"NUOVA INTERPRETAZIONE DELLA PITTOGRAFIA RUPESTRE"

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"Sass du gaisc", masso di confine tra Pollegio e Bodio Gianni Mazzucchelli

Nuova interpretazione della pittografia rupestre ...cercando una cosa impossibile se ne trova una impensata... Associazione Pietra e Storia Casella Postale 5, 6721 Motto-Blenio Prima edizione, 2002


Gianni Mazzucchelli

Pittografia rupestre, simbologia religiosa e alchimica Questo lavoro intende aprire un nuovo discorso sull'interpretazione delle illustrazioni rupestri presenti in tutto l'arco alpino, per rivelare la razionalità, la scienza e la religiosità dei loro autori. Parte prima: Parte seconda: Parte terza:

I massi coppellari Pittografie religiose, pre-cristiane Pittografie alchemiche

Parte prima: I massi coppellari 1) Il trapano a volano Le coppelle rinvenute su molti massi delle regioni alpine, vennero scavate o trapanate nel sasso usando, tra l’altro, il trapano a volano. Un archetto imponeva alla bacchetta di legno, sulla quale era imperniato un disco di pietra, di ca 15 centimetri di diametro, una rotazione alternata (ritrovi in Val di Blenio, Mariella Becchio). La scheggia di quarzo, assicurata all'estremità inferiore della bacchetta, fungeva da punta abrasiva. Fori più o meno profondi, ma non conici, possono derivare da erosione naturale, causata dalla miscela corrosiva di acqua piovana e minerali della roccia stessa. Le coppelle, contrassegni funebri? Le regole ebraiche che definiscono purezza e impurità dei cadaveri e delle parti del corpo umano dopo la morte, elencate tra l’altro nei libri Nazir, 6,2.3 e Pesahim, 7,7 dicono: “...Se finalmente uno si siede su una pietra, non sapendo che sotto c’erano ossa di morti o un cadavere, prende l'impurità dell’abisso (= impurità sconosciuta) e si deve purificare con la lama del sacerdote, cioé con un sacrificio...” (P.E. Testa “Il simbolismo dei Giudeo-Cristiani, Gerusalemme, pagine 448/449, Tipografia dei Francescani, 1962”). Deduco che alcuni massi coppellari “segnano” la presenza di sepolture umane sotto il masso stesso o nelle sue vicinanze, avvenute in epoca precristiana e oltre 2). Ipotesi: Coppelle su un masso sovrastante due tombe

Segni casuali? Coppelle incise su diversi massi, nella stessa regione, potrebbero rappresentare un "codice" di viabilità, demarcazioni di antichi confini, di proprietà.Qualche coppella potrebbe anche essere stata fatta per "passatempo" utile all'esercitazione all'uso del trapano a volano, che trovava impiego in svariatissime occasioni.


Carte topografiche? Insiemi coppellari possono rappresentare anche cartine topografiche. Diversi autori elencano e descrivono esempi convincenti, come le seguenti illustrazioni.

Argovia Zurigo

Svizzera francese (1606: Wiflis Purgerland)

Rhetia (Grigioni)

S Gottardo

LEPONTII

Faido

Vallese Bellinzonese Il masso di Iragna, identificato nel 1999 da Antonio Cima, liutaio di Lodrino e definito da Mariella Becchio "masso geografico", è situato "in mezzo alla golena". Sono rintracciabili le suddivisioni geografiche e politiche presenti sulla cartina dell'anno 1606, dell'Atlante di G. Mercatore "Nova Helvetiae Tabula". Dal punto centrale del S. Gottardo si diramano a stella l'antico territorio della Rhetia (Grigioni), il territorio lepontico (Bellinzona e valli), il Vallese, l'Italia settentrionale, Zurigo e Argovia. Sotto, a destra, la V capovolta rappresenta le valli engadinesi. La superficie del masso è superiore ai 3 metri quadrati.

Engadina Bellinzonese

Lago Maggiore


Particolare della cartina "Nova Helvetiae Tabula" di G. Mercadante, 1606, stampata ad Amsterdam dall'officina degli Hondius


Fune dell'archetto propulsore

Il trapano a volano Volano

. . . Er

Erosione naturale

Scheggia di quarzo

Luoghi sacri per i Druidi, mappe celesti per altri; per altri ancora piante topografiche o segnali per pastori. Il Concilio di Arles nel 1452 stabilĂŹ che era sacrilegio venerare arbores (alberi), fontes (sorgenti) e vel saxa (massi).

Tipica coppella con canaletto, scavata in una lastra granitica


Coppelle su un masso situato in un prato di Cevio-Boschetto (Vallemaggia) Giochi, passatempi? Nel libro “Bärulussä” (Il prato dell’orso) di Angela Bacher, 1995, viene descritto sommariamente il gioco “Corsa al paradiso” dei bimbi walser della Val Formazza: “...una sorta di gioco dell’oca a sfondo religioso, con piccoli legni infilati in appositi buchi, a forma di croce, su una pietra sporgente dal terreno”.

Croce-Taw, Croce-àncora e pesce: Graffiti definiti "paleocristiani", scolpiti sui massi della regione ad Albano di Lucania e Sicigniano degli Alburni


Parte seconda: Pittografie religiose La teologia giudeo-cristiana amò manifestare, dal primo al quarto secolo, la propria fede, più che con formule teologiche e metafisiche (come farà quella greco-latina), con un sistema simbolico di "segni", quasi proiezioni della fede creduta. S. Giustino, nato a Flavia Neapolis in Palestina verso l' inizio del secondo secolo e morto martire verso il 165 d.C. a Roma , afferma che "...tutte le cose che dissero e fecero i profeti... le avvilupparono in parabole e figure, perché la maggior parte di quelle non venissero capite agevolmente da tutti, acciocché vi si affaticassero quelli che cercavano di scoprirla e di intenderla". L'origine pre-crisiana della croce Il segno della croce è rappresentato molto frequentemente, sia nell'abitato che su massi isolati fuori di esso. Il "Sass di cent cros" in Val Resa (Franco Binda: Archeologia rupestre, pagina 138) reca ca. 200 croci a bracci uguali, semplici o lobati e 20 coppelle. Croci che vengono quasi sempre interpretate come "cristiane", con le alternative di croce greca o romana, secondo i dettagli figurativi. Il simbolo della croce ha però origini pre-cristiane. Geroglifi egiziani (croce di Anh, ted. Ankenkreuz), caratteri dell'antica lingua greca (lettera X) e delle antiche lingue semitiche (Taw = segno), così come le scritte usate dai fenici, conoscevano questo segno. molti secoli prima dell'era cristiana. Gli alfabeti proto-cananiti e semitici, usati nei secoli a.C., permettono di seguire lo sviluppo del segno "croce" fino ai tempi moderni. L’ultima lettera dell’alfabeto moderno ebraico è Taw. Già nei secoli antecedenti l'anno zero (a.C.) essa venne raffigurata come croce a bracci uguali, orizzontali e verticali (Alfabeto cananitico-ebraico, New York City Library, 42ted Street, Dorot Section, Plate 1).

Taw

Taw grecizzato Taw = T Croce Anh Croce-Taw (egiziana)

Taw Croce-ascia

Clessidra rovesciata (mortuaria)

La croce-Taw venne sempre più adottata dal cristianesimo e "sottratta" ai giudei che si distanziarono da essa: "Taw = lettera decaduta in odio al cristianesimo, segno già declassato nelle cerimonie delle unzioni dei preti". 3). Dal Talmud di Babilonia: "Il Santo Uno disse a Gabriele: Vai e marca nella fronte dei giusti un Taw in inchiostro e nella fronte dei cattivi un Taw col sangue.... E perché questo Taw?. Il suo significato 'tu vivrai' (= tihyeh) e 'tu morrai' (= tamuth)". Il "segno" Taw ornava le lapidi mortuarie giudaiche e, così come il segno greco ”omega”, simboleggiava la fine della vita terrena, trascorsa nell’osservanza della “legge dall’alef al taw” (dall'A alla Z) e l'inizio dell'altra vita. Taw segnava anche la fine di una frase. A Ludiano, Valle di Blenio, si dice ancor oggi che "vedere il laf-taff" significa essere al cospetto della morte (laf-taff = aleph-taw = alfa-omega). Il segno Taw, raffigurato anche come T maiuscola, divenne croce cristiana, doppia ascia o clessidra orizzontale. “...Così si tentò di cristianizzare il valore fallico che aveva l’ascia nell’antichità e di valutare la sua forma bipenne in relazione alla dottrina delle due vie, comune agli ambienti pitagorici ed esseni” 4). Il masso di Rivera 5), Questo masso, oltre alle 52 croci scolpite, presenta la combinazione croce-mano, cioé Taw-Jod (alfabeto ebraico: Jod = mano aperta). La combinazione di carattere semitico è evidente


