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editoriale Sentieri della speranza Fiorella Ferrarini
PERIODICO del Comitato Provinciale Associazione Nazionale Partigiani d'Italia di Reggio Emilia
DEMOCRAZIA
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DA NORD A SUD
politica Il coraggio del sogno Albertina Soliani
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politica Il 7 gennaio e la Costituzione Ettore Borghi
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politica Foibe e memoria mutilata Antonio Zambonelli
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aprile
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Viaggio della Memoria 2010: Auschwitz/Birkenau. Cronaca e diario del Viaggio
la Copertina
DA NORD A SUD
Piazza Prampolini. La manifestazione di Reggio Emilia del 1° marzo 2010: “Da Nord a Sud: Alleanza per la democrazia” (foto di Angelo Bariani)
5x1000 ANTIFASCISMO, COSTITUZIONE, DEMOCRAZIA C’è bisogno dell’A.N.P.I.
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Associazione Nazionale Partigiani d’Italia
Comitato di redazione: Eletta Bertani, Ireo Lusuardi Collaboratori: Paolo Attolini (fotografo), Massimo Becchi, Riccardo Bertani, Bruno Bertolaso, Sandra Campanini, Nicoletta Gemmi, Enzo Iori, Enrico Lelli, Saverio Morselli, Fabrizio Tavernelli Registrazione Tribunale di Reggio Emilia n. 276 del 2 Marzo 1970 Stampa: Centroffset - Fabbrico (RE) Questo numero è stato chiuso in tipografia il 30-03- 2010 Per sostenere il “Notiziario”: UNICREDIT, piazza del Monte (già Cesare Battisti) - Reggio Emilia IBAN: IT75F0200812834000100280840
sommario Editoriale - A reggere i sentieri della speranza il noi dei partigiani e delle partigiane, di Fiorella Ferrarini .......................................... 3 Politica - “Abbiamo il coraggio del sogno come allora...”, di Albertina Soliani ...................................................................... 4 - Domenica delle palme (o delle salme?), di Antonio Zambonelli ..... 6 - Il blocco del traffico serve?, intervista a Massimo Becchi, di Glauco Bertani ......................................................................... 7 - 7 gennaio, di Ettore Borghi .......................................................... 8 - ABC della Costituzione, di Giancarlo Ruggieri ............................. 10 - Malaffare, di Mauro Bortolani .................................................... 11 - Da Nord a Sud: alleanza per la democrazia. Reggio Emilia 1° marzo 2010, di g. b. ........................................ 12 - Ancora sulle foibe e sulla memoria mutilata, di Antonio Zambonelli .................................................................. 13 Esteri - Talebani, chi sono, che cosa vogliono?, di Bruno Bertolaso ........ 14 Economia - Una lezione da imparare: le vicende del Gruppo Burani, di Giorgio Bonetto ...................................................................... 16 Cultura - Viaggio della Memoria 2010: Auschwitz/Birkenau. Cronaca e diario del Viaggio, ..................................................... 18 - Fabbrico: volontari della Resistenza, di Fiorenza Bigi, Chiara Preti ............................................................................... 24 - L’Albania vista attraverso la sua letteratura, di Senat Halilay ...... 26 - Angelo Formiggini, ucciso dalle leggi razziali fasciste, di Giulia Manzini ........................................................................ 28 Avvenimenti - A Castelnuovo Monti col maestro Gandolfi. Festa del tesseramento ............................................................. 29 - ANPI 2010. Le feste del tesseramento delle sezioni cittadine, di Anna Salsi ............................................................................. 30 - Antonio Bonini lascia la presidenza ANPI di Cadelbosco Sopra, di g.b. ...................................................... 31 Memoria - Nel nome della Resistenza, Paulette Davoli insieme alla nipote Giulia ........................................................................ 39 - Ivo Mareggini a 13 anni con i partigiani, di Alessandro Fontanesi 40 - Morto a 92 anni padre Camillo De Piaz, di Antonio Zambonelli ... 41 - Ricordo del partigiano Oranci Fantasma che sopravvisse alla fucilazione .......................................................................... 42 - Aprile 1950. Conferimento della medaglia d’oro al valor militare al Comune di Reggio Emilia ....................................................... 43 - Ricordati i martiri di Villa Cadè ................................................... 44 - Ricordati i martiri di Ponte Cantone ........................................... 45 - 65° anniversario dell’assalto al comando germanico di Albinea . 46 Compleanni ................................................................................. 48 Lettere ........................................................................................ 49 Lutti ............................................................................................ 50 Anniversari ................................................................................. 52 Offerte ........................................................................................ 56 Turismo ...................................................................................... 59 Le rubriche - Segnali di Pace, di Saverio Morselli ........................................... 34 - Opinion leder, di Fabrizio “Taver” Tavernelli ................................ 36 - Conoscere gli altri, di Riccardo Bertani ...................................... 37 - L’informazione sanitaria. Le risposte del prof. Iori ...................... 38 - La finestra sul cortile, di Nicoletta Gemmi .................................. 57
editoriale
di Fiorella Ferrarini
A reggere i sentieri della speranza il noi dei partigiani e delle partigiane Si è svolto recentemente a Cervia il Consiglio nazionale ANPI che ha visto una grande partecipazione e che ha consentito una riflessione e un confronto davvero ampi e necessari più che mai in questo momento di disorientamento e di conflitto permanente. Con la lucidità che lo accompagna da sempre e con una veemenza che tanto ci dice della preoccupazione dell’ANPI per le sorti della democrazia del Paese, il presidente Ricci ha parlato di “una gravissima situazione avviata verso un graduale mutamento di regime” e di una “deriva che sempre più si allontana dal perseguimento del bene comune” soprattutto “attraverso virulenti attacchi alla Costituzione” e ricorrendo ad una sistematica delegittimazione delle Istituzioni dello Stato. E’ trascorso neanche un mese dal Consiglio nazionale ma il clima politico di scontro sociale, di uso personale del potere e di protervia nelle azioni del premier si è ulteriormente acceso, proprio in uno dei momenti più delicati come è quello del voto, principale istituto di garanzia del sistema democratico. Richiamandosi ossessivamente al popolo sovrano, che secondo lui legittima qualsiasi atto o legge o comportamento, misconoscendo o denigrando la Costituzione, mostra di disprezzare le regole e le norme della convivenza, che cambia e fa cambiare a proprio piacimento, come è avvecontinua a pag. 4 aprile 2010 notiziario anpi
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politica continua da pag. 3
A reggere i sentieri della speranza il noi dei partigiani e delle partigiane nuto nel caso del decreto “salva lista” o delle venti leggi ad personam, cioè finalizzate ad un vantaggio personale o comunque di pochi privilegiati. Ma le regole sono il tessuto etico in cui cresce la civiltà, come ci ha ricordato Rita Borsellino! In realtà nel nostro Paese non c’è il capo del governo che cerca di perseguire con equilibrio il bene dei cittadini, ma c’è il capo di un partito che si permette di usare la televisione pubblica come se fosse di sua proprietà, che si difende dai processi e non nei processi, che fa macerie delle istituzioni, che fomenta le divisioni e accentua i conflitti. Non ci si dica che questa nostra preoccupazione per “la democrazia a rischio” (come ha recentemente denunciato il Consiglio superiore della magistratura), condivisa dai partigiani e dagli antifascisti ma anche da una crescente indignazione nel paese che ha dato voce all’opposizione finalmente unita, sia determinata da un antiberlusconismo di maniera. Chi definisce i magistrati “una banda di talebani”, chi limita e censura la libera informazione, chi impedisce ai garanti di garantire, ritiene pericolosamente che lo stato di diritto sia un impaccio e mostra una concezione proprietaria del potere. In questi giorni si è parlato della necessità di creare un fronte di difesa democratica: l’ANPI, dopo aver lanciato un vibrato appello al voto regionale come strumento indispensabile di partecipazione e di scelta responsabile, si prepara a celebrare in tutti i Comuni della nostra provincia l’anniversario della Liberazione dal nazifascismo. Non c’è alcun atteggiamento nostalgico in questo nostro “fare memoria”, non c’è ritualismo o riferimento ad un passato ormai trascorso: la storia di una lotta di popolo contro la dittatura ci ha ricostituito come comunità, ci ha ridato dignità di cittadini e non più di sudditi, ci ha ridato la speranza e il desiderio di ricostruire, sempre e onestamente, un paese che onora la sua Costituzione, definita dal Presidente della Repubblica “la più bella del mondo”! L’ANPI è un fronte per la difesa della democrazia ed è un riferimento etico decisivo, che lavora in rete con i partiti e le associazioni che si riconoscono nell’antifascismo. E a reggere i sentieri della speranza non c’è l’io, quell’ego smisurato che paralizza la vita politica, ma c’è il noi, nello stesso spirito collettivo e generoso che fu delle partigiane e dei partigiani. Fiorella Ferrarini
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Pubblichiamo la parte centrale dell’orazione ufficiale tenuta dalla senatrice Albertina Soliani il 30 gennaio 2010 per commemorare il 66° del sacrifcio di don Pasquino Borghi e degli altri otto patrioti fucilati al poligono di tiro
Era il tempo della persecuzione, il tempo dei martiri. Quando si è chiamati a decidere l’essenziale. Ecco la loro testimonianza per noi oggi. I tempi sono cambiati, ma ci sono in gioco gli stessi valori: la dignità e il valore della persona, la libertà, l’uguaglianza, il diritto, la solidarietà, la pace. Sono i valori universali, i diritti umani universali che, dirà don Dossetti, verranno scritti nella Costituzione e nelle Carte internazionali perché erano tutto ciò che si era salvato dalla grande distruzione. Nient’altro. Bisognava ripartire da lì, per un nuovo cammino. C’era chi aveva resistito con la propria vita all’urto della storia, adesso altri avrebbero realizzato il loro sogno. Nacque, pochi mesi dopo, la Costituzione, il nuovo patto civile degli italiani. Nasceva la democrazia, nasceva la Repubblica che riconosceva i diritti fondamentali: l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, senza distinzione di sesso, razza, religione, il diritto al lavoro, all’istruzione, alla salute. Sessantacinque anni dopo, che ne è della nostra democrazia? Un’altra domanda drammatica per noi oggi. Niente è scontato, niente è per sempre. Anche oggi, come allora, vi è il rischio dell’affermarsi di un’idea della politica come forza di chi comanda e come sudditanza di chi si lascia comandare. Ieri con gli strumenti della propaganda, delle leggi razziali, della violenza. Oggi con quelli della sottile persuasione massmediatica, dell’arroganza del più forte, dell’uso e dell’abuso spregiudicato del potere, della dittatura stessa della maggioranza: quando il Parlamento è svilito, gli organi di garanzia sono messi in discussione e l’interesse di pochi calpesta il bene comune. Giunge fino a noi il discorso di Pericle sulla piazza di Atene 2500 anni fa: “Noi non siamo come i nostri vicini, la nostra Costituzione si chiama democrazia perché da noi contano i più, non i pochi e tutti sono uguali di fronte alla legge”. Come non vedere che oggi sono in discussione i pilastri della Repubblica, l’equilibrio dei poteri – legislati-
Abbiamo il coraggio del sogno, come allora”
politica
Se doVEßi diRE qui qual è la cosa cHE più DEVE STARe a cuORe pER la vITa pREsENTe e pER il futuro DEl noSTro PaESe nON avREi ESITazIONi: la CoSTITuzIONe DELLa REpuBBlica, il fruTTo DELLa REsIStENza e DEl grANDe moviMENTO di libERazIONe, DEl rIScATTO nazIONaLE. ScrITta cON il sANgue, e pERciò nON bARATtabiLE, nON dISpONibiLE. CONoscERla, amARla, difENDErla, REaliZZARla è oGGi il noSTro primo compITo. Su di ESsa HANNo giurATo quANTI HANNo REspONsabilITà puBBlicHE, ma è tuTTo il popolo cHE DEVE viVErla e difENDErla.
vo, esecutivo, giudiziario – l’autonomia della Magistratura, l’ordinamento della giustizia. Se si incrina questo edificio è la libertà dei cittadini, è il bene comune che vengono travolti. Che ne abbiamo fatto della nostra convivenza civile che la Costituzione disegna fondandola sul principio della solidarietà e del bene comune, se usiamo la paura per alimentare il razzismo, il rifiuto del diverso e di nuovo l’antisemitismo, e perfino per negare la Shoà. Qui nelle nostre contrade. Mentre cresce lo smarrimento e l’incertezza. Non siamo ciechi, come lo fummo ieri di fronte al fascismo e alla sua propaganda. Se dovessi dire qui qual è la cosa che più deve stare a cuore per la vita presente e per il futuro del nostro Paese non avrei esitazioni: la Costituzione della Repubblica, il frutto della Resistenza e del grande movimento di liberazione, del riscatto nazionale. Scritta con il sangue, e perciò non barattabile, non disponibile. Conoscerla, amarla, difenderla, realizzarla è oggi il nostro primo compito. Su di essa hanno giurato quanti hanno responsabilità pubbliche, ma è tutto il popolo che deve viverla e difenderla. C’è, in essa, il senso del diritto e della legalità, il rispetto per il pluralismo delle idee e dell’informazione, l’accoglienza per chi chiede asilo, l’etica, il decoro e l’onore dei comportamenti per chi ha responsabilità pubbliche. Se li stiamo
smarrendo, è la coscienza del popolo che deve risvegliarsi, perché senza questi valori fondamentali non si costruisce il futuro del Paese. Non solo ci mette a prova la crisi economica, non solo viene a mancare il lavoro e la sicurezza sociale, ma è il significato stesso della convivenza civile che si affievolisce. C’è un pensiero resistente che dobbiamo coltivare, c’è un cambio di mentalità che l’Italia ci chiede. Oggi tocca a noi costruire una nuova Italia, con coraggio uscendo dalla rassegnazione, per le nuove generazioni. Dobbiamo credere nella scuola, dare una missione agli insegnanti, suscitare responsabilità nelle famiglie, e chiedere ai rappresentanti del popolo di essere esempio di serietà, disinteresse, responsabilità, di dare ai giovani lo spazio per crescere e assumere presto responsabilità. E’ necessaria una grande ripresa economica e sociale ma soprattutto un grande risveglio, morale, culturale e politico della coscienza nazionale, che prenda su di sé il proprio destino. Rigenerare l’Italia, questo è quello che tocca a noi perché essa viva nel mondo di domani. Come allora, con la fatica di allora, con la determinazione di allora. Non scoraggiamoci di fronte al compito. Vi sono, in Italia e nel mondo, i segni di un grande bisogno di cambiamento. Di cambiamento etico, a partire dalla fi-
nanza globale, la società non tollera più spregiudicati e irresponsabili. Educhiamo i giovani alla sobrietà, alla misura, alla generosità e una stagione nuova si aprirà davanti a noi. Abbiamo il coraggio del sogno, come allora. Albertina Soliani
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politica Ci sono state le votazioni del 28 e 29 marzo
DOMENICA DELLE PALME va Resistenza o u N a ma n ” o U r t n (O DELLE SALME?) non solo “co “per” Facciamo del 25 aprile una grande e giornata di festa e di rinnovata speranza.
Dunque domenica 28 marzo (delle Palme, nella liturgia cristiana) e lunedì 29 si è votato in tante regioni italiane, in diverse province e diversi comuni. Se dobbiamo dirla sinteticamente, non abbiamo avuto risultati esaltanti. Altri faranno, anche su queste pagine, analisi e commenti più approfonditi. A caldo, e in chiusura di questo numero del “Notiziario”, ci limiteremo ad alcune osservazioni. Come associazioni della Resistenza e dell’antifascismo (ANPI, ALPI-APC, ANPPIA) avevamo diffuso un Invito al voto dal quale risulta quali fossero le nostre aspettative. Aspettative, auspici, riassumibili in due punti: - Innanzitutto appello alla partecipazione ricordando che la conquista del diritto di voto a suffragio davvero universale (le donne nell’Italia pre-fascista non avevano diritto di voto) è stato uno dei frutti della Resistenza. Tra l’altro in terra reggiana si votò liberamente, per la prima volta dopo la lunga notte della dittatura fascista, nelle zone partigiane dell’Appennino tra luglio e settembre del ’44. - In secondo luogo invito a “votare per quei partiti e liste che chiaramente si ispirano agli ideali per i quali 626 partigiani reggiani hanno dato la vita e a quei principi che, nati dalla lotta di Liberazione, sono consacrati nel testo della Costituzione repubblicana”. Di fatto, anche nel reggiano come nel resto d’Italia, è continuato il processo di erosione dei votanti. Al punto che si è rilevato come il maggior partito italiano
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tu soprat
sia ormai quello degli astenuti. Sicché potremmo dire che non siamo stati molto ascoltati. Anche se si teorizza che è proprio delle democrazie “mature” un basso tasso di partecipazione, non possiamo fare a meno di ricordare che dal 1946 è stato motivo di orgoglio, in particolare per noi emiliani, di ogni appartenenza politica, la massiccia presenza alle elezioni. Ed ancora nel reggiano, nonostante la tenuta dei partiti che si richiamano con coerenza all’antifascismo, il nostro appello di cui al secondo punto non ha avuto grande successo. Ha avuto più successo il richiamo di pancia della Lega Nord, ormai transitata sulla sponda meridionale del Po e diventata, a livello nazionale, forza determinante in uno schieramento di centro destra nel quale alligna il fastidio per le regole e la Costituzione (sovietica?) del cavaliere e il mito lacerante di una “Padania libera” del Senatùr. Noi non siamo politologi e nemmeno, in questa sede, sostenitori di un partito particolare. Ma per quanto riguarda la reiterata affermazione di un centrodestra che francamente non amiamo (fatta salva la buona fede delle singole persone che vi si riconoscono) crediamo che qualche colpa l’abbiano anche quei partiti che, sorti per successive metamorfosi da una grande tradizione di radicamento territoriale e popolare (socialista e socialcristiana), hanno talvolta gettato, con l’acqua sporca, anche il bambino, cioè le buone pratiche e la capacità di indicare con chiarezza obiettivi precisi, concreti di medio e lungo periodo. Sicché, per stare in un’area comunque
“di sinistra”, hanno più successo gli slogans dei “Grillini”, che hanno raggiunto percentuali di voto di tutto rispetto anche qui in Emilia. C’è un compito dell’ANPI nella nuova situazione venutasi a creare? Crediamo proprio di sì. Crediamo che ci sia bisogno più che mai di un recupero delle nostre radici democratiche e antifasciste. Occorre che la nostra associazione, dove già militano diversi giovani a fianco dei partigiani, sappia farsi sentire presso le amministrazioni pubbliche e presso i partiti, sappia essere sempre più presente con la propria iniziativa ideale sul territorio. Ciò che del resto ha già iniziato a fare in vari luoghi. Intanto dovremo riuscire a fare del 25 aprile 2010 una grande giornata di festa e di rinnovata speranza in una Nuova Resistenza che non sia tanto contro qualcuno quanto piuttosto per qualcosa di nuovo. Una splendida canzone-poema di De André s’intitola La domenica delle salme . E’ un canto alto che fruga con sconvolgente pietas e tratti di dolente ironia nelle ferite del Novecento. Fino a un’immaginaria “domenica delle salme” in cui “nessuno si fece male / tutti a seguire il funerale/del defunto ideale”. Il 28 marzo di quest’anno non è stata – nonostante tutto – una domenica delle salme, bensì delle palme. Non rinunciamo – laicamente – all’attesa e alla preparazione di una pasqua di resurrezione e di liberazione. Antonio Zambonelli
politica o feric s o m t a mento a porti n s i a u r q t n I i ica de t i e con l n o o i z e p sa onver c a n U cchi, e B iente b o m m a i s g e Mas e di L t n e d a presi Emili o i g g di Re
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“Quello che resta invariato da decenni è il trasporto pubblico, ora appannaggio quasi esclusivo di studenti, extracomunitari, anziani e categorie a basso reddito. L’appetibilità di questo mezzo si è ridotta negli anni: nel 1996 l’ACT dichiarava 98 viaggi /abitante all’anno, mentre nel 2009 questo valore si attesta a 77...”
IL BLOCCO DEL TRAFFICO SERVE? Perché dovrebbe essere utile il blocco del traffico? Che incidenza ha sull’inquinamento complessivo dell’aria e a Reggio in particolare? Quanta ragione hanno quello che lo contestano? Il blocco del traffico nasce come risposta emergenziale negli anni ’90 in cui, con l’uso delle targhe alterne, si riuscì seppur per poche giornate all’anno, a fare scendere i valori degli inquinanti. Effettivamente si bloccavano circa metà delle auto in circolazione. Ritenuta misura ingiusta (andava a colpire soprattutto chi aveva una sola auto) si è passato nove anni fa in tutta la Regione a misure decisamente più blande. Oggi fra deroghe, mancanza di controlli e sospensioni la variazione della concentrazione di inquinanti durante le giornate di limitazione del traffico è praticamente irrisoria se non nulla. Se all’inizio questa misura aveva comunque anche un valore educativo oggi ha perso ogni valenza ambientale e culturale, diventando praticamente solo la foglia di fico degli amministratori comunali che devono fare vedere di fare qualcosa senza scontentare nessuno, tanto da sospendere la limitazione dell’uso delle auto durante il periodo natalizio, a tutto vantaggio del commercio. I dati delle centraline dell’Ar-
pa dicono chiaramente che il blocco è ormai talmente irrisorio che oltre non essere percepibile dall’automobilista non è neppure utile all’ambiente. La centralina di viale Timavo, situata in prossimità della circonvallazione interna, quindi la più veritiera di ciò che si respira ad essere sulla strada, ha già superato i 35 sforamenti delle polveri fini consentiti dalla legge. La migliore è quella di viale Risorgimento, nei pressi dell’ospedale, non a caso zona protetta e quindi a minor traffico, che si attesta sui 25 sforamenti. Questo vuol dire che il problema delle polveri fini è sì di area ampia, ovvero coinvolge l’intero bacino padano, soggetto ad uno scarso ricambio d’aria, ma è molto influenzato dal traffico veicolare, il maggior responsabile delle emissioni stesse. Quale può essere un intervento realistico per affrontare il tema dell’inquinamento dell’aria? La qualità dell’aria negli ultimi anni è andata migliorando, a seguito soprattutto del teleriscaldamento che ha centralizzato le emissioni e del rinnovo del parco automobilistico cittadino. E’ palese come sempre meno si vedano auto con fumate bianche o nere dai tubi di scarico. Quello
che resta invariato da decenni è il trasporto pubblico, ora appannaggio quasi esclusivo di studenti, extracomunitari, anziani e categorie a basso reddito. L’appetibilità di questo mezzo si è ridotta negli anni: nel 1996 l’ACT dichiarava 98 viaggi /abitante all’anno, mentre nel 2009 questo valore si attesta a 77, testimoniando che l’abbellimento dei mezzi e delle fermate, è importante, ma non fondamentale per invitare i cittadini ad usare il mezzo pubblico che si muove in mezzo alle auto, senza corsie preferenziali. E’ questo uno dei dati più evidenti: se il mezzo pubblico ha la stessa velocità media di una qualunque autovettura che senso ha preferirlo? Rimaniamo in tema traffico: quali sono le proposte di Legambiente? E sul trasporto pubblico: perché non gli viene data la precedenza su ogni ipotesi di riorganizzazione complessiva della viabilità? Quali sono gli ostacoli? Reggio non ha mai avuto una cultura del trasporto pubblico. Dopo l’ultima guerra fu l’ultima città in Emilia Romagna a costruire un sistema di trasporto pubblico, con linee con percorsi contorti e poco chiari un vero enigma per chi viene dall’esterno. Questa forma mentis è rima-
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IL BLOCCO DEL TRAFFICO SERVE? sta pressoché immutata fino ad oggi con scarse innovazioni. Da trent’anni si parla della metropolitana di superficie, sfruttando le linee ferroviarie che transitano in città, ma gli investimenti veri sono sempre e solo stati fatti sulla viabilità tradizionale, spesso con risultati deludenti, senza comunque decongestionare i viali cittadini o certe vie da sempre assediate dalle auto, ma favorendo logiche speculative legate al mattone e alla costruzione di complessi commerciali. L’unico modo per ridurre le auto è farle fermare alle porte della città, con parcheggi scambiatori (come a Parma) che ti permettano di arrivare in centro con un navetta senza il problema ed i costi di parcheggiare l’auto. Quelli realizzati a Reggio sono stati realizzati già all’interno della città, troppo vicini al centro, tanto da poterlo raggiungere in alcuni casi anche a piedi. Altri investimenti insensati sono stati fatti per alcuni parcheggi, come quello sotterraneo della stazione, poco utilizzato e a ridosso del più funzionale parcheggio di piazzale Europa che accoglie i pendolari che sfruttano il treno per recarsi al lavoro. È realistico pensare, per la nostra provincia, al potenziamento del trasporto, passeggeri e merci, su rotaie? A livello regionale sembra muoversi qualcosa, nel senso di intendere l’Emilia Romagna come un unico agglomerato urbano e quindi ipotizzando un potenziamento del trasporto su rotaie a livello regionale? Esempio: che cosa impedisce d’investire su una “metropolitana” Bologna-Piacenza? Le ferrovie sono regolate da logiche molto strane. A tutti parrebbe logico un servizio da e per Bologna con cadenza di due/tre corse all’ora che funga da metro di superficie per l’Emilia. In questo modo uno si recherebbe in stazione e dopo un’attesa ragionevole potrebbe imbarcarsi senza pianificare eccessivamente gli spostamenti.
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Invece assistiamo ad una concentrazione di corse per Bologna fra le 7 e le 9 in alcuni momenti sbalorditiva (otto corse fra cui alcune a 7 minuti l’una dall’altra) per poi diradarsi nel corso della giornata. Lo spazio per costruire un sistema del genere c’è: il trasporto passeggeri già convive con un intenso traffico merci, che anche nelle ora di punta transita tranquillo, ad una velocità modesta ma costante e senza fermate. Il trasporto delle merci resta comunque appannaggio delle tratta Milano-Bologna, dello scalo di Dinazzano per le ceramiche e ad alcune merci pesanti nella bassa: le zone industriali, ad iniziare da Mancasale non sono state pensate per questo tipo di trasporto, seppur a pochi metri vi scorra la linea Reggio-Guastalla, così come l’eccessiva frammentazione di zone industriali e artigianali che ogni comune ha voluto ha solo complicato il quadro generale. Addirittura alcune aree industriali non sono dotate neppure della viabilità ordinaria come quella di Villa Argine a Cadelbosco di Sopra, costruita in una zona priva di strade degne di questo nome, ma fortemente voluta dall’ amministrazione comunale. Ultima questione: come risolvere i problemi dei collegamenti tra pianura e montagna? Anni fa qualcuno aveva avanzato l’ipotesi di un ferrovia fino a Castelnuovo Monti... Le ferrovie in montagna ci vanno, hanno dei criteri di pendenza molto restrittivi, ma sono sempre esistite. L’ipotesi è sempre e solo rimasta tale, favorendo il pendolarismo dei viaggiatori in auto che alla mattina arrivano in città per fare ritorno alla sera. Questo ha causato l’intasamento di Rivalta e la necessità di nuove strade per decongestionare questa porta di accesso al centro cittadino. Un cane insomma che si morde la coda. a cura di Glauco Bertani
7 gennaio
“E’ opinione di chi scrive che il giusto riconoscimento di una verità aneddoticamente indiscutibile (la priorità di Reggio rispetto a Milano o altre eventuali pretendenti) non abbia evitato – o, piuttosto, abbia favorito – uno slittamento di significato della data del 7 gennaio in due direzioni complementari ed entrambe discutibili. Facendo innanzitutto della festa del Tricolore (e dell’appartenenza reggiana del Tricolore stesso) una questione di vanto municipale e, allo stesso tempo, imbalsamandola sempre più nell’ufficialità. Dunque non più un’occasione per collegare passato e presente in una riflessione pubblica preoccupata e problematica, nel segno dei valori della Costituzione...”.
politica Una lettera di Ettore Borghi, professore e già vice sindaco nella giunta Benassi, sui temi del 150° anniversario del Tricolore.
