1 CIRCOLO SEL
MIRIAM MAKEBA
IL MIRIAM MAKEBA
NUMERO 9
DICEMBRE 2012
SALERNO
PRIMARIE, ITALIA BENE COMUNE, PALESTINA, PUC E IL GOVERNO DEL PAESE DI TIZIANA AIELLO PORTAVOCE DEL CIRCOLO “MIRIAM MAKEBA”
Car* Compagn*, l’esperienza delle primarie del centro sinistra è da poco terminata con un risultato più o meno prevedibile (la vittoria di Bersani al ballottaggio contro Renzi) ma, questo esito, ha suscitato molti malcontenti tra i militanti di SEL che non si sentono pienamente rappresentati da colui che, in questi mesi, ha appoggiato il governo Monti e che non rinnega una coalizione allargata con l’UDC di Casini. Personalmente, condivido il percorso avviato da Vendola poiché credo che sia l’unica strada che ci possa permettere di diventare una forza di governo e di portare la nostra buona politica all’interno delle istituzioni. Spero, comunque, che si adotti un meccanismo di ugual democrazia a quello delle primarie “Italia Bene Comune” anche nel passaggio successivo, ossia quello relativo alla scelta dei candidati alle prossime elezioni politiche e del loro ordine in lista, visto
che non ci sarà il tempo per modificare il cd. porcellum e che saremmo chiamati a votare a fine febbraio, nuovamente, con la tanto discussa legge elettorale che ci impedisce di indicare le preferenze. Per quanto riguarda le questioni locali, vi invito a leggere con attenzione l’articolo di Gianpaolo Lambiase che sintetizza la posizione assunta dalla federazione provinciale salernitana rispetto all’ultima variante al PUC che si dovrebbe approvare, entro fine anno, in Consiglio Comunale; questa manovra, infatti, non avrà il voto favorevole di SEL poiché si presenta in netto contrasto con quanto previsto nel programma presentato alle scorse amministrative e che ha poi determinato la volontà di una coalizione con De Luca e le sue liste civiche. Inoltre, visto che un partito non dovrebbe fermarsi nel momento elettorale, il nostro circolo si è occupato in questi giorni della questione palesti-
nese, analizzando il futuro di questo popolo anche in seguito al voto dell’ONU; e per quanti non hanno potuto prendere parte all’iniziativa, potrete leggere l’introduzione al dibattito del compagno Orientale. Da questo numero, inoltre, il nostro giornale si arricchisce con una nuova pagina, curata dal neo iscritto, Antonio De Maio, insegnante in pensione dell’Istituto Artistico. Per concludere, vorrei augurare ad uno dei pilastri del circolo Makeba, Katia White, una pronta guarigione della sua mamma: Cara Katia, alle nostre riunioni, ci manca la tua intelligenza fervida e questo giornale non è lo stesso senza il tuo boxino, “L’Erba di Kate”, e per questo ci auguriamo che, quanto prima, possa tornare a condividere il tuo tempo con questa gabbia di matti che si è messa in testa di creare una classe dirigente degna del popolo italiano. Tiziana Aiello
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LA CITTA’ CHE NON VOGLIAMO di Gianpaolo Lambiase Assemblea nazionale SEL Approvato nel 2006 il Piano Urbanistico Comunale (PUC) aveva alla base delle sue proposte di sviluppo, un rapporto del Censis riguardo la previsione di crescita ed evoluzione della città, dal titolo “Il dimensionamento del Piano – Fabbisogni residenziali e non residenziali e proiezioni al 2009”.