Gianni Mazzucchelli

Pittografia rupestre, simbologia religiosa e alchimica Questo lavoro intende aprire un nuovo discorso sull'interpretazione delle illustrazioni rupestri presenti in tutto l'arco alpino, per rivelare la razionalità, la scienza e la religiosità dei loro autori. Parte prima: Parte seconda: Parte terza:

I massi coppellari Pittografie religiose, pre-cristiane Pittografie alchemiche

Parte prima: I massi coppellari 1) Il trapano a volano Le coppelle rinvenute su molti massi delle regioni alpine, vennero scavate o trapanate nel sasso usando, tra l’altro, il trapano a volano. Un archetto imponeva alla bacchetta di legno, sulla quale era imperniato un disco di pietra, di ca 15 centimetri di diametro, una rotazione alternata (ritrovi in Val di Blenio, Mariella Becchio). La scheggia di quarzo, assicurata all'estremità inferiore della bacchetta, fungeva da punta abrasiva. Fori più o meno profondi, ma non conici, possono derivare da erosione naturale, causata dalla miscela corrosiva di acqua piovana e minerali della roccia stessa. Le coppelle, contrassegni funebri? Le regole ebraiche che definiscono purezza e impurità dei cadaveri e delle parti del corpo umano dopo la morte, elencate tra l’altro nei libri Nazir, 6,2.3 e Pesahim, 7,7 dicono: “...Se finalmente uno si siede su una pietra, non sapendo che sotto c’erano ossa di morti o un cadavere, prende l'impurità dell’abisso (= impurità sconosciuta) e si deve purificare con la lama del sacerdote, cioé con un sacrificio...” (P.E. Testa “Il simbolismo dei Giudeo-Cristiani, Gerusalemme, pagine 448/449, Tipografia dei Francescani, 1962”). Deduco che alcuni massi coppellari “segnano” la presenza di sepolture umane sotto il masso stesso o nelle sue vicinanze, avvenute in epoca precristiana e oltre 2). Ipotesi: Coppelle su un masso sovrastante due tombe

Segni casuali? Coppelle incise su diversi massi, nella stessa regione, potrebbero rappresentare un "codice" di viabilità, demarcazioni di antichi confini, di proprietà.Qualche coppella potrebbe anche essere stata fatta per "passatempo" utile all'esercitazione all'uso del trapano a volano, che trovava impiego in svariatissime occasioni.


Carte topografiche? Insiemi coppellari possono rappresentare anche cartine topografiche. Diversi autori elencano e descrivono esempi convincenti, come le seguenti illustrazioni.

Argovia Zurigo

Svizzera francese (1606: Wiflis Purgerland)

Rhetia (Grigioni)

S Gottardo

LEPONTII

Faido

Vallese Bellinzonese Il masso di Iragna, identificato nel 1999 da Antonio Cima, liutaio di Lodrino e definito da Mariella Becchio "masso geografico", è situato "in mezzo alla golena". Sono rintracciabili le suddivisioni geografiche e politiche presenti sulla cartina dell'anno 1606, dell'Atlante di G. Mercatore "Nova Helvetiae Tabula". Dal punto centrale del S. Gottardo si diramano a stella l'antico territorio della Rhetia (Grigioni), il territorio lepontico (Bellinzona e valli), il Vallese, l'Italia settentrionale, Zurigo e Argovia. Sotto, a destra, la V capovolta rappresenta le valli engadinesi. La superficie del masso è superiore ai 3 metri quadrati.

Engadina Bellinzonese

Lago Maggiore


Particolare della cartina "Nova Helvetiae Tabula" di G. Mercadante, 1606, stampata ad Amsterdam dall'officina degli Hondius


Fune dell'archetto propulsore

Il trapano a volano Volano

. . . Er

Erosione naturale

Scheggia di quarzo

Luoghi sacri per i Druidi, mappe celesti per altri; per altri ancora piante topografiche o segnali per pastori. Il Concilio di Arles nel 1452 stabilĂŹ che era sacrilegio venerare arbores (alberi), fontes (sorgenti) e vel saxa (massi).

Tipica coppella con canaletto, scavata in una lastra granitica


Coppelle su un masso situato in un prato di Cevio-Boschetto (Vallemaggia) Giochi, passatempi? Nel libro “Bärulussä” (Il prato dell’orso) di Angela Bacher, 1995, viene descritto sommariamente il gioco “Corsa al paradiso” dei bimbi walser della Val Formazza: “...una sorta di gioco dell’oca a sfondo religioso, con piccoli legni infilati in appositi buchi, a forma di croce, su una pietra sporgente dal terreno”.

Croce-Taw, Croce-àncora e pesce: Graffiti definiti "paleocristiani", scolpiti sui massi della regione ad Albano di Lucania e Sicigniano degli Alburni


Parte seconda: Pittografie religiose La teologia giudeo-cristiana amò manifestare, dal primo al quarto secolo, la propria fede, più che con formule teologiche e metafisiche (come farà quella greco-latina), con un sistema simbolico di "segni", quasi proiezioni della fede creduta. S. Giustino, nato a Flavia Neapolis in Palestina verso l' inizio del secondo secolo e morto martire verso il 165 d.C. a Roma , afferma che "...tutte le cose che dissero e fecero i profeti... le avvilupparono in parabole e figure, perché la maggior parte di quelle non venissero capite agevolmente da tutti, acciocché vi si affaticassero quelli che cercavano di scoprirla e di intenderla". L'origine pre-crisiana della croce Il segno della croce è rappresentato molto frequentemente, sia nell'abitato che su massi isolati fuori di esso. Il "Sass di cent cros" in Val Resa (Franco Binda: Archeologia rupestre, pagina 138) reca ca. 200 croci a bracci uguali, semplici o lobati e 20 coppelle. Croci che vengono quasi sempre interpretate come "cristiane", con le alternative di croce greca o romana, secondo i dettagli figurativi. Il simbolo della croce ha però origini pre-cristiane. Geroglifi egiziani (croce di Anh, ted. Ankenkreuz), caratteri dell'antica lingua greca (lettera X) e delle antiche lingue semitiche (Taw = segno), così come le scritte usate dai fenici, conoscevano questo segno. molti secoli prima dell'era cristiana. Gli alfabeti proto-cananiti e semitici, usati nei secoli a.C., permettono di seguire lo sviluppo del segno "croce" fino ai tempi moderni. L’ultima lettera dell’alfabeto moderno ebraico è Taw. Già nei secoli antecedenti l'anno zero (a.C.) essa venne raffigurata come croce a bracci uguali, orizzontali e verticali (Alfabeto cananitico-ebraico, New York City Library, 42ted Street, Dorot Section, Plate 1).

Taw

Taw grecizzato Taw = T Croce Anh Croce-Taw (egiziana)

Taw Croce-ascia

Clessidra rovesciata (mortuaria)

La croce-Taw venne sempre più adottata dal cristianesimo e "sottratta" ai giudei che si distanziarono da essa: "Taw = lettera decaduta in odio al cristianesimo, segno già declassato nelle cerimonie delle unzioni dei preti". 3). Dal Talmud di Babilonia: "Il Santo Uno disse a Gabriele: Vai e marca nella fronte dei giusti un Taw in inchiostro e nella fronte dei cattivi un Taw col sangue.... E perché questo Taw?. Il suo significato 'tu vivrai' (= tihyeh) e 'tu morrai' (= tamuth)". Il "segno" Taw ornava le lapidi mortuarie giudaiche e, così come il segno greco ”omega”, simboleggiava la fine della vita terrena, trascorsa nell’osservanza della “legge dall’alef al taw” (dall'A alla Z) e l'inizio dell'altra vita. Taw segnava anche la fine di una frase. A Ludiano, Valle di Blenio, si dice ancor oggi che "vedere il laf-taff" significa essere al cospetto della morte (laf-taff = aleph-taw = alfa-omega). Il segno Taw, raffigurato anche come T maiuscola, divenne croce cristiana, doppia ascia o clessidra orizzontale. “...Così si tentò di cristianizzare il valore fallico che aveva l’ascia nell’antichità e di valutare la sua forma bipenne in relazione alla dottrina delle due vie, comune agli ambienti pitagorici ed esseni” 4). Il masso di Rivera 5), Questo masso, oltre alle 52 croci scolpite, presenta la combinazione croce-mano, cioé Taw-Jod (alfabeto ebraico: Jod = mano aperta). La combinazione di carattere semitico è evidente


Frammento della lapide di Calonico: La clessidra e il "3" di 1813 Il segno Taw divenne talmente cristiano, che i sacerdoti ebrei si rifiutarono di usarlo come segno di unzione, sostituendolo con il segno Kaph (mano chiusa), applicato sopra alle sopracciglia e il setto nasale. . L'unzione si fa come il Kappa dei greci. . Nel trattato talmudico Harayoth, c. III, fol. 12a si legge: "I re sono unti a forma di corona, ma i sacerdoti a forma della lettera Kaph" 6). Deduco che molte croci raffigurate sui massi sono da interpretare come “segni” Taw. Pittografie rupestri e simbologia semitica La scoperta più recente è rappresentata dal masso trovato sul cantiere dell'AlpTransit di Bodio nel mese di ottobre dell'anno 2002. I simboli rappresentati, croce a bracci uguali (Taw) e mano a dita chiuse (Kaph = mano). La combinazione crocemano equivale alle lettere dell’alfabeto ebraico Taw-Kaph (Taw = croce e Kaph = mano) e riproduce il nome di Jahweh (segno di Jahweh = segno di Dio 7) e testimonia così la presenza di culture semitiche sul luogo del ritrovo.


