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70°

notiziario

Ap

PERIODICO del Comitato Provinciale Associazione Nazionale Partigiani d'Italia di Reggio Emilia

Poste Italiane s.p.a. - Spediz. in abb. post. - d.l. 353/2003/ (conv. in L. 27-02-2004 n. 46) art. 1 - comma 1- DCB - Filiale R.E. - Tassa pagata taxe perçue - Anno XLVI - N. 4 di aprile 2015 - In caso di mancato recap to rinviare all’Ufficio P.T. di Reggio Emilia detentore del conto per restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa.

Nuvole Partigiane

Anita

2° episodio: “L’agguato”


sommario Editoriale 03 25 aprile-8 maggio1945. Liberazione dell’Europa. E oggi? E il resto del mondo?, di A. Zambonelli 70° esimo 05 Finalmente Liberi! Una narrazione della Liberazione in provincia di Reggio Emilia, di F. Correggi 07 Dove e come nacque il”Volontario della Libertà”, di G. Bertani 11 “Eros”, primo presidente ANPI di Reggio Emilia, di A. Zambonelli 44 Oltre il 70°, Io ci sono..., di R. Ragni Politica 13 Una società senza mafie, di G. Ruggieri “E’ sull’eredità della lotta al nazifascismo che nasce l’Europa!” 14 Resistenza 2.0, di A. Fava 15 La “nuova resistenza” dei ragazzi di Cortocircuito, di A. Fava Società 16 Il senso della Resistenza negli “stranieri”. Intervista a Abir Soleiman, di F. Correggi 27 La nonviolenza nel XXI secolo. Intervista a Pasquale Pugliese, di A. Parigi Cultura 18 Una palestra di educazione civile, di A. Parigi 19 70 anni fa fu impiccato il teologo antinazista

Bonhoeffer, di A. Zambonelli 20 R-Esistere, di S. Tagliavini 21 Un convegno per parlare di donne e Ricostruzione, di G. Bigi 46 Opinioni antagonistiche e percezioni relative, di A. Ferrari 23-26 Anita, 2° episodio “L’ agguato” Estero 26 Boko Haram, l’inferno della Nigeria, di B. Bertolaso Memoria 32 Carmen Altare in ricordo del Partigiano “Nero” - A Jano di Scadiano inaugurazione del monumento alla Pace di Vasco Montecchi 33 Cadelbosco Sopra ricorda i 10 caduti di via Nuova, di N. Gibertini - Commemorazione dell’eccidio di Bagno avvenuto 70 anni fa 34 Botteghe di Albinea 70 anni dopo 35 Lutti 32 Anniversari 42 I Sostenitori Le rubriche 30 Cittadini, Democrazia, Potere, Claudio Ghiretti - Opinion leder, Fabrizio Tavernelli 31 Segnali di Pace, Saverio Morselli

Cari lettori,

MOLTI di voi ci hanno INVIATO UN’OFFERTA A SOSTEGNO DEL “NOTIZIARIO” RISPONDENDO ALL’APPELLO LANCIATO COL NUMERO DI DICEMBRE. VI RINGRAZIAMO DI CUORE. (AGGIORNATO FINO AL 1° FEBBRAIO) A FINE FASCICOLO

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Spedizione in abbonamento postale - Gruppo III - 70% Periodico del Comitato Provinciale Associazione Nazionale Partigiani d'Italia di Reggio Emilia Via Farini, 1 - Reggio Emilia - Tel. 0522 432991 C.F. 80010450353 e-mail: notiziario@anpireggioemilia.it; presidente@anpireggioemilia.it sito web: www.anpireggioemilia.it Proprietario: Giacomo Notari Direttore: Antonio Zambonelli Caporedattore: Glauco Bertani Collaboratori: Eletta Bertani, Ione Bartoli, Angelo Bariani (fotografo) Massimo Becchi, Bruno Bertolaso, Sandra Campanini, Anna Fava, Nicoletta Gemmi, Claudio Ghiretti,

Saverio Morselli, Scuola Comics Reggio Emilia, Fabrizio Tavernelli Redazione WEB e fb: Gemma Bigi, Anna Ferrari, Anna Parigi Registrazione Tribunale di Reggio Emilia n. 276 del 2-03-1970 Aprile 2015 Chiuso in tipografia il 27 marzo 2015 Impaginazione e grafica Glauco Bertani Per sostenere il “Notiziario”: “Associazione Nazionale Partigiani d’Italia Comitato Provinciale ANPI” UNICREDIT - IBAN: IT75F0200812834000100280840 Conto Corrente Postale N. 3482109


editoriale 25 aprile 1945-8 maggio 1945

> Liberazione dell’Europa E oggi? E il resto del Globo? < di Antonio Zambonelli

Questo 25 aprile 70° della Liberazione del nostro Paese, dob-

biamo più che mai accostarlo al 70° (8 maggio) della fine della Seconda guerra mondiale. Una fine che molti storici fanno giustamente coincidere con la conclusione di quella tragica Guerra civile europea, iniziata nel 1914 e proseguita, con brevissime soluzioni di continuità, per trent’anni. Dalla prima guerra mondiale scaturirono tutte le varie forme di totalitarismi che caratterizzarono il Novecento. Da quello fascista italiano, seguito a ruota dal nazismo tedesco, alla curvatura staliniana della grande utopia comunista della rivoluzione d’Ottobre. Anche se non va dimenticato che proprio l’armata rossa sovietica abbatté i cancelli di Auschwitz, e contribuì in modo determinante alla sconfitta del nazismo e dei vari fascismi europei che gli si erano affiancati.. Più volte ci siamo detti che il nostro 25 aprile e l’8 maggio europeo, hanno dato al nostro continente (o a gran parte di esso, quella occidentale) settant’anni di pace. E che da quella vittoria, dalla memoria delle tragedie della prima metà del Novecento, era scaturito l’art. 11 della nostra Costituzione: il ripudio della guerra. Ma con la conquista di società liberaldemocratiche in Europa e le connesse situazioni di welfare, i problemi delle ingiustizie, guardando al resto del pianeta, rimanevano e sono rimasti irrisolti . Il “diverso rapporto col Sud del Mondo” di cui si occuparono (inascoltati) Olof Palme, Enrico Berlinguer e Willy Brandt, non si è potuto realizzare, aprendo la via a guerre locali, sconvolgimenti vari, “bombardamenti umanitari”, migrazioni di popoli

Toy Vaccaro, «Il bacio della Liberazione»

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25 aprile 1945-8 maggio 1945 assai più che “bibliche”. Fino agli attuali sanguinosi conflitti in seno al mondo islamico, con guerre che ci ricordano quella europea dei trent’anni del secolo 17° (1618-1648). Scontro (allora) tra nord protestante e sud cattolico, con intrecci complessi tra interessi politici ed economici. Tra l’Islàm sunnita e quello sciita, gli attuali conflitti (secolo XXI), con spaventose regressioni al fanatismo fondamentalista dei tagliagole, particolarmente accanito contro cristiani ed “infedeli” vari. E anche oggi con intrecci relativi ad interessi concreti, petroliferi in primis. Senza dimenticare il permanere del velenoso groviglio israelopalestinese, alla cui soluzione non contribuisce di certo la recente vittoria elettorale della destra di Netanyahu, sorda rispetto ai diritti del popolo palestinese, e sorda agli appelli delle più lucide coscienze degli intellettuali ebrei israeliani. L’ANPI si avvicina al 25 aprile, ancora una volta, nonostante tutto, come ad una Pasqua di Resurrezione, come al ricordo di un “passaggio” (pesah) dall’oppressione alla liberazione. Un passaggio che la Resistenza italiana ed europea contribuì a compiere settant’anni or sono. Un passaggio di cui l’umanità ha più che mai bisogno. All’ANPI giungono da varie parti accuse e domande che partono da settori di destra e di sinistra (quasi sempre “estremi”): non è abbastanza decisamente antifascista, non si batte come dovrebbe contro le manomissioni della Costituzione, rimane schiacciata ad un ruolo “vittimario” (lapidi, commemorazioni). C’è chi, da sinistra (?!) ha perfino rimproverato, qui a Reggio, a noi e ad Istoreco, la posa delle “pietre d’inciampo” in memoria

degli ebrei sterminati. Insomma, c’è molta confusione sotto il cielo. In questo Settantesimo, ed oltre, spetta all’ANPI di continuare nella propria azione di Memoria attiva, e di intervento sul presente: contro la mafia, per i principi fondamentali della Costituzione, svolgendo come sempre il ruolo di coscienza critica anche nei confronti delle forze politiche. “Ci si chiede di ‘battere un colpo’– ha scritto di recente il Presidente Smuraglia – ; ma su che cosa, se siamo già in campo da sempre e continuiamo, doverosamente e quotidianamente ad interrogarci se quanto facciamo è sufficiente o possiamo e dobbiamo fare qualcosa di più efficace, e come?”. Di come l’ANPI opera, a livello nazionale e locale, qualche resoconto nelle pagine che seguono, dove i temi della Memoria si intrecciano a quelli dell’impegno sul presente e sul futuro.

2 aprile 2015 – Kenya, strage al centro commerciale: 39 morti e 150 feriti, Shabaab rivendicano l’attacco

Enrico Berlinguer, Willy Brandt e Olaf Palme

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BUON 25 APRILE E BUON PRIMO MAGGIO!


Finalmente liberi!

70esimo

Una narrazione della Liberazione in provincia di Reggio Emilia di Francesca Correggi > La

storia intreccia le storie .

Q uando

entra nelle nostre vite ci mette un attimo e , che ce ne accor -

giamo o no , quell ’ attimo si trasforma in ricordo , in racconto e diventa parte della storia stessa .

Ci

siamo mai chiesti , per le strade dei nostri paesi , come potesse essere quella piazza o quell ’ incrocio in

un certo momento del passato ?

Q uante

volte ci siamo chiesti cosa stessero facendo le persone durante certi

passaggi storici o come i luoghi stessero vedendo passare quei momenti ? amici :

“D ove

hai aspettato i risultati delle ultime elezioni ?

le torri gemelle ?” o della caduta del muro di

D ov ’ eri ? D ov ’ eri

nell ’ aprile del

C osa

Q uante

volte abbiamo chiesto agli

stavi facendo quando hai saputo del -

B erlino , o del primo passo dell ’ uomo sulla luna … E 1945? E dove sarai nell ’ aprile di settant ’ anni dopo ? <

San Martino in Rio vede la libertà prima di tutti. E’ il 23 marzo. I distaccamenti partigiani che dominavano le campagne sono entrati di notte e si sono impossessati del municipio, della caserma e lì hanno distribuito il grano degli ammassi e la carne. C’è chi ricorda i reparti inquadrati, quasi in parata. “Spargete la voce perché ci si riunisca!” e furono loro, le donne, a fare da “televisione” e la gente arrivò anche dalle frazioni circostanti: Lemizzone, Stiolo, Prato. E’ possibile che in quei primi, primissimi, momenti nessuno si rendesse veramente conto di quanto stesse accadendo. Anche le autorità repubblichine non apparivano forse ben consce di quanto appena successo. In una relazione della Brigata nera reggiana sugli avvenimenti di quei giorni si può leggere, al 22 marzo, che verso le ore 21:00 un gruppo di partigiani si è portato in municipio per bruciare tutti i documenti, per poi recarsi in varie abitazioni private e farsi consegnare alimenti e forti somme di denaro. Sebbene si tratti di un sunto di poche righe non appare certo la sensazione di aver perduto il controllo di un intero comune. È possibile, del resto, che già si pensasse ad un vasto rastrellamento congiunto con i tedeschi. La cacciata dei nazifascisti dal territorio comunale non ha, infatti, significato la fine della guerra, nemmeno per i sammartinesi, che vedranno ancora un elevato tributo di sangue pagato agli ultimi giorni del conflitto. Basta ricordare le battaglie di Fosdondo e Prato o l’eccidio di Canolo – o gli scontri che avranno luogo fino alla fine di aprile in tutta la provincia – per notare come, tutt’attorno a un paese nominalmente libero, persistettero fino all’ultimo situazioni cruente che costarono ancora molte vite umane. Anche Ciano fu tra i primi a liberarsi. E liberare Ciano, in quell’inizio di aprile, aveva un profondo senso politico e strategico. Voleva dire sgombrare il paese dal presidio nazista che per diversi mesi aveva terrorizzato una zona vastissima e aveva spesso contribuito, con il suo servizio di spionaggio, a frustrare importanti iniziative della Resistenza. Voleva dire portare sollievo alla popolazione civile e dimostrare che il nemico era, in fondo, vulnerabile. Era importante, in quel momento, iniettare forza e fiducia alle formazioni partigiane e preparare tutta la zona, in particolare dalla montagna alla Val d’Enza, all’ormai prossima insurrezione generale. Nella mattinata dell’11 aprile la liberazione del paese sembrava definitiva. La popolazione aveva reagito con accoglienze entusiastiche ai garibaldini e ai sappisti e con massiccia partecipazione al comizio che il commissario Marius improvvisò nella piazza gremita. Comparvero in paese avvisi dattiloscritti che invitavano alla ripresa delle normali attività economiche e amministrative. Ma alle 11 le sentinelle diedero l’allarme. Reparti della Gestapo stavano dirigendosi verso Ciano. I partigiani circostanti resistettero per tre ore al nuovo assalto, quindi abbandonarono il paese per colpire

tu ?

da posizioni più eminenti il nemico superiore per numero e per mezzi. Solo verso le 17 i tedeschi iniziarono a fuggire verso San Polo e Ciano era di nuovo libera, questa volta definitivamente. E’, tuttavia, dal momento in cui il Comitato di Liberazione Nazionale proclama l’insurrezione generale che la liberazione delle varie zone del reggiano diviene sistematica. I reparti partigiani iniziano a uscire allo scoperto, a dirigersi verso i centri urbani occupando le caserme e i presidi nazifascisti. Vengono così insediate le prime giunte comunali, mentre si distribuisce il grano degli ammassi e dalle finestre iniziano a sventolare le bandiere tricolori. Nella nostra provincia, il maggior numero dei comuni vengono liberati tra il 22 e il 25 aprile. Mentre le formazioni partigiane procedono con il sostegno delle staffette e della popolazione civile, sull’onda dell’insurrezione generale che sta-

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Scandiano, Fiamme Verdi

va muovendo tutto il Nord Italia e grazie anche alla precedente prova insurrezionale affidata alle donne dieci giorni prima, colonne di tedeschi in fuga tentano di spostarsi verso Nord, in una rovinosa ritirata che non manca di generare numerosi episodi violenti e scontri talvolta mortali. Il 22 aprile Modena insorge ed è liberata. Dalla bassa modenese puntate alleate raggiungono i confini della provincia di Reggio, per tagliare alle truppe tedesche la possibilità dei vari guadi e ponti mobili sul Po. La Carpi-Correggio, la Campogalliano-San Martino in Rio (con San Martino però, già liberata, che induce i tedeschi ad evitarla), la via Emilia, la via di Magreta per Salvaterra-Arceto, la pedemontana da Sassuolo-Scandiano e le strade secondarie sono percorse da colonne tedesche. Per le formazioni e squadre sappiste, specie quelle operanti nella pianura, è arrivato il momento di attaccare l’invasore. Gli attacchi a colonne in ritirata si susseguono con intensità sempre maggiore ed è difficile enumerarle e descriverle. Il CLN di zona ritiene opportuno scendere, nel pomeriggio del 23 aprile, a Scandiano, per vigilare la situazione locale. Il comando aveva intanto dato ordine ai distaccamenti di assumere posizioni sui primi colli prospicienti il paese. La GNR di presidio se l’era già squagliata mentre i tedeschi, senza più alcuna guarnigione, ma ad intervalli abbastanza frequenti, transitano in colonne e attraversano il paese percorrendo le due periferie. Si dirigono verso Reggio o sulla strada per Albinea o alla volta di Fellegara e Sabbione. Dove passano fanno razzie di generi alimentari, vino, bestiame. Il CLN alle ore 18 è a Scandiano, insediato nella casa Lorenzelli in periferia e, mentre si attende l’allontanamento delle colonne in transito, si provvede alla formazione della giunta comunale. Ma alle 20:30, quando si riteneva che il grosso delle colonne tedesche in ritirata fosse già passato, la fanteria della Wehrmacht invade il paese: conducono mezzi di trasporto i più disparati, con materiale vario, militare e civile; automezzi stracarichi, carri agricoli trainati da buoi, birocci e biciclette civili. I soldati si infiltrano tra le case per rubare. Prendono tutto ciò che capita, utile o meno, basta far danno. Anche casa Lorenzelli è invasa. Il Comitato ha appena il tempo di nascondersi nell’orto sul retro, portando con sé gli atti e i carteggi, dopo aver trasmesso l’ordine alle formazioni di scendere ed entrare in paese. Sono le 21:30 quando i partigiani entrano in Piazza Spallanzani. Diversi tedeschi vengono catturati. Viene fatto suonare il campanone civico. La gente si affaccia alle finestre, poi scende in piazza al chiarore della luna piena. E’ la prima espressione libera dopo tanti anni di dittatura.Qui, come a Casalgrande e Castellarano, dev’essere al più presto ristabilito l’ordine. Il CLN deve mettersi al lavoro immediatamente per la ripresa della normalità e nominare le giunte comunali. A Casalgrande il problema più grave è il riavvio del lavoro alla Ceramica di Veggia, ove erano occupati vari lavoratori. Va ricordato che nelle fabbriche occupate dagli 6

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operai entrati in sciopero insurrezionale viene dato l’ordine di proteggere i macchinari dalla distruzione. Ovunque l’obiettivo prioritario è, naturalmente, quello di riprendere il prima possibile la via della normalità. Anche Rubiera è libera il 23 aprile a tarda notte, quando le ultime truppe tedesche transitano per il ponte sul Secchia, inseguite dal cannoneggiamento alleato. Sono le 2:00 del 24 aprile quando una squadra entra nel municipio. Anche qui il CLN si riunisce e nomina la giunta. Viano, invece, era già libera perché da vari giorni non vi era più presenza di tedeschi. Alla discesa in pianura dei distaccamenti volanti del Battaglione, Viano vede la popolazione presente alleggerirsi. “Anche quella era una liberazione…”. Il 24 aprile alle ore 11:30, dopo l’ingresso in Scandiano, le truppe alleate partono per Reggio Emilia seguendo la via provinciale. Anche i distaccamenti partigiani vengono impegnati per la liberazione della città ma, mentre gli alleati sono su mezzi corazzati, i sappisti camminano a piedi. Senza incontrare colonne tedesche, che evitavano nel possibile le vie principali, raggiungono prima Due Maestà e Buco del Signore, dove si uniscono ad altri distaccamenti. Uno si dirigerà verso San Pellegrino dove, nello scontro a fuoco con truppe tedesche, cadrà Bruno Bonicelli Grappino. Gli altri proseguono fino a viale Risorgimento: qui gli alleati si fermano, disponendosi lungo il viale, mentre l’artiglieria sta battendo il centro cittadino, da dove quella tedesca ancora risponde. Nel corso di domenica 22 aprile gli ultimi fascisti stanno abbandonando anche Correggio e, verso sera, dal modenese arriva la colonna dell’Esercito Alleato che transita lentamente per viale Vittorio Veneto verso il Po. La popolazione scende nelle strade e applaude al loro passaggio; i bambini raccolgono le caramelle e i quadretti di cioccolato; gli adulti si gustano le tanto sospirate sigarette americane donate dai soldati. Se il clima in complesso è abbastanza disteso, arrivano tuttavia cattive notizie dalle frazioni dove stazionano o transitano reparti di tedeschi che provocano qua e là scontri, combattimenti e massacri. Ci si inizia a riunire per prendere i primi provvedimenti verso i fascisti da arrestare, mentre qualcuno pensa già di vendicarsi. Mentre nel centro cittadino capita tutto questo, nelle frazioni si continua a combattere ed anche a morire. A Prato, a Canolo… Quando il 24 aprile, finalmente, l’intero territorio di Correggio è libero ed è giorno di festa, il comandante Germano Nicolini Diavolo, in un discorso alla popolazione, indica senza mezzi termini che la via da seguire non è quella della vendetta personale, ma quella di assicurare alla giustizia gli eventuali responsabili di crimini commessi. Il giorno successivo però, quando il comandante insieme ad alcuni suoi uomini si porta a Reggio per occupare la città e ripulirla dagli ultimi cecchini, si scatena in paese la tentazione di farsi giustizia da sé. E’ così che si procede al taglio dei capelli alle donne ritenute collaboratrici

