B U I L D I N G
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M A N A G E M E N T
ANACI LECCO
Laboratorio di idee, progetti e pareri in materia di condominio
La nomina dell’Amministratore Lastrici solari La nuova UNI 10200 Il Registro Anagrafe Sicurezza Novità dall’Agenzia delle Entrate
Anno I | n. 2 Mag-Lug 2016
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Auspico una piacevole e utile lettura di questa che, più che una rivista, vuole essere una raccolta ragionata e pragmatica di saggi curati dal nostro Centro Studi lecchese e da professionisti esperti in materia condominiale
Marco Bandini Presidente di ANACI LECCO
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SOMMARIO IL PARERE LEGALE
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Amministratore e Assemblea: incarico, conferma e nomina
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Il Registro Anagrafe Sicurezza per le strutture e gli impianti
Il contratto di appalto: poteri e doveri dell'amministratore
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La diagnostica strumentale al servizio del condominio
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La ripartizione delle spese tra nudo proprietario e usufruttuario
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Procedimenti per la prevenzione incendi nei condomini
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Parti comuni: il caso fortuito di caduta dalle scale e i lastrici solari
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L'evoluzione della connettività in condominio
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Dott. Ersilio Secchi
Avv. Paolo Motta
Avv. Alberto Sangregorio
Avv. Fabrizio Goretti
IL PARERE TECNICO
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La nuova norma 10200 per la contabilizzazione del calore Prof. Arch. Annalisa Galante
Dott. Cesare Grappein
Ing. Salvatore Correale
Ing. Alessio Maggi
Sig. Furio Orsini
IL PARERE FISCALE
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Principali novità fiscali chiarite dall'Agenzia delle Entrate Dott.ssa Raffaella Figini
Hanno collaborato a questo numero: Ersilio Secchi, Paolo Motta, Alberto Sangregorio, Fabrizio Goretti, Cesare Grappein, Alessio Maggi, Salvatore Correale, Furio Orsini, Raffaella Figini Anno 1 | n.2 | Maggio - Luglio 2016
Progetto grafico: AGC s.r.l. - Milano
www.anacilecco.it Direttore editoriale: Marco Bandini - presidenza@anacilecco.it Direttore responsabile Annalisa Galante - consulentetecnico@anacilecco.it Marketing e diffusione: Periodico bimestrale on-line 5 numeri all’anno - marketing@anacilecco.it
© ANACI Provinciale di LECCO via F.lli Cernuschi, 23 - Merate (LC) - tel. 039 9160551 segreteria.presidenza@anacilecco.it Periodico on line non sottoposto a registrazione come previsto dall’Art. 3-bis del D.L. 18 maggio 2012, n. 63 Tutti i diritti sono riservati - È vietata la riproduzione anche parziale senza autorizzazione di ANACI LECCO
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Dott. Ersilio Secchi
IL PARERE LEGALE
Presidente del Tribunale di Lecco
Amministratore e Assemblea: incarico, conferma e nomina In questo articolo si tratteranno i temi legati alle questioni interpretative sulla durata dell’incarico dell’amministratore di condominio, sulla conferma e sulla revoca dello stesso. Secondo l’art. 1129 comma X c.c. l'incarico di amministratore ha durata di un anno e si intende rinnovato per uguale durata. La novella ha introdotto una rinnovazione tacita ex lege in precedenza non prevista (cfr. testo precedente, comma secondo "[...] L’amministratore dura in carica un anno e può essere revocato in ogni tempo dall’assemblea"). Diverse interpretazioni sulle conseguenze di tale previsione, con riguardo alla durata dell’incarico. L’ermeneusi dovrà prendere le mosse dal richiamo alle norme sul mandato per quanto non disciplinato dall’art. 1129 (cfr. comma XV) con esiti ermeneutici diversi secondo che sia o non applicabile la disciplina in tema di mandato . Consueto inquadramento in detto contratto tipico del rapporto gestorio in esame tra l’amministratore e i singoli condomini (negata la personalità/soggettività del Condominio inteso al più come centro di imputazione di rapporti o patrimonio separato). Secondo altri si è in presenza di un contratto atipico (art. 1332 comma secondo c.c.) di amministrazione.
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Secondo l’art. 1129 comma X c.c. l’incarico di amministratore ha durata di un anno e si intende rinnovato per uguale durata
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I tesi In mancanza di decisioni dell’assemblea il mandato si intende rinnovato di anno in anno senza soluzioni di continuità (c.d. rinnovazione sine die delll’incarico). Trattasi di soluzione minoritaria (ROTA e ANACI Roma) che avrebbe quali conseguenze prospettate vantaggiose: a. venir meno dell’istituto della prorogatio dei poteri dell’amministratore, vigente tutte le volte in cui, nel vigore della precedente testo di legge, l’amministratore fosse stato confermato in assenza della maggioranza qualificata di cui all’art. 1136 c.c.; b. stabilizzazione della continuità dell’operato dell’amministratore specie nei condomini dove è scarsa la partecipazione. Il vantaggio ottenuto sarebbe “controbilanciato” dalla possibilità di revoca dell’amministratore in ogni tempo dall’assemblea (cfr. art. 1129 c. XI) e dall’ampliamento dei casi costituenti gravi irregolarità gestionali di cui ai comma XI e XII e aliunde (art. 69 comma II disp. Att. c.c.) per la revo-
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NOTE Il presente saggio è una sintesi della relazione tenuta al convegno "L'assemblea di condominio e la conservazione delle parti comuni" organizzato il 12 maggio 2016 da ANACI LECCO in collaborazione con l'Ordine degli Avvocati e l'Ordine degli Ingegneri della Provincia di Lecco.
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IL PARERE LEGALE
ca giudiziale a iniziativa di ciascun condomino (e si veda anche il c. XIII che, in caso di revoca giudiziale, inibisce all’assemblea di nominare nuovamente l’amministratore revocato)
contrattuale e il consenso dell’assemblea non può che assumere la forma di una nuova delibera ; e. che non sia stata richiesta la convocazione dell’assemblea per deliberare la revoca dell’amministratore con il rispetto dei requisiti procedimentali di cui all’art. 66 disp.Att. c.c.
Sono necessarie, al fine dell’operatività del rinnovo sine die, alcune cautele e condizioni e precisamente: c. che sia inserito nell’o.d.g. della convocazione assembleare l’espressa dizione “rinnovo dell’incarico all’amministratore” o similare al fine di evitare l’eccezione di nullità della delibera ex art. 1105 comma III c.c.; d. che l’amministratore, all’inizio del nuovo periodo di mandato, indichi analiticamente il proprio compenso (in misura invariata rispetto a quello preesistente) e fornisca le indicazioni di cui al comma II dell’art. 1129; diversamente si è in presenza di una nuova proposta
Secondo i sostenitori della tesi, si sarebbe in presenza di una norma speciale che sottrae la conferma dell’amministratore alle norme sul mandato (estinzione per scadenza del termine): vedi premessa ermeneutica di cui sopra. Secondo una prassi diffusa, non sarebbe necessaria una delibera dell’assemblea, essendo sufficiente che questa prenda atto della volontà dell’amministratore di rimanere in carica alle condizioni previgenti. Secondo un’ opinione in dottrina la delibera sarebbe resa necessaria dal disposto dell’art. 1135 c I (l’assemblea provvede alla conferma dell’amministratore). Ma la tesi non tiene conto che la disposizione richiamata non è stata modificata dalla Novella n. 220/2012 e quindi non è risolutiva in quanto non tiene conto, a propria volta, del nuovo art. 1129 c. X
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II tesi L’incarico dell’amministratore ha durata annuale salvo rinnovo tacito unicamente per l’anno successivo sem-
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IL PARERE LEGALE
pre che non intervenga la revoca assembleare con la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136 comma secondo Scaduto il biennio l’assemblea deve provvedere, eventualmente confermando l’amministratore con la maggioranza qualificata prevista per la nomina. Secondo i sostenitori di tale tesi per l’anno di rinnovo non sarebbe prevista la necessità di inserimento dello stesso in o.d.g. poiché la rinnovazione tacita per un anno sarebbe una conseguenza legale. Ciò alla condizione (negativa) che non vi sia stata revoca da parte dell’assemblea, da deliberarsi anche ad nutum con la nota maggioranza qualificata (cfr. art. 1129 c. XI) possibile in ogni tempo. Qualche opinione in dottrina sostiene, invece, la necessità di una giusta causa per la revoca argomentando ex mandato (art. 1723 comma II). Mi pare debba prevalere la lex specialis prevista dall’art. 1129 c. XI (dunque la revoca anche ad nutum), essendo prevista una revoca titolata solo per le ipotesi di revoca giudiziale. Si veda la diversa legittimazione attiva nella prima ipotesi del comma XI (l’assemblea condominiale, titolare degli interessi in gestione) e nella seconda (ciascun condomino). Nel primo caso, la revoca ad nutum è espressione del rapporto fiduciario che deve permanere tra amministratore e amministrati. Se l’iniziativa è dei singoli condomini, deve invece sussistere una giusta causa. Vedi altresì il dettato normativo (Può altresì essere disposta dall’autorità giudiziaria…) "[…] oppure con le modalità previste dal regolamento di condominio" . Problemi interpretativi sono posti da questo inciso. Con riguardo alla revoca assembleare dell’amministratore, il riferimento al regolamento di condominio non può giustificare che possa derogarsi al quorum deliberativo di cui all’art. 1136 c. II c.c. V. infatti art. 1138 c. IV che non consentono alle norme del regolamento condominiale di derogare alle disposizioni degli artt. 1129 e 1136 che ha natura inderogabile quanto ai quorum deliberativi o costitutivi. Quindi l’avversativa oppure del comma XI dell’art. 1129 riguarda soltanto eventuali modalità della discussione in assemblea o del voto (o la necessità di previa contestazione scritta degli addebiti o di audizione in assemblea dell’amministratore revocando).
III tesi É stata anche sostenuta isolatamente in dottrina la tesi della durata biennale dell’incarico.
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Non sembra sostenibile poiché il preventivo di spesa e il rendiconto hanno scansione annuale e anche il compenso dell’amministratore è sempre correlato a un anno di attività.