Il masso del cantiere NEAT: Croce (Taw) e mano. (Kaph), simboli antichissimi. La denominazione locale "Sass da gaisc", (Franco Binda “Sass da gagg” , 1997, reperto No. 551) riflette il termine di microtoponomastica tedesco "Gais", che viene erroneamente tradotto con Geiss (ted. Ziege). La Gaissfluh, al confine tra i cantoni Basilea-Campagna e Soletta, è oggi ancora un "masso di confine", anche se non viene più controllato dai "gaisati", sentinelle dell'epoca celtica, armate di lancia. La linguistica ci insegna Bertoni: L’elemento germanico nella lingua italiana, 1914 [5 IS 9310]: I possedimenti degli invasori erano circondati da fossati, siepi dette. caese. o delimitati da un segno detto „wiffa“. Il luogo così circoscritto era chiamato „gahagium“ (Gehege = gaggio = gazzo) usato per eccellenza per la bandita regia. Il segnale era un albero con un taglio (sneida, cfr. Schneiden) o una colonna. L’atto dell’occupazione era designato con la parola „bivanc“ e in latino „adprisio“. L’acquisizione era la „gaira“ o la „lancia“ se non altri oggetti come „ramo“ o „zolla“ e anche una „virga“ o „baculum“. Ecco spiegato perché alcuni degli abitanti della zona traducono "Sass da gaisc" con "il sasso della gazza". Il gaggio, o gazzo, era anche il bosco sacro, proibito, e il cui sfruttamento era regolato da leggi speciali. I "piedini" della Madonna e i "pesit" di ADAR: I termini piede e piedi. (dial. pé) equivalgono curiosamente ai termini pesci/pesciolini, piedi/piedini (dial. pés, pesit, pé, pescit, pescin). Significato "camuffato", simbologia nascosta nelle raffigurazioni del piede in diversissime regioni alpine. Purim, la luna piena di Adar, il mese che corrisponde al segno dei Pesci. Festività che ricorda la liberazione degli ebrei da un grave pericolo di sterminio corso durante l'esilio persiano, come spiega il libro di Ester. Il segno zodiacale associato a questo mese sono i pesci (in ebraico mazal Daghim). Il pesce è sempre stato un cibo tradizionale del Shabbat ebraico. L'importante evento di Adar, a prima vista irregolare e la simbologia collegata al pesce, vennero scolpiti nella pietra.


Calendario Ebraico: Il calendario Ebraico è il calendario ufficiale dello Stato di Israele e della Religione Giudaica. Come il calendario cinese, il calendario ebraico è lunisolare. Come in tutti i calendari lunisolari, le regole del calendario ebraico sono abbastanza complesse. Un anno può avere 12 o 13 mesi; in un anno "bisestile" (di 13 mesi), il mese in più (Adar II) viene inserito a metà dell'anno. Sette di questi mesi vengono inseriti in un ciclo di 19 anni. Il risultato è che vi sono 12*19+7=235 mesi ogni 19 anni; in effetti la durata di 235 lunazioni è molto vicina a 19 anni solari, per cui il calendario ebraico va d'accordo molto bene con entrambi i cicli lunare e solare. Un anno "ordinario" di 12 mesi contiene 354 giorni; un anno "bisestile" di 13 mesi contiene 384 giorni. Tuttavia ciascuno dei due tipi può essere allungato o abbreviato di un giorno, per cui si avranno anni "completi", "regolari" o "ridotti"! Di seguito è riportata una tabella dei mesi e delle loro durate, in ciascuno dei sei tipi di anni: Anno ordinario

Anno bisestile

30 30 30 30 29 29 30 29 29 30 30 29 29 29 29 29 30 30 30 30 29 29 29 30 ---- 29 30 30 30 30 29 29 29 29 30 30 30 30 29 29 29 29 30 30 30 30 29 29 29 29 ---- ----- ----- ----353 354 355 383

30 29 30 29 30 30 29 30 29 30 29 30 29 ----384

30 30 30 29 30 30 29 30 29 30 29 30 29 ----385

Mesi Tishri Heshvan Kislev Tevet Shevat Adar I mese ADAR Adar II II mese ADAR Nisan Iyar Sivan Tammuz Av Elul

Il ferro, "barzilu" Il segno Beth, come veniva usato nel X secolo, (senza il punto posto al centro, suonerebbe Weth) è il secondo segno dell'alfabeto ebraico e la sua forma ricorda il cosidetto "ferro di cavallo" presente in molte pittografie rupestri. L'analisi della denominazione del ferro, rintraccia la nascita del termine nel medioriente. In ittito viene chiamato barzilu, in accadico parzillu, in arabo firzil, da cui deriva il latino ferrum. In origine il termine deriva dal semitico: ba/rz/ilu, e contiene la radice *rz, ritrovabile nel verbo razha, diventare magro. Infatti, con la fusione, il minerale perde le scorie. Il nome fu impiegato originariamente per denominare il rame e, in seguito, il bronzo. In latino diventerà aes (vedi simboli alchemici di Basilio Valentino, 1671). Le fornaci camuni Se si attribuisce al sole il suo nome semitico, ne risulta una doppia denominazione, shemesh e chamah. I due nomi manifestano una straordinaria vitalità proprio nell'area camuna. Infatti la seconda denominazione, chamah, assomma l'idea del calore a quella del sole; inoltre nel nome, chamah, si ritrova la radice della parola camuni. Il culto del sole e il nome camuni si basano su una stessa parola che significa ardente: il sole per i suoi raggi, ben sottolineati nelle stele, e i camuni per i loro forni fusori. La determinazione del sole come shemesh, inoltre, è più usata in


oriente e si presta ad una lettura artigianale. Infatti, già nell'egiziano, il termine shmsy designa chi opera e si muove intorno a una data operazione artigianale. Il sole, nel linguaggio metaforico, diventa simile agli artigiani: tutti e due hanno a che fare col fuoco. (Franco Bontempi, Le lingue delle Alpi). La presenza dei simboli citati fino a questo punto (croce-mano chiusa = TawKaph,. croce-mano aperta = Taw-Jod, Beth = casa e Barzilu = ferro), sono testimoni di una presenza pre-cristiana nelle valli dell'alto Canton Ticino. La moderna "decifrabilità" dei simboli, conservata nei testi ebraici, ammette e permette un collegamento al giudaismo.

Lastra granitica posta all'entrata di una vecchia casa di Calonico del XVII secolo La croce diventa simbolo cristiano L'iscrizione IHC, la cui H è sormontata da una croce, era il simbolo semitico del nome di Dio: "IaHweh". Il cristianesimo medioevale lo tradusse in IeHSu con l'aggiunta di una C (Christus) o di una S in IHS (IESUS Salvator). IHC e IHSC, simboli oramai prettamente cristiani (eucaristici). La religione cattolica adottò il gruppo di simboli IHS traducendoli con "Jesus Hominum Salvator". I due frammenti di una lapide mortuaria, scoperti a Calonico da Mariella Becchio nell'anno 2002, recano, oltre alla data e alle iniziali "1813 G P", una "clessidra" o Taw, croce-ascia La croce come semplice "marca" I quaderni dei ricercatori di metalli del XV secolo, descrivono la presenza di segni incisi sui massi per indicare l'entrata di una miniera dalla quale si estraeva minerale aurifero: "... bey einem mit zweyen Creutzen gezeichneten Felßen, einen verdeckten Stollen angetroffen, welche, gutes Gold-Ertz halte...". Cioè: le due croci tracciate sul masso indicano la vicinanza dell'entrata di una miniera, nella quale si trova minerale aurifero di buona qualità.


