Why Not Associates. Artigianato visivo e allucinazioni tipografiche

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WHY NOT ASSOCIATES a r t ig ia n ato v i s ivo e a l luc i n a z ion i t ipo g r a f ic he

Andrea Paraggio matr. 1244593 anno 2008/2009 Cattedra di “Storia Dell’Arte Contemporanea”, Prof. Franco Zeri


WHY NOT ASSOCIATES Pr e me s s a Parto subito col dire che sui Why not associates si trova pochissimo materiale scritto. Questo quasi a ribadire lo spiccato orientamento di quest’agenzia alla “comunicazione per immagini” più che per parole. E anche quando si tratta di “testo”, nel caso dell’agenzia londinese questo va “visto” e non letto. Mi affiderò quindi alle poche righe e alle molte immagini trovate sul loro sito ufficiale1 per scrivere questo piccolo contributo sui designer forse più sperimentali del panorama che va dalla fine degli anni ‘80 ai giorni attuali.

1  http://www.whynotassociates.com

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WHY NOT ASSOCIATES bi o gr af ia Dietro il successo di Why not associates troviamo le menti di David Ellis e Andrew Altman che fondano l’agenzia subito dopo aver conseguito una laurea al St Martins College of Art a Londra. Ben presto diventeranno un’agenzia di respiro globale che ad oggi annovera tra i suoi clienti importanti multinazionali2 ed enti governativi, ma anche piccole comunità con progetti di piccolo respiro, rivolti soprattutto, come vedremo, all’environmental typography. In circa venti anni di attività, l’agenzia si è trovata a spaziare dallo studio dell’immagine coordinata alla stampa di libri; dall’elaborazione di concept per video, alle installazioni urbane. Una frase emblematica in cui WNA ama racchiudere tutta la sua mission è la seguente: “We’re not afraid to run through a dark room with an arm full of lighted fireworks. Fingers grow back, and great work lasts forever.”3

2  Un esempio per tutti: la Nike. 3  La frase significa letteralmente: “non abbiamo paura di correre per una stanza scura con una mano piena di petardi accesi. I polpastrelli ricrescono e un grande lavoro dura in eterno”.

Fig. 1 Particolare del secondo libro contenente le opere dei WNA.

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n s t r u ct io n Lo s ce n ar io d e ll a t yp e d e co

Fig. 2 e 3 Particolare del lavoro tipografico inserito nello spot video per Virgin.

Come gia affrontato nel mio lavoro su Adrian Frutiger, gli anni ‘80 segnano la fine della tipografia tradizionale e l’avvento della tipografia digitale. Da quel momento per realizzare un carattere tipografico non c’è più bisogno di fondere piombo4, ma di disegnare al computer con l’ausilio di uno o più software. In questi anni assistiamo al declino della tipografia tradizionale e con essa alcuni principi della scuola tipografica svizzera, primi tra tutti l’inviolabilità storica della “leggibilità” e la coerenza strutturale e armonica dell’impaginato. È attorno a magazine come Emigre e Octavo che giovani designer5 sperimentano caratteri, più o meno leggibili. Molta di questa sperimentazione avviene partendo da una “decostruzione” di caratteri della tradizione, sia lineari che serif, alterandone la struttura, in particolar modo manipolando la larghezza e la lunghezza delle aste e dei tratti terminali, la linearità dei contorni. 4  In realtà la fine dell’era metal è da rintracciare in un’altra tecnologia ancora precedente: la fotocomposizione tipografica. 5  Nel contesto britannico ricordiamo almeno due nomi: J. Barnbrook con i suoi virus fonts (www.virus.net); Neville Brody con i suoi Arcade, Industria e FF Dirty.

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Fig. 4 Intagli nel metallo effettuati col tornio per un’illustrazione del loro secondo libro.

Se è valido il principio secondo cui nulla si crea nulla si distrugge, ma tutto si ricicla6, allora è vero che gran parte dei lavori dei WNA vanno a collocarsi a livello stilistico nel filone della Type Deconstruction e della Next Wave. Ma è anche vero che molte delle loro realizzazioni, soprattutto le installazioni di public art, pagano un tributo alle officine dell’Arts and crafts per quanto riguarda l’approccio al lavoro in generale e, in particolare, per il profondo interesse che nutrono per l’artigianato e le arti squisitamente manuali come ad esempio l’incisione, la scultura, la tornitura etc. Questa loro matrice artigianale li ha portati, in molti casi, a scegliere i materiali e i supporti più disparati per confezionare i loro lavori, ricorrendo in alcuni casi a proficue collaborazioni con professionisti di settori completamente diversi. È il caso del lavoro che più recentemente li sta vedendo coinvolti, le Typographic Tree Columns (fig. 5 e 6) create in collaborazione con Gordon Young7 per l’allestimento della Crawley Library nel West Sussex. 6  Principio di Lavoisier mutuato e riadattato dalla chimica: “nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma”. 7  Gordon Young è un public artist di fama internazionale. Con i WNA ha firmato diverse collaborazioni. Per ammirarne le opere www.gordonyoung.net