Sulla conferma dell’amministratore: quorum deliberativo L’art. 1135 c. I n. 1 annovera tra le competenze dell’assemblea la conferma dell’amministratore. Alla luce del vigente art. 1129 c. X si tratterà della conferma dopo il decorso del biennio. I quorum deliberativi qualificati riguardano espressamente le ipotesi di nomina e revoca dell’amministratore. Giurisprudenza di merito, (Trib BO 17/9/09) facendo perno sulla differenza tra nomina e conferma (solo questa, non la prima, presuppone la persistenza del rapporto fiduciario) giunge a sostenere che nel secondo caso troverebbe applicazione il terzo comma dell’art. 1136 (maggioranza non qualificata, diversamente da quanto richiesto dall’art. 1136 c. II) e non il IV. Si veda, nello stesso senso, Trib. PA 29/1/015 e Trib. Roma (sent. n. 10701/2009 che richiama espressamente il n. 1 dell’art. 1135 c.c.). Per i sostenitori di questa tesi, la maggioranza non qualificata sarebbe giustificata considerandosi che, in assenza di conferma, troverebbe applicazione il regime della prorogatio dei poteri dell’amministratore non confermato. Trattasi di indirizzo minoritario seppure diffuso, contrastato dalla Cassazione (cfr. sent. n. 4269/94 e n. 71/80) e da conforme giurisprudenza di merito (inter alias Trib. MI 17/6/1991; Trib. Monza 19/2/1986).
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Avv. Paolo Motta
IL PARERE LEGALE
Membro del Centro Studi di ANACI LECCO
Il contratto di appalto: poteri e doveri dell'amministratore
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La legge prevede poi che, a pena di decadenza, il committente ha l’onere di denunziare le difformità e i vizi entro sessanta giorni dalla scoperta, ad esclusione dell’ipotesi in cui l’appaltatore li abbia riconosciuti o occultati
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Come noto, tra le competenze dell’Amministratore di condominio rientra anche il potere di stipulare, in rappresentanza del complesso condominiale, i contratti e, tra questi, quelli di appalto, nonché azionare i diritti discendenti dagli stessi contratti. Per quanto attiene i rimedi in caso di inadempimento, riservando l’analisi ai principi che caratterizzano il contratto in esame, si evidenzia che gli artt. 1667 e 1669 c.c. disciplinano due differenti fattispecie. Distinzione quest’ultima che, come si dirà in seguito, si ripercuote anche sui poteri spettanti all’Amministratore. A mente dell’art. 1667 c.c., l’appaltatore è tenuto alla garanzia per le difformità e per i vizi dell’opera, salvo che questi ultimi fossero conosciuti o facilmente riconoscibili dal committente al momento in cui accettò l’opera; il committente può chiedere che gli stessi siano eliminati a spese dell’appaltatore oppure che il prezzo sia proporzionalmente ridotto, salvo il risarcimento del danno (art. 1668, I comma, c.c.) oppure può chiedere la risoluzione del contratto, qualora le difformità o i vizi dell’opera siano tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione (art. 1668, II comma, c.c.). La legge prevede poi che, a pena di decadenza, il committente ha l’onere di denunziare le difformità e i vizi entro sessanta giorni dalla scoperta, ad esclusione dell’ipotesi in cui l’appaltatore li abbia riconosciuti o occultati. Ai fini dell’art. 1667 c.c., la denunzia, che si sostanzia in una comunicazione mediante idoneo mezzo all’appaltatore dove vengono evidenziati i vizi e difetti riscontrati sull’immobile, non è assoggettata a particolari requisiti di forma e la giurisprudenza ha ritenuto sufficiente una sintetica indicazione delle difformità purchè non eccessivamente generica (Cass. Civ. 11520/2011. Tuttavia la denunzia ha natura recettizia e quindi non produce effetti fino a che non sia portata a conoscenza del destinatario. È fondamentale quindi che la stessa venga redatta in forma scritta a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento ovvero mediante posta elettronica certificata (cfr. Cass Civ. n. 644/1999 secondo la quale è idonea anche la spedizione di un telegramma). Per quanto attiene il dies a quo per la denuncia, secondo un orientamento giurisprudenziale consolidato: “il termine per la denunzia dei vizi e delle difformità dell’opera, decorre dal momento in cui
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IL PARERE LEGALE
l’Amministratore abbia acquisito un apprezzabile grado di conoscenza obiettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione causale della imperfetta esecuzione dell’opera e non dal giorno in cui l’Amministratore ne renda edotti i condomini in sede assembleare, posto che rientra tra i poteri dell’Amministratore il compimento degli atti conservativi di diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio, per cui è da tale momento che il condominio in persona dell’Amministratore che lo rappresenta è posto in grado di agire per far valere la garanzia” (Cass. Civ. 4619/1996). Oltre a denunziare tempestivamente i vizi e difetti, il committente deve agire contro l’appaltatore entro due anni dal giorno della consegna dell’opera. Decorso inutilmente detto termine, senza che intervenga un’interruzione ex art. 2943 c.c., che dovrà avvenire sempre a mezzo di comunicazione scritta ove viene evidenziata la volontà di ottenere il risarcimento dei danni, il diritto all’azione si prescrive. È bene quindi per l’Amministratore, in caso di inerzia da parte del Condominio, interrompere comunque la prescrizione entro il termine di cui sopra, per evitare addebiti di responsabilità. Come sopra anticipato, la responsabilità in questione è una re-
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sponsabilità contrattuale che, pertanto, presuppone un rapporto preesistente tra due soggetti. Conseguentemente, solo qualora il committente sia un condominio, l’Amministratore, in qualità di rappresentante di tale ente e nell’ambito dei poteri ad esso attribuiti dall’art. 1130 c.c., sarà legittimato ad esperire l’azione di garanzia.
Responsabilità Di diversa natura è invece la responsabilità prevista dall’art. 1669 c.c. che legittima il committente e i suoi aventi causa nelle ipotesi in cui i vizi e difetti siano gravi e affliggano gli immobili destinati a una lunga durata, entro i dieci anni dal compimento dell’opera. Dirimente per comprendere il distinguo tra le due fattispecie in esame è la sentenza n. 3002/2001 per cui “la norma dell’art. 1669 c.c. tende essenzialmente a disciplinare le conseguenze dei vizi costruttivi che incidono negativamente, in maniera profonda, sugli elementi essenziali di struttura e funzionalità dell’opera, influendo sulla sua solidità, efficienza e durata, mentre la disposizione dell’art. 1667 c.c., la quale prevede l’azione di garanzia per i vizi e le difformità, riguarda l’ipotesi delle costruzioni che non corrispondono alle caratteristiche del progetto e del contratto d’appalto o che siano state eseguite senza osservare le regole della tecnica” (conf. Cass. Civ. 13268/2004). Come da ultimo affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, chiamata a dirimere un contrasto in materia, a differenza della previsione dell’art. 1667 c.c., quella dell’art. 1669 c.c. concreta un’ipotesi di responsabilità extracontrattuale (Cass. Civ. Sezioni
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IL PARERE LEGALE
Unite, n. 2248/2014). Ebbene, da ciò discende che possono incorrere in tale responsabilità, a titolo di concorso con l’appaltatore, tutti quei soggetti che, prestando a vario titolo la loro opera nella realizzazione del manufatto, abbiano contribuito, per colpa professionale, alla determinazione dell’evento dannoso – progettista e direttore lavori (Cass. Civ. 17874/2013). Per quanto attiene invece l’avente causa, in caso di edificio in condominio, la legittimazione a proporre l’azione di cui all’art. 1669 c.c. spetta all’Amministratore, peraltro, anche senza preventiva autorizzazione da parte dell’assemblea condominiale (Cass. Civ. n. 17484/2006). Infatti, tale potere discenderebbe dall’art. 1130, I comma, n. 4, c.c. il quale, menzionando gli atti conservativi, non si riferirebbe solamente alle misure cautelari, bensì anche a tutti gli atti diretti a conservare l’esistenza delle parti comuni dell’edificio condominiale (Cass. Civ. 3304/2000; conf. Cass. Civ. 2775/1997). La legittimazione ad processum si estende anche alla proponibilità del procedimento di accertamento tecnico preventivo (Cass. Civ. 23693/2009) e non viene meno a seguito dell’intervento in giudizio di singoli condomini (Cass. Civ. 1178/1980). Discussa è invece l’individuazione del soggetto legittimato qualora i danni riguardino, oltre che l’intero edificio condominiale, anche le singole unità immobiliari. Secondo la più risalente giurisprudenza, in virtù di un’interpretazione estensiva dell’art. 1130, n. 4 c.c., l’Amministratore avrebbe il potere – dovere di ANACI LECCO n.2 | Mag-Lug 2016
compiere atti conservativi per la salvaguardia dei diritti concernenti l’edificio condominiale unitariamente considerato (Cass. Civ. 5613/1996; Cass. Civ. 3366/1995). Più recentemente, invece, la medesima Corte di Cassazione ha escluso la legittimazione dell’Amministratore di promuovere – in difetto di mandato rappresentativo dei singoli condomini – le azioni risarcitorie per i danni subiti nelle unità immobiliari di loro proprietà esclusiva (Cass. Civ. 22656/2010). Infine, così come l’art. 1667 c.c., anche l’art. 1669 c.c. prevede dei termini entro i quali l’azione deve essere esperita. In primo luogo, la disposizione de qua stabilisce che l’avente diritto deve, a pena di decadenza, denunziare i gravi vizi e difetti entro un anno dalla scoperta e che l’azione si prescrive in un anno dalla denunzia. Come statuito dalla giurisprudenza, il termine annuale decorre non già da quando il committente abbia acquisito cognizione di manifestazioni di scarsa rilevanza o di semplici sospetti (Cass. Civ. 8053/1990), bensì dal momento in cui abbia conseguito un apprezzabile grado di conoscenza dell’entità del difetto, dell’incidenza di esso sulla statica e sulla possibilità di godimento dell’immobile secondo la sua destinazione (Cass. Civ. 6619/88; conf. 1052/1992) e addirittura dal momento del deposito della consulenza tecnica resa in sede di ATP (Cass. Civ. 14218/1999). Per quanto attiene la natura e la forma della denunzia, valgono le medesime considerazioni prima svolte in relazione all’art. 1667 c.c., con la precisazione che dovrà essere inviata anche alle altre figure obbligate, progettista e direttore lavori.
