Le chiese a doppia abside e le Tavole della Legge – Gianni Mazzucchelli, 2005 –
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Mosè discende dal monte Sinai con il volto raggiante (Es. 34, 29)
Gianni Mazzucchelli
Le chiese a doppia abside e le Tavole della Legge Airolo, Ginevra, Olivone e Leontica: occasioni mancate Ghiffa (Italia): tutto da scoprire
Pietra e Storia CH - 6715 Dongio Via Lucomagno Prima edizione, 2006
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“...e se queste absidi doppie fossero la traccia di una pratica religiosa prima largamente diffusa, poi scomparsa o censurata o ancora camuffata? Cioé che significato poteva avere questa tipologia finora negletta da tutti gli storici?”. Ghigonetto [2000]
San Remigio (Pallanza, Italia)
San Geminiano (Cagliari, Sardegna)
Sezioni di chiese biabsidali asimmetriche a pieno centro. La posizione geografica lascia intravvedere la grande estensione dello stile architettonico e religioso.
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Vocabolarietto utile Paleo [dal greco palaiós, antico]: Primo elemento di parole composte della terminologia dotta che significa in genere “antico” e più in partic. “anteriore, primitivo, originario”. Abside: Costruzione coperta da una semicupola, è un incavo semicircolare, poligonale o lobato del muro perimetrale di un edificio. Era la parte terminale delle antiche basiliche romane e conteneva la tribuna in cui sedevano i magistrati. Nelle chiese cristiane termina in genere la navata centrale, che contiene il coro; il soffitto della semicupola è detto catino. Alcune chiese romaniche hanno più absidi uguali: due contrapposte (doppia abside) o tre (abside triconica). Nell’architettura gotica, lungo il perimetro dell’abside si trovano talvolta absidi più piccole (absidìole). Abside [l’Etimologico, 2003]: 1) Termine usato in astronomia, dal secolo XIV, per designare l’estremo dell’asse maggiore di un’orbita ellittica. 2) Sostantivo femminile. Costruzione rotonda o poligonale, posta specialmente nelle chiese cristiane al termine della navata maggiore. 3) Absidato, a forma di abside. Absidale, relativo all’abside. Basilica [l’Etimologico, 2003]: 1) Edificio pubblico romano con grandi sale per adunanze, comizi, letture. 2) Edificio dell’antica architettura cristiana, derivato dalla basilica romana e destinato al culto. Basilica: Parola di origine greca per definire un edificio rettangolare con una navata centrale fiancheggiata da due (o quattro) minori, più basse, divise da colonne o pilastri, si apriva sul foro della città ed era centro di riunioni, di affari, luogo dove si amministrava la giustizia. Il vocabolo deriva dal latino basilica; dal greco basilikè che significa reggia. Si è pensato che nome e tipo derivino dalla Basileios sgoà dell'agorà di Atene, ma più probabile è che il termine derivi dall'aula regia dei palazzi ellenistici. Livio (XXVI, 27, 3) attesta che nel 210 a.C. non esisteva ancora alcuna basilica in Roma. Paleocristiano [l’Etimologico, 2003]: Si denomina “paleocristiano” lo stile architettonico e artistico dei primi cinque secoli della nostra era. Durante questo periodo di dominazione romana, appare il Cristianesimo. La stessa arte è presente nell’Oriente e viene chiamata “bizantina”. Romanico [l’Etimologico, 2003]: Stile affermatosi nell’Europa occidentale a partire dal sec. XI, caratterizzato in architetture da volte a botte o a crociera, in pittura e scultura da una plasticità rude ed essenziale. Medioevo [l’Etimologico, 2003]: Età compresa tra l’evo antico e quello moderno, convenzionalmente fissata tra il 476 e il 1492 dell’e.v., era volgare o d.C., dopo Cristo. L’anno 313 e.v. Dopo l’Editto di Milano, rilasciato da Costantino nell’anno 313, il Cristianesimo divenne religione pubblica e libera. In seguito alla “pace ecclesiastica” dell’anno 313, fiorì la costruzione delle “basiliche”.
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La religione precedente all’attuale Nella descrizione dei risultati raggiunti dall’archeologia ticinese, pubblicata dal Giornale del Popolo del 12 gennaio 1998, viene citato l’esempio della chiesa di Santa Maria di Chiggiogna. Gli scavi hanno portato alla luce, tra l’altro, la sezione a absidi “zoppe” e “...importanti testimonianze murarie e pittoriche relative ad edifici di culto precedenti all’attuale”. [...] Ora l’indagine archeologica ha permesso di ricostruire la storia architettonica della chiesa, partendo dall’epoca altomedievale, nella quale è ipotizzabile una costruzione di culto in gran parte ancora celata sotto il pavimento granitico di epoca romanica”. Epoca romanica o epoca romana? (domanda dell’autore). Edifici di culto a doppia abside L’opera di Ghigonetto [2000], tratta per la prima volta il fenomeno architettonico e culturale delle chiese a doppia abside non opposte, ma parallele e la loro varietà tipologica. Nella “Nota per il lettore”, a pagina 7, Ghigonetto [2000] mette in guardia il lettore: “Le apparenti lacune che si potranno rilevare durante la lettura del testo sono, malgrado gli sforzi, le inevitabili conseguenze del vuoto che fino ad oggi ha circondato nove secoli di storia (paleocristiana e medievale), riducendo in brandelli un particolare aspetto dell’architettura sacra, quello relativo agli edifici di culto a doppia abside affiancata”. Tipologia censurata, camuffata Nel testo di presentazione di André Corboz, a pagina 12, leggo che Ghigonetto [2000] trova un'importante spiegazione ai fenomeni storici e archeologici “inspiegabili”: “...e se queste absidi doppie fossero la traccia di una pratica religiosa prima largamente diffusa, poi scomparsa o censurata o ancora camuffata? Cioé che significato poteva avere questa tipologia finora negletta da tutti gli storici?”. La conservatività vallerana La presenza di numerose chiese biabsidate nelle valli più impervie, contrasta con la povertà di ritrovi nelle pianure e nelle agglomerazioni urbane. Questo fenomeno conferma una volta di più la capacità conservatrice delle popolazioni vallerane, dovuta anche alle scarse risorse finanziarie che non consentivano costosi rinnovamenti e frequenti ampliamenti degli edifici popolari e sacrali. Paleocristiano, precristiano, ebraico ? L’antico edificio addetto al culto non possedeva da sempre un’architettura precisa. La sua funzione, riti e costumi conferirono all’edificio forme e addobbi particolari. L’aspetto dell’edificio addetto al culto religioso si distinse così sempre più dall’edificio comune. I testi di archeologia non si decidono, purtroppo, a individuare storicamente e socialmente l’aggettivo “paleocristiano” che in moltissimi casi dovrebbe essere sostituito da “precristiano” e da “ebraico”. Seguendo le definizioni sopraccitate è chiaro che le classificazioni archeologiche “chiesa paleocristiana” e “chiesa romanica” sono divise tra loro da quasi un millennio, così come la semplice definizione “medievale” comporta lo spazio di tempo di 1000 anni. Constato inoltre che “paleo” significa anche “anteriore”, fatto che disapprova la classificazione degli edifici in questione unicamente appartenenti al “primo cristianesimo”, ma che permette di definirle “pre-cristiane”.
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Esempi di chiese biabsidate Malvaglia (TI) A sinistra: Particolare della chiesa di San Martino, Malvaglia (Valle di Blenio) che mostra le fondamenta di un edificio biabsidato, rilevate dal Berta nel 1913 e descritte da Gilardoni [1967].
Semione (TI) A destra: Il lastrone con le tavole della Legge, trovato a Semione, nel riale sottostante alla stradetta che conduce a monte. Ricuperato e depositato provvisoriamente in attesa di sistemazione migliore. Ritrovamento di Giuliano Strazzini e foto di Mariella Becchio.
Chiggiogna (TI) Sotto: Testimonianze murarie venute alla luce durante gli scavi della chiesa di Santa Maria di Chiggiogna (TI) nel 1966. Ben visibili le absidi “zoppe”. Le botole potrebbero essere “genizah”, ripostigli per documenti e scritti sacri di rito ebraico, divenuti inutilizzabili.
