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1 Introduzione
1.
INTRODUZIONE
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fig. 1 Trilogia Navile INTRODUZIONE
“I progetti per ‘tappare i buchi’ non vanno considerati per ciò che appaiono - giochi estemporanei di architetti alla ricerca di incarichi - bensì per il pericolo che essi contengono. Che è superficialità di approccio ai temi, poca responsabilità nei confronti delle strutture storiche e funzionali, incredibile voglia di porre i propri segni accanto o - ciò che è più grave - sopra quelli antichi. 1 “
I vuoti urbani vengono a formarsi in zone solitamente periferiche rispetto a centri urbani consolidati. Le città europee, contrariamente a quelle americane, hanno una morfologia più compatta presentando un nucleo insediato coeso, attorno al quale si susseguono espansioni di necessità come i valori paesaggistici, infrastrutture, sistemi produttivi e attrezzature.
Negli ultimi cento anni i territori urbanizzati hanno aumentato l’estensione dei tessuti urbani provocando una perforazione urbana, lasciando come relitti strutture produttive e di servizio del passato, svuotate della loro funzioni originali. Conseguentemente i fenomeni di dismissione di molte attività produttive e di servizio, hanno portato alla disgregazione dall’interno delle città.
Il risultato di questa doppia azione di crescita
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Intervista (Tafuri 1984, Tafuri 1984)
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e abbandono ha condotto ad una discontinuità spaziale dovuta all’abbandono di alcune parti di città storiche. Non è chiaramente possibile categorizzare con certezza tutte le lacerazioni urbane che sono venute a crearsi, esistono però delle tipologie più comuni:
Spazi residuali o in stato di abbandono prodotti da coacervi stradali o ferroviari in alternativa da bacini o corsi d’acqua;
Lotti liberi che provengono da un progetto fallimentare, per errori progettuali o per mancanza di fondi;
Spazi tecnici vengono individuati da spazi merci o aree di stoccaggio, molto spesso esistono parti non più legate alla funzione che svolgevano;
Aree libere in cui venivano svolte attività di gestione e logistiche del quartiere o dell’agglomerato urbano, alcune volte si presentavano con funzione militare;
Siti industriali non più in attività, possono trovarsi in stato di degrado oppure parzialmente demoliti.
Le cause possono essere di diversa natura come
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quella di distruzione (esito di guerre, terremoti o eventi catastrofici di vario genere). Spesso però il vuoto ha origine per abbandoni dovuti a dimenticanze e distrazioni, perdendo progressivamente la propria utilità a cui le società contemporanee non attribuiscono più gli stessi valori e significati.
Talvolta, sono gli interventi di completamento infrastrutturale a produrre ritagli di spazi e parti di territorio entro cui è difficile inserire un manufatto.
Il vuoto costituisce, se ben gestito, una risorsa importante per le città, in cui si può produrre innovazione e sostenibilità ambientale, ricreare spazi provocando effetti positivi sui contesti vicini, riallacciare insediamenti ormai dimenticati.
Un intervento italiano che mostra come recuperare una area grigia è il Maxxi di Roma realizzato da Zaha Hadid.
La sede del museo è il quartiere Flaminio di Roma, tra via Guido Reni e via Masaccio.
Posizionato sulla vecchia caserma Montello, oggi presente solo in parte, scelto come luogo per ospitare il campus.
Le linee guida del concorso prevedevano di integrare
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il progetto con il contesto del quartiere Flaminio, di conservare l’edificio che affaccia su via Guido Reni e il grande corpo a due piani sul confine con la chiesa parrocchiale.
Nonostante ci fossero ben 273 candidature, vince il progetto di Zaha Hadid, non solo per la qualità del progetto e per l’idea organizzativa, ma anche perché l’intero corpo riesce ad amalgamarsi e adattarsi perfettamente con il clima della capitale. 2
Il recupero di aree di dimensioni vaste comporta investimenti non indifferenti, pertanto non sempre si riesce a realizzare un unico progetto complessivo che copra tutta la superficie.
Spesse volte si procede per fasi successive, intervenendo dapprima su edifici singoli e poi sulle aree scoperte.
Agli occhi della cittadinanza è infatti molto più evidente un edificio abbandonato in un tessuto compatto.
Una bella iniziativa, che porta un piccolo contributo nei confronti di questi spazi, è stato svolta nella città di Bologna da parte di un team chiamato Gruppo Urbanistica di Coalizione Civica che ha svolto uno studio di “mappatura sul fenomeno dell’abbandono
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Bianchini, 2018
dei contenitori edilizi ed aree urbane”.
Il referente della Coalizione è l’architetto Piergiorgio Rocchi:” Non è un promemoria per occupazioni, ne indicazioni per agenzie immobiliari, ci piacerebbe che fosse un ausilio a quanti lavorano al riuso temporaneo a fini sociali e culturali del patrimonio pubblico e privato, di cui a Bologna cominciano ad esserci esempi importanti” 3 .
Ad oggi sono stati individuati 440 tra edifici e aree, di cui il 41% di proprietà pubblica.
La lettura dell’intero studio “premia” al quartiere Navile come “cisterna” contenente 105 spazi, di cui 22 di proprietà pubblica 4 .
3 4 Rocchi, 2017 Guida, 2018