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NUOVA ETICHETTA INDIPENDENTE

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a Nascita di una nuova etichetta discografica indipendente, in questi tempi di profonda crisi della discografia tradizionalmente intesa, può essere interpretata come una impresa avventata se non folle. Eppure è proprio nei momenti più bui, il riferimento è alla deriva culturale italiana, che si sente l’urgenza di rialzare la testa, di fare cose seppur con pochi mezzi e con un sano spirito di incosciente utopia. Lo Scafandro, nome di questa nuova label con epicentro tra Correggio e Reggio, è stata voluta da alcuni membri degli AFA gruppo che negli anni ’90 ha proposto una originale miscela di suoni e teorie. Si inizia dunque a novembre con l’album solista di FABRIZIO TAVERNELLI (Oggetti del Desiderio) e il mese successivo con il disco di ATOMIKAKATO (Old Wave Prophets). Lo scafandro è uno speciale indumento impermeabile, generalmente metallico, dotato di vari dispositivi, che consente di operare in ambienti altrimenti irresistibili. Sott’acqua, nell’alta atmosfera, nello spazio. Grazie allo scafandro possiamo esplorare e scoprire nuovi mondi, nuove realtà, nuovi suoni. Dentro a uno scafandro possiamo sopravvivere in situazioni ostili: dove non c’è ossigeno, dove la temperatura è troppo

elevata, dove non c’è gravità. Metaforicamente possiamo dunque resistere alla deriva culturale del nostro piccolo mondo, alla mancanza di spazi, alla invasione della musica formattata. Possiamo scendere negli abissi o sottoterra per osservare da vicino cosa si muove sotto, per fare emergere quello che pare sommerso, che apparentemente non esiste. Lo scafandro è protettivo: lo usano i palombari (per sondare i fondali marini... dell’arte), gli aviatori (per superare la barriera del suono... obsoleto), gli astronauti per passeggiate senza la gravità (degli A&R), i pompieri per proteggersi dalle fiamme, gli artificieri per disinnescare ordigni, scienziati per studiare la radioattività, vulcanologi. Con lo scafandro lasciamo il conosciuto, l’obsoleto (la musica dei network, l’agonia delle major, i baronati e le casate dei musici) e ci lanciamo in una avventura rischiosa ma affascinante. Viaggi surreali in luoghi dove la realtà è ribaltata, abitata di assurdo. Imprese improbabili, odissee interiori, epiche donchisciottesche. Come i romanzi utopici di Samuel Butler, Swift, Abbott, Jules Verne. La stessa utopia dell’intraprendere un’avventura nella discografia italiana. Un’impresa folle, irrazionale, irragionevole in un momento in cui chiudono bottega

etichette, distributori, negozi di dischi. Oppure un gioco, un rilanciare sbeffeggiante, un contratto siglato con l’ironia. O ancora una liberazione, una breccia nella diga che in questi ultimi anni ha sempre più contenuto l’espressione artistica, l’azzardo poetico, lo sgorgare della musica aldilà dei bilancini commerciali, degli airplay e dei presunti target d’ascolto. Lo Scafandro è dunque più che una nuova etichetta discografica, è una costruzione astratta, una casa instabile e semovente, una opera d’arte collettiva, in divenire, bislacca. Una Sagrada Familia di suoni con tanti architetti, carpentieri, geometri, muratori, tutti con il metro al contrario, tutti in bilico su fondamenta instabili, tutti inconsapevoli delle pareti portanti. Eppure con la voglia di costruire qualcosa a costo di usare il fango, lo sterco, la paglia per erigere templi del suono non ortodossi. Lo ScAFAndro è anche un artificio esoterico, una parola che ne contiene un’altra al suo interno: AFA. Esperienza musicale da cui provengono gli animatori di questa nuova ventura turistico-discografica. www.loscafandro.it

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IMPEGNI CONTRO “Si chiama Wikileaks (da leak, “fuga di notizie”) ed è un’organizzazione internazionale...” – “Dilma Roussef ex guerrigliera, economista, ex ministro dell’energia, è il nuovo Presidente della repubblica del Brasile...” – “Premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi, vincitrice con l’80 percento dei voti nelle elezioni del 1990 annullate dalla giunta militare, è stata costretta a 15 anni...” – “Premio Nobel per la Pace 2010 lo storico dissidente cinese Liu Xiaobo che ebbe il ‘torto’ di affiancare gli studenti nella richiesta di riforme politiche e di libertà di espressione nel 1989, al tempo dei tragici fatti di Piazza Tien An Men...”.

Wikileaks – Si chiama Wikileaks (da leak, “fuga di notizie”) ed è un’organizzazione internazionale che riceve documenti coperti da segreto e poi li mette in rete sul proprio sito web. Nata nel 2007, può contare su uno staff di giornalisti e attivisti per lo più anonimi e si pone l’obiettivo di rendere trasparente l’operato dei governi, quale garanzia di giustizia, etica e di una più forte democrazia. Dall’estate di quest’anno ha iniziato a pubblicare centinaia di migliaia di documenti militari riservati americani e della NATO, relativi a quanto è accaduto e ancora accade in Iraq e Afghanistan, dai quali emerge un quadro agghiacciante di brutalità e morte. Come dire, l’aspetto meno noto e – se possibile – più odioso della guerra, una sorta di organica rappresentazione degli effetti collaterali, veri o

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presunti. Una barbarie registrata e catalogata nei dossier del Pentagono, ma volutamente non divulgata. E si fa poca fatica a capire il perché. Dall’inizio del conflitto, in Iraq nel 2003 e sino al 2009 sono morte almeno 109.000 persone, di cui oltre 66.000 civili, 15.000 membri delle forze di sicurezza irachene, 3.771 soldati americani e 23.984 soggetti classificati genericamente come nemici. Centinaia di civili risultano essere stati uccisi ai checkpoint dell’esercito occupante, le fosse comuni scoperte e non rese note si sprecano, mentre viene rivelata l’esistenza di cosiddetti uomini mina, prigionieri costretti a fungere da apripista ai plotoni americani. La prassi della tortura, esercitata dalle autorità irachene, era del tutto conosciuta al comando statunitense che, tuttavia, non solo non ha eccepito nulla, ma – viceversa – ha continuato a trasferire migliaia di prigionieri nelle mani degli aguzzini. La presenza dei contractors, veri e propri eserciti paralleli della sicurezza privata al seguito delle grandi multinazionali americane, viene descritta come del tutto priva di limitazioni o modalità prefissate, al punto di configurare uno scenario bellico senza disciplina e senza elementari regole di ingaggio: un autentico Far West. Attentati, esecuzioni sommarie, errori di valutazione ed utilizzo disinvolto degli elicotteri da guerra sono le scontate appendici di quello che senza mezzi termini è stato definito un bagno di sangue. In Afghanistan pare non essere andata diversamente: il periodo considerato va dal 2004 al 2009, per un totale di 92.000 rapporti del Pentagono che Wikileaks ha

reso pubblici. Ed allora: centinaia di civili morti durante scontri armati mai emersi, raid aerei su presunti covi di Talebani, sparatorie contro automobilisti spacciati per terroristi, la presenza di una unità segreta incaricata di passare per le armi qualsiasi ribelle, il silenzio sulla reale capacità bellica dei Talebani e, in particolare, sulla provata acquisizione di missili terra-aria, per concludere con le decine di segnalazioni con tanto di nomi e cognomi, sulla connivenza tra funzionari dell’intelligence pakistana e Talebani stessi, un clamoroso doppio gioco. La Casa Bianca ha denunciato questa straordinaria fuga di notizie come “irresponsabile”, in quanto capace di mettere in pericolo non solo la sicurezza nazionale, ma anche dei militari e di quanti operano nelle zone dei conflitti. Il Commissario ONU per i diritti umani, Navi Pillay, ha dichiarato che gli abusi di cui è stata data prova costituiscono “base legale per aprire indagini sulla gestione delle guerre”.

Navi Pillay


IMPEGNI CONTRO Il fondatore di Wikileake, Julian Assange, si è limitato a constatare che “è compito di un buon giornalismi parlare degli abusi di potere che, quando sono messi in luce, provocano una reazione contraria”. Già. Dilma Roussef – Dilma Roussef, classe 1947, ex guerrigliera, economista, ex ministro dell’energia, figlia dell’immigrazione (suo padre era bulgaro) è il nuovo Presidente della repubblica del Brasile. Prima donna nella storia del Paese ad arrivare a questa carica, ha ottenuto il 56 percento dei consensi nel ballottaggio che la vedeva opposta al socialdemocratico Josè Serra e succede a Luiz Inácio Lula da Silva, che lascia dopo due mandati. In un momento di straordinaria espansione economica, che sta portando il Brasile ad essere l’ottava potenza mondiale, arriva pertanto un segnale di continuità rispetto alle politiche socio-economiche in atto, con particolare riferimento alla lotta contro la povertà che ancora rappresenta il nervo scoperto della nazione. Significative, in tal senso, le parole pronunciate dalla Roussef il giorno dopo la vittoria: “Valorizzerò la democrazia in ogni sua forma, dal diritto di opinione e di espressione ai diritti fondamentali all’alimentazione, al lavoro, al reddito, a una casa degna e alla pace sociale. Mi batterò per la totale libertà di stampa, di religione e per l’osservazione continua e totale dei diritti umani così ben consacrati dalla nostra Costituzione(…)Non avremo pace né riposo sino a quando ci saranno brasiliani affamati, famiglie che vivono in strada e bambini poveri abbandonati al proprio destino (…) In campagna elettorale ho promesso che i più bisognosi, i bambini, i giovani, i diversamente abili, i disoccupati, le persone anziane avrebbero avuto la mia attenzione: confermo l’impegno”. Aung San Suu Kyi – Ma se le elezioni in Brasile possono considerarsi un esercizio vero di democrazia, caratterizzato dalla imposizione di una reale “par condicio” tra i candidati, lo stesso evidentemente non può dirsi per quelle farsa tenutesi a Novembre in Birmania dopo 50 anni di feroce dittatura militare. Con il 25 percento dei seggi già garantiti dalla Costituzione ai militari e il partito di regime USDP già dato vittorioso grazie

a intimidazioni, condizionamenti e scarsa affluenza, in un Paese ove i diritti umani e civili sono negati e la libertà di stampa ed espressione è una chimera, dove i pochi partiti che hanno accettato la competizione non hanno avuto di fatto alcuna visibilità, dove i lavoratori statali sono stati costretti a votare in scrutinio anticipato e controllato, ove non è stata consentita alcuna presenza di osservatori esterni o anche solo di semplici giornalisti, ove il Premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi, vincitrice con l’80 percento dei voti nelle elezioni del 1990 annullate dalla giunta militare, è stata costretta a 15 anni di arresti domiciliari negli ultimi venti e comunque esclusa e il suo partito sciolto di forza, risulta davvero impossibile parlare di seppur minima svolta democratica. Si tratta, più semplicemente, di uno strumento del regime per garantirsi uno straccio di legittimazione internazionale che riduca l’attuale isolamento internazionale. Una legittimazione che neppure la liberazione della stessa Aung San Suu Kyi potrà assicurare, se non verrà riaffermato il valore universale del rispetto dei diritti umani e civili.

San Suu Kyi

Liu Xiaobo - Tra le 237 più o meno autorevoli candidature a Premio Nobel per la Pace 2010 alla fine ha prevalso lo storico dissidente cinese Liu Xiaobo. La storia della sua vita in breve ha fatto il giro del mondo, dando nuovo vigore all’esigenza di libertà e democrazia in Cina. 54 anni, già ricercatore di letteratura comparata all’Università di Pechino, ebbe il “torto” di affiancare gli studenti nella richiesta di riforme politiche e di libertà di espressione nel 1989, al tempo dei tragici fatti di Piazza Tien An Men. La risposta del regime alla sua lotta nonviolenta e alla sua incessante richiesta di dialogo non si fece attendere: licenzia-

mento e tre anni di lavori forzati, a cui ne seguirono altri tre nel 1997 a causa dei suoi scritti e gli undici che sta scontando attualmente per aver sottoscritto insieme ad altre 303 persone un documento, “Carta 08”, nel quale veniva richiesta una serie di riforme da attuarsi per migliorare il rispetto dei diritti umani in Cina, dal funzionamento della giustizia alla libertà di associazione, dalla democratizzazione del potere legislativo all’introduzione del pluripartitismo, dalla protezione dell’ambiente all’equilibrio tra ambiente urbano e rurale. Rispetto allo scorso anno, quando ad Obama fu assegnato un discusso premio alle intenzioni, questa volta con Liu Xiaobo si è inteso fare riferimento ai fatti e a chi sta conducendo in prima persona la battaglia per l’inviolabilità dei diritti umani, pagandone il prezzo con la privazione della libertà. In questa sede ci piace rimarcare il senso della sua lotta riportando la parte finale del discorso che pronunciò il 23 dicembre 2009, in occasione dell’ultimo processo intentatogli dal regime per “incitamento alla sovversione dello Stato”: “Aspetto con ansia il momento in cui il mio Paese sarà terra libera di espressione, dove i discorsi di tutti i cittadini siano trattati allo stesso modo; dove valori, idee, opinioni politiche competano l’una con l’altra e coesistano pacificamente; dove le opinioni della maggioranza e della minoranza abbiano le stesse garanzie, in particolare siano pienamente rispettate e difese le idee politiche diverse da quelle di chi detiene il potere; dove tutti i cittadini possano esprimere le loro idee politiche senza paura e non siano mai perseguitati per le loro voci di dissenso. Spero di essere l’ultima vittima dell’inquisizione letteraria cinese e che dopo di me nessun altro sarà più incarcerato per aver detto quello che ha detto”.