Reggio Emilia, via Allegri, arrivo dei partigiani alla caserma Zucchi


70esimo o simpatizzanti di tedeschi e fascisti, alcuni di questi vengono fermati per strada o prelevati dalle loro abitazioni, condotti in località di campagna ed uccisi. Altri vengono trascinati tra due ali di folla per le vie del centro, selvaggiamente picchiati, alcuni successivamente eliminati. Sono manifestazioni che in queste ore si ripetono in diverse piazze italiane. Sono azioni che sfuggono al controllo dei CLN che tuttavia tentano di sottrarre alcuni ad una giustizia sommaria facendoli imprigionare e di trovare una sistemazione alle centinaia di prigionieri, fra i quali molte donne. Il 22 aprile 1945 lo sciopero insurrezionale è in corso in tutta la Bassa Reggiana. La popolazione acclama festosamente i partigiani e fraternizza con le avanguardie alleate che entrano nei paesi, mentre le campane suonano a festa. A Novellara, Guastalla, Fabbrico, Campagnola, Castelnovo Sotto, Poviglio, Brescello, Boretto, Rolo… I tedeschi in ritirata, tallonati dai partigiani della montagna, percorrono le linee dei fiumi perpendicolari alla Via Emilia e al Po e tentano di attraversare il Grande Fiume, con disperazione e spesso non riuscendoci. Il loro passaggio, tutt’altro che indolore, segna il territorio con episodi violenti e scontri pesanti, sia per le formazioni partigiane che per i civili. Possiamo ricordare Righetta di Rolo, Fosdondo, Seta di Cadelbosco, Campagnola, Cadelbosco Sotto, la Rocca di Castelnovo Sotto, San Girolamo di Guastalla, Pieve Saliceto. A Novellara il presidio della Brigata nera si arrende senza condizioni e i prigionieri vengono rinchiusi nel campo sportivo, quindi trasferiti alla Rocca. Anche qui, come a Fabbrico e Correggio, i partigiani rastrellano nel territorio fascisti e nazisti sparsi. Quindi, lasciati dei presidi nei paesi, in numerosi si portano verso Reggio dove partecipano alla liberazione della città. Nella notte tra il 23 e il 24 aprile truppe tedesche cominciano a transitare anche nel territorio di Castelnovo Sotto, dopo avere attraversato le campagne di Villa Cella e del campeginese. Durante la giornata del 24 vengono attaccate dai sappisti della zona sulla strada di San Savino e presso il Traghettino, dove diversi tedeschi vengono feriti e varie armi recuperate dai partigiani che debbono però lamentare la morte in combattimento del povigliese Plinio Torelli Porthos, comandante del distaccamento di Cadelbosco. Alle 10:30 una staffetta porta al CLN la notizia dell’arrivo degli alleati a Guastalla, alle 14 gli stessi vengono segnalati a Villa Seta. Anche qui ci si prepara a riceverli con le bandiere delle Nazioni alleate confezionate nelle ultime ore dalle militanti nei Gruppi di Difesa della Donna. All’alba del 25 però - mentre la città di Reggio Emilia viene liberata dai partigiani - una colonna di soldati tedeschi occupano la Rocca di Castelnovo Sotto dove fucilano sei partigiani prigionieri (uno di loro, Iaro Gandolfi di Cadelbosco, riuscirà a salvarsi tra i corpi dei compagni). Nello stesso giorno i tedeschi uccidono ancora partigiani e civili nella casa colonica della famiglia Brugnoli. Nei giorni che precedono la Liberazione, tutta la fascia costiera da Boretto a Guastalla è gremita di militari in fuga che cercano

Reggio Emilia, 24 aprile 1945, via Emilia San Pietro

disperatamente di varcare il fiume. Il Po avrebbe dovuto essere, nelle intenzioni degli strateghi nazisti, una linea di difesa ad oltranza. Ma quando la Linea Gotica si rompe, quello sud-nord, verso la linea del Po, diviene il percorso prescelto per la ritirata. Il 24 i tedeschi in rotta sono ormai addossati, su un fronte di parecchi chilometri, alla riva destra del fiume e completamente aggirati da alleati e partigiani. Tentano in tutti i modi di passare di là, mentre dall’altra riva i partigiani mantovani gli sparano addosso. «Sembravano matti – scrive Zavattini – non sapevano come passare; non c’erano barche, non c’era niente, molti correvano dai contadini a prendere tutto quello che galleggiava, le bigonce dove si pigia il vino, i mastelli del bucato. Quelli di là chiamavano con quei gridi che vanno da una sponda all’altra come cornacchie, e sono sempre sinistri, cosicché l’ansia di chi era ancora di qua cresceva e molti si buttavano in acqua su assi e fascine o vi entravano al galoppo coi cavalli e morivano. Per due o tre giorni si videro galleggiare in Po corpi di tedeschi e di cavalli». La loro sorte è segnata, non c’è modo di attraversare il fiume. Il ponte di Guastalla non esiste più. Le poche chiatte di cui si servivano normalmente i nazifascisti per il traghetto a Boretto erano state usate all’inizio dai primi reparti, ma nessuno si era premurato di portarle indietro. Inizia così la resa in massa. Circa 12.000 militari vengono catturati dal partigiani e dagli alleati. Tra il 23 e il 24 aprile, il triangolo Bibbiano-Cavriago-Montecchio diventa un altro punto di confluenza per le colonne tedesche in ritirata verso l’Enza che, non potendo percorrere la statale 63 fatta saltare in diversi punti dai resistenti, si spostano lungo la linea pedecollinare. Viene quindi disposta la dislocazione dei distaccamenti partigiani lungo la linea Scandiano-Albinea-Puianello-Montecavolo-Quattro Castella. Dal capoluogo castellese i tedeschi se ne vanno già il 21 aprile, mentre a Montecavolo l’azione di attacco al presidio fascista e la liberazione del paese risulterà più complessa. Il 23, un’avanguardia della l44a Brigata Garibaldi penetra in Cavriago e prende contatto con il comando del 3° Battaglione SAP, annunciando il prossimo arrivo delle formazioni garibaldine. I sappisti bloccano ogni via di accesso al paese e vietano l’uscita a chi non è in possesso di un lasciapassare partigiano. Nella giornata del 23 fino a notte inoltrata, a Cavriago e ovunque intorno, a Bibbiano, Barco, Ghiardo, Montecchio, Rubbianino, Sant’Ilario, Gattatico, Praticello, avvengono numerosi scontri – anche mortali – tra le formazioni partigiane e i fascisti e i tedeschi che si spostano nella zona, ancora bene armati. Molti di questi, contrastati anche dai reparti schierati sulla riva parmense dell’Enza, vengono catturati. Solo all’alba del 25 aprile, mentre i sappisti di Bibbiano conducono nell’ex presidio della Brigata nera, trasformata in casa di concentramento, i tedeschi fatti prigionieri nei dintorni, appaiono i primi carri armati alleati, sorvolati degli aerei da caccia. Enaprile 2015

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trarono a Bibbiano salutando festosamente e proseguirono poi per Montecchio. Il 25 aprile arriva anche a Sant’Ilario l’armata americana ed affida al CLN la responsabilità dell’amministrazione comunale. Reggio Emilia viene liberata il 24 aprile 1945 da reparti della 26a brigata Garibaldi «Enzo Bagnoli», della 144a Garibaldi «Antonio Gramsci», della 284a Fiamme Verdi «Italo», da diverse formazioni dei GAP e delle SAP di pianura, in collaborazione con truppe alleate. L’indomani entrarono anche i garibaldini. Sono le FFVV, entrate in città da Porta S. Pietro, che vanno ad issare il tricolore “su quel municipio che aveva dato all’Italia la sua bandiera”. Il Comando Unico di Zona, che già si era trasferito alla Fola di Albinea, si insedia a Reggio in serata insieme agli organi politici e amministrativi della Resistenza. Avendo saputo dell’entrata in città delle FFVV i membri del CLN si ricercarono fra loro, dandosi convegno in Prefettura per ratificare la suddivisione delle principali cariche, già stabilite in precedenza. La sera del 24 aprile ben pochi si erano resi conto della loro entrata in città e potevano credere che Reggio fosse davvero finalmente libera. Solo il 25 aprile, quando la popolazione vede la città invasa dai partigiani, l’esplosione di gioia è incontenibile. Fra abbracci, baci ed una pioggia di fiori, i partigiani sfilano acclamati per le vie del centro. I reparti partigiani possono ormai scendere dalla montagna, dopo aver liquidato le incombenze urgenti e lasciato nei paesi liberati dei presidii con compiti di rastrellamento e di sorveglianza, specialmente lungo la statale 63 e presso le centrali idroelettriche di Ligonchio. Allo stesso modo, partigiani e civili da ogni parte della provincia si portano a Reggio, in bicicletta o con mezzi di fortuna, per godersi lo spettacolo della città liberata. Dopo un festoso passaggio attraverso Albinea e Canali,

le formazioni dall’Appennino entrano da S. Pellegrino su Viale Risorgimento. Ma in città alcuni franchi tiratori continuano ad attaccare e a metà del Viale bloccano con un fuoco intensissimo la 145a Brigata, proveniente da Castelnovo ne’ Monti. Le macchine si fermano immediatamente, tutti scendono a terra e si mettono al coperto, mentre qualche mitragliatore dai camion spara sulle finestrelle dei solai e sugli abbaini da dove sembra provengano i colpi. Ne nasce una grande confusione, si assumono informazioni dalla popolazione, si sfondano le porte delle case sospette, si perquisiscono da cima a fondo. Qualche fascista è scovato e giustiziato. Poi, quando tutto torna alla calma, malgrado un morto e un ferito, ci si avvia verso la caserma dell’Artiglieria [Caserma «Zucchi»], dove vengono istituite carceri provvisorie per i fascisti e i nazisti detenuti. Nei giorni a seguire la presenza dei franchi tiratori fascisti si va sempre più diradando, mentre delle truppe tedesche è rimasto ormai ben poco. I partigiani iniziano a rientrare nelle loro case, nei comuni le giunte si sono appena insediate, inizia quella fase che porterà il Paese, dopo vent’anni di dittatura, verso un nuovo percorso di democrazia. Intanto, di lì a una settimana neanche, si festeggerà di nuovo, per la prima volta dopo tanti anni, il 1° maggio.

Bibliografia di riferimento 2011 – M. Bellelli, La Resistenza a San Martino in Rio 1978 – R. Cavandoli, Ciano per la libertà. 1859-1945 1985 – S. Folloni, Una Zona, una Resistenza. Storia della resistenza nella V Zona (Reggio Emilia) [Casalgrande, Castellarano, Rubiera, Scandiano, Viano] 1988 – M. Saccani, Correggio 1920-1945. Il sacrificio di un popolo per la libertà e la democrazia 1981 – R. Cavandoli, Anifascismo e Resistenza a Novellara,1919-1946 1986 – R. Cavandoli, Un popolo resistente. Fabbrico 1919-1946 1995 – A. Zambonelli, Castelnovo Sotto 1921-1946. Un paese tra due dopoguerra 1978 – G. Laghi, R. Cavandoli, Storia di Luzzara 1983 – R. Cavandoli, F. Simonazzi, Gualtieri. Vita di una comunità dalle origini al 1963 1973 – R. Cavandoli, Quattro Castella ribelle. Cronache della Resistenza e della guerra di Liberazione 1976 – R. Barazzoni, C. Faietti, Bibbiano, la gente, le vicende. Dall’unità d’Italia alla Liberazione; 1975 – R. Cavandoli, Cavriago antifascista. Cronache 1922-1946 2006 – A. Gianolio, Sant’Ilario d’Enza dall’Unità alla Liberazione 1983 – A.L.P.I. (a cura di), Memoriale di «Don Carlo» 1985 – V. Branchetti (Argo), Quarant’anni dopo... Ricordi e riflessioni della formazione partigiana «E. Zambonini»-145a Brigata Garibaldi «F. Casoli», Appennino reggiano 1983 – A.L.P.I. (a cura di), Memoriale di «Don Carlo» 19954 – G. Franzini, Storia della Resistenza reggiana 1945 - Diario della 145a Brigata Garibaldi «Franco Casoli» [Polo archivistico Comune di Reggio Emilia] 2006 – M. Bellelli, G. Bertani, F. Paolella, Storia e memoria in città. 19431945. Una passeggiata 2015 – Tutti liberi! Antologia della Liberazione in provincia di Reggio Emilia, a cura di G. Bertani, «RS-Ricerche Storiche», 119/2015

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70esimo

Dove e come nacque “Il Volontario della Libertà” Organo delle formazioni patriottiche reggiane

di Glauco Bertani

E sono 70 anni anche per il “Volontario della Libertà”, organo

del Corpo Volontari della Libertà, che iniziò le pubblicazioni nel maggio 1945, rimanendo periodico unitario delle Brigate Garibaldi e delle Fiamme Verdi fino all’uscita dall’ANPI, avvenuta alla fine del 1947, dei partigiani delle «Brigate del Popolo», di ispirazione democristiana. Nel 1946 l’ANPI aprì il «Volontario» ai reduci di guerra e così dall’agosto di quell’anno la testata cambiava in «Il Nuovo Risorgimento-Il Volontario della Libertà» e il giornale diventava «Organo delle associazioni combattentistiche di Reggio Emilia». Il periodico cessò le pubblicazioni nel maggio 1955.

L’origine, 7 luglio 1944 «“Il Volontario della Libertà” – raccontava Ulisse Gilioli, il partigiano “Orazio”, che partecipò alle varie vite del giornale – nacque in montagna il 22 aprile 1945, proprio mentre si stava realizzando l’attacco finale per liberare le zone ancora occupate dai nazifascisti e la città. Recava come dato matricolare “anno 2° n. 19”, seguendo cumulativamente l’ordine dei due periodici dei quali era emanazione, “Il Garibaldino” e “Il Partigiano”». «Il Garibaldino» – ricordava a sua volta Osvaldo Salvarani – nacque da un’idea di Didimo Ferrari “Eros” il 7 luglio 1944; e il secondo numero uscì il 25 luglio dello stesso anno a Montecagno. In seguito al rastrellamento di fine luglio-primi d’agosto fu costretto a sospendere le pubblicazioni. Il 9 settembre 1944 fu chiamato a dirigerlo Lando Landini “Vittorio”, che andrà, come vedremo, alla direzione del «Volontario» nell’ottobre ’45, quando da ciclostile era diventato un vero e proprio giornale di quattro pagine. «Il Garibaldino» – testimoniava a sua volta Landini – era espressione dei partigiani che ideologicamente si richiamavano al partito comunista e che nel 1944 costituivano la grande maggioranza delle forze operanti in montagna. Ufficialmente, però, si definiva «organo delle Brigate Garibaldi». Con la creazione della Brigata «Fiamme Verdi», d’ispirazione democristiana, nell’orbita del Comando generale e del Commis-

sariato generale fu intuita l’esigenza di un periodico che fosse portavoce di tutte le forze combattenti; ma «Il Garibaldino» non fu soppresso, infatti le due testate, scriveva “Orazio” «uscivano alternativamente a qualche giorno di distanza, una settimana quando andava tutto bene. Del primo erano stati pubblicati dieci numeri, del secondo otto». «Il Partigiano» iniziò ad uscire il 18 ottobre 1944 quale «Organo delle Brigate Garibaldi e Fiamme Verdi» e poi anche del Battaglione alleato. Della redazione facevano parte, oltre ai citati redattori del «giornaletto», Ottavio Tirelli e Davide Valeriani “Formica”, mentre l’idea grafica era di Enea Boni “Olindo”. Alla vigilia della Liberazione le due testate scomparvero per dare vita al «Volontario della Libertà», quale organo delle formazioni patriottiche reggiane, in coerenza con il fatto che le brigate entravano a far parte, perdendo le loro denominazioni originali, del Corpo Volontari della Libertà. L’ultimo numero del «Garibaldino» uscì il 18 aprile 1945. L’esordio, 5 maggio 1945 «Il Volontario della Libertà», settimanale, iniziò le pubblicazioni il 5 maggio 1945. Due i “biglietti” di presentazione sul primo numero. Uno era a firma di “Eros”, che ne era il direttore: «Se è terminato il nostro compito di Partigiani, di Volontari della libertà, non è certamente terminato il nostro compito di Patrioti. Come Patrioti noi continuiamo la nostra attività per concretizzare la vittoria in quella ricostruzione morale e materiale che deve portarci alla effettiva realizzazione della democrazia progressiva». Il secondo di Ermanno Dossetti “Ermes”, che sollecitava «la giustizia» e non «il perdono» verso i «collaboratori dei tedeschi [perché] – affermava – perdonare, se è indubbiamente un gesto encomiabile e anzi, da certi punti di vista, doveroso, quando sia l’atteggiamento dell’individuo nei confronti dell’individuo, può essere invece colpevole e dannoso nei rapporti sociali». Al centro della stessa pagina la dichiarazione d’intenti del giornale dei partigiani. Si dichiara:

Da sinistra: Ulisse Gilioli, Lando Landini, Davide Valeriani e Ottavio Tirelli aprile 2015

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«Partigiani! Il nostro giornale continua. Esso rivede la luce in diverso ambiente, in diverso clima. La vita clandestina, nella quale si era formato e temprato, è terminata per “Il Volontario della Libertà”: incomincia ora la vita legale. Come prima però, il nostro giornale, frutto della collaborazione di tutti i partigiani, continuerà ad essere la voce vera e propria dei Patrioti, dei quali, come prima, riporterà le aspirazioni, i desideri, l’attività. È stato il giornale dei “Partigiani” nelle ore dure e difficili della lotta, sarà ancora il giornale dei “Partigiani” nelle ore non meno dure e difficili che ci attendono». L’esordio editoriale nella legalità fu felice, dalle 5000 copie iniziali il giornale nell’arco di poco tempo raggiunse le 14.000 copie (Ulisse Gilioli, che del «Volontario» era stato amministratore, ha parlato di tirature fino a 25.000 copie). Questo a conferma che l’interesse intorno al giornale dei partigiani era grande. Inoltre, per un certo periodo il «Il Volontario», insieme a «Reggio Democratica» (organo in quei primi mesi del ’45 del CLN provinciale), era l’unico giornale, anche se essenzialmente privo di cronaca, a pubblicare notizie molto sentite dall’opinione pubblica reggiana. Nelle pagine partigiane erano, resi noti, infatti gli elenchi dei fascisti prigionieri nelle carceri, degli iscritti al PFR, degli epurati da enti pubblici e aziende private. Il settimanale, per ribadire la necessità di «pulizia» morale e politica, scriveva, in uno dei suoi primi numeri, che «è diritto e dovere di tutti denunciare al comando di polizia della città i fascisti, le spie, i collaborazionisti che ancora si trovassero in libertà. Naturalmente le denunce devono essere fondate, non improntate a sentimenti di odio personale e non anonime». E una rubrica come «La ramazza» ospitava l’elenco dei «repubblichini» epurati dagli enti pubblici e dalle aziende private: Prefettura e Amministrazione provinciale, Consiglio provinciale economico, Amministrazione comunale, Vigili del fuoco, Previdenza sociale, Officine Reggiane, Farmacia comunale, Poste e telegrafi, Banca agricola commerciale, TIMO, SAGIF, Consorzio agrario provinciale, SARSA, Calzificio Marconi, Istituto psichiatrico San Lazzaro, MMM (Manifatture maglierie Milano), ecc. Il settimanale partigiano pubblicava, inoltre, articoli e rubriche fortemente improntati a stigmatizzare comportamenti morali negativi presenti non solo nella società reggiana, ma anche all’interno delle sue stesse fila. Ad esempio, sul numero del 1° luglio 1945 Giovanni Fucili “Fugio” tracciava il profilo del partigiano che doveva «distaccarsi dal resto della popolazione per gentilezza di modi, per morigeratezza di costumi, per coscienza e onestà nel lavoro, per intransigenza contro i disonesti, per chiarezza di vedute politiche, per amore alla Patria, al lavoro, alla giustizia, alla libertà» a contrasto di comportamenti di elementi che si facevano «chiamare patrioti» ma che in realtà si comportavano come delinquenti.

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Osvaldo Salvarani, il comandante “Aldo” delle Brigate partigiane reggiane, a sua volta, in un articolo intitolato significativamente Tradimento, affermava che gli episodi di crimanilità comune commessi da partigiani non solo erano un “sabotaggio e un insulto alla gloriosa opera compiuta fra immani sacrifici e pericoli, ma [erano] anche tradimento…”. Nello stesso articolo, dell’ottobre 1945, Salvarani, condannava senza appello le violenze e gli omicidi compiuti da partigiani. […] Era invece chiara ed esplicita la natura pedagogica del giornale, soprattutto nei confronti dei giovani: «Il compito di educare la gioventù italiana – scriveva Ubaldo Morini “Caput” – è fra i problemi più gravi che la nazione deve risolvere … Meno demagogia vogliono i giovani e più sostanza se si vuole che la “schiera dei cosiddetti senza partito” non aumenti paurosamente a tutto detrimento della vita nazionale». […]. [Stralcio rielaborato del saggio di G. Bertani, Dal «Volontario della Libertà» al «Nuovo Risorgimento». La stampa partigiana dalla Liberazione al nuovo decennio in G. Bertani, M. Carrattieri (a cura di), Voltare pagina. Il giornalismo reggiano dopo la Liberazione (1945-1951). In ricordo di Giorgio Morelli Il Solitario, Reggio Emilia, 2008]


70esimo L’Anpi di Reggio compie 70 anni

Eros ne fu il primo presidente di Antonio Zambonelli > Da

P residenti che si sono succeduti alla C ominciamo dal primo , D idimo F errari , E ros . S eguiranno gli altri predecessori N otari : V ivaldo S alsi , G ismondo V eroni e G iuseppe C arretti <

questo numero cominciamo a pubblicare schede biografiche sui

testa dell ’ANPI reggiana . di

G iacomo

“Eros” tra Papà Cervi e il sen. Silvio Fantuzzi alle sue spalle Nilde Iotti

Sul “Volontario della libertà del 10 giugno 1945 si dava l’annuncio della costituzione dell’ANPI reggiana, con lo scopo di “tenere organizzati tutti i patrioti smobilitati”. E non era un obbiettivo da poco. Da oltre 10.000 gli iscritti furono ben presto 12.862 distribuiti in 74 sezioni territoriali. La maggior parte degli ex partigiani, età prevalente sui 20-25 anni, erano senza lavoro. Il primo dirigente dell’ANPI provinciale, come Segretario (i suoi successori si chiamarono poi Presidenti) fu Didimo Ferrari, “Eros”, Commissario generale del Comando unico e vero e proprio capo carismatico. Eros aveva 35 anni ma già alle spalle un curriculum che rendeva leggendaria la sua figura. Giovinezza trascorsa tra carcere e confino (tra i 22 e i 31 anni), per il suo rigoroso impegno antifascista, condusse la lotta di liberazione con capacità eccezionali di organizzatore politico e militare (Medaglia d’Argento). Anche se fu spesso contestato da figure, altrettanto carismatiche, della resistenza cattolica, come Pasquale Marconi e don Carlo Orlandini, crediamo vada anche a merito di “Eros”, oltre che del prof. Giuseppe Dossetti, se la Resistenza reggiana fu condotta in modo unitario fino alla Liberazione. Del resto, per rendersi conto delle qualità di Eros, si veda il ricco epistolario, conservato nell’Archivio di Istoreco, tra lui e decine di figure militari e politiche della Resistenza reggiana e non solo. Del tutto particolare quello con il comandante azionista Barocci operante in Lunigiana (v. “RS”, n. 29/30): ne emerge un rapporto davvero singolare: l’ex servitore contadino a 11 anni e poi bracciante comunista autodidatta, Eros, accolto come un maestro dal fine studioso di storia dell’arte prof. Roberto Battaglia.

