la natura in città - forme e ruolo del verde nella città contemporanea

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Dottorato di ricerca in Architettura e Progettazione Edilizia XV Ciclo Politecnico di Torino Facoltà di Architettura

Andrea Balestrero Tesi di dottorato

La natura in città Forme e ruolo del verde nella città contemporanea

Relatore:

Prof. Arch. Matteo Robiglio

Coordinatore: Prof. Arch. Giancarlo Motta


Andrea Balestrero

Tesi di dottorato XV Ciclo - Dottorato di ricerca in Architettura e Progettazione Edilizia Politecnico di Torino Facoltà di Architettura

La natura in città Forme e ruolo del verde nella città contemporanea

Relatore:

Prof. Arch. Matteo Robiglio

Coordinatore:

Prof. Arch. Giancarlo Motta


Indice

INTRODUZIONE

1 LA NATURA IN CITTÀ 1.1 Città e natura - Il verde - L’approccio istituzionale - Tecnica vs. Architettura: il problema del progetto

pag. 10

1.2 Idea di natura nella città contemporanea - Il verde come nostalgia della natura - Il verde come presenza: campagna e paesaggio - Verso una nuova estetica del paesaggio

pag. 17

1.3 La poetica del terrain vague - Land Art - Vuoti urbani

pag. 26

1.4 Il verde nell’arte e la costruzione dello spazio abitabile - Arte Ecologica - L’artista come giardiniere

pag. 34

1.5 Che fine ha fatto il parco urbano? - Origine dell’idea di parco - Il parco moderno e la sua crisi - Il parco contemporaneo 1: Parc de La Villette - Il parco contemporaneo 2: Downsview Parc - Al parco come in città, in città come al parco

pag. 40

2 IL VERDE COME OGGETTO

pag. 51

2.1 Il verde nella città consolidata - Il verde a Torino - individuazione di aree-campione nella città - comparazione della densità e distribuzione del verde nelle aree-campione - analisi delle aree-campione e individuazione di oggetti-tipo - distribuzione degli oggetti tipo - analisi degli oggetti-tipo e definizione degli oggetti-icona

pag. 55

2.2 Il verde nell’area studio - individuazione dell’area studio e perimetrazione delle aree verdi - individuazione di oggetti-campione nell’area studio - analisi degli oggetti campione

pag. 91

2.3 Confronto area studio – città consolidata

pag. 125


3

IL VERDE COME MATERIALE -

4.

pag. 139

Agricoltura Boschi Camouflage Forme Interstizi Montagne Oggetti Paesaggi Scarti Tempo Tetti Vasi

DEFINIZIONE DI ALCUNI PRINCIPI DI ORGANIZZAZIONE DEGLI SPAZI VERDI pag. 255 -

Attesa Inclusione Interstizi Natura/architettura Ombra Recinti Sistemi lineari

CONCLUSIONI

BIBLIOGRAFIA

pag. 286


Desidero ringraziare alcune persone che a vario titolo hanno contribuito alla realizzazione di questo lavoro: Per i suggerimenti utili nella fase di definizione iniziale del lavoro il Prof. Modenesi dell’Istituto di Botanica dell’Università degli Studi di Genova; L’Arch. Amerio ed il Dott. De Magistris, del Settore Verde Pubblico del Comune di Torino. Nel corso della ricerca mi sono stati di prezioso aiuto le discussioni, i consigli ed i suggerimenti, nonché il prestito di alcuni libri di Antonella Bruzzese, Maddalena De Ferrari, Francesca De Vita, Fabrizio Gallanti, Roberto Giussani, e Francesca Pennone. Il lavoro di ricerca svolto con gruppo A12, di cui faccio parte, ha sicuramente contribuito, seppur indirettamente, allo sviluppo ed all’arricchimento dei contenuti della ricerca. Un grazie particolare al Prof. Luigi Falco che ha seguito il lavoro di ricerca nella fase di impostazione e definizione del tema, notoriamente tra le più critiche.


,1752'8=,21(

Obiettivo di questa ricerca è fare il punto su cosa significhi oggi il

YHUGH

nella città,

quale sia la sua reale consistenza, che forme assuma e quale sia il significato che ad esse viene attribuito dai progettisti, dagli amministratori, dai cittadini. Si è pensato, al momento di intraprendere questo lavoro, che la ricerca nel campo della progettazione architettonica non possa essere speculazione teorica fine a se stessa, ma debba essere in qualche modo indirizzata al progetto, interrogandosi sui suoi strumenti e confrontandosi con le effettive condizioni della realtà. Per questo motivo si è deciso di fondare il lavoro sull’osservazione di un caso concreto, oltre che sull’analisi dei testi. Nel farlo si è tentato di adottare una strategia dello sguardo al contempo fortemente selettiva ed estremamente aperta, operando contemporaneamente un restringimento del campo dell’osservazione, che si riduce ad un unico aspetto della realtà urbana, il verde in sé per sé, e un allargamento della prospettiva, che arriva a comprenderne tutte le declinazioni, anche quelle apparentemente meno significative rispetto allo spazio urbano, abbandonando così le categorie spaziali con cui la tradizione disciplinare dell’architettura è solita riferirsi al verde. Nel fare questo si è riconosciuta al verde nella città una duplice identità: da un lato esso è costituito da una serie di RJJHWWL1 reali, fisicamente presenti nel territorio, dall’altro questi stessi oggetti, uniti al repertorio di forme e declinazioni progettuali che li hanno resi possibili, costituiscono una serie di

2

PDWHULDOL

a

disposizione dei progettisti per la costruzione della città. Su questa dicotomia /

RJJHWWR PDWHULDOH

è costruita la struttura della ricerca che si compone quindi di un testo critico

e di due sezioni analitiche basate su un metodo di lavoro strutturato intorno ad un processo iniziale di catalogazione. Anche per quanto riguarda il verde, le modalità di costruzione ed organizzazione dello spazio della città contemporanea, basate prevalentemente su un processo di giustapposizione, si contrappongono all’articolazione di rapporti gerarchici che caratterizza invece la città 1 Proprio a causa della vaghezza e varietà della presenza del verde nella città contemporanea, il termine generico di RJJHWWR è sembrato particolarmente appropriato per riferirsi alle sue manifestazioni fisiche. È tuttavia importante notare come, più volte nel corso della ricerca, l’applicazione di questo termine ad una determinata realtà spaziale abbia finito per rivelarsi non del tutto pertinente. In questo senso l’insistenza nell’individuare come RJJHWWL anche episodi spaziali non necessariamente in sé conclusi, ha significato da un lato mettere in crisi determinati stereotipi nell’attribuzione di senso ai “WLSL ILJXUDWLYL FRUULVSRQGHQWL DG DOWUHWWDQWH VLWXD]LRQL G¶XVR GHOOR VSD]LR DUWLILFLDOH´, dall’altro sottolineare la necessità di ampliare l’angolo di osservazione che si rivolge alla realtà urbana includendovi anche elementi normalmente considerati trascurabili. Cfr. voce oggetto in: Dizionario enciclopedico di Architettura e Urbanistica, Istituto Editoriale Romano, Roma, 1968, vol. III, pagg. 250-253. 2 Per un approfondimento sull’uso del termine PDWHULDOH all’interno della letteratura architettonica si veda: Paola Viganò, /D FLWWj HOHPHQWDUH, Skira, Milano, 1999, pagg. 9-40. 1


storica. Ciò può essere meglio compreso confrontando la definizione di

IDWWR XUEDQR

di Aldo

Rossi e quella di PDWHULDOH XUEDQR di Bernardo Secchi. Per Rossi, che pur mirando alla costruzione di una teoria generale dei fenomeni urbani, prende come oggetto iniziale di osservazione la cittĂ storica, i fatti urbani sono “LQWRUQL OLPLWDWL GHOOÂśLQWHUD FLWWj´3 essi sono ÂłFDUDWWHUL]]DWL GD XQD ORUR DUFKLWHWWXUD H TXLQGL 4

GD XQD ORUR IRUPD´

la loro individualitĂ e la loro complessitĂ li rende

ÂłPROWR VLPLOL H QRQ

VROR PHWDIRULFDPHQWH DOOÂśRSHUD GÂśDUWH HVVL VRQR XQD FRVWUX]LRQH QHOOD PDWHULD H QRQRVWDQWH

5

OD PDWHULD GL TXDOFRVD GL GLYHUVR VRQR FRQGL]LRQDWL H FRQGL]LRQDQWL´

e sono tali in quanto

prodotto di una collettività ed in costante rapporto tra la memoria del proprio passato e le trasformazioni a cui sono continuamente sottoposti. Essi sono cioè una porzione di un continuum piÚ vasto, sottoposto ad un sistema coerente di regole morfologiche che in quel punto possono presentare delle particolarità . La loro essenza è comunque il prodotto di un atto creativo intenzionale, per quanto complessi possano essere le relazioni ed i meccanismi che lo hanno generato. Assai meno strutturato appare invece il meccanismo di costruzione della città contemporanea a cui si riferisce Bernardo Secchi, per il quale

ÂłL IUDPPHQWL GHOOD FLWWj

FRQWHPSRUDQHD VRQR L PDWHULDOL GL XQ VLVWHPD DSHUWR 'LVSRQLELOL DOOD ULSHWL]LRQH DOOD FRQQHVVLRQH H FRPSRVL]LRQH HVVL VL SURSRQJRQR DOOR VWXGLR HG DOOD VSHULPHQWD]LRQH LQ TXDQWR PDWHULDOL XUEDQL ÂŤ %HQFKp WXWWL VLDQR HVLWR GL XQ GLVSRVLWLYR SURJHWWXDOH SL R PHQR HYLGHQWH DOFXQL KDQQR DVVXQWR IRUPH DJJUHVVLYH H FKLDUDPHQWH ULFRQRVFLELOL PHQWUH DOWUL VWHQWDQR VSHVVR DG DVVXPHUH XQD SURSULD FKLDUD LGHQWLWj QHOOD TXDOH VL ULFRQRVFDQR VSHFLILFL

6

VWLOL GL YLWD UXROL H FDUDWWHUL IRUPDOL ´

Questo confronto appare particolarmente pertinente al tema della definizione di un ruolo per gli spazi verdi contemporanei. Incrociando la lettura degli elementi presenti sul territorio con l’insieme dei documenti che se ne occupano dal punto di vista operativo e strategico emerge infatti costantemente la dialettica tra un’aspirazione alla continuitĂ degli elementi ambientali e la condizione di frammentarietĂ che caratterizza la cittĂ

3 Aldo Rossi /œDUFKLWHWWXUD GHOOD FLWWj, Clup, Milano, 1987, pag. 17. 4 ,ELGHP 5 RS FLW., pag. 21. 6 Bernardo Secchi, 3ULPD OH]LRQH GL 8UEDQLVWLFD, Laterza, Roma – Bari, 2000, pagg. 161-162. 2


contemporanea7. Questa atomizzazione dei contesti urbani nasce da una duplice condizione di frammento, da un lato della realtĂ materiale in sĂŠ, dall’altro del soggetto che ne compie l’esperienza8. Se la prima è il frutto di un insieme complesso di trasformazioni che solo a partire da tempi relativamente recenti sono state al centro

di analisi sistematiche ed

approfondite, la seconda ha invece trovato giĂ da tempo un posto all’interno della storia della filosofia e della cultura occidentale, essendo stata riconosciuta come una delle caratteristiche all’origine della modernitĂ 9 Una difficoltĂ che è dunque innanzi tutto interpretativa ed espressiva e che nel nostro caso si ripercuote sulla incapacitĂ , ad esempio, di individuare un posto per gli spazi che abitiamo all’interno delle categorie con cui tradizionalmente si descrive la cittĂ . DifficoltĂ che ha prodotto, per reazione, il diffondersi della tendenza a QRPLQDUH le cose, nel tentativo molto spesso illusorio di appropriarsi in questo modo di un significato che non si riesce a comprendere. Ciò sembra riconfermare l’impressione che nella cittĂ contemporanea si sia 7 Una riflessione sulla continuitĂ come concetto o ILJXUD fondamentale della storia urbana e sulla sua contrapposizione al frammento si trova in: Bernardo Secchi, RS FLW pagg. 12-32. 8 Significativamente proprio con una citazione legata all’immagine del puzzle (Carlo Ginzburg e Adriano Prosperi, *LRFKL GL 3D]LHQ]D 8Q 6HPLQDULR VXO Âł%HQHILFLR GL &ULVWR´ Torino, 1975) Tafuri apre l’introduzione de /D VIHUD H LO ODELULQWR, saggio interamente attraversato, a partire dal titolo stesso, dall’idea della frantumazione dell’unitĂ formale (Manfredo Tafuri, /D VIHUD H LO /DELULQWR, Einaudi, Torino, 1980, pag. 3). Il testo di Tafuri analizza in maniera sistematica la sfida delle avanguardie artistiche ed architettoniche a partire dal ‘700 per la distruzione dell’ordine classico e la ricostruzione di un nuovo ordine. A proposito dell’idea di frammento e della figura del puzzle, cfr. Paola Viganò, RS FLW pagg. 17-18 e 137-148. A proposito dei rischi insiti nell’appiattimento su uno VWLOH dell’avanguardia, Franco Rella rileva: “,O PRGHOOR GHOOÂśDYDQJXDUGLD q H VHPSUH YXROH HVVHUH XQR VWLOH GL UD]LRQDOLWj /D FHOHEUD]LRQH GHOOD SOXUDOLWj GDGDLVWD GHOOÂśLPSUHVD VFLHQWLILFD GL )H\HUDEHQG R OD SURSRVWD GL XQ SDUDGLJPD VFLHQWLILFR GL WLSR SXUDPHQWH LQGL]LDULR SUHVXSSRQJRQR XQD VRUWD GL ÂľDPRUHÂś SHU LO IUDPPHQWR H SHU OH WUDFFH FKH VL ULFKLDPD DOOD ILORVRILD GHOOÂśDYDQJXDUGLD H FKH ULVFKLD GL SRUVL SURSULR LQ TXDQWR ÂľDPRUHÂś H ÂľLGHQWLILFD]LRQH DIIHWWLYDÂś FRQ OÂśLQIUDQWR FRPH XQD QXRYD UHGHQ]LRQH ILORVRILFD GHO PRQGR LQ XQD WRWDOLWj LQ FXL OD SOXUDOLWj QRQ q FRQIOLWWR PD SXUR JLRFR ´

(Franco Rella, 0LWL H ILJXUH GHO

, Feltrinelli, Milano, 1993, pag. 116).

PRGHUQR

9 Essa è ad esempio protagonista di molta della grande letteratura scritta a cavallo tra ‘800 e ‘900, come afferma Claudio Magris in un suo recente intervento: Âł8Q SXQWR GL SDUWHQ]D XQ DQJROR SURVSHWWLFR GHWHUPLQDQWH VDUj OD FHOHEUH GLDJQRVL GL 1LHWVFKH ÂąFKÂśHJOL ULSUHQGH GD %RXJUHW H FKH 0XVLO D VXD YROWD ULSUHQGHUj QHL Âľ'LDULÂś IDFHQGRQH LO WHPD OD SRHWLFD H OD VWUXWWXUD VWHVVD GHO VXR LQFRPSLXWR H LQWHUPLQDELOH Âľ8RPR VHQ]D TXDOLWjÂś VHFRQGR OD TXDOH OD YLWD QRQ GLPRUD SL QHOOD WRWDOLWj LQ XQ 7XWWR RUJDQLFR H FRQFOXVR /D UHDOWj LO GLVFRUVR H OÂśLR VWHVVR FRPH GLFH 1LHWVFKH LQ XQ SDVVR GHO &DVR :DJQHU VL ULVROYRQR LQ ÂľXQÂśDQDUFKLD GL DWRPLÂś FKH VFRQYROJH RJQL JHUDUFKLD UHVWLWXLVFH ÂľOD OLEHUWj GHOOÂśLQGLYLGXRÂś OD ÂľYLEUD]LRQH H OÂśHVXEHUDQ]D GHOOD YLWDÂś VYLQFRODWD GD VLJQLILFDWL H YDORUL QHO FDRWLFR EUXOLFDUH GHOOD YLWD WXWWL L SDUWLFRODUL DFTXLVWDQR XQD VHOYDJJLD DXWRQRPLD ÂľHJXDOL GLULWWL SHU WXWWLÂś 1RQ FÂśq SL XQ VRJJHWWR XQLWDULR FKH SRVVD DEEUDFFLDUH VHOH]LRQDUH H XQLILFDUH LO PROWHSOLFH GD XQD SURVSHWWLYD VXSHULRUH H GXQTXH DIIHUUDUH LO PRQGR QHOOÂśXQLWj GHOOD IUDVH )LQFKp VL SHQVD LQ IUDVL FRQ LO SXQWR ILQDOH ÂąVFULYHUj 0XVLO QHL Âľ'LDULÂś FHUWH FRVH QRQ VL ODVFLDQR GLUH H OD SOXUDOLWj GHO UHDOH HPHUJH QHOOD VXD LQHVDXULELOH IUDPPHQWDULHWj ÂľLO OLQJXDJJLR PHWWH UDUDPHQWH D GLVSRVL]LRQH L SOXUDOL SHU OH

Claudio Magris, 'D 1LHWVFKH D 0XVLO LO QDXIUDJLR GHOOÂśLR QHO PDUH GHOOD lezione inaugurale della cattedra di Letteratura Europea al College de France di Parigi, in “Il Corriere della Seraâ€?, venerdĂŹ 26 ottobre 2001. VRWWRVSHFLH GHO VHQWLPHQWRϫ YLWD

3


esaurito l’influsso ereditario dei principi architettonici e funzionali esplicitati dalla città dell’ottocento ed in particolare della legge di

ÂłWUDVPLVVLRQH GL IRUPH VWRULFKH QHJOL HOHPHQWL

10,

GL VSD]LR FROOHWWLYR LQGLSHQGHQWHPHQWH GDOOH ORUR GHVWLQD]LRQL GœXVR´

secondo la quale un

modello architettonico può passare da una cultura architettonica ad un’altra senza che si conservi la funzione, ma di solito ne rimane invariata la modalitĂ d’uso dell’ambiente, che è possibile definire per categorie ampie e poco specifiche. Ăˆ dunque la condizione di “frammentoâ€? che ogni singolo elemento assume nella cittĂ contemporanea, la possibilitĂ cioè di riconoscerne l’identitĂ individuale, di isolarlo da un contesto di cui però è difficile, se non impossibile ricostituire un’unitĂ e da cui solo in parte è possibile desumere delle regole generali, un primo punto su cui riflettere e che di per sĂŠ legittima l’approccio al luogo sotto la forma del “catalogoâ€?11. Alla luce di quanto detto, il primo capitolo “La natura in cittĂ â€? traccia un profilo del ruolo attuale degli spazi verdi nella cittĂ contemporanea, mettendone in luce potenzialitĂ e tendenze di sviluppo grazie al confronto con ricerche provenienti da diversi settori delle arti visive. Il secondo capitolo “il verde come oggettoâ€?, consiste in un lavoro sul campo volto alla individuazione delle caratteristiche di

RJJHWWL YHUGL

che sono stati selezionati all’interno della

cittĂ di Torino. Ăˆ a sua volta suddiviso in due sezioni, la prima delle quali si concentra sulle forme e le condizioni generali del verde nella cittĂ consolidata12, mentre la seconda si sofferma in maniera piĂš specifica su un’area studio, una parte del territorio dell’area metropolitana di Torino situata a Nord Est del capoluogo, che ha come limiti la Stura di Lanzo ed il Po e comprende parte dei territori comunali di Torino, Settimo Torinese, Borgaro. L’area è stata scelta per alcune sue caratteristiche che la rendono particolarmente interessante come caso studio. La sua estensione arriva a comprendere parti di tessuto urbano consolidato ed espansioni periferiche in costante trasformazione. Essa infatti presenta

10 Maurice Cerasi, /R VSD]LR FROOHWWLYR GHOOD FLWWj &RVWUX]LRQH H GLVVROX]LRQH GHO VLVWHPD SXEEOLFR QHOOÂśDUFKLWHWWXUD GHOOD FLWWj PRGHUQD, Mazzotta, Milano 1976, pag. 98. Un tipico esempio di questo principio è il viale alberato che da elemento del paesaggio agrario diviene elemento costitutivo della forma urbana. 11 Sul tema della catalogazione come tecnica descrittiva e sul suo ruolo all’interno delle discipline che si occupano della cittĂ si veda: Bernardo Secchi, 'HOO XWLOLWj GL GHVFULYHUH FLz FKH VL YHGH VL WRFFD VL DVFROWD, relazione introduttiva al 2° Convegno Internazionale di Urbanistica, Prato, 30 marzo-1 aprile 1995. 12 Si intendono qui con tale termine le aree urbane in cui il rapporto tra tipologie edilizie e spazi aperti dĂ luogo a configurazioni dotate di un grado di coerenza complessiva immediatamente riconoscibile; dette aree vanno dal centro storico alle espansioni residenziali del secondo dopoguerra, approssimativamente fino agli anni ’70. 4


insediamenti di tipo misto (produttivo, terziario, residenziale, commerciale) con grandi prospettive di sviluppo, inframmezzati da vaste aree libere; è attraversata pesantemente da una serie di grandi infrastrutture di trasporto (autostrada e ferrovia Torino-Milano, futura linea ad alta capacitĂ , tangenziale di Torino, Superstrada Torino-Caselle) che la ritagliano in aree spesso non comunicanti tra loro, mentre d’altra parte la rendono facilmente accessibile e attraversabile; è definita da elementi geografici importanti che ne connotano il territorio (confluenza di Po e Stura, sistema della collina Torinese); al suo interno o nelle immediate vicinanze si trovano inoltre preesistenze ambientali interessanti (tessuti agricoli, alcune aree verdi strutturate come nel caso della Falchera, il parco della Mandria, etc.), cosĂŹ come alcune situazioni “criticheâ€? (alvei fluviali soggetti a straripamenti, la discarica delle Basse di Stura, etc.); è oggetto di un sistema di pianificazione che sotto vari aspetti si rivolge al tema “naturaâ€? con particolare attenzione, oltre ai piani regolatori comunali: Piano del Parco del Po Torinese, Progetto Torino CittĂ d’acque, PRUSST Tangenziale Verde, Programma Pluriennale dei rifiuti. Per questa ricchezza di spunti l’area-studio assume il ruolo fondamentale di un serbatoio di elementi verdi o ambientali assai variegati per tipo e dimensione: campi coltivati, campi abbandonati, boschi, parchi e giardini pubblici, aree protette, giardini privati, orti urbani, aiuole, fioriere, parcheggi piantumati, piazze alberate, giardini condominiali, fasce di rispetto incolte od occupate abusivamente. Si tratta spesso di vuoti all’interno di altri vuoti, a volte addirittura privi di qualunque delimitazione fisica e distinti solamente in modo mutevole per il colore e la consistenza del suolo: terreno dissodato o coperto di vegetazione coltiva, erba rasata, terreno piĂš compatto con vegetazione spontanea o detriti sparsi. Oltre che di oggetti, l’area studio è un contenitore che accoglie al suo interno un patrimonio di idee13 sulla trasformazione della cittĂ stessa (i piani, progetti e programmi pubblici che si occupano a vario titolo del tema del verde, dell’ambiente e dello spazio pubblico) e di aspirazioni e sogni dei cittadini, alcuni espressi attraverso la trasformazione spontanea dello spazio o attraverso rivendicazioni pubbliche, altri che filtrano piĂš sommessamente tra le righe di questi stessi comportamenti e in certi casi vengono raccolti e 13 L’area, perlomeno una parte di essa, è stata oggetto, nel corso del 2001, del seminario progettuale Âł'D 7RULQR D )DOFKHUD 3URJHWWDUH OH ULVRUVH GHL OXRJKL DO PDUJLQH GHOOD FLWWj´ svolto all’interno del dottorato di ricerca in Architettura e Progettazione edilizia del Politecnico di Torino, fatto che la rende interessante anche come territorio di confronto per ipotesi differenti sulla trasformazione della cittĂ . Sempre sulla stessa area si è inoltre concentrato un ulteriore seminario progettuale, Âł1XRYH HFRORJLH GL IRUPH GL YLWD XUEDQD´, svoltosi nell’autunno del 2001, sempre all’interno del Dipartimento di Progettazione Architettonica del Politecnico di Torino, che ha visto la partecipazione del prof. Hank Hartzema dello studio olandese West8 che si occupa di architettura del paesaggio, e che quindi ha giĂ affrontato, seppure nel breve arco di due settimane e con un’attitudine fortemente indirizzata al progetto di trasformazione piuttosto che alla riflessione analitica, alcuni aspetti del tema di questa ricerca. 5


reinterpretati attraverso le varie rappresentazioni dello spazio, operate ad esempio dalla pubblicitĂ o sulla stampa14. Di tutti questi spazi si è cercato innanzi tutto di fare una sorta di inventario che necessariamente, a causa della eterogeneitĂ , oltre che per la natura minuta e cangiante dell’oggetto osservato, che non lascia tracce sulle carte se non solamente di tipo convenzionale, è stato costruito soprattutto attraverso una conoscenza diretta,15 grazie ad una serie di esplorazioni sul campo articolate come itinerari che si incrociano sullo stesso territorio, sulla falsariga di quelli suggeriti all’interno delle guide turistiche, ma con l’attenzione rivolta a fatti e PRQXPHQWL differenti. Questa parte della ricerca consiste dunque in un confronto tra aree verdi nella cittĂ consolidata e aree verdi in un brano di cittĂ dispersa, confronto svolto analizzando le caratteristiche formali, dimensionali, localizzative ed organizzative degli spazi verdi secondo un

procedimento,

volutamente

piuttosto

meccanico,

di

rilevazione

sul

terreno,

rappresentazione fotografica, ridisegno, analisi cartografica e confronto morfologico16. Prima operazione è consistita nell’individuazione di alcune

DUHH FDPSLRQH

all’interno

della cittĂ consolidata, a cui ha fatto seguito la perimetrazione delle aree verdi che in essa si

14 Si pensi ad esempio alla mistificazione dell’abitare come idillio “campestreâ€? che compare sui tabelloni di cantiere di molti nuovi complessi residenziali nonchĂŠ su pubblicitĂ annunci e manifesti immobiliari. 15 La riduzione della distanza tra osservatore e oggetto osservato è alla base di quell’ampia categoria di descrizioni definita da Stefano Boeri come DWODQWL HFOHWWLFL, (Stefano Boeri (FOHFWLF $WODVHV, in “Daidalosâ€? n° 69/70, 1998.) descrizioni del territorio che avvicinano lo sguardo all’oggetto da differenti punti di vista per capirne meglio il funzionamento, abbandonando l’idea di un punto di vista privilegiato e con l’obiettivo di individuare i meccanismi di mutamento dello spazio fisico e le relazioni tra questi e la societĂ che li producono. Riconducibili nelle loro origini a certe esperienze delle avanguardie degli anni ’60 ed in particolare al situazionismo, un movimento di cui oggi vengono recuperati vari contributi (Si vedano ad esempio: Guy-Ernest Debord, 7KHRU\ RI WKH 'pULYH, in “Internationale Situationnisteâ€? n° 2, 1958; Guy-Ernest Debord, ,QWURGXFWLRQ WR D &ULWLTXH RI 8UEDQ *HRJUDSK\, in “Les Lèvres Nuesâ€? n° 6, 1955.) Si tratta di un approccio alla conoscenza del territorio che ha avuto negli ultimi anni una notevole considerazione anche dal punto di vista istituzionale, come dimostrano le sempre piĂš frequenti missioni fotografiche (uno strumento nato praticamente assieme alla fotografia stessa e che giĂ nel XIX secolo aveva svolto questo importante ruolo) che sono state commissionate con l’obiettivo non piĂš soltanto di produrre immagini pittoresche, ma di testimoniare i fenomeni di trasformazione, essendo in grado di rivelare, al contempo, il modo in cui noi guardiamo il mondo (Frits Gierstberg, 6XE8UEDQ 2SWLRQV 3KRWRJUDSK\ FRPPLVVLRQV DQG WKH 8UEDQL]DWLRQ RI WKH /DQGVFDSH, catalogo della mostra, Nederlands Foto Instituut, Rotterdam, 1998). 16 Per quanto questo metodo, sulla scia delle altre esperienze analoghe citate e giĂ a partire dalla scelta dell’oggetto dell’osservazione, si ponga come tentativo di superamento dei metodi di analisi urbana tradizionali, è sicuramente per buona parte debitore della tradizione italiana di studi morfologici. Si rimanda alla definizione di morfologia urbana, esemplare per luciditĂ e chiarezza, data da Aldo Rossi in: &RQVLGHUD]LRQL VXOOD PRUIRORJLD XUEDQD H OD WLSRORJLD HGLOL]LD in Aldo Rossi, 6FULWWL VFHOWL VXOOÂśDUFKLWHWWXUD H OD FLWWj , Clup, Milano, 1975, pagg. 209- 225, giĂ in AA.VV. Aspetti e problemi della tipologia edilizia, CLUVA, Venezia, 1964. 6


trovano; dette aree, individuate ricorrendo all’uso di fotografie aeree ed all’osservazione diretta, sono state poi analizzate e confrontate tra loro per essere ricondotte ad alcune tipologie base, denominate

RJJHWWL WLSR

, per ognuna delle quali è stata definita una

rappresentazione sintetica convenzionale sotto forma di icona. Intento di questo lavoro non è la precisa ricostruzione storica dell’evoluzione delle tipologie di spazi verdi descritte, quanto piuttosto la definizione di alcuni caratteri salienti che permettano di comprendere il loro ruolo rispetto ai contesti urbani in cui sono inserite e di riconoscere quali di queste caratteristiche permangano in situazioni urbanizzate che nulla hanno a che fare con quelle rispetto a cui tali definizioni tipologiche sono state messe a punto.17 Per ogni DUHD FDPSLRQH è stata realizzata una scheda in cui ne viene riportata la posizione rispetto alla città, le aree verdi in essa presenti sono evidenziate su una ortofotocarta a cui si affianca l’esemplificazione degli RJJHWWL WLSR

Gli

in essa riscontrati, attraverso la loro rappresentazione fotografica. RJJHWWL WLSR

rilevati nelle diverse

DUHH FDPSLRQH

sono stati messi tra loro a

confronto in modo da renderne chiari gli elementi ricorrenti e le caratteristiche distintive. Per ognuno di essi sono stati analizzati e confrontati i corrispondenti casi locali ed alcuni esempi storici particolarmente significativi. Quindi per ogni esempi storici esaminati, un

RJJHWWR LFRQD

RJJHWWR WLSR

è stato individuato, tra gli

, ovvero un esempio in cui non solo le

caratteristiche generali del tipo, ma anche il loro significato rispetto alla società urbana contemporanea, sono così evidenti da poter assurgere al ruolo di modello. L’oggetto icona è stato poi utilizzato come elemento di confronto con gli oggetti verdi riscontrati all’interno dell’DUHD VWXGLR. È stata poi effettuata una comparazione sulla densità e distribuzione degli spazi verdi nelle DUHH FDPSLRQH. Per quanto riguarda l’DUHD VWXGLR, data l’estrema eterogeneità del verde in essa presente, l’approccio è stato leggermente differente ed è consistito in una campionatura degli “oggetti verdi” che sono presenti sul territorio. È stata così realizzata una prima serie di carte che consistono nell’individuazione dell’DUHD VWXGLR rispetto alla città di Torino, nella perimetrazione di tutte le aree verdi in essa presenti, nella individuazione e perimetrazione degli

RJJHWWL FDPSLRQH

analizzati e nella

evidenziazione dei rapporti tra questi ed alcuni sistemi particolarmente significativi a scala territoriale, in particolare: edificato, infrastrutture e vie d’acqua.

17 Riguardo alla storia del verde urbano esiste una letteratura estremamente vasta, per una bibliografia ragionata si rimanda a quella contenuta in: Franco Panzini, 3HU L SLDFHUL GHO SRSROR /¶HYROX]LRQH GHO JLDUGLQR SXEEOLFR LQ (XURSD GDOOH RULJLQL DO ;; VHFROR, Zanichelli, Bologna, 1993. 7


Per ogni

RJJHWWR FDPSLRQH

è stata poi redatta una “scheda” che cerca di darne una

descrizione sintetica e apparentemente “neutra”, lo localizza in planimetria, lo ritrae in vista assonometrica, molto semplice al tratto18 (un tipo di visione inusuale per il verde, ma essendo fortemente schematica particolarmente efficace nel rendere l’oggettualità) ed in fotografia, ne elenca le funzioni e ne dà una breve descrizione verbale. Il terzo capitolo, “il verde come materiale”, affronta il problema di come il verde possa essere utilizzato, appunto, come materiale per il progetto. Il concetto di di

PDWHULDOH XUEDQR

PDWHULDOH

qui proposto si appoggia da un lato alla già citata definizione

che proviene dalle ricerche di Bernardo Secchi, ovvero di elementi che

concorrono alla costruzione della città e si ripetono, si combinano e si compongono come frammenti di un sistema aperto di cui la città stessa è un deposito in continua trasformazione; dall’altro riprende una tendenza, riconducibile nelle sue origini ad alcune esperienze dell’arte contemporanea19, ma sempre più diffusa anche nell’ambito della produzione edilizia banalmente commerciale, ad un utilizzo del verde che prescinde dal lavoro di ricerca sullo spazio aperto della tradizione dell’architettura del paesaggio per trattarlo, molto più astrattamente, come un vero e proprio materiale da costruzione. Questa parte del lavoro si configura come un repertorio di progetti e realizzazioni che sono sembrati rappresentativi di questa maniera di approcciare la progettazione del verde e che sono stati analizzati e classificati attraverso la realizzazione di una serie di schede che per ogni categoria di “materiali verdi” propongono un’immagine iconica che la rappresenti e, mettendo in stretta relazione testo e immagini, ne definiscono le caratteristiche morfologiche e d’uso specifiche e ne esaminano le declinazioni più significative. Pur partendo da una suddivisione abbastanza sistematica in categorie “tipologiche”, anche questa parte della ricerca non ha ambizioni enciclopediche o di esaustività, mira piuttosto, attraverso la costituzione di un repertorio di esperienze progettuali o di ricerca 18 La scelta di questo tipo di rappresentazione riprende una ricerca compiuta sulle trasformazioni della città di Parigi da un gruppo di lavoro di architetti giapponesi, che ha assunto la forma finale di una “guida turistica” del 13ème arrondissement. (Atelier Bow Wow, Yoshiharu Tsukamoto, Momoyo Kaijima, %URNHQ 3DULV, Batofar, Parigi, s.d.) 19 Negli ultimi anni si assiste ad una tendenza sempre più diffusa allo sconfinamento disciplinare tra architettura e arte contemporanea, ma nel caso della progettazione del paesaggio, a partire dagli anni ’60 con il fenomeno Land Art, oltre alla sovrapposizione di temi di riflessione teorica, si assiste anche ad una coincidenza delle occasioni e delle professionalità. La ricerca artistica d’altra parte è spesso più libera, essendo meno condizionata da vincoli materiali e dal dover rispondere in maniera puntuale e diretta a desideri ed esigenze specifiche di una committenza. Nel corso della ricerca opere d‘arte e progetti di architettura sono stati accostati sullo stesso piano. Queste ricerche sono state esaminate come possibili aperture di campo verso tematiche progettuali, anche se non hanno dato luogo a spazi identificabili come veri e propri progetti di architettura. 8


significative, alla costituzione di una sorta di

FDVVHWWD

GHJOL

DWWUH]]L

del bricoleur,

nell’accezione ne dà che LÊvi Strauss in ",O SHQVLHUR VHOYDJJLR": ³,O EULFROHXU q FDSDFH GL HVHJXLUH XQ JUDQ QXPHUR GL FRPSLWL GLIIHUHQ]LDWL PD GLYHUVDPHQWH GDOO LQJHJQHUH HJOL QRQ OL VXERUGLQD DO SRVVHVVR GL PDWHULH SULPH H GL DUQHVL FRQFHSLWL H SURFXUDWL HVSUHVVDPHQWH SHU OD UHDOL]]D]LRQH GHO VXR SURJHWWR SHU FXL OD UHJROD GHO JLRFR FRQVLVWH QHOO DGDWWDUVL VHPSUH DOO HTXLSDJJLDPHQWR GL FXL GLVSRQH FLRq D XQ LQVLHPH YLD YLD ILQLWR GL DUQHVL H GL PDWHULDOL SHUDOWUR HWHURFOLWL GDWR FKH OD FRPSRVL]LRQH GL TXHVWR LQVLHPH QRQ q LQ UDSSRUWR FRQ LO SURJHWWR GHO PRPHQWR Qp G DOWURQGH FRQ QHVVXQ SURJHWWR SDUWLFRODUH PD q LO ULVXOWDWR FRQWLQJHQWH GL WXWWH OH RFFDVLRQL FKH VL VRQR SUHVHQWDWH GL ULQQRYDUH R GL DUULFFKLUH OR VWRFN R GL FRQVHUYDUOR FRQ L UHVLGXL GL FRVWUX]LRQL H GLVWUX]LRQL DQWHFHGHQWL / LQVLHPH GHL PH]]L GHO EULFROHXU QRQ q GXQTXH GHILQLELOH LQ EDVH D XQ SURJHWWR HVVR VL GHILQLVFH VRODPHQWH LQ EDVH DOOD VXD VWUXPHQWDOLWj FLRq GHWWR LQ DOWUH SDUROH H DGRSHUDQGR OR VWHVVR OLQJXDJJLR GHO EULFROHXU SHUFKp JOL HOHPHQWL VRQR UDFFROWL R FRQVHUYDWL

20

LQ EDVH DO SULQFLSLR FKH SRVVRQR VHPSUH VHUYLUH´ ´

Nel quarto capitolo “Definizione di alcuni principi di organizzazione degli spazi verdiâ€?, come conclusione del lavoro si è tentato di giungere ad un momento di sintesi tra l’operazione di catalogazione degli spazi verdi all’interno dell’area studio, di comparazione delle loro caratteristiche con quelle del verde nella cittĂ consolidata e l’applicazione del repertorio di materiali appena descritto. Si è giunti cosĂŹ alla definizione di alcuni SULQFLSL che da un lato sembrano giĂ stare alla base dell’organizzazione degli spazi verdi stessi, dall’altro possono fornire degli spunti per la ricerca di un nuovo sistema di coerenze su cui costruire il progetto di trasformazione di questi spazi21. Per rendere piĂš evidente il senso e le potenzialitĂ di queste ipotesi, si è tentato di incrociare i due sistemi mettendo a confronto alcuni progetti presi in esame con una serie di situazioni reali in cui, per analogia o per vocazione dei luoghi, sembrano attenersi ai medesimi principi.