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Le case del culto: Sinagoga e chiesa Synagoghè è la traduzione greca dell’espressione ebraica beth ha-kenèset, casa dell’adunanza, in cui si riunisce appunto la kehillà, la comunità dei fedeli: così come dal latino ecclesia, nel significato di assemblea, deriva il termine chiesa. Il dialetto alemannico svizzero usa il termine “Chille” per chiesa (ted. Kirche). Sancta sanctorum, l’area del tabernacolo Nel libro dell’Antico Testamento (Cronache 3, 14) viene descritta la parte del Tempio chiamata Santo dei Santi, nella quale era deposta l’Arca che conteneva le tavole della Legge mosaica. La parte dell’edificio era “nascosta” agli occhi dei fedeli da un velo e dalle ali delle statue dei Cherubini. L’Aron ha-qodesh e la tevà L’Aron o Arca santa, è la nicchia o l’armadietto applicato alla parete orientata verso Gerusalemme (ca. 117 ° S/O), che contiene i rotoli della Legge, detti Sefer Torà, avvolti in un manto di tessuto pregiato e ricamato (parocheth). L’abside Alla parte più preziosa e sacra di un edificio di culto venne data la forma particolare chiamata “abside”. Anche se l’abside non viene ritenuta “tipica” per l’architettura ebraica, non è da escludere che con essa si volle dare un’impronta sacra all’edificio più sacro della comunità. Nella descrizione della sinagoga di Urbino (Italia, regione Marche) di Maria Luisa Moscati Benigni [...] leggiamo: “Uno dei lati corti della sala, quello volto a mizrach (al sorgere del sole, cioè verso Gerusalemme) è absidato e i rosoni della volta sono identici per numero e fattura a quelli del duomo di Urbino”. “Allorché, nella metà dell’8OO, la sinagoga venne completamente ristrutturata, l’Aron antico (il ripostiglio dei rotoli della Thora) non trovava più posto nella mutata fisionomia dell’ambiente: la parete curva dell’abside richiedeva un mobile completamente diverso”. La forma concava dell’abside presenta inoltre il vantaggio di amplificare la voce del celebrante. La simmetria romana La basilica romana era caratterizzata da una a tre (cinque) navate, sostenute e separate da colonne e chiuse ognuna da un’abside. L’asimmetria absidale o le absidi zoppe La presenza di absidi di diverso volume produce un’asimmetria voluta che “disturba” il concetto estetico predominante nell’architettura antica e moderna. Disturbo realizzato seguendo sicuramente un principio comune a tutte le costruzioni sacrali biabsidate in questione. Le due absidi e le Tavole della Legge La separazione dei fedeli di sesso maschile da quelli di sesso femminile nell’edificio addetto al culto è un fenomeno panglobale. La sezione biabsidale delle sinagoghe/chiese potrebbe perseguire questo scopo che venne poi risolto in molti casi con l’aggiunta di un “matroneo”, di una balconata, riservata solo alle donne e che oggi serve nella maggior parte dei casi, all’organo musicale a canne.
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Nella descrizione della sinagoga di Urbino di Maria Luisa Moscati Benigni [...] si legge: “L’ingresso riservato alle donne è infatti quello di sinistra dal quale parte la scala che conduce al piano superiore in cui è situato un vasto matroneo, altro elemento sempre presente nelle sinagoghe o anche in piccoli oratori”. Oggi ancora, nelle chiese calviniste olandesi (Staphorst), donne e uomini siedono separati gli uni dagli altri. La sezione delle chiese biabsidate riproduce le tavole della Legge mosaica, elemento fondamentale della religione ebraica e cristiana. Elementi ebraici-cristiani - Nell’ingresso della maggior parte delle sinagoghe c’è una fontanella per il lavaggio delle mani. - In molte sinagoghe è presente anche un mikwè (profonda vasca per un bagno purificatore ad immersione totale), spesso sistemato in un altro edificio del ghetto. - Incassate nella parete si trovano le bossole per le offerte con le scritte per le diverse destinazioni. E’ facile notare che ogni chiesa cristiana-cattolica possiede all’entrata oggi ancora una o due acquasantiere, un battistero e una o più bussole per le “offerte”. Anche l’altare è diviso dal resto dell’edificio tramite gradini, balaustre, cancelli o inferriate. Siamo così giunti al punto nel quale un’esatta confrontazione tra gli elementi presenti nelle chiese cristiane e nelle sinagoghe ebraiche permette di tradurre “paleocristiano” con “ebraico”. L’abside ottagonale La chiesa del villaggio di rito protestante (dal 1529) di Rothenfluh (Basilea Campagna) presenta tre fasi architettoniche. La prima cappella a sezione quadrata, risale a un’epoca non identificata. La seconda (tratteggiata) presenta un’abside a tre lati (segmento ottagonale) che, insieme a cinque tombe, venne portata alla luce durante i lavori di restauro nel 1966 e venne sommariamente datata dell’ XI secolo. La chiesa moderna (rettangolo esterno) venne ricostruita nel 1856 allorché il villaggio di Rothenfluh aveva ben 844 abitanti (oggi ca. 700), possedeva due “matronei” o balconate (ted. Empore) per dar posto ai numerosi fedeli. Il campanile è del 1700. Esempio che testimonia la funzione sacrale e decorativa assunta nel tempo dall’abside.
Nord
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Le chiese biabsidali a absidi gemellari e le Tavole della Legge Molte chiese cattoliche presentano, oltre all’abside centrale che fa da cornice all’altare maggiore, due absidi laterali provviste di altari di minore importanza. La sezione della chiesa assume così la forma della croce cristiana. Molte chiese dell’Alto Canton Ticino e di molte regioni italiane e europee, sono dotate di due absidi costruite l’una affianco all’altra, definite “gemellari”.
Un esempio tratto da Ghigonetto [2000]. A sinistra: San Martino in Malvaglia, in Val di Blenio. A destra: La stessa chiesa così come rilevata dal Berta nel 1913 e descritta da Gilardoni [1967]. La sezione cruciforme Nell’evoluzione architettonica degli edifici sacri si constata la ferma decisione di associare la pianta dell’edificio al simbolo adottato dal cristianesimo: la Croce. Ghigonetto [2000] cita la decisione presa dal Concilio di Nicea nell’anno 778 e.v., che permetteva o esortava l’uso dei simboli cristiani nell’architettura sacrale. La chiesa di Reichenau (a sinistra), costruita pochi anni dopo il Concilio sopraccitato, presenta la forma cruciforme, così come la chiesa di Camploro (a destra) del X secolo (Sardegna). E’ possibile ipotizzare che la sezione cruciforme venne anche “imposta” agli edifici sacri ritenuti pagani, così come l’aggiunta del campanile, imposta dalla chiesa cattolica a partire dal XVI secolo.