C
ari amici del “Notiziario”, qualcuno, ricorderete, non aveva gradito che fosse il senatore Schifani a commemorare la nascita del Tricolore, l’ultimo 7 gennaio. Solo una minoranza di rompiscatole? E’ passato abbastanza tempo per tornare sull’argomento con sufficiente serenità, prendendo spunto dal fatto contingente per toccare temi più generali. E’ opinione di chi scrive che il giusto riconoscimento di una verità aneddoticamente indiscutibile (la priorità di Reggio rispetto a Milano o altre eventuali pretendenti) non abbia evitato – o, piuttosto, abbia favorito – uno slittamento di significato della data del 7 gennaio in due direzioni complementari ed entrambe discutibili. Facendo innanzitutto della festa del Tricolore (e dell’appartenenza reggiana del Tricolore stesso) una questione di vanto municipale e, allo stesso tempo, imbalsamandola sempre più nell’ufficialità. Dunque non più un’occasione per collegare passato e presente in una riflessione pubblica preoccupata e problematica, nel segno dei valori della Costituzione: quelli che vi stanno scritti, quelli che attendono di essere attuati, quelli soprattutto che vengono contraddetti nei fatti, nelle parole, nei progetti politici. In questo senso andavano, per fare due esempi abbastanza lontani nel tempo, le parole pronunciate da un poeta come Luzi e da un politico di alta statura morale come Riccardo Lombardi. Dov’è il nesso, si dirà, visto che il 7 gennaio si commemora un fatto storico e si celebra la bandiera nazionale? Ma proprio questo è il punto, che sfumi il significato storico sia dei fatti commemorati, sia del tempo che stiamo vivendo. Il Tricolore non è nato, se vogliamo essere onesti, per unire, ma per dividere: un nuovo mondo – in parte operante nei fatti, in parte sognato – intendeva affermarsi sulle rovine del vecchio. Per il quale le inaudite parole “libertà” ed “eguaglianza” suonavano scandalo-
se ed eretiche. Le cose saranno chiare appena un paio d’anni dopo la vicenda reggiana, con l’assalto “sanfedista” alla Repubblica napoletana e la feroce soppressione dei suoi dirigenti, il meglio di cui poteva disporre la città in fatto di cultura illuministica e di valore professionale. E non è un caso che alla testa della plebaglia che invocava “morte a li giacubbini” ci fosse un uomo di chiesa, il cardinale Ruffo, che univa in sé anche la qualità di principe: riassunto vivente dei ceti privilegiati di “Ancien régime”, pronti a prendersi una rivincita. I temi del Risorgimento sono tutti enunciati in quel breve torno di tempo, a cominciare dal fatto che la nostra sorte sarà costretta a dipendere, nel bene e nel male, dall’intera situazione europea. I ricordi di scuola ci soccorrono: il “tradimento” di Napoleone col trattato di Campoformio, pochi mesi dopo l’assemblea reggiana. E poi la complicità di Nelson nella decapitazione dell’élite morale e culturale partenopea. La faticosa (e tortuosa) storia che segue porta sì all’unità, ma soprattutto allo stato di diritto e alla riduzione dell’arbitrio dei potenti. C’è ancora slancio illuministico e risorgimentale nella legge Coppino (1877) sull’istruzione elementare obbligatoria, laica e gratuita e nel codice Zanardelli (1890), che abolisce la pena di morte e sancisce la liceità dello sciopero. La democrazia tarderà a venire, la si avrà solo con la Costituzione repubblicana, ma questa nostra Carta – ce lo ha insegnato Bobbio – accoglie in sé anche le istanze migliori del liberalismo, oltre che del socialismo e del cattolicesimo sociale. La nostra storia vi si riassume. Ma oggi? Non ci vuol molto a capire che è presente ai vertici del sistema politico (maggioranza parlamentare, Governo) un’estraneità alla Costituzione e allo stesso Stato di diritto (nei suoi aspetti più populistici, al costituzionalismo in quanto tale) che vuol dire ripudio della storia che sta loro dietro: illuminismo, spirito risorgimentale, antifascismo.
Al suo rinforzo, una ventata di revisionismo a comando mira a liquidare la cultura di radici illuministiche, la concezione laica dello Stato, il movimento risorgimentale, presentandoli come fonte della maggior parte dei mali di cui soffriamo. E, va aggiunto, il temporalismo che i nostri padri liberali (credenti o laici che fossero) pensavano sconfitto per sempre, risorge ora in forme sempre più agguerrite ed invadenti, disposto a sorvolare sulla qualità morale di chi incarna il potere politico, purché sia disposto a concedere agli enti ecclesiastici forme ben tangibili di privilegio e ad accettare il “non placet” del Vaticano nel campo dei diritti individuali, quelli per intenderci che non obbligherebbero a nulla il credente, ma aprirebbero spazi di libertà e di dignità a chi intendesse usufruirne. Si impongono così le tavole di giudizio della Chiesa cattolica anche a quanti non la riconoscono come propria autorità morale, con tanti saluti a Cavour e al suo “libera Chiesa in libero Stato”. Per tornare al punto di partenza, un personaggio politico non è un attore – oggi geloso perché interpreta Otello, domani perplesso come Amleto –, ma la sua figura politica è tutt’uno con la sue convinzioni. Può darsi bensì, nei casi migliori, che la carica istituzionale “super partes” lo induca ad agire, persino a pensare, separando la sua appartenenza dai suoi prevalenti doveri. Ma è questo il caso del sen. Schifani? C’è qualche atto che si possa addurre a dimostrazione della sua indipendenza dall’egolatra che ci sgoverna? Magari una chiara presa di distanza dal Boss e da Bossi, nelle loro continue manifestazioni di disprezzo per lo stato di diritto (leggi ad personam), la Costituzione (“sovietica”, come è noto), la stessa Bandiera nazionale? “E’ peggio di un crimine – diceva qualcuno che in politica ne sapeva più di Andreotti – è un errore”. Ettore Borghi
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FORMA DI STATO E FORMA DI “L’Italia è una Repubblica democratica parlamentare su base regionale, di tipo partecipativo, con forme di democrazia diretta e con tutela speciale delle minoranze linguistiche, connotata dalla separazione e dall’equilibrio dei poteri, da reciproci bilanciamenti e controlli, da istituti di garanzia, dal riconoscimento di inviolabili ed inalienabili diritti fondamentali, dalla particolare attenzione per il benessere dei cittadini, la sicurezza sociale dei più deboli, la sanità, l’istruzione, il lavoro, la previdenza e gli altri servizi pubblici (Stato sociale) e dai principi dello stato di diritto. La domanda, a questo punto, è la seguente: è stato, di fatto, già instaurato un “regime”, in sostituzione del descritto assetto costituzionale della Repubblica italiana, tuttora formalmente vigente?” “Il fascismo è una menzogna detta da prepotenti” (Ernest Hemingway).
ABC della Costituzione A 65 anni dalla Liberazione, tale icastica e pregnante definizione sembra essere ancora attuale, in quanto ben descrive la presente temperie politica. Lo Stato, qualsiasi Stato, è un ordinamento giuridico a fini generali e si compone necessariamente di tre fondamentali elementi: un gruppo sociale (popolo), un territorio, un’autorità. Il primo di tali elementi costituisce lo Stato comunità mentre il terzo integra lo Stato persona. La forma di Stato è determinata dal tipo di rapporto che c’è fra lo Stato comunità e lo Stato persona. In tale ambito, la tipologia spazia dalla democrazia alla dittatura. La forma di Governo, invece, è data dai rapporti intercorrenti fra gli organi dello Stato persona. Le principali forme di Governo sono la Repubblica, che può essere parlamentare ovvero presidenziale, e la Monarchia, assoluta o costituzionale. In base ai rapporti stabiliti fra lo Stato persona e le autonomie locali, poi, può aversi il centralismo, il regionalismo o il federalismo. Alla luce dell’assetto costituzionale tuttora vigente, si può affermare che:
10 aprile 2010
notiziario anpi
L’Italia è una Repubblica democratica parlamentare su base regionale, di tipo partecipativo, con forme di democrazia diretta e con tutela speciale delle minoranze linguistiche, connotata dalla separazione e dall’equilibrio dei poteri, da reciproci bilanciamenti e controlli, da istituti di garanzia, dal riconoscimento di inviolabili ed inalienabili diritti fondamentali, dalla particolare attenzione per il benessere dei cittadini, la sicurezza sociale dei più deboli, la sanità, l’istruzione, il lavoro, la previdenza e gli altri servizi pubblici (Stato sociale) e dai principi dello stato di diritto. La domanda, a questo punto, è la seguente: è stato, di fatto, già instaurato un “regime”, in sostituzione del descritto assetto costituzionale della Repubblica italiana, tuttora formalmente vigente? Il regime può assumere le vesti dello Stato totalitario, come storicamente è avvenuto con il fascismo, con il nazismo e con le c.d. democrazie popolari, ovvero, ed è l’ipotesi che qui interessa, quelle di un governo autocratico. In particolare, il regime autocratico fon-
da il suo potere sulla forza carismatica del “capo”, sull’obbedienza dei sudditi, sull’autoreferenzialità, sulla preminenza delle forze di polizia rispetto agli organi di garanzia giurisdizionale, sul controllo dei mezzi d’informazione, sul dispregio di regole codificate (“lacci e lacciuoli”), sul vilipendio degli avversari politici. Alcune definizioni ed alcuni esempi possono meglio chiarire in quale direzione stia andando il destino politico del nostro Paese, cosicché ciascuno sia conseguentemente in grado di rispondere all’anzidetta domanda. La dittatura è quel regime che riduce o sopprime del tutto le libertà fondamentali dei cittadini ed impone il potere di un uomo o di un gruppo su tutti gli altri. (Cfr.: Dizionario di storia e geopolitica del XX secolo, a cura di Serge Cordellier, ed. Bruno Mondadori, 2001). La tirannide fonda il suo potere sulla particolare posizione di un capo popolare ed è, per lo più, sostenuta dal ceto mercantile e bottegaio (Cfr.: Antichità Classica, Garzanti, 2000). La demagogia si incentra nella partico-
A DI GOVERNO lare capacità di un uomo politico, abile parlatore, di convincere e trascinare il popolo. Secondo Aristotele (Politica), la demagogia segna il passaggio verso la tirannide. (Cfr.: ibidem). Ed ora, alcuni illuminanti esemplificazioni. – A proposito di dittatura. Erano considerati colpevoli di “avere annullato le garanzie costituzionali, distrutte le libertà popolari, compromesse e tradite le sorti del paese, condotto alla attuale catastrofe.” Così recitava il decreto luogotenenziale 27.7.1944, n. 159 (G.U. n. 41 del 29.7.1944, Serie speciale). – A proposito di tirannide. Insegna Platone che le leggi sono le mura della città. Chi dunque governando pretende di infrangerle, abbatte le difese della città e la rende facile preda dei barbari. – A proposito di demagogia. Era il campione della democrazia, l’idolo del popolo, ma si distingueva per ignoranza, modi da strada, costumi perversi, sfrontatezza, smodato desiderio di adulazione, avidità, intrigo, ambizione senza scrupoli, dissimulazione, prepotenza, crudeltà, empietà mascherata da falsa devozione, slealtà politica. Tale era, secondo Aristofane, il demagogo Cleone, eletto stratego in Atene nel 424… Una sintesi alquanto illuminante relativa a tali perniciosi ed antidemocratici modi di governare si coglie in un pensiero, purtroppo quanto mai ancora attuale, di Giuseppe Garibaldi: “Il dispotismo suole corrompere una metà della Nazione per avvilire e incatenare l’altra”. Orbene, chi mai ci salverà dal pericolo grave, concreto ed imminente del mutamento della forma di stato e della forma di governo, saggiamente elaborate dai Padri costituenti, verso un confuso guazzabuglio di demagogia, tirannide e dittatura, che si va sempre di più delineando all’orizzonte del Paese? Mentre così mi arrovellavo, mi sono imbattuto nel seguente pensiero, espresso da Maximilien de Robespierre, che potrebbe evocare le esigenze del tempo presente, pur se attualizzato nelle forme di una pacifica e democratica manifestazione di volontà popolare: “Quando una nazione è stata costretta a ricorrere al diritto di insurrezione, essa rientra nello stato di natura nei confronti del tiranno. Il processo al tiranno è l’insurrezione; il suo giudizio è la caduta della sua potenza; la sua pena è quella richiesta dalla libertà del popolo”. Giancarlo Ruggieri
politica
MALAFFARE Un nota dell’Associazione reggiana per la Costituzione che volentieri ospitiamo su queste pagine.
L’’ art. 54 della Costituzione invita, anzi obbliga gli italiani a osservare la Costituzione e le leggi, e pretende molto di piùù da coloro che sono investiti di pubbliche funzioni, ai quali impone di comportarsi con “disciplina e onore. I primi mesi dell’anno 2010 non hanno portato notizie positive per il nostro Paese. Oltre ai dati economici, con la diminuzione del lavoro e con il calo delle esportazioni, le notizie di indagini che hanno per oggetto il “malaffare” anche ad alti livelli, pur nella doverosa attesa degli sviluppi, sgomentano gli onesti e rafforzano nei loro propositi chi fa dell’illegalità un mestiere redditizio. L’art. 54 della Costituzione invita, anzi obbliga gli italiani a osservare la Costituzione e le leggi, e pretende molto di più da coloro che sono investiti di pubbliche funzioni, ai quali impone di comportarsi con “disciplina e onore”. La scrivente associazione e i molti cittadini onesti avvertono come una grave ferita all’intera collettività tutti quei comportamenti illeciti che, se confermati, aggravano le condizioni del Paese, rallentano le sue possibilità di ripresa, abbassano continuamente il livello morale della società. Avvertono come scarse e labili siano le misure che vengono proposte dal Governo per combattere la criminalità a questi livelli e come siano state invece tempestive e pesanti le misure prese a carico di poveri e immigrati.
Avvertono anche come sia odiosa e controproducente la continua campagna contro i magistrati, cui vengono imputati persino atteggiamenti eversivi e che non vengono invece sostenuti in queste operazioni di pulizia. Tra breve, anzi, potranno essere approvate norme che tendono a sottrarre singole persone ai processi, ed altre, come la disciplina delle intercettazioni, di intralcio all’azione giudiziaria, norme che, in nome di una presunta difesa della privacy, impediranno l’accertamento di possibili reati in tempo reale e con fondamento di prova. L’associazione reggiana per la Costituzione vuole stimolare la riflessione dei cittadini e di quanti apprezzano il rispetto della legalità ad ogni livello, perché facciano sentire la loro voce in ogni occasione e con qualunque mezzo, aderisce alla mobilitazione di quanti, in nome dei valori costituzionali, manifesteranno pubblicamente la loro indignazione. Mauro Bortolani L’Associazione reggiana per la Costituzione ha sede in Via Roma 53 a Reggio Emilia (fax 0522/457375 – e. mail: associazionecostre@libero.it)
aprile 2010 11 notiziario anpi
politica
Da Nord a Sud:
Alleanza per la democrazia Reggio Emilia 1° marzo 2010 La bella e partecipata manifestazione del 1° marzo promossa da vari soggetti fra cui l’ANPI di Reggio Emilia si è svolta all’insegna della lotta alle mafie. Si tratta in pratica, secondo lo spirito degli organizzatori, di una necessaria nuova Resistenza. Non è perciò a caso che il festoso corteo che ha percorso le strade cittadine – prima di approdare in piazza Prampolini – sia partito dal monumento alla Resistenza reggiana in piazza Martiri del 7 luglio.(g.b.)
Avvio della manifestazione. Sul piedistallo del monumento, da sinistra: Alessandro Frignoli e Fiorella Ferrarini, vice presidenti dell’ANPI, il presidente Giacomo Notari al microfono e don Eugenio Morlini, che è stato un po’ l’anima della manifestazione (foto di Glauco Bertani)
Alcuni momenti del manifestazione (foto di Angelo Bariani)
Sopra il significativo striscione sorretto da vari giovani, spicca il simbolo ideato da studenti dell’Istituto d’arte “G. Chierici” come emblema della manifestazione: l’esigenza di giustizia come direzione obbligata di marcia (foto di Glauco Bertani)
Lo stesso simbolo “timbrato” sul volto di tanti manifestanti (foto di Angelo Bariani) 12 aprile 2010
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Nella foto, lo scrittore triestino sloveno Boris Pahor
politica
ANCORA SULLE FOIBE E SULLA MEMORIA MUTILATA Sì al 10 febbraio Giorno del Ricordo. Ma che sia ricordo (e storia) di tutta la complessa e drammatica vicenda italo slava nella prima metà del secolo XX. Di nuovo il 10 febbraio scorso il Giorno del ricordo, istituito con apposita legge del Parlamento italiano nel 2004, è stato celebrato in tutta Italia e anche nella nostra provincia, quasi ovunque isolando la tragedia delle Foibe, e dell’esodo di 300.000 italiani dall’Istria e dalla Dalmazia, dal doloroso contesto in cui tali vicende vanno collocate. Non per un impossibile giustificazionismo ma per capire tali dolorosi eventi nel quadro dell’immane tragedia di un Novecento che ha visto l’orrore di guerre che lungo la prima metà del Secolo hanno provocato milioni di morti, fino a quell’unicum che fu e rimane la Shoah. Ne abbiamo già scritto più di una volta su queste pagine, ma visto l’andazzo, conviene ribadire alcun i punti. L’infoibamento di alcune migliaia di italiani (ma anche di slavi collaborazionisti dei fascisti italiani e dei nazisti), fu una vicenda atroce, e sulla quale per troppi anni è calata una coltre di non giustificabile silenzio. Avere per decenni escluso dalla memoria collettiva la tragedia degli infoibamenti è stato qualcosa di più di un errore da parte delle sinistre italiane. Che non furono però sole ad avere tale atteggiamento. A guerra finita anche la DC, allora e poi per decenni principale forza di governo, scelse il silenzio su quelle vicende in cambio di analoga rimozione sui crimini di guerra commessi dalle forze armate italiane (in primis dalle camicie nere) nella Penisola balcanica a cominciare dalla Jugoslavia, quando fummo invasori a fianco della Germania nazista. Dopo il 1948, col distacco di Tito dall’obbedienza sovietica, tutto l’Occidente (USA in testa) perseguì soprattutto l’obbiettivo di una Jugoslavia “deviazionista” come possibile alleata nella partita della Guerra fredda. Così la tragedia delle Foibe e il dramma dell’esodo di 300.000 italiani da Istria e Dalmazia è stata per decenni lasciata all’uso strumentale dei neofascisti dell’MSI, eredi di quel regime che in territori jugoslavi aveva perpetrato crimini di ogni sorta a partire dal 1920 e fino a tutta la seconda guerra mondiale. E ricorrentemente, anche qui a Reggio, gli allora missini poi aennini , fin oltre la svolta di
Fiuggi, contrapponevano oscenamente, in prossimità di ogni 27 gennaio, le Foibe ad Auschwitz e alla Shoah. La tragedia della nostra frontiera orientale era partita, con gravi responsabilità italiane, già all’indomani della conclusione della prima Guerra mondiale, quando ottenemmo come bottino la penisola dell’Istria. Un territorio nel quale, sotto l’impero asburgico, le varie etnie (italiane, croate, slovene, ebraiche…) avevano potuto convivere, ciascuna libera di sviluppare la propria cultura, di avere proprie scuole, di usare liberamente la propria lingua. Sotto l’Italia, le cosiddette “terre redente” (c’erano costate 600.000 morti…) subirono un violento processo di snazionalizzazione degli slavi, un processo che si fece vieppiù violento con l’avvento del fascismo: Molti libri di storici seri ci hanno documentato da anni quelle vicende. Ma i libri li leggono in pochi, mentre la bassa propaganda che passa per vari giornali e soprattutto per le televisioni (talvolta anche quelle tacciate di essere “comuniste” dal cav. Innominabile) determinano il senso comune di molti italiani, contribuendo, come fanno da anni, a costruire le teste degli innamorati del cavaliere. Facciamo qui, anche come suggerimento di lettura, alcune citazioni dal grande scrittore triestino sloveno Boris Pahor: “Fin dal 1920 in questa regione plurietnica la repressione nazionalista colpì duramente le minoranze… la proibizione delle associazioni culturali e politiche, la chiusura delle scuole slovene e croate, l’italianizzazione forzata, a partire dalla lingua e dai nomi [...]”. E ancora: “frequentare la scuola italiana e parlare esclusivamente in italiano a dieci anni fu per me un trauma. Praticamente smisi di apprendere, di imparare… Spesso ci obbligavano a riempire le pagine del quaderno con frasi del tipo: ‘Devo parlare soltanto italiano’, […] Sberle, derisioni e punizioni corporali erano la nostra disgraziata realtà. […] Si accanirono anche sui sacerdoti e sulla gente di chiesa, la cui colpa era pregare e cantare in sloveno: anche loro venivano puniti con bicchieri
di olio di ricino[…]”. Quella di Pahor, autore tra l’altro dell’importante libro Necropoli, sulla sua esperienza di deportato in vari lager nazisti, non è la testimonianza faziosa di un fanatico filoslavo. Nato nel 1913 a Trieste, Pahor è stato docente di lingua e letteratura italiana. Dunque un tipico uomo che sta “sulla frontiera” senza odio per le culture diverse dalla sua, che era ed è slovena. Le citazioni di cui sopra le traggo dal suo libro recante un titolo assai significativo Tre volte no. No alla snazionalizzazione brutale operata dall’Italia fascista, No al nazismo, No al comunismo di Tito. Ma berlusconiani e postfascisti vari preferiscono continuare ad usare il ricordo delle foibe in modo del tutto strumentale isolando la tragica vicenda dal più ampio contesto costellato di colpe e di crimini che il regime fascista italiano ha compiuto in quelle terre a partire dal 1920 per giungere agli eccidi e alla distruzione di interi villaggi compiuti dal nostro esercito, alleato a quello hitleriano, nella aggressione alla Jugoslavia tra l’aprile 1941 e i primi di settembre ’43. Dimenticando altresì che diversi italiani dell’Istria, diversi di loro già gerarchi fascisti, militarono ancora, per esempio nella Milizia, al servizio dei nazisti, dopo l’8 settembre, distinguendosi particolarmente nelle repressioni contro i partigiani (slavi e italiani). E si noti che viceversa la gran parte dei soldati dell’esercito italiano – nonostante tutto – furono aiutati dalle popolazioni slave, dopo l’8 settembre, a salvarsi dalla deportazione da parte dei nazisti. E che, ancora, diversi soldati italiani militarono nelle formazioni della Resistenza jugoslava: dal capitano Valdo Magnani, al soldato Tonino Montanarini (caduto a Svilokos combattendo contro i tedeschi), per citare soltanto due dei tanti reggiani che compirono quella scelta. Insomma sì al 10 febbraio Giorno del Ricordo delle Foibe e dell’Esodo, ma che sia dedicato al ricordo ed alla seria riflessione storica su tutta la complessa e drammatica vicenda dei rapporti italoslavi nella prima metà del secolo XX. Antonio Zambonelli
aprile 2010 13 notiziario anpi
estero
TALEBANI “Nella confusa realtà politica dell’Afganistan chi sono i Talebani? Si può affermare, in proposito, che gli stessi sono l’espressione concreta di un movimento islamico (De talebano islamik Tehrik), nato nel 1994 a Kandahar in Afganistan ad opera di un gruppo di studenti integralisti, provenienti da scuole religiose coraniche pakistane (Madrase), che affiancò i mujaheddin, nel periodo in cui questi ultimi, conducevano operazioni di guerriglia contro il regime di Balrak Karmal. A seguito di non condivise decisioni politiche di quest’ultimi, gli studenti integralisti costituirono un loro Consiglio (Shura), composto da un’ala militare combattente e da un’ala prettamente religiosa, retta dagli Ulema”.
Il burrascoso Medio Oriente ha portato alla ribalta, ancora una volta il movimento musulmano dei Talebani, le cui origini, motivazioni, e ideologia ne hanno costituito una delle forze ribelli più organizzate e temibili. Dal Pakistan, loro terra di origine, con azioni sempre più guerreggiate, si sono spinti in Afganistan, creando forti ripercussioni politiche negli stati vicini come l’Iran, ma anche verso i Paesi occidentali, in conseguenza degli stretti rapporti, sempre mantenuti, con l’organizzazione terroristica Al Qaeda. L’Afganistan (stan = terra – terra degli Afgani) territorio nel quale fino al 1747 si sono succedute dominazioni di greci, parti, unni, cinesi, indiani, mongoli, persiani, turchi, fino all’affermarsi di una dinastia autoctona con Ahmed Durrani proclamatosi re di uno Stato, sicuramente non pacificato, sconvolto da una serie infinita di guerre, dirette in particolare contro l’Inghilterra, che aveva sorretto economicamente i vari regnanti, i quali si erano succeduti nei secoli. Tra ostilità, tregue, trattati, la situazione di estrema instabilità interna ebbe fine nel 1920 quando con il Trattato di Rawalpindi la Gran Bretagna riconobbe per la prima volta l’indipendenza dell’Afganistan, attribuendosi una particolare forma di protettorato. Nell’occasione fu nominato re l’emiro Aman Ullah Shah, che venne deposto nel 1929, evento questo, che dette luogo ancora a tutta una lunga serie di tumultuose vicende, fino alla presa del potere nel 1978 da parte di Balrak Karmal, che per fare fronte alla guerriglia interna, scatenata dai mujaheddin, si rivolse a Mosca chiedendo aiuti militari. Ebbe inizio, da quel momento, un periodo veramente tragico, di feroce guerriglia, per il travagliato Paese e fu solo nel 1986, sotto la presidenza di Muhammed Najibullah, che Gorbaciov decise di ritirare le truppe sovietiche dall’Afganistan. Da quel momento i mujaheddin ripresero con estremo vigore la loro campagna militare, infliggendo pesanti sconfitte all’esercito regolare e arrivando nel 1995 ad occupare Kabul, nominando presidente della Repubblica Burhanuddin Rabbani dopo avere destituito Najibullah. Da questo particolare momento storico, il movimento dei mujaheddin, noto come Alleanza del Nord, formato da numerosi gruppi di diverse etnie (hazari, uzbeki, turkmeni e soprattutto tagiki e pasthun) viene infiltrato dal movimento dei Talebani, il quale acquista progressivamente sempre maggiore potere, tanto da arrivare alla destituzione di Rabbani, imponendo al Paese un governo rigidamente islamico. Nel 1998 l’opposizione interna, alleandosi con le truppe regolari di Rabbani e sotto la guida del leggendario Ahmad 14 aprile 2010
notiziario anpi
Massud detto il “Leone del Panshir”, riuscì a frenare la diffusione talebana e la guerriglia tra le parti continuò, con alterne vicende, sino al 2001, quando, a fianco delle forze governative, vi fu l’intervento militare degli Stati Uniti. L’intervento fu dovuto al rifiuto dei talebani di consegnare agli USA Osama Bin Laden, ritenuto capo di Al Qaeda e responsabile dell’attentato alla Torri gemelle di New York. Nel novembre del 2002 le forze alleate sotto la guida di Abdul Rashid Dostub, che aveva preso il posto di Massud, ucciso in un attentato il 13 settembre del 2001, i talebani furono ricacciati fino a Kandahar, liberando Kabul, Mazar.i.Sharif, Islamabad, Ghazi e Kunduz. Rabbani si dimise e fu eletto un governo provvisorio, composto da 29 componenti sotto la presidenza del pasthun Hamid Karzai. Coordinata dal mullah Mohammed Omar, la guerriglia talebana era rimasta attiva in tutto il Paese, mentre molte nazioni occidentali, sotto la denominazione ISAF (International Security Assistance Forces), affiancarono le truppe USA con compiti di assistenza alla popolazione e di ristabilimento della pace. Nell’aprile del 2003 l’ex re Zahir Khan rientrò in patria, a seguito del pressante invito di Karzai, che voleva assicurarsi l’appoggio al governo della componente monarchica. Nel 2005 e 2009 Karzai venne eletto con regolari elezioni, indette per dare un senso a una democrazia incerta e molto contestata dalla componente tagika di Abdullah Abdullah. Nella confusa realtà politica dell’Afganistan chi sono i Talebani? Si può affermare, in proposito, che gli stessi sono l’espressione concreta di un movimento islamico (De talebano islamik Tehrik), nato nel 1994 a Kandahar in Afganistan ad opera di un gruppo di studenti integralisti, provenienti da scuole religiose coraniche pakistane (Madrase), che affiancò i mujaheddin, nel periodo in cui questi ultimi, conducevano operazioni di guerriglia contro il regime di Balrak Karmal. A seguito di non condivise decisioni politiche di quest’ultimi, gli studenti integralisti costituirono un loro Consiglio (Shura), composto da un’ala militare combattente e da un’ala prettamente religiosa, retta dagli Ulema. La loro fede prendeva origine dai principi della legge islamica (Shari-a) che propugnava la lotta alla corruzione, la restrizione della libertà per le donne, obbligate a portare il burqa, a rimanere confinate in casa se non accompagnate da un parente maschio, a non sottoporsi a visite mediche, né esercitare alcun mestiere, a non frequentare scuole, ecc. Nettamente con-
NI. tro, inoltre, alle culture straniere, mettendo al bando cinema, televisione, internet, computer, telefono, spettacoli teatrali e concerti. Venivano istituite pene corporali per i non osservanti a mezzo frustate, impiccagioni, lapidazioni, amputazioni di arti, ecc. e la distruzione di tutte le opere, che avevano avuto origine prima dell’avvento dell’Islam. Impressionante la distruzione, a seguito di una apposita Fatwa del mullah Omar, delle due statue di Buddha del III secolo d.c. una delle quali alta 12,5 metri e l’altra di 11,0 metri, che costituivano la massima espressione dell’arte Ghandara. Di etnia prevalente pasthun, con minoranze tagike, uzbeke e hazara, i talebani estesero la loro influenza, dapprima in gran parte del sud dell’Afganistan nelle province di Helmand, Orzugan e Zabul e in seguito, dopo durissimi scontri contro l’esercito regolare del presidente Rabbani e dei suoi alleati mujaheddin guidati dal famoso Massud, conquistarono la capitale Kabul, imponendo a tutta la parte occupata del Paese il regime strettamente integralista descritto sopra. Alla richiesta di riconoscimento in qualità di governo legittimo dell’Afganistan, avanzata dal mullah Omar, risposero positivamente solamente Arabia Saudita, Pakistan ed Emirati arabi, mentre l’ONU e il suo Consiglio di Sicurezza mantennero il riconoscimento del passato governo di Rabbani, ritirando, nel contempo, dal Paese le proprie Organizzazioni umanitarie. Isolati nel contesto internazionale ed in seguito obbligati dalle forze Isaf a lasciare gran parte del Paese ed a rifugiarsi sulle montagne del Sud, i talebani dopo avere istituito una ferrea alleanza con l’organizzazione terrorista Al Qaeda, ripresero le ostilità scatenando una sanguinosa guerriglia e attentati suicidi. Si ricordano con particolare dolore quelli contro i militari italiani (Nassirjia del 12.11.2003 e Kabul del 17.9.2009) e le uccisioni di civili di Kunduz del 4.9.2009. La situazione politico-militare dell’Afganistan rimane a tutt’oggi grave, dominata
estero
che cosa vogliono?