In totale sul territorio comunale è possibile realizzare circa 6,5 milioni di metri cubi, che impegneranno centinaia di ettari di terreno, oggi ancora liberi dal “cemento”. Tutte le aree in piaA questi il PUC aggiunge 3.900 nura, pedecollinari o collinari abitanti che occuperanno le resi- sulle quali è possibile costruire, denze delle zone rurali in cresci- vengono di fatto “coperte” dalle nuove previsioni di sviluppo ta: ancora 1.350 nuovi alloggi. edilizio. La consistenza anagrafica rilevaLe previsioni per ta dal Comunuove costruzioni Lo scenario reale di riferimen“ La VARIANTE AL PUC produrrà un danno ne di Salerno to invece è un’altro: dedicate a agli inizi de- irreparabile al territorio salernitano ed in “produzioni, ser- la popolazione è in costante degli anni 2000 particolare al centro cittadino già vizi e turismo” cremento dal 2008. Nel 2009 era di circa ammontano a mq. l’ISTAT censisce 140.489 abi“congestionato” ” 150.000 uni510.711 di super- tanti; nel 2011 si contano 13tà; il PUC ficie lorda di solaio in aree pro- 9.019 abitanti; nel 2012 Salerno immaginò un incremento costan- duttive, mq.260.930 in servizi e ha 133.000 abitanti. te degli abitanti negli anni, che mq. 18.023 per il turismo ricettiSe si tiene conto della crisi del avrebbe portato la popolazione vo. mercato immobiliare, dell’audel 2009 a circa 180.000 unità .
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In rapporto al trend stimato di crescita demografica il PUC ha previsto la realizzazione di circa 12.000 nuovi alloggi che ospiteranno circa 36.000 “nuovi abitanti”.
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mento dei costi di costruzione, dell’inflazione, della scarsa erogazione di mutui, del decremento della popolazione, è naturale porsi una domanda: le previsioni di sviluppo del PUC sono ancora attuali? Con le sue proposte ormai “superate”, può dare ancora il PUC risposta al fabbisogno abitativo, alla realizzazione di standards carenti rispetto al patrimonio edilizio esistente (attraverso la cosiddetta “perequazione”), alle esigenze di mobilità, di sviluppo economico, di salvaguardia dei suoli agricoli e degli spazi liberi? Sembra che l’Amministrazione Comunale abbia dato una risposta chiara e netta alla nostra domanda, proprio attraverso la nuova “VARIANTE AL PUC”, che sarà portata a breve all’attenzione del Consiglio Comunale per l’approvazione: si va avanti a costruire anche se non c’è nessuna necessità di farlo! La VARIANTE AL PUC produrrà un danno irreparabile al territorio salernitano ed in particolare al centro cittadino già “congestionato”, se il Comune non si adopera per modificarla. Quale è il ragionamento alla base della proposta di VARIANTE. Le previsioni del “vecchio” PUC in parte non riusciranno mai ad essere realizzate: in tanti Comparti destinati a nuova edificazione , i proprietari non si accordano ed alcuni di loro rinunciano ai propri diritti edificatori, perché non hanno i soldi per investire o perché hanno abitazioni ed edifici produttivi sul luogo che altrimenti dovrebbero essere demoliti per fare posto ai nuovi complessi edilizi.
semplicemente procedere alla riduzione zona per zona delle superfici e volumi nuovi da costruire, ha trasferito in altre aree tutte le “capacità” edificatorie (stiamo parlando di 116.397 metri quadrati di nuovi solai) che i proprietari rinunciatari avrebbero potuto realizzare. Gli edifici dei proprietari che “rinunciano” vengono “stralciati” dalle aree di trasformazione urbana, logicamente rimangono sul posto con i propri volumi e le proprie funzioni, però la loro permanenza sul luogo sembra venga ignorata dal nuovo conteggio compensativo di abitanti e di standards. Il dubbio è: rimangono invariati “i carichi insediativi” (previsti già in abbondanza dal vecchio PUC) oppure addirittura aumentano e quindi la “manovra” inciderà negativamente anche sul bilancio degli standards? Ma la scelta che lascia veramente “stupefatti” è la seguente: la VARIANTE trasferisce tutto ciò che teoricamente si sarebbe potuto realizzare in p e r i f e r i a (abitazioni private in particolare) nelle aree pubbliche centrali ancora libere, più pregiate, strategiche ed indispensabili al riequilibrio tra il patrimonio edilizio esistente e gli standards carenti.