L’Anpi, nata come associazione unitaria, si proclamò da subito “politica ma non partitica”; anche se il suo segretario stava un po’ stretto in questa definizione, mantenendo contemporaneamente diversi ruoli di rilievo anche come dirigente della Federazione comunista. Il capo partigiano, amministratore pubblico e dirigente comunista ebbe non poche gatte da pelare in quella complicata uscita dalla guerra. Sia per il disagio sociale, con tanti disoccupati, che per le questioni di ordine pubblico, connesse anche alla delusione, a volte esasperata, di ex partigiani che, troppo presto smobilitati, rimanevano senza prospettive e allo sbando, sicché “non è stato facile – come scrive lo stesso Eros nel 1947 – convincere i combattenti per la libertà a pazientare ed a vigilare affinché non sorgessero movimenti inconsulti “.(Due anni di lotta per la libertà e la democrazia. 1945-1947, p. 9) E l’Anpi, sotto la sua guida, seppe far fronte a tante esigenze di rinascita con la creazione di cooperative di lavoro, con l’organizzazione di interventi assistenziali, con la fondazione del Convitto scuola della “Rinascita”, da cui usciranno centinaia di quadri e di tecnici che saranno protagonisti del difficile avvio della ricostruzione. Il tutto in un contesto politico generale fatto di battaglie elettorali (amministrative, per la Costituente, per il Referendum istituzionale). L’Anpi ebbe in quella fase il suo quartier generale in una larga parte del vecchio isolato San Rocco: uffici, redazione del settimanale “Volontario della Libertà” (poi “Nuovo Risorgimento”), mensa popolare, il caffé liberty affacciato sui portici, e sovrastanti sala e terrazzo estivo per il ballo. Ed Eros si muoveva instancabilmente tra questa specie di falansterio partigiano e le attigue sedi della Camera del Lavoro e della Federazione comunista (attuali Archivio di Stato, e Comando carabinieri), e connessa Tipografia popolare, scrivendo anche articoli sia per il “Volontario” che per “La Verità” (settimanale del Pci reggiano). E proprio in quella fase, 1946-1947, ebbe avvio, attraverso la collaborazione tra ANPI, UDI, Fronte della Gioventù, Partiti di sinistra (ma anche settori della DC), lo straordinario fenomeno di accoglienza per centinaia di bambini dal Sud (Napoli in particolare) e da Milano. Eravamo poveri ma molte delle case contadine che erano state basi accoglienti per i partigiani della pianura si aprivano ora ad accogliere i bambini da zone ancora più disastrate dalla guerra. Quella di Eros fu una intensa ma breve esperienza alla testa dell’ANPI e contemporaneamente da dirigente comunista. Nel 1948 divenne segretario della Federterra, ma continuò ancora ad occuparsi dell’Anpi, mentre si stava consumando la scissione (conseguenza della spaccatura del mondo in due blocchi) che diede vita all’Apc cattolica e all’Alpi azionista. Sofferente per vari malanni, eredità di una poverissima infanzia e di una travagliata giovinezza (morirà d’angina a soli 47 anni) seppe comunque essere fino alla fine un instancabile lavoratore. aprile 2015

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Come diversi altri suoi compagni, visse il dopoguerra diviso tra impegno sociale concretamente riformista (connesso comunque ad un’attesa messianica di comunismo) ed il ricorrente timore del “colpo di stato reazionario” (cfr “RS”, n. 64/66, 1990). In quel clima alcuni ex partigiani comunisti furono variamente coinvolti in omicidi. A quegli alcuni, Eros accostava esplicitamente “Lino” Nizzoli, segretario della Federazione comunista. Contro di lui condusse una lunga sotterranea battaglia auspicando il ritorno a Reggio di Valdo Magnani per mettere ordine in una federazione in seno alla quale Lino, secondo Eros, aveva creato “un partito nel partito”. Ma gli toccò poi di espatriare in Cecoslovacchia (dopo una latitanza in Romagna) dove rimase dal giugno 1951 al 1955, per sottrarsi ad una condanna basata su di un’accusa dalla quale si difese sempre tenacemente “nella speranza, sempre delusa – scrive Guerrino Franzini – di vedere riaperto il procedimento e di poter provare la sua estraneità al fatto”. “Al compagno D’Onofrio – scrisse nel 1956 in una lunga lettera alla Commissione Centrale Quadri del Pci – spiegai anche che certi fatti erano avvenuti, dopo la Liberazione [...] perché lo stesso segretario di allora, Nizzoli, li aveva direttamente o indirettamente preparati”. Poté tornare a Reggio, dalla moglie Fiora e dalle figliolette Anna e Maura (di 8 e 6 anni) nel 1955. Nato poverissimo, visse in povertà anche gli ultimi quattro anni della sua esistenza, con un modesto e umbratile incarico nella federazione del Pci. Morì a Reggio il 7 ottobre 1959. La sua figura di “compagno molto tormentato e molto sincero” (definizione di Valdo Magnani), per il ruolo che ebbe in anni cruciali della nostra storia, meriterebbe uno studio approfondito, anche avvalendosi dei molti documenti disponibili negli archivi. “Eros” con “Miro” (Riccardo Cocconi). Sotto alcunie immagini dei giorni della Liberazione

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politica

Una società senza mafie di Giancarlo Ruggieri

L’ANPI provinciale di Reggio Emilia ha ritenuto che la pro-

mozione e la difesa dei valori della Resistenza non potessero non comprendere anche la lotta contro la cultura mafiosa e la criminalità organizzata. Alla luce di ciò, ha prontamente aderito all’Alleanza reggiana per una società senza mafie, che annovera la partecipazione di Enti pubblici territoriali (Provincia e Comuni), categorie sociali ed economiche, sindacati, ordini professionali, associazioni di cittadini e realtà giovanili del mondo laico e cattolico. L’atto fondativo dell’Alleanza impegna gli aderenti: 1) - A promuovere azioni di sensibilizzazione culturale, educativa e informativa, nell’ambito di una condivisa strategia complessiva. 2) - A promuovere, nei rispettivi ambiti, azioni di contrasto alla criminalità organizzata di carattere economico e sociale, anche in appoggio alle istituzioni e agli organi a ciò preposti; 3) - A contribuire ad un’attenta e continuativa analisi del fenomeno mafioso e dell’efficacia delle azioni di contrasto. 4) - A partecipare ad un tavolo di confronto, al fine di coordinare le iniziative e di confrontarsi sulle tematiche emergenti dal territorio. Con gli auspici della Provincia, nella solenne sala consiliare, i vari soggetti sottoscrivevano formalmente, in plurime assemblee, le rispettive adesioni. Attraverso tavoli di lavoro tematici, gli aderenti all’Alleanza hanno discusso le comuni problematiche e hanno prodotto documenti, quali il Regolamento dell’Alleanza, il Decalogo Etico per i cittadini e la Carta Etica (questa ultima ancora in fase di perfezionamento). Ultimamente, l’Alleanza ha organizzato il convegno “Appalti a Reggio Emilia tra legalità e burocrazia”, svoltosi il 12.12.2014 nella confortevole sala delle ospitali e collaborative “Fiere di Reggio Emilia”.L’interessante evento, coordinato dal direttore della Gazzetta di Reggio Paolo Cagnan, si è dipanato, dopo gli introduttivi e istituzionali interventi del presidente della Provincia Gianmaria Manghi e dell’assessora Natalia Marmotti, attraverso cinque relazioni tematiche.

In particolare, Paolo Villa, dottore commercialista, s’intratteneva sull’affidamento dei lavori pubblici e sui correlati aspetti di criticità dei meccanismi di scelta del contraente privato. Di poi, Alessandro Millo, direttore della DTL di Modena, illustrava la certificazione dei contratti di appalto, con particolare riferimento ai controlli antimafia, nonché i criteri di valutazione del costo del lavoro e della sicurezza. Le esperienze di vigilanza sugli appalti da parte dei Servizi di prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro venivano riferite dal direttore del SPSAL della ASL di Modena Davide Ferrari. Il consulente del lavoro Gabriele Arveda spiegava gli aspetti giuridici e operativi correlati alla certificazione dei contratti di appalto “genuini” nel settore privato. Infine, la relazione del responsabile del servizio antiriciclaggio del Gruppo Banca Popolare dell’Emilia Romagna Michele Pisani aveva ad oggetto precipuamente l’enunciazione dei presidi antiriciclaggio nel settore degli appalti. In conclusione, sono emersi dal Convegno numerosi elementi sintomatici della insidiosa infiltrazione della criminalità organizzata nelle procedure di assegnazione degli appalti, quali la natura anomala delle offerte, l’eccessivo ricorso alla negoziazione diretta, l’irrazionale eccessivo ribasso dell’offerta, il conflitto di interessi occulto dei funzionari della Pubblica Amministrazione, la manipolazione dei costi, l’alterazione dei prezzi, la scarsa qualità dei prodotti e dei manufatti, la simulazione di servizi inesistenti, la falsa fatturazione, la sospetta vantaggiosa apparenza dell’offerta, il sottodimensionamento delle retribuzioni elargite ai dipendenti delle imprese appaltatrici, l’impiego di meri prestanome, l’abuso dell’inestricabile sistema dei subappalti. Gli Enti conferenti, ai quali incombono cogenti doveri di attenzione e di vigilanza, finalmente convinti dell’estrema pericolosità del sistema del “massimo ribasso”, sembrano – ed era tempo – orientarsi verso il criterio ponderato dell’offerta economicamente più vantaggiosa nel suo complesso, che comprende anche la valutazione della qualità dell’opera e dell’affidabilità dell’impresa aggiudicataria.

“E’ sull’eredità della lotta al nazifascismo che nasce l’Europa!” > Q ui al

di seguito ampi stralci della lettera inviata dall ’ANPI di

R eggio E milia ( e di tutte le altre R omagna ), da I storeco , I stituto C ervi e dall ’ avv . A ndrea S peranzoni P residente della R epubblica , ai P residenti di C amera e S enato , al P residente del C onsiglio M atteo R enzi , ai D eputati e ai S enatori eletti in E milia R omagna . D a segnalare che alcuni D eputati hanno già risposto aderendo con convinzione all ’ iniziativa < province dell ’E milia

Illustrissimi Presidenti, come Associazione Nazionale Partigiani d’Italia di tutte le province dell’Emilia Romagna consideriamo importante informarvi della recente uscita nel corso del 2014 del libro “Le stragi della vergogna. Aprile 1944. I processi ai criminali nazifascisti in Italia, Editori Internazionali Riuniti” di Andrea Speranzoni, avvocato penalista del Foro di Bologna che negli ultimi dieci anni ha difeso numerosi famigliari delle vittime, Enti pubblici e l’ANPI, come patrono di parte civile nei principali processi

istruiti dopo l’apertura dell’ “Armadio della vergogna”. Il libro è il primo volume della collana SEGRETI DI STATO. Molte località delle province emiliano romagnole, tra cui Reggio Emilia, e diverse altre regioni italiane, a partire dalla Sicilia, sono state interessate da disumani e barbari eccidi, effettuati contro i civili “con crudeltà e premeditazione” da parte dei nazisti tra l’autunno del ’43 e l’aprile del ʼ45, con la acclarata collaborazione di fascisti locali. I morti in tutto furono circa quindicimila.[…] aprile 2015

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Ad oggi diversi processi, dopo quasi settant’anni, sono in corso, altri si sono conclusi, con l’impegno di avvocati, giudici e magistrati, Istituti Storici, delle Associazioni dei famigliari e dell’Anpi, che, oltre ad essersi costituita parte civile nei processi in quanto riconosciuta erede legittima della Lotta di Liberazione, ha presentato nel 2012 al Senato un’ampia interpellanza sottoscritta da tutti i componenti del gruppo parlamentare del Pd, mai discussa in Parlamento così non sono mai state discusse le due relazioni della “Commissione Bicamerale di inchiesta sulle cause dell’occultamento dei fascicoli relativi ai crimini nazifascisti” che ha concluso i lavori nel 2006. Il presidente nazionale ANPI Carlo Smuraglia […] è stato inoltre ricevuto alcuni mesi fa dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che ha assicurato il suo impegno in tal senso.[…]. Con un atto che è stato positivamente accolto, il governo recentemente ha deciso la desecretazione degli atti relativi alle stragi, anche quelle nazifasciste. Scrivono Roberto Speranza e gli altri capigruppo: «Gli atti della Commissione (audizioni, resoconti stenografici, elenco delle località e delle vittime, relazioni finali) sono stati raccolti e resi pubblici in quattro volumi. Ad esclusione degli atti su cui la Commissione aveva posto il segreto funzionale, nonché dei documenti formalmente classificati «riservati » o «segreti» dalle autorità di Governo». Come rimuovere in concreto il segreto posto da varie istituzioni e autorità? Come rendere i documenti pienamente accessibili agli studiosi e ai ricercatori? Poiché i grandi crimini contro l’umanità sono imprescrittibili, il motivo della richiesta che con questa lettera i sottoscrittori intendono porvi, consequenziale alla lunga ma necessaria premessa è il seguente. In vista del 70mo della Liberazione, ai fini della ricerca, seppur tardiva di una giustizia giusta, di una ricomposizione delle gravi fratture individuali e delle comunità provocate da stragi disumane e disumanizzanti, per ridare dignità alle vittime, per indurre specialmente i giovani ad una riflessione sulla “banalità del male”, occorre promuovere finalmente una doverosa e approfondita discussione parlamentare delle due Relazioni della Commissione (quella di maggioranza a firma dell’on. Enzo Raisi, quella di minoranza a firma dell’on. Carlo Conti) coinvolgendo gli Istituti storici, l’Anpi, le Associazioni combattentistiche, i partiti politici. Nel corso della discussione si devono trarre le conseguenze di quanto avvenuto e si devono precisare in modo inequivocabile le responsabilità, anche affrontando il difficile tema dei risarcimenti per i danni alle persone e alle cose, e individuare atti, iniziative, organismi finalizzati al consolidamento della memoria, oltre che interrogarsi sulle gravi responsabilità del nostro Paese. Non si tratta di archeologia politico culturale, ma di un doveroso atto contro “l’alienazione della memoria dalla civitas”. I gravissimi attentati in Francia da parte di terroristi dell’Isis, i gravi fatti di corruzione a Roma, con inquietanti collegamenti tra criminali, mafia e gruppi fascisti, i 14 arresti di neofascisti appartenenti ad “Avanguardia Ordinovista”, mentre stavano organizzando atti criminali per sovvertire lo Stato, l’estensione in Italia e in Europa di movimenti che si richiamano a ideologie totalitarie, ci dicono che razzismo, neofascismo e neonazismo sono pericolosamente diffusi in Europa e permeano di una pericolosa deriva xenofoba e di violenza anche i contenuti di alcuni partiti che siedono nel Parlamento europeo! E’ sull’eredità della lotta al nazifascismo che nasce l’Europa! Ci conforta e ci trasmette speranza il discorso di insediamento del Presidente Mattarella che appena eletto con un gesto di alto valore simbolico si è recato in visita alla Fosse Ardeatine. Signori Presidenti sappiamo quanto il percorso delle riforme impegni il Parlamento ma siamo ugualmente fiduciosi nell’accoglienza della nostra richiesta. 14

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Resistenza 2.0

di Anna Fava

“La criminalità organizzata? Ah, non è un nostro problema. O meglio, non è un problema legato alle nostre zone. Noi siamo in Emilia, perbacco, e qui da noi, mica mettono le radici, quelli li.” “ma va là, che noi li abbiamo gli anticorpi. Che noi lavoriamo onestamente, e non abbiamo paura …”. Mi pare di sentirli, questi discorsi. Al bar, nei negozi, sotto i portici dei paesi. Nelle famiglie. Poi, una mattina insieme al caffè-latte, la notizia sui tg nazionali. Ed un numero: 117. Tante erano le persone arrestate. Politici, professionisti insospettabili. Imprenditori. Un po’ in tutta Italia. Ma la maggior parte in Emilia. Reggio, Parma, Modena, Bologna, le loro province, i loro comuni. Quelli dove si lavora. Dove non ci si piange addosso perché se la natura si ribella, le persone si ribellano di più, e ripartono. A testa alta. Noi non abbiamo pianto. Ma loro ridevano. Era già successo a l’Aquila. E questa cosa fa male. Malissimo. Ci siamo svegliati la mattina del 28 gennaio con il sole e con gli elicotteri sulla testa. 189 i capi d’imputazione. Associazione per delinquere di stampo mafioso. E poi, estorsioni, attentati incendiari, droga, armi. Usura. Amianto nella ricostruzione post terremoto. Nella ricostruzione delle scuole. Nelle aree verdi. Nei campi di accoglienza. Quelli allestiti per coloro che avevano perso tutto dopo le scosse del 29 maggio 2012. Qui non ammazzano, troppo costoso. Qui si fan girare i soldi. E magari insieme all’amianto nelle pavimentazioni, si incendiano le auto. O i tetti delle palazzine in costruzione. Oppure le intimidazioni vengono fatte a tu per tu, così. Anche solo per spaventare. Gratteri, Nicaso, Gennari … lo dicevano anni fa. Giovanni Tizian, giornalista, ha denunciato. E vive sotto scorta. A Modena. Sara di Antonio, che a Re vive e lavora, lo ha denunciato in un libro “Mafia. Le mani sul nord”. Enrico Bini, già Presidente della Camera di Commercio di RE ed ora Sindaco di Castelnuovo Monti è stato tra i primi ad accendere i riflettori su “questo cancro” che lentamente, in silenzio, stava invadendo le nostre attività commerciali. E poi “Libera” ed il Consorzio Oscar Romero. L’ex Prefetto, Antonella De Miro che ha fortemente voluto un protocollo antimafia che tante interdittive ha prodotto tra le imprese. E poi “Corto circuito”, la web tv di un gruppo di studenti reggiani ha sollevato il problema più volte. Semplicemente con una telecamera. E delle semplici domande. “Ragazzini” sono stati definiti. Ma proprio perché ragazzini meritano più attenzione. Anche perché loro, questa società, la ereditano da noi. E non è una gran bella eredità. Sono solo alcuni nomi. Quelli che mi vengono in mente. È un elenco incompleto (per fortuna). Me ne scuso. Per fortuna che sono molti di più. Ed io non posso ricordarmeli tutti. Denunciare significa aver coraggio. Lo stesso coraggio che serve ad ammettere che abbiam sbagliato. Che qualcosa c’è scappato di mano. Che non siamo così immuni, che la crisi ci ha reso più deboli e che ci son persone, senza scrupoli che lucrano sulla nostra debolezza. Denunciare significa amare la propria terra e la propria gente. Quella che viene dall’antifascismo, dal lavoro nei campi, dalle fabbriche che han fatto la storia. Quella che ha gli asili più belli del mondo. Denunciare significa accogliere e camminare a fianco a coloro che hanno scelto la nostra terra per viverci e lavorare. Onestamente. Gli immigrati, manodopera a basso costo per queste organizzazioni. Ma anche coloro che vengono dal sud. Che non hanno niente a che fare con questa criminalità. che dalla criminalità sono scappati. E sono la maggioranza. Che resistono. Con rabbia ed orgoglio. E coraggio. Resistere. Oggi più che mai. Resistere. Come 70 anni fa.


politica

La “nuova resistenza” dei ragazzi di Cortocircuito Intervista a Elia Minari

di Anna Fava

I

l presidente del Senato, Pietro Grasso, lo scorso anno ha consegnato loro il “Premio Scomodo” durante il 20° vertice Nazionale Antimafia a Firenze. L’anno prima, Cortocircuito ha ricevuto il premio come “migliore web-tv di denuncia d’Italia”. La motivazione: “il coraggio nel raccontare attraverso videoinchieste e cortometraggi la criminalità organizzata in Emilia”. Hanno ricevuto parole di stima da Gratteri, Caselli e Di Pietro. Si sono meritati titoli sui principali quotidiani nazionali. Sono solo alcuni dei riconoscimenti che hanno ricevuto i ragazzi di Cortocircuito. Ne vanno orgogliosi. A fianco della curiosità mettono il senso civico. Quello della Costituzione. Che dovrebbe essere di tutti. Ad Elia Minari, coordinatore di questa associazione culturale, abbiamo rivolto alcune domande.

senza essere eroi, ma a seconda dei gesti di ogni giorno: ciascuno nel suo ruolo e nel proprio lavoro. L’articolo 4 della Costituzione afferma che “ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale (ovvero culturale) della società”. Dobbiamo cercare di “concorrere”, qualunque sia il nostro ruolo nella società, in questa direzione. L’indifferenza e i silenzi non sono ammessi.