Liu Xiaobo con la moglie

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di Massimo Becchi

CENTRALI A BIOMASSA

SOLO UN CONFRONTO SERIO E SU OGNI IMPIANTO PUÒ EVITARE DI AFFOSSARE QUESTA FONTE RINNOVABILE

“La produzione di energia rinnovabile è uno dei pilastri della politica energetica di chi vuole evitare il ritorno del nucleare e la biomasse sono una di queste fonti, rendendo nullo il bilancio complessivo dell’anidride carbonica...”

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gni impianto a biomassa va valutato singolarmente in quanto per caratteristiche, potenza, disponibilità di biomassa e processo di combustione si differenziano sensibilmente l’uno dall’altro. Bruciando, infatti, scarti legnosi, derivati da isole ecologiche, boschi, attività produttive o agricole, è infatti possibile avere acqua calda e in misura minore energia elettrica, che oggi usufruisce di particolari agevolazioni legate ai certificati verdi. Quello che una volta veniva fatto a livello domestico è stato esteso a piccole comunità, ottimizzando il processo di combustione e la distribuzione dell’acqua calda, che avviene con reti di teleriscaldamento. La produzione di energia rinnovabile è uno dei pilastri della politica energetica di chi vuole evitare il ritorno del nucleare e la biomasse sono una di queste fonti, rendendo nullo il bilancio complessivo dell’anidride carbonica. Occorre, comunque, che la biomassa sia reperita in loco o a pochi chilometri di distanza, in modo da non andare a prendere, come accade

spesso, olii di varia origine vegetale in altre parti del mondo per poi bruciarlo nelle nostre centrali. Inoltre la combustione della biomassa produce soprattutto acqua calda, che può essere sfruttata per piccoli impianti di teleriscaldamento, ottimizzando il rendimento energetico dell’impianto. La validità di un impianto, dal punto di vista ambientale è quindi influenzata dalle caratteristiche del territorio. Non a caso questi impianti nascono per piccolissime comunità montane situate nei pressi di importanti segherie, quindi rifornite dagli scarti di lavorazione del legno. In questa logica va anche valutata la centrale proposta a Fora di Cavola e quelle di Castelnovo ne’ Monti e Cadelbosco Sopra presso la Sabar di Novellara, con un confronto tranquillo con le istituzioni, i progettisti e i cittadini: solo così si potrà decidere se un impianto ha un senso ambientale. Vanno inoltre, per coerenza ambientale, valutate le emissioni inquinanti nel distretto, verificando l’aumento rispetto a quelle già autorizzate in loco

e quanto queste già oggi incidono sulla salute dei cittadini, ragionando sugli interventi di mitigazione o, in extremis, di chiusura di questi impianti. La convenienza economica della tariffa omnicomprensiva derivata dai certificati verdi fa sì, che come accaduto per il fotovoltaico con il conto energia, ci sia un forte interesse verso questa tipologia di investimenti. Mentre per il fotovoltaico i problemi sono certamente quasi solo legati all’uso di terreno coltivato, per le biomasse occorre avere un’attenzione maggiore: laddove un uso della biomassa locale viene valorizzato per produrre energia elettrica e termica vanno favoriti. Vista la complessità della materia è inoltre necessario avere quanto prima delle linee guida, onde evitare fenomeni puramente speculativi che mettono in cattiva luce un processo virtuoso di produzione di energia da fonti rinnovabili e che nasceva dalla necessità di disfarsi di residui legnosi.

Per una virtuosa coincidenza, sullo stesso tema, ma con una visione più complessiva, Giacomo Notari aveva scritto il seguente testo, che riteniamo utile ripubblicare di seguito anche se era già apparso su “Carlino Reggio” e “Gazzetta”. 36 dicembre 2010

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di Riccardo Bertani

LIRICHE DEDICATE ALLA NATURA

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iktor Alekseievic Sévin (18881943), Vittor Niobinsa in lingua koma, è considerato uno dei più noti poeti e drammaturghi del popolo korni. Le sue prime liriche risalgono all’immediato periodo pre-rivoluzionario (1917-1918), poi negli anni che seguirono Sàvin accettò appieno il nuovo indirizzo della letteratura sovietica. Con il passare del tempo la sua tematica poetica si accentuò sempre più su un lirismo ironico-umoristico, il cui schietto contenuto andava a scontrarsi nettamente con il cieco dispotismo che regnava nella cultura sovietica durante l’ultimo periodo staliniano; ciò fu la causa dell’arresto di Sàvin, il quale, nel 1943, trovò la morte in un gulag siberiano. Le sue opere furono edite dal 1918 al 1939, dopo tale data non si hanno più notizie della sua attività, forse questa data, il 1939, segna il periodo in cui fu arrestato. Per ricordare il profondo amore di Sàvin nei confronti della sua fredda nordica terra, ecco alcuni suoi versi giovanili:

DEL POETA KOMO VIKTOR ALEKSEIEVIC SÁVIN

I KOMI sono un popolo di origine ugro-finnica distinti in due gruppi seppur di lingua e costumi molto affini: i KOMI SIRIANI (circa 330.000) vivono in piccoli gruppi sui fiumi Pečora e Ob e i KOMI PERMIAKI (circa 154.000) i quali abitano sul bacino della Kama superiore e dei suoi affluenti. Amo della mia terra, la ridente / primavera,la tiepida estate, / il piovoso autunno ed il freddo inverno. / Tutto qui mi è caro: le foreste, i fiumi, / i campi arati, il maturare della segala ... / Amo trebbiare i covoni sull’aia, / mentre la pula si disperde nel vento ... (da La mia amata e bella terra, 1923) *** M’immergo trasognato, / tra i variopinti, bellissimi fiori, / che sgorgano nei verdi prati. / E la mia anima canta giuliva, / iridescente, come questi fiori, / che

raccolgo per la mia bella. (Cammino per i verdi prati, 1918) *** Oche, oche! Non partite! / Lasciandomi qui solo, / in questa melanconica / terra nordica. Ma le oche, / sorde alle mie parole, / si lanciano sbraitando, / lassù in alto, per poi svanire / come punti lontani nel cielo, / lasciandomi qui, / tristemente a gelare. (da Oche, 1919) (Traduzione di Riccardo Bertani)

APPENNINO REGGIANO

CENTRALE A BIOMASSE E SVILUPPO DELL’APPENNINO

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n queste ultime settimane mi sono sforzato di capire perché non si potrebbe costruire una centrale che funzioni a legna, o a “biomasse”, come amano dire i più colti. Ora, se è vero che il fumo che fuoriesce dalla combustione è pari a quello di non molti camini a legna, che in montagna funzionano da secoli, non vedo il pericolo per l’uomo. Nel mio paesino di Marmoreto nell’alta valle del Secchia, dove vivo da oltre 80 anni, abitavano un tempo oltre quaranta famiglie con altrettanti camini a legna, una ventina di forni per il pane, i “foconi” per il bucato, più dodici essiccatoi per castagne. Con tutto ciò non ho mai sentito nessuno, nemmeno i vari medici che si sono succeduti nelle condotte, dire che tale situazione nuocesse alla salute. A casa mia, con una grande stufa fatta a Modena dalla ditta Angelo Po, ho scaldato la casa a legna per dodici anni.

Alcuni paventano una minaccia alla sopravvivenza dei boschi. Al riguardo segnalo che attualmente c’è materia legnosa utile per due centrali, senza disturbare le faggete ad alto fusto. Consideriamo ora il corso dei torrenti. Con l’alluvione del settembre 1972 vennero trascinati milioni di alberi che, spinti dalla piena fecero crollare il grande ponte sul Secchia alla Giaròla e a Ospitaletto e ridussero malamente i ponti della Biola e di Gatta. Questi torrenti (Rio Riccò, Rondino, Biola, Bisciara, Cavorsella, Riarbero, Canalaccio, Gorgòne, Talàda, Secchiello, Lucola, Ozola, ecc.) dopo 38 anni dalla alluvione sono tornati vere foreste fluviali, attendono da anni di essere puliti per dare modo alle acque di scendere a valle senza arrecare danni. Poi aggiungiamo i quasi 5.000 ettari di castagneti, in gran parte ridotti a scheletri che abbisognano di tagli urgenti per evitare di-

struzioni peggiori e anche per evitare di fare le feste della castagna con prodotti importati dalla Spagna (!). Certo che per quantificare le biomasse disponibili nel tempo sarebbe molto utile avere un inventario forestale aggiornato, così come esiste in Alto Adige e in quasi tutti i paesi europei. Adesso molti fanno a gara per ottenere la propria parte di meriti per avere impedito di costruire l’impianto di Fora così come a suo tempo fu impedita la diga di Vetto. Bella vittoria!… Diciamolo ai giovani che cercano lavoro. Diciamo loro anche che con queste scelte non avranno speranze, perché ormai non è più possibile neanche prendere la valigia e scappare come in passato. Sul pianeta Terra c’è un miliardo di uomini in movimento per cercare una possibilità di sopravvivenza. Giacomo Notari

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avvenimenti ANPI-BAGNOLO IN PIANO Venerdì 1 ottobre, presso i locali della CTL, si è tenuto un incontro promosso dall’ANPI Sezione di Bagnolo in Piano, che vede come coordinatore locale Giovanni Rossini. L’incontro in onore del partigiano Giuseppe Ferrari, ha visto la partecipazione di un nutrito pubblico per onorare il nostro concittadino al quale è stata consegnata una pergamena che attesta l’attività svolta nelle fila dei partigiani. La consegna dell’attestato, fatta da Giacomo Notari, presidente provinciale ANPI, ha visto la presenza di Antonio Zambonelli, storico dell’Associazione provinciale. Con questo gesto si è voluta valorizzare e mantenere viva la memoria di chi, come Ferrari, si è speso per combattere contro il nazifascismo, per i valori della democrazia, per il bene di tutti noi. Il valore e il coraggio di un uomo che ha messo a repentaglio la sua vita. Alle congratulazioni dei presenti, si aggiungono quelle del sindaco Paola Casali, del presidente della CTL Werther Borelli e di tutta la comunità. Katia Pizzetti

GIUSEPPE FERRARI

UN PARTIGIANO Giuseppe Ferrari nasce il 23 maggio 1919 a Bebbio di Carpineti, in provincia di Reggio Emilia. Nel marzo 1940 viene arruolato nel sesto Reggimento alpini, Brigata Verona, terza Divisione Tridentina, e combatte sul fronte francese. Il 23 giugno dello stesso anno rimane seriamente ferito in combattimento, al braccio e alla gamba sinistri. Per queste ferite fa un lungo periodo di ospedale e poi di convalescenza. Dopo un anno e sette giorni, l’1 luglio 1941, rientra nei ranghi ma, per i postumi delle ferite, viene assegnato ad altri servizi, prima nel Distaccamento Sanguinetto, a Caprino Veronese, poi a Roma. Viene congedato definitivamente il 25 marzo 1942. Già in contatto con ambienti antifascisti nella provincia di Reggio, entra nella Resistenza armata in provincia di Modena, con la Brigata “Bigi”, il 27 maggio 1944. Con il nome di battaglia Achille, resta in forza a questa formazione partigiana, attiva sull’Appennino modenese e reggiano, fino al 30 aprile 1945. Dal 15 giugno all’8 settembre 1944, con il grado di tenente, comanda una compagnia di oltre cento uomini ai suoi ordini. In luglio, durante una grande battaglia contro ingenti forze naziste e fasciste nei dintorni del castello di Toano, viene colpito alla gamba sinistra da un proiettile di rimbalzo. Con l’aiuto di un compagno, riesce a raggiungere la località Cà dei Lupi e a nascondersi in un cascinale abitato da una coppia. Qui riceve le prime cure, grazie all’intervento di un infermiere che gli estrae la pallottola servendosi di un coltello passato sul fuoco e così sterilizzato. Dopo una decina di giorni, si sposta in casa di parenti a Bebbio. Poiché cammina a fatica, il comando partigiano gli assegna un cavallo per agevolare i suoi spostamenti e consentirgli di riprendere l’attività. Il 15 agosto, in località Monte Modino di Frassinoro, provincia di 38 dicembre 2010

