Frame/ Open Source Eyewear Vedere ed essere visti Annapaola Vacanti Tesi di laurea magistrale in Design del Prodotto e dell’Evento
Università degli studi di Genova - Scuola Politecnica Corso di laurea: Design del Prodotto e dell’Evento A.A. 2016/2017
Studente: Annapaola Vacanti Relatori: Enrica Bistagnino, Raffaella Fagnoni Correlatore: Andrea Quartara
frame/ vedere ed essere visti/ index
Abstract IdentitĂ e societĂ Raffigurare il dualismo
Storia pag. 8 pag. 10
Timeline Evoluzione Il Novecento Oggi
pag. 30 pag. 34 pag. 40 pag. 58
Definizione
Percezione
Keywords Zone di significanza Materiali
Interfaccia comunicativa Contrasti Relazioni
pag. 14 pag. 16 pag. 24
pag. 62 pag. 72 pag. 84
Moda Sociologia Comunicazione Personalizzazione
Riferimenti pag. 114 pag. 124 pag. 138
Bibliografia Sitografia
pag. 164 pag. 167
Co-Design Occhialeria 4.0 Fabbing Open design Moda open source
pag. 148 pag. 152 pag. 156 pag. 158
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Abstract IdentitĂ e societĂ Raffigurare il dualismo
pag. 8 pag. 10
abstract/ identitĂ e societĂ
Obiettivo della ricerca è analizzare in modo completo l’oggetto occhiale, studiandone le specificità e i numerosi avvicendamenti storici che l’hanno portato ad essere uno degli elementi fondamentali di espressione della società odierna. Essendosi infine inserito nella vasta categoria degli accessori moda, l’occhiale rientra a pieno titolo in tale sistema e si carica di significati sociali: la moda per sua natura rafforza l’appartenenza a un gruppo, e allo stesso tempo è fondamento della manifestazione dell’identità personale di ogni singolo individuo.
"Se il mondo intero è un palcoscenico, l’identità non è niente più di un costume." Sense 8
La tesi mira infine alla progettazione di un sistema prodotto che applichi l’approccio open source tipico del mondo digitale al design dell’occhiale. Distanziandosi dalle logiche tipiche dell’industria, si offre all’utente un’esperienza di progettazione partecipativa studiata per coinvolgere a diversi livelli sia soggetti inesperti che progettisti e creativi.
A fronte: Diversifying the “Anonymous”. La maschera di Guy Fawkes, iconico simbolo di solidarietà e protesta, declinata in diverse identità nazionali dal collettivo newyorkese Animal.
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abstract/ raffigurare il dualismo 37 K’UEI Famiglia Il vento scaturisce dal fuoco: l’immagine della casata. Così il nobile è coerente nelle sue parole e costante nelle sue azioni.
38 CHIA JÊN Opposizione Acqua e fuoco, l’immagine della contrapposizione. Anche stando in compagnia, il nobile mantiene intatta la sua individualità.
Il Libro dei Mutamenti (I Ching) è ritenuto il primo dei testi classici cinesi, risalente al terzo millenio a.C., e rappresenta l’origine comune di Confucianesimo e Taoismo. Si tratta di una riduzione concettuale di forme, un sistema di segni definito per registrare la saggezza trasmessa oralmente. Il testo è composto da 64 sentenze (oracoli) che rappresentano i possibili stati di mutamento del cosmo e della vita umana, fondati sul principio dualistico dello Yang (linea continua) contrapposto allo Yin (linea spezzata). Viene utilizzato a livello popolare a scopo divinatorio, e da studiosi come Leibniz e Gustav Jung per approfondire aspetti matematici, filosofici e fisici dell’esistenza.
Gli esagrammi 37 e 38 del libro dell’I Ching, qui riportati, sono uno il ribaltamento dell’altro e descrivono queste due condizioni opposte: l’appartenenza a un gruppo e l’individualità. Sul loro delicato equilibrio si fonda l’identità di ogni essere umano ed anche il sistema della moda vestimentaria, che è per definizione un flusso continuo di mutamenti ed evoluzioni successive, in continua negazione del passato. Gli occhiali, in quanto posti in posizione anatomica privilegiata rispetto a qualsiasi altro accessorio, ovvero tra il resto del mondo e il nostro sguardo, sono fondamentali nella costruzione ed espressione dell’identità del singolo, ma possono anche esplicitare l’appartenenza a un determinato gruppo, linea di pensiero o convinzione. Ad esempio, chi decide di indossare montature in legno è probabilmente appartenente a quella categoria di persone che dà valore ai materiali e ai processi naturali, in opposizione con le logiche industriali.
Illustrazione in alto a destra: testa frammentata di statua ellenistica conservata al Metropolitan Museum of Art di New York, con montatura in legno di Termite Eyewear.
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Definizione Keywords Zone di significanza Materiali
pag. 14 pag. 16 pag. 24
pròtesi
s. f. [dal lat. tardo prothesis «porre avanti»]. In medicina e in chirurgia, la sostituzione di un organo (o di una sua parte) o di un segmento corporeo con strutture artificiali che ne recuperino la funzionalità. Per estens. e impropriamente si definiscono protesi anche determinati apparecchi esterni (che propriamente si chiamano ortosi e ausili) rivolti a migliorare la funzione di un apparato senza sostituirsi ad esso.
filtro
s. m. [Der. del fr. filtre, dal lat. mediev. filtrum, che ha la stessa origine di feltro, in quanto i primi f. per liquidi furono fatti con feltri]. Dispositivo che permette di modificare determinate componenti o caratteristiche di un segnale sonoro, luminoso o elettrico.
accessòrio
agg. e s. m. [dal lat. mediev. accessorius, der. di accessum, supino di accedêre «accedere»]. […] Parte o elemento che integra e completa la funzionalità di qualche cosa. Nell’abbigliamento, gli elementi che completano un abito o vi s’aggiungono con funzione decorativa o utilitaria; per es., le guarnizioni varie, la borsetta, la cintura, la cravatta, ecc. […]
occhiali
s. m. pl. [plur. di occhiale]. Strumento ottico costituito da una coppia di lenti trasparenti, fissate a un sostegno (montatura) che le mantiene ferme davanti agli occhi; ha la funzione di compensare i vizî di rifrazione dell’occhio (o. correttivi), oppure di proteggere gli occhi dall’azione nociva di radiazioni o di agenti meccanici esterni (o. protettivi): in quest’ultimo caso il mezzo trasparente è costituito da una lamina, bianca o colorata, di vetro o di plastica. […]
singolarità
s. f. [dal lat. tardo singularitas -atis, der. di singularis «singolare»]. – 1. ant. Qualità di ciò che concerne una singola persona; con valore concr., ciò che è individuale, che interessa un singolo individuo. 2. Il fatto di essere singolare, qualità di chi o di ciò che è singolare (nei varî sign. estens. e fig.); particolarità, eccezionalità, originalità, stranezza. […]
identità
s. f. [dal lat. tardo identitas -atis, der. di idem «medesimo»]. 1. L’essere identico, perfetta uguaglianza: i. di due firme, di due concetti; i. piena, vera, totale, assoluta. Con accezioni partic.: a. In filosofia, principio d’i., o, più precisamente, principio d’i. e contraddizione, principio logico che, nella tradizione scolastica, asserisce l’identità di una cosa con sé stessa («A è A») ed esclude l’identità con altro («A non è non A»). […] 3. a. Di persona, l’essere appunto quello e non un altro. […]
definizione/ keywords La seguente ricerca si fonda sull’analisi di alcuni concetti di base e sull’esplorazione delle relazioni che esistono tra di essi. Questa breve mappa di parole chiave definisce i termini del discorso (tutte le definizioni sono tratte dal Vocabolario Treccani) per esplicitare il ragionamento che sta alla base della scelta dell’analisi dell’occhiale come oggetto fondamentale per la formazione dell’identità personale di chi lo indossa.
collettività
s. f. [dal fr. collectivité]. – 1. non com. Qualità, carattere di ciò che è collettivo. 2. Pluralità di persone considerate nel loro insieme: la c. sociale, nazionale; assol., il popolo, la comunità, la società: fare gli interessi della c.; per il bene della c. (in contrapp. agli interessi dei singoli individui).
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definizione/ zone di significanza I biologi classificano le forme naturali secondo dei rapporti di similarità, per chiarire in questo modo le connessioni storico-evolutive. A questo scopo si stabiliscono delle classi formali e all’interno di queste si precisano le affinità degli “oggetti” presi in esame. [...] I procedimenti tassonomici possono essere applicati anche nel processo progettuale, e più precisamente al momento di individuare i modi possibili di risolvere i problemi di dettaglio di una data configurazione. Inanzitutto si devono rintracciare quegli elementi formali che siano caratterizzanti del prodotto, e che cosa costituisce un elemento formale sarà sempre stabilito secondo una valutazione socio-culturale. Dopo che si è “reticolato” l’oggetto si rappresentano le classi principali di varianti formali, servendosi di grafi, cioè di morfogrammi che illustrano la varietà delle alternative formali che si presentano al progettista. 1
1 Teoria e pratica del disegno industriale: elementi per una manualistica critica, Gui Bonsiepe, Feltrinelli, 1993.
1. maschera 7. spatola
5. cerniera 8. lente 6. astina
9. materiali 2. ponte
10. colori 11. segni
4. musetto
3. nasello 17
definizione/ zone di significanza/ frontale
Ponte Ponte doppio
Ponte a “keyhole�
Ponte dritto
Ponte arcuato
Rettangolare
Sagomato
Non presente
Musetto
Maschera Asimmetrica
Simmetrica
Naselli Incorporati
Gommini
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definizione/ zone di significanza/ laterale
Con vite
Cerniera A incastro
Pieghevole
Con anima
Dritta
Diplo
Golf
Astina
Curva
Spatola Incorporata
Anatomica
A riccio
Pernotto
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definizione/ zone di significanza/ lente
Funzione Lente oftalmica
Lente da sole
Lente a specchio
Sezione Convessa
Concava
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definizione/ materiali
Corno
Acetato di cellulosa
Plastica
Montature in corno di bufalo si possono trovare nel segmento di fascia alta del mercato. Per la produzione, il corno viene prima ammorbidito con vapore acqueo e poi trasformato in fogli, utilizzati sovrapposti, per ottenere maggiore robustezza. Gli occhiali di corno sono realizzati a mano su misura, perché, una volta finiti, per l’ottico è molto difficile modificarli per adattarli al cliente. I principali vantaggi di questo materiale sono la sua robustezza e leggerezza. Per non alterarsi con l’invecchiamento, queste montature richiedono una cura meticolosa.
L’acetato di cellulosa è una plastica derivante da composti contenuti in alcune piante come il cotone; è tra i materiali più apprezzati per la produzione di montature perchè può assumere un’infinita quantità di colori e texture. Le montature vengono tagliate da lastre di materiale di diversi colori fuse termicamente; talvolta anime in metallo vengono inserite nelle aste per renderle più forti. L’acetato di maggior qualità viene prodotto dalla ditta italiana Mazzucchelli, pioniera nella ricerca materica per l’occhialeria.
Per altre plastiche, la produzione avviene tramite iniettatura in stampi. Il polimero in granuli di colori diversi viene fuso e iniettato negli stampi dalle presse, per ottenere montature semilavorate e pronte per passare alla burattatura, il trattamento di bellezza degli occhiali che elimina imperfezioni, leviga e rende brillanti le superfici di frontali e aste prima della verniciatura. Rispetto all’acetato, le plastiche iniettate sono più economiche, ma anche meno resistenti.
Titanio
Fibra di carbonio
Legno
Il titanio è un materiale leggero, ipoallergenico, flessibile, robusto e dotato di eccellente resistenza alla corrosione. Di contro, la difficoltà nella lavorazione e la saldatura lo rendono costoso. Inoltre, si tratta di un materiale difficile da colorare, per cui le montature in titanio sono disponibili in un limitato numero di colori. Le montature in puro titanio sono particolarmente indicate per le persone con allergia al nichel, ma sono molto usate anche le leghe, come l’ultra-leggero beta titanio, con un contenuto di titanio del 75% .
La fibra di carbonio è attualmente il materiale più di moda per le montature e, con le sue straordinarie caratteristiche, attrae sempre più stilisti. Dieci volte più robusta e del 75% più leggera dell’acciaio, la fibra di carbonio offre dei vantaggi che vanno al di là del semplice piacere. Diversi marchi importanti come Tag Heuer, Exalto, Bellinger e Charmant Z utilizzano la fibra di carbonio per alcune delle proprie montature. L’unico svantaggio è rappresentato dalla scarsa scelta di colori.
Oltre ad offrire colori e forme originali, le montature di legno sono molto piacevoli al tatto. I legni più usati sono il legno di noce, ciliegio, acero, pero, palissandro e bubinga, un legno africano con una tonalità leggermente violacea. Essendo relativamente fragili, le montature di legno sono un accessorio di lusso da trattare con delicatezza.