20 Claude LĂŠvi-Strauss, ,O SHQVLHUR 6HOYDJJLR, Il Saggiatore, Milano, 1990. Sull’uso del termine EULFRODJH per indicare le strategie progettuali delle nuove tecnologie, cfr. Giuseppe O. Longo, /D YHFFKLD VFLHQ]D q DO WUDPRQWR RYXQTXH VL LPSRQH OD WHFQRORJLD, in “Telèmaâ€?, n° 26, 2001. 21 Il termine principi non vuole qui indicare regole morfologiche precise o tanto meno porsi come soluzione definitiva, regola o PDQXDOH GL LVWUX]LRQL, per il progetto di trasformazione degli spazi verdi nella cittĂ diffusa, operazione che apparirebbe palesemente ingenua ed inopportuna rispetto ad un sistema cosĂŹ complesso ed instabile, nĂŠ alludere a definizioni tipologiche specifiche. Sebbene in alcuni casi la definizione del principio a ridosso di una categoria di oggetti fisici possa apparire ambigua, si intende qui porre l’attenzione piĂš sui meccanismi insediativi che sulla loro consistenza reale. 9


/$ 1$785$ ,1 &,77¬

&LWWj H QDWXUD ,O YHUGH

: con questo colore si tende oggi ad indicare una grande varietà di fatti urbani

9HUGH

eterogenei, genericamente accomunati dalla presenza vegetale, spesso per estensione il concetto viene ampliato alla natura tout court.22 Il fatto che un insieme di spazi così articolato, esteso e variegato venga indicato con un colore, senza trasferire alcuna informazione di natura morfologica, è di per sé sintomatico del livello di astrazione e genericità con cui ad esso ci si riferisce. Ciò accade non solo come convenzione cartografica all’interno del sapere disciplinare di urbanisti e tecnici comunali, ma anche nel linguaggio comune, dove lo stesso termine indica indifferentemente una categoria di spazi, uno stile di vita, un basso livello di emissione di agenti inquinanti, un’appartenenza politica. Provando a delineare sommariamente alcune categorie tra gli spazi verdi della metropoli troveremo infatti che alcuni sono organizzati sulla base di logiche precedentemente coerenti e successivamente stravolte od alterate dall’inserimento di nuovi manufatti, dal mutamento dell’organizzazione delle attività che vi si svolgono, dall’interruzione di preesistenti continuità, fatti di cui oggi rimangono deboli tracce (è il caso soprattutto dei tessuti agricoli), mentre spesso brandelli di questi sistemi assumono nuove identità “in negativo” come vuoti rispetto al costruito. Altri appaiono fin dall’inizio dotati di una loro logica autonoma, a volte fortemente strutturata, ma quasi sempre subordinata ad una presenza edilizia di cui costituiscono un’appendice o un completamento e con cui condividono la tendenza all’auto-isolamento, al distacco, all’introversione. Altri ancora conservano una forte identità, ma sono soggetti a fenomeni di deterioramento, di abbandono, di appropriazione da parte di soggetti specifici o di esclusione. ³0D TXHVWR YHUGH p SURIRQGDPHQWH FDPELDWR QHOOD VXD FRVWLWX]LRQH ,O YHUGH QRQ p SL XQ HOHPHQWR GL SURWH]LRQH H VHSDUD]LRQH WUD HGLILFL H

22 Cfr. Mirko Zardini, *UHHQ LV WKH FRORU, in AA.VV., 0XWDWLRQ, Actar, Barcellona – Arc en rêve centre d’architecture, Bordeaux, 2000. Questo testo si basa su un lavoro di ricerca avente per oggetto l’area metropolitana di Zurigo, e pubblicato in: Mario Campi, Franz Bucher, Mirko Zardini, $QQlKHUQG SHUIHNWH SHULSKHULH *ODWWDOVWDGW *UHDW =XULFK $UHD, Birkhäuser, Basel – Boston – Berlin, 2001. Sebbene questo lavoro sia stato costruito sull’analisi di un luogo specifico, si pone come una riflessione generale sul significato degli spazi verdi nelle aree suburbane e appare quindi come un buon punto di partenza per la presente ricerca. 10


DWWLYLWj GLYHUVH FRPH QHOOD FLWWj PRGHUQD ,O YHUGH QRQ p SL XQ HOHPHQWR HGXFDWLYR FRPH QHO FDVR GHO SDUFR RWWRFHQWHVFR ,O YHUGH QRQ p SL XQ HOHPHQWR GL SURGX]LRQH DG LQWHJUD]LRQH GHO VDODULR FRPH QHO FDVR GHOO RUWR GHOOD FDVD RSHUDLD ,O YHUGH QRQ p SL TXDOFRVD GD SURWHJJHUH FRPH SHU LO PRGHUQR ,O YHUGH QRQ UDSSUHVHQWD SL OD QDWXUD LQFRQWDPLQDWD R VHOYDJJLD FKH ULSUHQGH SRVVHVVR GHL VREERUJKL ,O YHUGH QRQ p SL QDWXUDOH PD XQ SURGRWWR GHOOH UHFHQWL WHFQRORJLH WUDQVJHQLFKH FKH IDQQR Vu FKH XQ SUDWR SRVVD HVVHUH GL FRORUH VHPSUH YHUGH R VHPSUH SL YHUGH H FKH O HUED QRQ GHEED HVVHUH WDJOLDWD WURSSR VSHVVR YLVWD OD VXD FUHVFLWD OHQWD ,O YHUGH QRQ p SL QDWXUDOH PD LO SURGRWWR GHL QXRYL VLVWHPL GL UHFXSHUR GHL ULILXWL ,O YHUGH QRQ q SL XQ IDWWRUH GL PRQRWRQLD QRQ FL WURYLDPR GL IURQWH DOOD ULSHWL]LRQH GL XQ PRGHOOR LO SUDWR LO JLDUGLQR SULYDWR PD SLXWWRVWR DOOD SUHVHQ]D GL WDQWL WLSL GLYHUVL GL YHUGH ,O YHUGH p TXLQGL HWHURJHQHR , GLYHUVL WLSL GL YHUGH OH GLYHUVH HFRORJLH SHUPHWWRQR OD SUHVHQ]D GL VSHFLH DQLPDOL H YHJHWDOL GLYHUVH $QFKH LO YHUGH p UDSSUHVHQWDELOH DWWUDYHUVR OD

23

PHWDIRUD GHO PRVDLFR

PiĂš in generale l’osservazione d’insieme porta a identificare paradossalmente come tratto comune una sorta di disagio, che nasce dal riconoscere l’associazione tra presenza di elementi naturali all’interno delle aree urbane e condizioni di degrado e desolazione o di palese inadeguatezza e straniamento, e non c’è dubbio che, oltre ad essere percepito come una forma di disturbo e di disordine, se privo di controllo e manutenzione, il verde possa in taluni casi creare reali problemi di sicurezza24. Contemporaneamente si intuisce la presenza di ulteriori possibili livelli di esperienza che rendono comprensibili in maniera piĂš compiuta questi spazi.

23 Mirko Zardini, RS FLW , pag. 437. ³%XW WKH FRQVWLWXWLRQ RI WKLV JUHHQ KDV SURIXQGO\ FKDQJHG ,W LV QR ORQJHU DQ HOHPHQW RI SURWHFWLRQ DQG VHSDUDWLRQ EHWZHHQ WKH EXLOGLQJV DQG WKH GLIIHUHQW DFWLYLWLHV DV LQ WKH PRGHUQ FLW\ ,W LV QR ORQJHU DQ HGXFDWLRQDO HOHPHQW DV LQ WKH QLQHWHHQWK FHQWXU\ SDUN 7KH JUUHQ LV QR ORQJHU D IDFWRU RI SURGXFWLRQ DGGLQJ WR WKH PRQWKO\ VDODU\ DV LQ WKH ZRUNLQJ PHQœV YHJHWDEOH JDUGHQ 7KH JUHHQ LV QR ORQJHU VRPHWKLQJ WR EH SURWHFWHG DV LW ZDV IRU WKH PRGHUQV 7KH JUHHQ QR ORQJHU UHSUHVHQWV DQ XQWUDPPHOOHG RU ZLOG QDWXUH GUDPDWLFDOO\ UHSRVVHVVLQJ WKH VXEXUEV 7KH JUHHQ LV QR ORQJHU QDWXUDO EXW D SURGXFW RI UHFHQW WUDQVJHQHWLF WHFKQRORJLFDO UHFLSHV ZKLFK PHDQ WKDW D JUHHQVZDUG FDQ EH DOZD\V JUHHQ DQG DOZD\V D GHHSHU JUHHQ EXW DOVR VORZ JURZLQJ VR WKDW LW GRHVQœW KDYH WR EH FXW YHU\ RIWHQ 7KH JUHHQ LV QR ORQJHU QDWXUDO EXW LV WKH SURGXFW RI QHZ V\VWHPV IRU UHF\FOLQJ RI ZDVWH 7KH JUHHQ LV QR ORQJHU D PRQRWRQ\ IDFWRU ZH DUH QR ORQJHU IDFHG WR WKH UHSHWLWLRQ RI D PRGHO ¹ WKH ILHOG WKH SULYDWH JDUGHQ ¹ EXW UDWKHU ZLWK PDQ\ GLIIHUHQW W\SHV RI JUHHQ 7KH JUHHQ LV HWHURJHQHRXV 7KH GLIIHUHQW NLQGV RI JUHHQ WKH GLIIHUHQW HFRORJLHV DOORZ IRU WKH SUHVHQFH RI GLIIHUHQW VSHFLHV RI DQLPDOV DQG SODQWV (YHQ WKLV JUHHQ FDQ EH UHSUHVHQWHG ZLWK WKH PHWDSKRU RI WKH PRVDLF ´

24 Si può citare a titolo di esempio i numerosi casi di alluvioni i cui effetti dannosi sono stati aumentati dall’assenza di manutenzione degli alvei fluviali, mentre in altre aree geografiche, soprattutto extraeuropee, si sono verificati problemi legati al contatto tra fauna selvatica e popolazione urbana. Cfr. Mike Davis, *HRJUDILH GHOOD SDXUD, Feltrinelli, Milano, 1999. 11


La difficoltĂ di accettare un’apparente perdita di senso della realtĂ urbana nel suo complesso lascia poi spazio ad un secondo aspetto che è quello della contraddizione effettiva tra esigenze di continuitĂ dei sistemi naturali, principale responsabile della biodiversitĂ , ormai da tutti riconosciuta come prezioso indicatore dello stato di salute di un ecosistema, con la consistenza reale degli spazi che vedono mescolarsi cittĂ e natura25. La frammentazione, fatto ormai imprescindibile perchĂŠ appunto caratteristica intrinseca

della nostra cultura, pone

dunque un problema progettuale sia dal punto di vista dell’ambiente umano, nel dare ad esso significati compiuti, sia dal punto di vista della salvaguardia dell’ambiente. Dialettica che possiamo ritrovare anche ripercorrendo la storia della gestione dell’ambiente dal punto di vista normativo, con l’incrocio tra competenze amministrative a vari livelli e l’effettiva regolamentazione degli interventi di trasformazione.

/œDSSURFFLR ³LVWLWX]LRQDOH´

Per capire meglio in che direzione si sta movendo la trasformazione del territorio è utile esaminare alcuni documenti di provenienza “istituzionaleâ€? che ci raccontano attraverso quali strumenti e su quali aspetti viene esercitato il controllo dall’alto sulla trasformazione dello spazio aperto e dell’ambiente naturale nei contesti urbani. GiĂ ad una prima osservazione questi testi dimostrano come siano soprattutto i temi del dibattito sulla salvaguardia dell’ambiente ad essere stati recepiti e fatti propri, almeno nelle intenzioni dichiarate, dai progettisti e dalle amministrazioni pubbliche. Di fronte alla 25 Il passaggio dalla definizione della forma alla gestione di processi naturali, caratterizzati da interazioni complesse tra fenomeni di piccola e grande scala è una delle principali caratteristiche dell’approccio ecologico alla progettazione del paesaggio. Si veda ad es. Ian L. Mc Harg, 3URJHWWDUH FRQ OD QDWXUD, Franco Muzzio editore, Padova, 1989. Marc Treib imputa proprio al testo di Mc Harg, pubblicato negli Stati Uniti nel 1969, la causa del consolidarsi della tendenza all’abbandono dell’interesse per i problemi formali da parte dei paesaggisti che si sarebbero trasformati da progettisti in analisti e pianificatori, animati dalla convinzione che un’impostazione corretta del problema avrebbe garantito automaticamente un buon risultato formale: “7KLV WH[W SURYLGHG ODQGVFDSH DUFKLWHFWV ZLWK ERWK DQ DQDOLW\FDO PHWKRG DQG VXIILFLHQW PRUDO JURXQGV WR DYRLG DOPRVW FRPSOHWHO\ GHFLVLRQV RI IRUP DQG GHVLJQ ÂąWKDW LV LI GHVLJQ LV WDNHQ DV WKH FRQVFLRXV VKDSLQJ RI ODQGVFDSH UDWKHU WKDQ LWV VWHZDUGVKLS DORQH 0F +DUJ HPSKDVL]HG WKH HYROYLQJ VWXG\ RI QDWXUDO SURFHVVHV DQG UHPDLQHG ZLWKLQ WKH ERXQGV RI QDWXUDO SURFHVVHV DQG SODQQLQJ $ VWURQJ PRUDO LPSHUDWLYH XQGHUSLQQHG WKH GLVFRXUVH LW PL[HG VFLHQFH ZLWK HYDQJHOLVP ÂąD VRUW RI HFRIXQGDPHQWDOLVQ ,Q KLV ZULWLQJV DQG OHFWXUHV 0F +DUJ WRRN QR SULVRQHUV DQG DOORZHG QR TXDUWHU ´

(Marc Treib, 1DWXUH UHFDOOHG, in James Corner, a cura di, , Princeton Architectural

5HFRYHULQJ /DQGVFDSH (VVD\V LQ &RQWHPSRUDU\ /DQGVFDSH $UFKLWHFWXUH

Press, New York, 1999, pagg. 30-31.) Negli ultimi anni la comprensione dei processi naturali si è resa piÚ raffinata arrivando ad una maggiore consapevolezza del ruolo della loro evoluzione nel tempo ed alla comprensione delle dinamiche e del significato della biodiversità . Cfr. B. Johnson, K. Hill, (editors), (FRORJ\ DQG 'HVLJQ )UDPHZRUNV IRU OHDUQLQJ, Island Press, Washington D.C., 2001. 12


crisi dei sistemi ambientali che si manifesta, in maniera sempre piĂš evidente ed in forme sempre piĂš spesso violente e tragiche (ad esempio attraverso il dissesto idrogeologico), gli elementi innovativi che compaiono nelle normative piĂš recenti si concentrano innanzi tutto su problemi di area vasta, difficilmente abbandonano posizioni difensiviste che si richiamano a concetti quali tutela e salvaguardia e si traducono in atteggiamenti vincolistici piuttosto che propositivi, oppure si focalizzano su aspetti estremamente specifici e settoriali (piano di tutela delle acque, piano di gestione dei rifiuti, piano energetico regionale, etc.) che si sovrappongono senza raggiungere una visione strategica d’insieme26. Evidentemente non è facile superare la dicotomia, riconducibile a ragioni culturali profonde, tra un concetto di pianificazione legato ad operazioni che appartengono alla sfera dell’artificiale, come la realizzazione di manufatti, e le esigenze di riordino di equilibri che, pur avendo subito nel corso dei secoli una serie infinita di manipolazioni, vengono ancora riconosciuti come appartenenti alla sfera del naturale, quindi dotati di una vita propria. Spostando l’attenzione sul contesto piĂš propriamente urbano, come abbiamo giĂ fatto notare, prevale il senso di incertezza sull’oggetto stesso dell’osservazione:

Âł, GDWL VXOOD

GLVSRQLELOLWj GL YHUGH SXEEOLFR XUEDQR HVFOXGHQGR VLD DUHH GL SDUFR R DUHH SURWHWWH FKH ULFDGRQR QHO WHUULWRULR FRPXQDOH VLD DUHH YHUGL QRQ IUXLELOL FRPH OH DUHH FLPLWHULDOL R OH DUHH DJULFROH FRQWLQXDQR D SUHVHQWDUH XQD TXDOLWj GLVFRQWLQXD  3HU OD GHWHUPLQD]LRQH GHOOD TXDQWLWj GL YHUGH XUEDQR VSD]L YHUGL HVFOXVR LO FRVLGGHWWR ³YHUGH GL DUUHGR´ OLEHUDPHQWH IUXLELOL GDL FLWWDGLQL DOOœLQWHUQR GHOOœDUHD XUEDQD FRPXQDOH YL q XQD REELHWWLYD GLIILFROWj D

27.

GLVSRUUH GL FULWHUL GHO WXWWR RPRJHQHL GL ULOHYDPHQWR´

Particolarmente interessante si rivela la lettura di un documento come la 28

1DSROL

&DUWD GL

che cerca di tirare le fila dei vari aspetti delle problematiche ambientali mettendoli

26 Per una panoramica sul ruolo delle tematiche ambientali nella progettazione del territorio si veda: Silvia Arnolfi, Andrea Filpa, /œDPELHQWH QHO SLDQR FRPXQDOH, Ed. Il Sole 24 Ore, Milano, 2000. Una panoramica sulle nuove tendenze nella interpretazione e progettazione del paesaggio all’interno della realtà culturale e normativa italiana si trova in Lucina Caravaggi, 3DHVDJJL GL SDHVDJJL, Meltemi, Roma, 2002. 27 Legambiente, Ecosistema urbano 2000, Settimo Rapporto sulla Qualità Ambientale dei Comuni Capoluogo. 28 FEDAP – AIAPP, &DUWD GL 1DSROL LO SDUHUH GHJOL VSHFLDOLVWL VXOOD ULIRUPD GHJOL RUGLQDPHQWL GL WXWHOD GHO SDHVDJJLR LQ ,WDOLD, Napoli, 8 ottobre 1999. Testo emanato a seguito del convegno della FEDAP, Federazione Associazioni Professionali Ambiente e Paesaggio, in preparazione e nella settimana precedente la Prima Conferenza Nazionale sul Paesaggio indetta dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali nell’ottobre del 1999. Le Associazioni Federate FEDAP sono: AIAPP - Associazione Italiana di Architettura del paesaggio; AIN - Associazione Italiana Naturalisti; AIP - Associazione Italiana Pedologi; AIPIN - Associazione Italiana per l'Ingegneria Naturalistica; AISA - Associazione Italiana Scienze Ambientali; SIEP/IALE - Sezione Italiana della International Association for Landscape Ecology; IAED - International Association for Environmental Design.) 13


in relazione con la presenza umana sul territorio ed in rapporto alle esigenze di sviluppo. Da questa proposta, che affronta in maniera sistematica il problema e propone una serie di raccomandazioni per gli interventi e la gestione del territorio, sottolineiamo alcuni punti particolarmente significativi: -

il paesaggio è visto come una risorsa, un concetto “LO FXL VLJQLILFDWR VHPDQWLFR ”;

YD DJJLRUQDWR HG DPSOLDWR

-

viene riconosciuta la necessità di una integrazione tra territorio naturale e antropizzato e di un approccio interdisciplinare agli studi che li riguardano;

-

viene ribadita in vari punti e particolarmente sottolineata l’importanza del momento della lettura e della conoscenza dell’ambiente e di dotarsi di strumenti appropriati, proponendo di compiere studi, individuare indicatori e organizzare banche dati, facendo emergere un intento classificatorio volto a creare categorie e tipi di paesaggio a cui ricondurre le singole situazioni ambientali, giungendo fino alla costruzione di un DWODQWH dei diversi paesaggi;

-

si parla di un fantomatico DVSHWWR HVWHWLFR del paesaggio come qualità aggiunta non misurabile e riconducibile per la tutela e la valutazione alla responsabilità professionale dei singoli operatori;

-

prevale uno stile di ragionamento in termini di tutela, danno, risarcimento, espressione di una posizione comunque di trincea, anche se viene introdotto un concetto di compensazione negli interventi di trasformazione del territorio;

-

emerge come fattore progettuale importante quello della continuità degli elementi ambientali, ed uno sforzo teso ad evitarne la frammentazione;

-

viene data importanza al progetto degli spazi aperti, raccomandando in particolare la creazione di spazi verdi "riconoscibili" come giardini o parchi.

Dietro l’intenzione dichiarata e l’apparente volontà di affrontare, con un’ottica rivolta alla contemporaneità, i temi legati alla trasformazione del territorio, questi documenti non sembrano però superare il livello di un generico appello ad una maggiore attenzione per le problematiche ambientali e per la creazione delle occasioni perché anche in Italia si sviluppino spazi professionali specifici per l’architettura del paesaggio, settore nel quale esiste effettivamente un notevole ritardo rispetto ad altri paesi europei, ma senza l’apparente capacità di superare nei fatti una visione tradizionale.

14


7HFQLFD YV $UFKLWHWWXUD LO SUREOHPD GHO SURJHWWR

Interesse per il paesaggio e per tematiche quali l’eco-compatibilitĂ , la sostenibilitĂ , ecc. sono senza dubbio caratteristiche del nostro tempo e rispondono a reali situazioni critiche dell’ambiente in cui viviamo, conseguenze dei nostri modelli di sviluppo. Nell’ambito del pensiero critico, lo sviluppo di una coscienza ecologica da un lato sembra allontanare l’angoscia per le condizioni del mondo contemporaneo, ed in questo senso rappresenta un problema generale della nostra epoca, dall’altro rispecchia un atteggiamento anch’esso derivante da un’idea illuminista della tecnicizzazione dell’architettura che si può dire stia alla base della trasformazione urbana ottocentesca. Se, come afferma Benjamin a proposito del criterio estetico su cui si basarono gli interventi del Barone Haussman a Parigi, “eVVR FRUULVSRQGH DOOD WHQGHQ]D FKH VL RVVHUYD 29 oggi

FRQWLQXDPHQWH QHOOœ2WWRFHQWR D QRELOLWDUH QHFHVVLWj WHFQLFKH FRQ ILQDOLWj DUWLVWLFKH´

sembra spesso di assistere ad un rovesciamento dei termini della questione: mentre per la cultura borghese dell’ottocento un’idea diffusa quale quella del decoro, consentiva di mascherare scelte eminentemente tecniche, basandosi su una mescolanza di ragioni estetiche e morali30, oggi uno degli atteggiamenti piĂš frequenti appare proprio il tentativo di eludere le difficoltĂ del progetto in una realtĂ che cambia attraverso il ricorso all’â€?invenzioneâ€? di questioni tecniche, propagandate come soluzioni per problemi piĂš generali che non sempre vengono in realtĂ affrontati. Anche rispetto al significato della presenza della natura nella cittĂ contemporanea, le ragioni ecologiche sembrano assai meno importanti rispetto al rinato interesse per il paesaggio ed il giardino ed al valore simbolico che sembrano rivestire, come ultimo baluardo contro la banalizzazione ed omogeneizzazione dello spazio e per la difesa del diritto a condizioni di vita accettabili. In tutto questo le soluzioni piĂš convincenti non arrivano sempre da dove ce le si aspetterebbe e questo ci può portare ad affermare che un bravo architetto del paesaggio non è 29 Walter Beniamin, 3DULJL &DSLWDOH GHO ;,; 6HFROR, in $QJHOXV 1RYXV 6DJJL H )UDPPHQWL, a cura di Renato Solmi, Einaudi Torino, 1962, (2^ ed. 1995), pag. 157. 30 All’idea classica di GHFRUR che in Vitruvio corrisponde ad un concetto abbastanza complesso di coerenza tra le parti e di DSSURSULDWH]]D dell’opera al tema, alla consuetudine ed alla natura, si è affiancata, e nell’accezione diffusa perlopiĂš sostituita, una concezione moralistica per cui l’architettura deve rappresentare i valori ideologici e sociali della classe dominante, affermandone in tal modo il primato. Cfr. voce GHFRUR, in 'L]LRQDULR (QFLFORSHGLFR GL $UFKLWHWWXUD H 8UEDQLVWLFD, FLW., vol. II, pag.4243. Richard Sennett ha analizzato il rapporto tra apparenza esteriore ed esistenza individuale e collettiva nella societĂ urbana borghese del XVIII e XIX secolo rilevando nell’attaccamento alla forma una modalitĂ di resistenza rispetto ai rapidi cambiamenti in atto nella societĂ del tempo, cambiamenti che spesso erano piĂš rapidi e profondi della capacitĂ di comprensione di chi ne faceva esperienza diretta. (Richard Sennett, ,O GHFOLQR GHOOÂśXRPR SXEEOLFR /D VRFLHWj LQWLPLVWD, Bompiani, Milano, 1982.) 15


tale perché buon “specialista”, ma perché capace di affrontare in maniera corretta i problemi della contemporaneità attraverso la trasformazione dello spazio, in maniera chiara, formalmente comunicativa, esteticamente valida e, ovviamente, tecnicamente pertinente. Questo è un problema generale che riguarda ogni disciplina che ha a che fare con il progetto e che viene affrontato in uguale maniera da architetti, designer, urbanisti, artisti, paesaggisti.

16


,GHD GL QDWXUD QHOOD FLWWj FRQWHPSRUDQHD

,O YHUGH FRPH QRVWDOJLD GHOOD QDWXUD

Anche in virtÚ delle spinte tecniciste che abbiamo sottolineato, l’idea della natura in città oggi, nel rispecchiare un complesso sistema di valori,

sembra fondamentalmente

prescindere dalla forma, essendo il rapporto astratto con il verde e con l’ambiente, d’altra parte, metafora di un’astrattezza ed immaterialità della vita contemporanea in generale. Astrattezza che si esprime in modi diversi, manifestando aspetti anche contraddittori, ma che una volta individuati nel lavoro di architetti e paesaggisti rappresentano atteggiamenti analizzabili come vere e proprie tecniche progettuali. L’idea del verde si lega ad un fatto di quantità non di forma soprattutto all’interno di ragionamenti di matrice scientifico-ecologista, laddove la sua presenza assume grande importanza secondo criteri che fanno capo al concetto di vantaggio ecologico. Il ragionamento in termini quantitativi, sia esso ricondotto a questioni ecologiche o di standard urbanistici, anche in ragione della confusione ed incertezza sui termini del problema a cui abbiamo accennato in precedenza, ci dice forse

TXDQWR

effettivamente è verde la città (sempre

limitando il dato al punto di vista specifico in esame), ma assai poco su quanto essa ci DSSDUH verde. Ciò è in parte legato ad una sorta di affezione a determinate e molto precise ILJXUH del verde che, per una percezione allargata, sole vengono riconosciute, essendo di fatto espressione

ÂłGL YDORUL HVWHWLFL FKH DQFKH VH FRGLILFDWL D OLYHOOR GL JXVWR SUHYDOHQWHPHQWH LQ

HSRFD URPDQWLFD VHPEUDQR VXVFLWDUH DQFRUD RJJL XQD FRQGLYLVLRQH TXDVL XQLYHUVDOH PROWR SUREDELOPHQWH SHUFKp ILVVDWL QHO FOLFKp WXULVWLFR FRQVXPLVWLFR 0HQWUH LQ DOWUL DPELWL GHOOÂśHVWHWLFR L JXVWL VRQR IRUWHPHQWH PXWDWL QHO FDVR GHOOD SHUFH]LRQH GHO SDHVDJJLR H GHOOD QDWXUD

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31

Questa resistenza al cambiamento, secondo Cristophe Girot, può dipendere dal fatto che “OÂśDUFKLWHWWXUD GHO SDHVDJJLR ILQR D WHPSL UHFHQWL QRQ q VWDWD DOWUR FKH OR VSHFFKLR GL GRWWULQH H FUHGHQ]H ORFDOL VXOOD QDWXUD 4XHVWH FUHGHQ]H QRQ HUDQR VROR SDUWH GL XQD WUDGL]LRQH UDGLFDWD ULVDOHQWH DOOÂśHSRFD WULEDOH PD FRVWLWXLYDQR DQFKH OD VHPSOLFH HVSUHVVLRQH

31 Luisa Bonesio, 2OWUH LO 3DHVDJJLR , OXRJKL WUD HVWHWLFD H JHRILORVRILD, Arianna Editrice, Casalecchio (BO), 2002, pag 11. 17


GL XQD FRPSUHQVLRQH DUFDLFD GHO PRQGR FLUFRVWDQWH /œLQFUHGLELOH LQHU]LD FXOWXUDOH FKH UHJQD QHOOœDUFKLWHWWXUD GHO SDHVDJJLR q GL IDWWR XQD IRU]D ULOHYDQWH FRQ FXL OœLQQRYD]LRQH SURJHWWXDOH GHYH FRQIURQWDUVL /D FUHDWLYLWj LQ TXHVWR SDUWLFRODUH DPELWR q TXDVL VHPSUH LQ FRQWUDVWR GLUHWWR FRQ L ULIHULPHQWL DO SDVVDWR ´

Di fatto l’osservazione priva di pregiudizi ci

permette di riconoscere che un paesaggio industriale abbandonato, ad esempio, può essere spesso assai piĂš verde di un insediamento residenziale, magari progettato per rispondere, almeno sulla carta, ad un’ideale di abitazione suburbana nel verde e spesso si rivela un paesaggio assai piĂš stimolante. prosegue piĂš oltre Girot-

Âł, IRQGDPHQWL HVWHWLFL GHOOÂśDUFKLWHWWXUD GHO SDHVDJJLR Âą

FRPXQTXH QRQ SRVVRQR SL FRQWDUH VXOOD PHPRULD VWRULFD H VXL

FRQFHWWL WUDGL]LRQDOL GL EHOOH]]D 6H TXHVWD DIIHUPD]LRQH q YHUD TXDOH WLSR GL EHOOH]]D VWLDPR FHUFDQGR GL GHILQLUH RJJL" /œHORJLR WUDGL]LRQDOH GHOOD EHOOH]]D H GHOOœHFFH]LRQH SXz IXQ]LRQDUH VROR VH VL ULIHULVFH GLUHWWDPHQWH DO PRQGR FKH FL FLUFRQGD HG LQ FXL QRL YLYLDPR /D PDQFDQ]D GL LQWHUHVVH QHOOœDPELHQWH EDQDOH FKH FL FLUFRQGD FRPH L SL FRPXQL HG LQQRFXL DVSHWWL GHO SDHVDJJLR TXRWLGLDQR q XQ JUDYH HUURUH 3HUFKp q VROR DWWUDYHUVR OD PLJOLRUH FRPSUHQVLRQH GL XQD UHDOWj FRVu VHPSOLFH H EDQDOH FKH DUULYHUHPR DG DIIURQWDUH LO VLJQLILFDWR DWWXDOH GHO SDHVDJJLR ´

Una prima contraddizione si esprime dunque, consapevolmente o inconsapevolmente, cioè anche quando gli elementi naturali sono esclusi da un intervento di trasformazione diretto, ovvero non fanno parte del progetto, attraverso il ricorso ad immagini stereotipate a cui fanno da contrappunto presenze naturali, magari nemmeno percepite come tali, con cui si convive a stretto contatto e che procedono secondo proprie logiche autonome. 32 “ODQGVFDSH DUFKLWHFWXUH XQWLO UHFHQWO\ ZDV QRWKLQJ RWKHU WKDQ WKH PLUURU RI ORFDO ORUH DQG EHOLHIV LQ QDWXUH 7KHVH EHOLHIV ZHUH QRW RQO\ SDUW RI DQ LQJUDLQHG WUDGLWLRQ GDWLQJ EDFN WR WULEDO WLPHV WKH\ ZHUH DOVR WKH VLPSOH H[SUHVVLRQ RI DQ DUFKDLF XQGHUVWDQGLQJ RI WKH VXUURXQGLQJ ZRUOG 7KH LQFUHGLEOH FXOWXUDO LQHUWLD WKDW SUHYDLOV ZLWKLQ ODQGVFDSH DUFKLWHFWXUH LV LQ IDFW D VLJQLILFDQW IRUFH ZKLFK GHVLJQ LQQRYDWLRQ KDV WR FRQWHQG ZLWK &UHDWLYLW\ LQ WKLV SDUWLFXODU GRPDLQ LV DOPRVW DOZD\V LQ GLUHFW IULFWLRQ

.â€? Cristophe Girot, 7RZDUGV D ODQGVFDSH VRFLHW\, in Thies SchrĂśder, , Birkhäuser, Basel–Berlin–

ZLWK UHIHUHQFHV RI WKH SDVW

&KDQJHV LQ VFHQHU\ &RQWHPSRUDU\ ODQGVFDSH DUFKLWHFWXUH LQ (XURSH

Boston, 2001, pag. 6. Per un’analisi sistematica dei processi storici di costruzione del paesaggio attraverso il rapporto tra luoghi naturali e architettura non si può non accennare alla teoria del JHQLXV ORFL di Christian Norberg Schulz (Christian Norberg Schulz, *HQLXV /RFL 3DHVDJJLR $PELHQWH $UFKLWHWWXUD, Electa, Milano, 1979.). Che gli attuali processi di costruzione del paesaggio naturale (od urbano) siano in contrasto con un concetto come quello dei FDUDWWHUL LGHQWLWDUL è messo in evidenza tra gli altri da Alberto Magnaghi (Alberto Magnaghi, ,O SURJHWWR ORFDOH, Bollati Boringhieri, Torino, 2000.). 33 “7KH YHU\ DHVWKHWLF IRXQGDWLRQ RI ODQGVFDSH DUFKLWHFWXUH WRGD\ FDQ WKHUHIRUH QR ORQJHU UHO\ RQ KLVWRULF PHPRU\ DQG WUDGLWLRQDO FULWHULD RI EHDXW\ ,I WKLV SRVWXODWH LV WUXH ZKDW NLQG RI EHDXW\ DUH ZH VHHNLQJ WR GHILQH WRGD\" 7KH WUDGLWLRQDO HXORJ\ RI EHDXW\ DQG H[FHSWLRQ FDQ RQO\ ZRUN LI LW UHIHUV GLUHFWO\ WR WKH ZRUOG WKDW VXUURXQGV XV DQ WKDW ZH OLYH LQ 7KH ODFN RI LQWHUHVW LQ WKH EDQDO HQYLURQPHQW WKDW VXUURXQG XV OLNH WKH PRVW FRPPRQ DQG LQQRFXRXV DVSHFWV RI HYHU\GD\ ODQGVFDSHV LV D GHHS PLVWDNH )RU LW LV RQO\ WURXJK WKH EHWWHU XQGHUVWDQGLQJ RI VXFK VLPSOH EDQDOLW\ WKDW ZH ZLOO FRPH WR JULSV ZLWK WKH PHDQLQJ RI ODQGVFDSH WRGD\

.� Cristophe Girot, op cit. pag. 7. 18


Un altro aspetto del ricorso strumentale all’uso della “figura” come rimando all’idea di natura è la tendenza, manifestatasi in maniera sempre più evidente negli ultimi anni, ad associare agli oggetti più disparati un’immagine o una consistenza “naturale”, senza che necessariamente vi sia un legame diretto tra forma e immagine, ma per l’intenzione di trasferire ad essa un valore positivo. In questo senso può essere ad esempio letta la ormai proverbiale campagna pubblicitaria televisiva di una nota ditta di prodotti alimentari, in onda alcuni anni fa, in cui spazi urbani facilmente riconoscibili venivano trasformati in paesaggi agresti, trasmettendo, attraverso gli stereotipi dell’ambiente rurale, e del rustico per quanto concerne l’architettura, l’idea di genuinità dei prodotti pubblicizzati. Un’altro esempio della medesima tendenza come espressione della moda del momento è la proliferazione, nelle vetrine dei negozi come nelle abitazioni e sulle pagine, più o meno patinate, delle riviste di tappeti erbosi artificiali, mobili e suppellettili “virati” verso una consistenza apparentemente vegetale.

,O YHUGH FRPH SUHVHQ]D FDPSDJQD H SDHVDJJLR

Anche la prevalenza del significato visuale rispetto a quello materiale, con la separazione a volte netta tra ciò che si vede e ciò che si usa, può essere considerata come una manifestazione dell’immaterialità del rapporto con la natura, che si traduce nel progetto con l’inclusione nel disegno di elementi su cui non si interviene direttamente attraverso una trasformazione fisica. Questo atteggiamento è coerente da un lato con un approccio mirato alla conservazione, quando non al ripristino di condizioni

QDWXUDOL

, o presunte tali, tipico ad

esempio di chi si occupa di ambiente e territorio dal punto di vista della tutela; d’altro lato viene incontro all’esigenza di operare con risorse limitate su estensioni di territorio anche molto vaste come teorizzato tra gli altri da Michel Desvigne34, ma è altresì evidente in molti progetti che si occupano, ad esempio, di rendere accessibili alcune parti di territorio ritenute degne di interesse dal punto di vista naturalistico. Questo discorso coinvolge anche il ruolo del territorio agricolo, secondo due termini: sotto l’aspetto del peso visivo come grande presenza durante gli spostamenti ed eventuale meta dove trascorrere il tempo libero e come frammento che si insinua all’interno di ambiti

34 Thies Schröder, op. Cit., pagg. 78-89. 19


piÚ tipicamente urbani35. Come osserva Georges Perec, il primo aspetto pone la questione fondamentale sul significato simbolico della campagna: ³1RQ KR PROWR GD GLUH D SURSRVLWR GHOOD FDPSDJQD OD FDPSDJQD QRQ HVLVWH q XQ LOOXVLRQH 3HU OD PDJJLRU SDUWH GHL PLHL VLPLOL OD FDPSDJQD q XQR VSD]LR GL VYDJR FKH FLUFRQGD OD ORUR VHFRQGD FDVD H FKH ILDQFKHJJLD XQ WUDWWR GHOOH DXWRVWUDGH FKH SUHQGRQR LO YHQHUGu VHUD TXDQGR YL VL UHFDQR H GL FXL OD GRPHQLFD SRPHULJJLR VH VH OD VHQWRQR SHUFRUUHUDQQR TXDOFKH PHWUR SULPD GL ULWRUQDUH LQ FLWWj GRYH SHU LO UHVWR GHOOD VHWWLPDQD VDUDQQR L FDQWRUL GHO ULWRUQR DOOD QDWXUD 0L SLDFH VWDUH LQ FDPSDJQD VL PDQJLD SDQH FDVHUHFFLR VL UHVSLUD PHJOLR FHUWH YROWH VL YHGRQR DQLPDOL FKH QRQ VL YHGRQR SUDWLFDPHQWH PDL QHOOH FLWWj VL DFFHQGRQR L FDPLQHWWL VL JLRFD D VFDUDEHR H DG DOWUL JLRFKHWWL GL VRFLHWj 6SHVVR VL KD SL VSD]LR FKH LQ FLWWj ELVRJQD SXU ULFRQRVFHUOR H TXDVL DOWUHWWDQWH FRPRGLWj H D YROWH DOWUHWWDQWD FDOPD 0D PL VHPEUD FKH QLHQWH GL WXWWR FLz EDVWL D VWDELOLUH XQD GLIIHUHQ]D SHUWLQHQWH &L VRQR RYYLDPHQWH JUDQGL FDPSL JLDOOL VROFDWL GD PDFFKLQDUL VIDYLOODQWL ERVFKHWWL SUDWHULH GL HUED PHGLFD H YLJQHWL D SHUGLWD GœRFFKLR 0D QRQ VR QXOOD GL TXHVWL VSD]L VRQR SHU PH LPSUDWLFDELOL ´

Mentre viene vissuta da chi la abita e la lavora come una risorsa produttiva priva di significati simbolici e formali, per cui la costruzione di un capannone prefabbricato anzichĂŠ di una cascina è, ad esempio, del tutto legittimo, la campagna contiene un alto valore paesaggistico per chi la osserva senza essere coinvolto nei suoi processi. Tuttavia non è possibile decidere univocamente di prediligere una “vocazioneâ€? od un ruolo specifico. Non tutti i paesaggi agricoli, ad esempio, sono ritenuti ugualmente attraenti e per lo piĂš lo sono

35 Le trasformazioni del territorio agricolo italiano degli ultimi due secoli, che hanno visto una progressiva diminuzione della varietĂ , prima attraverso le grandi trasformazioni ingegneristiche dell’800 e poi attraverso l’eliminazione sistematica degli ostacoli fisici alla meccanizzazione dell’agricoltura, sono esse stesse la riconferma della tendenza all’astrazione nei confronti della natura a cui ci riferiamo. La concezione agricola del territorio volta solo ai problemi della produzione e non della forma che ha caratterizzato queste trasformazioni fino ad oggi è testimoniata sia dalle tecniche di rappresentazione cartografica che dall’approccio normativo che lo riguardano. Si veda al proposito Sisto Giriodi, Matteo Robiglio, /D FRVWUX]LRQH GHOOÂśRUGLQDULR 8Q DWODQWH 3LHPRQWHVH, Celid, Torino, 2001, pag. 60 e segg. 36 Georges Perec, 6SHFLH GL 6SD]L, Bollati Boringhieri, Torino, 1989. 20


quelli economicamente non redditizi37. La campagna rimane comunque per molti un antidoto alla cittĂ . Manca la consapevolezza e la capacitĂ di percepire gli spazi della FLWWj GLIIXVD come un ambiente eminentemente urbano, ma in grado di assorbire al proprio interno parti di territorio del tutto eterogenee. Essendo percepito nella concezione comune come un elemento estraneo, separato dall’idea di cittĂ , il territorio agricolo quando viene a trovarsi a contatto diretto con l’urbano, trasmette un’idea di frammento. In realtĂ la fine della separatezza tra agricolo ed urbano che viviamo tutti i giorni sia sul piano fisico, attraverso la mobilitĂ , che mentale, grazie al bombardamento di immagini e simboli ambivalenti a cui siamo sottoposti, può essere interpretata programmaticamente come un riavvicinamento ad una forma di rapporti di scambio quotidiano tra cittĂ e campagna piĂš tradizionale, connaturata al territorio italiano, che pone in maniera differente il problema di come regolare le trasformazioni della forma del territorio38. La contraddizione che abbiamo osservato rispetto al ruolo della campagna è in realtĂ giĂ insita nel concetto di paesaggio, che vive di una doppia natura e coinvolge da un lato il rapporto tra territorio fisico e modalitĂ di occupazione e trasformazione dello stesso mentre dall’altro è inscindibilmente legato alla propria immagine. Ăˆ un concetto talmente forte da guadagnare autonomia rispetto ad altre categorie estetiche: rispetto all’idea di paesaggio, infatti, naturale e selvatico o coltivato e artificiale, possono avere lo stesso peso. Non solo, ma, come afferma il geografo Jonathan Smith, proiettandosi in una dimensione temporale e storica, il paesaggio decontestualizza del tutto il suo essere artificiale per assumere l’aspetto di qualcosa di assolutamente naturale39. Oggi le modalitĂ di percezione e questa autonomia del paesaggio sono portate alle estreme conseguenze: se chi occupa stabilmente un paesaggio, vi vive e vi lavora, da sempre lo percepisce in maniera distratta in quanto territorio che si fonde con l’esperienza della vita quotidiana, chi ne è estraneo:

ÂłLO WXULVWD OR VSHWWDWRUH OR

VWDWR OÂśDXWRULWj DPPLQLVWUDWLYD LO SURJHWWLVWD H LO SLDQLILFDWRUH YHGH LO SDHVDJJLR FRPH XQ

37 Cfr. Pierre Donadieu, 3Xz OÂśDJULFROWXUD GLYHQWDUH SDHVLVWLFD", in “Lotusâ€? n° 101, 1999. 38 Sisto Giriodi, Matteo Robiglio, RS FLW pagg. 59-72. 39 Jonathan Smith, 7KH OLH WKDW EOLQGV GHVWDELOL]LQJ WKH WH[W RI ODQGVFDSH, in James Duncan, David Ley, 3ODFH &XOWXUH 5HSUHVHQWDWLRQ, Routledge, London, 1993, pagg. 78-92, cit. in James Corner, (LGHWLF 2SHUDWLRQV DQG 1HZ /DQGVFDSH, in s. a. 5HFRYHULQJ /DQGVFDSH, cit. pagg. 156-157.

