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Anno 5 - n. 1 febbraio - marzo 2011
Falco a metĂ Il volo di Gianluca Grignani Nuovi volti dello spettacolo I progetti di Manuel Casella
Palazzo Trecchi Antico alloggio di principi e re
Cuore brasiliano Ayrton Senna ricordato in un film documentario
Il Carnevale veneziano L'Ottocento e il mondo femminile sono i temi che segnano le maschere dell'edizione 2011
Nuovo movimento femminile Se non ora quando? Cortei nelle piazze italiane per eliminare definitivamente la disparitĂ tra uomo e donna
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n.1 - febbraio - marzo 2011
SOMMARIO
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Gianluca Grignani Note d'autore
Carnevale di Venezia Tra Romanticismo e Risorgimento
Se non ora quando? Il nuovo movimento rosa
Cultura Pavese La parola all'Assessore Facchinotti
Teatro Fraschini Ritorno alle origini
Pavia Barocca Musica per tutta Europa
Speciale Casa Un futuro ecocompatibile
Expo 2015 Un faro per l'economia mondiale
Palazzo Trecchi L'antica dimora dei principi transitanti
Manuel Casella L'ex isolano famoso si racconta
Ayrton Senna Fenomenologia di un campione
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&Co. Magazine
Management
Produzione
pubblicazione periodica registrata presso il Tribunale di Pavia il 18 marzo 2007 - n. 675 EDITORE: Adverum S.r.l. Via Defendente Sacchi 8, 27100 Pavia tel. (+39) 0382 309826, fax (+39) 0382 308672 www.adverum.net - info@adverum.net DIRITTI: tutti i diritti di p proprietà letteraria e p artistica sono riservati
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EDITORIALE
Tommaso Montagna Direttore
Regni in bilico L
’Africa, Nera o Bianca che sia, si scrolla di dosso la polvere, così come il Medio Oriente, suo vicino di casa. Egitto, Marocco, Yemen, Kuwait, Giordania, Algeria e parecchi altri Paesi, da ultimo la Libia, sono stati messi a ferro e fuoco dalla folla di civili che si organizza in sit-in o lanciando pietre o facendo terra bruciata intorno, marciando nelle piazze e per le strade contro un governo che non riesce più a riconoscere. Dalla barricata opposta, dai Palazzi, arrivano le risposte a suon di mazzate, stragi o tentativi di mediazione, dove si può. Cosa si è rotto? In un ingranaggio tanto delicato, in un equilibrio sottile, retto sulla fiducia e sul sostegno dati (anche da parte delle grandi potenze) ai vari regnanti di turno, alcuni dei quali saliti al soglio grazie a plebisciti o colpi di stato, qualcosa è andato storto. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è simboleggiata dall’aumento del prezzo del pane in Egitto, epicentro delle sommosse. Come già accaduto in passato, i bisogni primari, uniti all’ideologia dettata e fomentata dai capi della rivolta, novelli giacobini e girondini, sono stati la molla verso la sollevazione popolare. Attraverso la memoria storica, possiamo quindi ritrovare una forte somiglianza tra le ribellioni in questione e le rivolte che a suo tempo dilagarono nell’odierno “mondo occidentalizzato” per combattere i principi dell’ Ancient Regime, l’antico regime con a capo monarchi assoluti e non, colpevoli anche solo di avere, loro mal-
grado, una corona in testa e privilegi vecchi di secoli. Basti pensare solo alla Rivoluzione Francese o alla guerra d’Indipendenza Americana grazie alla quale gli States si staccarono dall’Inghilterra. E’ come se in Nord Africa (quella subsahariana è dilaniata dalle varie guerre civili) e in Medio Oriente si fosse risvegliata la consapevolezza di essere ancora un mondo sommerso, quasi una latente coscienza di classe che, come un gioco a specchio, si sta diffondendo a macchia d’olio. La Popolazione scende nelle piazze e il Governo sale di corsa le scale per chiudersi nelle larghe stanze del suo castello. Scene già viste nel corso della Storia. Il fatto poi che le proteste arrivino da popoli a maggioranza musulmana, poco importa, perchè quando si attacca un re o un dittatore la religione è tirata in ballo fino ad un certo punto. Emblematico è il caso libico, dove il Colonnello è al
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potere dal 1969 e fino ad una decina di giorni fa non aveva di che preoccuparsi. Le insurrezioni sono forse segni tardivi di intolleranza a Geddafi ed ai suoi poteri assoluti? In ogni caso, di fronte alle stesse, dopo averle sedate con la violenza, minaccia di aprire i rubinetti dei flussi migratori verso l’Europa se essa incoraggerà i ribelli. Ma il problema, come sovente avviene, è a monte. Troppo spesso il dominio dittatoriale o l’indigenza della popolazione dei Paesi non industrializzati sono stati appoggiati, tacitamente o meno, moralmente e militarmente (anche di sottobanco), dall’Occidente. Che ora attonito al nunzio sta, a riflettere davanti all’amletico dubbio se spalleggiare il re o il popolo.
di Roberta Tacchinardi
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ock romantico, fascino da vendere e l’atteggiamento ribelle di chi ha un’anima libera. Sono sempre stati questi gli ingredienti del successo del cantante Gianluca Grignani nato a Milano il 7 aprile 1972 - oggi anche affezionatissimo marito e padre-. Quest’anno l’artista è tornato sulla cresta dell’onda, conquistando il disco d’oro, con il decimo album “Romantico Rock Show”. 45 minuti e 38 secondi di buona musica pop rock: "Ci sono brani che parlano un po’
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della visione che ho del mondo quali “Un anno come ora”, “Le-ro-la” e altri che definirei “romantici”. Questo infatti è il disco che contiene più canzoni d’amore di tutti gli altri. Da qui il suo titolo. Ovviamente le persone che mi circondano, cioè mia moglie e i miei figli, mi hanno dato l’ispirazione. Tanto che la canzone “Sei unica” è dedicata alla mia consorte”. Poi, oltre all’intro, il cd raccoglie “Più veloce del suono”, “Romantico rock show”, “Sei sempre stata mia”, “Il più fragile”,
“Rimani acqua di mare”, “Amica mia”, “Non ho più fiducia” e“Come solo tu”. Quest’anno Grignani si è dedicato anche alla sua prima biografia intitolata “La mia storia tra le dita” –dal titolo del brano d’esordio cantato a Sanremo nel 1994-. Opera che di recente è stata presentata nell’ambito di numerosi programmi televisivi ma anche in altre sedi:”L’idea è nata mentre stavo registrando l’ultimo cd. Periodo della mia vita in cui mi sono messo a scrivere alcuni racconti. Tre per
INTERVISTA
DESTINAZIONE PARADISO Mete e traguardi di un cantante ribelle
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esattezza. Quando mi ha contattato Rizzoli, ho accettato di pubblicarli insieme alla storia della mia vita. Mi è sembrata un’opportunità carina e così mi sono messo subito al lavoro scrivendo di mio pugno i miei trascorsi”. "Diciamo che avevo molto da raccontare e spesso si trattava di cose insolite che dentro di me stavano strette e mi sembrava giusto condividere con chi mi segue”. Nel testo è narrato anche un episodio sconcertante: "Racconto di quando, a dieci anni, fui molestato da un ragazzo di 17 senza, fortunatamente, subire violenza. La cosa avvenne durante un campo estivo, lontano da casa e da chi avrebbe potuto proteggermi. Per giorni sopportai i soprusi inflitti da questo adolescente e le sue botte. A livello psicologico è stato un duro colpo, questa esperienza mi ha segnato”. Rimanendo in tema, sulla vicenda di Sara Scazzi il cantante preferisce essere sintetico: "Si parla già fin troppo, quindi non dirò nulla. Tuttavia voglio chiedere a chi subisce violenze e soprusi di non tacere. Al contrario è bene parlarne subito se si vuole che qualcuno intervenga. Aspettare può diventare molto pericoloso”. Per raccontare la propria esistenza Gianluca cita i suoi capolavori:”Dal 1995 ad oggi ho lanciato 10 album. Sono loro che parlano di me. Mi ritengo una persona come qualsiasi altra con alle spalle errori, passioni e inquietudini. Senza dimenticare la cosa che mi viene meglio, cioè la musica, che è anche il mio personalissimo modo di raccontarmi”. E tra tutte queste note suona ancora forte “Falco a metà”, uno dei pezzi preferiti dell'artista milanese: "Il testo e la musica di questa canzone sono miei come è sempre stato. Per me infatti è difficile incidere canzoni scritte da altri. Avevo impresso sulla carta quel pezzo ispirato dal desiderio di non essere giudicato dalla gente, di sentirmi libero dai pregiudizi. E il falco mi dava proprio una sensazione di libertà assoluta”. Personalità forte, intelligenza vivace e un talento artistico che non si lascia imbrigliare. Ma al di là del lavoro, cosa piace a Gianluca? Lui stesso spiega: "Sono un tifoso dell’Inter e adoro il tennis. Suono di “destro” come mi hanno insegnato, ma sono mancino in tutto. Amo legfebbraio - marzo 2011
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gere a 360 gradi però prediligo la fantascienza”. Senza contare la passione per gli animali: "Al momento io e la mia famiglia abbiamo due cani: un bracco tedesco di nome Tex e un doberman di nome Shiva”. Ma che musica ascolta il grande cantautore italiano? "Davvero di tutto. Tuttavia i miei artisti preferiti sono Beatles, Radiohead, Subsonica, Elisa, Samuele Bersani, U2 e tra gli emergenti Linea 77”. E da buon italiano l’artista non dimentica la cucina: "Sono un cuoco sopraffino e uno dei primi a scoprire il sushi in Italia”. Tanto che in un ristorante giapponese di Milano c'è addirittura un piatto chiamato "Grignani Imperial".
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INTERVISTA
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CARNEVALE di Tommaso Montagna
VENEZIA
Un Carnevale all’insegna dell’Ottocento, tra Romanticismo e Risorgimento g
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a più antica testimonianza risale addirittura al 1094, quando il termine Carnevale (la cui etimologia è ancora discussa: la gamma di significati varia dalle feste romane in onore di Saturno fino alla proibizione di mangiare carne) appare per la prima volta nel documentare una serie di divertimenti avvenuti nella città lagunare. In ogni caso, l’istituzione, ormai millenaria, di uno dei festeggiamenti più celebri al mondo affonda le radici nella necessità sociologica della Serenissima di concedere, ai ceti più umili, un periodo di gozzoviglie e perfino di derisione della aristocrazia veneziana. Ed ecco entrare in scena le maschere (eredità del mondo antico, romano e greco) che donano l’anonimato e perfezionano il livellamento delle suddivisioni sociali. E’ al periodo di massimo fulgore del Carnevale di Venezia, tra il 1600 e il 1700, che l’attuale direttore artistico Davide Rampello dice di volersi ispirare per l’edizione 2011. “In quei secoli” spiega “il Carnevale durava sei mesi, la città si animava e rimaneva in festa per tutto il periodo. Credo che la manifestazione debba essere riportata alle sue origini, rivitalizzando la stessa Venezia”. A cominciare dalla cerimonia di apertura, un prologo tenutosi sabato 19 febbraio in piazza San Marco con un brindisi corale davanti alla Fontana del Vino. Un monumento appositamente creato dallo scenografo Angelo Lodi. Il cin-cin è stato fatto con i migliori vini dell’Enoteca veneta che sgorgavano dalle bocche della fontana, poi serviti da locandiere ed osti d’altri tempi. “La mia idea” continua il dr. Rampello, veneziano d’adozione “è ricostruire le ambientazioni tipiche dell’Ottocento”. Per-
MASCHERATA
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chè il Diciannovesimo secolo, quello del Risorgimento e del Romanticismo, sarà il filo conduttore del Carnevale. In questo senso è stato edificato per l’occasione un teatro in piazza San Marco, cuore naturale della manifestazione, nel quale saranno rappresentati numerosi spettacoli. E per fare in modo che Venezia possa riappropriarsi della sua anima burlesca, tutto il personale che lavora al Carnevale è rigorosamente in costume. “I musei cittadini sono aperti fino alle 22, allo stesso modo la Casa del Cinema e l’Archivio di Stato, così come altre Istituzioni, dove sono organizzati eventi culturali, mostre, rappresentazioni storiche e proiezioni cinematografiche”. Anche le chiese veneziane sono protagoniste con i concerti tenuti dal conservatorio cittadino. “Il
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carnevale deve rivolgersi soprattutto ai veneziani” commenta il direttore artistico “senza dimenticare l’attenzione che deve essere data anche a chi viene da fuori”. E nel centocinquantesimo anniversario della Unità d’Italia, la manifestazione celebra anche le eroine post romantiche, e quindi la femminilità in genere, andando poi a sdrammatizzare, in modo giocoso, in perfetto stile carnevalesco, gli scontri tra gli ufficiali austriaci e gli appartenenti al Comitato per l’Unità al Regno d’Italia. Davide Rampello sembra quindi aver cucito un Carnevale su misura addosso all’antica Repubblica marinara, come fosse uno dei costumi ottocenteschi che si aggireranno in città fino all’8 marzo, Festa della Donna e data conclusiva degli eventi.
