"COGNOMI REDENTI"

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Nomen est omen - Cognomi redenti - G. Mazzucchelli, 2006 –

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Gianni Mazzucchelli

Nomen est omen Il nome è presagio

Cognomi redenti: Pagina

Cagainbasilica, Cagainarca (Kagan: titolo reale) Ciò che la mente suggerisce di primo acchito è un inciampo !

3

Chiappi (lastre di pietra) Cognome più vicino alla testa (crap > crapa) che al deretano

10

Crassa: la contessa di Tesserete che non era obbligatoriamente “grassa”

15

Fumagalli (Tumas-Michel > Tomamichel) non "fuma" i galli dal pollaio !

16

Mazzacurati Mazàl Cunradi non uccideva i curati.

18

Pallavicini o Parravicini (signori della vicinia) che non "pelavano i vicini" !

20

Pellanda di Biasca e d’Italia Scese dall’abetaia per farsi cavaliere.

28

Pestalozza Pistor de Lozza, il fornaio di Lozza.

33

Scaccabarozzi Non “caccava” sugli scomodi barocci.

34

Troia era, in fin dei conti, una famosa città greca.

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Vacca né mucca, né donna di postribolo.

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Pietra e Storia CH - 6715 Dongio Prima edizione, 2006


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Come nascono e come si suddividono i cognomi A pagina 35 del libro di Samuele Schaerf [1925] “I cognomi degli ebrei d’Italia” leggo: “Fino al Medio Evo e ancor oggi nell’Oriente, la persona porta solo il nome. Per differenziarla da un’altra dello stesso nome, si aggiunse la particella “ben”, figlio di..., e si faceva seguire il nome del padre e se anche questa forma poteva trovare un’omonimia, si aggiungeva allora quello del nonno ed anche del bisnonno. Un esempio sarebbe: Abram ben Joseph ben Daniel”. Nei paesi nordeuropei troviamo esempi simili in Karlson, Jakobson, Jensen e Nansen, dove le desinenze ...son e ...sen significano chiaramente “figlio”. Samuele Schaerf [1925] scrive che la presenza ebraica sulle coste adriatiche e tirreniche, contava più di 1'000'000 di ebrei all’epoca romana. La migrazione forzata degli ebrei spagnoli (Sefarditi) avvenuta nel 1492, vide ca. 300'000 ebrei diffondersi in tutt’Europa. Molti di quegli ebrei erano maestri d’arte e, data la proibizione di esercitare altro mestiere se non quello del “banchiere”, essi si resero persone utili se non indispensabili ai signori sempre bisognosi di denaro. Il personaggio centrale nella religione ebraica è il rabbino, detto Kohen e Cagan, il Maestro. I nomi di questi rabbini si compongono così di un titolo, Kohen, Cagan e un nome vero e proprio. Gli ebrei autoctoni, coloro cioé residenti prima del 1492 in Italia, portano cognomi di città e di luoghi italiani, di professioni, ecc., mentre i nomi degli ebrei tedeschi ricordano toponimi e mestieri. Come nascono nomi e cognomi Samuele Schaerf [1925] cita a pagina 38 del suo libro diverse forme che diedero origine ai nomi tipici degli ebrei. Tra l’altro: “g) dalle funzioni religiose, come hazan, Melamed (Maestro), Hassid, Levi, Cohen ecc.; gli ultimi due erano nomi di tribù o stirpi che servivano nel Tempio”. [...] “l) esistono cognomi doppi per differenziarsi da persone dello stesso cognome come Coen, Levi e ai quali aggiunsero un altro segno, come Coen Gialli, Coen Cantarini, Levi Bianchini, Levi Montalcini, ecc.”. Cognomi imposti La storia dei cognomi ebraici, specialmente quelli tedeschi a partire dal XIX secolo (Prussia 1812), riscontra curiosità piacevoli come Goldenberg, Goldmann, Rothschild e Silbermann, e spiacevoli, se non addirittura spregiativi come Mondkalb (vitello lunare), Bohrloch (foro trapanato), Küssmich (baciami), Stinkkaes (formaggio puzzolente) e così via. L’obbligo di possedere nome e cognome fece sì che chi poteva corrompere gli addetti riceveva un cognome serio, mentre gli altri dovevano adattarsi alla perfidia antisemitica del funzionario. Cognomi cambiati per “pietà” o per ignoranza? Anche se la storia data l’imposizione dei cognomi solo nel XIX secolo, troviamo già nel XII secolo cognomi e nomi di persone, la cui latente villania incita a una doverosa ricerca.


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CAGAINARCA - CAGAINBASILICA Dall’elenco delle contrade milanesi di Corrado Colombo [1927] : ”[…] La piazzetta de S.Peder e Lin l’era ona volta quella dei Cagalenti. L’è on brutt nòmm, ma podom minga cambiall. L’è quell d’ona famiglia rispettabil e anca potente. Ma gh’era minga domà i Cagalenti, gh’era anca i Cagatossico, i Cagainarca e anca i Caga-in-basilica. Per fortuna di milanes, con l’andà del temp sti nòmm hinn staa tajaa in mezz e i Cagamiglio e i Cagapisto hinn diventaa Miglio e Pisto“. Traduco solo il senso della frase che elenca i diversi cognomi Caga-miglio, Cagatossico, Caga-in-arca, Caga-in-basilica e Caga-pisto e che descrive come i cognomi furono “pietosamente” amputati dai milanesi in Miglio e Pisto. La “pietà” sopraccitata indica chiaramente che i cognomi vennero interpretati unicamente nella loro componente spregiativa. I Cagan dell’impero Cazaro Nell’Enciclopedia Britannica, 1973, si legge sotto la voce “Khazars” che “l’impero cazaro raggiunse il massimo splendore nella seconda metà dell’ottavo secolo”, cioé tra la conversione di Bulan e la riforma religiosa attuata ai tempi di Obadiah. Con ciò non si vuole implicitamente affermare che i cazari dovessero la loro fortuna alla religione ebraica. Si tratta caso mai dell’inverso: essi poterono permettersi di professare la religione ebraica grazie alla loro forza economica e militare. Personalità famose cazare furono Attila, supremo signore dei cazari nel 450 d.C. e Leone il Cazaro xhe regnò su Bisanzio dal 775 al 780. Kagan, titolo reale Koestler [2003]: “...I cazari esercitarono anche una certa influenza culturale sui normanni, i quali, nonostante la loro natura violenta, mostravano una ingenua volontà di imparare da tutti i popoli con i quali entravano in contatto. La dimensione di questa influenza è indicata dall’adozione del titolo di “kagan” da parte dei primi sovrani rus di Novgorod”. [...] Ibn Rusta, dopo aver descritto l’isola sulla quale era stata costruita Novgorod, afferma: Essi hanno un re che è chiamato Kagan rus”. Sottolineo a questo punto il titolo reale “Kagan Rus” per implorare i più fantasiosi lettori di lingua madre dialettale, di non “tradurre alla lettera”.


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I Cazari, il Kaghanato Marturano [2004]: La mitica popolazione dei Cazari, “…è forse una delle tribù perdute d’Israele? E come mai questa tribù è giunta fin lì, dove si trova ora la Cazaria?”. […] “Il Mistero dei Cazari diventa affascinante, proprio perché ci sono molte “macchie bianche” nella “corrispondenza” cordovo-cazara (corrispondenza tra Hasdai ibn Shaprut, primo ministro di Abd ar-Rahman, Sultano di Cordoba e Joseph, Re dei Cazari) e cercando di saperne di più così si può scoprire prima di tutto che la questione dei Cazari ebrei affascinò tutto il mondo della Diaspora del X secolo e dei secoli immediatamente seguenti e si discusse moltissimo, in conformità a quella parte della Risposta di Giuseppe che fu fatta circolare (le altre informazioni si ritennero riservate), su questo misterioso popolo che aveva abbracciato la Legge di Mosè. Chissà quante fantasie si costruirono su di loro, chissà quante leggende e quante fiabe circolarono…”. [...] «Fino a questo momento Itil, la capitale della Cazaria sul Volga, non è stata ritrovata. Le regioni centrali dello stato, le steppe del Basso Volga, si trovano pressoché prive di monumenti archeologici che risalgano al Kaghanato dei Cazari. Un deserto in pratica, in mezzo a cui si dovrebbero trovare un grande centro urbano e allo stesso tempo l’accampamento d’inverno del kaghan». [...] “Che cosa allora poteva aver suscitato l’interesse, in una tale personalità andalusa ed ebrea, per questo popolo della lontanissima steppa russa? Sicuramente la cosa più sorprendente di tutte: i Cazari erano ebrei e c’era quindi un Regno Ebraico, fuori della Terra di Canaan!”. Domare la fantasia Chi legge i nomi delle città tibetane e mongole seguenti incorre nel pericolo di storcersi la lingua e di “tradurre” l’uno o l’altro toponimo volgarmente. Lo stesso vale per la denominazione della città americana Chicago che noi pronunciamo: Cicago. Mg = Mongolia Ti = Tibet

Chakankulho Ch'a-kan-ch'u-lu-t'e Ch'a-kan-ch'u-lu-t'e Ch'a-kan-chu-lu-t'e Ch'a-kan-ch'u-lu-t'e-ao-pao Ch'a-kan-ch'u-lu-t'e-t'ao-le-kai Ch'a-kan-ch'u-lu-t'e-wu-la

Ti Mg Mg Mg Mg Mg Mg

Latitudine

37.3 45.7 45.4 45.4 48.3 46.7 49.05

Longitudine

73.8 116.1 115.4 115.4 115.8 118.4 116.1

Spesso la cosiddetta “assonanza” devia lo spirito del ricercatore e non gli concede l’illuminazione necessaria per arrembare argomenti che di solito vanno “presi con le pinze”. Ecco un tentativo di dividere il buono dal cattivo. L’aiuto dell’etimologia e dell’onomastica “Cagan” significa anche “prefetto” o “amministratore”. Leggiamo uno stralcio in lingua spagnola, tratto dal Libro di Daniele, 2:48 (Antico Testamento): “Entonces el rey engrandeció [Caldeo: rebah], a Daniel, y le dio muchos honores y grandes dones, y le hizo gobernador [shelet] de toda la provincia de Babilonia, y jefe [rab] [de los] supremos [cagan] [y] de todos los sabios [chakkiym] de Babilonia. Traduzione di alcuni termini ebraici contenuti nel testo qui sopra riportato: Rebah grande persona, crescere, largo, ampio, alto, ecc. Rabbi(no) Rab Capitàno, signore, maestro, anche abbondante. Rab(bino) Shelet Governatore, detentore di potere. Scudo


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Cagan Chakam Chakkiym Cacam

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Prefetto di provincia, principe, sovraintendente, ted. Gnädig, grosszügig (generoso). Saggio, saggezza, comprensivo Saggio, mago. Rabbino (Caffiero [2004]).

Parlata giovanile moderna (1999-2000) „Chagar na festa“. Modo di dire in lingua spagnola composto da un termine della parlata giovanile “chagar” che riflette però il termine ebraico “Chag”, festa. „Chagag” festoso, “Chaggi” un israelita. Il termine giovanile lo ritroviamo sovente nelle espressioni in lingua italiana: “non mi caga”, non mi impone, non impongo, non desto stupore o non mi riguarda. Caga-bicchiere, Carabiniere (per assonanza). Cagare 'ascoltare', esempio: Mi caghi o no? Per chiedere attenzione all’ascoltatore: "Mi cagate quando parlo?". Cagarse (de -) 'Molto', esempio: La xè bela de cagarse! (E' così bella che...!), Trieste anno: 2000. Chaghiga: offrire il sacrificio, atto festoso La radice ebraica -chag (festa), che è la stessa di chaghiga (sgozzare), indica l'azione di offrire festosamente i sacrifici rituali di chaghiga. Sacrifici atti a rendere onore alla divinità e nei quali si “sgozzavano” animali adatti al rito. Azione cruenta ma “festosa”. Cognomi altolocati 30 giugno 1176, Milano: Guglielmo giudice detto Cagainarca (amministratore dell’arca), console di Milano, insieme con Orrigonus Pariarius, suo collega, nella lite tra Squarciavilla detto de Oldanis di Milano, attore, e Revegiatus, fratello di Squarciavilla, convenuto, a proposito della roggia usata dal detto Revegiatus contro una precedente sentenza, impedendo l'irrigazione dei campi di Squarciavilla, e a proposito della roggia vecchia, ostruita da Revegiatus, sentenzia contro il convenuto. La copia [XII] è autenticata da tre notai che così sottoscrivono: (S) Ego Iohannes Brozius, notarius sacri palatii, hautenticum huius exempli vidi et legi et sic in eo continebatur ut in suprascripto legitur exemplo preter litteras plus | minusve. (S) Ego Iohannes Cagalent, sacri pallatii notarius, hautenticum huius exempli vidi et legi et sic in eo continebatur ut in isto legitur exemplo preter litteras | plus minusve. (SN) Ego Petrus Abas notarius hoc (segue ex annullato con una linea sottoscritta) exemplum ex autentico exemplavi et sic in eo continebatur ut in suprascripto legitur exemplo preter litteras plus minusve. Sul verso, di mano contemporanea: Notitia exemplata. Seguono altre annotazioni tarde. Manaresi [CIII]: Die mercurii, pridie kalendas iullii, in ecclesia Sancte Marie Yemalis, civitatis Mediolani. Sententiam protulit Guilielmus iudex qui dicitur Caginarca (giudice Guglielmo Caginarca) consul Mediolani, [...]. Ego Guilielmus iudex laudavi ut supra et subscripsi. Ego Girardus qui dicor Pistus (della famiglia Cagapisto) subscripsi. Ego Ugo [...] de Castegnanega, sacri palatii notarius, subscripsi. Ego Grigorius iudex (si tratta probabilmente di Gregorio Caginarca) subscripsi. Nomi e cognomi, versione credibile Mi sembra giunto il momento di ridare ai nobili cognomi l’identità più adatta alle mansioni altolocate rivestite dai nominati che di certo non ammettevano cognomi scritti come tramandatici.