La VARIANTE AL PUC prevede la realizzazione di un volume pari a cinque palazzoni di cinque piani, con quaranta appartamenti ognuno La VARIANTE AL PUC, invece (per un totale di di prendere atto del sovradimen- 200 appartamenti sionamento del Piano e quindi privati, cui si ag-
giungono negozi ed uffici), da realizzare nell’area di parcheggio pubblico tra il fiume Irno ed il GrandHotel. La stessa scelta (200 abitazioni private, più negozi ed uffici) interessa l’area libera di via Vinciprova alle spalle della stazione ferroviaria. E poi a piazza Mazzini, un volume pari a 4 nuovi palazzoni di 5 piani ospiterà invece negozi ed uffici. LA CITTA’ CHE VORREMMO
C’è chi giustifica la necessità di costruire (il più possibile) come unica soluzione obbligata a risolvere le numerose “emergenze”: l’esigenza di crescita della economia locale; la creazione di nuovi posti di lavoro; la risposta al fabbisogno abitativo; i nuovi introiti nelle "casse" del Comune, che non riesce a garantire i "servizi minimi" ai cittadini amministrati.
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costruzione della "città sostenibi- niera integrata per produrre risultati eccellenti in termini di ecoeffile". Mentre in Italia si registra forse la Piuttosto di sognare la costruzione cienza. crescita demografica più bassa di cittànuove, bisognerà imparare Le azioni che porterà avanti nei d’Europa (+0,3% l’anno) e la cre- ad “usare” ed abitare le città in prossimi mesi l’Amministrazione scita di nuove urbanizzazioni più Comunale di Salerno, a partire modo diverso. alta d’Europa (+15%), si continua dalla programmazione e pianificaa costruire nella convinzione che La città che vorrei potrebbe esse- zione del territorio, potranno inciil settore dell’edilizia da solo, at- re la città attuale dove sono stati dere in modo rilevante e definititraverso l’espansione della città, introdotti i giardini condivisi, i vo sulle prospettive di sviluppo potrà produrre sviluppo ed occu- parchi fluviali, le piste ciclabili, economico e di lavoro in città. pazione. Si continua ad occupare una vera gestione pubblica dei besuolo con manufatti di ogni gene- ni comuni [acqua, servizi di base], Anche per dare risposta al fabbire, a costruire case che non servo- il recupero edilizio e le «botteghe sogno abitativo (edilizia pubblica no ed a consumare terreni liberi di quartiere», una nuova industria- e privata) per esempio c’è necespreziosi per l’uomo e per l’am- lizzazione legata alla modernizza- sità di nuovi progetti di architettuzione ecologica delle produzioni. ra eco-responsabile, che hanno biente. Una città che diventa moderna l’obiettivo di “abitare meglio”, ma Ed intanto la città consuma ener- riutilizzando e/o sostituendo il non di “consumare” la natura, il gia, risorse, cibo ed esporta mas- vecchio, puntando sul riutilizzo e paesaggio e gli ultimi spazi liberi sicciamente rifiuti, inquinamento. la rifunzionalizzazione dei volumi sottratti fino ad oggi alla speculaSi tratta di un predatore ecologico costruiti, anziché sull'edilizia ezione edilizia. che consuma una superficie spansiva. Una città nella quale si “virtuale” molto superiore alla sua punti in modo deciso ad un tra- Speriamo si facciano le scelte giuste! superficie reale. sporto pubblico efficiente ed alla Oggi c’è necessità di “scelte” che ciclabilità limitando l’uso dell’au- Salerno 9 dicembre 2012 non compromettano ulteriormente to privata. Un città nella quale il Gianpaolo Lambiase l’habitat umano. La Pubblica Am- settore dell’edilizia sia obbligato ministrazione deve decisamente ad usare materiali a basso impatto; Assemblea Nazionale SEL mettere in campo ogni azione, a sperimentare nuove soluzioni Circolo “MIRIAM MAKEBA” strategia ed intervento utile alla tecnologiche e progettare in ma(Continua da pagina 3)
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“DOPO IL VOTO DELL'ONU QUALI PROSPETTIVE DI PACE IN PALESTINA?” Salerno 6/12/2012 introduzione di Angelo Orientale Bozza non corretta INIZIATIVA ORGANIZZATA DAL CIRCOLO “MIRIAM MAKEBA”, Salerno con: Raya Cohen docente di storia università di Tel Aviv, Yousef Salman segretario Al Fatah in Italia, Omar Suleiman presidente Osservatorio Palestina, Michele Ragosta segretario prov. SEL,Arturo Scotto segretario regionale SEL,