Il ponte tra Ticino e Gerusalemme Evidente analogia tra il pittogramma del masso trovato durante i lavori per l'Alp-Transit e uno dei simboli raffigurati negli ossari giudeo-cristiani di Gerusalemme (simbolo No. 16: Taw-Kaph = croce-mano, IX sec. a C , cfr. alfabeti a pagina 13 di questo testo, lettera latina K). P. E. Testa: Il simbolismo dei giudeo-cristiani,. Biblioteca Francescana, Gerusalemme, 1962.

Parte terza: Pittografie alchemiche Segnavia, demarcazione di confini, simboli religiosi e propiziatori per uomini e bestie, promemoria per fatti accaduti sul luogo, testimonianze di presenza o di passaggio, di augurio e di felice ritorno dalla montagna. Ma anche segni che "notavano" la presenza di minerali, preziosi alla metallurgia, alla medicina e alla chimica, materie prime utili alla costruzione di abitazioni, all'agricoltura e all'industria di allora. I simboli alchemici Mi stupĂŹ la constatazione che molti petroglifi corrispondono, nella loro forma, ai simboli usati dagli alchimisti e riprodotti in rarissime opere. Nel libro cabbalistico di Sefer Raziel 8) trovai "Two magic formula from Sefer Raziel". Mi colpĂŹ il fatto che la maggior parte dei segni raffigurati e costruiti graficamente con cerchietti (coppelle) e collegati da linee, assomigliano alle rappresentazioni scolpite sui massi dell'arco alpino.

Two magic Formulas: A Historical Atlas of the Jewish Peoples, Schoken Books, New York, 1992

Confrontando la tavola tipologica di Franco Binda 9) e la tabella del "Book of Raziel" mi resi conto delle numerose analogie. Anche la tavola tipologica di Ausilio Priuli in "Arte rupestre", editore Triuli e Verlucca, 1996 conferma questa ipotesi. Deduco che molti petroglifi rappresentano "annotazioni" funzionali, utili ai ricercatori di metalli e di minerali: gli alchimisti.


Alchimia logica Allorché l'uomo vide uscire, dal sasso esposto al calore del fuoco di legna, il rigagnolo argenteo del piombo e dello stagno fuso, ebbe inizio la metallurgia. Ricercando i minerali contenenti piombo e stagno l'umano incominciò a distinguere rocce inutili e rocce utili. Il calore più intenso delle fornaci perfezionate, vide scorrere il rosso-oro del rame fuso, metallo malleabile, duttile e di buona resistenza al fuoco. La temperatura di fusione di 1083 °C del rame richiedeva tecniche di riscaldamento più perfezionate di quelle usate per estrarre stagno e piombo (ca. 300 °C). La combinazione dei metalli di "facile" fusione, rame e stagno, produsse il bronzo, metallo duro, capace di ferire a morte e di servire ai molteplici fabbisogni della vita. Trovare il minerale adatto, elaborarlo, estrarne il metallo con l'aiuto del fuoco portò, nel giro di migliaia d'anni, allo sviluppo della scienza chiamata dapprima alchimia e che precedette la chimica moderna. Alchimia ermetica E' difficile parlare di alchimia senza vacillare tra scienza antica ed esoterismo moderno. Un testo in merito descrive che "...nella cultura Mediterranea fu considerato fondatore dell’Alchimia Ermete Trimegisto (nome che significa il Re tre volte Grande,. figura mitica nata dall’identificazione del greco Hermes, che diverrà poi Mercurio). Le origini della parola Alchimia è pure incerta. Si ritiene infatti che l'etimologia la faccia derivare da Al (= il in arabo), e Kimia (la terra del "Kamel" = il cammello), cioè l'odierno Egitto; oppure il suolo del "Kem-it", che significa "nero", e che quindi si riferisce all'aspetto scuro della terra fertile dell'Egitto, altri ritengono invece che Alchimia possa derivare dal vocabolo greco "chyma" (che significa: scioglimento-fusione)". E ancora: «...egli (Ermete) visse nei tempi prima dei Faraoni, re d'Egitto all'incirca nell'anno del Mondo 1956, cioè 300 anni dopo il diluvio, 2007 prima della nascita di Cristo. Cosicché precedette I 'uscita di Abramo da Charan, città della Mesopotamia, di circa 44 anni: quest'epoca peraltro coincide con l'età in cui Oceano, Osiride ed Iside, primi dèi dell'Egitto (seppure favolosi) si suppone abbiano regnato, cioè prima della Dinastia degli Egiziani, con la quale i pastori cominciarono a presiedere al regno, nell 'Anno del Mondo 2139» 11). I "camuni", discendenti di Cam, gli inventori dell'alchimia? Il toponimo cam, infatti, occupa un'area geografica molto ristretta: dal villaggio di Garda, sul versante orientale dell'alta Valle Camonica, alla Val Saviore. Il sito archeologico di Naquane si trova ai confini di questo territorio che contiene le antiche miniere di rame, e, secondo il parere di storici secenteschi, anche filoni di argento. Nell'accadico, come si è visto, la forma camu, significa ardere, bruciato, nero per la vicinanza del fuoco. Il nome camuni può essere così fatto risalire al calcolitico ed è rintracciabile l'area in cui fu usato la prima volta vicino alle miniere di rame. (Franco Bontempi: Le lingue delle Alpi). Maria l'Ebrea Un altro testo cita una delle rare figure femminili dell'alchimia: Maria l'Ebrea, la "sorella di Mosé", della quale si fa cenno nell'antico testamento (Viridarium Chymicum). La trasformazione della mitica Maria nell'antenata dell'alchimia. risale ad una tradizione piuttosto antica. In un. trattato "firmato" da Maria l'Ebrea è descritto quel particolare processo di cottura che ancora oggi è chiamato Bagnomaria. Maria visse nel I sec. ad Alessandria d'Egitto, città che allora era il centro culturale dell'Impero Romano. Sulla sua vita vi sono pochissime indicazioni biografiche e probabilmente la sua identità si è sovrapposta, nel tempo, a quella di altre donne che


praticavano l'alchimia, ma non ci sono dubbi circa la sua esistenza poiché è citata in molti trattati e sono stati tramandati alcuni frammenti delle sue dissertazioni, tra cui un testo dal titolo Maria Practica 10). Gli alchimisti Oggi li chiameremmo "geologhi", "chimici" oppure semplicemente "mineraloghi". I Walen (Welsche, Venediger, Venziani, Venezianer, Franzosen, Fahrender Schüler) erano originariamente gli "stranieri" provenienti dalla Welschland (Italia) e in particolare dalle Venezie. La notizia di ricchi giacimenti di metalli "preziosi" attirava già nel XIII secolo e molto probabilmente già prima, questi ricercatori nelle Alpi e in altre regioni montane. La fabbricazione di oggetti di vetro, specchi, vasellame e l'industria farmaceutica, abbisognavano di materie prime: quarzo, oro, argento, stagno, zinco, piombo, cobalto, arsenico, mercurio, pietra calcare e zolfo. Gli abitanti delle zone alpine ritenevano i ricercatori stranieri persone sospette. Si racconta che la loro magia permettesse, tramite specchi magici (Bergspiegel), di vedere ciò che la montagna nascondeva. I simboli usati e annotati nei loro libri ricordano i simboli usati dai vagabondi (Gauner) e dagli alchimisti (Walenzeichen). Alchimia, scienza camuna? La diaspora di Spagna del 1492 portò molti ebrei in fuga a stabilirsi nelle alte vallate alpine, da sempre terre di rifugio. Essi diffusero l'alchimia cabbalistica in tutta l'Europa. Il ruolo importante della numerologia cabbalistica che abbinava ai metalli e alle reazioni chimiche un significato mistico, si rivelò molto importante nella stesura di formule e metodi scientifici usati a quei tempi. Nacque così il capitolo dell'alchimia europea e la simbologia "segreta", nota cioè solo "agli addetti ai lavori": gli alchimisti. Già nel 1317 Papa Giovanni XXII aveva emanato una bolla (Spondet quas non exhibent) nella quale proibiva l'esercizio dell''alchimia, ritenendola una scienza "pagana". A sua volta, si racconta, egli stesso si lasciò istruire segretamente nella scienza proibita, traendone grandi vantaggi pecuniari.