21


RJJHWWR XQD FRVD GD JXDUGDUH QRQ VROR GDO SXQWR GL YLVWD VFHQLFR PD DQFKH VWUXPHQWDOH H LGHRORJLFR ´

9HUVR XQD QXRYD HVWHWLFD GHO SDHVDJJLR

Se dunque il paesaggio nasce solo attraverso un atto artistico41, considerarne la doppia natura come manufatto ed immagine che si sostituisce al concetto romantico di paesaggio interrompe il suo legame con la questione dell’identitĂ locale e individuale. Di fronte a ciò, quello a cui assistiamo oggi è forse la mancanza di modelli paesaggistici aggiornati per cogliere la realtĂ che ci circonda come paesaggio anche in senso estetico. Mirko Zardini, proseguendo la riflessione sul ruolo del verde giĂ citata in precedenza, ipotizza come possibile soluzione il ritorno alla categoria estetica del pittoresco, per la sua capacitĂ di interpretare l’irregolare ed il molteplice: Âł4XHVWD VHQVLELOLWj FL SRUWD DG RVVHUYDUH L ERUGL L FRQILQL OH OLQHH GL FRQWUDVWR R GL VRYUDSSRVL]LRQL WUD PRQGL GLYHUVL SL FKH O RPRJHQHLWj ULVFRQWUDELOH DOO LQWHUQR GL FLDVFXQ HOHPHQWR SLFFROR R JUDQGH FKH VLD ,O FRQFHWWR GL SLWWRUHVFR FRUULVSRQGH GL QXRYR RJJL DOOD QRVWUD VHQVLELOLWj H FL SHUPHWWH GL FRPSUHQGHUH H PDQLSRODUH TXHVWR QXRYR SDHVDJJLR ,O SLWWRUHVFR FKH LQGLFDYD LQL]LDOPHQWH FLz FKH HUD SURSULR GHOOD SLWWXUD GHILQLVFH RJJL QHO OLQJXDJJLR FRPXQH ÂľTXDOFRVD GL YLYDFH H FRORULWR SLDFHYROPHQWH GLVRUGLQDWR H LUUHJRODUHÂś

40 “%\ FRQWUDVW WKH RXWVLGHU ÂąWKH WRXULVW WKH VSHFWDWRU WKH VWDWH WKH DGPLQLVWUDWLYH DXWRULW\ WKH GHVLJQHU DQG SODQQHU YLHZV ODQGVFDSH DV DQ REMHFW D WKLQJ WR EHKROG DQG QRW RQO\ VFHQLFDOO\ EXW

James Corner, (LGHWLF 2SHUDWLRQV DQG 1HZ /DQGVFDSH, cit., pag. 155. Questa interpretazione porta Corner da un lato ad assimilare il paesaggio ad una merce e quindi ad uno strumento di potere in mano alla cultura del consumo dominante, dall’altro ad individuare la possibilità di intaccare il velo di falsità gettato su di esso attraverso la reinterpretazione e l’ironia: ³LQ

LQVWUXPHQWDOO\ DQG LGHRORJLFDOO\ ´

RWKHU ZRUGV WKH ODQGVFDSH FRVWUXFW LV LQKHUHQWO\ XQVWDEOH DQ LQGHWHUPLQDWH GLPHQVLRQ WKDW FDQ EH

. pag.

RSHQHG XS WKURXJK DUWLVWLF SUDFWLFHV DQG PDGH WR UHYHDO DOWHUQDWLYH VHWV RI SRVVLELOLW\ ´ RS FLW

158. 41 Alain Roger, in &RXUW WUDLWp GX SD\VDJH (1997, cit. in: Alain Roger, $UWLILFLD]LRQH, in )DUH 3DHVDJJLR “Lotus Navigatorâ€?, n° 5, maggio 2002, pag. 83.), introduce il concetto di DUWLILFLD]LRQH che riguarda sia la trasformazione diretta della natura sia quella operata attraverso un mezzo artistico e che viene mediata dallo sguardo. Per Roger questo processo, che è da lui analizzato soprattutto per i suoi significati estetici, sta alla base della costruzione del concetto di paesaggio che non necessariamente appartiene a tutte le culture. A proposito di quest’ultimo aspetto si veda anche: Alain Roger 9LWD H PRUWH GHL SDHVDJJL, in "Lotus", n°101, 2000, pagg. 83-90. Franco Farinelli (in /ÂśDUJX]LD GHO SDHVDJJLR, in “Casabellaâ€? n° 575-576, gennaio-febbraio 1991, pagg. 10-12.) sottolinea che l’identificazione della doppia natura del termine paesaggio è individuabile, per la prima volta in termini programmatici ed operativi oltre che linguistici, nell’opera del geografo Alexander Von Humboldt: “3URSULR LO FDUDWWHUH HVWHWLFR GHOOD FXOWXUD ERUJKHVH LPSRQH SHUFKq LO VDSHUH DUWLVWLFR VL WUDVIRUPL LQ VFLHQ]D GHOOD QDWXUD OD PHGLD]LRQH GHOOD YLVLRQH SHUFLz SURSULR LO FRQFHWWR GL SDHVDJJLR YLHQH GD +XPEROGW VFHOWR HG RSHUDWR FRPH LO YHLFROR SL DGDWWR DG DVVLFXUDUH LO WUDQVLWR GHL SURWDJRQLVWL GDOOD GLPHQVLRQH SXEEOLFD OHWWHUDULD YHUVR LO GRPLQLR GHOOD FRQRVFHQ]D VFLHQWLILFD

.� 22


FKH VXVFLWD HPR]LRQL HVWHWLFKH 6L EDVD QRQ VXOOD UDJLRQH PD VXO VHQWLPHQWR VXOO HPR]LRQH VXOOD SHUFH]LRQH /D GLVVLPPHWULD H OD YDULHWj O LUUHJRODULWj O LQVROLWR O LQWULFR OD PDWHULD JUH]]D L YDORUL WDWWLOL GLYHQWDQR TXDOLWj HVWHWLFKH GHO SLWWRUHVFR ,O SLWWRUHVFR p LQFOXVLYR LQFRUSRUD FLRq DOOR VJXDUGR LO SDHVDJJLR FLUFRVWDQWH DFFHWWD O HVSUHVVLRQH LQGLYLGXDOH VIXPD OD WUDGL]LRQDOH GLVWLQ]LRQH WUD QDWXUDOH HG DUWLILFLDOH´

L’estetica contemporanea ha però almeno in parte superato la centralitĂ dell’atto visivo come elemento di giudizio. Secondo James Corner è possibile riavvicinare il progetto del paesaggio ai fenomeni insiti nel concetto espresso dal termine tedesco

/DQGVFKDIW

,

coinvolgendo in maniera maggiore le consuetudini e le esigenze dell’uso come prima ragione del progetto di trasformazione: “6LPLOPHQWH SRVVLDPR GLUH FKH L JLDUGLQL VRQR PHQR GHILQLWL GDOOÂśDSSDUHQ]D IRUPDOH TXDQWR GDOOÂśDWWLYLWj GL JLDUGLQDJJLR FRVu FRPH L WHUUHQL DJULFROL GHULYDQR OD ORUR IRUPD GDOOH HVLJHQ]H GHOOD FROWLYD]LRQH H OH FLWWj GDL IOXVVL GDL SURFHVVL H GDOOH IRU]H GHOOÂśXUEDQL]]D]LRQH 1HO SDHVDJJLR GHOOD TXRWLGLDQLWj H GHO ODYRUR OÂśD]LRQH H OÂśHYHQWR VRQR FRQFHWWL SUHYDOHQWL ULVSHWWR DOOÂśDSSDUHQ]D HG DO VHJQR ´

La sovrapposizione tra natura intesa come ecosistema, come qualcosa di vivo, quindi dotato di propri meccanismi e leggi che ne governano la crescita e lo sviluppo, ed aspetto artificiale della natura come qualcosa su cui avviene l’intervento dell’uomo, risponde ad un cambiamento generale della concezione di intervento sulla cittĂ ed alla introduzione di ragionamenti di tipo ecologico che portano alla costruzione di processi piuttosto che ad interventi diretti sulla forma. Da questo fatto può nascere anche una nuova concezione estetica. Non si tratta piĂš di costruire paesaggi che rispondono ad un’immagine esteticamente coerente, ma di mettere a punto “sistemiâ€? ecologicamente corretti, ambientalmente 42 “7KLV VHQVLELOLW\ OHDGV XV WR REVHUYH WKH HGJHV WKH ERUGHUV WKH OLQHV RI FRQWUDVW RU VXSHULPSRVLWLRQ RI GLIIHUHQW ZRUOGV PRUH WKDQ WKH KRPRJHQHLW\ WKDW LV WR EH IRXQG ZLWKLQ HDFK RI WKH HOHPHQWV VPDOO RU ODUJH 7KH FRQFHSW RI WKH SLFWXUHVTXH FRUUHVSRQGV WRGD\ WR RXU VHQVLELOLW\ DQG DOORZV XV WR XQGHUVWDQG DQG PDQLSXODWH WKLV QHZ ODQGVFDSH 7KH SLFWXUHVTXH ZKLFK LQLWLDOO\ UHIHUUHG WR WKH SLFWRULDO LQ HYHU\GD\ ODQJXDJH WRGD\ GHILQHV ÂłVRPHWKLQJ OLYHO\ DQG FRORXUIXO DJUHHDEO\ GLVRUGHUHG DQG LUUHJXODU´ JLYLQJ ULVH WR DHVWKHWLF HPRWLRQV ,W LV QRW EDVHG RQ UHDVRQ EXW EXW RQ IHHOLQJ HPRWLRQ SHUFHSWLRQ 'LVV\PPHWU\ DQG YDULHW\ LUUHJXODULW\ WKH XQH[SHFWHG WKH LQWHUWZLQHG UDZ PDWHULDOV WDFWLOH YDOXHV DOO WKDW EHFRPHV SDUW RI WKH SLFWXUHVTXH 7KH SLFWXUHVTXH LV LQFOXVLYH ZKLFK LV WR VD\ WKDW LW LQFRUSRUDWHV WKH VXUURXQGLQJ ODQGFDSH LQWR WKH JD]H LW DFFHSWV LQGLYLGXDO HVSUHVVLRQ LW EOXUV WKH

.� Mirko Zardini, RS FLW. pag. 43 Le caratteristiche del pittoresco ricordate da Zardini sono coerenti con la definizione che ne dà Uvedale Price ($Q (VVD\ RQ WKH 3LFWXUHVTXH J. Robson, Londra, 1796.)

WUDGLWLRQDO GLVWLQFWLRQ EHWZHHQ QDWXUDO DQG DUWLILFLDO

43 “6LPLODUO\ ZH PLJKW VD\ WKDW JDUGHQV DUH GHILQHG OHVV E\ IRUPDO DSSHDUDQFHV WKDQ WURXJK WKH DFWLYLWLHV RI JDUGHQLQJ MXVW DV DJULFXOWXUDO ILHOGV GHULYH WKHLU IRUP IURP WKH ORJLVWLFV RI IDUPLQJ DQG FLWLHV IURP WKH IORZV SURFHVVHV DQG IRUFHV RI XUEDQL]DWLRQ ,Q WKH ZRUNLQJ ÂľODQGVFKDIWÂś SHUIRUPDQFH

â€? James Corner, RS FLW., pag. 159. Il termine /DQGVFKDIW indica il paesaggio come ambiente abitato, e comprende sia gli aspetti materiali che culturali e formali della sua trasformazione attraverso il lavoro, è nel testo contrapposto all’inglese arcaico ODQGVNLS (paesaggio in quanto immagine pittorica). DQG HYHQW DVVXPHV FRQFHSWXDO SUHFHGHQFH RYHU DSSHDUDQFH DQG VLJQ

23


compatibili e dotati di un significato immediatamente comprensibile per chi li abita, che assicurino la conservazione del territorio ponendo un rimedio ai danni provocati dall’azione dell’uomo, attraverso la riduzione dell’inquinamento atmosferico e delle acque, la protezione dall’erosione per l’azione dell’acqua e del vento, ecc. I cosiddetti materiali costruttivi “viviâ€?: coperture, muri di sostegno, barriere anti-rumore ed anti-vento, ecc., realizzate con la combinazione di materiali edilizi ed essenze vegetali, danno luogo a “pacchettiâ€? e sistemi, in molti casi coperti da brevetto, e trovano sempre piĂš larga applicazione nella prassi edilizia. Ciò porta, alla scala piĂš ampia della pianificazione territoriale, alla concezione di “figure ipoteticheâ€? del verde basate sul principio della continuitĂ (corridoi verdi, tangenziali verdi, cinture verdi, etc.), spesso difficilmente riconoscibili sul territorio nella loro compiutezza e talvolta esistenti piĂš come astrazioni pianificatorie che come materializzazioni nello spazio. La scelta di non intervenire direttamente sulla forma dello spazio ha infatti come conseguenza l’impossibilitĂ di avere garanzie certe sulle sue qualitĂ che sono delegate di volta in volta ad autori di trasformazioni puntuali, non sempre coordinabili in assenza di “razionalitĂ sovra-ordinateâ€? (quali quelle, ad esempio, in passato legate alle tecniche agricole o alla infrastrutturazione del territorio) in grado di condizionarle. “/R VSD]LR FKH VHSDUD WUDVIRUPD]LRQH H FRQVHUYD]LRQH q VROR DSSDUHQWHPHQWH XQR VSD]LR YXRWR LO SDHVDJJLR FKH YL ULPDQH LPSLJOLDWR q SRSRODWR GD WUDVIRUPD]LRQL FRQWLQXH GD SURJHWWL VHQ]D ILUPH UHGDWWL GD VRJJHWWL DQRQLPL DXWRUL GL WUDVIRUPD]LRQL LUULOHYDQWL HSSXUH QHO ORUR LQVLHPH PDFURVFRSLFKH FKH QRQ ULFKLHGRQR Qp SUHVXSSRQJRQR YLVLELOLWj H QDUUD]LRQL $XWRUL FKH QRQ ULYHQGLFDQR XQ UXROR SXEEOLFR FKH QRQ VL ULFRQRVFRQR QHL ULWL GHOOH SUHVHQWD]LRQL FROOHWWLYH DXWRUL GL RSHUH

.�44

VHQ]D LQDXJXUD]LRQL XIILFLDOL H VHQ]D SRVD GHOOD SULPD SLHWUD

Questi mutamenti dell’approccio rispetto agli interventi di trasformazione del territorio sono testimoniati anche dalla trasformazione delle tecniche progettuali sempre piĂš spesso basate su operazioni di montaggio e collage: immagini di paesaggi esistenti o tratte da altri progetti vengono utilizzate per evocare il risultato paesaggistico che si vuole ottenere. Attraverso una semplice operazione di “tagliaâ€? e “incollaâ€? è possibile raffigurare le caratteristiche ambientali che il progetto punta a costruire, ma l’immagine che vediamo funziona solo come “figuraâ€? che rimanda ad una complessitĂ di rapporti troppo complicata e “diseconomicaâ€? da rappresentare, ma che spesso non si è piĂš nemmeno in grado di cogliere45.

44 Lucina Caravaggi, RS FLW , pag. 14. 45 Anche questa trasformazione delle tecniche di rappresentazione è coerente con una nuova concezione del progetto di paesaggio. Cfr. James Corner, RS FLW. pagg. 159-167. 24


Queste tecniche, trovano sempre maggiore impiego, grazie allo sviluppo ed alla diffusione capillare delle tecnologie informatiche di elaborazione delle immagini, soprattutto nell’ambito dei concorsi di progettazione e ogni volta che sia possibile arrivare alla definizione di alcuni principi generali di intervento e alcune simulazioni del risultato progettuale che si desidera ottenere, per rimandare ad un’eventuale fase successiva l’approfondimento di dettaglio. Nel caso particolare della progettazione di spazi aperti, in cui l’idea progettuale può essere legata direttamente alla creazione di particolari condizioni ambientali o atmosfere, facilmente evocabili, piuttosto che alla precisa disposizione di elementi nello spazio, ed a maggior ragione non trattandosi della risoluzione di situazioni specifiche, questa tecnica appare particolarmente efficace.

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/D SRHWLFD GHO WHUUDLQ YDJXH

/DQG $UW

Intorno alla metà degli anni ’60 una nuova sensibilità nei confronti del paesaggio e dello spazio aperto si era fatta strada attraverso il lavoro di artisti coinvolti nel movimento Land Art. Il rapporto tra land art e architettura del paesaggio, che ultimamente appare un WRSRV

irrinunciabile in qualunque trattazione sull’argomento, è in realtĂ molto diretto anche

perchĂŠ, superata la fase pionieristica della seconda metĂ degli anni ’6046, si è assistito ad una sovrapposizione sempre piĂš frequente di ruoli, oltre che di interessi e poetiche, tra architetti del paesaggio ed artisti: Mary Miss, Herbert Bayer, Robert Morris, Bonnie Sherk, Patricia Johanson, Lothar Baumgarten, Ian Hamilton Finlay, Martha Schwartz, Jacques Simon, sono solo alcuni degli autori i cui progetti a partire dagli anni ‘70 si situano a cavallo, sia per quanto riguarda la realizzazione che spesso anche le modalitĂ della committenza, tra opere d’arte nel paesaggio e luoghi riconoscibili ed utilizzati a tutti gli effetti come parchi o giardini. Su un piano piĂš generale gli strumenti coinvolti sono gli stessi che vengono utilizzati per operazioni di trasformazione territoriale ed architettonica: rilievi, disegni, misurazioni, mezzi meccanici, ecc. In molti casi ciò ha portato la critica all’individuazione ed all’associazione soprattutto di ricorrenze formali oltre che di strumenti o ad ipotizzare di dedurre e trasferire, in maniera diretta, tecniche compositive47 da una disciplina all’altra. In realtĂ il tipo di rapporto che i land artist intrattenevano con il territorio attraverso le loro opere si rivela alquanto complesso ed ovviamente ogni artista coinvolto in questo movimento presenta un tipo di approccio particolare. A rischio di compiere alcune generalizzazioni cercheremo di sottolineare alcuni aspetti del loro lavoro particolarmente significativi ai fini di questa ricerca.

46 La fase iniziale del fenomeno è ben rappresentata dalla mostra “Earthworksâ€? organizzata da Robert Smithson, uno degli esponenti piĂš rappresentativi del movimento, nel 1968 presso la Dwan Gallery di New York e dal cortometraggio “Land Artâ€? realizzato l’anno successivo dal gallerista Berlinese Gerry Shum ed in seguito venduto alla televisione tedesca. 47 Il critico Allen S. Weiss in maniera abbastanza sorprendente, arriva ad esempio ad interpretare gli scavi di Michael Heizer come una reinterpretazione del dispositivo architettonico detto ha-ha (recinzione affondata in una specie di trincea per non essere visibile), tipico del giardino paesaggistico all’inglese. Allen S. Weiss, 8QQDWXUDO KRUL]RQV SDUDGR[ FRQWUDGLFWLRQ LQ ODQGVFDSH DUFKLWHFWXUH, Princeton Architectural Press, New York, 1998, pag. 125. 26


Innanzi tutto all’origine del movimento Land art vi è la volontà di superare una visione stereotipata del paesaggio che continuava a fare riferimento a concetti quali pittoresco e sublime48, per concentrare la propria attenzione sul territorio e sul rapporto tra questo e l’uomo. Si fa largo cioè da un lato la considerazione del paesaggio come costruzione culturale, dall’altro l’inclusione in questo concetto di un ampio ventaglio di realtà che vanno dall’azione delle forze della natura, al ruolo del tempo, all’azione dell’uomo, alla complessità della percezione che oltrepassa il semplice atto visivo49. Il fatto stesso di lavorare sullo spazio aperto interagendo con la natura rivela una concezione di quest’ultima come un luogo altro dal consueto, ribadendone la dicotomia con la città, che si tenta invece di ricomporre su un piano concettuale. In questo senso, ad esempio, Richard Long sostiene la complementarietà di ambito naturale e ambito urbano, a cui corrispondono la traccia lasciata nel paesaggio e la sua riproduzione in galleria. Innegabilmente si possono individuare alcuni aspetti legati all’origine statunitense della land art: c’è una particolare poetica dello spazio e delle grandi distanze, così come un senso di empatia e ritorno alla fusione tra uomo e natura legato, come per l’arte primitiva, al rito, alla magia. Questo avviene attraverso le caratteristiche stesse dei materiali costruttivi e dei gesti impiegati per realizzare le opere, tuttavia non si tratta del ritorno ad un culto della natura, quanto piuttosto di un desiderio di recuperare il controllo sulle sue forze. Almeno nella fase iniziale manca totalmente l’idea della conservazione o della tutela, anzi il paesaggio viene modificato e anche aggredito in maniera violenta, servendosi di apparati meccanici e sistemi di produzione tipici di una cultura industriale. Lo scopo della land art non è il risultato formale in sé, ma la presa di coscienza dell’intervento dell’uomo su elementi che presentano un ordine naturale e che da questi viene modificato. I fenomeni naturali stessi, una volta decontestualizzati, isolati, fissati, possono diventare importanti eventi

48 Il concetto di sublime risale ad una polemica letteraria del I secolo dopo Cristo tra Cecilio di Calacte, autore di un trattato intitolato appunto “del Sublime” ed un anonimo (da alcuni indicato come pseudo Longino), autore di una critica allo scritto di Cecilio che è considerata uno dei testi fondamentali della letteratura ellenistica. Secondo l’anonimo la vera essenza della poesia starebbe non nel rispetto di determinate regole formali, ma nel “pathos”, energia vitale irrazionale, connessa alla fantasia, quindi ad esempio nella capacità di evocare immagini dotate di evidenza visiva. Questo concetto era anche legato ad un’idea di universalizzazione della poesia in grado di superare le differenze linguistiche ed in questo rappresenta un’idea estremamente moderna. Il Concetto di sublime verrà poi reintrodotto nel dibattito estetico nel ‘700 dal critico inglese E. Burke, nel testo $ 3KLORVRSKLFDO (QTXLU\ LQWR RXU LGHDV RI WKH 6XEOLPH DQG WKH %HDXW\IXO, Boulton, London, 1958 (ed. or. 1756), in contrapposizione al concetto di bello, legato all’armonia, come risultato di una rappresentazione in grado di trasmettere il senso di infinità e potenza insito nella natura. Ripreso da Kant e Schiller, il concetto fu al centro del senso romantico della natura. 49 Robert Smithson, )UHGHULFN /DZ 2OPVWHG DQG WKH 'LDOHFWLFDO /DQGVFDSH, in Artforum 11 n°6, 1973. 27


artistici, mentre l’attenzione estetica sull’oggetto in sĂŠ diminuisce di importanza, essendo la sua aggressione e disgregazione ad opera del tempo e dei fenomeni meteorologici prevista come parte dell’operazione artistica50. Il processo di produzione dell’opera, schizzi, disegni, appunti dell’autore, cosĂŹ come la documentazione della realizzazione, foto e video, diventano parte integrante di un processo che coinvolge molteplici livelli di percezione piĂš o meno diretta dell’opera e questo la rende ancora di piĂš analoga e parte del paesaggio, al pari di questo vivendo delle sue rappresentazioni, oltre che della sua essenza51. L’opera è dunque prodotto di tre componenti: luogo, tempo, azione umana. Il progetto è un intervento diretto sul sito e da esso non è scindibile52. Si introduce nella riflessione anche un tema postmoderno (ma che si può far risalire al romanticismo) ovvero la questione dell’individualitĂ del rapporto con la natura e piĂš in generale rispetto all’esperienza spaziale. Rispetto ad un ragionamento sullo spazio urbano questo punto è particolarmente significativo perchĂŠ mette in relazione la sovrapposizione delle esperienze individuali con la concezione dei luoghi come collettivi. L’opera deve essere aperta alle interpretazioni e fruizioni piĂš diverse quindi anche la forma può essere meno rigida. Il significato che lo spazio comunica non deve piĂš essere necessariamente univoco e riconducibile ad una concezione condivisa all’interno di una data societĂ in un dato momento, anzi come afferma Walter De Maria “OÂśLVRODPHQWR q OÂśHVVHQ]D GHOOD /DQG $UWâ€? ovvero ciò che veramente importa è il rapporto soggettivo e diretto con lo spazio53. Parallelamente si fa strada un’attenzione rinnovata per il paesaggio urbano come testimoniato ad esempio dalle

50 Legata ai medesimi temi ma trasposta in un contesto piĂš propriamente urbano è ad esempio l’opera di Richard Serra che introduce una riflessione sul senso della massa e della materia. A testimonianza del carattere assai poco rassicurante di questo tipo di ricerche sta l’episodio della rimozione nel 1989, a soli otto anni dalla sua collocazione, di una sua scultura (Tilted Arch) da una piazza del centro di Manhattan a seguito della mobilitazione di un comitato di cittadini. Cfr. Miwon Kwon, 2QH SODFH DIWHU DQRWKHU 6LWH VSHFLILF DUW DQG ORFDWLRQDO LGHQWLW\ The MIT Press, Cambridge (Mass.), 2002. 51 si veda ad esempio il rapporto con la cartografia in VLWHV QRQ VLWHV di Robert Smithson del 1968. 52 Questa relazione può essere compresa attraverso l’analisi che il filosofo francese Michel de Certeau ha svolto sul significato linguistico dello spazio. Per De Certeau, lo spazio è un OXRJR SUDWLFDWR il luogo (lieu) agisce come un sistema ordinatore che acquisisce significato proprio solo attraverso le pratiche di chi interagisce con esso. Si veda al proposito: Nick Kaye, 6LWH VSHFLILF DUW SHUIRUPDQFH SODFH DQG GRFXPHQWDWLRQ, Routledge, Londra – New York, 2000, pagg. 1-12. 53 Âł,VRODWLRQ LV WKH HVVHQFH RI /DQG $UWâ€? Walter De Maria 7KH OLJKWLQJ ILHOG, in John Beardsley, Earthworks and Beyond, Abbeville Press, New York, 1984, pag.133. 28


riletture di Robert Smithson dei paesaggi industriali dismessi54, anticipazione di una sensibilitĂ che di lĂŹ a poco si sarebbe tradotta in un tema centrale del dibattito architettonico.

9XRWL XUEDQL

GiĂ nel 1988 il regista Wim Wenders in una famosa intervista fattagli da Hans Kollhoff55, aveva sottolineato, a proposito delle trasformazioni della cittĂ di Berlino, l’importanza degli spazi vuoti, residui in quel caso delle distruzioni belliche, con i loro panorami non finiti di muri ciechi, come risorsa preziosa grazie alla possibilitĂ che offrivano di un uso spontaneo e temporaneo della cittĂ da parte dei suoi abitanti. Questo testo richiama due fatti fondamentali: innanzi tutto la necessitĂ di accogliere queste categorie di spazi nelle nostre mappe mentali di ciò che costituisce la cittĂ , per renderli oggetto di una riflessione progettuale che non punti a rimuoverli come elementi negativi, ma ad includerli come nuovi materiali per il progetto; conseguentemente la possibilitĂ di cogliere dall’esistente, dalle caratteristiche di questi spazi, indicazioni per articolare le forme, per arricchire le tecniche compositive e gli elementi costruttivi e linguistici, per innovare la loro consistenza materiale, in modo da integrarli meglio nel loro contesto. Nel corso degli anni ’80 e ’90 la nuova sensibilitĂ per il limite ed il vuoto come caratteristiche distintive della cittĂ post-industriale, ha iniziato a suscitare uno specifico dibattito (sviluppatosi in area spagnola proprio intorno alla rivista “Quadernsâ€? in cui era stata pubblicata l’intervista a Wenders). Un altro testo inserito in questo dibattito e che è fondamentale citare è la riflessione di Ignasi de SolĂ Morales sul concetto di WHUUDLQ YDJXH: Âł ,W LV LPSRVVLEOH WR FDSWXUH LQ D VLQJOH (QJOLVK ZRUG RU SKUDVH WKH PHDQLQJ RI WHUUDLQ YDJXH 7KH )UHQFK WHUP WHUUDLQ FRQQRWHV D PRUH XUEDQ TXDOLW\ WKDQ WKH (QJOLVK ODQG WKXV WHUUDLQ LV DQ H[WHQVLRQ RI WKH SUHFLVHO\ OLPLWHG JURXQG ILW IRU FRQVWUXFWLRQ IRU WKH FLW\ ,Q (QJOLVK WKH ZRUG WHUUDLQ KDV DFTXLUHG PRUH DJULFXOWXUDO RU JHRORJLFDO PHDQLQJV 7KH )UHQFK ZRUG DOVR UHIHUV WR JUHDWHU DQG SHUKDSV OHVV SUHFLVHO\ GHILQHG WHUULWRULHV FRQQHFWHG ZLWK WKH SK\VLFDO LGHD RI D SRUWLRQ RI ODQG LQ LWV SRWHQWLDOO\ H[SORLWDEOH VWDWH EXW DOUHDG\ SRVVHVVLQJ VRPH GHILQLWLRQ WR ZKLFK ZH DUH H[WHUQDO 7KH )UHQFK YDJXH KDV /DWLQ DQG *HUPDQLF RULJLQV

54 Robert Smithson, $ 7RXU RI WKH 0RQXPHQWV RI 3DVVDLF, in Jack Flam, a cura di, 5REHUW 6PLWKVRQ 7KH &ROOHFWHG :ULWLQJV, pagg. 68-74, giĂ in “Artforumâ€? n° 7, dicembre 1967. 55 /D &LXGDG &RQYHUVDFLRQ HQWUH :LP :HQGHUV \ +DQV .ROOKRII, in “Quadernsâ€? n° 177, 1988, pagg. 44-79. 29


7KH *HUPDQ :RJH UHIHUV WR D VHD VZHOO VLJQLILFDQWO\ DOOXGLQJ WR PRYHPHQW RVFLOODWLRQ LQVWDELOLW\ DQG IOXFWXDWLRQ 7ZR /DWLQ URRWV FRPH WRJHWKHU LQ WKH )UHQFK YDJXH 9DJXH GHVFHQGV IURP YDFXXV JLYLQJ XV YDFDQW DQG YDFXXP LQ (QJOLVK ZKLFK LV WR VD\ HPSW\ XQRFFXSLHG \HW DOVR IUHH DYDLODEOH XQHQJDJHG 7KH UHODWLRQVKLS EHWZHHQ WKH DEVHQFH RI XVH RI DFWLYLW\ DQG WKH VHQVH RI IUHHGRP RI H[SHFWDQF\ LV IXQGDPHQWDO WR XQGHUVWDQGLQJ WKH HYRFDWLYH SRWHQWLDO RI WKH FLW\ V WHUUDLQV YDJXHV 9RLG DEVHQFH \HW DOVR SURPLVH WKH VSDFH RI WKH SRVVLEOH RI H[SHFWDWLRQ $ VHFRQG PHDQLQJ VXSHULPSRVHG RQ WKH )UHQFK YDJXH GHULYHV IURP WKH /DWLQ YDJXV JLYLQJ YDJXH LQ (QJOLVK WRR LQ WKH VHQVH RI LQGHWHUPLQDWH LPSUHFLVH EOXUUHG XQFHUWDLQ 2QFH DJDLQ WKH SDUDGR[ RI WKH PHVVDJH ZH UHFHLYH IURP WKHVH LQGHILQLWH DQG XQFHUWDLQ VSDFHV LV QRW SXUHO\ QHJDWLYH :KLOH WKH DQDORJRXV WHUPV WKDW ZH KDYH QRWHG DUH JHQHUDOO\ SUHFHGHG E\ QHJDWLYH SDUWLFOHV LQ GHWHUPLQDWH LP SUHFLVH XQ FHUWDLQ WKLV DEVHQFH RI OLPLW SUHFLVHO\ FRQWDLQV WKH H[SHFWDWLRQV RI PRELOLW\ YDJUDQW URYLQJ IUHH WLPH OLEHUW\ ´

Partita dall’osservazione dei lavori sulla cittĂ di alcuni fotografi, questa definizione è stata all’origine di una lunga serie di scritti che hanno attraversato, caratterizzandola, la cultura architettonica della prima metĂ degli anni ’90, giungendo fino ad attribuire a questa categoria di spazi un’interpretazione fortemente ideologica, portandoli ad esempio di territori della libertĂ , dove culture marginali, non ufficiali, possono trovare forma di libera espressione. Per SolĂ Morales l’incertezza di questi spazi è lo specchio dell’incertezza e delle paure, delle ansie dell’individuo metropolitano contemporaneo, mentre in un intervista alla

56 “ e LPSRVVLELOH FRQGHQVDUH LQ XQD VLQJROD SDUROD R HVSUHVVLRQH LQJOHVH LO VLJQLILFDWR GL ÂľWHUUDLQ YDJXHÂś ,O WHUPLQH IUDQFHVH ÂľWHUUDLQÂś FRQQRWD XQD TXDOLWj SL XUEDQD GHOOÂśLQJOHVH ÂľODQGÂś ,QIDWWL ÂľWHUUDLQÂś q XQÂśHVWHQVLRQH GHO ORWWR PLQLPR GL WHUUHQR QHFHVVDULR SHU OD FRVWUX]LRQH GHOOD FLWWj PHQWUH LQ LQJOHVH ÂľWHUUDLQÂś KD DVVXQWR VLJQLILFDWL SL DJULFROL R JHRORJLFL /D SDUROD IUDQFHVH VL ULIHULVFH DQFKH D WHUULWRUL SL YDVWL H PHQR SUHFLVDPHQWH GHILQLWL OHJDWL DO FRQFHWWR ILVLFR GL XQD SRU]LRQH GL WHUUHQR FRQ OH VXH SRWHQ]LDOLWj GL VYLOXSSR PD JLj LQ SRVVHVVR GL XQD IRUPD GL GHILQL]LRQH D FXL VLDPR HVWUDQHL ,O IUDQFHVH ÂľYDJXHÂś KD UDGLFL ODWLQH H JHUPDQLFKH ,O WHGHVFR ÂľZRJHÂś VL ULIHULVFH D XQÂśRQGD GHO PDUH VLJQLILFDWLYDPHQWH DO PRYLPHQWR DOOÂśRVFLOOD]LRQH DOOÂśLQVWDELOLWj H DOOD IOXWWXD]LRQH 1HO IUDQFHVH ÂľYDJXHÂś VLJQLILFDWLYDPHQWH VL XQLVFRQR GXH UDGLFL ODWLQH ÂľYDJXHÂś GHULYD GD ÂľYDFXXVÂś GD FXL ÂľYDFDQWÂś H ÂľYDFXXPÂś LQ LQJOHVH FLRq YXRWR QRQ RFFXSDWR PD DQFKH OLEHUR GLVSRQLELOH /D UHOD]LRQH WUD OÂśDVVHQ]D GL XVR GL DWWLYLWj HG LO VHQVR GL OLEHUWj GL DVSHWWDWLYD q IRQGDPHQWDOH SHU FRPSUHQGHUH LO SRWHQ]LDOH HYRFDWLYR GHL ÂľWHUUDLQ YDJXHÂś GHOOD FLWWj 9XRWR DVVHQ]D PD DQFKH SURPHVVD VSD]LR GHO SRVVLELOH GHOOD VSHUDQ]D 8Q VHFRQGR VLJQLILFDWR DWWULEXLWR DO IUDQFHVH ÂľYDJXHÂś GHULYD GDO ODWLQR ÂľYDJXVÂś GD FXL ÂľYDJXHÂś DQFKH LQ LQJOHVH QHO VHQVR GL LQGHWHUPLQDWR LPSUHFLVR VIXRFDWR LQFHUWR $QFRUD XQD YROWD LO SDUDGRVVR GHO PHVVDJJLR FKH ULFHYLDPR GD TXHVWL VSD]L LQGHILQLWL H LQFHUWL QRQ q GHO WXWWR QHJDWLYR 0HQWUH L WHUPLQL FKH DEELDPR FLWDWR VRQR JHQHUDOPHQWH SUHFHGXWH GD SDUWLFHOOH QHJDWLYH LQ GHWHUPLQDWR LP SUHFLVR LQ FHUWR TXHVWD DVVHQ]D GL OLPLWH FRQWLHQH HVDWWDPHQWH OH DVSHWWDWLYH GL

Ignasi De SolĂ Morales, 7HUUDLQ 9DJXH, in Cynthia C. Davidson (a cura di), $Q\SODFH, the MIT Press, Cambridge, Massachusetts, 1995.