com’è da una estrema incertezza, inerente i suoi sviluppi, da considerasi potenzialmente pericolosi, non solo per il Medio Oriente, ma per il mondo intero, mentre si fa strada il convincimento che i trascorsi anni di guerra abbiano risolto ben poco, mentre l’impasse militare dell’esercito americano, ricorda sempre più chiaramente la vicenda vietnamita. Sul campo, infatti, le truppe straniere affrontano un nemico che sia sul piano tattico, che su quello politico, dimostra un evidente pragmatismo. Al Qaeda artefice del movimento talebano, si adatta sempre più alle idee degli “infedeli” e i suoi campi di addestramento sono pieni di manuali di rivoluzionari occidentali, che trattano con dovizia di particolari, il concetto di “guerra di quarta generazione” e la teoria delle “tre fasi della guerriglia” di Mao Tse Tung. L’organizzazione talebana è riuscita, quindi, a mescolare con successo le credenze religiose, con il pensiero strategico classico e contemporaneo della guerriglia. A dimostrazione della bontà della loro organizzazione, a metà gennaio 2010, Kabul è stata per un giorno, dopo sei ore di tragica guerriglia, nelle mani dei talebani, giudicati, piuttosto sommariamente, dall’inviato di Obama Richard Holbrooke, come un gesto di “disperati”, che ha dimostrato, peraltro, una abilissima regia militare e mediatica ad un mese dalla elezione di Karzai e la capacità di infiltrarsi nella capitale, come e quando si voglia, facendo percepire alla popolazione afgana che è in atto un movimento di liberazione nazionale che resiste allo straniero invasore. Di fronte a questo stato di cose gli Usa non vedono alternative alla continuazione dell’appoggio a Karzaj e all’instaurare una nuova strategia nella conduzione della guerra, come hanno dimostrato le ultime operazioni belliche, condotte nella regione di Helmand. Attaccando con 15.000 militari la roccaforte talebana di Marjah, conquistata con estrema facilità, vista la ritirata dei ribelli dal centro, i quali, peraltro, rimangono militarmente molto attivi nelle campagne,
che circondano la città. Istituendo sul posto potenti presidi armati, formati in preminenza da truppe afgane, per evitare il ritorno dei miliziani e per dare il senso alla popolazione locale che è sempre attiva e forte l’autorità del governo centrale, si sta mettendo a punto una nuova conduzione delle operazioni militari, che il comando ISAF considera definitivamente vincenti, anche se in tempi, valutati dal generale Petraeus, non inferiori a 16-18 mesi.. Nel frattempo, la Segretaria di stato Clinton avanza forti pretese nei riguardi del governo di Kabul e della comunità internazionale, affinché si faccia molto di più per una popolazione, attirata dai messaggi di indipendenza e redenzione, trasmessi col martirio dei kamikaze. La Segreteria di Stato vuole “riforme” e non chiude la porta alla politica della “riconciliazione”, vedendo positivamente le aperture attuate dal governo Karzai per il recupero, la reintegrazione sociale e la protezione dei talebani, che accettino la resa, aperture che esponenti del movimento armato ribelle hanno denominato una vuota chimera, rafforzata dal messaggio, arrivato al summit di Londra per la pacificazione di Afganistan e Yemen, di fine gennaio 2010, col quale si giudica la conferenza “... solo una perdita di tempo...”. Lo sforzo civile che, in tutti i casi e con molta fatica, si sta attuando, mentre si rafforza, nel contempo e sensibilmente, la forza bellica, come voluto da Obama, non può non proporsi di cercare ancora un dialogo con la parte meno estremista dei talebani, poiché senza dialogo non si conseguirà mai nulla di decisamente positivo, anche con l’utilizzo dei più potenti armamenti. Risulta sempre più necessario, quindi, lavorare insieme ai leader locali, al governo, alla popolazione civile e, con discrezione, agli apparati internazionali, per tentare di pacificare finalmente il disastrato Paese. Bruno Bertolaso
aprile 2010 15 notiziario anpi
economia
Una lezione da
“Come la vicenda evolverà e come si concluderà lo vedremo nel corso dei prossimi mesi. Quello che credo possa essere importante, oggi, al di là delle valutazioni personali che la caduta del Gruppo Burani può suggerire, è stabilire se si possano trarre alcune considerazioni di carattere generale. Io ritengo di sì, almeno una, importante, che racchiude in sé sia ciò che si deve che ciò che non si deve fare. Bisogna fare le cose che si sanno fare bene...”
“E’ la triste conclusione di una storia di finanza allegra e piroette borsistiche”, così Alessandro Penati commentava su “La Repubblica” all’inizio di febbraio (A. Penati, Burani, il lato oscuro degli affari di famiglia, “la Repubblica”, 6 febbraio 2010) la notizia della richiesta di fallimento per il
16 aprile 2010
notiziario anpi
Gruppo Burani presentata dalla procura milanese. E qualche giorno prima, sulle pagine de “Il Sole 24 ore”, Fabio Pavesi scriveva: “E’ come se ci siano stati, in tutti questi anni, due Burani. Due facce della stessa famiglia. Quella che produceva abiti e quella che si dedicava all’azienda come fosse una grande lotteria finanziaria” (F. Pavesi, Il movimento del titolo fra i segreti di famiglia, “Il Sole24Ore”, 26 gennaio 2010). Se i due più autorevoli quotidiani in materia economica, e il secondo certamente per orientamento e proprietà molto vicino ai grandi gruppi industriali nazionali, convergono su una valutazione così dura della situazione prodottasi all’interno del Mariella Burani Fashion Group (MBFG), una ragione ci sarà. Ma prima delle considerazioni di natura economica (ed etica) sui fatti specifici e delle conclusioni di natura più generale che da essi si possono trarre, cerchiamo di capire che cosa è successo e perché è successo, ricordando che il MBFG, sviluppatosi a partire dall’azienda Selene, fondata nel 1960 da Mariella e Walter Burani, controlla circa 40 società (tra le quali Antichi pellettieri, Coc-
cinelle, Gioielli d’Italia) operanti nell’area del “lusso accessibile” e in particolare nel settore dell’abbigliamento, della pelletteria, del gioiello e del digitale. Il quartiere generale è a Cavriago, le sedi produttive e distributive in Emilia, Romagna, Lombardia, Toscana, i punti vendita in tutta Italia e in tutto il mondo. I dati dell’ultimo bilancio consolidato, riferito all’anno 2008, certificano 2.212 dipendenti, ricavi per 700 milioni e una perdita netta di quasi 78 milioni. Oltre MBFG, la famiglia Burani controlla altre due società quotate in borsa, Greenvision Ambiente e Bioera, attive la prima nella costruzione e gestione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili e nella realizzazione di prodotti eco-compatibili per applicazioni industriali e la seconda specializzata nella produzione e vendita di prodotti biologici e naturali, cosmesi naturale e integratori alimentari. Veniamo dunque alla cronaca, partendo, come in certi film gialli, dalla fine. Lo scorso 17 marzo il Tribunale di Reggio Emilia ha dichiarato lo stato d’insolvenza di Mariella Burani Fashion Group, dando formalmente il via libera alla procedura che, entro
da imparare:
economia
le vicende del Gruppo Burani tra vocazione industriale e turbofinanza
un mese, potrebbe portare all’amministrazione straordinaria del gruppo di moda, secondo le norme del cosiddetto “Prodi-bis”. Il pronunciamento segue, a poco più di un mese di distanza, quello dei giudici della seconda sezione civile del Tribunale di Milano, che a febbraio avevano dichiarato il fallimento di Burani Designer Holding (Bdh), la società di diritto olandese a monte della catena di controllo del MBFG. Questi provvedimenti giudiziari sono il risultato della drammatica situazione in cui versava il Gruppo, come testimonia il lungo braccio di ferro tra la famiglia e le banche creditrici per trovare una soluzione all’esposizione finanziaria di MBFG, pari a quasi, si parla di fine gennaio, 500 milioni di euro, ai quali devono aggiungere circa 140 milioni delle altre due aziende quotate. In più ci sono le “scatole” non quotate (Bdh e Greenholding) e anche la Finitaldreni, la società immobiliare di famiglia (F. Pavesi, Asset Burani: tanto debito, poco valore, “Il Sole24Ore”, 31 gennaio 2010). Ma come si è arrivati a questo punto, a un debito di quasi un miliardo di euro? Gabriele Franzini ci dà le dimensioni quantitative del grande vortice di acquisti e vendite sui propri titoli organizzato dalla famiglia: “In poco più di 5 anni la famiglia Burani, direttamente o attraverso società da essa controllate, ha acquistato e venduto 75 milioni di azioni di Mariella Burani: 5 volte il flottante, cioè la quantità di titoli sul mercato. Dall’inizio del 2004 all’agosto 2009, quando le contrattazioni sul titolo sono state sospese dalle autorità di Borsa, la famiglia Burani, direttamente o attraverso società da essa controllate ha comprato e venduto azioni Mariella Burani per un controvalore superiore a 1,2 miliardi di euro” (G. Franzini, Il grande vorti-
ce, “TeleReggio”, 18 febbraio 2010). Fabio Pavesi illumina invece sul modus operandi: “Giovanni Burani offriva titoli delle quotate, ma anche delle scatole non quotate (…) con la promessa di un riacquisto in tempi successivi a prezzi ovviamente maggiorati. Una sorta di investimento garantito a una pletora di soggetti. In gergo contratti con l’elastico: opzioni (…) sui titoli delle società della galassia che finché i valori salivano accontentavano tutti. Il problema è che questo gioco funzionava al rialzo. Se i titoli perdevano quota i Burani dovevano comprare titoli svalutati a prezzi superiori”. Inoltre va segnalata, nel 2005, una rivalutazione di marchi e avviamenti da 123 a 300 milioni, che ha portato il valore degli attivi immateriali a superare quello del patrimonio netto. Per completezza d’informazione, si deve segnalare anche un risvolto penale della vicenda: Walter Burani e il figlio Giovanni sono indagati, insieme ad una terza persona, per i reati di aggiotaggio, falso in bilancio, ostacolo all’attività degli organi di vigilanza e frode fiscale. A onor del vero devono essere ricordati anche i meriti imprenditoriali ed umani di Walter Burani e Mariella Arduini, il loro impegno di tanti anni nel lavoro ma anche verso la comunità cavriaghese in particolare e reggiana in generale, e non a caso la stragrande maggioranza dei dipendenti ha mostrato, anche nelle fasi difficili della vicenda, grande fiducia nei confronti del “dottore” e della “Mariella”. Inoltre il contesto di crisi generalizzata non ha certamente aiutato il Gruppo ad uscire dalle difficoltà, che pure, come abbiamo visto, datavano da diversi anni fa. In ogni caso oggi la situazione è definitivamente compromessa, e al di là della soluzione tecnica che verrà adottata per gestire il futuro, resta il fatto che
le conseguenze per molti lavoratori e per tanti (piccoli) azionisti non potranno che essere drammatiche. Come la vicenda evolverà e come si concluderà lo vedremo nel corso dei prossimi mesi. Quello che credo possa essere importante, oggi, al di là delle valutazioni personali che la caduta del Gruppo Burani può suggerire, è stabilire se si possano trarre alcune considerazioni di carattere generale. Io ritengo di sì, almeno una, importante, che racchiude in sé sia ciò che si deve che ciò che non si deve fare. Bisogna fare le cose che si sanno fare bene. Questo non significa rimanere uguali a se stessi o a rinunciare alle opportunità di crescita offerte dalla finanza. Significa ancorare la crescita imprenditoriale alla componente produttiva, manifatturiera della propria attività, individuando e privilegiando il proprio core business. La diversificazione è utile, a volte necessaria, ma più ci si allontana dalla vocazione originaria, dalla specializzazione su cui si è fondato il successo dell’impresa, più i rischi crescono. La centralità del lavoro, della produzione (compresa l’innovazione e la tecnologia) non è uno slogan obsoleto, è una regola estremamente attuale, soprattutto nelle situazioni di crisi, che segna il discrimine tra imprese (ed economie) sane e non. Conseguentemente si deve trattare la finanza non in modo speculativo, come obiettivo a sé stante, ma come strumento per lo sviluppo e il miglioramento competitivo dell’impresa, garantendo adeguati livelli di trasparenza. Tutto ciò chiama in causa il sistema finanziario nel suo complesso, che deve produrre (e far rispettare) regole del gioco corrette a tutela dei lavoratori e degli investitori. Giorgio Bonetto
aprile 2010 17 notiziario anpi
cultura Viaggio della Memoria 2010 Auschwitz/Birkenau
“Sono tornati a casa dopo un’esperienza che difficilmente dimenticheranno...” Mille studenti al Viaggio della Memoria 2010, organizzato da Istoreco, hanno concluso il loro cammino all’estero, che li ha portati in Polonia, in visita ai campi di sterminio e concentramento di Auschwitz/ Birkenau e alla città di Cracovia. Cosa portano a casa da Cracovia, Auschwitz e Birkenau gli studenti reggiani? Sono tornati a casa dopo un’esperienza che – così hanno detto – difficilmente dimenticheranno. Mille studenti del Viaggio della Memoria 2010 organizzato da Istoreco hanno concluso il loro cammino all’estero, che li ha portati in Polonia, in visita ai campi di sterminio e concentramento di Auschwitz/Birkenau e alla città di Cracovia. Mille ragazze e ragazzi con i loro professori delle scuole superiori di tutta la Provincia di Reggio Emilia hanno preso parte al Viaggio 2010 in tre distinte spedizioni settimanali, dal 15 di febbraio sino al 6 di marzo. Con loro, privati cittadini e amministratori come Gianluca Chierici, presidente del Consiglio Provinciale, Gian Luca Marconi, sindaco di Castelnovo Monti, Ilio Patacini, presidente del CCFS, William Reverberi presidente del CONI Emilia Romagna e anche il partigiano Chico Catellani dell’ANPI Reggio Emilia.
18 aprile 2010
notiziario anpi
Ma il percorso del Viaggio della Memooria 2010 non si conclude qui: come il viaggio in Polonia è stato anticipato da una lunga serie di incontri preparatori – con studiosi e testimoni diretti dell’Olocausto e della Resistenza in Europa – ora proseguirà con laboratori artistici, per riflettere e elaborare quanto vissuto durante l’esperienza polacca. E la conclusione sarà affidata a giornate importanti alla fine di aprile, con il gran finale durante la Notte della Liberazione, in programma a Reggio Emilia sabato il 24 aprile 2010. Divisi in piccoli gruppi hanno visitato i campi di sterminio e concentramento e la bella città polacca, divisa fra le testimonianza di un passato glorioso, della vita della comunità ebraica e ricordi oscuri dell’occupazione nazista. Il progetto 2010 ha portato nei luoghi teatro di alcuni dei momenti più orribili della seconda guerra mondiale e dello sterminio giovani iscritti a tutti i poli scolastici reggiani: Cattaneo/Dall’Aglio di Castelnovo Monti; ex Motti di Correggio; Gobetti di Scandiano; Russell di Guastalla; D’Arzo di Montecchio; ITI Nobili, Spallanzani, Zanelli, Matilde di Canossa, Iodi, BUS Pascal, Scaruffi Levi, Tricolore, Moro, Chierici e la Scuola Internazionale di Comics di Reggio. Cosa portano a casa da Cracovia, Auschwitz e Birkenau gli studenti reggiani? Potete leggere su www.istoreco.re.it il diario giorno per giorno di tutti i tre i viaggi. Qui di seguito riportiamo alcuni stralci due articoli. Dubbi sulla libertà all’ingresso del campo Auschwitz
Viaggio della Memoria
cultura
22-27 febbraio 2010
Visita guidata nella neve di Auschwitz II – Birkenau
La Redazione del viaggio: Carlo Heissenberg, Susanna Mattioli, Alice Patria, Riccardo Pelli, Beatrice Pizzarotti, Sara Tagliavini, Silvia Acquotti Liceo Ariosto-Spallanzani Reggio Emilia “Durante questa commemorazione, sotto il cielo grigio, vicino al vagone merci molti si avvicinano al microfono, sperando che le proprie parole riescano a non cadere nella banalità e a catturare l’attenzione degli ascoltatori: c’è chi interviene in maniera concisa, chi racconta le sue impressioni, alcuni compongono proprie riflessioni, esprimono la loro esperienza, taluni la esternano tramite citazioni, mentre altri ancora richiamano all’attenzione coloro che ancora soffrono, in Ruanda ad esempio, o la cui tragedia si è da poco conclusa, come in Jugoslavia”. VVisita isita nel quartiere ebraico coo Kazimierz a Cracovia
26.02.2010,
AuschwitzBirkenau Noi studenti, più di trecento in totale, prendiamo parte alla commemorazione conclusiva del Viaggio della Memoria di Istoreco. “Niente ha senso ma tutto ha logica: questa è la colpa” è la frase che riassume nella maniera più significativa il pensiero dei partecipanti: il dramma della Shoah non può essere spiegato nel suo “perché”, ma solo nel suo “come”, cioè non se ne può fornire una giustificazione sensata bensì solo una descrizione logica, poiché è stato attuato, non da mostri animati da furore omicida, ma da uomini che perseguivano un progetto efficiente e razionale. Radunati attorno al vagone merci, monumento al centro di Auschwitz II, abbiamo infine trovato un momento per riflettere insieme su quanto visto in questa settimana di viaggio, che ci ha portato a visitare sia le bellezze artistiche di Cracovia, sia il ghetto e il campo di concentramento. Nella visita del quartiere ebraico di Cracovia, in cui sono state girate numerose scene del film Schindler’s List, si trovano ben sette sinagoghe, di cui due aperte alla visita. A fianco a quella detta di Remuh, edificata nel ‘500, in onore della virtù della rinuncia per lo Shabbat, e adibita ad obitorio durante la
guerra, si trova il caratteristico cimitero ebraico, che, come prescrive la Torah, non può mai essere spostato ed è quindi costruito su vari strati aggiunti col passare delle generazioni. Tuttavia, prima della tappa nel quartiere ebraico, la visita della città ci aveva condotti a Podgórze, zona dell’exghetto edificato dai nazisti nel 1940 per concentrarvi la comunità di origine ebrea di Cracovia, che prima della guerra contava quasi 70.000 individui. Adesso, invece, a prova dell’efficienza spietata dell’azione tedesca, essa ammonta a 126 persone. Tale area era circondata da un muro alto fino a tre metri, le cui arcate ricordavano in maniera crudele le tombe tradizionali ebraiche, ed aveva non solo lo scopo di “ripulire” la città dagli Ebrei, ma anche la funzione di annientarli psicologicamente e fisicamente, attraverso la mancanza di alimenti e di spazio. Una serie di sedie vuote sparse per la piazza al centro del ghetto rappresenta coloro che a causa della sua istituzione sono venuti a mancare: uomini e donne, giovani e anziani stremati dalla penuria di cibo, dagli stenti del campo o liquidati attraverso le ciminiere di Auschwitz. La piazza ospita anche un esempio di resistenza al regime: Tadeusz Pankiewicz farmacista e riconosciuto come Giusto fra le nazioni”. Nella sua farma-
aprile 2010 19 notiziario anpi
cultura cia Pod Orlem molti sono riusciti ad organizzare una fuga o a procurarsi, di nascosto, il necessario per sopravvivere. Naturalmente un altro simbolo di giustizia è la fabbrica di Oskar Schindler, che, come narrato nel famoso film, riuscì a salvare 1.100 Ebrei dalla deportazione, attraverso l’impiego in attività considerate “necessarie” al Reich; tale stabilimento, specializzato allora in produzione di oggetti smaltati, è ora adibito a museo. Tuttavia a qualche chilometro da Wawel è situato il più vasto cimitero che l’umanità abbia mai conosciuto: Auschwitz. Edificato nel 1940 nei pressi della cittadina di Oswiecim (in tedesco Auschwitz) per il “trattamento” dei cosiddetti oppositori politici, per primi deportati a causa del sovraffollamento delle carceri, tale campo fu ampliato nel 1942 vicino al paese di Brzezinka (o Birkenau) con un più vasto progetto denominato Auschwitz II. Successivamente adibito allo sterminio tramite gas o lavori forzati, fu teatro dell’annientamento di circa 1.400.000 persone tra Ebrei di tutta l’Europa, prigionieri sovietici, nomadi Sinti e Rom, prigionieri politici polacchi e tutti gli uomini ritenuti “pericolosi” per il Reich. Per quanto riguarda Auschwitz III, esso fu invece eretto nei pressi di Monowitz per facilitare lo sfruttamento dei prigionieri da parte dell’azienda chimica IGFarben. Durante questa commemorazione, sotto il cielo grigio, vicino al vagone merci molti si avvicinano al microfono, sperando che le proprie parole riescano a non cadere nella banalità e a catturare l’attenzione degli ascoltatori: c’è chi interviene in maniera concisa, chi racconta le sue impressioni, alcuni compongono proprie riflessioni, esprimono la loro
20 aprile 2010
notiziario anpi
L’intervento di Gian Luca Chierici, presidente del Consiglio Provinciale
esperienza, taluni la esternano tramite citazioni, mentre altri ancora richiamano all’attenzione coloro che ancora soffrono, in Ruanda ad esempio, o la cui tragedia si è da poco conclusa, come in Jugoslavia. Il filo spinato alle spalle del vagone riluce debolmente, mentre ciascuno ripensa a ciò che più l’ha colpito durante la visita di quel luogo: montagne di capelli pronte per l’utilizzo nell’industria tessile, mucchi di scarpe, valigie, preziosi sottratti ai morituri per finanziare lo “sforzo bellico”, granelli di polvere conservati in teche espositive, simili a quelli che attraverso le feritoie delle camere a gas diedero la morte a decine di migliaia di persone. Alla fine della cerimonia a ognuno viene consegnato un fiore bianco, affinché lo posi nel luogo che ritiene rappresenti meglio in sé la memoria di coloro che lasciarono questa vita da questo campo, come simbolo del ricordo eterno e come suggello alla promessa che qualcosa di simile non accada più. E benché in questo luogo ogni baracca, ogni reticolato e forse anche ogni albero, muto testimone dello sterminio, sia in realtà degno di accogliere tale pegno, è indubbiamente importante che qualcuno si ricordi di adagiare il suo fiore là, dove la “soluzione della questione ebraica” raggiunse la sua massima efficienza: là, dove un cartello rassicurava coloro che entravano negli edifici sormontati da cupe ciminiere con una scritta in molte lingue, recitante “Bagni, docce, disinfestazione”. Con queste riflessioni ci accingiamo a fare ritorno nelle nostre “tiepide case”, come scrive Levi, con la speranza di aver raggiunto lo scopo di questo viaggio:scolpire la memoria di quest’esperienza nel nostro cuore.
Lunedi’ 22.O2.2OlO / ore 4.45 “Ho paura di scadere un po’ nel banale, comunque dopo una mia piccola considerazione personale devo dire che veramente interessante e toccante si è dimostrato il museo allestito all’interno del campo di Auschwitz che si è rivelato a tratti terrificante ma estremamente significativo al contempo”.
Parlano gli studenti reggiani
cultura
Dopo la partenza dal piazzale del polo scandianese Gobetti abbiamo fatto tappa in quello del tribunale di Reggio Emilia per caricare la classe dell’istituto Iodi, che ci avrebbe accompagnato in questo viaggio alla scoperta dei luoghi della memoria; classe che si è rivelata più tranquilla delle aspettative con nostra sorpresa e imbarazzo per esserci lasciati vincere dal pregiudizio sui professionali, poi smentito dai fatti. Possiamo dire che, alla realtà dei fatti, nessuno ha affrontato sin dalla partenza questo viaggio con lo spirito necessario, essendo questa la Gita, l’ultima gita della carriera scolastica per molti di noi. Eccezion fatta per i primi minuti di viaggio, caratterizzati da un tumulto generale creato dalla solita eccitazione per la partenza, l’orario ha fatto si che nel pullman calasse la calma; abbiamo accolto l’annuncio dell’orario della sosta con gioia anche se con la consapevolezza che sarebbe stata dura aspettare due ore e mezza per riacquistare la posizione eretta. All’albeggiare le relazioni sociali hanno registrato una ripresa, almeno tra gli studenti occupanti gli ultimi posti del pullman tra i quali sono anche io, e ho così iniziato a scrivere la prima pagina del mio resoconto di questo viaggio, che si preannuncia tanto interessante culturalmente quanto fisicamente provante.
Martedi’ 23.O2.2OlO/ore 9.3O Il nostro eroico autista finalmente riesce a sconfiggere l’odiato lettore DVD e può quindi avere inizio la visione dello storico film di Spielberg sopra citato, seguito dalla maggior parte degli occupanti del pullman, nonostante le lamentele di qualcuno, si deve ammettere che Schindler’s list è un vero e proprio capolavoro.
Diario di Davide Beghi Istituto Gobetti Scandiano
Dopo la fine del primo dei due dischi su cui è registrato il film, arriviamo nella prima area di sosta in terra polacca e cogliamo l’occasione per una sosta rigeneratrice, durante la quale lo stupore di quelli interessati al film, trova uno pseudochiarimento nelle parole di uno studente del Gobetti, che attribuisce la sua noia al grande numero di film sugli ebrei visti in precedenza, ed è sempre uno studente del Gobetti che ribatte a questa affermazione con una risposta che credo sia giusto riportare: “Posso capire le sue ragioni, però, noioso Schindler!?”.
/ore 2O.3O A seguito della cena, io e il mio collega reporter di questo viaggio, ci siamo presentati alla riunione della Redazione del Viaggio della Memoria e dopo alcuni cenni riguardo gli “impegni editoriali”, ci siamo recati nella mia camera per aggiustare gli appunti presi in questi due giorni di viaggio, e renderli in una forma quanto più possibile comprensibile e ordinata.
L’intervento di Gian Luca Marconi, sindaco di Castelnovo Monti
aprile 2010 21 notiziario anpi
cultura Mercoledi’ 24.O2.2OlO /ore l6.3O
Giovedi’ 25.O2.2OlO /ore 9.l5
Abbiamo appena finito la giornata di visite ai campi Auschwitz I e Auschwitz II Birkenau. Terribile, agghiacciante, nonostante l’italiano sia una delle più espressive lingue al mondo quando usata per descrivere stati d’animo e sentimenti, faccio fatica a trovare le parole per raccontare i luoghi, le atmosfere e le sensazioni che si sono susseguite oggi nella visita delle vere e proprie industrie della morte. La cosa che penso rimanga più impressa è il silenzio tangibile, denso, immobile, che rende superflue le raccomandazioni riguardo il rispetto per un luogo di tortura e morte per migliaia, milioni di persone innocenti. Immersi in questo silenzio irreale, nel quale i commenti si spengono ancora prima di essere pronunciati, i pensieri affollano la mente, l’incredulità prende possesso di molti di noi quando ci chiediamo come un essere umano abbia potuto concepire, consapevolmente, e poi mettere in pratica un progetto che avrebbe portato alla sofferenza e poi inevitabilmente alla morte di milioni di esseri umani. Le conoscenze che abbiamo sull’argomento provengono essenzialmente dal cinema e dai libri scritti da superstiti o storici; però l’emozione che si ha girando nei campi di sterminio che abbiamo visto è veramente indescrivibile. A confronto le terrificanti immagini dei film sono niente, questa visita è stata la dimostrazione tangibile del fatto che molte volte non servono fiumi di parole per descrivere grandi esperienze. Ho paura di scadere un po’ nel banale, comunque dopo una mia piccola considerazione personale devo dire che veramente interessante e toccante si è dimostrato il museo allestito all’interno del campo di Auschwitz I che si è rivelato a tratti terrificante ma estremamente significativo al contempo.