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Storia Timeline Evoluzione Il Novecento Oggi
pag. 30 pag. 34 pag. 40 pag. 58
storia/
"Penso sempre a cosa significa indossare gli occhiali da vista. Quando ci si abitua alle lenti non si sa fino a che punto si potrebbe davvero vedere. Penso a tutte le persone che esistevano prima che gli occhiali fossero inventati. Deve essere stato strano perché ognuno vedeva in modo diverso a seconda di come vedevano i propri occhi. Ora, gli occhiali standardizzano la visione di tutti a 10 decimi. Questo è un esempio di come tutti quanti diventiamo simili. Ognuno potrebbe vedere a diversi livelli, se non fosse per gli occhiali." Andy Warhol
Illustrazione a fronte: composizione “alla Warhol” del modello iconico indossato dall’artista, realizzato da Retrosuperfuture in edizione limitata.
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storia/ timeline preistoria
Le popolazioni Inuit utilizzano pezzi di osso intagliati per proteggersi dall’accecamento causato dalla luce solare riflessa sulla neve
54 circa d.C.
Nerone guarda i combattimenti dei gladiatori attraverso uno smeraldo
Montature a ponte fisso
1262
1287
1650
1400
Francis Bacon scopre il fenomeno della rifrazione
Invenzione degli occhiali di Norimberga, interamente in filo di metallo
Salvino degli Armati inventa i primi occhiali a Firenze
In questa pagina, da sinistra a destra: uomo inuit, Canada, 1916; smeraldo; occhiali rivettati, Inghilterra, 15esimo secolo; occhiali di Norimberga, 1650 circa.
L’uso degli occhiali si diffonde in tutta Europa
Benjamin Franklin inventa le lenti bifocali
Gli occhiali vengono utilizzati per guidare e pilotare Fassamano 1806
1660 1700
1810
1784
1865
1880
1900
Invenzione dell’acetato di cellulosa Le montature sono realizzate a mano in materiali naturali
Diffusione dell’uso del cannocchiale tra i dandy inglesi
Monocolo e lorgnette si diffondono negli ambienti altolocati e vengono utilizzati a teatro
Le montature in filo metallico diventano la norma
In questa pagina, da sinistra a destra: fassamano, 18esimo secolo; cannocchiale rivestito in oro, Francia, 19esimo secolo; lorgnette pieghevole in oro, 1850 circa; occhiali protettivi pieghevoli, Lawrence&Mayo, India, 1900 circa.
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Nasce la Ray-Ban con l’iconico modello Aviator
Montature protettive (goggles) si diffondono tra i piloti e per usi industriali
Raymond Stegeman progetta gli intramontabili Wayfarer per Ray-Ban
Polaroid brevetta le lenti polarizzate
1925
1920
1936
1910
1937
1940
1948
1952
Ray-Ban collabora con l’aeronautica americana per progettare le lenti a specchio
Le montature leggere in metallo (ful vue) sono la norma Gli occhiali da sole iniziano a diventare di moda grazie alle star di Hollywood
Le montature femminili a cat eye si diffondono in una miriade di stili diversi
In questa pagina, da sinistra a destra: pilota con indosso occhiali protettivi, montatura in metallo anni venti, logo Ray-Ban, montatura in acetato trasparente, classica montatura Wayfarer nera di Ray-Ban.
Elsa Schiaparelli crea la prima linea di occhiali firmati della storia
Grazie all’evoluzione tecnica della plastica le montature diventano sempre più grandi e leggere
Diffusione dei “superbrand”
Gli occhiali di Jackie O diventano una forma iconica 1960
1961
1968
1956
Lo stile della space age coinvolge anche il design dell’occhiale
1982 1970
1972
1990
Compaiono per la prima volta gli Shutter Shades in un videoclip musicale I cosiddetti “teashades” diventano popolari grazie a John Lennon
In Italia viene fondata Luxottica
In questa pagina, da sinistra a destra: dettaglio di manifesto per la linea di eyewear firmata dalla stilista Elsa Schiapparelli nel 1956, montatura optical anni Sessanta, John Lennon con indosso i suoi iconici occhiali tondi, montatura in plastica, shutter shades rosa anni ottanta, montatura da sole brandizzata Gucci.
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storia/ evoluzione/ prima dell’inizio La storia degli occhiali nasce addirittura nella preistoria dell’umanità, nel momento non precisato in cui un eschimese inventò gli occhiali da sole con un pezzo di osso dotato di una fessura orizzontale, legato sul viso. In Oriente, secondo alcuni racconti provenienti dalla Cina, più di duemila anni fa si utilizzavano occhiali con lenti di quarzo fumè che avrebbero dovuto migliorare la vista grazie al potere magico del minerale, ma anche nascondere le espressioni dei giudici durante gli interrogatori. Poi, in epoca romana, Plinio narra dello smeraldo attraverso cui Nerone osservava i combattimenti dei gladiatori, probabilmente per curare, inconsapevolmente, la sua miopia.
storia/ evoluzione/ origini L’utilizzo di lenti ottiche si è diffuso solo nel Tredicesimo secolo, probabilmente grazie all’aumento dell’alfabetizzazione nelle classi più agiate, e in risposta alle necessità dei monaci amanuensi, per il cui lavoro l’acutezza visiva era fondamentale. é tradizionalmente accettato che gli occhiali furono inventati nel 1287 a Firenze, da un monaco chiamato Salvino degli Armati, citato addirittura da Dante in una seconda versione delle celeberrime terzine che aprono il canto dell’Inferno: Per affrancarmi dalla presbiopia Arrivò in mio soccorso in fiorentino: che con occhiali all’uopo ben dosati, ridiede giusto fuoco al cristallino, per cui devo a Salvino degli Armati, se ancor posso vergar verso divino Tuttavia, sembra oggi accertato che questa figura non sia mai realmente esistita, mentre un altro presunto inventore potrebbe essere stato un altro monaco, il veneziano Alessandro della Spina. Certo è che gli occhiali sono nati verso la fine del 1200 in Italia, in Toscana o a Venezia, dove comunque si sono diffusi grazie alle ottime conoscenze nella lavorazione del vetro. I primi modelli, lontanissimi dagli occhiali moderni, erano semplicemente costituiti da due lenti tenute insieme da un rivetto.
A fronte: antichi occhiali da sole eschimesi in osso.
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storia/ evoluzione/ diffusione Nel passaggio tra Medioevo e Rinascimento, l’alfabetizzazione si diffuse e il ponte degli occhiali perse il rivetto per diventare fisso. Queste montature si equilibravano precariamente sul naso, pur essendo più stabili dei loro predecessori. I materiali variano dal legno alla tartaruga, fino all’avorio, l’osso, l’argento e il corno. Ma la diffusione giunse dalla Germania, dove vennero sviluppati gli occhiali di Norimberga, fatti interamente in filo di metallo piatto, producibili a basso costo. Le asticelle vennero impiegate solo a partire dal Diciottesimo secolo, ma prima di esse furono inventati gli occhiali da parrucca, che non necessitavano di essere sorretti a mano. Con la diffusione, nacquero anche forme particolari e ricercate di montature: nel 1806 il dandy inglese Beau Brummel rese alla moda il cannocchiale, simbolo di aristocrazia, evolutosi poi nel monocolo. I fassamano, anche detti occhiali a forbice, e i lorgnette, occhiali che si piegavano sull’asticella, che funzionava anche da astuccio, introdotti nel Diciannovesimo secolo e mantenuti in uso fino al Ventesimo secolo, erano più vicini ad elaborati accessori come ventagli e scatole di tabacco da fiuto che agli occhiali come li consideriamo oggi.
A fronte: montatura e astuccio di inizio del Diciottesimo secolo.
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"Il mondo si è ritrovato le lenti sul naso senza sapere chi ringraziare." Vasco Ronchi
A fronte: riproduzione di Salvino degli Armati, considerato a lungo inventore degli occhiali. Si è in seguito accertato che non è mai esistito.
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1920 1930 1940 1950 1960 1970 1980 1990
storia/ il novecento All’avvicinarsi del Novecento, la norma nel design dell’occhiale erano le montature in filo metallico, il più delle volte a lente tonda. Inoltre, la ricerca si concentrava sulla produzione di occhiali protettivi, principalmente destinati a piloti e operai di fabbrica. Il principale motore di evoluzione per l’occhialeria futura era però arrivato grazie all’invenzione della celluloide, inizialmente impiegata per supplire alla carenza di avorio, utilizzato per realizzare palle da biliardo. Questo materiale, la prima plastica della storia, venne adattato intorno al 1870 alla fabbricazione degli occhiali, aprendo questa industria nascente a sperimentazioni impensabili in precedenza. Il Novecento è stato il secolo che ha consacrato gli occhiali a icona, legandoli agli avvicendamenti della moda e dando vita a modelli intramontabili che tuttora indossiamo. Per comprendere il valore che oggi viene riconosciuto a questo prodotto è necessario seguirne da vicino gli avvicendamenti e le relazioni instaurate con lo spirito mutevole degli anni del secolo passato. Per questo, nelle pagine seguenti si è analizzata l’evoluzione del design dell’occhiale in modo puntuale, decade per decade, a partire dagli anni Venti.
A fronte: forme iconiche delle montature inventate nelle diverse decadi del Novecento.
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storia/ il novecento/ 1920 Dopo la Prima Guerra Mondiale, la moda subì una rivoluzione, in particolare nell’abbigliamento femminile, nel passaggio dagli stili costrettivi del passato a un maggiore comfort. Gli abiti divennero più leggeri e corti, per cui le spesse montature di corno, che continuarono a essere indossate dagli uomini, non si adattavano più allo stile femminile, che richiedeva montature più leggere in metallo.
ful vue
I ruggenti anni Venti portarono anche alla diffusione massiva degli occhiali da sole; si iniziò infatti a viaggiare molto di più verso destinazioni sofisticate come Firenze, Portofino, Parigi, Monte Carlo e altri popolari resort ma, poiché il colorito pallido veniva ancora considerato di moda, occhiali da sole, cappelli e parasole rimanevano essenziali. Anche se non erano ancora popolari nei film (il riflesso delle lenti rendeva complicate le riprese e i produttori non volevano celare i visi delle proprie star) gli occhiali da sole vennero subito associati al fascino e il glamour dei divi, che li indossavano sul set per proteggersi dalle luci di scena. Greta Garbo è considerata una delle prime dive ad aver fatto grande uso degli occhiali da sole.
A fronte, da sinistra in alto: montatura in oro con ponte a W; occhiali placcati in oro Marshwood, Stati Uniti; montatura cinese in tartaruga con lenti di quarzo; montatura realizzata a mano da Onspec Ontic; occhiali protettivi di Lawrence & Mayo con pannelli laterali e astine removibili; occhiali in cellulosa modello Windsor, Stati Uniti.
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storia/ il novecento/ 1930 Gli anni Trenta portarono grandi avanzamenti nel mondo dell’occhialeria. Tra questi, l’introduzione delle lenti polarizzate Polaroid e la nascita del classico modello Aviator della Ray-Ban (letteralmente “blocca raggi”). Gli occhiali a goccia nascono agli inizi del 1920 dalla richiesta del luogotenente generale americano John MacCready, che commissionò la realizzazione di un paio di occhiali altamente protettivi, panoramici ed eleganti per gli aviatori; il design a goccia fu creato proprio per seguire perfettamente l’incavo dell’occhio. Durante la Seconda Guerra Mondiale venne subito adottato dall’United States Air Force. Inoltre, venne introdotto uno dei simboli di maggior successo nel design dell’occhiale, la leggendaria freccia argento dell’italiana Persol, che funge da cerniera e tratto identitario di tutti i modelli dell’azienda da allora in poi.
pilot
aviator
Verso la fine del decennio mosse i primi passi un altro classico del design, che vide la sua diffusione negli anni Quaranta: il cat eye, inizialmente chiamato “Arlecchino” perché Altina Schinasi Miranda, una vetrinista di New York, li progettò ispirandosi alle forme della maschere carnivalesche.
A fronte, da sinistra in alto: modello in plastica colorata di inizio decade; modello in tartaruga; manifesto pubblicitario per i Ray-Ban lanciati da Bausch & Lomb; occhiali da sole in cellulosa; modello airmaster di Algha, Regno Unito; montatura pieghevole in tartaruga, Inghilterra.