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I nomi tra parentesi tonde (e in corsivo) sono elencati nel libro di Samuele Schärf [1925]: -

Cagamiglio Cagapisto Cagainarca Cagainbasilica

-

Cagalenti

-

Cagatossico Cagaranta

Cagan Milius (Mieli, Migliau, Milla, Millul) Milia, Milli e Milis. Cagan Ephisto o Pistus. Cagan Arca. Cagan Basilius o Basil (Basilea), citato anche in una pergamena dell’XI secolo del patriziato di Olivone (TI). Cagan Lentius (Valenti, Valentin, Valensin), Lentini, cognome romano Lentius, Lentulus, lento, tenace. Cagan (Toschi), Rabbino Toschi. Cagan Ranta, Ranta, cognome presente quasi 32'000 volte negli USA nell’anno 2000. Vedi sotto Cagaranta.

Tutti nomi “trasformati” nel tempo dalla fantasia e dalla “trascuratezza” (!) degli scrivani. Dalle pergamene di Olivone Cagainbasilica Iohannes è il nome riportato da Aurelio Buletti nel lavoro di trascrizione delle pergamene del Patriziato di Olivone dei secoli XI e XII. Console milanese Cagapisto Personaggio storico, il più insigne cittadino milanese del tempo: Gherardo o Gerardo Cagapisto, detto Pisto, giureconsulto e oratore, più volte console di Milano tra il 1150 e il 1179, anche se non proprio nell'anno di Legnano, e rappresentante dei Milanesi in tutti gli atti importanti della Lega Lombarda. 1141: Compare negli atti giuridici milanesi Gerardo Cagapisto, figura centrale del diritto milanese del XII secolo accanto a Oberto Dell'Orto; altri giuristi sono Arialdo da Baggio e Stefanardo, gli Scaccabarozzi, Gregorio Cacainarca e Robasacco. Pisto: condimento a base di pomodoro, peperone e cipolla Pisto, termine castigliano che significa „impasto“ e „pesto“: „... algo muy troceado, pero tiene tan bellas acepciones como darse el pisto o vaya pisto, referenciando a aquel que presume con altanería o cuando las cosas se encuentran revueltas o liadas". Pistus: fiducia, fede e credere In lingua greca, Pistus indica il credere religioso (ted. Glauben, ingl. Faith). E’ anche il nome dell’Arcivescovo Pistus di Alessandria del 339 d.C. La traduzione dell’Antico Testamento in lingua greca usa il termine „pistus“ per tradurre i termini “credere” e “aver fiducia”. La trasformazione spregiativa di Cagan Pistus in Cagapisto distoglie l’attenzione dall’onomastica a favore di un insulto atto a definire il “detentore” del cognome “un poco di buono”, capace di defecare unicamente sostanze senza valore. Cagainarca Pergamene milanesi [1177]: Ribaldo, figlio del fu Obizzone che era detto “de Grasso” e sua moglie Celsa - quest'ultima con l'autorizzazione di Guglielmo detto Cagainarca [1177] - giudice e missus regio -, ambedue di legge longobarda, danno a titolo di livello perpetuo a Ballione, detto Caniolus, converso (o convertito al cristianesimo) del monastero di Morimondo, che agisce a nome di Gregorio giudice detto


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Cagainarca, senza l'obbligo di corrispondere alcun fitto annuo, due appezzamenti di terra, aventi tre sedi di mulino, siti nel territorio di Ozzero. Figuriamoci come una tale personalità accettasse un nome simile se il significato fosse stato fecale ! Ecco che Cagan Arca diventa Caga ‘n arca, la presupposta preposizione “in” trasforma il significato. Il cognome Cagan e il nome Arca sono molto diffusi in tutto il mondo e non hanno niente a che fare con “defécare”. Cagan Arca, nome e cognome usato ancor oggi nella Turchia moderna. Cagainarca, un sapiente “...Si trattò la causa nel decimo giorno di dicembre del presente anno (1171) nel palazzo milanese avanti all’Arcivescovo Galdino, al di lui assessore Gioanni Bastardo per comando del prelato e del consiglio de’ suoi sapienti, fra i quali vedonsi infine nominati Gregorio Cagainarca, Arderico da Bonate, Eriprando Giudice ed altri”. Angelico [1874]. Kagal: the autonomous Jewish administration Non dimentichiamo che i termini russi Kagal e Kagalnik si riferiscono alla carica appartenente all’amministrazione autonoma ebraica in Russia. Beider [1993]: Kagal, da Kahal (Kahal > Kaghal: termine nel quale la lettera “h” viene pronunciata gutturalmente con “ch” o “gh”. Kagal’nik è il membro dell’amministrazione autonoma ebraica russa. Kagangon > Koyheyn goaoyn > Kohen-Gaon è termine ebraico composto da Kohen, maestro e Gaon lo scolaro di un eminente rabbino (Kangun, Kongun). Kagan, Kaganenko, Kaganer, Kaganis, Kaganovic, ministro ebreo di Stalin. Tutti cognomi associati a “Kijgen” e a “Kohen”, denominazioni in lingua ebraica per “membro della casta dei Sacerdoti del Tempio”. Schärf [1925]: Cohen = Sacerdote. Eccone le diverse scritture in alcuni paesi. Inglese: Cowen, Cowan; americano: Cohan, Cohane, Cohne, Cone, Coon, Coogan, Kan, Koon; tedesco: Kohn, Cohn, Konn, Kahn, Kohne, Kohner, Cohnheim, Cohnfeld; francese: Cahn, Cahen, Cahan, Caen, Cain, Kahn, Kahni, Coffen, Coffe; russo: Kahana, Kohai, Kahanel, Kagan, Kogan; [...] olandese: Cahan, Cahana, Kahon...”. Riflessione Se il termine “Cagàn” o “Kagàn” forma già nel XII secolo i cognomi di persone importanti, è illusorio credere che le stesse persone accettassero la forma spregiativa risultante dai documenti sopraccitati. Cagainarca. Poniamoci la domanda: Come mai figurano cognomi “simili” o scritti in quel modo, in un documento in lingua italiana del 1171 ? Trascrizione dubbia o voglia di imbrattare un cognome appartenente ad un personaggio ebreo? Cagà e cagàre, due termini dalle mille variazioni, vengono trattati ampiamente nel Vocabolario dei dialetti della Svizzera Italiana. Si potrebbe pensare che il termine “cagà” e “caca” nascano nei tempi più remoti della lingua italiana. L’accostamento di “cagà” per l’atto di defecare e “Cagàn” o “Kagàn” quale titolo di persona importante, avviene per “assonanza” malvoluta. Proposta La propspetticità delle componenti dei cognomi qui trattati incita e permette di percorrere molteplici e interessanti strade etimologiche, ma incita anche a non dare troppa importanza alla esilarante volgarità che ne potrebbe nascere.


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Atto salutare e ricco di storia Il Vocabolario Etimologico di Pianigiani Ottorino [vedi Bibliografia] descrive la voce Cacàre prov. sp. e port. cagar; fr. chier: dal lat. “cacare” che gli antichi dissero contratto da “cloacare” inquinare, sozzare, imbrattare, ed altri opina esser detto per “cadcare” della stessa radice del sanscrito “had-e”, ond’anche il greco “chezo” (per “ched-zo”, anglosassone sass. Scît-e, altotedesco Scîz-u [per Schid-zu], tedesco moderno “Scheisse”, che valgono lo stesso (non che il ted. Koth escrementi, fango). Le voci germaniche fanno supporre la caduta nelle altre lingue di una “s” iniziale. Meglio però col Curtius e col Vanicek trarlo da una rad. “kak” che si ravvisa nel sanscrito “caka”, “cakan” letame, sterco, “kac-malas” sudicio, lordo, d’onde pure il greco “kakke” sterco, “kakkao” e l’alto-irlandese “cacc” sterco, mandar fuori dal ventre gli escrementi. Nel RICH [vedi Bibliografia] è descritto che la voce “cacare” venne usata anche durante la classica latinità e di fatti in un corridoio che mena alle terme di Traiano in Roma, son dipinti a fresco due serpi (che stanno a rappresentare il genio del luogo) e sotto leggesi: Jovem et Junonem et duodecim deos iratos habeat quisquis hice minxerit aut cacarit «Si abbia lo sdegno di Giove, di Giunone e dei dodici Dei chi qui orinerà, o defecherà”. Per finire: Cagaranta Per chi cerca la spiegazione del termine „cagaranta“ usato nella Valle di Blenio per indicare lo sterco minuto delle capre, propongo queste vie etimologiche: Gaelico: Cagaran Piccolo, carino (ingl. Little darling) Finlandese: Ranta Spiaggia (termine direttamente collegato a “sabbia”) Mesopotamico: Gran Antichissima unità di misura, da “granus”, chicco di grano, equivalente a 0,057 grammi. Dal vocabolario di Tiraboschi [1873]. Ranina: Si dice anche per lente o lenticchia palustre (Lenticularis), pianta acquatica dalle foglioline tonde e minutissime che ricoprono spesso acque stagnanti. Cagaran: Due versi tratti da un poema gaelico: Cagaran, cagaran, cagaran gaolach, Cagaran laghach thu, fear dhe mo dhaoine,... Traduzione in lingua inglese: Little darling, little darling, lovable little darling Pleasant little darling, one of my own kin,... In lingua italiana: Piccolo caro (tesoruccio), adorabile piccolo caro Piacevole piccolo caro, uno dei nostri consanguinei,... E' chiaro che qui "cagaran" indica cose piccole e minute. Gran: minuscola unità di misura di peso Le popolazioni dei territori tra i fiumi Tigri e Eufrate (Mesopotamia) usavano già nel 3000 a.C. unità di misura derivate da elementi naturali: il granello di frumento. L’unità di misura di peso detta „grano“ (ebraico antico: Grah [Ghimel-Resch-He]) venne usata in seguito dai Greci e dai Romani (lat. „granum“) corrispondeva a ca. 0,057grammi. La forma minuta dello sterco delle capre potrebbe riflettere o derivare direttamente dal gaelico “Cagaran”, dal termine finlandese che indica la spiaggia “Ranta” e così la sabbia a granelli o addirittura dall’unità di peso “Gran” o “granus”.


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--------------------------------------------------------------------------------------------------------------BIBLIOGRAFIA Angelico P. [1874]: I Leponti, ed. 1874. Beider, Alexander [1993]: A Dictionary of Jewish Surnames from the Russian Empire. Avotaynu, Inc. Buletti, Aurelio: Trascrizione delle pergamene del Patriziato di Olivone del sec. XI e XII. Copia [XII] autentica del secolo XII, ASMi, AD, pergg., cart. 303, n. 131 [A]. Copia semplice del sec. XVIII, N. Sormani, Diplomatica mediolanensis, H 101, III, ff. 199r-202v. Copia semplice del sec. XVIII, G. C. Della Croce, Codex Diplomaticus Mediolanensis, I, 9, ff. 254r-255r. Caffiero, Marina [2004]: Battesimi forzati, p. 310. Ed. Viella, 2004. Colombo, Corrado [1927], Monument, ges e contrad - Contrad da Milan.

Koestler, Arthur [2003]: “La tredicesima tribù”. Storia dei cazari. Ed. UTET, 2003. Marturano, Aldo C. [2004]: Estratto dal volume Mescekh, “Il paese degli ebrei dimenticati” ossia i rapporti fra la Rus di Kiev e l’Impero Cazaro nel X secolo, Edizioni Atena, Poggiardo 2004. Manaresi [CIII]: Edizioni Manaresi, nr. CIII, pp. 144-145. Cf. Manaresi, Introduzione, p. LII n. 1. Pergamena di mm. 185/170 x 275/283; in buono stato di conservazione. Edizione a cura di Annamaria Ambrosioni Codifica a cura di Gianmarco Cossandi. Pianigiani, Ottorino: Vocabolario Etimologico della Lingua Italiana. Pergamene milanesi ]1177], S. Maria di Morimondo - No. 243 - Carta libelli – 1177, 25 gennaio, Milano. RICH Vocab. Antico Romano e Greco, alla voce Anguis). Schaerf, Samuel [1925]: “I cognomi degli ebrei d’Italia”. Ed. Israel, Firenze 5865 – 1925. Ristampa a cura di Pietra e Storia, 2006. Tiraboschi, Antonio [1873]: Vocabolario dei dialetti bergamaschi. Ed. Arnoldo Forni, 1873.