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Avv. Alberto Sangregorio
IL PARERE LEGALE
Membro del Centro Studi di ANACI LECCO
La ripartizione delle spese tra nudo proprietario e usufruttuario La disciplina dettata in materia di ripartizione delle spese di un immobile tra nudo proprietario e usufruttuario trova applicazione anche in ambito condominiale, laddove è necessario, per l’appunto, individuare quali spese gravino sull’uno o sull’altro soggetto affinché l’amministratore possa correttamente imputare le relative voci di spesa in sede di riparto. Benché una tale ripartizione sia disciplinata dal Codice Civile agli artt. 1004, 1005 e 1006, la non felice terminologia adottata dal legislatore nelle norme codicistiche predette ha da sempre ingenerato un po’ di confusione, per dipanare la quale è intervenuta la Suprema Corte di Cassazione con la recente sentenza n. 22703/2015. Più in particolare, la sopra richiamata sentenza ha chiarito che, nonostante la commistione dei termini “manutenzione” e “riparazione” operata dal legislatore, competono al nudo proprietario le spese relative alla manutenzione straordinaria e all’usufruttuario quelle relative alla manutenzione ordinaria. Il caso trae origine dalla richiesta di un usufruttuario di vedersi rimborsate le spese di manutenzione straordinaria da esso sostenute in ordine all’immobile oggetto di usufrutto e della eccezione sollevata da parte del nudo proprietario secondo il quale l’art. 1006 c.c. prevede l’obbligo da parte del proprietario di rimborsare le spese sostenute dall’usufruttuario per le “riparazioni” e non per le “manutenzioni”. L’equivoco sorge dalla terminologia utilizzata nell’ambito degli artt. 1004, 1005 e 1006, nei quali viene fatto uso indistintamente dei termini di manutenzione e riparazione, facendo sorgere il dubbio che, secondo il lessico corrente, con l’uso dell’uno o dell’altro vocabolo ci si riferisca a delle fattispecie differenti: con il termine “riparazione” s’intende l’opera che rimedia ad un’alterazione già verificatasi nello stato delle cose in conseguenza dell’uso e per cause naturali, mentre con il termine “manutenzione” ci si riferisce all’opera che previene l’alterazione. In realtà, la Suprema Corte sottolinea che, pur non essendovi identità di significato tra i due termini suddetti, nella disciplina codicistica vi è un uso indifferenziato degli stessi tanto da determinare una commistione tra i medesimi. Dall’analisi dei citati articoli, si rileva come il 1004 c.c. preveda a carico dell’usufruttuario le spese di manutenzione ordinaria e nel II comma le spese di riparazione
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Competono al nudo proprietario le spese relative alla manutenzione straordinaria e all’usufruttuario quelle relative alla manutenzione ordinaria
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IL PARERE LEGALE
straordinaria resesi necessarie dall’inadempimento degli obblighi manutentivi; nell’art. 1005 c.c. si afferma che le riparazioni straordinarie sono a carico del nudo proprietario ed il 1006 c.c. prevede l’obbligo di rimborso per le riparazioni che, seppure a carico del proprietario, siano state eseguite dall’usufruttuario per effetto dell’inerzia del proprietario. Secondo la Suprema Corte, a prescindere dal termine usato dalla norma codicistica, si dovranno considerare a carico dell’usufruttuario le spese relative a quelli interventi diretti a realizzare opere che mantengano il bene, conservandolo e mantenendolo idoneo alla sua destinazione nella sua sostanza materiale; saranno invece a carico del nudo proprietario le spese sostenute per interventi che incidono sulla struttura, la sostanza o la destinazione della cosa. In ragione di quanto sopra, l’usufruttuario che abbia eseguito delle spese che rientrino nel concetto della straordinarietà, siano esse da qualificarsi riparazioni o manutenzioni, avrà diritto, solo al termine dell’usufrutto, così come previsto all’art. 1006 c.c., al rimborso delle stesse. Chiarito quanto sopra, per quanto specificatamente attiene alla realtà condominiale, l’amministratore dovrà attenersi ai criteri suddetti, ripartendo a carico dell’usufruttuario le spese e in genere gli oneri relativi alla custodia, amministrazione e manutenzione ordinaria della cosa, nonché le spese di manutenzione ordinaria dei beni dei servizi comuni (es. impianto di riscaldamento, pulizie, piccole riparazioni, spese per utenze comuni) nonché le spese straordinarie che siano conseguenza di un mancato assolvimento degli obblighi di ordinaria
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amministrazione. Al nudo proprietario, invece, andranno addebitate le spese per le riparazioni straordinarie, consistenti ad es. nelle opere di rifacimento di parti comuni, quelle attinenti alle strutture murarie necessarie per la loro stabilità, quelle relative a interventi di notevole importanza economica sui servizi comuni o quelle per il rinnovamento per intero o per una parte consistente di tetti, muri, scale, e quant’altro. Sempre in tale materia è opportuno richiamare l’importante principio desumibile dalla motivazione della sentenza della Corte di Cassazione (21774/2008), e consistente nel divieto per l’assemblea dei condomini di poter in alcun modo deliberare in merito ai criteri d’imputazione delle spese tra usufruttuario e nudo proprietario, modificando i criteri previsti per legge secondo l’impianto meglio sopra descritto. Sarà poi compito dell’amministratore, ove l’assemblea non abbia provveduto alla corretta individuazione della ripartizione, determinarne la relativa imputazione. Si dovrà poi comunque escludere che possa sussistere nei confronti del condominio una responsabilità solidale in capo a nudo proprietario o all’usufruttuario per i contributi dovuti in ragione dell’unità immobiliare rispettivamente in nuda proprietà o in usufrutto, potendo dunque l’amministratore agire per il recupero degli oneri condominiali a carico dei soggetti predetti limitatamente al credito nascente per le spese, che, secondo i criteri sopra enunciati, siano da ritenere gravanti sull’uno o sull’altro. Al fine di consentire l’incombente predetto sarà necessario, a pena di invalidità della deliberazione, che vengano individuate analiticamente, in sede di preventivo e consuntivo, le spese occorrenti per l‘uso delle parti comuni da quelle per la conservazione delle stesse.
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Avv. Fabrizio Goretti
IL PARERE LEGALE
Membro del Centro Studi di ANACI LECCO
Parti comuni: il caso fortuito di caduta dalle scale e i lastrici solari La responsabilità da cose in custodia e il caso fortuito Come noto, sul Condominio (e di conseguenza sull'Amministratore pro tempore) incombe un generale obbligo di controllo e di custodia delle parti comuni. A al proposito occorre far riferimento a quanto disposto dall’art. 2051 c.c. il quale stabilisce che: “ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose in custodia, salvo che provi il caso fortuito”; quindi, in sostanza, il custode viene chiamato a rispondere del danno cagionato dalla cosa per il solo fatto di ricoprire la predetta qualità di custode. Analizzando con attenzione la norma si può notare però che sussistono dei casi eccezionali che rappresentano delle ipotesi di esonero da responsabilità per il custode; in termini tecnico-giuridici si parla di caso fortuito, ossia di un evento assolutamente imprevedibile che può consistere anche nel comportamento del danneggiato. Prima di approfondire il tema del caso fortuito occorre ricordare che, tra l’altro, per affermare la responsabilità del custode non è solamente necessario che si sia realizzato un fatto dannoso derivante da un bene condominiale, ma è indispensabile che il danneggiato dia la prova del fatto lesivo. Proprio su tale argomento si è espressa la Corte di Cassazione, la quale ha stabilito che, se è vero che nel caso di danno ex art. 2051 c.c. spetta al custode la prova del caso fortuito, è altrettanto vero che “l'attore abbia, a sua volta, ed in via prioritaria, fornito la prova della relazione tra l'evento dannoso lamentato e la cosa in custodia” (Cass. Civ. 3 febbraio 2015 n. 1896). Chiarito questo concetto appare forse necessario meglio specificare su cosa si intenda per caso fortuito in quanto spesso la dottrina e la giurisprudenza utilizzano tale nozione in maniera del tutto generica e astratta. Abbiamo detto che il caso fortuito è una circostanza del tutto imprevedibile: una definizione che si distingue per chiarezza è data dalla sentenza del Tribunale di Bari ( Sez. Civ. II del 27/02/2014) che stabilisce che il caso fortuito può consistere sia in una alterazione dello stato dei luoghi imprevista, imprevedibile e non tempestivamente eliminabile ovvero non segnalabile nemmeno con la normale diligenza, sia nella condotta del danneggiato, ricollegabile all’omissione
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Sussistono dei casi eccezionali che rappresentano delle ipotesi di esonero da responsabilità per il custode: in termini tecnico-giuridici si parla di "caso fortuito", ossia di un evento assolutamente imprevedibile che può consistere anche nel comportamento del danneggiato
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ANACI LECCO n.2 | Mag-Lug 2016
IL PARERE LEGALE
delle normali cautele esigibili in situazione analoghe. Alla luce di quanto sopra riportato “potrà escludersi che il danno sia cagionato dalla cosa, ridotta a mera occasione dell’evento, e ritenersi il caso fortuito, quando anche in relazione alla mancanza di intrinseca pericolosità della cosa, la situazione di pericolo comunque venutasi a creare “si sarebbe potuta evitare attraverso un comportamento ordinariamente cauto”. (Cass. III Sez Civ. n.25584/2013). Se questo è l’orientamento prevalentemente assunto dalla giurisprudenza, occorre precisare la sussistenza di altro orientamento basato su alcune pronunce della Suprema Corte di Cassazione (Cass. n.n. 11592/10 e 25772/09) secondo cui la responsabilità da cose in custodia ex art 2051, sussiste essenzialmente sulla base di due presupposti: un’alterazione della cosa che per le sue intrinseche caratteristiche determina la configurazione nel caso concreto della cosiddetta insidia