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storia/ il novecento/ 1940 Negli anni Quaranta l’occhiale stava sempre di più diventando un accessorio di moda, le montature maschili e femminili andavano lentamente differenziandosi e i materiali utilizzati aumentavano continuamente. Si formava inoltre il legame tra lenti scure e appeal dei divi del cinema, che diventarono ambasciatori dei brand più famosi. Era l’era del film noir, e gli occhiali scuri venivano sfruttati dai costumisti per dare ai personaggi un’aura di mistero.
cat eye
Dal punto di vista dei materiali, si diffuse l’utilizzo dell’acetato di cellulosa realizzato in stampi. Questo permise di variare notevolmente le forme e le decorazioni delle montature, specialmente quelle femminili, che diventarono sempre più decorate e abbellite da inserti come perle e lamine d’argento e oro. Per le donne divenne normale possedere più di un modello d’occhiali, per adattarsi ad ogni occasione. In questo periodo, la Ray-Ban in collaborazione con l’aviazione americana iniziò a lavorare sulle lenti a specchio, che furono adottate anche dagli sciatori ma non ebbero successo sul mercato che molto più tardi, grazie a film come Top Gun (1986).
A fronte, da sinistra in alto: inusuale modello cat eye geometrico, Francia; prima copertina di una rivista di moda interamente dedicata agli occhiali (Vogue Uk, agosto 1946); montatura realizzata in plastica a iniezione in due colori; montatura cat eye rossa; rara montatura Art Decò con dettagli dorati, Stati Uniti; occhiali da lettura con decorazione dorata a foglia d'acero; occhiali da sole impreziositi con inserti di diamante.
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storia/ il novecento/ 1950 Con la fine della guerra, l’abbigliamento funzionale lasciò il passo a uno stile più rilassato, specialmente quello femminile, che divenne più morbido, frivolo e ricco di decorativismo. Mentre la ripresa in Europa fu lenta, gli Stati Uniti si imposero come grande potenza industriale, anche nel campo dell’ottica, che prosperava grazie all’uso di economici materiali plastici e l’invenzione di nuove tecniche, come la stratificazione dei fogli in acetato. Gli occhiali iniziarono a essere considerati dalle donne come gioielli e le lenti erano spesso removibili, per essere utilizzate su diverse montature a seconda dell’occasione; addirittura sugli eleganti lorgnette, che rimanevano popolari per eventi serali. La forma dominante per la moda femminile era il cat eye, successore della montatura ad arlecchino, le cui versioni spaziavano da quelle più semplici alle più estrose, doppie e triple con lenti colorate in blu, giallo e verde. Gli occhiali da sole non erano più gli unici a essere considerati un accessorio di moda: si cominciava a liberare l’occhiale da vista dall’associazione fissa con il “tipo accademico”, cementata negli anni precedenti dai film. Inoltre, nacque la moda del prodotto firmato, grazie alle linee di occhiali realizzate da grandi fashion designer quali la stravagante e geniale Elsa Schiaparelli. In forte contrasto con la moda femminile, le montature da uomo rimanevano sofisticate e mascoline, con montature spesse in colori da abbinare a completi e giacche. Proprio in questa decade emerse il modello da uomo ancora oggi più iconico, i Wayfarer progettati nel 1952 da Raymond Stegeman per la Ray-Ban.
wayfarer
pantos
clubmaster
A fronte, da sinistra in alto: montatura ricca di dettagli glitterati, Stati Uniti; montatura cat eye in plastica con inserti di diamanti, Regno Unito; modello cat eye trasparente, Regno Unito; modello cat eye con inserti sui lati; cat eye trasparente con inserti metallici sui lati; montatura in plastica con texture, Stati Uniti.
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storia/ il novecento/ 1960 Gli anni Sessanta segnarono un taglio netto dalla tradizione, portando forti cambiamenti politici e culturali. Grazie ai movimenti giovanili, Londra diventò la Mecca del mondo della creatività in tutti i campi, e la gioventù londinese divenne leader dello stile nel mondo occidentale. Inoltre, si accentuò il legame tra star del mondo dello spettacolo e il product placement. Un esempio storico è “Colazione da Tiffany”, la cui immagine di Audrey Hepburn in un abito nero di Givenchy abbinato a occhiali da sole oversize dal taglio maschile è diventata icona di stile. Nel 1961 nacque in Italia la Luxottica, inizialmente dedita alla manifattura di componenti per gli occhiali, lanciò presto una propria linea, per poi stabilire contratti di licenza con i più grandi nomi del mondo della moda, primo fra tutti Armani, seguito da Valentino e Yves Saint Laurent tra gli altri. Lo stile delle montature si allineò con il trend della space age, facendo suo il design asimmetrico e pattern geometrici in bianco e nero stile optical. Per un breve periodo, andarono di moda per gli uomini montature effetto legno, mentre le donne potevano comprare montature in pelle di serpente da abbinare alle borsette. Verso la fine della decade, i temi futuristici lasciarono spazio alla nostalgia e alla nascente scena della moda alternativa. Nel mondo dell’occhialeria divennero famosi gli occhiali detti “teashades”, piccoli e dalla lente tonda, grazie a leggende della musica come John Lennon, Mick Jagger e Ozzy Osbourne. Alcune montature erano invece esagonali o quadrate, a memoria dei modelli del 17esimo e 18esimo secolo.
round eye
butterfly
heart
A fronte, da sinistra in alto: modello italiano in plastica con inserti in metallo, montatura in acetato di Oleg Cassini, Francia; modello rettangolare in acetato stile optical, Francia; modello in acetato stile optical di Pierre Marly, Francia; modello in acetato a righe di True Colors by American Optical, Stati Uniti; montatura in acetato inciso, Francia; modello asimmetrico bianco; occhiali da sole in acetato di Foster Grant per la Witchcraft Series.
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storia/ il novecento/ 1970 Negli anni Settanta la moda divenne sofisticata nel design e nei materiali; ulteriori rivoluzioni nella manifattura delle plastiche permisero di creare occhiali stampati a iniezione che, riscaldati, potessero modellarsi per adattarsi al viso del proprietario. Le montature di questo periodo dei grandi brand sono tuttora in condizioni così buone da sembrare nuove e non vintage.
square
Queste innovazioni tecniche permisero di realizzare montature sempre più grandi, mantenendone però la leggerezza. In questo periodo si iniziò anche a prestare attenzione al colore in correlazione con le tonalità della pelle e del makeup. Come molte altre forme, anche i grandi occhiali tondi di Jackie O ebbero un’evoluzione verso una forma più squadrata, che è diventata poi iconica. Grazie all’invenzione delle lenti fotocromatiche e delle lenti scure graduate, inoltre, gli occhiali da sole potevano essere indossati in qualsiasi momento, anche al chiuso. Nel corso della decade, numerosi grandi artisti legarono la propria immagine a quella degli occhiali che indossavano; tra questi Elvis Presley, John Lennon ed Elton John. Da notare che Lennon, in protesta verso le esagerazioni delle altre star, acquistava i propri iconici occhiali tondi a basso prezzo tramite il British National Health Service.
A fronte, da sinistra in alto: montatura in plastica bianca di Michael Selcott Designs, Regno Unito; montatura in tartaruga stile pilot; montatura leggera di Optyl per Lanvin, Francia; occhiali da sole in plastica a iniezione; montatura in plastica trasparente, Francia; occhiali da sole con astine basse di Yves Saint Laurent; particolare di manifesto pubblicitario per Silhouette Futura Sunglasses.
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storia/ il novecento/ 1980 Gli anni Ottanta furono un periodo di cambiamenti sociali e prosperità economica in molti paesi. La moda era un mix di stili contrastanti, con la street culture che influenzava fortemente i trend grazie all’avvento dell’Hip Hop e della New Wave. L’eyewear rifletteva questi trend attraverso la grande varietà di modelli offerti. Le montature erano solitamente oversize, alcune in decisi, eleganti colori primari, altre in pallidi pastelli traslucidi. L’influenza del Gruppo Memphis, fondato da Ettore Sottsass, si può trovare in alcune montature dai colori vibranti con pattern contrastati. Nacque anche il trend delle montature dalle forme esagerate e assurde, come animali, bicchieri da cocktail, persino la Tour Eiffel.
shutter shades
Il successo dei Wayfarer raggiunse i livelli più alti grazie al successo del film The Blues Brothers (1980). Le vendite salirono alle stelle, anche se l’occhiale rimaneva principalmente rivolto al pubblico maschile, pur essendo indossato anche da alcune donne. I divi della musica, come quelli del cinema in precedenza, legarono la propria immagine a montature distintive. Nel 1982, inoltre, compaiono per la prima volta (nel video Glittering Prize dei Simple Minds) gli Shutter Shades, occhiali con una serie di stecche al posto delle lenti, senza alcuna utilità se non quella di provocatorio accessorio fashion.
A fronte, da sinistra in alto: occhiali da sole beige; montatura in plastica da uomo con dettaglio shutter shade parziale; occhiali effetto pelle di serpente da uomo in plastica; modello realizzato a mano a forma di bocche da Lawrence Jenkin per Anglo American, Regno Unito; modello di Oliver Goldsmith, Regno Unito; modello asimmetrico in acetato e metallo, Taiwan; modello di Pierre Cardin in tartaruga.
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storia/ il novecento/ 1990 La moda mainstream anni Novanta vide la diffusione dei “superbrand” come Nike, Gap e Burberry. Il loro segno distintivo fu l’applicazione estrema del proprio logo su tutti i prodotti, particolarmente evidenti sulle astine degli occhiali. double bridge
Anche il nascente movimento del “girl power” lasciò il suo segno sulla moda, e Persol fu tra i brand che sfruttarono questa corrente, introducendo il modello 830 per Ornella Muti e l’853 per la supermodel Carol Alt. In contrasto con gli eccessi degli anni Ottanta, la moda divenne dunque più sofisticata, legata appunto all’eleganza dei super brand e delle super model. Con la diffusione dello stile heroin-chic sulle passerelle si diffuse l’uso degli occhiali da sole di giorno e di notte, per coprire le occhiaie. Kate Moss, icona di questo stile, indossava i Wayfarer o modelli oversize anni Settanta. Un altro classico, i teashades delle rockstar anni Sessanta e Settanta, fu presentato sotto una luce molto diversa in questa decade: con lenti colorate in varie tinte, venne usato nei film per descrivere personaggi pericolosi e psicotici, come Léon (1994). Con l’avvicinarsi del nuovo millennio, sembrava che ogni possibile stile di montatura fosse già stato progettato, per cui i designer rivolsero lo sguardo al passato. Il vintage è diventato la parola d’ordine del Ventunesimo secolo, con molte aziende che rinnovano linee di successo attraverso nuove tecniche e materiali.
A fronte, da sinistra in alto: montatura effetto tartaruga con effetto mosaicato di Silhouette, Francia; modello 958 di Cazal, Germania; occhiali in acciaio "Torre Eiffel" per Jean Paul Gaultier di Murai, Giappone; occhiali da sole unisex tartarugati di Lawrence Jenkin per Anglo American, Regno Unito.
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storia/ oggi Nel corso del tempo l’industria dell’occhialeria si è espansa e le compagnie si sono unite, portando allo stato di fatto attuale, in cui poche grandi compagnie controllano la quasi totalità delle montature prodotte. La Luxottica, il principale di questi marchi, nata come piccola azienda negli anni Sessanta, oggi è un mega conglomerato che possiede i diritti di licenza dei più grandi brand di moda al mondo, come Versace, Coach, Dolce e Gabbana e Chanel. Possiede la maggior parte dei negozi di occhialeria come Lenscrafters, Target Optical e Sunglasses Hut e persino Eyemed, una delle principali compagnie assicurative di occhialeria. Questo monopolio ha causato un innalzamento vertiginoso dei prezzi, con profitti che talvolta superano il 400% dei costi di produzione. Inoltre, l’utente ha solo l’illusione di poter compiere una scelta nel momento in cui acquista un occhiale. La maggior parte dei marchi di alta moda, infatti, non produce i propri occhiali, ma vende i diritti a una compagnia come Luxottica, che produce e vende occhiali firmati per cifre astronomiche, direttamente all’ottico, e poi restituisce una parte del ricavato al marchio. Poi, prima di venderlo, l’ottico alza ancora il prezzo dell’oggetto. Tuttavia, l’avvento e la diffusione dell’e-commerce e delle nuove tecnologie di prototipazione rapida si sono inserite in opposizione con questo contesto, con l’intento di diversificare il mercato con proposte a prezzi moderati e basate su logiche lontane da quelle della grande produzione.
Sopra: modello Versace 4329 prodotto da Luxottica, loghi dei brand attualmente prodotti da Luxottica.
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Percezione Interfaccia comunicativa Contrasti Relazioni
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percezione/ interfaccia comunicativa "La suprema delizia dell’oggetto si rinviene nelle sue variabili intrinseche, che rendono possibile il binomio trasfigurazione-identificazione. Esso ci dà l’opportunità di cambiare e rimanere, intimamente differenziati e coerenti; di rap/presentarci nella comunità come individui oppure, al contrario, di trovare un senso d’appartenenza, divenendo membri partecipi d’un gruppo che si materializza, anche socialmente, forse almeno in parte, grazie allo stesso camaleontico e sincretico oggetto. Invenzione evolutiva e progressista, forse millenaria, oggi, nell’apoteosi di se stessa, in parallelo, imita l’anima. Mostra, oscura, rivela, nasconde o illumina come una porta illusoria e senza ingresso, sospeso in aria…" Antonio Meersohn, Gli occhiali dalla A alla Z - For your eyes only?
