lavoro
garanzia giovani
chef stellati
i paperoni della cucina
pavia & arte
Ada Eva Verbena
valle staffora cella di varzi
moscato
passione u.s.a.
alimentazione progetto salute
Vittoria Schisano La donna che visse due volte
Anno 10 | N째 01
COPIA GRATUITA
©AdVerum
V. Terme 59 - 27052 Godiasco Salice Terme (PV) - Tel. 0383 91223 ristoranteguado@yahoo.it | www.ristoranteguado.it
Sia le sale del Ristorante che quelle del lounge bar si distinguono per essere un ambiente elegante e raffinato, uno spazio dove poter ritrovare la propria privacy e trascorrere piacevoli momenti in compagnia nel centro storico della nota località termale.
MENU ANCHE PER EVENTI E CERIMONIE I piatti tipici della tradizione lombarda sono cucinati dagli chef con maestria e sapienza, nel rispetto della tradizione ma anche con la giusta dose di creatività ed innovazione.
La cantina è ampia e la temperatura è costantemente controllata, sia nella calda stagione che durante l’inverno, in modo tale che il vino si conserva perfettamente e viene servito sempre alla giusta temperatura.
sommario
Anno 10 n° 01 mensile a diffusione gratuita REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI PAVIA Pavia Court Registration n. 675 del 18/03/2007 INIZIATIVA EDITORIALE DI An editorial iniziative by ADVERUM SRL DIRETTORE RESPONSABILE Editor BEPPE VIETTI
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PROGETTO EDITORIALE Research editor GERMANO LONGO
16 san valentino: Il Juliet Club
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THE BROKEN HEARTS SOCIETY
18 fondazione: senza scopo di lucro
adolescere, progetto noi in collina
22 speciale: i paperoni della cucina
il conto, please
26 pavia: Nell’atelier di Ada Eva Verbena
l’arte come esperimento
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28 valle staffora: La fratellanza secondo Don Anselmo Accosa
c’era una volta la guerra
30 travel: La Shoe-church
web master MAXIMILIANO DI GIOVANNI
sandalo al sole
PUBBLICITà Advertising ADVERUM SRL STAMPA Printed by Acube srl Via Leonardo Da Vinci 16 15057 Tortona (AL)
giovani: arriva un progetto regionale
io speriamo che poi lavoro BECAUSE I’M HAPPY
Responsabile Marketing Marketing manager gianluca Maspero redazione Research and material LEGGIERI GIUSEPPINA | LIGUORI DANILA LONGO GERMANO | LUVINO ILENIA MOLLO ANNA | Montagna Tommaso PILATO MARIANNA | Pisanu Nicoletta | RAPPARELLI SIMONA Tanzi Mattia | SPALLA STEFANO
economia: Al via la Macroregione Alpina Europea
IL PATTO DELLA montagna
12 cover story: Vittoria Schisano
CONSULENTE EDITORIALE Publishing Adviser STEFANO SPALLA DIREZIONE ARTISTICA Art director Adverum srl
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32 wine: la nuova passione dei rapper u.s.a.
mo-mo-moscato
36 lavoro: Matthew Youlden
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Essere poliglotta in 10 mosse
38 beauty: la cura del viso
per l’inverno cambio pelle
40 food: Le nuove filosofie dell’alimentazione
una tribù che mangia
42 progetto: salute
Adverum srl Sede legale Pavia - Via Robecchi Brichetti 40 Tel. 0382 309826 - Fax 0382 308672 Sede Amministrativa Voghera ( PV ) - V. Montebello 14
www.andcomagazine.com issuu.com/andco E-mail: info@adverum.net
Vieni a trovarci anche su
obesità, un problema sociale
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44 commercio: usa-cuba, sì a voli e traghetti
Verso lo stop all’embargo
45 elezioni presidenziali: stati uniti d’a merica 2016
una donna al potere?
46 curiosità: I sette aeroporti più pericolosi del mondo
volare oh oh
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editoriale Historical director Germano Longo
KENSUKE FOR PRESIDENT
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lzi la mano chi ha mai sentito nominare Kensuke Miyazaki. Nessuno, o pochissimi, ne siamo certi. Tranquilli: non lo conoscevamo neanche noi, ma il suo nome ci è rimasto impresso, perché Kensuke è stato il protagonista di una vicenda che ha scosso il Giappone, ma con un finale che dovrebbe scuotere l’Italia. Andando con ordine, Kensuke Miyazaki, 35 anni, deputato liberaldemocratico, era stato il primo politico della storia giapponese a presentare domanda per congedo di paternità. Perfino Shinzo Abe, il premier, si era sbilanciato, aggiungendo che la questione era una doverosa innovazione verso tempi che cambiano e maturano. Calma, perché il bello viene adesso: un giornale scandalistico locale, vai capire come, aveva sguinzagliato i suoi paparazzi alle costole di Kensuke, per verificare la fondatezza di alcuni pettegolezzi che lo volevano non a casa, a cambiare pannolini al bambino e l’acqua dei fiori alla moglie, ma avviluppato ad una nota modella. Finito in prima pagina, Kensuke ha fatto esattamente il contrario di quanto prescritto dall’italiano medio: si è dimesso, immediatamente. Qui da noi, neanche coloro che vengono beccati dalle telecamere mentre armeggiando alle bollatrici in mutande, con in mano i badge di seicento colleghi impegnati in altre faccende, avvertono il dovere morale di farlo. Al massimo, se proprio non bastano quel po’ di balle messe insieme alla meno peggio, si dà tutto in mano ad un avvocato, si patteggia un compenso con un talk show televisivo e si piange in favore di lucina rossa. Per questo abbiamo voluto memorizzare quel nome, Kensuke Miyazaki: non tanto per quel che ha fatto nel suo tempo libero, perché il genere umano - come diceva Oscar Wilde - può resistere a tutto tranne che alle tentazioni, ma per il coraggio di prendersi i badge in mano e metterli sul tavolo, salutando tutti con un invidiabile inchino che significa tantissimo. Più che in Italia che da lui, in Giappone. |5
economia Al via la Macroregione Alpina Europea
IL PATTO DELLA
montagna Siglato in Slovenia il primo passo per la creazione di un progetto di sviluppo dell’area alpina, che ovunque ha le stesse sofferenze e necessità di soluzioni di Nicoletta Pisanu
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fine gennaio è stato avviato il progetto della Macroregione alpina europea, presentato alla conferenza di Brdo, in Slovenia. Il presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, ha spiegato: “Vedo con grande interesse e ottimismo questo progetto di sviluppo dell’area alpina, un’area omogenea, che ha problemi comuni e richiede soluzioni condivise. Ora la sfida vera è mettere insieme i territori e fare lavoro di squadra. Non siamo abituati, soprattutto noi italiani, ma se riusciremo sarà un grande beneficio per le nostre aree alpine e per i nostri cittadini”. Le montagne rappresentano il 42% del territorio lombardo, che risente spesso della crisi economica e dello spopolamento: “Lavorare e vivere in mon-
tagna è più difficile che non in pianura o in città e noi dobbiamo mettere tutti nelle condizioni di farlo bene - ha commentato Maroni - dobbiamo metterci subito al lavoro, individuare progetti importanti che riguardano la connettività, la mobilità, la tutela dell’ambiente e lo sviluppo delle attività produttive, compatibilmente con la tutela dell’ambiente”.
La Regione Lombardia si occuperà del coordinamento delle regioni italiane coinvolte nel progetto, oltre a gestire il primo “Action Group” dedicato a Innovazione e ricerca. Presenti alla Conferenza di Brdo anche i rappresentanti di Friuli
Venezia Giulia, Veneto, Provincia Autonoma di Bolzano, Provincia Autonoma di Trento, Valle D’Aosta e Piemonte. Un importante momento è stato quello dell’approvazione in Assemblea Generale del “Joint Statement”. Si tratta di una dichiarazione di principi riguardanti la Macroregione. Gli obiettivi del progetto, in sintesi, sono l’individuazione di iniziative che possano attrarre nuovi finanziamenti, dare importanza alle normative per semplificare la vita a chi abita e lavora nello spazio alpino, ma anche migliorare la collaborazione tra le regioni italiane del nord e tra le regioni alpine straniere, rivedendo e pensando alle collaborazioni, per esempio studiando il sistema migliora per il trasporto trans frontierale. Per quanto riguarda la Lombardia, oltre a gestire l’Action Group Innovazione e ricerca, l’ente regionale si occuperà anche di due gruppi, il “6” e “l’8”, il primo dedicato alla valorizzazione delle risorse naturali e culturali, il secondo alla prevenzione dei rischi naturali. Tra le novità, l’Executive Board, che sostituirà lo “Steering Committee” e avrà potere decisionale su progetti e finanziamenti. 7
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giovani Arriva un progetto regionale
IO SPERIAMO CHE POI
lavoro
Tante iniziative, programmi, servizi e percorsi personalizzati dedicati ai ragazzi fra i 19 ed i 29 anni. Per accompagnarli verso il difficile compito di trovare un’occupazione di nicoletta pisanu
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a fine gennaio, c’è una nuova opportunità per i giovani che vogliono lavorare in Lombardia: la Regione ha promosso l’iniziativa “Garanzia Giovani”, per supportare gli under ventinove a entrare nel mondo del lavoro. L’opportunità è spiegata sul sito istituzionale della Regione Lombardia: “Se sei un giovane tra i 15 e i 29 anni, residente in Italia - cittadino comunitario o straniero extra Unione Europeo, regolarmente soggiornante - non impegnato in un’attività lavorativa né inserito in un percorso scolastico o formativo, Garanzia Giovani Lombardia può
aiutarti ad entrare nel mondo del lavoro, valorizzando le tue attitudini ed il tuo background formativo e professionale”, mettendo a disposizione “programmi, iniziative, servizi informativi, percorsi personalizzati, incentivi”, ossia “le misure previste a livello nazionale e regionale per offrire opportunità di orientamento, formazione e inserimento al lavoro”. Per personalizzare i servizi, per ogni visitatore viene creato un profilo, combinando le variabili territoriali e famigliari, con lo scopo di creare un percorso su misura. “Garanzia Giovani” si occupa dell’orientamento e della formazione dei ragazzi che aderiscono al progetto, realizzando percorsi di accompagna-
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Ottica Famagosta
Dott.ssa Piras sabrina | Dott.ssa gerosa alice Laureate in Ottica e OptOmetria