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CHIAPPI

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lastre di pietra / CHIAPPARO, tagliapietre

Moltissimi cognomi richiamano l’attenzione su un termine che l’etimologia popolare e la distorsione dialettale hanno camuffato. Ne sono così nate espressioni non sempre dilettevoli per il nominato. Chiappa: roccia, sporgenza rocciosa (DELI 1: Dante 1321). Ciap, natiche Ciap, voce dialettale che designa la sporgenza posteriore del corpo umano, denominata solitamente sedere e deretano. Crap = Krapp = roccia = monte: Crap Ner, Crap San Gion, sono nomi di montagne del Canton Grigioni (CH). Crapa, voce dialettale per “capo”, “testa”. L’avvicinamento a “crap”, roccia è da intendere come sinonimo di “testa dura come la roccia”. Voci dialettali milanesi: Crapa = testa Crapun = testone, tardo Crèp = rotto, fessurato, screpolato Crèpa = fessurazione Crepà = morire Crepàss = fessurarsi Ciapa, il coccio In Val Camonica Ciappa (Ciàpa) è una località a m.1000, località sul versante sinistro della valle Re di Gianico, confluente di sinistra dell’Oglio. "Chiappa", dialetto "Ciapa", è un cognome piuttosto diffuso nel bresciano. "Ciapa" = coccio ma anche "natica" "chiappa". Testa e Kopf, vasi Ricordo a questo punto la complessa natura della voce “coccio”, che è il vaso intero e non solo un frammento, così come la “testa” è un vaso. Il capo umano venne paragonato a un vaso che riceve e contiene le informazioni. Lo stesso succede nella lingua tedesca, nella quale il capo (Haupt) si è trasformato in “Kopf” (recipiente concavo, detto anche Topf) e il coccio (Scherbe) è oggi quasi universalmente un frammento di vaso, mentre dovrebbe essere il vaso intero. Il dialetto basilese intende dire con “Scherbe” un frammento, mentre il dialetto zurighese intende un vaso intero. Chiappi, lastre di pietra per la copertura dei tetti dei cubuli antichi Nel comune di Raccuia, sulla strada che conduce a Floresta, una contrada significativamente denominata Bucolica (bukolos in greco vuol dire bovaro), consta di una serie di caratteristiche abitazioni pastorali, con annessi recinti per animali. La zona circostante, ricadente nei comuni di Raccuia, Ucria e Floresta, è costellata inoltre di "cubuli", piccole costruzioni quadrangolari di un solo vano in pietrame a secco, con una porta d'ingresso "monumentale", composta da blocchi squadrati sormontati da un architrave, e la copertura in forma di cupola, fatta con lastre di pietra (chiappi), disposte in forma di tholos 2. 1

DELI: Dizionario Etimologico della Lingua Italiana. Tholos: Costruzione rotonda sormontata da un tetto coperto con lastre di pietra. (Vedi ultimo capitolo: Talayots). 2


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Dante Alighieri Una referenza insigne nei riguardi del termine „chiappa“ la troviamo nel Poema di Dante Alighieri: La Divina Commedia, Inferno, Canto XXIV: Così mi fece sbigottir lo mastro quand' io li vidi sì turbar la fronte, e così tosto al mal giunse lo 'mpiastro; ché, come noi venimmo al guasto ponte, lo duca a me si volse con quel piglio dolce ch'io vidi prima a piè del monte. Le braccia aperse, dopo alcun consiglio eletto seco riguardando prima ben la ruina, e diedemi di piglio. E come quei ch'adopera ed estima, che sempre par che 'nnanzi si proveggia, così, levando me sù ver' la cima d'un ronchione, avvisava un'altra scheggia dicendo: «Sovra quella poi t'aggrappa; ma tenta pria s'è tal ch'ella ti reggia». Non era via da vestito di cappa, Non era strada per chi veste signorilmente, ché noi a pena, ei lieve e io sospinto, che penosamente per me e per lui meno, potavam sù montar di chiappa in chiappa. Salivamo da lastra a lastra (da sasso a sasso).

La presenza di toponimi sparsi in tutt’Italia lascia intravvedere la derivazione dalla lavorazione della pietra, cioé dei “chiappi”: Toponimi: Chiappa: Chiappa: Chiappa: Chiappa: Chiapparo: Chiapparolo: Chiappera: Chiapperia Rocche: Chiappi: Chiappini Chiappino: Chiapue: Chiapuzza:

Comune: Provincia: Regione: Isola d'Asti Asti Piemonte Perletto Cuneo Piemonte S. Bartolomeo a.M. Mare Imperia Liguria Valbrevenna Genova Liguria Genova Genova Liguria Grondona Alessandria Piemonte Acceglio Cuneo Piemonte Caltanissetta Caltanissetta Sicilia Castelmagno Cuneo Piemonte Madonna di Caravaggio: Belluno Veneto Ponzone Alessandria Piemonte Valloriate Cuneo Piemonte San Vito di Cadore Belluno Veneto

Chiapparo, colui che lavora i chiappi, le lastre di pietra per la copertura dei tetti. Chiappa, la conigliera murata in sasso Chiappa, dalla voce prelatina „calappa”, (franc. pierrier à lapins, clapier, ital. conigliera). Varianti: Chiappe, Chiappi, Chiappo, Chiappero, Chiappini, Chiappino, Chiappori, diminutivi Chiapparelli, Chiappinelli, Chiappolini. Calappa e scaloppa Nel DELI 3 la scaloppa viene definita: fettina di carne di manzo, [di vitello, ma anche di altri tipi di carne]. Denominazione di natura incerta. La fettina di carne rievoca la lastra di pietra di poco spessore, usata per la copertura dei tetti delle costruzioni rotonde siciliane.

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DELI: Dizionario Etimologico della Lingua Italiana.


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Costruzioni rotonde: Crot e Scélé A sinistra: Un Crot o Scélé nei pressi di Brusio (Grigioni), recentemente ricostruito.

A destra: Un Clochan irlandese. Sotto: Scelé grigionesi

Crot e Scelé, costruzioni rotonde Nelle vicinanze di Poschiavo (Grigioni italiani), non lontano dal Passo del Bernina, si incontrano numerose costruzioni dotate di una semicupola e chiamate “Crot” o “Scélé”. Secondo la letteratura vigente essi servirono alla conservazione di burro, panna e formaggi. Molti edifici possiedono all’interno una sorgente.


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“Crot” o “Scelé” mostrano una sezione rotonda, sia all’interno che all’esterno. Diversi presentano una sezione interna quadrata e un’esterna circolare. Il diametro degli edifici va dai tre ai nove metri. Scélé, il rifugio (ted.: Schutzraum, Unterschlupf) riflette il termine inglese „shelter“ protection e il tedesco schirmen, schützen, Schild e Schale. Il termine inglese shele e shell corrisponde al tedesco “Schale”, guscio e conchiglia. Locuzioni che indicano l’azione protettrice: Francese: Grigionese: Ebraico : Russo : Gaelico: Francese:

Chalet Scelé Shelét (Schelét) Schalasch (Schalasch) Cala Cale / chalet / abri

Irlandese: Francese:

Clochan Cloche

Casetta alpina Rifugio, Crot Scudo, riparo Un tetto sopra alla testa, capanna Rifugio, porto Rifugio, riparo à la cale (du soleil) « à l’abri… » Riparo, rifugio a forma di campana Campana

Chiappi > Scelè ? La lastra di pietra usata per coprire il tetto (tegola o coppo) assume la funzione di “scudo” e “ripara” l’edificio sottostante dalle intemperie. Vedo comunque una connessione lampante tra “chiappi”, “coppi”, “cappa” e “scelè”. Schiappa, scheggia (da shelé o schelé) DELI: Sclapare: scheggiare. Schiappa, lunga scheggia di legno. S’cepin: colui che viene in città per spaccare la legna; s’cepin: poco di buono. Sclapare, scheggiare e schiappa, scheggia, risultano essere azioni inverse a “chiappa”, sporgenza rocciosa. L’aggiunta di una “s” inverte l’azione compresa in un termine. Spanare è l’azione inversa di impanare, così come sparire è l’inverso di comparire, ecc. Ciap e ciapin, diavoletti ? I demonietti, esseri malefici all’umanità, non sono da considerare quale radice etimologica del termine “chiappi”, bensì come la “scheggia” che salta via durante la lavorazione di un blocco di pietra. “Vali una schiappa”, vali quanto un’umile chiappa o scheggia.


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Clochan: Testo in lingua inglese: A Clochan is drystone hut with a corbelled roof, dating from the early middle ages. They are most commonly round ('beehive huts), but rectangular plans are known as well. Most experts think that these are later in date. Some Clochans are not completely built of stone, but seem to have possessed a thatched roof. The walls are very thick, up to 1,5 m. Sometimes several clochans are joined together by their walls. This kind of houses have been described in the 7./8th century law Críth Gablach. La grande somiglianza esistente tra i due “crot” permette di supporre che le due costruzioni vennero realizzate nel medesimo lasso di tempo o che la forma e l’uso di essi fosse conosciuta in una vasta zona e da popolazioni dagli stessi usi e costumi. Talayots e Talajot Le costruzioni circolari delle Baleari (Menorca e Maiorca), denominate “talayot”, presentano la stessa forma e la medesima tecnica di costruzione, anche se siamo di fronte a proporzioni gigantesche. Il periodo della civiltà dei “talaiots” è situato nel XIII secolo a.C.. Nel libro di Giovanni Semerano, Le origini della cultura europea, a pagina 477, alla voce “Baleari” trovo la descrizione sommaria riguardanti “...Le grotte naturali di Maiorca, [...] e i talaiots a pianta per lo più circolare, come i nuraghi...” Giovanni Semerano, pagina 477: “Il nome talayotes, della costruzione megalitica nelle Baleari, acquistò il significato di oppidum (età presupposta celtica) e deriva da base semitica rappresentata da ebr. Talal (‘eminent, high’), ugaritico ti, aramaico tall, accadico telu (altura)...”. Non dimentichiamo che il termine ebraico “talah” significa ancor oggi “mucchio di sassi”. Clochaun, clochan; a row of stepping-stones across a river. (General.) From Irish cloch, a stone, with the diminutive dn. Ireland: clochan Switzerland: crot, scele Slovenia: hiška, kutja Croatia, Istra and island of Krk: kažun (Istra) Spain, Catalunya and Valenciana: barraca de vinyes

Un Casun (Kaszun) tipico dell’ Istria.


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La contessa Crassa di Tesserete non era obbligatoriamente “grassa” Quando la storia è imbacuccata nelle leggende La storia della contessa Crassa 4 La contessa “milanese” che decideva le sorti della regione della Capriasca (la Pieve Criviasca) nell’undicesimo secolo è rappresentata, nel disegno a pagina 5 del fascicolo compilato dalle allieve e dagli allievi della scuola superiore della Regione Capriasca nel 1999-2000, obesa e “ben piantata”, facendo così onore all’etimologia popolare che definisce “grassa” o obesa la contessa, il cui marito si chiamava conte Azzo Crasso. Il cognome Crassa esiste oggi ancora in Spagna e lo si trova negli elenchi degli Ebrei di Catalonia del 1250 – 1400: Jucef de Crassa, Mosse de Crassa, Vidal de Crassa, Vives de Crassa. Dopo la fuga degli ebrei dalla Spagna (Sefarditi) nel 1492, troviamo il cognome Cratz nell’opera di Samuele Schärf: I cognomi degli Ebrei d’Italia. Cratz può essere la variante tedesca di Crassa. La contessa Crassa lasciò, nel suo testamento del 1078, molti beni alla popolazione della Capriasca. Oggi ancora viene letta annualmente una Messa di suffragio per la contessa Crassa nella chiesa di Tesserete. Credo proprio che la contessa non fosse “grassa”, ma che si chiamasse “Crassa”. Grassa o Crassa? Anche se l’orecchio incita a interpretare il nome di persona come aggettivo indicante persona grassa o obesa, non possiamo dimenticare che l’etimologia non conosce unicamente soluzioni “a buon mercato”. La fitta presenza in Italia dei cognomi Grassa, Grassi e Grasso, così come La Grassa e Lo Grasso non si può spiegare semplicemente con l’obesità della persona così denominata. I figli della contessa, Arnolfo e Azzone, portavano nomi prettamente alemannici che riflettono però l’usanza ebraica di dare ai figli maschi il cosiddetto nome “Hol”, nome di protezione: Arnolfo > Arn-Ulf > Aquila (ted. Adler) e Lupo (ted. Wolf o Wulf), ciò lascia dedurre la provenienza del casato Crasso dalla Germania (ebrei askenaziti, dall’ebraico “askenazit, germanico”): Crass, Grass o Gratz. Non è da escludere che si abbia a che fare con il cognome alemannico Grass, it. spassionato, ted.: leidenschaftlich) che dà Crassold e Grasulf. Un’ulteriore possibilità nasce dall’abbreviazione di Pankratius > Cratiur > Craz e Bongrass. Azzone, secondo l’onomastica tedesca (Gottschald: Deutsche Namenkunde) è la variante di “Azo”, da Adelbertus e Adelhelmus 5. Da non dimenticare e da annotare: Garascho (garascio) è il termine dell’antico ebraico che significa esiliato e espulso. Il conte Bonaccione 6 Il nipote della contessa Crassa o Grassa possedeva, secondo la leggenda, un castello nei pressi di Lopagno o sotto Bidogno. Anche se essere “bonaccione” è una qualità simpatica, non convince il fatto che questa qualità diede il nome a un castellano, gente solitamente burbera e prepotente, di nome Bonucci 7 o Bonifacio.

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Crassa: Pubblicazione delle Scuole della Regione Capriasca. Grassa: Il Meraviglioso, Ed. Dadò, 1991. 5 Gottschald: Deutsche Namenskunde. VI. ristampa, 2006. 6 Da “Il Meraviglioso”Leggende, fiabe e favole ticinesi. Vol. 2: Valli del Luganese. Ed. Armando Dadò, 1991, Locarno. 7 Samuele Schärf: I cognomi degli Ebrei di?italia. Ristampa a cura di Pietra e Storia, Dongio, 2006.