Nell’avvicendarsi delle epoche, dall’invenzione delle prime montature fino alla loro massiva produzione e diversificazione dei giorni nostri, gli occhiali sono stati considerati in molti modi: meri strumenti per migliorare la visione, attributo di soggetti fisicamente deboli ma mentalmente acuti, simbolo di status per i divi del mondo dello spettacolo, irrinunciabile accessorio alla moda. Ciò su cui si focalizza poco l’attenzione è il ruolo degli occhiali nella comunicazione e nella formazione dell’identità individuale: dalla loro posizione privilegiata di fronte agli occhi, influenzano sia la percezione di chi li indossa sia di chi si interfaccia con la persona che li porta. Chiunque indossi un paio di occhiali, specialmente avendone bisogno ogni giorno per vedere bene, instaura con essi uno dei rapporti più stretti che esistano tra persona e oggetto, anche considerando i prodotti della moda, che sono, specialmente nella nostra epoca, fortemente rappresentativi della personalità del soggetto che li possiede. A ben pensarci, infatti, gli occhiali sono l’unico accessorio che viene posto direttamente sul viso, se si escludono interventi di modificazione corporea come i piercing e i tatuaggi (comunque piuttosto rari sul viso).
In questa pagina: composizione con occhiali da sole Edge Sharp di Céline, spremiagrumi Juicy Salif, progettato da Philippe Starck per Alessi, e anelli a forma di naso e bocca di Missoni (Elle Decor Italia, marzo 2017).
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percezione/ interfaccia comunicativa/ filtro In un mondo in cui la vista è il senso più utilizzato, le lenti oftalmiche assumono la fondamentale funzione di acuire la visione, permettendo (ma pur sempre filtrando) la visione del mondo. Analogamente, le lenti colorate pongono un filtro non indifferente alla percezione. Una scena percepita a occhio nudo è molto diversa se vista attraverso delle lenti da sole; modificando la tonalità della lente, si possono attribuire diverse sensazioni ed emozioni a un paesaggio. "Guardare il mondo attraverso lenti rosa" è, ad esempio, un modo di dire per descrivere la personalità di persone ingenue ed ottimiste, che approcciano la vita in modo leggero e spensierato. Dall’altro lato, le lenti scure o addirittura specchiate pongono un notevole ostacolo alla comunicazione, impedendo all’altra persona di comprendere l’espressione di chi ha di fronte. Indossare questo tipo di lente è spesso un espediente dei giocatori di poker.
A fronte: occhiali in plexiglass rosso, utilizzati dallo studio norvegese Skrekkøgle durante la mostra DRC Exhibition (2012) per filtrare l’eccesso di informazioni presentate in rosso e mostrare il testo ciano invisibile a occhio nudo.
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percezione/ interfaccia comunicativa/ morfologia Al di là della funzione bilaterale di filtro data dalle lenti, è la stessa montatura a diventare parte integrante dell’identità del soggetto. Sia per chi la indossa sia per chi si relaziona con una persona “occhialuta”, diventa un tratto imprescindibile del viso, che si fissa nella memoria come fosse un vero e proprio tratto morfologico. In questo si differenzia completamente da altri accessori e abiti, che non vengono cognitivamente posti allo stesso livello delle forme del corpo, ma ne rimangono un attributo distinto. Vedere il proprio viso o quello di un altro “spogliato” degli occhiali è una scoperta, sia che la montatura abbia una struttura importante, sia che sia piccola e sottile. Non solo, proprio la scelta del tipo di montatura rivela molto del proprietario, della sua sicurezza in se stesso e del valore che dà alll’estetica.
A fronte: alcuni componenti di Identipops, un gioco per bambini lanciato da Play Value Ltd nel 1969. L’obiettivo era costruire la propria popstar preferita combinandone i tratti, oppure crearne una nuova mischiandoli tra loro.
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percezione/ interfaccia comunicativa/ gestualità Un livello finale di comunicazione dato dall’uso degli occhiali è quello gestuale: dal gesto disinvolto e ammiccante di sfilarli o sollevarli leggermente dagli occhi, fino all’abitudine involontaria di risistemarli sul naso, essi aggiungono carattere a chi li indossa anche attraverso la manualità. Tra i tipi di comunicazione non verbale sostenuta dagli occhiali ci sono: il nervosismo di una persona che continua a sistemarsi gli occhiali, a giocare con le astine o a pulire le lenti: questi atteggiamenti vanno interpretati come un sintomo della sua insicurezza; d’altra parte togliersi (una volta) gli occhiali e pulirli può essere un espediente per concedersi una pausa di riflessione; invece, chi vuole evitare per un attimo il contatto dello sguardo dell’interlocutore può togliersi gli occhiali e massaggiarsi il naso nel punto d’appoggio. Giocare con la stanghetta e mettersela in bocca sono gesti che vengono usati per prendere tempo o rinviare una decisione; inoltre, è stato rilevato (Desmond Morris, La scimmia nuda. Studio zoologico sull’animale uomo) che l’atto di portare un oggetto alle labbra è un tentativo di rivivere la sicurezza che provavamo da bambini a contatto col seno materno. La stanghetta in bocca è dunque un gesto di rassicurazione.
A fronte: frame estratti da un video di Beyoncè, una puntata di Saturday Night Live, una scena del telefilm "Orange Is The New Black" e una scena del film "Il Diavolo veste Prada".
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“Non riesco a pensare senza i miei occhiali� Vivienne Westwood
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percezione/ contrasti
“Portare gli occhiali non significa saper leggere� Proverbio
Parlare di occhiali significa parlare di un tema complesso e ampio in quanto si tratta di un oggetto di uso comune, ma allo stesso tempo caricato di fascino e significati come pochi altri. Per questo, la percezione che ne ha la società occidentale si è grandemente evoluta col tempo e molte sono le contraddizioni e le dispute intorno ad essi. In queste pagine i modi in cui gli occhiali vengono considerati, i significati che gli vengono dati, e quindi le metafore che servono a rappresentare, sono presentati a coppie di opposti.
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compensare
correggere
Prima di tutto, gli occhiali nascono come dispositivo medico, per correggere una disfunzione dell’occhio. Parlare di lenti “correttive” è però un uso sbagliato del linguaggio. Quando una persona miope, presbite, astigmatica o ipermetrope si leva gli occhiali, torna a vedere male come prima. Solo la chirurgia può correggere, gli occhiali si limitano a compensare, proprio come una qualsiasi protesi che rimpiazza artificialmente, in tutto o in parte, una funzione corporale. Questa funzione di compensazione porta però anche effetti negativi: per la maggior parte delle patologie, l’uso continuo dell’occhiale porta all’indebolimento del muscolo ciliare, responsabile dell’accomodazione, che lavora sempre meno nella misura in cui la protesi lo supplisce. Allo stesso modo, l’uso troppo frequente degli occhiali da sole può generare iper-fotosensibilità.
In questa pagina: Spectacles, Jan van der Straet, 1638.
utilità
moda
C’è da chiedersi perché al giorno d’oggi, con la possibilità di indossare le lenti a contatto e con le operazioni chirurgiche a laser che hanno fatto passi da gigante, ancora la maggior parte delle persone preferisca continuare a indossare occhiali. La motivazione principale, al di là della paura o del prezzo elevato delle operazioni, è che gli occhiali non vengono percepiti allo stesso modo di una protesi. Certamente non gli occhiali da sole, la cui diffusione massiva a partire dai primi decenni del Novecento non è dipesa tanto dalla loro utilità quanto dall’associazione con la vita glamour dei divi del mondo dello spettacolo. Anche gli occhiali da vista, tuttavia, hanno visto un’evoluzione nel secolo scorso che li ha allontanati sempre di più dall’ambito medico per legarli ormai quasi completamente al mondo della moda. Tuttavia, se a livello commerciale la montatura da vista è inserita da molto tempo nel sistema degli accessori moda, a livello psicologico la conquista è piuttosto recente; in controtendenza con la visione tradizionale, essere “geek” è diventato fashion, e di conseguenza l’occhiale, simbolo del “secchione”, viene addirittura indossato con lenti neutre, non più per correggere un vizio della vista ma per apparire più attraenti.
In questa pagina: fotografia anni Sessanta con montature in plastica bianca.
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oriente
occidente
È necessario fare una precisazione rispetto a quanto si è detto finora: l’associazione negativa dell’occhiale con la debolezza è una concezione tutta occidentale. In Oriente gli occhiali non sono mai stati stigmatizzati come in Occidente, anzi, di fatto successe esattamente il contrario. Ne è prova il fatto che, prima del XX secolo, quando la moda occidentale ha preso il sopravvento, le montature erano molto più grandi e ostentate, con intarsi e simboli. L’ideale confuciano di riverenza filiale associava infatti la vecchiaia alla venerazione, non alla decrepitezza. Il bambino studioso che indossava gli occhiali veniva visto in Occidente come fisicamente debole, ma in Oriente come un potenziale futuro burocrate mandarino. Molti esempi di occhiali cinesi non graduati dimostrano che venivano utilizzati semplicemente per apparire intelligenti.
In questa pagina: uomo cinese con indosso una montatura tradizionale, 2012.
saggezza
accecamento
Nella percezione occidentale gli occhiali hanno una paradossale ambivalenza: tradizionalmente, sono infatti immagine di comprensione, saggezza, chiaroveggenza. Questa concezione è chiaramente legata alle origini dell’oggetto, quando la cultura era appannaggio di pochi e ad indossare gli occhiali erano solamente gli intellettuali e i monaci, che ne avevano bisogno per produrre testi miniati. Si dice proverbialmente a chi si inganna su qualcosa: “Mettiti gli occhiali”; e si potrebbero citare molti altri esempi su questa linea. Ma ne esistono anche diversi altri con significato opposto: in alcune incisioni del XVI secolo gli occhiali indicano la cecità intellettuale dei dottori ai quali Gesù tenta di rivelare il vero senso della parola divina. Portare gli occhiali può dunque significare anche incomprensione e accecamento.
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progresso
oppressione
Questo accostamento degli occhiali all’accecamento intellettuale è ben visibile nelle rappresentazioni satiriche dalla fine del XVII secolo e nel successivo. Rappresentare una borghesia occhialuta, grottesca e piena di sé, simbolo di un’idea di modernità che si esprime attraverso il trionfo dell’industrializzazione e la nascita della società dei consumi è un messaggio molto forte contro l’indiscriminato progresso della tecnica e le sue conseguenze. Portare gli occhiali significa in questo caso farsi illusioni e non vedere al di là del proprio naso. Ma questo suona paradossale se si pensa che gli occhiali sono anche considerati tra gli artefatti più progressisti che siano stati inventati dall’essere umano, un mezzo per eguagliare e prolungare fino ad età avanzata la vista di tutti.
In questa pagina: Gli occhiali, Louis Leopold Boilly.
vedere meglio
ingannare
Le prime grandi scoperte ottiche come le lenti, la camera oscura e il cannocchiale furono ottenute alla cieca, grazie al caso e ad esperienze accidentali. Per questo, fino a Galileo e Keplero, ma anche molto tempo dopo, l’osservazione viene vista con diffidenza, considerata ingannevole; una sfiducia con radici platoniche, verso un sapere concepito come una visione, che non è in realtà visione ma cecità. Per questa ragione gli occhiali, a partire dalla loro comparsa e per molto tempo in seguito, sono collegati all’inganno, al diavolo e ai demoni, a prova di una forte diffidenza verso le illusioni che si possono percepire attraverso le lenti. Questa avversione può anche essere giustificata da un argomento tecnico non trascurabile: nonostante la crescente qualità delle lenti, il vetro presenta sempre, almeno fino al XIX secolo, delle imperfezioni diottriche. Ciò fornisce un forte argomento ai detrattori degli occhiali e spiega quanto sia stato difficile credere a ciò che poteva essere visto solo attraverso una lente.
