di questa nuova mobilità è strettamente legata alla politica di incentivazione all’acquisto e all’utilizzo dei veicoli a zero emissioni, ma anche alla capacità recettiva della cultura di ogni Paese verso un tale cambio di approccio alla mobilità. In Italia non sono attualmente previsti incentivi all’acquisto di auto
29
IL PARERE TECNICO
elettriche e quelli sull’utilizzo sono fra i più bassi in Europa. Il discorso diventa più articolato guardando al mercato dell’infrastruttura per la ricarica: i punti di ricarica censiti nel Mondo sono 1,45 milioni, con una crescita dell’81% rispetto al 2015. Di queste solo il 13% è rappresentato dai punti ad accesso pubblico, con una netta prevalenza di prese di ricarica accelerata. La leadership è spartita tra Stati Uniti e Cina rispettivamente per il mercato privato e per quello pubblico: entrambi sono quasi a 1/3 dell’installato globale nei rispettivi mercati. L’Europa conta 70.000 punti pubblici e 400.000 punti privati, 1/4 dei quali ubicato nei Paesi Bassi e in Norvegia, che si dimostrano leader anche di questo mercato. In Italia sono censiti circa 9.000 punti di ricarica, il 20% dei quali è ad accesso pubblico, con un 28% di crescita rispetto al 2015, ma con una forte concentrazione nelle Province più avanzate in questo settore. In questo caso la politica incentivante italiana si rivela allineata a quella degli altri Paesi: occorre che tale politica coinvolga rapidamente anche il settore delle auto o si rischia il collasso prematuro di entrambi i mercati. A questo proposito però sorge spontaneo chiedersi quale sarà l’infrastruttura di maggior sviluppo e convenienza, in relazione al più probabile utilizzo da parte dell’utenza: nei Paesi con maggior diffusione di veicoli elettrici (Francia, Paesi Bassi e Norvegia), meno del 10% delle ricariche risulta oggi essere fatto presso colonnine pubbliche. La stessa UE, nelle stime sul dimensionamento necessario per una tale infrastruttura di ricarica attribuiva all’Italia un numero complessivo di punti attorno al milione, delle quali però solo 100.000 circa pubbliche, mentre la grande maggioranza era implicitamente considerata come ricarica domestica o aziendale. È, quindi, fondamentale il rapido sviluppo di questa rete di ricarica privata, anche tenuto conto che la tariffazione per la ricarica pubblica è inevitabilmente più costosa. Un altro dato interessante è che in Italia il numero di unità immobiliari accatastate in categoria C6 (incluse anche “stalle e scuderie”) è largamente superiore alle migliori ipotesi di penetrazione della mobilità elettrica nel medio termine: a Milano tali unità immobiliari sarebbero nell’ordine del 47% delle autovetture dei cittadini residenti. Nella convinzione che il mercato dell’auto elettrica non si sviluppasse per una carenza di infrastruttura di ricarica, la politica incentivante si è mossa con decisione in questo senso: il d.lgs. 257 del 2017 introduce l’obbligo di predisposizione all’allaccio di dispositivi per la ricarica di veicoli elettrici in tutti gli edifici non residenziali superiori ai 500 m2 e in quelli residenziali superiori alle 10 unità abitative in caso di nuova costruzione e ristrutturazione rilevante. Tale predisposizione potrebbe costituire una piccola spesa aggiunta in costruzione, che si riflette anche in questo caso in un importante plusvalore dell’edificio e nella semplificazione di eventuali interventi futuri di installazione di singole prese per la ricarica.