Bruttissimi venti di guerre civili sono presenti oggi. Siria ad esempio ma non solo, la stessa situazione egiziana è preoccupante. La realtà libica oggi non fa notizia ma ho qualche dubbio che si sia assestata completamente. La Turchia schiera i patriot. Potremmo continuare mi limito solo a segnalare che tutto ciò sta avvenendo nel più totale
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silenzio delle cancellerie europee malgrado che la situazione è preoccupante da diversi mesi. L’informazione è orientata a far diventare notizia solo se ci sono interessi economici che ci interessano. Mio malgrado devo riconoscere che questo sporco lavoro lo fanno bene. A tutto ciò aggiungiamo il fatto che non c’è nemmeno un minimo di elaborazione e di proposta da parte della sinistra italiana ed europea. Malgrado gli sforzi fatti e che continueremo a fare non vedo neanche da parte del nostro campo politico un minimo di elaborazione di politiche per il mediterraneo che sia coinvolgente e unificante. È un gap da colmare. E in tutto questo panorama la tragedia del popolo palestinese continua il suo corso in maniera costante, continua. Non si arresta malgrado lo storico voto di una settimana fa dell’ONU. Anche per queste ragioni non è mai facile introdurre un dibattito sulla Palestina. A me è toccato l’onere di farlo e mi è particolarmente più difficile perché per dare il massimo di spazio agli autorevoli interventi dei nostri ospiti
dovrò essere necessariamente sintetico. E quindi salterò molti passaggi storici. Ho bisogno però di fare due piccole premesse. La prima: abbiamo deciso di dedicare idealmente questa nostra iniziativa ad un giovane dirigente palestinese che morì a Tunisi nel 1985 (se ricordo bene l’anno) quando l’aviazione israeliana bombardò il quartiere generale dell’OLP. Lo conobbi perché accompagnò, insieme a un nutrito gruppo di compagni palestinesi, Monsignore Hylarion Cappucci, vescovo di Gerusalemme che venne qui a Salerno per una iniziativa. Poi purtroppo non ci siamo visti più. Ma conservo ancora gelosamente la kefia che mi donò. Grazie a un popolo fatto da uomini e donne come lui se oggi la Palestina malgrado tutto è ancora viva. La seconda premessa è il perché di questa iniziativa. Sembrerà strano ma purtroppo c’è stato qualcuno che mi ha chiesto in modo riservato il perché del dibattito di oggi e il perché abbiamo scelto di invitare Omar, Yousef e la professoressa Raya. Per chi mi conosce non ha (Continua a pagina 6)
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difficoltà a immaginare la mia risposta poco diplomatica. Ma chiedo come è possibile avere il coraggio di fare una domanda del genere a una forza politica come sinistra e libertà, e per di più a un circolo di sel che è intitolato a una grande campionessa dei diritti civili come è stata Miriam Makeba, che lottò non solo per la sua terra contro l’apartheid ma si schierò sempre contro tutte le discriminazioni. Capisco e so che ormai a sinistra c’è tanta confusione. Scusatemi però ma io continuo a scandalizzarmi quando sento affermazioni come quelle che fece pochi giorni fa Renzi sulla Palestina (evidentemente ignorava anche il fatto che dopo 48 ore ci sarebbe stato il voto dell’onu) ma questa domanda, fatta da una persona che si definisce di sinistra, mi fa capire che il lavoro da fare è tantissimo e forse bisognerà riprendere anche l’aspetto pedagogico della nostra attività politica. In ogni caso abbiamo deciso di invitare i nostri ospiti perché la soluzione del dramma del medio oriente non può che essere politica. Per questo oggi abbiamo Yousef, un dirigente della maggiore organizzazione politica palestinese, un compagno come Omar (che per me è anche un fratello) che pur essendo critico verso alcuni a-
spetti della vita “amministrativa” dell’autorità palestinese non ha mai smesso di lottare e di operare verso una soluzione giusta, del resto come potrebbe? E infine, ma non ultima come importanza, la professoressa Raya che da sempre studia la storia dell’identità ebraica e come questa si è sviluppata ed evoluta nel corso degli anni.