“E’ il momento in cui Venezia si riprende la sua anima, torna alla quotidianità dopo tanti giorni di festeggiamenti”. “La cerimonia di chiusura sarà rappresentata da una vogata notturna del silenzio: un modo per riconquistare la città lentamente, quasi senza rumore”. Una lunga processione di gondole e imbarcazioni a remi percorrerà il Canal Grande, da Rialto al Bacino di San Marco, anticipata dalle note di una tromba posta sulla prima barca.Il corteo sarà illuminato da diecimila fiaccole, proprio per salutare l’avvenuta rianimazione di Venezia. All’arrivo, centinaia di piccole mongolfiere di carta, con un lumino, saranno liberate nell’aria a suggellare, da una parte, la fine del Carnevale e dall’altra l’ingresso nella Quaresima.
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di Simona Rapparelli
Se non ora, quando? febbraio - marzo 2011
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SIAMO DONNE
In piazza per manifestare il diritto di essere donne
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hissà, forse sarà la vicinanza di calendario, ovviamente del tutto casuale. La manifestazione femminile che si è tenuta domenica 13 febbraio chiamata “Se non ora, quando?”, sembra essere, o meglio, è stata pericolosamente vicina alla festa di san Valentino. Oddio, non che ci siano somiglianze, per carità! Ma sotto sotto, forse qualcosa di simile fa capolino. Se analizziamo bene i
due fenomeni, comunque profondamente diversi, troviamo due elementi in comune che si fanno strada: le donne, tanto per fare un esempio, e forse anche un po’ l’amore. Già, perchè le donne che hanno partecipato alla manifestazione hanno voluto ricordare che non è sempre il caso di rappresentarle soltanto con o come un corpo, ma che forse sono spesso qual-
cos’altro; e qui si innesta anche un po’ di sentimento. Ma, tornando seri, perchè l’argomento non tollera celie o burle di sorta, è il caso di fare il punto su un elemento: la sessualità come merce di scambio, come valore aggiunto del “ti trovo un posto in alto”. E’ proprio contro que-
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sto concetto che alcune esponenti in rosa hanno voluto protestare, scendendo in molte piazze italiane per esprimere il loro dissenso sull’uso del corpo femminile, per ricordare che esistono i concetti “quasi” sacrosanti di dignità, uguaglianza e rispetto. Una manifestazione che comunque non ha messo tutte d’accordo, forse perchè in buona parte utilizzata da alcuni colori politici: in quel di Pavia, sempre per fare un esempio, molte le voci femminili a favore e molte (tanto per stare nel tema della “parità”) quelle non del tutto favorevoli alla mobilitazione di piazza. Secondo Marcella Ferrari, moglie del sindaco Alessandro Cattaneo, è necessario promuovere le proprie competenze per imporsi, anche se riconosce che non sempre il merito vince; diversamente la pensano invece, stando alla stampa locale, alcune religiose consacrate della città, che esprimono solidarietà alle manifestanti sottolineando la difficoltà a spiegare alle ragazze che apparire non sempre è fondamentale. “Di parte e faziosa”: queste le parole del premier Silvio Berlusconi, che ha definito così la manifestazione tinta di rosa. “Tutte le donne che hanno avuto modo di conoscermi” - ha affermato durante un’intervista televisiva - “sanno con quanta con-
siderazione e rispetto io mi rapporto con loro”. Urge però a questo punto una riflessione: sarebbe comunque riduttivo fermarsi al cosiddetto Rubygate. Facendo zapping in tv o sfogliando alcuni quotidiani, infatti, se ne vedono di cotte e di crude: basta anche solo uno spot pubblicitario (o uno stacchetto di ballo) per osservare una quantità di bellezza che sa un pochino di plastica. Ma, discostiamoci per un attimo dalle parole dei giornali, quelle cavalcate dai partiti, utilizzate dai giudici o nascoste dai colpevoli: in queste settimane non abbiamo sentito altro che fanciulle in cerca di facili successi e di soldi facili, di minorenni disposte a tutto pur di apparire e guadagnare. Chiudiamo gli occhi davanti alle notizie sbattute sulle prime pagine dei quotidiani e concentriamoci sulle donne che lavorano nella ricerca, su quelle che fanno le pulizie tutti i giorni per mantenere un bambino o tutta una famiglia, sulla barista che ci prepara il cappuccino la mattina e sulla commessa del negozio che ci fa provare con pazienza una volta al mese i nostri maglioni preferiti; sulla sarta che ci aggiusta i pantaloni, sulla mamma che ci prepara il pranzetto della domenica o sulla nonna, sulla donna medico che ci cura quando non stiamo bene, sulla poliziotta che ci ha dato la multa o sulla cassiera che fa passare le nostre provviste al supermercato, mentre sbuffiamo stufi marci della spesa del sabato pomeriggio; o sull’ostetrica che ha fatto nascere noi e nostro figlio, o infine, perchè l’elenco sarebbe davvero troppo lungo, sulla donna che ogni giorno ci sta accanto, indipendentemente da tutto. Forse onorare le donne vuol dire proprio questo, al di là della manifestazione, seppur giusta, limitata ad un giorno soltanto: portare un sorriso, un regalo ad un’amica, un libro, una penna e un diario. Lo scambio di regali ed emozioni funziona anche declinato tutto al femminile, da donna a donna, per non dimenticarci che siamo, a dispetto di tutto, semplicemente uniche.
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di Rossana Trespidi
ALLA RICERCA DEL TEMPO PERDUTO L’impegno dell’assessore Facchinotti per trovare le radici della nostra provincia
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ffervescente partenza nel 2011 del settore cultura della Provincia di Pavia con la proposizione di due importanti iniziative che i pavesi hanno dimostrato nel tempo di apprezzare particolarmente. Dopo il successo dell’anno scorso, il 12 febbraio comincia il secondo Festival degli Organi Storici della provincia e poi a marzo va in scena il Festival Provinciale di Teatro Dialettale giunto alla nona edizione. Far rivivere gli antichi organi delle chiese più belle e più rappresentative del pavese rientra in un più ampio progetto di riscoperta e valorizzazione del territorio partito nel 2003 con un censimento che ha portato all’individuazione di circa un centinaio di organi antichi che tornano ogni anno a nuova vita grazie alla sapiente arte di organisti di fama accompagnati da cantanti e strumentisti noti a livello nazionale e internazionale. Si comincia nella chiesa di Villanterio per toccare poi fino al 16 aprile le chiese di tutta la provincia, Mortara, Castelnovetto, Montebello della Battaglia, Pomello, Rivanazzano Terme (dove c’è l’organo più antico della provincia risalente al 1629), Rovescala e Voghera. “Il Festival è anche un’occasione anche per andare alla riscoperta delle bellezze architettoniche e artistiche del territorio” dice Marco Facchinotti, Vicepresidente e Assessore ai Beni febbraio - marzo 2011
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MARCO FACCHINOTTI - VICEPRESIDENTE E ASSESSORE AI BENI E ALLE ATTIVITÀ CULTURALI DELLA PROVINCIA DI PAVIA
e alle Attività Culturali della Provincia di Pavia. Altra significativa iniziativa è il Festival del Teatro Dialettale, ospitato a Mortara dal 4 marzo al 10 aprile secondo la logica itinerante inaugurata dallo stesso Facchinotti all’atto del suo insediamento all’assessorato circa cinque anni fa. Nato infatti a Broni come appuntamento fisso, è stato poi portato in giro per la provincia toccando i tea-
tri dell’Oltrepo, della Lomellina e del Pavese. Sono quattordici le compagnie dialettali che si esibiranno sul palco nei week-end con spettacoli totalmente gratuiti. Il Festival inizia con “Al mago Angiulin, tant ladar e poc induin” del Gruppo Giovani Parona e termina, la domenica pomeriggio del 10 aprile, con una grande festa musicale in cui guest star sarà la band dei “Fio dla nebia”, sto-
ATTUALITÀ
Tel. 0382.597417 / 597227 Fax 0382.597384 E-mail: marco.facchinotti@provincia.pv.it
rico gruppo amatissimo in provincia. In scena, ad opera di attori amatoriali, i racconti della vita di cortile, dell’aia, delle case di ringhiera, della vita di campagna, che spesso giocano su una trama di equivoci e su una vena grottesca tipici della tradizione popolare che Facchinotti, tra i prioritari propositi del suo operato, ha sempre voluto valorizzare. “E’ stato sempre un obiettivo del mio mandato tutelare la cultura popolare, il valore della memoria, oltre che il recupero e la valorizzazione del dialetto” sottolinea Facchinotti “infatti grazie alle compagnie dei vari paesi si realizza uno scambio interculturale di dialetti che sono molto diversi da zona a zona”. Su questo solco, Facchinotti ha anche promosso insieme al GAL Lomellina e all’Ecomuseo del Paesaggio Lomellino un progetto di mappatura delle cascine della Lomellina per riscoprire i beni materiali e immateriali della storia del nostro territorio e pubblicato il libro “Cascine”, incentrato sul tema della ruralità vista attraverso la vitalità e la presenza tipica proprio delle cascine. Si sono cercate costruzioni ancora attive che tramandano usi e costumi e si è voluto ricordare anche quelle abbandonate che meriterebbero di essere recuperate. Terzo progetto in procinto di vedere la luce è il completamento della trilogia dei volumi sul 150esimo anniversario dell’ente di Piazza Italia. Quest’anno è la volta dei protagonisti pavesi che hanno fatto la storia e lasciato una significativa traccia nei più svariati campi del sapere, dalle arti alla scienza, dalla politica all’economia. 19
di Tommaso Montagna
LAVORI IN CORSO G
ià la scorsa estate, tra luglio e agosto, per finire giusto in tempo ad inaugurare la nuova stagione, il Teatro Fraschini aveva provveduto a restaurare alcuni suoi arredi. Dalla sostituzione delle passatoie (ora in tessuto ignifugo) e dei tendaggi dell’atrio e della platea alla posa delle assi della pavimentazione (conservando quelle originali settecentesche), dal proscenio e dai camerini ritinteggiati fino alle poltrone rimesse a nuovo. Una serie di interventi che ha contribuito a mantenere intatto un patrimonio dei pavesi, quasi un tempio per chi ami il palcoscenico in ogni sua forma. Seguendo la sua linea di condotta, secondo la quale solo i restauri progressivi diluiscono le spese, Raffaella Ciampi, vice presidente vicario del Teatro dei Quattro Cavalieri, ha appena portato a termine il restauro anche di quattro palchi del primo ordine. “L’approvazione della Sovraintendenza delle Belle Arti febbraio - marzo 2011
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è arrivata a dicembre dell’anno passato, subito dopo sono cominciati i lavori”. “E’ stato tolto l’intonaco protettivo che ricopriva le pareti dal 1994, data dell’ultimo grande restauro che ha tenuto chiuso il teatro per otto anni, e sono state portate alla luce le decorazioni a marmorino risalenti all’Ottocento”. Ogni palco ha un colore differente, in uno dei sotto archi ora è visibile una decorazione dorata del Settecento, intagliata ai tempi della costruzione dell’edificio. “E’ stato un restauro conservativo” prosegue la dottoressa Ciampi “non abbiamo voluto intaccare l’originalità dei toni cromatici o evidenziarli in modo sproporzionato rispetto all’antichità del Teatro”. L’opera è stata portata a compimento, con particolare zelo e abnegazione, da due ditte di Pavia e Milano, nel giro di un mese. Costo: undici mila euro, provenienti dalle casse della Fondazione del Teatro Fraschini. “La mia finalità è riuscire a restaurare un palco all’anno e riportare il teatro alla sua bellezza originaria. Nel prossimo futuro speriamo di essere in grado di partecipare ad un ban-
Un progressivo ritorno alle origini per Il Teatro dei Quattro Cavalieri do ministeriale che consenta di ottenere le risorse necessarie alla sostituzione dei tendaggi, poggiagomiti e sedie di tutti i palchi”. Interventi forse non così appariscenti, presi ad uno ad uno, ma particolarmente produttivi se uniti all’interno del contesto teatrale. “Già con l’ultimo restauro, la platea e l’immagine interna del teatro sembrano essere più luminose, più vivide, restituite al nostro tempo”. E tra l’altro, uno dei quattro palchi è stato rimesso a lucido grazie anche al prezioso contributo economico di una abbonata storica che ha voluto lasciare una traccia indelebile nella sua passione di sempre.Una sorta di mecenatismo dei tempi perduti, attraverso cui i cittadini si fanno carico del loro patrimonio culturale, che Raffaella Ciampi spera posso ripetersi. Una cura degna di un teatro come il Fraschini, il cui particolare pregio viene spesso notato anche dai suoi ospiti più illustri. Da ultimi, naturalmente solo per ordine temporale, Alessandro Gassman e Ligabue che hanno speso parole d’elogio per quello che è, per qualità, tra i primi venti teatri d’Italia.