Ci siamo recati con una guida nel centro storico della città, alla scoperta dei luoghi dove il terrore e la paura, caratteristiche del dominio nazista, avevano i loro centri di comando. Passando quindi per uno dei tanti complessi abitativi interamente costruiti dai tedeschi siamo arrivati nel palazzo che durante l’occupazione della Polonia fu occupato dagli uffici e dalle celle della Gestapo, corpo speciale della polizia nazista deputato alla ricerca degli appartenenti alla resistenza polacca, i cui metodi furono tutt’altro che ortodossi, tanto che nelle celle furono installati dei fori di scolo nel pavimento per far si che il sangue dei prigionieri torturati non ristagnasse. Dopo aver lasciato le celle della Gestapo, ci siamo diretti verso l’attuale polo universitario, molto ampio, nel quale negli anni del Governatorato Generale gli uffici di questo furono ubicati. E’ significativo pensare che quello che un tempo fu il luogo dove venne progettata e programmata la distruzione della cultura polacca, oggi è deputato alla formazione dei nuovi intellettuali, scienziati, politici dell’odierna Polonia.
22 aprile 2010
notiziario anpi
Venerdi’ 26.O2.2OlO /ore 8.l5 Partenza per la commemorazione che si è compiuta presso il binario creato nel ’44 all’interno del lager, quando ormai si era fatta forte nei tedeschi la consapevolezza che la guerra era ormai persa. Cerimonia veramente toccante, commovente, immersa nel caratteristico denso silenzio di Birkenau, interrotto solo dai discorsi dei partecipanti; momento immerso nel ricordo delle vittime e nel cordoglio, nel senso di colpa che è inevitabile provare, in quanto siamo tutti uomini come coloro che hanno concepito e studiato lo sterminio compiuto durante la II Guerra Mondiale.
cultura Viaggio Dopo il
aIl Labor torio
/ore l3.45 Risaliamo sul pullman per visitare la mostra di disegni creati da un sopravvissuto al campo di Auschwitz-Birkenau dopo essere stato colpito da un ictus cerebrale. Non siamo propriamente nello stato d’animo adatto per osservare questi disegni che comunque trasmettono quanto debbano essere terrificanti gli incubi che affollano la mente di un uomo che per mesi, anni, ha vissuto in quell’orrore creato dai nazisti, quale senso di reale terrore si debba provare nello svegliarsi di soprassalto credendo di vivere ancora una volta quei momenti. Si capisce con alcuni di quei disegni quanto l’opera nazista si sia spinta al di là dell’obiettivo di torturare fino alla morte le sue vittime, in quanto anche dopo la sconfitta della Germania e la liberazione di campi di concentramento, la tortura nazista è continuata, e continua tuttora, nei sogni e nelle notti dei sopravvissuti.
Sabato 27.O2.2OlO /orel5 circa Siamo arrivati, dopo un massacrante viaggio di ritorno, finalmente calpestiamo il suolo di Scandiano, il nostro paesino natale lontano più di mille chilometri dalla Polonia, dal campo di Auschwitz-Birkenau, dai luoghi del terrore nazista, dalle residenze degli alti comandanti; è vero siamo lontanissimi da quei luoghi, ma una volta vissuta l’esperienza di questo viaggio sarà impossibile cancellarla, sarà impossibile dimenticare la calca di emozioni che affollavano l’animo e la mente. Impossibile non parlarne, non consigliare questa esperienza a tutti quelli che conosciamo, perché oltre a essere un interessante viaggio nella storia, nel terrore che ha caratterizzato il secolo scorso, è un’esperienza utile, che sicuramente contribuisce alla crescita delle persone, un’esperienza che se fatta nel modo giusto sicuramente contribuisce a far allontanare dal pensiero anche solo la possibilità di giustificare ciò che è successo. E’ un’esperienza che segna l’anima in modo indelebile. Ognuno lascia il suo fiore
Questa fase prevede la rielaborazione dei contenuti del Viaggio della Memoria da parte degli studenti e la realizzazione di un proprio elaborato con l’aiuto di professionisti, esperti di diverse discipline. - Laboratorio di musica con Kattiveria Posse: creazione di brani rap - Laboratorio di disegno con COMICS: creazione di strisce di fumetto - Laboratorio di letteratura con Istoreco. Per tutti i tre laboratori ci saranno 4-6 incontri pomeridiani fra marzo e aprile, per avere grazie l’esperienza dei tutor e le idee degli studenti prodotti creativi da presentare alla città. giovedì 22 aprile 2010, ore 21-24 “Il ghetto è pieno di gente” proiezioni in sinagoga con letture in Via dell’Aquila, Reggio Emilia sabato 24 aprile 2010, ore 18-24 “la Notte della Liberazione” visite guidate, testimonianze, concerto di Kattiveria Posse (Reggio Emilia) e Gente Strana (Palermo) piazza Martiri 7 Luglio, Reggio Emilia
aprile 2010 23 notiziario anpi
cultura
27 febbraio 1945. Ricordato il 65° della Battaglia di Fabbrico
: O C I BR
B L L A E F NTARI D
E T S I S E R A
la visto a h e h , c pata, nanza arteci ienti la vici ne p o t l e o suffic gno s pre m e sem e non sono uesto impe arole ci m o c di q ste p rnata i com na gio to prova d sabile e che oprusi. Que e è stato U . o i a a s ch d i on br 7 Feb arole ci ha anche resp ngiustizie, ente quello ose, dalla 2 l a o i i s p ere le portat re pre e relig le, ma e sue he ha erra. Con l n solo civi o sconfigg are e tene e politiche ”. c , e s l pae icord fitto tà no era T o ide ssiam ato ne ente di Lib una socie insieme po à, occorre r e dalle lor mente scon v i t t a n d t t l i i i liber ne si è o tutt ediabi ostra temen , pres ipazio Luigi Ciotti rmare la n perché sol strada della indipenden ssere irrim c e t r a , per e sulla , don parte trasfo cono, io di p orator d’eccezione no bisogna r la propria are avanti esti si unis ore, finisce b a l e n bi nd pe io ess and ite Un gra a di un osp le cose cam e, ciascuno ajolo “Per ndo tutti gl re o l’oppr t o L a z é s n u n h e a e q prese rietà, perc ersonalm e di David , l’inv è che a ll . E cio e il nemico op d e i a n l u z u o q c n s s a e la cia te bili sist carico tamen nvinci lla Re faccia no immedia mentale de diventano i da da e, riman mento fon e cultural Fabbrico. Alcuni momenti della manifee a ial gn l’inse azione soc stazione svoltasi in occasione del 65° str della Battaglia, il 27 febbraio 1945 loro e
O L O V
Una sera nel lontano 2004 noi dell’ANPI di Fabbrico e il Gruppo Cittadini per la pace Fabbrico-Rolo ci siamo ritrovati a discutere, di valori e di memoria e alla fine abbiamo deciso, visto il momento di confusione, torpore e indifferenza, di fare qualcosa per dare risalto a quel periodo storico così poco conosciuto che è stata la Resistenza Italiana. Abbiamo pensato quindi alla memoria, come un dovere, un tesoro da valorizzare e difendere. Decidemmo quindi di dare un omaggio ai partigiani e alle partigiane del nostro paese. Con l’aiuto di Istoreco di Reggio Emilia e l’appoggio dell’Amministrazione comunale abbiamo pensato, ricercato, progettato e realizzato la mostra: “Le radici del nostro futuro. Fabbrico ai suoi partigiani”. Una mostra in cui abbiamo esposto i tesserini dei 280 partigiani e partigiane di Fabbrico, abbiamo raccontato cosa fosse stata la Resistenza nel nostro territorio, perché vi era stata una così ampia adesione, chi erano i partigiani, l’organizzazione clandestina e la collaborazione importantissima delle famiglie contadine. Il tutto in una sequenza di fotografie e documenti dei partigiani, di giovani donne, come ampiamente abbiano contribuito alla conquista di libertà e giustizia nel nostro paese, utilizzando l’unità
24 aprile 2010
notiziario anpi
delle forze al di sopra delle divergenze ideologiche. Dopo questa prima esperienza, abbiamo continuato a portare avanti il nostro progetto, convinti che la memoria storica di un paese ne costituisca un’ineludibile chiave di lettura del futuro. Nel 2005, in occasione del 60° anniversario della Battaglia di Fabbrico abbiamo realizzato con Telereggio il film-documentario Fabbrico 27 febbraio un paese in cui diversi testimoni raccontano gli avvenimenti del 27 febbraio del 1945. Inoltre abbiamo allestito la mostra prevalentemente fotografica Il dovere della memoria. 20 mesi di Resistenza, 60 anni di libertà dedicata alle celebrazioni avvenute nei 60 anni. In seguito è maturata l’idea di proseguire il nostro percorso coinvolgendo altre associazioni del paese. E’ nato così il programma dedicato alle donne “Donne in cammino” con un ricco calendario di manifestazioni, mostre, incontri, spettacoli, gite e iniziative che si è sviluppato nel corso di quasi tutto il 2006. Alle donne è stata dedicata anche la mostra Resistenza: le donne protagoniste invisibili chiamate dalla storia. Parlare di donne perché nella storiografia ufficiale sembra che queste ultime abbiano sempre subito la storia, volevamo dimostrare inve-
ce come le donne nel ’900 la storia l’abbiano fatta, partecipando e dando un contributo importante per un mondo di pace, di giustizia e di uguaglianza. Una mostra al femminile, dalla dittatura fascista alla Resistenza, alla Liberazione fino al diritto al voto, in cui si è esaltato il ruolo fondamentale delle donne nella riuscita della lotta di Liberazione, da cui poi hanno preso coscienza e si sono battute per conquistare diritti nella famiglia, nel lavoro e nella società. A completare il percorso iniziato nel 2006, l’anno successivo abbiamo realizzato la mostra L’altra metà della storia. Il contributo delle donne reggiane dalla Resistenza ad oggi. Un titolo importante per raccontare, in una mostra fotografica-documentale, la vita, le fatiche, le speranze e le conquiste delle donne, un gesto di gratitudine e di profondo rispetto verso quell’universo femminile che ha tanto sofferto e lottato, e grazie al quale oggi abbiamo un posto diverso nella società. Essere donna ai primi del Novecento implicava uno status inferiore agli uomini ed una ambigua collocazione rispetto ai progressi sociali. Le donne però non si sono mai risparmiate e in temi difficili di miseria e di guerra si sono adoperate per aiutare la famiglia; hanno fatto lavori umili nelle campagne, nelle risaie, nelle fabbriche, sfruttate
cultura
A Z TEN e sottopagate, erano una presenza forte, ma senza valore. Gli anni della dittatura e della seconda guerra mondiale sono anni di cambiamento, vedono le donne impegnate nella lotta per la sopravvivenza: sostituiscono gli uomini in guerra e reggono da sole le sorti della famiglia. Contribuirono in modo decisivo alla lotta di Liberazione dal nazi-fascismo attraverso l’attività di staffette, aiutando a raccogliere viveri e vestiario, armi e munizioni, dando accoglienza nelle case di latitanza, assistendo i partigiani quando erano feriti e facendo propaganda clandestina. Fondarono i Gruppi di difesa della donna, la prima grande organizzazione unitaria aperta a tutte le donne di ogni ceto sociale, politico e religioso. La partecipazione alla guerra di Liberazione fu lo spartiacque determinante per la conquista del voto. Poter votare era stato per le donne una ventata di libertà e giustizia Successivamente sono nate le organizzazioni femminili e grazie all’impegno e alla tenacia di tante donne sono state fatte nel corso degli anni importanti conquiste come la parità salariale, la tutela della maternità, la legge sul divorzio, la legge sull’aborto ecc... Ne è uscita una mostra ricca e importante di cui è stato fatto il catalogo e che è stata esposta anche all’Università degli studi a Reggio Emilia e al Museo Cervi in occasione della festa nazionale dell’ANPI. La mostra termina con un monito per le giovani generazioni “che è bene imparare dalla storia che i diritti e la libertà si conquistano sempre con il sacrificio, la tenacia e il coraggio e che niente è dato per sempre”. Nel 2008 abbiamo svolto un lavoro approfondito sulla Costituzione, coinvolgendo anche giovani volontari ANPI, ne è uscita una mostra Mi ricordo la Costituzione? che
Il sindaco di Fabbrico Luca Parmiggiani e don Ciotti
ddelinea il clima, le motivazioni, la stesura ddi quella grande opera collettiva che sarà lla Costituzione, ma getta anche uno sguarddo al futuro. Nella parte svolta dai ragazzi, Costitux: il miglior sbiancante degli ultimi C 660 anni, si è creato un questionario sull’atttualità della costituzione, messo su internet vi hanno risposto una settantina di persone, delle età, professioni più disparate. Accanto a questo sono state raccolte interviste e testimonianze dei visitatori alla mostra che si sono resi disponibili a lasciare un proprio commento. In questi anni ci siamo impegnati anche ad organizzare incontri e dibattiti su problematiche di attualità come la libertà dell’informazione, che hanno visto a presenza di Marco Travaglio, Loris Mazzetti e Roberto Scardova, con Marco Lillo, informazioni e dibattiti sulla pace, la difesa dell’ambiente, i diritti dell’uomo, la legalità, la privatizzazione dei beni comuni. Ultimo in ordine di tempo è il percorso del “Mese della Memoria e della Legalità”, concertato insieme all’Amministrazione comunale e ad altre realtà del territorio, come le scuole e i teatri. Eventi ed iniziative che dal 27 gennaio, giorno della memoria, al 27 febbraio, giorno della commemorazione della battaglia di Fabbrico, hanno visto il nostro paese tutto, riflettere e dibattere sui temi della Resistenza e delle nuove resistenze, dalla lotta partigiana, alla resistenza dei ragazzi di Libera Terra che ogni giorno combattono per lavorare sulla propria terra, sui terreni confiscati alla mafia. Gli eventi sono stati molti: la testimonianza data alle scuole dal comandante partigiano Diavolo, Germano Nicolini; la mostra dedicata a Peppino Impastato, Ricordare per continuare, inaugurata da Giovanni Impastato, fra-
tello di Peppino; la presentazione del DVD Onda Libera, dei Modena City Ramblers, il racconto della prima carovana musicale sui terreni confiscati alla mafia in tutta Italia; Il film documentario, proiettato anche per le scuole, Schiaffo alla Mafia di Stefania Casini, dove si racconta l’avventura della Cooperativa Pio La Torre di San Giuseppe Jato (PA), che lavora e gestisce terreni confiscati alla mafia, presente anche Salvatore Giibino, presidente della Cooperativa. Un grande laboratorio di partecipazione si è attivato nel paese, che ha portato al 27 Febbraio. Una giornata come sempre molto partecipata, che ha visto la presenza di un ospite d’eccezione, don Luigi Ciotti, presidente di Libera Terra. Con le sue parole ci ha dato prova di come non sono sufficienti la vicinanza, la solidarietà, perché le cose cambino bisogna trasformare la nostra in una società non solo civile, ma anche responsabile e che di questo impegno se ne faccia carico ciascuno personalmente, ciascuno per la propria parte, perché solo tutti insieme possiamo sconfiggere le ingiustizie, i soprusi. Queste parole ci rimandano immediatamente a quelle di Davide Lajolo “Per andare avanti sulla strada della libertà, occorre ricordare e tenere presente quello che è stato l’insegnamento fondamentale della Resistenza. E cioè che quando tutti gli onesti si uniscono, indipendentemente dalle loro idee politiche e religiose, dalla loro estrazione sociale e culturale, diventano invincibili e il nemico, l’invasore o l’oppressore, finisce per essere irrimediabilmente sconfitto”. Fiorenza Bigi Chiara Preti Sezione ANPI di Fabbrico Cittadini per la Pace di Fabbrico-Rolo
aprile 2010 25 notiziario anpi
cultura
A Bibbiano la sezione ANPI promotrice di cultura
L’Albania vista attraverso la sua letteratura Da ormai sette anni l’ANPI di Bibbiano promuove con successo la “Università del Tempo libero”. Nel programma del corrente anno, oltre agli abituali argomenti di letteratura, storia, filosofia, sono state inserite alcune serate speciali, aperte alla partecipazione di tutti i cittadini: una serata dedicata alla storia della fisarmonica, nobilitata dalla presenza del maestro Paolo Gandolfi, a suo tempo campione del mondo di quello strumento, e due incontri con le etnie del Marocco e dell’Albania. Queste due ultime serate, precedute da attente introduzioni storiche di Loris Bottazzi, presidente della locale Sezione ANPI, hanno beneficiato di preziosi interventi delle mediatrici culturali Nadia Ammoumi, per i paesi del Magreb, e Drane Sefgyni, per l’Albania; dell’apporto della prof.sa Rosanna Binini, della scuola Dante Alighieri e di Silvana Poletti, dirigente del Servizio sociale del Comune di Bibbiano. E’ stato molto apprezzato ed applaudito il saggio sulla letteratura albanese presentato dallo studente del Liceo Moro Senat Halilay di cui riportiamo il seguente ampio stralcio.
26 aprile 2010
notiziario anpi
«Mi piacerebbe iniziare con una frase di Primo Levi: “Se comprendere è difficile conoscere è necessario”. Quindici anni fa l’Albania era un paese dove l’anomalia era normale, l’eccezione era costante, la normalità eccezionale e l’anarchia era organizzata. Oggi invece l’Albania è un paese di una complicata normalità ma che non guarda l’Italia come la terra dei sogni. Oggi l’Albania è un cantiere, un paese dinamico che cresce con un ritmo economico di 6 percento all’anno. Il motto degli Albanesi è: si parte da zero, ma si va veloci. Vorrei parlarvi dell’Albania vista attraverso la sua letteratura.
Gli anni Venti-Trenta sono particolarmente contraddistinti dalla letteratura militante nella difesa delle masse, fortemente orientata verso il Realismo. In questo clima si rafforzò il genere narrativo e la poesia a sfondo sociale. Interprete di questa lotta fu Fan S. Noli (1882-1965) in cui attività politica e letteraria rappresentarono un unico inscindibile binomio. Nel dramma Israelite e Filistine (Ebrei e Filistei), il tema biblico diventa metafora della lotta politica in patria. Nella poesia campeggia la figura di Millosh Gjergj Nikolla (1911-1938), poeta di opposizione, portavoce di una accesa denuncia sociale che si esprime In alto: Senat Halilay In basso: Museo di Tirana
cultura Se comprendere è difficile conoscere è necessario L’Albania del XX secolo nelle pagine dei suoi scrittori e nelle parole di Senat Halilay, studente di origine albanese del Liceo Moro di Reggio Emilia, sulla cultura albanese attraverso allegorie. Sul fronte opposto di questa letteratura si collocano autori che la critica degli anni comunisti ha relegato nel limbo dell’oblìo. Si tratta di prosatori e poeti di indirizzo conservatore che cantavano e lodavano il mondo patriarcale della società Albanese e i suoi valori tradizionali. Ricordiamo il prolifico poeta Gjergj Fishta (18711940), autore del monumentale poema Lauta e malcis (Il liuto della montagna), epopea dell’Albania che si libera dei Turchi. Altrettanto dibattuta la figura del poeta e prosatore Ernest Koliqi che esordì con un poemetto su Scanderbeg. Si dedicò in seguito a tradurre poeti: da Dante a Tasso, da Valery a Baudelaire. Sua l’introduzione della lirica in prosa in State Pasqyrat e Narçizit (I sette specchi di Narciso) e Symfonia e Shqipeve (La sinfonia delle aquile). Gli avvenimenti collegati all’ascesa del fascismo e al conflitto mondiale furono un altro potente lievito per la letteratura albanese: quella del periodo rivoluzionario prelude e prepara la costruzione dello Stato comunista, in cui si evidenzia la concezione del popolo come forza determinante dello sviluppo storico, in cammino verso una società senza sfruttatori e sfruttati. Tale letteratura non potè ignorare i modelli patriottici delle generazioni precedenti, corroborandoli di un nuovo ottimismo storico. Sicché il folclore e le radici storiche del popolo albanese costituiscono la linfa vitale della letteratura tra gli anni Cinquanta e Novanta con forte enfatizzazione dell’elemento realista. Temi del Realismo socialista vengono sviluppati dai prosatori Fatmar Gjata (1922), autore della Palude del 1959 e Dhimiter Sutheriqi (1915). I temi della Resistenza e della Liberazione tornano anche nelle ballate di Z. Sako e A. Varfi. Campione dell’innesto della realtà socialista in poesia è Lazar Siliqui (1924) della cui poetica è emblematico il poema La Rinascita del 1959. Simili orientamenti insieme a sperimentazioni di forme nuove e ottimistici sogni di benessere per il Paese compaiono nell’opera Sogno industriale del 1961.
L’esasperazione di questi temi congiunta con la rottura delle relazioni con la comunità internazionale, ha portato la letteratura albanese nel vicolo cieco della opposizione di un popolo al resto del mondo con lo scadimento spesso in puro sciovinismo. La caduta del regime non ha ancora prodotto da parte degli intellettuali un’adeguata risposta a questo ristagno culturale, tanto più che nel frattempo questo disorientamento è stato ancora una volta funzionale a disegni politici che, nell’esaltazione di una nazione e del suo passato “glorioso”, cercano di soffocare i reali disagi materiali. La letteratura albanese dopo il crollo del regime è una letteratura che sa descrivere tanto la tetraggine del recente passato, quanto lo sradicamento e le speranze deluse dell’attualità. Storie di vita sofferta e di chi in lingua albanese non sa più scrivere. Negli anni Novanta la letteratura albanese ebbe il suo grande risveglio. All’estero fu considerata uno strumento valido per scoprire una parte così sconosciuta d’Europa. Sembrava, infatti, uno scrivere per parlare di sé rivolto a coloro che avevano subito la stessa sorte di uniformazione totalitaria [...] Ora gli albanesi si ripresentano, ma sono diversi. Si scrive di dittatura cupa, ma si scrive anche di speranze deluse del post comunismo, di vita sofferta. [...] Fatos Kongoli è uno scrittore dallo sguardo malinconico che, appartatosi dalla vita pubblica come pochi altri, descrive la vita della gente comune. La sua opera è la storia della sua generazione che nacque sotto il regime di Hoxha, ne vide la morte e, adesso non più giovane, vive il post comunismo. Nel suo I humburi (Lo smarrito) denuncia la perdita di identità con una vena di esistenzialismo tardivo, prodotto dalla rassegnazione passiva ai dettami della società. Descrive un mondo dove non si poteva neanche amare se non si aveva una biografia famigliare immacolata dai peccati politici e non si poteva accedere a studi non congruenti alle esigenze del partito…». Senat Halilay
Giacomo Notari, Hai un cuore forte, puoi correre. Autobiografia di un partigiano montanaro, Prefazione di Antonio Zambonelli, Edizioni Consulta, 2010
Giacomo Notari, N i partigiano i i e presidente id d dell’ANPI ll’ANPI di Reggio Emilia dal 2002, affida a queste pagine la storia di una vita intensa, vissuta senza ripensamenti. La narrazione è ricca di riferimenti e di informazioni su eventi che hanno caratterizzato il periodo bellico e la ricostruzione politica e civile della provincia reggiana. Notari adotta come confini della sua autobiografia l’amore per l’ambiente montano, la passione politica e l’attaccamento alla famiglia. Tre cardini attorno ai quali si sviluppano ottant’anni di vicende personali e di impegno pubblico, visti nell’ottica di un abitante di Marmoreto di Busana che si mantiene costantemente avvinto alle sue radici. L’opera fornisce una fotografia fedele dell’evoluzione sociale e politica del Novecento attraverso la descrizione delle motivazioni e della partecipazione dell’Autore alla lotta per la libertà e per la democrazia: unitamente al resoconto efficace e documentato di vicende partigiane e di incarichi elettivi svolti nel dopoguerra, accoglie descrizioni particolareggiate degli usi, dei costumi e delle bellezze naturali dell’Alto Appennino. Completando le informazioni fornite da preziose immagini didascaliche, la prefazione di Antonio Zambonelli sottolinea la capacità dell’Autore a non cedere alla propensione di ipervalutare ruoli e funzioni, spesso adottata da parte di chi stende la propria autobiografia. Il libro di Notari, edito da Consulta, costituisce un supporto attendibile per la comprensione di un periodo del secolo scorso che lamenta carenze di ricostruzione storiografica, contribuendo a colmare carenze conoscitive e sanando informazioni distorte. Presentazione il 21 aprile al Fuori orario di Gattatico
aprile 2010 27 notiziario anpi
cultura
Angelo Fortunato Formiggini
Ucciso dalle leggi razziali fasciste
28 aprile 2010
notiziario anpi
E’ stato ristampato da Carlo Bonacini, titolare della casa editrice modenese Artestampa, Parole in libertà: la raccolta degli ultimi scritti di Angelo Fortunato Formiggini, arguto e geniale editore modenese di origini ebraiche, morto suicida il 29 novembre 1938, lanciandosi dalla Ghirlandina di Modena per protestare contro la promulgazione delle infami leggi fasciste razziali. Parole in libertà, uscito postumo e lacunoso a Roma nel 1945, rivede finalmente la luce con una nuova edizione critica a cura della studiosa Margherita Bai: è un amaro quanto disperato atto di accusa verso un regime che aveva tradito più volte l’eclettico protagonista di un’impareggiabile parabola esistenziale e culturale, fondatore di una casa editrice, attiva prima a Modena poi a Genova e infine a Roma, messa in ginocchio da vent’anni di dittatura; il libello è un ammonimento rivolto agli italiani sotto forma di commiato definitivo dai propri connazionali. “Addio fratelli d’Italia, l’Italia s’è riaddormentata – si legge nell’Epistola agli Italiani a pag. 63 – Ma non è il sonno della morte: essa è immortale! Indubbiamente essa si ridesterà più sana di prima. Difendetela, o fratelli, da tutti i sovvertimenti che ne deturperebbero il caro volto sereno... La vita non vale più nulla se non si può più lavorare, se non si può più amare ed essere amati e, se, a tradimento, con una pugnalata nella schiena, ti hanno agghiacciata nel cuore la polla viva della serena allegrezza”. Parole in libertà è un j’accuse impietoso e disperato nei confronti del totalitarismo fascista allineatosi in tutto col nazismo con la legislazione antiebraica: l’aberrante provvedimento legislativo voluto da Mussolini nel ’38, sarcasticamente schernito dall’autore nell’ epigrafe a pag. 174: “Morbo Gallico così fu chiamata nei secoli la sifilide, teutonico morbo così sarà detto il razzismo”. Poi consapevole che “Volere una razza soltanto in tutta l’Italia è come volere un sol tipo di pesci in tutti gli abissi del mare”, nell’epigrafe del 1° luglio ‘38 si riassume il testamento spirituale del martire antifascista nato a Modena nel 1878: “Né ferro, né piombo, né fuoco possono salvare la Libertà ma la parola soltanto. Questa il tiranno spegne per prima. Ma il silenzio dei morti rimbomba nel cuore dei vivi”. Parole lapidarie che suggellano la più efficace e feroce requisitoria che sia mai stata scritta contro il ventennio infausto. Per ulteriori approfondimenti si può consultare: La cronaca della festa: omaggio ad Angelo Fortunato Formaggini, a cura di Nicola Bonazzi e Margherita Bai, edizioni Artestampa. Giulia Manzini
avvenimenti
A CASTELNOVO MONTI COL MAESTRO GANDOLFI Un momento della festa castelnovese. Il maestro Gandolfi con la sua straordinaria “fisa”
Domenica 14 febbraio, nei locali dell’albergo Miramonti, si è svolta la festa del tesseramento ANPI di Castelnovo Monti per il 2010, con la partecipazione di Partigiani, Patrioti e Antifascisti con i loro familiari. Prima del pranzo conviviale hanno rivolto ai convenuti parole di saluto e di commento alla situazione attuale e al ruolo dell’ANPI a difesa dei valori della Costituzione nata dalla
Giacomo Notari al microfono
FESTA DEL TESSERAMENTO
Resistenza il Presidente provinciale Giacomo Notari, il presidente di Castelnovo Nello Orlandi e Giuseppe Battistessa. Ad allietare l’incontro, con la sua fisarmonica, il maestro Paolo Gandolfi , che dopo anni di successi in vari continenti fondò, e diresse per anni, la scuola di musica di Castelnovo Monti. Un ringraziamento doveroso al maestro Gandolfi, per la disponi-
bilità con cui partecipa anche alle iniziative dell’ANPI. Memorabile la serata di Bibbiano del dicembre scorso, dove il grande fisarmonicista tenne una lezione (accompagnata da esibizioni esemplificative) sulla storia della fisarmonica nel quadro dell’Università del tempo libero organizzata dall’ANPI locale.
Un momento della festa castelnovese
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avvenimenti
Volontari del Centro sportivo di Villa Sesso
ANPI 2010 Un momento della festa di Villa Sesso
Orientarsi verso le giovani generazioni, enerazioni, per i valori della democrazia, della Resistenza, della Costituzione... Le belle feste per il tesseramento cittadino Sezione Cittadina Nuovo Gruppo Dirigente A pochi mesi dall’insediamento del nuovo gruppo dirigente della Sezione cittadina dell’ANPI, (Anna Ferrari, presidente, Gino Ghiacci e Anna Salsi vice presidenti) al tema del tesseramento è stata data la priorità sul complesso del piano di lavoro. L’azione promozionale è stata rivolta alle fasce classiche d’età matura, ma soprattutto la proposta si è orientata alle giovani generazioni, per dar loro gli obiettivi di democrazia ed i valori della Resistenza, contenuti nella Carta costituzionale a baluardo dei diritti e dei doveri di ogni cittadino. Prossimamente sarà trattato il progetto per il futuro, imperniato soprattutto sugli aspetti culturali e sul rapporto con istituzioni e cittadini.