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o trabocchetto, e l’imprevedibilità e invisibilità di tale alterazione per il soggetto che, in conseguenza di tale situazione di pericolo, subisce il danno. Dopo queste considerazioni “teoriche” appare opportuno fare qualche esempio concreto per vedere come la giurisprudenza ha applicato ai casi (purtroppo ricorrenti) di danni da caduta nel condominio i principi espressi dalla giurisprudenza sopra riportata. Per esempio appare opportuno richiamare la Sent. n. 454/12 della Corte di Appello di Trieste che ha escluso la responsabilità del condominio per i danni subiti da una signora scivolata sulle scale condominiali. Nel caso sottoposto alla Corte di Appello di Trieste si discuteva della responsabilità del condominio per le lesioni subite da una signora che assumeva essere caduta mentre scendeva le scale condominiali bagnate e prive di illuminazione anche di emergenza. La Corte, confermando la decisione di merito, ha precisato che la responsabilità da cose in custodia ex art.2051 c.c. sussiste qualora ricorrano due presupposti: un’alterazione della cosa che, per le sue intrinseche caratteristiche, determina la configurazione nel caso concreto della cosiddetta insidia e trabocchetto e la imprevedibilità e l’invisibilità di tale “alterazione” per il soggetto che, in conseguenza di questa situazione di pericolo , subisce un danno ( Cass. 11592/10). In considerazione di ciò la Corte escludeva che
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nel caso di specie sottopostale si potesse riconoscere una responsabilità a norma dell’art. 2051 c.c. in quanto l’eventuale alterazione della cosa (la mancanza di illuminazione) era pienamente percepibile dall’attrice e tale da porre in allarme ed attenzione la stessa. La stessa Sentenza affermava che la scelta dell’attrice di scendere le scale, nonostante la mancanza di illuminazione, doveva essere ricondotta ad un’iniziativa consapevole e volontaria della stessa, nonostante la presenza di un ascensore all’altezza del piano ove la stessa si era recata. Insomma, chi è causa del suo mal... Conforme a tale orientamento è la più risalente decisione della Cassazione del 13.05.2010 n. 11592 che ha escluso il risarcimento del danno subito da un’inquilina di un edificio a seguito di una caduta causata da acqua piovana infiltratasi dalla finestra , ritenendo prevedibile l’evento , in quanto si era verificato in condominio e aveva coinvolto un’inquilina ivi abitante da anni e, quindi, a conoscenza di tutte le caratteristiche dell’immobile. La sentenza della Cass. Sez VI n. 5977/12 ha escluso il risarcimento dei danni che asseriva aver subito una signora anziana a seguito di una caduta causata da una grata sporgente dal livello stradale. In questa sentenza la Suprema Corte ha ribadito che la responsabilità civile
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per i danni cagionati da cose in custodia ex art 2051 c.c. individua una ipotesi di responsabilità oggettiva essendo sufficiente per l’applicazione della stessa del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo all’evento lesivo. Pertanto, non assume rilievo in sé la violazione dell’obbligo di custodia della cosa da parte del custode che è esclusa solo dal caso fortuito, fattore questo che non attiene al comportamento del responsabile, ma al profilo causale dell’evento riconducibile non alla cosa immediata, ma a un elemento esterno. Conseguenza di ciò è l’inversione dell’onere della prova in ordine al nesso causale, incombendo comunque sull’attore la prova del nesso causale tra la cosa e l’evento lesivo e sul convenuto la prova del caso fortuito. Nel caso di specie la Cassazione confermava la decisione di merito in quanto parte attrice non provava il nesso eziologico tra la grata e la caduta. Per completezza espositiva appare necessario affrontare da ultimo il caso dell’uso improprio della cosa. Secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente, non un qualsiasi uso improprio o anomalo della cosa in custodia rispetto alla sua destinazione funzionale configura il caso fortuito,perché se invece la condotta concorrente del terzo nella causazione dell’evento non è assolutamente imprevedibile ex ante, persiste il nesso di causalità tra la cosa e la sua funzione (Cass. 2563/07), salva la limitazione del risarcimento del danno per gli effetti dell’art. 1227 c.c. demandato al giudice del merito (Cass. 11227/08.). Quindi, poiché la funzione dell’art. 2051 c.c. è quella di imputare la responsabilità di chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi a essa inerenti, il dovere del ANACI LECCO n.2 | Mag-Lug 2016
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custode di segnalare il pericolo connesso all’uso improprio della cosa, da parte del terzo e/o del danneggiato, si arresta soltanto nel caso in cui la pericolosità dell’utilizzazione di essa , sia talmente evidente ed immediatamente apprezzabile e tale da renderla totalmente imprevedibile, evitabile e tale da essere un fattore causale esterno.
Infiltrazione da lastrico solare: il proprietario paga un terzo Le Sezioni unite civili della Corte di cassazione (sentenza n. 9449 del 10.05.2016) hanno statuito sulla ripartizione delle spese nel caso di infiltrazioni dal terrazzo all’appartamento sottostante. Si è stabilito che chi ha l’uso esclusivo del lastrico solare o di una terrazza a livello si trova, in rapporto alla copertura dell’edificio condominiale, in una posizione specifica, che da una parte ne consente l’utilizzo e dall’altra lo costituisce come custode della superficie del lastrico o della terrazza: con la conseguenza
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di essere titolare di una responsabilità da custodia sulla base dell’articolo 2051 c.c. Il condominio, invece, è tenuto a compiere gli atti conservativi e le opere di manutenzione straordinaria sulle parti comuni dell’edificio; e parte comune dell’edificio deve essere considerata la struttura immediatamente sottostante alla superficie del lastrico e della terrazza. Una parte, cioè, sulla quale la custodia non può essere esercitata nelle medesime forme ipotizzabili per la copertura esterna, tanto da configurare una responsabilità dell’amministratore. Ne consegue che in assenza della prova della riconducibilità del danno alla condotta del proprietario (o, comunque, del titolare di diritto esclusivo) e tenuto conto che l’esecuzione delle opere di riparazione necessita della sua collaborazione e di quella del condominio, il criterio di riparto delle spese “costituisce un parametro legale rappresentativo di una situazione di fatto correlata all’uso e alla custodia della cosa nei termini delineati”. In termini di ripartizione delle spese di riparazione o di ricostruzione, pertanto, occorre applicare l’articolo 1126 del Codice civile, che pone un terzo a carico del proprietario o del titolare di uso esclusivo e i restanti due terzi a carico del condominio. Tra l’altro risponderà del danno, nelle proporzioni dette, chi era titolare del diritto di uso esclusivo al momento del danno e non invece il successivo acquirente dell’immobile. Il danneggiato poi può agire anche singolarmente nei confronti del singolo condomino nei limiti della quota imputabile al condominio.
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Prof. Arch. Annalisa Galante
IL PARERE TECNICO
Membro del Centro Studi e Consulente Tecnico ANACI LECCO
La nuova norma UNI 10200 per la contabilizzazione del calore Come già noto agli amministratori, entro il 31Dicembre 2016 tutti i condomini con riscaldamento centralizzato dovranno dotarsi di un sistema di contabilizzazione del calore e si ha tempo fino a ottobre per procedere all’installazione. L'obbligo, si ricorda, è stato introdotto in Italia dal D.lgs. 102/2014 con l'obiettivo di ridurre i consumi energetici per il riscaldamento degli edifici attraverso una corretta ripartizione delle spese e una maggiore consapevolezza dei consumatori. Previste sanzioni nei casi in cui il condominio non provvede a installare sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore individuali da 500 a 2500 euro (articolo 16 comma 7 del D.lgs. 102/2014). Mentre, per il condominio provvisto di termoregolazione e contabilizzazione che non ripartisce le spese in conformità alla UNI 10200:2015, la sanzione amministrativa va da 500 a 2500 euro (articolo 16 comma 8 del D.lgs. 102/2014). È fatta salva la possibilità, per la prima stagione termica successiva all'installazione dei dispositivi, che la suddivisione si determini in base ai soli millesimi di proprietà. La nuova versione, che andrà a sostituire la norma UNI 10200:2015 "Impianti termici centralizzati di climatizzazione invernale e produzione di acqua calda sanitaria - Criteri di ripartizione delle spese di climatizzazione invernale ed acqua calda sanitaria", è stata in inchiesta pubblica fino al 13 giugno 2016 per recepire commenti e osservazioni.
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Entro il 31 dicembre 2016 è obbligatoria la contabilizzazione del calore per tutti i condomini. Sanzioni previste sia per la mancata installazione, che per una ripartizione delle spese non congrua con la norma
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Programmazione dei ripartitori di calore a cura di un tecnico esperto (foto Brunata)
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Il lavoro di revisione, durato quasi un anno, ha portato alcuni aggiornamenti che sintetizziamo di seguito.
Aggiornamenti ancora in corso È stato introdotto il servizio di climatizzazione estiva (non presente nella versione 2013) e il calcolo conterrà un prospetto previsionale (redatto sulla base del progetto e dell’eventuale monitoraggio) e uno a consuntivo. Viene notevolmente semplificata la metodologia di calcolo della ripartizione della spesa, ora armonizzata con il contesto normativo di riferimento nazionale ed europeo e con una migliore definizione dello stato dell’edificio su cui deve essere effettuato il calcolo, compresa la determinazione della potenza termica dei corpi scaldanti su cui andranno installate valvole e ripartitori.
È stato introdotto un fattore d’uso dell’edificio, per determinare l’incidenza del consumo involontario rispetto a quello totale, che aumenta al diminuire del grado di occupazione. Introdotto l’errore medio stagionale (ovvero l’errore percentuale che viene commesso nella stima dei consumi di energia termica in una stagione di riscaldamento o di raffrescamento), presente per la contabilizzazione diretta mentre assente per quella indiretta. La contabilizzazione ha l’obiettivo di ridurre i consumi, ma sicuramente è fondamentale il ruolo dell’utente finale che deve essere messo nelle condizioni per poter comprendere i propri consumi e attuare azioni di risparmio.
Modifica anche della legislazione È bene precisare che, oltre alla pubblicazione della revisione della UNI 10200, c’è bisogno di una modifica del riferimento all’interno del D.lgs. 102 della UNI 10200 come precisato da ANACI (che partecipa al tavolo di lavoro normativo), che in assenza di espresso richiamo nell'articolo 9 comma 5 lettera d) del D.lgs. 102/2014, alla nuova norma UNI oggi in discussione (UNI 10200:2016), ritiene dal punto di vista giuridico applicabile la norma del 2013 in quanto quelle successive non sono il frutto di meri aggiornamenti, ma di vere e proprie modifiche e integrazioni.