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La Croce e le croci Paolo Ostinelli [1998]: “Particolare importanza assumono le croci, conservate all’interno degli edifici sacri o disseminate nel paesaggio rurale. In quasi tutti i documenti [...] viene accordata un’indulgenza a coloro che si raccolgono in preghiera davanti alle croci astili, siano esse esposte sugli altari o altrove, all’interno delle chiese, oppure portate in processione. [...] Il 14 maggio 1452 la crux beatissimi confessoris Sancti Bernardi de Albe viene portata nella chiesa di Sant’Andrea in Faido (CH), dove riceve la solenne consacrazione da parte del vescovo Gregorio di Trebisonda, il quale concede a coloro che di fronte a essa si inginocchieranno e reciteranno cinque Pater Noster e cinque Ave Maria quaranta giorni di remissione della pena, moltiplicati per il numero dei santi raffigurati. [...] In questo caso, la posizione di preminenza della croce rispetto alla cappella non fa che confermare il significato di tali oggetti sacri nella concezione e nella pratica religiosa della popolazione rurale”. E’ evidente l’intenzione di porre il simbolo della croce al centro della fede popolare. Absidi gemellari: Le tavole della Legge mosaica “Durante gli anni nei quali gli Israeliti vagarono nel deserto, recarono sempre due casse accostate l’una all’altra. La prima conteneva le ossa di Giuseppe (Esodo 13, 19) mentre nella seconda giacevano le tavole della Legge con i dieci Comandamenti. A chi domandava lo scopo delle due casse, gli Israeliti rispondevano che l’una era per i morti e l’altra per Dio. Chi voleva saperne di più domandava se fosse logico e lodevole vagare con un morto e con la presenza divina. Gli Israeliti rispondevano che il defunto Giuseppe aveva adempito perfettamente ciò che Dio aveva dettato”. Petukowski [1981]. Le chiese biabsidali asimmetriche o a schemi zoppi Perché troviamo molti casi nei quali le absidi mostrano dimensioni diverse? Nell’analisi architettonica eseguita da Silvana Ghigonetto [2000] domina il modello di chiesa binavata con absidi di dimensioni diverse. Mi sembra logico vedere nella pianta, che riproduce chiaramente le due tavole della Legge mosaica dei dieci Comandamenti, l’intenzione di dare al luogo sacro la forma consona ai fondamenti religiosi vigenti nel tempo precedente al cristianesimo. La sezione cruciforme delle chiese cristiane dimostra la validità di questo ragionamento. Dimensioni diverse La diversità delle dimensioni delle tavole e delle absidi, indica che i dieci Comandamenti furono divisi in due categorie. Petuchowski [1981]: “...dass die eine Tafel sich mit dem Verhältnis zu Gott, die andere Tafel sich mit dem Verhältnis zum Menschen befasste”. La prima tavola descrive il rapporto dell’umano con Dio, mentre la seconda definisce il rapporto tra gli umani. 5 descrivono il rapporto tra Dio e l’umano, 5 descrivono il rapporto tra gli umani E’ facile capire che la prima tavola fosse ritenuta più importante della seconda e che questa importanza venisse sottolineata nelle dimensioni, anche se le Tavole rappresentano un’unità indissolubile. I dieci Comandamenti originali sono descritti nel libro biblico chiamato “Esodo” e più precisamente nei capitoli: I: 20, 2 – II: 20, 3-6 – III: 20, 7 – IV: 20, 8 – V: 20, 12 – VI: 20, 13 – VII: 20, 14 – VIII: 20, 15 – IX: 20, 16 – X: 20, 17.
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Sopra: Altri esempi tratti dal libro di Silvana Ghigonetto [2000]
Resti di una chiesa biabsidale a Comprovasco (TI). Il vicino Mikwée (bagno rituale ebraico) venne trasformato in garage. Tra le due absidi è visibile la Genizà.
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La presenza ebraica La posizione geografica delle varie chiese a doppia abside non è dettata dal caso, ma combacia con le tavole dei ritrovamenti di architettura biabsidale nel libro di Silvana Ghigonetto [2000] e delle aree dei ritrovamenti archeologici descritte nel libro di Ludwig Berger [2005]. E’ così possibile riscontrare la presenza ebraica dal Medio Oriente fino alle alte valli del Reno. Le prime presenze di ebrei a Venezia si perdono nella notte dei secoli, vi furono certamente mercanti che trafficavano coll'Oriente e anche provenienti dai paesi dell'est. Altri ebrei erano arrivati dall'Impero Bizantino e dalle colonie veneziane. Vi erano quindi a Venezia ebrei levantini, ponentini, romanioti, italiani e ashkenaziti, impegnati non solo nei commerci ma anche banchieri di notevole importanza. Negare la presenza ebraica per qualsiasi ragione non è solo inopportuno, ma rende impossibile la conoscenza storica vera e propria. Il sottofondo chiesastico che oggi ancora domina e dirige certi gruppi di potere, sfocia nell’oscurantismo, la cui cronicità genera disastrose lacune nella storia dell’arte e delle religioni. Intravvedere nelle “chiese biabsidali” edifici eretti secondo la simbologia ebraica o pre-cristiana, conduce al ragionamento che la religione cristiana venne preceduta da altre religioni o, meglio ancora, attinse alle acque di religioni precedenti. Considerando che i Dieci Comandamenti sono elemento comune delle religioni cristiana e ebraica, ritengo facile individuare le radici comuni delle religioni monoteistiche nei rotoli della Thora. Leventina, levantini ? Gli Ebrei levantini, provenienti cioé dall’Impero ottomano, potrebbero aver portato con sé lo stile architettonico orientale, cupole e absidi. Il toponimo ticinese Val Leventina potrebbe essere un’ulteriore testimonianza della presenza di popolazioni ebraiche orientali.
I punti neri indicano la presenza di chiese biabsidali, così come descritto da Silvana Ghigonetto [2000], mentre le zone grige della tavola di Berger [2005] indicano l’area nella quale vennero fatti ritrovamenti archeologici attribuiti alla presenza ebraica.
Kehillà, Ecclesia, Chille Dopo il Concilio di Nicea dell’anno 778 d.C., le chiese cristiane adottarono per lungo tempo la sezione cruciforme formata dall'abside principale e da due absidi diametralmente opposte. Così come la Croce rappresenta il “segno” dei Cristiani, le Tavole della Legge sono di importanza fondamentale per gli Ebrei. Ecco parzialmente spiegata la forma a absidi gemellari delle più antiche sinagoghe, oggi trasformate in chiese cristiane. Particolare curioso: Il dialetto alemannico usa oggi ancora il termine “Chille” per indicare la chiesa cristiana in generale. Termine nel quale risuona la voce ebraica kehillà, la comunità dei fedeli.
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Nel 300 e.v. (a.C.) gli ebrei erano disseminati in tutto l'impero romano, eccetto che in Britannia. Era loro garantita la libertĂ religiosa e potevano risolvere le loro dispute in tribunali ebraici. Erano esenti dal servizio militare. Nel 300 e.v. vi erano probabilmente tre milioni di ebrei, di cui un milione viveva a occidente della Macedonia. Martin Gilbert [vedi bibliografia].
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L'illustrazione mostra una persona che prende a bastonate tre ebrei, contraddistinti dall'emblema delle Tavole della Legge cucite sugli abiti. Questo distintivo venne dichiarato obbligatorio il 29 aprile del 1221 dalla bolla papale di Honorius III “Ad nostram noveritis audientiam” nella quale il papa obbligava gli ebrei a portare un segno distintivo, proibiva loro di occupare funzioni pubbliche e di sedersi alla stessa mensa con i cristiani. L'illustrazione, tratta dalla rivista GEO-Epoche No. 20 del 2006, viene commentata dal redattore con il semplice avviso che i tre ebrei recano "rattoppi bianchi" (ted. weisse Flicken) quale contraddistinzione della loro entità. Deduco da questo fatto che il redattore della famosa rivista non identifica, per ignoranza, la forma dei rattoppi e che le Tavole della Legge ebbero e hanno un ruolo eminente, anche se in questo caso servirono da distintivo denigratorio.
Vie di pellegrinaggio attraverso la Svizzera e localizzazioni di chiese biabsidali. Da Costanza si prosegue verso la Renania, da Genova verso Santiago de Compostela, mentre da Como si va e viene da Roma e da Gerusalemme. Ghigonetto [2000].