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Modena, durante la notte viene sorpreso insieme ad altri partigiani da forze nazifasciste. Mentre molti compagni vengono catturati (e saranno poi fucilati), riesce a rompere l’accerchiamento allontanandosi a cavallo. Ma il cavallo viene colpito durante la fuga, stramazza a terra e lui rotola in mezzo ai cespugli, ove rimane immobile e nascosto dalle 5 del mattino fino alle 6 di sera. I soldati gli passano a pochi metri, non lo vedono, o forse lo danno per morto. Se la cava anche questa volta. Il comando partigiano gli assegna un altro cavallo e lui continua a combattere. Dal 9 settembre al 13 novembre è sottotenente e guida 35 uomini; dal 14 novembre fino alla Liberazione, promosso capitano, comanda un battaglione di oltre duecento unità. Il 25 aprile 1945 lo trascorre a Sassuolo, ove il suo battaglione si occupa in quei giorni dello smistamento dei prigionieri. Giuseppe Ferrari è stato insignito di due croci di guerra e di un distintivo d’onore. Attualmente, vive a Bagnolo in Piano. Stefano Morselli


memoria

Giuseppe Carretti

"Dario" oi! n n o c e r p m sei se

“Un’esistenza spesa bene, con coraggio e con indomita forza di volontà, Carretti è stato un uomo che ha fatto dei valori civili e sociali, la sua ragione di vita, merce rara al giorno d’oggi...” Sono passati cinque anni dalla scomparsa di Giuseppe Carretti, per 25 anni straordinario protagonista, in qualità di presidente, dell’ANPI di Reggio. Partigiano con il nome di battaglia Dario, vice comandante di battaglione della 145a Bgt. Garibaldi “Franco Casoli”, Carretti avversò il fascismo fin dalla fanciullezza, ritenendolo sempre il vero responsabile delle condizioni di spaventosa miseria in cui viveva, oltre alla sua famiglia, anche tutto il popolo italiano e dello stato di grandi privazioni in cui era cresciuto fino ai vent’anni. Per questo, con animo puro ed in piena consapevolezza, insieme ad altri giovani, il 15 aprile 1944 salì in montagna aderendo alla lotta armata di Liberazione: “mi sarei sentito un vigliacco se non fossi diventato un partigiano”, ebbe a

dire in una bella intervista autobiografica nell’estate del 2004. Membro del comitato federale del PCI di Reggio Emilia, Carretti divenne sindaco di Cadelbosco Sopra nell’autunno del 1960, ruolo che ricoprì, succedendo al fratello Ermes, fino al 1976. Uomo di grande equilibrio e di spiccata intelligenza, fermamente convinto in quegli ideali di giustizia, di pace e di libertà che animarono la Resistenza, Carretti fin dal periodo della clandestinità ebbe ben presenti quelli che dovevano diventare i perenni processi di sviluppo, di emancipazione e di progresso del nostro popolo martoriato dal fascismo, valori che non mancò mai di praticare durante tutta la sua vita ed in special modo durante il suo mandato da Sindaco. “Ho sempre creduto

nello spirito patriottico e nella volontà di lotta del nostro popolo, così come non mi ha mai sfiorato il timore che il contributo di sacrificio, di sangue e di pensiero della Resistenza potesse diventare vano, perché il miracolo della Resistenza è il fatto più grande che sia stato realizzato nella storia moderna d’Italia?. Un’ esistenza spesa bene, con coraggio e con indomita forza di volontà, Carretti è stato un uomo che ha fatto dei valori civili e sociali, la sua ragione di vita, merce rara al giorno d’oggi. Ciao Dario sei sempre con noi! Alessandro Fontanesi Da sinistra Ugo Benassi, Arrigo Boldrini e Giuseppe Carretti. Sullo sfondo si intravede Osvaldo Salvarani

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memoria

Il corteo in via Emilia Santo Stefano; al centro la donna col soprabito chiaro

Il passaporto rilasciato nel 1950, nella foto Velia e Pietro Lanzoni 40 dicembre 2010

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Le donne in via Valoria stanno per entrare in via Emilia, Velia alle spalledi Walter Marghignani


memoria

Il corteo accede alla ia Emilia da via Valoria

Esistono alcune fotografie d’archivio, apparse più volte nelle pagine interne dei Notiziari ANPI e di “RS-Ricerche Storiche”, quando non ne hanno riempito la copertina, nelle quali viene sempre ritratta, in prima fila, una donna con un soprabito chiaro. Sono le foto relative alla manifestazione, svolta nel giorno della Liberazione, dove le donne reggiane che avevano partecipato alla Resistenza sfilano cantando in via Valoria (oggi via Paolo Davoli), via Emilia Santo Stefano, piazza della Vittoria. Nonostante in queste celebri fotografie la donna col soprabito chiaro campeggi alla testa del corteo in pochi sanno chi essa fosse. La donna è Velia Ulassati che svolse attività di staffetta partigiana e di responsabile delle donne della zona di Porta Santo Stefano durante la Resistenza; la sua posizione emergente rispetto al corteo ne rivela il ruolo. Da notare che anche la caposquadra che segue (con la testa nascosta da una bandiera) porta un simile indumento. Di lei il libro del 1977 di Avvenire Paterlini, Partigiane e patriote della provincia di Reggio Emilia, a pagina 514 recita: “Ulassati Velia di Amilcare, nata il 13-21924 a Reggio Emilia, residente via Puccini 37, RE Nome di battaglia: Anita Periodo di riconoscimento: dal 15-101944 al 25-4-1945 Qualifica: Patriota, Appartenenza: 76a Brigata SAP (Angelo Zanti), Sarta”. In prima fila nelle foto è riconoscibile Paulette Davoli, figlia del martire Paolo Davoli, che regge una bandierina americana ed è attorniata da donne di Villa Cavazzoli Nord da cui proveniva il padre (località Castello). In una sua testimo-

nianza pubblicata in “Ricerche Storiche” n. 77/1995, pag. 164, recentemente confermata, essa descrive la sua giornata del 25 aprile ed elenca i nomi delle donne che le stanno vicino tra le quaIn una stazione non precisata Velia Ulassati ed il piccolo Pietro, assieme ad li Velia Uzzolini un’altra famiglia, camminano sulle traversine delle rotaie per raggiungere il (presumibilmente vagone che li porterà a Brno Ulassati). La sfilata venne Accompagnati in treno fino al Tarvisio protetta dai partigiani armati (quello in primo piano con dal nonno Pietro Zama Lanzoni raggiunla pistola nella mano destra è Walter Mar- sero, attraverso l’Austria, la città di Brno ghignani) in quanto sui tetti delle case at- in Moravia. torno a Porta Santo Stefano erano ancora Velia lavorò negli anni trascorsi in Cecoattivi dei cecchini. Per questo motivo il slovacchia in una fabbrica di contenitori corteo venne deviato e fatto entrare in cit- per altoparlanti. Con la famiglia visse sia tà da via Valoria (oggi via Paolo Davoli) a Brno sia a Praga. Fausto rientrò in Italia nell’estate del passando dalla famigerata villa Cucchi. Il corteo si concluse poi in piazza della 1952 mentre Velia e Pietro tornarono per Vittoria sotto il terrazzo della sala Verdi, Natale dello stesso anno. In seguito si deda dove parlarono i membri del CLN. In dicò completamente alla attività di casauna foto ivi scattata, ma qui non pubblica- linga per la sua famiglia ed abitò in piazza Gioberti, quindi in via Puccini ed infine ta, Anita è ancora in primo piano. Nata a Rivaltella di Reggio Emilia abitò in via Squadroni. in seguito nella zona dell’olificio (l’attua- Nel 1959 le nacque il secondo figlio Enle via Fogliani) quindi nelle case popolari rico. di via Bainsizza. Di famiglia antifascista, Vedova dal 1972 Anita è deceduta un il padre Amilcare era comunista dal 1921, anno fa a Reggio Emilia il 20/12/2009. A cura di Bruno Grulli staffetta partigiana non combattente, nel 1951 Velia Ulassati si trasferì in Cecoslovacchia per raggiungere il marito Fausto Lanzoni là espatriato in quanto coinvolto nelle vicende del dopoguerra ed accusato *Le fotografie e le informazioni private di detenzione di armi. Al seguito di lei an- sono state fornite da Paolo e Pietro Lanzoni. che il figlio Pietro nato nel 1947. dicembre 2010 41 notiziario anpi


memoria Buvolo 6 ottobre 1944 - Rastrellamento nazista

I partigiani costretti ad attraversare il fiume Enza in piena

Volpe: “Quando sono a metà del fiume si cominciano a sentire le pallottole che fischiano nell’acqua, quando sono riuscito ad arrivare dall’altra parte non sono riuscito ad uscire dall’acqua perché la coperta era imbevuta, ed erano poi due giorni che non dormivamo. Mi hanno aiutato a togliermela di dosso e son salito...”

Domenica 10 ottobre sono stati ricordati Eros Capellini Raul, Angiolino Canepari Gianni, Bruno Cavandoli Moietta e Franco Panciroli Linz, quattro partigiani morti il 6 ottobre 1944 durante la traversata del fiume Enza a Buvolo di Vetto, travolti dal fiume in piena sotto il fuoco nazista. Tra i relatori Sara Garofani, sindaco di Vetto, Mirca Carletti, sindaco di San Polo d’Enza, Annita Malavasi, la partigiana Laila, i rappresentanti del comune di Montecchio e della Provincia. Francesco Bertacchini Volpe, particolarmente commosso, ha ricordato quei drammatici momenti. Qui di seguito abbiamo la testimonianza di Volpe che abbiamo raccolta nella sede dell’ANPI di Reggio.

Il cippo

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“Ai primi d’ottobre sembrava ci fosse un rastrellamento come il solito, allora il 2 o il 3 di ottobre è venuto il comandante...”. Così comincia a raccontare Francesco Bertacchini Volpe, il drammatico attraversamento dell’Enza degli inizi dell’autunno 1944. “Il 6 di ottobre, che quella giornata lì, mi sono anche sposato per ricordare la faccenda. È venuto il comandante a fare un giro ai distaccamenti, e ha detto “Ragazzi sembrava che fosse la solita puntata invece sembra sia un rastrellamento in (grande) stile”. Pigliava Ciano, Casina, Castelnuovo Monti e Vetto e allora abbiamo detto “c’è dello spazio”, ma tutti i giorni lo spazio lo chiudevano, i tedeschi, chiudevano tutte le zone. Il 4, avevamo già i


memoria tedeschi a Pietranera andando su a Vetriano. Ci vengono a dire che ormai ce li abbiamo alle costole e c’è da spostarsi e, infatti, la sera del 5 siamo lì a Legoreccio, accampati, momento di nebbia… i tedeschi... ce n’era un’invasione. Ci hanno dato l’ordine, a noi del Distaccamento “Antifascista” di proteggere tutta la ritirata dei ritardatari. Infatti, siamo arrivati alla mattina verso le 3 e il comandante ha detto: “Fate un giro intorno al paesino e non sparate se trovate qualcheduno, perché altrimenti incendiano il paese. Io vado giù da un viottolo ma appena... dieci metri un tedesco viene fuori con l’amaca, con la corda, e allora via, scappa, ce lo siamo trovati lì con l’amaca legata, non aveva la possibilità di sparare... aveva legato una mucca e stava uscendo dal viottolo, c’era molta nebbia, e allora sono andato a dare l’allarme a tutti quanti: “Sono qua! Sono qua! Bisogna tagliare...”. Siamo scappati e siamo arrivati alla chiesa di Corvara e fino lì non è successo niente. Abbiamo deciso di mandare una pattuglia fin su la statale, sulla provinciale, siamo arrivati fino alla casa cantoniera, non c’era nessuno e siamo andati giù nell’Enza e lì in un mare d’acqua, non c’era niente da nascondersi. Erano cinque/sei giorni che pioveva. Siamo arrivati giù il 5. Allora Mirco [Camillo Marmiroli], con un suo partigiano che abitava nella zona sono andati a procurarsi... a cercare una corda, una fune da poter legare perché non si riusciva a passare l’Enza [la corrente era molto forte, NdR]. L’abbiamo trovata e l’abbiamo legata a quei gabbioni di sassi che mettono alle rive del fiume, reti riempite di sassi grossi. Legata la fune al cavallo, un omone ha incominciato ad attraversare. C’era la nebbia ed eravamo tranquilli, perché nessuno ci poteva vedere. Mentre lui comincia ad entrare nel fiume, incomincia ad andare via la nebbia. Erano le 3 del pomeriggio va via la nebbia e si vede tutta la strada che da Compiano va fino a Vetto. Arrivato dall’altra parte ci dice di passare. Io sono stato uno dei primi a incominciare a passare, ho preso la corda e nell’altra mano avevo io mitra, poi avevo una coperta militare a tracolla. Quando sono a metà del fiume si cominciano a sentire le pallottole che fischiano nell’acqua, quando sono riuscito ad arrivare dall’altra parte non sono riuscito ad uscire dall’acqua perché la coperta era imbevuta, ed erano poi due giorni che non dormivamo. Mi hanno aiutato a togliermela di dosso e son salito. Avevamo una pattuglia di partigiani parmigiani

Un momento del corteo

Annita Malavasi Laila dietro il sindaco di Vetto

L’assessore di Montecchio, Mirca Carletti, sindaco di San Polo d’Enza, il vice sindaco di Canossa, al microfono Paolo Croci della Provincia di Reggio Emilia, Sara Garofani, sindaco di Vetto

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memoria (Foto Luciano Cattini)

Francesco Bertacchini Volpe

Alcuni rappresentanti della delegazione ANPI di Reggio Emilia. Paolo Borciani, Peppino Catellani, Ermanno Lazzaretti, Renato Vancondio, Gino Ghiacci e Bruno Menozzi