IL PARERE DEL NORMATORE Risponde il Dott. Mattia Merlini, coordinatore Gruppo Consultivo "Decreto Legislativo 102" del CTI – Comitato Termotecnico Italiano. Le osservazioni pervenute alla norma in fase di inchiesta pubblica, hanno stravolto il lungo lavoro della Commissione Tecnica "Contabilizzazione del calore (CT 271)? La fase di inchiesta pubblica consente di avere un confronto con gli operatori coinvolti in modo diretto dalle disposizioni normative o con chi, più semplicemente, intende contribuire fattivamente all'elaborazione di una norma. In quest'ottica i tanti commenti pervenuti durante l'inchiesta pubblica rappresentano un'opportunità per sistemare le criticità applicative emerse dalla consultazione. A tal proposito la CT 271 è chiamata ad esprimersii e a ffornire i risposte i giustificate che potranno portare, se ritenuto necessario dagli esperti che la compongono, a modifiche del testo. Nella nuova versione si parla di prospetto previsionale e prospetto a consuntivo, ci spiega cosa rappresentano? Vanno in mano all'amministratore? In fase di prima applicazione della norma, è richiesta l'elaborazione del prospetto previsionale di ripartizione delle spese di riscaldamento, acqua calda sanitaria e (se previsto) raffrescamento. Tale prospetto consente di confrontare i criteri di ripartizione prima e dopo l'applicazione della UNI 10200, l'obiettivo è quello di fornire una previsione di spesa. Va da se che il prospetto a consuntivo rappresenta, invece, la spesa effettiva, correlata pertanto al consumo realmente registrato dalle apparecchiature atte alla contabilizzazione del calore. Il destinatario della documentazione è il condomino poiché l'obiettivo principale è quello di informare l'utente finale e di rendere trasparente il calcolo di ripartizione. Diremo definitivamente addio ai coefficienti correttivi per gli appartamenti più disperdenti come quelli all’ultimo piano? La tematica è già stata affrontata all'interno della CT 271, ma dovrà necessariamente essere ripresa in mano, a fronte dei diversi commenti pervenuti in inchiesta e che propongono l'integrazione della norma con i coefficienti correttivi. Le proposte dovranno necessariamente essere prese in esame dagli esperti della CT 271, quindi non è esclusa un'integrazione in tal senso.
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Dott. Cesare Grappein
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Coordinatore Tecnico Gestirsi Service srl – Gruppo Eurocert
Il Registro Anagrafe Sicurezza per le strutture e gli impianti È nota la necessità di applicare al condominio le disposizioni di cui al Testo Unico in materia di Salute e Sicurezza sul Lavoro di cui al D.Lgs. n. 81/08, emanato in attuazione della Legge delega 3 agosto 2007 n. 123, quando il condominio si configura quale luogo di lavoro così come definito dall’ art. 62 del Decreto in questione. Ed è anche noto che la definizione di "lavoratore" di cui all’art. 2 del Decreto "persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione" obbliga l’amministratore a procedere alla valutazione di tutti i rischi ed all’adozione delle misure preventive e protettive anche se in presenza di prestazioni lavorative definite "accessorie" perché svolte in modo saltuario. Ma a prescindere dalla configurazione del condominio come luogo di lavoro (sulla quale ci si potrebbe soffermare perché il condominio è comunque senza dubbio un luogo nel quale prestano attività lavoratori autonomi e operai delle imprese incaricate degli interventi), l’art. 1130 p. 6 del c.c., a seguito della riforma del condominio operata con la Legge 220/2012, successivamente integrata dal Decreto Legge n. 145/2013 convertito, con modificazioni, in
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Il RAS fornisce evidenza dello stato di salute delle parti comuni raccogliendo i dati di carattere documentale, strutturale e impiantistico
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Legge n. 9/2014, prevede per l’ amministratore l’obbligo di "curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale contenente le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento, comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare, nonché ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza delle parti comuni dell’edificio". Il Registro Anagrafe Sicurezza (RAS), parte integrante del Registro di Anagrafe Condominiale (RAC), è il documento che fornisce evidenza dello stato di salute delle parti comuni condominiali raccogliendo i dati di carattere documentale, strutturale e impiantistico già a disposizione dell’amministratore o ricavabili da una approfondita procedura di individuazione e analisi dei rischi potenziali. L’amministratore è tenuto a procedere alla raccolta dei dati necessari e mancanti, indipendentemente dall’approvazione dell’assemblea condominiale. ANACI LECCO n.2 | Mag-Lug 2016
A conferma di questo interviene ancora il punto 6 dell’art. 1130: "L'amministratore, in caso di inerzia, mancanza o incompletezza delle comunicazioni, richiede con lettera raccomandata le informazioni necessarie alla tenuta del Registro di Anagrafe. Decorsi 30 gg., in caso di omessa o incompleta risposta, l’amministratore acquisisce le informazioni necessarie, addebitandone il costo ai responsabili". Ma quale è la documentazione attestante la Sicurezza dell’edificio e delle parti comuni? Il certificato di abitabilità e agibilità, il certificato di prevenzione incendi, le dichiarazioni di conformità degli impianti elettrici, idrotermo sanitari, di condizionamento, dell’impianto di adduzione gas, dei cancelli e delle porte automatizzate ecc. Così come le dichiarazioni di verifica dell’impianto di messa a terra, degli ascensori e delle linee vita. Il RAS dovrà inoltre fornire evidenza della rispondenza delle parti comuni alle indicazioni di cui alle vigenti norme tecniche e all’allegato IV del D. Lgs. n. 81/08 (parapetti, pareti vetrate, corrimano, segnaletica obbligatoria ecc.). L’obbligo della redazione del Registro Anagrafe Condominiale comprensivo dei dati inerenti le condizioni di Sicurezza dell’edificio grava sull’amministratore, che è responsabile della veridicità dei dati riportati. Si sottolinea quindi l’importanza di rivolgersi a tecnici qualificati e con esperienza specifica nel particolare settore di cui trattasi. La procedura di individuazione e analisi dei rischi deve essere ripetuta periodicamente e comunque sempre in occasione di modifiche impiantistiche o strutturali di rilievo.
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Ing. Alessio Maggi
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Esperto in sicurezza e ambiente - Tecnolario
Procedimenti per la prevenzione incendi nei condomini Negli ultimi anni, sono state introdotte delle modifiche importanti relative ai procedimenti della prevenzione incendi che interessano i condomini residenziali nonché le autorimesse e le centrali termiche di loro pertinenza. Il D.P.R. 151/2011 ha apportato modifiche sia ai criteri di classificazione degli edifici, sia ai procedimenti necessari per la presentazione della SCIA antincendio (Segnalazione Certificata di Inizio Attività antincendio). Nonostante le modifiche, non sono state alterate però le regole tecniche, di conseguenza le opere di adeguamento necessarie, bensì la nuova normativa introduce nuovi criteri procedurali per la presentazione della SCIA antincendio, la quale sostituisce l’ormai datato CPI (Certificato di Prevenzione Incendi). Il nuovo regolamento semplifica e velocizza le procedure distinguendo in tre categorie le attività soggette alla prevenzione incendio, classe A, B e C, individuate in ragione della gravità del rischio (cfr. Tab. 1). Il periodo di validità della SCIA antincendio varia a seconda del tipo di attività, se si considerano centrali termiche e autorimesse, 5 anni, mentre per gli edifici destinati a civile abitazione con altezza antincendio maggiore di 24 m la validità passa da 6 a 10 anni.
L’amministratore e i suoi compiti L’amministratore in accordo con il D.M. 10 marzo 1998, è chi, a tutti gli effetti, è visto come datore di lavoro per un condominio. Poiché ricopre tale posizione, l’amministratore è responsabile delle condizioni di efficienza delle attrezzature e degli impianti di protezione antincendio. L'amministratore di condominio ha l’obbligo di richiedere il rilascio del Certificato di Prevenzione Incendi, il così detto C.P.I. (o S.C.I.A.) e, nel caso il medesimo sia già stato rilasciato, deve provvedere al rinnovo alla sua scadenza, mantenendo in efficienza le attività e gli impianti e non modificandoli rispetto alla situazione che ha consentito il rilascio del medesimo. In particolare, l’amministratore deve: • mantenere in efficienza i presidi e le attrezzature antincendio richieste quali idranti, porte antincendio, estintori, illuminazione di emergenza, eventuali allarmi e spegnimenti automatici per le parti comuni dell'edificio;
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Il D.P.R. 151/11 ha apportato modifiche sia ai criteri di classificazione degli edifici, sia ai procedimenti necessari per la presentazione della SCIA antincendio
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Tab. 1 | Attività soggette alla prevenzione incendi nei condomini in base al livello di rischio LIVELLO DI RISCHIO
ATTIVITÀ SOGGETTE
PROCEDURE
Rischio basso
• Centrali termiche con potenzialità compresa tra 116 e 350 kW (attività 74/A del D.P.R. 151/2011); • Autorimesse con superficie complessiva coperta compresa tra 300 e 1000 m2 (attività 75/A del D.P.R. 151/2011); • Edifici destinati a civile abitazione con altezza antincendio compresa tra 24 e 32 m (attività 77/A del D.P.R. 151/2011)
• Redazione di progetto di adeguamento alla normativa antincendio firmato da tecnico abilitato ai sensi della L 818/81; • Adeguamento dell’edificio in oggetto al progetto; • Raccolta di tutti i documenti e certificazioni i quali attestano che l’immobile sia in regola; • Presentazione della SCIA antincendio accompagnata dal progetto e le documentazioni descritte nei punti precedenti
Rischio medio
• Centrali termiche con potenzialità compresa tra 350 e 700 kW (attività 74/B del D.P.R. 151/2011); • Autorimesse con superficie complessiva coperta compresa tra 1000 e 3000 m2 (attività 75/B del D.P.R. 151/2011); • Edifici destinati a civile abitazione con altezza antincendio compresa tra 32 e 54 m (attività 77/B del D.P.R. 151/2011)
• Presentazione del progetto da sottoporsi a alla richiesta di valutazione ai fini antincendio ai sensi dell’art.3 del D.P.R 151/2011; • Adeguamento dell’edificio in oggetto al progetto; • Raccolta di tutti i documenti e certificazioni i quali attestano che l’immobile sia in regola; • Presentazione della SCIA antincendio accompagnata dal progetto e le documentazioni descritte nei punti precedenti
Rischio alto
• Centrali termiche con potenzialità superiore a 700 kW (attività 74/C del D.P.R. 151/2011); • Autorimesse con superficie complessiva coperta superiore a 3000 m2 (attività 75/C del D.P.R. 151/2011); • Edifici destinati a civile abitazione con altezza antincendio superiore a 54 m (attività 77/C del D.P.R. 151/2011)
• Presentazione del progetto da sottoporsi a alla richiesta di valutazione ai fini antincendio ai sensi dell’art.3 del D.P.R 151/2011; • Adeguamento dell’edificio in oggetto al progetto; • Raccolta di tutti i documenti e certificazioni i quali attestano che l’immobile sia in regola; • Presentazione della SCIA antincendio accompagnata dal progetto e le documentazioni descritte nei punti precedenti
• effettuare i controlli, le verifiche e le manutenzioni sui presidi antincendio anche secondo quanto indicato sulla SCIA; • divulgare a tutti gli utilizzatori dell’edificio quali: condòmini, dipendenti, imprese e lavoratori autonomi, i rischi di incendio delle specifiche attività, i metodi di prevenzione e protezione da adottare in caso di incendio; • annotare i controlli e l’informazioANACI LECCO n.2 | Mag-Lug 2016
ne divulgata su un apposito registro, che deve essere tenuto aggiornato e reso disponibile in occasione dei controlli dell’autorità competente. Sovente avviene che, all’interno del condominio, coesistano differenti attività (supermercati, negozi di vernici, officine, autorimesse commerciali, scuole, alberghi, ecc.). In questo caso, fermo restando la responsabilità dell'amministratore per le parti comuni nei riguardi della Prevenzione Incendi, l'obbligo di uniformarsi alle norme e procedure di sicurezza per le altre attività compete direttamente ai titolari delle stesse. L'amministratore, pur non essendo responsabile dell'eventuale cattiva gestione della sicurezza in dette attività, deve vigilare affinché le stesse siano sempre in possesso di CPI valido.