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La sinagoga Secondo “The Jewish Encyclopedia” l’origine della denominazione della “casa del popolo” è riscontrabile nell’espressione aramaica bet ‘amma. Le sinagoge dell’antica Palestina prendono il loro nome dall’interpretazione di “mo’ade el”, dal Libro dei Salmi 1, XXIV. Anche la sinagoga nel Tempio di Gerusalemme viene citata dalla “halakic tradition” già nel IV secolo. Gli Evangelisti indicano la presenza di sinagoghe a Nazareth (Matteo 13, 54) e di Cafarnao (Luca VII, 5). Beth ha-keneseth è la casa dell’adunanza, ma anche una "casa di studio", detta anche "Scola". Il documento più antico nella storia della presenza ebraica in Egitto venne portato alla luce nel 1902 nell’antica regione di Shedia, a 20 chilometri da Alessandria e recante l’iscrizione in lingua greca: “In onore al re Tolomeo e alla regina Berenice, a sua sorella, alla moglie e ai figli, gli Ebrei dedicano questa sinagoga. Sinagoghe cristianizzate Secondo “The Jewish Encyclopedia”. Otto anni prima che i cristiani di Alessandria, incitati dal vescovo Cirillo, espropriassero gli Ebrei delle sinagoghe cacciandoli in esilio (415 d.C.), si riscontra che la grande sinagoga di Costantinopoli venne trasformata nella Chiesa della Madre Maria. Dopo che Belisario soggiogò l’Africa settentrionale all’impero bizantino, Giustiniano comandò (535 d.C.) che tutte le sinagoghe venissero trasformate in chiese cristiane. Durante il regno di Teodorico il Grande sorsero a Roma diverse sinagoghe, ma un editto del Senato puniva chi faceva offerte per finanziarne la costruzione e la manutenzione. Papa Gregorio Magno 1 promulgò la strategia di trasformare in chiese cristiane le sinagoghe, invece di abbatterle. Prima e dopo il nefasto 1492, allorché gli Ebrei vennero espulsi dal territorio spagnolo, moltissime sinagoghe vennero distrutte o adattate al culto cristiano. La grande sinagoga di Toledo divenne così Chiesa della Nostra Signora di San Benita (o del Transito), la sinagoga di Siviglia venne trasformata nella Chiesa di San Bartolomeo nel 1482. La sinagoga di Segovia divenne Chiesa del Corpus Christi. Ferdinando I d’Austria volle trasformare, nel 1557, la sinagoga di Praga in chiesa cristiana, ma il progetto non venne realizzato. Nel 1670, dopo la cacciata degli Ebrei da Vienna, la sinagoga venne demolita per far posto a una chiesa cristiana. L’antica sinagoga di Worms (Germania) datata nell’XI secolo, la sinagoga di Amsterdam del 1675 e la sinagoga di Londra del 1701 (Bevis Marks Synagogue) dimostrano la presenza ebraica su un vasto territorio. Sinagoghe trasformate Yerushaimi [1991]: “L'immagine dell'ebreo non scomparve di colpo dalla mente del popolo spagnolo nel 1492, né l'ebraismo sparì in Portogallo dopo il battesimo di massa del 1497. Nel XVI e XVII secolo, e anche in seguito, le stamperie della penisola iberica pubblicavano ancora libri e opuscoli indirizzati «contra los judios de nuestros tiempos». I tribunali dell’Inquisizione continuavano a infliggere punizioni o a condannare al rogo i presunti giudaizzanti 2 e il popolo accorreva in massa allo spettacolo degli autodafé. Molto tempo dopo la consacrazione delle sinagoghe alla Vergine, dai pulpiti spagnoli e portoghesi si tuonava contro la perfidia degli ebrei. L'«ebreo» era ancora oggetto di derisione sui palcoscenici e bersaglio delle burle dei 1
Gregorio Magno (540 – 604; papa dal 510 al 604). Giudaizzanti: Ebrei convertiti al cristianesimo che però conservavano un legame profondo verso la religione ebraica. 2
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monelli di strada. Nei barrios 3 di Madrid si era pronti a credere alle dicerìe di complotti ebraici per la presa del potere in Spagna. Lo spagnolo o il portoghese che aspirava a qualche onorificenza o carica poteva ben temere che, nel controllo del suo albero genealogico, venisse scoperto un ebreo in un ramo anche remoto della sua famiglia. I sambenitos 4 indossati da coloro che l'Inquisizione aveva riconvertito, rimanevano poi appesi per decenni e generazioni nelle chiese dove i loro discendenti andavano a pregare. I manifesti esposti in luoghi pubblici riportavano ancora una lista di tipiche cerimonie ebraiche, e chiedevano ai fedeli di denunciare chiunque, a loro conoscenza, fosse rimasto fedele agli esecrabili riti della legge di Mosè”. Pozzo, forno e bagno rituale Altri elementi presenti nelle costruzioni sinagogali erano il pozzo e il forno. Il primo forniva l’acqua di sorgente per il lavaggio delle mani e per impastare i pani azzimi per gli otto giorni di Pessach (Pasqua ebraica). Il forno non poteva essere usato per cuocere cibi lievitati ed era sotto il controllo severo del rabbino. Le donne non entravano dall’ingresso centrale, come gli uomini, ma da una porta laterale che comunicava con la scala che portava al “matroneo” rialzato. Una fontanella serviva al lavaggio delle mani con acqua sorgente. In molte sinagoghe è presente anche un miqweh, profonda vasca per un bagno purificatore ad immersione totale. Il miqweh poteva anche essere situato ai margini dell’abitato, così come in molte località delle alte Valli ticinesi: Dongio, Malvaglia, Biasca, ecc. Mazzucchelli [2005] e della sponda destra del Lago Maggiore. L’Aron ha-qodesh e la tevà L’Aron o Arca santa è la nicchia o l’armadio addossato alla parete orientata verso Sud-Est, cioé verso Gerusalemme. In esso venivano conservati i rotoli della Thora. Sia nella nicchia che sulla parete non dovevano esserci raffigurazioni che distogliessero la mente del fedele. Il parocheth, la tenda ricamata, proteggeva all’interno dell’Arca i rotoli della Torah, sormontati dalla corona in argento detta Keter. Davanti alla nicchia dell’Aron era situato il tavolo per la lettura della Torah, detto Tevah. Davanti all’Aron è sempre accesa una lampada (ner tamid) simbolo della luce eterna della Torà, tradizione ancora presente nelle chiese cattoliche. All’architettura che vedeva dapprima la parete che ospitava l’Aron rivolta verso Gerusalemme, verso l’oriente, seguì il periodo nel quale l’abside assunse queste funzioni. L’aron nell’abside della sinagoga di Urbino (Marche, Italia) Benigni [...]: I rotoli della Torà sono di pergamena, interamente scritti a mano in caratteri ebraici e conservati nell’armadietto detto Aron. Davanti all’Aron è sempre accesa una lampada (ner tamid) simbolo della luce eterna della Torà. È evidente che, quello che può sembrare semplicemente un armadio, è in realtà l’elemento più importante della sinagoga e quindi oggetto di particolare attenzione nel momento in cui ne viene progettata la costruzione. Allorché, nella metà dell’8OO, la sinagoga venne completamente ristrutturata, l’Aron antico (6) non trovava più posto nella mutata fisionomia dell’ambiente: la parete curva dell’abside richiedeva un mobile completamente diverso. 3
Barrios: Rione, quartiere. Sambenitos: Veste d’infamia indossata dai processati e condannati dall’inquisizione spagnola. Veste che ricorda nella sua forma il mantello detto “poncho”. “Saco benito”, sacco benedetto, per assimilazione fonetica, sambenito. Dare un sambenito è sinonimo di “incolpare ingiustamente”. 4
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Nella figura tratta dall’opera di Virgilio Gilardoni [1967] possiamo ammirare la prima costruzione sulla quale fonda la chiesa di Sant’ Ambrogio di Chironico (CH). Il primo oratorio mostra un’abside sola, la cui parete destra (non rappresentata) volge a Levante. La costruzione seguente orientò le absidi verso Levante. La freccia a sinistra indica l’asse Sud-Nord. Sotto: Chiesa di San Mamete I di Mezzovico (TI). "L'edificio antico era una bassa e piccola cappella, il cui coro guardava l'oriente, come di regola..." Rahn [1976]. L'ampliamento produce così un cambiamento di direzione dell'asse principale dell'edificio di più di 90 gradi. Chiesa descritta minuziosamente da Gilardoni [1967].
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Le Tavole della Legge L’architettura che vede la sezione rettangolare della sinagoga terminare in una o due absidi, richiama alla mente e all’occhio le “Tavole della Legge”, che elencano i rapporti tra l’essere umano e Dio e tra umano e umano. Dopo il Concilio di Nicea dell’anno 778 d.C., si permetteva o si consigliava di dare alle chiese cristiane la sezione cruciforme. Questo fatto lascia supporre che gli ebrei davano alle sinagoghe la forma delle “Tavole della Legge”.
Chiesa biabsidata di Leontica. Fase No. 3, datata nel 1400, periodo nel quale viene “aggiunto” il secondo edificio o la seconda Tavola della Legge, con l’abside di dimensioni minori, a destra. Ciò spiega in parte la presenza di numerose tombe sull’area che, prima dell’aggiunta, fiancheggiava l’edificio più antico, a sinistra. Un masso coppellare (vedi pagina seguente), rinvenuto nel punto indicato dal cerchio, indicava la presenza di un’area cimiteriale. Agli ebrei, fino al 1848, non era permesso contrassegnare le sepolture con lapidi e iscrizioni di qualsiasi genere. La scoperta di questo masso coppellare è di grandissima importanza per chiarire parzialmente l’associazione tra massi ornati da coppelle e aree cimiteriali.