PRELOLWj HUUDQ]D WHPSR OLEHUR OLEHUWj ´

30


rivista “Kerbâ€?57 Morales arriva a paragonare la necessitĂ della presenza dei terrain vague nella cittĂ a quella degli elementi naturali rappresentata dai parchi nel XIX secolo. Bisogna però notare che, contrariamente a quanto si sarebbe portati a pensare, terreni abbandonati e dalla definizione formale incerta non sono una novitĂ caratteristica dell’espansione urbana contemporanea, ma furono per un lungo periodo storico una presenza costante nella cittĂ europea. Unica forma forse di spazi effettivamente pubblici in senso moderno, sono stati in seguito spesso all’origine di luoghi urbani fortemente significativi, per una sorta di sacralitĂ o di affezione da parte dei cittadini. Questi spazi funzionali formalmente non organizzati, del tutto ignorati dai trattati di architettura ed urbanistica, sono, secondo Franco Panzini, “GLIILFLOL GD GHVFULYHUH SUHVHQWDQR WXWWDYLD HOHPHQWL ULFRUUHQWL VRQR VSD]L SLDQHJJLDQWL LQYHUGLWL PD VHQ]D SDUWLFRODUL DUUHGL DUERUHL SURVVLPL DG XQD SRUWD XUEDQD H SDU]LDOPHQWH SHULPHWUDWL GD HOHPHQWL GHOOD FLWWj OH PXUD OÂśHGLOL]LD R GDOOD PRUIRORJLD GHO VLWR OH DQVH GHL ILXPL L SHQGLL /XRJKL VHJQDWL GDOOD PDUJLQDOLWj WRSRJUDILFD H GÂśXVR ULVSHWWR DOOD FLWWj SLDQRUL LQ FXL OD SRSROD]LRQH SXz UDFFRJOLHUVL GRYH KDQQR OXRJR TXHOOH PDQLIHVWD]LRQL R ULWXDOL OHJDWL DO YLYHUH DVVRFLDWR DJOL HYHQWL FRPPHUFLDOL SROLWLFL H UHOLJLRVL FKH QRQ SRVVRQR WURYDUH VSD]LR QHOOD FRPSDWWD FLWWj FRVWUXLWD PD QHPPHQR DOORQWDQDUVHQH WURSSR SURSULR SHUFKp DOOD FLWWj OHJDWL 3DUWL GHOOD FLWWj VL SRWUHEEH DJJLXQJHUH DSHUWH DO FRQWDGR DWWUDYHUVR OH TXDOL OD FLWWj

58

VL DSUH DOOD QDWXUDOLWj GHO WHUULWRULR FLUFRVWDQWH´

57, Peter Connolly, Julian Raxworthy, Tim Nicholas, 7HUUDLQ 9DJXH DQ LQWHUYLHZ ZLWK ,JQDVL GH 6ROj 0RUDOHV, in Kerb n° 3, http://www.tce.rmit.edu.au/LEP/kerb/Kerb3/Articles/interview/front.htm 58 Con la caduta della civiltĂ romana, erano scomparse tutte le tipologie specifiche di spazi verdi a cui era stato assegnato un ruolo urbano preciso. Non per questo le cittĂ europee rimasero del tutto prive di spazi verdi, anzi spesso nei momenti di crisi, lo spazio edificato interno alle cerchia delle mura si riduce notevolmente. All’interno delle mura corre la fascia pomeriale (degli orti), riserva di produzione alimentare in caso di assedio, ma sono presenti anche spazi aperti destinati a fiere e mercati, mentre mancano del tutto spazi collettivi verdi dotati di caratterizzazione formale specifica. In Inghilterra si trovavano i JUHHQ, spazi verdi situati al centro degli antichi villaggi, residui dei prati recintati in cui veniva ricoverato il bestiame durante la notte ed in seguito utilizzati per i piĂš disparati momenti della vita collettiva cittadina. I FRPPRQ JUHHQ, erano invece in origine aree esterne all’abitato soggette ad un diritto comune di pascolo, in seguito assorbite dall’espansione dell’abitato ed assediate dalla speculazione edilizia. Spazi analoghi erano presenti pressochĂŠ in tutta Europa, come testimoniato da molti toponimi (prĂŠ, exido, prato, prado, campo). Franco Panzini, 3HU L SLDFHUL GHO SRSROR /ÂśHYROX]LRQH GHO JLDUGLQR SXEEOLFR LQ (XURSD GDOOH RULJLQL DO ;; VHFROR, Zanichelli, Bologna 1993, pag. 20.

31


La ricerca di integrazione nei progetti di questi spazi che appartengono alla sfera del “rimossoâ€? dalla coscienza collettiva si è però spesso scontrata con l’assenza di una visione strutturale dei problemi, non avanzando oltre la creazione di una poetica del vuoto59. Confrontarsi con questi spazi, la cui definizione deriva spesso da procedure differenti da quelle del progetto, ad esempio dalla sovrapposizione di suddivisioni del territorio agricolo e di frazionamenti delle proprietĂ con le logiche squisitamente tecniche legate alla costruzione delle infrastrutture, oppure al rispetto di regole numeriche contenute negli strumenti pianificatori (distanze, fasce di rispetto, etc.)60, comporta il rischio di cercare di ricondurli a morfologie rassicuranti, attraverso il richiamo al repertorio della cittĂ storica o, forse peggio, di cercare di riempire i vuoti con l’architettura, mentre sarebbe necessario aprire a nuove possibilitĂ di usi e forme ancora da inventare. Spesso è proprio l’apertura semantica, la moltiplicazione dei significati e degli usi possibili di questi spazi vuoti a renderli addirittura piĂš interessanti di quelli progettati. “,O FOLPD GL VRVSHQVLRQH LO YXRWR FKH FDUDWWHUL]]D TXHVWH WUDIILF LVODQGV QRQ GHILQLVFH XQ DUHD GHVRODWD H GHOO DVVHQ]D PD XQR VSD]LR DSHUWR FKH O LQGLYLGXR SXz ULHPSLUH FRQ OH SURSULH SURLH]LRQL FRQ L GLYHUVL YROWL GL XQD FLWWj VHQ]D PDSSH GRYH DYYHQJRQR LQFURFL OLQJXLVWLFL LQXVLWDWL LPSUHYHGLELOL DSHUWXUH GHOOD PHQWH /R VSD]LR XUEDQR q TXLQGL VHPSUH SL XQ OXRJR GL SHUIRUPDQFH LQGHWHUPLQDWR H SURYYLVRULR LO TXDOH YD

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Solo attraverso la dimensione temporale dell’attraversamento, dell’esplorazione e dell’abbandono è stato finora possibile trovare una chiave interpretativa pertinente alla comprensione dei meccanismi che regolano la percezione e l’uso degli spazi indefiniti che caratterizzano la cittĂ contemporanea, come del resto giĂ si intuisce nell’assenza di “fissitĂ â€? e “definizioneâ€? a cui il testo di SolĂ Morales che abbiamo citato in precedenza allude. Âł,O WHQWDWLYR GL GHILQL]LRQH H GL FRQWUROOR GL WXWWR LO WHUULWRULR GD VHPSUH PLUDJJLR GHOOD QRVWUD FXOWXUD RFFLGHQWDOH SURSULR PHQWUH VHPEUDYD UHDOL]]DUVL LQL]LD D IDUH DFTXD /H

59 Cfr. Yorgos Simeoforidis, 3DLVDMH \ HVSDFLR S EOLFR, in “2G Landscape Architectureâ€? n° 3, 1997, giĂ in “Arhitecture & Behaviourâ€?, vol. 9 n° 3. Per una piĂš ampia panoramica del dibattito intorno al tema dei vuoti urbani si vedano: A. Anselmi, ,O GLVHJQR GHO YXRWR QHOOD FLWWj FRQWHPSRUDQHD, in A. Criconia (a cura di), )LJXUH GHOOD GHPROL]LRQH, Costa & Nolan, Genova, 1998; Pippo Ciorra, 9XRWL D 3HUGHUH, in “Gomorraâ€? n° 4, 1999; Paolo Desideri e Massimo Ilardi $WWUDYHUVDPHQWL L QXRYL WHUULWRUL GHOOR VSD]LR SXEEOLFR, Costa & Nolan, Genova, 1997; Massimo Ilardi, 1HJOL VSD]L YXRWL GHOOD PHWURSROL, Bollati Boringhieri, Torino, 1999; Mirko Zardini, ,QWHUVWL]L LQWHUYDOOL, in s. a. (a cura di), Paesaggi ibridi, Skira, Milano, 1997 60 Ippolito Pizzetti, 6SD]L ULILXWR VSD]L VFRULD VSD]L VFDUWR, in "Casabella", n° 597/598, gennaio/febbraio 1993. 61 Daniela Daniele., &LWWj VHQ]D PDSSH, Piacenza, 1994. 32


SULPH FUHSH VL VRQR DSHUWH SURSULR QHL FXRUL GHO QRVWUR VLVWHPD OH JUDQGL FLWWj 4XHO ERVFR FKH XQD YROWD FLQJHYD FLWWj H YLOODJJL GRYH VL QDVFRQGHYDQR OXSL HG RUVL PD DQFKH JOL LQFXEL OH IDQWDVLH H O LGHD VWHVVD GL OLEHUWj q VWDWR VRVSLQWR ORQWDQR GDOOH FLWWj PHVVR QHOO DQJROR FLUFRVFULWWR HG DGGLULWWXUD FRQ XQ DWWR GL FOHPHQ]D SURWHWWR (G HFFR FKH TXHO ERVFR ULVRUJH SURSULR Ou QHOOH FLWWj GRYH L VLVWHPL GL DSSURSULD]LRQH H GL FRQWUROOR GHO WHUULWRULR VRQR SL YHFFKL IDWLVFHQWL 1HOO LPSRVVLELOLWj GHO FRQWUROOR WRWDOH LO FHPHQWR FRQ LO TXDOH HUD VWDWD ULFRSHUWD OD WHUUD VL VSDFFD OD WHUUD QH IXRULHVFH LQ IRUPH QXRYH H LPSUHYHGLELOL VL SUHSDUD D FRQWHQGHUH DOO XRPR LO GRPLQLR GHOOR VSD]LR SDUWHQGR GDL VXRL VWHVVL VFDUWL 3UHYHGHUH O LPSUHYHGLELOH VDOYDJXDUGDUH LO GLYHQLUH GHL 7HUULWRUL $WWXDOL DEEDQGRQDQGROL / DEEDQGRQR q OD PDVVLPD IRUPD GL FXUD SHU FLz FKH q QDWR H VL q VYLOXSSDWR DO GL Oj GHOOD YRORQWj H GHO SURJHWWR GHOO XRPR ´

62 Stalker, 0DQLIHVWR, (http://digilander.libero.it/stalkerlab/tarkowsky/manifesto/manifest.htm) Stalker è un collettivo di architetti-artisti con sede a Roma che dal 1990 si occupa di ³ULFHUFKH H D]LRQL VXO WHUULWRULR FRQ SDUWLFRODUH DWWHQ]LRQH DOOH DUHH GL PDUJLQH H DL YXRWL XUEDQL VSD]L DEEDQGRQDWL R LQ YLD GL

che definiscono come 7HUULWRUL $WWXDOL Per comprendere il senso ed il valore della provvisorietĂ rispetto ai loro interventi è interessante citare un episodio: nel 1993 con l’intervento “Vivileriveâ€? un tratto del lungotevere dei Papareschi a Roma, normalmente abbandonato e invaso da una fitta vegetazione spontanea era stato trasformato in parco “abusivoâ€?, grazie alla creazione di un “sentieroâ€? con vecchie tapparelle e animato da installazioni ed interventi artistici. In seguito al successo dell’iniziativa l’amministrazione comunale decise di intervenire e “riqualificareâ€? l’area attraverso la realizzazione di un percorso asfaltato e interamente racchiuso da una staccionata in legno, con l’unico risultato di banalizzarne lo spazio e l’uso. WUDVIRUPD]LRQH ´

33


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Il medesimo clima culturale accomuna, nel corso degli anni ’60, l’approccio al paesaggio

del

movimento

artistico

ed

i

movimenti

ecologisti

che

si

stavano

contemporaneamente sviluppando. Significativamente, in seguito, questa attenzione per l’ordinario, sarà al centro della ricerca della cosiddetta arte ecologica che, dalla trasformazione del territorio, passa ad occuparsi della sua cura e salvaguardia, fino al tentativo di rimediare ai danni ambientali causati dall’azione dell’uomo. Questo passaggio avverrà grazie soprattutto al contributo di molte artiste donne63 che porranno al centro della loro ricerca il concetto di cura quotidiana e le pratiche ad esso riconducibili quali pulizia, giardinaggio, allevamento, ecc. Da queste esperienze avrà origine un filone della sperimentazione artistica che si concentra sul tema del giardino e che è particolarmente interessante per questa ricerca perché, molto spesso, gli artisti che ad essa fanno riferimento si sono rivolti all’osservazione della realtà urbana contemporanea concentrandosi soprattutto sui suoi aspetti più minuti e meno evidenti, mettendone in risalto le potenzialità espressive che si possono ritrovare nelle pratiche di appropriazione spontanea degli spazi residuali dell’edificazione, che vengono adattati con gesti minimi per essere abitati o in tutti quei fenomeni riconducibili a processi di auto-organizzazione che sembrano sempre più caratterizzare le trasformazioni urbane. Se dunque la pratica della Land Art, con la sua attenzione per gli spazi abbandonati, ha dischiuso la possibilità di includere nuove categorie di spazi nell’ambito degli oggetti degni di attenzione estetica, sono soprattutto gli sviluppi successivi del genere che aiutano a fare luce sui meccanismi di organizzazione spaziale di quelle pratiche che definiscono le relazioni informali tipiche della città contemporanea. In una fase iniziale, intorno alla metà degli anni ’60, l’attenzione del dibattito culturale per lo svilupparsi delle tematiche ecologiste e l’abbandono dell’idea modernista del progresso in favore di posizioni di resistenza e del tema della sopravvivenza è sicuramente prevalente. La prima opera di questo nuovo genere artistico è “Time Landscape” di Alan Sonfist, del 1965. Un lotto inedificato di Manhattan viene acquistato e occupato con essenze vegetali

63 Si citano a titolo di esempio: Betty Beaumont, Helen Mayer Harrison, Agnes Denes, Ukeles. 34


autoctone in modo da ricreare un brandello di foresta pre-coloniale, analoga a quella che un tempo copriva l’intera superficie dell’isola. L’opera, che è ancora visibile lungo La Guardia Place, tra Houston Street e Bleecher Street, affronta il tema del contrasto tra naturale e artificiale partendo dall’unitĂ minima che compone la cittĂ , presa a simbolo di un’idea costruttiva del progresso la cui crisi era all’epoca evidente. Si tratta in sostanza di una sorta di macchina del tempo, realizzata attraverso l’impiego della natura. L’uso della vegetazione come materiale artistico comporta necessariamente di assecondare i ritmi ed i processi della natura ed infatti proprio il tempo diventa per questi artisti uno degli elementi fondamentali di cui è possibile affrontare tutti gli aspetti, dal rapporto tra antichitĂ e presente, come nel caso che abbiamo appena citato, al carattere effimero di molte manifestazioni delle forme naturali, ai cicli, diurni e stagionali, caratteristici della vegetazione.64 Molti artisti si sono poi interrogati sull’interazione tra processi naturali e intervento dell’uomo. Esemplare da questo punto di vista è l’opera di Joseph Beuys che si richiama alla tradizione romantica della comunicazione tra essere umano e natura, riscontrabile ad esempio nelle opere di Goethe, Shelling, Novalis, e subisce l’influenza delle teorie antroposofiche di Rudolph Steiner. La teoria dell’arte di Beuys si basa sulla convinzione del ruolo fondamentale della creativitĂ umana come energia produttiva e positiva, da cui egli deriverĂ la teoria della scultura come “plastica socialeâ€?; la produzione di oggetti non è considerata piĂš come fine ultimo dell’attivitĂ artistica, ma è uno strumento legato ad un articolato processo di trasformazione della realtĂ ed è utilizzata piuttosto come mezzo di propaganda, per la realizzazione di una trasformazione profonda dell’umanitĂ . Attraverso una serie di opere che ruotano intorno al tema dell’agricoltura, l’artista tedesco ha costruito un sistema concettuale complesso incentrato sull’immagine dell’albero, inteso come metafora dell’esistenza umana, in cui grande importanza viene attribuita all’azione del seminare e del piantare: Âł&RPLQFLDPR DG DYYLFLQDUFL DG XQ FRQFHWWR DUWLFRODWR H GLYHUVLILFDWR GHO PRGR LQ FXL OÂśHVVHUH XPDQR FRQVLVWH (JOL SRVVLHGH XQ QXPHUR GL HOHPHQWL GL FUHDWLYLWj HVWUHPDPHQWH GLYHUVL WUD ORUR FHUFKLDPR GL DYYLFLQDUFL FRQFUHWDPHQWH D TXHVWL YDUL VWUDWL GL FUHDWLYLWj /D FUHDWLYLWj ULJXDUGD OD SRVVLELOLWj GL SHQVDUH R LO SRWHUH GHO SHQVLHUR H LQYHVWH DQFKH OD VIHUD GHL VHQWLPHQWL 4XDQGR SDUOLDPR GHL SRWHUL GHO SHQVLHUR YLHQH VXELWR GD IDUH ULIHULPHQWR DOOD QRVWUD WHVWD HG DO QRVWUR FHUYHOOR H TXDQGR SDUOLDPR GL VHQWLPHQWL IDFFLDPR ULIHULPHQWR DOOD ]RQD GHO FXRUH H DOOD SDUWH GHO FRUSR FLUFRVWDQWH ,Q TXHVWR PRGR DEELDPR LQL]LDWR XQ

64 Oltre a Sonfist, tra gli artisti che in maniera piĂš esplicita hanno affrontato nelle loro opere la dimensione temporale e le sue diverse declinazioni, possiamo ricordare Jan Hamilton Finlay, John Nash, Leo Shatzl, Herman De Vries, Schelagh Wakely. 35


GLVFRUVR FKH ULJXDUGD GXH GHOOH SDUWL GL XQ RUJDQLVPR FRPSOHVVR 0D OD VWHVVD ORJLFD FL SRUWD D FRQWLQXDUH H TXLQGL D SDUODUH GHOOD IRU]D PRWULFH H GHOOH HQHUJLH JHQHUDOL FKH VRVWHQJRQR VLD OœXQR FKH OœDOWUR GL TXHVWL OLYHOOL GL FXL KR SDUODWR &L DYYLFLQLDPR FRQ TXHVWR DG XQ GLVFRUVR FKH ULJXDUGD TXHOOD PHFFDQLFD LQWHUQD GL HQHUJLH FKH YLHQH D IDUVL ULFRQRVFHUH FRPH FUHDWLYLWj GHOOD YRORQWj &RPH SDUOLDPR GL XQD FUHDWLYLWj XPDQD WULSDUWLWD FKH VL DUWLFROD QHL SRWHUL GHO SHQVDUH GHO VHQWLUH H GHO YROHUH SRVVLDPR FRQVWDWDUH OœHVLVWHQ]D GL VWUDWL VLPLOL LQ XQ DOEHUR FRQ OD VXD FRURQD LO IRJOLDPH LO WURQFR H OH VXH UDGLFL ´

Il porre l’accento sulla responsabilitĂ e consapevolezza che è necessaria rispetto alle azioni umane assume per Beuys una dimensione storica, essendo un problema proprio dell’epoca contemporanea, un tema legato alla libertĂ dell’individuo inesistente nelle epoche passate, quando

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LibertĂ che è da un lato possibilitĂ del fare, dall’altro condizione di assoluta solitudine e necessitĂ di agire. Attraverso l’azione, l’individualitĂ può essere resa positiva, ma questo mette l’uomo di fronte a grandi responsabilitĂ poichĂŠ la sua condizione corrisponde alla caduta di codici condivisi nell’interpretazione della realtĂ . L’attenzione verso i processi della natura è declinata da altri artisti, che in maniera piĂš evidente si schierano su posizioni ecologiste, in una chiave meno esistenziale e piĂš vicina alle procedure ed alle tematiche della ricerca scientifica e tecnologica, di cui vengono riprodotte e “messe in scenaâ€? le sperimentazioni, con l’intento di attrarre l’attenzione sui problemi dell’ambiente e di metterne in evidenza i meccanismi.67 In certi casi la sperimentazione effettuata dagli artisti si è spinta fino ad ottenere risultati pratici con ricadute sulla trasformazione effettiva del territorio, è il caso ad esempio del sistema di fitodepurazione “Lemna Systemâ€?, brevettato da Viet Ngo sul finire degli anni ’80, o delle ricerche dei coniugi Harrison sulla biodiversitĂ e sulla continuitĂ dei sistemi ambientali, che si sono tradotte in un progetto per il “Green Heartâ€? olandese, commissionato nel 1995 dal governo dei paesi bassi, e che propone una sorta di rovesciamento del concetto di “green beltâ€?, giĂ di Loudon e Howard, e poi messo in pratica da Abercrombie e Forshaw nel piano di Londra del 1943. Accanto a un atteggiamento di profonda attenzione nei confronti della natura, la ricerca artistica che si è rivolta all’uso del verde ne ha offerto anche un’interpretazione piĂš astratta: Âł$ FDXVD GHOOÂśLPPRELOLWj H GHL YLQFROL FKH OH WHQJRQR OHJDWH DG XQ SRVWR SDUWLFRODUH 65 Joseph Beuys, 'LIHVD GHOOD QDWXUD, dissertazione tenuta il 13 maggio 1984 a Bolognano (Pescara), cit. in Antonio D’Avossa, -RVHSK %HX\V 'LIHVD GHOOD QDWXUD, Skira, Milano, 2001, pagg. 30-31. 66 ,ELGHP 67 Ăˆ il caso di alcune opere di Michel Blazy, Mel Chin, Marc Dion, Hans Haacke, Henrik Hakanson. 36


OH SLDQWH WHQGRQR DG HVVHUH SHUFHSLWH FRPH SDVVLYH H TXLQGL LQDQLPDWH ( TXHVWR VFKLXGH OD SRVVLELOLWj GL XWLOL]]DUOH FRPH XQ PDWHULDOH ´

68

Si incontrano cosĂŹ materiali naturali utilizzati come una tavolozza di colori per composizioni che possono trovare analogie nell’arte pittorica e scultorea astratta (è il caso ad esempio di Paula Hayes, Jenny Holzer, Peter Hutchinson, Thobias Rehberger) ma anche pop (come nel caso di Jeff Koons o James Pierce), con esplicito riferimento alle tecniche tradizionali della realizzazione dei giardini, alle composizioni floreali nelle aiuole, alla topiaria. Attraverso l’uso tutto sommato tradizionale di tecniche proprie dell’arte applicata, dunque, si assiste all’elevazione del materiale naturale da un ruolo prevalentemente decorativo ad un significato concettuale che ne sottolinea l’importanza per i valori che esso rappresenta, piĂš che per la maniera in cui viene impiegato. La possibilitĂ opposta è l’uso di materiali vegetali vivi decontestualizzati ed utilizzati in maniera inaspettata per realizzare o “rivestireâ€? abiti e oggetti d’uso. Questa tendenza della sperimentazione artistica, che data a partire dagli anni ’7069, viene riportata ultimamente, come abbiamo giĂ osservato, nella realtĂ quotidiana della produzione attraverso il ricorso alla “figuraâ€? della vegetazione negli oggetti d’uso o d’arredo e nell’abbigliamento.

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Anche se molto poche delle opere realizzate possono essere considerate giardini veri e propri, diversi artisti hanno concentrato il proprio lavoro sul significato del verde negli spazi urbani, con particolare attenzione soprattutto per quelli che passano normalmente inosservati, mettendo in scena un’estetica del quotidiano, oppure puntando sul superamento delle idee preconcette sul concetto di giardino.70 Questo può avvenire attraverso la realizzazione di installazioni che assumono le sembianze di giardini in miniatura all’interno delle gallerie, oppure con interventi diretti sugli spazi aperti, o ancora tramite approcci piĂš analitici di osservazione-registrazione attraverso la fotografia o il video, oppure tecniche descrittive piĂš

68 “%HFDXVH RI WKH VWLOOQHVV DQG WKH ERQGV WKDW WLH WKHP WR D SDUWLFXODU SODFH SODQWV WHQG WR EH SHUFHLYHG DV SDVVLYH DQG WKHUHIRUH LQDQLPDWH $QG WKDW RSHQV XS WKH SRVVLELOLW\ RI XVLQJ WKHP OLNH D

.� Barbara Nemitz, 7UDQV SODQW OLYLQJ YHJHWDWLRQ LQ FRQWHPSRUDU\ DUW, Hatje Cantz Publishers, Ostfilden Ruit, 2000, pag. 8.

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69 Si fa qui riferimento ai lavori di Teresa Murak e di Daniel Spoerri. 70 Si possono citare come esempio di questa attenzione le opere di Weisser & Vetter, Fischli & Weiss, Atelier Alias, Wada Jossen, Henrik Hakansson, Stan Douglas e molti altri. 37


complesse di campionatura, catalogazione, ridisegno e archiviazione di reperti fisici della realtĂ urbana. Ciò che accomuna tutte queste opere è però l’attenzione per i meccanismi di appropriazione degli spazi e per le azioni di trasformazione che stanno alla base della possibilitĂ di abitare luoghi che spesso non sono altro che gli scarti od i residui dell’edificazione, interstizi che non è possibile trasformare radicalmente, ma che è possibile adattare attraverso gesti minimali che ne ingentiliscono e umanizzano le caratteristiche. Questa attitudine alla lettura della realtĂ , pur essendo stata sviluppata (ma sarebbe assai piĂš appropriato dire ri-scoperta) in ambito artistico, ha valenze fortemente architettoniche: il problema dell’analisi dello spazio fisico attraverso il suo rapporto con l’uso, filtrato dai meccanismi interpretativi della realtĂ che in ogni epoca e luogo stanno alla base della sua costruzione e rappresentazione, è uno degli aspetti fondamentali di qualunque ricerca sulla forma che non voglia dirsi del tutto auto-referente. Per affrontare in maniera sistematica questi aspetti dell'architettura, non è possibile prescindere dalla percezione attiva della persona all'interno dello spazio: i suoi movimenti, cosa inquadra il suo sguardo, come "misura" lo spazio e gli elementi architettonici con il proprio corpo. Nella lettura entrano in gioco non solo lo spazio in cui ci si trova, ma ciò che vi è all'esterno e come sono risolti, dichiarati o negati i rapporti tra di essi, grazie anche al ruolo della memoria nella percezione. Elementi che ad una lettura filologica dell'architettura possono apparire secondari se non insignificanti (la presenza o meno di un gradino, forma e materiale dei singoli elementi), diventano fondamentali da un punto di vista che può essere definito, anche se impropriamente "fruitivo"71. Se questo è vero per quanto riguarda il costruito, a maggior ragione vale nel caso dello spazio aperto, la cui percezione avviene in maniera assai piĂš libera e diversificata. Questo filone della sperimentazione degli artisti sul tema del giardino, che come abbiamo visto sembra andare nella direzione della ricerca dell’essenza dello spazio abitabile, si ricollega anche ad importanti tradizioni dell’evoluzione della cittĂ (è ancora una volta Bernardo Secchi a sottolinearlo), ovvero quello della ricerca di un sempre maggiore comfort, “WHUUHQR QHO TXDOH DXWRQRPLD GHO VRJJHWWR TXRWLGLDQR H GHPRFUDWL]]D]LRQH GHOOR VSD]LR

71 Almeno per quanto riguarda il costruito, Le Corbusier è, tra gli architetti del Movimento Moderno, quello che con maggiore chiarezza ha impostato un'analisi sistematica di questi fatti “ambientaliâ€? (nel senso del legame tra la loro forma ed il modo in cui essa viene generalmente interpretata) nell'edilizia storica, come è rilevabile dai suoi taccuini di schizzi, ed a riproporre le soluzioni studiate nelle architetture antiche in forme moderne, mantenendone inalterati i rapporti e senza perdere nulla del loro significato originale, facendosi testimone di un nuovo modo di rapportarsi con il passato che, lungi dal negare la storia, fa però tabula rasa dell'interpretazione tradizionale che la vede come successione di stili. Si veda al proposito: Maurice Cerasi, /D OHWWXUD GHOOÂśDPELHQWH, Clup, Milano, 1973. 38


�72. La ricerca del comfort, negli

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ultimi anni piuttosto trascurata da architettura ed urbanistica, si appoggia ad operazioni minute e ad un’attenzione per dettagli spesso trascurati che un’osservazione attenta soltanto alla forma della cittĂ nel suo complesso non è in grado di cogliere: “OR VWXGLR GHOOD FLWWj DQWLFD VSHVVR LQJHQXDPHQWH LPLWDWD QHOOH VXH IRUPH GD TXHVWH WHQGHQ]H PRVWUD FKH LO FRPIRUW GHOOR VSD]LR XUEDQR LPSOLFD XQÂśDWWHQ]LRQH SL DVWUDWWD ULYROWD DOOD PRGLILFD H FRVWUX]LRQH GHO PLFURFOLPD TXLQGL DOOÂśRULHQWDPHQWR H GLVSRVL]LRQH GHL YROXPL DL PRGL QHL TXDOL L GLIIHUHQWL PDWHULDOL FRQVHQWRQR XQ FRQWUROOR GHOOH WHPSHUDWXUH GHOOD OXFH H GHO VXRQR

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Il desiderio di realizzare per sĂŠ e per la propria famiglia uno spazio piĂš confortevole può essere dunque una chiave di lettura per comprendere il successo e la diffusione della tipologia della villetta unifamiliare con giardino, cosĂŹ come piĂš nel dettaglio dei modi in cui vengono organizzati gli spazi aperti di pertinenza delle abitazioni, in cui tendono a concentrarsi sempre piĂš attivitĂ e relazioni un tempo caratteristiche dello spazio pubblico74. Questa tendenza all’introversione, come giĂ accennato, porta alla disattenzione per lo spazio pubblico, ma forse proprio in essa si possono realisticamente trovare gli spunti per una nuova estetica urbana. In questo senso anche la costruzione di questo generico spazio abitabile può costituire un nuovo luogo per il progetto.

72 Bernardo Secchi, op. cit. pag. 10. 73 Ibidem. 74 Stefano Boeri, Arturo Lanzani, Edoardo Marini, ,O WHUULWRULR FKH FDPELD, Abitare Segesta, Milano, 1993. 39


&KH ILQH KD IDWWR LO SDUFR XUEDQR"

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Per comprendere qualcosa di più sul significato del verde nelle aree urbane è utile interrogarsi su cosa sia diventata oggi quella che senza dubbio può essere indicata come la sua tipologia più rappresentativa, il parco urbano. Storicamente infatti, l’insieme delle attività attinenti il rapporto tra città e natura è talmente specifico da essersi costituito in una realtà tipologica precisa (il parco pubblico) che ha un’origine remota, ma la cui ultima declinazione, quella con cui ancora oggi ci confrontiamo, è stata definita nella seconda metà dell’800. Essa consiste in un’area verde di estensione variabile, solitamente recintata e con accesso regolamentato, organizzata secondo un disegno formale più o meno regolare attraverso l’articolazione dei percorsi e delle aiuole e la disposizione delle alberature. Nel tentativo di attuare riforme di realtà urbane in alcuni casi ormai inaccettabili, si arrivò alla costituzione di “isole” di verde inserite in un contesto che sfuggiva ad una possibilità controllo delle qualità ambientali e della vivibilità più capillare. Attraverso la prosecuzione di due tradizioni antiche, quali da un lato la presenza di spazi verdi urbani non formalizzati destinati ad un uso collettivo più o meno libero75, dall’altro l’uso di aprire i giardini nobiliari ad un pubblico più vasto76, ed unificando le diverse ragioni fruitive dei primi con le modalità compositive e d’uso degli elementi naturali in rapporto con le architetture dei secondi, il parco pubblico si costituì come una delle grandi attrezzature urbane monofunzionali in cui la città ottocentesca tendeva a concentrare e confinare le attività che più sentiva estranee. La nascita di questo concetto è particolarmente legata alle caratteristiche della società, del territorio e delle tradizioni culturali e compositive inglesi, anche se l’idea ebbe presto una diffusione generalizzata. L’origine del giardino paesaggistico all’inglese può essere fatta risalire alla particolarità dei parchi reali inglesi aperti alla frequentazione “pubblica”, analogamente a quelli continentali, che consistevano sostanzialmente in antiche riserve di caccia e non in apparati di deliziose scenografie per le attività di corte ed erano cintati per 75 Cfr. nota 57. 76 una tradizione che può essere fatta risalire all’antica Roma, ma che divenne consuetudine sempre più diffusa a partire dal XVI secolo ed in seguito portò all’uso generalizzato di aprire all’uso pubblico (per un pubblico, beninteso, chiaramente ristretto) i giardini reali situati nelle città capitali. A proposito dell’evoluzione degli spazi verdi pubblici nell’antica Roma si veda: Pierre Grimal, , JLDUGLQL GL 5RPD DQWLFD, Garzanti, Milano, 1990, pagg. 169-199. 40


essere salvaguardati a solo uso dei sovrani. Da ciò deriva la tradizione inglese del giardino paesaggistico che non solo si contrappone nella forma a quello più architettonico cosiddetto alla francese, ma, fatto assai significativo, arriva a costituirsi come “non-architettura” attraverso l’invenzione di un preciso dispositivo architettonico, lo ha-ha, e di numerosi altri artifici progettuali, tutti accomunati dal negare la propria presenza77. La tradizione anglosassone aveva raggiunto già nel ‘700 l’Europa continentale, ma non era stata considerata adatta alla costruzione dei giardini pubblici, all’epoca ritenuti una categoria spaziale dominata dalla funzionalità e dalla regolarità di tracciati e percorsi78, del tutto differente da quella dei giardini privati, in cui la sperimentazione poteva essere più libera e finalizzata alla costruzione di vere e proprie opere d’arte79 riservate ad una contemplazione individuale. I principi compositivi del giardino paesaggistico tipico delle residenze di campagna sono fin dalla metà del ‘700 perpetrati anche all’interno del contesto urbano negli squares, giardini privati inseriti nella trama della viabilità pubblica, ma di esclusiva pertinenza delle abitazioni circostanti, realizzati come elementi di valorizzazione immobiliare in occasione di interventi

77 Cfr. Linda Pollak, $EVHQW ZDOOV DQG RWKHU ERXQGDU\ VWRULHV, in “Daidalos”, n° 67, 1998. Citato in Linda Pollack, %XLOGLQJ &LW\ /DQGVFDSH ,QWHUGLVFLSOLQDU\ GHVLJQ ZRUN LQ WKH 'RZQVYLHZ 3DUN FRPSHWLWLRQ, in Julia Czerniak (editor) “Case: Downsview Park Toronto”, Prestel Verlag, Munich, London, New York, 2001, pag. 46. Una riflessione sul ruolo dell’illusione dell’assenza del limite nella natura come uno dei principi fondamentali della progettazione dello spazio aperto illuminista si ritrova in Richard Sennett, /D FRVFLHQ]D GHOO¶RFFKLR 3URJHWWR H YLWD VRFLDOH QHOOH FLWWj, Feltrinelli, Milano, 1992, pagg. 88-92. 78 Il “giardino pubblico” di questo tipo per eccellenza è tra XVII e XVIII il giardino delle Tuileries a Parigi il cui progetto fu affidato da Luigi XIV a Andrè Le Notre e fu realizzato tra il 1665 ed il 1672. È interessante notare come in questo progetto l’attenzione dell’architetto è rivolta in maniera quasi IXQ]LRQDOLVWD alla realizzazione di spazi adatti al movimento ed alla circolazione delle persone, infatti la principale attività a cui per lungo tempo i giardini pubblici furono rivolti è il sofisticato rito del passeggio a piedi o in carrozza. 79 Questo è esplicitamente teorizzato in una serie di trattati pubblicati verso la fine del XVIII secolo che fanno riferimento, in merito alla caratterizzazione dei giardini pubblici, alla corrispondenza tra Thomas Whately, autore di 2EVHUYDWLRQV RQ PRGHUQ JDUGHQLQJ, T. Payne, London, 1770 e Françoisde-Paul Latapie, autore della traduzione Francese del medesimo testo: /¶DUW GH IRUPHU OHV MDUGLQV PRGHUQHV, Charles-Antoine Jombert, Paris, 1771, in cui questa distinzione è espressa in maniera molto chiara. Si veda al proposito Franco Panzini, 3HU L 3LDFHUL GHO 3RSROR, Zanichelli, Bologna, 1993, pagg. 119-125. I trattati a cui si fa riferimento sono: Jacques-François Blondel, &RXUV G¶$UFKLWHFWXUH RX WUDLWp GH OD GpFRUDWLRQ, Desaint, Paris, 1773 ; Claude-Henri Watelet, (VVDL VXU OHV -DUGLQV, Impr. De Prault, Paris, 1774, Minkoff Reprint, Genéve 1972; Jean-Marie Morel, 7KpRULH GHV -DUGLQV, Pissot, Paris, 1776, Minkoff Reprint, Genéve 1973 ; Christian Cajus Lorenz Hirschfeld, 7KHRULH GHU *DUWHQNXQVW, M.G. Weidmann Erben und Reich, Liepzig 1779-1785, 5 voll.

41


di trasformazione fondiaria, essi stanno a testimoniare il ruolo di rappresentatività della presenza di elementi naturali all’interno del tessuto costruito80. La società capitalista inglese, decisamente all’avanguardia dal punto di vista del sistema economico e produttivo, sarà la prima a verificare anche i danni all’ambiente urbano, dal punto di vista della salubrità e della vivibilità, conseguenti alla cosiddetta rivoluzione industriale. Dagli anni ‘30 del XIX secolo, una serie di inchieste parlamentari e di ricerche sullo stato delle popolazioni urbane verificheranno l’esigenza di offrire alla plebe inurbata spazi aperti adeguati a mitigare, almeno nel tempo libero, le pessime condizioni ambientali caratteristiche delle abitazioni e dei luoghi di lavoro dell’epoca, fornendo al contempo un richiamo all’ambiente agreste di origine di molti dei lavoratori. Queste considerazioni, unite al fatto, tipicamente anglosassone, di basarsi comunque sull’iniziativa privata di singoli benefattori, piuttosto che sull’intervento pubblico diretto da parte dello Stato, hanno contribuito al diffondersi di una concezione anche “morale” del verde pubblico, come elemento positivo in grado di migliorare le condizioni fisiche dei lavoratori e in generale delle classi meno abbienti ed al contempo di distoglierli da passatempi dannosi per la salute e la “decenza”. Una gran parte dell’opinione pubblica si era mobilitata a favore della realizzazione di parchi e giardini pubblici costituendo un

vero e proprio movimento che vede la

partecipazione di intellettuali, politici influenti, religiosi ed anche progettisti di giardini come Loudon e Paxton. Inoltre nella costruzione dei parchi pubblici inglesi è presente anche un intento educativo, attraverso l’inserimento di giardini botanici si vuole stimolare la classe lavoratrice ad istruirsi almeno nel campo della botanica e dell’orticultura. Nel medesimo intento si diffondono anche i giardini zoologici. Attraverso l’inclusione della natura in un recinto chiuso, nasce dunque l’idea di parco come elemento estraneo che si contrappone, nelle forme, nei materiali e nell’uso, alla città di pietra. Questa idea, supportata da un lato dall’effettivo bisogno di un antidoto per il caos della vita cittadina e dalla ricerca dell’idillio nella natura, è almeno altrettanto il frutto di una riduzione critica successiva che delle condizioni iniziali e non rende giustizia della grande complessità tipologica e tecnologica di molti progetti ottocenteschi, che ricreavano sì un’idea di natura, ma lo facevano attraverso complesse operazioni di artificializzazione ed erano in grado di innescare rapporti anche molto raffinati con il tessuto urbano circostante. Anche 80 Nel caso della città inglese questi spazi trovano origine nella ricostruzione di Londra in seguito all’incendio del 1666. Nelle lottizzazioni private sorte come entità autonome presso Covent Garden e a Bloomsbury, la presenza della natura non nega l’urbanità delle residenze, ma è piuttosto funzionale all’allontanamento del commercio ambulante, ritenuto incompatibile con abitazioni così sofisticate e testimonia una profonda trasformazione della concezione delle relazioni pubbliche in atto nella società agli inizi del XVIII secolo. (cfr. Richard Sennett, ,O GHFOLQR GHOO¶XRPR SXEEOLFR, FLW., pagg. 39-42). 42


l’intensità d’uso a cui questi parchi erano sottoposti, affollatissimi palcoscenici per lo svago domenicale delle classi piccoloborghesi e meno abbienti come appaiono in certi dipinti dell’epoca, deve far pensare ad un ruolo urbano più sottilmente complesso rispetto all’immagine odierna dei parchi storici come oasi di natura nel deserto minerale della città.