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ATTUALITÀ
CULTURA & DINTORNI
di Simona Rapparelli
LA CULTURA PAVESE Gian Marco Centinaio
Associazioni ed Enti riuniti in unico sistema
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COLLEGIO GHISLIERI
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dispetto della Pavia sonnacchiosa che sta nell’immaginario di tanti di noi, la vita culturale della città è decisamente animata. Lo si osserva abbastanza velocemente notando quante siano le associazioni che animano eventi ed incontri. Quasi ogni fine settimana possiamo trovare, nell’ampio panorama di appuntamenti pavesi, l’iniziativa e la collaborazione di qualche gruppo che desidera spendere il proprio tempo libero promuovendo la cultura locale. “Sono ben 162 ad oggi le associazioni culturali e di turismo che figurano sugli elenchi comunali e che collaborano con noi” – spiega l’Assessore comunale alla Cultura Gian Marco Centinaio – “un numero importante, che mi ha permesso di istituire il Tavolo delle Associazioni, attraverso il quale siamo riusciti a riunire i componenti delle varie realtà spingendoli a fare sistema. Durante i primi mesi del mio mandato mi sono reso conto che le associazioni avevano necessità di trovare un interlocutore, una persona che ascoltasse le loro proposte e che ne tenesse conto, magari cercando di sostenerle e di dare una spinta organizzativa alle idee portate avanti. Una volta avviato il meccanismo, il tavolo è diventato un vero e proprio strumento di lavoro che le stesse associazioni utilizzano per comunicare e collaborare tra loro: spesso accade che un gruppo chiami la segreteria del mio assessorato per chiedere se in un giorno specifico c’è già un’iniziativa simile a quella che loro vorrebbero realizzare; questo semplice passaggio ci permette di evitare eventi-
doppione che si ripetono ostacolandosi tra loro”. E Pavia, da buona città del fare, agisce senza farlo sapere in giro. Certo è che le associazioni che fanno cultura ci sono e sono attivissime: scorrendo l’elenco troviamo ampio spazio dedicato alle attività musicali in genere: citiamo, per esempio, Ghislieri Choir and Consort, ensemble diretta da Giulio Prandi che esegue musica barocca in residenza presso lo storico Collegio Ghislieri, e che annovera alcuni tra i migliori cantanti e strumentisti barocchi italiani. Ricordiamo che Ghislieri Choir ha all’attivo anche un progetto di riscoperta del repertorio sacro corale del XVIII secolo che sarà pubblicato in tutto il mondo da Sony-Deutsche Harmonia Mundi. Nell’elenco troviamo anche nomi più che noti alla città e alla sua provincia, come la Fondazione Teatro Fraschini, che porta avanti la tradizione teatrale pavese; ma esistono anche l’Associazione Amici dell’Orto Botanico di Pavia, fondata nel 1994 per rilanciare l’immagine dell’Orto ma anche per impegnarsi nella sua conservazione e valorizzazione; l’Associazione Ruote d’Epoca Pavia, che si dedica al settore delle auto e delle motociclette d’antan, “curando” con dedizione i motori che hanno fatto la storia automobilistica e motociclistica italiana, e tante altre aggregazioni, che purtroppo tralasciamo per mancanza di spazio. Quello delle associazioni culturali è un mondo variegato, vivo e pulsante, che si porta silenziosamente Pavia nel cuore, un po’ come tutti noi.
I.P.
PAVIA BAROCCA Una rassegna musicale nata anche per i giovani “Pavia barocca”: suona così la rassegna internazionale di musica antica del Collegio Ghislieri. Trentanove appuntamenti: trentanove scalini musicali, che si dipaneranno da marzo a dicembre. Un progetto che vuole inserire la Città delle Cento Torri all’interno di un prezioso circuito musicale di respiro non solo italiano, ma europeo. Anche per suggellare la presenza di Pavia all’interno del Circuito lombardo di Musica antica: prima rete italiana, su modello europeo, che coinvolge le istituzioni nell’ambito del repertorio barocco. Accanto ai dodici concerti eseguiti dai migliori maestri del Vecchio Continente e ai nove concerti da camera, durante la rassegna verranno proposti incontri ed eventi culturali finalizzati anche alla promozione dei prodotti tipici
del pavese. Soluzioni studiate appositamente per non creare nicchie isolate di cultura, poco proficue, ma per integrarle e convogliarle in un legame condiviso, capace di rivitalizzare il territorio. “Una particolare attenzione contraddistingue la propensione di Ghislierimusica per i giovani” spiega il Maestro Giulio Prandi, giovane direttore musicale della medesima associazione musicale da lui fondata. “In questo senso il collegio Ghislieri ha attivato una partnership con due eccellenze europee dell’inserimento nel campo professionale della musica antica: l’Orchestra Barocca dell’Unione Europea e dell’Accademia di Ambronay”. “Ambedue le ensamble, non solo suoneranno nella rassegna, ma partiranno da Pavia per le loro tourneè internazionali in giro per l’Europa, dopo aver
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portato in città una settantina tra i migliori musicisti dell’intero continente”. In linea con questo binomio formato da giovani e musica antica, “Pavia barocca”, nata dal connubio tra il rinomato collegio pavese e l’amministrazione comunale, sostenuta da Regione, Provincia e con il contributo di varie istituzioni quali la Fondazione Cariplo, ospiterà anche numerosi artisti emergenti, tra cui i vincitori del Premio Nazionale delle Arti, Sezione Barocca, indetto dal Ministero dell’Istruzione, e il Gruppo di Musica Antica dell’Istituto Musicale “F. Vittadini” di Pavia. Senza dimenticare lo stesso coro del collegio Ghislieri: un gruppo studentesco amatoriale, con la profonda passione per le note d’epoca, che si esibirà in tre concerti fuori dal repertorio barocco.
di Andrea Pestoni
ARBITER boutique d'élite
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oghera. Quando nel centro della via Emilia si imbocca l’ingresso che porta alla boutique Arbiter si capisce già, dopo pochi passi, di essere entrati in una dimensione diversa. Una sensazione che diventa certezza quando si arriva nel piccolo giardino posto nell’atrio e poi si apre la porta di cristallo, che introduce i clienti in un negozio recentemente ristrutturato e rivisto, aperto l’11 settembre scorso, nel pieno centro cittadino. Arbiter abbigliamento è sinonimo di eleganza e innovazione, ma anche di cordialità e cura dei particolari. Qui l’uomo può vestirsi da capo a piedi, viene consigliato sulla scelta del profumo più adatto, ha a disposizione una serie infinita di accessori, a cominciare dalle scarpe più eleganti ed esclusive. Ma soprattutto ci sono Massimo e Stefano che mettono la loro professionalità al servizio del cliente. “Sono bastati pochi mesi ed il nostro negozio è già diventato un punto di riferimento per molti, che prima cercavano altrove un negozio di questo tipo, magari anche nelle grandi città – spiega Massimo - I nostri prodotti sono unici e all’avanguardia, perché noi amiamo precorrere i tempi e proponiamo ai clienti articoli che altri proporranno
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Massimo e Stefano
fra qualche anno. Noi vendiamo immagine, idea e stile: è questo che ci contraddistingue”. E’ chiaro, quindi, che da Arbiter abbigliamento non si va solo a comprare un vestito. I “vecchi” commessi ora sono consulenti d’immagine, sanno consigliare al cliente il miglior abbinamento, individuano subito le scarpe appropriate per ogni occasione. Ma sanno anche creare vestiti su misura, in base alle esigenze del cliente, come nella miglior tradizione sartoriale. “Il bilancio di questi primi mesi è stato davvero molto positivo e vedere un cliente che ritorna è il riscontro concreto, anzi la certezza di aver fatto un buon lavoro, nella consapevolezza che la nostra missione è sempre quella di migliorare e migliorarci – aggiunge Stefano – I progetti per il 2011,
invece, sono davvero tanti e spaziano dalla cultura all’abbigliamento, dalla gastronomia all’arte”. Un obiettivo che in realtà è duplice: contribuire a ravvivare il centro storico e soprattutto valorizzare lo splendido giardino nell’atrio, principalmente nei mesi primaverili ed estivi. Anche questo è un modo originale ed elegante per consentire al cliente di vivere il proprio negozio, di seguirne la crescita e di capirne profondamente le scelte. Non si tratta solamente di acquistare un vestito. “Noi vendiamo immagine, idea e stile – ripete convinto Massimo – Ma alla base del nostro lavoro c’è sempre il rapporto umano con il cliente”. Ecco il vero segreto di un negozio che fa della moda, creativa e tradizionale, elegante ed originale, la propria arma vincente. Un patrimonio per tutti i vogheresi.