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Le coppelle, contrassegni funebri? Le regole ebraiche che definiscono purezza e impurità dei cadaveri e delle parti del corpo umano dopo la morte, elencate tra l’altro nei libri Nazir, 6,2.3 e Pesahim, 7,7 dicono: “...Se finalmente uno si siede su una pietra, non sapendo che sotto c’erano ossa di morti o un cadavere, prende l'impurità dell’abisso (= impurità sconosciuta)...” P.E. Testa [1962]. Deduco che molti massi coppellari “segnano” la presenza di sepolture umane sotto il masso stesso o nelle sue vicinanze, avvenute in epoca precristiana e oltre (G. Mazzucchelli [2003]). La moderna sezione „cruciforme“ adottata definitivamente dalla chiesa di San Giovanni di Leontica con l’ampliamento e il restauro avvenuti negli anni dal 1778 al 1784. Le fasi di costruzione: Fase 1: XII secolo, primo edificio monoabsidale (a sinistra). Fase 2: Aggiunta del portico. Gli scavi portano alla luce tombe coeve al porticato. Fase 3: Trasformazione in edificio biabsidato, nella prima metà del 1400. Fase 4: La chiesa riceve un coro poligonale, mentre l’edificio biabsidato viene demolito. Fase 5: La chiesa riceve tra il 1778 e il 1884 l’aspetto attuale a sezione prettamente cruciforme.. L'antica chiesa di Leontica venne descritta da San Carlo Borromeo nel 1567 e da Federico Borromeo nel 1608: “...ecclesia facit duas naves...”, cioé a due navate Gilardoni [1967]. Durante gli scavi vennero alla luce, oltre alle due navate e alle due absidi, varie tombe del 1200, la cui locazione era marcata su un masso coppellare (vedi intervista con Mariella Becchio, a pagina 21). E’ interessante notare la presenza della “genizah”, costruzione rettangolare situata dietro alle due absidi semicircolari, che conteneva carte scritte in lingua ebraica, portate frettolosamente alla Curia di Lugano e nascoste, fino a oggi, agli occhi degli interessati. Nella “genizah” si riponevano scritti resi inusabili dal tempo, ma che non potevano essere distrutti.
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Che cos’è la Genizà o Genizah ? Termine ebraico dal significato di ripostiglio od archivio, designante il deposito di manoscritti ebraici considerati sacri, di cui la Legge vieta la distruzione quando siano fuori uso. Dalla Genizah della sinagoga di Esdra (Cairo), alla fine del XIX secolo furono recuperati e trasportati a Cambridge ed in altre biblioteche circa 200.000 frammenti, tra i quali importanti erano quelli di gran parte del testo ebraico dell’Ecclesiastico (v.), la traduzione greca dell’Antico Testamento di Aquila, e frammenti del Patto di Damasco. È stato ipotizzato che le grotte di Ein Feshka, dove nel 1947 vennero ritrovati importantissimi frammenti (v. Manoscritti del Mar Morto), costituissero una Genizà. La Genizà può essere localizzata all’interno delle sinagoghe o nelle loro vicinanze. Periodicamente la g. viene svuotata e il suo contenuto seppellito nel cimitero ebraico. La "Mimöira" La "Memoria", o come dicono i bleniesi (TI) "Mimöira" è il luogo dove si ricordano i defunti. In quel luogo la mente rievoca, spera e riposa. E’ facile individuare nel termine “memoria” la funzione della Genizà, nella quale si conservavano documenti e testi sacri resi inusabili dal tempo e che non potevano essere “gettati via”, perché contenevano ricordi a volte centenari. Le regole ebraiche proponevano di ridare alla terra ciò che aveva servito alla religione, ai riti e agli usi. Giornico, chiesa di San Nicola. Al centro i resti sotterranei della presunta “memoria”. La costruzione si trovava sotto il pavimento dell’antica chiesa. Virgilio Gilardoni [1967] concede molte pagine alla descrizione della chiesa di Giornico, ma accenna solo di striscio alla presenza della costruzione muraria sotterranea che servì di sicuro da Genizà. “In mezzo alla chiesa, durante la rimozione del pavimento, nel 1945, fu trovato un minuscolo locale sotterraneo, volto a settentrione, affiancante pressapoco la linea dell’ipotetica tribuna trasversale. La celletta quadrata, di m 0,65 di lato, con muri di 80 cm ca. di spessore, aveva un ingresso meridionale segnato da un arco di scarico di sesto bassissimo, cui si accedeva per un minuscolo corridoio a fianchi convergenti. Non si sa se i muri offrissero elementi atti a indicare la copertura del vano e del corridoio. Non è escluso che il misterioso vano sotterraneo fosse il relitto di un’antica “memoria”.
Ricordiamo a questo punto di ammirare con attenzione a pagina 5 la fotografia dell’abside maggiore della chiesa di Chiggiogna e a pagina 16 quella di Leontica. L’attento osservatore troverà due Genizà.
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La Mimöira o memoria di Giornico (chiesa di S. Nicola): Minuscolo ipogeo con corridoio d’accesso e porta sotterranea ritrovato durante i restauri. Gilardoni [1967].
Mimöira e Mimöria Guido Bolla [1931]: “I popoli che vivevano in quei tempi nella nostra Valle: o etruschi, o liguri, o orobi, o galli, o celti, si raggruppavano in grosse famiglie o tribù, e si internavano nelle valli laterali. La loro religione non era indubbiamente la cristiana. I loro sacrifici erano cruenti. Le loro « are votive » si trovavano in fondo a queste valli laterali, nei luoghi dove il bosco era più folto. Avevano i loro cimiteri generalmente alla confluenza di due fiumi, ed i loro morti li seppellivano in piccole fosse (60X60 cm) lo spazio che occupa un uomo seduto. Camillo Flammarion racconta che seppellissero i loro morti vicino ai fiumi per la comodità della sabbia, e che ogni cimitero aveva il suo sabbiaio. Composto il defunto nella fossa, seguiva una danza accompagnata da canti, poi un pranzo, e tutti gli avanzi (ossa spolpate, corna, vasi, armi) venivano deposti ai piedi del cadavere, indi si riempiva la fossa con sabbia fina ed asciutta, e sopra, a guisa di monumento si rizzava una pietra avente naturalmente la forma di piramide, chiamata « menhirs» , pronunciato «minörs» . Nel 1905, quando si rifece il muro di sostegno di Zizei, sul fianco sinistro della strada che conduce a Chiesa, tra la Ducetta e l'imbocco della Carrale della Mova, furono scoperte cinque tombe, che avevano tutti i caratteri delle sopradescritte e che il Flammarion classifica per «tombe celtiche» (!). Personalmente vuotai le tombe, crivellando la sabbia finissima e pulita, e raccolsi in una cassetta dei frammenti di ossa. Cercai attentamente e febbrilmente se vi fossero vasi, armi, anelli, ma ogni mia speranza andò delusa. Faccio notare che il fondo della tomba era plasmato con uno strato di argilla. Un sasso, che feci conservare, e che tutti possono vedere sull'angolo di Zizei, ha per me
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tutti i caratteri di un Menhir. Ricordo che prima del 1870, il promontorio di Zizei scendeva fino allo stradale cantonale, davanti alla Casa Piazza ed appunto in quest' epoca il sig. Vincenzo Piazza, per abbellire davanti la sua casa, ed il Comune di Olivone, che non possedeva una Casa Comunale, si accordarono per costruirla. Si effettuò allora lo sbancamento di tutto il materiale, gettandoIo a valle, verso il flume, e venne demolita l'antichissirna chiesa della SS. Trinità, della quale parlerò più avanti. Dnrante questo lavoro furono scoperte centinaia di tombe ed un ossario, la cui pietra sepolcrale serve ancora oggi di ripiano alla scaletta che dalla Ducia sale in Ducietta. Tutti questi miseri avanzi furono risepolti in una grande fossa scavata nell'angolo nord-est del cimitero e ricoperti con calce per accelerarne la decomposizione. Ma nel 1922, quando si rettificò la linea del cimitero, tutto l'ossario fu ritrovato intatto e rispettato, in attesa che il tempo compia la sua opera di distruzione. Questa località è denominata ancora oggi Mimöira. Le pergamene scrivono Mimoria. Questo fatto, collegato a quello della divisione delle Degagne sono un indizio quasi certo che il fiume di Compietto, dopo la cascata (froda) piegasse direttamente a Sud per sfociare in quel del Sosto, in Valletta”. Il testo riflette chiaramente il collegamento tra cimitero e memoria. Il fatto che la costruzione muraria sotterranea portata alla luce nella chiesa di Giornico e l’area cimiteriale descritta qui sopra vengano denominate “memoria”, permette di individuare nel termine la profonda radice della cura del “ricordo” che, affidato alla terra, faceva del luogo un punto di ritrovo e di meditazione. Memoria e menhir ? L’associazione tra le voci “memoria” e “menhir” accennata dal Bolla [1931] non mi sembra sostenibile. Il contenuto filosofico del primo termine, conservare e rievocare, esprime una serie di sentimenti difficilmente recuperabili nel masso che nell’antico idioma brétone significa uomo eretto (men-hir) o pietra lunga. Non è da escludere però che anche i “menhir” venivano issati, dall’Italia meridionale alla Bretagna, a scopi rituali. Guido Bolla [1931]: “Mimöira, come vedemmo, era un cimitero ed aveva un Oratorio dedicato alla SS. Trinità. Nel 1873, quando fu demolito per lasciar posto alla Casa Comunale (di Olivone), non era più che un avanzo di chiesa, circa un terzo di quello che doveva essere in origine. Difatti aveva una larghezza di 15 metri ed una profondità di soli 5. Internamente aveva due altari gemelli e diversi affreschi, dei quali i privati conservano ancora qualche figura. Gli altari erano siti a levante, ed a ponente s'era chiuso il vuoto con una parete. E' evidente che i due terzi del fabbricato furono asportati dal fiume quando deviò il suo corso sopra Marzano. Ma quando deviò? Quando discese la prima Buzza di Pianezza? Finora buio pesto. Nessun documento ch' io abbia potuto compulsare ne parla. In ogni caso è posteriore al 1200”. Il fatto di trovare una chiesa dedicata alla SS. Trinità permette un salto verso le ultime pagine di questo testo, nelle quali descrivo la chiesa della SS. Trinità di Ghiffa (Italia, Lago Maggiore). Gilardoni [1967]: “Vi erano anche due chiese (a Olivone) abbinate: ecclesia s. Trinitatis... et alia s.ti Laurentii simul injuctae. [...] La duplice chiesetta è descritta nelle visite pastorali del Visconti (1682, III, 43 ss.), nel luogo di Mimöria, dove ora è la casa delle Scuole”.