Fig. 5 e 6 Ogni colonna è un tronco d’albero finemente cesellato con storie scritte in diversi caratteri tipografici. Una decorazione suggestiva e originale, oltre ad essere l’allestimento ideale per una biblioteca, vissuta da tutti come il regno della parola scritta, letta e tramandata.

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vo r i pr in ci pa li t rat t i ca rat t e r is t ic i e la

Lo stile dei WNA è un mix di stilemi e linguaggi moderni veicolati utilizzando talvolta materiali tradizionali come la carta, altre volte presi in prestito da ambiti artistici completamente diversi. È il caso del legno, del metallo, della pietra, della pellicola. La tendenza è un po’ quella comune a tutti i deconstructor, ossia quella di smantellare strutture precostituite:

Fig. 7 Lavoro per la Royal Academy of Arts di Londra

• smantellamento dei tradizionali percorsi di lettura (fig. 9 e 10); • fusione e commistione di due parti della pagina (immagine e testo) tenute tradizionalmente separate (fig. 8); • eliminazione e modifica di parti ridondanti dei caratteri tipografici tradizionali (fig. 7, 11, 12 e 13);

Fig. 8 Materiale pubblicitario per il teatro Barbican

• assunzione da parte del testo dell’immagine/colore di Fig. 9 e 10 Pagine tratte dalla pubblicazione Typography now

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vo r i pr in ci pa li t rat t i ca rat t e r is t ic i e la

fondo (fig. 14 e 15); • copertura volontaria di parti di testo (vedi “the unseen Gaza” nella pagina successiva, fig. 16 e 17). Fig. 11 Logotipo per Envy

Fig. 12 Logotipo per Square

Fig. 15 Materiale pubblicitario per il Royal College of Arts

Fig. 14 Copertina di un libro di Julian Germain

Fig. 13 Logotipo per il London Arts Museum

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ia in vi d e o T h e u n s e e n Gaza . T ip o gr af

I WNA hanno contribuito alla realizzazione di molti video, sia di carattere promozionale che istituzionale. Memorabili i video realizzati per Virgin (vedi fig. 2 e 3) e, ultimamente, quello che ha promosso il documentario sulla striscia di Gaza andato in onda sulla BBC. È nudo e crudo a tal punto che sul fondo scorrono immagini del conflitto, coperte da un rettangolo di volta in volta bianco o nero in cui scorre il testo pronunciato dallo speaker. Niente di particolare se non fosse per il fatto che il testo appare solo per frazioni di secondo allo spettatore dopodiché viene coperto da una striscia nera che ne lascia intravedere solo alcuni tratti. Un meccanismo teso a sottolineare il titolo del documentario, The unseen Gaza.

Fig. 16 e 17 Fotogrammi tratti dal video promozionale per il documentario in onda su BBC, “The Unseen Gaza”.

Il risultato è la creazione di una certa difficoltà nella lettura, nella visione e, di conseguenza, nell’ascolto del messaggio. Tutto ciò fa sì che lo spettatore venga preso da una sensazione di “sgomento” per aver capito qualcosa attraverso la difficoltà di fruizione dello stesso messaggio.

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WHY NOT ASSOCIATES Pu bl ic ar t Molto interessanti gli interventi di public art realizzati dallo studio londinese. In questo senso la tipografia viene utilizzata per creare dei percorsi narrativi interattivi ed esperienze nuove di percezione dei luoghi pubblici. In alcuni casi vengono create delle vere e proprie metafore urbano-visive, come nel caso di The walk of art (fig. 18), la stradina di acciaio di oltre 100 metri che porta all’entrata dello Yorkshire Sculpture Park, su cui sono incisi a laser i nomi degli oltre 5000 visitatori che hanno donato una somma alla fondazione. Fig. 18 Particolare della stradina che porta allo Yorkshhire Sculpture Park realizzata con la collaborazione di Gordon Young.

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