Maria l’ebrea. La mitica figura femminile dell’alchimia, "sorella di Mosé", alla quale si addicono molte scoperte ed invenzioni, tra le quali il “bagnomaria” (simbolo alchemico: BM)


Simboli alchemici e alfabeti antichi Cercando nella letteratura moderna e antica mi imbatto sempre più in verità e cianfrusaglie scientifiche. Trovo alfabeti "segreti", runici, templari, sanniti, fenici, leponti, ecc. ecc., i quali si "rubano" a vicenda caratteri e simbologia. Nel XV secolo d.C. esisteva una vera e propria mania e fabbisogno di scritture segrete, la cui interpretazione è quasi impossibile, essendo parzialmente frutto della fantasia degli inventori. Lo sviluppo dell’alfabeto ebraico durante i secoli è qui documentato:

Alfabeti antichi, dal proto-cananitico fino all’ebraico moderno Da: A Historical Atlas of the Jewish Peoples, Schoken Books, New York, 1992


I I simboli usati dagli alchimisti (dalle tabelle di Basilio Valentino, 1671)


La lingua segreta degli alchimisti Le tabelle dall'alchimista Basil Valentine, London 1671, confermano che la gran parte dei simboli astrologici abbinavano pianeti e stelle ai metalli allora conosciuti: Sole oro, Saturno - piombo, Giove - stagno, Marte - ferro, Sole - oro, Venere - rame, Mercurio - argento vivo, Luna - argento. Altri simboli definivano "funzioni" e "qualità": realsar (alzare), calcinare (cuocere fino all'incenerimento), praecipitare (separare i componenti di un'emulsione), purificare (separare), putrificare (fermentare o sciogliere), digerere (assorbire o amalgamare). Altri segni definivano lo stato farinoso (pulvis), cenere (cinis) o l'ingrediente oleum (olio), salgemma (sale comune), acetum distillatum (aceto). Alchimia moderna Anche la chimica moderna usa segni e combinazioni note solo agli specialisti. Ecco le formule che descrivono l'estrazione del mercurio dal minerale detto cinabro, usato nella pittura come rosso intenso e duraturo. Dal cinabro si estraggono l'argentovivo e lo zolfo. Riscaldando il cinabro alla temperatura di 400 - 700 °C, in una fornace con circolazione d'aria calda si ottiene la volatizzazione del mercurio e del diossido di zolfo: HgS + O2 -------> Hg + SO2 Il mercurio volatizzato viene condensato in recipienti o in tubi raffreddati con acqua e "lavato" con anidride nitrica (Salpetersäure). Un altro metodo usa per lo stesso scopo un impasto di calce viva e limatura di ferro: 4 HgS + 4 CaO ------> 4 Hg + 3 CaS + CaSO4 HgS + Fe -------> FeS + Hg. (lo zolfo si combina con il ferro e libera il mercurio) Nella descrizione sono riportati minerali, metalli, sublimazioni, condensazioni e purificazioni necessarie per ottenere, ad operazione ultimata, il metallo puro. Elementi e operazioni vennero "codificati" nell'alchimia usando simboli derivati da caratteri di alfabeti orientali o semplicemente usando segni convenzionali definiti nei laboratori dagli alchimisti stessi.

Leggiamo i massi pittografici Sul masso 14. Mesocco (Alberto Binda) troviamo la descrizione di un "processo" chimico da svolgersi sul luogo: Con aceto puro (Acetum distillatum) verificare che si tratti veramente di pietra calcarea, che reagirà (putrificherà) al contatto con l'aceto, liberando bollicine di gas, cioé sublimando. Questa pietra servirà alla produzione di calce viva.

Aceto distillato

Putrificare

Pietra calcarea

Pittogrammi scolpiti sul masso No 14 >> (F. Binda: Archeologia rupestre)

Sublimare

Calce viva


Masso 309. Bedretto (Alberto Binda, pagina 83)

Ecco la possibile interpretazione: Qui si trova pietra calcarea, seguendo il sentiero si arriverĂ alla fornace nella quale essa verrĂ trasformata in calce viva. Si noti la raffigurazione del forno di cottura che racchiude il simbolo alchemico della calce viva. Il grande cerchio rappresenta la fornace, mentre il piccolo segna la bocca per l'alimentazione del fuoco. Altre incisioni, il cui carattere decorativo nascondono, nella forma di un "mulino" o "gioco del nove", un elemento rituale ebraico, una Menorah a sette bracci, venne scolpita in modo che non suscitasse "sospetti" in coloro che non gradivano la presenza di individui non-battezzati e dei loro simboli. Alla descrizione dell'incisione rupestre di Medeglia, masso 260, Sass Duralto, (Franco Binda, pagina 119) che riproduce un "Gioco del nove o mulino". L'autore descrive la Menorah scolpita al centro come segue:

Interessante l'inciso a forma di tria rettangolare, con al centro un alberiforme? eventualmente un antropomorfo? Descrizione alla quale aggiungerei: evidente riproduzione di una Menorah ebraica a cinque bracci, racchiusa in una Menorah "camuffata". Ne risulterebbe un arricchimento storico notevole.


Filetto o mulino Gioco dalle origini antichissime. I documenti ritrovati testimoniano la sua conoscenza da parte di svariati popoli fra cui Egizi, lo testimoniano incisioni sulle pietre del tetto del tempio egizio di Kurna, XV sec. a.C. e sulla scalinata del tempio di Mihintale, 9-21 d.C., nell'odierno Sri Lanka. Anche gli antichi Greci, Irlandesi, Fenici e addirittura i popoli vichinghi situati in Norvegia conoscevano questo gioco. Distillare: La campana di un vaso di distillazione (Destillierglocke) ritrovata a Costanza (XIV secolo d.C.). Il beccuccio per la fuoriuscita del distillato era situato ai piedi dell' albero della vita che riproduce il candelabro a sette bracci (Menorah). Il distillato venne così chiamato "aqua vitae" o acquavite. Il prodotto da distillare si trovava nel recipiente situato sotto alla campana, la quale raccoglieva il vapore e lo condensava sulle sue pareti interne. Un canaletto all'interno della campana raccoglieva il distillato, che fuoriusciva dal beccuccio di scarico, a destra nella rappresentazione schematica. (Peter Kurzmann: Die Destillation im Mittelalter, 2000). Leggiamo il masso 328, Cresciano (Franco Binda, pagina 99) Due pittogrammi disegnati in modo preciso, anche se misterioso, vengono "tradotti" come "figura vaga di un teschio" e più avanti "non va escluso che possa ricordare più defunti". Si tratta in verità di una "colonna di separazione" presente in ogni laboratorio moderno e in ogni raffineria petrochimica. La chimica moderna, come l'alchimia antica, divide con la "sublimazione" diversi elementi presenti in un materiale complesso di partenza. Lo stato di evaporazione porta le componenti del materiale in punti diversi nella colonna di separazione, dove essi verranno ricondensati separatamente. In chimica la sublimazione è la transizione di fase dallo stato solido allo stato aeriforme. All'azione della sublimazione segue sempre l'azione della precipitazione (riconsolidare). Esempio: Dal minerale composto da mercurio e zolfo (cinabro = solfuro di mercurio) si estraggono i due elementi riscandando il minerale fino all'evaporazione e riportando. La successiva precipitazione o condensazione, ridà agli elementi la forma solida e pura. Descrizione del pittogramma rupestre: Il sublimatore di Cresciano. Il materiale di partenza è rappresentato dalla grande croce del mercurio, la cui impurità è rappresentata dalla croce più piccola a sinistra (quarzo). Il simbolo che riporterebbe “...le 5 croci dei morti. " non è nient'altro che il simbolo che indica il termine alchemico "praecipitare" (in 5 stadi), cioé "condensare" . La chimica moderna descrive il “sublimatore come segue: La sostanza da purificare (solida) viene collocata sul fondo del recipiente, costituito da un tubo di vetro all'interno del quale è inserito un sistema refrigerante (dito freddo) ad estremitá stondate, su cui viene fatto condensare il sublimato. Il solido da purificare viene riscaldato per


aumentarne la tensione di vapore. In molti casi la sublimazione è resa più facile operando a pressione ridotta. Per questo motivo quasi tutti i sublimatori moderni sono provvisti di un collegamento con un sistema che serve a fare il vuoto (pompa ad acqua, pompa meccanica).

Il sublimatore. Tratto dal libro di Stanislas Klossowski de Rola: Alchemie, die geheime Kunst, 1973. Le cifre sulla colonna corrispondono alle zone nelle quali il vapore viene condotto nelle sfere di condensazione recanti lo stesso numero

Sotto a sinistra. Data recente: 1.7.(19)42 AL. Le coppelle sul macigno situato tra Aquila e Olivone, lungo il "sentiero basso", riproducono un sublimatore, o un separatore a colonna. Il masso inedito, localizzato da Valerio Scapozza di Olivone, presenta analogie con il. masso 328 di Cresciano: La croce (5 coppelle in alto a destra) e la colonna di separazione. Le 8 coppelle disposte a corona indicano i diversi prodotti della sublimazione. Vicino a questo masso si trovano un "ferro di cavallo" (fornace, rifugio o sprüg) e un "piedino". Poco lontano. si trovano lo "sprüg" o rifugio e la bellissima fornace quasi intatta, a sezione circolare.