30
Le stesse stazioni di distribuzione del carburante sono sottoposte all’obbligo di dotarsi di infrastrutture in occasione di nuova costruzione e ristrutturazione. Il tema della ricarica ha coinvolto la gestione degli edifici in condominio in ragione del diritto al punto di ricarica di ogni singolo utente: prima dell’attuale legislazione gli amministratori di condominio nei grandi centri urbani subivano le possibili implicazioni di tale diritto in ambito di sicurezza dell’intero stabile. Oggi la ricarica in condominio è disciplinata dall’articolo 17 quinquies della legge 134 del 2012, che porta l’iniziativa del singolo condomino al vaglio dell’assemblea. In caso di diniego il singolo utente può provvedere a proprie spese all’installazione, mantenendo la proprietà del punto. In questo modo è dell'assemblea la responsabilità decisionale sul diritto al punto di ricarica; occorre però considerare la necessità di inserire tale presa nel Certificato di Prevenzione Incendi, là dove previsto. Un fattore discriminante per la ricarica di auto elettriche è la gestione del servizio di ricarica: i dispositivi possono essere adibiti alla semplice ricarica o alla gestione di un servizio di mobilità elettrica in infrastruttura tramite il punto, a cura di un provider di servizio esterno. La scelta del dispositivo e del servizio più idoneo dipendono dalla necessità di ogni applicazione: la domanda di questo mercato ha già dato prova di avere mille sfaccettature, che consentano diversi livelli di gestione del punto di ricarica, dalla singola contabilizzazione in condominio alla gestione di infrastruttura diffusa sul territorio. Il motivo che deve condurre all’installazione di un dispositivo di ricarica però è la sicurezza, che in questo caso acquisisce una triplice valenza: per l’utente, per la batteria e per l’impianto di alimentazione. ANACI LECCO n.7 | Mag-Lug 2017
Dott.ssa Raffaella Figini
IL PARERE FISCALE
Dottore Commercialista e Consulente fiscale di ANACI LECCO
Registrazione contratti di affitto: un nuovo modello
“
Novità per la registrazione dei contratti di affitto: un nuovo modello RLI a partire dal 19 settembre 2017
”
ANACI LECCO n.7 | Mag-Lug 2017
Per tutti i contratti di locazione di beni immobili, compresi quelli relativi a fondi rustici e quelli stipulati dai soggetti passivi IVA, corre l’obbligo della registrazione indipendentemente dal canone pattuito. La Legge di Stabilità 2016, a partire dal 1 gennaio 2016 ha modificato l'art. 13, comma 1, della L. n. 431/98 ponendo l’obbligo della registrazione in capo al locatore, entro il termine di 30 giorni. Entro il termine di 60 giorni dalla registrazione il locatore deve: • comunicare all’inquilino di aver provveduto alla registrazione; • comunicare all'amministratore di condominio i dati anagrafici dell'inquilino e gli estremi del contratto di locazione, ai fini dell’aggiornamento dell’anagrafe condominiale di cui all'art. 1130, numero 6 del c.c. Restano comunque obbligati al pagamento dell'imposta entrambe le parti contraenti (nonché l'agente immobiliare per i contratti perfezionati a seguito del loro intervento). Per procedere alla registrazione, occorre utilizzare il modello
31
denominato: “Richiesta di registrazione e adempimenti successivi - Contratti di locazione e affitto di immobili”, o in breve “modello RLI” da presentare in modalità telematica, direttamente o per il tramite dei soggetti indicati nell'articolo 15 del Decreto Direttoriale del 31 luglio 1998. Lo stesso modello si utilizza per richiedere proroghe, cessioni, subentro e risoluzioni, l'esercizio dell'opzione o della revoca della cedolare secca, sempre in modalità telematica. La presentazione telematica del modello può essere effettuata anche presso gli uffici dell'Agenzia delle Entrate da parte dei soggetti non obbligati alla registrazione telematica dei contratti di locazione. Rammentiamo che il modello RLI contiene i seguenti quadri: • A “Dati generali”, quali la tipologia del contratto, la data di stipula e la durata della locazione; in questo quadro si possono indicare gli adempimenti successivi nonché i dati del richiedente la registrazione e la sezione riservata alla presentazione in via telematica; • B “Soggetti”, in cui sono indicati i dati anagrafici dei locatori
• •
•
e dei conduttori; C “Dati degli immobili” e delle relative pertinenze; D “Locazione ad uso abitativo e opzione/revoca cedolare secca”, in caso di regime della cedolare secca; E “Locazione con canoni differenti per una o più annualità”.
A decorrere dal 19 settembre 2017, occorrerà utilizzare il nuovo modello messo a disposizione dall’Agenzia delle Entrate. Modello e istruzioni sono a disposizione sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate, nella sezione Documentazione - Normativa e Prassi - Provvedimenti 2017.