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E’ forse con la furia iconoclasta del moderno che definitivamente si istituisce la visione limitativa del parco come costrizione della natura in un recinto chiuso circondato da un ambiente ostile. Al pari di molte delle affermazioni del movimento moderno, anche questa semplificazione è funzionale alla propaganda di un modo radicalmente nuovo di organizzare la città, in cui la natura può entrare come tappeto continuo che ne sostituisce interamente il tessuto81. Il movimento moderno, se si eccettuano alcuni aspetti delle esperienze tedesche di Leberecht Migge e Martin Wagner, riconducibili però più che altro ad un’estensione allo spazio aperto della ricerca razionalista sull’abitazione82, non ha effettuato alcun tipo di sperimentazione significativa sulla tipologia del parco urbano, in quanto uno dei suoi presupposti era appunto quello di superare il presunto dualismo tra città e natura83. La presenza della natura non è negata dall’architettura e ogni edificio moderno racchiude in sé tutti i riferimenti alla natura ritenuti necessari, anche attraverso un’invenzione tipologica quasi

81 Come immagine simbolo di quest’idea può essere assunta la vista prospettica del progetto per la Ville Radieuse di Le Corbusier del 1930. Si tratta sicuramente dell’icona che rappresenta l’aspetto più eclatante e fortemente suggestivo dell’atteggiamento moderno nei confronti del rapporto tra città e natura, che incentra l’attenzione sugli edifici utilizzando il verde come sfondo, già evidente fin dagli anni ’20 e teorizzato nel 1933 nella &DUWD GL $WHQH. Se la volontà di ridefinire radicalmente il rapporto tra città e natura è un tratto comune delle avanguardie architettoniche agli inizi del XX secolo, tuttavia esso ha trovato in realtà, pur nel medesimo contesto, anche altre espressioni meno spettacolari ma, seppure in maniera ugualmente ideologica, più attente al ruolo dello spazio aperto, basti pensare alla ricerche delle avanguardie russe, volte al superamento della separazione tra città e campagna ed alla loro polemica con il modello capitalista della città-giardino. 82 Nicholas Bullock, ,O %HUOLQHVH H OD ULFHUFD GHOOD QDWXUD, in “Rassegna”, n°8, 1981. 83 Mentre non mancano nel contesto del movimento moderno figure anche di primissimo piano che si sono dedicate alla progettazione dello spazio aperto innovandone profondamente il linguaggio attraverso la contaminazione con le contemporanee ricerche sull’astrattismo in pittura e scultura (Barragan, Burle Marx, Noguchi, ma anche Guevrekian, Mallet-Stevens, Vera). Particolarmente interessanti dal punto di vista della sperimentazione sulle tecniche compositive dello spazio aperto appaiono invece le esperienze effettuate in area nordica (Asplund, Leverenz, Sorensen, etc.). Non si può dire tuttavia che il lavoro di tutte queste persone abbia influenzato in maniera sostanziale il ruolo del verde nella città moderna attraverso la creazione di tipologie innovative. 43


sempre diretta alla diffusione capillare piuttosto che alla concentrazione di questo particolare rapporto in luoghi specifici84. A causa di questo atteggiamento, più che di una visione meramente funzionalista nella distribuzione delle attività urbane, quello che prima era il parco ha iniziato a perdere i suoi connotati tipologici e le sue caratteristiche formali, tradizionalmente legate a concetti quali il paesaggio e il pittoresco85 per diventare semplicemente il verde. Il parco inteso in senso tradizionale resiste come idea tipologica, ma nella sostanza non esiste più perché non esiste più l’estetica che lo ha creato, così come il tipo di vita che vi si svolgeva. Il rapporto con la natura che ad esso era legato viene oggi vissuto a livello prevalentemente individuale, al pari di tutte le altre relazioni con lo spazio urbano, di conseguenza l’idea di un luogo collettivo che debba rappresentare esclusivamente in sé questo ruolo per la società intera non ha più senso. Anche il progetto del parco quindi tende a trasformarsi; è possibile comprendere cosa esso sia diventato attualmente attraverso un confronto tra due concorsi che, a detta di molti hanno, a distanza di 20 anni, segnato due tappe fondamentali nella storia recente dell’architettura del paesaggio e curiosamente hanno visto contrapporsi nella fase finale gli stessi architetti: il concorso per il Parco della Villette a Parigi ed il concorso per Downsview Park a Toronto.

,O SDUFR FRQWHPSRUDQHR 3DUF GH /D 9LOOHWWH

La critica è stata praticamente unanime a suo tempo, nel riconoscere al concorso per il Parco della Villette a Parigi il ruolo di un momento di soglia nella storia dell’architettura del paesaggio, momento che ha visto il sorgere di un nuovo modo di intendere il parco come uno spazio ricco di funzioni urbane assai complesse e molteplici, superando decisamente quello di luogo della esclusiva presenza del regno vegetale86.

84 Si può citare a titolo di esempio il caso del tetto-giardino, come proposto da Le Corbusier, che si trasforma da idea ambientale (sperimentata felicemente sulla terrazza dell’appartamento Beistegui a Parigi) a soluzione tecnologica, propagandata per i suoi vantaggi prestazionali nei termini di isolamento termico, resistenza all’usura, assenza di manutenzione, al pari di un qualunque materiale edilizio. (cfr. Pierre-Alain Croset, Il tetto-giardino: ragione tecnica e ideale estetico, in “Rassegna n°8, 1981.) 85 Joseph Rykvert, ,O JLDUGLQR GHO IXWXUR WUD HVWHWLFD H WHFQRORJLD, in “Rassegna” n°8, 1981.

44


Le richieste programmatiche inserite nel bando del concorso sono state interpretate a detta di tutti nella maniera più innovativa e soddisfacente da due progetti: quello, risultato poi vincitore, di Bernard Tschumi e quello di OMA – Rem Koolhaas (secondo classificato). Entrambi questi progetti hanno adottato un sistema di organizzazione dello spazio basato sulla sovrapposizione di layer o livelli differenti87, ognuno dei quali organizza secondo una logica autonoma i differenti aspetti dell’organizzazione spaziale e funzionale (distribuzione, edifici, attrezzature per il gioco, vegetazione, connessioni urbane, etc.). Questa strategia, se da un lato aveva l’obiettivo di coniugare complessità spaziale, apertura programmatica e specificità formale, appare anche una metafora dei meccanismi che regolano la costruzione della città contemporanea88. Nel rispondere alle richieste del programma, entrambi i progetti hanno dunque affrontato in maniera radicale il problema del progetto del parco: -

hanno utilizzato un metodo di rappresentazione che non lascia alcuno spazio ai tentativi di rendere l’atmosfera “naturalistica” del parco, preferendo disegni più schematici ed astratti che richiamano piuttosto esplicitamente le avanguardie storiche;

-

ne hanno messo in discussione e ribaltato l’idea tipologica stessa, affrontando lo spazio del parco come una parte di città complessa e polifunzionale, in cui è fondamentale la conservazione della memoria e di alcune tracce della storia del luogo;

86 Il concorso per il Parc de la Villette, sull’area (55 ettari) precedentemente occupata da un mattatoio, inutilizzato dal 1974, fu bandito nel 1982 con tre obiettivi programmatici chiari: realizzare un importante complesso dedicato alla musica, un museo nazionale della scienza e della tecnica ed un parco culturale urbano aperto a tutti. Al concorso, in due fasi, parteciparono 460 gruppi di 41 paesi differenti, il primo premio fu vinto dal gruppo capeggiato da Bernard Tschumi. La realizzazione dell’intero programma è stata terminata nell’anno 2000. 87 Tre nel caso di Tschumi (punti, linee, superfici, rispettivamente corrispondenti a edifici, le famose “folies” disposte su una griglia quadrata di 120 m di lato, percorsi e aree destinate alle varie attività), cinque nel caso di OMA (IDVFH, caratterizzate da una funzione specifica, FRULDQGROL, ovvero attività puntiformi, DVVL, ovvero i percorsi, HPHUJHQ]H, cioè edifici o elementi dello spazio aperto eccezionali, FRQQHVVLRQL che legano il parco alle parti di città circostanti.) 88 Anita Berritzbeita osserva come già nel progetto di Van Esteren e Mulder per il Bos Park di Amsterdam (1929) sia possibile leggere l’abbandono di una visione esclusivamente estetizzante dell’architettura del paesaggio, in favore di una rispondenza diretta tra programma funzionale e definizione formale e di un’idea della costruzione del paesaggio come un processo dinamico. La vera innovazione nell’atteggiamento progettuale contemporaneo starebbe piuttosto nell’aver trasformato il tempo ed il processo in dimensioni estetiche del paesaggio. (Anita Berritzbeita, 7KH $PVWHUGDP %RV 7KH 0RGHUQ 3XEOLF 3DUN DQG WKH &RQVWUXFWLRQ RI WKH &ROOHFWLYH (VSHULHQFH, in James Corner, RS FLW., pagg. 187-203.) 45


-

hanno portato in secondo piano i temi tradizionali della progettazione del paesaggio e del verde, per affrontare piÚ pressanti problematiche generali del progetto dello spazio urbano contemporaneo, quali la sovrapposizione di funzioni e pratiche differenti nei medesimi luoghi con ritmi e tempi non necessariamente coincidenti o la necessità di apertura semantica, che portano ad una organizzazione dello spazio per punti definiti in maniera molto precisa, mentre in altre parti è lasciato vago, libero, indefinito.

Dunque complessitĂ delle relazioni spaziali e funzionali e ruolo piĂš significativo della parte “ediliziaâ€? rispetto a quello del verde sembrano essere le linee tracciate dal concorso per il parco della Villette, linee che possono essere rintracciate nella produzione di parchi degli anni successivi. Infatti, come osserva Stefan Tisher, “FRQ OD UHDOL]]D]LRQH H FRVWUX]LRQH GHO SURJHWWR PROWR ÂľFRVWUXLWRÂś GL 7VFKXPL DOOD SURIHVVLRQH IX FKLHVWD XQD ULVSRVWD FKLDUD H OD SDXUD GHOOD IRUPD GHO FRQFHWWR H GHOOÂśHVSHULPHQWR FRQWUR LO JXVWR GHO SXEEOLFR QHOOR VSD]LR SXEEOLFR GLYHQQH VHPSUH PLQRUH 1HO 3DUFR GHOOD 9LOOHWWH LO IDWWR GHOOD VXD UDGLFDOH UHDOL]]D]LRQH IX SL LPSRUWDQWH GHO FRQFHWWR LQ Vp VWHVVR 4XHVWR GLHGH XQÂśLQFUHGLELOH VSLQWD DOOD VSHULPHQWD]LRQH GL QXRYH YLH DOOD SURSRVL]LRQH GL VROX]LRQL LQVROLWH D FRQIURQWDUH OD JHQWH FRQ QXRYH LGHH GL FRVD LO QRVWUR PRQGR SRVVD HVVHUH FRQWHPSRUDQHDPHQWH SHUVRQH PROWR LQWHOOLJHQWL HG HVWUHPDPHQWH GÂśDYDQJXDUGLD SUHIHULURQR GL JUDQ OXQJD LO VHFRQGR

89

FODVVLILFDWR ´

,O SDUFR FRQWHPSRUDQHR 'RZQVYLHZ 3DUN

A distanza di vent’anni, nel corso dei quali gli architetti del paesaggio hanno dunque potuto portare avanti una sperimentazione molto piÚ spinta che in precedenza, un nuovo

89 ³:LWK WKH UHDOLVDWLRQ DQG EXLOGLQJ RI WKH YHU\ ¾EXLOWœ 7VFKXPL SURMHFW WKH SURIHVVLRQ ZDV DVNHG IRU D FOHDU UHSRQVH DQG WKH IHDU RI IRUP RI FRQFHSW DQG H[SHULPHQW DJDLQVW SXEOLF WDVWH LQ SXSOLF VSDFH EHFDPH OHVV DQG OHVV 6R LQ 3DUF GH OD 9LOOHWWH WKH IDFW RI LWV UDGLFDO UHDOLVDWLRQ ZDV PRUH LPSRUWDQW WKDQ WKH FRQFHSW LWVHOI 7KLV JDYH DQ LQFUHGLEOH SXVK WR WU\LQJ RXW QHZ ZD\V VXJJHVWLQJ XQXVXDO VROXWLRQV FRQIURQWLQJ SHRSOH ZLWK QHZ LGHDV RI ZKDW RXU ZRUOG FRXOG EH $W WKH VDPH WLPH YHU\ LQWHOOLJHQW DQG XOWUD DYDQWJDUGH SHRSOH PXFK SUHIHUUHG WKH VHFRQG SUL]H LQ WKLV FRPSHWLWLRQ ´

Stefan Tisher, )DVKLRQDEOH DQG 7UHQG\" in “Juncusâ€? n°1, (www.juncus.com), 2002.

46


concorso sembra rimettere nuovamente in discussione l’idea stessa di parco. Si tratta del concorso per il Downsview Park a Toronto90. Rispetto a Parigi, la situazione appare assai differente fin dalle condizioni di partenza: si tratta sempre della realizzazione di un parco urbano, ma il contesto è quello di un’area di urbanizzazione residenziale a bassa densità, tipica della città nordamericana, in cui le relazioni con il contesto in generale ed in particolare con il territorio oggetto di trasformazione (occupato da una base aerea e da un complesso industriale di cui per quest’ultimo non è prevista la dismissione immediata) sono assai deboli. Anche la natura per così dire “amministrativa” del parco è peculiare, si tratta infatti di un parco federale, un tipo di territorio dunque generalmente occupato dalla natura selvaggia, su cui è importante intervenire attraverso vincoli finalizzati alla tutela, in questo caso invece l’obiettivo è di creare una risorsa naturale, partendo da condizioni almeno in parte compromesse, inserita in un contesto urbanizzato fin dagli anni ’50 ed ormai centrale rispetto ad una conurbazione di dimensioni assai vaste. Per questo motivo, oltre che per un cambiamento nelle concezioni teoriche dell’architettura del paesaggio, l’elemento natura ha in questo caso assunto maggiore importanza. Dall’analisi dei materiali inviati dai progettisti si possono mettere in risalto alcuni fatti significativi: -

il progetto del parco è inteso come creazione di un processo di costruzione aperto al cambiamento ed alla crescita nel tempo, le differenti fasi in cui il progetto è suddiviso, in questo senso, si configurano come insieme di condizioni minime per innescare dei processi, più che come gradini successivi per arrivare ad un risultato di cui non vi è alcuna certezza. In questo l’inclusione nel processo del pensiero ecologico non ha più un valore assoluto, come era avvenuto negli anni ‘7091, per cui i meccanismi naturali sono essi soli in grado di determinare il risultato progettuale, ma diventa uno degli

90 Il concorso internazionale per il Downsview Park di Toronto è stato bandito nel 1999, al fine di trasformare una base dell’aeronautica militare canadese in un parco federale, della superficie di circa 130 ettari, pensato però come parco urbano (l’area è circondata fin dagli anni ’50 – ’60 da vaste estensioni urbanizzate) e non per la conservazione della natura selvaggia. Obiettivo del bando era la realizzazione di un paesaggio complesso in grado di offrire ricreazione attiva e passiva, promovendo e combinando temi innovativi come la sostenibilità ambientale e le nuove ecologie con l’eredità del sito, alcune parti del quale avrebbero conservato la loro funzione militare e industriale. Alla seconda fase del concorso hanno avuto accesso cinque gruppi (capeggiati rispettivamente da: Brown and Storey Architects, James Corner – Stan Allen, Foreign Office Architects, OMA - Bruce Mau, Bernard Tschumi), rigorosamente interdisciplinari, a cui è stato richiesto di prevedere uno sviluppo del parco per un arco temporale di 15 anni, suddivisi in tre stadi. Il progetto vincitore è risultato quello del gruppo OMA. 91 Vedi nota n° 25 47


elementi di cui tenere conto nel progetto, per raggiungere l’obiettivo formale prefissato, grazie al superamento dei limiti disciplinari tradizionali; -

in un certo senso il prevalere del ragionamento sulla natura ed i suoi processi ha portato alla “sparizione� dell’architettura e dell’attenzione per la struttura urbana, segnando dunque una decisa inversione di tendenza rispetto al concorso per La Villette;

-

il tentativo di apertura del parco alla città circostante rendendone porosi i margini, in assenza di un contesto fortemente caratterizzato, ha come risultato l’impressione che il parco potrebbe essere ovunque.

In particolare nel progetto vincitore, l’invenzione di un dispositivo formale ripetuto pressochÊ all’infinito, i dischi di alberi, che in un certo senso ripetono un meccanismo di crescita per semplice addizione tipico della realtà suburbana circostante, ripropongono l’idea di un approccio assolutamente astratto al tema della presenza naturale in città :

ÂłL GLVFKL GL

7UHH &LW\ VFLYRODQR IDFLOPHQWH WUD IRUPD H FRQFHWWR WUD JHQHUDOH H SDUWLFRODUH OR

92

VFLYRODPHQWR H QRQ LO GLVFR q OÂśLQYHQ]LRQH UDSSUHVHQWDWLYD Âł

e testimoniano chiaramente

della considerazione della natura come un manufatto. L’idea del parco come qualcosa in grado di auto-sostenersi, fa poi di questo progetto anche un meccanismo di crescita urbana, in cui è evidente fin dal titolo, Tree City una sorta di rovesciamento, per cui “JOL

DOEHUL

LQYHFH

GHJOL

HGLILFL

VHUYLUDQQR

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FDWDOL]]DWRUL

GHOOÂśXUEDQL]]D]LRQH *UXSSL GL YHJHWD]LRQH LQYHFH GL QXRYL FRPSOHVVL HGLOL]L IRUQLUDQQR OÂśLGHQWLWj GHO VLWR 8Q FRQWHVWR XUEDQR FRVWLWXLWR GD HOHPHQWL GHO SDHVDJJLR 7UHH &LW\ FHUFD GL RWWHQHUH GL SL FRVWUXHQGR GL PHQR SURGXFHQGR GHQVLWj JUD]LH DOOD SHUPHDELOLWj QDWXUDOH

93

VYLOXSSR GHOOD SURSULHWj FRQ XQ DUULFFKLPHQWR SHUHQQH ´

Il modello di espansione suburbana a bassa densitĂ consente la dissoluzione del parco nella cittĂ , ma, differentemente dalle proposte del Movimento Moderno, in questo caso è l’elemento vegetale che si costituisce come un territorio urbano formalmente strutturato in cui è possibile riconoscere percorsi, centralitĂ , elementi primari ed aree funzionali; in cui è 92 “7KH 7UHH &LW\ GLVNV VOLSSHG HDVLO\ EHWZHHQ IRUP DQG FRQFHSW EHWZHHQ VSHFLILF DQG JHQHUDO WKH VOLSSDJH QRW WKH GLVN LV WKH UHSUHVHQWDWLRQDO LQYHQWLRQ ´ Paul Lewis, 5HSUHVHQWDWLRQDO 3DUDGR[, in “Juncusâ€?, n° 1, www.juncus.com, 2002. Citato anche in: Linda Pollack, %XLOGLQJ &LW\ /DQGVFDSH FLW pag. 45 93 “7UHHV UDWKHU WKDQ EXLOGLQJV ZLOO VHUYH DV WKH FDWDO\VW RI XUEDQL]DWLRQ 9HJHWDO FOXVWHUV UDWKHU WKDQ QHZ EXLOGLQJ FRPSOH[HV ZLOO SURYLGH WKH VLWHÂśV LGHQWLW\ $Q XUEDQ GRPDLQ FRQVWLWXWHG E\ ODQGVFDSH HOHPHQWV 7UHH &LW\ DWWHPSWV WR GR PRUH E\ EXLOGLQJ OHVV SURGXFLQJ GHQVLW\ ZLWK QDWXUDO SHUPHDELOLW\ SURSHUW\ GHYHORSPHQW ZLWK SHUHQQLDO HQULFKPHQW ´

the OMA team, 7UHH &LW\ UHOD]LRQH GL SURJHWWR, in

Julia Czerniak RS FLW. pag. 74. 48


possibile prevedere la sovrapposizione di pratiche culturali e trasformazioni fisiche, capaci di assicurarne la sopravvivenza e lo sviluppo.

$O SDUFR FRPH LQ FLWWj LQ FLWWj FRPH DO SDUFR

Se dunque il parco tende a farsi cittĂ accogliendo al suo interno funzioni sempre piĂš complesse ed urbane, possiamo per assurdo affermare che la cittĂ aspiri a trasformarsi in parco?

Ăˆ possibile trasferire un meccanismo come quello del progetto di OMA per

Downsview in una realtĂ storicamente piĂš strutturata come quella del territorio europeo? Si può forse leggere nel risultato della progressiva diffusione della cittĂ un modello piĂš simile a quello della cittĂ giardino, o meglio ad una sua riduzione, a dispetto delle critiche un po’ apocalittiche, ma profetiche, di Karel Teige: “$ELWDUH LQ FDVHWWH XQLIDPLOLDUL VLD SXUH XPLOL FRQ XQ JLDUGLQR VLD SXUH SLFFROR YRUUHEEH GLUH ULYHUVDUH VXOOH PHWURSROL FRQ FHQWLQDLD GL PLJOLDLD H PLOLRQL GL DELWDQWL XQ GLOXYLR FKH LQRQGHUHEEH SUHVVRFKp OÂśLQWHUD VXSHUILFLH GHOOH WHUUH GHQVDPHQWH DELWDWH FRQVLGHUDQGR DQFRUD FKH LO GHVLGHULR GL XQD FDVD SURSULD FRQ XQ JLDUGLQR SURSULR GL UHJROD YD GL SDUL SDVVR FRQ LO GHVLGHULR GL XQD FDVD HVWLYD R SHU L ZHHN

94

HQGV QRQ UHVWHUj FKH ORWWL]]DUH OD PDJJLRU SDUWH GHOOD VXSHUILFLH GHO QRVWUR FRQWLQHQWH ´

Come osserva Stefano Boeri, la similitudine con questo modello è in realtà solo apparente, anzi un equivoco: ³,Q YHULWj EDVWD RVVHUYDUH FRQ XQ SRœ GL DWWHQ]LRQH LO SDHVDJJLR VXEXUEDQR YHQHWR ORPEDUGR R FDPSDQR SHU ULOHYDUH FRPH HVVL RVSLWLQR DUHH UHVLGHQ]LDOL VRUWH LO SL GHOOH YROWH LQ PRGR FXPXODWLYR SHU SLFFROH H VXFFHVVLYH DJJLXQWH  /D FDSDFLWj GL DGDWWDPHQWR GL TXHVWL LQVHGLDPHQWL GL YLOOHWWH DOOD FLWWj HVLVWHQWH q LQIDWWL JDUDQWLWD SURSULR GDOOD IOHVVLELOLWj GHO VLQJROR PDQXIDWWR HGLOL]LR FKH SXz FRPSRUVL LQ XQD VFKLHUD IRUPDUH XQ HQFODYH VWDELOLUH XQD VHTXHQ]D SXQWLIRUPH PD DQFKH FDPELDUH IRUPD SHU VXFFHVVLYH DJJLXQWH GL YROXPL H DWWUH]]DWXUH  'LIIHUHQWHPHQWH GDO VXR RPRORJR VWDWXQLWHQVH OD YLOOHWWD LWDOLDQD RVSLWD LQVRPPD XQD HVSHULHQ]D GL YLWD UDGLFDWD QHO WHUULWRULR FKH SHU TXDQWR VXE XUEDQD QRQ q PDL DQWL XUEDQD  VHPEUD LQVRPPD QHO EHQH H QHO PDOH LO SULQFLSDOH HOHPHQWR FRQQHWWLYR GHOOD QXRYD GLPHQVLRQH XUEDQD DQ]LFKp LO VXR DQWLGRWR 8Q FROODQWH IDWWR GL XQD JUDQD ILQLVVLPD GL RJJHWWL VROLWDUL PD QRQ LVRODWL IOHVVLELOL HSSXUH EHQ

94 Karel Teige, 6XOOÂśDUFKLWHWWXUD H OD QDWXUD, in “Surrealismo, Realismo socialista, Irrealismo 1934– 1951â€?, Einaudi, Torino, 1982, ed. or. in L. Zak, Il paesaggio abitabile, 1947. 49


ILVVDWL QHOOH WUDGL]LRQL ORFDOL XQD FDSVXOD FKH VL GLVLQWHUHVVD GHOOR VSD]LR FKH OD FLUFRQGD SXU

95.

WHQHQGRVL LQ UHWH FRQ LO UHVWR GHO PRQGR´

La diffusione degli insediamenti è dunque arrivata a superare il tradizionale rapporto tra concetto di urbanitĂ e densitĂ , o anche solo presenza, edilizia. I territori sono considerati urbani soprattutto in rapporto all’esistenza di soggetti che innescano con essi una serie di relazioni, percettive, fruitive, emotive e svolgono una serie di pratiche, tipiche od analoghe a quelle della cittĂ in senso tradizionale. Questi soggetti e queste pratiche, però, si susseguono nello spazio e nel tempo secondo comportamenti differenziati e frammentati che si sovrappongono ed intersecano, dando luogo a domande, bisogni e prioritĂ non piĂš aggregati, condivisi e gerarchizzati come accadeva per la cittĂ del passato. Proprio per questo, come fa notare Bernardo Secchi, “DEELDPR GLIILFROWj D FRJOLHUH QHJOL VSD]L PXWHYROL HG LQIRUPDOL GHOOD FLWWj FRQWHPSRUDQHD D ULGRVVR GL SUDWLFKH VRUSUHQGHQWL H QRQ DQFRUD FRGLILFDWH QHO GLOXYLR

�.96

GL LPPDJLQL FKH OD LQYHVWH L JHUPL GL XQD SRVVLELOH QXRYD HVWHWLFD XUEDQD

95 Stefano Boeri, 9LOOHWWH QHL FDVVHWWL, 1996. 96 Bernardo Secchi, La cittĂ Europea e il suo progetto, Venezia, 2001. pag. 5. 50


,/ 9(5'( &20( 2**(772

Secondo le statistiche del Comune97, Torino è la città italiana con il maggior rapporto di superficie verde per abitante (16,34 mq). Torino è dunque una città molto “verde”. La lettura disaggregata dei dati statistici conferma la disomogeneità di questo dato, di per sé evidente all’osservazione diretta: la distribuzione delle aree verdi oscilla tra i 6,74 mq/ab della circoscrizione 1 ed i 42,37 della circoscrizione 8. La suddivisione in categorie “tipologiche” del verde che viene riportata nei dati comunali, tuttavia, non ci fornisce informazioni chiare sulle sue caratteristiche fisiche, essendo le suddivisioni operate sulla base di un criterio che mescola sullo stesso piano caratteristiche spaziali, localizzative, funzionali e gestionali. I materiali di seguito presentati costituiscono un tentativo di analizzare le caratteristiche degli spazi verdi contemporanei della città di Torino grazie al confronto tra parti di città differenti. È stato compiuto un processo di campionatura e classificazione che, come tutte le operazioni analitiche di questo genere, soprattutto se rivolte ad una realtà complessa come una città, presenta limiti evidenti. È utile sottolineare che si tratta di una lettura intenzionalmente e consapevolmente orientata a sottolineare alcune caratteristiche dello spazio urbano a scapito di altre. D’altra parte già la scelta di limitare l’osservazione ad un elemento così specifico, il verde appunto, basterebbe da sola ad allontanare qualunque tentazione, peraltro illusoria, di esaustività. Gli spazi verdi sono stati innanzi tutto considerati come “oggetti”, ovvero come episodi spaziali delimitati e dotati di un certo grado di autonomia. Nel porre l’attenzione sulla possibilità di “isolare” tali entità spaziali, determinandole sulla base dell’articolazione e delle caratteristiche formali, si è cercato di non trascurare la loro capacità di costruire relazioni con ciò che le circonda, considerandole però come contributo alla costruzione di luoghi riconoscibili, piuttosto che concentrando l’attenzione sul sistema che permettono di costituire. Per quanto riguarda la città consolidata, l’osservazione ha permesso di riconoscere, anche di fronte a interventi di trasformazione recenti, la ricorrenza di alcune modalità di

97 Sito ufficiale del Comune di Torino: KWWS ZZZ FRPXQH WRULQR LW DPELHQWH YHUGH VWDWBYHUGH KWPO

51


organizzazione spaziale che è stato possibile suddividere, ad un livello piuttosto generale, in sei differenti gruppi, definiti “oggetti tipo”98. In essi è possibile riconoscere un forte legame con la tradizione storica dell’architettura urbana:

-

Viale: sequenza lineare di alberature legata ad un percorso. Si tratta di un sistema di organizzazione del territorio agricolo che entra a far parte del panorama urbano in maniera sistematica a partire dalla fine del ‘700, di cui ancora oggi rimane costante il rapporto con l’idea del movimento.

-

Parco: idea di riproduzione, più o meno mimetica ed esclusiva, di un ambiente prevalentemente naturale all’interno dello spazio urbano, da cui si distingue per contrasto sia nei materiali costitutivi che, spesso, per modalità compositive e possibilità di utilizzo.

-

Square: piazza con verde disegnato, non importa se secondo schemi regolari o più naturalistici, ma caratterizzato dal fare parte dello spazio urbano a tutti gli effetti99.

-

Riva: in generale si tratta di una modalità per gestire il rapporto tra spazio urbano ed elementi geografici particolarmente significativi, il caso più comune è legato alla presenza dell’acqua (fiumi, laghi, canali, mare), ma può trattarsi anche di un forte dislivello orografico.

-

Aiuola: verde usato come elemento decorativo allo stato puro, in questo caso la fruizione è prevalentemente visiva (al limite olfattiva), senza possibilità di attraversamento e interazione.

98 Non si è volutamente fatto uso del termine “tipologia” a causa della effettiva difficoltà, di fronte ad una fruizione dello spazio urbano sempre più estesa, mobile e temporanea, dispersa su un ambito territoriale assai vasto, di assegnare con precisione ed in maniera univoca un significato ai rapporti tipici di carattere minuto con il contesto che sono sottesi ad uno schema distributivo ricorrente. In questo senso lo sforzo di definire in maniera più precisa delle tipologie dello spazio aperto avrebbe comportato come conseguenza la difficoltà, se non l’impossibilità, di utilizzarle come termini di confronto al di fuori dei limiti della città storica. Nella determinazione delle categorie degli oggetti tipo si è perciò prestata attenzione, oltre alle caratteristiche fondamentali della loro organizzazione spaziale, soprattutto a determinate caratteristiche ambientali, alle modalità ed al senso dello stare e del muoversi, al tipo di rapporti esistenti tra interno ed esterno, piuttosto che alla corretta determinazione ed alla ricorrenza di forme ripetibili. 99 È bene precisare che in questo caso viene preso in prestito e deliberatamente generalizzato un termine dal significato storico assai più specifico a cui si è accennato già in precedenza. Cfr. Franco Panzini, 2S FLW , pag.144. 52


-

Giardino: verde addomesticato in cui prevale la dimensione privata, sia dal punto di vista spaziale, con tendenza alla separatezza ed alla chiusura rispetto agli spazi pubblici e ad altri spazi privati, sia fruitivo.

Per ogni oggetto tipo, attraverso l’osservazione diretta se ne è verificata la ricorrenza all’interno delle aree campione prese in esame, si è individuato un esempio particolarmente rappresentativo, icona torinese della categoria, e si è effettuato il confronto con esempi storici analoghi, arrivando a definire un “oggetto icona” in senso assoluto. Questi dodici oggetti esemplari, torinesi e non, sono stati poi confrontati con gli spazi verdi analizzati all’interno dell’area studio prescelta. Per quanto riguarda questi ultimi non è praticamente possibile fare considerazioni generali sulle loro caratteristiche specifiche, trattandosi di spazi del tutto eterogenei per quanto riguarda dimensioni, destinazione d’uso, grado di formalizzazione a livello architettonico, stato di manutenzione, relazioni con il contesto. È possibile, tuttavia, ad un livello ancora più generico riconoscere alcune caratteristiche che li accomunano, anche se forse non tutti in uguale misura, e li differenziano dagli spazi verdi della città consolidata. Innanzi tutto l’assenza di una contrapposizione netta con un tessuto edilizio continuo rende più incerte le delimitazioni che in molti casi non hanno più nulla a che fare con il concetto di limite o confine, per avvicinarsi a quello di “area di influenza”, talvolta sono determinate da elementi fisicamente quasi trascurabili o labili ed effimeri, oppure dal peso spaziale e percettivo degli elementi presenti al loro interno e circostanti, questi ultimi nella maggior parte dei casi del tutto autonomi. La possibilità di individuare e delimitare gli spazi varia perciò molto dal punto e dalle modalità di osservazione. Questa caratteristica rende la rappresentazione cartografica tradizionale, basata sulla proiezione orizzontale, del tutto insufficiente a descriverne le caratteristiche. A questa assenza o estrema debolezza delle separazioni fisiche fa da contrappunto, in molti casi, una difficoltà di accesso, dovuta alla natura “non progettata” di terreno e vegetazione in spazi di cui non è prevista la percorribilità. Raramente, e comunque solo nei casi di un legame con la residenza, è stato possibile riconoscere un’attribuzione intenzionale di valore rappresentativo agli spazi verdi che, anche quando frutto di un intervento progettuale, si caratterizzano per l’estrema povertà dei materiali impiegati. Soprattutto in corrispondenza dei principali nodi di traffico automobilistico, la presenza di elementi tecnici (soprattutto di illuminazione), segnaletici e cartelloni pubblicitari, si avvicina quasi a quella delle essenze vegetali, assumendo un certo peso nella definizione dello spazio. 53


Il verde a Torino Aree verdi e alberature *

0 320 km

parco fluviale 3.280.000 mq

130.170.000 mq

fiumi

70 km

14.731.806 mq

verde BANCHINA alberata VERDE concessione GIARDINO PARCO PIAZZALE alberato VERDE scolastico SPONDE fluviali VERDE vario VERDE sportivo

= 25 alberi

1.759.140 mq 375.846 mq 2.605.975 mq 5.541.288 mq 300.731 mq 1.914.786 mq 245.271 mq 690.671 mq 134.191 mq 14.731.906 mq

TOTALE

alberi nel territorio comunale di Torino = 150.000

alberi potati durante una stagione di potature = 5.000 0

16,34 mq

* fonte: Comune di Torino

98 mq

alberi su viale = 65.000

54


,O YHUGH QHOOD FLWWj FRQVROLGDWD

55


,QGLYLGXD]LRQH GHOOH DUHH FDPSLRQH

56


$& B 3LD]]D &DVWHOOR

$& B $& B

C.so Regina Margherita

Giardini Reali

$& B

C.so S. Maurizio $& B

Piazza Castello

$& B

$& B

viale

Parco urbano

$& B

$& B

aiuola

viale 57


$& B 3RUWD 1XRYD

$& B

$& B

P.za C. Felice

C.so Vittorio Emanuele

AC2_02

AC2_01

Square

viale

58


$& B &RUVR 6WDWL 8QLWL

$& B

C.so G. Ferraris

$& B

C.so Trieste

AC3_01

AC3_02

viale

Giardino

59


$& B *UDQ 0DGUH

$& B

Parco I. Michelotti

$& B

L. Po Piemonte

$& B

Via Bezzecca

AC4_01

AC4_02

Riva

Parco

AC4_03

60

Giardino


$& B 3DOD]]R GL *LXVWL]LD

$& B

P.za Adriano

$& B $& B

C.so Vittorio Emanuele II

Via Falcone

AC5_01

Square

AC5_02

AC5_03

Viale

61

Square


$& B 3DUFR GHO 9DOHQWLQR

$& B

Parco del

$& B $& B

C.so G. Marconi

L. Po Sardegna

AC6_01

AC6_02

Parco

Viale

AC6_03

62

Riva


$& B 3LD]]D 6WDWXWR

$& B

P.za Statuto

$& B

C.so S. Martino

AC7_01

AC7_02

Viale Viale

Square

63


$& B 9LD 6HUYDLV

$& B

Via G. Servais

$& B

Via G. Servais

$& B

Via P. Cossa

AC8_01

Giardino

AC8_02

AC8_03

Parco

64

Viale


$& B 4XDUWLHUH )DOFKHUD

$& B

Via dei Platani

$& B

Case SNIA

AC9_01

AC9_02

Viale

Giardino

65


&RPSDUD]LRQH GHOOD GHQVLWj H GLVWULEX]LRQH GHO YHUGH QHOOH DUHH FDPSLRQH

AC1_ Piazza Castello

AC2_ Porta Nuova

AC3_ Corso Stati Uniti

AC4_Gran Madre

AC5_ Palazzo di Giustizia

AC6_ Parco del Valentino

AC7_ Piazza Statuto

AC8_Via Servais

AC9_ Quartiere Falchera

66


Distribuzione degli oggetti-tipo Parchi

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Distribuzione degli oggetti-tipo Rive

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Distribuzione degli oggetti-tipo Square

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Distribuzione degli oggetti-tipo Viali

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$QDOLVL GHJOL RJJHWWL WLSR H LQGLYLGXD]LRQH GHJOL RJJHWWL LFRQD

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2JJHWWL LFRQD H VYLOXSSR XUEDQR GL 7RULQR

1760 Fine XVII secolo

1802 concorso per il piano regolatore Progetto G. Pregliasco

1802 concorso per il piano regolatore Progetto Bonsignore—Boyer—Lombardi

1819

1834 72


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Corso Vittorio Emanuele II

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9LDOL

Confronto con esempi storici

Cours de la Reine Parigi

Campo Vaccino Roma

Sistema degli acquedotti Livorno

Glacis Vienna 74

Paseo da Gracia Barcellona

Passeggiata Reale Tulouse

Badminton House Glouchester


9LDOL

Confronto con esempi storici Oggetto icona - Champs Elysees Parigi,

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6TXDUH

Piazza Carlo Felice

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6TXDUH

Confronto con esempi storici

Square Batignolles

Square dea Arts et MetiĂŠres Parigi

Red Lion Square Londra

Place Royale Parigi

Viktoria Luise Platz Berlino 77


6TXDUH

Confronto con esempi storici Oggetto icona - St. James Square, Londra

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5LYH

Lungo Po Piemonte

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5LYH

Confronto con esempi storici

Lungolago Ginevra

Porto Bordeaux

Isolabella Lago Maggiore

Lungomare a Chiaia Napoli

Lungotevere Roma

Lungo Loira Nanates

Paesaggio fluviale da un affresco di Pompei

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5LYH

Confronto con esempi storici Oggetto icona - Sponde dei fiumi Ljublianica e GradaĹĄĂžica a Lubiana

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3DUFKL

Parco del Valentino

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3DUFKL

Confronto con esempi storici

Parc de Montsouirs Parigi

Parc Buttes-Chaumont Parigi

Hyde Park Londra

Giardini Tuileries Parigi

Tiergarten Berlino 83

Volkspark Rehberge Berlino


3DUFKL

Confronto con esempi storici Oggetto icona - Central Park a New York

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*LDUGLQL

Corso Duca D’Aosta

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*LDUGLQL

Confronto con esempi storici

Giardini privati dal trattato di Frank J. Scott: “The art of beautificating suburban home grounds of small extent R. Guevrekian villa noailles

Giardino medioevale

Tulouse

JMOlbrich Giardino per la propria casa a Darmstadt

H. Tessenov, Siedlung Hollerau

L. Migge Modello di casa per colono professionale 86


*LDUGLQL

Confronto con esempi storici Oggetto icona - Welwyn Garden City

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$LXROH

Palazzo Madama

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$LXROH

Confronto con esempi storici

Aiuole su Boulevard du Prince Eugéne, Parigi

Spazi verdi del 22° distretto, Vienna

Parco di muskau

Verde ornamentale dal trattato di Antoine Joseph Dezalier d’Argenville

Aiuole su rue de Jassain, Parigi 89


$LXROH

Confronto con esempi storici Oggetto icona - Orologio di fiori al Jardin Anglais

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perimetrazione delle aree verdi

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Individuazione degli oggetti campione nell'area studio

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Gli oggetti campione nell'area studio: rapporto con aree verdi

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Gli oggetti campione nell'area studio: rapporto con aree edificate

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Gli oggetti campione nell'area studio: rapporto con linee elettriche aeree

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Gli oggetti campione nell'area studio: in rapporto con il sistema delle acque di superficie

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Gli oggetti campione nell'area studio: rapporto con principali infrastrutture di trasporto

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Gli oggetti campione nell'area studio: rapporto con le grandi "figure" della pianificazione territoriale

PRUSST "tangenziale verde"

Parco del Po Torinese

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Confronto dimensionale tra oggetti campione e oggetti icona

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Corso Vittorio Emanuele II

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Avenue des Champs ElysĂŠes

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Parco del Valentino

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Central Park

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Lungo Po Piemonte

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Ljubljiana

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Palazzo Madama

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Horloge Fleurie

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Saint James Square

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Welwyn Garden City

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Le pagine che seguono costituiscono una sorta di ipotetico catalogo, estremamente eterogeneo (e che non pretende di essere completo né esaustivo), di “materiali verdi” che è possibile utilizzare nel progetto. Il termine materiale va inteso qui in un’accezione piuttosto ampia, che solo in relativamente pochi casi coincide con il comune concetto di materiale. In parte questa interpretazione fa riferimento al concetto di “materiale urbano” di Bernardo Secchi100, ma tende a escludere l’ipotesi di un processo eccessivamente meccanico di montaggio che tale idea comunque comunica. Piuttosto è proprio la ricerca di una precisa relazione con il progetto a costituire la chiave di lettura ed il criterio di selezione dei materiali raccolti. Si è cercato cioè di definire una serie di temi trasversali che, attraversando epoche101 e ambiti disciplinari differenti, permettano di focalizzare aspetti specifici dell’approccio al problema del progetto del verde e con il verde. Ad ognuno dei dodici “materiali” di seguito descritti ed esemplificati è cioè possibile associare un corrispondente atteggiamento progettuale (ad alcuni dei quali si è già fatto un accenno nel primo capitolo). La continua oscillazione tra discipline diverse, tra la grande dimensione e la estremamente piccola, tra temi assai generali e soggetti decisamente specifici è nata perciò dalla necessità di evidenziare i vari aspetti e le possibili declinazioni di tali atteggiamenti, ricercandoli laddove hanno trovato gli strumenti più adeguati per la loro espressione; necessità che, al di là dello specifico di questo lavoro, corrisponde allo sfumarsi progressivo di tutte le suddivisioni dell’attività creativa, della ricerca e del sapere, in ambiti distinti che sempre più evidentemente caratterizza la contemporaneità. La scelta di concentrarsi sul problema del progetto come fatto autonomo, ha inoltre portato alla rinuncia ad affrontare il tema del verde come materiale dal punto di vista dei suoi risvolti tecnologici, aspetto sicuramente interessante ed in pieno sviluppo, ma che, come già sottolineato in precedenza, esula dagli obiettivi di questa ricerca. Affrontarlo avrebbe necessariamente significato restringere il campo a quegli aspetti su cui la ricerca ha avuto uno 100 vedi nota 6. 101 Pur non essendo stata operata una selezione in base ad un criterio cronologico, tuttavia sono stati presi in considerazione progetti a partire dal Movimento Moderno, che come già sottolineato è possibile individuare come momento di soglia in cui avviene, almeno nelle intenzioni dichiarate, il passaggio del verde a elemento costitutivo del tessuto urbano con pari dignità rispetto agli altri ed in cui il verde stesso inizia ad essere considerato anche come un materiale edilizio. 139


sviluppo maggiore, supportata dall’interesse del settore produttivo, a scapito di altri che sono apparsi comunque altrettanto degni di nota. Per le necessità di questo lavoro è sufficiente sottolineare come l’esistenza di tale interesse crescente da parte dell’industria edilizia sia apparso uno degli elementi che oggi rendono legittimo questo approccio al tema del verde. Ogni “materiale” di seguito raccolto è illustrato da una breve descrizione tesa a chiarirne l’interpretazione e da un numero variabile di schede che raccolgono progetti e realizzazioni che rappresentano delle esemplificazioni di tale tema. Ogni scheda è costituita da alcune immagini e da una breve descrizione dell’intervento.