se. Cioè lo stesso popolo che veniva visto con sospetto e “mal sopportato” (per usare un eufemismo) dagli stessi governi arabi perché era molto laico, con una libertà religiosa assoluta. Era un popolo con il più alto tasso di democrazia e di scolarizzazione malgrado la diaspora, i campi profughi, il disseminarsi in altri paesi come la Giordania, la Siria, il Libano, le stragi suQuindi è nostra con- bite dalle stesse forze aravinzione che solo rafforzan- be ecc. ecc. do le soluzioni politiche e Una delle chiavi di diplomatiche e l’impegno lettura del perché della loro dei singoli e degli stati c’è influenza accresciuta è che la possibilità che la strada oggi danno una identità della composizione diplo- politica. Offrono un senso matica e pacifica del con- di appartenenza, fondano flitto mediorientale possa strutture di assistenza e in affermarsi. Tutto ciò, per alcuni casi anche risposte quanto mi riguarda, non è concrete e assistenza main contraddizione con la teriale. Può non piacerci, mia scelta di campo. Io so- possiamo non essere d’acno profondamente a favore cordo con le loro tesi politidei palestinesi. Lo sono co- che ma è cosi. La realtà è me persona e come mili- questa. E sembra, in base tante di una forza di sini- ad alcune analisi che non stra. Perché la sinistra de- sono in grado di valutare e ve essere sempre affianco quindi mi limito a riportarai più deboli. le, che nel loro scacchiere Essere schierati però internazionale, una sorta di non deve farci sottovaluta- alleanza internazionale dei re quelli che a mio avviso fratelli musulmani, il ruolo sono dei pericoli che corria- specifico di hamas è molto mo. Oggi l’influenza politica delle forze integraliste di tipo religioso, volutamente utilizzo il termine usato dai mass media, cresce sempre di più in tutti i paesi arabi e anche tra il popolo palestine-
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alto perché, grazie al sostegno che hanno dall’Iran, spendono molto bene il ruolo di anello di congiunzione tra i sunniti e gli sciiti. È mia convinzione che queste forze politiche hanno riempito il vuoto creatosi con la fine della spinta propulsiva della politica arafattiana e con la scomparsa dello stesso Arafat. Fu lui infatti a intraprendere la strada dell’identità palestinese. La costruì giorno dopo giorno con fatica. Costruì il senso di appartenenza a un popolo pur non avendo uno stato e una terra su cui vivere. In sostanza riuscì in qualche modo a neutralizzare l’opera che Israele faceva, e continua a fare, in modo scientifico di annullamento della stessa cultura, lingua e tradizioni dei palestinesi. Con lui e con l’OLP ripresero ad essere conosciuti anche le arti poetiche, di musica, di cultura. Con lui si conquistò l’idea che era possibile realizzare il sogno dei due popoli due stati. Eclatante e storico fu il suo discorso che fece all’Onu. Fantastica fu la sua frase del ramoscello di ulivo in una mano e del fucile nell’altra. E la scelta di quale mano da usare dipendeva dalle scelte di Israele e dei paesi occidentali. Quindi era nelle loro mani l’inizio del confronto per iniziare un cammino verso la pace, con trattative certamente difficili da
fare, ma necessarie. Oggi diamo per scontato che l’unica strada da percorrere è questa ma dire quelle frasi in quel periodo storico era da vero rivoluzionario perché apriva un fronte interno con forze palestinesi e con diversi stati arabi molto rischioso. Infatti poi le conseguenze in termini di stermini e di repressioni il popolo palestinese le ebbe. Senza quel coraggio e il cammino fatto il voto dell’ONU di una settimana fa non ci sarebbe stato. Un voto a schiacciante maggioranza ha riconosciuto come stato osservatore la Palestina. Non è un voto da poco, non è la soluzione dei problemi, indubbiamente però è un significativo e importante passo in avanti per la Palestina e per quanti come noi hanno sempre riconosciuto la giustezza delle battaglie per tutti i popoli ad autodeterminarsi e a vivere in un loro libero stato, questo vale per i palestinesi, ma vale anche per gli israeliani. Ma allora se la Palestina è stata riconosciuta come stato dall’ONU tutto è risolto? Ogni volta che parliamo di uno stato giustamente ci immaginiamo un territorio governato dai propri organi eletti, che ha una propria rappresentanza istituzionale e una propria legislazione, con il proprio sistema di tassazione per pagare e affrontare le spese, una propria economia e cosi via. Ebbene tutte queste