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FUMAGALLI > TOMAMICHEL Fumagalli: Cognome presente in ben 800 comuni italiani, il 95% dei quali nel Bergamasco. In Svizzera e specialmente nel Canton Ticino vivevano nell'anno 2000 ben 216 Fumagalli. Ladro di galli ? De Felice [1997] e Lurati [2001] individuano nel cognome Fumagalli un soprannome spregiativo: colui che "fuma" 8 i galli dal pollaio. La presenza di personaggi illustri in questa parentela e di noti toponimi (Fumagalla / CO) non permette di sostenere la definizione qui sopra citata. Aggiungo che l’interesse del ladro si concentra maggiormente sulla gallina che non sul gallo. Il greco “th” si trasforma in “f”. Constatazioni: Il termine greco Thumos diventa "fumus". Il nome di persona Tommaso è tradotto in dialetto milanese Fumè. I cognomi delle Venezie: Fumai, Fumo, Fumi,, Fumis, Fumelli sono ipocoristici abbreviati di Bartolomeo e di Tommaso, deduco che l’insieme delle considerazioni rappresentano un’importanza fondamentale nella soluzione dell’enigma postaci da chi apostrofa i Fumagalli “ladri di galline”. Fumare, rubare? La voce gergale “fumare” venne usata per “rubare”. Il termine greco Thumos viene tradotto con cuore, anima, spirito, sentimento, emozione. “Avere fumo davanti agli occhi" riflette l’azione nebulizzante provocata dal fumo nel senso vero e proprio, ma anche filosofico. Il fumo è "impalpabile" e "inafferrabile". Gallo. Non dimentichiamo che “gallo” è anche un termine che deriva dall'antico tedesco Walh, latinizzato in Gallus. Significa "colui che parla in maniera confusa, barbaro" ossia "Celta della Gallia". Re del pollaio ? Sinonimia nata dalla logica popolare. Gallo, re del pollaio. E' impensabile comunque che il cognome in questione, appartenente anche a persone altolocate, derivi esclusivamente dal "re delle galline". Toponimi Fumagalla (CO, Italia) - Galles Wales (Inghilterra) – Gallia, Gaule (Francia) - Gallia Cisalpina - Gallia Narbonensis – Galizia. Pellegrino di Galizia ? L'ipotesi che i cognomi Galli e Galizia derivino dal fatto che così furono nominati i pellegrini che andavano in Galizia, è meno credibile del fatto che questo cognome venisse aggiudicato a chi proveniva dalla Galizia. Conclusione per FUMA-: E' lecito evocare la variazione dialettale di Tommaso in Tomaso e in Tumas che a sua volta diventa Fumas e Fumè, data l' l'equivalenza tra "th" e "f". 8

"fumare" forma gergale per "rubare", mandare in fumo la proprietà altrui. Gergo = parlata zerga, parlata "segreta" delle minoranze nomadi che usavano termini in lingua italiana modificandone il significato (codificando) per interesse proprio: Es. “scabià” veniva usato per "bere vino". Vino che gratta la gola come la malattia cutanea detta scabbia.


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Tommaso e Tolomeo, Thomei e Fhomei. Bar-Tolomeo: il figlio ebraico di Tolomeo: Bar-Tolmai: "Bar", ebraico per "figlio". Bar-Tolmai significa letteralmente figlio dell'aratore o del contadino. Bar assume la funzione della particella "di" nei cognomi italiani "di Pietro", "di Giovanni" ecc.. Bartolomeus è citato nel Nuovo Testamento in Matteo 10,3; Marco 3,18; Luca 6,14, mentre Tlomai lo troviamo nel Vecchio Testamento (Torah) nel libro di Josua 15, 14. De Felice [1997] spiega che la chiesa di San Tommaso di Milano è chiamata, in dialetto, San Fumè. L’adattamento in f del th greco è presente nel nome Fomeus, documentato già nel 1240. In una pergamena del 1173, compare un ‘Sancti Fhomei’, forma dialettale corrotta dall’originario ‘Thomei’, da cui derivano ‘San Fumè’ e ‘San Fomero’, San Tommaso. Michele, Migali. Michele, nome biblico, è composto dagli elementi ebraici: Mi (chi) – ke (è come) – ël (D.o?). La forma tedesca Micha, russa Michail, greca Michalis, ceca Michal, ecc. sono variazioni di Michele. Migali, Migalizzi, variazioni di Micheli e Michele. Micali, Micale, Micalli, Micallo, Migali, Migalini e Migalizzi sono varianti di Michele. Cheli, Chelo, Chieli e Chelli sono ipocoristici aforetici di Michele e Micheli. Conclusione: Possiamo così proporre al lettore che Fuma-galli > Thumagalli > Tumamigali venga italianizzato in Tommaso-Micheli, alemannizzato in Tomamichel e infine ridotto alla forma dialettale Tumas-Migali, Tumas-Michel. Fumagalli corrisponde a Tomamichel Tomamichel: cognome patriziale del Comune valser di Bosco Gurin (TI), non ha a che fare con i ladri di galli e raccoglie in sé un’etimologia onomastica considerevole.

FUMAGALLI FUMA Fumare Voce gergale: rubare

GALLI Re del pollaio Wahl, Welsch, della Gallia

Fuma, Thuma: “f” > “th” Thomei, Thomas, Tommaso Fhomei, Fumei, Fumè

Michele, Micheli Micalli, Migali, Migalizzi Cheli, Chieli, Chelli

Thomas-Micheli TOMAMICHEL ------------------------------------------------------------------------------------------------------------BIBLIOGRAFIA De Felice, Emidio [1997]: Dizionario dei cognomi italiani, 1997, Ed. Mondadori, 1997. Lurati, Ottavio [2001]: Perché ci chiamiamo così?, Lugano 2001.


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M A Z Z A (curati) Massa Ammasso di farina d’orzo. Il concetto principale del termine „mazza“ risiede probabilmente nella sua origine greca. La “massa” era l’impasto di farina d’orzo che, cotta, dava e dà il pane ebraico chiamato “mazza”, il pane azzimo pasquale. Mazza: da Mazza, nome di mestiere o soprannome, v. lat. mattea, bastone, clava. La mazza è un grosso martello di ferro, usato per rompere massi e pietre. Mazza poteva significare chi era abile nell'uso o nell'abuso della mazza. In spagnolo: Mazos o Mazzas: mazza. Alterati e derivati: Mazzeo, Mazzini, Mazzetti, Mazzola, Mazzoleni, Mazzotti, Mazzone. Nei composti, mazza prende il significato di ammazza: Mazzavillani, Mazzacane, Mazzacurati, Mazzanobile. La massa fisica Massa è, nella fisica, ciò che impedisce il movimento dei corpi e che definisce la relazione del corpo stesso con la forza di attrazione terrestre. L’unità di misura della massa è il chilogrammo (kg). La massa che ammazza E’ chiaro che una massa, cioé una certa quantità di materiale solido e munito di un’impugnatura (lat. Mattea, bastone), produce un lavoro. Pestato sulla testa umana, ammazza. La mazzuola e la mazza sono arnesi da lavoro. La mazzucca era il copricapo di feltro usato a Firenze per coprire il capo che possiede la forma di una mazza, ecc.. Cognomi che ammazzano? Mi sembra chiaro che i cognomi personali derivati o contenenti la voce „mazza“ non derivino semplicemente da “ammazzare”, ma nella maggior parte dei casi hanno a che fare con la “mazza”: cibo e mestiere. Mentre si cerca di dare una spiegazione logica al cognome Mazza e ai suoi derivati: Mazza: da Mazza, nome di mestiere o soprannome, v. lat. mattea, bastone, clava. La mazza è un grosso martello di ferro, usato per rompere massi e pietre. Mazza poteva significare chi era abile nell'uso o nell'abuso della mazza. In spagnolo: Mazos o Mazzas: mazza. Alterati e derivati: Mazzeo, Mazzini, Mazzetti, Mazzola, Mazzotti, Mazzone, scopro che si insiste nel definire i composti del nome Mazza con il significato di ammazza (uccidere): Mazzavillani, Mazzacane, Mazzacurati, Mazzanobile. E’ utile, a questo punto, sapere che... Mazzacavallo è lo strumento per attingere l’acqua dai pozzi, composto da una lunga pertica munita di contrappeso e accavallata a un sostegno “cavalletto). Il congegno permette di attingere l’acqua in un pozzo profondo e senza spreco di forze. Mazza-a-cavallo. Mazzamurro Dallo spagnolo Mazzamorra. Spaccare le gallette di farina per dare i frantumi al bestiame. Dal francese “macher” schiacciare e dallo spagnolo “morro”, corpo rotondo. Mazzaculare = Mazzuccotare, cadere a testa in giù.


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Mazàltôv, auguri ! Mazzāl ṭôv è la forma augurale in lingua ebraica, inglese: good luck, italiano: auguri! Mazzāl (e non màzzal) è la costellazione celeste e spirituale che “segna il destino”. L’accadico “manzaltu”, “mazzaztum” significano “posizione della stella, da “izuzzu”, posizione e ṭôb o tôv, che significano “buono”. Termine moderno: Azimut, punto all’orizzonte che definisce il sorgere di un corpo celeste. Mazzacurati Anche se il termine in lingua ebraica “Mazal” potrebbe essere letto dai soliti semplificatori con “màzal”, imperativo dialettale per “ammazzalo!”, non mi sembra che il cognome venne dato a coloro che facevano strage di coloro che in Liguria sono parroci, prevosti o semplicemente i vicari e chiamati “curati”. Cognomi oggi ancora esistenti, Mazza e Corrado, scagionano i Mazzacurati dall’ingiuria di omicidio. Mazza e Corrado (medioevale: Cunradi o Cunrati). Messér Mazza Cunradi sarebbe oggi il signor Corrado Mazza o Mazzini. La “Mazze” vallesana Da F. Moser-Gossweiler: Volksbräuche der Schweiz, 1940: Il termine germanico antico “azman“ indicava un oggetto in cera, raffigurante una testa umana più o meno stilizzata. Trafiggendo l‘azman con oggetti appuntiti si voleva recare maleficio alla persona odiata o nemica. L’azman si rispecchia nel termine italiano “mazza“. La mazza irta di chiodi divenne poi la mazza ferrata (Streitkolben, Morgenstern). Nell’anno 1500 (7 gennaio) la Mazze, già citata nel 1414, viene descritta in una lettera a Papa Alessandro VI, quale rito occulto e idolatrico persistente nel Vallese: “La Mazze è intagliata in legno e raffigura una faccia umana barbuta che viene esposta in molte piazze e luoghi pubblici per essere venerata ed ossequiata...“. Nell’anno 1556 la “Mazze“ venne proibita dalle autorità vallesane su proposta e incitamento della Confederazione. Il suo carattere di protesta popolare autonomo „ein mazzen ufzerichten“, issare il simbolo della protesta popolare, irritava le autorità. La mazza (Mazze) veniva portata dal „Mazenmeister“ che conduceva i rivoltosi, ognuno dei quali testimoniava l’appartenenza al gruppo configgendo un chiodo nella mazza. La mazza suina La voce che annovera una serie di prodotti di carne suina, la “mazza”, è usata specialmente nel Canton Ticino. E’ chiaro che la denominazione parte dalla “massa” di carne tritata che serve principalmente per la produzione di salumi e insaccati diversi. La “mazza” ticinese si ricollega così all’origine greca della massa, l’impasto di farina d’orzo per fare il pane.


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P A R (R) A V I C I N I / P A L L A V I C I N I Pallavicino = Palal e vicinia = giudice o signore della vicinia Cognome ricco di storia e la cui “incerta” etimologia spinge lo studioso a intrapprendere una ricerca più approfondita di quella esistente. La diffusione nell’anno 2000 Il cognome Paravicini è presente in 14 comuni lombardi e 66 volte in Svizzera, mentre Parravicini (con doppia "r") in 205 comuni prettamente lombardi e 40 volte in Svizzera Pelavicino ? Ladro ? Emidio de Felice [1997] definisce il cognome derivato dal toponimo Parravicino, comune in provincia di Como e accenna la possibile derivazione da Pallavicino, frequente nell'Italia settentrionale e collegato a 'Pelavicino', forma gergale per 'colui che pela il vicino', 'ladro', ‘truffatore’. Questo cognome, sempre secondo Emidio de Felice, trova il suo parallelo in Francia: Pelavicinum, Pellevoisin. Anche Lurati [2001] propone la stessa soluzione. Ritengo opportuno far notare che i toponimi in lingua francese qui citati vengono spiegati in altro modo e che conseguentemente non hanno niente a che fare con i "ladri": « Pel(l)evoisin (pelli vici?) est un village de l'Indre, d'environ onze cents habitants en 1916, situé à 28 kilomètres de Châteauroux, à 12 de Buzançais, dans le canton d'Ecueillé; [...] le nom même du village, Pelli vici, Pellevoisin, pour Belli vici, qui signifie le bourg de la guerre... ». Spregiativo inammissibile ! Il fatto che il "soprannome" in questione designò molte personalità nel campo dell'arte e della politica fin dal tempo di Carlo Magno (VIII secolo), esclude la supposta natura spregiativa dello stesso. A sostenere il fatto che i cognomi Pallavicini o Parravicini possiedono una storia ben più nobile di quanto descritto da Emidio de Felice, contribuisce un Regesto (Registro) a cura del prof. Michele Lupo Gentile del 1912 del Codice Pelavicino 9 , recentemente microfilmato a cura della Regione Liguria. La traduzione in lingua italiana avvenne a cura di Ennio Callegari. I documenti non sono originali, bensì copie degli originali, nei quali risulta che i Pelavicino, i Visdomini e i Castaldi 10 si erano impossessati dei terreni e dei diritti appartenenti al Vescovo Guglielmo di Sarzana, durante la sua prigionia durata più di dieci anni (1241 - 1250). Durante questo periodo, il Marchese Oberto Pelavicino, vicario generale dell'imperatore Federico per la Lunigiana, ordinò la raccolta dei documenti. La sua morte (1247) fece interrompere la ricerca. Ottavio Lurati [2001]: Paravicini si incontrano oggi a Magenta, Lodi, Como, Varese, Castel S. Pietro, Corteglia, Vacallo, Lugano e Val Bregaglia. I Pallavicini 9

Codex Pallavicinus: Troviamo già nel 1000 questo cognome con l'antipapa Honorius II° (10611072) il Cadalus Pallavicinus fatto Papa dal re dei francesi; nel 1226 viene scritto il Codex Pallavicinus dal Vescovo Guglielmo Pallavicino; verso la fine del 1400 la signoria di terre parmensi è esercitata dal marchese Giovan Francesco Pallavicino; nella seconda metà del 1500 è arcivescovo di Genova Cyprianus Pallavicinus. [Testo Internet di Ettore Rossoni, 2000 ]. 10 Pallavicini, Visdomini, Castaldi: Vis (Vice o Vicus), domini (signore o signoria); Castaldi, da gastaldo o castaldo, il dignitario dell’epoca longobarda con funzioni di amministratore per conto del re. Tale “compagnia” onomastica non permette di sostenere che Pallavicini sia semplicemente uno spregiativo.