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Enric Battle e Joan Roig: Parc de la Riera, Sant Cugat del Valles, Spagna, 1998

Parco realizzato per una nuova cittĂ nei pressi di Barcellona. Obiettivo del progetto era la definizione di alcune linee generali per il disegno dello spazio aperto ripetibile in tutti gli spazi intermedi tra un parco naturale esistente e la nuova cittĂ , in modo da renderla parte di un paesaggio unitario. Il progetto si basa su una serie di dispositivi molto semplici e chiari tratti dal paesaggio agricolo circostante: una piantata regolare di pioppi permette di determinare una griglia che regola i percorsi pedonali e carrabili, mentre tutti gli spazi aperti sono seminati a prato. I sentieri del parco si connettono con i percorsi della cittĂ , elementi architettonici in ferro e legno disegnati con grande semplicitĂ (cancelli, pensiline, ponti che attraversano il fiume) segnano i punti significativi, dando unitĂ al sistema degli spazi aperti. 142


AGRICOLTURA _ 02

Agnes Deanes: “Wheatfield—A Confrontation” New York, 1982

Progetto realizzato come intervento artistico nello spazio pubblico in un lotto di due acri (circa 8.000 mq) a Battery Park, a due isolati da Wall Street. Il progetto è consistito nella preparazione del terreno, nella semina e nella mietitura di un campo di frumento, il cui raccolto è stato poi portato in 28 diverse città del mondo per essere idealmente ripiantato in diverse parti del mondo. In questo intervento, realizzato paradossalmente su un lotto di Manhattan dal valore stimato di 4,5 miliardi di dollari dell’epoca, l’immagine del terreno agricolo e l’azione stessa del coltivare assumono significato come simbolo di una riflessione sulla gestione del cibo e dell’energia, sull’economia, la produzione e il commercio a scala planetaria, sugli sprechi e sull’inquinamento. 143


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Desvigne e Dalnoky: Parco urbano a Issodun, Francia, 1994

Sorto su un’area occupata da appezzamenti di terreno tradizionalmente dati in concessione dall’amministrazione comunale a privati per essere coltivati ad orti e frutteti (analogamente agli allotment garden inglesi), questo parco è stato disegnato combinando la memoria agricola del luogo con la tradizione del giardino formale francese. Da ciò nasce la suddivisione del terreno in rettangoli allungati suddivisi da percorsi in parte in terra battuta ed in parte serviti di passerelle per essere accessibili anche in periodi di cattivo tempo, nonché il reticolo meno fitto di percorsi che riprendono l’andamento degli isolati circostanti, filari di salici, arbusti ed aiuole di iris.

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Fernando Caruncho: Mas de les Voltes, Ampurdan, Spagna, 1995

Progetto per il parco di una villa privata in una regione agricola della Spagna. L’autore, un progettista di giardini, si è ispirato in questo caso alla tradizione agricola del luogo, intervenendo sulle colture esistenti e realizzando un giardino geometrico di ulivi e cipressi alternati ed un parterre di grano. In questo caso avviene una sorta di rovesciamento per cui l’immagine del campo di grano e dell’uliveto conservano solo su un piano evocativo il legame con il lavoro e la produzione, come richiamo alle tradizioni locali e nostalgia per il passato. Il valore utilitario viene sostituito da quello decorativo.

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Robert Fishli e Peter Weiss, “Garten” Munster, Germania, 1996/97

Il giardino realizzato dai due artisti svizzeri differisce apparentemente molto poco da un normale orto. Alla base del loro lavoro sta infatti non tanto la riflessione formale, quanto quella sui processi legati alla coltivazione ed al consumo delle piante alimentari: il prodotto del giardino deve essere sufficiente a nutrire almeno una famiglia di dodici persone, mentre molta attenzione viene prestata alla disposizione delle varie colture in modo da favorire gli accostamenti più produttivi, ai metodi naturali di protezione dagli animali nocivi, in modo da conciliare grazia visiva ed efficienza produttiva. Questo progetto si può ricollegare alle ricerche di Beuys sul valore della cultura come parte del processo artistico. In particolare la riflessione è concentrata sulla sperimentazione di tecniche agricole “naturali”.

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Roberto Gabetti e Aimaro Isola: Progetto di concorso per l’area Pirelli alla Bicocca, Milano, 1986-88

In questo progetto per il nuovo polo tecnologico della Pirelli, il rapporto con il paesaggio agricolo passa attraverso una riflessione sulla geografia dei luoghi. Il progetto infatti si insedia riprendendo ed evidenziando i segni della suddivisione ponderale a tratti ancora presenti nella zona. Nasce così una doppia orditura di tracciati paralleli che si incontrano secondo un angolo di 90°. Nel punto di incontro, una galleria vetrata parallela alla linea ferroviaria attraversa il centro dell’insediamento, che per il resto è caratterizzato da un sistema di coperture verdi inclinate e poste a diversi livelli da cui spiccano serre ed elementi più alti. Il linguaggio degli edifici e la presenza di una così grande quantità di verde riportano ad un paesaggio aperto ed ameno in cui coesistono i luoghi del lavoro, del tempo libero e la residenza, associando qualità ambientale e architettonica.

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Installazione temporanea inserita nel programma di riqualificazione del bacino industriale della Ruhr e finanziata dall’International Building Exhibition il piĂš importante programma relativo all’arte ed all’architettura finanziato dal governo tedesco. Il progetto interessa l’unica collina naturale rimasta nella zona, un antico luogo di culto pagano su cui nell’ottocento fu costruito un monumento al cancelliere Bismarck. Si basa su un disegno ritmato delle colture, granturco e trifoglio che si alternano in fasce, seguendo l’andamento tracciato delle linee elettriche presenti nella zona che si combina con l’asse segnato dal monumento, evidenziato da un lungo corridoio realizzato con muri di balle di fieno impacchettate con plastica rossa, l’incrocio tra i due tracciati è segnato da una stanza circolare realizzata con balle avvolte di plastica nera e pavimento di carbone, materiali legati alla produzione agricola ed alla memoria industriale del sito.

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ProprietĂ agricola che si estende per oltre 240 ettari e comprende un paesaggio molto vario con terreno ondulato, una foresta molto fitta ed una cava di argilla di 30 ettari circondata da terreno sterile. Il progetto aveva l’obiettivo di creare un’azienda agricola e un centro di allevamento e addestramento per cani da corsa, migliorando al contempo le caratteristiche del paesaggio naturale. L’intervento è consistito inizialmente in un processo di sottrazione, disboscamento selettivo e bonifica dei suoli effettuato direttamente sul sito con la collaborazione dei conduttori dei fondi, che ha permesso di realizzare un successivo intervento con la creazione di percorsi e piantumazioni che, combinando la tradizione del giardino formale e di quello paesistico è in grado di esaltare e rendere accessibili le bellezze naturali del luogo, attraverso un dialogo tra elementi artificiali e natura selvaggia. 149


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%26&2 B

Joseph Beuys, 7000 querce, Documenta 7, Kassel, Germania, 1982

Progetto artistico, realizzato nel 1982 in occasione della esposizione “Documenta 7â€?, che prevedeva di piantare 7000 alberi di quercia nell’area urbana di Kassel. Ogni pianta era rappresentata da una lastra di basalto, iniziamente accatastata davanti all’ingresso dell’edificio sede della manifestazione ed in seguito collocata ai piedi dell’albero stesso, in modo da rendere immediatamente visibile per i visitatori lo sviluppo del progetto. Per Beuys l’atto primordiale di piantare alberi, cosĂŹn come quello di coltivare la terra è un aspetto fondamentale della creativitĂ umana, ciò fa parte della WHRULD GHOOD VFXOWXUD FRPH SODVWLFD VR FLDOH che lo portò alla costituzione della Fondazione per la Rinascita dell’Agricoltura, con intenti di propagandare attraverso un metodo agricolo non basato sullo sfruttamento, la nascita di un sistema economico ed un ordinamento sociale alternativi rispetto al capitalismo.

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%26&2 B

Desvigne e Dalnoky: Progetto per Greenwich Peninsula, Londra, 1999.

Progetto per la sistemazione paesaggistica dell’area del “millennium Dome” e della “Millennium Exibition” a Londra. Il progetto si basa sull’idea di piantare vaste aree con alberi di specie differenti, come scelta tesa ad enfatizzare una condizione di tabula rasa, infatti il terreno del sito era contaminato ed è stato necessario rimuoverlo interamente per l’operazione di bonifica. Questa operazione ha impedito di basare il progetto sulla preesistenza di tracce o memorie storiche del luogo. Si è deciso quindi di costruire un nuovo paesaggio partendo da una ipotetica condizione originaria.

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%26&2 B

Italia Nostra—Comune di Milano: Bosco in città 1974

Si tratta di un’attività di costruzione di un parco pubblico milanese iniziata venticinque anni or sono. Il parco è realizzato su aree comunali dall’associazione Italia Nostra attraverso un rapporto di collaborazione con l’Amministrazione comunale. L’iniziativa viene avviata con l’obiettivo molto semplice di piantare un bosco con il lavoro domenicale di gruppi di cittadini volontari. L’Amministrazione comunale nel 1974 dà in concessione 35 ettari per nove anni nella zona ovest della città ed un nucleo operativo appositamente costituito organizza da una parte un gruppo interdisciplinare per progettare il parco, dall’altra i mezzi, le risorse e il lavoro dei volontari che realizzeranno le piantagioni. Al termine del novennio le piantagioni sono terminate e l’iniziativa è diventata un laboratorio di esperienze sulla produzione del verde cittadino: si è realizzata una piccola azienda per la produzione del verde, che costruisce e cura il parco coinvolgendo volontariato cittadino. Nel 1984 l’Amministrazione rinnova la concessione consegnando, nell’occasione, ulteriori 15 ettari che portano così il “Bosco in città” a 50 ettari; viene anche deliberato un contributo fisso annuo e deciso che si procederà ad “attrezzare” il parco per i frequentatori. La gestione del parco da parte dell’associazione assume una forma più strutturata: si costituisce un “Centro della forestazione urbana” che coordina tutte le iniziative svolte nell’ambito del “Bosco in città”. Nel 1994 l’Amministrazione rinnova la concessione delle aree del “Bosco in città” e vengono concessi ulteriori 30 ettari di aree portando la superficie complessiva a 80 ettari. Il progetto dell’ampliamento sviluppa le idee e esperienze maturate: il nuovo parco si integra nel territorio circostante, una rete di percorsi collega le aree agricole ed i quartieri del parco, le acque irrigue ed i bacini del parco costituiscono un sistema integrato al servizio di agricoltura e verde pubblico, si programma una sequenza continua di aree naturali, che si sviluppano dai confini del Comune a nord fin dentro il verde pubblico previsto a sud del “Bosco in città”, realizzando un corridoio ecologico che entra tra i quartieri cittadini. 153


%26&2 B

MVRDV Light Urbanism: The City Center of Rotterdam Taken Over By Nature, town planning study for the IJsselmonde Island, Rotterdam, 1995.

Progetto per la realizzazione di 13.500 alloggi, si basa su un modello di urbanizzazione leggera sia nel senso di una bassa densità (7-10 abitazioni per ettaro), sia per i materiali e le tecniche costruttive impiegate, sia per la dotazione limitata di reti infrastrutturali pesanti (con il tentativo di limitare al massimo cavi e tubazioni), sia per l’immagine effimera dell’insediamento. Fissato un budget per ogni abitazione è possibile realizzare infinite configurazioni e aggregazioni, rispetto al rapporto tra edifici e spazio aperto, oscillando tra il modello delle villette con giardino, all’idea di un enorme spazio comune da riempire con una foresta, come riserva naturalistica.

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%26&2 B

Bert Theis: Progetto per il quartiere Isola a Milano, 2001

Progetto di intervento artistico realizzato nel contesto delle attività promosse dall’associazione Cantieri Isola, per la sensibilizzazione del quartiere e l’opposizione alla realizzazione del progetto per la “Città della Moda” nell’area Garibaldi—Repubblica. Una parte del progetto prevede di dipingere di bianco un muro esistente in un verde pubblico ricavato in area di risulta come segno di riconoscimento e di collocarvi dei punti di sosta. L’altra parte, che prevede di coprire ogni porzione di terreno inedificato con una fitta vegetazione di tipo tropicale, pur partendo da presupposti ideologici esattamente opposti, porta alle estreme conseguenze l’idea del M.M. della natura che entra in città come sfondo continuo per l’architettura. Le due parti del progetto esprimono una forte contraddizione, la prima parte si rivolge con attenzione alla fruibilità per gli abitanti con mezzi minimi ed accettando la frammentarietà della condizione urbana contemporanea, la seconda nega tutto ciò proponendo un intervento radicale e “inospitale” 155


%26&2 B

West 8 Sistemazione paesistica dell’aeroporto di Schipol, Olanda, 1994 – 98

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Il progetto prevede di piantare 125.000 betulle all’anno per otto anni creando una sorta di tessuto verde continuo che si insinua in tutti gli spazi aperti dell’infrastruttura aeroportuale e negli interstizi tra gli edifici dei terminal, gli hangar, i parcheggi, colonizzandoli con una foresta in rapida crescita che si estende per 2000 ettari e crea un’identità unitaria per tutto il complesso. L’anonimia e la leggera angoscia che caratterizzano gli spazi aeroportuali, viene così contrastata con la realizzazione di un paesaggio fortemente caratterizzato che si ritrova con la sua atmosfera tranquilla e rassicurante ovunque.

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Heather Ackroyd e Dan Harvey: Theaterhaus Gessnerallee, Zurigo, 1993

I primi esperimenti di Ackroyd e Harvey con la crescita verticale dell’erba risalgono al 1990 con l’installazione “The other Side” realizzata a Bussana Vecchia (IM). Nel progetto per il Theaterhaus Gessnerallee, in passato centro equestre della cavalleria svizzera trasformato in un rinomato centro per il teatro contemporaneo, l’intera facciata dell’edificio viene ricoperta da uno spesso strato di erba. In seguito, con l’aiuto del prof. Howard Thomas dell’Institute of Grassland and Environmental Research (IGER) in Aberystwyth, Galles, I due artisti hanno sviluppato un tipo d’erba in cui il processo di invecchiamento è molto rallentato, e questo ha permesso loro di utilizzarne le caratteristiche fotosensibili per realizzare delle vere e proprie immagini.

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Emilio Ambasz: pogetto di concorso per gli uffici centrali ENI, Roma, Italia, 2000

Il progetto interessa la torre per uffici di 20 piani costruita nel 1963 alla testata del laghetto artificiale dell’EUR e prevede una completa ristrutturazione sia funzionale che estetica. In particolare sono previsti interventi radicali per le facciate est e ovest i cui superati e termicamente poco efficienti curtain walls saranno sostituiti da strutture a doppia parete con vetrata interna da pavimento a soffitto ed una struttura esterna ricoperta interamente da verde rampicante ad est e da un sistema regolare di piante in vaso ad ovest. Questa soluzione per le facciate permette di associare un notevole abbattimento dell’accumulo di calore attraverso i vetri con un’immagine di sensibilità ecologica per un colosso dell’industria petrolchimica.

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Lina Bo Bardi: Casa Cirell, São Paulo, Brasile, 1958

Pareti in cemento e petrame locale, copertura a terrazzo-giardino, veranda con copertura in paglia, sono tutti aspetti della ricerca sull’architettura e le tecniche costruttive locali del territorio brasiliano attuata da Lina Bo Bardi. Le piante rampicanti e quelle inserite in apposite “tasche” nella muratura sembrano suggerire la volontà dell’edificio di lasciarsi aggredire dalla natura e confondersi nel paesaggio per giungere ad un’integrazione perfetta.

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Lina Bo Bardi: Ristorante Coaty, Salvador de Bahia, Brasile, 1987

Il progetto si inserisce nel contesto riprendendo sia internamente che esternamente l’andamento del terreno accidentato e la vegetazione circostanti. La presenza del grande albero che dalla sala principale del ristorante sbuca all’esterno forando le pareti di cemento, l’irregolarità della forma delle aperture e l’alternanza fitta di luce ed ombra che da esse si proietta sulla superficie corrugata ottenuta con casseforme a perdere di fibrocemento ondulato sono tutti elementi che accentuano l’idea di continuità tra l’ambiente esterno rigoglioso e lo spazio interno. Anche la forma associata a materiali “moderni” ed all’uso della vegetazione, quindi, non solo la scelta di materiali mimetici delle tecniche costruttive tradizionali, può aiutare a confondersi nel paesaggio.

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Patric Blanc: Cortile dell’hotel Pershing Hall, Parigi, Francia, 2001

L’hotel, progettato da Andrè Putman come ristrutturazione dell’antica sede della Legione Americana a Parigi, ha come elemento più spettacolare il giardino verticale alto 35 metri realizzato da Patric Blanc nel cortile principale. La parete verde è stata realizzata utilizzando esclusivamente piante tropicali provenienti dai sottoboschi delle foreste del Sud-Est asiatico. Le piante crescono su un sottofondo costituito da diversi strati di feltro al cui interno sono state ricavate apposite “tasche”. Un sistema a fibre ottiche garantisce un’illuminazione notturna del fogliame particolarmente scenografica.

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Desvigne e Dalnoky: Progetto per l’Ambasciata di Francia New York, USA, 2002

Il progetto consiste in una enorme cortina verticale ricoperta di rampicanti, una parete che sovrasta gli edifici circostanti diventando la nuova facciata dell’edificio ed un segnale dalla 5th Avenue. La struttura verticale è costituita da montanti autoportanti in acciaio Corten alti 26 metri e da sette pannelli grigliati. Un sistema di nebulizzatori esteso a tutta la struttura assicura una rapida crescita delle piante, mentre ponti di servizio permettono l’accesso per la manutenzione. La vegetazione cresce, suddivisa per specie differenti, in tre livelli corrispondenti agli altrettanti strati bio-climatici riscontrabili all’interno di una foresta: sottobosco, fusti degli alberi, chiome.

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Edward François & Duncan Lewis: Case a Jupilles, Francia, 1994-97

Si tratta di un insieme di villette bifamiliari a due piani poste in un terreno al limitare di un bosco. Gli edifici veri e propri sono costituiti da semplici parallelepipedi realizzati in cemento e vetro e rivestiti in legno; le unitĂ abitative, accostate schiena contro schiena, affacciano ognuna su un giardino rettangolare di propria pertinenza. L’intero lotto doppio, di forma molto allungata, è interamente recintato con una rete metallica di altezza pari ai due piani delle case che serve da supporto per una fitta vegetazione di alberi e rampicanti. In questo modo i singoli lotti, non accostati, ma disposti liberamente in un terreno piuttosto ampio attraversato da percorsi pedonali, si presentano come compatti parallelepipedi di verde che celano quasi del tutto il volume edilizio, proseguendo idealmente il bosco retrostante.

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Edward François & asociates: “Le meuble qui pousseâ€?, Montpellier, Francia, 2000

Edificio per 62 appartamenti su sei piani, situato all’interno di un’area ZAC nei pressi di un parco. Il progetto utilizza materiali propri del parco stesso: pietra, legno, vegetazione. Le facciate del palazzo sono realizzate con gabbionate di pietra a cui è stata mescolata una componente terrosa per permettere la crescita di piante in mezzo alle pietre. Attraverso la realizzazione di diversi prototipi è stato possibile verificare l’effettivo funzionamento del processo e le diverse combinazioni di pezzature delle pietre a seconda dell’altezza a cui sono collocate. AnzichĂŠ balconi, alcuni appartamenti sono dotati di vere e proprie stanze all’aperto, senza copertura, sospese in mezzo alle chiome degli alberi, costruite in legno ed accessibili attraverso passerelle. 165


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Jean Nouvel: Progetto di concorso per l’ambasciata di Francia a Berlino, 1997

Il progetto mira alla trasformazione di ogni parte dell’edificio in una sorta di giardino, in modo da dilatarne lo spazio attraverso l’indefinitezza e la mutevolezza delle superfici e dei giochi di luce, sia durante il giorno che grazie all’illuminazione notturna. La vegetazione, suddivisa per essenze diverse a seconda delle condizioni microclimatiche della collocazione prevista, invade ogni superficie libera, all’aperto o al chiuso: le corti interne ed esterne, i terrazzi della copertura, gli spazi interni, le pareti e le facciate. L’idea è di creare una condizione effimera per l’architettura attraverso l’impiego delle essenze vegetali.

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SITE: Forest Building, Henrico, Virginia, 1980.

Il progetto di James Wines (analogamente a quello per Hialeah Showroom dell’anno precedente in cui la facciata è costituita da una serra con piante locali) risponde all’idea che la natura si sostituisca alla consistenza edilizia del fabbricato, con il ruolo di comunicare una nuova immagine di architettura, realizzata sulla base di criteri costruttivi e gestionali più rispettosi dell’ambiente. Nella realizzazione della frattura alberata vi è anche un tentativo per legare l’edificio all’ambiente, oltre all’idea del dissolvimento della costruzione caratteristica ricorrente del lavoro dei SITE.

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SITE: Padiglione Ranger Garden, Briosco (Milano), Itallia, 2002

Progetto per un padiglione di circa 150 mq in un giardino. Il padiglione si colloca lungo il confine della proprietà, sfruttando il dislivello del terreno si pone come continuazione del muro di contenimento della scarpata, negando così la sua essenza tipologica per diventare un semplice “incidente” in un elemento di disegno dello spazio aperto. La stessa consistenza architettonica è in parte negata attraverso la piantumazione della copertura e della sommità del muro. il sistema costruttivo ricorre ad una serie di moduli che si alternano secondo un abaco di materiali e tecniche costruttive che spaziano dalla muratura in pietra di varie pezzature, ai mattoni, alle gabbionate, mentre in alcuni punti la combinazione di griglie metalliche, lastre di vetro e pilastri di cemento, lascia vedere una stratigrafia di terreno che fa pensare alla sezione di una montagna più che alla parete di un edificio. 168


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Roberto Burle Marx: Giardino Odette Monteiro Correias, Rio de Janeiro, 1948

Roberto Burle Marx ebbe una formazione artistica, raggiungendo da studente notevoli risultati accademici in ambito pittorico ed, avendo studiato per alcuni anni in Germania, fu fortemente influenzato dall’arte astratta. A questa formazione si univa una grande sensibilità per la bellezza del paesaggio. Per sua stessa ammissione i suoi giardini devono essere considerati come opere pittoriche realizzate utilizzando la ricca vegetazione sudamericana come una tavolozza. Nonostante questo le sue composizioni, per quanto raffinate, non si limitano a puri giochi formali, ma rivelano la capacità di dialogare con il paesaggio naturale, facendolo entrare a far parte del progetto.

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Maurice Cerasi, Parco pubblico a Muggiò, Milano, Italia, 1979-80

Il parco è situato in un’area intermedia tra parti di tessuto urbano della periferia del tutto autonome e si propone di unificarle, attraverso la creazione di percorsi e spazi formalmente riconoscibili che ne uniscano i luoghi più significativi. Attraverso tecniche compositive raffinate, basate sulla fluidità e incompiutezza delle forme, il progetto risponde all’esigenza di controllare uno spazio molto ampio a scale differenti. In particolare l’impiego delle alberature come masse compatte in cui vengono “scavate” ampie stanze verdi, ha comportato una attenta riflessione sulle tecniche di infoltimento e sfoltimento delle masse boschive e sui tempi del processo di crescita delle piante.

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Jenny Holzer: The Black Garden, Nordhorn, Danimarca, 1994

Il progetto consiste nella reinterpretazione di un memoriale alle vittime della guerra che risale al 1929. L’idea di fondo del progetto è di comunicare la crudeltà che è insita nel concetto di guerra. Il giardino, che si estende per quasi 3.500 metri quadrati, è suddiviso in aiuole concentriche che formano la sagoma di un bersaglio, mentre tutte le quasi 10.000 piante contenute hanno i fiori, le foglie od i frutti di colore tendente al nero, comunicando immediatamente un’atmosfera cupa.

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James Pierce: “Donna di terra”, Hinckley, Maine, 1976

James Pierce ha realizzato una serie di terrapieni che da un lato si inscrivono nella tradizione occidentale del verde decorativo, dall’altra costituiscono un richiamo a tecniche espressive e figurative primordiali, realizzate con materiali (terra, rocce, vegetazione) che raccolgono energia dalla natura e rappresentano un tentativo di riunirsi con la natura stessa. Una componente fondamentale di queste opere è il loro modificarsi in rapporto con il trascorrere del tempo, per la variazione dell’incidenza e della qualità cromatica della luce nelle varie ore del giorno e nel corso delle stagioni e per la crescita e le trasformazioni della materia naturale e viva di cui sono costituite.

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)250( B

Thobias Rehberger: “Within view of seeing (perspectives and the Prouvé)”, Manifesta 2, Luxemburg 1998

Situato su una terrazza antistante un padiglione in vetro realizzato da Jean Prouvé, questo giardino temporaneo è costituito da un insieme di vasche metalliche di alluminio realizzate con profili analoghi a quelli standard utilizzati per le case prefabbricate di Prouvé. Le vasche formano un disegno di rettangoli che richiama alla memoria una pittura astratta.

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)250( B

Jacques Simon: “Sun on a rape field” e “The pencil of “farmer”, 1996

L’opera di Jacques Simon si concretizza in un vero e proprio disegno realizzato sul suolo, attraverso la manipolazione delle tecniche e delle colture agricole. Il senso di questo lavoro è una sensibilizzazione nei confronti dell’importanza delle tecniche e del rapporto con le terre coltivate.

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Martha Schwartz: Jacob Javitz Plaza, New York, USA, 1992

La piazza è situata sulla copertura di un parcheggio sotterraneo ed in precedenza era occupata dalla scultura “Tilted Arc” di Richard Serra e da una grande vasca che la rendeva praticamente inutilizzabile. Il nuovo progetto i caratterizza per la presenza di lunghe sedute, realizzate seguendo lo standard delle panchine newyorchesi, ma sviluppate secondo lunghe curve sinuose che si avvolgono attorno a semisfere erbose che nei giorni più caldi emettono acqua nebulizzata. La configurazione dell panchine offre una grande varietà di situazioni, adatte a gruppi od a persone sole, mentre una atmosfera particolarmente familiare è ottenuta ricorrendo ad elementi di arredo provenienti dalla tradizione locale che risale al progetto di Olmsted per Central Park.

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West 8: Vertical Landscape, New York, USA, 1996

Progetto per l’area di Times Square in cui il disegno del verde è dichiaratamente ispirato all’ambizione alla verticalitĂ ed alla regola della griglia tipici di Manhattan. Secondo gli autori infatti la potenza e la vitalitĂ del blocco edilizio newyorchese ha condannato il verde, con l’eccezione di Central Park ove l’estensione prevale, ad occupare spazi residuali e senza vita. Enormi elementi di “topiariaâ€? alti fino a quattro piani costituiscono un nuovo paesaggio verde che accetta le regole della grammatica urbana di Manhattan.

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Il labirinto piĂš grande del mondo, Christchurch, Inghilterra, 2001

Realizzato come attrazione turistica in una cittadina del Dorset, il labirinto, che nel disegno dei suoi percorsi riproduce la sagoma di un cervo, occupa una superficie di quasi 65.000 mq e verrà smantellato dopo un anno. Diversi esempi di queste realizzazioni, le cui origini affondano nella tradizione dell’arte dei giardini europea, si trovano negli Stati Uniti.

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Abalos e Herreros: Progetto per la canalizzazione del fiume Guadalhorce, Spagna 1994

In questo progetto la realizzazione di una infrastruttura a scala territoriale (la canalizzazione di un torrente nel sud della Spagna) costituisce l’occasione per lavorare con il vuoto, occupando lo spazio con attività legate all’effimero ed instabile regime delle acque. Contemporaneamente si può osservare il tentativo di dar forma ad uno spazio che si basa esclusivamente sulla contemporaneità, senza alcuna forma di nostalgia per il passato.

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Atelier Alias: Garten, Dessau, 1998

Il lavoro di Atelier Alias si concentra su una riflessione sulle forme di occupazione, appropriazione e trasformazione degli spazi della quotidianità . Attraverso la riproposizione di gesti minimi propri dell’abitare, ci fanno riflettere sulla possibile pregnanza di significato di spazi a cui normalmente non prestiamo attenzione perchÊ non sono prodotti direttamente da un progetto specifico.

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Joan Roig: Parc Trinitat, Barcellona, Spagna, 1990

Parco realizzato all’interno di uno svincolo autostradale, in un punto di snodo particolarmente complesso del sistema infrastrutturale che comprende, oltre alla viavilità stradale, anche la linea ferroviaria e quella metropolitana, che corrono parallele all’alveo di un fiume. Forti dislivelli tra interno ed esterno dell’anello stradale hanno reso particolarmente complessa l’accessibilità al parco. Il sistema degli accessi diviene dunque spunto per creare dei luoghi significativi che creano le connessioni con il contesto. L’area disponibile , suddivisa in fasce e settori, ospita un parcheggio una piazza e un centro sportivo, per il resto è sistemata a parco con una disposizione del verde che riprende quella del paesaggio agricolo catalano. 182


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Bonnie Scherk: The Farm, San Francisco, USA, 1974

Il progetto “The Farm” (la fattoria) fu uno dei primi progetti di arte ecologica ad integrare piante ed animali, si estende per 22.000 mq e consiste nell’integrazione di differenti lotti di terreno attraversati da un importante svincolo autostradale, per formare un parco che ricostituisca un ecosistema equilibrato e produttivo su un area abbandonata e compromessa. All’interno agricoltura ed allevamento si associano ad attività didattiche per alimentare la consapevolezza del valore e della bellezza della natura.

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Lois Weinberger:-”Brennen und gehen“ e „Das uber die Pflanzen / ist eins mit ihnen“, Documenta X, Kassel, 1997

La ricerca di Lois Weinberger è concentrata sulla crescita delle specie vegetali normalmente considerate infestanti, che dimostrano la massima capacità di resistenza ed adattabilità rispetto agli agenti esterni ed utilizzano al massimo le risorse a loro disponibili per ottimizzare la propria capacità riproduttiva. Le sue installazioni sono fatte di luoghi marginali e vegetazione spontanea e ci aiutano a pensare alla natura non come ad una materia inerte disponibile ad essere manipolata a nostro piacimento, ma come elemento rappresentativo di un sistema di valori distinto dal nostro.

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West 8: progetto per l’isola East Scheldt, 1991-92

Il progetto si occupa della riqualificazione di un sistema di isole artificiali e aree costiere utilizzate fino al 1985 come aree di cantiere per la realizzazione di una diga ed in seguito abbandonate. Il progetto parte dalla modellazione dei grandi cumuli di sabbia presenti nell’area che sono stati spianati e ricoperti di conchiglie di colori diversi (bianche e nere), in modo da creare un habitat naturale per la nidificazione degli uccelli marini. Le conchiglie sono disposte secondo pattern geometrici regolari in modo da denunciare l’artificialità del paesaggio e costituendo al contempo un forte segnale visivo per chi percorre in macchina la strada posta sopra la barriera. Il progetto combina la percezione in movimento data dal percorso automobilistico con il movimento ottenuto grazie alla presenza degli uccelli.

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West 8: Progetto per Carrasco Square, Rotterdam, Olanda, 1992-98

Il progetto si occupa di recuperare uno spazio residuale posto sotto un sistema di viadotti ferroviari in un’area della periferia di Rotterdam. L’area costituisce un punto di interscambio per chi parcheggia la macchina e sale sul treno ed un punto di passaggio per chi lavora nella zona. Il programma prevedeva la realizzazione di un parco, tuttavia la realizzazione di un’area verde era resa difficoltosa dalle ampie zone d’ombra proiettate dalla ferrovia. Un nastro di asfalto nero si alterna a fasce erbose e si combina con le strade. Questi semplici elementi costituiscono un segno grafico che rappresenta i flussi di traffico, mentre la sequenza dei pilastri su cui verrà fatta crescere edera, il calco di un tronco d’albero in cemento e una serie di ceppi d’albero cavi realizzati in metallo che ospitano il sistema di illuminazione notturna, completano un paesaggio artificiale che di notte si trasforma in una sorta di bosco incantato surrealista. 186


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Emilio Ambasz: Worldbridge Trade and Investiment Center , Baltimore, Maryland

Il progetto risponde ad alcune precise richieste della committenza: l’assenza di riferimenti stilistici precisi, la sintesi di tradizioni occidentali ed orientali, il rispetto delle visuali panoramiche verso la campagna dei vicini e dell’ecosistema, in particolare dell’habitat degli uccelli locali. L’edificio appare così come un evento eccezionale nella topografia del luogo, costituito dalla sovrapposizione di terrazze a giardino digradanti, caratterizzate da una forma organica, come la materializzazione di curve di livello. Anche internamente l’enorme atrio vetrato riproduce un paesaggio naturale drammaticamente composto da rocce, acqua e vegetazione rigogliosa.

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Mario Bellini: Yokohama Business Park, Tokyo, Giappone, 1997-98

Il progetto costituisce lo sviluppo di un planivolumetrico preesistente a cui sono state apportate leggere modifiche finalizzate ad ottenere la massima continuitĂ possibile nello spazio aperto alla base degli edifici. Qui è stato realizzato un luogo pubblico riconoscibile, caratterizzato da uno specchio d’acqua e da una collinetta artificiale terrazzata che organizza tutti i percorsi di attraversamento e di accesso agli edifici.

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Piero Bottoni: Quartiere QT8, Milano, 1948

Progetto per un quartiere sperimentale realizzato in occasione della 8^ triennale di Milano. Nato come ricerca ed applicazione pratica delle teorie razionaliste sull’abitazione, rappresenta inoltre uno dei rari tentativi italiani di sperimentazione sistematica sulle tecnologie di industrializzazione edilizia. Il progetto generale del quartiere, redatto da Piero Bottoni, è caratterizzato dalla presenza di una grande collina artificiale (chiamata “monte Stella”, in onore della moglie del progettista) realizzata accumulando le macerie delle distruzioni belliche di Milano, che costituisce con il suo parco la testata del sistema di spazi verdi che connettono l’intero quartiere.

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Roberto Gabetti e Aimaro Isola: Progetto di concorso per il Padiglione Italia ai Giardini della Biennale di Venezia, 1988

Il progetto propone di trasformare il padiglione in una collina circolare erbosa, percorsa da filari concentrici di alberi, bucata da cristalli di vetro che portano la luce nelle sale sottostanti ed attraversata fino alla sommitĂ da un percorso a spirale. All’idea del giardino di delizie è associato quello dei frammenti archeologici: la facciata neoclassica e le strutture murarie di mattoni. Anche la distribuzione degli spazi espositivi segue l’andamento a cerchi concentrici che ha come fulcro la sala ottagonale esistente.

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Roberto Gabetti e Aimaro Isola: Uffici giudiziari, Alba (Cuneo), Italia, 1982.

Il complesso degli uffici giudiziari si pone come totalmente introverso, tagliato longitudinalmente da una spina di percorsi coperti che attraversano un lungo cortile su cui affacciano tutti gli spazi, mentre verso l’esterno un sistema di terrazze, sorrette da muri di pietra e ricoperte di verde, richiama l’idea dei bastioni.

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Kengo Kuma: museo del canale Kitakami, Ishinomaki, Giappone, 1999.

Il progetto, per un piccolo museo, è organizzato in modo tale che il percorso che costeggia il fiume penetri lentamente e impercettibilmente sotto il livello del suolo per dare accesso al museo e poi altrettanto dolcemente ritorni in superficie. L’edificio assume l’aspetto esteriore di una piccola collina. In questo modo si cerca di negare il confine fisico tra architettura e paesaggio, cosĂŹ come la distinzione tra natura, infrastruttura e architettura, elementi tutti messi in discussione dalla presenza del canale.

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Le Corbusier: Arborisation de Chandigar, India, 1952-56

Il progetto per la sistemazione paesaggistica della zona dei palazzi governativi cerca di mettere in relazione elementi del paesaggio esistente con gli elementi verdi di progetto e gli edifici: alberature preesistenti isolate o in gruppi, il giardino geometrico del governatore, un sistema di colline artificiali realizzate con l’accumulo del terreno di scavo per la costruzione dei palazzi e coperte con essenze sempreverdi, un sistema di barriere verdi realizzate con fitte alberature che chiudono la visuale verso l’orizzonte, creando al tempo stesso delle stanze verdi.

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Jean Nouvel: Progetto di concorso per il museo dell’evoluzione umana, Burgos, Spagna, 2000

Il progetto cerca di evocare atmosfere primordiali combinandole con il programma di un moderno museo. Viene costruita una grande collina artificiale ricoperta di vegetazione che si inserisce nel paesaggio della città , al suo interno un’enorme cavità che richiama alla memoria le grotte che ospitavano i primi insediamenti umani, ospita gli spazi espositivi e commerciali realizzati invece con tecnologie moderne e costruzioni leggere. L’imitazione della natura serve in questo caso da richiamo per ritrovare le origini dell’uomo.

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Penny Howart, David Hartley, “Grass Bench”, “Waterchannel or gras bridge”, “Outdoor rug” 2001.

Rispettivamente: panchina con struttura in cemento e seduta rivestita da un cuscino d’erba, un sistema di irrigazione nascosto permette di mantenere la superficie sempre asciutta; vasca in alluminio spazzolato utilizzabile come fioriera o specchio d’acqua; coperta da picnic in erba sintetica, materiale che evita problemi di umidità e muffa. L’obiettivo dichiarato dei progettisti, che hanno fondato l’azienda Field Day, è di coniugare grafica, disegno industriale e architettura del paesaggio in modo da realizzare oggetti di arredo da giardino capaci di creare “micropaesaggi”.

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Teresa Murak “Untitled”, Varsavia, Polonia, 1974 “Coming of Verdure” Repassage Galerie, Varsavia, Polonia, 1975 “Lady’s Smock” Rzezucha Labirynt Galerie, Lublin/Polen, 1975 “Bank Square”, Varsavia, Polonia, 1991

Il lavoro di Teresa Murak è legato ai processi della germinazione, della lievitazione e della crescita ed al rapporto tra corpo umano e materiali vegetali viventi. Nel corso di circa venti anni l’artista polacca ha sperimentato in maniera ricorrente nelle sue performance l’utilizzo del verde come un vero e proprio materiale di sartoria con cui confezionare abiti da indossare.