Com’è nata l’associazione culturale Cortocircuito? Cortocircuito è nato nel 2009 come semplice giornalino studentesco delle scuole superiori di Reggio Emilia. Poi la curiosità e la voglia di capire è aumentata. Cerchiamo di approfondire, con dei cortometraggi e delle video-inchieste, la penetrazione della criminalità organizzata di stampo mafioso in Emilia. Affrontiamo questo tema, da studenti, ponendo delle domande e collegando tra di loro vari documenti: delibere comunali, visure delle Camere di Commercio, interdittive antimafia, dossier e atti giudiziari. Partendo da questi documenti abbiamo cercato di analizzare nomi, cognomi, dati, numeri e fatti. Così, ad esempio, abbiamo approfondito gli appalti di una scuola pubblica e i subappalti della stazione Mediopadana Tav di Reggio Emilia. Purtroppo è emersa spesso una scarsa trasparenza che non ci saremmo aspettati di trovare. 117 arresti. Cosa ha significato per voi, il 28 gennaio scorso? Abbiamo ritrovato diversi dei nomi di cui avevamo parlato nelle video-inchieste, come un imprenditore edile calabrese: un soggetto che alcuni anni fa ci aveva minacciati, intimandoci in modo diretto e con parole chiare di non parlare di certi argomenti. Anche lui è stato arrestato. Inoltre, per citare un altro episodio: nel 2013, in una nostra video-inchiesta avevamo parlato di una cena, a cui parteciparono tante delle persone arrestate ora e a cui il prefetto di Reggio Emilia aveva revocato il porto d’armi. Uno degli avvocati allora aveva risposto che quelle persone detenevano armi non perché fossero mafiosi, ma perché nel tempo libero erano anche cacciatori. La realtà probabilmente è diversa da quella che si voleva fare credere. E’ una ragnatela fittissima e ben strutturata quella che emerge dall’inchiesta della magistratura denominata “Aemilia”. Sorprendente è che a finire in manette siano stati anche un giornalista e sei rappresentanti delle forze dell’ordine, impegnati a fare da “talpe”, passando informazioni riservate alla cosca Grande Aracri. Che significato ha per voi “Resistenza” oggi? Significa innanzi tutto resistere contro le mafie. Lo si può fare

Convegno con don Ciotti e la Presidente della Commissiione antimafia Rosi Bindi aprile 2015

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Il senso della Resistenza negli “stranieri” Intervista a Abir Soleiman

di Francesca Correggi > In

occasione del settantesimo anniversario della

L iberazione

ci siamo chiesti come , a distanza di tanti

anni , i valori di democrazia che l ’ hanno animata siano presenti nelle generazioni di oggi e di come queste interpretino il proprio senso di cittadinanza .

N otiziario e torio , ma che In

C ome questo

nei prossimi

In

particolare , vorremmo chiederlo

in questo numero del

ad alcune persone di origine straniera che vivono da tempo nel nostro terri -

“ ereditato ” attraverso la storia della propria famiglia i racconti di settant ’ anni fa . C ome hanno conosciuto la R esistenza ? ne interpretano i valori e come ne leggono l ’ eredità nella R eggio e nell ’I talia di oggi ? numero ne parliamo con A bir S oleiman . L a famiglia è originaria dell ’E gitto , ma A bir è nata in I talia 34 anni fa , vive a R eggio E milia e lavora come giornalista .< non hanno

Abir, vuoi dirci innanzi tutto qualcosa sull’origine della tua famiglia? La mia famiglia è egiziana, più precisamente mia madre è originaria del Cairo e mio padre di Aswan. Essendo nata in Italia non ho un ricordo di migrazione vera e propria, se non attraverso i racconti dei miei genitori. Ancora adesso mi capita di chiedere loro di raccontarmi come sia stato il loro arrivo. Tuttora non riesco a identificare quale tipo di sentimento prevalga nei loro ricordi. E’ come se parlassero di due persone che non sono loro. Avverto una sorta di “distacco”, forse in parte dovuto al tempo che è trascorso dal loro arrivo: ormai vivono a Reggio Emilia da 35 anni. Com’è il tuo rapporto con la tua cultura di origine? Ho un rapporto di grandissima curiosità nei confronti della cultura arabo-islamica, che però non definirei come mia cultura “di origine”. Mi sembrerebbe riduttivo rispetto all’influenza che ha sul mio carattere, sul mio modo di vedere le cose, sulla mia persona. Eppure la cultura arabo-islamica mi appartiene, forse non tanto quanto quella Europea, ma è una parte fondamentale di me. E con il tuo paese di origine? Soprattutto durante l’infanzia ho trascorso lunghi periodi in Egitto. Ma sento che non è stato abbastanza ed avverto una sensazione di mancanza. Spero, un giorno, di poter vivere un pezzo della mia vita in Egitto. Puoi fare qualche considerazione sulla sua attuale situazione politica? Penso che al momento l’Egitto, da un punto di vista politico, stia cercando in tutti modi di ritrovare una certa stabilità e sicurezza interna e di riguadagnare un ruolo leader nell’area mediorientale. Dopo le rivolte arabe iniziate nel 2011 ci sono state le prime elezioni democratiche nel 2012, con un governo che però non ha retto molto e nel 2013 abbiamo assistito ad una sorta di “restaurazione”, con il potere ritornato nelle mani dell’Esercito, attraverso un colpo di stato fondato comunque su una legittimazione popolare, di piazza. Mi rammarica molto che le elezioni ancora non rappresentino uno strumento valido per la legittimazione del potere in Egitto. Quando è stata la prima volta che hai sentito parlare della Resistenza e qual è stato il tuo primo approccio nei confronti di questa parte della storia d’Italia? 16

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Di Resistenza ho sentito parlare per la prima volta a scuola, alle superiori direi, e il primo approccio è avvenuto di fronte ad una proiezione di un film sulla Shoah, di cui però non ricordo il titolo. Ricordo invece bene l’orrore che provai. Sono molto affezionata all’istituto per la ricerca storica Istoreco e ad alcune delle persone che ci lavorano, Matthias Durchfeld in particolare. Sarebbe insufficiente affermare “mai più”, se poi non ci fossero persone capaci di raccontare ai più giovani, con parole semplici, una storia complessa. Nel mio caso - come per tanti altri giovani nati in Italia da famiglie provenienti da altri paesi - la mancanza di nonni e familiari in grado di trasmettere la Memoria potrebbe creare dei vuoti e delle fratture rispetto al contesto in cui si vive. Reggio è sempre più multiculturale e penso che avere una “storia comune” sarà sempre più importante per la convivenza di persone che hanno background culturali e linguistici così differenti.


società Ti è sembrata una storia lontana o ne vedi l’eredità anche nella Reggio in cui vivi? Non è affatto una storia lontana, penso di averlo realizzato quando da adulta ho viaggiato e trascorso periodi relativamente lunghi all’estero. Diciamo che se un reggiano e un americano parlassero di diritti, libertà e uguaglianza, credo che il reggiano abbia buone probabilità di essere più convincente, anche se gli Stati Uniti sono una democrazia avanzata. Potrebbe sembrare una battuta, invece sono serissima. Hai la cittadinanza italiana? Cosa pensi sull’attuale legge sulla cittadinanza? Sì, ho acquisito la cittadinanza al compimento del 18° anno. Essendo nata in Italia - anche se da genitori stranieri - non ho dovuto far fronte ai procedimenti lunghi che riguardano di norma i cittadini stranieri. E’ positivo che sia più agevole acquisire la cittadinanza almeno per chi nasce in Italia, ma sono convinta che si dovrebbe tendere verso lo jus soli e consentire anche ai giovani che non sono nati qui, ma che compiono gli studi in Italia, di essere cittadini a pieno titolo. Parlare di immigrazione e di una riforma della legge sulla cittadinanza politicamente non paga in termini di consenso. Ma è una miopia di cui l’Italia pagherà un caro prezzo perché rischia di privarsi, con il tempo, non solo dei propri cervelli in fuga, ma anche di quelli dei giovani di “seconda generazione”, che essendo “naturalmente globali” sarebbero linfa per la competitività. Sarebbe opportuno riformare la legge sulla cittadinanza, per una questione di civiltà certo, ma anche e soprattutto per ragioni di carattere economico. Credi che il patrimonio di valori che porta con se’ la resistenza (la liberazione dalla dittatura, la democrazia) possano essere di valore sovranazionale? La democrazia può essere un valore per alcune nazioni, ma non credo che possa essere una forma di governo valida per ogni situazione. Voglio però credere che vi sia insita nell’umanità una spinta al progresso, perciò non perdo la speranza che anche le popolazioni di paesi oppressi possano un giorno trovare la propria via per libertà.

Senti tuo questo patrimonio e se sì/no perché? Vorrei rispondere che sì, lo sento mio. Invece devo essere onesta e dire che faccio del mio meglio per essere all’altezza di quei valori, ma che ho ancora molta strada da percorrere. E’ difficilissimo, se penso a come agisco nella mia vita quotidiana, come cittadina e come giornalista. Ad esempio, per me è ancora difficile riconoscere pari dignità a un punto di vista opposto al mio ed è uno sforzo che cerco continuamente di compiere. Cosa significa resistere secondo te? Significa essere capaci di mettere in discussione il proprio punto di vista, o almeno provarci. Significa non lasciare che un’ingiustizia, anche la più banale, accada sotto il nostro sguardo indifferente. Significa, anche se non è quasi mai conveniente, stare dalla parte dei più deboli.

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Una palestra di educazione civile La scuola superiore “Don Zeffirino Iodi-Galvani” di Reggio Emilia

di Anna Parigi

C

ooperativa Reggiana Educatori con Officina Educativa, in collaborazione con le sezioni ANPI di San Pellegrino, Dorina Storchi “Lina” e SPI Reggio Emilia, hanno preso parte ad un interessantissimo progetto presso la scuola superiore Don Zeffirino Iodi / Galvani: PALESTRA DI EDUCAZIONE CIVILE. Il progetto ha impegnato i ragazzi partecipanti, circa 35, in 12 incontri tutti collegati tra loro tramite i temi della partecipazione e della cittadinanza attiva. Le “lezioni” sono state inaugurate proprio dalla nostra Associazione (14 Novembre 2014) attraverso una performance, “Dentro la Resistenza”, con canti (live della Brigata Lambrusco), filmati storici e testimonianze, ha fatto ripercorrere ai ragazzi le varie fasi che diedero vita alla stagione della Resistenza e successivamente alla Liberazione. Gli studenti dopo questo primo approccio hanno avuto la possibilità di confrontarsi con diverse realtà della città, impegnate nella difesa dei diritti e della legalità, inoltre hanno avuto modo di conoscere e lavorare sulla nostra Costituzione. Ultima occasione che ha vista impegnata l’ANPI è stata “Partecipo quindi Resisto” (20 Febbraio 2015), anche questo incontro è stato caratterizzato da un diverso modo di comunicare con i ragazzi ed ha avuto la partecipazione di un gruppo musicale rap (Moro, K-Osa e Mantra) e del partigiano Vincenzo Biggi come testimone diretto della stagione della Resistenza. Con questa ultima performance si è voluto consegnare ai ragazzi una specie di testimone, una Costituzione “in bianco” perché su di essa appuntino i loro pensieri ed i loro desideri per il futuro e per la società in cui desiderano vivere e crescere. Al termine del pomeriggio hanno voluto ringraziare la nostra Associazione con una bellissima lettera (che pubblichiamo qui a fianco), che ci ha commossi, e che ha confermato la straordinaria importanza ed efficacia del progetto.

Reggio Emilia, 20 Febbraio 201 5 “Carissimi signori dell’ANPI, noi ragazzi della Palestra di Educazione Civile dell’Istituto Galvani lodi vogliamo ringraziarvi della disponibilità nell’aver reso molto interessanti i nostri pomeriggi, arricchendo le nostre menti e i nostri cuori con storie e canzoni della nostra cultura, di ciò che è successo parecchi anni fa ma che non va assolutamente dimenticato. Tutto ciò è prezioso per noi giovani perché si incontrano diverse generazioni che hanno entrambe qualcosa da imparare l’una dall’altra e quest’incontro fa sì che si conoscano o che comunque si rinfreschino avvenimenti molto significativi che hanno interessato le nostre famiglie e la nostra patria. Con queste parole noi ragazzi vi diciamo grazie per averci dedicato il vostro tempo e per averci accompagnato in questo bellissimo percorso!”.

In alto: Anna Parigi. Qui a fianco il gruppo al lavoro (Foto A. Bariani) 18

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cultura

70 anni fa fu impiccato il teologo antinazista Bonhoeffer di Antonio Zambonelli

Da sinistra Bethge e Bonhoeffer

Nella prossima estate a San Polo uniremo il suo ricordo a quello dell’amico Bethge

Tra fine giugno e inizio luglio prossimi (data esatta da destinarsi) si terrà a San Polo una giornata di studio sul grande teologo e “punta di diamante” della resistenza tedesca antinazista Dietrich Bonhoeffer, impiccato per ordine personale di Hitler il 9 aprile del 1945, nel campo di concentramento di Flossenburg, dopo due anni di detenzione e di torture nelle carceri della Gestapo. Fermo ed aperto oppositore del nazismo, era stato arrestato il 5 aprile 1943 in quanto identificato come partecipe di una cospirazione clandestina contro Hitler, assieme a numerosi alti funzionari e ufficiali della Wehrmacht, quella cospirazione che porterà al fallito attentato del 20 luglio ‘44 contro il Führer. Nato nel 1906 in una famiglia di borghesia intellettuale e di alti funzionari statali, Bonhoeffer si laurea in teologia a soli 21 anni, nel 1927. Nel 1931 è già libero docente presso la facoltà teologica dell’Università di Berlino e viene ordinato pastore. Autore di vari saggi, compie diverse esperienze come conferenziere e “professore in visita” a livello internazionale. All’avvento del nazismo al potere, è tra i primi – e pochi – a prendere apertamente posizione contro l’antisemitismo. Sua è la famosa invettiva “Chi non grida a difesa degli ebrei non è degno di cantare il gregoriano!”. Mentre vasti settori delle chiese cristiane (sia quella protestante, come la sua, che quella cattolica) mantengono atteggiamenti che potremmo definire eufemisticamente “di prudenza” (ma spesso di “collateralismo”) egli è tra quanti, nella chiesa protestante, si ribellano all’accettazione delle imposizioni naziste. Eccolo allora partecipe, con altri, della “Chiesa confessante” in contrapposizione a quei “Deutsche Christen” (Cristiani tedeschi) che si erano passivamente accodati al nazismo. “La mia chiesa – scriveva nel 1940 – è stata muta quando avrebbe dovuto gridare, perché il sangue degli innocenti gridava al cielo… si è resa colpevole della morte dei più deboli e indifesi”. Bonhoeffer, che per nascita apparteneva al ceto dirigente tedesco, assunse esplicitamente la colpa della propria classe nell’aver favorito l’ascesa al potere di Hitler. E fu con questo spirito che assolse ad un ruolo importante nella cospirazione antihitleriana, stabilendo contatti con personalità

politiche di primo piano in Svezia e in Inghilterra. Fu, in particolare, con questo spirito che nel 1939 rinunciò ad un esilio dorato negli USA, dove gli si prospettava una brillante carriera universitaria, per rientrare in Germania e condurre lì la propria battaglia contro il nazismo. Una battaglia che continuerà anche nei lunghi mesi di detenzione, attraverso gli scritti fatti uscire clandestinamente dal carcere grazie alla complicità di una guardia. Dal carcere berlinese di Tegel, dove rimase fino ai primi di ottobre del ‘44 (poi finirà in quello della Gestapo) gli fu possibile far giungere all’amico, a sua volta pastore evangelico, Eberhard Bethge, scritturale della Wehrmacht in Italia, e per vari mesi a San Polo d’Enza, numerose lettere e scritti che a sua volta Bethge rispediva in copia in Germania, ad amici fidati. Arrestato a sua volta come antinazista, Bethge fece in tempo a bruciare gli scritti di Bonhoeffer che teneva con sé, ma nel dopoguerra recuperò le copie spedite in Germania. Fu così che a cura dello stesso Bethge potè venire pubblicato il libro Resistenza e resa. Un testo di eccezionale valore che noi oggi possiamo leggere come una lunga Lettera di un condannato a morte della Resistenza europea. O se si vuole, parafrasando Sant’Agostino, come una lunga Epistola d’un Uomo agli altri uomini. Per questo i due teologi e pastori protestanti verranno ricordati a San Polo, e precisamente negli spazi di Villa Triglia, gentilmente messa a disposizione dagli attuali proprietari signori Albarelli, cioé in quella villa che fu sede del distaccamento del Servizio informazioni della Wehrmacht dove Bethge aveva il suo ufficio di furiere. Bethge (1909-2000) fu liberato dal carcere dai sovietici proprio il 25 aprile 1945, poco prima del previsto processo che avrebbe avuto lo stesso esito mortale che aveva avuto per l’amico Bonhoeffer e per oltre 4.000 alti ufficiali, funzionari e intellettuali nel quadro della feroce vendetta di Hitler contro i congiurati del 20 luglio ‘44. Tutto il resto della sua lunga vita lo dedicò, oltre agli impegni di pastore evangelico, alla valorizzazione e alla pubblicazione degli scritti di Bonhoeffer, anche come presidente del Comitato internazionale Bonhoefferiano. Quando pochi anni prima della sua morte venne a San Polo, dove gli fu conferita la cittadinanza onoraria, pronunciò parole, tradotte da Matthias Durchfeld, cariche di una straordinaria emozione nel ritrovarsi per la prima volta, decenni dopo, in quegli stessi luoghi in cui aveva salvato gli scritti del grande amico. Ricordare insieme le due figure di Bonhoeffer e Bethge potrà essere anche un’occasione, in un periodo di smarrimenti come l’attuale, per ripensare le radici antifasciste dell’Europa. Assieme agli amici dell’Anpi e dell’Amministrazione comunale di San Polo, e d’intesa con Istoreco, stiamo prendendo contatti per la più precisa definizione di una giornata di studi che non mancherà di destare attenzione anche fuori d’Italia. Proponiamo che sul muro di contenimento del vialetto che porta a Villa Albarelli venga posta una targa commmemorativa di questo tenore: NEL 70° DEL MARTIRIO / DI DIETRICH BONHOEFFER/ PASTORE EVANGELICIO E TEOLOGO / IMPICCATO A 38 ANNI IL 9 APRILE 1945 / NEL LAGER DI FLOSSENBUERG /IL COMUNE DI SAN POLO POSE / PER RICORDARE CHE NELLA VILLA QUI SOPRA / EBERHARD BETHGE NELL’ESTATE 1944 / CLANDESTINAMENTE RICEVETTE E SALVO’ / GLI ULTIMI SCRITTI DEL SUO AMICO FRATERNO. aprile 2015

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R-Esistere

Memoria della Resistenza e nostalgia del futuro > I l giorno della M emoria , 27 gennaio u . s ., il P residente G iacomo N otari , il S egretario , e storico , A ntonio Z ambonelli , hanno incontrato studenti del BUS P ascal , per un colloquio su M emoria attiva , V alo ri della R esistenza ed impegno nel presente . A d attualizzare il tema la studentessa universitaria e socia ANPI F rancesca N icolini , che ha raccontato , anche per immagini , l ’ esperienza da lei compiuta in C alabria sulle terre confiscate alla ‘N drangheta , proprio nella zona tra C utro e I sola C aporizzuto . D i seguito il testo frutto di una successiva elaborazione collettiva degli studenti <

U

omini e donne che combattono fianco a fianco coraggiosamente per un domani migliore, per la libertà. Questa è una fotografia mentale che ogni reggiano dovrebbe avere nel suo cuore, una fotografia che descrive in modo molto essenziale, ma altrettanto efficace una parte davvero importante della nostra storia. Possedere questa fotografia non è necessario solo per ricordare ciò che è accaduto nelle nostre terre, ma è essenziale per il nostro presente e il nostro futuro. La lotta partigiana nelle nostre terre è stata particolarmente forte, ha visto scendere in campo fianco a fianco giovani e anziani, uomini e donne, tutti accomunati dalla voglia di libertà e di cambiamento. In un periodo, quello della seconda guerra mondiale, molto difficile da affrontare, soprattutto per i giovani che si vedevano negare la vita nel suo momento più bello, si sviluppano nel nostro territorio, dalla pianura alla montagna, dei gruppi di resistenti pronti a tutto pur di liberare le proprie città, le proprie case e le proprie famiglie. Non era certo facile decidere cosa fare, la guerra colpiva già da molti anni le famiglie che vedevano i giovani partire e non più tornare, ma la voglia di cambiamento era così tanta da spingere molti a lasciare le proprie certezze, per quanto fossero poche, per tentare la grande impresa della resistenza . È proprio nel clima oppressivo della seconda guerra mondiale che nasce la voglia di cambiare, l’impulso per la costruzione di una società più giusta. I giovani che decidono di schierarsi contro il nazifascismo prendono in mano il loro coraggio e in tutti i modi possibili tentano di riprendere in mano la propria vita e la vita del proprio paese. La resistenza reggiana è stata un esempio intramontabile di quanto un popolo unito possa essere forte davanti anche alle più grandi ingiustizie. È indispensabile ricordare ciò che è successo, ricordare le migliaia di giovani

uccisi mentre cercavano giustizia ed è indispensabile che tutto questo funga da esempio per le future generazioni. Si potrebbe pensare che la lotta per la libertà sia finita con la resistenza partigiana, ma la nostra città ci dimostra che non è così. La lotta partigiana è stata certamente un grande esempio e anche grazie a questa, a Reggio Emilia, la passione per la resistenza non è mai tramontata. Ancor’oggi molti giovani lottano per la liberazione del loro paese da un male che ci affligge silenziosamente. Grazie all’associazione Libera molti giovani reggiani sono tutt’ora impegnati nella lotta alla mafia, questi ragazzi spinti dal sentimento di giustizia e libertà che spingeva anche i loro coetanei settant’anni fa hanno deciso di prendere in mano il loro futuro. Come chi decise di entrare a far parte della resistenza partigiana, anche i ragazzi d’oggi hanno il diritto e il dovere di scrivere il loro futuro e per ottenere un futuro giusto e libero è necessario rifarsi agli esempi di chi è riuscito a costruirsene uno. Ricordare il ruolo dei partigiani nella resistenza è oltre a un dovere morale anche un modo essenziale per costruire un futuro del quale andar fieri. Quei ragazzi che lavorano, assieme a Libera, nelle terre confiscate ai mafiosi e trasmettono la loro passione nella lotta contro la mafia hanno raccolto il testimone di chi ha combattuto per liberare la città nella quale oggi viviamo. La promessa dei giovani verso chi ha lasciato nelle loro mani un mondo forse non perfetto, ma certamente migliore di ciò che era, dovrebbe essere proprio questa: ricorderemo e resisteremo, non lasceremo mai che ciò che è stato fatto con tanta fatica venga rovinato. Un ringraziamento speciale a Giacomo Notari, il Partigiano “Willy£, Antonio Zambonelli e Francesca Nicolini per l’incontro tenutosi all’Istituto “B. Pascal”. Simone Tagliati