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ATTUALITÀ
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di Alessia Benaglio
SPECIALECASA
ARCHITETTURA
PULITA
Materiali naturali o riciclati per costruire le nostre dimore
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isale ad un progetto del lontano 1935 di Frank Loyd Wright la Casa sulla Cascata, il primo esempio di architettura “organica”, così come amava definirla l’architetto. Per realizzare l’abitazione, vennero create una serie di piani a terrazza sovrapposti che richiamassero la stratificazione delle rocce e che sporgendo sulla cascata crearono un effetto scenico unico. Si tratta di una tipologia di architettura che promuove l’armonia tra l’uomo e la natura, l’equilibrio tra l’ambiente costruito e l’ambiente naturale attraverso l’integrazione tra elementi artificiali e non: è ciò che viene chiamato bioarchitettura. Secondo la definizione che viene data dall’Istituto Nazionale di Bioarchitettura, l’architettura sostenibile è l’insieme delle discipline che presuppongono e attuano un attegfebbraio - marzo 2011
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giamento ecologicamente corretto nei confronti dell’ecosistema ambientale. Lo scopo è conciliare e integrare le attività e i comportamenti umani con le preesistenze ambientali ed i fenomeni naturali per migliorare la qualità della vita attuale e futura. Quali sono gli interventi architettonici che possiamo attuare per evitare che la nostra casa inquini l’ambiente che ci ospita e ci circonda? In primis, il progetto architettonico deve valutare l’importanza dei valori storici ed estetici del paesaggio e tutelarne le specificità. E’ necessario scegliere con attenzione anche i materiali da utilizzare: è bene verificarne l’origine e il dispendio energetico, l’assenza di sostanze tossiche o radioattive, il processo di estrazione, l’estetica e il comportamento statico ed elettromagnetico. Ad esempio, per le fondamenta
sono consigliabili mattoni, pietre naturali e calcestruzzo magro, per le finestre, legni autoctoni e vetri incolore con lastre doppie. Il riciclo delle acque piovane e lo smaltimento dei rifiuti sono fondamentali per uno sviluppo sostenibile. Così come lo è l’ottimizzazione dell’aria interna all’abitazione. E’ indispensabile favorire le condizioni microclimatiche più adatte per garantire un adeguato livello di benessere degli spazi interni. Stiamo parlando quindi della temperatura, dell’umidità, della velocità dell’aria, per questo motivo è importante scegliere materiali a bassissima emissione nociva che possano alterare il micro-ecosistema degli ambienti. Sembrano concetti alquanto difficili da mettere in pratica, ma c’è chi con tanto impegno, sacrificio e buona volontà è riuscito a realizzare dei
SPECIALE CASA
UN CAPOLAVORO ECOLOGICO
Si chiama EcoArk, si trova a Taiwan, ed è un padiglione di tre piani costruito utilizzando un milione e mezzo di bottiglie di plastica. Un intervento di upcycle destinato ad entrare nel Guinness dei primati. L’elasticità della plastica delle bottiglie mette la costruzione al riparo da tempeste e terremoti e permette alla luce di entrare e di illuminare naturalmente gli interni. L’EcoARK comprende un anfiteatro, un museo, e una vasca per la raccolta di acqua piovana. La costruzione può essere smontata e rimontata altrove divenendo una vera e propria struttura itinerante.
capolavori architettonici. Prendiamo l’edificio di Taiwan costruito interamente con bottiglie di plastica riciclate su tre piani che oggi ospita degli spazi espositivi o il complesso residenziale Sierra Bonita Affordable Housing a Hollywood che utilizza la luce del sole per produrre energia e trae il riscaldamento esclusivamente dall’energia termica. Possiamo trovare esempi di bioarchitettura anche guardando all’interno dei confini del nostro Paese: la società Savno, Società Ambientale Veneto Nord Orientale che gestisce lo smaltimento di rifiuti urbani, si è guadagnata nel 2009 il premio Energy Globe Award per avere realizzato l’edificio in cui ha sede interamente con materiali provenienti dalla raccolta differenziata. La sostenibilità è assicurata al 100%. 29
di Alessia Benaglio
ARREDAMENTO
ECOSOSTENIBILE La nuova via per rendere salutare ogni angolo del focolare domestico
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he cos’è l’inquinamento? E’ un’alterazione dell’ambiente che produce disagi o danni permanenti per la vita di una determinata zona. Esiste l’inquinamento idrico, atmosferico, termico, acustico e chi più ne ha più ne metta. Com’è possibile non sentirsi impotenti di fronte ad un problema di così vasta portata? Oltre alla raccolta differenziata dei rifiuti o evitare di usare l’auto se non è necessario, in quale altro modo possiamo contribuire? Possiamo partire dal nostro nido, dalla nostra amata casa e renderla a prova di inquinamento utilizzando elementi d’arredo ecosostenibili. Possono essere definiti “ecologici” gli arredi che rispettano l’ambiente sia nella fase di produzione (non deve esserci sfruttamento dell’uomo o dell’ambiente) sia nella fase finale della vita dell’oggetto, cioè devono essere composti da materiali rinnovabili. E’ incredibile quanti materiali naturali possono essere riciclati. Il lattice, derivante dalla lavorazione del liquido estratto dalle piante della gomma, è un prodotto igienico ed anallergico utilizzato spesso per i materassi. La parte che riveste i semi di miglio e
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farro viene utilizzata per imbottiture di vario genere. Nessuno lo direbbe mai, ma anche il legno può essere riciclato; esiste un legno riciclato pre-consumo, fatto da trucioli e segatura proveniente dagli scarti di lavorazione e un legno riciclato post-consumo che comprende tutti quegli oggetti che dopo il loro utilizzo andrebbero gettati. Anche tantissimi tipi di stoffe sono ecologici: il tessuto ottenuto dal sughero è molto leggero e robusto, dalla canna da zucchero e dal mais si possono ottenere dei filati di alta qualità e lavo-
INTERVISTA
CURIOSITA’: LA PIANTA-DRAGO La salubrità della pianta Dracena, adatta a stare in cucina, sembra derivare addirittura da antichissime credenze. Dalla popolazione dei Guanci, nelle Canarie, era considerata un vero e proprio drago con poteri terapeutici. Una convinzione dovuta al fatto che la linfa, rapprendendosi, diventa rossa, come il sangue dell’animale fiabesco. Nell’antica Roma, la sostanza venne usata come colorante, mentre nel Medioevo gli alchimisti ne sfruttarono le proprietà magiche. Ed oggi, per tradizione, la Dracena è conosciuta anche come il “tronchetto della felicità”.
rando la soia si può ottenere una particolare fibra chiamata “cachemere vegetale”, un prodotto più luminoso della seta e più leggero del cachemere. Famosi designer si sono accorti dell’importanza della causa ecologica e hanno intrapreso la via dell’ecocompatibilità. In una casa sostenibile dal design innovativo non possono mancare la libreria realizzata con materiale di scarto della produzione di skateboards, il divano a forma di cuore interamente fatto di cartone, il grattugiasapone per evitare di utilizzare sapone liquido contenuto in inquinanti confezioni di plastica e la lampada a LED fatta di gomma e propilene. Appare chiaro che si può avere una casa alla moda rispettando l’ambien31
te. Anche l’aria che respiriamo nelle nostre case non è del tutto pura, l’unica soluzione possibile è chiedere “aiuto” alle piante. Alcuni ricercatori hanno infatti scoperto che le piante non solo assorbono gli agenti inquinanti dissolti nell’aria, ma hanno anche una vera e propria funzione purificatrice. Attirano questi agenti tramite le foglie e sono in grado di metabo-
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lizzarli o eliminarli dalle radici rendendoli dei minerali utili al loro nutrimento. Secondo gli esperti, per ogni stanza c’è la pianta più adatta: dracena per la cucina, azalea per il bagno. Esistono anche delle sostanze più particolari che possono essere riutilizzate: c’è chi ricicla i fondi di caffè per creare tavoli e sedie! Mescolandoli a plastica riciclata post-consumo vengono create
delle superfici di un colore scuro che emanano l’aroma del caffè.C’è chi si è spinto oltre ed ha utilizzato degli avanzi di lapidi considerandole un ottimo materiale edile. Non c’è da stupirsi, in fondo anche i nostri antenati medievali e rinascimentali le utilizzavano spesso come elemento architettonico decorativo, segno che la coscienza ecologica non ha età!
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INTERVISTA
di Chiara Pelizza
La Natura ci spinge verso l’utilizzo dell’energia rinnovabile
LA FORZA DEGLI ELEMENTI U
na filosofia di vita, una scelta che nasce dal rispetto dell’ambiente che ci circonda e dalla consapevolezza che il mondo vive di risorse finite che non possono essere utilizzate in eterno. La bioarchitettura, crea un equilibrio tra ecosistema e comportamenti umani, in particolare che riguardano le costruzioni e gli abitati. Nata negli anni ’70 in Ger-
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mania, la bioarchitettura o bioedilizia, armonizza la realizzazione degli edifici con l’ambiente naturale e ha il preciso intento, per tutelare la salute dell’uomo e dell’ambiente, di limitare l’impatto che solitamente la natura subisce nella ‘violenza’ della costruzione non ecosostenibile. Le materie prime utilizzate dall’archi-
tetto sono risorse naturali quali acqua, legno, vegetative ma soprattutto tenta di limitare le emissioni dannose in vista della conservazione di un futuro del mondo il meno contaminato possibile. La costruzione delle così dette ‘case passive’ ha un impazzo zero poiché non consuma praticamente energia creando calore per l’interno attraverso un eccel-
SPECIALE CASA
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lente isolamento termico, rinunciando all’impianto di riscaldamento re-utilizzando l’energia prodotta da abitanti e elettrodomestici dell’interno, soprattutto grazie all’energia solare. Obiettivo della bioedilizia è sicuramente ottimizzare l’utilizzo energetico per ricavarne un risparmio il cui costo è ammortizzabile nel tempo anche se i diversi impianti, al momento della realizzazione della casa, hanno costi superiori alle normali soluzioni impiegate. La ricerca di energie alternative risponde anche all’esigenza di superare la dipendenza che l’Italia, così come altri stati, ha da fornitori esteri. Concentrarsi sulla ricerca di energie alternative, aiuterebbe a guadagnare autonomia rispetto agli stati fornitori e allo stesso tempo contribuirebbe a cercare soluzioni diverse dall’impiego di petrolio, ad oggi la prin-
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cipale fonte di energia. Se la casa passiva non ha ancora ampia diffusione in Italia e nel mondo, ma cresce per il momento come progetto ideale di rispetto ambientale, il fotovoltaico è impianto scelto da persone di sensibilità ambientalista, ma anche da diverse grandi strutture ed enti. I numeri offerti dalla fonte fotovoltaiconorditalia.it su dati Gse, Gestore servizi energetici, spesso subiscono alcune oscillazioni che vedono un incremento dell’installazione di impianti fotovoltaici nei primi tre mesi dell’anno per poi diminuire verso gli ultimi mesi. Questo calo avviene perché le procedure per ricevere gli incentivi sono burocraticamente impegnative e il dispiego dei documenti richiede tempo, ma soprattutto perché il rimborso avviene a fine anno. La situazione mondiale rispetto alla produzione e vendita
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delle celle fotovoltaiche, ha visto un incremento dai circa 1.200 Mwp prodotti nell’anno 2004 ad oltre 12 mila Mw di moduli prodotti nel 2009, con una quantità annuale praticamente decuplicata in 5 anni. In Italia dai 9 mw installati nel corso del 2006 si è passati ai 720 Mwp installati nel 2009. Le stime Gse per il 2010 indicano circa 850 mw di nuovo installato per la fine anno. Al 30 aprile 2010 le tre regioni che maggiormente hanno installato fotovoltaico sono state Puglia, Lombardia, Emilia Romagna con installazioni complessive rispettivamente di circa 230, 135 e 100 Mw. Alle case, tra le varie energie alternative, si può applicare anche l’energia idroelettrica e altri tipi puliti, illimitati e rinnovabili, il cui impiego gioverà anche alle generazioni future.