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Ing. Salvatore Correale
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Titolare di CIDIMM e CTU Tribunale di Monza
La diagnostica strumentale al servizio del condominio Il ricorrente costume di molti amministratori di fronte ai problemi “tecnici” lamentati dai propri condomini è quello di conferire incarico a ditte di fiducia per visionare, presso i luoghi oggetto delle doglianze, le problematiche segnalate. Nella maggior parte dei casi queste imprese eseguono interventi riparatori che non comportano sempre – anzi raramente - la soluzione del problema. Sulla base dell’esperienza le tipologie più frequenti di danni condominiali sono nel 85% dei casi le classiche infiltrazioni meteoriche, nel 10% dei casi le problematiche da condensa/muffa, e raggruppate nel 5% dei casi ci sono le problematiche strutturali, acustiche e impiantistiche. Quando perviene una segnalazione da un condomino è fondamentale che l’amministratore incarichi un tecnico o una società specializzata che effettui una verifica molto scrupolosa in loco, questo sia per il fabbricato sia di nuova costruzione, sia che abbia superato i canonici 10 anni di garanzia. Questo primo report è fondamentale per ben inquadrare la problematica e per preventivare una corretta indagine che nella maggior parte dei casi è di carattere strumentale. Naturalmente l’eventuale attivazione dell’indagine, che può avvenire solo con delibera assembleare o previo autorizzazione di consiglieri incaricati, è finalizzata o a un’azione giudiziaria nei confronti del costruttore e dei tecnici incaricati alla fabbricazione o alla mera ricerca della causa che ha originato la problematica con progettazione della soluzione riparatoria.
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Le tipologie più frequenti di danni condominiali sono nell'85% dei casi le infiltrazioni meteoriche, nel 10% condensa e muffa, e nel 5% problematiche strutturali, acustiche e impiantistiche
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Nel caso delle infiltrazioni La metodologia più frequente di indagine, in presenza di una tenuta impermeabile tipo guaina bituminosa o in pvc è il Tracer Gas. Questa indagine viene effettuata all’intradosso del manto di impermeabilizzazione e si svolge applicando delle flange nei punti di ispezione con successivo insufflaggio di un gas inerte (miscela di Azoto 95% e Idrogeno 5%) tra il supporto e la membrana stessa. Atteso il tempo necessario per l’espansione della miscela, con l’ausilio di apparecchiature speciali di rilevazione del gas, si procede poi con l’identificazione e la segnalazione tramite mappatura di tutti i possibili punti che potrebbero aver subito danni o che
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causano infiltrazioni. Per una migliore individuazione dei punti critici è opportuno seguire con attenzione questa indagine, con un preventivo rilievo dei luoghi e con eventuali indagini di supporto tipo il carbon-test da effettuare all’intradosso della soletta o di misurazione di umidità con degli strumenti detti “microonde” capaci di rilevare la presenza d’acqua fino a 30 cm di profondità. Questa tecnica permette di effettuare riparazioni per tenute impermeabile non estremamente vetuste con notevole riduzioni dei costi di intervento. La guaina bituminosa o il pvc che hanno raggiunto i limiti di efficienza prescritti e/o presentano degradate caratteristiche funzionali comprovate da analisi di laboratorio, non si ritengono oggetto di indagine e né di riparazione, ma piuttosto di sostituzione complessiva. Naturalmente le infiltrazioni meteoriche generano numerosi danni da ammoloramento, in particolare visibili all’intradosso dei solai e sui fronti e sulle lamine degli aggetti, problematiche alimentate dalla carbonatazione del calcestruzzo. La carbonatazione è un fenomeno chimico e in presenza di acqua si abbassa il PH del calcestruzzo che sotto il valore di 11 diventa aggressivo. in particolare aumenta la vulnerabilità delle armature favorendo l’innesco di fenomeni di ossidazione delle stesse e con essi l’aumento di volumetria, causa delle fessurazioni visibili in particolare sugli intradossi delle solette (copriferro).
Condensa e muffa Tra gli altri casi più di doglianze più frequenti per i condomini è senza ombra di dubbio da citare la problematica da condensa/muffa. Dubbio ricorrente è ANACI LECCO n.2 | Mag-Lug 2016
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Problemi strutturali
se questi fenomeni sono generati dalla errata conduzione degli ambienti o da carenze del sistema isolamento/impianto di riscaldamento. Per ben valutare queste problematiche le indagini devono essere eseguite nel periodo invernale con l’ausilio della termografia (passiva), dei data logger (registratori di umidità relativa/termperatura) e del termoflussimetro (unico strumento in grado di misurare la reale trasmittanza del tamponamento). Con queste verifiche strumentali si fornisce una corretta valutazione delle problematiche da condensa e la soluzione alle stesse.
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Limitando infine il campo alle problematiche “strutturali” più frequenti, anche se non è una mera doglianza statica come può essere ad esempio un cedimento fondazionale, quello dello sfondellamento delle pignatte è un problema molto sentito…e pericoloso! Lo stesso interessa naturalmente i solai cosiddetti alleggeriti, ovvero realizzati con travetti gettati in opera o prefabbricati e pignatte in laterizio. Le cause dello sfondellamento sono diverse e possano riassumersi in eccessive dilatazioni termiche, condizioni igrometriche impreviste, errate concezioni di calcolo (eccessivi carichi gravanti o cattiva ripartizione delle azioni) o scelte geometriche non ponderate (luci eccessive o posizionamento improprio di murature o elementi rompitratta) oppure condizioni d’uso in genere che possono mettere a dura prova i componenti (infiltrazioni, allagamenti, ecc.). Lo sfondellamento può interessare anche i solai di recente realizzazione e in genere i segni premonitori sono le fessurazioni dell’intonaco a plafone. Per indagare questa problematica è necessaria una attenta battitura dell’intradosso del solaio che all’orecchio esperto fornisce utili indicazioni. Esistono in commercio anche strumenti che registrano in fase di battitura il suono e forniscono immediatamente un giudizio di eventuale allarme da sfondellamento. Rimane solo da evidenziare che la verifica preliminare delle problematica da parte di un tecnico specializzato non deve essere considerata dai condomini come un costo aggiuntivo, ma anzi come un'ottimizzazione dei costi in quanto gli incauti e inutili interventi delle imprese, senza un'accurata indagine, generano delle inutili spese senza essere molto spesso risolutivi. ANACI LECCO n.2 | Mag-Lug 2016
Sig. Furio Orsini
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Consulente esperto di telefonia e connettività - Titolare di EFFEO Telefonia
L'evoluzione della connettività in condominio
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Parlare di internet potrebbe risultare noioso e anche superfluo, chi ADSL, HDSL o al mondo d’oggi sarebbe in imbarazzo nel rispondere alla semplice Fibra Ottica domanda: ”Cos'è internet?”. Ma forse non tutti conoscono i “canali” che utilizziamo per “navigare” in internet. sono termini ADSL, HDSL o Fibra Ottica sono termini sempre più entrati nel linsempre più guaggio comune, ma forse potrebbe essere interessante e curioso sapere a cosa corrispondono. Ci proviamo. entrati nel linguaggio coADSL mune, ma forse ADSL, acronimo di Asymmetric Digital Subscriber Line (Linea Asimpotrebbe essere metrica di Collegamento Digitale) è il “canale” utilizzato per accedeinternet ad alta velocità, viene definita “asimmetrica” in quanto interessante e rela ad ricezione dei dati (download) avviene ad una velocità maggiore curioso sapere rispetto al loro invio (upload). In ogni abitazione o azienda è possibile installare una linea ADSL a cosa perché questa utilizza la rete telefonica, così detto “doppino”, quindi corrispondono. basterà collegare un modem alla vostra linea di rete fissa e sarà Ci proviamo in possibile usufruire della connettività. Ma cosa comporta ciò? I dati fluiscono all’interno di questo “canale” in modo disordinato, questo articolo sono quindi soggetti a urti fra di loro e ad attriti che ne riducono
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sensibilmente la velocità oltre che la “pulizia”; aggiungiamo poi che la voce scorre anch’essa a “pacchetti” ed utilizza parte del “canale”, ecco quindi che tutti questi “pacchetti” finiscono con il deteriorare la qualità della trasmissione. Altro elemento che in qualche modo influisce sulle prestazioni della ADSL è la distanza tra la centrale e l’utilizzatore finale. Rimane comunque il grande vantaggio della capillare diffusione del-
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IL PARERE TECNICO
la ADSL, si può dire che dove c’è un telefono è possibile avere anche una ADSL.
HDSL HDSL, acronimo di High data rate Digital Subscriber Line (Linea Alta velocità Collegamento Digitale) è il “canale” per la sola trasmissione dei dati. Volendo utilizzare ancora l’immagine del “canale”, in questo caso il doppino in rame viene diviso in due “corsie” riducendo così notevolmente l’attrito tra i pacchetti di dati permettendo così una “simmetricità” tra la velocità in download e quella in upload. Inoltre è una linea “dedicata” per ogni singolo utente e questo permette di garantire una velocità minima molto vicina a quella di Picco. Ma quali sono gli svantaggi? Semplice il fatto di non poter garantire una copertura, o “presenza” in qualsiasi zona, questo proprio perché non utilizza una rete già esistente. Potremmo definirla quindi una linea che per caratteristiche tecniche e di impiego è rivolta ad una utenza ben precisa : alle aziende.
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Fibra ottica La rivoluzione della trasmissione dati: si è abbandonato il “doppino” e si utilizza una filamento molto sottile, della dimensione di un capello. Le fibre ottiche sono classificate come guide d'onda dielettriche. Esse, in altre parole, permettono di convogliare e guidare al loro interno un campo elettromagnetico di frequenza sufficientemente alta (in genere in prossimità dell'infrarosso) con perdite estremamente limitate. Disponibili sotto forma di cavi, sono flessibili, immuni ai disturbi elettrici ed alle condizioni atmosferiche più estreme, e poco sensibili a variazioni di temperatura. La grande resistenza permette, quindi, di garantire livelli di efficienza e di durata elevatissimi. Ma come fluiscono i dati all’interno?