cose per la Palestina non esistono. Non esiste nemmeno il territorio stabilito dall’ONU stesso. Esiste solo un popolo che vive o nei campi profughi in altri paesi e che non hanno nessun diritto al ritorno, o che vive in Israele, i cosiddetti arabi israeliani, che hanno solo doveri ma non i gli stessi diritti. Oppure parliamo di un popolo che è prigioniero in due enormi carceri a cielo aperto. Uno di questi con 1 e mezzo di abitanti in un territorio piccolissimo. E nessuno dei due territori può essere governato visto che non esiste nemmeno il diritto alla libera circolazione. La stessa politica israeliana, gli ultimi atti stabiliti e messi in pratica dopo nemmeno 24 ore dallo storico voto dell’ONU sono una dimostrazione che una volontà di riconoscimento non esiste. Non a caso si (Continua a pagina 8)
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continua con la politica dell’espropriazione delle terre e dell’acqua, si bloccano i fondi, si costruiscono muri infiniti e nuovi insediamenti, gli assassini cosiddetti mirati continueranno e si continuerà ad alimentare l’immagine degli israeliani nei bunker e sotto continuo attacco. Si badi bene io non giustifico i razzi ne sottovaluto i danni materiali e umani che producono. Sono strumenti di morte. Però hanno una misteriosa caratteristica prodotta dai mass media internazionali. Partono da Gaza come razzi e arrivano in Israele come missili. In pratica crescono e si trasformano durante il volo. Una sorte di razzi tamakogi. Ma oltre a non credere nella percezione costruita ad arte, cioè quella dei cittadini israeliani che vivono nei bunker e costantemente sono sotto attacco, le risposte con i bombardamenti aerei, e con i cannoneggiamento terreste e marino non sono per nulla giustificati. Quegli atti non sono atti di legittima difesa ma è solo un’opera di sterminio. Allora perché tutto ciò? Espongo, anche se in maniera molto sintetica, una tesi che mi convince come risposta. Se è sballata come tesi certamente gli interventi che seguiranno la smantelleranno senza nessuna pietà. Oggi la popolazione israeliana è composta da una miriade di culture diverse. Basti pen-
sare ad esempio l’arrivo di tantissimi cittadini dell’est europeo, quasi 900.000 negli anni 90, o i circa 60.000 cittadini proveniente ad esempio dall’Etiopia (entrambi i dati li ho reperiti dal sito in italiano del ministero del turismo israeliano). Secondo alcuni questa è la risposta israeliana alla cosiddetta bomba demografica. Cioè il tentativo di ridurre il gap demografico “importando” cittadini. Però questa massiccia importazione di popolazione crea problemi di unità culturale e seri problemi di convivenza tra le varie “sensibilità etniche”, diverse anche nella lingua, culturalmente e nei costumi. Insomma voglio affermare che Israele ha bisogno di un sentir comune, di un collante interno, di qualcosa che li unisca. E quindi perché non alimentare e strumentalizzare fino in fondo la paura del nemico esterno per rafforzare questo legante specie quando ci sono le elezioni vicine? Eppure la pace e la convivenza in quell’area converrebbe anche allo stato israeliano. Cioè uno stato che si regge in piedi grazie solo a consistenti ed enormi flussi finanziari proveniente dall’estero. Fare una politica di pace significherebbe liberare enormi risorse economiche oggi destinate a tenere in piedi una ben lubrificata ed efficiente macchina repressiva e di morte. So bene che in Israele esiste una opposizione di un pezzo della popolazione.