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Non solo le case, ma anche gli alberghi, soprattutto in nord Europa, hanno fatto scelta di eco compatibilità per attirare un pubblico non solo di esperti, ma anche di curiosi di queste strutture interamente immerse nella natura. Vacanze verdi nella destinazione e nei programmi di intrattenimento. Addirittura alcune proposte di soggirono in Nord Europa e nei paesi della penisola Scandinava, offrono il pernottamento in alberghi sugli alberi. Case che trasmettono l’insolita emozione di dormire in ambienti integrati nella natura circostante per vivere un’esperienza ecocompatibile, ma con tutti i confort della vita moderna.
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di Andrea Pestoni
A tutto Il sogno di un’impresa nata dal boom economico
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ontebello della Battaglia. “Per favore mamma, puoi lasciare libera la stanza? Devo ricevere una persona…”. Era il 1963 quando i Beatles pubblicarono il loro primo album dal titolo “Please Please Me”, quando la fumata bianca del Vaticano sancì l’elezione di Papa Paolo VI e quando, davanti al Lincoln Memorial di Washington, Martin Luther King pronunciò lo storico discorso che tutti ricordano per la frase “I have a dream”. Avere un sogno. Quello stesso sogno che per Filippo Carini iniziò proprio in quel lontano 1963, quando la signora Maria Raina di Montebello della Battaglia divenne la prima cliente della Libarna Gas. Allora la sede di quello che sarebbe diventato uno dei principali operatori del mercato libero del gas e dell’energia era a casa della mamma di Filippo Carini,
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o se preferite della nonna di Maddalena Carini che, insieme a Francesca Torti, ha ereditato il patrimonio societario della Libarna. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti, o meglio ne è passato di gas nei metanodotti, e oggi la Libarna Gas, prima realtà del nord Italia ad entrare nel libero mercato, opera in tre province (Pavia, Alessandria e Cuneo), conta 25 dipendenti e 15 mila affezionati clienti. La liberalizzazione del mercato, entrata in vigore il 1 gennaio del 2003, ha imposto, sotto il profilo giuridico, la separazione delle società di vendita del gas e di gestione delle reti. Per questo al timone di Libarna Gas c’è Maddalena Carini mentre Francesca Torti è presidente di Libarna Energie. “Libarna Gas nasce da una precisa scelta strategica che all’epoca fece mio padre. Molti la ritennero insensata e invece fu molto lungimirante
– racconta Maddalena Carini – E cioè quella di cercare i clienti nei piccoli paesi, non ancora urbanizzati e mal serviti dalla rete nazionale. Oggi le utenze dei piccoli centri sono sempre di più l’ossatura del nostro mercato”. Libarna Gas opera principalmente nei piccoli centri, in concorrenza con i grandi colossi del mercato.
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ual è il sasso che deve scagliare Davide per abbattere Golia?
“Metaforicamente parlando, i sassi sono due – risponde Maddalena Carini – Il primo è rappresentato dalla convenienza dei nostri contratti, che sono chiari e soprattutto concorrenziali sotto il profilo economico. La leggenda per cui le grandi multinazionali possono offrire il gas a prezzi inferiori rispetto ai piccoli operatori è da sfatare e noi siamo qui a
AZIENDE LEADER
dimostrarlo. In secondo luogo, noi sappiamo distinguerci per la qualità del servizio. Non abbiamo call center, magari dislocati all’estero e il nostro personale, altamente qualificato, è sempre al servizio dei clienti.”
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a qualità del servizio quindi è fondamentale, anche per il cliente?
“Il cambiamento rispetto all’assetto monopolistico è stato deflagrante perché ora il mercato non è più chiuso o vincolato, ma aperto alla miglior offerta – sottolinea Maddalena Carini – Offerte vantaggiose e rapporto col cliente quale antidoto all’attuale crisi economica ed alla concorrenza delle grandi multinazionali”.
“Certo ed è anche il nostro tratto distintivo. Non a caso il nostro slogan è… Libarna, la nuova visione del servizio – evidenzia Francesca Torti – La nostra presenza sul territorio, con la sede principale a Montebello della Battaglia ed altri due uffici a Broni e Cherasco (provincia di Cuneo), ci distingue dagli altri e rappresenta per i clienti un punto di riferimento importante”.
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Come dire… anche Golia trova più conveniente comprare il gas da Davide.
os’è cambiato con il mercato libero?
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il futuro cosa vi riserva?
“Un mercato sempre più consolidato, con la possibilità di acquisire nuovi clienti domestici e commerciali – concludono Maddalena e Francesca – Come i gruppi della grande distribuzione, Iper e Unes, che abbiamo in esclusiva in tutto il nord Italia”.
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MILANO E PROVINCIA
di Luigi Franchi
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DICIANNOVE MILIONI DI PERSONE
sotto la Madonnina
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Mi domando quale sarà il giudizio sulla nostra generazione se qualche sommossa non provvederà a sbullonare questa alta e sottile piramide di scale di ferro, scheletro sgraziato e gigantesco, la cui base sembra fatta per sorreggere un formidabile monumento di ciclopi e che termina invece nel profilo ridicolo e sottile di una ciminiera di fabbrica”. Questo era il giudizio, molto negativo e altrettanto sbagliato (a giudicare da cosa rappresenta adesso) che Guy de Maupassant scriveva, nel 1889, sulla Tour Eiffel, simbolo di quell’Esposizione Universale in programma a Parigi, da cui lui fuggiva. Fu un’Esposizione che cambiò per sempre l’immagine di Parigi. L’Esposizione Universale, oggi chiamata Expo, nacque nel 1851 a Londra, con l’obiettivo di attirare l’attenzione su un tema universale. In Italia, a Milano nel 1906 e a Roma nel 1942 (non svoltasi per la guerra), le manifestazioni contribuirono a realizzare la Fiera e il quartiere dell’EUR. Mentre a Torino nel 1961, in occasione del Centenario dell’Unità d’Italia, furono oltre quattro milioni i visitatori da ogni parte del mondo. Il regolamento redatto dal Bureau International des Expositions (BIE) suddivide le manifestazioni in due categorie: le Expo Universali, che si tengono ogni 5 anni per 45
una durata di almeno 6 mesi, in un luogo appositamente attrezzato, e quelle Internazionali, che si svolgono nel periodo intermedio. Milano, nel 2015, sarà la sede prescelta per l’Expo universale. La decisione è avvenuta il 31 marzo 2008 a Parigi, a scapito della concorrente turca: la città di Smirne. Il tema proposto da Milano è stato uno degli elementi decisivi: “Feeding the Planet, Energy for Life”, ossia “Nutrire il Pianeta, Energia per la vita”. Da allora sono stati compiuti tutti i passi necessari per far fronte a questo appuntamento internazionale che porterà a Milano oltre 19 milioni di persone.
È stato nominato il Commissario Straordinario di Governo per l’Expo, nella figura del sindaco di Milano Letizia Moratti; è stato redatto il Masterplan concettuale della manifestazione, commentato dalle parole della Moratti: “Esso esplicita il significato più profondo del tema scelto per l’Expo 2015 ed è in grado di caratterizzare l’Esposizione Universale in modo originale rispetto a tutte le edizioni che lo hanno preceduto. In un mondo nel quale metà della popolazione globale vive nelle città, il rapporto tra terra e tessuto urbano diviene un elemento di cruciale importanza. Il masterplan mette a disposizione di tutte le persone del mondo un’esperienza di assoluto richiamo e insieme l’occasione per una profonda riflessione sui destini dell’umanità.” Successivamente si è passati agli incontri internazionali, alle sottoscrizioni degli accordi con le diverse organizzazioni che saranno coinvolte, tra cui le province limitrofe a Milano, alla creazione del consiglio d’amministrazione di Expo 2015 spa, presieduto da Diana Bracco, affidando a Giuseppe Sala il ruolo di amministratore delegato. Il masterplan individua, in un’area a nord di Milano, un sito caratterizzato da una forte impronta di eco- sostenibilità; “Gli edifici saranno progettati per essere smontati, riutilizzati o riciclati; sarà perseguita la massima efficienza energetica, dalla riduzione dei rifiuti non riciclabili, all’alta percentuale di raccolta differenziata per il riciclo, alla valorizzazione energetica, dalla riduzione dei consumi, all’utilizzo dell’acqua di falda, all’energia elettrica verde e autoprodotta all’interno del medesimo luogo. L’area è modellata come un paesaggio unico – un’isola circondata da un canale d’acqua – e strutturata intorno a due assi perpendicolari di forte impatto simbolico: il Cardo e il Decumano della città romana.” Un impatto estetico perfettamente in sintonia con il sopracitato tema della della manifestazione, che affronterà gli aspetti legati alla tradizione, alla creatività e all’innovazione nel comparto dell’alimentazione, convogliandoli in uno scenario globale dove viene messo al centro il diritto alla nutrizione e ad un’alimentazione sana per tutti gli abitanti della Terra. “Non avevo neanche lontanamente pensato a quello che stava per diventare Parigi invasa dal mondo intero” ammise infine Guy de Maupassant, nel 1889. Accadrà anche a Milano. febbraio - marzo 2011
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di Chiara Pelizza
FONDAZIONE
VERDI
Nata per diffondere la cultura musicale
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a Fondazione Verdi è stata istituita nell’Aprile 2002 con lo scopo di promuovere, favorire e sostenere l’attività dell’Orchestra Sinfonica e del Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi. L’attività dell’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi, nata nel 1993 e partita con un programma di pochi concerti, è stata poi affiancata dal Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi, dal Coro di Voci Bianche, dall’Orchestra Amatoriale ‘la Verdi per tutti’ e dall’Orchestra Sinfonica Junior, riservata ai ragazzi con meno di 18 anni. L’obiettivo è diffondere la cultura musicale come servizio per la crescita civile e sociale della comunità. Un obiettivo che ha portato il nome de “la Verdi” nel mondo, tra le re-
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altà più note in campo musicale, che ha impegnato risorse umane e capitale, con programmi di eco mondiale realizzabili grazie al granitico contributo di enti privati e pubblici, che hanno partecipato alle attività e alla gestione dell’Auditorium. Lo spazio di largo Malher, 1250 posti, è sede dell’attività dell’orchestra dal 1999. Recentemente è stato acquistato grazie a un accordo con Intesa SanPaolo, Banca Popolare di Milano e Fondazione Cariplo. Questo impegno sociale ed economico ha reso la Verdi l’unica Orchestra Sinfonica italiana, e una delle poche in Europa, proprietaria della struttura dove prova e si esibisce. Un patrimonio di oltre 23 milioni e seicento mila Euro di cui 2 milioni sono stati messi in vendi-
ta in azioni indirizzate a enti, aziende, istituzioni, ma anche e soprattutto a privati cittadini che desiderano diventare protagonisti di un progetto nato per una cultura partecipata. Ruben Jais, Direttore e Responsabile Attività Artistiche della Fondazione Verdi riconosce che è “fondamentale il rapporto con i soci che hanno creduto nel progetto culturale intrapreso”. Un patrimonio condiviso anche dalla cittadinanza che attivamente può ora partecipare alle iniziative della Fondazione. Un valore sociale quello della musica suonata all’Auditorium riconosciuto anche da un Grammy Award vinto dal celeberrimo soprano americano René Fleming, diretto da Marco Armiliato insieme a “laVerdi” e registrato
MILANO E PROVINCIA
all’Auditorium di Milano. Molti sono stati i direttori di fama internazionale che hanno solcato il suo podio: da Riccardo Chailly - oggi Direttore Onorario -, a Carlo Maria Giulini - Direttore Emerito dal 1999 al 2005, fino alla giovane cinese Xian Zhang che, dal suo incarico di Associate Conductor presso la New York Philharmonic, nel 2009 è approdata alla direzione musicale de “laVerdi” continuando nel contempo a condurre le più prestigiose orchestre americane e mondiali. E ancora, come non citare il grande Maestro Riccardo Muti, che con grande generosità ha diretto “laVerdi” per nove volte. A testimonianza del ruolo sociale che la musica, secondo gli obiettivi propri della Fondazione, svolge all’interno della comunità, anche per l’anno in corso è portato avanti un progetto all’interno della casa circondariale di San Vittore. Nel reparto La Nave, i detenuti seguono il corso tenuto dal Maestro Maria Teresa Tramontin, mezzosoprano del Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi che ogni anno prepara i suoi allievi al saggio finale e alla parte cantata che accompagna la Santa Messa di Natale tenuta da Sua Eccellenza il Vescovo. Oggi il coro è un gruppo stabile chiamato Coro Amatoriale del Reparto “La Nave”, formato da circa 30 partecipanti. Diverse le attività della Verdi organizzate anche in giorni quali Pasqua, il 1 gennaio o il 25 aprile, per utilizzare la musica a servizio del tempo libero e come biglietto da visita turistico per i visitatori della città; o ancora le domeniche o la giornate discovery per i ragazzi in linea con il desiderio di divulgazione e coinvolgimento soprattutto delle nuove generazioni. Per la 18a edizione 2010-2011 la Stagione Sinfonica è composta da 38 programmi (3 a settimana il giovedì e il venerdì sera e la domenica pomeriggio), un nuovo ciclo de laVerdi Barocca, 4 importanti anniversari con appuntamenti dedicati a Gustav Mahler, Robert Schumman, Giancarlo Menotti e una rassegna dedicata a Nino Rota nel
centenario della sua nascita, ‘Crescendo in Musica’ e una Stagione da camera. Ritorna la collaborazione con la Yale Opera. La stagione si è aperta lo scorso settembre e si chiuderà il 9 giugno con “An American in Paris” di George Gershwin. Per quanto riguarda il cartellone di musica Barocca, Jais si dice “molto orgoglioso di guidare questa orchestra”. “È un’evoluzione della nostra struttura che indirizza questo valore sociale ad un pubblico interessato anche giovane con un ensamble creato ad hoc”.