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rappresentano una variante, con il noto passaggio grafico di 'r' in 'l'. Esempio: "marada" = "ammalata" 11; "ra" = "la" 12. In una lettera del 30 giugno 1457 Giovanni Antonio Rusca parla di un Bartolomeo Paravicini, giurisperito e vicario vescovile: et proinde facta fuit commissio spectabil domino Bartolameo de Paravexino [sic] (TD 1.2.128). A una missiva del 24 ottobre 1461 del duca di Milano si acclude una lettera del medesimo Paravicini: “Bartolomeus de Paravesino, decretorum doctor, venerabilis domini vicarii reverendissimi domini Lazari... “. Parravicino, Pieve di Incino, in provincia di Como Gli Estremi cronologici del 1928, dall'Archivio dell' ex Comune di Parravicino riportano che "...il riordinamento e l'inventario è stato effettuato nel 1950 dall'archivista capo-dirigente della Prefettura di Como cav. Francesco Belgrano". Un'altra annotazione del 1756 sul Comune di Parravicino dice che …..negli Statuti delle acque e delle strade del contado di Milano fatti nel 1346, Parravicino risulta incluso nella pieve di Incino e viene elencato tra le località cui spetta la manutenzione della "strata de Niguarda" come "el locho da Paravesino" [...] “Nei registri dell'estimo del ducato di Milano del 1558 e dei successivi aggiornamenti al XVIII secolo, Parravicino risulta compreso nella pieve d'Incino (Estimo di Carlo V 1558, cartt. 24 e 25)) dove ancora lo si ritrova nel 1644 (Regno Opizzone 1644) (Compartimentazione delle fagie 1922). [...] Già parte del feudo della Pieve d'Incino, concesso nel 1441 dal duca Filippo Maria Visconti ai conti Dal Verme, con istrumento rogato il 2 luglio 1648, Parravicino (con Casiglio) venne ceduto dagli stessi alla famiglia Parravicini (Casanova 1904). La Torre di Incino è ciò che ci rimane di quello che un tempo doveva essere un antico castello medievale, eretto quasi sicuramente a difesa della città. Nelle vicinanze ci sono infatti molti castelli e molte torri e, alcuni, molto ben conservati, come ad esempio il castello di Monguzzo, il castello di Casiglio o quello di Pomerio, attualmente - quest'ultimo - di proprietà proprio del comune di Erba. A sinistra: Lo stemma della famiglia Paravicini di Bretten (D) che gestì per diversi secoli una locanda (Zerhaus) nel XVI secolo, rappresenta un cigno bianco. La scritta sull’insegna: Zehrhaus Paravicini, 1504 (dal ted. Verzehren, consumare, cibarsi).

Cini o cigni ? A destra: Lo stemma della famiglia Paravicini (XVI secolo), raffigurato nel Palazzo Vescovile di Como, ripete il motivo del "cigno". La constatazione che la voce italiana "cigni" sia ben diversa dalla desinenza "-cini", lascia constatare la scarsa importanza delle raffigurazioni adottate dall'araldica. La lettura di –cino in ciño è adatta solo al lettore di lingua spagnola. 11

La dis, la dis, la dis che l'è marada, per non, per non, per non mangiar polenta... Canzone popolare in dialetto ticinese o lombardo: "Dice di essere ammalata, per non essere abbligata a mangiare la polenta". Ai tempi della canzone, la polenta era ritenuta "cibo comune e vile". 12 "ra", articolo femminile singolare corrispondente, ad esempio, nel dialetto bleniese, all'italiano "la".


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Lo Stato Pallavecino Un testo in lingua spagnola indica il cognome Paravicini equivalente a Parravicini e a Pallavicini, personaggio al seguito dell’imperatore Carlo Magno: “... Se trata de: Brasulfus o también Barallus o Barutus dictus Paravesinus, personaje que habría pertenecido al séquito imperial durante la coronación del Emperador Romano por el Papa León III en el año 800...”. Brasulfus Paravesinus è citato nei documenti dell’epoca „Comes Clavennae“, Conte di Chiavenna. La zona tra i fiumi Nure e Taro, presso Parma, conosciuta come "Stato Pallavecino". “Vicino” di palazzo Considerati i testi sopraccitati ritengo che il cognome possa anche essere diviso in “Pala-“, da “palas”, “palatium”, il palazzo del monarca e “-vicini” dal termine latino “vicinus” da “vicus” 13 che non indica semplicemente la vicinanza materiale al castello reale, ma soprattutto la posizione privilegiata abbinata alla voce, oggi ancora presente nelle forme di “vicinia” (dial. viscnanza) e di “vicini”, sinonimi di patriziato e patrizi nel Canton Ticino, Bürger e Burger 14 nei Cantoni svizzeri di lingua tedesca. A Bosco Gurin (TI) lo stato di “vicino” è privilegio unico delle famiglie patrizie del luogo. Palazzo, ba’lat, pallas Semerano [2003]: L’origine remota del concetto di comando si sviluppò da una voce come accadico palû (dominio, Regierung). Tale denominazione si confronta con il semitico ba’al, (signore, padrone), corrisponde a bêlu (signore con possesso), cananeo ba’lat, greco pallas, attributo della potente protettrice di Atene. Parrocchia, gruppo di case vicine, pieve Da DELI [2003]: Parrocchia, dal greco paroichìa, abitazione vicina, gruppo di case vicine, voce composta da "para-" (vicino) e "oikos" (casa). Parrocchia: nel diritto canonico, ciascuna delle porzioni di territorio di una diocesi, con assegnazione di un determinato popolo di fedeli. Parrocchia di Incino ? Pieve, parrocchia, pieve e castello di Incino La stirpe dei Parravicini conta ben 34 generazioni. Capostipite di questa genealogia è Brasulfus dictus Paravesinus dell'anno 800 d.C. I Paravicini si insediarono nella contea di Chiavenna (CO) nel secolo XI, edificando il castello Paravicino nella Pieve di Incino. Parrocchia, Yeshivah, viscnanza, parish In un certo senso la voce dialettale “viscnanza” (vicinia, vicinanza) ricorda per assonanza e per contenuto legale il termine ebraico “Yeshivah” (pronuncia iescivà), la scuola talmudica presente in ogni comunità ebraica insieme alla sinagoga. La Yeshivah rappresentava il centro e l’identità di ogni comunità ebraica, paragonabile all’odierna definizione di “Parrocchia”. La lingua inglese traduce parrocchia con parish. 13

Vicus: La voce latina richiama l’accadico „icu“ che sta alla base di “-ingen” (Giov. Semerano: Le origini della cultura europea, 2002), desinenza di molti toponimi "alemannici" come Ormalingen (CH), Säckingen (D), ecc. 14 Bürger e Burger: Addetti alle attività da svolgersi entro le mura del castello (ted. Burg), detti poi "borghesi", mentre i "villani" abitavano nel villaggio.


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La Vicinia è l’organo d’amministrazione della società civile e religiosa, formata dai capifamiglia e sorta per tutelare questioni di diritto pubblico e privato: la redazione di statuti, l'assegnazione di incarichi pubblici, l'utilizzo della proprietà pubblica, la regimentazione di pascoli ed acque, l'estimo, la revisione dei confini, tutti gli aspetti della quotidianità del territorio. Già dal XIII secolo, solo ai Vicini spetta l’amministrazione della cosa pubblica. Le tasse erano segnate sullo “scoderolo” (ted. Rodel, Gantrodel, Steuerrodel, ecc.), il libro delle riscossioni. La General Vicinia era l’organo sovraccomunale, competente di questioni tra le Vicinie confinanti. Provvedeva anche a nomine di carattere pubblico: il prestinaio, l’oste, i postieri (guardie campestri), l’incaricato di sonare il tempo (in caso di minaccia di temporale), l’incaricato di fare le calle (strade), il fontaniere. Brasulfo, Pravotz, prévost ? Il cognome Paravesinus assunse, nel corso dei secoli, diverse forme: Paravexini, Peraveccio, Paravesini, Paravicini, Parravicini, Parravicino; nelle regioni orientali europee assunse forme come: Pravozin e Pravotz (forse anche la voce dialettale prévost ?), forme che riflettono il cognome del personaggio di base: Brasulfo. Ripeto, chiedo e concludo Chi avrebbe osato insultare e incolpare di furto un "ladro" di nome Paravicino o Pallavicino, personaggio presente nel seguito imperiale durante l'incoronazione dell'Imperatore Romano?: “[...] Paravesinus, personaje que habría pertenecido al séquito imperial durante la coronación del Emperador Romano (Carlo Magno) por el Papa León III en el año 800...”. Pala- o Para-vicinus La titubanza provocata dalla presenza di sinonimie reciproche: "para" (vicino) e "vicus" (villaggio o vicinanza) può essere risolta aggiudicando al cognome la voce accadica palû (dominio, Regierung). Palinaro, palilu, il guardiano La radice linguistica “palal” ci porta alla constatazione che il toponimo Capo palinaro, proviene da palinarus, guardiano del faro, dall’accadico palilu, guardiano, Wächter. Mentre l’accadico Pela è “il signore del popolo” (Semerano [2003]). Palal, giudicare, mediare Le prime due sillabe del nome Pallavicino prendono la radice dalla voce ebraica “Palal”, to judge, verbo che significa giudicare (Langenscheidt, Voc.)., intromettersi, mediare e pregare. Si tratta perciò di azioni connesse all’esercizio della giustizia (ted. Jurieren, Recht sprechen) e cioè dividere il bene dal male. Un testo in lingua inglese dice: Palal (paw-lal’) to judge (officially or mentally); by extension, to intercede, pray -- intreat, judge(-ment), (make) pray(-er, -ing), make supplication.

Pallavicino = Palal e vicinia = giudice o signore della vicinia


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Brani di storia "paravicina" I Paravicini e la controriforma La storia della riforma religiosa racconta che una o più famiglie protestanti recanti il cognome Paravicini fuggirono dalla Valtellina per scampare alla persecuzione cattolica di quei tempi. Nel 1626 lasciarono la Valtellina, attraversarono la Svizzera e si rifugiarono in Svizzera, a Basilea e a Bretten, in Germania. Si tratta in modo particolare dei Paravicini di Caspano (presso Sondrio), protestanti, ai quali fu imposta la vendita di tutte le proprietà nel giro di due anni, al termine dei quali il fisco della Repubblica di Valtellina avrebbe sequestrato tutti i loro beni. Dal Kirchenlexikon, Band XIX (2001) Spalten 1043-1044 - Erich Wenneker: „Paravicini Vincenz, geboren 1595 in Caspano/Veltlin, gestorben am 20. Dezember 1678 in Chur. - Vincenz Paravicini war der Sohn des Johannes Bartholomäus Paravicini di Gotardini und der Elisabeta Paravicini della Dona und wurde 1595 in Caspano im Veltlin geboren. Er studierte von 1610 bis 1615 in Zürich und danach in Basel (1616/17) und Genf (1617-19) Theologie. Am 24. Juli 1619 trug er sich als "Vincentius Pravicinus, Voltureno-Caspenensis" in die Matrikel der evangelischrätischen Synode ein. Der Veltlinermord 1620 verhinderte wahrscheinlich, daß er ein Pfarramt in einem der italienischsprachigen Südtäler ausübte. Seit diesem Jahr ist er bis 1625 als italienischer Pfarrer der Veltliner Flüchtlinge in St. Gallen nachgewiesen. Für die Zeit von 1625-1632 konnte bisher keine Tätigkeit des Paravicini festgestellt werden. 1632 wurde er Pfarrer der italienischsprachigen Gemeinde Castasegna im Bergell, wo er auch als öffentlicher Notar fungierte, Von 1648 bis 1653 versorgte er zusätzlich das Nachbardorf Bondo als Provisor. Im Jahre 1654 wurde er als Lehrer an das Collegium philosophicum in Chur berufen und bereits 1657 wurde ihm das Rektorat dieser für Graubünden wichtigen Bildungsstätte anvertraut. Dieses übte er über zwanzig Jahre bis zu seinem Tode 1678 aus. - Paravicini war ein fleißiger und innovativer Schulmann des 17. Jahrhunderts. Von Bedeutung sind auch seine Übersetzungen der theologischen Werke von hugenottischen und Genfer Theologen in die italienische Sprache“. Emil Camenisch, Storia della Riforma e Controriforma nelle valli meridionali del Canton Grigioni, Samedan: Engadin Press, 1950: Nella Valtellina erano soprattutto i capoluoghi di distretto, sede di funzionari grigionesi, che ebbero nel loro seno delle comunità evangeliche. ... Oltre al capoluogo Traona, si formarono nella circoscrizione delle altre comunità evangeliche a Caspano, Mello e Dubino. A Campano erano i Paravicini i principali fautori delle innovazioni religiose, e furono di tale famiglia i primi predicatori conosciuti, Joh .Andreas e Dr. Raphael Paravicini. I locandieri di Bretten (D) Zerhaus (Locanda) Paravicini 1504 (vedi stemma della locanda raffigurato in questo testo): Beylehof, Marktplatz 11, 75015 Bretten: In diesem Anwesen befand sich nachweislich mehrere Jahrhunderte lang eine Gastherberge, später eine Posthalterei. Über viele Jahrzehnte hinweg wurde dieses gastliche Haus von Mitgliedern der Familie Paravicini geleitet. Das Schwanenwappen, das Hauswappen der Familie Paravicini, ist noch heute an diesem Anwesen zu sehen. Die Familie wanderte aus dem damaligen schweizer Veltlin nahe des Comer See's ein. Sie wurde aus Glaubensgründen aus ihrer Heimat vertrieben. Es muss sich um eine sehr angesehene und vermögende Großfamilie gehandelt haben, da kurze Zeit nach ihrem Hiersein bereits wichtige Gebäude in der Stadt dieser Familie gehörten. Über Jahre hinweg stellte diese Familie mehrere Gastwirte und