mento al lavoro e di apprendistato, proponendo tirocini extracurriculari, opportunità di servizio civile e sostegno all’autoimprenditorialità, promuovendo anche la mobilità professionale nel territorio nazionale e per finire favorendo i bonus occupazionali alle imprese. Per presentare la domanda di registrazione al programma, i candidati devono avere un’età compresa tra i quindici e i ventinove anni, essere inoccupati o disoccupati, non iscritto a percorsi di istruzione o formazione professionale, non essere coinvolti in percorsi di servizio civile o tirocinio extra curricolare, né di usufruire della Dote unica lavoro. I candidati devono essere regolari sul suolo italiano e non aver mai avuto prima accesso al progetto regionale: “Per l’accesso a Garanzia Giovani sono stati attivati due diversi canali di accesso. Il “Flusso”, riservato ai
giovani che hanno completato da non più di 4 mesi percorsi di istruzione di secondo ciclo, istruzione e formazione professionale, universitari e terziari e possono essere presi in carico dalle istituzioni scolastiche, formative e università di provenienza. Il secondo è invece lo “Stock”, riservato a tutti gli altri giovani in possesso dei requisiti che possono essere presi in carico dagli operatori con accreditamento definitivo ai servizi per il lavoro”, spiega il regolamento dei canali d’accesso al servizio. Le proposte sono mirate a portare il giovane all’inserimento nel mondo del lavoro della durata di almeno sei mesi, all’attivazione di un tirocinio extra curriculare di quattro mesi e puntano al reinserimento di quindicenni e under diciotto in percorsi formativi di istruzione, ma anche condurre all’accesso al servizio civile. 7
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I.P. arboricoltura
Acrolife Tree-Climbing service Potature Abbattimenti controllati Pulizia del secco Consolidamenti 5 RIVANAZZANO La cura del verde, partendo da una potatura sostenibile che non traumatizzi gli alberi. Il giovane Mattia Scapolan, ventiquattro anni, ha dato vita ad Acrolife, azienda aperta da un anno, per portare avanti il suo concetto di arboricoltura. Scapolan ha spiegato che “è una ditta individuale, mi occupo della potatura di piante ad alto fusto, con il metodo dei lavori su fune”. Le funi permettono a Scapolan di intervenire tra la chioma dell’albero, non solo all’esterno: “Lavoro anche con il cestello, ma princi-
Rivanazzano Terme Tel. 342 3551137 E-mail: acrolife@libero.it Facebook: Acrolife 10
palmente con la fune, è un sistema più ecosostenibile che permette di intervenire in modo semplice, cerchiamo sempre di salvare le piante”, ha raccontato l’imprenditore. Una professione nata da una passione: “Da sette anni pratico l’arrampicata su roccia, ho studiato agrari e unendo i due ambiti ho provato a fare questo lavoro - ha sottolineato Mattia Scapolan -. Ho fatto sei patentini e sto continuando a studiare, ho ventiquattro anni. L’idea è quella di sensibilizzare le persone sul verde e sulla salvaguardia della pianta, ciò a cui più tengo è lavorare in modo etico”. Una metodologia che ha regole precise: “Non facciamo capitozzi, il nostro approccio è quello di sfoltire e lasciare la chioma intatta. Facciamo potatura, abbattimento controllato, lavoriamo anche in punti di difficile accesso”. La fune poi permette un approccio differente all’albero: “Con il cestello non si ha una giusta visione della pianta e si rischia di andare a
rovinare l’impianto radicale dell’albero - ha precisato Scapolan -. Ci occupiamo anche di consolidamento, ancorando gli alberi per metterli in sicurezza. Inoltre, procediamo alla pulizia del secco e alla disinfestazione della processionaria, dannosa per piante e animali domestici”. Scapolan fa parte della “Società arboricoltori. Da noi questa pratica non è molto diffusa. Lavoriamo molto sulla tutela delle piante e sulla prevenzione”, ha precisato. La base di Scapolan è a Rivanazzano Terme, in Oltrepo Pavese, per contattarlo si può inviare una mail all’indirizzo acrolife@libero.it •
COVER STORY Vittoria Schisano
BECAUSE I’M
HAPPY Il suo nome sta facendo il giro del mondo: è la prima donna nata uomo a conquistare la copertina di Playboy. Questa è la sua storia, fatta di sofferenze, impegno e felicità conquistata un giorno del 2011 di germano Longo foto di marco barbaro & Maria la torre 12
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oi arriva quel giorno, e tutto quel che era stato prima, semplicemente non c’è più. Vittoria Schisano è venuta al mondo nel 2011, quando aveva già 27 anni compiuti: prima di allora per tutti era Giuseppe, nato a Pomigliano d’Arco nel novembre del 1983, l’anno in cui Milan Kundera manda alle stampe “L’insostenibile leggerezza dell’essere”. Per Giuseppe, fino al 2011, l’essere non è mai stata una leggerezza, anzi, un impegno doloroso fatto di un misto davvero insostenibile di incomprensioni e ironie difficili da mandare giù. Vittoria ci ha anche provato, a
rendere giustizia a Giuseppe, facendone un ragazzo con la barba folta e il capello giusto, che amava il teatro e la televisione: recita con Lando Buzzanca, addirittura lo premiano come miglior attore esordiente e tutti dicono è bravo, farà strada. Era anche quella una finzione, più profonda di una scuola di recitazione, andata avanti in quel palcoscenico interminabile chiamato vita, da cui non scendi mai, o quando decidi di farlo devi essere pronto a pagarne il conto. Nel 2011, dopo aver fatto coming out, Giuseppe annuncia di aver aspettato a sufficienza: cambia sesso e poi scompare
per sempre, lasciando il posto a Vittoria. È una storia che calza a pennello a queste settimane, in cui si litiga per capire dove inizia e dove finisce il senso di una famiglia, giudicando chi ha diritto ad averne una e chi invece non è degno, chissà poi per quale colpa. Ma tutto serve, per eliminare confini che non hanno più ragione d’essere, compresa una copertina che sta facendo il giro del mondo. Ne hanno parlato tutti e ovunque, dell’edizione italiana di “Playboy”, la celebre rivista patinata che tanti anni fa ha sdoganato il nudo d’autore, e continua ancora a infrangere tabù, come l’ultimo, dedicare la copertina alla prima donna nata uomo: Vittoria Schisano. 5
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italiani sono un popolo migliore di quel che potrebbe sembrare. A volte sono le istituzioni a non sapersi mettersi al pari della gente. Non è facile, c’è di mezzo anche la Chiesa. Sono una cattolica fervente, e conosco sacerdoti veramente illuminati. Il prete della mia parrocchia è stato quello che ha fatto capire a mia mamma che non c’era nulla di innaturale in me, e soprattutto che Dio non ha mai punito l’amore. In queste settimane si fa un gran parlare di step child adoption, famiglia e unioni civili: qual è il tuo pensiero?
Hai suscitato un clamore mediatico immenso. La verità: te l’aspettavi? È un record mondiale, e lo vivo come un grande orgoglio, ma sento anche una forte responsabilità, perché finire direttamente nella storia di Playboy, templio assoluto della bellezza femminile, non è roba da poco, soprattutto per una come me. È una grande conquista. Come è nata l’idea della cover? Sono stata contattata e dopo aver valutato pro e contro ho accettato. Tutto qui. Ci aspettavamo un po’ di clamore sui media, ma sinceramente non così tanto: quando ho scoperto di essere la notizia più cliccata, battendo anche l’Ansa, mi è venuto da ridere. E dire che dovevo esserci abituata: con meno enfasi, ma era già successo quando Giuseppe è diventato il primo attore che ha dichiarato di voler mettere ordine al suo equilibrio. Arrivare a quel momento non dev’essere affatto semplice: a volte non basta nemmeno una vita intera, per completare un processo di transizione così profondo. Ripeto sempre che non è un bisturi a fare una donna: donna ci nasci, e io ero soltanto il risultato di un momento di distrazione della natura, ma in me era tutto chiaro fin dall’inizio. Trovi che l’atteggiamento nei tuoi confronti sia cambiato? Trovo, anzi, ho sempre notato che gli 14|
Uno solo: amore è ovunque ci sia una famiglia. Al contrario di quanto ha fatto Vladimir Luxuria non auguro alla Meloni di avere figli trans, ma semplicemente di avere bambini che diventando grandi siano liberi di essere come vogliono. Eri e sei un’attrice: quanto è cambiato l’approccio alla recitazione da Giuseppe a Vittoria? Tantissimo. Giuseppe era una donna che prima doveva diventare uomo e subito dopo entrare in un ruolo maschile. Vittoria è libera di tirar fuori il proprio talento recitativo, esplorando qualsiasi personaggio: madre, prostituta o suora non importa, perché il mio mestiere è rendere credibile ogni interpretazione. Ho rischiato, lo so bene, non era per nulla scontato riuscire a continuare a fare questo mestiere, ma non mi sono fermata, perché comunque fosse andata avrei guadagnato me stessa: più o meno come vincere un Oscar. Ti ispiri a qualcuno in particolare? Adoro da sempre Sophia Loren, napoletana come me: darei non so cosa per poter ricalcare qualche passo della sua straordinaria carriera. E c’è qualche ruolo che aspetti con ansia? Una commedia brillante in cui poter tirare fuori il mio lato comico, insito nella napoletanità: sono molto più simpatica e fragile di quanto possa sembrare guardandomi. E dopo Playboy? Quella copertina sta aprendo orizzonti internazionali che non mi aspettavo proprio. È un momento che vivo seguendo una mia piccola regola: che ogni traguardo diventi un punto d’inizio. Playboy in realtà arriva dopo un red carpet a Venezia e la copertina di Vanity Fair. Cosa sogna Vittoria? Sogna tanto, sempre e di continuo, guai a non avere sogni da inseguire, significa morire. Ad esempio vorrei, mi piacerebbe tanto, scendere le scale del Teatro Ariston durante il Festival di San Remo: sarebbe un’altra conquista pazzesca. 7 Si ringrazia per la collaborazione l’Agenzia Manzo-Piccirillo
©adveRum
RistoRante
La Corte dei Quattro Re Immerso nel verde tra Pavia e Milano, i locali rinnovati recentemente, La Corte dei Quattro Re è il luogo ideale per ospitare pranzi, cene, banchetti e cerimonie. La cucina, raffinata e tradizionale, offre un’ampia scelta di specialità. Inoltre, vengono organizzate serate danzanti a tema.
novita’ 2015 si possono celebrare i matrimoni con rito civile direttamente da noi!