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pudore
erotismo
Se gli occhiali possono ingannare, hanno anche il potere di nascondere e mostrare, creando suggestioni erotiche. L’erotismo nasce proprio dalla tensione tra le azioni di velare e svelare il desiderio espresso dallo sguardo. Le lenti scure appaiono in armonia con la gioventù, l'eleganza e il sex appeal; non servono solo a celare gli occhi, ma anche ad alludere alla passione che tentano di nascondere; gli occhiali da vista, i binocoli e le lenti di ingrandimento sono invece sinonimo di spiata, di osservazione furtiva. Coprire lo sguardo con gli occhiali serve quindi a renderlo ancora più attraente e allo stesso tempo mantenere una parvenza di pudore mentre si sbircia impunemente qualcosa. Inoltre, esiste un legame tra la lente scura e il pudore di nascondere la propria sofferenza, le lacrime e il rossore degli occhi: l'occhiale da sole è diventato un accessorio che la moda pretende si indossi durante i funerali; anzi, si è quasi sostituito iconicamente al velo nero della vedova.
vita
morte
Nel corso della storia la vista ha assunto sempre più importanza nella nostra società e gli occhiali hanno svolto e svolgono il ruolo di prolungare l’acutezza visiva il più a lungo possibile, diventando quindi simbolo di vitalità, conoscenza e chiarezza, icone del progresso della tecnica e della medicina. Gli occhiali permettono di affermare la superiorità dell’uomo sulla natura, correggendone gli effetti. Ma, di contro, hanno simboleggiato anche la morte, l’aumento dell’entropia che cresce con la vecchiaia e che gli occhiali possono solo tentare di rallentare, rendendola allo stesso tempo dolorosamente evidente. L’ambivalenza della vita e della morte nella rappresentazione degli occhiali permane per molti secoli: se durante il Medioevo i padri della Chiesa vengono rappresentati con gli occhiali un secolo prima della loro invenzione in segno di rispetto per il loro sapere e la loro autorità, fino al XVII secolo almeno indossarli viene considerata una disgrazia. Solo nel XVIII e XIX secolo la montatura comincia a diventare accessorio, e le persone si lasciano raffigurare indossandola; a quel punto il modo di portarla rivela il carattere: gli occhiali fanno segno.
In questa pagina: scena del film “La corazzata Potëmkin” (1925).
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"Ogni arricchimento dei nostri mezzi di conoscenza grazie a strumenti e a scienze specialistiche dimostra solo la decadenza delle nostre facoltĂ naturali di conoscenza. Certo le epoche primitive avevano meno mezzi, ma sensi piĂš acuti. CosĂŹ gli occhiali sono la prova che abbiamo rovinato i nostri occhi." Richard Wagner
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percezione/ relazioni
La conoscenza passa anche attraverso le piccole cose. Non per questo è una piccola conoscenza. Anzi, dalle piccole cose, dagli artefatti quotidiani, dagli oggetti d’uso comune si irradia una trama di connessioni capaci di rivelare spazi di sapere profondi, spesso lontani fra di loro, che proprio attorno a un oggetto trovano il modo di condensarsi e dialogare. Raimonda Riccini, Gli occhiali presi sul serio.
Esplorare le relazioni di un oggetto di uso comune come l’occhiale con varie espressioni del mondo dell’arte e della creatività permette di comprenderne più a fondo il significato sociale e la percezione che la società ha delle persone che indossano gli occhiali. In particolare, permette di evidenziare lo stretto rapporto che l’oggetto instaura con la definizione dell’identità del soggetto. Questo appare evidente nelle arti figurative, specialmente nel cinema, nella caratterizzazione dei personaggi. Ma anche gli stessi personaggi famosi nella vita reale legano spesso l’immaginario che si crea intorno alla loro figura a delle paia di occhiali che, in casi estremi come l’esempio di John Lennon, si possono sostituire completamente all’immagine del personaggio ed essere comunque riconoscibili.
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percezione/ relazioni/ arte Com’è ovvio, un oggetto così espressivo come l’occhiale non ha potuto che attirare l’interesse di artisti e creativi di tutte le epoche. A partire da Man Ray, fino ad artisti africani contemporanei come Cyrus Kabiru, che realizza montature futuristiche con la spazzatura, la realizzazione di montature al limite dell’immaginabile rappresenta un filone artistico considerevole ed affascinante. Nella ritrattistica, invece, il ruolo degli occhiali ha assunto un valore sempre più rilevante nel corso del tempo, quando coloro che venivano ritratti hanno smesso di vederli come un segno di vecchiaia e debolezza. Gli stessi artisti hanno iniziato ad autoritrarsi con le proprie montature sul viso. Il potere degli occhiali è quello di diventare metafora del personaggio che li indossa, come hanno capito bene il fotografo André Kertész, che ritrae i propri soggetti mostrande solo gli occhiali, e l’illustratrice Zara Picken, diventata famosa per aver “ritratto” la città di Londra come una donna che indossa lo storico logo della metro come lenti.
A fronte, da sinistra in alto: Marcel Marien,“L’introuvable” (1937); Cyrus Kabiru,“Trash Glasses” (2015); serie fotografica di Tahdiwe Muriu,“Camo”; Percy Lau,“Seeing is believing” (2013); Man Ray,“Optictopic”, argento placcato in oro (1972); Marc Moser,“Sea Pink” (2011, spiaggia di Aarhus); Alessandro Mendini,“Occhiali farfalla” per Alchimia, acciaio (1986); Bruno Munari,“Occhiali paraluce”, cartone (1954).
percezione/ relazioni/ arte/ artefatti
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percezione/ relazioni/ arte/ ritratti
Da sinistra in alto: illustrazioni di Paola Casagrande per i calendari Luxottica (anni Ottanta); Norman Rockwell,“Triplice autoritratto” (1960); Piero Fornasetti “Tema e variazioni n.286”; Therese Schwrtze,“Autoritratto” (1917); Tamara De Lempicka,“Pierre De Montaut” (1931); fotografia di André Kertész,“Gli occhiali e la pipa di Mondrian” (1960); foto di Billy Kidd, ritratto di Jason Sudeikis per Black Book (2011); George Cruikshank, vignette satiriche (1809); illustrazione di Londra di Zara Picken,“Underground fashion” (2015).
Da sinistra in alto: Anna Dorothea Therbusch,“Autoritratto” (1777); fotografia di André Kertész,“Mani di Paul Arma” (1928); murales di Frank Schaefer,“Monna Lisa Pop”; foto di Felix Akinniran Olunloyo (1950); Pablo Picasso,“Ritratto di Jamie Sabartes” (1939); Renè Gruau,“Ritratto di Fleur Cowles”; Gino Severini,“Autoritratto” (1913); Tommaso da Modena,“Cardinale Hugues de Saint Cher” (1352); Giorgio De Chirico,“Ritratto di Apollinaire” (1914); logo dell’illustratrice Olimpia Zagnoli; Francesco Hayez,“Camillo Benso conte di Cavour” (1864).
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percezione/ relazioni/ videoclip Una menzione a parte merita il rapporto tra l’occhiale e il mezzo artistico del videoclip musicale, fenomeno che ha segnato i nostri tempi in particolare dagli anni Ottanta in avanti. Si tratta di un potentissimo strumento commerciale per gli artisti, ma anche un’occasione per registi, videomaker e stilisti di realizzare materiale particolare, sopra le righe ed iconico. In questa particolare situazione, l’intrinseca espressività degli occhiali viene estremizzata fino a fargli perdere completamente la funzione originaria di agevolazione della visione; addirittura, molto spesso le montature sono prive di lenti e coprono completamente gli occhi del soggetto. L’esempio più classico e iconico è il modello shutter shades, comparso negli anni Ottanta e poi ripreso da Kanye West. Ma dalla montatura “a rovescio” con cui P!nk esprime il suo essere ribelle, passando per gli occhiali-corona di Missy Elliott, per arrivare agli estremi della regina dell’eccesso Lady Gaga, che, tra le altre, indossa una montatura fatta di sigarette fumanti, gli occhiali “inutili” del mondo della musica sono tantissimi e incredibilmente espressivi, pur nascondendo gli occhi; talvolta sono addirittura lo schermo su cui il videoclip stesso o particolari animazioni sono proiettati.
A fronte, da sinistra in alto: “She’s a rainbow” - The Rolling Stones (1967);“Obsession” - Animotion (1982); “Glittering prize” - Simple Minds (1984); “The rain” - Missy Elliott (1997); “Stronger” - Kanye West (2007); “Diva” - Beyonce (2008); “Love game” - Lady Gaga (2008); “I’m not alone” - Calvin Harris (2009); “So What” - P!nk (2009); “California gurls” - Katy Perry ft.Snoop Dogg (2010); “Telephone” - Lady Gaga (2010); “Shake it off” - Taylor Swift (2014); “Dark necessities” - Red Hot Chili Peppers (2016); “Hard times” - Paramore (2017); “Estate dimmerda” Salmo (2017)
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"Complicare è facile.
In queste pagine: due modelli degli "Occhiali Paraluce" di Bruno Munari, riprodotti in migliaia di esemplari per l'antologica di Palazzo Reale a Milano nel 1986.
Semplificare è difficile." Bruno Munari
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percezione/ relazioni/ cinema/ iconografia In queste pagine si analizzano gli occhiali in qualità di “oggetti di scena”, utilizzati nel cinema per dare carattere ai personaggi. Raccogliendo esempi categorizzati per tipologia di personaggio si ottengono dei chiari riferimenti iconografici, che rendono evidente come, pur se le montature variano molto, esse conservano dei tratti caratteristici che legano il singolo personaggio al suo immaginario di riferimento. Allora tutti i personaggi di cui deve essere evidente l’età avanzata usano lenti spesse “a fondo di bottiglia”, per evidenziare la diminuzione della vista; i personaggi “nerd” hanno un’iconografia fortemente definita, con montature grandi e spesse, che fanno da cornice ad una personalità impacciata e amabile; i personaggi maschili e femminili più “cool” condividono l’iconografia della lente scura, che permette giochi di sguardi e seduzione, ma le loro montature sono radicalmente diverse e legate all’identità sessuale; anche i personaggi eccentrici e un po’ folli indossano lenti colorate, ma di gradazione meno scura, spesso arancioni o viola; infine, i criminali indossano montature piccole, solitamente con lenti scure, che induriscono i tratti del viso.
1. Anziani Montature ful vue di piccole dimensioni, lenti molto spesse
GLI ARISTOGATTI (1971)
AVVENTURE DI PAPERI (1990)
FUTURAMA (1999)
THE SIMPSONS (2007)
BLADE RUNNER 2049 (2017)
SCOOBY-DOO (2002)
LITTLE MISS SUNSHINE (2006)
2. Intelligenti e “secchioni” Montature grandi, spesso di forma arrotondata
SUSANNA! (1949)
DETECTIVE CONAN (1997)
HARRY POTTER E LA PIETRA FILOSOFALE (2001)
IL DIRITTO DI CONTARE (2016)
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3. Uomini affascinanti Lenti scure, montature di taglio decisamente maschile
LA DOLCE VITA (1960)
OTTO E MEZZO (1963)
IL CASO THOMAS CROWN (1968)
EASY RIDER (1969)
LOLITA (1962)
BELLA DI GIORNO (1967)
4. Donne fatali Lenti scure, montature a occhi di gatto
LA FIAMMA DEL PECCATO (1944)
CACCIA AL LADRO (1955)
TOP GUN (1986)
MEN IN BLACK (1997)
5. Eccentrici Montature di forma varia, il tratto in comune sono le lenti colorate
PULP (1972)
CERCASI SUSAN DISPERATAMENTE (1985)
PAURA E DELIRIO A LAS VEGAS (1998)
FIGHT CLUB (1999)
LA FABBRICA DI CIOCCOLATO (2005)
DJANGO UNCHAINED (2012)
6. Malvagi o criminali Montature piccole, danno al viso un aspetto duro, “chirurgico”
BROTHER (2000)
IL MARATONETA (1976)
LÉON (1994)
SCARFACE (1983)
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percezione/ relazioni/ cinema/ semantica Per alcuni personaggi gli occhiali sono ancora più fondamentali che per altri; non solo contribuiscono a dare carattere alla figura, ma diventano essi stessi un tratto imprescindibile di chi li indossa, tanto che senza di essi il personaggio diventerebbe irriconoscibile o perderebbe le qualità che lo rendono ciò che è. Questo legame profondo è ancora una volta reso possibile dal posizionamento privilegiato dell’oggetto davanti agli occhi. Se essi sono lo specchio dell’anima, gli occhiali ne sono la cornice, li inquadrano e li evidenziano, o vi si sostituiscono completamente se hanno le lenti scure, prendendone simbolicamente e visivamente il posto.
VIVA LO SPORT (1925) In questo, come in tutti gli altri suoi film, Harold Lloyd indossa le vesti del suo personaggio, un giovane ambizioso ed arrivista, indossando i caratteristici occhiali tondi.
LA GUERRA LAMPO DEI FRATELLI MARX (1933) L’inconfondibile viso del comico Groucho Marx è definito da poche evidenti caratteristiche, tra cui la sottile montatura tonda in metallo.
COLAZIONE DA TIFFANY (1961) La giovanissima e affascinante Holly interpretata dalla Hepburn è resa indimenticabile dagli abiti che indossa, ma soprattutto dalla montatura scura che si leva con eleganza per osservare la vetrina.
THE BLUES BROTHERS (1980) Gli onnipresenti vestiti neri, accompagnati dai Wayfarer sul viso sono la tenuta inconfondibile dei fratelli Jake e Elwood Blues.