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IL PARERE TECNICO
Abbiamo parlato di luce in quanto insieme di onde elettromagnetiche, quindi di fotoni, che rimbalzano all’interno dei cavi di fibra ottica, ovvero una o più fibre ottiche contenute in una guaina dalle pareti interne a specchio che permette la rifrazione del segnale luminoso. All'interno di una fibra ottica il segnale può propagarsi in modo rettilineo oppure essere riflesso un numero molto elevato di volte. Il modo di propagazione rettilineo si dice di ordine zero. Le fibre monomodali consentono la propagazione di luce secondo un solo modo Di contro le fibre multimodali permettono l'uso di dispositivi più semplici, ma subiscono il fenomeno della dispersione intermodale e questo limita la distanza massima a cui il segnale può essere ricevuto correttamente. Quando si parla di Fibra Ottica si specifica FTTC (o FTTS) , FTTB e FTTH, ma cosa vogliono dire questi acronimi? FTTC o FTTS (Fiber To The Cabinet o Fiber To The Steet) ovvero il cavo di Fibra Ottica dalla centrale arriva alla “cabinet” più vicina all’utente (normalmente al di sotto dei 300 metri). FTTB (Fiber To The Building) ovvero il cavo di fibra ottica arriva sino all’edificio dove risiede l’utente. In questi due casi l’ultimo tratto viene coperto da un doppino in rame. FTTH (Fiber To The Home) ovvero il cavo di Fibra Ottica arriva direttamente al modem dell’utente finale senza alcuna interferenza. Oggi come oggi i collegamenti FTTH sono previsti nelle città principali o nel caso in cui venga fatta una progettazione “dedicata” solo per l’utente finale. ANACI LECCO n.2 | Mag-Lug 2016
Nella maggior parte dei casi, invece si tratta di cavi posati a cui vengono collegate le cabinet di zona, ad esse vengono collegati con un doppino in rame i singoli utenti. È ovvio che i primi tre casi sono quelli per i quali non si può parlare di “banda simmetrica” proprio per le possibilità di dispersione dovuta al collegamento finale in rame.
Velocità di trasmissione dati Abbiamo parlato di velocità di trasmissione dei dati. Nel dettaglio ecco le differenze: • ADSL vengono proposte connettività “nominali” di 20Mbit/ secondo o 7Mbit/secondo; • HDSL connettività da 2Mbit/secondo sino ad 8Mbit/secondo; • FIBRA OTTICA, connettività da 10Mbit/secondo sino a 300Mbit/secondo. Cos’è il “bit”? È l’unità di misura dell’informazione (dall’inglese binary digit) definita come la quantità minima di informazione. Kbit/secondo o Mbit/secondo sono quindi le unità di misura che indicano la velocità di trasmissione dei dati.
Banda Minima Garantita Altro termine frequentemente utilizzato è: Banda Minima Garantita, ma cos’è? È la velocità minima che si è in grado di garantire all’utente in ogni momento, ovvero è la velocità che possono raggiungere tutti gli utenti connessi nel caso in cui tutti contemporaneamente effettuino un trasferimento di dati. Nei tre differenti tipi di connettività appare evidente che la Banda Minima Garantita subisce grandi variazioni: • l’ ADSL per le caratteristiche precedentemente illustrate, avrà una Banda Minima molto inferiore alla così detta Banda Di Picco (20Mbit/secondo o 7Mbit/secondo), partiamo dai 128Kbit/secondo (Kbit è 1 millesimo in meno del Mbit); • l'HDSL avrà, invece una Banda Minima Garantita molto vicina alla Banda Di Picco (dai 2Mbit/secondo agli 8Mbit/secondo); • la Fibra Ottica avrà differenti comportamenti a seconda della caratteristica (FTTC, FTTS o FTTB rispetto alla FTTH) si passerà da una velocità pari ad 1/3 di quella della Banda Di Picco sino a quella uguale. Spero di aver fornito una serie di “nozioni” non troppo tecniche, ma altrettanto utili per comprendere il mondo che sta dietro alla connettività che abbiamo a casa o in ufficio.
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Dott.ssa Raffaella Figini
IL PARERE FISCALE
Dottore Commercialista e Consulente fiscale di ANACI LECCO
Principali novità fiscali chiarite dall'Agenzia delle Entrate Come ogni anno, emanata la legge di stabilità, l’agenzia delle Entrate si riserva di chiarire le principali novità con l’emanazione di circolari che meglio chiariscono le modalità applicative delle novità stesse.
Detrazione IRPEF Di particolare interesse è la circolare 20/E del 18 maggio 2016. È stato, infatti, chiarito che la detrazione irpef pari al 50% dell’imposta sul valore aggiunto corrisposta spetta sull’acquisto di abitazioni, a patto che tale acquisto venga effettuato entro il giorno 31 dicembre 2016. L’Agenzia ha chiarito che si applica all’acquisto di unità immobiliari residenziali di classe energetica A o B cedute da imprese costruttrici che applicano l’IVA all’atto del trasferimento. Tale detrazione trova la sua applicazione anche nel caso di acquisto di immobile residenziale anche da imprese “di ripristino” o “di ristrutturazione” che abbiano eseguito interventi di ristrutturazione, anche mediante imprese appaltatrici o interventi di restauro e risanamento conservativo. L’agevolazione spetta anche alla pertinenza, a condizione che l’acquisto sia contestuale a quello dell’unità abitativa e che nell’atto di acquisto sia evidenziato il vincolo pertinenziale. La modalità di recupero del credito del 50% dell’iva dovuta avviene mediante la detrazione, in dieci quote costanti, a partire dall’anno in cui sono state sostenute le spese e nei 9 esercizi successivi. Per le imprese, la circolare mette in evidenza l’intervento operato sull’aliquota Ires ordinaria, che verrà ridotta al 24% a partire dal 2017.
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L’Agenzia delle Entrate si riserva di chiarire le principali novità con l’emanazione di circolari che chiariscono le modalità applicative delle novità stesse
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No Tax Area La legge di Stabilità 2016 aveva inoltre esteso la No Tax Area per i pensionati over 75 a 8mila euro. In sintesi, l’imposta sul reddito delle persone fisiche non è dovuta nel caso di redditi al di sotto delle seguenti soglie: • redditi esclusivamente da pensione: sopra i 75 anni di età sino a 8.000 euro (la soglia di esenzione nel 2015 era fissata a 7.500 euro); • redditi da lavoro dipendente o assimilato, 8.000 euro;
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• redditi da lavoro autonomo occasionale o diritti d’autore, 4.800 euro; • redditi da terreni, redditi agrari e redditi dei fabbricati, 500 euro; • redditi esclusivamente da terreni, 185,92 euro; • compensi derivanti da attività sportive dilettantistiche, 28.158,28 euro. Ricadono nella “no tax area” anche cioè i possessori di redditi la cui l'imposta lorda è assorbita dalle detrazioni per redditi previste dal Tuir, normalmente non possono fruire di tale agevolazione, che spetta solo fino a concorrenza dell'imposta lorda. I contribuenti che rientrano nella “no tax area” sono di fatto esonerati dal versamento dell'Irpef. Fino al 2015, avrebbero dovuto riANACI LECCO n.2 | Mag-Lug 2016
nunciare alla detrazione del 65% delle spese sostenute per la riqualificazione delle parti comuni degli edifici nel 2016. Questo perchè la detrazione spetta nel limite dell'imposta a debito. La disposizione riguarda esclusivamente le spese sostenute per interventi di riqualificazione energetica effettuati sulle parti comuni degli edifici, per le quali spetta la detrazione dall'imposta lorda del 65%.
Cessione del credito La novità è che dal 2016 i contribuenti "no tax area" possono cederla agli stessi fornitori che hanno eseguito i lavori o le prestazioni come parte del pagamento dovuto. Attraverso il meccanismo della cessione del credito, invece, la detrazione per la riqualificazione energetica può essere fatta valere come parte del pagamento da loro dovuto in base alla tabella millesimale di ripartizione delle spese condominiali. L’agenzia delle Entrate ha finalmente spiegato come funziona tale meccanismo previsto dalla legge di Stabilità, con il provvedimento pubblicato in data 22 marzo 2016. In primo luogo la scelta di cedere il credito deve risultare dalla delibera assembleare che approva gli interventi. In alternativa, tale scelta può essere comunicata al condominio
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che a sua volta, la comunica ai fornitori. A comunicazione ricevuta, i fornitori dovranno comunicare l'avvenuta accettazione del credito a titolo di pagamento di parte del corrispettivo per i beni ceduti e le attività prestate al condominio. L'efficacia di tale operazione è subordinata all'invio da parte dei condomini, di una apposita comunicazione, il cui termine di scadenza è il 31 marzo 2017, con modalità telematiche all'agenzia delle Entrate con il canale Entratel o Fisconline. Tale comunicazione dovrà contenere: • l'ammontare della spesa sostenuta nel 2016 per lavori di riqualificazione energetica su parti comuni; • l’elenco dei bonifici effettuati per il pagamento delle spese; • il codice fiscale dei condomini che hanno ceduto il credito e l'importo del credito ceduto da ciascuno; • il codice fiscale dei fornitori cessionari del credito; • l'importo totale del credito ceduto a ciascuno di essi. Il condominio, dopo aver inviato la comunicazione all'Agenzia delle Entrate, è anche tenuto a comunicare l'avvenuto invio all'Agenzia delle Entrate ai fornitori. Il vantaggio per i fornitori consiste nella possibilità di utilizzare il credito esclusivamente in compensazione in dieci rate annuali di pari importo, a partire dal 10 aprile 2017. La quota del credito non fruita nell'anno è utilizzabile negli anni successivi e non può essere chiesta a rimborso. L'Agenzia, con apposita risoluzione, istituirà il codice tributo per l'uso del credito d'imposta da indicare nell'F24 che dovrà
essere necessariamente presentato tramite il canale telematico Entratel o Fisconline.