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di Luigi Franchi
Piacenza rialza la testa “
La crisi economica non è passata, ma si possono intravedere, anche nella nostra provincia, segnali di ripresa. La nostra attenzione resta alta e non abbiamo mai cessato di lavorare per rafforzare innanzitutto il patto istituzionale di territorio per affrontare la crisi e per promuovere lo sviluppo. Prosegue il percorso di confronto con i Comuni e le Associazioni di categoria, per sostenere un’azione coordinata e integrata delle iniziative di sostegno ai lavoratori maggiormente colpiti. I nostri sforzi sono concentrati nella messa in campo di strumenti volti ad accompagnare e sostenere anche i più piccoli segnali di ripresa, consapevoli che l’integrazione al reddito non basta a risolvere i gravi problemi sul tappeto.La Provincia è intervenuta nelle crisi aziendali per la sua competenza in materia di accordi sindacali per l’accesso alla Cassa integrazione straordinaria non in deroga. Tra il 2009 e il 2010 sono stati stipulati oltre 53 accordi.” Da quanto tracciato da Massimo Trespidi, presidente della Provincia di Piacenza, si riesce a febbraio - marzo 2011
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ricavare una forte determinazione a farcela, sentimento che identifica la comunità piacentina. La crisi economica non demorde, in nessuna parte d’Italia, ma a Piacenza, grazie ad un’accorta gestione delle risorse e delle competenze forse la situazione è meno drammatica. Lo stato dell’arte più recente è quello presentato dal presidente della Camera di Commercio Giuseppe Parenti, in occasione della giornata dell’economia. Il rapporto indica i dati dei diversi settori, ne traccia in maniera precisa luci e ombre, offre uno spaccato del mondo del lavoro imprenditoriale che serve per capire questo territorio che, nei secoli, non ha mai abdicato alla sua naturale vocazione di crocevia di popoli e merci. Nel 2008 il settore che mostrava una crescita maggiore del prodotto interno lordo è quello dei servizi (+7,9%), seguito dall’industria (+6,7%), mentre l’agricoltura, pur avendo una radicata tradizione in terra piacentina, sconta un calo drastico del suo valore che, nel 2007, era pari al 4,4% ed oggi è
assestato al 2,4%. Nel 2009 (ultimo dato integrale disponibile) il PIL è assestato a -0,4%, a differenza di quanto sarebbe avvenuto nelle altre realtà che avrebbero subito riduzioni molto più marcate (-4,4% a Parma, -5,8% a Reggio Emilia, -4,1% a Lodi, -3,2% a Cremona). L’ammontare del Prodotto interno lordo a Piacenza si sarebbe cioè consolidato, nel 2009, in 8.670 milioni di euro, pari ad un risultato pro-capite di 30.209,7 euro, che colloca nella 15esima posizione della graduatoria delle province italiane. A Piacenza l’imprenditorialità è abbastanza diffusa se la si calcola rapportando il numero di imprese attive alla popolazione residente. Il valore di tale rapporto è – per il 2009 – di 100,06 imprese attive ogni 1.000 abitanti, per un totale complessivo di 31.768 aziende. Ci sono 8.722 imprese registrate nel terziario, di cui quasi 2.000 operanti nell’ambito delle attività dei servizi di alloggio e ristorazione; 7.141 sono quelle del commercio, mentre in agricoltura operano 6.172 imprese, in massima parte con uno
PIACENZA E PROVINCIA
o due addetti. In ambito manifatturiero, tra industria e artigianato, il numero di aziende ammonta a 8.791, di cui ben 5.556 sono quelle registrate nel comparto delle costruzioni. Ma anche qui si sta pagando il fenomeno della globalizzazione della crisi. Tra il 2008 ed il 2009 l’interscambio commerciale con l’estero dell’economia piacentina è diminuito del 13,08%, arrivando a 4.341.852.352 euro. In questo quadro, il prodotto che identifica maggiormente l’economia piacentina viene dall’agricoltura ed è il pomodoro da industria che vede Piacen-
za seconda provincia italiana per produzione, con un aumento ulteriore della superficie destinata a questa coltura pari all’ 11,4% e un incremento della raccolta del 36,43%. Stiamo parlando di 11.000 ettari che producono 8.546.450 quintali di pomodoro da industria. Altri prodotti determinano una forte identità territoriale, come i salumi DOP, il Grana Padano e i vini dei Colli Piacentini che generano ricadute positive anche sul turismo.
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Viaggio economico nella terra del Grana Padano
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di Roberta Tacchinardi
Attaccati alla poltrona A
ll’inizio dell’anno, lo storico Teatro alle Vigne di Lodi in Via Cavour 66 ha riqualificato la platea. Se il pavimento è stato sostituito e la tinteggiatura completamente rinfrescata, senza possibilità di conservare nulla, i vecchi sedili della struttura hanno invece trovato una seconda vita. Infatti, grazie all’iniziativa battezzata informalmente “Adotta una poltrona” e sostenuta dal comune, i posti a sedere sono stati rilevati da enti e teatri che non hanno voluto perdere l’occasione di dare una seconda esistenza a questi arredi. Si tratta di parti del teatro custodi di preziosi ricordi e sospiri. Realtà pubbliche e private le hanno portate a casa per allestire ulteriori spazi dedicati alla cultura e allo spettacolo. Ambienti che, nel Lodigiano, sono sempre tenuti in grande considerazione e ricavati appena possibile. I sedili, cui molti spettatori sono particolarmente affezionati, accoglieranno nuovo pubblico in occasione di rappresentazioni teatrali, attività ricreative e altro. Tra i soggetti che, venuti a conoscenza della riqualificazione, si sono aggiudicati la “platea” delle Vigne, si annoverano il comune di Castiraga Vidardo, paesino a pochi passi da Sant’Angelo lodigiano, la onlus Croce Lodigiana, l’Associazione aiutiamoli - Associazione italiana famiglie ammalati psichici onlus - e alcune compagnie teatrali della provincia di Lodi. Si gioca
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LODI E PROVINCIA
Seconda vita per i sedili dell'antico Teatro delle Vigne, preziosi seggi di spettatori passati e futuri in casa quindi. i di IIn sostanza, t su 418 poltrolt ne, ben 396 sono già state destinate (ma non è escluso che anche le ultime trovino presto secondi padroni). In particolare, 106 sedili sono andati all’associazione “Semplicemente così” di Postino che le utilizzerà nel Teatro Don Giancarlo Sali
all’interno dell’oratorio di Dovera. Una struttura recentemente rimessa a nuovo e inaugurata la seconda settimana di questo mese. Nel Lodigiano la vivacità dell’arte teatrale è piuttosto forte. Sono infatti numerose le compagnie filodrammatiche e, appassiona che, di stagione in stagione, appassionane itineranti. no il pubblico con rassegne Non mancano alti esempi di prosa. Stili e generi vengono impiegati dai commediografi, dai registi e dagli impresari per andare incontro ai diversi gusti dell’utenza. La ricchezza del teatro è tale che i praticanti di questa dere disciplina possono prendere in prestito elementi di vari ari stili e ciplinapresentare lavori multi-disciplinartualri in una combinazione virtualmente infinita. Quel che è cerncia to è che a Lodi e in provincia si ha sempre sete di modernità con un occhio di riguardo al passato. Sia gli appun-
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tamenti estivi che quelli dei mesi freddi lasciano spazio proprio a tutti. Giovani, non più giovani e anziani possono infatti placare la loro voglia di cultura assistendo a messe in scena sempre innovative: dal puro intrattenimento alla tragedia fino al balle balletto e ai monologhi. A L Lodi non sono m ma ncate performance mancate d perso di personaggi famosi com come Teo Teocoli, I legnanesi leg e altri ar artisti. Spesso i tteatri e sono ancche utilizzati ch pper e premiazioni, cconvegni, onv concorsi canori, can concerti e così vi via. Si cerca di lasciare sp spazio proprio a tutti e di favorire l’appr l’approccio diretto. Soltanto in questo modo lla gente si affeziona all’intrattenimento e anche, come nel caso delle Vigne, alle strutture che lo accolgono.