X-MEN (2000) Il personaggio di Ciclope non è pensabile senza gli occhiali che gli permettono di controllare i raggi ottici che costituiscono il suo potere mutante.
C’ERA UNA VOLTA IN MESSICO (2003) Gli occhiali scuri dell’agente Sands, da cui trapela il sangue colato dagli occhi feriti, diventano un tutt’uno con il suo viso.
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percezione/ relazioni/ cinema/ semantica/ trasformazioni Essendo posti sul viso, gli occhiali sono l’oggetto di scena ideale per rappresentare una trasformazione nel personaggio o per travestirlo e farlo apparire “irriconoscibile” ai fini della trama. Questo espediente è diffusissimo nel mondo del cinema e gli esempi sono molteplici; quello che quasi tutti hanno in comune è il contrasto di personalità che si evince nel personaggio quando indossa gli occhiali e quando ne è privo: fatta esclusione per The Matrix, in cui l’occhiale scuro che compare sul naso dei protagonisti all’interno della matrice ne aumenta l’immagine di forza e mistero, tutti i personaggi tendono a levarsi l’occhiale per diventare più potenti, nel caso dei supereroi, o più belli e spigliati nel caso di personaggi imbranati e bruttini, che si prendono la propria rivalsa sulla società. L’espediente inverso viene utilizzato in “A qualcuno piace caldo”, in cui il protagonista indossa gli occhiali da vista pur non avendone bisogno, per apparire più colto agli occhi dell’amata.
A QUALCUNO PIACE CALDO (1959) Lo squattrinato Joe indossa occhiali a fondo di bottiglia per conquistare l’avvenente Zucchero, in cerca di un miliardario “con occhiali e yacht” da sposare.
THE MATRIX (1999) Neo e gli altri protagonisti indossano “automaticamente” piccoli occhiali da sole quando entrano nella matrice. Si tratta di un espediente visivo per rendere più evidente il passaggio.
PERDUTAMENTE TUA (1942) La zitella Charlotte viene salvata dalla depressione da uno psichiatra. Questo processo che la trasformerà in una donna affascinante e sicura di sè inizia con l’eliminazione degli occhiali, spezzati dal medico.
LE FOLLI NOTTI DEL DOTTOR JERRYLL (1963) La strana montatura del professor Kelp distingue il suo personaggio imbranato ed introverso dall’alter ego affascinante in cui il protagonista si trasforma grazie a un siero miracoloso.
PRETTY PRINCESS (2001) La trasformazione di Mia Thermopolis da studentessa imbranata e poco popolare a principessa passa anche per la sostituzione degli occhiali da vista con delle lenti a contatto.
TOOTSIE (1982) Gli occhiali fanno parte dell’abbigliamento femminile che trasforma l’attore fallito Michael in Dorothy, protagonista di una serie di grande successo.
SPIDERMAN (2002) La guarigione di Peter Parker dalla miopia è uno degli indizi più evidenti della sua trasformazione in supereroe a seguito del morso di un ragno geneticamente modificato.
SUPERMAN II (2007) Sia nei fumetti che nei numerosi film, Clark Kent tiene nascosta la propria identità di supereroe indossando un paio di occhiali che regolarmente abbandona nel momento della trasformazione.
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"Adorava New York, anche se per lui era una metafora della decadenza della cultura contemporanea [...] Era duro e romantico come la cittĂ che amava. Dietro i suoi occhiali dalla montatura nera, acquattata ma pronta al balzo, la potenza sessuale di una tigre..." Woody Allen, Manhattan
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percezione/ relazioni/ personaggi Se un paio di occhiali può dare vita e carattere a un personaggio inventato, a maggior ragione può contribuire all’immagine di un personaggio reale, rendendolo riconoscibile e unico. Sono molti i divi che sfruttano questo vezzo per rendersi più interessanti, o che loro malgrado vengono comunque ricordati con gli apparecchi che gli sono necessari a vedere. Ovviamente, ci sono personaggi più legati di altri a questo oggetto, e una menzione a parte merita la figura di John Lennon, che nella vita e persino nella morte è stato legato agli occhiali che portava. L’interesse di categorizzare i personaggi occhialuti in base alla propria professione sta nel notare come ogni gruppo tenda ad assomigliarsi per il tipo di montatura che porta: le esuberanti figure dei cantanti e degli attori sembrano preferire montature importanti, che si fanno notare; invece gli intellettuali preferiscono montature dall’aspetto un po’ “nerd”, mentre architetti, designer e creativi hanno una chiara predilizione per la simmetria della lente tonda; gli occhiali degli sportivi devono essere semplici e funzionali, talvolta protettivi, mentre quelli dei politici devono indicare trasparenza e sicurezza d’animo.
A fronte: John Lennon in una foto promozionale dei Beatles del 1964; Lennon in una ripresa del film “Come ho vinto la guerra” (1967); cover dell’album Walls and Bridges, registrato da Lennon nel 1974; Lennon durante le riprese di un video promozionale; fotografia scattata da Joko Ono subito dopo la sparatoria in cui Lennon è stato ucciso (8 dicembre 1980, Manhattan, New York); Juan Gonzalez con la statua di Lennon a L’Havana, nella foto di un turista.
percezione/ relazioni/ personaggi/ john lennon
1. Fino al 1966, John indossa sempre le lenti a contatto
2. I suoi iconici occhiali compaiono per la prima volta durante le riprese del film “Come ho vinto la guerra”
3. Da allora, John non si separa più dagli occhiali, in particolare predilige montature “teashades”
4. Predilige lenti di colore arancio, capace di aumentare la creatività secondo il Feng Shui, di cui John è seguace
5. L’iconica immagine della sua tragica morte è la foto degli occhiali insanguinati che indossava, scattata da Joko Ono
6. A L’Havana, Juan Gonzalez (95) controlla la statua di John e le pone sul viso gli occhiali solo quando un turista vuole fotografarla, per evitare furti
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percezione/ relazioni/ personaggi/ cantanti e attori
“Con i miei occhiali da sole sono Jack Nicholson. Senza, sono grasso e ho 60 anni.� Jack Nicholson
A fronte: Jack Nicholson. Da sinistra in alto: Anastacia, Bob Dylan, Bono Vox, Elton John,, Elvis Presley, Janis Joplin, Kurt Cobain, Miles Davis, Moby, Ozzy Osbourne, Ray Charles, Stevie Wonder, Grace Kelly, James Dean, Johnny Depp, Robert Downey Jr.
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percezione/ relazioni/ personaggi/ progettisti e creativi
Da sinistra in alto: Achille Castiglioni, Andrea Branzi, Andy Warhol, Ettore Sottsass, Gae Aulenti, Iris Apfel, Le Corbusier, Michele de Lucchi, Oliviero Toscani, Peggy Guggenheim, Philip Johnson, Pierpaolo Pasolini, Piet Mondrian, Steve Jobs, Woody Allen.
percezione/ relazioni/ personaggi/ scrittori
Da sinistra in alto: Bertol Brecht, Herman Hesse, James Joyce, Philippe Daverio, Rudyard Kipling, Simenon, Sartre, Sigmund Freud, George R. Martin, Carlos Ruiz Zafon, Isaac Asimov, Stephen King, Wilbur Smith.
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percezione/ relazioni/ personaggi/ figure politiche
Da sinistra in alto: Benjamin Franklin, Francois Hollande, Gandhi, Henry Kissinger, Jackie Onassis, Jacob Zuma, Kim Jong II, Malcom X, Narendra Mondi, Papa Doc.
percezione/ relazioni/ personaggi/ atleti
Da sinistra in alto: Edgar Davis, Hartmut Weber, Livio Berrutti, Matti Jarvinen, Morgan Hurd, Pawel Fajdek, Sydney Wooderson, Tia Hellebaut, Horace Grant, Kareem Abdul Jabbar, Marco Pantani, Martina Navratilova.
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Moda Sociologia Comunicazione Personalizzazione
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moda/ sociologia
“Inventati come strumento per vedere, gli occhiali sono divenuti gradualmente un dispositivo per essere visti, un elemento di scrittura del corpo paragonabile per certi versi all’abbigliamento e ai suoi accessori.� Ugo Volli, Gli occhiali presi sul serio.
La moda è un fenomeno sociale di grande potenza, la cui natura è suggerita dalle espressioni contrastanti “alla moda” e “fuori moda”. Questi termini indicano un continuo schema di cambiamento per cui alcune forme sociali godono di temporanea accettazione e rispettabilità, solo per essere rapidamente sostituite da altre più al passo con i tempi. Questa volatilità delle forme sociali accettate distingue la moda dal costume, che è sempre consolidato e fisso. I prodotti soggetti all'avvicendarsi delle mode (tra cui rientrano oggi anche gli occhiali) si allontanano dal fare affidamento su forme sociali stabilite e tendono a recepire quelle nuove che riflettono nuovi interessi. Nel processo selettivo delle merci da parte degli utenti, l’elemento più significativo è rappresentato da personaggi di prestigio che attraverso l’adozione di un modello danno a quest’ultimo una legittimazione o un sostegno sociale.
La moda è
1. espressione di sentimenti di ribellione contro la restrizione delle forme sociali prevalenti 2. sottrazione alla noia, soprattutto nella classe agiata 3. eccitazione che deriva dall’avventurarsi in nuove forme di condotta 4. espressione simbolica di interessi sessuali nascosti 5. tentativo di aumentare l’attrattiva del sé
La moda si diffonde
1. secondo un modello TRICKE DOWN: passando dai gruppi sociali elevati a quelli inferiori (modello generalmente più diffuso) 2. secondo un modello TRICKLE UP: contaminazione a partire dagli strati inferiori della società (questo modello era presente già nel Seicento) 3. secondo un modello BUBBLE UP: affioramento delle nuove tendenze dal cosidetto street style, tramite i movimenti giovanili
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moda/ sociologia/ grado zero dell'abbigliamento Il rivestimento, l’abito, la decorazione sulla pelle “creano” il corpo, lo forgiano insieme al mondo circostante. La formazione della propria identità passa notevolmente per la definizione delle caratteristiche fisiche, e tutto ciò che va a rivestire il corpo nudo volge a dare carattere e rendere unico e personale, ma lega anche a gruppi e categorie esistenti, il nostro essere. Ma quello che potrebbe essere definito il “grado zero” dell’abito, il corpo nudo, è già carico di senso poiché è sempre il risultato di un’assenza che gioca un ruolo significante. Gli occhiali risultano essere l'ultimo grado di rivestimento del corpo ad essere rimosso, per un duplice motivo: prima di tutto chi li indossa ne ha bisogno per vedere, quindi è ragionevolmente l'ultimo apparecchio di cui si disfa; in più, come si è visto, essi forgiano notevolmente la fisionomia del viso, per cui levarli significa rivelare quest'ultimo in un modo che, per una persona occhialuta, è quasi pari alla nudità totale del corpo. Si può dire che gli occhiali siano l'ultimo filtro che viene tolto per spogliarsi di se stessi.
A destra: iconica immagine dello stilista Yves Saint Laurent vestito solamente dei suoi occhiali
moda/ sociologia/ morfologia Il corpo è una probabilità alla lotteria della vita e non diventa destino personale che per il modo in cui è assunto e accettato. é nell’accettazione di sé che l’uomo si rende presente a se stesso, assume un atteggiamento nei confronti degli altri, li osserva e si sa da quelli osservato. Ma nell’accettazione, nel progetto che fa di se stesso, egli implica l’immagine tradizionale del gruppo al quale ha deciso di appartenere. La moda accentua la coscienza di sé e la coscienza del corpo quali esse si formano sotto lo sguardo degli altri. 2 L'importanza degli occhiali in questo contesto, nell'accettazione della propria fisicità, in particolare ovviamente della fisionomia del viso, è fondamentale. Gli occhiali celano in tutto o in parte gli occhi, ma nonostante questo influenzano profondamente la morfologia del viso; e possono farlo in due modi diametralmente opposti: seguendo i lineamenti ne possono accentuare le caratteristiche, oppure con una forma esagerata o innaturale possono ricostruirli, rimodellando il viso a piacere.
2 Frederick J. J. Buytendijk, La donna. I suoi modi di essere, di apparire, di esistere, Martinelli, Firenze 1967 (trad. it. di Maria P. Lamico). In questa pagina: immagini pubblicitarie rispettivamente di Fakoshima e BLYSZAK, che mostrano due approcci al design dell'occhiale radicalmente diversi.