30 aprile 2010
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Le feste realizzate Il Comitato feste ANPI, opportunamente insediato, ha puntato sulle Feste di quartiere del circondario di Reggio, sull’esempio di Buco del Signore e di Canalina che hanno un attivismo consolidato da tempo. Il giorno 24 gennaio si sono tenute contemporaneamente con successo le feste al Centro “Insieme” con intrattenimento dell’artista dialettale Antonio Guidetti e al Centro sociale “Rosta Nuova”, che ha visto un grande afflusso di associati, allietati da un concerto musicale. Domenica 14 febbraio 2010, al Centro sociale il “Carrozzone” si sono dati appuntamento giovani e anziani ed insieme hanno dibattuti i temi politici e sociali, creando quell’atmosfera di calore e di intesa sugli obiettivi cui tutti miriamo. Festeggiati per il valore di quanto svolto nella loro vita,
particolarmente i partigiani Ferdinando Cavazzini, Osvaldo Ferrari e molti altri. Hanno partecipato al pranzo anche Mirko Tutino e Roberta Mori, candidati alle elezioni regionali PD, che hanno voluto portare un saluto e la solidarietà all’ANPI per l’azione politica positiva che svolge nella società. Auspichiamo la partecipazione a nostre iniziative di esponenti di altri partiti di ispirazione antifascista. Numerosi i nuovi tesserati. Non ha invece avuto successo la festa programmata per il 7 febbraio al Centro sociale “Venezia”, per scarso numero di prenotati. Si tratta di una zona dove l’ANPI necessita sicuramente di essere rafforzata. Invece domenica 21 febbraio 2010 si è tenuta la festa al Centro sportivo di Villa Sesso, frazione martoriata dalla violenza fascista e nazista, tanto che i segni rima-
avvenimenti sti nel fisico e nelle coscienze della gente sono ancora brucianti. Un salone stracolmo di cittadini che hanno condiviso i valori della nostra Associazione, gente semplice e generosa, che è avvezza a trovarsi, a collaborare per il successo di iniziative collettive, a condividere programmi che toccano il territorio. Hanno portato il loro apprezzato saluto l’on. Maino Marchi deputato alla Camera e Roberta Mori del Partito Democratico.
Il Fuori Orario di Taneto per i giovani – martedì 16 febbraio ore 20,30 “Con il Treno della Memoria” Grandissimo successo della serata dedicata alla Festa del tesseramento ANPI Giovani. Hanno partecipato i Ragazzi di Fossoli di ritorno dai Campi di Concentramento N Nazisti. Erano presenti anche gli artisti: P Paolo Nori, Cisco, I Rio, Vinicio Caposse Capossela e, applauditissimo Il coro delle Mondi Mondine di Novi. Grandissime Star
Artemio Bonini (Libero) A
del pubblico sono state Annita Malavasi Laila e Germano Nicolini al Dièvel che hanno “stregato e calamitato” i presenti portandoli alla riflessione critica rispetto al presente sociale e politico del nostro paese. Laila, seppur sofferente, ha tracciato un percorso di emancipazione della donna, iniziato nel corso della lotta di Liberazione fino ai giorni nostri ed ha stimolato le ragazze a preservare queste conquiste e a non farsele scippare dal modello di sottocultura e di mancanza di rispetto delle donne portato dai format mediatici. Germano Nicolini, novantenne e lucido, introdotto da Cisco che ha cantato la canzone in dialetto dedicata al Dièvel e che ha commosso molti dei presenti, ha stimolato i giovani a ragionare con la propria testa. Egli ha puntato il dito contro i Padroni della finanza, quell’8 percento di straricchi del mondo che hanno messo in ginocchio l’economia mondiale, speculando sull’economia sana, sulle forze produttive e sui giovani, negando loro un futuro di certezze. Sul suo esempio di uomo
combattivo contro le ingiustizie, i giovani dovrebbero rendersi consapevoli della loro forza ed avere il coraggio di pretendere un mondo più giusto, difendendo i valori della nostra Carta costituzionale, frutto del sacrificio di tanti partigiani che ci hanno donato la LIBERTA’. Un ringraziamento particolare va a Franco Bassi e a tutto il Fuori Orario, sensibile e aperto ai temi e ai valori portati dall’ANPI. Nella serata è stato allestito un punto ANPI dai nostri volontari che hanno raccolto nuovi tesserati.
Facebook L’ANPI è presente nel social network Facebook, grazie al contributo di Giuseppe Napolitano, che ha contatti con il mondo giovanile e tiene aggiornata la nostra pagina. Interessante è il riscontro degli amici sul web sui temi culturali, con risalto al “luogo” seppur virtuale per il contatto al tesseramento ANPI. Anna Salsi
lascia la presidenza dopo 34 anni
Eletto il nuovo Comitato ANPI a Cadelbosco di Sopra
25 Aprile 2005. Libero Bonini, a sinistra, ed Erio Gibertini, a Villa Seta per la commemorazione del martire antifascista Armando Arduini (22 marzo 1922)
Artemio Bonini Libero, dopo 34 anni, lascia la presidenza dell’ANPI di Cadelbosco Sopra. Libero ha guidato la sezione dal 1975 al 2009, con grande impegno e, in tutti questi anni, ha difeso la memoria, i valori e il patrimonio storico, ideale e morale della Resistenza. A Libero va la riconoscenza per il grande lavoro svolto e per aver messo a disposizione della Comunità la sua esperienza di ex partigiano combattente. “Sono certa – ha detto il sindaco di Cadelbosco di Sopra, Silvana Cavalchi – che Libero continuerà ad impegnarsi per mantenere vivo in noi il ricordo di tutti i cittadini che si sono sacrificati per la libertà del nostro paese”. La sezione locale dell’ANPI ha provveduto a nominare il nuovo Comitato composto da Pietro Benassi, Artemio Bonini Libero, Silvana Cavalchi, Roberto De Pietri, Bruno Gazzini, Ero Gibertini, Annita Malavasi, Maria Mon-
tanari, Umberto Orlandini, Roberto Panini, Alpidio Pergetti e Vilma Valli. Il coordinamento comunale del Comitato è stato affidato a Roberto De Pietri, Umberto Orlandini e Alpidio Pergetti. Il nuovo Comitato si è già messo al lavoro per l’organizzazione delle iniziative di celebrazione del 25 aprile e per coinvolgere sempre più le nuove generazioni nei percorsi di memoria degli eventi che hanno portato alla Liberazione del nostro Paese e ci hanno donato la libertà e la democrazia. (g.b.) “Caro Libero a nome di tutti i compagni e gli amici dell’ANPI provinciale accogli il mio ringraziamento per i tuoi anni di impegno in seno alla nostra associazione e un fraterno abbraccio con l’augurio di buona salute. Noi che abbiamo passato gli ottanta di buona salute ne abbiamo bisogno”. Giacomo Notari
aprile 2010 31 notiziario anpi
ar zo 8m
generazioni
AVERE 19 ANNI NEL 2010 A REGGIO EMILIA Sospetto che gli adulti guardino i giovani, figli o nipoti non importa, come degli alieni. Degli sconosciuti che parlano con parole differenti oppure danno significati diversi alle esse parole, così è difficile comprendersi. Credo che sia sempre ato così tra le generazioni, ma da qualche anno viviamo cambiamenti molto veloci. E’ difficile riconoscere il paesaggio che ci circonda, sia fisico che mentale, i giovani intorno a noi usano con tranquillità e divertimento degli rumenti sempre nuovi che guardiamo con sospetto perché sappiamo benissimo che per noi re eranno un mistero. Ho voluto intervistare quattro ragazze che conosco per sapere cosa fanno, cosa pensano, se sono così diverse dalle loro coetanee di una generazione fa. Sono amiche fin da piccole, hanno fatto alcuni anni di scuola dell’obbligo insieme, due sono anche cugine. Tre sono figlie uniche, una ha un fratello più piccolo. Hanno scelto scuole superiori diverse e da que ’anno tre hanno iniziato l’università e la quarta una scuola privata post-diploma dopo una breve esperienza universitaria che si è rivelata negativa. Sono belle ragazze slanciate, con i capelli lunghi, dal biondo al moro, con occhi azzurri, marroni o neri.Ho fatto domande semplici, relative alla quotidianità. Per cominciare ho chiesto di descrivermi una giornata tipo, poi ho chiesto di raccontarmi i loro fine settimana.
Queste le risposte: F. – La mattina vado a lezione all’università, facoltà di scienze dell’educazione a Reggio. Dopo pranzo riposo un paio d’ore poi studio un po’. La sera vedo il mio ragazzo a casa perché se fa freddo usciamo poco. Due pomeriggi la settimana faccio la babysitter ad una bambina di sette anni, compiti e giochi. Faccio anche volontariato presso la Croce Verde o come affiancamento in ambulanza o in ospedale, è molto impegnativo perciò non so se posso continuare perché voglio studiare per rimanere in pari con gli esami. Mi piace passeggiare, ascoltare musica, andare in bicicletta. Il venerdì sera vado in piscina fino alle 21.30, poi in genere al pub con le amiche oppure a ballare in discoteca. Il sabato aiuto mia madre in casa, studio un po’, leggo, ascolto la musica. La sera esco con il mio ragazzo per cena e per un film, raramente si va a ballare. Con lui mi vedo secondo tradizione, il martedì, giovedì e sabato.
E. – Vado all’università a Bologna, facoltà di lingue straniere, tedesco e giapponese. Sveglia alle 6, tram, treno, bici, per arrivare a lezione alle 8.30. Nella pausa studio mentre mangio, poi ho sempre lezione fino alle 17.00. Quindi bici, treno, tram per rientrare verso le 18.30, a volte resto di più allora torno alle 20.30. Guardo il telegiornale mentre mangio e dopo cena sto al computer, in genere su Facebook in cui ho una mia pagina, a letto verso le 22.30. Ogni tanto interrompo la routine e insegno nuoto ai bambini nella società che frequento da anni oppure scacchi nelle scuole elementari. Esco
32 aprile 2010
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poco di sera, il venerdì o il sabato, di solito vado al pub con delle amiche. Il sabato pomeriggio sto in compagnia di mio fratello, che è più piccolo di me, poi esco e vado al circolo di scacchi dove gioco con i miei amici. G. – Anch’io faccio la facoltà di scienze dell’educazione a Reggio. Se non ho lezioni alle 9.00 sono già alla Biblioteca Panizzi per prendere posto, ci vado a studiare con una mia amica. A metà giornata mangiamo qualcosa e facciamo una passeggiata in centro, poi torniamo in biblioteca fino alle 19.00. Torno a casa per cena, quindi in genere vado su streaming al computer, faccio una doccia, leggo e mi addormento verso mezzanotte. Non faccio sport, due volte la settimana do delle lezioni ad un ragazzino di 12 anni. Se il venerdì sera non sono andata in discoteca, il sabato torno a studiare in biblioteca fino a metà pomeriggio, altrimenti mi riposo. Ceno a casa e verso le 22.00 esco con un gruppo di amici e amiche per andare in birreria oppure per vedere la 3a visione al cinema, in genere rientro verso le 3.00. A volte il venerdì vado per l’aperitivo al Caffè Garibaldi, poi a ballare, ad esempio al Sali & Tabacchi.
M. – Non ho una giornata uguale alle altre. La mattina in genere mi alzo tardi poi posso leggere, scrivere testi, stare al computer – mi piacciono i giochi di ruolo ma non Facebook o simili –, mi diverto con Youtube e ascolto molta musica.
generazioni Vad Vado regolarmente in un centro cent benessere dove faccio palestra e piscina e prendo pale lezioni di violoncello già lezi da qualche anno. Due pomeriggi a settimana, da me gennaio, frequento un ge corso di scrittura creatico va in una scuola privata in attesa di iniziare un corso triennale per illuc stratrice di libri. Avevo s l’università a Modena, facoltà iniziato l’unive ma ho lasciato dopo tre di Biotecnologia, m capito che non era la mia mesi perché ho cap strada. Qualche pomeriggio do ripetizioni di materie scientifiche ad un ragazzo di 15 anni. Due volte la settimana vado con il mio ragazzo a lezione di Kung-fu Wushu, quest’anno cercherò di prendere la cintura marrone, poi ceniamo insieme. Al sabato mi sveglio più tardi del solito, il pomeriggio posso fare cose diverse, mi piace molto andare alla Comix a comprare i miei fumetti preferiti cioè i Manga. Io amo molto la cultura giapponese e la sua lingua che sto studiando privatamente. In genere la sera vado al cinema o con il mio ragazzo o con le amiche, preferiamo i film fan-
tasy o di avventure, altrimenti vado a casa di un’amica, possiamo fare giochi di società, cucinare, giocare con la playstation o vedere film in dvd. Non vado in discoteca perché non mi piace né la musica, né quell’ambiente, né quel modo di ballare. Spesso andiamo a cena nei ristoranti giapponesi. Con la bella stagione esco di più, ho amiche ed amici con cui mi piace frequentare le feste medievali con vestiti a tema, oppure visitare le fiere dei fumetti, come quella di Lucca, in cui ci vestiamo cosplay, cioè indossiamo il costume del nostro personaggio preferito. Nel breve spazio di un articolo non si può pensare di entrare in profondità nelle vite e nei pensieri di quattro persone, penso però che il racconto della quotidianità riesca a dare molte informazioni sul loro stile di vita e quindi a dirci come queste giovani donne siano ancora in una fase di ricerca per scegliere la propria strada anche se potrebbero dare l’impressione, in qualche caso, che molto è già deciso. Ho chiesto come vedono il loro futuro e le risposte sono state abbastanza semplici, molto concrete, perfino troppo serie per delle ragazze così giovani.
F.
Vorrebbe laurearsi entro
i tre anni e fermarsi alla laurea breve. Non fa progetti a lungo termine. Le piacerebbe trovare un lavoro nella scuola, viaggiare, comprarsi un’auto e una casa. Aspira ad avere una famiglia.
E. Prima di tutto finire l’università e forse
fare anche la specialistica. Se trovasse la persona giusta vorrebbe farsi una famiglia e lavorare a Reggio, anche perché vorrebbe continuare la sua attività di nuoto e degli scacchi. E’ anche aperta all’idea di trovare un lavoro altrove e di viaggiare.
G. Anche lei vuole finire l’università breve e le piacerebbe lavorare in un asilo nido. Spera di trovare la persona giusta per sposarsi ed avere un bambino prima dei 28 anni, ne vorrebbe tre in tutto, un maschio e una femmina poi il terzo non importa! Ovviamente prima pensa ad un periodo di convivenza per conoscersi. M.
Vorrebbe diventare una scrittrice e un’illustratrice di libri di successo, viaggiare molto per fare ricerche e imparare cose nuove. Le piace il custom (una moto da turismo) più dell’auto e vorrebbe usarla sulle autostrade del Canada – che conosce per averlo visitato – da costa a costa. Più avanti non esclude di avere anche qualche figlio se trova un compagno affidabile.
Massimilla Rinaldi
intervista a quattro giovani donne
aprile 2010 33 notiziario anpi
IRAQ, ISRALIANI E PALESTINESI PALESTINESI,, CUBA E GENOVA 2001... – Con il consueto contorno di autobombe e attentati suicidi suicidi, si sono svolte le seconde elezioni politiche in Iraq da quando l’intervento anglo-americano ha posto fine all’era Saddam Hussein. D’accordo, questo fondamentale esercizio di democrazia andrebbe giudicato sulla base delle condizioni in cui si svolge e dei meccanismi del consenso presenti (con pochi dollari i voti si comprano), ma occorre ammettere che – seppur faticosamente e al pesantissimo prezzo di centinaia di migliaia di morti – questo paese qualche passo in direzione di una maggiore stabilità l’ha compiuto. Una tale constatazione deriva non tanto dalla percentuale dei votanti, che si è ridotta dal 79,63 percento del 2005 al 62,40 percento del 2010, quanto dal numero delle liste (163) e dalla loro composizione (che hanno perso il carattere di appartenenza prevalentemente religiosa ed etnica e presentano 6.550 candidati, di cui ¼ donne) e dalla partecipazione della componente sunnita (che la volta precedente aveva boicottato la consultazione). Più in generale, appare come percepibile il cambio di prospettiva, prima incentrata sulla ingombrante presenza americana come sola in grado di garantire un minimo di sicurezza e ora indicata dall’attenuarsi dei contrasti interreligiosi e della azione terroristica di Al Qaeda, oltre che dalla possibilità di un conseguente sviluppo economico che trae paradossalmente (ma non tanto) origine dal fatto che la ricostruzione dell’Iraq è ancora in alto mare e il livello di disoccupazione altissimo. Non a caso, infatti, il primo ministro uscente Al Maliki ha recentemente potuto rappresentare a potenziali investitori americani ben 75 progetti in 12 settori economici (fonte Financial Times) e non a caso è 34 aprile 2010
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stato liberalizzato l’accesso all’acquisto diretto dei terreni senza intermediazione irachena. Senza contare il prestito di 3,6 miliardi di dollari che il Fondo Monetario Internazionale ha concesso al Paese a sostegno delle infrastrutture. Insomma, si può a ragione affermare che lo stato di estrema difficoltà in cui versa tuttora l’Iraq equivale a una eccezionale opportunità per chi intende farsi carico della ricostruzione. Chiunque prevarrà nel confronto elettorale dovrà fare i conti con la necessità di dare vita a una coalizione eterogenea (nessuno arriverà alla maggioranza assoluta) in grado di dare risposte al bisogno di normalità degli Iracheni; ma, soprattutto, con la consapevolezza che sarà l’annunciato afflusso di denaro a dettare i modi e i tempi alla politica. Ci sono voluti nove anni, ma alla fine i beneficiari della guerra passano come sempre all’incasso. – Nell’ordine: “La decisione di costruire 1.600 nuove case a Gerusalemme est è un segnale profondamente negativo: occorre che Israele la cancelli” (Hillary Clinton, Segretario di Stato USA). “Israele ha minato alla base la fiducia necessaria per rilanciare le trattative con i Palestinesi” (Joe Biden, vice Presidente USA). “Il mondo ha condannato i progetti di nuovi insediamenti israeliani a Gerusalemme est” (Ban Ki Moon, Segretario generale ONU). “La decisione di Israele di costruire nuove colonie a Gerusalemme est è illegale e mette in pericolo la ripresa dei colloqui tra israeliani e palestinesi” (Catherine Ashton, alto rappresentante per la Politica estera dell’Unione Europea). “Condanniamo la decisione di nuove costruzioni a Gerusalemme est e ne chiediamo il congelamento” (c.d. Quartetto
per il Medio Oriente, ovvero USA, UE, Russia e ONU) ONU). “Un segnale completa completamente sbagliato, nei modi e nei tempi” (Angela Merkel, Premier tedesco). Facciamo presente che secondo la Corte Internazionale dell’Aja “tutti gli insediamenti israeliani costruiti nei territori occupati sono in realtà illegali”. Ovvero, tutti quei territori di cui Israele si è appropriato dal 1967. Aggiungiamo ancora che intorno a Gerusalemme esistono già 120 colonie ebraiche, pari a 200.000 persone, e che l’obiettivo non dichiarato è quello di “equilibrare la bilancia demografica”, vale a dire portare la presenza ebraica ad un numero almeno uguale a quella palestinese. Di fronte alla reazione della Comunità internazionale, la replica del Premier israeliano Netanyahu non lascia spazio a dubbi: “Gerusalemme è la capitale sovrana di Israele e non accettiamo alcuna limitazione alla nostra sovranità. Per mettere tutto in chiaro, Gerusalemme non è un insediamento. Le costruzioni continueranno come è avvenuto negli ultimi 42 anni”. Se il Presidente dell’ANP Abu Mazen vede nero (“Se la gente non crederà più che il futuro le porterà uno Stato palestinese, se ci sarà un altro blocco nelle trattative, allora temo che tornerà la violenza”), ci si sarebbe aspettato una durissima presa di posizione di Barack Obama, che della composizione del conflitto israelo-palestinese ha fatto una delle mission del suo mandato. Eccola, affidata ad un’intervista a Fox news:“I nuovi insediamenti israeliani in Cisgiordania e a Gerusalemme est complicano le discussioni del processo di pace, ma tra i nostri paesi c’è un legame speciale che non verrà spezzato, Israele è uno dei
IRAQ GERUSALEMME PALESTINA CUBA GENOVA nostri alleati più stretti”. Durissima presa di posizione, si diceva. – Ed allora, l’Autorità Nazionale Palestinese ha provato a forzare i tempi, annun nunciando l’intenzione di chiedere alle Naz Nazioni Unite di riconoscere uno Stato pale palestinese indipendente per uscire dal vico vicolo cieco in cui si trova il processo di pace pace. Come era facilmente prevedibile, la risp risposta del governo israeliano è stata di nett netta contrarietà, arrivando a minacciare nuo nuove annessioni di zone d’insediamento eebraico nei territori occupati delle Cisgio sgiordania. Mentre quella di Stati Uniti e Uni Unione Europea, sempre desolantemente im immutabile, insiste nel definire l’autode todeterminazione come “prematura” in quanto non ”risultato di un negoziato tra le parti”. Già, come in questi ultimi 50 anni. E, chissà, per quanti anni ancora. – Che a Cuba il concetto di libertà equivalga a non mettere in discussione ciò che dice e fa il regime è cosa nota da tempo. Magari un po’ attenuata dal fatto che possa essere una meta turistica frequentata e a buon prezzo, e magari messa in secondo piano dalle timide riforme economiche e commerciali poste in essere da Raul Castro. Ma la morte di Orlando Zapata, dissidente appartenente al “Movimento per l’Alternativa Repubblicana” morto in carcere in seguito allo sciopero della fame condotto per ben 83 giorni (ma anche, pare, per isolamento, maltrattamenti e privazione dell’acqua), ha prepotentemente riportato all’attenzione dei media la situazione di chi non si omologa al pensiero dominante. Risale al 2003 l’ultima, massiccia operazione di polizia che portò in carcere 75 persone con l’accusa di attività antinazionale. Tra queste, Zapata si caratterizzò per l’insofferenza alle regole carcerarie e ai trattamenti subiti, al punto di arrivare a dover scontare ben 36 anni di reclusione! Il regime si è affrettato a sottolineare la particolarità caratteriale di quest’uomo e a ridimensionarne il ruolo di persona privata dei diritti civili non in quanto dissidente ma in quanto disadattato e delinquente comune. Tuttavia, la portata della problematica è emersa in tutta la sua evidenza dalle dichiarazione di Castro, il quale guarda caso si è affrettato ad esprimere pubblicamente il suo “forte dolore” e “rammarico” per questa morte. Che lo si voglia a no, Zapata è assurto a simbolo della lotta per la libertà e dell’afferma-
zione dei diritti universali dell’uomo in un Paese in cui, vale la pena ricordarlo, centinaia di detenuti scontano consistenti pene per reati di opinione, in cui non esiste libertà di stampa e in cui da 17 anni non viene consentito l’ingresso nemmeno a Amnesty International. – Bolzaneto 2, tutti colpevoli. Oddio, non è esattamente così, nel senso che al processo di appello sono stati condannati solo sette su 44 imputati a pene lievi per le quali nessuno farà un giorno di carcere. Il trionfo della prescrizione, infatti, ha impedito al reato di abuso d’ufficio di essere applicato a nove anni di distanza. Tuttavia, la novità sta nel fatto che tutti i medici, agenti di polizia penitenziaria, poliziotti e carabinieri alla sbarra sono stati chiamati a risarcire le vittime, unitamente ai ministeri della Giustizia, Interni e Difesa, con tanto di provvisionali per le parti lese che vanno da 5.000 a 30.000 euro. La Corte d’appello ha quindi accolto interamente l’impianto accusatorio tendente a dimostrare che alle 209 persone condotte nella caserma-carcere furono inflitti senza ombra di dubbio maltrattamenti, vessazioni e umiliazioni. In molti altri paesi si sarebbe chiamato tutto ciò “tortura”, ma dal momento che il nostro Paese non ha ancora provveduto a inserire nel codice penale il reato specifico, lo si è qualificato come “trattamento inumano e degradante” e – come detto – ricondotto alla fattispecie meno sgradevole di “abuso di ufficio”. Alla soddisfazione per una sentenza che fissa finalmente le responsabilità di ciò che accadde a Bolzaneto quel 21 luglio 2001 si contrappone naturalmente l’amarezza nel constatare che chi compie atti di così efferata violenza non subirà in pratica alcuna sanzione penale. Può essere che in questo contesto normativo non fosse lecito attendersi di più. Ma a maggiore ragione, allora, risultano condivisibili le richieste del Comitato “Verità e Giustizia” che da anni segue le vicende del G8 di Genova, ovvero la sospensione immediata di tutti gli imputati dagli incarichi, in modo che non abbiano più contatto con i cittadini. E, soprattutto, la traduzione in legge della norma sul reato di tortura a 20 anni dalla ratifica e dal formale impegno assunto dall’Italia a seguito della direttiva delle Nazioni Unite. Reato che, per la sua gravità, non prevede prescrizione.
– Sono 170 i militari morti di tumore a causa dell’uranio impoverito contenuto nelle munizioni utilizzate nei Balcani, in Afghanistan e nel Libano. Ameno 2.500 i malati. Queste tragiche cifre contengono in loro un paradosso: le autorità governative negano la correlazione tra servizio nelle missioni all’estero dal 1996 al 2006 e le patologie tumorali dei soldati, mentre i Tribunali, se coinvolti, continuano a condannare il Ministero della Difesa al risarcimento dei familiari delle vittime. L’ultimo verdetto arriva da Roma, ove è stato fissato un indennizzo di 1,4 milioni di euro a favore dei congiunti di Salvatore Vacca, militare sardo morto nel 1999 di leucemia al rientro dalla missione nei Balcani. Al termine di un processo in sede civile durato un anno è mezzo, è stata dimostrato non solo il nesso di causa ed effetto tra l’esposizione all’uranio impoverito e l’insorgenza di tumori, ma anche la responsabilità dello Stato Maggiore delle Forze Armate italiane che non avrebbe provveduto a dotare l’esercito italiano dei mezzi per difendersi dall’esposizione a questa sostanza pur in presenza di adeguata conoscenza dell’utilizzo da parte della NATO di munizioni all’uranio impoverito. Tanto basterebbe per portare alla sbarra una certa quantità di generali ed alti funzionari della Difesa. Ma niente paura: è in discussione al Senato un disegno di legge che tende ad escludere la punibilità della linea di comando durante l’espletamento delle attività militari e che fa riferimento integrandolo, a un precedente Decreto legislativo del 9 aprile 2008 che recita: “Non è punibile a titolo di colpa per violazione di disposizioni in materia di tutela dell’ambiente e tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro per fatti commessi nell’espletamento del servizio connesso ad attività operative o addestrative svolte nel corso di missioni internazionali, il militare dal quale non poteva esigersi un comportamento diverso da quello tenuto, avuto riguardo alle competenze, ai poteri e ai mezzi di cui disponeva in relazione ai compiti affidatigli”. Il provvedimento è già stato approvato dalla Camera, si attende l’esito del Senato.
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AVIO PINOTTI I Racconti del Ribelle
Tra le iniziative che come ANPI organizzeremo a Correggio per il 25 Aprile, spicca la pubblicazione del libro di Avio Pinotti, I Racconti del Ribelle, curato da Monica Barlettai, con prefazione di Antonio Zambonelli e postfazione di Marco Fincardi.
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ra le iniziative che come ANPI organizzeremo a Correggio per il 25 Aprile, spicca la pubblicazione del libro di Avio Pinotti, I Racconti del Ribelle, curato da Monica Barlettai, con prefazione di Antonio Zambonelli e postfazione di Marco Fincardi. La presentazione è prevista per la giornata di sabato 24 presso la sala conferenze del Palazzo dei Principi. vio Pinotti, ex comandante partigiano, è nato a San Martino in Rio il 17 dicembre 1924. Cresciuto in una famiglia contadina numerosa, aderisce alla Resistenza prima come combattente in una formazione di montagna, successivamente continua la sua azione in pianura dove diventa comandante del distaccamento di Lemizzone partecipando ai combattimenti e alle azioni di sabotaggio della zona. Nel dopoguerra è eletto presidente dell’ANPI, carica che manterrà per oltre quarant’anni. Dopo la Liberazione, diventa attivista del PCI e prende parte alle lotte di rivendicazione dei diritti dei lavoratori della terra. Avio Pinotti è tuttora uno dei membri più attivi della sezione correggese e del direttivo provinciale. Una figura imprescindibile, vera e propria memoria vivente della Resistenza che ha così deciso di consegnare le sue memorie, le sue esperienze, i suoi sentimenti, la sua vita alle pagine di un libro.