di Luigi Franchi
Palazzo Trecchi L’ANTICA DIMORA DEI PRINCIPI TRANSITANTI
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’imperatore Carlo V vi alloggiò tre volte, a metà del Cinquecento. Ma questa è solo una delle tante storie che il Palazzo Trecchi di Cremona custodisce lungo l’arco della sua esistenza che quest’anno tocca il 515° anno di vita. Costruito nel 1496, su progetto dell’architetto cremonese Giovan Donato Calvi, il palazzo ospitava la famiglia De Trechis, casato nobiliare milanese condannato al bando perpetuo da Filippo Maria Visconti dopo che un gruppo di congiurati, tra i quali vi erano Giacomo e Giovanni De Trechis, accoltellò Gian Maria Visconti. Da Carlo V, passando per febbraio - marzo 2011
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Federico Gonzaga, Cristina di Danimarca, Massimiliano d’Austria, il Cardinale Medici, fino a Giuseppe Garibaldi. Tutti soggiornarono nel Palazzo che, per questo, viene anche definito la ‘Dimora dei Principi Transitanti’. La prima metà del Novecento fu il periodo più travagliato e drammatico della vita del palazzo. Durante la guerra del 1915-18 il marchese Alessandro Manfredo Pio mise le sale a disposizione del Comando Supremo e durante l’ultimo conflitto le stesse furono concesse a sede del Comando di Corpo d’Armata destinato in Russia. Nel 1943 l’edificio venne occupato, con prepoten-
za, dalle S.S. e, successivamente, dalle truppe regolari tedesche che ne fecero la sede della Platz-Kommandatur (a testimonianza resta nel giardino un rifugio antiaereo realizzato in quel periodo). Alla partenza dei tedeschi vi entrarono i Comandi Partigiani e, in un secondo momento, le truppe alleate che vi insediarono il loro Quartier generale. I secoli vedono interventi consistenti di restauro e di ridefinizione delle facciate e degli spazi, fino all’ultimo voluto nel 1990, dall’allora proprietario Guido Gradellini, imprenditore e mecenate che riportò Palazzo Trecchi ad uno splendore che, forse, non aveva mai conosciuto in maniera così significativa. L’imponente struttura si presenta con una straordinaria facciata di mattoni rossi progettata nel XIX se-
CREMONA E PROVINCIA
colo dall’architetto E.Brilli, colore che si ripropone in tutto il suo calore nel grande cortile interno. Ai piani stanze non visitabili che custodiscono secoli di segreti, mentre al piano terra trovano spazio i servizi a cui, dal 1993, il palazzo è adibito. In quell’anno arrivò a Cremona Walter Berlicchi, di origini piemontesi, con sua moglie Mila, friulana; entrambi con esperienze nel settore turistico-alberghiero. A Valter, la proprietà affidò la gestione degli spazi che, ben presto, divennero un punto di riferimento per tutta l’attività convegnistica della città della musica. Nel 2010 si è arrivati a 210 eventi, tra convegni, meeting, corsi formativi, presentazioni di libri e mostre. Oltre alle sale attrezzate per gli eventi, capaci di ospitare fino a 200 persone, nel palazzo sono stati allestiti uno spazio dedicato alla ristorazione e all’organizzazione di banchetti e la Caffetteria del Palazzo gestita da Mila. L’edificio storico è anche sede dell’Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani e del loro Centro Studi. L’istituzione, considerando la forte vocazione agricola del territorio cremonese, non poteva scegliere miglior luogo per la propria sede, all’interno della quale, ogni anno, si affrontano argomenti di grande importanza per un settore che vede in campo oltre 23.000 veterinari.
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Jacopo Franchi
Fontanellato “
Città d’arte e cultura”, “Bandiera Arancione” del Touring club italiano, “Cittàslow – città del buon vivere e della buona tavola” sono i riconoscimenti più importanti ottenuti dal comune di Fontanellato negli ultimi anni, inalberati a stemma di questa località della Bassa parmense dalle origini antichissime. Il territorio, abitato fin dalla prima età del bronzo, fu bonificato interamente dai monaci cistercensi della vicina abbazia di Fontevivo nell’XI secolo. È in questo periodo che venne portata a termine la costruzione del castello da parte della famiglia Pallavicino e l’abitato acquistò il toponimo di “Fontanellato”, verosimilmente dal latino medioevale “Fontana lata” (ampia fonte): il riferimento è ai fontanili, sorgive naturali della pianura,
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che ancora oggi non cessano di alimentare il fossato d’acqua circostante la rocca. Dopo i Pallavicino, il nome da tener presente quando si visita il paese è quello della famiglia Sanvitale, che ne riceve le chiavi dal comune di Piacenza nel 1386 e vende la sua ultima possessione, il castello, solo nel 1948. La Rocca Sanvitale, mantenuta in eccellente stato di conservazione, ospita al suo interno la stupenda sala di Diana e Atteone, affrescata nel 1524 da Francesco Mazzola (meglio conosciuto come Il Parmigianino) e l’opera di Antonio Canova “La mano con fior al polso”. Nella torre circolare di sud-ovest è installata un’avveniristica camera ottica del XIX secolo la quale, tramite un sistema di specchi, proietta l’immagine della piazza anti-
CITTA’ MILLENARIA DEI MERCATI stante su uno schermo. La “Città dei Mercati” non conosce tregua: per tutto l’arco del 2011 continueranno gli appuntamenti fissi del biologico e dell’artigianato artistico (“Rocca e natura”, quarta domenica del mese) e dell’antiquariato (terza domenica del mese, 250 espositori); assieme a questi, sono previsti quattro passaggi della mostra-mercato stagionale “La Dispensa dei Sanvitale”, dedicata ai prodotti regionali italiani, e l’arrivo, a inizio maggio, del Mercatino Francese. Per assicurare l’incolumità di visitatori e mercanti, il comune ha ingaggiato Jessica Zavieri e Lara Flisi, della ditta Falcon Fly, per stanare i piccioni dalle fenditoie della rocca: falchi, falchetti e poiane americane periodicamente vol-
PARMA E PROVINCIA
teggiano sopra all’abitato, assicurando così la buona conservazione di soprabiti, cappelli e monumenti cittadini contro gli effetti deleteri degli escrementi dei volatili. Dopo questo curioso intermezzo, passiamo in rassegna le novità più importanti previste per il 2011: spicca il progetto per il nuovo centro commerciale Natural&Culturale, realizzato in cooperazione da Comune e Associazione dei commercianti, del quale è stato recentemente confermato il logo a forma di merlo ghibellino, simile a quelli della Rocca. Come ha evidenziato il vicesindaco Domenico Altieri nel corso dell’ultima conferenza stampa alla Rocca Sanvitale, oltre alle tradizionali icone che contraddistinguono la città, si è aggiunto un ulteriore marchio di qualità che “diventerà una sorta di punto identificativo del centro storico, un brand per fare marketing territoriale attorno al nuovo centro commerciale Natural&Culturale”. In corso d’opera anche il labirinto di bambù più grande del mondo, realizzato dall’editore Franco Maria Ricci su ispirazione di antichi mosaici romani, e che aprirà nel 2013: esteso su una superficie di otto ettari, percorso da tre chilometri di sentieri, il labirinto ospiterà al suo
interno diversi edifici, progettati dall’architetto Piercarlo Bontempi, tra cui una cappella a piramide e un museo con la collezione d’arte privata dell’editore, residente a Fontanellato. Il progetto, annunciato dettagliatamente dalla rivista “Gardenia” del dicembre
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scorso, sarà solo il primo passo verso una fondazione, finanziata dalla vendita dei biglietti e dei prodotti tipici, per “diffondere la conoscenza dei possibili usi del bambù, soprattutto nelle aree urbane”, per la sua nota capacità di assorbire grandi quantità di anidride carbonica.
MANUEL CASELLA
di Irina Turcanu
l’ex modello diviso tra palcoscenico e famiglia
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PERSONAGGI
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rizzante, ironico, simpatico, intelligente, talentuoso, camaleontico e, assolutamente, bello. Questi sono solo alcuni aggettivi per descrivere Manuel Casella, l’ex modello, ora attore di teatro e cinema, nonché volto molto apprezzato del piccolo schermo. Laureando in Lettere, per il lavoro della testa, come lui stesso afferma, massaggiatore shiatzu, per il lavoro nelle mani, e attore, il lavoro del cuore, Manuel si è annoverato nel cast di film come “Coco Chanel”, la sitcom “Colpi di sole”, la piéce teatrale “I 39 Scalini”, oltre a essere un ex isolano famoso e presentatore di Battle of the Hollywood Hotties, in onda su E! Entertainment.
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ato e cresciuto a Piacenza, quali ricordi la legano alla sua città natale?
Ho passato l’intera infanzia a Piacenza, è lì che sono tutti i miei amici, la mia famiglia e soprattutto e lì che, adolescente, ho avuto il mio primo impegno lavorativo. Era nei pressi di Fiorenzuola e riguardava la selezione dei pomodori. Avevo 16 anni e lo facevo principalmente per concedermi la moto. Il secondo lavoro, quello che mi diede anche il primo libretto come lavoratore, è stato a Grazzano Visconti, come cameriere. Serbo nel cuore la tranquillità di quel borgo che si animava all’improvviso, specie di domenica, ma anche i giri in moto lungo la Val Trebbia.
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assa con una certa frequenza a Piacenza?
No, passo poche volte e quando ci sono resto in casa assieme ai miei, difficilmente esco, ma di certo mi farebbe grande piacere avere una casa in campagna, specie in questo lieto momento della vita che io e la mia compagna stiamo per vivere.
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proposito, come sta vivendo questa meravigliosa notizia, ossia che sta per diventare padre?
La sto vivendo con gioia e serenità. Il desiderio di essere, in tutti i modi possibili, accanto alla mia compagna mi ha spinto a rifiutare gli impegni teatrali per il 2011. Voglio gustarmi questi istanti, starle accanto il più possibile, essere presente.
N
iente teatro, quindi, per quest’anno, ma una sitcom sì. “Così fan tutte”: le nuove puntate in onda su Italia 1 la vedranno all’interno del cast. Si delineano così, assieme ai precedenti impegni nel cinema, i diversi ambiti in cui ha lavorato fin’ora. C’è una diversità tra i tre canali in relazione al pubblico?
Il piccolo schermo ti porta dentro le case, quindi il pubblico ti percepisce quasi come fossi un vicino del quartiere interessandosi anche agli sviluppi della tua esistenza privata. Il teatro, invece, ha un pubblico esigente, diffidente. Devi valere perché vengano a vederti, altrimenti considerano che quello non è il tuo posto. Al cinema si va, eccezion fatta per alcuni, come ad una passeggiata, con meno esigenze e pretese. Da questo punto di vista, prediligo il teatro: una realtà più vicina alla vita normale, se pensiamo agli stipendi per esempio, e molto gratificante.
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n quanto attore, ha avuto modo di formarsi sia in Italia sia negli USA. Ci sono differenze, secondo lei, riguardo ai metodi di insegnamento?
Premetto che entrambe le realtà sono notevoli nella preparazione degli attori. All’Actor’s Studio, ad esempio, si punta molto sull’interiorità, mentre presso la scuola di Paolo Grassi l’utilizzo delle maschere ti prepara al controllo dei movimenti teatrali in modo eccelso.
A
pprofondendo il tema della TV, ha partecipato a “L’isola dei famosi”. Cosa le ha lasciato quest’esperienza e perché ha accettato di parteciparvi?