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Buvolo 6 ottobre 1944 Rastrellamento nazista dall’altra parte che sparavano anche loro... ma verso di noi! E noi urlavamo di fermarsi, che eravamo noi! Gli abbiamo detto che erano dei gran asini e loro hanno detto che con la nebbia non si poteva capire se fossimo tedeschi o no. Siamo arrivati allora fino alla prima casa da contadino. Il nostro distaccamento era formato da circa una trentina di persone, ci siamo asciugati un po’, ma ancora là la gente continuava a passare il fiume, alla casa del contadino eravamo solo quattro o cinque. Abbiamo pensato solo a noi in quel momento, poi siamo andati alle scuole di Scurano. Tutti noi ci abbiamo messo un paio d’ore ad attraversare (il pomeriggio), i tedeschi hanno attraversato la mattina dopo dal ponte di Neviano. Noi abbiamo asciugato un po’ i nostri vestiti sul fuoco, abbiamo visto che c’erano in giro dei tedeschi e siamo andati via dalla scuola e siamo arrivati fino a Monte Caio, sempre fuori dai paesi, verso un bosco e lì abbiamo cercato di andare più in alto per vedere meglio, ma con la nebbia non si vedeva niente. Eravamo in cinque del nostro distaccamento, dispersi ormai da quegli altri. Siamo scesi e siamo arrivati fino vicino ad una carraia, nel bosco si vedeva che c’era una mulattiera che si passava con dei carri, siamo usciti dal bosco e a 20-25 metri c’erano delle tende accampate in un prato e mentre uscivamo ho visto un tedesco con una gavetta che attraversava da una tenda all’altra. Siamo scappati, siamo andati verso la mulattiera e dentro un altro bosco e i tedeschi hanno dato l’allarme e col mortaio hanno iniziato a sparare ma noi eravamo protetti dal bosco e siamo andati fino al Monte Caio , mentre salivamo nevicava, tirava un’aria che non si passava, abbiamo deciso di fermarci lì e di guardare cosa succedeva, abbiamo aspettato la mattina. Appena si è fatta mattina siamo andati dal Monte Caio fino al Monte Penici (nel piacentino). Dal Monte Penici, siamo tornati dopo una settimana, siamo tornati nella zona di Legoreccio perché noi eravamo accampati lì...”. a cura di Glauco Bertani


memoria

PIO M E S E R E P I S E I L G I POV Una serata per DANTE BIGLIARDI Gian Maria Manghi, sindaco di Poviglio

“Ultimo di nove figli di una famiglia contadina di Poviglio, democratica e antifascista, lavora giovanissimo nei campi e poi, a vent’anni, presta servizio militare a Milano. Durante la guerra è inquadrato nella Divisione alpina Taurinense dislocata in Jugoslavia. L’8 settembre ’43 è a Niksic, in Montenegro...” Non poteva chiamarsi diversamente l’incontro che si è svolto a Poviglio, nella Sala Civica “Rosina Mazzieri”, lo scorso 11 ottobre. Una serata organizzata dall’ANPI e dal Comune di Poviglio con la FILEF di Reggio Emilia dedicata a Dante Bigliardi, una vita spesa per gli altri, scomparso il 29 dicembre 2009 all’età di 87 anni. Ultimo di nove figli di una famiglia contadina di Poviglio, democratica e antifascista, lavora giovanissimo nei campi e poi, a vent’anni, presta servizio militare a Milano. Durante la guerra è inquadrato nella Divisione alpina Taurinense dislocata in Jugoslavia. L’8 settembre ’43 è a Niksic, in Montenegro. La sua Divisione decide di non sciogliersi e di affiancare le truppe partigiane di Tito. Ferito in combattimento dai tedeschi viene curato dai contadini slavi, rientra in Italia dopo la Liberazione. Aderisce subito al Fronte delle Gioventù di Eugenio Curiel creato da alcuni amici povigliesi e ne diventa, ben presto, dirigente provinciale. Nel 1948 è in Sicilia, dove partecipa alle lotte contadine per la riforma agraria. Conosce e diventa amico di Colajanni, Bufalini, Li Causi. Rientra a Reggio nel 1960. Nel ’67 assieme a Carlo Levi e ad altri antifascisti fonda la FILEF (Federazione Italiana Lavoratori Emigrati e Famiglie). Subito dopo, nel

’68, corre nel Belice colpito dal terremoto e coinvolge gli Enti locali reggiani nell’aiuto alle popolazioni colpite. Conosce e collabora con don Riboldi, poi Vescovo di Acerra. Inizia per Dante Bigliardi la nuova avventura nella FILEF, gira l’Europa tra i nostri emigranti e si dedica ad aiutare quanti giungono nel reggiano dal sud Italia. L’arrivo dei primi immigrati negli anni ’90 lo vede impegnato nel dare risposte e soluzioni umane ai bisogni di questi nuovi cittadini. Presidente della Filef di Reggio Emilia, Dante ha ricevuto molti riconoscimenti dalle Istituzioni italiane e dai Consolati esteri presenti in Italia. Nel dicembre 2008 è stato insignito dell’onorificenza di Commendatore della Repubblica dal Presidente Giorgio Napoletano. Nella serata povigliese dell’11 ottobre, presenti la moglie Lina e il figlio Luca, erano in tantissimi a ricordarlo. Sono intervenuto Giammaria Manghi, Sindaco di Poviglio; lo scrittore ricercatore Antonio Canovi che ha presentato il libro Pianure migranti; Sidraco Codeluppi, Presidente ANPI di Poviglio; Laura Salsi della FILEF di Reggio; il senatore Alessandro Carri e Silvia Bartolini, Presidente della Consulta regionale emiliani-romagnoli nel mondo. Luciano Longhi

Alessandro Carri, Laura Salsi, Silvia Bartolini e Sidraco Codeluppi

Il pubblico

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I T N O NI C C A R TIGIA PAR

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Con questo articolo proseguiamo nell’impegno per l’arricchimento della memoria storica, ricordando fatti e persone, ancor viventi, che dal regime fascista (negli anni 1920-1945) hanno subito discriminazioni politiche e persecuzioni, anche da bambini, per la sola colpa di essere cattolici, socialisti o comunisti, antifascisti. Questa è la storia di una famiglia di concittadini che hanno vissuto e tuttora abitano in parte a Campagnola Emilia e in parte a Rio Saliceto. I protagonisti sono Ala Becchi, detta anche “nonna Paina” che compirà 90 anni il prossimo ottobre (complimenti, perché ben portati), ed Ero Righi, il partigiano “Tempesta”, nato il 1 ottobre 1918 e

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deceduto il 24 dicembre 2001. Ala può sembrare un nome strano per una persona, ma ha un suo significato: infatti è il nome del Comune in provincia di Trento, dove il padre Artemio Becchi ha passato gran parte della sua vita militare durante la prima guerra mondiale (1915-18). Ha voluto quindi assegnare il nome “Ala” alla figlia per non dimenticare gli orrori della guerra, non perché fosse un antipatriota, bensì perché era un fervente credente nella pace fra tutti i popoli del mondo. Sosteneva, infatti, che le “guerre sono sempre state tragedie umane di grande sofferenza e dolore; chi pagava sempre di più era la povera gente, mentre lor signori stavano al caldo in grande sicurezza”. Alla scuola elementare Ala non indossa la divisa di “piccola italiana”, ma un vestito normale, perché non è fascista, e pertanto è soggetta a punizioni pre-concette in una scuola dove l’assegnazione del voto di condotta, ritenuto determinante, può compromettere la promozione finale. Lei si distingue dalla compagne per intelligenza, che esprime rispondendo sempre con precisione alle domande delle maestre, è la migliore della classe, ma, non essendo fascista, viene preclusa da onorati impegni della scuola, come ad esempio fare “funzioni di capo classe” oppure partecipare all’onore di “alza bandiera” che avviene ogni sabato mattina. Come altre alunne, frequenta l’asilo parrocchiale, dove studia la dottrina cattolica e spesso riesce a riunire le amiche per una recita o un piccolo spettacolo, per divertirsi insieme. Ad Ala queste rappresentazioni piacciono molto e addirittura a

volte scrive lei le sceneggiature più importanti per integrare lo sceneggiato. Mentre a scuola i maestri tendono ad isolarla, all’asilo Ala si trova più a suo agio, perché è un collettivo normale tra bambine. Ero ed Ala si conoscono e cominciano a frequentarsi quando lei ha solo 16 anni e lui 18. In quei tempi si andava nelle balere e si entrava quando il prezzo del biglietto era in diminuzione, verso la fine del pomeriggio o della serata, mentre d’estate si andava nelle corti agricole, dove si sfogliava il granoturco (al stuin), e si ballava senza pagare, per cui c’era un’alta frequenza dei giovani. Nel 1939, Ero è chiamato a militare, perché di leva, ed è arruolato in aeronautica a Roma. E’ già fidanzato con Ala e quindi tanto soffrono per la lontananza, ma ogni possibilità di congedo sfuma quando Mussolini entra in guerra nel giugno del 1940: da questo momento ogni giorno arrivano notizie di militari morti al fronte e di bombardamenti diurni e notturni nelle città e nelle periferie, dove sono insediate le officine meccaniche di guerra. Alla sofferenza per i disastri della guerra, per Ala si aggiunge la morte della madre, Desolina Annessi, nell’ottobre 1943. Per i figli la perdita dei propri genitori è sempre prematura, figuriamoci per lei che ha solo 23 anni. Ala vive con trepidazione, paura ed illusione gli avvenimenti politico-militari del 1943: il 25 luglio cade il fascismo, il Duce viene messo in galera e si spera nella fine della guerra, ma immediatamente il maresciallo Badoglio annuncia che la “guerra continua al fianco dell’esercito nazista” e quindi non c’è alcuna manifestazione di esultanza ma tutti rimangono in silenzio e disciplinati. Arriva l’8 settembre ed un’altra emozione: i sovrani reali di Savoia passano con gli alleati anglo-americani. Questa volta è proprio la fine della guerra, ma il famoso “tutti a casa” si rivela un calvario. La mattina successiva i tedeschi annunciano che i militari italiani che non si presenteranno all’esercito tedesco come collaboratori saranno considerati traditori e potranno essere fucilati sul posto, mentre i carri armati nazisti aggressori occupano le


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piazze d’Italia e tutti i presidi militari italiani. Grande è la preoccupazione e la paura che Ero sia arrestato e mandato nei campi di prigionia tedeschi, perché è scappato dell’aeronautica di Roma e non ne vuole sapere di collaborare con i nazisti. Inizia quindi a vivere nella clandestinità, consapevole del rischio, e decide di prendere contatto con i primi gruppi antifascisti e partigiani, per rendersi disponibile a tempo pieno per formare l’esercito partigiano e cacciare l’invasore tedesco, liberando l’Italia. Partecipa ai primi atti di sabotaggio, con il nome di battaglia Tempesta, tagliando i pali della luce elettrica e delle linee telefoniche. A volte succede che i fascisti mandino persone anziane a fare la guardia ai pali di notte e che i giovani partigiani parlando con loro (in certi casi anche il figlio con il padre) taglino insieme i pali come sabotaggio all’esercito tedesco invasore. Ala capisce la scelta di Ero, ne condivide pienamente l’importanza e anch’essa decide di collaborare con i partigiani, addirittura ospitando gruppi di giovani combattenti, a volta ammalati o bisognosi di cure mediche. Ala ricorda come non fosse facile trovare un medico od un farmacista disponibili, ma occorrevano le parole d’ordine precise dette alle persone giuste, come “il sole sorge ancora” oppure “il cavallo zoppica”, e nel segreto della notte il dottore sarebbe arrivato. Giorno dopo giorno le notizie sono sempre più gravi, imperversano la fame e miseria, arriva il freddo eccezionale dell’inverno 1943/1944, continuano i bombardamenti, le fucilazioni, le stragi anche contro le popolazioni inermi, quando anche le donne e i bambini sono fucilati. Finalmente nell’aprile 1945 le forze armate alleate decidono di superare la “linea Gotica” e dare battaglia all’occupante tedesco, con in testa l’esercito partigiano, che in molte zone aveva già liberato città e paesi interi, attuando il regime democratico delle Repubbliche partigiane. Si è finalmente liberi e così Ala ed Ero si possono riabbracciare apertamente, come tanti altri partigiani con le loro mogli o fi-