La simbologia degli alchimisti Le tabelle dei simboli alchemici di Scheele e di Basil Valentine (1671), nonché le raffigurazioni dello sviluppo dei caratteri cananiti > ebraici nell’opera “A Historical Atlas of the Jewish Peoples, Schoken Books, New York, 1992”, sono uno strumento valido per l’interpretazione dei pittogrammi rupestri. Il masso inedito, trovato da Marco Martinali di Largario e disegnato da Franco Binda, presenta molte novità: Un simbolo che potrebbe raffigurare il "salgemma" alchemico o la "testa di toro" (prima lettera dell'alfabeto ebraico: Aleph). Il monogramma P + Aleph e infine i tre punti che separano le lettere B B C e B P. Divisioni già usate nell'antico Egitto.

Il criterio descritto in questo testo vorrebbe aprire una strada più agevole, pratica e più reale di quelle aperte fino ad oggi all'interpretazione dei pittogrammi rupestri. Funzioni e analisi chimiche Segni abbinati ad una "funzione" indicavano le possibilità e la necessità di "provare" l'autenticità dei minerali. "in loco", sul posto. I Venediger e alchimisti Giovanni Carnero e Johan Schottens descrivono in un quaderno di appunti (Walenbüchlein) che in una certa regione. "...si trovano pietre di colore verde che, sotto l'azione del. fuoco, prendono il coloro rosso e che fuse insieme all'argento producono "oro buono". Gli autori aggiungono: "...questo fatto è segreto!". Più avanti si legge che in una certa cava, sotto uno strato di quasi 60 centimetri si trova una vena di oro puro. Da quel punto inoltre, alla distanza di un tiro di balestra, si trova una collinetta sormontata da un abete, il cui tronco reca segni diversi che indicano un giacimento di marcassite (bisolfuro di ferro, difficile da estrarre a causa delle esalazioni sulfuree prodotte dal minerale a contatto con l'ossigeno dell'aria), oro, argento e rame. La collinetta è mimetizzata con frasche d'albero, così che non venga scoperta facilmente". Alcuni simboli usati dagli alchimisti: Praecipitare (= ted fällen trennen)

Il minerale Marcassite . . . Calcinare

...

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Arsenico

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Mangano, pietra marrone, brauner Stein La professionalità dei ricercarori (Venediger) è documentata dal fatto che il minerale Mangano non venne nominato, fino nel XV secolo, in nessun trattato farmaceutico, mentre la sua "funzione" ebbe un'importanza notevole nella fabbricazione dei vetri trasparenti. Si parlava di una "pietra marrone" (brauner Stein) che "purifica" il vetro durante la fusione:. "ein gewisser brauner Stein, das durch Eisengehalte trübe Glas weiß und klar durchsichtig macht. detto Glasmacherseife" (sapone del vetraio) 12). L'arte del vetro, arte ebraica per eccellenza, fin dagli antichissimi tempi, rappresentava una fonte di ricchezza ed era mantenuta segreta. I vetrai veneziani erano ben remunerati, ma non potevano lasciare l'isola di Murano, centro delle vetrerie dal XIII secolo, sotto pena di morte. Arsenico, veleno mortale. Cobalto, blu prezioso L'arsenico, il veleno reso famoso dai romanzi polizieschi, era conosciuto anche nei tempi antichi. Gli alchimisti usavano ben 10 diversi simboli per contrassegnarlo. Trovare il minerale contenente arsenico richiedeva un'ottima conoscenza della geologia. L'estrazione di questo veleno: "Man gewinnt sie durch Rösten von arsenikhaltigem Kobalt- und Nickelerzen" cioè esponendo a forte calore i minerali nei quali nichelio e cobalto si trovavano in combinazione con l'arsenico. Già Ippocrate (460 - 377 a C ) curava i tumori con una pomata di solfato di arsenico. Il potentissimo veleno servì agli intrighi nati nel buio dei castelli medioevali e nei palazzi dei Dogi veneziani. Il cobalto, presente solo in combinazione con altri metalli, dava al vetro una colorazione blu intensa incomparabile, una vera specialità per l'industria vetriera. Tartaro, termine molto usato nell'alchimia e nella chimica moderna. Il tartrato di potassio (o acido tartarico, equivale al tedesco Kaliumkarbonat o Pottasche o carbonato di potassio), ottenuto dalla calcificazione dei raspi e delle bucce dell'uva, era una materia prima usata anche nella medicina. Nella metallurgia serviva da acceleratore e purificatore della fusione (fondente, tedesco: Flussmittel). Da un documento del XVII secolo: Vi sono alcuni che invece di rame, gettano sull’acqua qualche goccia d’oglio di Tartaro, il quale fa precipitar al fondo tutto l’argento dissoluto dall’acqua forte, e così pesando l’oro e l’argento, si sa a proporzione il valore della miniera, la quale deve pesarsi giusta prima di metterla nel crociuolo. La rappresentazione mostra la vite dalla quale si estrae il tartaro, simbolo raffigurato nell'angolo destro in basso, mentre sul mantello dell'alchimista figura il triangolo con la croce capovolta dello zolfo. Antichi simboli alchemici: Sole / oro

Luna / argento

Zolfo

Tartaro


L'alchimista con la vite dalla quale egli ricava il tartaro o fondente

La pietra filisofale degli alchimisti Cercando una cosa impossibile se ne trovava una impensata. L'oro amalgamato dal mercurio Ecco un testo che indica come la proprietà del mercurio di amalgamare l'oro fosse ben conosciuta. Il mercurio "estrae" l'oro puro dal miscuglio di minerali ridotti in polvere. L'evaporazione del mercurio permette di ottenere l'oro puro.

Mercurio Oro

Sublimare

Digerire (Digerere) Purificare

"...Si che se si volesse fare quanto fa la natura circa i metalli, bisognerebbe pigliare questa terra secca sottile e sulfurea, e questo Mercurio o vapor umido e caldo, poi chiudendoli assieme, sublimarli e circolarli, finchè si fissassero in sostanza metallica, la quale si farebbe infine Oro, e tanto più agevolmente quanto si potrebbe impiegare un calore maggiore del centrale" 13). La scoperta della "fuoco freddo": Il mercurio (Hg) o argentovivo Dal cristallo di un bel colore rosso (sangue matriciale, matrimonio alchemico), il cinabro o vermiglione, l'uomo antico imparò ad estrarre il mercurio che acquistò la fama di "solvente per eccellenza". Il mercurio scioglie (amalgama) l’oro formando con il metallo pregiato un corpo unico e separandolo da ogni impurità. Nasce così il concetto della "pietra filosofale". La pietra dal colore rosso che "si trasforma in oro e che trasforma ogni metallo in oro puro" non è nient'altro che il cinabro (solfuro di mercurio). Questa "traduzione popolare" di un processo chimicometallurgico, portò agli alchimisti una fama ben retribuita dai potenti e maledetta dalla chiesa di Roma e di conseguenza dal popolino. 1