Mi pare di capire che è molto esigua e che probabilmente, l’opposizione alla politica dell’occupazione, è più forte ed è più ampia nella popolazione ebraica che vive al di fuori dello stato israeliano. Quindi cosa fare per supportare e rafforzare le spinte di pace e convivenza sia nei territori che in Israele? Il balbettio del governo italiano che abbiamo assistito una settimana fa sul voto dell’ONU mi fa rimpiangere la politica estera dei governi democristiani e del governo Craxi. Politica che portò anche ad azioni coraggiose, e aggiungo io , anche di dignità nazionale, come successe alla base di Sigonella. L’aspetto della vicenda che più mi fa rabbia, se le indiscrezioni giornalistiche sono vere, sono state le cosiddette condizioni che il nostro paese ha avanzato verso l’autorità palestinese in cambio di questo voto. Il governo anche in questa vicenda è riuscito a offenderci e a dissacrarci. Ma la rabbia cresce quando vedo l’assordante silenzio della sini-
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stra. Nessuna reazione, nessun moto di rabbia collettivo. Niente ma proprio niente. E questo mi fa capire che il ruolo di SEL all’interno dello schieramento di centrosinistra anche su questo versante deve essere più incisivo e deciso. Cari Michele e Arturo mi rivolgo a voi come autorevoli membri della nostra direzione nazionale. Chi vi sta parlando era orgogliosamente un membro di un piccolissimo partito di sinistra che sulla Palestina ha due grossi primati. Il primo è che malgrado l’1,7 % presentò una mozione in parlamento che passò a maggioranza in cui l’Italia riconosceva l’OLP come legittimo rappresentante del popolo palestinese. Ancora oggi quella mozione è l’unico atto formale dello stato italiano verso la Palestina. Il secondo primato che fu la prima forza politica a lanciare in Italia la parola d’ordine dei due popoli due stati. Ricordo bene le discussioni che feci anch’io nel dipartimento nazionale pace ed esteri di DP su questo tema. So con certezza che il tutto fu concordato, tramite l’ufficio di Roma, con l’autorità palestinese. Ricordo ancora la politica di alleanze su questo tema con le associazioni cattoliche a partire da Pax Christi, il cui presidente nazionale di allora era un salernitano. E ricordo ancora le tensioni che avemmo con una parte della sinistra
di allora sia quella istituzionale (il pci) che quella radicale diremmo oggi. Eppure quella parola d’ordine diventò patrimonio di tutti. Cosa voglio dire? Voglio semplicemente affermare che dobbiamo avere il coraggio anche su questi temi delle nostre scelte e portarle con caparbietà all’attenzione del popolo a cui ci rivolgiamo. Le assurde posizioni politiche alla Renzi, tanto per capirci, devono essere marginalizzate nel centro sinistra. Dobbiamo diventare nel campo politico del centro sinistra quelli che devono essere etichettati, come fu definita la componente di Vittorio Foa all’interno della Cgil, la cosiddetta minoranza attiva. Cioè una parte minoritaria nei numeri ma maggioritaria nelle proposte. I nostri temi devono
diventare temi dell’intera coalizione. E quindi per ritornare all’oggetto del dibattito di oggi possiamo pensare di affiancare al necessario obiettivo da raggiungere della riduzione drastica delle spese militari anche quello di rompere qualsiasi rapporto di compra vendita di armi tra l’Italia e Israele, settore questo in piena espansione? Ce la sentiamo a partire dalla Campania ad aprire con le forze del movimento cattolico e di sinistra e del centro sinistra un confronto serrato e offrire loro questo terreno di confronto partendo dalla necessità di uscire dall’ambiguità in cui ci ritroviamo riconoscendo formalmente e ufficialmente lo stato palestinese? Reputiamo come circolo che anche la politica estera, con particolare riferimento alla politica per e nel mediterraneo, deve essere un terreno di confronto, di caratterizzazione, di scontro politico se necessario, con i nostri interlocutori naturali. Se facciamo tutto ciò non solo faremo del bene alla nostra coalizione ma sicuramente inizieremo a dare un contributo di pace e di giustizia all’intero medio oriente. ANGELO ORIENTALE
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L’ARTE DI NARRARE UN PROCESSO CHE HA ORGINI LONTANE A cura di Antonio Di Maio Una volta il teatro poteva cominciare come magia: magia della festa sacra, magia quando spuntavano le luci del proscenio. Oggi è esattamente l’opposto. Il teatro non è desiderato e alle persone che vi lavorano non si concede fiducia. Sicchè non possiamo sperare di raccogliere un pubblico devoto e attento. Sta a noi catturarne l’attenzione e la fiducia. Per farlo dobbiamo provare che non ci sarà trucco, niente di nascosto. Dobbiamo aprire le mani vuote e mostrare che non abbiamo davvero niente nelle maniche. Soltanto allora possiamo cominciare. Peter Brook, The empty space