CasCIna FoRnasetta - stRada VIgentIna - 27010 sIzIano (PV) - tel. 0382 617401 Fax 0382 617852 - info@lacortedeiquattrore.it - www.lacortedeiquattrore.it
SAN VALENTINO Il Juliet Club
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iulietta, a quanto è dato sapere, non è mai esistita, e tantomeno Romeo. Ma questo in fondo è solo l’ultimo dei problemi, addirittura ininfluente, scoprendo che sul nome dei due innamorati più celebri della storia dell’umanità - meglio, della letteratura - è fiorita una leggenda talmente florida e radicata da ottenere nel tempo un indirizzo preciso e reale, unito allo sforzo di un gruppo di persone che ogni giorno ricevono e rispondono a migliaia di lettere in arrivo da tutto il mondo, come se a rispondere fosse la stessa giovinetta. Lo scenario è Verona, città romantica di per sé, almeno secondo quanto raccontato da William Shakespeare nella tragedia composta tra il 1594 e i due anni successivi, diventata il simbolo assoluto dell’amore perfetto, e forse proprio per questo costretto a vedersela con un destino che ha scelto un finale drammatico al posto di auguri, confetti e figli maschi. Ma ora come allora, Verona incarna l’approdo per milioni di cuori infranti, che da tempo immemore scrivono una lettera a Giulietta come fosse una santa a cui invocare aiuto, comprensione e magari una magia, visto che lei di amore ne capisce eccome. Questa storia inizia negli anni Trenta, quando Ettore Solimani, l’allora custode della tomba di Giulietta - anch’essa di fantasia, ovviamente - decide di iniziare a raccogliere le lettere indirizzate a miss Capuleti, abbozzando perfino delle risposte ai cuori più infranti. Il testimone passa al professor Beltramini, poeta veronese, che a sua volta, ormai oltre quarant’anni fa, lo cede al “Club di Giulietta”, associazione culturale no profit nata su incarico del Comune, della Provincia e della Regione Veneto. Da allora è nata una squadra, ribattezzata “Le segretarie di Giulietta”: un gruppo di donne, veronesi ma anche straniere, che da anni si preoccupa di ricevere, rispondere e conservare le circa 10.000 lettere che ogni anno
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Dalla metà degli anni Trenta, qualcuno si occupa di rispondere alle migliaia di lettere d’amore che ogni anno raggiungono la casa dove secondo la leggenda sarebbe vissuta Giulietta Capuleti, il cui amore per Romeo Montecchi continua ad essere celebrato in tutto il mondo di germano Longo
THE BROKEN HEARTS SOCIETY E questo per non parlare del turismo che il mito di Giulietta e Romeo attira: al pari dell’Arena e della splendida piazza delle Erbe, Verona ha fra i suoi punti più fotografati proprio l’ipotetico balcone da cui la giovane Capuleti si affacciava per incon-
CONTATTI: Juliet Club Vicolo Santa Cecilia, 9 Verona - Tel. +39 045 533115 info@julietclub.com www.julietclub.com partono da ogni angolo del pianeta con destinazione Verona, spesso senza neanche indicare indirizzo e numero civico, ma semplicemente “Per Giulietta”. Sono lettere che raccontano di amori, gioie, dolori e solitudini, scritte in tutte le lingue del pianeta su carta da lettera, ma anche su pezzi di agenda strappati, a volte accompagnati da disegni, adesivi, poesie e fotografie.
trare il suo amato Montecchi. Così come la statua della giovinetta, la casa di Giulietta, quella di Romeo e la tomba dei due: tutto così talmente falso da diventare vero. L’associazione “Juliet Club” organizza ogni anno il “Premio Cara Giulietta”, assegnato alle lettere più belle, con la cerimonia di premiazione in scena nella casa della giovane Capuleti il 14 febbraio di ogni anno, San Valentino. Ed è sempre dedicata agli innamorati la suggestiva cerimonia “The Seal of Romeo and Juliet”, in cui dagli stessi luoghi dei due innamorati resi immortali da Shakespeare, le coppie possono dichiarare il proprio amore al mondo intero, ricevendo in dono una lettera sigillata come portafortuna per un amore che sia eterno almeno quanto quello di Giulietta e del suo Romeo. Per chiudere in bellezza con le solenni celebrazioni annuali per il compleanno di miss Capuleti: bancarelle, sfilate in costume, eventi di danza, musica, pittura e poesia per ricordare la giovinetta, secondo quanto riportato da Shakespeare nata il 16 settembre 1284. Forse. 7
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Fondazione senza scopo di lucro
adolescere progetto noi in collina
Per le scuole elementari e medie Progetto “Ecologia dell’apprendimento” Esperienza residenziale di 2/3 giorni che propone ai bambini l’opportunità di vivere come un’aula decentrata, ricca di stimoli e scoperte per loro emozionanti. Lo stage permette alla classe di stare insieme in un luogo dedicato alle uscite nel bosco, allo sport, ai giochi per apprendere dall’esperienza concreta e dal contatto con la natura, utili spunti per i contenuti didattici incontrati a scuola, creando un legame affettivo con l’ambiente che rappresenta metaforma di immediata comprensione dei legami e significati profondi del loro stare insieme. Dove: Pietragavina, Setteborghi Progetto “PIetra L.A.R.A.” Stage residenziale di 3 giorni legato all’esplorazione delle dinamiche di gruppo da
parte del singolo, della classe, per la costituzione di un gruppo. E’ l’opportunità di vivere un viaggio, dve l’esperienza del bosco si fa avventura, allenamento delle proprie abilità relazionali, cognitive, manuali, collaborative. Lo stage prevede
attività, laboratori e riflessioni guidati da conduttori di gruppo. Due, gli elementi che compongono il Pietralara: l’ecologia dell’apprendimento, le escursioni, l’orientamento, l’ambiente come risorsa, la vita naturale e animale; il cerchio, cioè momenti di riflessione e di rielaborazione di quanto vissuto, diventano spazi e tempi preziosi di conoscenza di sé e degli altri e soprattutto di valorizzazione delle proprie abilità. L’obiettivo del progetto è quello di creare
un clima di classe rassicurente e sereno e la crescita culturale. Dove: Pietragavina, Setteborghi Progetto “Pony L.A.R.A.” Stage residenziale di 3 giorni in cui sia il singolo che il gruppo classe si avvicinano al mondo del pony. Elemento fondamentale infatti dell’esperienza è il rapporto fra il pony e il gruppo, che deve trovare un suo ritmo attraverso il rispetto delle regole, l’aiuto reciproco, la correzione dell’errore, la collaborazione e l’adattamento del singolo alle esigenze e alle richieste del gruppo.
Lo stage si svolge in armonia ed esplorazione dell’ambiente, degli animali che qui s’incontrano, dei propri limiti, delle
Fondazione Adolescere - viale Repubblica 25 - 27058 Voghera (PV) - Tel. 0383 343011 www.fondazioneadolescere.it 18
Per gli studenti universitari
risorse sconosciute, delle emozioni liberate, della scoperta degli altri in un continuo confronto. Il percorso di lavoro punta alla ricerca di un ritmo-classe esportabile quindi fuori dal maneggio in cui possano emergere sia i bisogni individuali che quelli di gruppo per una migliore vita relazionale che faciliti e stimoli l’appredimento in classe. Dove: Setteborghi
Per le scuole superiori Progetto “L.A.R.A.” Laboratori per le Aggregazioni e le Relazioni con gli Adolescenti Lo stage “L.A.R.A.” è un percorso verso la consapevolezza, verso il protagonismo di ciascuno che può crescere aumentando il controllo sulla comunicazione, verso la curiosità di instaurare relazioni di gruppo che diventino significative. I ragazzi sono chiamati a fare i conti con il loro modo di stare insieme, con il clima della classe, con i loro punti di forza e i loro punti di
debolezza. Se il clima che si respora dentro la classe è improntato sulla fiducia, l’apprendimento diventa meno faticoso ed è più facile superare ostacoli e difficoltà. Si tratta dunque di un laboratorio per cui gli apprendimenti sono trasversali e gli stili relazionali sono esportabili in qualunque momento della vita quotidiana e scolastica. Dove: Pietragavina
Progetto “L.A.R.A. Università” Stage residenziale di 3 giorni. Il L.A.R.A. per universitari, da un punto di vista teorico, prende le mosse dal T-Group di Lewin: residenzialità, hic et nunc, elaborazione in gruppo dei concetti di rapporto e di comunicazione. Il laboratorio sulle relazioni di gruppo è un’esperienza di immersione in dinamiche dove lapprendimento avviene attraverso l’immedesimarsi nella situazione relazionale che si viene a creare fra tutti gli attori. E’ il provocare, il sentire, l’osservare in presa diretta, in una esperinza che chiama in causa la complessità del sistema delle relazioni, con riferimento alla teoria dei sistemi e del cambiamento. Dove: Penicina 7
I.P. Locanda Montescano
MANGIA VISITA, AMA 5 Montescano Nel cuore dell’Oltrepò Pavese, tra le colline della orientale, nell’incantata Val Versa, sorge un luogo dove è possibile riposare
e degustare i migliori piatti regionali italiani. Cosimo Bufano e Giuseppe Terno dal 2012 guidano la “Locanda Montescano”, nell’omonimo piccolo e antico paese. La locanda dispone di ventidue camere da letto e una grande sala ristorante con centocinquanta coperti, oltre ad un bar con almeno trenta posti a sedere. Punto di forza del locale è “La nostra cucina - spiega Bufano - offriamo i piatti tipici dell’Oltrepò Pavese e del Piacentino, i salumi,
Hotel Ristorante*** Via Montescano, 61 27040 Montescano ( PV ) Tel. 0385 262454 Fax 0385 091256 info@locandamontescano.eu www.locandamontescano.eu 20
Un locale di un piccolo borgo basato sui principi antichi della locanda: offrire ristoro e riparo. Detto in altro modo, 22 camere da letto e 150 coperti, fra cucina regionale italiana, ottimi vini e percorsi turistici
gli agnolotti e le carni, ma anche piatti regionali d’Italia, dalla Sicilia al Veneto. I vini sono prevalentemente quelli oltrepadani e piacentini, ma
ed escursioni, con pernottamento e pasti nella nostra locanda. Il modello è, per esempio, un week end di gite con una pernottamento”. L’obiettivo delle
la carta include anche tante etichette del nord Italia e qualche bottiglia del Sud. Ci teniamo a garantire un’ampia scelta, per soddisfare i gusti di ogni cliente”. E i clienti, peraltro, non mancano: “Organizziamo anche pacchetti turistici per far conoscere le bellezze del nostro territorio sottolinea Bufano - le iniziative prevedono suggestivi percorsi nella natura e immersioni nella cultura del posto, visite guidate
iniziative dei titolari di Locanda Montescano è “La promozione del territorio oltrepadano, su cui puntiamo molto. Per il futuro auspichiamo a una più forte volontà da parte di tutti nel valorizzare la magnifica terra dell’Oltrepò Pavese, che offre davvero molte occasioni dal punto di vista turistico. Ci piacerebbe far conoscere a quante più persone possibili le bellezze e le risorse che queste terre offrono ai turisti”. •
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Hotel RistoRante*** Via Montescano, 61 27040 Montescano (PV)
p r o m o c o fa n e t t i
Per un soggiorno in completo relax, la Locanda MonteScano è il luogo ideale dove trovare un perfetto riposo in un ambiente silenzioso e tranquillo, sia per chi viaggia per piacere sia per chi viaggia per affari.La Locanda Hotel MonteScano dispone di 22 camere, tutte arredate con gusto e dotate di ogni confort: aria condizionata, riscaldamento, telefono, TV, cassaforte, frigobar, asciugacapelli e accesso a internet. La struttura offre inoltre il servizio ascensore, il parcheggio interno, il ristorante, il bar e un’ampia hall. Anche i partecipanti alle riunioni aziendali troveranno un’accoglienza ed un’ospitalità perfette. La Locanda Ristorante MonteScano è il ristorante ideale per pranzi e serate in compagnia, dove poter assaporare vini e sapori dell’Oltrepo Pavese. L’impegno dello Chef è costantemente rivolto a servire ai nostri ospiti, con piacere e cortesia, i profumi e i sapori di una cucina che coniuga la tradizione con la creatività, senza dimenticare la leggerezza del piatto nel rispetto delle attuali esigenze alimentari. La cucina è rivolta alla costante ricerca delle materie prime di qualità che variano nei nostri menù a seconda della stagionalità dei prodotti. Per accompagnare i nostri piatti, la cantina propone una ampia selezione di vini dell’Oltrepo e nazionali.