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sogar einen Bürgermeister. Die Familie Paravicini ist somit über weite Bereiche mit der Geschichte der Stadt Bretten verbunden. […] Hilsbach wird und dem im gleichen Jahr in Bretten bezeugten Paravicinus de Paravicini de Capellis. Zwischen beiden bestanden weitläufige familiäre Beziehungen. Non tutti i Paravicini emigrarono Da un documento: "Lista del digano 15 originale et taia posta sotto l'officio del signor Francesco Paravicino de Cantono l'anno 1606". [...] 1605 - 1606: Resa dei conti di Giovanni Francesco Paravicinus fu Ermete, decano della comunità di Sondrio: entrate e spese sostenute per la rosta 16 e varie, da ripartirsi sulle taglie dell'estimo 17”. Un sito Internet di Sondrio (I): “... che la famiglia Paravicini «questa nobile stirpe, per stare alle loro informazioni, ebbe origine da un celebre eroe che si chiamava Paravicino, che fu consigliere segreto di Carlo Magno ai tempi della sua incoronazione in Italia ed anche prima e fu uno dei dodici paladini del suo seguito chiamati "Pari". [...] ...che Caspano «era in origine abitato da pastori, ma verso il 1250, quando infierivano tremende lotte fra i Guelfi 18 ed i Ghibellini, Domenico Paravicini figlio di Straccia, sopraffatto dal prevalere dei nemici, si rifugiò nella Valtellina con un servo e con tutto il denaro e i tesori che poteva trasportare, arrivando su questi monti che a lui non dispiacquero». Sono notizie del Guler 19. Un sito Internet di Erba (I): “Nell'anno 835 d.C. la Pieve di Incino, dopo aver resistito tenacemente all’arianizzazione dei Longobardi, fu donata in feudo dall’imperatore Lotario al Monastero Cistercense di Sant’Ambrogio in Milano, e la ricca donazione fu confermata agli abati milanesi cinquant’anni dopo da Carlo il Grosso. Fu in questo periodo che si fece strada lentamente un’aristocrazia locale, che, destreggiandosi tra i vari feudatari e ordini religiosi iniziò una vera e propria scalata al potere. Sono le potenti famiglie dei "nobiles herbenses", i Parravicini, Sacchi, Carpani, Busti, Cravenna, Galimberti, per non parlare dei Carcano che, originari dell’omonimo paese dominante il lago d’Alserio, arrivano a divenire capitanei della pieve d’Incino. Da questo momento la storia del paese si intrecciò inevitabilmente con i nomi di tali famiglie tanto che la loro presenza, destinata a volte a cambiare il corso della piccola storia di questa terra di contadini che tutti si disputavano, giunse a mutarne anche le stesse condizioni geografico-paesaggistiche”.

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Digano: Decano. Rosta: . La "rosta" è una "palafitta che si fa ne' fiumi per rivolgere il corso delle acque a mulini o simili edifizi". Cfr. G. Tiraboschi, "Vocabolario dei dialetti bergamaschi antichi e moderni", 2 voll., Bergamo, 1873. 17 Estime: . Instrumentum estimationis. 1640 gennaio 9, Sondrio, "in hippocausto maiori palatii iuri" Esecuzione contro i beni di Antonio Maria Paravicinus fu Francesco di Ardenno, in seguito alla stima fatta da Battista Malagucinus fu Giordano abitante a Sondrio e da Battista Bardelinus fu Tommaso di Sondrio, estimatori della comunità di Sondrio, per debiti relativi alle taglie sull'estimo dovute dal Paravicinus alla comunità suddetta. Notaio Giacomo Antonio Merlus fu Gerolamo, di Sondrio. Originale. 18 Guelfi e Ghibellini: Sostenitori del Papato e dell’Imperatore e dei loro interessi diametralmente opposti, provocarono nel Medioevo vere e proprie guerre. 19 Guler: Giovanni Guler von Weineck, grigionese. Resoconti dei suoi viaggi all’inizio del Seicento (1616). 16


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Un capitolo della storia di Basilea La famiglia Paravicini e il commercio del ferro a Basilea Llibera traduzione dell'autore Gianni Mazzucchelli Da: Eugen A. Meier [1965]: Basler Erzgräber (minatori), Bergwerkbesitzer (proprietari di miniere) und Eisenhändler (commercianti di ferrareccia), 1965: Capitolo 9.: Die Familie Paravicini. Vincenz Paravicini, figlio di Johannes Bartholomäus Paravicini di Gotardini e di Elisabeta Paravicini della Dona, nacque nel 1595 in Caspano-Valtellina. Studiò teologia dal 1610 fino al 1615 a Zurigo, successivamente a Basilea (1616 - 1617) e a Ginevra (1617 – 1619) e divenne pastore protestante di Bretzwil. I suoi figli, il consigliere di Stato Samuel Paravicini-Fatio (1737-1798) e Leonhard ParaviciniFatio (1745-1816) furono attivi a Basilea nel commercio del ferro. La passione per le attività minarie venne portata nelle due famiglie dalle mogli, figlie esse dell'avvocato Johann Rudolf Fatio-Müller (1719-1781). Il prozìo (ted. Uronkel) Hans Baptist Fatio-Barbaud (1625-1708) possedeva il diritto di sfruttamento delle miniere argentifere di St. Johann, S. Peter e Pfenningturm nelle vicinanze di Asseln in Alsazia. Il reddito non doveva essere cospicuo al punto che, al rinnovo del contratto di appalto nel 1666, non si trovò nessun interessato. L'esperto in questioni minarie e commerciali, per ciò che riguardava i materiali e i minerali ferrosi, era Leonhard Paravicini. Dopo aver imparato la lingua francese a Neuenburg (Neuchatel) frequentò un tirocinio di formazione commerciale della durata di 4 anni a Strasburgo. Dal 1768 al 1770 assunse la direzione delle miniere di Hausach nella regione badense di Kinzigtal. Le sue capacità trovarono un ammiratore nella persona del barone von Dietrich che lo nominò nel 1771 amministratore delle miniere di Jägertal. Il 1. maggio 1773 Leonhard Paravicini tornò a Basilea e insieme al fratello Samuel Paravicini, fondò la casa di commercio e di vendita Paravicini, là dove oggi si trova la Freienstrasse 51. L'edificio, acquistato dai fratelli Paravicini il 7 giugno 1773, apparteneva al commerciante Peter Merian-Wettstein e portava il nome "zum Falken" (al falco). Nove anni più tardi l'edificio venne ribattezzato con il nome "zum grossen Kupferturm" (alla grande torre di rame), oggi all’Eisengasse 13 (Vicolo del ferro 13) e venne acquistato dal commerciante Hieronymus Staehlin-Passavant. Samuel Paravicini comperò nel 1785 l'edificio "zum Grünenberg" (al monte verde), dal conciatore di pelli Hans Heinrich Bientz. Il commercio dei fratelli Paravicini doveva far fronte alla concorrenza degli Staehlin, estendendo l'attività all'estero. L'acquisto delle forgiere (Hammerwerke) di Säckingen, nel 1786, procurò gravi problemi ai fratelli Paravicini, dal momento in cui la Germania avrebbe proibito l'esportazione dei prodotti verso Basilea, qualora il fabbisogno della regione non venisse preso seriamente in considerazione. La modesta produzione di queste fucine non superava i 300 quintali di prodotti ferrosi l’anno, ma si sviluppò nel 1794 in qualità di officina di forgiatura e maniscalcheria affiliandosi all'Hammerwerk di Hausen in Wiesental. L'acquisto di varie officine meccaniche e di fonderie portò la produzione di articoli in ferro dei Paravicini a ben 50'000 quintali annui. Nel 1794 l'amministrazione militare austriaca proibì l'esportazione del ferro dalla Germania alla Svizzera. La proibizione voleva evitare la vendita agli interessati francesi.


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Con la morte di Samuel Paravicini, al 26 maggio 1798, veniva cancellata l'attività dei fratelli e dell'azienda Paravicini. Il 1. novembre dello stesso anno furono fondate due nuove ditte, amministrate da Leonhard Paravicini che, poco prima della morte del fratello, aveva acquistato l'edificio "alte Burgvogtei" nella Kleinbasel 20 o Mindern Basel, nella Rebgasse 12/14. Leonhard Paravicini-Fatio morì nel 1816. Leonhard Paravicini-Burkhardt (17771844) ampliò la ditta con l'acquisto dell'edificio "zum Agtstein" (casa dell’agata o casa del termine) nella Sporengasse, oggi Marktplatz 4. Nel 1822 Leonhard Paravicini-Burkhardt lasciò il commercio nelle mani del nipote Emanuel Paravicini-Keller (1803-1851). L'attività delle case di commercio Paravicini è complessa. La vedova Anna Catharina Paravicini-Fatio e i figli Samuel Paravicini-Socin e Emanuel ParaviciniBattier (1779-1854) continuarono l'attività in diversi edifici di Basilea. I disordini politici della fine del XVIII secolo influenzarono negativamente l'andamento delle attività della ditta Paravicini. Rudolf Paravicini-Maillard (1808-1870) divenne il "re del ferro in Svizzera". Dopo la morte di Rudolf Paravicini, nel 1870, la ditta andò nelle mani della vedova J. Paravicini-Von der Mühll. Dal 1862 in poi i problemi per le officine Paravicini ingigantirono. Nel 1870 subentrò la rassegnazione con la dichiarazione "das Aktienkapital ist verloren, eine Liquidation ist daher unvermeidlich!", il capitale è perso, la liquidazione è inevitabile. Il presidio della liquidazione venne assegnato al colonnello (Oberst) Rudolf Paravicini-Vischer (1815-1888). Lo scapito finale ammontava a Fr. 275'273.56, somma che a quei tempi equivaleva a una fortuna. Nel 1881 vennero messe in disuso le ultime fonderie di Basilea che avevavano vissuto la storia gloriosa dei Paravicini di Basilea. L'Archivio di Stato di Basilea (Staatsarchiv des Kantons Basel-Stadt) conserva molti documenti riguardanti il commercio e la famiglia Paravicini. -------------------------------------------------------------------------------------------------------BIBLIOGRAFIA De Felice, Emidio [1997]: Dizionario dei cognomi italiani. Ed. Mondadori, 1997. Lurati, Ottavio [2001]: Perché ci chiamiamo così?, Lugano, 2001. Semerano Giovanni [2003]: Il popolo che sconfisse la morte. Ed. Bruno Mondadori, 2003. DELI [2003]: Dizionario Etimologico della Lingua Italiana. L'etimologico minore. Zanichelli, 2003.

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Kleinbasel: La città di Basilea si divide oggi ancora in Gross- e Kleinbasel (Basilea maggiore e minore). Grossbasel, sulla riva sinistra del fiume Reno era da sempre la sede vescovile e governativa. Nella parte denominata Kleinbasel risedevano gli artigiani e il popolino.