L’esperienza in sé non mi ha lasciato nulla di piacevole per le regole del gioco, intendo. Mi ha lasciato invece di stucco per ciò che concerne questa enorme macchina, più di 200 persone impegnate giornalmente tra studio e fuori dallo studio. Mi ha scioccato l’effetto che ha avuto sulle persone. Un aneddoto: due giorni dopo aver lasciato L’isola, sono andato al centro commerciale nei pressi di casa mia a fare la spesa, dove sono stato circondato dalle persone desiderose di toccarmi, da farmi pensare, come prima cosa, che la gente avesse scoperto che ero un massaggiatore shiatzu per cui mi considerassero una sorta di messia. Ho partecipato, soprattutto, per tornare a casa, lavorativamente parlando. 59
a cura di: Arch. Umberto Andolfato u.andolfato@labarchscape.it
Quando il golf è alla portata di tutti
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o sviluppo del Golf in Italia ha attraversato in questi ultimi dieci anni diverse vicissitudini. Non siamo un Paese che ha tradizioni sportive in tal senso, ma stiamo assistendo, da qualche tempo, alle fantastiche avventure di un gruppo di “moschettieri” - fratelli Molinari e Manassero - che stanno dando lustro alla nostra Italia. Le fatiche e le esperienze fatte dal “mitico” Costantino Rocca negli anni passati sono state raccolte e messe a frutto dalle nuove generazioni. Il nostro Paese, in fatto di strutture di Golf, è stato, a livello europeo per non dire mondiale, sempre considerato l’ultimo della classe, e gli investitori stranieri
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non hanno mai capito per quale motivo un territorio come il nostro non sia mai stato sfruttato. Abbiamo tutto: il clima, la storia, il paesaggio, l’arte, una cultura culinaria incredibile. La situazione economica che ha cambiato molte delle visioni di fare business, dovrebbe anche far riflettere su come riproporsi sul mercato con interventi golfistici più attinenti alle esigenze della pratica sportiva, ma soprattutto con una maggiore tutela e attenzione al nostro territorio. Il miglior approccio, è quello di vedere cosa sta succedendo in Europa e riproporre esperienze che si sono dimostrate positive rispetto alle problematiche suddette. In
Italia abbiamo già importanti campi, ma non disposti in maniera uniforme su tutte le Regioni. Spesso queste strutture sono molto esclusive, quindi i neofiti hanno difficoltà ad avvicinarsi a questo sport. Vi sono anche numerosi campi pratica dove comunque si può iniziare a tirare qualche colpo, ma poi si vorrebbe fare qualche “giretto” in campo. Qui iniziano le difficoltà, poiché, nonostante le ottime politiche di diffusione dello sport che ha fatto la Federazione Italiana Golf negli ultimi anni, l’avvicinamento ai Circoli è sempre un po’ snobistico e si perde gran parte dei potenziali utenti, soprattutto giovani, che, spaventati dai costi e dalla situazio-
ECOLOGIA &CO.
ne “ambientale”, rinunciano a proseguire ad imparare questo meraviglioso sport. Il Pitch & Putt, invece è uno sport che può essere praticato da un vasto bacino di utenti di ogni età. Oltretutto può generare un interesse più generale per la pratica del golf da parte del pubblico e dei media, in quanto è una sua un’innovativa variante. Lo sviluppo del campo di Pitch & Putt si basa nell’estremizzare la parte più difficile di un intero percorso di golf ossia il gioco corto e quindi ha un consumo del suolo che non supera i 5 ettari. La parte più importante si svolge negli ultimi 70-90 metri dalla buca. Situazione che favorisce un’ottima possibilità per migliorare il gioco in prossimità della buca. Le gare si possono svolgere su percorsi da 9 o 18 buche come nel golf, lasciando inalterate tutte le attrazioni e le difficoltà di un suo normale percorso. La lunghezza delle buche è compresa in un range di 40-90 mt.. Le buche sono tutte dei par 3. Il Pitch & Putt permette di migliorare tutti i colpi di approccio e soprattutto esalta la tensione di giocarsi la gara nelle poche decine di metri finali di ogni buca. Può essere praticato dai ragazzi in giovane età già come dalle persone più anziane in quanto la forza nel tiro non è essenziale. I tempi di gara sono ridotti rispetto ad un percorso di golf tradizionale. Tutto questo non vuol togliere nulla al fascino del golf, ma offre indubbiamente una piacevole e divertente alternativa di attività all’aria aperta ed è comunque propedeutica all’avvicinamento ad un percorso sportivo più completo. Il costo di costruzione di un campo da Pitch & Putt si aggira ad un decimo rispetto ad un percorso di golf. Chi può essere interessato ad un intervento del genere? L’Italia è il Paese degli Agriturismi: ancora pochi hanno pensato di insediarvi un Pitch & Putt. Scelta che potrebbe determinare un salto di qualità, poiché molti utenti, soprattutto stranieri, guardano tra le offerte, anche questo genere di attrezzature. E tra i nostri connazionali
comunque è sempre più forte l’esigenza di rie trovare attrattive diverse da quelle culinarie mie artistiche. Inoltre anche le stesse amministrazioni comunali potrebbero dotarsi di he, queste strutture. Alcune località turistiche, anad esempio sulla costiera romagnola, hanghi no investito in tal senso. Anche gli alberghi lla ne sarebbero coinvolti, a vantaggio della propria clientela. Senza dimenticare che Il Pitch & Putt ha un impatto paesistico miere nore rispetto ai grossi interventi: può essere ito ricompreso nelle attività agricole e inserito all’interno di aree coltivate. In definitiva,, è lle una risposta interessante e “moderna” alle ica nuove esigenze di mercato ed alla pratica sportiva.
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di Alberto Fiori
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ull’Italia c’era un caldo estivo, il 1° maggio del 1994. Tanta gente in giro e nelle radio il Gran Premio di Imola. Una domenica come tante, almeno fino alle 14,17, quando Senna, pilota brasiliano a cui neanche il titolo mondiale aveva tolto la tristezza dallo sguardo, perde il controllo della sua monoposto e va sbattere contro il muro che chiude la curva del Tamburello. Sono attimi concitati, Senna sembra muoversi dentro l’abitacolo e le telecamere indugiano sulla piccola folla di medici e addetti che in pochi attimi si raduna lì intorno. C’è la sensazione che qualcosa non vada: atterra l’elicottero, Senna è disteso a terra, circondato da medici e sangue, lo portano via ed il mondo trattiene il respiro. Ma quelle sono le ultime immagini che restano di Ayrton Senna da Silva, 34 anni, una vita davanti ed una alle spalle, fatta di gesti sportivi passati alla storia della Formula 1 che diventavano misurati lontano dalle piste, appena spenti i motori. Si scoprirà dopo che Senna aiutava i bambini della sua terra, il Brasile, dando buona parte dei suoi guadagni in silenzio, così come continua a fare la sua famiglia ancora oggi, in una fondazione eintitolata a suo nome che sembra un testamento morale. Senna era diventato un nome appenaa ndieci anni prima, nel giugno 1984, quano, do durante il Gran Premio di Monaco, e, sotto un diluvio di proporzioni bibliche, t, aveva messo in riga Mansell, Piquet, Lauda e Prost, campioni veri, roba daa afar tremare i polsi solo a nominarli, guadagnandosi l’appellativo di “uomo dellaa epioggia”, perché lui il piede dall’acceleratore non lo toglieva mai. Arrivava daa o una famiglia benestante e aveva avuto il privilegio di poter studiare e seguiree le sue inclinazioni, che comunque le si o guardasse puntavano comunque verso l’adrenalina data dalla velocità. Primaa o i kart, come tutti, poi ogni campionato possibile fino al massimo, la Formula 1, o, ma affrontando ogni cosa a modo suo, hi restandone un po’ distante come fa chi osa di essere solo di passaggio e non vuofebbraio - marzo 2011
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LA LEGGENDA
DEL CAMPIONE TRISTE
Un film-documento racconta il privato di Ayrton Senna
le disturbare. Forse per questo, il suo nome non è mai stato dimenticato e le sue imprese sportive l’hanno consacrato nel cuore degli appassionati come il più grande pilota di tutti i tempi. Un anno dopo la sua morte, nel 1995, circola una voce secondo cui sarebbe tutto pronto per un film su di lui, interpretato da Antonio Banderas, ma non se ne fa nulla, ed il silenzio regna per sedici anni, fino al giorno in cui Asif Kapadia e Manish Pandey, rispettivamente regista e sceneggiatore, riescono dove tanti avevano fallito: prendere appuntamento con la famiglia Senna per illustrare un loro progetto. I Senna non amano il clamore, ma que-
SPORT &CO.
sta volta è diverso: quello che hanno in mente i due cineasti ha un valore diverso, più profondo, che per la prima volta può davvero mostrare Senna così com’era. Riaprendo ferite mai guarite, la mamma e la sorella del campione scomparso consegnano documenti, fotografie e filmati rimasti inediti, e poco dopo lo stesso fanno con i loro archivi Bernie Ecclestone e Frank Williams, il patron della Formula 1 ed il proprietario dell’ultima scuderia di Senna. Il risultato, mostrato da migliaia di ore di immagini rimaste inedite per tutto questo tempo, è qualcosa di unico e irripetibile. C’è Ayrton lontano dai riflettori, in vacanza, con le sue celebri e bellissime fidanzate, ma c’è anche il pilota, perfezionista e incontentabile, spietato con gli avversari in pista e umano come nessun altro togliendo i caschi. C’è la rivalità sportiva con Prost, finita a insulti e sportellate, ed i suoi cani, c’è il suo Brasile, immenso e sfortunato anch’esso, e la tensione palpabile ai box prima delle gare. C’è la storia di un eroe con una storia perfetta e impeccabile che non può che portare dritta verso quel 1° maggio 1994, il giorno della gara, dopo un week end iniziato davvero male: il venerdì con il terrificante volo di Rubens Barrichello alla Variante Bassa ed il sabato con la morte di Roland Ra Ratzenberger, 22 anni. Due episodi che ave avevano colpito Senna nel profondo, al pun punto che Sid Watkins, medico e amico frat fraterno, lo aveva con-
sigliato di rinunciare. Ma certe scelte non facevano parte dell’animo di Senna: quel giorno c’era un mondiale da far ripartire verso un altro titolo e soprattutto c’erano migliaia di persone che avevano pagato un biglietto o avevano rinunciato al sole caldo di quella domenica per stare in casa e aspettare un gesto da lui,
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dal campione triste. C’era nient’altro che quell’imbuto formato dal destino, scritto nella pratica di ognuno, che per Ayrton Senna da Silva aveva deciso di finire l’inchiostro esattamente alle 14,17 sul circuito di Imola in un punto che, quel giorno, Senna affronta a 220 km/h, troppi anche per lui.
a cura di Valtero Bonafè Titolare del "Castello dei Templari"
Risotto "italico" 1
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Preparazione Difficoltà
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Soffriggere con l’olio extravergine d’oliva la cipolla precedentemente tagliata e il riso, fare tostare per 2 min., aggiungere qualche mestolo di brodo vegetale che avrete preparato con le verdure (vedi ingredienti) e mescolare con cura per 5 min. Unire la polpa di pomodoro e continuare l’ebollizione a fiamma bassa, aggiungendo il brodo, fino alla cottura desiderata in base alla scuola di pensiero (c’è chi lo preferisce “al dente” e chi ben cotto), salando e pepando quanto basta. 1 o 2 minuti prima del termine della cottura, togliere il tegame dal fornello,unire la noce di burro e le foglie di basilico fresco e mantecare,mescolando con cura.
ingredienti in n
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360 G DI RISO CARNAROLI 100 G DI PASSATA DI POMODORO 150 G DI MOZZARELLA 200 G DI POMODORI FRAGOLINO SARDO 4 FOGLIE DI BASILICO PER PORZIONE
per 4 persone
Servite il vostro risotto in un piatto, cercando di creare un piccolo vulcano dove al centro andrete a mettere i pomodorini tagliati a cubetti. Decorate il risotto con il prezzemolo e completate i 3 colori con la mozzarella tagliata a pezzettini,le foglie di basilico e i pomodorini che vi sono rimasti.
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CIPOLLA DOLCE TRITATA PREZZEMOLO TRITATO OLIO EXTRAVERGINE D’OLIVA CAROTA, CIPOLLA, PATATA PER IL BRODO 1 NOCE DI BURRO
CUUCINA CINA &CO.
Il titolare e
©Adverum
Valtero Bonafè nasce a Senigallia (An) il 18/04/56 da una famiglia che ama la buona cucina italiana e gli trasmette la passione per i fornelli. Valtero inizia la sua esperienza di cuoco quasi per gioco, quando scopre che le donne amano l’uomo che sa cucinare ma il suo lavoro di Responsabile presso un’importante azienda di Milano, non gli permette di esprimere al meglio la sua creatività e dopo 20 anni trascorsi nella grande metropoli, decide di realizzare il suo sogno, aprendo il ristorante che da 2 anni delizia i palati di tanti clienti affezionati che apprezzano i suoi piatti: ricette italiane dove qualità degli ingredienti, semplicità e arte negli accostamenti fanno del Castello del Templari la location adatta ad ogni situazione.
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