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moda/ sociologia/ Simmel L’imitazione corrisponde […] in tutte le sue manifestazioni, per le quali essa è un fattore costitutivo, a uno degli indirizzi basilari del nostro essere, quello che si appaga della fusione dell’uno nel tutto e che nel cambiamento sottolinea ciò che rimane uguale. Ma quando, al contrario, si cerca il cambiamento in ciò che rimane uguale, la differenziazione individuale, l’elevarsi sopra la comunità, là l’imitazione rappresenta il principio negatore e frenante. E proprio perché la nostalgia ci fa indugiare sull’immanente, ripetere i gesti e omologarci agli altri, il suo nemico irriducibile è il desiderio di progredire verso nuove forme di vita indipendenti, e poiché ognuno di questi due principi si protrae all’infinito, la vita sociale appare come il campo di battaglia sul quale essi combattono a ogni pie’ sospinto, e le istituzioni sociali come le rappacificazioni, mai definitive, all’interno delle quali l’antagonismo assume la forma di cooperazione. Con ciò sono spiegate le condizioni vitali della moda quale manifestazione generale nella storia del genere umano. Essa è l’imitazione di un modello dato e soddisfa perciò il bisogno di sostegno sociale, pone il singolo su binari seguiti da tutti, rende il suo comportamento un mero esempio di quello generale. In misura non minore essa soddisfa il bisogno di differenziazione, la tendenza a diversificarsi, variare, distinguersi. […] La moda non è quindi che una delle molte forme di vita attraverso le quali si incontrano, in un’unica azione, la tendenza all’eguaglianza sociale e alla differenza e variazione individuale. 3
3 Georg Simmel, Cultura filosofica, Alfred Kroner Verlag, Lipsia 1919 (trad. it. di Marco Scaldini).
Coloro che detengono la leadership del gusto (oggi sono chiamati influencer) scelgono un particolare prodotto che segnali la loro superioritĂ alla massa
Coloro che aspirano ad arrivare ad essere essi stessi in posizione di leadership iniziano a copiare i segni che contraddistinguono la suddetta categoria
Una volta che un prodotto è diventato inflazionato e "di moda" gli influencer si devono rivolgere a prodotti nuovi e differenti, che li possano distinguere
Anche questa moda viene presto imitata dalle masse e finisce per perdere completamente i suoi tratti di originalitĂ e distinzione
Il ciclo ricomincia e il sistema della moda si autoalimenta, aspirando a una situazione di equilibrio che, se raggiunta, porrebbe fine al sistema stesso
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Nel campo dell’occhialeria il contrasto tra omologazione e distinzione è particolarmente evidente: prima di tutto, la protezione di una forma dal punto di vista legale non è affatto semplice, per cui la proliferazione di modelli tutti simili tra loro è incontrollabile, specialmente per quanto riguarda i classici. L’esempio più lampante è quello dei Wayfarer, iconico modello Ray-Ban nato per mano di Raymond Stegeman nel 1952, all’epoca come modello rivoluzionario, spesso e chiaramente “plasticoso”: si tratta del modello più copiato e rivisitato della storia degli occhiali (la stessa Ray-Ban ne ha prodotto un nuovo modello, con leggere modifiche formali per adattarlo ai tempi). Ovviamente, le differenze tra i diversi prodotti possono essere colte soprattutto nelle diverse fasce di prezzo, finiture e qualità dei materiali impiegati. In aggiunta a questo, la maggior parte degli utenti non si sente a proprio agio con montature troppo originali o appariscenti. I canoni della bellezza classica sono spesso troppo introiettati dalle persone, che faticano a concepire altri tipi di estetica meno convenzionale. Il mercato dell’occhialeria concettuale e d’avanguardia è comunque vivo ed in espansione; ne è la prova, come esempio lampante, il brand russo Fakoshima, che propone regolarmente sul mercato nuove impensabili montature che sfidano qualsiasi canone o regola compositiva, ma sono comunque realizzate con il migliore acetato italiano Mazzucchelli 1849.
A fronte, da sinistra in alto: modello originale Ray-Ban Wayfarer; modello New Wayfarer sempre di Ray-Ban; modello Leo di Tom Ford; modello Persol PO2953S; modello in legno di Shinu; Wayfarer economici in plastica di Knockaround; modello polarizzato di Ray Cheaters; modello in acetato tartarugato di Wolcott; diversi modelli del brand sperimentale Fakoshima, fondato nel 2012 a Mosca.
Copiare Wayfarer style
Distinguersi Fakoshima
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"La moda non è che l'espressione esagerata e superficiale di una trasformazioni profonda della vita sociale." Nicola Squicciarino, Il vestito parla. Considerazioni psicosociologiche sull’abbigliamento
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moda/ comunicazione Come si è visto finora, gli occhiali si sono evoluti storicamente fino a diventare icone di moda e design, dove un tempo erano semplicemente considerati strumenti medici. Questa evoluzione può essere percepita anche attraverso l’analisi dell’advertising di questo oggetto: i primi manifesti si concentravano principalmente sulle evoluzioni della tecnologia dei modelli e sull’importanza di proteggersi dal sole con le lenti scure, ma già negli anni Quaranta iniziava la massiccia associazione degli occhiali con le star, che ormai indossavano perennemente gli occhiali da sole per nascondersi dagli occhi indiscreti dei paparazzi. La comunicazione maschile si focalizza principalmente sul creare un’aura di eleganza e sofisticatezza, allo stesso modo di quella femminile, in cui però i visi e i corpi diventano ancora di più semplici manichini su cui esporre i modelli; i bambini non sono da meno dei genitori: le campagne per i più piccoli vogliono rassicurarli sul fatto che non saranno “sfigati” con gli occhiali, ma anzi ribelli e affascinanti. Negli ultimi anni, con gli occhiali finalmente sdoganati come oggetti di desiderio, l’advertisement si è fatto più sofisticato: spesso non è nemmeno più necessario mostrare le montature sul viso di modelli, ma piuttosto in composizioni still life in cui danno vita e identità ad oggetti inanimati; oppure, le nuove linee sono presentate tramite elaborate campagne con messaggi forti di emancipazione e indipendenza o tramite film brevi che raccontano storie e suggestioni nascoste nell’oggetto.
moda/ comunicazione/ valore tecnico
Da sinistra in alto: pagina pubblicitaria American Optical (1948); manifesto Asdor;, campagna per Elasta Safilo; pagina pubblicitaria per la cerniera Flectar di F.O.C.A.
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moda/ comunicazione/ star strategy
In questa pagina: Andy Warhol per la campagna l.a. Eyeworks “A face is like a work of art”; pagine pubblicitarie di Foster Grants, con Julie Christie e Peter Sellers (1965). A fronte, da sinistra in alto: Madonna per Versace Eyewear; Tex McCrary e Jinx Falkenberg per American Opticals Polaroid (1946); Michael Schumacher per Sting Occhiali; Barbara Stanwyck nella campagna “Styled for the stars (1947); la scrittrice Joan Didion per Cèline.
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moda/ comunicazione/ male
moda/ comunicazione/ female
A fronte, da sinistra in alto: campagna Gucci Eyewear; manifesto per Emporio Armani; campagna Kuboraum (anche sotto); manifesto Booth&Bruce. In questa pagina: campagna Christian Dior; campagna Back to Basis per Schenzen Eyewear; manifesto ChloĂŠ (2016); campagna Moschino Occhiali (2004).
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moda/ comunicazione/ kids
A fronte, da sinistra in alto: campagna Benetton per la linea di occhialeria kids; campagna Back from the 70s di Lozza; campagna Police Eyewear per la linea kids. In questa pagina: campagna 2017 per del brand francese per bambini Very French Gangsters.
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moda/ comunicazione/ no face
A fronte, da sinistra in alto: campagna Tarian; manifesto realizzato da Philip Karlberg per Synsam Eyewear; campagna per Italiana Occhiali. In questa pagina: campagna Valentino (2017); foto di Nik Mirus per la campagna BonLook.
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moda/ comunicazione/ storytelling
In questa pagina, da sinistra in alto: campagna Never Hide di Ray-Ban; campagna #beAnartist di Etnia Barcelona (2017); campagna Keloptic. A fronte, da sinistra in alto: manifesti della campagna Gucci 2017; estratti dal video promozionale CinĂŠma per Prada Eyewear (2017)
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Quello che scompare nel costume risuscita nella moda. Jean Baudrillard
A fronte: modella fotografata con indosso una montatura del visionario stilista Courrèges, ispirata agli antichi occhiali da sole Inuit (Elia Fouli, 1965).
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moda/ personalizzazione Lo sviluppo dei social media ha dato vita a uno dei più complessi cambiamenti nell’industria della moda e del lusso: quello della democrazia (quasi) mondiale di Internet. Appare evidente come le persone stiano diventando sempre più informate, ma anche sempre più individualiste nello stile di vita e specialmente nello stile vestimentario. L’utilizzo dei social è diventato talmente radicato nella nostra società da portare ogni persona a vivere e comportarsi come un personaggio pubblico, e le celebrità contemporanee fondano la loro immagine proprio sull’essere distintivamente se stesse; post motivazionali, hashtag come #loveyourself, #progressnotperfection, campagne contro il body shaming sono ovunque su Tumblr, Instagram e Pinterest e vengono sempre più spesso impiegate nella promozione di brand di grandi e piccole dimensioni. Da qui l’attrattiva dei prodotti personalizzabili, per apparire (e dunque sentirsi) diversi, che ha effetto principalmente sui millenials e la X generation. Si tratta di un’estremizzazione de “l’effetto Ikea”: prendere parte nella creazione di un oggetto permette di creare con esso un legame più forte, e una sorta di orgoglio nel possederlo. Lo shopping diventa così un’attività molto più esperienziale che in passato, grazie alla diffusione dell’e-commerce e delle piattaforme di customizzazione del prodotto. Tutto questo è ovviamente reso possibile dall’economicità dei processi produttivi, impensabile fino a pochi anni fa. Stampa 3D, taglio laser e incisione diventano continuamente meno costosi.
1. Social media
2. E-commerce
3. Ikea effect
4. Tecnologie additive
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moda/ personalizzazione/ livelli 1. monogramming Personalizzare un prodotto incidendovi le proprie iniziali è il livello base, estremamente diffuso specialmente nel settore luxury. Si tratta inoltre del tipo di personalizzazione più antico: insieme alla produzione di abbigliamento su misura, esiste dal 19esimo secolo. Tra i primi in questo filone sono stati i prodotti Smythson; venivano realizzati quaderni, diari in pelle e borse personalizzate già nel 1887. Tuttavia, i monogrammi sono stati considerati per molto tempo noiosi e fuori moda. Avere le proprie iniziali cucite sugli abiti veniva considerato pretenzioso. Oggi invece, mentre “personal branding” diventa una cosa sempre meno imbarazzante da dire ad alta voce, il proprio nome è diventato espressione di status symbol. Nel campo dell’occhialeria, Prada ha realizzato delle astine smontabili, in cui l’utente può inserire due lettere o simboli a piacimento, al posto del tradizionale logo del brand.
A fronte: Campagna per il lancio della linea Prada Private (2011).
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2. parziale La personalizzazione parziale consiste nel dare la possibilità al consumatore di combinare alcune piccole parti del prodotto, mischiandole a proprio piacimento, nei limiti offerti dalla quantità di scelte. Questa categoria di prodotti comprende sia brand luxury che realtà più piccole che puntano a farsi conoscere tramite questa accattivante esperienza di acquisto. In questo caso la customizzazione è spesso reversibile, per cui l’utente ha la possibilità di adattare il prodotto comprato a diverse situazioni d’uso e diversi stili. L’esempio più famoso è quello degli O Sun, linea di occhiali da sole del brand O Bag, che fa della personalizzazione il cardine della sua identità. Swatch The Eyes è un progetto della Swatch che va nella stessa direzione, permettendo di scegliere quale mascherina apporre sulla montatura, che è fissa. Realtà più piccole hanno tuttavia realizzato progetti molto interessanti: l’italiana .bijoutes, specializzata nel realizzare accessori stampati in 3D, ha lanciato la linea Cambiami, che permette di agganciare elementi decorativi sopra la propria montatura; Nogs è invece un progetto francese per mascherine divise in due parti che è stato lanciato su Indiegogo.
A fronte da sinistra: montature della linea O Sun, montatura e componenti della linea Nogs, immagine promozionale della linea Cambiami di .bijoutes, funzionamento delle montature Swatch The Eyes.
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3. totale Il livello massimo si raggiunge quando il consumatore ha la possibilità di creare un prodotto unico, selezionandone tutti gli elementi. Un prodotto finale che diventa al 100% “for the customer, by the customer”. Da notare che i servizi di customizzazione sono generalmente offerti sui prodotti più iconici di una marca, perché sono più richiesti e riconoscibili. Ray-Ban offre questo servizio in modo completo sul proprio sito: l’utente può scegliere il modello, le misure, i colori della montatura, delle lenti e anche dell’astuccio, ed infine apporre una scritta sulla spatola. Un progetto più particolare è Biz Eyes della designer Nasim Sehat, che ha realizzato un’occhiale stampato in 3D su cui avvitare i componenti più assurdi. Gli utenti possono chiedere la realizzazione di forme personalizzate direttamente alla progettista.