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Leontica : un'occasione mancata Da anni ormai la Valle di Blenio è il luogo di opere di “restauro”. A poco a poco, e tenendo conto delle finanze dei comuni, alcune chiese della valle sono oggetto di lifting che pone fra i suoi obbiettivi quello di ridare ai fabbricati il loro antico splendore. Ma l'opera di restauro non è solamente un mero fatto estetico; il restauro è pure un'indagine che si rivolge al passato, che con esso interagisce, dialoga, al fine di operare, nel miglior modo possibile, il ripristino di un altare o di un affresco. In questo senso il restauro non solo deve appagare l'occhio della comunità dei fedeli e/o dei turisti estivi in ricerca di un po' di refrigerio, ma deve anche essere testimonianza aperta del passato di una comunità. Con questo s'intende che le chiese non sono solo luoghi di culto, ma pure luoghi privilegiati dalla Storia, veri e propri monumenti che hanno attraversato secoli ormai lontani, e che da tutti questi ci trasmettono una lieve ma percepibile brezza. In questo senso un restauro riuscito è un restauro che rende palese, ed evidenzia al meglio tutte le ricchezze che una determinata chiesa racchiude fra le sue mura. Nessun oggetto, una volta che ne sia stato dimostrato il valore archeologico, deve quindi essere soggetto a dimenticanza o a negligenza o, peggio ancora, a occultamento o vendita. Fatta questa breve premessa, e prendendo spunto dalle recenti notizie riguardanti la costituzione di un comitato per la promozione dei restauri della chiesa di Santa Maria a Mendrisio, abbiamo pensato bene di esporre quanto successo durante i lavori di restauro della chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista (1778-1784) di Leontica. Per chi non conoscesse questa splendida chiesa, riportiamo alcune considerazioni che della stessa fece il Bianconi nel suo Arte in Blenio [1944] : Già da lontano si scorge, sotto il nero gruppo delle case di Alteniga, la gran chiesa parrocchiale dedicata al Battista : una delle più imponenti e belle della Valle. [...] E’ straordinario il contrasto che quelle case fanno con la gran chiesa costruita nell'ultimo quarto del Settecento : la quale, se esternamente non offre nessun pregio particolare, dentro è di aristocratica eleganza : illesa da insensate ridipinture, di nobile armonia di proporzioni e di ritmo, e illeggiadrita da fragili stucchi pieni di grazia che la luce carezza e fa vibrare.
Intervista di David Motha Niederrhein (D.M.N.), per chiarire gli sconcertanti fatti annessi alle opere di restauro della chiesa di Leontica nell’anno 2002. Nostra interlocutrice è Mariella Becchio (M.B.), con la quale cerchiamo di ripercorrere quanto successo : D.M.N.: Signora Becchio, che cosa ci può dire a proposito di quanto successo durante gli scavi nella chiesa di Leontica ? M. B : Durante i lavori di restauro, decisi per ovviare a dei problemi di umidità, il Consiglio parrocchiale di Leontica, sotto la direzione dell'Ufficio Archeologico dei Beni Culturali, avviò l’opera. Durante l’asportazione del pavimento della chiesa sono apparsi due absidi che, secondo la catalogazione proposta dalla signora Silvana Ghigonetto [...], sono "zoppe rovesciate" (absidi rivolte a sud-est). Questa scoperta dimostra che ai tempi a Leontica c'era una chiesa biabsidale. Inoltre, sempre durante le operazioni di scavo, è comparso un masso coppellare. Alla vista di tale sasso, predissi al tecnico che, siccome sono convinta che il masso coppellare indica la posizione dove sono sepolti i circoncisi, leggendo specularmente tale masso coppellare, si sarebbero individuate un certo numero di tombe.
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D.M.N.: Questa sua ipotesi trovò poi fondamento oppure non vi furono ritrovamenti di sorta ? M. B. II giorno seguente, il tecnico signor Calderara mi disse che aveva verificato la mia ipotesi : egli aveva infatti trovato alcune tombe allineate con i teschi rivolti a sud-est. A verificare questa ipotesi fu poi chiamato il signor Franco Binda, il quale si espresse in modo negativo a quanto da me avanzato.Honny soit qui mal y pense. D.M.N.: Questo per ciò che concerne il ritrovamento di questi scheletri quindi, ma per le due absidi come evolse la situazione ? M. B. A questo punto entrarono in scena due eruditi olandesi (gli architetti Hartzwicker-Curiel), i quali, appassionati dei misteri biabsidali, si adoperarono per trovare i capitali per finanziare la posa di un vetro sopra le due absidi riportate alla luce dagli scavi. Purtroppo a tale progetto non fu dato seguito, poiché l'Ufficio dei Beni Culturali non ritenne necessario intervenire per realizzare quanto proposto. Lo scavo nel pavimento della chiesa di Leontica fu quindi ricoperto. In questo modo quanto gli scavi avevano riportato alla luce veniva ricoperto senza nessuna particolare attenzione, quasi si trattasse di una semplice operazione di bonifica stradale. Di fronte a questi avvenimenti viene da chiedersi quale sia l'animo di coloro che presiedono ai lavori di restauro. Perché nascondere ciò che invece dovrebbe essere alla vista di tutti ? Perché sotterrare ciò che appare come un'importante testimonianza del mondo antico di chi visse in questi luoghi secoli orsono ? Perché, infine, non portare il dibattito (se dibattito ci fu) in mezzo alle piazze della Valle, e quindi fare partecipi gli abitanti stessi della Valle di Blenio? Forse perché, come annotava il Bianconi, “i villaggi di Blenio sono quasi tutti [...] sparsi e dispersi, o scaglionati lungo la strada, decentrati ... Riandandoli con la memoria, non si riesce a ritrovar l 'immagine di una piazzetta verso la quale confluiscano le viuzze tra le case, si incentri la disposizione urbanistica del villaggio, venga insomma a sfociare spontaneamente e necessariamente la vita comune : la piazzetta del villaggio, che è così cara invenzione, rustico salotto dove ognuno è a casa sua”. Tutte domande legittime, queste che ci vengono in mente ora, ma che, lo sappiamo, resteranno senza risposta poiché ora è troppo tardi, almeno per Leontica. Ma non per questo bisogna fingere che nulla sia successo. Qualcosa è capitato. II restauro della chiesa anche se, come è probabile che sia, verrà portato a termine, sarà un restauro parziale, che avrà soffocato una parte di quelle voci che dalle mura della costruzione parlano ai visitatori. II non aver saputo rendere voce a quanto ritrovato sotto il pavimento della chiesa di Leontica, è, secondo noi, un fatto che graverà sul buon esito dei restauri della suddetta chiesa. L'aver ricoperto scientemente le antiche testimonianze è come se si fosse voluto ignorare parte della storia di quella stessa chiesa, fatto questo intollerabile per chi s'impegna in un'opera di restauro. Qualcuno potrebbe suggerire che oggetto del restauro era la chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista costruita nell'ultimo quarto dei XVIII secolo, e non quella antica menzionata nel 1204. Su questo siamo tutti d'accordo, le attenzioni maggiori andavano rivolte alla splendida costruzione dei 1778-84, agli stucchi (pregevole l'opera di Carlo Galetti di Val d'Intelvi, autore dell'altare della Madonna del Rosario e dell'altare maggiore) e ai dipinti (si pensi ai due importanti dipinti di Giuseppe Rezzonico); ma se si fosse optato per la posa di una lastra di vetro, e si fosse reso visibile a tutti quello che rimaneva dell'antica chiesetta biabsidale, non si sarebbe forse operato in perfetta sintonia con il passato? Non si sarebbe cioé permesso a tutti, e soprattutto ai fedeli, di fruire di una lezione di continuità storica e moniteista fra epoche diverse ? Inoltre la chiesa di Leontica offriva l'occasione di aprire finalmente un dibattito sulle chiese biabsidali nella Valle di Blenio e nel Cantone Ticino. In tal senso essa forniva un interessante spunto per una riflessione sul tema.