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SPECIALE I Paperoni della cucina
il conto PLEASE Quasi tutti rompono piatti e strapazzano concorrenti, ma spesso è proprio grazie a quelle esagerazioni che sono riusciti a diventare delle multinazionali del fornello di GERMANO LONGO
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ono inflessibili su tutto, basta un pizzico di sale in più o una polpetta un po’ meno rotonda delle altre per scatenare l’ira di un manipolo di chef stellatissimi, rapiti dalla televisione per trasformarli in divi che ormai nulla hanno da invidiare a calciatori, attori e cantanti. E dire, lo sappiamo tutti, che fino ad una manciata di anni fa - pochissimi - finiva all’alberghiero chi proprio non voleva saperne di studiare, e piuttosto di vedere il proprio figlio sbattuto sulle panchine intere giornate, mamma e papà preferivano immaginarlo a fare caffè e cappuccini agli operai del primo turno, in un bar di periferia. Ma tutto cambia e si trasforma, come testimoniato poche settimane fa da “The Ri-
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chest”, un sito americano specializzato nel fare le pulci agli incassi di categorie che un tempo si limitavano a politici di lungo corso, industriali e stelle dello showbiz, ma che per la prima volta ha messo gli occhi sugli dei della cucina. Il risultato della ricerca, a dir poco strabiliante, piazza al primissimo posto, in posizione quasi irraggiungibile, Jamie Oliver, paffutello chef inglese che inizia a spignattare qualche anno fa in un ristorante italiano di Londra, dove resiste fin quando lo nota la BBC, trasformandolo in icona della cucina mondiale. 5
Un’Occasione di Festa
Un lUogo dove ritrovarsi in pochi o in tanti. Un tête-à-tête, Un pranzo tra a mici. o il banchetto più importante della vita. sUllo sfondo delle colline tortonesi
Cascina Cabella
Via CasCina Cabella, 2 15052 CasalnoCeto (al) tel./Fax 0131 809408 Cell. 340 5731697 info@cascinacabella.com www.cascinacabella.com anna Cascina Cabella Casalnoceto
Oggi, grazie a una trentina di ristoranti e molti più libri, riviste e programmi tivù, il faccione di Jamie vanta un patrimonio stimato in 400 milioni di dollari. A seguirlo è un vero patriarca della cucina, il francese Paul Bocuse, padre della “nouvelle cuisine” che spesso ha incrociato mestoli e teglie nelle cucine dell’Eliseo, a Parigi. In tanti anni di onorata carriera, monsieur Bocuse ha messo da parte 185 milioni di dollari, guardando alla pensione con un pizzico di serenità in più. Solo terza piazza per Gordon Ramsay, altro inglese, anzi scozzese, che dopo aver accantonato i sogni calcistici si è dato alla cucina, racimolando 175 milioni di dollari
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fra ristoranti, stelle Michelin e reality tivù, dove ha fama di inflessibile e sanguigno. Da qui in poi si inizia a calare, pur restando intorno ai 75 milioni di dollari, comunque rispettabili, di Wolfgang Puck, autore nientemeno delle trionfali cene della notte degli Oscar di Hollywood. Austriaco di nascita, è a capo di una vera multinazionale che sforna libri, prodotti marchiati e catering per ricchi & potenti. La stessa cifra, uguale al centesimo, stimata a Rachel Ray, ex cassiera al reparto dolciumi di un megastore americano diventata guru dei programmi culinari americani. Appena un po’ meno, 50 milioni di dollari, per Emeril Lagasse, re della cucina creola e cajun con una lunga gavetta alle spalle e oggi a capo di un impero fatto di accessori da cucina griffati, ricettari, programmi e perfino una mega collaborazione con la “Nasa”, per studiare i menù da mandare a quei disgraziati che orbitano nello spazio. “Solo” 44 milioni di dollari per Ina Garten,
i cui genitori per lei sognavano tutto, ma la cucina proprio no. Testarda fino alla fine, Ina fa tutto da sola ma sarebbe rimasta nell’ombra, se Oprah Winfrey non l’avesse voluta al suo fianco, donandole una celebrità che vale oro. E 25 sono invece i milioni di dollari stimati a Mario Batali, americano di chiare origini italiane, socio prediletto di Joe Bastianich e chef fra i più amati dall’assortito vippame statunitense, mentre 16 quelli di Paula Deen, semi-sconosciuta dalle nostre parti ma celebre in ogni angolo degli States. A darle lustro una vita privata complicata assai, che piace sempre, e una salvezza regalata dai fornelli. Spazio anche a Nigella Lawson, nata in una famiglia così benestante da potersi immaginare qualsiasi futuro, o anche nessuno, volendo. Ma la fortuna sa sempre dove guardare: la bella Nigella scrive un ricettario che diventa un successo trasformandola in una star del jet set internazionale. Ha fatturato quanto basta per arrivare a quota 15 milioni di dollari. Per finire con Ana Quincoces, così bionda e bella da rendere inutile rispondere a come mai sia considerata la chef più hot di Miami, e Anthony Bourdain, reso famoso da un saggio in cui ha svelato molti peccati dei più grandi ristoranti newyorkesi. 7
pavia Nell’atelier di Ada Eva Verbena
l’arte come esperimento L’evoluzione di un’artista alla perseverante ricerca di una primitività perduta e di un’origine, quasi animista, dell’essere umano di tommaso montagna
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ulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma. Quanto enunciato da Antoine Laurent de Lavoisier, universalmente riconosciuto come il padre della chimica, può ben adattarsi all’arte, intesa come una pratica capace di plasmare la Natura, spogliandola dell’apparenza, per coglierne le pulsioni vitali, originarie. “La Natura è intrisa di magia” conferma Ada Verbena, pittrice e scultrice di origini cosentine, ma pavese di adozione, negli ultimi anni intenta a lavorare a composizioni di oggetti (anche di uso quotidiano), recuperati qua e là oppure costruiti da lei stessa. “In questo senso la realtà è un vero e proprio laboratorio: anche gli oggetti quotidiani, dall’aspetto conosciuto, come un sasso, un cucchiaino da caffè o un vecchio monile, possono essere espressivi e stimolare la creatività”. “Allo stesso modo - spiega, mostrando una rete di maglia tes-
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suta a mano - si possono modellare oggetti, oppure fonderli insieme, per arrivare al prodotto finale: una trama di suggestioni”. Un lavoro quasi da artigiano, un ritorno alle origini per Ada Eva Verbena che cominciò, fin dagli anni dell’Accademia milanese di Brera (si è diplomata nel 1984), a cimentarsi con la pratica pittorica sotto l’egida di professori del calibro di Beppe Devalle, Luciano Fabro e Zeno Birolli; per la grafica sotto la guida delle professoresse Angela Occhpinti e Laura Panno imparò (senza mai metterla da parte) l’arte dell’incisione, della calcografia e della xilografia (messa poi in pratica in importanti laboratori meneghini tra cui la Stamperia Sciardelli) e assimilò via via la meticolosità dell’uso di matite, pastelli, chine con pennino e acquarelli, sperimentandone le possibilità espressive nei suoi disegni, nelle tecniche grafiche o miste. “Quello dell’Accademia fu un periodo di fermento: ero concentrata sullo studio e comprensione della Grammatica Visiva, sulla composizione delle linee e della struttura del mondo che ci circonda, ma già allora cercavo di trovare un punto di origine, dal quale tutto si dipana”. Ecco allora che la semplice linea dell’orizzonte divenne, man mano, un’illusione (ottica?) e la sua rappresentazione si fece “non più orizzontale ma obliqua”, a rispecchiare l’interiorità più che la visione oggettiva del mondo. “Attratta dalla velocità delle linee, e quindi influenzata da un movimento ar-
tistico quale il Futurismo, in me prese il sopravvento, col passare degli anni, la soggettività”. “Per alcuni, che vogliano comunicare attraverso l’arte, credo sia un percorso naturale; almeno, per quanto mi riguarda, lo è stato”. Un percorso che si è sviluppato nel Novecento, a partire forse dall’avvento della psicanalisi (che ci ha abituato a guardare più all’inconscio che al conscio) e che trova terreno fertile anche nelle nuove tecnologie, fin dalla rivoluzione industriale (si pensi alla macchina fotografica quale surrogato della pittura figurativa). “Fonte più recente di arricchimento e di confronto culturale è la frequentazione di artisti contemporanei, quali Roberto Ercolini, Mario Raciti, Athos Collura e Alessandra Angelini; con quest’ultima mi confronto annualmente in attività di laboratorio da lei tenute nel suo atelier, con l’intento di aggiornare sempre più la metodologia della Grafica d’Arte”. “Più in generale, ancora oggi cerco di interrogarmi” precisa l’artista, confermando che l’arte sembra porre domande, e non fornisce risposte univoche e inequivocabili. “Questa mia evoluzione si è mostrata anche nei miei lavori: sono passata dalla linea geometrica a una più fluida, incentrata sul concetto di spirale, così come dall’azzeramento del colore a una sua graduale ripresa fino ad arrivare alle tinte fauve degli ultimi lavori”. In particolare, la spirale è una figura (ben visibile nelle opere di Ada Eva Verbena) che rimanda all’espressioni-