A fronte: campagna per il lancio della piattaforma di personalizzazione di Ray Ban e alcuni modelli della serie Biz Eyes (2015).
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Co-Design Occhialeria 4.0 Open design Fabbing Moda open source
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co-design/ occhialeria 4.0/ sperimentazione materica L’utente con cui un brand si interfaccia oggigiorno è radicalmente diverso ed evoluto rispetto al vicino passato: grazie alla rivoluzione digitale, chiunque voglia compiere una scelta d’acquisto lo può fare in modo consapevole e informato, cercare recensioni, conoscere i processi alla base dell’oggetto che desidera possedere. Oggi un individuo può formarsi una personalità e degli ideali che porta avanti con i prodotti che sceglie di acquistare, che diventano per lui sinonimi della propria interiorità. Tutto questo va considerato di particolare interesse nell’occhialeria, in cui, in netto contrasto con le tradizionali logiche del settore, sono fioriti negli ultimi anni numerosissimi brand indipendenti di piccole dimensioni. Per questo tipo di marchi l’obiettivo è ritagliarsi una fetta di mercato grazie a clienti affezionati, che scelgono i loro modelli perchè utilizzano materiali particolari, a volte di riciclo, oppure possiedono qualche particolare valore estetico o qualitativo. È nata così un’ondata di ricerca nell’ambito dei materiali per le montature: con il legno lavorano tantissime realtà, si spazia da tavole di recupero provenienti da skateboard e filamenti di plastica riciclata a legni pregiati e materiali compositi realizzati a strati; ma c’è chi sperimenta con materiali più improbabili, come la canapa o il marmo.
“Il design ci ricorda come gli occhiali possono aiutarci a creare l’identità che desideriamo.” Matali Crasset, eyewear designer
A fronte, da sinistra in alto: sagome intagliate in fogli di compensato per il brand spagnolo specializzato in occhiali in legno Nina Mûr; montature in canapa di HempEyewear; occhiale stampato con filamento riciclato da rifiuti plastici raccolti lungo le coste di Spagna e Marocco (progetto Seafood di Fabian e JenniferWyss); maschera in marmo in lavorazione prodotta dal marchio italiano Morà by Busoli Eyewear.
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co-design/ occhialeria 4.0/ modelli bespoke Le ultime tendenze e innovazioni del settore si muovono soprattutto sul tema del “bespoke”, dell’accessorio realizzato su misura. La perfetta calzabilità su ogni viso è un tema molto sentito dai brand innovativi che propongono montature stampate in 3D, realizzate con l’ausilio di strumenti di modellazione digitale, che possono essere disegnate direttamente su modelli tridimensionali del viso del cliente, e di macchinari avanzatissimi che permettono di creare modelli estremamente sottili e leggeri, tramite la tecnologia addittiva SLS (Selective Laser Sintering). Nonostante clienti e ottici più tradizionalisti debbano ancora completamente accettare questa nuova fascia di prodotti, di cui criticano una minore piacevolezza al tatto rispetto all’acetato di cellulosa, la sperimentazione continua di brand come Monoqool sta portando a risultati sempre più competitivi.
Sopra: campagna per il lancio degli ultimi modelli di Monoqool, brand danese leader della stampa 3D; estratto dal video promozionale del brand Mykita per la sua linea stampata con tecnologia SLS.
Si riscontra nel mercato anche una tendenza opposta alla ricerca tecnologia spinta: si tratta di un ritorno all’apprezzamento del prodotto artigianale, realizzato a mano e in tiratura limitata. Sono molti i brand più o meno piccoli che fondano la propria identità su un know-how profondo della progettazione tradizionale dell’occhiale. Si tratta evidentemente di prodotti che rientrano in una fascia di prezzo piuttosto alta, dedicato a chi può permettersi di possedere una montatura studiata perfettamente sul suo volto e realizzata con pazienza e dedizione da artigiani qualificati. Appare comunque evidente che la possibilità di personalizzare, di possedere qualcosa di unico e legato alla propria identità rimane il desiderio principale dell’utente contemporaneo.
Sopra: immagini prese dai profili social di Gimm Eyewear, un piccolo marchio di Bangkok che realizza a mano montature su misura.
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co-design/ open design
Noi facciamo stampanti 3D per offrire un’alternativa al consumismo. Bre Pettis, Makerbot Industries
L'Open Design o progettazione aperta è lo sviluppo di prodotti fisici, macchine e sistemi attraverso l'uso di informazione progettuale condivisa pubblicamente. Questo processo è facilitato da Internet e spesso conseguito senza alcun compenso monetario. Gli obiettivi e la filosofia derivano dai movimenti open source e del software libero definiti nel 1997 da Eric S. Raymond, Tim O'Reilly e Larry Augustin. 4 In questo contesto, il ruolo dell’utente è flessibile e può essere negoziato di volta in volta. La natura collaborativa di questo processo è supportata dal suo essere completamente trasparente; tutti i partecipanti sono consapevoli della metodologia di progettazione, dei suoi input e dei suoi output, dei suoi obiettivi e del suo stato corrente. Questo tipo di progettazione spesso non si concentra sulla progettazione di artefatti per i contesti d’uso reali, piuttosto punta molto sulla dimensione della creatività collettiva e la generazione di idee e sviluppo di concept anche fuori dai contesti e dai constraint reali. L’obiettivo è riconoscere, a tutte le persone, la capacità di essere creative in relazione al loro livello di esperienza, passione e creatività.
4 Wikipedia, alla voce “Open Design”. A fronte: un momento del Tedx Brussels 2011, in cui durante un workshop con Tinkercad, un servizio che permette di modellare e stampare prodotti senza possedere alcuna esperienza, il bambino nella foto ha realizzato un paio di occhiali con il proprio nome. 153
Il design partecipativo ha cambiato il ruolo del designer: da autore di prodotti finiti a sviluppatore di piattaforme che offrono servizi aperti, come Wikipedia. Tradizionalmente, gli utenti venivano posti di fronte a prodotti definiti nella loro forma dal progettista; con le opere aperte invece, dividono la responsabilità del risultato insieme al designer, che guida il processo. In questo scenario, il progettista crea un sistema che incoraggia l’utente a completarne la forma o il prodotto.
“Oltre alla propria creatività, i progettisti devono amplificare la creatività degli altri.” Elisabeth Sanders
Le parole di Umberto Eco sull’impiego artistico dell’opera aperta sono emblematiche: L’autore offre ... al destinatario un lavoro da completare. Non conosce la veste esatta che avrà il suo lavoro quando sarà concluso, ma è consapevole che una volta completato il lavoro in questione sarà ancora suo. [...] L’autore è colui che ha proposto una serie di possibilità che erano già state organizzate razionalmente, orientate e dotate di specifiche per un corretto sviluppo. 5
5 Opera aperta, Umberto Eco, 1962.
A fronte: London architect Lynton Pepper of 00:/ designed these open-source spectacle frames in 18mm plywood to be made from the offcuts of his studio’s WikiHouse project. The WikiHouse platform allows people to design, download and 3D-print or CNC-mill components for building houses and environments. 00:/ used it to create workspace at Hub Westminster, shown below.
“L’open source è più di una questione commerciale e culturale. È una questione di sopravvivenza.” John Thackara
Sopra: L’architetto londinese Lynton Pepper di 00:/ ha progettato questi occhiali open source in compensato da 18 mm, realizzabili del suo progetto WikiHouse, che offre agli utenti la possibilità di progettare, scaricare e stampare in 3D o tagliare a laser componenti per costruire case.
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co-design/ fabbing La diffusione mondiale dei fab lab, dall’inglese fabrication laboratory, piccole officine che offrono servizi personalizzati di fabbricazione digitale, insieme alla netta diminuzione dei prezzi di produzione causata dalla diffusione delle stampanti 3D, che per altro sono uno dei fondamentali strumenti che si trovano in ogni fab lab, ha permesso, nel settore dell’occhialeria come in molti altri finora considerati appannaggio unico dell’industria, di riavvicinare la produzione all’utente. Lo stesso Bre Pettis, co-fondatore di MakerBot Industries, ha detto durante un’intervista a Dezeen: “Prima della rivoluzione industriale tutti potevano lavorare a casa; poi le fabbriche sono diventate il posto dove produrre. Ora stiamo restituendo la produzione all’individuo.” 6 Il movimento dei makers si è espanso a partire da queste basi, e sono fiorite numerose piattaforme online che permettono la condivisione di progetti di ogni tipo, oppure offrono servizi di stampa per chi ha un modello tridimensionale pronto ma non i mezzi per produrlo. Gli occhiali sono uno dei prodotti che più si adattano a questo sistema, e sono in molti a decidere di produrre da soli le proprie montature o parti di ricambio, rinunciando alla qualità della produzione industriale ma ottenendo la soddisfazione di indossare qualcosa di personale.
6 Dezeen.com, 3D printing is “bringing the factory back to the individual”, Marcus Fairs, 19 ottobre 2012. Sopra: logo del movimento Fab Lab e di diversi servizi online di progettazione partecipata e stampa 3D: Instructables,Thingiverse e Myminifactory permettono di caricare il proprio progetto corredato di file di progetto, foto ed istruzioni; Shapeways offre un servizio di stampa dei propri progetti e permette anche di metterli in vendita sulla piattaforma; 3D Hubs permette di far stampare e revisionare il proprio progetto da uno qualunque dei servizi di stampa ad esso associati in tutto il mondo.
Da sinistra in alto: processo di stampa di un frontale con stampante a filamento; occhiali steampunk realizzati da un utente Instructables; occhiali stampati in 3D, progetto disponibile su Thingiverse; occhiali in compensato realizzati con taglio laser, progetto Instructables; occhiali stampati in 3D disponibilisu Shapeways; occhiali stampati in 3D, progetto disponibile su Myminifactory.
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co-design/ moda open source La spinta verso l’open source che ha da poco raggiunto il mondo del design sta conquistando uno spazio anche nell’ambito della moda. La rapidità con cui si producono e realizzano collezioni nel mondo del fashion ha creato una vera e propria crisi di sostenibilità, mentre i prezzi sempre più elevati dei grandi marchi hanno allontanato le persone comuni da questo mondo. Ma tutto questo può essere cambiato dall’approccio open e dalla customizzazione di massa. L’obiettivo è creare una moda etica, aperta alle diverse culture e generi del pianeta, che sia in grado di creare valore per tutta la collettività grazie alla collaborazione online e locale di artigiani, progettisti e utenti. Stanno fiorendo diverse piattaforme che si prefiggono l’obiettivo di fashion-as-a-service, ovvero offrono a tutti gli strumenti per creare modelli, scaricarli e riprodurli, spesso legati al sistema mondiale dei fab lab, che forniscono macchinari e competenze pratiche per la realizzazione. È auspicabile che gli stessi passi nella direzione dell’open source vengano presto fatti anche nel mondo dell’occhialeria, che ha bisogno di uno svecchiamento e di un approccio più sostenibile tanto quanto il mondo dell’abbigliamento.
A destra: prototipo di occhiali con astine pieghevole realizzato da Vera du Pont, designer che dedica il suo lavoro allo sviluppo di prodotti di moda open source.
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“Voglio essere rilevante, avere una voce. Voglio essere indossato e anche riutilizzato. Voglio essere progettato per durare, per piĂš di una sola stagione. Voglio essere fruito da tutti senza inquinare il nostro pianeta. Voglio essere prodotto da persone felici e orgogliose di quello che fanno.â€? Open Source Fashion Manifesto
A fronte: testo iniziale dell’Open Source Fashion Manifesto pubblicato dai designer Martijn van Striene Vera du Pont.
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La stampa 3D nell’industria italiana: una case history wired.it/attualita/tech/2017/03/07/la-stampa-3d-nellindustria-italiana-case-history Open Source Fashion: salvare il mondo dalla (o della) moda? Giovanni Longo, techeconomy.it/2016/10/11/open-source-fashion-salvare-mondo-della-moda Luxottica - profilo aziendale luxottica.com/it/chi-siamo/profilo-aziendale Kids Wear Accessories kidswear-magazine.com/diary/category/accessories Celebrating sunglasses envisioningtheamericandream.com/2014/06/27/celebrating-sunglasses Eyeglasses frames material eyeglasses.com/eyeglass-frame-material.html Open Design Now opendesignnow.org/index.php/tag/newly-opened/index.html WikiGlasses by Lynton Pepper dezeen.com/2012/02/20/wikiglasses-by-lynton-pepper/ 3D printing is “bringing the factory back to the individual� dezeen.com/2012/10/19/3d-printing-is-bringing-the-factory-back-to-the-individual i.materialise at TEDxKids 3D printing for ten year olds i.materialise.com/blog/i-materialise-at-tedxkids-3d-printing-for-ten-year-olds Laser cut foldable wooden glasses instructables.com/id/Laser-cut-foldable-wooden-glasses/
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