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Peccato, l'impressione è che a Leontica si sia persa un'importante occasione per aggiungere un tassello di storia non solo della Valle di Blenio. Purtroppo il caso di Leontica non è unico nel Cantone Ticino. Sfogliando II Bollettino della Svizzera Italiana, siamo capitati su di una notizia scritta, anni orsono (1956), da Martinola. Questi si esprimeva proprio in merito a un caso analogo a quello di Leontica, avvenuto nella chiesa di Sureggio. Così scriveva l'autorevole storico: „La chiesina, che ha visto nella successione dei secoli quattro interventi tutti documentati, ha rivelato nel suo grembo esplorato la prima costruzione riferibile al IX secolo. Il campanile sortole appresso, stando alla datazione della Magni, è da collocare nella prima metà dell'XI secolo. Quanto al ciclo pittorico si viene un tantino più in qua, sullo scadere del XII. L'esame del piccolo monumento, che è ormai una chiave sicura per aprire la porta degli altri che stanno a un tiro di schioppo, è condotto con scrupolo capillare, sì che i dati ofjerti dalla monografia riescono indubitabili; e la lettura degli affreschi è risultata perspicua (anche se dimentica la Madonna in trono tardo romanica sulla paretee meridionale che meritava una citazione). Della prima chiesina è superstite nella zona presbiteriale la preziosa reliquia delle fondazioni di due absidiole gemine, coeve, che hanno consentito la datazione dell'origine. Venute alla luce, si pose la questione: conservarle in vista oppure incassarle sotto il nuovo pavimento? Caldeggiai allora fermamente la prima soluzione, cioé di mantenerle in vista scoperta sotto un pavimento vitreo. I miei colleghi, allora, della Commissione cantonale non accolsero il suggerimento. Poi giunsero i rappresentanti della Commissione federale, interessata al monumento, e la accolsero anche di meno, avanzando ragioni del tutto insostenibili, come le difficoltà, anzi, gli impedimenti, di natura tecnica a sistemare in quel modo un tratto del pavimento presbiteriale; e malgrado quegli impedimenti fossero del tutto superabili per un problemino del genere, le due absidiole finirono sotto un pavimento ligneo che le sottrae alla vista, coll'argomento, in più, che parve tagliar la testa al toro, che lo studioso rimuovendo una parte del plancito ha sempre modo di toccarsele con le mani dopo averle assunte dai rilievi planimetrici; come se un cimelio così parlante fosse destinato soltanto alle lenti dell'erudito, e non invece prima ai visitatori della chiesa, e prima di tutto ai fedeli che vi vanno a sentir messa e a pregare. Né valse l'argomento in contrario che opposi, e che mi pareva toccante da vincere la resistenza, che proprio un palmo sopra le absidine il celebrante d'oggi continua a celebrare, nello stesso sito, dove più di un millennio fa celebrava il suo predecessore, in una continuità, non solo temporale, che per la rarità del caso offriva poco meno di un piccolo portento. Non valse e le absidiole furono indebitamente incassate e sottratte alla vista. E sia, già che così finì. Ma resta da augurare alla Commissione che, caso ripresentandosi, non si affossi più un'altra volta, che il restauro liberi e non copra quello che parla a tutti, e non archivi i risultati dentro una mappa d'ufjicio“. D.M.N.: Ma allora, perché la storia si ripete ? M.B.: A Leontica non ci fu nessuno che ricordò le parole del Martinola, forse nessuno l’ha mai letto, ma altre persone hanno cercato di realizzare quanto egli già allora proponeva come un'ideale soluzione di restauro. Ma come si è visto questo non è bastato. La nostra speranza è la stessa che già fu del Martinola, e cioé che, caso ripresentandosi, non si affossi un'altra volta, che il restauro liberi e non copra quello che parla a tutti, e non archivi i risultati dentro una mappa d'ufficio. A questo punto il nostro pensiero va alla chiesa di Santa Maria, ubicata nel cuore del borgo di Mendrisio, e attualmente oggetto di approfonditi (?) scavi archeologici. Al comitato spontaneo che si è costituito alfine di promuovere i restauri della suddetta
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chiesa, facciamo i nostri migliori auguri per il buon esito dell'operazione, e, soprattutto, li esortiamo a ricordare quanto, anni orsono, successe a Sureggio, e quanto è appena capitato a Leontica, affinché repetita non iuvant, anche se l'articolo del Martinola dimostra assai palesemente si possa ben poco contro la contemporanea ottusità di chi opera sul territorio ticinesi negli uffici storico-archeologici. Ma che cos’hanno di così “eretico” le doppie absidi? E’ così duro a morire l’antigiudaismo da non voler riconoscere una importante presenza giudaica in Lombardia e nel Ducato di Milano? D.M.N.: Grazie, Signora Mariella Becchio, per l’intervista concessami.
La chiesa biabsidata e binavata di Ludiano. L’edificio con l’abside maggiore è datato anteriormente al 1350, quello con l’abside minore a dopo il 1400.
La chiesa biabsidata di San Vittore Mauro di Aquila, in Val di Blenio, già citata nel 1213 e nel 1230. La visita di S. Carlo nel 1567 descrive la chiesa: “...ecclesias in duas naves duabus interpositis columnis distincta...”. Chiesa a due navate e con due colonne. Gilardoni [1967].
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Airolo, Ginevra e Olivone: Altre occasioni mancate Fotografia ottenuta per gentile concessione dell’Ufficio dei Beni Culturali di Bellinzona.
Due Miqweh a Airolo I lavori di restauro della chiesa dei SS. Nazzaro e Celso di Airolo, eseguiti nel 1995, portarono alla luce due costruzioni circolari che danno una risposta a ciò che Hans Rudolf Sennhauser scrisse nella prefazione del libro di Rossana Cardani [1995]: “Rimane pure incerto il motivo per il quale durante un certo periodo a Ginevra vi erano due piscine situate una vicina all’altra in spazi separati. Forse che la più antica delle vasche, pur non essendo più utilizzata, per rispetto non venne coperta con materiale di riempimento...” Le due “vasche” o “piscine” nella chiesa di Airolo devono essere considerate i due Miqweh separati per gli uomini e per le donne. San Martino di Olivone Codaghengo [1941]: La chiesa battesimale o plebana di Olivone è citata nei documenti del XIII secolo da Meyer (Blenio und Leventina, pag. 92 e 93): Nell’opera si parla della presenza “...de lavelli et fontibus ecclesie sci. Martini de Olivono” ossia delle vasche e dei fonti battesimali della chiesa di S. Martino di Olivone. Il plurale ci fa supporre che vi fossero delle vasche distinte per gli uomini e per le donne, necessarie al battesimo per immersione. Dovevano essere molto antiche, perché già nel XII secolo non era più in uso il battesimo per immersione. “Battisteri” che non vennero più usati, tanto che nel 1567 S. Carlo Borromeo ne notava la mancanza (Atti di S. Carlo, 1909, pag. 41). Bagni rituali, battisteri Anche se le costruzioni circolari visibili nella fotografia della chiesa di Airolo, leggendo il testo sulla chiesa di Olivone, erano sicuramente costruzioni battesimali e non “forni per fondere le campane”, come sostenuto dai responsabili degli scavi archeologici (sic). La precisazione che vede donne e uomini usare vasche battesimali separate, rflette chiaramente l’uso dei bagni rituali ebraici, nei quali la divisione era obbligatoria. L’edificio in questione era, nell’età pre-cristiana, una sinagoga ebraica o un edificio addetto al bagno rituale, detto Miqweh, come quello di Dongio. Mazzucchelli [2004].