smo esasperato delle stelle di Van Gogh e che sovente “è un gorgo, anche marino, che tutto ingoia, attraverso il quale si può accedere a una nuova dimensione: la coscienza”. Un tuffo verso mondi sommersi, nei quali si muovono, indisturbate e inquiete, sagome antropomorfe, che paiono protese alla ricerca della fonte dalla quale sono improvvisamente scaturite, loro malgrado, nel bisogno di Luce. “Non sono rari i casi in cui gli elementi si fondono, animati dallo stesso spirito” spiega lei, titolare, tra l’altro, di una cattedra di Discipline Pittoriche al liceo artistico Volta di Pavia. Inserita più volte nei cataloghi Mondadori d’arte moderna, Ada Eva Verbena vanta alcune opere esposte perennemente in istituti nazionali di Stati Uniti, Francia e Svizzera. E a proposito di fonte generatrice, alla recente mostra a Londra, “Profiles of art”, la pittrice ha portato un trittico intitolato “La Grande Madre: la Cellula Uovo”, caratterizzato dai colori accesi e dalle linee dinamiche; una sorta di ricerca sul concetto materno. “La cellula, nel suo elemento liquido, si fa portatrice di potenziale vitale, inteso come principio dell’Universo intero”. Proprio su questa concezione primordiale della Vita sembra tendere il lavoro di Ada Eva Verbena, attraverso il quale, per tornare al concetto iniziale, la realtà è in continuo divenire, come l’acqua del mare. Sempre diversa e sempre uguale a se stessa, un’acqua che “non sa di essere ma è”. 7
valle staffora La fratellanza secondo Don Anselmo Accosa
c’era una volta
la guerra
Immerso nella Valle Staffora, il Tempio della Fraternità si trova a Cella di Varzi, a settecento metri di altitudine. Fondato da Don Anselmo Accosa, la chiesa-museo raccoglie rovine e cimeli di guerra, per ricordare il valore della pace di tommaso montagna 28
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ome la Fenice, il Tempio della Fraternità è sorto dalle ceneri della devastazione, dalle macerie delle guerre e dal sangue versato dai popoli. E’ un monumento alla pace. Fu eretto nel 1951 a Cella di Varzi, e raccoglie cimeli provenienti da tutto il mondo, usati anche come arredi. L’idea di una chiesa simbolo di fratellanza venne a Don Adamo Accosa, prete e soldato: un cappellano militare testimone degli orrori della seconda guerra mondiale (conflit-
to che vide morire complessivamente oltre settanta milioni di persone). In un clima tormentato, come quello dei primi anni del dopoguerra, quando ancora erano ben visibili in molti Paesi (Italia compresa naturalmente) le code delle lotte intestine, Don Accosa, allora parroco di Cella, trovandosi nella necessità di erigere una piccola chiesa, decise di raccogliere le numerose rovine del conflitto appena terminato e costruire con esse l’edificio religioso, quasi come se la “casa di Dio” venisse plasmata dalla sofferenza dell’uomo. L’intuizione di Don Accosa, nato nel 1918 e scomparso nel 1993, piacque anche a Monsignor Giovanni Roncalli, che a quei tempi era Nunzio Apostolico. Il sacerdote di Cella incontrò il futuro pontefice Giovanni XXIII (che era stato soldato nella Grande Guerra) a Parigi. Roncalli si dimostrò entusiasta e per stimolare l’iniziativa si preoccupò di far recapitare alla frazione di Varzi, attraverso una delegazione parigina, la prima pietra: un frammento dell’altare oramai distrutto di una chiesa vicino a Coutances, rasa al suolo durante lo sbarco in Normandia. Ancora non sorgevano strade a Cella, e la pietra fu posta su una slitta piena di fiori e trainata dai bambini del paese fino al luogo ove sarebbe sorto il tempio (sui resti di un’antica chiesa del XV secolo), e lì benedetta. Era il 7 settembre del 1952. Da allora, a Cella arrivarono migliaia di resti bellici: rimasugli
Al Tempio si arriva dalla Valle Staffora risalendo da Voghera a Varzi; e dalla Valle Curone risalendo da Tortona a Fabbrica Curone e poi Cella. Per chi arriva in autostrada, le uscite consigliate sono Voghera, sulla Torino Brescia, e Casei Gerola o Tortona sulla Milano-Genova. Il Tempio è aperto tutti i giorni dalle 9 alle 18.
della crudeltà, trasformati da Don Accosa in moniti contro ogni conflitto. Fu così che l’altare maggiore venne costruito con rovine provenienti da Hiroschima e Nagasaki, sepolte sotto le atomiche statunitensi nel 1945. Altre macerie giunsero da ogni dove, anche dalle città che più subirono
i bombardamenti, quali ad esempio Berlino, Londra, Dresda, Varsavia e Montecassino. Anche Milano contribuì con alcune guglie del Duomo cadute sotto le bombe nel 1943. A livello liturgico, l’idea della fratellanza è contenuta negli arredi. Basti pensare che la vasca battesimale è costituita dall’otturatore di un cannone 305 della corazzata Andrea Doria, quasi a dire che ciò che prima lanciava oggetti di morte, ora è foriero di vita. E il crocifisso, simbolo del sacrificio di Cristo, è composto dalle armi, colme di dolore, offerte al Tempio da tutto il mondo. Mentre il pulpito, ora non più in uso, è formato da ciò che rimane di due navi inglesi che approdarono sulle sabbie della Normandia nel giugno del 1944, quali simboli di pace nell’ideale mare dei tormenti umani. Queste sono soltanto alcune esemplificazioni, alle quali si deve aggiungere la miriade di cimeli, allegorici richiami di pace (compresi i mezzi bellici nel giardino antistante al Tempio), che rendono il Tempio della Fraternità, una chiesa unica nel suo genere che non vuole ricordare soltanto i conflitti del passato, ma anche quelli più recenti. In questo senso, è bene ricordare il cippo in legno raffigurante un carabiniere, in memoria del caduti a Nassiriya. Il Tempio della Fraternità è un luogo che al visitatore pare essere sacro e laico al tempo stesso, dove la vicinanza spirituale e morale fra gli uomini viene raccontata attraverso la desolazione e la solitudine portate dalla guerra: ciò che prima ha diviso, ora unisce. 7
TRAVEL La Shoe-church
sandalo
al sole U
n po’ il dubbio resta, che l’ispirazione sia partita dal celebre stornello romano che recita “daje de tacco, daje de punta”. Certo, pensare che la storiella di Pietruccio, “regazzino der tufello”, possa aver fornito spunto ai religiosi di Taiwan, lascia spazio a qualche perplessità, anche se - non sappiamo come dirlo - la notizia è vera, fondata e accompagnata da fotogra-
Un negozio? Il laboratorio di un ciabiattino con manie di grandezza? Un parco giochi per signore? Macché: è una chiesa di Taiwan, per matrimoni al volo, anzi, di tacco di germano Longo
fie che lasciano poco spazio all’idea che si tratti di un pesce d’aprile in netto anticipo. Per primo è stato l’inglese “Daily Mail”, a mettere gli occhi sui lavori che fervono intorno ad una struttura quan-
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tomeno curiosa, dall’inequivocabile forma di una scarpa da donna con tacco. Fin qui, volendo, non ci sarebbe nulla di strano: di marchi modaioli in vena di follie che fanno parlare è pieno il mondo. Ma non è andata così: l’enorme struttura, composta da 322 vetri azzurri trasparenti, alta 16 metri e larga 10, sarà utilizzata come chiesa. Capito bene. E a fugare l’idea che si tratti di una crisi religiosa degli abitanti di Budai, ipotizzata dal resto del mondo, non è servito neanche ricordare che secondo una tradizione taiwanese, ogni sposa deve rompere una mattonella con il tacco della scarpa, per simboleggiare il definitivo cambiamento della propria esistenza. Qualcuno ha azzardato che tutto si debba in realtà ad una dedica ben precisa indirizzata alle signore del posto, che in questo modo potrebbero sentirsi invogliate a frequentare la parrocchia décolleté. Un po’ come se l’assessore all’urbanistica di Napoli decidesse di dare una forma rotonda alla città per ricordare la pizza e attirare turisti, via. La corsa alla verità, corroborata anche dalla domanda di quale fosse la religione a cui è dedicato un simile luogo di culto, è stata però spezzata da un tweet partito direttamente da un abitante di Taiwan: nessuna chiesa fratelli, si tratta di una cappella per matrimoni express, come quelli molto comuni a Las Vegas, ma addirittura migliore, pensando a quanto coreografiche possano essere le foto degli sposini con la scarpa sullo sfondo. Peccato - in fondo perché era già partito un toto scommesse sulla possibile forma dell’oratorio. 7
© adverum
Valle scriVia p e l l e t
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WINE La nuova passione dei Rapper U.S.A.