Giacomo Notari “immerso” fra gli studenti del BUS Pascal. Seduta sul tavolino Francesca Nicolini 20

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cultura

Un convegno per parlare di donne e Ricostruzione di Gemma Bigi

Parlando di Liberazione spesso si ragiona come se la fine della guerra avesse coinciso per incanto con la ricostruzione. Raramente si entra nel merito di anni difficili in cui si è dovuto re-imparare a fare tutto e inventare il resto. Anni di macerie e di vita che doveva riprendere la sua normalità: la scuola per i più piccoli, il lavoro per i più grandi con contratti equi, terra ai contadini, pari opportunità, giustizia. Urgeva la vita e il futuro. Se poi si è entrati nel merito, quasi mai le donne hanno potuto raccontare il loro ruolo, il futuro che hanno iniziato a costruire fin dalla Resistenza e che dal ‘45, faticosamente, si è fatto sempre più realtà. Il Coordinamento femminile Anpi ha così deciso di dedicare il terzo convegno nazionale proprio a questo periodo storico, dopo quello sulle Primavere arabe alla Festa nazionale di Marzabotto, e a Milano sulla violenza e il coraggio delle donne in epoca fascista. “Ricominciare. Donne che costruiscono, 1945-1948” si è svolto a Roma l’11 ottobre scorso, ospitato dall’Istituto Luigi Sturzo, e ha avuto il merito di cercare di aggiungere un pezzo alla storiografia corrente. Il convegno è nato da una semplice domanda, come riportato nel comunicato dell’Anpi nazionale: “che ne è stato delle donne che per cinque anni avevano saldamente tenuto in piedi quel che restava del nucleo familiare, protetto e sostenuto gli sbandati, i renitenti, i fuggiti dai campi di concentramento, i partigiani? E delle 35.000 partigiane, delle 70.000 dei Gruppi di Difesa della Donna che, con le armi e senza armi, avevano partecipato alla Resistenza?” “La risposta – leggiamo - è che la maggior parte osservò la montagna di macerie davanti a loro e decise che bisognava rimboccarsi le maniche, assumersi quella responsabilità personale e collettiva che, durante la guerra, avevano imparato a esercitare. Che bisognava costruirla quella democrazia che avevano immaginato senza averla mai conosciuta. Così entrarono nei Consigli comunali, qualcuna diventò sindaco. Entrarono nei sindacati. Costruirono associazioni di sole donne per esercitarsi a essere protagoniste, elaborare propri programmi per cancellare le discriminazioni cui erano state sottoposte da sempre. Entrarono in Parlamento, nell’Assemblea Costituente e lottarono per la parità dei diritti”. Scritto così sembra un percorso lineare, senza ostacoli o dubbi, senza passi falsi, mentre fu una storia di piccole conquiste, di lunghe battaglie e, soprattutto, d’invenzioni continue. Moderato da Floriana Rizzetto del Coordinamento femminile Anpi, che ha ricordato quanto ci sia ancora da fare sulla parità fra donne e uomini, e dopo aver letto il saluto inviato dalla Presidente della Camera Laura Boldrini, il convegno è stato aperto dalla partigiana e fondatrice dell’UDI-Unione Donne Italiane, Marisa Rodano, che ha ricordato le tappe fondamentali che hanno portato le donne dall’epoca liberale alla Repubblica attraverso fascismo e Resistenza, divenendo cittadine con diritto di voto e di rappresentanza, immediatamente attive nella ricostruzione. Annabella Gioia entra nel vivo del convegno intervenendo su “Modelli femminili fra guerra e dopoguerra”. A lungo si è parlato di ‘contributo’ di donne alla Resistenza mentre la realtà è più complessa. Agirono attivamente a più livelli, per la prima volta agirono per sé stesse”. Una trasformazione sia personale che

collettiva che, per emergere, ha avuto bisogno di studi specifici arrivati solo di recente. Gioia ha confrontato anche lo spazio dato dalla propaganda di regime alla donna fascista, facendo appello ai valori tradizionali, in contrasto con la partigiana in armi che tante difficoltà suscitò anche fra le fila dei resistenti. Tuttavia furono proprio le donne antifasciste a sentirsi portatrici di diritti, capaci di rivendicarli. Sognavano una società nuova in cui essere protagoniste. Nacquero così associazioni quali l’UDI e il CIF, per costruire una società che somigliasse loro, consapevoli di aver acquisito il diritto a far sentire la propria voce grazie alla Lotta di Liberazione. L’argomento delle organizzazioni femminili è stato poi approfondito dalla docente Fiorenza Taricone con l’intervento “Nasce l’associazionismo femminile”. L’associazionismo femminile non nasce, ricorda, dopo la guerra ma ri-nasce riprendendo l’esperienza dell’epoca liberale, diretta discendenza dell’associazionismo operaio. La Resistenza poi segna la nascita di un associazionismo nuovo, di rottura. La parte pomeridiana, dopo lo spettacolo di Manuela Valenti, è stata dedicata al dopoguerra e aperta dalla testimonianza di protagoniste della ricostruzione e della ripresa. Intervistate da Debora Migliucci, sono intervenute Alba Orti per il mondo sindacale, e Jone Bartoli prima donna assessore regionale. La Bartoli si è soffermata sul clima di quegli anni. Ha fornito la mappa delle realtà associazionistiche, opere di carità, istituzioni che operavano negli anni della ricostruzione, spiegando in che ambito agivano e quindi tutti i vari soggetti con cui assessori e consiglieri dovevano relazionarsi. Si doveva garantire un’alimentazione minima, la ripresa delle lezioni scolastiche, sgomberare i paesi dalle macerie, ricostruire i ponti... Le donne furono protagoniste dell’organizzazione dei servizi necessari, fondamentali ‘staffette’ di collegamento fra le esigenze della popolazione e i nuovi amministratori. Quando poi venne il momento di esercitare il diritto di voto ben 21 donne vennero elette all’Assemblea Costituente. “Quando si diventava assessore o consigliere si era espressione di centinaia e centinaia di donne. Qui stava la forza”. Si è così arrivati all’ultimo intervento della giornata, dedicato a

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“Le donne nella Costituente”, trattato da Maria Teresa Antonia Morelli che ha analizzato gli articoli riguardanti parità e uguaglianza dei diritti per cogliere il fondamentale contributo delle donne elette a giungere a risultati determinanti, facendo emergere la loro consapevolezza e quanto fossero chiari gli obiettivi. Diversi poi gli interventi dal pubblico che hanno animato la chiusura del convegno fra cui, particolarmente apprezzato, quello di Aude Pacchioni, presidente Anpi di Modena, la quale ha rimarcato quanto serva una memoria a trecentosessanta gradi: “Bisognerebbe che la storia la facessero gli storici, siano essi uomini o donne. Ma non due storie, una maschile e una sul nostro contributo, ma una storia completa”. In questa direzione sono andate anche le conclusioni del Presidente dell’Anpi Nazionale, Carlo Smuraglia. “Bisogna riuscire sempre – ha affermato – a rivolgersi a tutti anche se parliamo di donne, perché noi lo facciamo per tutti. È un auspicio per l’avvenire: un buon convegno stimola interrogativi e nuovi convegni solo se fa memoria attiva”. Un problema però, sollevato dallo stesso presidente, è che di storici maschi che si siano occupati di questi temi in modo approfondito praticamente non ce ne sono, quindi sicuramente serve una riflessione il più estesa ed estendibile possibile con il contributo di una rete proprio come quella dell’Anpi. Ecco perché il prossimo appuntamento convegnistico è già calendarizzato e riguarderà i Gruppi di Difesa della Donna. Ci si vedrà dunque a Torino nell’aprile 2015. [stralcio dal numero di “Patria” ottobre-novembre 2014]

Una microstoria che diventa una finestra su un periodo decisivo del nostro Paese «Il romanzo ripercorre alcuni episodi della guerra partigiana, fornendone una visione non retorica e attenta ai dettagli quotidiani allargando la visuale alla vita contadina nell’Emilia del periodo fascista. La narrazione, sul filo della memoria di una giovane partigiana, procede per piccoli quadri che, alla fine, danno conto non solo delle storie private, ma anche di una parte significativa della storia del nostro Paese. Ciò che più resta dalla lettura del libro è la coerenza di un percorso e la capacità di trasmetterne l’essenziale anche attraverso “Il cielo pieno di nodi”. E, forse soprattutto, per quel tocco di leggerezza e curiosità “giovanili” che l’autrice mette nel ricordare le caotiche e poco raccontate esperienze della formazione dell’Italia democratica». Teresa Vergalli è nata a Bibbiano, in provincia di Reggio Emilio, nel 1927. E’ stata staffetta partigiana e ha lavorato nell’UDI e nelle organizzazioni del Partito comunista italiano, a Reggio e poi a Novara. Come insegnante ha partecipato attivamente al movimento di innovazione didattico dagli anni ‘70 in poi. Ho curato per 15 anni presso lo scuola “Don Albero” di Roma-Cinecittà uno esperienza didattica sui beni culturali e i giornali scolastici, vedi: http//:ilgiornalino-scolastico.blogspot.com

Nuvole Partigiane

ANITA

Anita è una ragazza. Anita è figlia di un fascista. Ragazza quasi ventenne, Anita è nata e vissuta in un mondo chiuso, duro, violento, quella della dittatura fascista. Anita, in questo universo opprimente, si troverà a dover compiere una scelta, dove la posta in gioco sarà altissima. SCUOLA INTERNAZIONALE DI COMICS Reggio Emilia

Disegni

La storia completa di “Anita” apparirà nei numeri del “Notiziario Anpi”: 4 (aprile 2015), 5-6 (giugno e luglio 2015); 7-8 (settembre-ottobre 2015); 9 (dicembre 2015) e 1-2-3 (gennaio-marzo 2016)

Angela Fato

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società

La nonviolenza nel XXI secolo Intervista a Pasquale Pugliese, segretario del Movimento nonviolento

di Anna Parigi Ai nostri lettori vorremmo prima di tutto spiegare cos’è la Scuola di Pace di Reggio Emilia, quando e nata e qual è la sua mission principale. La Scuola di Pace di Reggio Emilia è nata ormai quasi 10 anni fa, ufficialmente il 30 gennaio del 2006, data simbolica in quanto anniversario della morte di Gandhi, promossa dall’Amministrazione Comunale di allora e da diverse associazioni di volontariato attive nel territorio che hanno aderito alla proposta di creare una piattaforma di studi, ricerca e formazione sul tema della pace e della trasformazione nonviolenta dei conflitti. In questi nove anni sono passate molte stagioni che hanno visto calare progressivamente le risorse inizialmente dedicate al progetto, che ormai si fonda quasi esclusivamente sul volontariato che – per gli aderenti – si somma a quello svolto nelle rispettive associazioni. Alla luce dei fatti accaduti in Francia, ai numerosi attentati e alle guerre nel mondo e alle porte dell’Europa (Ucraina/Russia), cosa si intende oggi per pacifismo e non violenza? Nei mesi passati prima della tragica vicenda di Charlie Hebdo – papa Francesco aveva ammonito sul fatto che “la terza guerra mondiale è già iniziata”, seppur spezzettata e diffusa nei molti scenari bellici che stanno divampando sul pianeta, e l’economista Loretta Napoleoni su “Il fatto quotidiano” gli aveva fatto eco sottolineando che “la terza guerra mondiale assomiglia ad una nebulosa di conflitti che ricordano quelli dell’era pre-moderna, gestiti non da stati sovrani ma dai signori della guerra, dai terroristi e dai mercenari, il cui scopo ultimo è la conquista del potere per sfruttare popolazioni e risorse naturali.” Siamo difronte ad uno scenario di homo homini lupus da terzo millennio che narra di un pianeta che sta progredendo follemente sul piano della proliferazione bellica, anziché avanzare su quello della costruzione di un presente e un futuro di pace. Lo hanno certificato, tra gli altri, anche i ricercatori del “Rapporto Global Peace Index” del 2014 i quali hanno stimato l’impatto economico di guerre e violenze sul pianeta – solo per lo scorso anno – in 9.800 miliardi dollari US, quattrocento miliardi di dollari in più rispetto all’anno precedente. Qualcosa come l’equivalente dell’11,3 percento del PIL mondiale. Una follia nella follia, difronte al dramma della crisi economica mondiale. Dopo i tragici fatti di Parigi, ma anche delle atrocità che vengono commesse dalle guerre e dai terrorismi in ogni parte del mondo, credo che sia necessario spezzare tutti i fucili: i loro kalashnikov e le “nostre” bombe che insanguinano la Siria, la Libia, l’Iraq e molti altri Paesi. Penso che sia compito della nonviolenza stare dalla parte delle vittime, che sono i giornalisti e i poliziotti francesi, ma sono anche i civili dei Paesi dove è stata esportata la “guerra al terrorismo”, che invece il terrorismo sta alimentando. Contro la spirale guerra/terrorismo/ la “nonviolenza” è l’unica risposta efficace. Tanto sul piano internazionale quanto sul piano interno. Una risposta che oggi si concentra sulla Campagna “Un’altra difesa è possibile” per la costituzione della difesa civile non armata e nonviolenta nel nostro Paese. E’ una proposta di legge di iniziativa popolare che rappresenta un salto di qualità per il movimento per la pace. Fino a non molto tempo fa, difronte alle diverse esplosioni belliche, “i pacifisti” si limitavano prevalentemente a fare appelli o mobilitazioni estemporanee che

28 febbraio 2015. Sala del Tricolore germita per il convegno su Mario e Fermo

servivano poco a fermare realmente le guerre. Oggi – insieme alla “Campagna Taglia le ali alle armi” contro i caccia F35 che incalza i governi con dati incontrovertibili – il movimento per la pace italiano ha avviato un nuovo percorso condiviso, con lo scopo di mettere al centro della propria azione gli unici strumenti davvero efficaci per una lungimirante politica di pace: il disarmo e la costruzione delle alternative alla guerra. Le ragioni e gli obiettivi della Campagna sono descritti sul sito nazionale http://www.difesacivilenonviolenta.org/. Il Consiglio comunale di Reggio Emilia ne ha già approvato l’adesione e molti altri comuni lo stanno facendo man mano. E’ molto importante che tutti i cittadini firmino, al più presto, presso gli URP e le Segreterie comunali. Per contatti con il Comitato promotore reggiano scrivere a puglipas@gmail.com. L’ultimissima richiesta è se mi dici qualcosa sulla storia di Mario e Fermo, che è stata a ricordata lo scorso 28 di febbraio. Nel febbraio del 1915 quella che sarà ricordata come la “grande guerra” era già dilagata, in pochi mesi, in gran parte d’Europa. La “meglio gioventù” italiana si opponeva all’ingresso del nostro Paese nella “inutile strage” con manifestazioni e scioperi da Sud a Nord. Molta di quella gioventù diventerà carne da macello nelle trincee – come ha magistralmente raccontato anche Ermanno Olmi nel suo struggente e terribile film “Torneranno i prati” – uccisi dal fuoco “nemico” o dal fuoco “amico”, fatti passare per le armi dagli ufficiali italiani che si trovarono a fronteggiare quasi un milione di renitenze alla guerra. Ma la mattanza della “meglio gioventù” italiana era cominciata alcuni mesi prima del 24 maggio, precisamente la sera del 25 febbraio proprio a Reggio Emilia, quando i due giovanissimi operai Mario Baricchi e Fermo Angioletti furono uccisi dai carabinieri mentre partecipavano alla manifestazione pacifica contro il comizio interventista di Cesare Battisti, per urlare il loro “No alla guerra!”. Di fronte al teatro Ariosto, nella piazza oggi beffardamente chiamata “della Vittoria”, dove una imponente statua fascista ne ricorda beffardamente i “caduti”, mentre Mario e Fermo – che quei caduti volevano risparmiare e per questo caddero a loro volta – sono stati dimenticati per quasi un secolo, in una città pur attenta alla sua memoria civile. aprile 2015

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Dal 2011 la Scuola di Pace di Reggio Emilia, insieme all’ANPI, a Istoreco, al Centro di Documentazione Storica di Villa Cougnet e a “Pollicino gnus”, ha lentamente ma tenacemente recuperato la memoria di quelle tragiche vicende che possono essere considerate il punto di partenza novecentesco dell’impegno pacifista della Città. Lo ha fatto attraverso la costituzione di un gruppo di lavoro che ha dedicato diversi Seminari alla ricostruzione dei fatti ed alla loro lettura nel contesto geostorico e grazie al coinvolgimento di giovani storici e studiosi che hanno collaborato, con passione e gratuità, a questo importante progetto culturale di valore politico e formativo. Grazie a questo lavoro preparatorio, quest’anno, il 28 febbraio, un secolo dopo – e con la fondamentale collaborazione dell’Amministrazione comunale – Mario e Fermo sono stati adeguatamente ricordati in una gremita Sala del Tricolore, come segno del riconoscimento della Comunità reggiana per il loro sacrificio, con un Convegno storico al quale hanno partecipato molti studenti delle Scuole secondarie della Città, in una riflessione collettiva nel Centenario della “grande guerra”, che ha visto il contributo di Mirco Carrattieri di Istoreco, Mirko Saltori del Museo storico di Trento, Marco Marzi di Istoreco, Eletta Bertani dell’ANPI e un saluto dei pronipoti di Mario e Fermo, accolti dall’assessore Serena Foracchia. Dopo un corteo con la Banda di quartiere, che ha intonato le canzoni dell’antimilitarismo, è stata inaugurata dal sindaco Luca Vecchi una targa nei pressi dell’ingresso del teatro Ariosto, che contiene simbolicamente incise le loro orme, opera dello scultore Luca Prandini. Quelle orme – volte verso l’imponente statua guerriera – hanno per tutti un significato non solo di memoria storica ma di necessario impegno quotidiano per la costruzione delle alternative alla guerra. Antonio Canovi del Centro di documentazione storica di Villa Cougnet, infine ha fatto un intervento sul significato geostorico di questa targa tra il Teatro e la piazza.