Calendario delle scadenze fiscali Il Fisco ha riscritto il calendario delle scadenze fiscali. Inizialmente il termine per la presentazione del mod 730, che da quest’anno comprende il quadro K per gli amministratori di condominio, è stato posticipato. Infatti, il termine del 7 luglio è slittato avanti di due settimane e la nuova scadenza sarà venerdì 22 luglio. Il fisco ha comunque condizionato tale proroga al fatto che il Caf o l’intermediario abbiano trasmesso, entro la data del 7 luglio, almeno l’80% dei modelli precompilati o ordinari dei contribuenti. Va tenuto conto che questo slittamento potrebbe creare malcontento ai contribuenti che si vedranno riconoscere il rimborso nel mese successivo; ciò in quanto i sostituti di imposta si troveranno a far elaborare i cedolini paga nel mese di agosto con un organico magari ridotto per le ferie estive. Moratoria estiva anche per gli avvisi, compresi quelli bonari, inviati dall’Agenzia delle Entrate tra il 1° e il 31 agosto; i termini slitteranno automaticamente di 30 giorni.
Proroga versamenti Con Comunicato Stampa n. 107 del 14 giugno, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha prorogato al 6 luglio 2016 del termine per effettuare i versamenti derivanti dal modello UNICO 2016 per tutti i contribuenti che esercitano attività economiche sog-
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IL PARERE FISCALE
gette agli studi di settore, con volume di affari inferiore a euro 5.164.569. slittato al 22 di agosto 2016 il termine per il versamento con la maggiorazione del 0,40%. La proroga riguarda tutti i versamenti che derivano dalla dichiarazione dei redditi (oltre ad IRPEF ed IRES, anche cedolare secca, altre imposte sostitutive, IVIE, IVAFE), dalla dichiarazione IRAP, dalla dichiarazione IVA presentata in forma unificata e quindi interessa anche contributi previdenziali INPS di coloro che sono iscritti alla gestione artigiani e commercianti e alla gestione separata e il diritto annuale alla Camera di Commercio. Rammentiamo che sono Interessati dalla proroga sono anche: a. i soggetti per i quali operano cause di esclusione dagli studi di settore o di inapplicabilità; b. i contribuenti minimi ex art.27, D.L. n.98/2011, che svolgano attività economiche soggette agli studi di settore; c. i contribuenti che adottano il regime forfetario, che svolgano attività economiche soggette agli studi di settore; d. i soci di società di persone che svolgano attività soggette agli studi di settore; e. i soci che dichiarano un reddito per trasparenza ex artt.115 e 116, TUIR, da un soggetto che svolga attività soggetta agli studi di settore. Di fatto, come ogni anno, è stato creato una sorta di doppio binario per i contribuenti, distinguendo tra coloro che sono soggetti agli studi di settore e coloro i quali non lo sono. Inoltre, questa proroga ha ripercusANACI LECCO n.2 | Mag-Lug 2016
sioni anche sui pagamenti, sia per i soggetti che decidono di pagare con la maggiorazione del 0,40% il cui termine a questo punto è il 22 agosto, sia per i soggetti che optano per il pagamento dilazionato. In sede di versamento delle imposte derivanti dal modello unico 2016, i contribuenti hanno la possibilità di versare il saldo e l’acconto delle imposte nonché i contributi dovuti, in rate mensili fino a novembre, mese dell’ultima rata (e del secondo eventuale acconto, da versarsi però in un’unica soluzione). In caso di rateizzazione, il fisco prevede che debbano conteggiarsi altresì gli interessi da calcolarsi nella misura del 4% annuo. Il calcolo deve essere effettuato con il metodo commerciale, a partire dal giorno successivo a quello della scadenza della prima rata e fino alla data di scadenza della rata successiva. Ecco le nuove scadenze derivanti dalla dichiarazione dei redditi con modello unico: • per i contribuenti non tenuti all’applicazione degli studi di settore, il termine di versamento delle imposte è rimasta invariato, 16 giugno 2016 oppure 18 luglio 2016, con la maggiorazione dello 0,40%. • per i contribuenti che applicano degli studi di settore, il termine di versamento delle imposte è stato prorogato al 6 luglio 2016 oppure al 22 agosto 2016 con la maggiorazione dello 0,40%. In caso di rateazione, la distinzione va effettuata sulla base della tipologia del contribuente, distinguendo tra contribuenti titolari di partita Iva e contribuenti non titolari di partita iva. Rateizzazione imposte da dichiarazione dei redditi Unico 2016 per i contribuenti non titolari di partita IVA. Per
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i contribuenti non titolari di partita IVA le scadenze sono rimaste invariate, possono pertanto effettuare il pagamento della prima rata entro il 16 giugno 2016 ovvero entro il 18 luglio 2016 maggiorando l’importo dovuto dello 0,40 per cento a titolo d’interesse corrispettivo. In caso di versamento della prima rata nel termine ordinario del 16 giugno, lo sviluppo del piano di rateazione è il seguente: • 1° rata termine del 16 giugno con interessi pari a 0; • 2° rata termine del 30 giugno con interessi pari a 0,16%; • 3° rata termine del 22 agosto con interessi pari a 0,49%; • 4° rata termine del 31 agosto con interessi pari a 0,82%; • 5° rata termine del 30 settembre con interessi pari a 1,15%; • 6° rata termine del 31 ottobre con interessi pari a 1,48%; • 7° rata termine del 30 novembre con interessi pari a 1,81%. In caso di versamento della prima rata nel termine successivo del 18 luglio (con maggiorazione dello 0,40%), lo sviluppo del piano di rateazione è il seguente : • 1° rata termine del 18 luglio con interessi pari a 0; • 2° rata termine del 22 agosto con interessi pari a 0,13%; • 3° rata termine del 31 agosto con interessi pari a 0,46%; • 4° rata termine del 30 settembre con interessi pari a 0,79%; • 5° rata termine del 31 ottobre con interessi pari a 1,12%; • 6° rata termine del 30 novembre con interessi pari a 1,45%.
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Rateizzazione imposte da dichiarazione dei redditi Unico 2016 per i contribuenti titolari di partita IVA. In questo secondo caso, occorre effettuare un’ulteriore distinzione tra contribuente con partita Iva non soggetto agli studi di settore e contribuente con partita Iva soggetto agli studi di settore. Nel primo caso le scadenze sono rimaste invariate, pertanto effettuano il pagamento della prima rata con la classica scadenza del 16 luglio 2016, ovvero entro il 18 luglio 2016 maggiorando l’importo dovuto dello 0,40%. In caso di versamento della prima rata nel termine ordinario del 16 giugno, lo sviluppo del piano di rateazione è il seguente: • 1° rata termine del 16 giugno con interessi pari a 0; • 2° rata termine del 18 luglio con interessi pari a 0,33%;
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• 3° rata termine del 22 agosto con interessi pari a 0,66%; • 4° rata termine del 16 settembre con interessi pari a 0,99%; • 5° rata termine del 17 ottobre con interessi pari a 1,22%; • 6° rata termine del 16 novembre con interessi pari a 1,65%. In caso di versamento della prima rata nel termine successivo del 18 luglio (con maggiorazione dello 0,40%), lo sviluppo del piano di rateazione è il seguente: • 1° rata termine del 18 luglio con interessi pari a 0; • 2° rata termine del 22 agosto con interessi pari a 0,31%; • 3° rata termine del 16 settembre con interessi pari a 0,64%; • 4° rata termine del 17 ottobre con interessi pari a 0,97%; • 5° rata termine del 16 novembre con interessi pari a 1,30%. ANACI LECCO n.2 | Mag-Lug 2016
Per i contribuenti titolari di partita IVA interessati agli studi di settore, ovvero i beneficiari della proroga del versamento delle imposte. Questi contribuenti andranno ad effettuare il pagamento della prima rata secondo la nuova scadenza del 6 luglio 2016, ovvero entro il 22 agosto 2016 maggiorando l’importo dovuto dello 0,40%. In caso di versamento della prima rata nel nuovo termine ordinario del 6 luglio, lo sviluppo del piano di rateazione è il seguente: • 1° rata termine del 6 luglio con interessi pari a 0; • 2° rata termine del 18 luglio con interessi pari a 0,11%; • 3° rata termine del 22 agosto con interessi pari a 0,44%; • 4° rata termine del 16 settembre con interessi pari a 0,77%; • 5° rata termine del 17 ottobre con interessi pari a 1,1%; • 6° rata termine del 16 novembre con interessi pari a 1,43%. In caso di versamento della prima rata nel termine successivo del 22 agosto (con maggiorazione dello 0,40%), il piano di rateazione si sviluppa cosi: • 1° rata termine del 22 agosto con interessi pari a 0; • 2° rata termine del 16 settembre con interessi pari a 0,27%; • 3° rata termine del 17 ottobre con interessi pari a 0,6%; • 4° rata termine del 16 novembre con interessi pari a 0,93%.
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CONVEGNO INTERPROVINCIALE
L’AMMINISTRATORE 2.0 da gestore a Building Manager
Giovedì 07 luglio 2016
Partner unico dell’evento
ore 14:15 - 18:15 Hotel San Martino - via Europa 4 Garbagnate Monastero (LC) ANACI LECCO e ANACI MONZA E BRIANZA organizzano il convegno interprovinciale sul tema dell’evoluzione della figura dell’amministratore anche attraverso le numerose iniziative intraprese da ANACI dal 2014 al 2016 raccontate dal Presidente Nazionale. Un momento di riflessione anche sulle novità che investono gli amministratori di responsabilità in tema energetico e legale. Programma evento 14:15 | Registrazione partecipanti 14:30 | Introduzione ai lavori - Moderatore Marco Bandini - Presidente ANACI LECCO 15:00 | Saluti istituzionali Renato Greca - Presidente ANACI MONZA E BRIANZA 15:30 | Il nuovo ruolo dell’amministratore come Building Manager nel programma di ANACI 2014-2018 Francesco Burrelli - Presidente nazionale ANACI 16:30 | Valorizzazione del costruito: dalla certificazione all’autosufficienza energetica, fino ai PAES Annalisa Galante - Politecnico di Milano e CS ANACI LECCO 17:00 | La nomina dell’amministratore: un dibattito aperto Laura Torri - Direttore Centro Studi ANACI LECCO 17:30 | Novità sui lastrici solari secondo il recente orientamento della Corte di Cassazione Davide Longhi - Membro Centro Studi ANACI regionale 18:00 | Domande e dibattito finale
POSTI LIMITATI iscrizione gratuita obbligatoria con precedenza ai Soci ANACI
CREDITI ANACI all’evento saranno attribuiti CREDITI FORMATIVI
PARTECIPAZIONE GRATUITA - ISCRIZIONE OBBLIGATORIA Per info e iscrizioni: formazione@anacilecco.it www.anacilecco.it
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