danzate, piangendo per la soddisfazione di avere visto viva la persona cara oppure per il dolore della perdita di un famigliare ucciso otto giorni prima nella strage del 14-15 aprile a Campagnola Emilia e a Rio Saliceto. Sono giorni e notti indimenticabili e indescrivibili, con le piazze sempre piene di gente che festeggia, con le lacrime agli occhi, la libertà riconquistata e la pace, dopo cinque anni di guerra, di paura e di morte; il grido più forte che si sente dalla popolazione dice “Basta con la guerra! Mai e poi mai più guerre fra gli esseri umani!”. Ero ed Ala, come tanti altri, non chiedono posti di privilegio, ma si ritirano nei campi come prima, a San Biagio di Correggio. Ala non chiede nemmeno il suo diritto ad essere riconosciuta come staffetta partigiana o comunque collaboratrice. Ero sta pensando al matrimonio, ma i tempi del dopoguerra sono duri sul piano economico e politico ed avanza sempre più con insistenza il revisionismo, ovvero la volontà di sminuire il prestigio dei partigiani e della loro lotta di liberazione durata 22 mesi. La legge Togliatti, che aveva lo scopo di calmare gli animi, si rivela traumatica, perché viene applicata da prefetti e questori, che sono rimasti in gran parte fascisti. Il proclama degli alleati del “disarmo entro otto giorni” dell’esercito partigiano offende l’onore del Corpo volontario della libertà; inoltre le indagini per scoprire ed arrestare i criminali nazifascisti ed avviare l’epurazione non va avanti, mentre le ricerche e la persecuzione dei partigiani si presenta puntuale, tanto è vero che a Reggio Emilia negli anni 1947-1948 sono incarcerati 170 partigiani e 369 sono denunciati a piede libero. Non mancano le umiliazioni ai partigiani che vanno in cerca di un semplice lavoro: dalla disperazione alcuni pensano di andare ancora in montagna, altri scelgono forzatamente la strada dell’emigrazione pur di non restare disoccupati, altri ancora, sbagliando, imboccano la strada delle “frecce impazzite” (dal momento che epurazione e giustizia non s’è fatta e non s’è voluta fare). Ero è coinvolto nelle indagini per il delitto di don Pessina e, per non essere arrestato,

viene consigliato di espatriare e pertanto il 10 gennaio 1948 va in Iugoslavia, insieme ad altri. Per Ala è di nuovo sofferenza, paura e dolore, sia per l’allontanamento del suo uomo, sia per avere constatato poco tempo dopo di essere incinta del primo figlio Ivan (e a quei tempi diventare ragazza madre era sinonimo di essere “poco seria”, anche per la donna più brava del mondo). Quando Ero viene a sapere del figlio nascente, vuole avvicinarsi a casa a tutti i costi e quindi scappa dalla Iugoslavia, si imbarca in una nave battente bandiera italiana, arriva a Catania il 18 aprile e nello sbarco è arrestato dai Carabinieri. Al processo è condannato per espatrio clandestino e per autolesionismo: uscirà dal carcere il 18 marzo 1950 e finalmente si sposa il 22 aprile 1950. Ala e Ero, forti e temprati dalle sofferenze del passato, finalmente hanno formato la loro famiglia, si distaccano dal ceppo, rendendosi autonomi, e stabiliscono un contratto da salariati agricoli con la Cooperativa Agricola di Rio Saliceto, dove lavorano insieme presso l’azienda “La Dinarella”. Sono gli anni più felici della loro ancor giovane vita: in Ero ritorna la simpatia e la brillantezza di un carattere forte di chi sa farsi amico e vivere con l’amicizia. Entrambi continuano ad essere impegnati nel lavoro, ma diventano anche attivisti del sindacato, del PCI e dell’ANPI, sempre disponibili a dare un contributo per poter assicurare ai loro figli – Ivan, Umberto, Iames, Laura – ed ai loro nove nipoti e quattro pronipoti una società più giusta, più democratica, degna dei sacrifici e delle sofferenze che tanti esseri umani hanno sopportato in una vita intera. Auguri Ala per il tuo prossimo novantesimo compleanno: la vostra vita è per noi un esempio di coraggio, perché la sofferenza ed il dolore non impediscono di formare una bella famiglia, che insieme a noi ti esprime tanto amore e solidarietà. Corrado Bellesia Gaetano Davolio

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memoria Novembre-dicembre 1944

O N A T S E R R A I T S I I FASC A L L E D I T N E G I R I D I NA A I G G E R A Z N E T S I S RE

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memoria La combinazione fra il proclama Alexander di metà novembre 1944, che invita i partigiani a tornarsene a casa – bloccando l’offensiva degli Alleati sul Senio, alle porte di Bologna – e l’avvenuto salto di qualità dell’intelligence fascista, con un diffuso uso di spie, con cui la Resistenza dovrà fare i conti fino alla Liberazione, assesta all’armée des ombres alcuni colpi durissimi. Il 23 novembre a Reggio Emilia i fascisti scoprono un’organizzazione sappista e arrestano 14 persone tra cui il soldato Cesare Ghinolfi, gli agenti ausiliari Duilio Beneventi, Vincenzo Moliterno, Dante Faieti e Giacinto Malaguti, i componenti della famiglia Camellini, Bruno, Iolanda e Ida Bolognesi, insieme a Umbertina, Martino e Livio Paglia, Marino Rota e Artemio Bedogni. Il 28 dello stesso mese vengono arrestati i dirigenti provinciali della Resistenza. Il primo è Angelo Zanti, del Comando piazza, ufficiale di collegamento tra le formazioni reggiane ed il Comando Nord Emilia. Successivamente sono catturati altri

“Il processo avvenne in una sala del Palazzo di Giustizia. Furono giudicati dapprima Roberto Cigarini, Emore Iori e i suoi familiari e Gennaro Bottone, tutti imputati di ‘appartenenza e favoreggiamento di bande armate in danno delle organizzazioni militari e civili della Repubblica Sociale Italiana’. In verità solo Cigarini e Iori erano organizzati in una squadra SAP di Pieve Modolena. Il PM chiese però, ugualmente, la condanna a morte per tutti gli imputati. II Tribunale condannò alla pena di morte mediante fucilazione alla schiena Roberto Cigarini e Emore Iori, a 10 anni di reclusione Oriele Iori; assolse il Bottone per insufficienza di prove e i rimanenti imputati per non aver commesso il fatto. Subito dopo fu la volta di Zanti, Calvi, Prandi, Oliva, Ferrari e Fontana [Alfeo] ... Dopo l’interrogatorio degli imputati, risultò che la posizione di Oliva e di Fontana non erano disperate. Il PM però, basandosi evidentemente sulle risultanze dei verbali del’UPI, chiese la morte per tutti gli imputati. Il Tribunale condannò Zanti, Calvi, Prandi e Ferrari alla pena di morte mediante fucilazione alla schiena; assolse per insufficienza di prove il Fontana e l’Oliva, decidendo però di trattenere quest’ultimo in carcere,

dirigenti dello stesso Comando: il cap. Adriano Oliva, Luigi Ferrari, Paolo Davoli, Carlo Calvi, Gino Prandi. Sono indiziati inoltre tutti i componenti del CLN provinciale, vari dirigenti politici e militari. Il movimento è paralizzato al vertice. Chi è sfuggito alla cattura, fra i quali Gismondo Veroni, deve rifugiarsi in montagna. I membri del Comando piazza sono tutti condannati a morte. Ma solo le condanne capitali comminate ai dirigenti comunisti Angelo Zanti e Paolo Davoli sono eseguite: Zanti è fucilato alla “Zucchi” il 13 gennaio 1945, mentre Davoli il 28 febbraio a Cadelbosco Sotto. (gl. ber.)

dovendo egli rispondere al Tribunale militare ordinario di omessa presentazione alla chiamata degli ufficiali. Nei due dibattimenti processuali dell’8 gennaio, furono così condannati a morte 6 imputati. Con molta probabilità i fascisti avevano convocato il Tribunale all’insaputa dei tedeschi, per mettere i loro alleati di fronte al fatto compiuto. Il col. Eugenio Dollmann, infatti, apprese la grave notizia delle condanne per via indiretta soltanto il mattino del giorno 9. Egli convocò immediatamente, presso il Militaerkommandantur di Parma, dal quale .quello di Reggio dipendeva, le autorità fasciste locali allo scopo di far sospendere le esecuzioni ... I tedeschi seguirono tutti una linea di condotta evidentemente concordata in precedenza ed illustrata nell’introduzione dal ten. col. Muehe: bisognava evitare le fucilazioni per non deludere la fiducia della popolazione nella giustizia e nella umanità delle decisioni e garantire in tal modo la pace e l’ordine della vita economica. Impagabile quell’accenno alla ‘umanità delle decisioni’ ... I fascisti si opposero vivacemente alle tesi dei tedeschi. Quali che fossero i motivi degli opposti atteggiamenti, la sostanza del contrasto

era davvero singolare: i fascisti si battevano per poter fucilare alcuni loro connazionali, mentre i tedeschi cercavano di salvarli, i gerarchi fascisti non potevano prevalere sui loro padroni, ma prima di cedere, sia pure in parte, ricorsero a mille appigli. Dissero che non tutti i condannati erano colpevoli allo stesso modo; che Zanti lo era più degli altri (per di più era comunista, e i comunisti avevano molta importanza nel CLN); che per Calvi, ad esempio, il caso era diverso ecc. Andarono, insomma, alla ricerca della discriminazione, pur di evitare che tutti i condannati fossero strappati alla morte ... Vista l’insistenza dei fascisti, i tedeschi proposero la fucilazione per Zanti e la grazia per gli altri. ... Non rimaneva dunque che interessare subito alla questione il Comando militare regionale ... La complessa e dolorosa vicenda si concluse così, drammaticamente, nel cortile dell’allora Caserma del 3° Artiglieria [attuale sede dell’Università UNIMORE, NdR], con la fucilazione di una delle più belle figure della Resistenza reggiana, avvenuta alle ore 5.30 del 13 gennaio”. (Storia della Resistenza reggiana, pp. 499-503, 1966)

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GIOVANNI BERNUZZI, MORTO IN UN LAGER NEL ’44

Le sue spoglie nella natia Bibbiano dopo 66 anni Il 21 ottobre u.s., in un pomeriggio di sole appena velato da una leggera foschia autunnale, è arrivata a Bibbiano, dalla Germania, la cassetta contenete i resti mortali di Giovanni Bernuzzi, morto a 22 anni, il 22 marzo 1944, in un lager nazista. Era uno degli oltre 8.000 militari reggiani che, dopo l’8 settembre 1943, fatti prigionieri dai nazisti nei vari teatri di guerra, rifiutarono di aderire alla Repubblica sociale scegliendo la condizione di una dura prigionia. Resistenti, quegli oltre 8.000 IMI (Internati militari italiani), al pari di quanti, in Italia, parteciparono alla lotta di liberazione come partigiani combattenti o come sostenitori, in vario modo, della Resistenza contro il nazifascismo. Per questo l’ANPI era ad accogliere il ritorno di Bernuzzi, nel cimitero di Bib-

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biano, con propri rappresentanti ed il Tricolore dell’Associazione. Fortemente voluto, e realizzato a totali sue spese, dal nipote Franco Mantovi (che ha così eseguito il desiderio di una vita della defunta madre Maria, sorella di Giovanni), il rimpatrio si è potuto organizzare grazie all’impegno e alle competenze di Matthias Durchfeld, che da anni opera in Istoreco-Esteri promuovendo meritorie inziative quali i Viaggi della Memoria ed i percorsi Sui Sentieri partigiani. “Devo tutto a Matthias – ha affermato Mantovi commosso e felice ad un tempo – è lui che mi ha aiutato a realizzare il sogno di riportare a casa lo zio Giovanni”. In questo caso, come già in altri, Matthias è riuscito a identificare la sepoltu-

ra di Giovanni Bernuzzi nel cimitero di Amburgo sbrigando poi anche le pratiche per la esumazione della salma ed il trasporto. Matthias ha altresì verificato che nel cimitero di Amburgo sono sepolte le salme di 5.857 italiani ed ha affermato di non capire “perché lo Stato italiano non informi le famiglie”. (a.z.)

-Il parroco di Bibbiano don Ennio Cilloni benedice i resti di Giovanni prima della inumazione nella tomba di famiglia dei Bernuzzi-Mantovi. Seguono, nella foto, Loris Bottazzi, presidente dell’ANPI di Bibbiano, Francesco Mantovi, Nino Fantesini, Matthias Durchfeld e Antonio Zambonelli. (foto Daniela Salati) - Il ritratto di Giovanni Bernuzzi davanti alla cassa in abete chiaro che contiene i suoi resti, sulla tomba di Famiglia (foto Matthias Durchfeld).


memoria

MORTO A 97 ANNI

L’ "EROE NORMALE" GINO LONGAGNANI CHE FU AL CONFINO CON PERTINI E VIVALDO SALSI

Il 19 ottobre u.s. è morto a Racconigi, dove viveva da decenni, il reggiano Gino Longagnani, nato a Reggio Emilia il 14/02/1913, muratore, arrestato nel 1932 per la sua militanza nell’organizzazione clandestina del PCI,

assieme ad altri 12 nostri conterranei, tra cui Vivaldo Salsi, e privato della libertà (carcere e confino) per 12 anni, venendo liberato soltanto nell’agosto ’43, dopo la caduta di Mussolini. Della sua biografia di rigoroso antifascista abbiamo riferito sul n. di aprile 2009 del “Notiziario”, citando anche la definizione di “Eroe normale che ha difeso la libertà e la giustizia contro la dittatura fascista”, con cui l’ANPI di Cuneo motivò il conferimento della tessera ad honorem nel 2008 a Gino. La sua figura è stata molto apprezzata e valorizzata in Piemonte, come dimostra anche uno degli avvisi funebri dedicati alla sua scomparsa diffusi a cura del PD regionale del Piemonte, provinciale di Cuneo e comunale di Racconigi. Nel manifesto compare l’immagine di Gino quando, il 10 ottobre 2008, stava per sbarcare a Ponza, dove tornava, accolto con calorosi festeggiamenti, 65 anni dopo esserne partito libero. (a.z.)