La Banda di quartiere guida il corteo fino alla targa in memoria di Mario e Fermo

Quel 25 aprile ’45 a San Pellegrino “Giunse al fine il tanto atteso giorno del 25 aprile 1945, con la discesa al piano delle Brigate partigiane e dei loro comandanti per la tranquillità della città, prima ancora degli eserciti alleati. Il giorno prima, toccò a me, a una delle mie sorelle e alle mie cugine Eletta ed Ester Paglia, devote a S. Pellegrino e alla omonima comunità parrocchiale, correre sul sagrato della chiesa ad incontrare, per primi, il prete partigiano Don Angelo appena ritornato dalla clandestinità, in sella alla sua inseparabile bici da donna e con una vistosa bandiera tricolore in pugno! Tra le lacrime di commozione gli demmo il bentornato con caldi abbracci, dimenticando che per raggiungerlo avevamo rischiato di brutto. Partendo a piedi da casa, in Via Codro, c’eravamo infilati lestamente su Viale Risorgimento dove all’altezza della lavanderia e del Dispensario ci trovammo nel bel mezzo di una cruenta sparatoria fra fascisti, nei prati di Bergomi, e partigiani attestati ove ora sorge l’ospedale Santa Maria Nuova. Tre ragazze e un bambino, innocentemente in mezzo al fischiare delle pallottole. Ci gettammo nel fosso, poi impietriti aspettammo. Qualcuno ci vide e si sentirono urla da una parte e dall’altra. Le armi improvvisamente tacquero ed altre voci ci dissero chiaramente di passare. Passammo sbucando trafelati sulla grande aiuola di fianco. alla chiesa a cercare un riparo ormai non più necessario. Intanto là, dietro di noi, le armi tornarono a cantare una triste musica di morte. Ma non potevano smettere dopo la tregua? Domanda inevasa. Per tornare a casa poco più tardi prendemmo Via Magati, svoltammo all’angolo del Sanatorio e per- corremmo il nostro amato Viale Umberto, con situazione “tranquilla” sotto control28

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(dal libro di A. Casoli)

lo pieno dei partigiani, che nel cortile della scuola stavano montando un presidio armato con alcune mitragliatrici pesanti. Vi passammo davanti entrando in Via Codro fra un tripudio di gente festante, cui ci unimmo. Intanto anche in Viale Risorgimento l’ultimo combattimento frontale si era concluso. Per qualche ora ancora gli ultimi cecchini, sui tetti delle case, ritardarono la fine delle ostilità, provocando le vittime dell’ultima ora e pagando naturalmente il prezzo corrispondente del loro disperato e inutile comportamento. Tra le note di canzoni e lacrime di commozione e di gioia arrivarono poi gli eserciti alleati e la guerra, anche la nostra “piccola guerra” vissuta alla Montata si concluse con un calcio al passato e lo sguardo al futuro, che tutti avremmo voluto radioso. Lo fu un po’ meno, per altri gravi eventi, ma la pace nel nostro Paese, egoisticamente parlando, ha prevalso fino ai giorni nostri”. (pp.100-1001)


estero

Boko Haram, l’inferno in Nigeria

di Bruno Bertolaso

La setta Boko Haram, partendo da una base, ubicata nello Stato

di Borno sui confini della Nigeria, si diffonde in aree sempre più vaste, e, grazie alla propria padronanza territoriale, effettua spregiudicate e sanguinose incursioni nel nord della Nigeria e nel Camerun. I “talebani africani” grazie ad una estrema mobilità nei territori di azione, riescono a superare indenni le operazioni militari, messe in atto dal governo camerunese, che dispone di 3.000 soldati, di cacciabombardieri, di carri armati e artiglieria d’assalto. Per dare un certo ordine alla lotta contro Boko Haram, intrapresa dai due Stati interessati, che agiscono, peraltro, nel contesto di una profonda gelosia delle rispettive sovranità, è intervenuto il ministro della difesa francese Jean-Yves Le Drian, tentando di mettere in atto una forma di coordinamento fra gli Stati interessati alla lotta stessa. L’interesse dei terroristi nigeriani per il Camerun è stato evidenziato, ancora una volta, dalla scoperta di un vero arsenale di Boko Haram nella città camerunese di Kusseiri, a dimostrazione dell’esistenza di un piano strategico dei terroristi, che può prevedere azioni militari nella grandi città del Sud. Sfruttando la presenza di “aree molli” nella regione del Sahel, le organizzazioni armate “ribelli” puntano a costituire, utilizzando armi di provenienza libica, dei “santuari” da dove sferrare vere e proprie offensive terroristiche. In effetti le frontiere “molto porose”, che si estendono fino al lago Ciad, favoriscono l’insedimento e i movimenti dei commando, essendo estremanete semplice far affluire sul posto armi, materiali vari, nascondere ostaggi e bottini di guerra, ed è facile per i guerriglieri confondersi tra una popolazione etnicamente mista, grazie anche alla antica costituzione di micro-Stati, denominati “lamidats” formati da diverse etnie, che vivono pacificamente insieme da una parte e all’altra della frontiera nigeriana. Da non dimenticare, inoltre, che svariate azioni militari di Boko Haram sono state condotte, utilizzando una fitta rete di informatori locali, costituiti, forse, anche da addetti ai servizi segreti camerunesi, residenti in quei villaggi, ove le condizioni di vita risultano estremamente difficili. La campagna di terrore instaurata dalle incursioni degli aderenti alla setta, ha danneggiato fortemente l’attività commerciale e turistica del Camerun, facendo fuggire turisti e visitatori, che visitavano in grandi gruppi il parco nazionale di Waza. Il vecchio presidente del Camerun Paul Biya, che da 32 anni ha

in mano tutti i poteri dello Stato, ha lanciato nel luglio 2014, un piano di sviluppo onde impedire a Boko Haram di avvalersi del diffuso malcontento popolare. Il piano comprende un diffuso accesso all’acqua, la costruzione di scuole, di strade, la creazione di posti di lavoro e di centri di formazione giovanile. La profonda povertà e la radicata disoccupazione locale permarrà, peraltro, ancora per molto tempo, con il conseguente arruolamento dei giovani nei gruppi armati, nelle milizie e nelle reti criminali nigeriane, mettendo, in tal modo, in crisi gli accordi di cooperazione militare con Washington. A fronte di una situazione territoriale, divenuta veramente tragica e resa ancora più difficile da catastrofi naturali come inondazioni ed epidemie di colera, il presidente francese Francois Hollande ha indetto il 14 aprile 2014 a Parigi un vertice speciale, facendo incontrare il presidente nigeriano Goodluck Jonathan, il presidente Biya e i loro omologhi del Ciad, del Niger e del Benin, evidenziando la necessità di coordinare l’intelligence e le pattuglie, destinate al contrattacco militare e alla ricerca degli ostaggi come le 276 ragazze liceali rapite a Chibok. L’impegno uscito dal vertice di schierare nuove forze militari, non ha potuto ignorare che la sicurezza può essere garantita solamente se prevale l’idea che Boko Haram, più che un movimento di fanatici, che non esita ad utilizzare ragazzine-bomba per provocare terrore e morte, risulta spesso la conseguenza di confusi fattori politici, socioeconomici e religiosi, che permangono all’origine della sua diffusione. Il rischio, che si ricorre sempre più, è che l’eccessiva attenzione dei media internazionali faccia apparire i criminali di Boko Haram come i paladini di popolazioni sempre più impoverite dalla politica dei governi locali.

Un centinaio delle studentesse rapite nei mesi scorsi coperte fino ai piedi dal velo e in preghiera aprile 2015

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Cittadinidemocraziapotere

di Claudio Ghiretti www.governareggio.it

Opinion leder

di Fabrizio Tavernelli

SEMPRE PIU’ FURTI E RAPINE IN CASA. PERCHE’?

Il vento in faccia

> La crescita di questi reati suscita allarme sociale anche a Reggio Emilia perché colpiscono nel profondo la sensibilità delle persone e provocano gravi traumi alla serenità quotidiana <

Oggi vi presento Il Vento In Faccia romanzo di Lorenzo Fa-

E’

vero, quando le persone perdono il lavoro e s’impoveriscono crescono i furti e i reati contro il patrimonio. Ma quel che sta accadendo in Italia, è qualcosa di diverso. In Italia, secondo gli ultimi dati Censis, vengono svaligiate 689 case al giorno, una ogni 2 minuti. Se nel 2004 i furti in casa denunciati erano 110.887 nel 2013 sono stati ben 251.422, con un aumento del 126,7 percento. Nel 2013, ultimi dati disponibili, sono state denunciate a piede libero per furti in abitazione 15.263 persone (+139,6 percento rispetto al 2004), di cui 1.366 minori (il 9 percento del totale). E sono state arrestate 6.628 persone, di cui 486 minori. I detenuti per furto in abitazione e furto con strappo sono 3.530 nel 2014, con una crescita del 131,9 percento rispetto al 2007.Nel 2014, tra i denunciati a piede libero più della metà sono gli stranieri, 54,2 percento (8.627 persone), e tra gli arrestati sono addirittura il 62 percento (4.112: +31,4 percento solo nell’ultimo anno). Non solo. E’ in crescita un altro reato ancora più allarmante: le rapine in abitazione, con violenza o minaccia ai proprietari. Nel 2013 sono state ben 3.619. In 10 anni sono addirittura triplicate. Nel 2012, in Europa, sono avvenuti 2,9 furti e rapine in abitazione ogni mille abitanti. In Italia ben 4 ogni mille abitanti e, ormai, una famiglia su tre pensa che la zona in cui vive sia a rischio criminalità. La legge italiana, prevede pene severe sulla carta e molto blande nella realtà. Infatti, il furto in appartamento è punito con una pena che va da 1 a 6 anni di reclusione, mentre le rapine sono punite con pene da 3 a 10 anni. Ciò significa, che per un furto in appartamento, un reato che oltraggia gravemente le persone, prima ancora del patrimonio, nessuno andrà in carcere. La legge prevede, infatti, notevoli sconti di pena per riti abbreviati, patteggiamenti, attenuanti generiche e specifiche e poi, fino a 4 anni di reclusione, si può accedere a pene alternative e all’affidamento ai servizi sociali. L’ISTAT rileva, infatti, che il ricorso alle misure alternative alla detenzione è in forte aumento. Alla fine del 2013 sono 25.332 le misure alternative alla detenzione in corso (affidamento in prova al servizio sociale, semilibertà, detenzione domiciliare, libertà vigilata, libertà controllata, semidetenzione), in aumento del 10,1 percento rispetto all’anno precedente. In sostanza, per i criminali seriali, delinquere in Italia conviene. I bottini sono cospicui e le pene sono lievi. La crescita di questi reati suscita allarme sociale anche a Reggio Emilia perché colpiscono nel profondo la sensibilità delle persone e provocano gravi traumi alla serenità quotidiana. La provincia di Reggio Emilia, nel 2014 era al 29° posto in questa triste classifica. Tuttavia, la loro distribuzione, sul territorio italiano, è scarsamente significativa perché sono le bande di delinquenti seriali che si spostano e scelgono le zone da razziare e rapinare. Stante così le cose, le strade da percorrere sono solo due. Rendere meno conveniente questo tipo di reati, aumentando le pene effettive; potenziare e sostenere le forze dell’ordine nella loro opera investigativa, preventiva e repressiva.

vella al suo esordio da scrittore dopo una lunga carriera in Rai come sceneggiatore. È una storia con gli occhi da bambino degli anni dal rock dei ‘60, ai covi delle Brigate Rosse dei ‘70.Ambientato tra il 1969 e il 1976, narrato in prima persona, il vento in faccia è il diario di bordo del “bimbo”, un ragazzo di provincia che al principio ha 19 anni e una sola idea in testa: farsi crescere i capelli e suonare la chitarra nel suo gruppo beat. Le vie del destino lo porteranno ad abbandonare il suo piccolo eden incantato per raggiungere Milano, abbracciando un’avventura decisamente più grande di lui. Tra turni in fabbrica e scoperta dell’eros, lampi di vita, amore e violenza, infiltrato prima, fiancheggiatore poi, fuggiasco infine, all’alba dei cosiddetti anni di piombo. Queste le parole dell’autore sulla scelta del periodo e del tema: “Diciamo che ho sempre avuto curiosità per quegli anni, che sembrano davvero appartenere a un passato lontanissimo, mentre invece molti dei protagonisti di allora sono ancora tra noi, vivi e vegeti. Mi incuriosiva in particolare raccontare un periodo in cui l’idea di cambiare il mondo veniva vissuta come una possibilità tangibile. Non dico a portata di mano, ma senz’altro praticabile. E questo senza entrare nel merito delle scelte compiute, ma proprio come fenomeno vissuto da persone in carne ed ossa. Non solo in Italia, tra l’altro. Era un vento che soffiava a diverse latitudini, figlio della rivoluzione francese, e che ora sembra quasi del tutto scomparso. Per la documentazione, nello scrivere di anni che non ho vissuto in prima persona (ero giusto un bambino), ho letto tutto il leggibile oltre a parlare con quante più persone che potessero testimoniare alcuni degli accadimenti, facendo in modo di immergermi quanto più possibile nell’atmosfera dell’epoca. Prima ancora di poter cominciare a scrivere, c’è stato tutto questo lavoro di ricerca, durato alcuni mesi, perché quando ho iniziato a posare le dita sulla tastiera dovevo sentirmi naturalmente proiettato all’indietro nel tempo, per poter raccontare la storia “in diretta”, se così si può dire, evitando il senno del poi”. Lorenzo Favella (classe 1965) diplomato in sceneggiatura presso il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Negli anni spensierati della sua gioventù, ha militato in diverse band underground, in particolare negli “En Manque D’Autre”, per poi trasferirsi nella capitale, abbandonando il sassofono per imbracciare la penna. Ha scritto un pugno di film (Mare Largo, La Felicità è un Sistema Complesso) e diverse serie televisive: dalla soap opera (Un Posto al Sole) al poliziesco (La Squadra) dalla commedia agli sceneggiati in costume (Guerra e Pace, La Baronessa di Carini). In passato, ha pubblicato i Racconti dei Cippi per il comune di Correggio. Attualmente vive a Roma, scrive, e non appena può cerca di mettersi in viaggio.Con ogni mezzo a disposizione, compresa la sua amata bicicletta. Il Vento in Faccia è il suo primo romanzo. Il libro esce per Lo Scafandro libri, realtà nata come etichetta discografica indipendente che ora si cimenta in una uscita editoriale. La sua stampa è frutto di una riuscita campagna di raccolta fondi ed è ora acquistabile on line sul sito ufficiale: www.ilventoinfaccia.com o nei punti vendita segnalati sul sito.


Segnali di Pace

rubriche di Saverio Morselli

PANTANO LIBIA

> Sai dove si annida più florido il suol?/Sai dove sorride più magico il sol?/ Sul mar che ci lega coll’Africa d’or/la stella d’Italia ci addita un tesor/ Tripoli, bel suol d’amore/ti giunga dolce questa mia canzon/sventoli il tricolore sulle tue torri al rombo del cannon/Naviga, o corazzata/ benigno è il vento e dolce la stagione <

Accompagnata da questo allegro e pro-

pagandistico motivetto, iniziava nel 1911 l’avventura colonialista italiana in Libia, proseguita nel 1922 dal regime fascista e resa tristemente famosa dalla dimensione della feroce repressione attuata nei confronti delle popolazioni indigene (decine di migliaia di morti, uso dei gas asfissianti, campi di concentramento). All’inizio della 2a guerra mondiale, erano 120.000 gli italiani trasferiti in quella terra in cerca di lavoro e benessere, al prezzo dello sconvolgimento della organizzazione sociale ed economica locale. Come andò poi, è cosa nota: rinuncia post bellica a tutte le colonie, esproprio di tutti i beni e delle attività economiche e cacciata dei residenti italiani dopo la salita al potere di Gheddafi nel 1969, reiterata richiesta da parte libica dei danni subiti durante il colonialismo, trattato del 30 agosto 2008 tra governo italiano e libico per un risarcimento di circa cinque miliardi di dollari. Ma al di là delle vicende storiche, il legame con la ex colonia in realtà non si è mai interrotto, anzi, dal punto di vista economico ha sempre costituito un autentico business, fatto di forniture energetiche (petrolio e soprattutto gas) da una parte e forniture militari dall’altra, nonché consistente assegnazione di appalti a ditte italiane per la realizzazione di infrastrutture e poli industriali. Questo solido partenariato ha cominciato a vacillare nell’imminenza della crisi libica che avrebbe portato alla caduta e alla morte di Gheddafi. Nel 2011, l’intervento militare occidentale sotto l’egida dell’ONU pone di fatto fine (“con ogni mezzo necessario…”) alla dittatura, portando alla rinegoziazione dei contratti energetici e al lucroso progetto di ricostruzione di un territorio devastato, senza tuttavia accompagnare né favorire la nascita di solide strutture politiche ed istituzionali e, tanto meno, il così demagogicamente sbandierato sviluppo di dinamiche democratiche in un Paese, in realtà, a forte e determinante caratterizzazione tribale. I risultati di tanta irresponsabile improvvisazione da parte della cosiddetta comunità internazionale sono sotto gli occhi

di tutti: sistema politico inesistente, disgregazione territoriale, proliferazione di gruppi paramilitari, violenza esasperata, povertà, diffusione dell’islam radicale, economia allo sbando e lotta per l’appropriazione degli impianti petroliferi: in una parola, guerra civile. La Libia del post Gheddafi è oggi un autentico pantano in cui nuotano un governo “laico” con sede a Tobruk , un governo islamico “moderato” con sede a Tripoli, uno stato islamico che si richiama all’ISIS e al Califfato con sede a Derna e il gruppo “Ansar al Sharia” (che fa riferimento ad Al Qaeda) che agisce nella zona di Bengasi. Nei residui spazi, si muovono i Berberi delle “Brigate Zintan”, i Touareg Toubou ed altri gruppi armati. Tutti, rigorosamente, contro tutti. Davanti a questa sorta di caos totale, i Paesi Occidentali hanno cautamente messo da parte l’idea iniziale di un massiccio intervento militare (contro chi? a favore di chi?), rifugiandosi in un sostegno di facciata al governo “legittimo” che ha sede a Tobruk (per altro espressione di una percentuale di elettori spaventosamente bassa e di elezioni dichiarate nulle dalla Corte Suprema Libica) e affidando la patata bollente della diplomazia al mediatore ONU Bernardino Leon, il quale si sta adoperando per la formazione di un governo di unità nazionale che faccia fronte comune all’avanzata dell’ISIS. Una fatica biblica, in considerazione della contrapposizione durissima che divide le parti e degli interessi economici e di influenza politica che vedono, in particolare, Turchia, Qatar ed Egitto gettare benzina sul fuoco. Una fatica inutile, se non sarà accompagnata dalla assicurazione di un piano di sostegno politico istituzionale ed economico che aiuti la Libia a risollevarsi dalle sue ceneri. Ma una fatica obbligata, se non si vuole abbandonare il Paese alla disgregazione e all’instabilità. Per quello che riguarda l’Italia, l’evoluzione della crisi libica incide su due aspetti differenti ma ugualmente importanti. Il primo è quello degli approvvigiona-

menti energetici: la Libia è il terzo fornitore di gas e il sesto di petrolio per l’Italia. Se si considera che la loro produzione è sensibilmente calata a seguito della guerra in atto e che il rischio del blocco delle forniture è forte, risulta comprensibile la preoccupazione manifestata dalle autorità italiane. Il secondo è il traffico di esseri umani, che in questa situazione di anarchia totale consente alle organizzazioni criminali del luogo di organizzare lucrosi trasporti di migranti verso le coste italiane, non prima di averli sfruttati nei lavori più miserabili e pesanti e non prima di averli sottoposti a violenze inenarrabili. Le stime parlano di centinaia di migliaia di disperati provenienti dalle più diverse parti dell’Africa e del Medioriente pronti a partire sulle cosiddette carrette della mare in direzione delle nostre coste. Se si pensa che lo scorso anno sono “ufficialmente” sbarcati nel nostro Paese 170.000 migranti e che al 4 marzo di quest’anno sono già quasi 9.000 (ovvero il 43 percento in più dello stesso periodo dello scorso anno), ci si rende conto della portata del problema. Rispetto a queste emergenze, la risposta del nostro Paese sarà di carattere sostanzialmente militare. Al di là della richiesta di ottenere un “ruolo guida” di stabilizzazione nell’ambito di una strategia ONU ancora tutta da delineare, con l’operazione “Mare sicuro”, di prossima presentazione in Parlamento, si prevede il massiccio schieramento di navi, aerei e soldati per presidiare e monitorare le acque al confine con la Libia, a tutela degli “interessi nazionali”. Questo dispiegamento di forze avrà necessariamente a che fare con il fenomeno dell’immigrazione che, viene da dire, ormai non si configura più solo come fuga da altri paesi, ma come fuga dalla Libia in fiamme e che, pertanto, a maggior ragione andrebbe gestita attraverso l’apertura di corridoi umanitari e non certo con il respingimento. Sarà così?


Carmen Altare: “il gesto di una persona eccezionale” Il partigiano Felice Montanari “Nero”

> Pubblichiamo la lettera della Partigiana Carmen Altare, che attualmente vive a Milano, letta durante la cerimonia di commemorazione 5 gennaio 2015, Sala del Consiglio Comunale di Boretto <

Il ricordo del “Nero”, dopo quasi set-

tant’anni dal suo eroico sacrificio, è ancora vivo nella mia mente e, nonostante l’età e qualche malanno, suscita ancora profonda emozione e immutato dolore, perché una giovane, coraggiosa e generosa vita è stata recisa. Oggi ricordiamo, dunque, come fosse appena accaduto, il gesto di una persona eccezionale, che ha saputo offrire la sua vita non solo per un altissimo ideale, quello rappresentato dai valori immortali della Resistenza, ma anche concretamente per salvare molte altre vite e impedire alle belve, che l’avevano accerchiato, di far precipitare nella sof-

ferenza e poi spazzar via molte altre esistenze. I loro discendenti sono vivi, oggi, e insieme a noi, che lo abbiamo conosciuto personalmente o lo abbiamo amato attraverso le testimonianze, devono rivolgere a Felice il loro ringraziamento, custodire nel loro cuore la memoria, lottare, nella loro vita quotidiana, per gli stessi ideali per i quali lui ha lottato. Rievocando i due mesi in cui Felice Montanari è rimasto nascosto nella mia casa di Castelnuovo, mi piace anche ricordare con tenerezza ed affetto la sua allegria, la sua coraggiosa generosità, la sua voglia di vivere e di gioire della vita, nonostan-

te la barbarie e la violenza dei tempi. Lo ricordo così, come un giovane pieno di speranze e di ideali in cui credere, come un eroe al quale rivolgere questi versi immortali, ancora attuali dopo tanti secoli: “libertà va cercando, ch’è sì cara, / come sa chi per lei vita rifiuta”. Nel nome di quella libertà per la quale Felice è morto e insieme a lui moltissimi hanno dato la vita, e che ancora oggi continuiamo a ricercare seppur in forme e modi diversi, rivolgo a tutte le persone presenti il mio affettuoso saluto e la mia profonda stima. Carmen Altare

A Jano di Scandiano inaugurazione del monumento alla Pace di Vasco Montecchi Nel

programma delle manifestazioni per il 70° della Liberazione nel Comune di Scandiano è compresa anche l’inaugurazione del monumento in marmo alla Pace, opera di Vasco Montecchi, nel Parco del Circolo Il Ponte (committente dell’opera), a Jano. Lo stesso parco verrà dedicato alla memoria di Sergio Spallanzani, partigiano della 76a SAP, caduto in combattimento a Baiso il 24 aprile 1945. Il monumento, della cui collocazione pubblichiamo qui un rendering, è alto m. 4,25, e rappresenta una pergamena arrotolata, simbolo di una Storia, quella del Novecento, costellata da due tragiche guerre mondiali e dagli orrori dei campi di sterminio. La base cilindrica recherà i nomi dei caduti di Jano nelle due guerre ed una frase, di Mauro Carrera, “La guerra vanta legami di sangue con l’umanità/ Solo l’Uomo che sa ripudiarla con fermezza può dirsi libero”. La collocazione dell’opera di Montecchi nello spazio attrezzato per lo svago dei bambini, assume un significato reso più intenso dall’accostamento alla vita nascente. 32

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Cadelbosco Sopra ricorda i 10 caduti di via Nuova

memoria

di Nadia Gibertini

“Cari genitori, vado a morire, la mano non mi trema, non pensate a me, uccidono me, ma non l’idea. Evviva la libertà”: queste furono le ultime parole scritte da Paolo Davoli prima di essere trucidato. Con lui nove partigiani, imprigionati nelle carceri di Reggio, vennero portati a Cadelbosco Sotto e, all’alba del 28 febbraio 1945, fucilati vicino a Via Nuova. Ricordiamo i loro nomi: ERIO BENASSI, PAOLO DAVOLI, FERRUCCIO FERRARI di Reggio Emilia; MEDARDO PAGLIANI, FERMO PEDRAZZOLI di Correggio; TITO DI PARMA, ANDREA e SALVATORE GARILLI, LUIGI RIGOLLI, AMEDEO ROSSI da Piacenza Settant’anni dopo, l’ANPI e il Comune di Cadelbosco Sopra e l’ANPI di Piacenza hanno commemorato le vittime. Reso omaggio al Monumento dei Caduti, il sindaco Tania Tellini ha salutato gli ospiti nella Sala Consiliare. Sono intervenuti Ivano Manicardi (ANPI locale), da Piacenza: Romano Repetti dell’ANPI, l’assessore Giulia Piroli e Stefano Pareti ex sindaco. Alla cerimonia erano presenti i familiari dei caduti di Reggio Emilia, il sindaco di Bagnolo in Piano Carla Casali, consiglieri comunali di Correggio, Castelnovo Sotto, Cortemaggiore, il segretario ANPI di Fiorenzuola, le autorità locali e numerosi cittadini. La cerimonia si è conclusa a Cadelbosco Sotto nel luogo dove i dieci partigiani vennero fucilati, con deposizione di fiori e di una corona d’alloro sul loro monumento.

