Immobile come la collina

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Immobile come la collina di Andrea Velluto (2008)

Ero qui quando vidi spuntare quella chiassosa creatura, proprio qui, al mio solito posto, in piedi vicino alla panchina, immobile come la collina. Sprigionando gioia con travolgente spontaneità, correva verso di me la bambina, leggera come un sospiro, per nulla impensierita dalle asperità del terreno che rendevano affannati i passi della madre. «Fermati!», gridò la donna, «Vieni qui!». Ma è una forza difficile da contrastare, la volontà. Saltandomi addosso mi abbracciò. Il mio corpo rigido e ormai spoglio dei fasti della gioventù, per qualche istante, vibrò all'unisono con quell'energia dolce e debordante. Gli incontri che faccio ogni giorno qui al parco sono di tutt'altro genere, parole sì, tante, abbracci mai. Tutte persone che sprofondano sempre più nella 1


morte, senza accorgersene, avvelenate dalle volgarità che leggono in quegli strani affari svolazzanti che chiamano quotidiani. Mi stringeva forte la bambina, «Unga, mio, ehh». I suoi gridolini euforici mi accarezzavano come una pioggia lieve e rarefatta smussando gli spigoli della mia solitudine. Ma non durano le cose belle. Ansimando con lo sguardo sconvolto come se fosse stato commesso un terribile peccato, la madre me la strappò di dosso. «Nooo!!! Ai!!! Mio!!! Asciami!!!». Castigare l'anima, difendere la normalità, pure formalità. Mi rattristò profondamente vedere negli occhi di quella giovane donna lo stesso male che spegne i cuori dei miei amici del parco, così pregai, rivolto alla nuvola più bella del cielo. «Fai morire me, che sono un povero vecchio», pensai implorandola, «E la vita che togli a me dalla a questa povera donna!». Appena la donna si allontanò tenendo per mano la bambina piangente, fui aggredito alle spalle 2


da un uomo armato. Già, lo avevo dimenticato, era ormai Natale un'altra volta. Me la conficcò nel fianco con violenza, la motosega. «Cristo!». Impazzivo di rabbia e di dolore. Ieri erano venuti a spazzar via la bellissima neve che aveva imbiancato ogni cosa. Oggi toccava a me. «Siate per sempre maledetti voi che non avete rispetto di niente», urlai, «e spazzate via tutto ciò che è naturale senza neanche fermarvi a guardarlo!». Poi sentii venir meno le forze, fui costretto alla resa. Restai muto di fronte a quello sconosciuto che mi tolse la vita per fare di me uno stupido albero di Natale. andreavelluto.com

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