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Wim Poppinga: Green Rolling Hills, 2002

Sistema di sedute per interni che riproduce un paesaggio collinare. In questo caso non solo il materiale, ma anche la forma e di conseguenza il modo di stare seduti o sdraiati, si richiama al mondo naturale.

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Paola Pozzi: Mobili da giardino in materiale plastico, 2001

Serie di mobili da giardino realizzati in materiale plastico. Si tratta di oggetti funzionali dalle forme piuttosto semplici che sostanzialmente riproducono cespugli di bosso scolpiti secondo la cosiddetta arte topiaria.

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Marta Schwartz: Giardino del Whitehead Institute, Cambridge, Massachusetts

Piccolo terrazzo-giardino realizzato per la collezione d’arte di un centro di ricerche microbiologiche. La struttura del terrazzo non era tale da poter sostenere un carico addizionale, non c’era un allaccio per un sistema di irrigazione né personale addetto alla manutenzione ed il budget a disposizione non era sufficiente per le necessarie modifiche strutturali ed impiantistiche. Queste condizioni di partenza, unite alla volontà di voler comunque creare il senso di un giardino piantumato, hanno portato a compiere una riflessione sulla natura artificiale dei giardini, attraverso l’astrazione ed i riferimenti simbolici: il terrazzo è diviso in due e mette a confronto un giardino zen ed un giardino rinascimentale francese, i cui elementi sono però decontestualizzati, distorti e posizionati in maniera anomala creando un’atmosfera surreale. Tutte le piante presenti sono di plastica, il colore verde che avvolge tutto lo spazio è ottenuto con vernice e ghiaia colorata.

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2**(77, B

Daniel Spoerri: “Sun bathing lawn—keep off”, Weimwr, Germania, 1985-98

L’idea di Spoerri è che sia possibile utilizzare qualsiasi materiale per fare arte, dunque anche l’erba, purché la scelta sia coerente con l’idea che si intende esprimere. Il verde è inteso in questo caso come una vera e propria materia prima, al pari del marmo o dei colori. Se in questo caso la materia vegetale è coerente con la collocazione dei pezzi, mentre la forma dei divani appare bizzarra, in altri lavori simili a questo, realizzati per spazi interni, musei o gallerie, si introduce un ulteriore livello di spiazzamento dato dalla materia stessa.

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2**(77, B

Frank Tjepkema/Droog Design, Pianta artificiale, 2000.

Negli ultimi anni la produzione si è orientata spesso verso la creazione di materiali ispirati alla natura, d’altra parte esiste anche un’antica tradizione legata alla realizzazione di piante artificiali. In questo caso qualunque tentativi di mimetismo o di imitazione della natura viene abbandonato.

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OGGETTI _ 08

Wirlpool: Project F, BioLogic, 2002

Progetto sperimentale per una macchina lavatrice che utilizzi le tecnologie di fitodepurazione per il rinnovo dell’acqua.

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2**(77, B

Ceretti, Derossi e Rosso: Pratone, 1971

Multiplo di seduta in poliuretano espanso realizzata per la ditta Gufram. E’ uno dei simboli della cultura radicale degli anni ‘60 e ‘70. L’atto di sedersi come adagiandosi in un prato, costituisce una forma di liberazione. Il richiamo alla natura significa in questo caso il desiderio di opporsi alle convenzioni borghesi.

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2**(77, B

NForniture, Terra!, arredo da giardino, 2002.

Arredo da giardino costituito da una serie di 14 dime in cartone ondulato che vengono ricoperte di terra e seminate a prato, in modo tale da potersi integrare interamente con il tappeto erboso, come un’ondulazione del terreno. L’elemento d’arredo diventa così parte integrante del paesaggio, negando del tutto la sua natura di “mobile”.

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3$(6$**, B

Stig L. Andersson: Kanalparken, Malmo, Svezia, 1999.

Progetto vincitore di un concorso. Il parco è situato ad una quota inferiore rispetto a quella della città e la attraversa da parte a parte. Il terreno è trattato come una distesa uniforme di graminacee che si snoda lungo il corso d’acqua. In alcuni punti dei biotipi naturali costituiscono delle “isole” distribuite casualmente lungo il percorso. In questi “micropaesaggi” il carattere naturale del verde è accentuato dall’artificialità dei percorsi che l’attraversano, che assumono la forma di passerelle in legno ricoperte di gomma, sospese sul terreno.

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3$(6$**, B

Gilles Clement: “Le Jardin Planetaire”, La Villette, Parigi, 1999-2000

Presentato in occasione dell’omonima mostra al Parc de la Villette di Parigi, questo lavoro rappresenta la teorizzazione del progetto di paesaggio come salvaguardia dell’ecosistema a scala mondiale. L’idea di fondo è che ogni intervento localizzato abbia influenza anche a livello globale e che ciò comporti una diversa responsabilità per gli attori dei processi di trasformazione del paesaggio. La costruzione del giardino planetario parte dalla definizione di quattro tipologie base di paesaggio: Climax (livello ottimale di sviluppo della vegetazione in relazione al clima di un luogo), Deserto (caratteristico per le temperature estreme e la presenza di specie estremamente specializzate), Mescolanza (nasce dall’interruzione dell’isolamento biologico di un’area a seguito dell’intervento dell’uomo), Piropaesaggi (nei climi mediterranei, l’azione degli incendi consente la rigenerazione di particolari piante dette pirofiti).

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3$(6$**, B

Desvigne e Dalnoky: Accesso autostradale Est, Montpellier, Francia, 1996

Questo progetto di sistemazione paesaggistica si basa sulla considerazione delle modificazioni prospettiche e percettive dovute alla percezione dall’automobile in movimento. La disposizione delle alberature, in prevalenza pini, e dei movimenti di terra è studiata in relazione all’andamento della viabilità in maniera da creare una sequenza di paesaggi, che accentui l’idea di movimento all’interno del paesaggio.

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3$(6$**, B

Desvigne e Dalnoky: Progetto per le nuove stazioni della linea TGV, Francia, 1994

Altro esempio di progetto che mette in relazione il paesaggio con una infrastruttura di trasporto e quindi ha a che fare con il movimento. In questo caso gli elementi utilizzati per dare forma al paesaggio sono caratterizzati da segni lineari: filari utilizzati come barriere per il vento, piantate di alberi da frutta, viali alberati, tutti elementi tipici della campagna agricola e quindi assimilabili a preesistenze.

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3$(6$**, B

Donaldson e Warn: Progetto per la Valle dei Giganti, Perth, Australia, 1994

All’interno di una foresta con alberi che raggiungono i 60 metri di altezza è stato realizzato un percorso ad anello di circa 600 metri di lunghezza, per metà costituito da passerelle metalliche di 90 cm di larghezza sorrette da piloni che portano i visitatori in mezzo alle chiome degli alberi. Il progetto parte dal presupposto di minimizzare l’impatto sull’ambiente per cui sono stati osservati alcuni principi: gli alberi non sono stati utilizzati come sostegni, non sono stati compiuti abbattimenti se non di trascurabile entità, si è cercato di minimizzare l’impatto del cantiere e della costruzione sul terreno in modo da rendere possibile una ricrescita rapida del sottobosco naturale. Sulla base di questi principi la configurazione del percorso e le scelte costruttive sono state fortemente ispirate dalle condizioni del sito.

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3$(6$**, B

MVRDV: Nature Activity Center, Oostvaardersplassen, Olanda, 1999-2001

Il progetto risponde alla necessità di rendere possibile un paradosso: rendere accessibile ai visitatori un’area che deve restare intatta per preservarne l’ecosistema. Il problema viene risolto portando il centro, che è costituito da una piattaforma panoramica che offre una vista a 360° e comprende anche una sala congressi, un ristorante, un negozio ed uno spazio espositivo al di sopra del livello degli alberi, una gigantesca piattaforma di osservazione che funziona anche da punto di riferimento a scala territoriale. Sostenuto da tre elementi di supporto che costituiscono anche gli accessi, avvicinandosi, il centro rimane celato dalle chiome degli alberi, per poi svelare una vista spettacolare appena si esce dall’ascensore.

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3$(6$**, B

West 8: Swamp Garden, Spoleto Art Festival, Charleston, South Carolina, 1997

Progetto realizzato per un festival artistico incentrato sul tema uomo/natura, e localizzato all’interno di una zona acquitrinosa. Il progetto è costituito da un pontile in legno che partendo dalla terraferma conduce ad una piccola area di palude, una stanza all’aperto isolata dal resto da una struttura di pali e filo metallico coperta di muschio, ove i visitatori, sedendosi su panche ricavate da tronchi di cipresso reperiti in loco, possono soffermarsi ad osservare tartarughe ed alligatori.

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6&$57, B

Mel Chin: Revival Field, St. Paul , Minnesota, 1990-93

Progetto artistico che sperimenta la capacità di alcune piante, definite iperaccumulatori, di assorbire dal terreno le sostanze inquinanti. L’intervento è stato riprodotto in diverse occasioni, come molte opere di arte ambientale consiste nel mettere in scena un processo scientifico caricandolo di un significato simbolico. In questo caso si tratta di recintare un’area di terreno inquinato con una doppia recinzione. Il recinto più interno, circolare, viene coltivato per alcuni anni con piante di cui sono note le capacità di assorbimento di metalli pesanti, suddivise in quattro settori a seconda delle varietà, per ogni settore vengono sperimentati sei tipi di piante e differenti fertilizzanti. Il recinto esterno, quadrato, viene invece seminato con erbe locali e non trattato, per essere utilizzato come area di controllo. Le piante vengono poi raccolte e su di esse si effettuano analisi chimiche. L’uso di sistemi di bonifica di questo genere si stanno diffondendo anche come applicazioni pratiche a larga scala. 216


6&$57, B

Edward François & Associates, Impianto per il trattamento delle acque, Nantes, Francia, 1996.

Questo progetto affronta il problema della costruzione di un impianto di depurazione partendo dal punto di vista dei suoi rapporti con il contesto. L’area è adiacente ad un’antica zona paludosa della Loira, attualmente occupata da una discarica in parte ancora attiva. L’impianto viene inserito nel paesaggio grazie all’uso della vegetazione che viene mescolata ed in alcuni casi sovrapposta ai suoi elementi tecnici, principalmente un sistema di cisterne circolari di 60 metri di diametro, che non vengono dissimulate, ma disposte liberamente in un paesaggio di macchie d’alberi e vegetazione di tipo palustre che ricostruisce la memoria dei luoghi occupati dalla discarica.

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6&$57, B

ans Haacke: Rhine water purification plant, Krefeld, Germania, 1972

+

Installazione realizzata mettendo in scena, come in un laboratorio chimico, un processo di depurazione dell’acqua inquinata del fiume Reno. Il trattamento dell’acqua avviene attraverso due prime vasche in cui attraverso un processo chimico, viene favorita la sedimentazione degli agenti inquinanti, l’acqua parzialmente depurata passa poi attraverso un filtro al carbone ed uno di sabbia per arrivare ad alimentare una grande vasca di vetro in cui nuotano dei pesci rossi. Da qui un tubo porta l’acqua all’esterno riversandola nel prato da dove si può ricongiungere alla falda freatica.

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6&$57, B

Steven Holl: Whitney Waterworks Park, Hamden, Connecticut, USA, 2001

Il parco è posto sopra un impianto di depurazione delle acque di nuova costruzione. I sei settori in cui il parco è suddiviso rispecchiano le sei differenti fasi del processo di depurazione (rimescolamento ad alta turbolenza, moto ondoso, sospensione di gas disciolti, ozonizzazione, filtraggio e stoccaggio finale) ed anche il trattamento del terreno ed il tipo di vegetazione delle diverse parti rappresenta un riferimento analogico (definito dall’autore “micro to macro”) ai processi chimico-fisici in corso nell’impianto sottostante. Anche il trattamento delle acque meteoriche superficiali, che attraversando i diversi settori disposti a gradoni, richiamano il processo di depurazione. Le parti dell’edificio che emergono dal terreno e che accolgono gli uffici sono rivestite in acciaio inox e servono da riferimento spaziale per i visitatori.

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6&$57,B

Peter Latz: Emscher Park, Duisburg Nord, Germania, 1990-99

Progetto vincitore di un concorso internazionale per la riconversione di un’acciaieria di 200 ettari. Il parco è stato inaugurato nel 1994, ma il processo di costruzione è continuato negli anni seguenti. Fa parte dei progetti di riconversione dell’area industriale di Emscher, nella Ruhr (300 kmq di aree ex industriali). Il progetto è fortemente legato al sito, conserva ed integra nel disegno del parco gli elementi e le tessiture della precedente edificazione industriale, reinterpretandoli come elementi destinati ai nuovi usi del tempo libero; molti materiali presenti sul sito o ricavati dalle demolizioni sono stati reimpiagati per la realizzazione del parco; è stato realizzato un sistema di racolta delle acque che, utilizzando anche canali, bacini e vasche preesistenti ha consentito la purificazione di tutte le acque del sito.

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6&$57, B

Viet Ngo: Lemna System Devil’s Lake Wastewater Treatment Facility, USA, 1989 Depuratore del torrente Malgora, Gorgonzola, Italia, 1990

Il Lavoro di Viet Ngo si situa a metà strada tra land art e ingegneria ambientale. Il sistema da lui messo a punto e brevettato si basa su un sistema di filtraggio naturale delle acque grazie all’utilizzo di particolari piante acquatiche (lemnacee), che vengono fatte crescere in particolari bacini disposti in serie, attraverso cui vengono fatte passare le acque da depurare. Il sistema si presta ad essere utilizzato a tutte le latitudini, grazie all’adattabilità delle lemnacee a qualsiasi clima, inoltre le piante, una volta esaurito il processo, possono essere raccolte ed utilizzate come fertilizzante naturale. Oltre al significato tecnico ed ecologico, il lavoro di Ngo ha inoltre un valore paesaggistico sia a scala territoriale, come nel caso del’impianto a serpentina di circa 36 ettari situato nel Nord Dakota, che a scala minore come a Gorgonzola, dove assume le sembianze di un piccolo giardino acquatico.

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6&$57, B

Martha Schwartz: Mc Leod Tailings Project, Geraldton, Canada,

Il progetto riguarda la riconfigurazione di un deposito di scarti minerari, circa 14 milioni di tonnellate, provenienti da una miniera d’oro ormai chiusa. La collina di materiale, posta praticamente all’ingresso della città, si presentava piuttosto piatta ed il progetto ha cercato di creare delle forme più interessanti che costituissero un punto di riferimento rispetto alla strada, rendendo al contempo possibili attività ricreative quali passeggiate, mountain bike, snow board, fino alla possibile estensione di un vicino campo da golf. Le forme assunte dal terreno sono state dettate in buona parte da ragioni tecniche quali i raggi di curvatura dei macchinari impiegati ed il bilanciamento di scavi e riporti, anche per non raggiungere sedimenti più profondi potenzialmente inquinati, così come le visuali dalla strada. E’ stato aggiunto uno strato di terriccio per favorire la crescita di piante in modo da limitare l’erosione.

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6&$57, B

Robert Smithson: Bingham Copper Mining Pit, Utah, USA, 1973

La riqualificazione di siti minerari ed industriali ha rappresentato uno sbocco naturale per la Land Art. Secondo Smithson, che giĂ con “Spiral Jettyâ€? e “Broken Circleâ€? aveva lavorato all’interno di territori di questo genere, il ruolo dell’artista, a metĂ tra gli ecologisti la cui visione del paesaggio è rivolta al passato e gli industriali per la maggior parte del tutto estranei al problema del paesaggio, dovrebbe essere quello di proporre una concreta consapevolezza del presente e di diffondere la sensibilitĂ per i luoghi specifici. In questo modo l’arte potrebbe cessare di essere un fenomeno isolato ed elitario, per entrare direttamente all’interno dei processi produttivi.

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7(032 B

Gilles Clement: il giardino in movimento, La Vallè, Creuse, Francia, 1994.

Progetto per il giardino-laboratorio dell’architetto stesso, in cui avviene la sperimentazione del suo concetto di “giardino in movimento”, basato sulla visione ecologica della natura vegetale. Questa idea consiste nel non contrastare, ma anzi assecondare la spontanea evoluzione e crescita delle piante, arrivando ad “addomesticare l’incolto”, attraverso la combinazione di sapienti interventi di giardinaggio, abitudini nell’uso dello spazio e sviluppo spontaneo, ma controllato della vegetazione. In ogni stagione si vengono così a creare delle strutture leggibili diverse, mentre una serie continua di operazioni di aggiustamento e trasformazione consentono di arrivare per gradi ad una soluzione in qualche modo cercata, ma comunque mai del tutto stabile e definitiva.

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7(032 B

Herman De Vries: Sanctuariu, Munster, Germania, 1997

L’artista Herman de Vries proclama il proprio interesse per la natura come essenza assoluta, a cui l’arte o l’architettura non possono aggiungere nulla di significativo. La bellezza ideale per lui è rappresentata dai terreni incolti. In questo progetto, un’area di terreno è recintata e resa inaccessibile con la costruzione di un muro di mattoni alto tre metri, dello spessore di 40 cm, che definisce un perimetro circolare del diametro di 14 metri. Alcune aperture ellittiche permettono di osservare dall’esterno la crescita delle piante che spontaneamente si sviluppano in quest’area diventata intoccabile.

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7(032 B

David Nash: Ash Dome, Cae’n-y-coed, North Wales, piantato nel 1977

In questo progetto viene messo in scena l’interesse per l’interazione con elementi che sono attivi e che tendono a trasformare autonomamente lo spazio, rendendolo vitale e potente grazie al trascorrere del tempo. Il tempo è fondamentale sia come pocesso attivo nella trasformazione dello spazio, sia per l’apprendimento dei processi con cui si interagisce, attraverso l’osservazione.

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7(032 B

Jean Nouvel: Progetto per il Guggenheim Museum, Tokyo, Giappone, 2000

Progetto di concorso per una sede temporanea della Fondazione Guggenheim, si pone come una riflessione sul rapporto tra natura e artificio tipico della cultura giapponese e sulla sensibilità nipponica per l’effimero. Un semplice capannone che assolve alle esigenze espositive è ricoperto da una folta vegetazione che cambia aspetto con il trascorrere dell’anno, mettendo in scena lo spettacolo delle stagioni.

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7(032B

Dominique Perrault: Riconversione dell’area Unimetal, 1995-97

Progetto di riconversione di un’area industriale siderurgica di circa 700 ettari che si basa sulla predisposizione di una griglia regolare di 100x100 metri che struttura il disegno del parco in maniera molto semplice, costituendo al contempo la matrice per possibili espansioni edilizie, al momento ancora non definite. All’interno della maglia si svilupperanno col tempo colture differenti o edifici, dando luogo ad un paesaggio variegato. Il progetto dunque utilizza un unico dispositivo spaziale, la griglia, unitamente ad due elementi che definiscono il paesaggio in maniera particolarmente forte, un grande spazio centrale destinato a rimanere vuoto e un ampio viale che definisce il perimetro. Pochi elementi della preesistente architettura industriale vengono conservati come testimonianza del passato.

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7(032 B

Leo Shatzl:Tabu Zone, 1993-98

In questo progetto un’area di terreno viene chiusa con una recinzione metallica e resa inaccessibile per un periodo di cinque anni. L’obiettivo è di permettere lo sviluppo di vegetazione spontanea senza alcun intervento da parte dell’uomo. L’area ufficialmente inaugurata e benedetta, diverrà col tempo un vero e proprio monumento alla natura ed allo scorrere del tempo.

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7(032 B

Alan Sonfist: “Time Landscape”, New York, USA, 1965 “Circles of Time”, Villa Celle, Pistoia, 1986

L’interesse di Sonfist è diretto alla ricostruzione di ambienti vegetali autoctoni, idealmente precedenti all’intervento dell’uomo sull’ambiente. Nel caso di New York, in un lotto di terreno urbano libero viene ricreato un brandello della foresta pre-coloniale che occupava Manhattan; in Toscana, un sistema di cerchi concentrici mette in sequenza partendo dal centro, erbe medicinali etrusche, siepi d’alloro, pietre locali e alberi di ulivo.

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7(77, B

Emilio Ambasz: Fukuoka Prefectural International Hall, Giappone.

L’edificio ospita la sede degli uffici governativi della prefettura di Fukuoka (90.000 mq), un museo e altri spazi espositivi, un teatro con 2000 posti ed un centro congressi, oltre ad alcuni piani di parcheggi interrati e spazi commerciali. Il progetto di Ambasz, in una situazione urbana congestionata quale quella giapponese, ha avuto il merito di riuscire a dotare la città di un edificio pubblico rappresentativo e multifunzionale e, pur occupando circa la metà del parco esistente che rappresentava l’unico spazio libero su cui poter costruire, di preservare l’ultimo spazio verde rimasto all’interno della città, grazie alle tredici terrazze a gradoni che ne costituiscono un’ideale prosecuzione, attraversate come sono da un percorso pubblico.

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7(77, B

Emilio Ambasz: Environment Park, Torino,. 1997—2000

Progetto pilota appoggiato dalla Comunità Europea per la trasformazione di un’area industriale dismessa in un centro di servizi, ricerca ed industria leggera. E’ il primo esempio europeo di parco eco-tecnologico, in cui la sperimentazione di tecnologie edilizie avanzate ha permesso innanzi tutto di ricreare l’intera superficie verde occupata dagli edifici, tutte le coperture sono infatti trattate a verde. L’obiettivo del progetto era quello di costituire un paesaggio fortemente unitario di “architettura verde”, istituendo un rapporto fortemente simbolico oltre che tecnico tra giardino ed edificio. I blocchi edilizi, alti fino a tre piani, sono fortemente compatti e le coperture raccordate col terreno per renderle, almeno visivamente, accessibili. Il progetto prevedeva anche che le facciate fossero ricoperte di edera.

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7(77, B

Desvigne e Dalnoky: Gerling ring, Colonia, Germania, 1998

Realizzato per un complesso misto di uffici residenze e negozi, questo progetto cerca di contrastare l’usuale aspetto estremamente artificiale delle coperture verdi, giocando con l’altezza dei piani sottostanti in modo da creare una scarpata inclinata e combinando l’uso di vegetazione arbustiva (rododendri e azalee) con percorsi e giochi d’acqua.

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7(77, B

Norman Foster: Riverside Three, Londra, 2001.

Progetto per un grattacielo ecologico, dotato di terrazze-giardino. La forma dell’edificio ed i tagli nei piani consentono di agevolare la crescita delle piante. Alla sommità dell’edificio la consueta terrazza panoramica è sostituita da un’enorme serra.

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7(77, B

Le Corbusier: “I cinque punti di una nuova architettura”, n° 2: il tetto giardino, 1926

Un ragionamento tecnico ben preciso sta alla base della battaglia di Le Corbusier a favore della copertura a giardino: la realizzazione di impianti a riscaldamento centralizzato rende preferibile anche in climi freddi la realizzazione di coperture piane con raccolta dell’acqua piovana verso l’interno, in modo da evitare la formazione di ghiaccio; la realizzazione di ampie coperture piane è resa possibile dall’impiego del cemento armato; il coefficiente di dilatazione del cemento armato è molto ampio e questo potrebbe causare danni alla struttura, è allora necessario realizzare uno strato di protezione che, mantenendo costante il livello di umidità sulla copertura, la protegga dal calore; lo strato protettivo migliore è dunque costituito da sabbia e terra con erba e piante. Questa soluzione permette anche di guadagnare spazio abitabile offrendo un giardino lussureggiante .

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7(77, B

Le Corbusier: Immeubles villas, 1922

Progetto di un grande immobile che raggruppa 120 ville a due piani con giardino, sovrapposte su cinque livelli, con servizi ed impianti gestiti in maniera centralizzata. Questo progetto cerca di conciliare rigidi principi di standardizzazione e razionalizzazione dell’abitazione collettiva con l’aspirazione delle singole famiglie ad avere un proprio spazio verde privato, con il valore aggiunto della conquista di un panorama grazie alla crescita in altezza. La giustapposizione e sovrapposizione di unità abitative modulari con giardino verrà sperimentata da Le Corbusier in altre occasioni, come in una versione del progetto del 1925 per i Nuovi quartieri Fruges a Bordeaux. Un modulo sperimentale di immeuble villas sarà realizzato a Parigi nel 1925 come padiglione “Esprit Nuveau”. .

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7(77, B

Le Corbusier: Appartamento Beistegui, Parigi, 1929-31

Charles Beistegui vede nel proprio giardino esclusivamente una fantasia architettonica che fa da cornice a grandi feste secondo la moda del Settecento, L.C. vi vede invece l’occasione di una dimostrazione esemplare: ,O YRVWUR SURJUDPPD FL LQWHUHVVD SHUFKp q XQ SURJUDPPD SLORWD &KDPSV (O\VpHV 3HUFKp UDSSUHVHQWD OD VROX]LRQH SHU L WHWWL GL 3DULJL GL FXL LR SDUOR GD TXLQGLFL DQQL

L’enfasi di Le Corbusier per le qualità ambientali della terrazza arriva al punto di inventare un complesso sistema di apparati tecnologici (che comportarono l’impiego di 4000 metri di cavo elettrico) per controllare le visuali dagli spazi esterni ed interni verso il panorama di Parigi: non solo le finestre, ma anche le quinte di siepi sono scorrevoli elettricamente, per selezionare viste privilegiate della città, mentre un periscopio, occhio meccanico che si interpone tra l’osservatore e la città, permette di osservare, solo dall’interno, il panorama della città a 360 gradi.

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7(77, B

MVRDV: Padiglione olandese all’Expo di Hannover, Germania, 2001

La cultura olandese ha per necessitĂ costruito una lunghissima tradizione e competenza nella trasformazione del territorio e del paesaggio per piegarli alle esigenze dell’uomo. La ricerca dello studio MVRDV si è soffermata diverse volte sulla possibilitĂ di espansione verticale del territorio come soluzione ai problemi legati all’aumento della popolazione e della densitĂ in aree urbanizzate, sia riferendosi al contesto olandese sia con un significato piĂš generale. Nel contesto di una esposizione mondiale, il padiglione olandese è presentato come il contributo della cultura olandese ai temi dell’ecologia, attraverso la costruzione di una “nuova naturaâ€?. La natura non viene vista come un dato di fatto in contrasto con lo sviluppo tecnologico, ma come un elemento trasformabile ed artificializzabile per migliorare la qualitĂ della vita. Questo edificio oltre ad assumere un valore simbolico costituisce anche un laboratorio di sperimentazione per una tipologia finora inesistente, un parco multilivello che si costituisce come ecosistema autosufficiente. 240


7(77, B

MVRDV: Progetto di concorso per l’Opera di Oslo, 2001

Progetto che riprende in maniera evidente quello per il padiglione olandese ad Hannover, adattandolo al paesaggio norvegese.

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7(77, B

MVRDV: Tree Apartment, Olanda., 1998

In questo progetto, che riprende il modello dell’immeubles villas, adattandolo secondo un’estetica più contemporanea, viene affrontato, almeno in maniera programmatica, uno dei principali problemi delle coperture verdi, ovvero l’impossibilità di permettere una crescita naturale di piante di una certa dimensione.

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7(77, B

Pich-Aguilera Arquitectos, Tower block of gardens, 2001.

Progetto per un condominio ecologico basato sulla combinazione di un modello abitativo ed ambientale da casa unifamiliare con giardino trasposto in un edificio per abitazione collettiva e sull’impiego di un sistema per la realizzazione di coperture verdi che si basa sull’immagazzinamento dell’acqua piovana. L’obiettivo è di creare della condizioni di vita ecologicamente più accettabili, senza rinunciare alla densità tipica dei centri urbani. Mentre dal punto di vista tipologico questo progetto ripete uno schema non particolarmente originale, è interessante proprio perché si presenta come manifesto propagandistico per una soluzione tecnologica coperta da brevetto industriale.

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7(77, B

Site: High Rise of Homes, 1981

Questo progetto riprende con una certa ironia l’idea dell’Immeuble Villas di Le Corbusier di realizzare un edificio di abitazione collettiva come sommatoria di singole abitazioni unifamiliari, rinunciando però completamente all’idea della standardizzazione e dell’uniformità per dare al contrario risalto all’estrema individualità delle singole abitazione che sono in tutto e per tutto case tradizionali americane, incasellate in un telaio, presumibilmente di cemento armato, del tutto simile ad una autorimessa. La casa ideale non è più in contrasto con la ”idea di casa” e la possibilità di economizzare suolo edificabile non costringe a rinunciare alla espressione individuale.

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9$6, B

Vito Acconci: High Rise of Trees, Atlanta, USA, 1996

Opera realizzata nello spazio pubblico di Atlanta in occasione delle Olimpiadi. L’albero come elemento comune caratteristico dello spazio aperto viene utilizzato qui in maniera anticonvenzionale attraverso la sovrapposizione di quattro esemplari che sono incastellati in una struttura metallica. Le vasche in cui è raccolta la terra sono trasparenti e sembrano sorgere dalla chioma dell’albero sottostante, in modo tale che le piante sembrino effettivamente seere appoggiate l’una sull’altra.

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9$6, B

Emilio Ambasz: New Town Center, Tokyo, 1999

Il progetto di questo nuovo centro per affari, situato in una zona di nuova espansione sulla baia di Tokyo, in corrispondenza di una stazione di una nuova linea ferroviaria prevede la realizzazione di uno spazio aperto pubblico di accesso costituito da due piazze, una veicolare ed una pedonale su cui affacciano un giardino ed un centro commerciale. Tutto il limite dell’insediamento è interamente circondato da un giardino verticale costituito da una struttura a telaio, coperta di piante rampicanti, che si sviluppa a gradoni in modo da costituire un filtro tra il centro urbano e il territorio agricolo ancora non urbanizzato. All’interno di ogni modulo della maglia strutturale sono situati degli alberi in vaso.

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9$6, B

Enric Battle e Joan Roig: Parc de l’Estaciò Vella, Igualada, Spagna

Questo piccolo parco è costituito da una promenade disposta parallelamente al tracciato dei binari della ferrovia e da un sistema di terrazze che collegano con un livello più alto. La ripetizione regolare di piante ed alberi contenuti in vasche di cemento a forma di cubo, che si combinano con la disposizione degli elementi di arredo, costituisce il motivo caratteristico dello spazio principale che può essere attraversato od osservato dall’alto.

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9$6, B

Aetano Pesce: Organic Building, Osaka, Giappone, 1990

La facciata di questo edificio è scandita da elementi modulari rettangolari al cui centro è posizionato un vaso che sporge a mensola dal prospetto. In ogni vaso cresce una pianta differente. In questo caso il verde è un elemento puramente decorativo che viene combinato in maniera originale all’articolazione degli elementi architettonici della costruzione.

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9$6, B

Jose Pleþnik, Giardino del Castello, Praga, Repubblica Ceca, 1921—35

Nell’architettura di Pleþnik alcuni gesti, apparentemente poco eclatanti, diventano fatti fondamentali: la sequenza, la ripetizione e la precisa disposizione di elementi che marcano lo spazio aperto, e che solo banalizzando si potrebbero definire di arredo, unitamente alla chiara definizione di rapporti spaziali, attraverso il disegno del suolo e dei dislivelli.

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9$6, B

Martha Schwartz: Sede uffici Unirojal, Los Angeles, USA Allestimento giardino Littman, New Jersey, USA Delano Hotel, Miami Beach, USA

La ripetizione di contenitori per piante, siano essi elementi fissi oppure veri e propri vasi in terracotta di forma tradizionale costituiscono l’elemento comune di questi tre interventi realizzati negli Stati Uniti. Di volta in volta emerge la regolarità della disposizione, l’individualità del singolo elemento che si ripete e il valore di immediatezza dell’impiego della pianta in vaso rispetto alla realizzazione di una sistemazione più stabile.

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9$6, B

Philippe Starck: Mondrian Hotel, Los Angeles, USA, 1997

Il progetto della terrazza del ristorante è risolto con la realizzazione di un pergolato in cui le piante si sviluppano partendo da enormi vasi di terracotta che creano una situazione di straniamento, sia scardinando completamente i normali rapporti di scala, sia per l’impiego di oggetti puramente funzionali (e quindi architettonicamente trascurabili) trasformati in elementi dotati di significativa presenza figurativa e spaziale.

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9$6, B

West 8: Garden Makeblijde, Houten, Olanda, 2001

Questo giardino fa parte di un parco di tre ettari in cui sono stati realizzati trenta giardini da altrettanti paesaggisti contemporanei, si tratta quindi di una esposizione delle ultime tendenze nella progettazione del verde. Il progetto consiste in una torre di alberi in vaso, paesaggio verticale che sostiene un bulbo dorato che contiene il sistema per l’irrigazione. Internamente, alla base della torre si trova un patio, uno spazio contemplativo con fauna e vegetazione acquatica. Il ricorso a piante in vaso, coerente con la temporaneità dell’installazione, associata all’inusuale sviluppo verticale, mette in campo una riflessione tra natura e artificio nel progetto del verde.

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9$6, B

West 8: Sistemazione paesistica dell’aeroporto di Schipol, Olanda, 1994-98

Tutti i luoghi “pubbliciâ€? piĂš importanti dell’aeroporto, in particolare gli ingressi dei vari terminal, sono caratterizzati dalla presenza di grandi fioriere circolari che fungono da seduta. I fiori vengono cambiati a seconda delle diverse stagioni, creando un paesaggio colorato e mutevole, di fortissimo impatto visivo.

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Come ultima tappa di questo lavoro si è tentato di operare una sintesi tra le diverse parti della ricerca, confrontando il significato culturale degli elementi naturali all’interno della città, che abbiamo cercato di delineare nella prima parte, con le configurazioni spaziali e le situazioni territoriali analizzati e con i diversi atteggiamenti e materiali progettuali raccolti. Le modalità di organizzazione del verde rilevate sul territorio ed i meccanismi attraverso cui esso viene percepito possono essere re-interpretati così in chiave progettuale. Il presupposto di questa operazione è che i meccanismi della diffusione urbana costituiscano già un sistema di regole morfologiche coerenti, anche se non ancora del tutto sistematizzate, in cui il ruolo dello spazio aperto e del verde è predominante e che quest’ultimo, a causa delle sue particolari caratteristiche, assuma forme che, per quanto possano apparirci confuse e caotiche, contengono al proprio interno l’embrione di un’estetica urbana coerente, che va sviluppata per incontrare le esigenze degli abitanti. La tradizione dell’architettura del paesaggio ci porta in eredità una grande capacità di articolazione compositiva dello spazio aperto, che va compresa ed analizzata in profondità per evitare di imitarne le forme in maniera storicista. Questa tradizione, considerata nella specificità delle sue regole, sottolinea l’importanza dei rapporti dimensionali e di scala tipici dello spazio naturale, la possibilità di una lettura cinetica dello spazio, l’esistenza di relazioni dialettiche e rapporti dinamici complessi tra le parti. Lo spazio della città contemporanea nasce dall’incontro di nuove modalità di crescita con una differente percezione dell’unità della forma; la nascita di questa nuova spazialità permette di superare la distinzione tra architetti e paesaggisti basata sulla materia con cui costruiscono lo spazio. Partendo da questi presupposti si è cercato di definire alcuni SULQFLSL GL RUJDQL]]D]LRQH GHJOL VSD]L YHUGL

che non aspirano a costituire un sistema coerente di regole per il progetto,

ma soltanto suggerire alcune possibili linee guida per gli interventi, e sopratutto puntano a sottolineare elementi e atteggiamenti che più di altri sono apparsi disponibili per un successivo approfondimento. Inevitabilmente solo attraverso gli strumenti del progetto ed il confronto con la complessità di situazioni reali sarà possibile svilupparne appieno le possibilità e verificarne la validità.

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I principi sono illustrati nelle pagine che seguono attraverso la rielaborazione di alcune immagini di spazi esistenti in cui sono evidenziati gli elementi dalla cui osservazione si è partiti per la loro definizione; la schematizzazione grafica di alcune delle loro possibili applicazioni progettuali, accompagnate da brevi descrizioni; la individuazione, all’interno dell’area studio, di alcuni luoghi in cui è possibile una loro sperimentazione; la presentazione di alcuni progetti che a tali principi possono essere ricondotti.

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Principi di organizzazione degli spazi verdi

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Sistemi lineari

Attesa Ombra

Inclusione

Architettura e natura

Recinti

Interstizi

Ipotesi di individuazione/applicazione nell'area studio


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Il fatto che le aree abbandonate vengono invase spontaneamente dal verde suggerisce la possibilità di utilizzare, con interventi anche molto limitati, il verde come "funzione" transitoria per aree in attesa di trovare una destinazione definitiva. Usare il verde come materia sostitutiva per territori inutilizzati appare una destinazione logica, infatti già nel passato e soprattutto nel secolo XIX le aree per molti parchi vennero reperite bonificando discariche o terreni abbandonati. Il fatto che non si tratti di un uso del suolo propriamente redditizio è compensato dal vantaggio ecologico e dalla ricaduta positiva sulle aree adiacenti in termini di qualità ambientale ed aumento di valore. A livello di pianificazione urbanistica, può essere introdotta una sorta di sospensione del giudizio: aree libere il cui ruolo urbano non è ancora del tutto chiaro vengono rese disponibili per ospitare funzioni temporanee, eventualmente recuperando dignità a meccanismi di appropriazione e gestione spontanea degli spazi urbani. Questo senza togliere spazio ad un successivo utilizzo differente delle aree, qualora intervengano le condizioni adatte. Dal punto di vista del progetto questa ipotesi comporta la necessità di utilizzare elementi con un grado di permanenza variabile, alcuni più durevoli, altri più labili ed effimeri. Il ruolo del verde in questo caso potrebbe, sovvertendo la teoria delle permanenze, essere quello di un elemento durevole, in grado di strutturare trasformazioni successive.

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Attesa

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Attesa Esempi di applicazioni progettuali

Incentivi per poco costose sistemazione a verde in aree private edificabili in attesa di utilizzazione, come ad esempio la semina di particolari piante per ottenere particolari effetti cromatici. In altri casi il diritto all'edificazione è soggetto ad incentivi in caso di sistemazione preventiva di alcune aree a verde, non necessariamente ad uso pubblico, (piantumazione di un filare di alberi in una determinata posizione, creazione di una fascia verde lungo una strada o un corso d'acqua).

Aree pubbliche al momento inutilizzate sono interamente piantumate secondo un principio di forestazione o destinate a usi temporanei. Al loro interno in un secondo tempo potranno essere liberate le aree da utilizzare.

Bonifiche di aree inquinate effettuate sfruttando le caratteristiche di alcune specie vegetali di assorbire determinati agenti inquinanti. Le aree industriali dismesse sono trasformate in piantagioni per alcuni anni, con costi relativamente bassi, in attesa di essere successivamente riutilizzate.