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Il Sacro Monte di Ghiffa Passiamo il confine verso l’Italia e, non lontano da Brissago, ci fermiamo a Ghiffa con il suo Sacro Monte, il cui edificio centrale, oltre alla cappella di Abramo e di San Giovanni Battista, è il Santuario della SS. Trinità La SS. Trinità Tratto dal libro Del Sacro Monte di Ghiffa [2000]: “...l’immagine più antica della SS. Trinità è quella del “Tres vidit et unum adoravit”, (frase citata una decina di volte nel libro in questione) ne vidi tre e ne adorai uno solo. Il criterio stabilito dalla bolla di Benedetto XIV (papa dal 1740 al 1758) e secondo la quale ogni riferimento alle persone della SS. Trinità deve trovare un riscontro nella Sacra Scrittura dell’Antico o del Nuovo Testamento. [...] La SS. Trinità viene quindi rappresentata assegnando a ciascuna delle tre persone divine il ruolo operativo stabilito dalla rivelazione codificata nel Nuovo Testamento”. Il risultato di questa definizione è riscontrabile in diverse raffigurazioni: Le tre figure di Cristo con il calice e la sfera del mondo oppure il volto con tre occhi (vultus trifons), tre nasi, tre bocche, vorrebbero risolvere, per il credente, il mistero della trinità. Rappresentazione molto discussa e classificata “diabolica”. Abramo e i tre angeli alati Estratto dal Sacro Monte di Ghiffa [2000]: “Nella Cappella di Abramo è plasticamente proposta la visione del patriarca Abramo che adora Dio rappresentato dai tre angeli. Qui si esplicita però il fatto che si tratta di tre angeli alati e non delle tre persone divine, giacché il mistero non era noto al patriarca Abramo (!!!)...”. Povero Abramo ignaro della teologia cristiana! Bibliografia antica: Genesi Nella Genesi o primo libro dell’Antico Testamento o dalla Torah, capitolo 18, 1-2, troviamo: "Or, avendo Abramo alzati gli occhi, vide tre uomini che gli erano vicini…". Passaggio che viene definito dalla Chiesa cristiana testimonianza biblica della SS. Trinità. “Tres vidit et unum adoravit”, tre in una persona. Il testo biblico cita tre “uomini” o “esseri” e non angeli. La presenza della statua di Abramo, patrono degli ebrei emigrati dalla Spagna (sefarditi) e dei tre angeli, testimonia la presenza ebraica in quel di Ghiffa. Anche le tre statuette di cera, non alate, raffigurate nel libro “Il Sacro Monte di Ghiffa” ripetono la storia dell’incontro di Abramo descritto nella Genesi. Una cisterna che era un Miqweh o bagno rituale ebraico La cappella di San Giovanni Battista è datata anteriormente al 1659. L'anonima statuaria all'interno si riferisce al battesimo di Gesù nel fiume Giordano per opera di Giovanni Battista. Un aspetto curioso della cappella è dato dalla presenza di una cisterna scavata nella roccia, utilizzata in passato per raccogliere l'acqua piovana con cui dissetare i pellegrini, prima che venisse costruita, nel 1851, la fontana . In seguito, nel 1900, la cisterna venne utilizzata dai macellai di Ghiffa come ghiacciaia mista a neve per la conservazione delle carni. E qui sbagliano tutti coloro che credono che “ghiacciaie” e “nevére” vennero usate per la conservazione di insaccati e di formaggini. Ci si accorse subito che i locali così nominati non erano adatti allo scopo. Si mantennero però le denominazioni traducendole addirittura in lingua tedesca con termini inesistenti nei vocabolari: “Eiskeller” e “Eisgrotte”.
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Mazzucchelli [2004]: La neve, parimenti al Miqweh di Dongio (CH, Canton Ticino) veniva immessa dagli ebrei per alimentare il bagno rituale con acqua “prescritta” dall’osservanza religiosa. La raccolta di acqua piovana: presenza ebraica A pagina 29 del Sacro Monte di Ghiffa [2000] è riportato: “Sotto il pavimento rialzato della cappella del Battista venne costruita una cisterna, quasi a simboleggiare il fiume Giordano nel quale Gesù Cristo fu battezzato. Per molti anni, sino al 1894, la gente che si recava al Santuario beveva l’acqua piovana limacciosa filtrata che veniva raccolta in questa cisterna”. Sotto: SS. Trinità di Ghiffa (I): Fondamenta della chiesa definita “tardo-romanica” rinvenute durante gli scavi effettuati nel 1993 e probabilmente biabsidata. Disegno di A. Marzi. L’opera di scavo è sicuramente incompleta. La seconda abside non venne riportata alla luce. La presenza della seconda abside è testimoniata dai resti della colonna che si intravvedono a destra, sotto il profilo della muratura d’epoca recente.
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La Trinità cristiana e “celtica” A sinistra: Le tre figure incappucciate sono scolpite su una lastra muraria di una fortificazione romana sul territorio inglese, Hadrianswall. Probabilmente qui non si tratta di angeli, ma di una rappresentazione cultica in uso nella Roma antica. Illustrazione tratta da Barry Cunliffe “Die Kelten und ihre Geschichte”, Gustav Lübbe Verlag, 2000.
A sinistra: “Le tre madri”. Ritrovamento archeologico della zona della Borgogna, datato nel III secolo a.C.. Illustrazione tratta da Barry Cunliffe “Die Kelten und Geschichte”, Gustav Lübbe Verlag, 2000.
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Sopra: Le tre statuette di cera conservate nell’Oratorio della SS. Trinità di Ghiffa (I). Le figure, non alate, ricorderebbero i tre esseri apparsi a Abramo (Genesi 18, 1-2). Vultus trifons, Dreigesicht A sinistra: La base di una colonna nella Basilica di Basilea (Basler Münster), datata nel XIII secolo e che raffigura una testa a tre volti (Ted. Dreigesicht). Illustrazione tratta da: Kirchenbote [2005]. A destra: La moneta di Antonio Teodoro Trivulzio, 1676, denominata "Filippo stretto", reca sul verso il volto a tre nasi.
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A sinistra: Il volto con quattro occhi, tre nasi e tre bocche (vultus trifons) nella cappella della SS. Trinità di Fondovalle di Formazza (Italia) che vorrebbe spiegare o raffigurare la Trinità divina. Illustrazione tratta dal Sacro Monte di Ghiffa [2000].
A destra: Anche in Valle di Blenio c’è, o c’era, il Triedro o la Triade. Lo cita e riproduce Don Ganna [vedasi bibliografia] nella rivista “Ul Bregnon” No. 26 (senza data). Il dipinto incompiuto, simile a quello di Fondovalle (I), fu eseguito dal pittore De Giorgi di Aquila (TI).
Sopra, a sinistra: La terracotta “celtica” ritrovata nel territorio francese di Bavay, rappresenta un viso paragonabile al “vultus trifons” dipinto nella cappella di Fondovalle di Formazza (Italia). La datazione del ritrovamento (II secolo a.C.) non permette però la medesima interpretazione. Sopra, a destra: Una testa con tre nasi e tre bocche. Scultura ritrovata a Reims, Francia e datata nell’età gallo-romana. Illustrazioni tratte da Barry Cunliffe “Die Kelten und ihre Geschichte”, Gustav Lübbe Verlag, 2000.
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