Il simbolo per "digerire" Questo termine indicava la proprietà del mercurio di assimilare l'oro, liberandolo dalle impurità. Ecco spiegata la "digestione" e la "purga". "...Vi è un’altra causa efficiente e tracciata dagl’ingegnosi all’esempio de’ sali che purgano e digeriscono e che chiamano pietra o polvere d’oro, che in un momento, per progezione sul mercurio comune, lo digerisce e tigne in vero oro, e quanto à metalli imperfetti li purga, digerisce e tigne in un momento. Io la chiamo Pietra Filosofale d’oro, posciachè come la pietra filosofale si squaglia e risolve in tutti li liquori ne’ quali vien posta, tal pietra o polvere fa il simile, e come la prima purga digerisce e dissecca colla sua virtù dissecutiva l’umidità superflua d’ogni cosa, così questa fa lo stesso verso l’impurità de’ metalli coll’aiuto del fuoco... " 14). Più avanti nel testo trovo finalmente la precisazione: "La Pietra Filosofale d’oro dunque è quella che informa la materia, cioè il mercurio comune, ò quello de’ corpi imperfetti in vero oro". Gli specialisti I Venediger non provenivano tutti da Venezia, ma anche dall'Olanda, dalle Fiandre, da Milano, dalla Catalogna, ecc. In un documento vengono citati Giovanni Carnero, Johann Schottens e Gratiani Grundelli, l'ultimo operò per ben 18 anni nella regione di Fichtelberg (Sachsen, Germania) zona ricca di miniere d'argento, oro e ferro. Nel 1531 fu trovato il suo quaderno d'appunti. Molti di questi quaderni (Walenbüchlein) vengono però considerati in parte falsi e vennero usati per truffare i creduloni. Aus einem Walenbuch (da un libretto di un alchimista): Lengefeld bey dem Stahler / da gehe in den Bach / da findest Du Goldkörner / die lassen sich pfletzschen / da findet man auch Flammen Gold in etlichen Brunnen / daselbst räume weg. Merk / der teichmeister zu Lengefeld weiß Granaten / 3 Meilen von Schöneck /der Edelmann heißt Metsch. Nella località di Lengefeld va nel ruscello e troverai grani d’oro che si lasciano schiacciare, ma troverai anche oro „fiammante“ (probabilmente scheggie di mica) che eliminerai. Ricordati che il guardiano dello stagno sa dove si trovano granati, ca. 3 miglia da Schöneck. Il galantuomo si chiama Metsch. La capacità di "fare l'oro" mescolando diversi metalli è descritta allegoricamente in un testo proveniente dalla Boemia, nel quale si accenna al fatto che tutti i prodotti di vetro colorato venivano venduti a "prezzi d'oro": "Solche (Stein-)Körner haben gar kein Gold bei sich (auch nicht in eingeschlossener Form - wie die Leute glaubten), es werd auch keinß daraus gemacht, sondem durch die Landfahrer, in Italien und anderen Orten umb einen Lohn heimgetragen, als zu einem Zusatz, darauß schöne Farben und Schmeltz-Glaß gemacht werden. Welche Farben oder Schmeltz-Glaß man bey jhnen so hoch achte, und so Tewer verkauffe, als wenn es Gold wäre ". Il vetro: La sua composizione Il vetro è un miscuglio di alcune sostanze, portate a un'elevata temperatura (circa 1300°),si sciolgono una nell' altra, trasformandosi in vetro. Ecco le principali materie prime: 70 % di silice (quarzo), sostanza "vetrificante". 15 % di soda: sostanza "fondente", che facilita la fusione della massa silicea abbassandone la temperatura di fusione e purificando la massa vetrosa. Viene usata sottoforma di carbonato di soda o di potassio (Pottasche, lisciva, cenerone, termine alchemico: Tartaro). Altre sostanze fondenti sono l' acido arsenioso e i rottami di vetro. Il 15 % della massa vetrosa era rappresentato da "sostanze aggiunte" che davano colore e consistenza al vetro. 2


Il quarzo delle Alpi era un materiale di altissima qualità. Esso veniva probabilmente esposto al calore del fuoco nelle fornaci alimentate con la legna per poi venir raffreddato bruscamente nell'acqua fredda. Il quarzo, a causa dell'enorme differenza di temperatura, si disgregava. La macinatura e la produzione di masse vetrose grezze, le fritte, agevolavano la fusione del quarzo nelle fornaci di produzione. Nelle regioni toscane il materiale vetrificante era il "tarso", un marmo ricco di quarzo e non utilizzabile come pietra scultorea. Le numerose e non ancora catalogate cave di quarzo presenti nelle Alpi ticinesi testimoniano lo sfruttamento di questo minerale fino ai tempi della costruzione della linea ferroviaria del S. Gottardo. Breve cronologia della storia del vetro: III millennio a.C.: primi reperti in vetro in Mesopotamia. XV secolo a.C.: diffusione del vetro in Egitto e nel Mediterraneo orientale. I sec. d.C.: serramenti con lastre in vetro, tecnica romana. Medioevo: l’abate Theophilus descrive i processi di produzione. 1291: trasferimento delle fabbriche veneziane di vetro nell’isola di Murano, per evitare incendi devastanti. Murano diviene così la "roccaforte" dell'industria vetriera. Rinascimento: diffusione produzione del vetro, sistema a cilindro, in Francia e Inghilterra. XVI secolo: La bara di cristallo di S. Carlo Borromeo venne fatta con quarzo estratto dalle cave della Valle di Blenio o vallesane. 1665: Colbert chiama maestri vetrai in Francia. 1848: costruzione della copertura in vetro del Giardino d’Inverno a Parigi. 1851: Crystal Palace a Londra. 1856: F. Siemens produce nuove fornaci per la fusione del vetro. 1860: introduzione della produzione di lastre continue. 1952: la Pilkington introduce il sistema di produzione float-system.

La nuova interpretazione E' stato scritto troppo e troppo poco sui pittogrammi rupestri sparsi su tutto l'arco alpino. Nelle croci si intravvedono esclusivamente motivi cristiani, nelle coppelle si individuano contenitori rituali. Stelle, comete, pianeti, fasi lunari e solari sono identificate qui e là. Ci troviamo di fronte ad un patrimonio etnico-culturale di cui "fiutiamo" l'importanza e la cui misteriosità quasi ci opprime. Segni e simboli antichi, testimoni di un'epoca laboriosa. La necessità di trovare spiegazioni razionali e "applicabili" alla storia e ai costumi dei secoli passati, mi ha sostenuto e ispirato durante la ricerca. Spero che coloro che padroneggiano le scienze e le scritte antiche trovino in questa nuova direzione un'entusiasmante fonte di nuove ricerche. Segni, pittogrammi, simboli Il cosiddetto "ferro di cavallo" può rappresentare la presenza di minerale ferroso detto marcassite o calcopirite, oppure la fornace il cui fuoco agiva direttamente sul minerale ferroso (Rennofen) o indirettamente (Kalkofen), per la produzione del ferro e della calce viva. La sua rappresentazione, con o senza punto, è rintracciabile su molti massi, così come le diverse croci che indicavano la presenza di rame, piombo, oro, ecc. Mi si chiederà: Ma perché sul3"Sass di cent cros" sono scolpite così


tante croci? Il masso in questione si trova oggi su un sentiero ben battuto: La la sua posizione originale è da ricercare più in alto sul pendio sovrastante, dal quale scese per franamento. Le demarcazioni, le croci, servivano forse da "memento moris" per "elencare" e memorizzare i decessi (con la croce Taw) avvenuti nell'agglomerazione alla quale apparteneva il masso. Interpretazione da "controllare". Il "ferro di cavallo" potrebbe essere la seconda lettera dell'alfabeto ebraico Beth, che significa "casa". Non è raro il fatto che nelle vicinanze di detto simbolo si trovi uno "splüj", un rifugio situato sotto una grande roccia, fatto dall'uomo. Ecco alcuni pittogrammi rupestri collegati alla simbologia e ai caratteri ebraici: ..

Fornace a fuoco indiretto e diretto o “splüi”, rifugio Minerali del ferro (Beth = Barzilu)

La croce coppellare: Cinque coppelle unite da due canaletti

e alla simbologia alchimica: Piombo

Rame

Stagno

Cristallo (Taw) Quarzo

Il gioco del mulino (filetto) scolpito su un'antica macina in disuso

I caratteri scolpiti: Le scritte dell'epoca pre-cristiana 4


Diverse scritte scolpite nel sasso, come sull'architrave di Sonogno, sulla stele mortuaria di Mezzovico-Vira e sulla stele di Sorengo (Franco Binda: Archeologia rupestre) testimoniano la presenza fin dal XVIII secolo a.C. di popolazioni e di religioni pre-cristiane nel territorio del Canton Ticino e nelle sue vallate L’architrave di Sonogno (Fotografia originale: Archeologia rupestre, Franco Binda, pagina 136). I caratteri dell’architrave di Sonogno sono probabilmente di origine fenicia o cananita o protocananita. Si tratta di caratteri antichissimi, che appaiono tra il 1800 e il 1200 a C. e formano la base dei caratteri di scrittura ebraica, greca e parte della scrittura latina. Un elemento di riferimento molto importante è la presenza dei tre caratteri (2 , 3. e 4. da destra) assomiglianti a P. maiuscola e a “q” minuscole. Questi caratteri sono riportati in tutte le tabelle raffiguranti scritture antiche e reperibili su molte tavole definite fenicie, cananite o pro cananite. In una tabella contenente alfabeti antichi trovo che il carattere da me tradotto con la lettera R appartiene alla scrittura “Sabina iberina e adriatica”. Carattere raro negli elenchi, ma spesso presente nelle scritture di tavole antiche (cananite, fenicie, sannite, greche, semitiche, ecc , usate nei secoli antecedenti l’era volgare). L’opera di P E. Testa “Il simbolismo dei Giudeo-Cristiani, Gerusalemme, Tipografia dei Francescani, 1962”, riproduce numerosissime iscrizioni e tabelle contenenti questi caratteri. L’interpretazione sottostante è un tentativo, dato che in questo campo occorre una conoscenza profonda della materia. Mi sembra opportuno, però, ricercare in questa direzione. La scritta va letta da destra a sinistra, come le scritte in caratteri semitici. Tentativo di interpretazione dell’iscrizione trovata sull’architrave di Sonogno: R

H

F

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D

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Alfabeto fenicio (il "disordine" alfabetico non è voluto dall'autore, L

K

Z

ma dalla tecnica informatica).