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P E L L A N D A (1541-1615) Scese dall’abetaia per farsi cavaliere aurato Ioannes Pettigedo d.tus Pellanda de Biasca... Nominato nel 1583 Cavaliere dello speron d’oro della Casa di Pietro, dal Papa Gregorio XIII (1572-1585) per le sue benemerenze a favore della Chiesa, porta dapprima il nome Giovanni Battista Pettigedo. La sua nomina a cavaliere è descritta nel documento “Miles 21 aurei calcaris S.R.E. Domus Petri, seu eques dictus, et torque aureo pretio circa scutorum 125 donatus”. Egli portava anche i titoli di luogotenente (vicefogt) e caneparo (daziere, tesoriere) e di console 22 . Eques auratus, cavaliere aurato, è il titolo che permetteva di portare lo sperone d’oro, mentre il semplice “eques” portava lo sperone in acciaio o ferro. Cavaliere dal 1583 Il “cavaliere” Pellanda di Biasca diventa cavaliere solo nel 1583, anche se lo si denomina cavaliere anche nel documento del 1567, citato dal Pellanda [1991], dove lui stesso scrive la testata del libro dei conti di Biasca subentrando alla carica di console al Padre Pietro. L’avo Pitigedus de Pitigedo (1399), viene citato nel documento compilato nel 1722 dal landfogto Tanner, nel quale leggiamo Ioannes Pettigedo dictus Pellanda de Biasca... Lo stemma con la pelliccia di ermellino, la pellanda Lo stemma o l’arma del casato Pellanda “Cavata dalli Libri Antichi di Antonio Bonacina nella Contrada di S. Margherita al Segno di S. Antonio in Milano ”, reca un “drappo con 16 segni a forma di virgola, i quali [...] starebbero a significare i 16 figli del capostipite” (Pellanda [1991]). Dato però che il “capostipite” non si chiamava Pellanda, ipotizzo che il “drappo” raffigurato sullo stemma dei Pellanda italiani rappresenti la classica pelliccia di ermellino 23, tempestata di fiocchi neri, indossata da prelati e giudici. La “roba” del “paludato”. Inoltre l’arma o lo stemma del casato Pellanda italiano presenta, nella metà superiore, un’unica aquila a ali spiegate e incoronata, mentre la parte inferiore riporta il manto di ermellino con 16 macchie, su uno sfondo barrato obliquo. 21

Miles: Titolo di “cavaliere” con il quale venivano insigniti i partecipanti alle crociate. Console: Titolo che serviva più che altro a far quattrini. Nel documento del 1606, citato da Cleto Pellanda nel suo libro, troviamo che uno scrivano “giurato”, scrive il documento invece di un certo Console “che non sa scrivere”. 23 Ermellino: Animaletto che in estate sfoggia una pelliccia bruno-rossatra che in inverno diviene bianchissima. Solo la punta della coda resta sempre nera. L’animale veniva cacciato in inverno a causa del descritto particolare. La pelliccia invernale dell'ermellino è largamente impiegata in araldica col nome di armellino. 22


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Lo stemma riportato qui sopra è conservato nella proprietà privata della famiglia di Cleto Pellanda. La proprietà privata di tale documento, prodotto a Milano 24 , fa nascere il dubbio che lo stemma venne “comperato” a Milano nel 1490, allorché “...il Pitighedo, o Pitighetto, si recò a Milano dal Duca Lodovico il Moro ” per chiarire e per discolparsi delle accuse mossegli dal Commissario di Bellinzona. “Tra le colpe addebitate al console, in particolare, quella d’aver reso favori ai “todeschi”, gli Urani che occupavano la Leventina” 25 . Lo stemma dei Pellanda di Biasca (Ex-Pitighedo) porta ben tre aquile a ali spiegate e la corona, concessagli da Papa Gregorio XIII nel 1583 e posata sul capo di un cigno 26 che sovrasta lo scudo araldico. La parte inferiore non mostra nessuna pelliccia di ermellino, ma una “barratura” obliqua (facciata della casa Pellanda di Biasca) e verticale (cappella della Madonna di Osogna). Questo stemma venne probabilmente adottato da Giovanni Battista Pellanda nell’anno nel quale gli fu concesso di fregiarsi con la corona aurea dal papa Gregorio XIII (1583). Sospetto: da Pettigedo a Pellanda ? Confrontando gli stemmi Pellanda nasce il dubbio che il cosiddetto “cavaliere” di Biasca si impadronì del cognome altolocato italiano, ritenendo che le proprie mansioni e le cariche personali fossero degne di essere paragonate a un personaggio più nobile, il possessore dello stemma. Degenerazione di un titolo La probabile carica di giudice o di mediatore del Pellanda italiano viene dedotta dal fatto che lo stemma originale dei Pellanda reca il drappo di pelliccia di ermellino che indica la posizione altolocata del blasonato. Pelliccia che oggi chiameremmo “toga” e che prima veniva chiamata “pellanda”. L’assunzione dello stemma da parte di un personaggio medievale, intrigante e in una certa misura potente, diede l’avvio all’espressione gergale spregiativa e sempre più lontana dall’arte nobile simboleggiata sullo stemma originale. 24

Stemma contenuto nei “Libri Antichi di Antonio Bonacina nella Contrada di S. Margherita al Segno di S. Antonio in Milano”. 25 Cleto Pellanda: Memorie vallerane, 1991, pag. 36. 26 Cigno: Il fatto di essere stato privilegiato, tramite l’accordo del 1636 con la vicinanza di Osogna, di beni sul monte Colarga, il cavaliere Pellanda fa ricostruire il ponte di Incigno, oggi “pont da sass” in località Scigno.


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Palal, giudicare, mediare Il Pellanda “originale” che probabilmente portava la toga, incorporava la carica che prende la radice dalla voce ebraica “Palal”, to judge, verbo che significa giudicare (Langenscheidt, Voc.)., intromettersi, mediare e pregare. Si tratta perciò di azioni connesse all’esercizio della giustizia (ted. Jurieren, Recht sprechen) e cioè dividere il bene dal male. Nella accezione comune esso sta a indicare una richiesta oppure una lode rivolta al Signore. Se però esaminiamo l'etimologia del termine ebraico tefillà (preghiera) esso deriva dalla radice palal, che significa gidicare, da cui pelilim, giudici. Pregare si dice le-it-pallel, una forma riflessiva che può significare appunto sia sottoporsi al Giudizio divino che autogiudicarsi Un testo in lingua inglese dice: Palal (paw-lal’) to judge (officially or mentally); by extension, to intercede, pray -- intreat, judge(-ment), (make) pray(-er, -ing), make supplication. Palinaro, palilu (Semerano) La radice linguistica “palal” ci porta alla constatazione che il toponimo Capo Palinaro, proviene da palinarus, guardiano del faro, dall’accadico palilu, guardiano, Wächter. Mentre l’accadico Pela è “il signore del popolo”. Da un vocabolario ebraico-inglese Paliyl: paw-leel' from 'palal'; a magistrate:--judge. Pliylah: pel-ee-law' feminine of 'paliyl'; justice:--judgment. Pliyliy: pel-ee-lee' from 'paliyl'; judicial:--judge. Pliyliyah: pel-ee-lee-yaw' feminine of 'pliyliy' judicature:--judgment. Palal: paw-lal' a primitive root; to judge (officially or mentally); by extension, to intercede, pray:--intreat, judge(-ment), (make) pray(-er, -ing), make supplication. Palal: paw-lawl' from 'palal'; judge; Palal, an Israelite:--Palal. Plalyah: pel-al-yaw' from 'palal' and 'Yahh'; Jah has judged; Pelaljah, an Israelite: -Pelaliah. Pellànda o “colui che porta la pellanda?” Pellanda: Ampia sopravveste maschile o femminile foderata di pelliccia con cappuccio e maniche molto larghe, in voga in Italia e in Francia tra il Trecento e il Quattorcento. Varianti: pelanda. Balandràñ e pellerine Palandrana: deriva da una serie di voci antiche quali: “pellanda / pelandra / palandra” che sono similari a “pastrano / gabbano / ampio mantello / zimarra / tabarro” ecc.; veniva usato per lo più dai contadini di una volta. “Balandràñ” dicesi anche di uomo sciocco, vanesio, vuoto, povero tonto, grullo, stupidotto, ecc.. Il mantello del pellegrino, manteau du péllerin diverrà poi in lingua svizzero-tedesca, die Pellerine, il mantello mimetico abbondante e senza maniche, usato nell’esercito svizzero. Elementi dell'Abbigliamento femminile Nell'abbigliamento femminile si presentano due accoppiate, una per l'estate, giornea e cotta, l'altra per la stagione fredda, pellanda e gamurra (Vengono riportati i termini dell'abbigliamento più comunemente usati, ma si deve ricordare che gli


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stessi elementi assumono denominazioni diverse nelle diverse regioni italiane), ma non è raro vedere nelle opere di pittura l'una e l'altra usate contemporaneamente, senza preoccupazione per la stagione. Palandra (DELI) Piccola nave da carico, ma anche, nel dialetto piemontese, plandra, sgualdrina. Inteso forse come navicella senza onore e di uso comune ? Nave scuola ? Pelanda 27 Denominazione di ogni abito lungo e largo. Il francese Houppelande significa “Sajone” cioé vestimento del busto coi quarti lunghi- In Prussia si chiamano Houppeland i soprabiti. Spagnolo: Hopelanda. pelanda (o pellanda 28; anticamente anche opelanda, pelarda) s. f. [dal francese houppelande, voce di origine incerta]. - Ampia sopravveste, tipica della moda francese tardo-gotica, diffusa anche nell'abbigliamento maschile e femminile dell'Italia settentrionale nei secoli XIV e XV; introdotta inizialmente nell'abbigliamento di corte, con strascico e fodera di pelliccia, era aperta davanti, con maniche lunghe e assai abbondanti, negli esemplari più tardi stretta in vita da una cintura. Palandra, “la roba” ? Houppelanden Veste lunga e abbondante indossata nel medioevo da giudici e nobili, ma chiamata anche, nella forma popolarizzata, palanda. Veste che “protegge” dalla nudità in tutti i sensi. Il latino “pallium” indica il mantello, così come l’inglese pall. Il “paletot” soppresse il termine Houppelanden 29, Palletot, Bauernkittel, giacca contadina. Plaidoyer L’arringa e la perorazione dell’avvocato e del procuratore pubblico prende il nome dalla radice ebraica “pallal”. Pelandrone e Palio (DELI) Pelandrone: poco di buono. Forse per chi vestiva la grezza palandra del contadino. Palio: drappo ricamato con insegne, come il famoso Palio di Siena. Pallanza Toponimo italiano (NO) e Palencia la Pallantia Iberica sita nella provincia spagnola dell'Asturia: significherebbe luogo d'incontro, fortificazione, luogo di giudicatura, tribunale. Pallante (DELI) Pallante ha un posto di rilievo nell'ultima parte dell'Eneide: dopo aver lasciato l'Arcadia ed aver fondato una città in Italia, diviene alleato di Enea. La città da lui fondata si trova sul colle Palatino ed ha il nome di Pallante o Pallantio, in onore del nonno, Pallante di Tegea. Personaggio carnevalesco piemontese (?), simpatico, parolaio, un po' sbruffone, ma fatto d'ottima pasta, dal cuore in mano. Pellanda italiani Il cognome Pellanda era presente, nell’anno 2000, in 73 comuni dell’Italia settentrionale. A Crodo (Verbania) c’è una Via Pellanda che commemora un Pellanda diverso dal cavaliere biaschese. 27

Antonio Tiraboschi: Vocabolario dei dialetti bergamaschi antichi e moderni. Ed. Arnaldo Forni, 1873. Enciclopedia Treccani. Lemma 167402. 29 Kluge Friedrich: Etymologisches Wörterbuch, 1975. 28


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Da Pittigetus – Pettigedo – Pittigheto a Pellanda ? Abetina > pëtina > abetaia > pineta Il termine Petigeto o Petigheto viene latinizzato in Petigedus, diventa Petighedo e Pitigheto secondo gli scrivani. Il documento raffigurato a pagina 34 del libro di Cleto Pellanda, reca il nome del capostipite Pitigedus de Pitigedo (1399), nome che troviamo di nuovo sottoforma di “Pitigedus” (1445-1452). A pagina 35 dello stesso libro, troviamo la “Genealogia universale Domus Pellandae S.R.E. Equite auratus Domus Petri” del landfogto Tanner, dell’11 aprile 1722, che cita “Ioannes Pettigedo d.tus Pellanda de Biasca...”. Mi immagino che il landfogto non pronunciasse “pettigedo” con la “g” di Gianni, ma, seguendo la pronuncia in lingua tedesca, “Pettighedo”. E’ logico individuare altre diversità di pronuncia tipiche della lingua dialettale tedesca. Un nativo di Basilea pronuncia “Dabede” per “Tapeten”, tappeti e “Baar” per “Paar”, il paio. La trasformazione delle lettere “p” in “b” e di “t” in “d” sembra essere tipica delle regioni meridionale di una zona linguistica. Se il milanese dice “attento”, l’italiano meridionale dirà “addendo”. Pitigheto: abetaia, pëtina, pineta In una zona dedita all’agricoltura montana è ovvio che molti cognomi derivino dalle caratteristiche ambientali e dall’occupazione del nominato. I “cavalieri” erano, in un posto così appartato come Pitigheto, al massimo “cavallari”. Il toponimo Pitigheto nasce così dalla presenza di boschi d’abeti, l’abetaia, da abies, abetis, abete. Termine italiano: abetina > abetaia. Termine lucano: pëtina > abetaia. Pinus, voce latina che indica l’albero sempreverde “pino” 30 o “abete”. Pino > pineta / Abete > abetaia. Toponimo: Petina La località Petina, a 66 chilometri da Salerno, prende il nome dal latino ab(i)etina, abetaia da abies, abietis, abete 31. Pituìta, la resina La pituìta, la resina del “pinus”, raccolta e venduta come materia prima per la fabbricazione di colle e peci diverse, accompagna la via etimologica da me scelta che allaccia la resina ricavata dagli abeti della località “Pitigheto”. Pituìta è il termine moderno usato nella medicina per indicare linfe e emanazioni semifluide. Puteus, la fessura di sgorgo Puteus, la sorgente, la fessura nella roccia, unisce lo sgorgare della resina da una ferita della corteccia e dell’acqua di una fonte.

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Pinus: termine latino di origine controversa. Forse deriva dal latino 'pix, picis' traducibile in pece o resina, noto essudato della pianta. Potrebbe pero' anche derivare dalle radici indoeuropee 'pic' (pungere, come fanno alcuni aghi) o 'pi' (stillare, di nuovo legato alla resina), oppure ancora dal celtico 'pen' che significa testa ed allude alla forma della chioma. Sylvestris e' un vocabolo latino che significa di bosco, di foresta. 31 Da UTET, Dizionario di Toponomastica, Petina, 1990, Torino.