A sei mesi dalla scomparsa RICORDO DI PIERO SIMONINI SCENEGGIATORE A PARIGI Il 26 maggio u.s. è morto nella natìa terra reggiana Piero Simonini, per 40 anni sceneggiatore di successo a Parigi. La morte lo ha colto nella sua villa a Broletto di Albinea, dove tornava ogni estate per le vacanze. Simonini era nato a Reggio il 31 gennaio 1927. Nella sua villa albinetana si era ritirato, da “pensionato”, a inizio anni Novanta. Nel 1981 la città di Reggio aveva reso omaggio al suo illustre figlio con la mostra, aperta presso il Teatro Municipale, Piero Simonini. 25 anni di scenografia. Pubblichiamo di seguito un ricordo dello scomparso, e della moglie (a sua volta deceduta) Luciana Miari, scritto dal sen. Alessandro Carri. Un altro pezzo della storia reggiana se n’è andato. Simonini non era uno qualunque. Era e si sentiva reggiano. Aveva sposato una reggiana, Luciana Miari, (deceduta solo pochi mesi dopo), figlia di uno degli antifascisti più prestigiosi dell’antifascismo costretto all’emigrazione negli anni ’30 in Francia, che ha sempre conservato e conserva forti valori ideali di giustizia, libertà e fratellan-

za. Questo essere donna di pensiero e di azione influenzò, e non poco, Simonini, che aveva per lei una vera e propria adorazione. Simonini raccolse quindi le doti migliori della sua reggianità e seppe esaltarle nella sua attività culturale e teatrale con grandi riconoscimenti internazionali. Naturalmente il punto di partenza era Parigi, e a Parigi si recavano scenografi da tutto il mondo per conoscere questo genio che, con le sue creazioni, sapeva suscitare emozioni nuove e straordinarie dell’attività teatrale. Attori e registi si recavano da lui anche per capire e comprendere meglio come e in che modo effettuare le loro rappresentazioni. Al Teatro Municipale “Romolo Valli” della nostra città fu effettuata una mostra accuratissima delle sue proposte sceniche e teatrali e chi ebbe modo di visitarla certamente si accorse di trovarsi davanti ad opere d’arte di inestimabile valore, che riflettevano come d’incanto lo scopo per il quale erano state create, suscitando sensazioni tali da richiamare la più attenta osservazione e i sentimenti più profondi. Per questo a Parigi Simonini era punto di riferimento di tutto il mondo intellettuale e la sua casa in Place de la Concorde era meta

dei più autorevoli personaggi, compresi i rappresentanti della cultura e del governo francese. Il suo pensiero è stato raccolto bene nelle parole di Giorgio Strehler che lo hanno accompagnato all’ultima dimora: “Io so e non so perché faccio teatro, ma so che devo farlo, che devo e voglio farlo facendo entrare nel teatro tutto me stesso”. Simonini si dedicava altresì all’organizzazione degli immigrati reggiani e con la moglie partecipava attivamente alla Vita della Fratellanza Reggiana di Parigi, organizzando periodicamente iniziative che la coinvolgevano sul piano culturale. Io l’ho conosciuto, insieme alla moglie, in quelle circostanze e ho trascorso con lui momenti indimenticabili nella Parigi degli anni ’70, insieme a tanti altri reggiani immigrati, ricordando spesso, con il presente, anche il passato antifascista dell’esilio di tanti di loro. Con Simonini e la Miari sono scomparsi quindi due personaggi reggiani illustri che ci rappresentavano nel mondo e che facevano dei valori della libertà, della fratellanza e della giustizia sociale uno dei motivi costanti della loro azione culturale e politica. Alessandro Carri

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ANNIBALE BONACINI (TERANGHI) 17/07/1921-09/11/2010

Teranghi era il vice comandante del Distaccamento “Katiuscia” della 37a Brig. GAP ”Vittorio Saltini”. Conobbi Teranghi nella tarda primavera del 1944, quando con la mia famiglia ero sfollato a San Maurizio, Campo Alto. Lo conobbi pochi giorni dopo aver – assieme ad un altro studente diciassettenne, Athos Zanti – smontato ed asportata una grossa mitragliatrice su un avariato aereo da caccia tedesco, occultato e costantemente vigilato tra gli ubertosi vigneti di Villa Curta, piccola frazione ad Est dell’Aeroporto di Reggio Emilia. In quella avventurosa circostanza fu proprio Teranghi – al secolo Annibale Bonacini, classe 1921 – a dare parere favorevole al Comandante Blord

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per un nostro eventuale accoglimento nelle formazioni partigiane, accoglimento in un primo tempo respinto per la nostra giovane età. Era Teranghi un bel giovane di 23 anni, alto, bruno e dall’aspetto possente, dotato di un coraggio ed una temerarietà che, a volte, sembrava sfiorare l’incoscienza. Passai con Lui tutto il periodo della militanza nelle Squadre SAP e quello successivo nel Distaccamento “Katiuscia” nella Brigata GAP. Per la sua conoscenza dei luoghi più sperduti e desolati del nostro settore operativo, era da noi considerato come guida insostituibile dei nostri quotidiani e diuturni spostamenti nel territorio assegnatoci dal Comando di Brigata. Partecipammo assieme a tutte le azioni di fuoco dell’autunnoinverno 1944 e quando – il 1° gennaio ’45 – i due più giovani compagni del Distaccamento subirono la sanguinosa aggressione diurna sulla via Emilia a Villa Masone, Teranghi fu tra i primi, in pieno giorno, a portarsi sul luogo del combattimento per prestare soccorso e difesa ai due compagni gravemente feriti. Partecipò fino ai giorni della Liberazione a tutte le azioni di fuoco che – nonostante l’assenza di ben tre compagni feriti in combattimento – l’incipiente e tanto attesa primavera quasi quotidianamente ci impegnava in azioni di guerra e di guerriglia. Il 23 Aprile 1945 – questo è quello che avrei voluto ricordare agli attuali ed ignari abitanti di San Maurizio presenti al funerale del nostro Compagno – all’arrivo del nostro Distaccamento sulla via Emilia, provenien-

te dalla “Grastella” di San Maurizio, tutta la popolazione assiepata davanti al Ritiro riconobbe e salutò con applausi ed abbracci proprio Teranghi e Blord che, come la maggioranza dei membri del Distaccamento “Katiuscia”, erano ben conosciuti a San Maurizio. In testa ed in contemporanea con la colonna alleata – che proprio in quel momento, proveniente da Modena, era arrivata davanti al Ritiro – il nostro Distaccamento raggiunse e “liberò” San Maurizio e successivamente (da soli perché il ponte sul Rodano era stato fatto saltare dai Tedeschi in fuga e gli Alleati non vollero seguirci sul ponte della Ferrovia dello Stato, ancora agibile) il popolare e popoloso Villaggio Stranieri di Villa Ospizio, in mezzo ad un tripudio di folla applaudente ed osannante. Dopo la Liberazione Teranghi non volle entrare nella Polizia di Stato come la maggioranza dei suoi compagni di Distaccamento. Preferì tornare alla sua primaria occupazione, prima come operaio, poi come artigiano ed imprenditore. La Sua scomparsa lascia in noi un pesante senso di vuoto e di smarrimento che solo il decorso del tempo potrà attenuare. Ciao, forte e fiero compagno Teranghi. Se c’è un mondo od un Olimpo dei giusti e degli onesti, spero, anzi sono certo, che là ti ritroveremo. Giglio Mazzi Alì, in quei travagliati giorni A Paolo e Ivano vanno le condoglianze della Redazione.

NARCISO VALERIANI (CISO) 17/09/1933-14/08/2010

In memoria di Narciso Valeriani (Ciso), deceduto il 17 settembre 2010, Ivan e Nicola Aleotti e Fiorella Ferrarini offrono pro Notiziario.


LUIGIA FONTANI ved Basenghi (SIlLVIA) 6/11/1921-20/10/2010

Nome di battaglia: Silvia; Partigiana combattente: 145a Bgt. Garibaldi (Franco Casoli) Cara Bigia, pensando a te in questi giorni mi affiorano alla mente tanti ricordi. Ripensando a come tu ci hai insegnato ad affrontare la vita non posso che affermare che sei stata una gran mamma: una donna sempre all’avanguardia nelle sue scelte, che ha saputo dare il suo contributo non solo alla lotta per la Resistenza, ma anche all’UDI, alla cooperazione e al partito. Eri coerente con te stessa e questa coerenza hai saputo trasmetterla anche a me ed Ivan fin da piccoli, quando ci incaricavi di andare a vendere alle famiglie degli iscritti “Il Pioniere”, “Noi Donne” e “l’Unità”.Uno dei ricordi più vividi sono le lunghe giornate d’inverno di quando eravamo piccoli e non c’era in casa né la radio né la televisione: tu, intenta a lavorare alla macchina da cucire, ci raccontavi non le favole di Biancaneve e Cappuccetto Rosso, ma i tuoi trascorsi di partigiana e di mondina, ed ogni pomeriggio c’era un nuovo episodio da ascoltare! Poi ci mettevamo a cantare le canzoni partigiane e popolari al ritmo scandito dal pedale della macchina da cucire che, azionando la ruota, emetteva il suo “torloc torloc” che ci dava il tempo. Poi siamo cresciuti e tu e il papà non avete perso tempo per insegnarci a ballare, altra vostra grande passione. Ricordo che ballavamo in una cucina piccola, lunga e stretta, io in coppia col papà e tu con Ivan: ci si doveva alternare, una coppia all’andata ed una al ritorno, perché tutti non ci si stava e il papà fischiettando faceva la musica! Che bei tempi! Nonostante i soldi non fossero tanti, ci

avete mandato a scuola di fisarmonica, con il maestro avevate accordato che al prezzo di uno avrebbe insegnato ad entrambi, ma l’importante era trasmetterci la passione per la musica! In quel periodo poi, insieme ad altri genitori avete avuto l’idea di formare una specie di compagnia teatrale allo scopo di tenerci occupati e farci divertire: il papà, la Carmen e Abbati ci insegnavano a ballare, tu e la signora Norma confezionavate i vestiti, Remo Pellegri e il signor Pananari suonavano. Fu così che di sera in sera, di prova in prova, abbiamo iniziato a fare i “balletti” con le coreografie della Graziella! L’impegno era costante e ci impiegava tre sere alla settimana, ma era al contempo formativo e divertente. Alla fine, quasi per gioco, siamo diventati una “grande compagnia di successo”. Il Teatro Nuovo di Scandiano in ogni occasione si riempiva di gente che applaudiva divertita, regalandoci numerose soddisfazioni e permettendoci anche di mettere in scena una commedia musicale al Teatro municipale. Durante la nostra adolescenza, tu e papà avevate accettato di lavorare come camerieri al Corallo e ai matrimoni. In quelle occasioni, come sempre, ci portavate con voi per aiutarvi e mangiare a festa con tutte le portate! La cosa importante, però, era stare tutti assieme, felici e contenti. Ciao Mamma… Grazie per i valori che ci hai trasmesso, Innocenza Basenghi

SETTIMO BALLABENI (IVAN) 19/10/1921-01/11/2010

pio della seconda guerra, viene mandato in Russia con il 3° Reggimento Savoia di cavalleria, patendo la “grande ritirata”. Riesce a tornare in Italia e l’8 settembre 1943 è in Romagna, da dove poi giunge a casa. Lavora per l’ente militarizzato tedesco per i lavoro pubblici e le costruzioni militari “Todt”. Nella primavera del 1944 entra in contatto con la Resistenza, per entrarvi definitivamente nell’autunno dello stesso anno. Dopo il 25 aprile fa parte della polizia partigiana e poi di quella di Stato. In sua memoria la moglie Teresa, la figlia Mara, il genero e i nipoti offrono pro Notiziario.

BIAGIO RIVI

08/05/1931-26/10/2010

Il 26 ottobre 2010 è venuto a mancare il nostro caro Biagio. Lo vedevamo sempre attivo ed entusiasta nel suo lavoro di segretario ANPI della sezione di San Pellegrino. Pensiamo di onorarne la memoria e di meritare la sua gratitudine offrendo alla “sua” ANPI provinciale e per essa al suo e nostro Notiziario. La consorte, i figli e i nipoti.Al dolore della famiglia si uniscono gli iscritti della sezione ANPI di San Pellegrino di cui Biagio Rivi era segretario. “Noi suoi partigiani ed amici partecipiamo commossi e riverente omaggio al dolore della famiglia. Con orgoglio, capacità, entusiasmo e spirito di sacrificio, caro Biagio hai saputo dirigere la tua sezione ANPI, meritando il plauso e il doveroso ringraziamento di noi tutti”. Al cordoglio per la scomparsa del carissimo amico Biagio anche il ricordo di Enrico Lelli

Il 1° novembre 2010 veniva mancare il Partigiano Settimo Ballabeni Ivan, appartenente alla 76a Bgt. SAP “Angelo Zanti”. Di famiglia operaia, Settimo lavora, come il padre, alle Officine Reggiane. Allo scop-

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OVIDIO MANFREDI 21/08/1926-4/11/2010

Il 4 novembre 2010 all’età di 84 anni è de-

ceduto Ovidio Manfredi, vice presidente della sezione ANPI di Campegine (RE).