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moscato 32
Amavano lo champagne, ma da quando hanno scoperto che l’abbinamento piaceva poco alle grandi maison, hanno scelto di gettarsi fra le braccia del più celebre vino dolce italiano di germano Longo
A
vete presente i rapper americani, quelli brutti, sporchi e cattivi che invece di cantare parlano, prendendosela con il sistema, la legge, le questioni razziali eccetera? Ecco: nell’iconografia più gettonata, personaggi perennemente in tuta e/o canotta, cappellino sulla testa, occhiali scuri, tatuaggi, anelli e catene a coprire il corpo e vite esagerate, piene di donnine seminude, limousine e fiumi di champagne. Proprio
sull’ultimo punto, lo champagne, qualcosa è cambiato, prendendo una piega che fino a poco tempo fa, onestamente, nessuno avrebbe mai immaginato. 5 |33
Per dare un inizio a questa storia bisogna andare indietro di qualche mese, quando Jay-Z, nome d’arte di Shawn Corey Carter, di professione produttore, imprenditore e rapper, nonché fidanzato di uno splendore chiamato Beyoncé Knowles, ha dichiarato guerra al più celebre vino frizzante del mondo dopo aver assistito, per puro caso, all’intervista di un alto dirigente di una storica maison francese di champagne, in cui inavvertitamente dichiarava che vedere preziose bottiglie da migliaia di dollari fra le mani sgraziate dei rapper fa bene alle casse ma non tanto all’immagine. Apriti cielo. Jay-Z, come tutti i rapper integralisti un tizio che non va tanto per il sottile, in un amen è riuscito ad aizzare l’intera comunità rap e hip-hop, raccontando l’ingratitudine che regna nei loro confronti fra i signori dello champagne, consigliando a tutti la svolta: dire addio alle altezzose bollicine francesi per gettarsi fra le mani dell’italianissimo Moscato. Il vino dolce che dalle nostre parti va bene su tutto, dal Natale alla Pasqua a qualsiasi altra occasione. Un nettare prodotto in diverse regioni che ha una punta di diamante in Piemonte, sulle colline di Langhe e Monferrato, esattamente la zona in cui - qualche tempo fa - Jay-Z e la sua fidanzata bonazza hanno scelto di organizzarsi un tour alla ricerca di cantine, tartufi, formaggi e salumi da acquistare in quantità industriali, per riempire le cantine delle 34|
loro residenze sulle altre colline, quelle di Hollywood e periferie. Da allora, il pianeta molto macho dei rapper è cambiato, forse per sempre. Un pensiero confortato dalle cifre: nel solo
certo Frank Ocean, che dal suo profilo Instagram spacciava foto in cui amava farsi riprendere mentre sorseggiava Moscato facendo un po’ di tutto, perfino troppo, visto che è stato bloccato per decenza. E giusto in chiusura, spazio anche a Nicki Minaj, rapper ma anche imprenditrice che dopo aver messo nome e immagine su
2015, archiviato da pochissime settimane, su 30 milioni di bottiglie di Moscato prodotte, ben 20 sono partire con destinazione Stati Uniti, e ancor migliore si annuncia il fatturato del 2016. Un amore improvviso, certificato ormai non solo da Jay-Z, ma anche da un manipolo di suoi colleghi, che “rappando” hanno voluto dimostrare amore al tenero Moscato. Giusto per citare qualcuno Drake, una stella del rap di origini canadesi, che in un brano è riuscito ad inserire un pensiero gastronomico che più o meno recita così: il Moscato è perfetto con aragoste, gamberi e astici. A rispondergli è stato Kendrick Lamar, californiano, che a sua volta, in uno slancio intimistico ha voluto consegnare al Moscato la capacità di risolvere i suoi problemi. Per tacere su un
profumi e cosmetici, ha pensato di cavalcare l’onda creando il “Moscato Fusion”, un vino dolce mixato con cocco, pesca, vodka e quant’altro le sia venuto in mente. 7
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lavoro Matthew Youlden
Essere poliglotta in
10 mosse Di Danila Liguori
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lingue in 10 steps. 10 piccoli segreti per imparare facilmente 9 lingue. Cambiando l’ordine il risultato non cambia. Non si tratta di fantascienza, ma del “fenomeno” del momento. Matthew Youlden, l’uomo ormai diventato un’icona, in grado di parlare perfettamente 9 lingue. Il poliglotta o l’iperpoliglotta, come lo defini-
rebbe il linguista Richard Hudson, lavora a Berlino e usa molto spesso le lingue che ha imparato, tanto che chi non lo conosce non riesce a capire di che nazionalità è. Ma come si fa a imparare così bene una lingua? Ce lo dice lui, bastano 10 regole
1)
Dovete sempre sapere perché lo state facendo. Da sempre le motivazioni, quando sono reali, sono capaci di farci fare grandi cose. Come appunto imparare nuove lingue anche se non più giovanissimi.
2)
Immergetevi. Parlate e pensate, studiate e comunicate: usate tutti gli strumenti a vostra disposizione per fare conoscenza con la nuova lingua. Non solo parlare, ma anche imparare a pensare nella lingua che si vuole apprendere.
3)
Trovare un partner. Avere un partner con cui far pratica spingerà entrambi a fare sempre un passo in più e restare motivati. Fare le cose in compagnia è da sempre un grande stimolo, e spesso un motivo per imparare divertendosi.
4)
Tenete vivo l’interesse. Come in gran parte delle cose che si fanno, si deve cercare di trovare la massima motivazione unendola alla ricerca di stimoli che possano accendere e tenere vivo il vostro interesse.
5)
Divertitevi imparando. Ad ognuno il proprio metodo: da soli o in compa-
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gnia, inventando giochi o disegnando, l’importante è mettere in pratica ciò che si sta imparando divertendosi. In questo modo l’apprendimento può essere facilitato.
6)
Tornate bambini. Soprattutto, non vergognatevi di sbagliare. I bambini imparano in fretta perché non provano l’imbarazzo degli adulti. Se ognuno di voi trovasse il bambino che c’è in sé stesso, sarebbe più disposto a lanciarsi in nuove cose, sbagliando e imparando alla velocità dei giovanissimi.
7)
Fatevi avanti e osate di più. Ovvero: tentate di mettere in pratica il più possibile ciò che si è studiato. Andate al ristorante, nel nei negozi, parlate con la gente del posto: solo così si velocizzerà l’apprendimento.
8)
Ascoltate. Ogni lingua ci suona strana la prima volta che la sentiamo, ma più ci abituiamo ad ascoltarla più diventerà familiare e facile da parlare.
9)
Osservate chi parla la lingua. Ogni idioma implica modi diversi di usare le labbra, la gola e la lingua. Solo
con l’attenzione ai particolari si può migliorare.
10)
Parlate da soli. Non è sinonimo di follia, semplicemente occorre esercitarsi anche da soli: provare frasi e nuove parole è un’ottima palestra per esercitarsi in vista del momento in cui tali frasi saranno utilizzate in un contesto, insieme ad altre persone, nella lingua che si sta imparando. Nonostante i consigli, forse non tutti saranno in grado di imparare tante lingue quante ne ha apprese Youlden. L’importante è provarci e, soprattutto, divertirsi nell’averci tentato. 7
beauty la cura del viso
per l’inverno
cambiopelle I
l viso è la prima parte del corpo che risente dei mutamenti climatici. Reduce dalle lunghe esposizioni ai raggi solari estivi, in periodo autunnale, la pelle, necessita di coccole e attenzioni in vista dell’imminente inverno. Durante i mesi freddi non è difficile riscontrare fenomeni di arrossamento, secchezza, desquamazione sull’epidermide: tutti sintomi collegati ai frequenti sbalzi di temperatura propri della stagione invernale. Per tali ragioni, è giusto prevenire prendendosi cura del proprio viso anticipatamente. Per iniziare, è indicato optare per prodotti idratanti e creme dalla texture corposa in grado di restituire il giusto apporto d’ac-
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Di Danila Liguori qua e di sostanze essenziali. Si possono scegliere sia creme emollienti che sieri, prodotti decisamente più specifici che penetrano in profondità nell’epidermide e svolgono un’azione concentrata. Essi nutrono la pelle donandole istantaneamente una scintillante luminosità. Ma se le creme non bastassero e volessimo qualcosa in più? Niente paura, esistono numerose tipologie di trattamenti estetici. Per iniziare ci sono quelli che aiutano a prevenire la cuperosi, tipico e antiestetico arrossamento della pelle . Nella battaglia contro la cuperosi validi
aiutanti sono i prodotti a base di piante officinali quali la calendula e la lavanda, dall’azione lenitiva e calmante ed il mirtillo, adatto a rinforzare le pareti delle vene e dei vasi capillari, responsabili delle fastidiose macchie della pelle. Gli esperti di bellezza consigliano, inoltre, di dedicarsi ad una cura quotidiana del viso, facendo dell’idratazione un gesto spontaneo e rituale. Con un corretto apporto d’acqua, i contorni dell’ovale riscoprono l’elasticità. Fare uno scrub leggero almeno una volta alla settimana. Ingredienti essenziali: la malva, la lavanda o il burro di karitè di cui sono ben noti gli effetti curativi. Passo successivo allo scrub, l’applicazione
di una buona crema idratante a cui è consigliabile aggiungere qualche goccia di olio essenziale di iperico oppure di mandorle. Non può poi mancare, sempre una volta alla settimana, la maschera viso nutriente. Una davvero efficace e “fai da te” è quella a base di cera d’api (acquistabile in erboristeria). Per migliorare il preparato si possono aggiungere degli estratti di calendula, iperico ed olio di oliva: un mix dallo straordinario potere idratante. A quanto pare madre natura fornisce dei preziosi suggerimenti per la nostra bellezza. I frutti messi a disposizione dalla colorata stagione autunnale sono ottimi elementi per la cura della cute. Ma quali sono i più adatti? In prim’ordine troviamo le castagne. Con il loro altissimo contenuto di fibre, minerali e vitamine presentano proprietà antiossidanti. La polpa viene adoperata per la preparazione di maschere viso, mentre la corteccia e le foglie vengono utilizzate nel wellness allo scopo di disintossicare e rigenerare l’organismo, attraverso trattamenti come peeling, massaggi e anche pediluvi. Altro alimento utile quando si parla di bellezza è la mela. “Una mela al giorno toglie il medico di torno”: mai detto fu più azzeccato, perché questo straordinario frutto non solo tiene alla larga i malanni di stagione ma ci rende più belli.