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36 aprile 2010
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Non solo una biografia, ma un saggio, un trattato di coerenza, lucidità ed etica. Attraverso questi racconti si entra in una sorta di effetto di risonanza: l’uscita di un libro, la materia di cui è composto, la sua stessa consistenza corrisponde e amplifica l’effettiva esistenza del protagonista. Una perfetta coincidenza tra persona e libro, tra sangue, carne e parole. Pagine aperte la cui forma e struttura non si limita al numero, ai caratteri, alla divisione in capitoli ma che straborda nel reale, che si tramuta in un progetto di vita in cui il passato e il presente si mescolano. Un atto, quello del leggere e dell’apprendere, dove gli occhi e la visione assumono colori e prospettive cangianti. Un libro o un’intera vita come contenitore in cui trovare, fisso e indelebile, “quello che è stato” pronto a lasciare spazio a “quello che sarà”. Avio Pinotti in questo senso è come un libro parlante, una continua evoluzione, una ricerca di emancipazione, mutante ma costante e sicura nella sua direzione. Avio è senz’altro stato in questi anni uno dei rappresentanti più illuminati e intelligenti dell’ANPI, pronto a cogliere la novità, ad accettare le sfide della modernità. E’, tra gli ex-partigiani, uno di quelli che ha fortissimamente auspicato e voluto l’ingresso dei giovani antifascisti nell’associazione. Il suo nome compare sempre nei progetti di innovazione legati alla dif-
fusione degli ideali della Resistenza, ha sostenuto e supportato progetti di lavoro sulla memoria e sulla storia locale. Dietro ad un grande evento come Materiale Resistente nel 1995, dietro ai tanti film, libri e iniziative di nuova Resistenza culturale, c’è sempre stato il suo pieno appoggio. Si può tranquillamente dire che il suo entusiasmo ha contagiato negli anni tanti giovani che si sono avvicinati all’ANPI. Per quanto mi riguarda poi, è stata la sua insistenza, la sua energia a convincermi ad accettare la presidenza della sezione correggese, carica che non riuscirei ad assolvere oggi, senza la sua preziosa presenza. Uomini e storie, la sua, quella di Germano Nicolini, quella di Artullo Beltrami, che ancora ritroviamo nei loro gesti quotidiani, negli esempi di vita che ancora possono offrirci. Ma non si tratta semplicemente di biografia, ma di vera e propria storia, un documento sincero, un racconto ribelle, ma allo stesso tempo reale e necessario, per capire definitivamente cosa stava dietro a questi ragazzi che dopo tanti decenni ci colpiscono, ci affascinano, ci esaltano per il loro valore umano. Scelte difficili, coraggio, sacrificio, utopie/realtà che ci hanno lasciato in dono. Questo libro dunque è l’ennesimo bene a disposizione per il nostro futuro.
di Riccardo Bertani
Il vento dell’emancipazione femminile
è giunto anche tra gli Ul’ii
Ma ora, seppur lentamente, molte cose stanno cambiando anche tra gli Ul’ii, compreso il comportamento verso le donne: Infatti, solo tra gli anziani permangono ancora pregiudizi che ricordaIl pezzo che segue, del nostro Riccardo Bertani, sarebbe stano la società misogina del passato. to da pubblicare nel numero dell’8 marzo, quale testimoUna palese dimostrazione di questo nianza di un caso di emancipazione femminile presso una cambiamento la possiamo trovare nelpiccolissima minoranza etnica dell’Asia ex sovietica. Per un la moderna danza popolare intitolata Il disguido tecnico ciò non si è potuto realizzare. Ma i lettori bilanciere non è fatto per gli uomini, la potranno apprezzarlo anche nel presente numero del “Noticui dinamica di rappresentazione risulta ziari” dedicato al 25 Aprile. Si tratta pur sempre d’una vicenuna gustosa parodia dei costumi mada di liberazione. schilisti d’un tempo, quando il compito di andare ad attingere l’acqua al fiume spettava esclusivamente alle donne. Infatti tale danza figurata inizia la rappresentazione con danzatrici recanti in li Uli’ii, che chiamano se stessi NAN-I, ossia “Gente spalla un bilanciere a cui stanno appese due pesanti bigonce del posto” (da NA = terra, luogo, e N’I = uomini, colme d’acqua. Vedendo ciò alcuni baldi giovanotti, sfidando gente), sono un piccolo popolo di origine tungusola derisione della gente, si offrono di prendere loro il bilanmanciura di morante in numero di circa 3000 lungo il corso ciere in spalla. del fiume Amùr, nella Siberia orientale. Ma qui le fanciulle, vedendo che quei giovani inesperti traPur essendo famosi in tutta la regione per la loro laboriosità ballano sotto il peso del bilanciere, pensano di aiutarli affiannonché per l’alta sensibilità artistica specialmente in narraticandosi ad essi. Così il peso, diviso in due, diventa sicurava – bellissime sono infatti le loro antiche leggende – gli Ul’ii mente più sopportabile. erano purtroppo anche noti per i loro costumi fortemente misogini, che si manifestavano in una forma arretrata di poligamia, dove il ricco mediante ke sue possibilità finanziarie poteva “comprarsi” più mogli, scegliendo anche le migliori fanciulle. A differenza dei giovani di estrazione povera, che per accaparrarsi una moglie dovevano servire in casa del futuro suocero sino a quando avevano esaurito il prezzo del contratto che questi aveva stabilito per cedere la figlia in sposa. Da parte loro le donne Ul’ie erano famose per i loro ricami spiraliformi che ornavano i costumi tradizionali ul’ii confezionati in pelle di pesce. Vanto delle fanciulle Ul’ie erano anche le loro danze figurate accompagnate da dolci canti nei quali erano trasfusi i sentimenti che che segnavano la loro esistenza. Prendiamo quale esempio la danza dedicata al Pondo, dove Ragazze Ul’ie in costume tradizionale le danzatrici mimavano con gesti i ricami spiraliformi che ornavano i loro stivaletti confezionati in pelle di pesce.
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aprile 2010 37 notiziario anpi
Cataratta
Luci ed ombre da chiarire
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gregio Professore, sono stato operato di cataratta all’occhio sinistro da due mesi. Ho così recuperato bene la vista, però ho sempre l’impressione di avere una specie di bollino grigio al centro dell’occhio. Il mio medico mi dice che devo aspettare l’assestamento. Preciso che ho 79 anni. Quella specie di piccola ombra mi dà fastidio. In attesa dell’assestamento c’è qualcosa che mi può aiutare? Grazie per quanto mi potrà dire e distinti saluti. Federico S.
L
’intervento di cataratta, caro Federico, grazie alla evoluzione tecnologica della chirurgia oftalmica ed alla possibilità di essere eseguito in regime ambulatoriale, è praticato assai diffusamente era presenta circa il 75 percento della chirurgia dell’occhio. La cataratta è la opacità del cristallino, cioè di quella piccola lente interna all’occhio che mette a fuoco le immagini che poi verranno trasmesse dalla retina e dal nervo ottico al cervello; riguarda prevalentemente, sebbene non esclusivamente, la terza età. Il termine deriva dal greco “katarraktes”, che definisce qualcosa che cade dall’alto in basso, come una cascata; questo concetto è entrato nel linguaggio medico nel Medioevo per indicare lo schermo grigio che cade davanti all’occhio quando si opaca il cristallino.
38 aprile 2010
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La cataratta dà offuscamento della vista, ipersensibilità alla luce, insorgenza o peggioramento della miopia. L’unica soluzione è la asportazione del cristallino opacato e la sua sostituzione con una piccola lente (cristallino artificiale). Il momento ideale per l’operazione viene deciso dall’oculista insieme al paziente, tenendo conto della sensazione soggettiva della funzione visiva, delle necessità visive per lavoro, per guidare l’automobile, ecc. L’intervento viene ora spesso eseguito in anestesia topica solo con gocce di collirio, è sufficiente un piccolo taglio di due-tre millimetri, con onde a ultrasuoni viene frantumato nell’occhio il cristallino opacato, che poi viene aspirato e sostituito; i cristallini di ultima generazione possono perfino eliminare la necessità di occhiali, restituendo al paziente una capacità visiva che non aveva da anni. Sebbene con le tecniche oggi disponibili si siano notevolmente ridotti i rischi connessi all’operazione, non dimentichiamo come qualunque atto chirurgico possa generare effetti collaterali; dopo un intervento di cataratta si potrebbero avere complicanze, quali visione di riflessi luminosi per la alta riflettività del cristallino artificiale, necessità di utilizzo di occhiali correttivi per calcolo impreciso del cristallino artificiale, bruciore lacrimazione e fastidio all’occhio (in genere da scarsità lacrimale),
ed anche visione di macchioline, ombre, aloni, dovuti al distacco posteriore del vitreo oppure alle impurità galleggianti nel gel vitreale che prima erano nascosti della cataratta; questi ultimo sono chiamati mosche volanti e si vedono particolarmente volgendo lo sguardo su superfici chiare, ad esempio pareti bianche. Complicanza rare sono poi una infezione o infiammazione endoculare, degenerazione maculare, glaucoma, distacco di retina. Nei primi tempi dopo l’intervento sono da evitare sforzi fisici, il nuoto, non va fregato l’occhio operato, non ci si deve sdraiare sul lato dell’ occhio operato, si devono portare occhiali da sole come protezione da luce e correnti d’aria. Nei primi quindici giorni dopo l’intervento c’è alto rischio di infezioni: è importante seguire scrupolosamente le indicazioni ed il calendario dei controlli dati dall’oculista. In caso di insorgenza di disturbi non previsti è necessaria una visita di controllo straordinaria. Ti consiglio pertanto, caro Federico, di contattare il tuo oculista per riferirgli del tuo problema.
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UN TOCCANTE“PASSAGGIO DEL TESTIMONE” TRA NONNA PAULETTE E LA NIPOTE GIULIA
NEL NOME DELLA RESISTENZA
Paolo Davoli
Il 28 febbraio u.s. ricorreva il 65° anniversario della fucilazione, dopo le atroci torture subite a Villa Cucchi, di Paolo Davòli, Sartorio, medaglia d’argento al v.m. della Resistenza. E’ nell’alone della sua memoria che si è stabilito un commovente rapporto, fatto di corrispondenza ideale, fra la figlia di Paolo, Paulette, e la giovanissima nipote Giulia. Quest’ultima porta il nome della trisnonna Giulia Bisi, che per oltre vent’anni conservò gelosamente, nascosta nel solaio, la bandiera rossa che il figlio Paolo le aveva affidato nel 1924 prima di riparare in Francia per sottrarsi alla violenza fascista (oggi esposta nei locali di Istoreco). C’è dunque, nelle due lettere che pubblichiamo di seguito, una linea ideale che percorre ben cinque generazioni passando attraverso oltre un secolo di storia. Da Giulia, madre di Paolo Davòli, nata nella seconda metà dell’Ottocento, all’altra Giulia, nata sul finire del Novecento.
dare con te. Alla festa ho passato una bellissima serata. Sono stata tanto felice che ancora oggi cara Giulia sento di doverti ringraziare. re. Giulia, nell tempo non cambiare, naturalbi l mente senza trascurare i tuoi studi che sono assai importanti nella vita. Tu vivi in un clima di libertà e fai in modo che tanti conoscano cosa è l’ANPI e cerchino di fare volontariato a fianco dei vecchi partigiani che ancora oggi si impegnano per difendere la libertà conquistata ieri con tanto sangue e tanti martiri. Per la salvezza della democrazia l’ANPI non deve morire. Quanto a me, purtroppo poco vedente anche con i nuovi occhiali, non posso fare tanto. Coraggio Giulietta, vai pure avanti e ti auguro di essere capita. Termino abbracciandoti forte come sai fare tu con me. Nonna Paulette Gennaio 2010 “E che cos’è che vorremmo? Beh… noi vorremmo cambiare il mondo, sì. Perché adesso nonna i fasci i non vanno più in giro con le camicie nere, ma vanno in giro tutti belli e sorridenti a farsi amare, e quello che noi vogliamo è cambiare que o ato delle cose, è svegliare le persone e far loro capire che siamo tutti in grado di lottare. E lo faremo”.
“come puoi immaginare nel diventare vecchi il corpo cambia, ma non lo spirito; quello rimane giovane come ad esempio è rimasto giovane in chi sente voglia di lottare, di andare alle manifestazioni popolari antifasci e, assieme all’ANPI”.
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arissima Giulia, come puoi immaginare nel diventare vecchi il corpo cambia, ma non lo spirito; quello rimane giovane come ad esempio è rimasto giovane in chi sente voglia di lottare, di andare alle manifestazioni popolari antifasciste, assieme all’ANPI. La speranza me l’hai data tu, cara Giulia, promettendomi di accompagnarmi. Me l’hai già dimostrato portandomi all’ultima festa dell’Unità svoltasi al Campovolo. Benché io fossi quasi cieca, mi hai convinto di an-
C
arissima nonna, mi dispiace di aver impiegato così tanto tempo a rispondere ma è che sono sempre impegnata in molte attività e per rispondere ad una lettera così come la tua ho pensato che fosse giusto dedicare tutto il tempo necessario. Prima fra queste attività è la scuola. Mi rendo conto che è assai importante; infatti, anche se spesso è molto pesante, cerco sempre di impegnar-
mi perché se è vero che “il primo passo per cambiare il mondo è cambiare noi stessi” (come ha detto Che Guevara) allora è bene essere istruiti e avere una cultura. Poi, come tii hho raccontato, adesso d ffaccio i parte ddell coll lettivo studentesco che è nato qui a Reggio Emilia. Siamo tutti molto giovani e spesso purtroppo non riusciamo a fare ciò che vorremmo senza rischiare di finire nei guai con la legge (o con i genitori). E che cos’è che vorremmo? Beh… noi vorremmo cambiare il mondo, sì. Perché adesso nonna i fascisti non vanno più in giro con le camicie nere, ma vanno in giro tutti belli e sorridenti a farsi amare, e quello che noi vogliamo è cambiare questo stato delle cose, è svegliare le persone e far loro capire che siamo tutti in grado di lottare. E lo faremo. E ci riusciremo. Ieri a scuola ci hanno detto che dall’anno prossimo noi al Liceo classico studieremo soltanto un’ora di storia alla settimana. E dopo tante manifestazioni contro questa riforma da parte di noi studenti puoi immaginare quanto sia avvilente sentirci rispondere così. Ma noi non molleremo, anzi, “noi vinceremo e se non lo vedremo noi ce lo verranno a raccontare le formiche sotto terra”. Perché siamo tanti a pensarla così, e aumentiamo sempre di più. E’ questo che ci dà speranza, questo e voi. Ci dà speranza il fatto che aumentiamo perché vuol dire che gli sforzi fatti non sono vani e ci date speranza voi perché in fondo sono le vostre idee che portiamo avanti, idee che fino a quando ci sarà anche una sola persona a combattere per esse, non moriranno . Siamo in campo per lottare, cadere e rialzarci sempre più forti. Adesso tocca a noi, non ti deluderemo, faremo onore al nome di Paolo Davoli e Paulette Davoli, promesso. Un abbraccio forte forte Giulia Domenichini Febbraio 2010
aprile 2010 39 notiziario anpi
«L’emozione della Liberazione fu grande, non solo per Ivo che la visse con gli amici correndo per le strade con un pezzo di stoffa rossa sventolandola a mò di bandiera. Da quel giorno Resistenza ed antifascismo divennero per lui una vera e propria ragione di vita...”’Io ho capito da bambino che cosa vuol dire essere antifascista ed ho intenzione di seguire quella strada, così come i miei genitori, fino alla fine”».
memoria
Ivo Mareggini a 13 anni figlio di Primo Mareggini, partigiano con i partigiani E’comunista, nome di battaglia Bomba Si illuminano gli occhi di Ivo quando racconta la sua storia. Una storia apparentemente come tante, legate agli anni del fascismo e della Resistenza. Eppure Ivo a soli 13 anni già si intrufolava tra i tedeschi, con l’incoscienza che solo un bambino può avere, portando gli ordini al comando partigiano. Ivo è figlio di Primo Mareggini, partigiano comunista, nome di battaglia Bomba. Anche la madre, Malvina Beneventi, si prodigò sempre per aiutare i partigiani, non tanto come staffetta, perché aveva altri due figli molto piccoli da accudire, ma supportando l’organizzazione clandestina spontaneamente con piccoli e preziosissimi lavori. E furono davvero tante le donne che, pur senza sparare, diedero quel tipo di aiuto e senza nulla pretendere una volta terminata la guerra. E Ivo aiutava i genitori mezzadri e molto poveri, nel duro lavoro quotidiano. Aiutare i partigiani divenne per Ivo un lavoro quotidiano, molto pericoloso, ma che svolgeva con grande volontà. Una cassa di munizioni caduta da un carro tedesco fu uno dei suoi primi compiti. I partigiani sarebbero stati subito scoperti, così venne mandato a recuperare il prezioso bottino. Con un filo di ferro trascinò la cassa nascondendola nel bosco vicino, in modo da essere portata successivamente al sicuro e lontano da occhi indiscreti. “Ero piccolo, brutto e mal vestito”, così si descrive, aspetti, però, che facilitarono l’attività di Ivo; come il 5 agosto del 1944,
40 aprile 2010
notiziario anpi
quando i tedeschi giunsero a Regnano, tterrorizzando la popolazione per due gior giorni. Il padre, lo zio ed un altro compagno dovettero nascondersi in un fienile ed Ivo, eludendo la ferrea sorveglianza, con semplici scuse ed anche con un po’ di fortuna, riuscì ogni giorno a portare loro del pane e dell’acqua, attraverso un piccolo buco praticato nel fieno. Ivo ricorda un partigiano in particolare, comandante del distaccamento di Regnano, ancora oggi conosciuto soltanto con il nome di battaglia, Schipa, che lo seguiva sempre come fosse un padre. Ivo portava gli ordini dentro agli zoccoletti, andava a prendere i secchi di acqua salata al vulcanetto di Regnano per fare il pane, eppure ogni volta i tedeschi non sospettavano mai di lui, anche se la sua presenza nei dintorni del comando partigiano, unico bambino, alla fine destò qualche dubbio. Ivo ricorda il drammatico episodio del 20 marzo 1945, quando i fascisti, tra i quali alcuni del posto, giunsero a Case Vecchie di Regnano, circondando la casa e mettendo al muro anche lui e sua madre. Volevano sapere i nomi dei partigiani, i loro nascondigli, dove tenevano le armi. Nessuno parlò, anche se le armi in casa dei genitori di Ivo c’erano, nascoste dietro una finta parete nella stanza da letto ed erano proprio quelle del distaccamento di Regnano, di cui faceva parte Primo Mareggini. Più di una volta i fascisti avevano fatto irruzione nella sua casa senza mai trovare nulla. Il papà di Ivo riuscì a fuggire appena in
tempo, scalzo con una sola scarpa in mano. Insieme allo zio ed un altro compagno già si erano messi in salvo al comando di Baiso. Sapevano che li stavano cercando. Nei giorni della Liberazione c’era un grande fermento. Già dal primo mattino la popolazione si accorse della presenza di uomini armati che attraversavano i campi. Inizialmente nessuno comprese cosa stesse accadendo, poi Ivo, portandosi a Cà Bertacchi insieme ai famigliari, trovò il piccolo centro abitato letteralmente invaso dai partigiani. Provenivano dalla montagna. Stanchi, sfiniti dalla strada percorsa a piedi. La popolazione li sfamò, li dissetò, diede loro ogni sorta di conforto. Anche la madre di Ivo portò un salame, anche se era l’unica cosa che avevano. Il padre mancava da casa da ben tre giorni: si trovava a Reggio per liberare i prigionieri al carcere dei Servi. L’emozione della Liberazione fu grande, non solo per Ivo che la visse con gli amici correndo per le strade con un pezzo di stoffa rossa sventolandola a mò di bandiera. Da quel giorno Resistenza ed antifascismo divennero per lui una vera e propria ragione di vita. Oggi Ivo è Segretario della sezione ANPI a San Polo d’Enza, ruolo che ricopre da 11 anni. “Io ho capito da bambino che cosa vuol dire essere antifascista ed ho intenzione di seguire quella strada, così come i miei genitori, fino alla fine”. Alessandro Fontanesi
memoria
MORTO A 92 ANNI PADRE CAMILLO DE PIAZ CRISTIANO “SCOMODO” E PARTIGIANO Con padre Turoldo fu a fianco di Eugenio Curiel nella fondazione del Fronte della Gioventù
Padre Camillo De Piaz (con la barba) assieme all’amico d’una vita David Maria Turoldo
Il 31 gennaio di quest’anno è morto all’ospedale di Sondrio padre Camillo De Piaz, una delle più belle figure, col confratello padre David Maria Turoldo, della Resistenza italiana e insieme di quel cristianesimo “scomodo” (per certi settori delle Gerarchie), che si ispirava, come quello del nostro Giuseppe Dossetti, al Personalismo di Emmanuel Mounier e all’Umanesimo integrale di Jaques Maritain. Nato nel 1918 a Madonna di Tirano (Sondrio), sul confine con la Svizzera, De Piaz fu per tutta la sua lunga vita un “uomo di confine”, nel senso di uomo del dialogo e dell’incontro. Della sua figura ci ha parlato, su queste pagine (anno 2006, n. 8), l’amico prof. Ireneo Ferrari con l’ampia e bella recensione al libro di Giuseppe Gozzini, Sulla frontiera. Camillo De Piaz la Resistenza il Concilio ed oltre. Il sodalizio di Camillo con padre David (al secolo Giuseppe) era iniziato fin dall’incontro sui banchi del ginnasio poi nell’ordine dei Servi di Maria . Insieme ricevettero l’ordinazione sacerdotale nel 1941 venendo subito dopo assegnati al convento di San Carlo, in Milano. E proprio in quel convento, a fine gennaio 1944, sotto l’occupazione nazista, Camillo e David parteciparono ad un incontro con alcuni giovani antifascisti, tra i quali i due ebrei comunisti: Eugenio Curiel e Gillo Pontecorvo. Incontro che fu uno dei momenti fondativi del Fronte della Gioventù, l’organizzazione giovanile clandestina a cui aderirono comunisti, socialisti, cattolici e liberali, diversi dei quali caduti (anche qui nel Reggiano) durante la lotta contro il nazifascismo. A cominciare dallo stesso Curiel,
assassinato dalle Brigate nere a Milano nel febbraio 1945. Aveva 32 anni, a 21 si era laureato a pieni voti in fisica nucleare, intraprendendo subito una promettente carriera universitaria, che fu stroncata con le leggi razziali del 1938. Singolare la sorte toccata nel dopo guerra al nome ed all’emblema (pugno che stringe una fiaccola tricolore) del FdG, entrambi “sequestrati” dall’organizzazione giovanile dell’MSI e che ancora oggi compaiono nelle bandiere dei giovani berlusconiani. Nella citata recensione Ireneo Ferrari scrive che “Intensa e affettuosa è l’amicizia di padre Camillo per il comunista Eugenio Curiel: Camillo apprezza il suo valore di studioso, la sua serietà politica, il rigore dell’impegno ideale, l’umile stile di vita. Tanti anni dopo dirà di lui: ‘Eugenio era più cristiano di me’”. Affermazione, quella di padre David, che ci richiama il pensiero del grande teologo Dietrich Bonhoeffer (impiccato a Flossemburg il 9 aprile 1945) circa il “cristianesimo inconsapevole” di tanti – comunisti, socialisti, ecc. – che come lui erano finiti nelle mani dei torturatori e carnefici nazisti. Ciò che Alberto Gallas tradusse nella domanda “Forse non solo i cristiani stanno presso Cristo nel Getsemani?”. Con l’amico fraterno David Maria, Camillo animò, negli anni Cinquanta, le attività della Corsia dei Servi (presso il convento milanese dove era nato il FdG) diventata luogo di incontro e di dialogo (conferenze, editoria, cineforum, mostre) tra culture diverse , tra cattolici e marxisti, credenti e non credenti, quasi a preparare il terreno a quel Vaticano secondo che nei primi anni sessanta farà
Torniamo a sperare Come primavera torna Ogni anno a fiorire D.M.Turoldo
spirare aria nuova nella Chiesa cattolica. Entrambi, proprio in ragione del loro impegno, non ebbero vita facile in seno alla Chiesa intesa come Gerarchia. Così come non la ebbero don Zeno Saltini con la sua comunità di Fossoli, don Primo Mazzolari con il quindicinale“Adesso”, don Lorenzo Milani priore di Barbina con le sue Esperienze pastorali di frontiera. Padre Piaz, crediamo di poter dire, fu certamente un “cristiano adulto”, per rifarci ancora una volta a Bonhoeffer. Il suo cristianesimo, come quello di padre Turoldo (morirà nel 1992) è stato, e rimane nei testi che ci hanno lasciato, “un vivere davanti a Dio, sulla scia del Cristo, la solidarietà con la terra”. In tempi come gli attuali, mentre una pedagogia negativa porta avanti l’opera di corruzione del Paese utilizzando anche in modo palesemente strumentale la religione, c’è bisogno di tornare al pensiero e alla testimonianza di uomini come padre Camillo De Piaz. C’è bisogno di una nuova resistenza, culturale innanzitutto, nell’attesa di una nuova primavera di liberazione, come quella auspicata in questi bei versi del suo fraterno amico David Maria Turoldo, sacerdote e poeta: Torniamo ai giorni del rischio / quando tu salutavi la sera / senza esser certo mai / di rivedere l’amico al mattino. / E i passi della ronda nazista / dal selciato ti facevano eco / dentro il cervello, nel nero / silenzio della notte./ Torniamo a sperare / come primavera torna / ogni anno a fiorire: Buon 25 Aprile. Buona Pasqua di Liberazione. Antonio Zambonelli
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memoria I compagni nella Resistenza e poi nel lavoro
ricordano Fantasma, che sopravvisse alla fucilazione Lubrano Oranci, partigiano a 18 anni con nome di battaglia Fantasma, ci ha lasciato nell’agosto di 23 anni or sono. Catturato dai fascisti alla periferia di Reggio il 23 marzo 1945, subì efferate torture a Villa Cucchi. Non riuscendo a strappargli le informazioni cercate coi loro metodi brutali, i fascisti decidono di uccidere il giovane partigiano. Lo portano la notte stessa in riva al torrente Crostolo, appena fuori città e gli scaricano addosso raffiche di mitra. Gli sparano anche il colpo di grazia. Ma sarà lui stesso a raccontare le drammatiche circostanze della sua fucilazione. Infatti, nonostante i colpi ricevuti, riesce a trascinarsi fino alla casa della famiglia Giaroni, dove riceve le prime cure. Trasportato, nascosto sotto uno strato di fascine, con un carretto spinto a mano da Dorando Magnani e Irma Go-
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rini fino a casa dei Pinotti, viene curato dal dott. Ovi poi avviato alla infermeria partigiana di Coriano di Villa Minozzo. Il suo corpo martoriato dalle torture e dalla fucilazione, riceverà ulteriori cure a guerra finita in ospedale, a Bologna. Nel maggio 1960 verrà arrestato per aver partecipato alla manifestazione del 30 aprile contro il comizio del fascista Almirante, in piazza Prampolini. Verrà altresì denunciato alla magistratura con ventitré altri manifestanti, compreso il compianto Guerrino Franzini ed il sottoscritto. A 23 anni dalla sua morte, ne vogliono ricordare la figura, con la ballata che pubblichiamo di seguito, Evaristo Fornaciari, Carlo Gregori e Renato Vacondio, che gli furono compagni nella lotta partigiana poi colleghi di lavoro alla SARSA, l’azienda che per decenni ha gestito i tra-
sporti su pullman in provincia di Reggio e che aveva sede tra Viale Timavo e Viale Magenta. (a.z) Ecco gli effetti delle “stirature” praticate a Villa Cucchi dagli sgherri fascisti. Qui si tratta delle gambe di Alfeo Guarnieri, partigiano della 76a bgt. SAP, fotografate nel 1947. “Mi legano le gambe e le braccia – testimoniò dal canto suo Oranci nel 1949 – ai piedi di un tavolo sul quale sono coricato in modo che la schiena è piegata in due parti; e i brigatisti neri Domenico Cagni, Edoardo Ferretti ed altri mi torturano per alcune ore durante le quali perdo i sensi diverse volte; mi picchiano con un nodoso bastone sul viso, sul ventre, ai fianchi e alle gambe […] Cagni mi fa assaggiare le delizie del ferro da stiro sulla coscia sinistra poi sulla destra, dopo di che mi slegano e portandomi di peso per il corridoio poiché non riesco a camminare, mi rotolano giù per la scala a chiocciola che porta in cantina…”.
memoria PARTIGIANO ORANCI Eri ancora bambino / e ti hanno arrestato, / ricordi compagno Oranci? / E già dovevi affrontare / gli obblighi dell’esistenza distinguendo gli uomini buoni / dai malvagi e delinquenti. / Nulla sapevi, / ma gli sgherri volevan/ che tu parlassi / e dir dir chi erano / e dove erano, i partigiani /che ancora tu non conoscevi. / Ti hanno prima / picchiato e poi torturato / e tu non hai parlato. / Ti hanno strappato / dai Servi / e ti hanno fucilato, / gettando sul tuo corpo straziato / il cartello fascista / “Brigante giustiziato” / e se ne sono andati. / Passarono ore / e le tue pupille / si diradarono, apristi gli occhi, / tu non eri morto, / eri paurosamente ferito e svenuto dal dolore, / ma eri vivo / a sfida di tanta barbaria. / Lentamente tu strisciasti, / non ti reggevi, / eri tutto una piaga. / Arrivasti al Crostolo / e quelle sponde ti sembraron montagne, / le valicasti / e finalmente una casa: / bussasti, come lo può fare un fantasma / che gronda di sangue. / Fosti accolto, curato / soccorso e confortato, / erano dei nostri. / Finalmente i partigiani, / che in montagna / ti trasportarono, / io pure ti feci un passaggio. / Sei stato arrestato bambino,/ la tortura e le· sofferenze / in pochi mesi ti hanno / trasformato in uomo temprato. / I partigiani ti hanno / dimostrato cosa vuoi dire / la Libertà. / Quella libertà, che / tu con il tuo silenzio / hai meritato e che, / per loro, i partigiani, / tu bambino, tutto hai dato.