Nel dopoguerra, Ovidio con la madre ha gestito un negozio di casalinghi a Reggio Emilia in Piazza Scapinelli. La famiglia Manfredi è stata molto legata a Ferrari Didimo Eros, alla moglie e alle figlie che sono praticamente cresciute frequentando giornalmente la madre di Ovidio, legata alla moglie di Eros e di grande aiuto a questa in caso di bisogno. Lo ricordo con affetto austero nella gestione del negozio e dolce nell’amore per la moglie e la figlia adorata. Dopo la chiusura del negozio a Reggio Emilia e il suo trasferimento definitivo a Campegine, ha dedicato il tuo tempo libero all’ANPI prodigandosi con efficienza e senso organizzativo per rendere perfette le manifestazioni e commemorazioni. Il lavoro nell’ANPI ha rappresentato negli ultimi anni il suo massimo impegno, finchè la malattia non glielo ha impedito.Augurandoci, che le

generazioni future che subentreranno al lavoro sostenuto con tanto impegno non si dimentichino della sua collaborazione e di quella di tanti altri che hanno operato senza scopi di lucro e di arrivismo, non possiamo far mancare il nostro sostegno affettivo e il nostro grazie per il lavoro svolto, Ciao Ovidio. Un grosso abbraccio Un particolare ringraziamento da parte della presidenza dell’ANPI Provinciale. Anna Ferrari

ALBERTO FERRARI (CIRILLO)

20/09/1922-29/08/2010

Il 29 agosto scorso è deceduto il Partigiano Alberto Ferrari Cirillo di Bagnolo in Piano, appartenente alla 37a Bgt. GAP “Vittorio Saltini” Le nipoti Vanna e Catia Capra

Il 12 novembre u.s. è deceduta Renza Beggi, moglie dello scultore Vasco Montecchi. Al nostro carissimo amico e grande artista rinnoviamo le fraterne condoglianze dell’ANPI di Reggio Emilia.

GUIDO TORRI (BOSCO)

4° ANNIVERSARIO

5° ANNIVERSARIO

BINDO BONOMI (CARAMBA)

9° ANNIVERSARIO

Nel 9° anniversario della scomparsa del Partigiano Bindo Bonomi Caramba, avvenuta il 5 dicembre, già presidente dell’ANPI di Fabbrico, la moglie Idilia (Mora) Bellesia, i figli e i parenti tutti, nel ricordarlo sempre con grande affetto, sottoscrivono pro Notiziario.

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15/01/1942-12/12/2010

ERCOLE SANTINIù Per onorare la memoria di Ercole Santini nel 4° anniversario della scomparsa, avvenuta l’8 dicembre 2006, e nel ricordarlo con immutato affetto, la moglie Bruna (Carla) e il figlio Paride sottoscrivono pro Notiziario.

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RENZA BEGGI

Il 19 settembre 2010 ricorreva il 5° anniversario della scomparsa del Partigiano Guido Torri Bosco. Fu presidente dell’ANPI di Casina e consigliere comunlae a Ramiseto. Nato a Succiso nel 1923, fu chiamato alle armi nella seconda guerra mondiale; dopo l’8 settembre entrò nelle fila delle Resistenza, partecipando alla battaglia dello Sparavalle (giugno 1944), e divenne comandante di distaccamento della 285a SAP della montagna. Dopo la guerra, s’iscrisse al partito comunista di cui divenne segretario della sezione prima di Ramiseto e poi di Albinea, dove si era trasferito per motivi legati al suo lavoro di cantoniere. In memoria del nonno, il nipote Iuri Torri, con la famiglia, sottoscrive pro Notiziario.


ODORADO BULGARELLI (NINO) – SEVERINA BISI

25° ANNIVERSARIO

Nel 25° anniversario della scomparsa del Partigiano Odoardo Bulgarelli Modena, avvenuta il 30 novembre 1985, lo ricordano con immutato affetto insieme alla moglie Severina Bisi, Staffetta partigiana, deceduta il 15 marzo 2009, i figli Paris e Sirte, i nipoti, i pronipoti e i famigliari sottoscrivendo pro Notiziario.

GISELDA CAZZARO (LELIA) IN SALSI

8° ANNIVERSARIO

A ricordo della madre Partigiana Giselda Cazzaro Lelia, moglie del mai dimenticato Vivaldo Salsi, scomparsa il 1° gennaio 2002, la figlia Giuliana sottoscrive pro Notiziario.

camminare. Carlo trovò lavoro a Genova, dove rimase per tanti lustri. Sposò, poi, la signora Ernestina Cavecchi di Velucciana di Carpineti e con lei e i figli ha vissuto fino all’età di 79 anni. La moglie, con le figlie, lo ricorda con tanto affetto e sincero dolore e sottoscrive pro “Notiziario”. Anche l’ANPI di Carpineti si associa alla commemorazione e vuole ricordarlo agli amici come membro del Direttivo e attivo partecipe alle cerimonie a ricordo degli Eroici Caduti per la Libertà. Bruno Valcavi ANPI Carpineti

WALTER CERVI (JAGO)ù

6° ANNIVERSARIO

Il 28 novembre scorso ricorreva il 6° anniversario della scomparsa del Partigiano Walter Cervi Jago. Nel ricordarlo con immutato affetto la moglie Eletta, i figli Katia e Roberto, gli adorati nipoti Simone, Alice e Giorgia, alla pari della pronipote Matilde, sottoscrivono in sua memoria pro Notiziario.

SEVERINO MUSSINI

IN MEMORIA VALDO MARGINI

5° ANNIVERSARIO

A 5 anni dalla scomparsa di Valdo Margini, lo ricordano con rimpianto e immutato affetto la moglie Dina, i figli e i nipoti Andrea e Noemi. In sua memoria sottoscrivono pro Notiziario.

DANTE CAVAZZONI

10° ANNIVERSARIO

In occasione del 10° anniversario della scomparsa di Dante Cavazzoni, la moglie Bruna Menozzi offre a sostegno del Notiziario.

CARLO TEDESCHI (PACE)

7° ANNIVERSARIO

Il 13 dicembre ricorre il 7° anniversario della morte del Partigiano Carlo Tedeschi Pace. Rimase gravemente ferito a una gamba nella battaglia dello Sparavalle, il 10 giugno 1944. Impossibilitato a camminare, Pace tentò di nascondersi in una cunetta-tombino della SS 63, ma fu visto e subito catturato dai nazifascisti, che lo massacrarono di botte con il calcio dei fucili. La salvezza la deve all’intervento di un ufficiale medico che, con secco ordine, bloccò il pestaggio e lo fece trasportare all’ospedale Sant’Anna di Castelnuovo Monti assieme ai feriti nazifascisti. Ricoverato successivamente all’ospedale Santa Maria Nuova di Reggio, che allora aveva trasferito una sezione a Rivaltella, Tedeschi fu liberato mediante una temeraria azione di un gruppo di partigiani. Le cure necessarie gli furono poi prestate in una casa amica nei pressi di Quattro Castella e curato da un medico amico. Fu riconosciuto Invalido di guerra avendo difficoltà a

Per ricordare Severino Mussini, la moglie Armida Lodi, i figli Giuliano e Franco sottoscrivono pro Notiziario.

LUIGI MAIOLI (GIGI)

1° ANNIVERSARIO

Il 26 ottobre ricorreva il 1° anniversario della morte del caro Luigi Maioli Gigi protagonista della lotta di Liberazione ed attore del nuovo rinascimento democratico. Nel ricordarlo con affetto e rimpianto, la moglie Orelei Incerti, le figlie, i generi e i nipoti Letizia e Lorenzo devolvono pro Notiziario, indipensabile periodico.

IVANOE ZAMBONI

3° ANNIVERSARIO

Nel 3° anniversario della scomparsa di Ivanoe Zamboni, il figlio Sergio, con la famiglia e il nipote Davide, sottoscrive pro Notiziario.

GEMMA BOSI

24° ANNIVERSARIO

Per onorare la memoria di Gemma Bosi e nel ricordarla con immutato affetto, nel 24° anniversario della scomparsa, avvenuta il 31 dicembre 1986, il marito Partigiano Silvio Beltrami, i figli, le nuore, i nipoti, gli amici e i parenti tutti sottoscrivono pro Notiziario.

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ALDINO BALLABENI

ARTURO LUSETTI (LUPO)

9° ANNIVERSARIO

10° ANNIVERSARIO

Il 17 novembre scorso ricorreva il 9° anniversario della scomparsa di Aldino Ballabeni. Lo ricordano la moglie Norma e la figlia Fulvia e sottoscrivono pro Notiziario.

MARCO MARASTONI

IN MEMORIA

Laila e Lucia Grossi in memoria dell’amico Marco Marastoni offrono pro Notiziario.

Il 3 dicembre 2000 veniva a mancare il Partigiano più giovane dell’Emilia Romagna, Arturo Lusetti, nome di battaglia Lupo, di Villa Cella. Il tempo passa, ma tu sei sempre qui con noi, con la moglie Edda, i figli Vanni e Rossana, i nipoti Davide, Vanessa e Beatrice. I parenti e gli amici ti ricordano sempre con profonda nostalgia. Per onorarne la memoria, la famiglia sottoscrive pro Notiziario.

DINO MOSCARDINI (PIETRO)

3° ANNIVERSARIO

Nel 3° anniversario della scomparsa del Partigiano Dino Moscardini Pietro, i familiari lo ricordano con nostalgia e affetto. Per onorare la sua memoria sottoscrivono pro Notiziario.

NANDO CORRADINI - ROSA MERCATI

ANNIVERSARI

Elena Corradini, nel ricordare con tanto affetto i genitori Nando, deceduto il 20 ottobre 2005, e Rosa Mercati, scomparsa l’8 giugno 1987, offre pro Notiziario. Nando Corradini è stato per 37 anni dipendente del Comune di Carpineti come cantoniere, necroforo e, in caso di emergenza, anche guardia. Il suo lavoro lo ha sempre svolto con passione, impegno e rigore. Lo ricordiamo anche come soldato negli Alpini e come Partigiano dopo l’8 settembre 1943. Anche l’ANPI si associa al caro ricordo, indicandolo ai giovani come esempio di onestà e rettitudine.

ANGIOLINO MARGINI

10° ANNIVERSARIO

Il 15 novembre ricorreva il 10 anniversario della scomparsa del Partigiano Angiolino Margini della 143a Brg. Garibaldi, attiva nel parmense. Lo ricordano con immutato affetto la moglie Adolfina Bussei, la filgia Luciana, il genero, la nuora, i nipoti e i parenti tutti. Per onorare la sua memoria sottoscrivono pro Notiziario.

ELIO TROLLI (SERGIO)

13° ANNIVERSARIO

Sono passati 13 anni dalla scomparsa del Partigiano Elio Trolli Sergio, ma il ricordo di lui, della sua passione, del suo impegno per il turismo amatoriale sono più vivi che mai in coloro che hanno avuto la possibilità di verificare la sua instancabile opera organizzativa in occasione dei tornei e dei raduni sui sentieri partigiani. Per onorane la memoria, le figlie Laila e Lilia, il genero e i nipoti, nel ricordarlo sempre con immutato affetto, sottoscrivono pro Notiziario. 56 dicembre 2010

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ALICE SACCANI-RENATO GIACHETTI

ANNIVERSARI

Una vita insieme di amore e di lotta per un mondo migliore. I figli Giancarlo e Giuliana, unitamente ai nipoti, nel ricordare i genitori partigiani Alice Saccani (08/07/191802/11/2000) e Renato Giachetti (02/07/1903-24/08/1964), sottoscrivono a sostegno del Notiziario.

SENNO RICCO’ (MISCIA)-IVO SPAGGIARI (TELL)

5° ANNIVERSARIO

Nel 5° anniversario della scomparsa dei Partigiani Senno Riccò Miscia e Ivo Spaggiari Tell della 76a Bgt. SAP, la Staffetta Ida Adis, rispettivamente moglie e sorella dei Defunti, li ricorda sempre, unitamente alle famiglie, con immutato affetto e sottoscrive a favore del Notiziario.