Commemorazione dell’eccidio di Bagno avvenuto 70 anni fa Rispondendo a una richiesta dei familiari, ANPI Reggio e Istoreco hanno riportato alla ribalta della memoria e della storia cittadina l’episodio dell’eccidio di Bagno quando, 70 anni fa, Umberto Branchetti di 26 anni e Olinto Cigarini di 21, furono giustiziati al muro del cimitero locale da una squadra delle brigate nere. Il tragico evento è stato ripercorso attraverso ulteriori ricerche storiche, arricchito di nuove documentazioni d’archivio e testimonianze di chi ebbe in sorte di assistere che faranno parte del numero di “RS-Ricerche storiche” di prossima pubblicazione, mentre una sintetica ricostruzione dei fatti è stata pubblicata sul “Notiziario Anpi” del dicembre 2014. Il 70esimo anniversario dell’eccidio è stato ricordato la mattina del 7 marzo scorso al cimitero di Bagno con una commemorazione solenne alla lapide che ricorda il luogo dell’eccidio. Nel corso della cerimonia hanno preso la parola Stefania Cigarini, nipote di Olinto, Antonio Zambonelli e Massimo Stor-

chi. In conclusione Anna Ferrari ha ringraziato tutti i presenti a nome del Comitato comunale ANPI. Nel pomeriggio all’azienda agricola “La Prateria” in via Cigarini a Bagno, si è tenuto un seminario sul tema “Ricordare il passato per creare il futuro. Le potenzialità di una Storia del nostro territorio: dai progetti ai fatti”. aprile 2015

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DUE APPUNTAMENTI ANTIFASCISTI TRA PRIMAVERA E INIZIO ESTATE A Carpi dal 30 maggio al 2 giugno la festa nazionale dell’Anpi La festa nazionale dell’Anpi quest’anno si svolgerà a Carpi. Inizierà il 30 maggio e si concluderà il 2 giugno, giorno dedicato alla Repubblica e alla Costituzione. L’annuncia il presidente nazionale dell’Anpi, Carlo Smuraglia, con una lettera inviata ai presidenti dei Comitati provinciali ANPI, ai fiduciari, alle sezioni all’estero, ai coordinatori regionali, ai responsabili aree territoriali e ai componenti del Comitato nazionale. “Faremo a Carpi - scrive Smuraglia - una Festa particolarmente impegnata sui temi dell’antifascismo e della barbarie dei fascisti e dei tedeschi; e dedicheremo i forum che stiamo già preparando, alle questioni più rilevanti ed attuali sul piano politico. La Festa si svolgerà dal 30 maggio al 2 giugno e si concluderà, non a caso, proprio nel giorno dedicato alla Repubblica e alla Costituzione”.

FESTA PROVINCIALE ANPI 26, 27, 28 giugno La Festa provinciale dell’ANPI reggiana si svolgerà ai Chiostri della Ghiara, Via Guasco, nelle giornate del 26, 27 e 28 giugno, con un programma, in corso di definizione, che alternerà momenti di riflessione sul presente, di rievocazione storica e dedicati ai canti popolari.

Botteghe di Albinea 70 anni dopo Un’intera giornata di ricordi, una lezio-

ne di storia per ritrovare le radici di questi settant’anni di pace sono andate in scena ad Albinea, in occasione della commemorazione del 70esimo anniversario del Fatto d’armi di Villa Rossi e Villa Calvi. Come ogni anno Albinea ha voluto ricordare la notte tra il 26 e il 27 marzo 1945 quando cento uomini, tra militari britannici delle SAS, partigiani del comando “Gufi Neri” e della “Brigata Garibaldi”, e partigiani russi attaccarono il comando tedesco a Botteghe di Albinea. Suoni, parole, canti hanno ricordato altri suoni, altre voci, quelle dei combattenti di quella tragica e sanguinosa notte. La memoria di quei momenti è rivissuta nelle parole del sindaco Nico Giberti, che ha voluto onorare la memoria dei caduti facendo un chiaro riferimento alla forza dell’unione.

«L’unione, la perseveranza, il coraggio vinsero allora, e oggi questo cortile resta un monumento silenzioso dei valori di altruismo. Ma a 70 anni da allora assistiamo all’affermarsi di valori contrastanti a quelli della Resistenza». A rafforzare le parole di Giberti, quelle del sindaco di Treptow Koepenic, Oliver Igel che, parlando del gemellaggio in atto tra le due comunità ha specificato: «Molti anni più tardi ci stringemmo la mano, l’Europa era divisa in due blocchi. Oggi questa divisione è superata e viviamo in un’Europa che sta crescendo sempre più unita». Presente anche la deputata Antonella Incerti, che ha definito Villa Rossi «luogo europeo per eccellenza». Sulla Resistenza civile incentrata, invece, la lectio magistralis del professor Cooke, dell’Università di Glasgow, che già ve-

nerdì aveva introdotto il tema prima con gli studenti della scuola media dell’istituto comprensivo di Albinea e Borzano, poi durante l’inaugurazione della mostra allestita in sala civica da Anpi e Istoreco. In serata si è tenuta infine una suggestiva camminata lungo una porzione del tracciato che le truppe anglo-partigiane seguirono nella notte tra il 26 e il 27 marzo. Sempre nell’ambito di questa ricorrenza, qualche giorno fa Livio Piccinini, partigiano che fu protagonista di quel rocambolesco attacco, ha fatto visita alla classe quinta D della scuola primaria di Borzano per incontrare i ragazzi che lo hanno voluto ringraziare con un piccolo omaggio: una foto, consegnata dal sindaco nel giorno della commemorazione. [pubblicato sul sito web della “Gazzetta di Reggio” 31 marzo 2015 con il titolo “L’assalto a Villa Rossi 70 anni dopo”]

Alcuni momenti delle celebrazioni (foto di Avio Bolondi) 34

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ERIO PATERLINI (GIORGIO)

occupandosene con onestà e dedizione. Pensionato, trascorreva l’intera estate tra i boschi, in montagna dove ritrovava, insieme ai numerosi amici e alla famiglia, la spensieratezza. Ora che non c’è più, ci mancheranno i suoi rimbrotti, le sue acute analisi politiche e le sue battute fulminanti che accompagnavano i suoi bellissimi sorrisi. Simonetta Gilioli

Lutti

ARTULLO BELTRAMI (“LUCIANO”)

17/02/1924–31/01/2015

22/04/1926-11/O2/2015

Il giorno 11 febbraio 2015 è mancato Erio Paterlini “Giorgio” partigiano combattente della 144a Brigata Garibaldi, distaccamento “A. Gramsci”, dal luglio 1944, decorato con Croce di guerra. Per ricordarlo, la moglie Vilma e i figli Valeria, Luisa, Giorgio, Paola e Andrea sottoscrivono a favore del Notiziario. Un caro saluto a “Giorgio” anche da parte di Anna Maria, Lorenza, Chiara e Renzo Paterlini-Catellani, “Ci mancherai molto”. In sua memoria sottoscrivono pro Notiziario.

CESARINO COSTI

Ricordo di Erio Paterlini “Giorgio” L’11 febbraio scorso si è spento Erio Paterlini, il partigiano “Giorgio”. Di carattere asciutto e determinato, sulle prime poteva sembrare brusco, ma poi, conoscendolo, risultava affabile, spiritoso e di una generosità senza uguali. Tante persone, tanti amici hanno goduto dei suoi doni: amava pescare, in Trentino, in Val di Fiemme nelle acque del Travignolo e regalava le sue trote; gli piaceva cucinare, dalla sua casa non si usciva mai senza qualche pezzo d’erbazzone, un vassoio di tagliatelle, un vasetto di finferli preparati insieme a Mimma, l’amatissima compagna della vita. A Erio qualche volta piaceva raccontare: nato nel dicembre 1926, era entrato nel luglio 1944, ancora diciassettenne, nelle file partigiane e aveva combattuto in Val d’Enza, nella 144a Brigata Garibaldi, con il distaccamento Gramsci, meritando la Croce di guerra. Il suo nome di battaglia era “Giorgio” e con quel nome aveva poi chiamato il maggiore dei figli maschi. L’antifascismo e la vita partigiana avevano cementato in lui il rigore morale e il senso del dovere che l’avrebbero sempre accompagnato. Nel dopoguerra, dopo una esperienza lavorativa all’estero, aveva dato vita insieme ai fratelli alla ditta Peterlini Autogru,

08/04/1923-14/03/2015

Il 31 gennaio scorso è deceduto il Partigiano Correggese Artullo Beltrami “Luciano” della 145a Brigata Garibaldi, Un omaggio ad Artullo Beltrami “Luciano”

Il 14 marzo u.s. è venuto a mancare il partigiano Cesarino Costi, appartenente alla 145° BGT Garibaldi. Lo ricordano la moglie Ottavia Corradini, le figlie Sonia e Loredana, i generi e parenti tutti. In sua memoria offrono pro Notiziario.

Non è un giorno di festa / anche se il cielo è azzurro / e dialoga col tempo / Non è un giorno di festa anche se rossi garofani / adornano la stanza / Non è un giorno di festa / anche se le note di “Bella Ciao” / risuonano nell’aria / Non è un giorno di festa; / un Uomo ci ha lasciato / era un Amico, è stato un Partigiano / La Sua memoria / sarà per noi una festa / perché ogni giorno / pulsi del Suo ricordo. Chiara Barigazzi Febbraio 2015

FRANCO CASINI

09/08/1926-03/03/2015

Il 3 marzo scorso è venuto a mancare il Patriota Franco Casini. La famiglia in suo onore offre a sostegno del Notiziario. aprile 2015

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Anniversari

70° ANNIVERSARIO

ANSELMO FERRARI (EIMO)

Il 24 aprile ricorre il 70° anniversario della scomparsa del Partigiano Anselmo Ferrari “Eimo”, classe 1923, caduto in combattimento il giorno prima della Liberazione a Pratofontana. Lo ricorda il figlio Anselmo con la famiglia sottoscrivendo a sostegno del Notiziario.

21° ANNIVERSARIO

WALTER REVERBERI (FRESA)

Il 7 aprile ricorreva il 21° anniversario della scomparsa di Walter Reverberi Fresa, ispettore di Battaglione (sottotenente) nella 145a Brigata Garibaldi. La moglie Laura Cavazzoni gli dedica queste brevi, toccanti parole: “Ci siamo sposati il 25 aprile 1942, mi manchi dal 7 aprile 1994. Ti penso sempre, ti ricordo ad amici e parenti offrendo per il tuo e nostro Notiziario”. Laura

Severino Casoli

2° ANNIVERSARIO

Il 25 maggio ricorre il 2° anniversario della morte di Severino Casoli. Un uomo che ha fatto dell’onestà, della generosità e della fedeltà alle sue idee politiche, il suo ideale di vita. Il dolore della sua mancanza ed il suo ricordo sono ancora vivi in tutti noi. La moglie, le figlie, i generi, i nipoti, il pronipote Francesco ed il fratello Enzo.

IN MEMORIA

ODDINO CATTINI (SBAFI) FERMINA MALAGOLI (Rosa)

Il 14 maggio ricorre il 10° anniversario della scomparsa del Partigiano Oddino Cattini “Sbafi”. Lo ricordano con affetto, insieme alla moglie Rosa (Fermina Malagoli) scomparsa quattro anni fa, il figlio Luciano, la nuora Anna, le nipoti con i mariti, e le pronipoti sottoscrivendo pro Notiziario. 36

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PARIDE ALLEGRI (SIRIO)

IN MEMORIA

In memoria del compagno Paride Allegri, il Partigiano “Sirio”, comandante della 76° BGT “Angelo Zanti”, Sergio Amabile offre a sostegno del Notiziario.

ANNIVERSARI

JAMES MALAGUTI (SMITH) IDA DONELLI

Ricorrono rispettivamente diciotto e otto anni dalla scomparsa dei coniugi James Malaguti e lda Donelli. Si conobbero durante la Resistenza, lui comandante partigiano (nome di battaglia “Smith’’) e lei staffetta partigiana. Papà e mamma carissimi, dopo la lotta antifascista e la Liberazione, portarono avanti con il loro impegno i valori della democrazia e della solidarietà fra tutti i popoli. Li ricordano con affetto il figlio Claudio, i parenti e tutti coloro che ne condivisero l’impegno per un mondo migliore, certi che i loro esempio non sarà dimenticato e nell’occasione offrono un contributo per il Notiziario dell’ANPl.

10° ANNIVERSARIO

AUGUSTINA FERRARINI (TINA)

Il 25 aprile di 10 anni fa ci ha lasciato Augustina Ferrarini (Tina) della 76a BGT SAP. La figlia, il figlio, la nipote, il genero e la nuora ricordano che il suo primo valore fu la libertà. Per onorarne la memoria sottoscrivono pro Notiziario.

IN MEMORIA

VINCENZO BRANCHETTI (ARGO)

A ricordo del Partigiano Vincenzo Branchetti “Argo”, appartenente alla 145a BGT Garibaldi, scomparso il 21 luglio 2011, la moglie Lidia Franchi insieme alla famiglia, i nipoti Franco, Paola e Valter offrono pro Notiziario.


Anniversari

GIORGIO FRANZONI

2° ANNIVERSARIO

ADOLFO TONDELLI

5° ANNIVERSARIO

I compagni Valter, Ottavio ed Edda nel 2° anniversario della scomparsa di Giorgio Franzoni per onorarne la memoria offrono a sostegno del Notiziario.

Per onorare la memoria di Adolfo Tondelli, nel 5° anniversario della morte, avvenuta il 6 febbraio 2010, il figlio Attilio offre a sostegno del Notiziario.

IN MEMORIA

IN MEMORIA

MERCEDE CIGARINI CISMO TIRABASSI (ENRICO)

ILDE PASTURINI GIUSEPPE FERRETTI

Per ricordare il padre partigiano Cismo e la madre Mercede Cigarini, i figli Anno e Silvio sottoscrivono pro Notiziario.

In memoria di Giuseppe Ferretti e di Ilde Pasturini, in occasione del 25 Aprile, li ricordano i consuoceri Clara e Umberto, la figlia Ileana, il genero Daniele e il nipote Riccardo offrendo pro Notiziario.

8° ANNIVERSARIO

17° ANNIVERSARIO

ULISSE GILIOLI (ORAZIO)

GINO FURGHERI (BRUNELLO

Il 22 marzo scorso ricorreva l’8° anniversario della scomparsa di Ulisse Gilioli, il Partigiano “Orazio”, giornalista e assiduo collaboratore del “Notiziario”, dopo essere stato tra i redattori dei giornaletti partigiani sull’appennino nonché, dal 1945 al 1955, del settimanale “Il Volontario della libertà/Nuovo Risorgimento”. La moglie Simona e la figlia Simonetta lo ricordano con immutato affetto e grande rimpianto a tutte le persone che gli hanno voluto bene. Per onorarne la memoria sottoscrivono pro Notiziario.

Sono passati questi 17 lunghi anni dalla tua scomparsa, e quest’anno avresti festeggiato 100 anni, e 70 dalla fine della seconda guerra mondiale, per la quale hai combattitto nel tuo comune per liberarci dall’oppressione nazifascista. Non ti dimenticheremo mai, perché ci hai lasciato in eredità importanti insegnamenti, visto che eri una persona onesta, corretta e giusta. Grazie di tutto. Dimma, Katia, Nicoletta, Mario sottoscrivono a sostegno del Notiziario.

4° ANNIVERSARIO

21° ANNIVERSARIO

EZZELINDO TORREGGIANI

Il 24 maggio ricorre il 4° anniversario della scomparsa del Partigiano Ezzelindo Torreggiani, appartenente alla 76a brigata SAP “Angelo Zanti”. Lo ricordano con immutato affetto la moglie Adelma e la figlia Mirella che in sua memoria sottoscrivono pro Notiziario.

DINO SASSI

Il 15 aprile ricorre il 21° anniversario della scomparsa del Combattente Dino Sassi. Lo ricordano con affetto la moglie Iris Sassi e figli con le loro famiglie. In suo onore offrono a sostegno del Notiziario. aprile 2015

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Anniversari

BRUNA MAMMI

5° ANNIVERSARIO

Per ricordare Bruna Mammi nel 5° anniversario della scomparsa il marito Bruno Menozzi e i figli Nerio e Marina sottoscrivono a sostegno del Notiziario.

FRANCESCO NERONI

18° ANNIVERSARIO

1° ANNIVERSARIO

CESARE SORAGNI (WILLIAM) EURIDE TEDESCHI

Il 24 aprile ricorre il 1° anniversario della scomparsa di Cesare Soragni, il partigiano “William”. Una coincidenza commovente ha voluto che pochi giorni dopo, il 2 maggio, la moglie Euride Tedeschi lo abbia seguito nell’ultimo viaggio. Cesare ed Euride non avevano figli e furono affettuosamente uniti nella vita, fino agli ultimi giorni, così come lo sono stati nella morte. Giorgio Mascagni vuole ricordare gli zii offrendo a sostegno del Notiziario

AMUS FONTANESI A 18 anni dalla morte del caro Francesco Neroni, la moglie Popilia Ferrari, le figlie Gilda e Giuliana, i nipoti Andrea e Francesco lo ricordano con affetto e, in sua memoria, offrono pro Notiziario.

LORIS CONFETTI (GIULIO) ENERMERE BEGGI

IN MEMORIA

Per ricordare i genitori Loris Confetti “Giulio”, Partigiano della 76a BGT SAP, ed Enermere Beggi, i figli Ileana e Mauro sottoscrivono pro Notiziario.

15° ANNIVERSARIO

Il 16 marzo ricorre il 15° anniversario della morte di Amus Fontanesi, eminente personaggio della provincia di Reggio Emilia, noto per la sua intensa attività politica e sociale. Dedicò il suo impegno nel campo amministrativo, sia nel settore della pubblica amministrazione sia nella cooperazione, operando con intelligenza in molti e delicati processi di ristrutturazione. Fu anche apprezzato ricercatore storico e autore di libri sul mondo della cooperazione. La sua memoria, oltre che nella famiglia, rimarrà sempre viva in tutti coloro che coltivano ideali di democrazia e di pace. Il figlio Massimo, per onorare la sua memoria, offre pro Notiziario.

BRUNA COLLI

6° ANNIVERSARIO

In memoria di Bruna Colli, deceduta il 7 gennaio 2009, il marito Secondo Menozzi insieme alla famiglia sottoscrive pro Notiziario.

NIVEO GROSSI BRUNA LEONI

IN MEMORIA

In memoria dei genitori partigiani Niveo Grossi e Bruna Leoni, che non solo hanno vissuto insieme nella Resistenza ma hanno condiviso l’hanno di nascita il 1922 e quello della morte il 2013, Manuela e Ivana sottoscrivono a sostegno del Notiziario. 38

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EMILIO GROSSI (OBRAI)

IN MEMORIA

In memoria del Partigiano Emilio Grossi “Obrai”, appartenente alla 76a BGT SAP “Fratelli Manfredi” Laila Grossi lo ricorda sottoscrivendo pro Notiziario


Anniversari

IN MEMORIA

ADRIANA ORLANDINI ADORNO ed EMORE TAGLIAVINI

In memoria di Adriana Orlandini, Adorno ed Emore Tagliavini, rispettivamente madre, padre e fratello, Mirca Tagliavini sottoscrive a sostegno del Notiziario.

MARIA SCHIATTI ATTILIO BAGNACANI

IN MEMORIA

In occasione del 25 aprile, 70° della Resistenza, per ricordare la mamma Maria Schiatti e il padre Attilio Bagnacani, i figli Albertina e Romeo sottoscrivono pro Notiziario.

IN MEMORIA

GEMELLO ROSSINI (WALTER) ERNESTA CATELLANI

IN MEMORIA

LIDIA BELLESIA, LINO FERRETTI

Ai Partigiani Lino Ferretti e Lidia Bellesia che hanno trasmesso valori di democrazia e libertà e che hanno combattuto per un mondo più giusto e migliore il ricordo più affettuoso di Lorena, Matteo e Tiziano. In loro memoria sottoscrivono pro Notiziario.

GIULIO GUIDOTTI (MARIA) SELENE GUIDOTTI

Il 16 aprile ricorreva il 12° anniversario della scomparsa di Giulio Guidotti Maria, Partigiano nella Divisione Eplj Dalmazia (Jugoslavia), mentre il 15 marzo era il 3° anniversario della morte di Selene Guidotti. Nel ricordali con infinito affetto il figlio Gianni, la nuora Donatella e i nipoti Elisa e Marco sottoscrivono pro Notiziario.