APRILE 1950
Luigi Einaudi
IL CONFERIMENTO DELLA MEDAGLIA D’ORO al Valor militare al Comune di Reggio Emilia Riteniamo doveroso, nel 60° anniversario, ricordare il testo della motivazione con cui fu conferita la medaglia d’oro al valore militare della Resistenza dal presidente della Repubblica Luigi Einaudi. E’ forse opportuno precisare che la cifra di 500 partigiani caduti in combattimento è riferibile ai caduti in territorio reggiano. Diversi altri reggiani caddero da partigiani in altri luoghi del centronord Italia e della penisola balcanica. I caduti partigiani ricordati nel sacrario, posto a fianco del Teatro municipale, sono 626. “Durante l’occupazione nemica opponeva al tedesco invasore la fiera resistenza dei suoi figli, accorsi in gran numero nelle formazioni partigiane impegnate in dura e sanguinosa lotta. Cinquecento caduti in combattimento, interi comuni distrutti, popolazioni seviziate e sottoposte al più spietato terrore, deportazioni in massa, stragi inumane e crudeli persecuzioni, costituiscono il bilancio tragico, ma luminoso, dì un’attività perseverante e coraggiosa iniziata nel settembre 1943 e conclusa con la disfatta delle forze d’occupazione. Memore di nobili secolari tradizioni, riaffermate nell’epopea del Risorgimento, la Città di Reggio Emilia ha saputo degnamente concludere un rinnovato ciclo di lotte per la libertà e per l’indipendenza ed offrire alla Patria generoso tributo di sacrificio e di sangue. Settembre 1943-aprile 1945”
A fianco: Lubrano Oranci Fantasma
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Villa Cadè Un aspetto del corteo che ha preceduto la commemorazione ufficiale a Villa Cadé
Nella mattinata di domenica 7 febbraio si è svolta la commemorazione del 65° anniversario dell’eccidio fascista di Villa Cadé, la frazione del comune di Reggio posta lungo la Via Emilia per Parma e compresa nella Circoscrizione ovest. Dopo la celebrazione della Messa nella chiesa di Cadé e la deposizione di corone di alloro al cippo della vicina Gaida dedicato ai caduti delle due guerre mondiali, si è svolta a Cadé la commemorazione ufficiale dove sono intervenuti il Presidente della Circoscrizione Castagnetti, il rappresentante del comune di Reggio Caselli, dei comuni di Parma (Giovanni Rizzi), di Albinea (Antonella Incerti), delle ANPI di Reggio (Orio Vergalli) e di Parma (Rastelli). A Villa Cadé, nella notte fra l’8 e
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il 9 febbraio 1945 vennero fucilati per rappresaglia 21 ostaggi prelevati dalle carceri di Parma: Fausto Abbati e Stefano Mazzacani, di Casalgrande, Lino Ghidoni di Albinea, nonché Bruno Affanni, Mirco Andreoli, Athos Balzani, Lino Bottali, Marcello Cavazzini, Elio Dresda, Eugenio Fontana, Servente Gabelli, Arnaldo Girelli, Umberto Guareschi, Silvio Monica, Angelo Padovani, Ettore Platbech, Flaminio Ragazzi, Paride Sacco, Antonio Schiavi, Bruno Ghinolfi ed uno rimasto sconosciuto, residenti nelle province vicine, a cominciare da quella di Parma. I loro corpi martoriati rimasero per tre giorni a terra, sul ciglio della Via Emilia, quale atroce quanto vano ammonimento.
ONORATA LA MEMORIA DEI 21 MARTIRI DI VILLA CADE’ DEL 9 FEBBRAIO 1945 Nella mattinata di domenica 7 febbraio si è svolta la commemorazione del 65° anniversario dell’eccidio fascista di Villa Cadé
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PONTE CANTONE
Un momento della cerimonia
ONORATA LA MEMORIA DEI 20 MARTIRI DI PONTE CANTONE DEL 14 FEBBRAIO 1945 Nel pomeriggio di domenica 14 febbraio si è svolta la commemorazione del 65° anniversario dell’eccidio nazista di Ponte Cantone, frazione del comune di Sant’Ilario d’Enza, posto lungo la via Emilia per Parma.
Nel po pomeriggio di domenica 14 febbraio si è sv svolta la commemorazione del 65° annive anniversario dell’eccidio nazista di Ponte Cantone, frazione del comune di Sant’IlaCanton rio d’Enza, d’E posto lungo la via Emilia per Parma Parma. Il corteo, partito da piazza Di Vittorio a Calerno, con in testa il Corpo Vittori filarmo larmonico di Sant’Ilario d’Enza e Ponte Cantone, ha raggiunto il monumento deCanton dicato ai venti martiri fucilati dai tedeschi per rap rappresaglia. Nella notte del 12 febbraio due squadre partigi partigiane scese dai monti deposero delmine sulla via Emilia e attaccarono le min dei me e tedeschi. Il blitz partigiano era mezzi stato pparticolarmente efficace e i tedeschi non potevano certo ammettere di essere sopraffatti dai “banditi” come spregiativamente chiamavano i partigiani. Non essendo riusciti a catturare gli uomini dell’esercito della libertà, i tedeschi decisero che a pagare fossero altri anche se estranei all’attacco. La vendetta per far capire che non intendevano incassare senza reagire. E così, ancora, furone le carceri a fornire le vittime da sacrificare. Venti ostaggi furono prelevati dalle carceri di Parma e fucilati il 14 febbraio 1945: Egidio Gardini, Renzo Melloni, Giuseppe
Bellini, Antonio Gandolfi, Aldo Pasqua, Oreste Tosini, Amos Montecchi, Bruno Faustini, Angiolino Tanzi, Pierino Avanzi, tutti di Parma; Guido Botti, Franco Molinari, Paride Zanatti, Raimondo Fermi, Nello Avanzi, Giulio Resmini, tutti di Piacenza; Corrado Barresi e Giacomo Bernardelli di Brescia, Luigi Vigilio di Napoli; Nicola Cosimo Salvo di Messina. Alla commemorazione sono intervenuti Marcello Moretti, sindaco di Sant’Ilario d’Enza, Paola De Micheli, parlamentare e assessore del Comune di Piacenza, Pierluigi Saccardi, vice presidente della Provincia di Reggio Emilia, e Glauco Bertani, storico Istoreco e ANPI Reggio Emilia. Alla manifestazione ha partecipato la classe quinta della scuola elementare “Calvino”, coordinata dall’insegnante Maria Vittoria Panella, con la mostra fotografica “La luce penetra come il ricordo”. La stessa classe, alla fine delle orazioni, ha cantato alcune canzoni partigiane. In mattinata nella chiesa di Santa Margherita di Calerno si è svolta la messa in ricordo dei Caduti.
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Solenne commemorazione
DELL’ASSALTO
A E IN B L A I D O IC N A M R E G O AL COMAND Quest’anno la commemorazione di Operation Tombola, la definizione inglese dell’assalto a Villa Rossi e Villa Calvi, sedi di un importante comando germanico, è stata tra l’altro caratterizzata dal ritorno sul posto, dopo 65 anni, di uno dei partigiani garibaldini protagonisti dell’evento: Roberto Trinelli, Fanfulla, di 84 anni, originario di Castellarano ma da anni residente in Sicilia. Nel dopoguerra aggregato alla Polizia partigiana, poi alla Polizia di Stato, fu spedito da Scelba in Sicilia perché “di sinistra”, come ci tiene a sottolineare. Nella mattinata del 20 marzo, nel cortile
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di Villa Rossi, hanno pronunciato parole di saluto i Sindaci di Albinea, Antonella Incerti, e di Treptow-Koepenick (comune gemello), Gabriella Schoettler. Il prof. Franco Razzoli, dirigente scolastico, ha introdotto e presentato i ragazzi delle locali scuole medie che hanno eseguito l’Inno alla Gioia (o d’Europa), brani musicali e canzoni della Resistenza. Nel pomeriggio, sala del Consiglio comunale, è stato presentato il libro Mario Crotti-Una vita per la fotografia, con la partecipazione del dott. Gianni Borghi (Fondazione Manodori) e dell’on. Pier Luigi Castagnetti.
In alto: Una delle prime commemorazioni della battaglia. Vi compaiono partigiani reggiani e militari inglesi che vi ebbero un ruolo. Tra questi Didimo Ferrari (3° da sx), e Gianni Farri (4° da dx)
In basso: 20.03.2010. Cortile di Villa Rossi. Sul palco, da sinistra, il prof. Razzoli, i sindaci Antonella Incerti e Gabriella Schoettler, l’assessore provinciale Antonietta Acerenza, il presidente dell’ANPI locale Venturi
20 marzo 1945 L’ASSALTO A VILLA ROSSI E VILLA CALVI DI ALBINEA
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Gli allievi delle scuole medie durante l’esecuzione di inni patriottici
OPERAZIONE TOMBOLA Roberto Trinelli con Giovanna Quadreri, una delle staffette partigiane che ebbero un ruolo nella Operazione Tombola, fotografati accanto alla lapide che ricorda i tre caduti britannici: ten. Riccomini, sergente Guscott, caporale Bolden.
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compleanni I 90 anni di Egidio Baraldi
Un partigiano esemplare "La libertà di tutti, non solo la nostra, è un bene da difendere: difendendo la libertà e la verità degli altri possiamo pretendere che anche gli altri ci aiutino a proteggere e a difendere anche la nostra". Per chi come me ha avuto la fortuna di conoscere Egidio Baraldi, in occasione del suo 90° compleanno, si sarà certamente reso conto di come e quanto abbia saputo spendere bene la sua vita, seppur colpita da diverse sciagure. Un'esistenza esemplare, carica di fede e di entusiasmo, virtù assai rare al giorno d'oggi. Uomo di indole ribelle fin dalla giovinezza, Baraldi non potè far altro che diventare partigiano, allorché un'intera generazione di giovani venne prematuramente messa di fronte ad un bivio, un bivio che Egidio non ebbe alcuna titubanza ad imboccare dall'unica parte possibile, quella della Resistenza. E il partigiano Walter ha resistito sempre, anche quando, una volta terminata la guerra, venne arrestato con l'infamante, nonché falsa imputazione di essere il mandante del delitto Mirotti. Una macchinazione orchestrata dal potere politico dell'epoca, la DC e dalla Chiesa, che vide anche il compagno Germano Nicolini subire la medesima sorte. Quella fu senz'altro una vicenda difficile e drammatica, perché anche i "compagni" del PCI voltarono le spalle a Baraldi. Ma la battaglia di Egidio era una battaglia di verità e di libertà, una battaglia che condusse fino in fondo, orgogliosamente da comunista, ben più di quanto lo fossero quelli che per la ragione di partito avrebbero preferito tacere e subire,
Egidio Baraldi in una foto giovanile dimostrando dopo 51 anni, 1 mese e 9 giorni la propria innocenza e la totale estraneità in un delitto compiuto sedici mesi dopo la liberazione da dei farabutti che nulla avevano da spartire con la Resistenza. Ha avuto coraggio Walter e l'umiltà dell'uomo che sapeva di avere ragione, la stessa umiltà che ancora oggi mostra nel raccontare la sua vita, che se non fosse vera, potrebbe essere un romanzo. "La libertà di tutti, non solo la nostra, è un bene da difendere: difendendo la libertà e la verità degli altri possiamo pretendere che anche gli altri ci aiutino a proteggere e a difendere anche la nostra". Ecco la lezione di libertà di Egidio Baraldi, una lezione da far impallidire quanti oggi si riempiono la bocca a sproposito di questo bene irrinunciabile. Tanti auguri caro Walter. Alessandro Fontanesi Agli auguri inviati da Alessandro Fontanesi, che volentieri pubblichiamo, aggiungiamo i fraterni e affettuosi auguri di tutta l’ANPI con i suoi vecchi e giovani partigiani.
Tanti auguri a Gino Longagnani che ha superato i 97 anni E’ l’ultimo dei reggiani perseguitati politici antifascisti durante il ventennio nero. Il 14 febbraio u.s. Gino Longagnani, nato a Reggio Emilia nel 1913, ma piemontese d’adozione, ha compiuto 97 anni. E’ uno dei tanti giovani che negli anni Trenta aderirono al PCI clandestino qui nel Reggiano. Nel 1932 subì il primo arresto nel quadro della retata che portò in carcere o al confino decine di altri comunisti reggiani, tra cui Vivaldo Salsi, con cui Longagnani rimase in contatto fino alla morte di quest’ultimo. Detenuto a Castelfranco Emilia, Longagnani fu poi confinato a Ponza e a Ventotene, venendo liberato soltanto nell’agosto 1943, dopo la caduta di Mussolini. Durante la Resistenza ebbe l’incarico di operare a Milano con funzioni di supporto logistico alla lotta partigiana. Il 10 ottobre 2008 ha avuto la possibilità di ritornare all’isola di Ponza, 65 anni dopo esserne uscito libero, accolto con tutti gli onori da rappresentanti delle istituzioni locali. Il 23 novembre successivo fu festeggiato in forma solenne nella sala del Consiglio comunale di Racconigi (TO) in occasione del 60° della Costituzione repubblicana. Vedovo da anni, Longagnani è ospite in una casa di riposo in Piemonte. Gli rinnoviamo da queste pagine i più fraterni e affettuosi auguri. (a.z.)
48 aprile 2010 notiziario anpi
Scheda segnaletica di Longagnani compilata nel 1932, in occasione del suo arresto
lettere
C
ara Eletta,
in qualità di candidata alle elezioni regionali per la Federazione della Sinistra, desidero ringraziare l’ANPI per il bell’articolo, corredato dafoto, pubblicato sul vostro ultimo notiziario e dedicato alle candidaturefemminili espresse dai partiti del centrosinistra. E’ stata per me l’occasione di leggere integralmente il “Notiziario”, riscoprendo una volta di più, la piena condivisione degli ideali dell’Assciazione. Ho letto poi con profondo interesse e apprezzamento, la novità riguardante l’allargamento dello statuto per consentire l’iscrizione a tutti coloro che, condividendo sentimenti antifascisti, vogliano sostenere, in qualunque modo l’ANPI. Ecco trovata la chiave di volta per legare passato e futuro, in un passaggio di testimone ormai non più procrastinabile nel tempo. Abbiamo la fortuna di avere ancora fra noi persone straordinariamente preziose (faccio riferimento alla serata al Fuori Orario e agli interventi dei partigiani Nicolini e Laila) e di poter ascoltare dalle loro voci esperienze e analisi politiche drammaticamente ancora così attuali. Quella del Fuori Orario, con i canti delle mondine e gli artisti sul palco e le testimonianze dei partigiani e quell’atmosfera di calore intorno, è uno di quei momenti che non dimenticherò mai. Ti chiedo gentilmente di porgere il mio sentito ringraziamento a tutti coloro che hanno reso possibile la pubblicazione dell’articolo dedicato e colgo l’occasione per un affettuoso personale saluto a te. Francesca Montecchi
Come si diventa antifascisti... Riceviamo e volentieri pubblichiamo la lettera di Youssef Salmi, socio ANPI sezione Campagnola Emilia, Novellara, Rio Saliceto e Fabbrico Dopo più di vent’anni di vita e lavoro in questo Paese mi sono stati insegnati valori di grande importanza che mi hanno raccontato come era questo Paese prima della sconfitta del fascismo e com’è diventato dopo anni di lavoro sodo, come si è lavorato per creare una Repubblica democratica
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aro Direttore, vorrei esprimere il mio sdegno e il mio rammarico, per come stanno andando le cose in Italia, ho scelto, vent’anni fa, di venire in questo paese, erano tempi diversi, si stava bene, c’era una situazione molto diversa da oggi, regnava più democrazia, mi sono innamorato di questa terra e dei suoi valori, ho fatto famiglia e ho dei figli come tanti. Oggi però vivo una preoccupazione diversa da quella che mi ha spinto ad uscire dalla mia terra madre. Dopo più di vent’anni di vita e lavoro in questo Paese mi sono stati insegnati valori di grande importanza che mi hanno raccontato come era questo Paese prima della sconfitta del fascismo e com’è diventato dopo anni di lavoro sodo, come si è lavorato per creare una Repubblica democratica, come la gente ha lottato per avere certi diritti che oggi vediamo scomparire un po’ alla volta, e allora, dico; questo il motivo per cui non voglio migrare di nuovo, questo il motivo per cui voglio gridare giustizia, il motivo per cui voglio lottate per salvare il salvabile, non sono nessuno, lo so, ma riconosco la necessità di cominciare a svegliarci da questo sonno profondo e lavorare insieme per ripristinare le cose, così che i nostri figli domani possano ricordarsi di noi, e possano essere fieri di noi, come lo siamo noi oggi per i nostri “vostri” nonni. E’ giunta l’ora di agire con saggezza, non chiedo altro che una riflessione seria su come stanno andando le cose, riflettiamo sugli ultimi anni, stiamo sprofondando, non riusciamo a saltarci fuori, non riusciamo ad agire, abbiamo paura di muoverci, tutte le cose conquistate con tanta fatica le stiamo perdendo un po’ alla volta, persino l’articolo 18 un esempio piccolo per il quale abbiamo lottato, oggi è camuffato, non esiste più per i contratti nuovi. Mi fa paura pensare al futuro, siamo una categoria di cittadini che non ha potuto difendere certe conquiste, e mi dispiace molto, cerco ogni giorno di insegnare nel mio piccolo il valore della Democrazia, della Costituzione italiana “nata dall’antifascismo” che considero una delle più complete al mondo, ma purtroppo ciò che sta succedendo non mi aiuta affatto, l’ultimo Decreto “il legittimo impedimento” per me è la goccia che ha fatto traboccare il vaso, più di cosi non si può. L’appello finale, è quello di scendere nelle piazze, la nostra fortuna è che questa crisi ci ha insegnato che possiamo sopravvivere ugualmente anche se non abbiamo lo stipendio intero, quindi rinunciare ad alcune giornate di lavoro e scendere nelle piazze pacificamente potrebbe essere un buon modo”. Youssef Salmi aprile 2010 49 notiziario anpi
lutti
RICORDO DI LAURA SALSI IN FERRARI
21/3/1930-27/1/2010
Coloro che hanno conosciuto Laura Salsi nata il 21/3/1930 e scomparsa il 27/1/2010, e sono tantissimi, hanno una visione univoca nel ricordare l’opera e la figura di amica e compagna delle lotte femminili e sociali, quelle lotte che hanno costituito l’ordito e la trama della società del dopoguerra, che ha rivendicato ed ottenuto conquiste, servizi e strutture che hanno caratterizzato la nostra qualità della vita ed il nostro welfare, fiore all’occhiello (ovviamente con luci ed ombre), di un modello di vita all’apice dell’eccellenza europea. Antonio Zambonelli, storico, ricorda da bambino Laura in bicicletta con la bandiera del Fronte della Gioventù in spalla, di ritorno da una manifestazione pubblica in difesa degli ideali e dei valori della Resistenza. In seguito la vide sempre molto attiva, insieme a sua madre, l’indimenticabile “roccia” Luigina nel far emergere consapevolezze e temi da far evolvere nelle iniziative politiche. Per Anna Pisi la Laura è stata un’amica con l’A maiuscola, una gran donna, che sapeva coniugare il valore e le capacità femminili in una convergenza di utilità sociale. L’amica Piera Sturloni, bravissima ricamatrice, era stimolata da Laura a produrre centrini per la lotteria dell’8 marzo, produzioni molto apprezzate dalle intenditrici. Laura aveva una visione positiva della vita, il suo bicchiere era sempre mezzo pieno Lella Calzolari prima inquadra Laura come grande amica e poi come instancabile organizzatrice dei gruppi delle
50 aprile 2010
notiziario anpi
donne che a Pieve Modolena facevano la distribuzione del giornale femminile “Noi donne”. Laura credeva nella società, nell’amicizia, nella sincerità e per questo era ben percepita dalle altre donne che partecipavano alle feste dell’8 marzo. Prenotava le mimose, confezionava i mazzolini e li distribuiva. Per la Pisi Laura era sempre pronta ad organizzare e a partecipare per tenere unite le donne. Imelde Fornaciari, intrattenitrice nelle feste popolari, poetessa dialettale, e donna fantasiosa cara e apprezzata da tutti, ha ricordi belli di Laura: gite, cene, feste femminili, serate di poesia dialettale in cui era molto fiera di suo marito Osvaldo, poeta pluripremiato, che leggeva le ultime poesie create. Recentemente Laura aveva comprato un cappotto nuovo e aveva avvertito Imelde che non l’avrebbe “frustato/consumato” (Concetto del valore d’uso, diverso dal consumismo odierno). Imelde fa i complimenti a Laura perché lei rispettava le idee di tutti e, pur non essendo “di chiesa”, nei funerali cattolici seguiva la messa. Insomma era una brava donna, solare e simpatica, un’instancabile organizzatrice dell’UDI ed al suo funerale la grande folla le ha dimostrato tanto affetto. Anch’io la ricordo quando, insieme a mia mamma, Zelina Rossi, erano impegnate nelle iniziative politiche per migliorare la vita sociale, soprattutto battagliere in difesa dei diritti delle donne e della famiglia. Erano anni in cui questi diritti venivano rivendicati in pubblico, nelle piazze, ma il problema principale era la conquista della emancipazione soprattutto in famiglia. E la distinzione di ruoli con il mantenimento delle facoltà decisionali in testa al capofamiglia, erano molto radicate e dure a morire a favore di una diversa concezione di condivisione della politica familiare. Il patriarcato aveva dettato regole rigide, che resistevano nel tempo, in cui le donne erano viste solamente come mamme dedite alle pratiche di cura della famiglia. Laura e le donne del suo tempo hanno praticato una sorellanza trasversale alle varie età, capace di unire, di essere di sostegno anche nei momenti personali e difficili che normalmente si incontrano nella vita. L’ANPI esprime il suo cordoglio e abbraccia il marito Osvaldo Ferrari, partigiano, e i figli Diva e Gianni. Anna Salsi
Ave negli ultimi tempi
MORTA AVE FORMENTINI CHE A 19 ANNI SUBI’ ATROCI TORTURE A VILLA CUCCHI
28/10/1923 - 08/01/2010
L’8 gennaio u.s. è morta a Villa Rivalta, dove abitava da vari anni, la partigiana Ave Formentini, Lotta, vedova di Renato Nicolai, il giornalista e scrittore noto anche come autore, con Alcide Cervi, del libro I miei sette figli. Ave era nata il 28 ottobre 1925 in una famiglia contadina e antifascista di Villa Gavassa. Il padre Renato era stato arrestato nel 1932 in una retata di antifascisti reggiani che si concluse col deferimento al Tribunale speciale di venti accusati di appartenenza al Pci clandestino e di propaganda sovversiva. Renato Formentini venne condannato a un anno di reclusione cui fece seguito un provvedimento di libertà vigilata. Dopo l’8 settembre ’43 fu tra i protagonisti della Resistenza (quale comandante di un distaccamento della 77a SAP), assieme ai due figli: Ave nella 76a SAP ed Ennio nella 37a GAP. Sia Renato che la figlia finirono nelle mani dei fascisti nell’inverno ’44-45. Ave, staffetta addetta ai collegamenti tra Comando della 76a e due battaglioni mobili d’assalto, venne arrestata da agenti della GNR il 21 gennaio ’45 mentre si dirigeva verso Correggio. Portata a Reggio nel carcere dei Servi subì atroci torture durante gli interrogatori cui venne sottoposta a Villa Cucchi. Il padre Renato venne fucilato per rappresaglia con altri nove patrioti sul ponte del Quaresimo, lungo la Via Emilia per Parma, il 28 gennaio 1945. Quello
lutti stesso giorno uno sgherro fascista aprì la porta della Cella dei Servi dove Ave era detenuta con altre compagne chiedendo a brucia pelo chi fosse Ave Formentini e aggiungendo senza tanti riguardi: Stamattina abbiamo fucilato tuo padre. Le torture non piegarono Ave che seppe mantenere il silenzio e dovette così venire rilasciata a metà marzo ’45, dopo quasi due mesi terribili di detenzione. Delle sue sofferenze furono testimoni due
partigiane che condivisero con lei la cella ai Servi e le torture a Villa Cucchi, Rosina Becchi e Rina Rabacchi Nel dopoguerra, impegnata nel movimento democratico, incontrò il romano Renato Nicolai, inviato a Reggio dal PCI. I due si sposarono vivendo per alcuni anni nella nostra città. Successivamente si trasferirono a Roma, dove Nicolai fu attivo anche nel mondo del cinema sia come interprete che come scrittore e sceneggiatore.
Dopo la sua morte avvenuta il 14 dicembre 1983, Ave tornò a vivere a Reggio lavorando fino alla pensione presso la Società emiliana di esercizi elettrici. Ai figli Paolo, Bianca e Simona giungano da queste pagine le condoglianze degli ex partigiani e degli antifascisti reggiani (a.z.).
OLIMPIO GIOVANARDI
VINCENZO MELEGARI
04/05/1925-22/01/2010
26/07/1923-10/03/2010
La moglie e le figlie in memoria del Partigiano Olimpio Giovanardi, deceduto il 22 gennaio 2010, offrono a sostegno del Notiziario.
RENATO ORLANDINI
20/01/1923-2/03/2010 Per il trigesimo della scomparsa di Renato Orlandini, deceduto il 2 marzo 2010, lo ricorda con grande rimpianto la moglie Rosanna Castellari.
ADOLFO TONDELLI Per ricordare Adolfo Tondelli, defunto il 7 febbraio 2010, il figlio Attilio e la nuora Piera offrono pro Notiziario. Al ricordo di Adolfo, uomo buono, onesto e generoso che ha dedicato tutto se stesso al lavoro e al bene della famiglia, si uniscono i Soci ed Eredi della Cooperativa CAPA di San Rigo (Reggio Emilia) offrendo a sostegno del giornale dell’ANPI.
Il 10 marzo u.s. è deceduto il cav. Ufficiale Vincenzo Melegari, originario di Castelnovo Sotto, dove era nato il 26 luglio 1923, fino all’ultimo profondamente legato al mondo della sinistra e dell’antifascismo. Da anni presidente dell’ANCR (Associazione combattenti e reduci), carica nella quale era succeduto al compianto Davide Valeriani, era anche stato segretario ed economo della Associazione nazionale mutilati ed invalidi di guerra. Consigliere comunale ed Assessore nel natìo comune di Castelnovo Sotto, nei primi anni del dopoguerra, fu per anni impiegato all’Ufficio tasse del Comune di Reggio, dove era stato assunto nel 1946 come invalido di guerra. Fece anche parte del CORECO (Comitato regionale di controllo degli atti dei Comuni). Vedovo da parecchi anni, lascia una figlia che vive negli Stati uniti d’America. In sua memoria l’Associazione combattenti e reduci e l’amico di una vita Enrico Lelli offrono pro Notiziario.
ADORNO CURTI (FRANCO)
12/02/1921-08/02/2010 Per ricordare con infinito affetto il Partigiano Adorno Curti Franco, del distaccamento “Piccinini”, la figlia Tiziana e il nipote Davide Azzali offrono pro Notiziario.
MARIA LUISA TARONI VED. PATACINI
14/01/2010 Il 14 gennaio 2010 è scomparsa Maria Luisa Taroni vedova di Gianetto Patacini, indimenticato dirigente del PCI reggiano e regionale e pubblico amministratore. Maria è stata fino a che la salute glielo ha permesso molto vicina all’ANPI partecipando alle iniziative commemorative e ricreative dei partigiani.
CESARE CARLINI
01/03/1927-15/02/2010 Il 15 febbraio 2010 è deceduto Cesare Carlini, patriota di Canossa. I familiari lo onorano con affetto ricordando le sue qualità di uomo serio ed onesto lavoratore, con attitudini anche poetiche.
aprile 2010 51 notiziario anpi
anniversari MAURA FERRARI
GIOVANNI BATTISTA MARTINELLI (CIRO)
5° ANNIVERSARIO
4° ANNIVERSARIO
Il 1° maggio ricorre il 5° anniversario della scomparsa di Maura Ferrari figlia di Didimo Ferrari Eros commissario partigiano. Il marito Mario Peca, la sorella Anna con Attilio, i nipoti Riccardo e Valerio Braglia non dimenticheranno mai il suo altruismo, i valori di onestà, il suo sorriso, e ottimismo, la speranza di un mondo migliore affinché gli obiettivi di giustizia, di pace e di benessere… verso una meta dove splende perennemente il sole, … rimangano come obiettivi per i suoi cari e per tutti.