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PESTA-LOZZA / Pestalozzi C’è chi racconta che il cognome indichi colui che “pestava le ossa”, sia per ragioni di lavoro che per la voglia di picchiare le persone. Altri vorrebbero distinguere l’operazione di pestare o pigiare la “lozza”, l’intruglio di steli di canapa, messa a macerare nell’acqua per staccare la parte coriacea della pianta dalle fibre tessili. Toponimo Lozza (VA) Trovo però che in Italia esiste un toponimo Lozza in Provincia di Varese. Ecco nascere nuove possibilità: Ephisto da Lozza Pistor de Lotza, il “fornaio” di Lozza. Pistus: Titolo onorifico o carica politica? Pistus: fiducia, fede e credere Pistus, in lingua greca, indica il credere religioso (ted. Glauben, ingl. Faith). Pistus è anche il nome dell’Arcivescovo Pistus di Alessandria del 339 d.C. La traduzione dell’Antico Testamento in lingua greca usa il termine „pistus“ per tradurre i termini “credere” e “aver fiducia”. Pistus è anche nome giudeo. La trasformazione spregiativa di Cagan Pistus in Cagapisto distoglie l’attenzione dall’onomastica a favore di un’insulto atto a definire il “detentore” del cognome “un poco di buono”, capace di defecare unicamente sostanze senza valore. Pistus, il fiduciario Nel Codice diplomatico della Lombardia medievale (secoli VIII - XII) è citato Girardo detto Pistus, console e giudice di Milano, giudice delegato dai rettori di Lombardia, Marca e Romagna.


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SCACCABAROZZI C’è chi racconta che il cognome fu dato o appioppato a una famiglia di origine milanese che „scaricava i barocci” 32 carichi di morti di peste. Compito affidato loro dal comune di Milano 33. L’elenco seguente accompagna la descrizione del cognome, citando personalità che non avrebbero permesso nessun insulto. “Scaccabarozzi fu famiglia antica le cui memorie risalgono al XII° secolo. Un certo Giordano fu costituito vicario imperiale a Milano da Federico Barbarossa, un Beltramo fu console di Milano nel 1164, un Alberto fu podestà di Como nel 1219, un Lantelmo canonico della metropolitana, nel 1152 fu inviato dalla Repubblica milanese in qualità di legato al papa Innocenzo IV° per ottenere la canonizzazione di S. Pietro Martire Veronese, un Giacomo si trova fra i firmatari di parte nobile nell'atto di concordia fra nobili e plebei di Milano nel 1258, un Giovanni fu fatto cavaliere da Matteo Visconti sul campo di battaglia di Parabiago per l'indomito valore, un Arostello fu cavaliere e decurione milanese, un altro Giacomo, nobile e generoso cavaliere, nel 1320 eresse e dotò la chiesa di S. Maria Annunziata a Milano mentre suo fratello Catellano fu podestà di Pavia nel 1322. I De Scachabarociis, famiglia ghibellina, sostenitrice dei Visconti, venne annoverata dall'Arcivescovo Ottone nella matricola delle famiglie nobili di Milano. Nel 1402 Giovanni Scaccabarozzi era stato eletto priore maggiore del monastero di Pontida ed era quindi il beneficiario della commenda. Gli Scaccabarozzi avevano vari beni in Brianza, soprattutto a Montevecchia e a Brivio in frazione Vaccarezza con diversi poderi e case, nel 1409 erano Signori di Cassago, che avevano anche acquisito il godimento delle terre di Pontida. A Cassago la loro influenza era notevole, tanto che il 17 luglio 1412, in un momento drammatico per le sorti del Ducato milanese, un certo dominus Raynerius De Scachabarociis, che era inserito nel 1408 nell'elenco dei "nobiles familiares et officiales de curia de nostri illustrissimi principis et dominis" duca Giovanni Maria Visconti, riconobbe, al duca di Milano Filippo Maria Visconti (1412-1447) la fidelitas de terra Cassaghi“. Scacco, Scacchi „Scacchi è raro e sembra presentare due nuclei, uno nel Lazio ed uno nel sudmilanese e lodigiano, Scacco, molto raro, potrebbe avere un nucleo nel Catanese e uno nel Veneto. Il ramo umbro della famiglia Scacchi annovera molti medici tra le sue fila, Antonio Scacchi, lo troviamo nel 1400 in Francia quale medico di Luigi XI, nel 1540 Durantes Scacchus Norcinus (Durante Scacchi) dà inizio alla grande scuola dei dottori di Preci, alle dinastie degli eruditi scrittori di medicina, punto fermo per tutti i preciani, empirici e non, con scritti di buon livello ai quali attinsero o si uniformarono non solo scolari dì terra umbra. Durante nacque a Preci (PG), giovanissimo si trasferì a Roma dove frequentò la scuola di Realdo Colombo, nel 1562 Giacomo Scacchi ottenne a Roma la licenza perpetua per aposteme, ernie, cataratte, ulcere, ecc.“. Scacchi, da schâh Nome di un gioco famoso in tutto il mondo. Latino “scaccus”, ted. Schach, derivato dalla lingua persiana “schâh”, re. Ne derivò l’uso di denominare il gioco degli scacchi, nel quale la figura più importante è appunto il re. In lingua spagnola è Xaque, provenzale “escac”, francese èchec, inglese “chess” (si dice cèss, e ....attenti alla fantasia di conio lombardo !), olandese “skak”. 32 33

Baroccio: Carro piatto a due ruote (bi-rotos) che serviva al trasporto di mercanzia. Da Internet: „Melegnano cognomi“.


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Kagal: the autonomous Jewish administration Non dimentichiamo che i termini russi Kagal e Kagalnik si riferiscono alla carica appartenente all’amministrazione autonoma ebraica in Russia. Beider [1993] 34: Kagal, da Kahal (Kahal > Kaghal: termine nel quale la lettera “h” viene pronunciata gutturalmente con “ch” o “gh”. Kagal’nik è il membro dell’amministrazione autonoma ebraica russa. Kagangon > Koyheyn goaoyn > Kohen-Gaon è termine ebraico composto da Kohen, maestro e Gaon lo scolaro di un eminente rabbino (Kangun, Kongun). Kagan, Kaganenko, Kaganer, Kaganis, Kaganovic, ministro ebreo di Stalin. Tutti cognomi associati a “Kijgen” e a “Kohen”, denominazioni in lingua ebraica per “membro della casta dei Sacerdoti del Tempio”. Schärf [1925]: Cohen = Sacerdote. Eccone le diverse scritture in alcuni paesi. Inglese: Cowen, Cowan; americano: Cohan, Cohane, Cohne, Cone, Coon, Coogan, Kan, Koon; tedesco: Kohn, Cohn, Konn, Kahn, Kohne, Kohner, Cohnheim, Cohnfeld; francese: Cahn, Cahen, Cahan, Caen, Cain, Kahn, Kahni, Coffen, Coffe; russo: Kahana, Kohai, Kahanel, Kagan, Kogan; [...] olandese: Cahan, Cahana, Kahon...”. Credo che la prima parte del cognome Scacca-barozzi sia proprio Scacchi e non ha niente a che fare con l’arte panglobale di defecare. Barozzi Nell’elenco dei cognomi di Samuele Schärf 35 trovo Baroccio e Barroccio, omonimi di Barozzi. Nell’elenco degli ebrei sefarditi 36 trovo Barocas 37, Barrocas 38. Scacchi-Barozzi Sembra così che Scaccabarozzi non era colui che defecava sui carri, ma cognome doppio Scacchi Barocci o addirittura: Kaghan Barocas, rabbino sefardita. Baro: uomo libero Il Dizionario Longobardo-Italiano uomo libero”.

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dice che il termine “baro” significa “uomo o

Beider, Alexander [1993]: A Dictionary of Jewish Surnames from the Russian Empire. Avotaynu, Inc. 35 Samuele Schärf: I cognomi degli ebrei d’Italia. Ristampa curata da Pietra e Storia, 2006. 36 Sefarditi: Ebrei provenienti o fuggiti dalla Spagna. www.sephardim.com. 37 Barocas: Dal libro „Crisis and Creativity in the Sephardic World: 1391-1648“. 38 Barrocas: Josef M. Estrugo „Los sephardes“, 1958. 39 Dizionario Longobardo-Italiano. Corpus die termini del latino die Longobardi.


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TROIA C’è chi dice e scrive che il cognome derivi dalla femmina del maiale, la troia (o scrofa). Non è cognome da dare impunemente a chicchessia e propongo che lo spregiativo popolare per “maladonna” non venga ritenuto genitore del cognome in questione. Troyes: Toponimo ricco di storia ebraica Troyes, situata nella regione francese detta Champagne, fu la città natale del grande studioso ed esegeta di Bibbia e Talmud Rashì (Rabbi Shlomo Itzhak, scomparso nove secoli fa, nel 1105). E’ documentata l'origine normanna del cognome Troisio de Rota, venuto con Roberto il Guiscardo nella cittadina ora chiamata Solofra (AV). La famiglia Troisio (poi De Troisio, oppure Troisi, o Troise) è documentata dal 14. secolo. Mentre le varianti Troisi e Troise sono piuttosto diffuse, l'originario Troisio sopravvive soltanto in poche famiglie nei comuni di Taurisano e Ugento (Lecce) e in Padova. Credo proprio che il toponimo Taurisano (Lecce) stia alla base del cognome. Treulich, Troilic Nell’elenco dei cognomi degli Ebrei d’Italia di Samuele Schärf, alla lettera T, troviamo Treulich, cognome ebraico askenazita, proveniente cioé dalla Germania, e che viene espresso in lingua italiana “Troilic” (Troilik). Anche se “treulich” riflette l’aggettivo tedesco “treu”, devoto, non è da escludere che si tratti di un nome personale derivato dal toponimo Troyes (F). Non dimentichiamo l’antica città greca Troia.


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VACCA Lo sanno tutti che la vacca è la mucca che pascola e che dà il latte. La mucca che “vaga” sui prati propone una strada etimologica interessante. Vitruvius Vaccus Dalla storia romana: “L'estremo Lazio meridionale entra nel raggio dell'espansione romana dopo la fine della guerra Latina. Nel 334 a.C. è data a Fondi e a Formia la cittadinanza senza diritto di voto, piuttosto un'annessione unilaterale allo Stato romano che un privilegio. La ragione del provvedimento è spiegata da Livio: si trattava di rendere sicuro il transito verso la Campania, tra l'altro alle legioni romane, che di lì a poco sarebbero state impegnate contro i Sanniti. Contestualmente, dovettero essere sottomessi anche gli Aurunci, come dimostra la fondazione della colonia di Cales, al limite del loro territorio. La sollevazione dei Volsci, guidati da Vitruvius Vaccus, nel 330, mostra che costoro non si erano ingannati sul dubbio onore concesso”. Vacare Il termine latino „vacare“ significa essere ozioso, indeciso, titubante, ma può anche indicare la libertà di azione esente da obblighi. Il verbo “vagare” descrive sia l’assenza di una meta e l’indipendenza del vagante. Sinonimo di libertà. Giovenca, giovane vacca Non dimentichiamo che il termine slavo Juvanaka significa letteralmente persona giovane. Termine che troviamo riflesso in “giovenca”, la giovane vacca. Vacca e Vaccaei Vacca, ae, f. : Vacca. - a - ville de la Byzacène (capitale della provincia romana Bysacene, situata tra la Tunisia e la regione detta Sahel). - b - ville de Numidie (Numidia). Vaccaei, orum, m. : les Vaccéens (peuple de Tarraconnaise, près du Douro). Vaccenses, ium, m. : les habitants de Vacca. Vachar, Bachar, bestie da giogo L’antico ebraico usava il termine “vachar” o “bachar” (Beth – Chof – Resch) come definizione collettiva per bestie da giogo o da traino: mucche e buoi. La voce latina “vacca” può essere confrontata con il sanscrito “vaca” o “vaksa” discendente dal vedico “vakati”, gridare, mugghiare, l’animale che mugge. Altri vedono il vedico “vaksan” e il gotico “auhsan” come radici del tedesco “Ochse”, bue. Storia e giurisdizione Vaccus : generale dei Privernates. Vacci prata : il prato di Vaccus (sinonimo di proprietà pubblica). Pascolo vago: pascolo libero a tutti dopo l’11 novembre (San Martino) 40. Vacive: libero, da affittare. Vacivae aedes: casa non occupata, libera. Liberalibus studiis vacare : consacrarsi agli studi degni di un uomo libero. 40

Dopo il giorno di San Martino, 11 novembre, il pascolo era permesso a tutti e su tutto il territorio. Molte furono le discordie tra i proprietari di terreni che non vedevano volentieri pascolare il bestiame sui terreni “propri” o presi in prestito. Il “divieto di accesso” veniva contrassegnato con un manipolo di paglia appeso a una pertica o con uno spaventapasseri che prese il nome di “martin”. [Gianni Mazzucchelli: Sinonimie giuridiche nell’antica terminologia agraria e legale. Quaderni di Semantica, 2004].


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Pubblicazioni a cura dell’Associazione Pietra e Storia: - 2003: Nuova interpretazione della pittografia rupestre. Fascicolo 1 e 2. - 2005: Il Miqweh di Dongio (Italiano). - 2005: Die Mikweh von Dongio (Deutsch). - 2005: Il lastrone di Dagro (italiano) - 2005: Die Steintafel von Dagro (Deutsch). - 2006: Chiese biabsidali. - 2006: Le primavere di Dagro e Nebra: Lüna növa, tri dì a la pröva, Il calendario lunare (Il lastrone di Dagro CH-TI, Nebra D, Rothenfluh CH-BL). - 2006: Il basilisco della Capriasca, la contessa Crassa: interpretazione storica. - 2006: Barlotto, tregenda, akelarre, sinagoga. - 2006: Pugnali remedelliani e Madonne addolorate.


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