Le mele sono rinomate per le loro ineguagliabili proprietà disintossicanti, dermopurificanti e calmanti. Quando si parla di trattamenti di bellezza non possiamo non citare una delle pratiche più piacevoli: la vinoterapia. Essa svolge la sua azione sfruttando il potere degli acini dell’uva, altamente antiossidanti per la massiccia presenza di polifenoli, calcio, vitamine e flavonoidi. Il trattamento si caratterizza peeling per purificare la pelle e dilatare i pori. 7
food Le nuove filosofie dell’alimentazione
UNA TRIBÙ
che mangia
C’è chi si nutre solo di verdure crude, chi ad ogni pasto ingurgita frutta e chi rifiuta tutto ciò che non è prodotto nelle vicinanze di casa propria. Per finire con quelli convinti che l’aria e il sole bastino per vivere, a volte di germano longo 40
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on serve essere anziani per ricordarsi quando ci si sedeva tutti a tavola e, proprio chi voleva esagerare evitava l’aglio, perché difficile da digerire, i peperoni, perché sono come il boomerang (tornano sempre), e poche altre cose, perché provocavano qualche fastidio digestivo. Quelli più strani, un tempo, erano i teneri vegetariani, guardati quasi con sospetto
e additati come specie aliena. Bene: tutto questo non esiste più, dimenticatelo. Oggi, alla metà del secondo decennio degli anni 2000, le questioni di tavola si dividono sempre più in correnti, filosofie di di forchetta quasi sempre in perenne lotta fra di loro. Per capirci, i vegetariani, che ci sono sempre e anzi sembrano in deciso aumento, rischiano quasi di essere i più normali: non mangiano carne e pesce, ma ammettono uova e latticini. Finisse tutto qui, saremmo a posto. Ma non è così: non passa giorno senza che qualcuno se ne esca con qualche idea di cibo che manda a gambe all’aria tutto il resto, in una gara che sembra ormai a chi mangia sempre meno. Tutti conoscono i vegan, la corrente filosofica ideata nel 1944 da Donald Watson che rifiuta ogni tipo di sfruttamento animale, che sia per alimentazione, divertimento o abbigliamento. È forse il movimento più conosciuto, quello verso cui stanno virando addirittura le catene della grande distribuzione, ma per contro con una deriva modaiola che inizia a puzzare di business. In lista d’attesa ci sono i crudisti, gli adepti della filosofia “Raw” che pare aver affascinato la principessa Kate
Jim Morris, 77 anni vegan bodybuilder
Middleton, gettando nel panico le cucine di Buckingham Palace. Preparano e mangiano soltanto verdure crude, e quando proprio è necessario pensare a una cottura, questa per regola non può superare i 46° C. Purtroppo, va detto che la cottura ogni tanto serve per eliminare virus, batteri e tossine. È giusto dare un benvenuto anche ai fruttariani, orientamento comparso addirittura nell’Ottocento per merito di Arnold Ehret, un medico autore di una dieta a base di frutta seguita nel tempo da personaggi come Leonardo Da Vinci, Gandhi e Steve Jobs. C’è poi chi ci ha provato, come Aston Kutcher, l’attore americano che proprio quando doveva prepararsi a interpretare Steve Jobs in un film, decise di provare la dieta a base di frutta finendo all’ospedale con seri problemi al pancreas. Due parole anche sui locavori, coloro che accettano di mangiare soltanto cibi a km zero o poco più. Pare infatti che, etichette alla mano, sulla loro tavole non possano mai arrivare prodotti ad una distanza maggiore di 200 km da dove vivono. Semplice? Non tanto: provate a fare un esperimento in un supermercato e vedrete che la tavola sarà un po’ povera. Ma la sintesi definitiva spetta di diritto ai brethariani, dall’inglese “breath” (respiro): sono convinti che per vivere bastino aria, luce e meditazione, senza bisogno di ingerire cibi e liquidi. Anche stavolta, l’idea ha un nome e un cognome: Ellen Greve, una saggista australiana, e una comunità, quella medica, che ricorda che si tratta di una pratica molto pericolosa da mettere in pratica, visto qualcuno si è purificato così a fondo da lasciarci la vita. Potremmo andare avanti all’infinito, citando ancora i pescetariani, gli adepti del gluten-free, quelli del no-carb, gli ortoressici, che hanno il terrore di ciò che mangiano e i meatatariani, che alla faccia di tutti gli altri mangiano solo carne, ma preferiamo fermarci qui. Dedicando un momento di raccoglimento agli anni in cui tutti trovavamo bizzarro chi ordinava “un caffè d’orzo in tazza grande con acqua calda a parte”. Che malinconia. 7
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PROGETTO SALUTE
OBESITà UN PROBLEMA SOCIALE Un’alimentazione e uno stile di vita corretti, più un supporto psicologico, possono fare molto per combattere quello che l’OMS considera un allarme mondiale Testo di Chiara Turpini (nutrizionista)
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’Organizzazione Mondiale della Sanità ha indicato da anni l’Obesità e il Diabete come problemi di salute pubblica perché protagonisti di un’epidemia globale che interessa soprattutto i paesi occidentali, le così dette “società del benessere”. Nel nostro paese, secondo le stime dell’OMS, entro il 2030 il 70% degli uomini e il 50% delle donne è destinato ad entrare nell’elenco delle persone in sovrappeso, anticamera dell’obesità conclamata, che al contrario per quella data dovrebbe riguardare il 20 e il 15%, comunque una cifra piuttosto alta. Fondamentali risultano essere lo stile di vita e una dieta alimentare corretta, accompagnata da esercizio fisico e un approccio psicologico, visto che una delle principali ripercussioni dell’obesità riguar-
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da il crollo dell’autostima e un progressivo isolamento. Obesi non si nasce, lo si diventa per pessime e disordinate abitudini alimentari e uno stile di vita per lo più inattivo che messi insieme portano ad un precoce degrado fisico e psicologico. Il in collaborazione con
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tunnel dell’obesità porta ad un inesorabile abbandono delle attività fisiche superflue, prediligendo cibi tutt’altro che sani come grassi e fritti. Per “guadagnare” in salute è necessaria una corretta alimentazione ed un aumento della spesa energetica mediante il movimento. Il minimo indispensabile è rappresentato da almeno 30 minuti al giorno di camminata, magari accompagnata dalla stesura di un diario alimentare in cui annotare con dovizia tutto ciò che si mangia. Le conseguenze, per di più, hanno anche un “peso” economico e sociale: la spesa sanitaria sostenuta da un obeso è in media il 25% più alta di quella di un soggetto normopeso. La Prevenzione gioca un ruolo fondamentale in una malattia fortemente influenzata da stili di vita sbagliati, ma realmente modificabili seguendo precisi percorsi di cura. 7
commercio usa-cuba: sì a voli e traghetti
Verso lo stop
all’embargo “T
odos somos americanos”: scoppia la pace tra Stati Uniti e Cuba dopo più di mezzo secolo di ostilità. Sembrano ormai lontani i tempi dei botta e risposta tra Che Guevara e John F. Kennedy: “Hasta la victoria siempre”, diceva il primo, “Il comunismo non è mai andato al potere in un paese che non fosse smembrato dalla guerra o dalla corruzione, o da entrambe,” gli faceva eco l’altro. Erano gli anni Sessanta, gli anni della crisi dei missili, della Guerra Fredda, dell’embargo verso Cuba. Anni in cui nessun cubano e nessun cittadino statunitense avrebbe mai pensato ad un “happy ending”. L’embargo contro Cuba, embargo commerciale, economico e finanziario imposto dagli Stati Uniti d’America all’indomani della rivoluzione castrista, trova invece fine sotto l’egemonia di Obama che, ribadendo il concetto “tutti siamo americani”, fa un primo passo verso l’isola cubana. Il 17 dicembre 2014 infatti, il numero uno della Casa Bianca ha annunciato l’intenzione di porre fine allo storico embargo. Anche se la decisione finale sarà rimessa al Con-
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Di Danila Liguori
gresso. Da qui i risvolti interessanti. Dal punto di vista politico, si assiste oggi ad una graduale ripresa delle relazioni diplomatiche, oltre che commerciali, tra i due paesi, che coronano la riapertura dell’ambasciata statunitense a L’Havana, e di quella cubana a Washington, avvenute pochi mesi fa. Per gli Usa, attraverso l’allentamento dell’embargo è possibile creare canali di cooperazione economica e commerciale in settori come l’agricolo e quello alimentare. Ci potrebbero essere forti interessi da parte delle aziende americane delle telecomunicazioni, del turismo e delle società di servizi. Per Cuba invece, la possibilità di un allentamento dell’embargo oltre a permettere un rientro di capitali cubani nel paese, favorisce anche un afflusso maggiore di IDE nell’isola utilizzabili in progetti cubano-stranieri come quelli – già in fase avanzata – di cinesi e brasiliani
per l’istituzione di free trade area nell’isola. In questo senso anche gli Usa potrebbero fare un esperimento simile. Non solo Obama, ma anche il Vaticano ha giocato il ruolo da garante nelle trattative. “Voglio ringraziare Papa Francesco”, ha rivelato infatti il presidente americano che, come quello cubano Raul Castro, ha ringraziato il Vaticano “e in particolare Papa Francesco” per la sua mediazione nel dialogo con gli Stati Uniti. Sono gradualmente ripartiti da quest’estate, dopo uno stop lungo più di 50 anni, voli e traghetti dagli Stati Uniti a Cuba. Dal punto di vista turistico questa ritrovata pace porterà sempre maggiore affluenza dagli Stati Uniti verso Cuba e viceversa. Un sogno per molti turisti americani e non, che da sempre desiderano poter raggiungere Cuba anche dagli Usa. Basti pensare che Miami dista poco più di 300 km dalla capitale cubana. Girando su internet, è già possibile da alcuni mesi trovare traghetti e anche voli disponibili per L’Havana. E’ sicuramente la fine di un’era. Per anni Key West, il punto più a Sud degli Usa, distante soli 90 miglia da Cuba, è stato anche il confine entro quale sognare l’isola di Castro dall’America. Quell’isola lì, in fondo, appariva quasi come un miraggio, un altro mondo. Oggi dista un battito d’ali. 7
elezioni presidenziali Stati Uniti d’America 2016
una donna al potere? Di Danila Liguori