FIORINDA CANTONI VED. FERRARI
12° ANNIVERSARIO Il 10 aprile ricorreva il 12° anniversario del decesso di Fiorinda Cantoni vedova di Didimo Ferrari Eros. Con tutto l’affetto che conservano nel cuore, i nipoti Riccardo e Valerio Braglia, la figlia Anna, il genero Attilio la ricordano.
DINO ROSSI (BOZAMBO)
5° ANNIVERSARIO Il 9 aprile ricorre il 5° anniversario della scomparsa del partigiano Dino Rossi Bozambo appartenente alla 77a Brigata SAP. Lo ricordano con affetto la moglie Maria, i figli ed i nipoti. Per onorarne la memoria, sottoscrivono Pro Notiziario.
ANNIVERSARI Sono passati 11 anni da quel 2 marzo 1999 ma il ricordo resta sempre. Il papà Saverio, la sorella Marina e il fratello Mirco, in sua memoria, offrono pro Notiziario. Il 12 gennaio ricorreva il 1° anniversario della scomparsa di Domenica Bertizzolo. Il marito Saverio Ganassi, unitamente ai figli Mirco e Marina e la nipote Fanny, la ricorda offrendo pro Notiziario.
IDIMO LUSETTI (IVANO)
5° ANNIVERSARIO In ricordo di Idimo Lusetti Ivano, deceduto il 5 aprile 2005, la figlia Ermelinda sottoscrive per Notiziario
ARMANDO BARBIERI (LIBERTÈ)
5° ANNIVERSARIO
IN MEMORIA Per onorare la memoria di Armando Barbieri Liberté, Fausta Barbieri offre pro Notiziario.
FRANCESCO NERONI
VALTER REVERBERI
13° ANNIVERSARIO
6° ANNIVERSARIO
Nel 13° anniversario della scomparsa di Francesco Neroni di Puianello, la moglie e la figlia lo ricordano con immutato affetto e sottoscrivono pro Notiziario.
notiziario anpi
NADIA GANASSI - DOMENICA BERTIZZOLO
ORLANDO ROSSI Per ricordare il marito Orlando Rossi, deceduto il 19 marzo 2005, la moglie Giovanna Muzzi, con la famiglia, lo ricorda con immutato affetto.
52 aprile 2010
Per ricordare il fratello Gianni Ciro nel 4° anniversario della morte e con lui mamma, papà, Ino e Lea, Nelda Martinelli offre pro Notiziario.
Il 7 aprile ricorre il 6° anniversario della scomparsa di Valter Camellini, la moglie Laura Cavazzoni, nel ricordarlo con immutato affetto, sottoscrive pro Notiziario.
anniversari MARIO GOLFIERI
PRIMO MAREGGINI - MALVINA BENEVENTI
ANNIVERSARI
40° ANNIVERSARIO
Per ricordare i coniugi Primo Mareggini Bomba e Malvina Beneventi i figli, il genero, le nuore, i nipoti e i pronipoti offrono pro Notiziario.
Il 16 marzo 2010 ricorre il 40° anniversario della scomparsa di Mario Golfieri. Lo ricordano con tanto affetto la moglie Laura e la figlia Marina.
CARLO CAMELLINI (DISASTER)
11° ANNIVERSARIO
WILLIAM SIGNORELLI
Il 6 aprile ricorre l’11° anniversario della scomparsa del Partigiano Carlo Camellini Disaster, appartenente alla 144a bgt. Garibaldi. La moglie Loredana Reverberi e i figli in sua memoria offrono pro Notiziario.
IN MEMORIA Per ricordare il fratello William Signorelli, deceduto a 20 anni in un lager tedesco, il fratello Mariano offre pro Notiziario.
GIUSEPPE NERONI (MORO)
IN MEMORIA
AFRA TONDELLI IN MUSSINI
Per ricordare il Partigiano Giuseppe Neroni Moro, e presidente per diversi anni della sezione ANPI di Gattatico, deceduto il 6 settembre 2008, la moglie Anna Piazza sottoscrive pro Notiziario.
IN MEMORIA In ricordo di Afra Tondelli, scomparsa il 25 settembre 2009, il marito Bruno, i figli Mariella e Roberto, offrono pro Notiziario. La famiglia Mussini ringrazia le famiglie Franche e Ferioli per il ricordo di Afra pubblicato sul numero di gennaio-febbraio 2010 del
GENESIO CORGINI
65° ANNIVERSARIO Per commemorare il padre Genesio Corgini, morto nel corso della battaglia di Fabbrico del 27 febbraio 1945, i figli, per onorarne la memoria, sottoscrivono pro Notiziario.
IVO GUIDETTI (FERMO)
4° ANNIVERSARIO In memoria del Partigiano Ivo Guidetti Fermo di Roncocesi, deceduto il 21 marzo 2006, i famigliari sottoscrivono per il Notiziario.
Notiziario.
LINO BERTANI - VINA CAMPANINI
IN MEMORIA Per commemorare la memoria dei genitori Lino Bertani e Vina Campanini, le figlie Carla e Vera, ricordandoli con immutato affetto, offrono pro Notiziario.
GINO FURGHIERI (BRUNELLO)
12° ANNIVERSARIO ATHOS BEDOGNI
6° ANNIVERSARIO Per ricordare il marito Athos Bedogni, scomparso il 23 febbraio 2004, la moglie Adele Chiossi offre pro Notiziario.
Ricorreva il 13 marzo u.s. il 12° anniversario della scomparsa di Gino Furghieri, Partigiano di Castelnovo Sotto, persona onesta e generosa che ci ha lasciato in eredità i suoi insegnamenti preziosi che ci servono ancora oggi, giorno dopo giorno. Ci manchi. Dimma, Katia, Nicoletta, Mario
aprile 2010 53 notiziario anpi
anniversari GIUSEPPE FERRETTI
MARIA SCHIATTI IN BAGNACANI - ATTILIO BAGNACANI
IN RICORDO
35° ANNIVERSARIO
In memoria della mamma Maria Schiatti e del padre Attilio Bagnacani, i figli Albertina, Romeo e Arto sottoscrivono pro Notiziario.
Il 5 aprile ricorre il 35° anniversario della morte di Giuseppe Ferretti di Villa Cadè. La moglie Ilde e i figli, con le rispettive famiglie, nel ricordarLo, offrono pro Notiziario.
ULISSE GILIOLI (ORAZIO)
3° ANNIVERSARIO Nel 3° anniversario della scomparsa del Partigiano Ulisse Gilioli Orazio, avvenuta il 22 marzo 2007, la moglie Simona e la figlia Simonetta, nel ricordarLo con immutato affetto e rimpianto, offrono pro Notiziario.
REMIGIO BAGNACANI (VITTORIO)
6° ANNIVERSARIO Laura Giuni e famiglia a ricordo del marito Remigio Bagnacani Vittorio, nel 6° anniversario del decesso, offrono pro Notiziario.
OLDANO PATERLINI (ENOS)
8° ANNIVERSARIO Il 12 aprile ricorre l’8° anniversario della scomparsa di Oldano Paterlini Enos. Lo ricorda con immutato affetto la moglie Iones Baschieri e sottoscrive pro Notiziario.
GIUSEPPE ANCESCHI
4° ANNIVERSARIO Nel 4° anniversario della scomparsa del Partigiano della 144a bgt. “Garibaldi” Giuseppe Anceschi di Bibbiano, la moglie e le figlie, nel ricordarLo agli amici e Partigiani bibbianesi, offrono a sostegno del Notiziario.
GIUSEPPE CARBONI
10° ANNIVERSARIO A dieci anni dalla scomparsa dl Partigiano Giuseppe Carboni, lo ricordano con amore immutato la moglie, le figlie, il genero e le nipoti Giulia ed Elena e in sua memoria sottoscrivono pro Notiziario.
54 aprile 2010
notiziario anpi
ERO BENADUSI
20° ANNIVERSARIO Il 20 marzo ricorre il 20° anniversario della scomparsa del compagno Ero Benadusi, la moglie Franca e la figlia Lorena lo ricordano con immutato affetto e sottoscrivono pro Notiziario.
SANTE SPAGNI (SPADINO)
5° ANNIVERSARIO A cinque anni dalla scomparsa di Sante Spagni Spadino, avvenuta il 22 giugno 2006, ex Partigiano della 76a bgt. SAP della Val d’Enza, nel ricordarLo con immutato affetto e per onorarne la memoria, la moglie Lucia e i figli Silvana ed Eliseo, puntuali ogni anno offrono al Notiziario.
GINO ROZZI (PALOT)
4° ANNIVERSARIO Il 22 aprile ricorreva il 4° anniversario della scomparsa di Gino Rozzi, noto come Palòt, ma che da partigiano addetto al Comando unico era Oscar. Nato nel 1913, negli anni trenta fu perseguitato politico. Di famiglia contadina di Pieve Modolena, nel dopoguerra è stato per anni stimato dirigente del movimento cooperativo.
EDMONDO FONTANESI (PRECIS)
6° ANNIVERSARIO Il 13 marzo ricorreva il 6° anniversario della scomparsa del Partigiano rivaltese Edmondo Fontaesi Precis. La moglie Emma, la figlia Lorena, il genere Fabrizio e i nipoti Giulia ed Enrico lo ricordano con immutato affetto e sottoscrivono in sua memoria.
anniversari ERIO CAMELLINI (GEK) - RINA GALASSI (BARBARA)
ANNIVERSARI Nel ricordare il Partigiano Erio Camellini Gek, scomparso l’8 maggio scorso, e la Partigiana Rina Galassi Barbara, deceduta il 25 marzo 2001, la figlia Ivana e il nipote Riccardo sottoscrivono pro “Notiziario”.
JAMES MALAGUTI (SMITH) - IDA DONELLI
ANNIVERSARI Il 3 aprile ed il 29 marzo ricorrono rispettivamente il tredicesimo ed il terzo anniversario della scomparsa dei carissimi coniugi James Malaguti ed Ida Donelli. Lui, indimenticato comandante partigiano ed uomo politico che sempre lottò la pace, la libertà e la solidarietà fra tutti i popoli. Conobbe l’Ida, staffetta partigiana, durante la seconda guerra mondiale e la sposò dopo la Liberazione. James ed Ida, affettuosissimi nella propria famiglia, che gioivano delle cose semplici, nel profondo rispetto del pensiero e della vita di tutti e dei sentimenti di pace e di amore. Sono perciò sempre con noi, nel nostro intimo nei nostri pensieri, pronti a confortarci nei momenti di dolore che il mondo ci fa incontrare sempre più spesso, per impegnarci contro le ingiustizie con altruismo ed onestà, quell’onestà che al giorno d’oggi sembra sempre più scomparire: il loro esempio ci aiuterà nell’affrontare le prove difficili che la vita ci presenta. Essi portarono sempre con sé i valori del lavoro e dell’amicizia e dedicarono il loro impegno per affermare l’importanza del ricordo, della storia e della testimonianza dei principi irrinunciabili della Resistenza e della Liberazione dal fascismo e dalle tirannie. Il figlio Claudio Malaguti, la sorella di James, Lolita Morici Malaguti ed i parenti tutti, li ricordano con affetto infinito e nella ricorrenza offrono un contributo per il “Notiziario dell’ ANPI”.
SERGIO FERRARINI (SPARTACO)
8° ANNIVERSARIO Il 18 maggio ricorrerà l’8° anniversario della tua scomparsa. Ti ricordiamo sul tuo giornale, nel nostro cuore ti ricordiamo ogni giorno. Tua moglie Anna e tua figlia Linda, che offrono pro Notiziario”. I nostri bei sogni ora sono soltanto bei ricordi.
LIDIA FERRETTI - LINO BELLESIA
IN MEMORIA Protagonisti tra quelli di una generazione che hanno fatto una scelta giusta nella lotta che ha aperto la strada alla Liberazione, alla democrazia e ai diritti sociali e civili di uomini e donne per la prima volta sanciti dalla Costituzione.Matteo, Lorena e Tiziano li ricordano con affetto in occasione del 25 aprile anniversario della Liberazione.
NELLO BIZZARRI (BRENNO)-ALBERTINA ROSSINI (BRUNA)
IN MEMORIA Nel 65° anniversario della Liberazione la figlia Annusca ricorda con immutato affetto gli amati genitori e in loro onore offre del Notiziario.
ODDINO CATTINI (SBAFI)
5° ANNIVERSARIO Il 14 maggio ricorrerà il 5° anniversario della scomparsa di Oddino Cattini, Sbafi, vice comandante di battaglione della 37a brigata GAP. La moglie Rosa, il figlio Luciano, la nuora, le nipoti e i generi offrono pro “Notiziario”.
GIUSEPPE BELTRAMI (KRAMER)
16° ANNIVERSARIO Il 9 maggio ricorre il 16.° anniversario della scomparsa di Giuseppe Beltrami, Kramer, della sezione ANPI di Cadelbosco, figura popolarissima da tutti amata e stimata. La sua immagine è viva in tutta Cadelbosco. Il fratello Amos e la sorella Adelma, ricordandolo con immutato affetto, sottoscrivono pro “Notiziario”.
ROMUALDO SBERVEGLIERI (ALDO)
IN MEMORIA Per onorare la memoria del padre Romualdo Sberveglieri Aldo, deceduto il 7 febbraio 1998, la figlia Ciria, insieme alla famiglia, offre pro Notiziario.
aprile 2010 55 notiziario anpi
Il “Notiziario ANPI” è una voce della resistenza e della democrazia. PER VIVERE HA BISOGNO DEL TUO AIUTO
- FRANCA CUCCHI e LORENA BENADUSI in ricordo del marito e padre ...............................................................................euro - RINA PIVETTI – a sostegno ........................................................ “ - IOLANDA CASINI e figlia in ricordo dal marito Giuseppe Anceschi .................................................................... “ - EBO NOBILI – a sostegno........................................................... “ - ORMEA ZAMBONINI in ricordo di Marino Zambonini ................... “ - LORENA, GIULIA BONINI e fam. in ricordo di Edmondo Fontanesi ............................................... “ - EBE VECCHI – ANPI CORREGGIO – a sostegno............................ “ - RENATO BERNI – ANPI CORREGGIO – a sostegno ....................... “ - AMOS ROSSI – ANPI CORREGGIO – a sostegno .......................... “ - RENATO FANTINI – ANPI CORREGGIO – a sostegno .................... “ - BRUNA AGUZZOLI – ANPI CORREGGIO – a sostegno................... “ - GIANNI ANDREOLI – ANPI CORREGGIO – a sostegno .................. “ - MARIA ROSSI in ricordo del marito Mario Cavallini “partigiano”....................................................... “ - PIERA COSTI e BRUNO CARLETTI – a sostegno .......................... “ - IONES BASCHIERI in ricordo del marito Paterlini “Enos” ............. “ - MARIO VENTURI – a sostegno .................................................... “ - ATTILIO TONDELLI e moglie in ricordo del padre Adolfo .............. “ - LAURA GIUGNI in ricordo del marito Remigio Bagnacani ............ “ - UGO GUIDETTI – a sostegno ..................................................... “ - EDDA ROMEI – RENZO SIRONI – a sostegno .............................. “ - SEZIONE FELINA – a sostegno ................................................... “ - SEZIONE CASTELNOVO MONTI – a sostegno.............................. “ - SEZIONE DI PRATOFONTANA – a sostegno ................................. “ - ODDINO e WILLER BENASSI – a sostegno .................................. “ - SIMONA COCCHI e figlia in ricordo del marito Ulisse Gilioli ......... “ - ILDE PASTURINI in memoria di Giuseppe Ferretti ....................... “ - ROSANNA CASTELLARI in ricordo del marito nel 1° anniversario della morte ................................................. “ - SEZIONE di BUSANA – a sostegno ............................................. “ - ROBERTO MUSSINI e fam. in ricordo di Afra Tondelli .................. “ - SILVIA SPAGGIARI – a sostegno ................................................. “ - ANNA FERRARI in memoria della madre e della sorella .............. “ - ETTORE BORGHI – a sostegno ................................................... “ - MARIANO SIGNORELLI per onorare il fratello William.................. “ - LUCIA e LAURA GROSSI in ricordo di Emilio e parenti ................. “ - IRIA ALBERTI in ricordo di Corgini Genisio morto nella battaglia di Fabbrico ......................................................... “ - ADELE CHIOSSI in memoria del marito Athos Bedogni................ “ - FAM.GUIDETTI in memoria del partigiano Ivo “Fermo”di Roncocesi ................................................................ “ - MARISA BONACINI in memoria di Carpi Aldo nell’11°anniversario morte ........................................................ “ - VANDA CARPI per ricordare i fratelli Aldo e Giovanna ................. “ - KATIA FURGHIERI, madre e fam. per ricordare il padre Gino Furghieri “Brunello” .............................................. “ - FAM. GIOVANARDI in memoria del partigiano Olimpio Giovanardi .............................................. “ - CLAUDIO MALAGUTI in ricordo di Ida e Iames Malaguti .............. “ - CAMILLO BASCHIERI in memoria di Oldano Paterlini .................. “ - ANTONIO CATTANI – a sostegno ................................................ “ - LINO DAZZI – a sostegno ........................................................... “ - ASSOCIATI della Sezione di Cavazzoli-Betonica .......................... “ - RICCARDO e IVANA CAMELLINI in ricordo di Erio (Gek) e Rina Galassi ........................................................................... “ - VERAe CARLA BERTANI in memoria dei genitori Lino e Vina Campanini ............................................................... “ - CORUZZI, FANTINI, FABBI, BORGHI in ricordo di Elide Rovacchi ....................................................................... “ - LOREDANA REVERBERI in memoria di Luciano Camellini ........... “ - FERRARI- CERVI – a sostegno.................................................... “ - LAURA NIRONI con Laura in ricordo del marito Mario Golfieri morto 40 anni fa .................................................. “
56 aprile 2010
notiziario anpi
50,00 30,00 25,00 20,00 50,00 100,00 70,00 25,00 20,00 30,00 25,00 25,00 40,00 20,00 50,00 5,00 200,00 100,00 20,00 30,00 120,00 118,00 211,00 40,00 100,00 30,00 100,00 45,00 100,00 20,00 100,00 50,00 50,00 100,00 20,00 40,00 200,00 25,00 25,00 50,00 30,00 150,00 50,00 50,00 20,00 585,00 50,00 60,00 70,00 20,00 50,00 50,00
- LAURA CAVAZZONI per onorare il marito Valter Reverberi ........... “ - EMO GHIRELLI – a sostegno ...................................................... “ - SEZIONE PISTELLI – a sostegno................................................. “ - LIDIA GRISANTI E LUCIA in memoria del partigiano Pisi Fortunato ............................................................................ “ - BRUNO MANFREDI – a sostegno................................................ “ - OMERO BAGNI – a sostegno ...................................................... “ - GIANNI MANFREDI – a sostegno ................................................ “ - FAM. FAUSTA BARBIERI in memoria di Armando Barbieri “Liberte’” . “ - FAUSTO BEGGI – a sostegno...................................................... “ - ERMELINDA LUSETTI in ricordo del padre Idimo Lusetti “Ivano”................................................................. “ - NELDA MARTINELLI in ricordo del fratello Gianni “Ciro” e parenti tutti ............................................................................ “ - POMPILIA FERRARI in memoria di Francesco Neroni .................. “ - LAGHI DEL SOLE – Massenzatico – a sostegno.......................... “ - SEZ.ANPI CARPINETI – a sostegno ............................................. “ - OSCAR TIRABASSI in ricordo del padre Cismo............................ “ - VIGLIO FERRETTI – a sostegno................................................... “ - FAM. MAREGGINI – S. Polo, in ricordo di Primo”Bomba” e Malvina Beneventi .................................................................. “ - GIOVANNA MUZZI e fam. in memoria del marito Orlando Rossi... “ - SAVERIO GANASSI in ricordo della moglie Domenica “Memè” e figlia Nadia ............................................................................. “ - PIETRO BUFFAGNI – a sostegno ................................................. “ - PAOLA DAVOLI in memoria del padre Paolo, fucilato il 28/2/45 dai fascisti .................................................... “ - JOSE’ FAUSTA TALMONTE – a sostegno..................................... “ - LUCIA SPAGNI- Silvana e Eliseo in ricordo di Sante Spagni “Spadino”...................................................................... “ - ARTO, ROMEO, ALBERTINA BAGNACANI in ricordo di Schiatti Maria e Attilio Bagnacani .......................................... “ - ROSSELLA CARBONI e fam. in ricordo del marito Giuseppe ........ “ - CATIA CASOLI, Rubiera – a sostegno ......................................... “ - LINO VERONI, Rubiera – a sostegno ........................................... “ - NANDO MANZINI, Rubiera – a sostegno ..................................... “ - ARMANDO GIBERTINI, Rubiera – a sostegno .............................. “ - VILMA BULLA- Rubiera – a sostegno ......................................... “ - ANNUSCA BIZZARRI in ricordo dei genitori ................................ “ - GINO LONGAGNANI, Racconigi (CN) – a sostegno....................... “ - SOCI ed EREDI Coop.va CAPA in onore di Adolfo Tondelli ............ “ - ASS. NAZ.COMBATTENTI E REDUCI per onorare Vincenzo Melegari .................................................. “ - Prof. RENZO BARAZZONI in ricordo di Ulisse Gilioli ..................... “ - CENTRO SOCIALE RUBIERA – a sostegno................................... “ - SEZIONE RUBIERA – a sostegno ............................................... “ - WILLIAM BRANCHETTI – a sostegno .......................................... “ - ERMES CARLINI per onorare il padre Cesare .............................. “ - ERIO LANZONI – a sostegno ...................................................... “ - RICCARDO CASANOVA – a sostegno .......................................... “ - ARMANDA FIORINI MANARI – a sostegno ................................... “ - SEZIONE BUSANA – a sostegno ................................................. “ - CIRIA SBERVEGLIERI e fam. per onorare il padre Romualdo ..................................................................... “ - ANNITA MALAVASI “LAILA” in ricordo di TrolliGiambattista e Elio ......................................................... “ - FAM. TIZIANA CURTI in memoria del padre Adorno Curti “Franco” ................................................ “ - LORENA FERRETTI e fam. in memoria dei genitori ..................... “ - LUCIANO CATTINI e fam. per ricordare Oddino Cattini “Sbafi” .... “ - ANNA FIORANI e fam. in memoria del marito Sergio Ferrarini “Spartaco” ....................................................... “ - AMOS BELTRAMI in ricordo del fratello GIuseppe “Kramer” ........ “
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la finestra sul cortile Cinegiornalismo
Passa la riforma della Sanità negli USA ma rimane alto l’allarme Iraq!
Il cinema si è interessato alla guerra in Iraq a conflitto iniziato. A differenza di quella del Vietnam a cui sono stati dedicati capolavori una volta che gli americani se ne sono dovuti andare - e anche velocemente – per questa inutile e sanguinaria operazione la settima arte ha sempre fatto la parte di quello che doveva fare il giornalismo.
Raccontare la verità, o almeno, le verità che possiamo venire a scoprire. Segnaliamo pertanto il vincitore di sei Premi Oscar 2010 The Hurt Locker di Kathryn Bigelow, stupenda pellicola dedicata ad un gruppo di sminatori americani a Baghdad. Passato in concorso a Venezia nel 2008 e uscito con dieci copie, se potete cercate di recuperarlo in dvd. Tra l’altro la grandissima Kathryn ha anche stabilito il record di essere la prima donna nella storia degli Oscar a vincere la statuetta come migliore regista. La ringraziamo a nome di tutte le donne. In aprile escono due pellicole da non mancare. Con Green Zone di Paul Greengrass e protagonista Matt Damon torniamo in Iraq mentre con L’uomo nell’ombra di Roman Polanski rimaniamo a Londra ma sempre per parlare di politica e affari poco chiari. Entrambi sono nei cinema dal 9 aprile. Paul Greengrass che aveva trasformato Matt Damon in un attore d’azione con la saga di Bourne, lo ha di nuovo scelto per Green Zone. E’ il 2003, il primo maresciallo luogotenente Roy Miller (Damon) e la sua squadra di ispettori ricevono dai loro comandanti l‘incarico di scovare nel deserto dell‘Iraq i depositi dove si suppone siano custodite armi di distruzione di massa. Sfrecciando da un‘insidia all‘altra, in
luoghi zeppi di trappole esplosive, gli uomini ricercano i composti chimici mortali, ma si imbattono in un‘elaborata copertura che sconvolge il proposito della loro missione. Preso nell‘intrigo delle operazioni di altri agenti segreti, Miller deve portare avanti il suo compito, muovendosi tra spie dell’intelligence corrotte sotto copertura e nascoste sul suolo straniero, alla ricerca di risposte che porteranno all‘annientamento di un regime renitente o all‘intensificazione dello stato di guerra in una regione politicamente instabile. Con un ritmo furioso, in un luogo altamente pericoloso, egli scoprirà che tra tutte, l’arma più difficile da trovare è la verità. Il thriller, tratto dal best seller di Rajiv Chandrasekaran “Imperial Life in the Emerald City: Inside Iraq’s Green Zone”, ha generato accese reazioni persino al Pentagono e da parte di chi sostiene che il conflitto in Iraq con tutte le sue vittime non debba essere trasformato in uno spettacolo di esplosioni e suspence ‘popcorn’. Ma Green Zone è tutt’altro. Alle anteprime, quando il capitano Miller denuncia le bugie, gli inganni la corruzione delle spie dell’Intelligence Service scoppiano gli applausi. “Ho voluto fare questo film - ha detto Damon - perché rilancia interrogativi che ci coinvolgono tutti e che non sono stati
chiariti. Miller ha una missione da uomo e soldato leale: trovare le armi di distruzione di massa e salvare vite. Crede in quello che fa ma scopre che le verità non combaciano con quello che gli è stato raccontato e con quello in cui crede l’opinione pubblica”. Quando è arrivato l’arresto di Roman Polanski erano appena terminate le riprese di L’uomo nell’ombra che ha, infatti, montato nel suo chalet/prigione di Gstaad in Svizzera. Era da più di vent’anni che il regista continua a pag. 58
la finestra sul cortile continua da pag. 57
non tornava all thriller h ill ambientato bi aii giorni i i nostri. Una pellicola hitchcockiana, spiazzante, dato che dietro il protagonista si cela Tony Blair. L’uomo nell’ombra racconta la storia dell’ex Primo Ministro britannico Adam Lang (Pierce Brosnan), che si ritrova su un’isola della costa orientale degli Stati Uniti in inverno a scrivere le sue memorie. Quando il suo storico assistente muore affogato, viene mandato un ghostwriter pro-
fessionista (Ewan M McGregor) per aiutarlo a terminar il libro. L’anonire m ‘scrittore fanmo t tasma’ è immediat tamente coinvolto i un intrigo poliin t tico e sessuale che comprende la mog di Lang, Ruth glie (Olivia Williams) e la sua assistente A Amelia Bly (Kim Cattrall, conosciut come Samantha ta in Sex and the City). Su Lang, pende la minaccia dei crimini di guerra, torture e morte di sospetti terroristi, i legami con la Cia e un misterioso segreto nel suo passato, che rischia di mettere in pericolo le relazioni internazionali. L’uomo nell’ombra, Orso d’Argento al Festival di Berlino, è tratto dal romanzo The Ghost Writer di Robert Harris e lo stesso autore ne ha curato l’adattamento insieme con il regista. Come si evince
dalla trama è chiaro, anche se non esplicito, il riferimento a Tony Blair e il suo appoggio a George Bush durante la guerra in Iraq. Sia il romanziere Harris che Brosnan ci tengono però a sottolineare che non si tratta di un film su Tony Blair: “Parlare del potere è la cosa che mi interessa maggiormente e in tutti i miei romanzi. - ha detto Harris - Sono molto interessato al fenomeno dei leader che perdono il potere, che si tratti di Richard Nixon o di Margaret Thatcher”. “In realtà - afferma Brosnan - ho preferito confrontarmi con Adam Lang, il protagonista del romanzo. E’ un personaggio straordinariamente complesso e possiamo definirlo un prodotto dell’era Blair. Harris e Polanski scrivendo e girando il film hanno mantenuto molti riferimenti alla figura di uno dei leader più popolari del Regno Unito. Ma resta anche, molto forte, la componente del thriller. Roman è un autore più di stile che di politica”.
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IL NOTIZIARIO ANPI – Periodico di politica, storia, memoria, cultura e informazione varia
sabato 24 aprile 2010, ore 18-24 “la Notte della Liberazione” visite guidate,testimonianze, concerto di Kattiveria Posse (Reggio Emilia) e Gente Strana (Palermo), piazza Martiri 7 Luglio, Reggio Emilia
giovedì 22 aprile 2010, ore 21-24 “Il ghetto è pieno di gente” proiezioni in sinagoga con letture in Via dell’Aquila, Reggio Emilia
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