FRANCESCO COSTI

4° ANNIVERSARIO

Nel 4° anniversario della scomparsa di Francesco Costi (cl. 1921), avvenuta il 24 febbraio 2006, grande invalido di guerra, la sorella Bruna, benemerita della Resistenza, con il quale ha convissuto con amore e tanto bene, assistendolo onde lenire le sue sofferenze fisiche e morali, nel ricordarlo con tanto affetto, sottoscrive pro Notiziario.


i sostenitori notiziario

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- GIAMPIERO SPAGGIARI – a sostegno .......................... euro 20,00 - ANPI Torino – a sostegno.................................................. “ 50,00 - ALDO BONACINI, Ferrara – a sostegno . ........................... “ 25,00 - FRANCESCO LAMANTIA – in ricordo di Marino Serri, martire 7/7/1960.............................................................. “ 20,00 - BRUNO LODESANI, San Martino in Rio – a sostegno......... “ 50,00 - ROBERTO DE PIETRI, Cadelbosco Sopra – a sostegno....... “ 40,00 - AMOS BERTOLINI – contributo.......................................... “ 50,00 - ILARIA FURNO – contributo............................................... “ 10,00 - FAUSTA UGOLOTTI – pro Notiziario................................... “ 25,00 - BRUNA MENOZZ – pro Notiziario...................................... “ 100,00 - CATIA e VANNA CAPRATI – in memoria dello zio Alberto Ferrari..................................................... “ 100,00 - ELIDE BIGI – a sostegno................................................... “ 50,00 - BRUNA COSTI – in ricordo del fratello Francesco.............. “ 25,00 - ELENA CORRADINI – in memoria dei genitori.................... “ 20,00 AGOSTINO NASI, ROLO – a sostegno................................ “ 50,00 - VITTORIO SCALABRINI, Castelnuovo Monti – a sostegno... “ 30,00 - ADOLFINA BUSSEI – in memoria del marito Angiolino Margini............................................................. “ 50,00 - ALBERTINA BAGNACANI, figlio e fam – in memoria del marito Enzo Cagossi................................................... “ 200,00 - GIUSEPPE CAMPIOLI e GIULIANA MONTANARI – contributo nozze d’oro...................................................................... “ 50,00 - SEZ. CIRCOLO ANZIANI, 4 CASTELLA – a sostegno............ “ 100,00 - ALFIO GHINOLFI E FAM. – a sostegno............................... “ 20,00 - FRANCESCO GRASSELLI – a sostegno.............................. “ 20,00 - NORMA E FULVIA CATELLANI – in memoria del marito Aldo Ballabeni.................................................................. “ 100,00 - ANDREA STORCH – in memoria di Luigi Maioli.................. “ 50,00 - FAM. MUSSINI – in memoria di Severino Mussini.............. “ 50,00 - GIUSEPPE E IVO IORI – in memoria del fratello Roberto..... “ 90,00 - ERIO LELLI – a sostegno................................................... “ 100,00 - SERMIDE CUGINI MANGHI – a sostegno............................ “ 25,00 - SEZ. CAVAZZOLI BETONICA – a sostegno.......................... “ 500,00 - GIOVANNI E VANNA ROSSINI, CATIA CAPRATI – in ricordo di Antonio Ligabue............................................ “ 100 - IONE BARTOLI in memoria dei genitori.............................. “ 50,00 - FIORELLA FERRARINI, IVAN e NICOLA ALEOTTI – in memoria di Narciso Valeriani........................................ “ 100,00 - LAILA, LUCIA GROSSI – in memoria dell’amico Marco Marastoni ............................................................. “ 50,00 - LAILA GROSSI – pro Notiziario ......................................... “ 50,00 - FAM . LUIGI GALAVERNI – a sostegno nel 50° della saletta Galaverni...................................................... “ 100,00 - ERNESTINA CAVECCHI – in memoria del marito Carlo Tedeschi....................................................... “ 25,00 - ANPI SIENA – pro Notiziario.............................................. “ 50,00 - ANPI POGGIBONSI – pro Notiziario.................................... “ 50,00 - ELETTA BIGI CERVI – in memoria di Walter Cervi............... “ 50,00 - ANNA MARIA SARA – in ricordo di Maria Francia deceduta l’11/10/2010 - GIULIANA SALSI –in memoria della madre........................ “ 100,00 - BRUNA MENOZZI – in ricordo del marito Dante Cavazzoni............................................................... “ 150,00

- PARIS BULGARELLI – in memoria dei genitori Odoardo e Severina Bisi................................................... “ 100,00 - SEZ. di CASINA – a sostegno............................................ “ 50,00 - IURI TORRI e FAM. in memoria del nonno Guido Torri........ “ 50,00 - SEZ. di CELLA – a sostegno.............................................. “ 200,00 - VINCENZO CAMPANIELLO – a sostegno............................ “ 25,00 - TERESA MOSCARDINI, Rubiera – in onore del marito Dino................................................................................. “ 20,00 - SEZ. di RUBIERA – a sostegno.......................................... “ 100,00 - RINA PIVETTI – a sostegno............................................... “ 30,00 - ONELIA BERTONI – a sostegno......................................... “ 20,00 - IDA SPAGGIARI – in ricordo di Senno Riccò e Ivo Spaggiari................................................................. “ 50,00 - GIANCARLO E GIULIANA GIACHETTI – in ricordo di Alice Saccani e Renato Giachetti................................... “ 400,00 - EDDA TAGLIAVINI – in memoria del marito Arturo Lusetti “Lupo”........................................................ “ 70,00 - LAILA E LILIA TROLLI – in ricordo di Elio Trolli................... “ 110,00 - GIUSEPPE VIVICI – in ricordo di Maddalena Novene........... “ 30,00 - ERMES TEDESCHI, CAMPEGINE – in ricordo dell’amico Ovidio Manfredi .............................................. “ 20,00 - FAM. RIVI BIAGIO – in suo ricordo offrono pro notiziario.... “ 150,00 - ENRICO LELLI – in ricordo di Biagio Rivi presidente sezione San Pellegrino..................................................... “ 100,00 - SEZ. SAN PELLEGRINO – in ricordo di Biagio Rivi.............. “ 100,00 - CARMEN ALTARE, Milano – a sostegno del Notiziario ...... “ 10,00 - ADELE FERRARI, ristorante “Il Pioppo” S. Ruffino Scandiano – pro Asilo Palestina........................................ “ 30,00 - GRUPPO AMICI, SCANDIANO – pro attività in sostegno Costituzione..................................................................... “ 200,00 - LEO BERTOLANI – a sostegno Notiziario........................... “ 20,00 - LEA FRANCIA – a sostegno Notiziario............................... “ 20,00 - CONDOMINI BETULLA 12 civico 9 – in memoria di Annibile Bonacini . ....................................................... “ 150,00 - DIMMA BONINI ed ENRICA, ROSSELLA BONACINI – in memoria di Annibale Bonacini .................................... “ 50,00 - CARLA BONACINI e figlio – in memoria del marito e padre Ercole Santini...................................... “ 50,00 - MARIA PIETRA SALTINI – a sostegno................................. “ 100,00 - IDELIA MORA BELLESIA – in memoria del marito Bindo Bonomi.................................................. “ 200,00 - TERESA CIGARINI e FAM. – in memoria del marito Settimo Ballabini.............................................. “ 50,00 - ROSSANA MOTTI e CARLO ROCCHI – in memoria dei Martiri di Villa Sesso................................................... “ 50,00 - SILVIO BELTRAMI – in memoria della moglie Gemma Bosi euro......................................... “ 100,00 - PAOLO BORCIANI e COSETTA OLIVETI – per le loro Nozze d’Oro..................................................................... “ 50,00 - PIETRO BASSI – a sostegno . ........................................... “ 50,00 - LAURA GIUNI – a sostegno............................................... “ 25,00 - GINO TARTAGLIA – a sostegno.......................................... “ 40,00 - GIGLIO MAZZI ALI' e la moglie DEA MONTANARI – in memoria di Teranghi mio compagno di lotta................. “ 250,00

dicembre 2010 57 notiziario anpi


di solo riferito sa di impor- “Il turbamento non è quin che a tutti co al qu o n co di an ‘mitezza’, che lla città, è un contributo a me stesso, ma relativo votano a Rude e e o or n ce cu go an al fr en st te al tan Festiv e ci so midiSoli Deo Gloria i grilli è un fenomeno natu- rilevante che ci offre esil sere contaminati coloro echche potrebbero sentirsi incotime io de a , di e bier gno e idee “L’invasion ) scano. C’è biso , che vanno al di là delle ti nell’esprimere le propri to. Sebbene Mazzali, Iren le nti ro se e pa i or rale” (Sergio te ss rm es se esse sco- da qu i, as i immo Spadon e di Reg- stesso potrei il mio collega Prodi e a sorpresa, ho vo” (M un ” o ze er en vv er da ff , un di ce to e it om os ch C n cr l co os ro de “E’ stata tt lt il so eciali diso che non sentano null’a ai Progetti sp perto un para ari, ciclista) tri attivisti si attacchi, non escluos n ) re ti gi gio, mar ere tio, è zati da questi (Fabrizia Spag ti incontri Confcommerci la raffor vece che altri possano av oprie es de qu ve di do i, at an n qu in pr sseg atel ni, diamo liberamente le forza “Cara Sonia, ra ra molti altri” (Giuseppe “Spado toro che vede rosso” (Don di esprimere lla e co un de or e an m m so o co m l’u re o ne fa legittim SCOM) idee. Ritenere ente eletto e che rapprePrampolini, A Pagani, PD) n o po m es co (Gia i durancontro un cqua calda” aia di cittadin nzioni l’a n i, ti le n to ta on ce zi en er n M te op te te ol sc in lu m Sa “Ha processi alle vori alle senta lle proprie fu ega Nord) letamento de raggiare qualche on facciamo fa sp “N rà l’e Giovannini, L fa te e ch ta o es inco l’uom delle pr non sono io liche potrebbe vvero quella forza” ) assistenza e bb ni ll’ pu eo de L pe e à it el su al fa è qu af da la oggi “La coop rosse” (R comunale lordo ad usar rata, anzi già memoria viva ba fano Ruozzi, Consigliere zioni è miglio chiesto dalla normativa” to as m ri è ri “Il manicomio la vita dei ricoverati. (Ste rd Rubiera) riore a quanto , presidente RETE) ni eo per- Lega no condiviso L e el (Raffa i si possono o- che ha az ie sp ub i R gl di do ai tr di Ripercorren è stato, mem voro!” (I gios Uno come noi tti di tutela e ce di ciò che “Il nostro è la cepire le trac che tocca il senso morale “Parlo al di là degli aspe ogni cittadino e ra) e alte- ria inquietante la osserva. La memoria diritto privato, credo che a tutti i diritsedia un signor one” abbi chi lla da to za al più intimo di di redenzione. Ciò che è quindi anche Bonaretti e di fare ... Ma ifestazi “Ho solo an m a un en to ti va at iò ri ba un to. C che rato che distur lli, presidente Parco del implica ll’annullamen di fare quello ... E lui dovrebbe comda ti o at lv isa R è ne o o. ù ricordat (Fausto Giova stato rinnegat nda, dove qualcosa di pi dimenticato è esti luoghi per me è arsi anche in questa vice e non ha è e ch Gigante) la vicenda. fotografare qu farli port que dobbiamo ricordare ch ldi pubntestualizzare a persona cercare e trarli dal passato per non co rò comun pe ubato so a n og Bis di ciò che no e non h ar gnifica as tti, di un ia su si fa or es in n , em so m do ci la an suc rl ’a rché , PD) Stiamo pa unando un dimenticare pe ne del presente” (Bruno blici” (Roberto Ferrari stava import ) ri io ra oz norer m F l’e ubriaca che to è o er è stat gnor Rob attato come un tto si tr a on si (m e ” ch a) ea st ro bl fa sem “Mi augu come Cattani, arti del resto ha all’educazione cere a solitudine e male cittadino, come PD) tr to os n ol m lla da o re es poli“Crediam fare cr a Capelli, “Vogliamo usci alla gente e ai r crescere e finora” (Andre o am strumento pe all’interno di una comuni- parlare direttamente si on n i, tutti che buoni cittadin re educante” (san Gra- tici per far capire a , presi- La chiamata me lo se dimiro Torre es la comunità la V ve ò hé rc an pe om (R do tà che de di firme per cattivi” “Mi can raccolte 1000 e at ) st m o ziano Delrio) he n T So e . lde dent e cervello de cere che chie i, PD) ti siete cuore cioè, è indiibile a riconos oppo de- me” (Gianluca Riv on sp di , do “Voi insegnan n ro re Gianluvo tr i la e “M rs ro fo st o Il vo Castellarano: ziaa in mod di ra ut G e i en iv an zz at rv (s la comunità. uo tr te R i” is in tt in o re mm son glie i” (Francetale per tu lo stesso consi te ignorato “A ivi stessa solfa da 25 ann e ch spensabile e vi an se , so R ci ca men a Nord) aver ripetuta sottoscritta, no Delrio) a Carlotti, Leg omen- ammette di sc m lla il de è e do in an rd no solo qu anche iami all’o “I vigili si vedo te” (si dice a Poviglio...) i rich à di Presidente, tenuto esso no proit ul st al Bonsai... m lo qu le in crescono, crea collo. curato al do to di dare si an as qu o , te ev an av la paro “Le pi o e in de conto che avrei dato la Coni in atterraggi figlio Mai re gl ae e li ch ag to i re es o em ie bl to del e” (Bon Panteism Consigl one di qu ò con il Comun dopo l’interven a manifestazi “Ospitare un ande opportunità per tut- per replicare, ari. Confido nel fatto che Ne parler enditore) gr ti, impr ima a cit- sigliere Montan genere è una stabilire un cl sì riot a. Reggio è un ri n ia ile gg ib re ss à it po a ascolto, un ta la comun sia ancora omunale, co proposte e in el Consiglio C tà aperta alle one’. Riempire la città appropriato n avvenuto in questi anni” rs e ‘Città delle pe enti che si confrontano come è sempr ni, sindaco di Rubiera) er ra ff ca di o ac e ’ B za on a n rs en lla pe or te di (L me ‘fra co le ro pa attraverso

58 dicembre 2010

notiziario anpi



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