L’arte di narrare si avvia al tramonto. E’ sempre più raro incontrare persone che sappiano raccontare qualcosa come si deve: e sempre più spesso si diffonde l’imbarazzo quando, in una compagnia, qualcuno esprime il desiderio di sentir rccontare una storia. E’ come se fossimo privati di una facoltà che sembrava inalienabile, la più certa e sicura di tutte: la capacità di scambiare esperienze. La prassi del racconto, la facoltà di “scambiarsi esperienze” nella quotidianità, è il mezzo attraverso il quale
fiabe, epopee, leggende hanno fondato i miti e la cultura dei popoli ancor prima della nascita della scrittura. La parola evoca le immagini, crea mondi possibili e non, e dentro quei luoghi ha il potere di decidere il destino di tutte le cose. Nell’epoca che riproduce le immagini pubblicitarie così come le opere d’arte, che tipo di necessità può ancora riservarsi all’incantesimo della parola? Una piccola risposta a questa e altre domande provie-
ne dal successo che il fenomeno “teatro di narrazione” ha conosciuto in Italia negli ultimi decenni: nuove e vecchie forme della trasmissione orale restituiscono all’arte narrativa una credibilità non esclusivamente letterria e capace persino di varcare più volte la meta dei palinsesti televisivi nazionali. Tra il 1997 e il 1998 desta sorpresa il successo televisivo dalla messa in onda sui canali RAI dei lavori di Marco Paolini, Moni Ovadia, Marco Baliani e Dario Fo, capaci di registrare fino al 16% (Continua a pagina 11)
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fosse il futuro dell’immaginazione individuale nella “civiltà dell’immagine””. L’affermarsi di un filone narrativo nell’ambito del teatro, se non fornisce una risposta in tutto esauriente, contribuisce senz’altro ad affermare che “il potere di evocare immagini in assenza” non può essere sommerso dal diluvio delle immagini prefabbricate.
gini: “(il raccontatore)…è un teatro ambulante… qui siamo all’origine del teatro! Voglio dire che quando una persona si pone davanti a un pubblico e racconta una storia, siamo all’origine del teatro.
Il raccontatore paradossalmente possiede, nella sua persona, tutti i mezzi di un intero teatro stabile: in un certo senso, è tanti attori pur essedo uno solo, possiede tutti i coGià co Fo-giullare l’attore stumi e tutte le scenografie smette di “interpretare” e perché non ha bisogno di alcun inizia a “presentare” o costume e di alcuna scenogra“indossare” i suoi persofia, dispone di un’orchestra naggi: espone, spiega, illu- tanto ricca quanto ricco è il stra brechtianamente le suo repertorio di ritmi, cantidi share (circa 1.800.000 spetstorie senza mai “scomparire” lene e timbri vocali. Ha a che tatori). fare con la narratologia e non Il “teatro di narrazione” si ri- dietro ai loro protagonisti. con l’istrionismo dell’attore. struttura negli anni ’80 grazie Ascanio Celestini, narratore a Marco Baliani, Laura Curino romano, a distanza di anni e Marco Paolini, prolifera negli parla del proprio lavoro come ultimi anni attorno ai giovani di un “teatro nuovo senza fin- A cura di Ascanio Celestini e Davide Ezione e senza l’interpretazio- Antonio Di Maio nia. ne dei personaggi, senza sceMa ci sono i caposcuola: Dario nografie e coreografie, senza (tratto da: tesi di laurea di Giacomo Fo, ad esempio, ma anche tra- la quarta parete. Guarnieri, Università degli Studi di dizioni preesistenti come quel- Mimmo Cuticchio, sulla stessa la del cunto siciliano rinnovato stregua, fa risalire tale figura Palermo e da “Il narratore” di Walda Mimmo Cuticchio. di “uomo-totale di teatro” di- ter Benjamin - Einaudi) Italo Calvino si chiedeva quale rettamente al tempo delle ori-
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miriammakeba.sel@hotmail.it contatto skype: circoloselmiriammakeba 3270437490 - 3387346018
Le compagne e i compagni del circolo Miriam Makeba si riuniscono ogni martedi alle ore 19,30 in via Balzico 10 Salerno Su FB ci trovi qui: https:// www.facebook.com/ groups/ miriammakeba.sel/
IL CIRCOLO MIRIAM MAKEBA CHIEDE A TUTTI I CONSIGLIERI COMUNALI DI SEL E DELLA SINISTRA DI PRESENTARE IMMEDIATAMENTE ODG A FAVORE DEL RICONOSCIMENTO UFFICIALE DELL’ITALIA DELLO STATO PALESTINESE .