Confrontiamo la scritta di Sonogno con scritte redatte con caratteri antichissimi:

Il “Padre nostro” in lingua ebraica antica (sopra) e in lingua probabilmente fenicia (cananita?), riga sottostante. Lettura da destra a sinistra (Pater noster....). Anche la stele funeraria antropomorfa di Mezzovico-Vira (Franco Binda, pagina 123) reca caratteri tratti dall'alfabeto fenicio (Binda scrive: alfabeto nord-etrusco). Anche qui appare la croce racchiusa in un cerchio. Carattere però anche usato nell'alfabeto Proto-Cananita (XI secolo a.C.). 5


PALA I diversi "traduttori" delle iscrizioni etrusche-cananite-celtiche-lepontiche- ecc. si accaniscono sul fatto che l'iscrizione "PALA" sulle lapidi di Davesco e di Sorengo siano da tradurre con lapide, Lapide di Davesco: (lettura da destra a sinistra) SLANIAI : UERKALAI : PALA TISIUI : PIUOTIALUI : PALA

ma "pala" è anche un termine ebraico che indica "una persona straordinaria" (something uncommon or out of the ordinary). Esso riflette "ciò che si distanzia dal corso normale degli eventi" ("that which is separated from the normal course of events; something that cannot be explained). The word wonderful (Hebrew, pala') was used of divine wonders, events like the Exodus, things that evoked awe, wonder and praise. PALA, suffisso sànscrito: Se il sanscrito (pronuncia sànscrito), l'antichissima lingua (10'000 a.C.) usa PALA per indicanre onore, saggezza, ecc., potremmo considerare PALA un titolo dato al defunto, termine propiziatorio, funzione svolta in vita dal defunto (nel caso di Davesco: 2 persone). Esempi: The Kshethra-PALA (il guardiano della regione), Ajaya-PALA scrisse un vocabolario sanscrito. Mahi-PALA, persona di stirpe nobile o dotato di abilità straordinaria nell'arte o nell'eloquenza, persona intrepida. A chi interpreta la figura quale rappresentazione di corpi infantili (occhi, corpo fasciato e piedini) rammento che in sanscrito Sisu PALA significa “Protettore dei bambini”. Da non dimenticare che i Sanniti adoravano molte divinità, una delle quali si chiamava “Pales”: Patanaí Piístíaí Dea della vinificazione Deívaí Genetaí Mana Geneta; Pernaí Kerríiaí Pales, la dea dei pastori Fluusaí Flora protettrice dei germogli PALLA (gaelico moderno) significa "a ledge for a precipice" la soglia del precipizio (die Schwelle) e salto, soglia rocciosa, seuil rocheux, ingl. ledge. La lapide o stele di Sorengo (Emilio Motta, Serafino Ricci: Il Luganese nell'epoca preromana e romana, 1908) presenta caratteri dell'alfabeto in uso nell'Etruria campana (VI - V sec. a C ). La lettura va effettuata da destra a sinistra. Dettaglio interessante: I tre punti di divisione vennero usati già dagli egiziani antichi e li troviamo anche sul masso "inedito", trovato da Marco Martinali. Le lettere B:B:C e B:P sono divise tra loro da tre punti, come nella scritta sottostante. 6


Lettura da destra verso sinistra dei caratteri dell'alfabeto di Lugano (secondo E. Motta e S. Ricci): PIVONEI : TEKIALUI : LALA o PALA (Tomba di Pivones Tekialos). Il fatto che l'alfabeto di Lugano interpreti i segni usati per le lettere P e L allo stesso modo, è oggetto di ricerca. P(L)ALA. può indicare un titolo o un una funzione del defunto o semplicemente un'invocazione propiziatoria, così come sulle lapidi cristiane leggiamo soventemente R I P. (Riposa in pace).

La stella racchiusa nel rettangolo indica il sale ammonico, usato per. individuare la presenza del rame nel minerale e la freccia, altro simbolo per il ferro. Il forno per fondere il quarzo. o il rame è il cerchio con la croce nel mezzo.

L’architrave di Sonogno riproduce caratteri simili all’iscrizione fenicia: "Di Nestore. . . la coppa buona a bersi. Ma chi beve da questa coppa, subito quello sarà preso dal desiderio d'amore per Afrodite dalla bella corona" (Museo Archeologico di Pithecusae: Villa Arbusto di Lacco Ameno nell'Isola d'Ischia).

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Alfabeto latino

Sondrio e Camuno 8

MagrĂŠ

Bolzano


Conclusione e augurio Spero che il lettore colga, tra queste righe, il fervore e la caparbietà necessarie alla continuazione di questa nuova interpretazione religioso-scientifica, e assapori il messaggio di chi visse ingegnosamente e fervorosamente prima di noi, costruendo nel travaglio quel benessere di cui noi godiamo. Ringrazio tutti coloro che fin dall'inizio mi ispirarono e che dimostrarono grande simpatia per questo lavoro, in particolare la signora Mariella Becchio di Dongio, la signora Nives Cislini e i signori Laura e Pierino Cislini di Personico. Gianni Mazzucchelli 4467 Rothenfluh, 30 gennaio 2003 --------------------------------------------------------------------------------------------------------------BIBLIOGRAFIA: 1 ) Coppella: anticamente, crogiolo a forma di vaso o coppa, usato per raffinare metalli preziosi. Argento, oro di coppella, purissimo. Coppellare: deporre l'oro e l'argento nella coppella ( Vocabolario della lingua italiana: "Lo Zingarelli minore", 1994). 2 ) Pio VI, Papa dal 1775 al 1799, emanò un editto che proibiva di apporre lapidi, anche con il solo nome su tombe ebraiche, affinché dei giudei non rimanesse nessuna memoria. 3 ) Pubblicazioni dello Studium Biblicum Franciscanum, No. 14 di P E. Testa (pagina 177), "Il simbolismo dei Giudeo-Cristiani", Gerusalemme, Tipografia dei P P. Francescani, 1962. 4 ) Pubblicazioni dello Studium Biblicum Franciscanum, No. 14 di P E. Testa (pagine 371 e 321), "Il simbolismo dei Giudeo-Cristiani", Gerusalemme, Tipografia dei P P. Francescani, 1962. 5 ) Pubblicazioni dello Studium Biblicum Franciscanum, No. 14 di P E. Testa (pagina 177), "Il simbolismo dei Giudeo-Cristiani", Gerusalemme, Tipografia dei P P. Francescani, 1962. 6 ) Pubblicazioni dello Studium Biblicum Franciscanum, No. 14 di P E. Testa (pagina 371), "Il simbolismo dei Giudeo-Cristiani", Gerusalemme, Tipografia dei P P. Francescani, 1962. 7 ) Franco Binda, Archeologia rupestre nella Svizzera Italiana, Armando Dadò editore, 1996, masso 211, pagina 127). 8 ) The Book of Raziel, Amsterdam 1701,. "A historical Atlas of. the Jewish Peoples", pagina 136, ed. Eli Barnavi, 1992: "Two magic formula from Sefer Raziel". 9 ) Franco Binda, Archeologia rupestre nella Svizzera Italiana, Armando Dadò editore, 1996, pagina 21). 10 ) Ermete Trimegisto "Il Pimandro" ed. Atanor; E Shurè "I grandi iniziati" ed. Bur. 11 ) Sara Sesti e Liliana Moro "Donne di scienza (Maria l'ebrea). 50 biografie dall'antichità al duemila" (ed. Pristem1999). 12 ) Samuel Kaminski: The Glassmakers, Hippocrene Books, NY. 13 ) La chiave del Gabinetto del cavagliere G. F. Borri Colonia (Ginevra) 1681. 14 ) La chiave del Gabinetto del cavagliere G. F. Borri Colonia (Ginevra) 1681.

Parte dei testi, o riferimenti, furono estratti anche da: - Arte rupestre, Ausilio Priuli, 1996. - Glossary of Archaic Chemical Terms (Internet). - J R. Ritman Library " Bibliotheca Philosophica Hermetica". - Stanislas Klossowski de Rola: Alchemie, die geheime Kunst, 1973. - Testi Internet. --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Fotografie: Antonio Cima, Gianni Mazzucchelli, Massimo Pacciorini Testo e impaginazione: Gianni Mazzucchelli, 4467 Rothenfluh Stampa: Digitaldruck, Schaub AG, 4460 Gelterkinden BL

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