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Attesa

Riferimenti progettuali per interventi progettuali e gestionali su aree industriali dismesse

Florian Beigel - Recupero della Witzniz Brikettfabrik a Lipsia

Jan Kopp - Intervento a Ivry-sur-Seine

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Dominque Perrault - Recupero dell'area Unimetal


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La presenza visiva del verde costituisce spesso, dal punto di vista della percezione dei cittadini, il principale significato urbano di aree non direttamente accessibili per la loro particolare conformazione fisica, perché destinate a specifiche funzioni produttive o sottoposte a vincoli normativi particolari, di proprietà privata oppure soggette a particolari regimi. In molti casi il valore di questa presenza verde viene goduto attraverso attività che si svolgono ai loro margini. Spesso si tratta solamente della percezione in movimento che avviene nel corso degli spostamenti. A volte, in condizioni comunque simili, soprattutto nel caso di aree verdi molto ampie, è possibile una penetrazione all'interno, limitata però ad alcune direttrici particolari, oppure a percorsi obbligati per raggiungere punti particolari. Attraverso il ruolo della "scoperta" dei luoghi viene messa in risalto la percezione individuale rispetto al significato collettivamente condiviso. Una delle tecniche progettuali contemporanee che ricorre con maggiore frequenza non solo per aree verdi di grande estensione è quella di limitare l'intervento ad aree circoscritte, in prevalenza percorsi e punti di sosta, e lasciare intatte o sottoposte ad una trasformazione minima le altre. Il progetto si concentra solo sul rendere accessibili certi luoghi significativi e determinare il modo in cui si guarda il paesaggio. Le tecniche basate sui meccanismi della visione, che appartengono alla tradizione dell'architettura del paesaggio, sono oggi rese più complesse dal sovrapporsi di diversi processi percettivi, dalla frammentazione dell'esperienza visiva legata alla mobilità, dalle dinamiche legate alla proliferazione delle immagini. Il parlare di "inclusione" come principio compositivo nel progetto del verde non significa quindi un ritorno al senso scenico del paesaggio, ma va inteso come un possibile recupero, attraverso il progetto, di tutti gli elementi dell'esperienza urbana. I meccanismi percettivi e le abitudini di movimento all'interno delle aree urbane, il ricorso a tecniche compositive basate su diversi ruoli della memoria come elemento della percezione del paesaggio e sul principio di ripetizione, quali la serie e la sequenza, mettono in condizione di istituire legami anche tra parti autonome accomunate dalla presenza verde. Il principio dell'inclusione può essere applicato a preesistenze ambientali con interventi che mirino a renderle accessibili, come parte di progetti di trasformazione più ampi, oppure a interventi che ne modifichino le relazioni percettive e dunque il ruolo paesaggistico. Il principio dell'inclusione vale tuttavia anche nel caso di nuovi spazi verdi qualora questi abbiano caratteristiche tali da distinguersi e quindi essere percepiti come elementi significativi. Ciò può avvenire per la particolarità della loro forma, oppure per la loro dimensione. 262


Inclusione

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Inclusione Esempi di applicazioni progettuali

Realizzazione di sistemazioni paesaggistiche studiate in rapporto alla mobilitĂ in modo da realizzare un sistema di spazi verdi visivamente significativo.

Realizzazione di aree verdi come grandi vuoti in cui la dimensione diviene l'elemento linguisticamente piĂš comunicativo e simbolicamente rappresentativo, in grado di connettere tessuti e funzioni eterogenei.

Realizzazione di aree verdi pubbliche non attrezzate rendendo accessibili in sicurezza aree di valore naturalistico come le fasce fluviali. In maniera continua, attraverso realizzazione di percorsi che le attraversano o le percorrono tangenzialmente, o per punti attraverso la realizzazione di piccole aree di sosta.

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Inclusione

Riferimenti progettuali per interventi di riqualificazione degli spazi aperti

Stig L. Andersson - Kanalparken a Malmo

West8 - Swamp Garden a Charleston

Y. Brunier e J. Nouvel - Sistemazione sponde dell'Adour a Dax

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La concezione urbana del Movimento Moderno, per cui la natura deve entrare in città come un tappeto continuo su cui collocare gli edifici, ha costituito un momento cardine nella storia del verde urbano in quanto ha esteso anche ad esso un tipo di rapporto tra edifici e spazio aperto proprio della campagna. Si può leggere questa trasformazione come un'inversione del rapporto figura/sfondo tra costruito e vegetale a cui corrisponde l'abbandono di quello tra morfologia urbana e tipologia degli spazi aperti per come si era venuto a definire nella città dell'ottocento. La crescita disordinata della città ha moltiplicato a dismisura la quantità di spazi residuali, che costituiscono un tema progettuale ormai non nuovo, anche se ancora irrisolto. La realizzazione di progetti che nascono come sommatoria di singoli interventi localizzati appare l'esito naturale dello sforzo per "riempire" questi vuoti. In altri casi l'abbandono e la crescita spontanea sono le modalità in cui si verifica la nascita di aree verdi interstiziali, una delle categorie spaziali più propriamente tipiche della città dispersa. Lasciato a se stesso, il verde ha infatti per propria natura la tendenza ad occupare tutti gli spazi a disposizione. Pur essendo il verde considerato come valore positivo in assoluto, la presenza di aree verdi incolte può assumere le caratteristiche di una forma di degrado. Tra questi due estremi, anche grazie all'uso del verde libero da pregiudizi formali troppo rigidi è possibile trovare un senso per questi spazi.

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Interstizi

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Interstizi Esempi di applicazioni progettuali

Non è possibile pensare di estendere un intervento "disegnato" a tutte le aree interstiziali, tuttavia è possibile fissare alcuni criteri generali per un trattamento piÚ omogeneo degli spazi residuali dell'edificazione, ad esempio la piantumazione di alberi di una determinata specie, in modo da determinare un tema riconoscibile ed un carattere ambientale unitario.

Quando gli spazi interstiziali assumono dimensioni significative (tipico il caso dei nodi infrastrutturali), tali da poter ospitare particolari funzioni a carattere collettivo, come parchi, impianti sportivi, ecc., essi vengono utilizzati per creare luoghi fortemente connotati dal punto di vista spaziale in modo da sovvertire la loro condizione residuale per diventare luoghi significativi rispetto al loro contesto

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Interstizi

Riferimenti progettuali per interventi di riqualificazione degli spazi aperti e servizi collettivi

West8 - Carrasco Square a Rotterdam

West8 - Aereoporto di Schipol

Desvigne e Dalnoky - Stazioni linea ferroviaria TGV

Joan Roig - Parc Trinitat a Barcellona

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Uno degli impieghi più ricorrenti del verde nella città contemporanea è quello di elemento complementare ad un generico corpo edilizio, senza però arrivare ad assumere identità spaziale o consistenza tipologica autonoma. In questa forma il verde può assumere un carattere assai vario. Da quello ornamentale, ripetendo in questo modo uno dei suoi utilizzi di tradizione più antica, fino a quello di soluzione tecnologica anche molto sofisticata, quando usato in sostituzione di materiali costruttivi tradizionali. Molto più spesso il verde viene utilizzato in questo modo per riempire vuoti e spazi di risulta dell'edificazione, occupando distacchi e fasce di rispetto, risolvendo salti di quota e costituendo un filtro per elementi di disturbo visivo. Il senso dell'uso del verde che in questo caso forse più che altri arriva ad essere quello di un vero e proprio materiale edilizio, con le modalità che abbiamo in precedenza sottolineato, acquista un significato particolare al di fuori del tessuto urbano consolidato, dove la distinzione tra spazio "costruito" e non si fa più labile e soprattutto tende a coincidere sempre meno con le modalità e le figure abituali dell'edilizia. Di fronte alla scomparsa di un sistema coerente di ambienti urbani rassicuranti, perché abituali, che al più possono comparire qua e là, riproposti artificiosamente come frammenti autonomi di un insieme variegato i cui principi morfologici in parte sfuggono ancora alla nostra comprensione, il valore positivo del verde nella percezione comune può essere un utile elemento per il progetto. La grande presenza, anche solo dal punto di vista quantitativo, di elementi verdi che abbiamo osservato ci fa pensare alla possibilità di un loro utilizzo sempre maggiore a tutti gli effetti come elementi architettonici per costruire spazi coerenti, anche se con un linguaggio differente rispetto a quello che siamo soliti riconoscere alla città. La caratteristica

del

verde

di

venire

letto

con

chiarezza

come

elemento

proprio

dell'organizzazione dello spazio aperto con la sua naturale tendenza alla costituzione di sistemi continui e la capacità di legare edifici e spazio aperto, diviene fondamentale in parti di città in cui la presenza del vuoto è preponderante.

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Natura/architettura

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Natura/architettura Esempi di applicazioni progettuali

Barriere e coperture verdi costituiscono una parziale compensazione in caso di realizzazione di grandi interventi e soprattutto permettono di attenuarne l'impatto sul paesaggio

Attraverso l'uso del verde le infrastrutture possono essere trattate come elememti architettonici, schermando al contempo il loro impatto rispetto agli spazi abitati.

L'uso del verde in combinazione con gli edifici permette maggiore integrazione con il paesaggio e lo spazio aperto.

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Natura/architettura

Riferimenti progettuali per ipotesi di realizzazione di un nuovo quartiere residenziale a bassa densitĂ

Gabetti e Isola - Uffici Giudiziari ad Alba

Jean Nouvel - Centro di Arte Contemporanea a Roma (conorso)

Lina Bo Bardi - Ristorante Coaty a Salvador De Bahia

DP6 - CittĂ verde

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La città contemporanea presenta una enorme quantità di spazi aperti la cui esistenza è determinata da particolari condizioni normative. Ne sono un tipico esempio le fasce di rispetto legate alle infrastrutture di trasporto o agli elettrodotti, ma anche le fasce di rispetto cimiteriali, o fluviali, piuttosto che particolari condizioni di servitù o assetti proprietari a cui certi terreni sono soggetti. La proiezione sul territorio di questo intreccio di spazi della normativa, costituisce un interessante paesaggio non formalizzato che spesso il verde occupa per crescita spontanea e che offre una risorsa potenziale per la definizione di una forma della città, superandone una visione riduttiva di elementi esclusivamente "tecnici". Gli spazi aperti legati alle infrastrutture di trasporto hanno spesso particolari caratteristiche dominate da un senso di estraneità, assenza e marginalità. Tipico è il caso della ferrovia che si pone come un doppio negativo: spazio dominato da un movimento che per definizione non presuppone soste se non in punti prestabiliti in cui solo può avvenire uno scambio con la città, seppure aperto allo sguardo dei viaggiatori durante lo spostamento, la sua materialità è quasi annullato dall'impossibilità fisica di un contatto; ciò che all'intorno vi si avvicina, spazi ed edifici, vi si rivolge il più delle volte come un retro, anche per il disagio causato dal rumore. Sovvertendo questa tendenza, esiste la possibilità di sfruttare l'intreccio e la sovrapposizione di vincoli differenti per costruire un sistema verde continuo che sarà forse privo di una caratteristica formale unitaria, ma potrebbe essere interamente percorribile ed utilizzabile con modalità diverse. Spazi attualmente di "risulta" diverrebbero così elementi caratterizzanti del paesaggio urbano.

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Ombra

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Ombra Esempi di applicazioni progettuali

Attraverso la sistematica occupazione di aree verdi lo sfruttamento e la leggera modifica delle normative sulle fasce di rispetto e le distanze da confini etc. è possibile creare un sistema interamente percorribile e fortemente caratterizzato .

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Ombra

Riferimenti progettuali per interventi di riqualificazione degli spazi aperti e servizi collettivi

Ilex - Orti peri-urbani a Bron

Martha Schwartz - Intervento a Gelsenkirchen

Desvigne e Dalnoky - Accesso autostradale a Montpellier

MVRDV - Brabant City, Olanda

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Una delle caratteristiche della città contemporanea è costituita dalla progressiva tendenza alla privatizzazione degli spazi di relazione. Si potrebbe dire che questa tendenza è da un lato direttamente proporzionale alla maggiore facilità di comunicazione a distanza, che sottrae significato agli incontri quotidiani e di conseguenza alle relazioni di vicinato, dall'altra corrisponde alla sempre maggiore dose di "comfort" di cui ogni singolo individuo o nucleo familiare è in grado di disporre. A questa maggiore disponibilità fa riscontro un sempre maggiore senso di insicurezza che deriva proprio dal fatto che gli altri siano visti sempre di più come estranei. La proliferazione ed il consolidamento delle recinzioni e la disattenzione per la qualità materiale dello spazio pubblico è un modo in cui queste caratteristiche "immateriali" della vita urbana contemporanea si traducono in forma. La suddivisione del territorio, la creazione di un limite e di un confine per definire uno spazio è un tema di architettura non nuovo, ma spesso considerato marginale nella tradizione occidentale, in cui la concezione delle architetture in quanto "oggetti", quindi "pieni", ha spesso prevalso rispetto all'attenzione per lo spazio, quindi "vuoto". In realtà l'importanza architettonica del tema del recinto è testimoniata fin dall'epoca tardo-medioevale da miniature e stampe che rappresentano giardini, mentre il loro progetto viene esplicitamente affrontato da alcuni trattati di architettura, e dal Settecento in poi ha assunto sempre maggiore rilevanza anche all'interno dello spazio urbano. Spesso le aree verdi si presentano come territori chiusi ed inaccessibili. In molti casi la natura delle recinzioni ne impedisce anche solo la vista, in altri casi è possibile intuirne la presenza, senza però conoscere l'estensione o l'effettiva natura degli spazi. Non necessariamente questa caratteristica rappresenta un fattore negativo: lo schiudersi inaspettato di un paesaggio sconosciuto costituisce senza dubbio un arricchimento dell'esperienza urbana. Capita abbastanza spesso che un sistema di recinti ne contenga altri come un gioco di scatole cinesi, può trattarsi di complessi residenziali particolarmente protetti o di aree industriali abbandonate ed invase dalla vegetazione, oppure di impianti sportivi in cui le recinzioni sono funzionali allo svolgimento dell'attività stessa e non si configurano come barriere. Le recinzioni stesse costituiscono spesso un sistema verde. Dall'esempio più semplice in cui una siepe o di un filare sono utilizzati per delimitare una proprietà, si passa a sistemi più complessi in cui la recinzione assume un significato diverso come barriera antirumore realizzata con sistemi vegetali.

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Recinti

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Recinti Esempi di applicazioni progettuali

A livello di lotti contigui può essere ricercata l'omogeneità degli elementi e soprattutto la coerenza dei rapporti tra interno ed esterno: trasparenza, altezza, apertura, permeabilità, ecc.

La strategia opposta è la ricerca di una totale autonomia ed individualità dei singoli lotti, che tenderanno in particolare a differenziarsi dallo spazio circostante.

Ad una scala maggiore, nel caso di grandi insediamenti, non solo residenziali, ma anche produttivi o terziari, la costruzione di un limite può passare attraverso la realizzazione di manufatti più complessi ed articolati in sezione, che possono perfino ospitare percorsi e volumi tecnici o di servizio, assolvendo al contempo una funzione di filtro e protezione e di caratterizzazione dell'insediamento.

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Recinti

Riferimenti progettuali per interventi a carattere residenziale e spazi aperti

Lina Bo Bardi - Casa Ferraz

SITE - Padiglione Ranger Garden a Briosco

Edward Francois & Duncan Lewis - Case a Jupilles

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Per tradizione il verde assume forme lineari che possono essere legate o meno alla creazione di spazi specificamente pensati per una fruizione. Può trattarsi quindi di forma tipologica propria caratterizzata dall'andamento lineare, come nel caso di viali alberati, piste ciclabili, filari, siepi, ecc. oppure di una forma derivante dall'associazione, per scelta tecnica o crescita spontanea, del verde a sistemi di differente natura caratterizzati dall'andamento lineare: fasce di rispetto stradali o ferroviarie, aiuole spartitraffico, sponde fluviali. Visibilità, accessibilità e continuità d'uso non necessariamente coincidono. E' possibile pensare a sistemi di spazi definiti formalmente in maniera discontinua e fisicamente collegati attraverso percorsi, così come spazi che assumono una configurazione lineare unitaria senza essere utilizzabili in maniera continua. L'aumento della mobilità che caratterizza la vita contemporanea, condizionando le forme di sviluppo delle aree urbane, favorisce particolarmente lo sviluppo di sistemi verdi lineari che possono essere concepiti in relazione diretta ad infrastrutture di trasporto, a diverse scale. La tendenza, legata a questioni ecologiche, a creare sistemi verdi il più possibile continui in modo da favorire la biodiversità, porta a considerare, sia da un punto di vista analitico che progettuale, il verde sotto l'aspetto di un macro-sistema a scala territoriale, concetto del tutto indipendente dalla creazione di luoghi significativi dotati di caratteristiche ambientali particolari. Questo atteggiamento ha portato alla costruzione di ipotetiche "figure" verdi di cui, nella maggior parte dei casi, non si è ancora arrivati a vedere la reale materializzazione. I nomi dati a queste configurazioni si caratterizzano per l'enfasi posta appunto sull'idea della continuità: reti verdi, cinture verdi, corridoi verdi, tangenziali verdi, etc. e fanno pensare immediatamente all'associazione tra sviluppo delle aree urbane e mobilità.

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Sistemi lineari

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Sistemi lineari Esempi di applicazioni progettuali

E' possibile pensare ad uno sviluppo della tipologia del viale alberato con contro-viali aumentandone di molto le sezioni tipo per creare un sistema più complesso di viabilità veicolare veloce e lenta, pedonale e ciclabile, con spazi per attività pubbliche e si trasformi in un meccanismo distributivo efficace per insediamenti commerciali e produttivi, in grado di connotare fortemente il territorio che attraversa

In presenza di situazioni ambientali favorevoli o comunque dove paesaggio e risorse a disposizione lo consentono è possibile puntare alla costruzione di relazioni più complesse sul modello delle parkways statunitensi.

In altri casi è possibile legare spazi preesistenti e nuovi progetti che si snodano lungo una direttrice dando ad ogni episodio una propria autonomia, ma mantenendo un legame attraverso la ripetizione di alcuni elementi o relazioni spaziali

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Sistemi lineari

Riferimenti progettuali per interventi di riqualificazione degli spazi aperti e servizi collettivi

MVRDV - Brabant City, Olanda

Abalos e Herreros - Canalizzazione del Guadalhorce

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Aver focalizzato l’attenzione sul verde come elemento specifico ed autonomo, ha permesso di includere nell’analisi ed attribuire un senso ad una massa notevole di oggetti normalmente considerati “trascurabili”. Uno dei tanti componenti che costituiscono la città contemporanea, una volta isolato fino al suo “grado zero”, si è reso disponibile ad un’analisi più minuziosa di quella a cui sarebbe stato possibile sottoporre un sistema più complesso. Analizzando le caratteristiche degli spazi verdi di Torino è stato possibile osservare come, nelle espansioni urbane più recenti, non esistano che deboli tracce di un sistema di spazi verdi paragonabile a quello, fortemente strutturato, tipico della città borghese ottocentesca e novecentesca. Anche qualora sia possibile riconoscere i medesimi schemi tipologici, questi appaiano come gusci vuoti, in mancanza di quella complessità di rapporti spaziali e fruitivi sedimentati tra spazi aperti ed edificato che costituisce la loro principale ragione d’essere. In taluni casi, laddove è possibile individuare insiemi spaziali più coerenti, questi si rivelano isolati come frammenti che galleggiano in un magma indistinto, a sua volta costituito da entità spaziali del tutto autonome. La presenza del verde diviene quantitativamente più significativa man mano che ci si allontana dal centro della città, senza tuttavia poter mai affermare di esserne completamente usciti. La preponderanza quantitativa del verde, contrariamente a quanto può talvolta apparire da un punto di vista zenitale quale quello cartografico, dà raramente luogo ad un sistema continuo vero e proprio o che come tale possa essere percepito: “$QFKH

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La definizione spaziale dei singoli frammenti che lo costituiscono è tuttavia

incerta e transitoria. Le configurazioni variegate che essi assumono, considerate nel loro complesso, si rivelano la “somma vettoriale” delle azioni e delle decisioni di una moltitudine di soggetti autonomi, istituzionali e non, che si intrecciano sul territorio e si sovrappongono con il sistema di azioni “progettuali” puntuali e di prestazioni tecniche specialistiche che ha del tutto polverizzato l’organizzazione centralizzata e gerarchica posta alla base del processo di ideazione e produzione delle trasformazioni urbane.

Il risultato formale di questa sommatoria di atti è la città che molti vivono quotidianamente. Sia che tendiamo a rifiutarla, sia che, stimolati dalle caratteristiche di questa realtà, desideriamo costruire nuove teorie partendo dalla sua interpretazione, non possiamo 102 Cfr. Nota 23. 286


non riconoscere che, ancor prima della qualità dello spazio, sono le procedure della sua costruzione, le modalità della sua continua trasformazione e l’idea stessa di progetto ad essere messe in crisi da questa città. Di fronte all’incontrollabilità dei suoi meccanismi la figura ed il ruolo del progettista appare svuotata dei significati che solitamente gli sono attribuiti. La crisi della figura dell’architetto, crisi che, vale la pena di ribadirlo, non esiste solo su un piano teorico, ma investe anche e soprattutto la concretezza del suo ruolo professionale, rivela infatti un duplice aspetto: all’inefficacia del suo intervento nell’incidere sulla realtà, imputabile alla estrema complessità e frammentazione dei processi decisionali e tecnici in cui è coinvolto, si affianca l’incapacità dell’architettura contemporanea di entrare in comunicazione con una cultura diffusa, di interpretarne i bisogni profondi e le aspettative, di trovare per essi risposte formali adeguate. Nasce dunque la necessità di ricostruire un ruolo specifico per l’architettura e, a meno di non pensare che essa sia una disciplina del tutto autoreferente, in grado di produrre un discorso che assume significato esclusivamente all’interno dei propri codici, questa ricostruzione non può che passare attraverso l’analisi del problema dal punto di vista della comunicazione, e cioè del linguaggio, per rimetterla in contatto con la realtà. Da questo punto di vista la ricerca, pur lavorando su un ambito assai circoscritto, ha portato ad intersecare trasversalmente quasi tutti questi aspetti e sempre più, con il progredire del lavoro, è emerso come il problema del verde, pur isolato da tutto il resto ed affrontato nella sua specificità, non sia in realtà distinguibile, nella sostanza, dal problema più generale del progetto urbano.

Una prima considerazione che è possibile avanzare è che, in maniera esattamente analoga a quanto abbiamo osservato a proposito della dialettica esistente tra la trasformazione del paesaggio e le azioni tese alla salvaguardia dell’ambiente, anche nel progetto della città contemporanea, la definizione di forme compiute non è più un’azione di per sé sufficiente ad ottenere un risultato significativo e determinante. Piuttosto è necessario pensare al progetto come elemento di un processo che inizia assai prima e termina assai dopo la realizzazione fisica delle opere per la cui costruzione si sta nello specifico lavorando e che si inscrivono in un contesto in mutazione sempre più rapida. Gli interventi più riusciti saranno quelli in grado di interpretare correttamente i processi in corso e di prevedere le conseguenze delle trasformazioni messe in campo, capacità di analisi e di prefigurazione sono le qualità che dovranno essere sviluppate, così come la flessibilità e l’adattabilità delle soluzioni, capaci di assumere l’incompiutezza e la transitorietà come valore e di rielaborare quanto la realtà esistente mette a disposizione piuttosto che pretendere un territorio neutro su cui dare forma a 287


ipotesi precostituite. L’indeterminatezza che caratterizza questi processi può essere anche la base per la ricerca di nuove forme: “,Q SDVVDWR OD EHOOH]]D HUD FRQGL]LRQDWD GD DVSHWWL GL SXUH]]D HVVHQGR OH VLPPHWULH ILVVH H OH VWUXWWXUH ULGRWWH DO PLQLPR FRQVLGHUDWH FRPH UHJROH )LQFKp LO QRVWUR FHUYHOOR VL q PDQWHQXWR VXL ELQDUL GHO UDJLRQDPHQWR LO PRGHOOR q SHUVLVWLWR 2UD FKH LO PRQGR q DFFHWWDWR FRPH XQD UHDOWj QRQ VHPSOLFH LO FRPSOHVVR OÂśREOLTXR H OÂśLQWUHFFLR GHL ILOL GHOOD ORJLFD JXDGDJQDQR IDYRUL /D UDJLRQH VWHVVD LQ ILQH YLHQH FRPSUHVD FRPH XQD VWUXWWXUD ÂľQDVFHQWHÂś QRQ OLQHDUH H GLSHQGHQWH GD SURFHGXUH GL IHHGEDFN /D EHOOH]]D SXz ULVLHGHUH QHOOÂśDWWXDOH SURFHVVR GL LQFDVWUR HG HVVHUH SL DVWUDWWD ULVSHWWR DOOÂśHVWHWLFD GHOOÂśRJJHWWLYLWj ,Q GHILQLWLYD

.�103

SXz HVVHUH YHUDPHQWH XQ SURFHVVR FRVWUXWWLYR

Si tratta in sostanza, per l’architettura, di fare propria un’attitudine culturale che caratterizza le piĂš recenti tendenze dell’espressione artistica. In un suo recentissimo intervento Nicholas Bourriaud, direttore del centro d’arte Palais de Tokyo di Parigi, chiarisce questa dinamica dell’operare contemporaneo: “/D

PDJJLRU SDUWH GHJOL DUWLVWL FRQ FXL ODYRUR DWWXDOPHQWH VRQR LPSHJQDWL D

LQWHUSUHWDUH ULSURGXUUH UL HVSRUUH R ULXWLOL]]DUH RSHUH SURGRWWH GD DOWUL R LQ UHDOWj TXDOVLDVL SURGRWWR FXOWXUDOH VLD D SRUWDWD GL PDQR /œDUWH GHOOD SRVWSURGX]LRQH q XQD ULVSRVWD DO SUROLIHUDUH FDRWLFR GHOOD FXOWXUD JOREDOH QHOOœHWj GHOOœLQIRUPD]LRQH FDUDWWHUL]]DWD FRPœq GDOOD TXDQWLWj HFFHVVLYD GL RSHUH H GDOOœDQQHVVLRQH DO PRQGR GHOOœDUWH GL IRUPH LQ SUHFHGHQ]D LJQRUDWH R GLVSUH]]DWH 4XHVWL DUWLVWL FKH LQVHULVFRQR LO SURSULR ODYRUR VX TXHOOR GHJOL DOWUL FRQWULEXLVFRQR D FDQFHOODUH OD WUDGL]LRQDOH GLVWLQ]LRQH WUD SURGX]LRQH H FRQVXPR FUHD]LRQH H FRSLD UHDG\PDGH H RSHUD RULJLQDOH (VVL QRQ FUHDQR IRUPH D SDUWLUH GD PDWHULDOL JUH]]L PD ODYRUDQR VX RJJHWWL JLj LQ FLUFROD]LRQH QHO PHUFDWR FXOWXUDOH ,QYHFH FKH SHUVLVWHUH QHOOœLGHD FKH FL GHEEDQR HVVHUH OXRJKL RYH OD ³OLEHUD FUHDWLYLWj´ q DQFRUD SRVVLELOH FDYDOFDQR IRUPH VRFLDOL JLj HVLVWHQWL ´

103 Âł,Q WKH SDVW EHDXW\ ZDV FRQGLWLRQHG E\ DVSHFWV RI SXULW\ IL[HG V\PPHWULHV DQG SDUHG PLQLPDO VWUXFWXUHV EHLQJ DFFHSWHG DV QRUPV $V ORQJ DV RXU EUDLQ NHSW WR WUDPOLQHV RI UHDVRQLQJ WKH PRGHO SHUVLVWHG 1RZ WKDW WKH ZRUOG LV EHLQJ DFFHSWHG DV QRQ VLPSOH WKH FRPSOH[ DQG REOLTXH DQG WKH LQWHUWZLQLQJ RI ORJLF VWUDQGV JDLQ IDYRXU 5HDVRQ LWVHOI LV ILQDOO\ EHLQJ XQGHUVWRRG QDVFHQW VWUXFWXUH QRQ OLQHDU DQG GHSHQGHQW RQ IHHGEDFN SURFHGXUHV %HDXW\ PD\ OLH LQ WKH DFWXDO SURFHVV RI HQJDJHPHQW DQG EH PRUH DEVWUDFW WKDQ WKH DHVWKHWLF RI REMHFWKRRG 8OWLPDWHO\ LW PD\ UHDOO\ EH D FRQVWUXFWLYH SURFHVV ´ Cecil Balmond, ,QIRUPDO, Prestel Verlag, Monaco, Berlino, Londra, New York, 2002, pag.15. Cecil Balmond, ingegnere strutturista, socio di Ove Arup, ha progettato le strutture di molti tra gli edifici piĂš innovativi dell’architettura contemporanea, tra cui: Neue Staatsgalerie e Musikhockschule di Stoccarda (James Stirling), Villa Floriac a Bordeaux, Kunsthal di Rotterdam, Congrexpo di Lille (OMA), Padiglione portoghese all’Expo di Lisbona (Alvaro Siza), Terminal traghetti di Yokohama (Foreign Office Architects).

104 “0RVW RI WKH DUWLVW , DP SUHVHQWO\ ZRUNLQJ ZLWK DUH HQJDJHG LQ LQWHUSUHWLQJ UHSURGXFLQJ UH H[LELWLQJ RU UHXVLQJ ZRUNV SURGXFHG E\ RWKHUV Âą RU LQGHHG ZKDWHYHU FXOWXUDO SURGXFWV DUH DW KDQG 7KH

288


L’enfasi posta sulle operazioni di lettura e interpretazione è una delle caratteristiche che contraddistingue, almeno in Italia, la ricerca piĂš recente sulle trasformazioni della cittĂ e del territorio. Si tratta probabilmente della reazione alla tendenza a definire regole chiare per il progetto che, sviluppatasi intorno ad alcuni importanti testi di riferimento scritti nel corso degli anni ’60, ha preteso di raccontare la “veritĂ â€? sulle dinamiche urbane e sul rapporto tra queste e l’architettura. Regole che non sono riuscite a fare fronte alla progressiva marginalizzazione delle discipline del progetto e forse hanno contribuito almeno in parte a provocarla105. Il fatto che la cittĂ si sia sviluppata in maniera cosĂŹ differente dalle attese ha fatto pensare che alla base della sua trasformazione esista un complesso sistema di fenomeni non governabili direttamente ed in modo unitario. Tuttavia, al di lĂ di questa dinamica storica, l’attenzione per la realtĂ , declinata anche verso i suoi aspetti piĂš immediati e apparentemente meno significativi, può avere anche un risvolto operativo e definire nuovi atteggiamenti nei confronti del problema del progetto, con l’obiettivo di confrontarsi e cercare di indirizzare e gestire trasformazioni e processi dotati di un elevato grado di auto-organizzazione ed autonomia. Inteso in questo senso il progetto diviene un dispositivo non solo di costruzione del nuovo, ma anche di messa in relazione dell’esistente; ben oltre l’attenzione per il rapporto tra nuovi manufatti ed il contesto, gli stessi elementi della realtĂ possono essere utilizzati, in maniera piĂš o meno mediata, come materiali e componenti del progetto. Alle tecniche compositive classiche, basate su concetti quali ordine ed unitĂ , ed a quelle introdotte dal Movimento Moderno e dalle Avanguardie Storiche riconducibili alla distruzione di tali concetti attraverso una rilettura piĂš libera della tradizione del passato ed operazioni di giustapposizione, di tassonomia od ai meccanismi della paranoia, della nostalgia e della memoria, se ne aggiungono altre basate appunto sulla dissoluzione dei limiti precisi tra intervento e contesto, sul recupero e la reinterpretazione dell’esistente, sul prevalere dell’attenzione per gli eventi e le azioni e di operazioni limitate ad una dimensione temporale circoscritta. Se questo è quanto si può osservare come una delle caratteristiche piĂš interessanti dell’architettura contemporanea, a maggior ragione tali atteggiamenti progettuali sono DUW RI SRVWSURGXFWLRQ LV D UHVSRQVH WR WKH FKDRWLF SUROLIHUDWLRQ RI JOREDO FXOWXUH LQ WKH LQIRUPDWLRQ DJH FKDUDFWHUL]HG DV LW LV E\ D JOXW RI ZRUNV DQG WKH DUW ZRUOGÂśV DQQH[DWLRQ RI IRUPV SUHYLRXVO\ LJQRUHG RU GLVGDLQHG 7KHVH DUWLVWV ZKR LQVHUW WKHLU RZQ ZRUN LQWR WKDW RI RWKHUV FRQWULEXWH WR WKH REOLWHUDWLRQ RI WKH WUDGLWLRQDO GLVWLQFWLRQ EHWZHHQ SURGXFWLRQ DQG FRQVXPSWLRQ FUHDWLRQ DQG FRS\ UHDG\PDGH DQG RULJLQDO ZRUN 7KH\ GRQÂśW ZRUN XS IRUPV IURP UDZ PDWHULDO EXW ZRUN RQ REMHFWV DOUHDG\ LQ FLUFXODWLRQ RQ WKH FXOWXUDO PDUNHW ,QVWHDG RI EX\LQJ LQWR WKH LGHD WKDW WKHUH PXVW EH SODFHV ZKHUH ÂľIUHH FUHDWLYLW\Âś LV

â€? Nicholas Burriaud, 2Q WKH DUW LQVWLWXWLRQ, in “NU: The Nordic Art Reviewâ€?, Vol. IV n° 1-2/2002, pag. 157. VWLOO SRVVLEOH WKH\ ULGH RQ DOUHDG\ H[LVWHQW VRFLDO IRUPV

105 Cfr. Stefano Boeri, 7UH &LWWj XQD ULIOHVVLRQH VXOOH RSHUH GL &DUOR $\PRQLQR 9LWWRULR *UHJRWWL $OGR , UniversitĂ di Genova, FacoltĂ di Architettura, Istituto di Urbanistica, 1991.

5RVVL

289


possibili per il progetto dello spazio aperto ed in particolare del verde che, come abbiamo visto, è molto legato all’affezione per determinate figure e tipologie ben consolidate, ma assai meno a regole formali specifiche. Porsi come obiettivo lo sviluppo di questa capacitĂ di rielaborazione dei materiali disponibili significa anche abbandonare l’ipotesi operativa della FRQVHUYD]LRQH

del paesaggio in favore di un atteggiamento che consideri il rapporto con la

storia ed il passato da una parte, e le necessità della salvaguardia del territorio dall’altra, in maniera piÚ complessa.

Nel corso del lavoro di ricerca è emerso come in generale sia possibile individuare due esigenze contrapposte con cui gli interventi si devono confrontare: da un lato il bisogno di dare continuitĂ e salvaguardare i sistemi naturali, requisito ecologico che trova una corrispondenza, all’interno di situazioni di diffusione urbana analoghe a quella dell’area studio considerata, nella grande quantitĂ di spazi aperti non direttamente urbanizzati; dall’altro una “domanda di formaâ€? che corrisponde ad una richiesta di riconoscibilitĂ dei luoghi e di identificabilitĂ delle possibili fruizioni. Da questa duplice esigenza possono derivare due filoni di ricerca progettuale sugli spazi verdi paralleli e non alternativi, dalla cui combinazione è possibile sperare di ottenere un rapporto piĂš coerente ed armonioso tra natura e cittĂ contemporanea:

-

uno sforzo volto a individuare modalità di gestione e regolamentazione dell’uso, della costruzione e della trasformazione dello spazio generalmente applicabili, quindi anche economicamente e tecnicamente pertinenti, alla maggior parte degli interventi in una data situazione territoriale. Questo sforzo progettuale dovrà necessariamente tener conto della natura incrementale e della molteplicità ed autonomia degli attori che caratterizzano l’urbanizzazione contemporanea; i suoi risultati saranno applicabili soprattutto a livello di pianificazione e regolamentazione edilizia, attraverso una serie di indicazioni che, abbandonando gli abituali parametri esclusivamente quantitativi, determinino regole morfologiche sull’occupazione del suolo, la realizzazione dei manufatti ed il trattamento degli spazi aperti. Tali regole per essere concretamente applicabili dovranno essere legate ad un sistema di agevolazioni ed incentivi che le rendano comunque vantaggiose per gli operatori, anche la messa a punto di tali meccanismi urbanistici alternativi appare dunque un elemento fondamentale, sebbene esuli dagli obiettivi di questa ricerca. 290


-

Una rinnovata attenzione per la ricerca sull’autonomia tipologica degli spazi aperti che sia tesa alla realizzazione di spazi verdi meglio rispondenti alle esigenze di vita ed alle caratteristiche formali della città contemporanea. Questi potranno nascere dalla combinazione e rielaborazione della tradizione storica con le spazialità e le modalità fruitive odierne. Questo significa da un lato un’evoluzione degli schemi tipologici del verde che vanno adattati alle esigenze attuali, dall’altro la costruzione di spazi verdi in grado di trasformarsi in elementi significativi per la vita collettiva, assumendo un ruolo analogo a quello degli spazi pubblici della città storica senza doverne necessariamente ripetere forme e rapporti.

L’attenzione sempre crescente per gli interventi che coinvolgono elementi o sistemi “naturali” è caratteristica peculiare dell’architettura più recente. Forse la natura stessa del verde è in grado di esprimere l’indeterminatezza e mobilità della forma che il testo di Balmond citato in precedenza indica come adeguate alle caratteristiche del pensiero contemporaneo. Considerarlo come materia prima con cui costruire la città utilizzandolo alle diverse scale, autonomamente od legato agli edifici, appare dunque un’ipotesi operativa praticabile. La progressiva diffusione dell’interesse per l’utilizzo ed il disegno del verde assume un ulteriore significato, più direttamente operativo, che si ricollega con il problema della comunicazione: il verde è un elemento il cui valore è facilmente comprensibile da tutti e largamente gradito, in quanto ecologico, pulito e relativamente economico. La legittimità di questa interpretazione è confermata dal fatto che la diffusione del verde come elemento sempre più onnipresente nei progetti di trasformazione, avvenga, al di fuori di ambiti di pura ricerca, anche ad opera di soggetti più cinici, con finalità puramente commerciali, per una ricerca di consenso veicolata attraverso gli argomenti di più semplice comprensione. In questo la retorica della natura tenta in parte di sostituirsi alle qualità dell’abitare che la produzione edilizia corrente non è più in grado di garantire.

Di fronte alla crisi della disciplina, la decisione di lavorare con il verde è dunque una scelta che può assumere valore linguistico, nel senso che abbiamo descritto in precedenza. Per evitare che questa si riveli un’opzione semplificatoria è necessario dotarsi degli strumenti adeguati al suo controllo. L’analisi delle strategie formali che emergono dai progetti raccolti 291


nel catalogo dei “materiali verdi”, prima ancora di fornire indicazioni tecniche o soluzioni progettuali che è possibile ripetere, ci permette di individuare ed approfondire innanzi tutto questi meccanismi linguistici coinvolti dal progetto del verde. Proviamo a riassumerne brevemente i più significativi: -

i processi che coinvolgono la memoria, come citazioni e metafore, che possono essere attuati attraverso la riproposizione di “figure” facilmente riconoscibili (il viale, il campo, l’orto, la piantata d’alberi, etc.), elementi o sistemi di organizzazione e trattamento dello spazio mutuati dal paesaggio circostante o ricreando rapporti ambientali tipici o “atmosfere” particolari, o ancora attraverso la conservazione di tracce del passato;

-

il tentativo di creare unità e continuità tra interventi progettati e paesaggio esistente o, agendo per contrasto, di creare tra di essi un rapporto fruitivo o percettivo diretto che tenda comunque a legare l’uno all’altro;

-

la messa in scena del discorso ecologico attraverso l’evidenziazione dei processi naturali o l’uso esasperato della vegetazione legata agli edifici;

-

la tendenza alla progressiva dissoluzione della consistenza tipologica e materiale dell’architettura;

-

l’attenzione per i rapporti ambientali, intesi come capacità degli spazi di permettere un certo tipo di fruizione e di determinare i modi dello stare, del muoversi, del guardare;

-

la costituzione di sistemi aperti basati sull’indeterminatezza formale e la compresenza di ordini differenti.

In assenza di una forma urbana chiara lo spazio aperto sistemato a verde può divenire un elemento strutturante la forma della città contemporanea. In essa la presenza della natura, con la sua persistenza ed il legame con la terra, con il suo ostinato riemergere al di là di ogni nuova trasformazione, già costituisce un fattore di resistenza ed uno dei pochi elementi di forte identità. È l’espressione di potenzialità in attesa di trovare le forme attraverso cui tradursi nella realtà. Lo sviluppo di queste forme attraverso il progetto ha bisogno di una grande disponibilità alla sperimentazione, all’analisi della realtà concreta ed alla ricerca di nuove soluzioni. È necessario proporre ipotesi operative, metterle in campo con una certa dose di distacco e freddezza, per verificarne la correttezza al confronto con situazioni reali, eventualmente abbandonarle o modificarle qualora si rivelassero inappropriate. Il territorio su cui si opera è una realtà variegata e dinamica, in continua trasformazione, nella sua 292


consistenza fisica al pari che nelle modalità interpretative attraverso cui chi la vive le attribuisce un senso. L’obiettivo non può perciò essere la formulazione di un decalogo di regole certe, ché sarebbero superate ancor prima di essere messe a punto, ma un sistema interpretativo aperto, analogo alla realtà a cui fa riferimento. In questo senso i principi compositivi che si è cercato di definire nell’ultima parte di questo lavoro non possono dare risposte definitive, ma solo muovere un primo passo nella direzione che abbiamo indicato. Vanno dunque considerati come un’apertura di ulteriori problematiche in attesa di opportune verifiche.

293


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