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a preferita dei sondaggi è lei. Ex first lady, classe 1947, grande sconfitta nelle elezioni del 2008, prima moglie di un presidente a ricoprire una carica elettiva come senatrice. Hillary Clinton potrebbe infatti essere, secondo molti, il quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti d’America. Hillary coronerebbe così gli anni delle “prime volte”: a seguito del primo presidente di colore, la prima donna al potere alla Casa Bianca. Del resto l’ex first lady, nonostante lo stretto margine di vantaggio nelle primarie in Iowa, viene data vincente in tutti i sondaggi. Ci saranno però diversi candidati oltre la moglie di Bill Clinton alle elezioni presidenziali 2016, a tenersi testa nei due gruppi politici storici: democratici e repubblicani. I candidati democratici Nel gruppo di Hillary Clinton, impoverito dall’inevitabile confronto con la super favorita, ad oggi solo uno è riuscito a far parlare abbondantemente di sé: si tratta del “radicale” Bernie Sanders. Il terzo candidato, Martin O’Malley, pare che ancora raccolga pochi
“Hillary Clinton è il passato, io sono il futuro”. Rubio è l’uomo cui i repubblicani affidano le loro speranze di recuperare almeno una parte del voto da parte delle minoranze etniche, il cui peso elettorale crescente mette in seria difficoltà il GOP. Ancora il conservatore Ted Cruz, politico e avvocato statunitense, attualmente senatore per lo stato del Texas. Candidatura di Ted Cruz, il senatore del Texas dal cognome che piacerebbe alla enorme comunità latinoamericana. Tra le donne, ufficiale anche la candidatura di Carly Fiorina, ex CEO di Hewlett-Packard, che sta ottenendo ottimi risultati nei dibattiti e nei sondaggi. Nessuno parla più invece di bluff per quanto riguarda Donald Trump, che anzi continua a essere il più apprezzato dall’elettorato dell’elefantino. C’è spazio anche per Mike Huckabee, il pastore battista che negli ultimi anni è stato conduttore di un suo show su Fox News. Questi sono solo una parte dei candidati, la sfida è apertissima e, dato ancora tutto il tempo a disposizione, si attendono volti nuovi e colpi di scena. 7
favori rispetto ai suoi colleghi. Al momento quindi pare che Bernie Sanders sia l’unico reale avversario di Hillary Clinton. Altri nomi che sono circolati sempre per i democratici sono quelli di Bill De Blasio e Elizabeth Warren - che avrebbero lo stesso problema di Bernie Sanders, “troppo di sinistra”. In particolare, De Blasio è da pochissimo diventato sindaco di New York. I candidati repubblicani Qui il gruppo è assai più folto. La notizia che fa più eco è sicuramente quella della candidatura di Jeb Bush, fratello minore dell’ex presidente George, ovviamente anche lui figlio del primo Bush presidente; sarebbe quindi il terzo della famiglia Bush a correre per la Casa Bianca. Anche se dai primissimi sondaggi non appaia certo come il favorito, si parla comunque di un cognome che potrebbe richiamare a sé i sostenitori dei suoi parenti. Altro illustre candidato è Marco Rubio, politico e avvocato statunitense, membro del Partito Repubblicano ed attuale senatore della Florida, che ha annunciato la propria candidatura pronunciando queste parole: |45
curiosità I sette aeroporti più pericolosi del mondo
VOLARE
OH OH
Il problema non è mentre si è in aria, ma quando si scende verso la pista. Ecco sette aeroporti vietati ai deboli di cuore, da evitare o cercare con cura, dipende dal bisogno di adrenalina di germano Longo
“
Partire è un po’ morire”, si dice. Ma la frase, attenzione al passaggio fondamentale, in realtà non sarebbe da prendere alla lettera: si riferisce al senso di malinconia proprio del lasciare un luogo. Morire in senso lato, non fisico. Eppure, qua e là per il mondo, esistono situazioni in cui il rischio, senza neanche bisogno di ricorrere alla malinco-
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nia, diventa qualcosa di tangibile e statisticamente probabile. Si tratta di aeroporti, sette per la precisione, considerati fra i più rischiosi del pianeta, costruiti in punti così disgraziati da chiedersi se l’idea degli ingegneri fosse quella di debellare la piaga del turismo. Ovviamente non è vero, anzi, statisticamente si tratta di piste è vero un po’ scomode, diciamo così, ma in cui atterrano e decollano piloti abituati a domarle.
McMurdo (Antartide) Ci crediate o no, il C-17 che vi sta portando verso la base scientifica americana di McMurdo (altra meta non è possibile), atterra su una pista di ghiaccio marino che in inverno ha l’abitudine di essere piuttosto instabile. Per questo, arrivare o ripartire è una cosa da decidere entro e non oltre la primavera, quando le temibili condizioni meteo lasciano un po’ di tregua.
Saba (Antille Olandesi) Una minuscola isola degli spettacolari Caraibi, con una pista altrettanto corta vietata ai grandi aerei. Sono le caratte-
ristiche dell’aeroporto “Juancho E. Yrausquin”: scogliere a picco da una parte e colline dall’altra, davanti e dietro oceano. Fate un po’ voi.
Paru (Buthan)
©ADvERUM
Nel mezzo dei picchi himalyani, atterrare è una sfida, o forse una sfiga, dipende da come si guardi la faccenda. In pratica, in uno spiazzo fra una montagna e l’altra, si estende la pista dell’aeroporto. Estendere forse è un termine un po’ esagerato. 5
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porto commerciale più a nord di tutto il pianeta, a metà strada fra la Norvegia e il Polo Nord. L’inclemenza del tempo che rende difficile atterrare e decollare sembra quasi inutile sottolinearla.
Courchevel (Francia) Pensavate si trattasse solo di aeroporti in posti dimenticati? Vi sbagliavate: la pi-
Matenake (Lesotho) Da quelle parti, i pianori scarseggiano. Ne hanno rintracciato uno a 2.286 metri di altitudine, ma lungo soltanto 396 metri, decisamente insufficienti. La soluzione adottata dai piloti, sappiatelo, è lasciarsi “precipitare” per circa 600 metri, poi sollevarsi in volo. Si spera.
Svalbard (Norvegia) Inutile guardare verso nord pensando ad altre destinazioni, perché questo è aero-
sta, molto corta, perennemente innevata e battuta dai venti, è a 2.008 metri sul livello del mare, in una posizione così pericolosa da essersi meritata il set del film “007, il domani non muore mai”. Almeno per lui, è così.
Barra (Scozia) I piloti lo sanno: oltre ai bollettini meteo, prima di avvicinarsi da queste parti è bene dare un’occhiata anche alle maree. Perché questo aeroporto delle Ebridi è l’unico al mondo in cui i voli commerciali arrivano e decollano da una spiaggia, e in caso di alta marea, una delle tre finisce regolarmente sott’acqua. 7 48|
organizzati per unirsi e offrire i propri servizi ai clienti, gestendo direttamente i propri esercizi commerciali, risplendono i bagliori delle lampade di Anna Maiocchi. “Spazio luce” si trova a Torricella Verzate è da anni asseconda i desideri dei clienti, anche i
Seguiamo anche i disegni del cliente, possiamo offrire anche i nostri servizi di verniciatura e cromatura”. Il marito diAnna Maiocchi “produce lampadari da quarantacinque anni. La nostra impresa si è sviluppata nel tempo e ora esportiamo molto i nostri prodotti - ha sottolineato Maiocchi -. In particolare, lavoriamo per il mercato europeo, ma in passato abbiamo portato i nostri lampadari in tutto il mondo”. Lampadari all’insegna della qualità: “Siamo artigiani del Made in Italy - ha precisato Maiocchi -. I pezzi forti che ci vengono chiesti dai clienti? Veramente di tutto, possiamo realizzare e ideare lampadari in ogni stile e foggia”. La coppia ha partecipato in i suoi prodotti artigianali italiani
più particolari. Anna Maiocchi spiega: “La nostra forza e la nostra particolarità sono la capacità di assecondare quanto ci viene chiesto dal cliente, anche prodotti dai design più creativi e originali”, ha raccontato la commerciante, che accoglie i visitatori nello showroom aperto ogni pomeriggio. Il segreto è “la fortuna di avere una fabbrica alle spalle per cui possiamo davvero produrre tutto quanto ci viene richiesto - ha aggiunto Anna Maiocchi -.
indirettamente anche a Expo Milano 2015: “Abbiamo lavorato per preparare le luci dello stand dell’associazione benefica Save the children - ha spiegato Anna Maiocchi -. Lavoriamo poi spesso, oltre che direttamente con il cliente o con gli enti, anche con architetti e designer. La nostra esperienza e il nostro modo di lavorare permettono davvero al cliente di trovare ogni soluzione personalizzata per far fronte alle proprie esigenze e ai propri desideri”. •
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QUANDO I PAZIENTI FANNO BAU cure e piani assicurativi per il benessere degli animali 5 voghera Nel loro ambulatorio di via Papa Giovanni XXIII numero 51 di Voghera, Marco Maggi e Bruna Botti si prendono cura degli animali domestici. Spiega il veterinario Maggi: “Siamo un ambulatorio veterinario, ci occupiamo soprattutto di dare assistenza sanitaria a cani gatti e conigli. Come ambulatorio noi non diamo assistenza sulle urgenze o sui ricoveri, il nostro lavoro si sviluppa
principalmente sulla pianificazione della salute nel quotidiano. Cerchiamo di lavorare molto sulla prevenzione, possiamo offrire servizi per tutto ciò che riguarda le vaccinazioni, l’educazione del cucciolo, la cura dell’aspetto nutrizionale, come per esempio il dare da mangiare determinati cibi - racconta il veterinario -, ma ci occupiamo anche della prevenzione delle malattie, d’estate lottiamo contro zecche, pulci e altri parassiti, compresi i vermi intestinali, cercando soluzioni all’aggressione parassitaria. Studiamo modalità per proteggere gli animali”. L’ambulatorio è aperto tutto il giorno: “Accogliamo dalle 8 alle 20 le esigenze di base, animali che accusano malesseri o che vanno visitati - spiega Maggi -. Tra i nostri pazienti, un gatto che all’improvviso ha iniziato ad avere la febbre e un cane
che improvvisamente ha avuto la dissenteria e il mal di pancia, noi abbiamo ricevuto in ambulatorio questi due animali, abbiamo svolto una visita e alla fine abbiamo dato buone notizie per il gatto, era una febbre sostenuta da un’infezione banale, guaribile con antibiotico. Il cane invece aveva un problema più serio a livello digestivo, gli esami erano sballati ed erano necessarie cure specifiche, con trattamenti e medicine”. In questo casi, L’ambulatorio offre soluzioni per andare incontro ai padroni: “Abbiamo avuto un cane di grossa taglia che ha iniziato a zoppicare, abbiamo scoperto che si era rotto il legamento del ginocchio. A noi interessa che i nostri pazienti possano accedere tutti alla miglior medicina possibile, offriamo la possibilità di affrontare con molta serenità queste situazioni, anche nel sostenere i costi di questa sanità privata”. Per questo motivo, “offriamo piani assicurativi, così con una minima spesa dai dieci ai trenta euro al mese si può sostenere la vita sanitaria del proprio animale”. L’ambulatorio dispone di un sito internet: www.veterinaribottimaggi.it •
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