IN MEMORIA

WILLIAM CAPRATI (DANTE) ALBERTINA FERRARI (BINDA)

In occasione del 25 aprile, per ricordare il Partigiano William Caprati “Dante” e la Partigiana Albertina Ferrari “Binda”, le figlie Vanna e Catia, assieme ai loro famigliari, sottoscrivono a sostegno del Notiziario.

In occasione del 25 aprile per ricordare l’antifascista perseguitato e la moglie Ernesta Catellani, recentemente scomparsa, la famiglia sottoscrive a sostegno del Notiziario.

17° ANNIVERSARIO

ROMUALDO SBERVIGLIERI (ALDO)

Per onorare la memoria del padre Partigiano Romualdo Sberveglieri “Aldo”, della 144a BGT Garibaldi, deceduto il 7 febbraio 1998, la figlia Ciria, insieme alla famiglia, offre pro Notiziario.

ANNIVERSARI

GIUSEPPE CARBONI

15° ANNIVERSARIO

Il 27 aprile ricorre il 15° anniversario della scomparsa del Partigiano Giuseppe Carboni. La moglie, le figlie, le nipoti e il genero lo ricordano con l’affetto di sempre. aprile 2015

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Anniversari

IN MEMORIA

WOLMER VERZELLONI WILMA GALAVERNI

affetto, sottoscrivono pro Notiziario.

Per onorare la memoria dei coniugi Wolmer Verzelloni e Wilma Galaverni in occasione del 25 Aprile, Velia Verzelloni, Maela Mussini e famiglia, ricordandoli con tanto

AMARENZIO MONTANARI MARINA NOTARI

IN MEMORIA

I figli Mirco e Rino con le rispettive famiglie e i nipoti Marco, Sofia e Francesca, in occasione del 25 Aprile, ricordano Amarenzio Montanari “Mirco” comandante del distaccamento “Rolando Iotti” di Roncocesi della 76a BGT SAP, insieme alla moglie Marina Notari sottoscrivono pro Notiziario.

IN MEMORIA

IN MEMORIA

ALDO MUSSINI (EROS)

In occasione del 25 Aprile, nell’anniversario della scomparsa di Aldo Mussini, il partigiano “Eros” del distaccamento “Rolando lotti” di Roncocesi, appartenente alla 76a BGT SAP e in ricordo del suo impegno politico e del suo attivismo sociale, la moglie Velia Verzelloni, la figlia Maela, il genero Rino e i nipoti Marco e Sofia, con affetto e rimpianto, sottoscrivono pro Notiziario.

10° ANNIVERSARIO

ELENA RICCO’ (NELLA)

Il 4 aprile ricorreva il 10° anniversario della scomparsa di Elena Riccò “Nella”. Il figlio Marco, la nuora Marina e la carissima nipote Roberta la ricordano con immutato affetto e amore sottoscrivendo pro Notiziario.

ERO BENADUSI

25° ANNIVERSARIO

NELLO BIZZARRI (BRENNO) ALBERTINA ROSSINI (BRUNA)

A settant’anni dalla Liberazione la figlia Annusca ricorda gli amati genitori Nello Bizzarri, il Partigiano “Brenno” della 37a BGT GAP, e Albertina Rossini, la partigiana “Bruna” della 77a BGT SAP, e sottoscrive per il Notiziario.

IVO GUIDETTI (FERMO)

IN MEMORIA

La Famiglia Guidetti in memoria del Partigiano Ivo Guidetti “Fermo”, della 26a BGT Garibaldi, sottoscrive a sostegno del Notizario. 40

aprile 2015

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Nel 25° anniversario della scomparsa del compagno Ero Benadusi, la moglie Franca e la figlia Lorena lo ricordano con immutato affetto e sottoscrivono pro Notiziario.

IN MEMORIA

TALINO FIACCADORI (RIBIN) OLIMPIA BENEVENTI

A settant’anni dalla Liberazione il figlio Ermete, con le nuore e i nipoti, ricorda i genitori Talino Fiaccadori, il partigiano “Ribin”, e Olimpia Beneventi, e sottoscrive per il Notiziario.


Anniversari

IN MEMORIA

SERGIO FERRARINI (SPARTACO)

ARGENZIO BINI (MORO) IRIS GAMBUZZI

Per ricordare con tanto affetto Argenzio Bini, il Partigiano “Moro”, e la moglie Iris Gambuzzi, staffetta partigiana, i figli Mario e Mauro con i parenti tutti offrono a sostegno del Notiziario.

“Il tuo cammino è il percorso dell’universo, per questo per te brilla ogni stella, per questo risuona per te… l’armonia degli astri”. (Johann G. Herder) Anna, Linda e Vittoria in memoria di Gechi offrono pro Notiziario.

MAURA FERRARI

10° ANNIVERSARIO

Il 1° maggio ricorre il 10° anniversario della scomparsa di Maura Ferrari, figlia di Didimo Ferrari “Eros” commissario partigiano. Il marito Mario Peca, la sorella Anna con Attilio, i nipoti Riccardo e Valerio Braglia non dimenticheranno mai il suo altruismo, i valori di onestà, il suo sorriso e ottimismo, la speranza di un mondo migliore affinché gli obbiettivi di giustizia, di pace e di benessere verso una meta dove splende perennemente il sole rimangano come obiettivi per i suoi cari e per tutti.

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IN MEMORIA

17° ANNIVERSARIO

FIORINDA CANTONI ved. FERRARI

Il 10 aprile ricorreva il 17° anniversario della scomparsa di Fiorinda Cantoni ved di Didimo Ferrari “Eros”. Con tutto l’affetto che conservano nel cuore i nipoti Riccardo e Valerio Braglia, la figlia Anna, il genero Attilio Braglia la ricordano. Grazie per averci insegnato i reali valori della vita.

Settantesimo della fondazione dell’Unione Donne Italiane

)

L’ Unione Donne Italiane (UDI) ha origine nel Congresso di Firenze del 1945 nel quale avvenne LA FUSIONE DEI CIRCOLI SORTI NELL’ITALIA LIBERATA a opera del Comitato di iniziativa (costituitosi a Roma nel 1944) CON I GRUPPI DI DIFESA DELLA DONNA CHE AVEVANO AGITO NELL’ITALIA OCCUPATA. Per parlare della nascita dell’UDI occorre dunque partire dalla LOTTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE, nel corso della quale E’ VENUTA NASCENDO LA PRIMA ORGANIZZAZIONE FEMMINILE A CARATTTERE DI MASSA NELLA STORIA DEL NOSTRO PAESE : I GRUPPI DI DIFESA DELLA DONNA (Marisa Rodano Memorie di una che c’era) aprile 2015

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i sostenitori euro

- IONE BARTOLI – sostegno ............................................. 50,00 - IRIS NOTARI – in memoria di Dino Sassi ....................... 25,00 - MIRELLA TORREGGIANI – in memoria del padre Ezzelindo ............................................................... 50,00 - RUSSO SALVATORE – sostegno .................................... 50,00 - MAURO BORTOLANI – sostegno ................................... 20,00 - TELEMACO ARLEONI – sostegno .................................. 150,00 - MIRCA TAGLIAVINI – in memoria di Adorno, Emore, Adriana Orlandini ............................................................ 50,00 - ROSSELLA CARBONI – in memoria del padre Giuseppe Carboni ............................................................ 50,00 - GAUDENZIO MONTANARI – sostegno ............................ 50,00 - BRUNA COSTI – sostegno .............................................. 20,00 - GIOVANNI CASTELLI – sostegno .................................. 100,00 - SERGIO CATELLANI – sostegno ..................................... 50,00 - GIULIANO GIULIANI – sostegno .................................... 50,00 - MERI MONTALI – sostegno ............................................ 25,00 - RICCARDO CASANOVA – sostegno ................................ 15,00 - SVENO MEGLIOLI – sostegno ........................................ 10,00 - CAMERA DEL LAVORO GUASTALLA – sostegno ............ 80,00 - AGATA BIANCHI – sostegno ........................................... 30,00 - SILVANO LODINI – sostegno .......................................... 20,00 - MICHELE MONTANARI – sostegno ................................ 20,00 - AURORA POLZANI – sostegno ....................................... 10,00 - OLGA MANNI – sostegno ............................................... 50,00 - MARIA VILDE MISELLI – sostegno ................................ 50,00 - GULALA SALIN – sostegno ............................................ 20,00 - IVO CORRADI – sostegno .............................................. 30,00 - COMUNE DI COLLAGNA – sostegno .............................. 20,00 - CARMEN ALTARE – sostegno ........................................ 100,00 - ELMO GALLINARI – sostegno ........................................ 20,00 - TANCREDI STEFANELLI – sostegno ............................... 5,00 - CAVAZZONI GAETANO – sostegno ................................. 20,00 - VIANI FEDERICA – in memoria di Lidia Aurora Valeriani 100,00 - FAM. RIVI – in memoria di Rivi Arrigo “Askar” .............. 50,00 - PATERLINI FOSCA – sostegno ....................................... 10,00 - SPI CGIL – sostegno ...................................................... 25,00 - ANNA SALSI – sostegno ................................................ 50,00 - ENRICO LONGAGNANI – sostegno ................................ 50,00 - MASINI – sostegno ........................................................ 20,00 - CATIA CASOLI – sostegno ............................................. 100,00 - ANGIOLINA BERTANI – sostegno .................................. 30,00 - GIANCARLO MATTIOLI – sostegno ................................ 50,00 - AVE GIAROLI – sostegno ............................................... 20,00 - GIULIANO CIGARINI – sostegno .................................... 10,00 - MARCO PILLA – sostegno .............................................. 10,00 - MARIA ROSSI – sostegno .............................................. 50,00 - STEFANIA FERRETTI – sostegno ....................................100,00 - ZENO MASSELLI – sostegno .......................................... 20,00 - RENZO TASSONI – sostegno .......................................... 20,00 - BRUNA TASSELLI – sostegno ........................................ 20,00 - VIRGINIA FRANCIA – in memoria del marito Poli Enzo .. 60,00 - VERA e CARLA BERTANI – in memoria dei genitori ....... 60,00 - FRANCA CUCCHI – in memoria del marito Ero Benadusi 50,00 - ATTILIO e PIERO TONDELLI – in memoria di Adolfo Tondelli ................................................................ 25,00 42

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euro

- ANNO e SILVIO TIRABASSI – in memoria il padre Cismo e la madre Mercede ........................................................ 30,00 - SIMONA COCCHI e SIMONETTA – in memoria di Ulisse Gilioli ................................................................... 100,00 - ILEANA FERRETTI – in memoria dei genitori Giuseppe e Ilde Pasturini ................................................ 50,00 - NADIA PELOSI – in memoria dello zio Vomer Pecchini.. 100,00 - ANNAMARIA PATERLINI e fam. – in memoria dell’amico Erio Paterlini ..................................... - GABRIELE SPAGGIARI e fam. – sostegno ...................... 50,00 - GIORGIO MASONI in memoria degli zii Euride e Cesare Soragni ................................................ 200,00 - LUCIANO RONDINI – sostegno .................................... 20,00 - GIORGIO PATERLINI – in memoria del padre Erio ........ 300,00 - LAURA CAVAZZONI – in memoria del marito Valter Reverberi ............................................................. 140,00 - KATIA FURGHIERI – in memoria il padre Gino ............... 50,00 - NERO e MARIA FONTANESI – sostegno ........................ 50,00 - ILEANA e MAURO CONFETTI – in memoria dei genitori Loris e Enermere Beggi ................................................. 100,00 - MARISA e VIVALDO MARGINI – per celebrare il 60° anniversario matrimonio ....................................... 50,00 - IVAN RABITTI – sostegno .............................................. 20,00 - CLAUDIO MALAGUTI – in memoria dei genitori James e Ida Donelli ........................................................150,00 - BRUNO MENOZZI e figli in memoria della moglie Bruna Mammi ................................................................. 50,00 - LAILA GROSSI – in memoria il padre Emilio .................. 50,00 - POPILIA NERONI – in memoria del marito Francesco Neroni ........................................................... 50,00 - SERGIO AMABILE – in memoria il compagno Paride Allegri .................................................................. 50,00 - SECONDO MENOZZI – in memoria della moglie Bruna Colli ..................................................................... 30,00 - MANUELA e IVANA GROSSI – in memoria dei genitori Niveo e Bruna Leoni ...................................................... 200,00 - MASSIMO FONTANESI – in memoria il padre Amus ...... 50,00 - LORENA FERRETTI – in memoria dei genitori Lino e Lidia Bellesia .................................................................. 200,00 - GIANNI GUIDOTTI – in memoria del padre Giulio e della madre Selene .........................................................100,00 - ALBERTINA e ROMEO BAGNACANI – in memoria dei genitori Attilio e Schiatti Maria ........................................ 50,00 - CIRIA SBERVEGLIERI – in memoria del padre Romualdo ..... 50,00 - ALBERTINA BAGNACANI – in memoria della cognata Dimma Magnani ............................................................. 30,00 - GINO e NOVELLA GHIACCI – in memoria degli amici Cesare ed Euride Soragni ................................................ 30,00 - FAM CAPRATI /ROSSINI – in memoria dei familiari deceduti ........................................................... 200,00 - LUIGI FERRARINI – sostegno ........................................ 30,00 - CARLO e STEFANIA GOVI – sostegno ............................ 25,00 - FAM.CASINI – in memoria del patriota Franco Casini ..... 50,00 - ANSELMO FERRARI e fam. – In memoria del padre Anselmo ................................................................100,00 - ADRIANA – in memoria del partigano Tonino Marzi ..... 100,00


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i sostenitori euro - MIRCO e RINO MONTANARI – in memoria di Amerenzio “Mirco” Marina Notari ................................. 100,00 - VELIA VERZELLONI e fam. – In memoria del partigiano Aldo Mussini “Eros” ...................................................... 100,00 - MAELA MUSSINI e VELIA VERZELLONI – in memoria di Wolmer Verzelloni e Wilma Galaverni ............................ 50,00 - GIANNI VECCHI – sostegno ........................................... 10,00 - ANNUSCA BIZZARRI – in memoria dei genitori Nello e Albertina Rossini ................................................ 150,00 - ERMETE FIACCADORI – in memoria dei genitori Talino e Olimpia Beneventi .......................................................... 150,00 - LOREDANA e SONIA COSTI – in memoria del padre Cesarino .............................................................. 100,00 - LUCIANO CATTINI – in memoria dei genitori Oddino e Malagoli Fermina (Rosa) ................................................ 50,00 - ARRIGO ALBARELLI – sostegno .................................... 30,00 - SILVIA BONEZZI – sostegno .......................................... 50,00 - ADOLFINABUSSEI – sostegno ....................................... 50,00 - ALFREDO CAMPIOLI – sostegno .................................. 25,00 - RAFFAELE CAMPIOLI – sostegno .................................. 30,00 - LAURA CAVAZZONI – sostegno .....................................100,00 - TERESA CIGARINI – sostegno ....................................... 50,00 - LILIANA FONTANA –sostegno ....................................... 30,00 - MARIA FONTANESI – sostegno ..................................... 30,00 - CARLO GRASSELLI – sostegno ..................................... 30,00

euro - BRUNA MENOZZI – sostegno ........................................ 50,00 - IRIS NOTARI – in memoria del marito Dino Sassi ......... 25,00 - LANFRANCO PASQUALI – sostegno .............................. 30,00 - IVANO SASSI – sostegno ............................................. 30,00 - DAVIDE ZAMBONI – sostegno ....................................... 30,00 - FRANCESCO FANTINI – sostegno .................................. 30,00 - LUIGI GALAVERNI – sostegno ...................................... 100,00 - VALTER MONTECCHI – in memoria di Vincenzo Branchetti ....................................................... 50,00 - VALTER MONTECCHI – in memoria di Giorgio Franzoni 50,00 - MARCO FERRATI in memoria della madre Elena Riccò (Nella) ........................................................ 30,00 - LAURA SALSI in memoria di Argenzio Bini e Iris Gambuzzi ................................................................. 100,00 - BRUNA AGUZZOLI – sostegno 25,00 - REDENTO BERNI – sostegno 25,00 - LUISA e FIORENZA BARAZZONI – in memoria dell’amico Ulisse Gilioli “Orazio” ..................................................... 50,00 - LUCIA FERRATI e TIZIANA GUIDETTI – in memoria di Ivo Guidetti .................................................................... 200,00 - UBALDO IBATICI – sostegno ......................................... 15,00 - GIUSEPPE FRANCESCHINI – sostegno ......................... 30,00 - FABIO MONTANARI – sostegno ..................................... 30,00 - FRANCESCO MARCONI – sostegno ............................... 30,00 - PIETRO BUFFAGNI – sostegno ...................................... 65,00

il sostegno delle sezioni ANPI al Notiziario - CASALGRANDE – sostegno 60,00 - BAGNOLO IN PIANO – sostegno 520,00 PIEVE MODOLENA – sostegno 200,00 - Puianello MONTECAVOLO, QUATTRO CASTELLA – sostegno 50,00

I 60 anni di matrimonio di

Vivaldo Margini e

Marisa Diacci 24/02/1955-24/02/2015 Auguri da tutti i familiari aprile 2015

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70esimo Ihr Partisanen, nehmt mich mit Euch!

News FIR, Bollettino (in lingua inglese) della Federazione Internazionale dei combattenti della Resistenza, n. 35, gennaio 2015, reca una nota sulla pubblicazione, in Germania, e ovviamente in tedesco, traduttore Steffen Kreuseler, per l’Editrice Papy-Rossa di Colonia, del libro autobiografico del nostro Presidente Giacomo Notari. Il titolo originale italiano (Hai un cuore forte, puoi correre. Autobiografia di un partigiano montanaro) è diventato Ihr Partisanen, nehmt mich mit Euch!, cioè il verso “Oh partigiano, portami via” quando i tedeschi cantano Bella ciao. Il libro, 150 pagine, è in vendita in Germania a 12 euro. Dal 23 al 29 marzo Notari ha girato per la Germania, accompagnato da Steffen, per presentare il libro a Francoforte, Berlino e Hannover.

OLTRE IL 70°, IO CI SONO... Il progetto è stato presentato in sala del Tricolore martedì 17 marzo 2015 in un colorata cornice di studenti, testimoni, insegnanti, cittadini e autorità di Rosanna Ragni

OLTRE IL 70° IO CI SONO è progetto e proposta insieme, è

entrato nelle scuole in punta di piedi, nel rispetto della libertà didattica e d’insegnamento di progetti e di iniziative locali già programmate. L’associazione ANPI si rende garante di collaborazione con testimonianze, documenti, materiale di ricerca a supporto di. ogni iniziativa, ogni qualvolta se ne faccia richiesta. Questo progetto è un percorso nuovo che non parte dal passato, ma dal presente: IO CI SONO. Per la chiave di lettura della locandina basta seguire i percorsi naturali dell’attenzione. Si nota immediatamente l’uccellino, il disegno di un bambino. Vola ad ali aperte. È libero. E’ felice. Le sue ali portano in alto i colori della bandiera italiana. Si leggono i nomi delle scuole, di tutte le scuole della Val d’Enza, i binari su cui già cammina la storia di ogni ragazzo. In primo piano, la donna in bicicletta, la staffetta partigiana, la donna determinata e coraggiosa che sfida l’atrocità della guerra, la cattura, la violenza, le intimidazioni delle leggi fasciste a rischio della vita. La cornice dei loghi dei Comuni, della Provincia e delle Associazioni, sono a testimonianza di una presenza unita e garante a tutela dell’individuo, del bene comune, della memoria storica, della Costituzione Italiana […] . L’attenzione giunge al documento che commuove, al passato che resta monito ed esempio, che ci onora nel presente: la lettera del giovane Giordano Cavestro, scritta prima della fucilazione. (Parma,4 maggio 1944) Appoggiato alla busta, un fiore di campo, un papavero rosso, il fiore del Partigiano morto per la libertà. Il manifesto dà risposte, garantisce ampio spazio alla diffusione di esperienze, di testimonianze, di elaborati interdisciplinari. Sul manifesto c’è un indirizzo internet, che apre la strada della 44

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comunicazione in rete, che lascia una traccia: ”perchenoperchesì”. Perché no al fascismo, alla mafia, al bullismo, al terrorismo, al razzismo. Perchè sì alla Memoria, alla libertà, al rispetto dell’individuo, alla legalità, alla democrazia, alla Pace. […] Penso che la stesura di questa locandina, esposta negli ambienti pubblici e nelle scuole della Val d’Enza possa essere considerata

Rosanna Ragni


70esimo un vero e proprio documento, un manifesto celebrativo del 25 Aprile 2015, che si afferma in un progetto di cultura storica e civica, proiettato oltre il 70°, in memoria della Resistenza per la Liberazione. Sono sicura che i ragazzi saranno in grado di dare vita ad ogni messaggio, con la guida degli insegnanti, nella consapevolezza delle scelte da compiere: #perchenoperchesi.[…] Parte centrale del progetto risulta la locandina “Oltre il 70°, io ci sono”. In secondo ordine, ma complementare alla locandina viene l’indirizzo di un sito internet che dà la possibilità alle scuole di ogni ordine e grado, statali e paritarie, di mettere in rete le proprie iniziative, di diffonderle, di condividerle. Per la stesura della locandina, per i consensi, le autorizzazioni, per il patrocinio, per un’adesione partecipata, ho personalmente contattato chi ipoteticamente avrebbe potuto farsi prezioso protagonista del messaggio da esporre pubblicamente: Dirigenti degli Istituti Comprensivi della Val d’Enza; Scuole di musica; Dirigente dell’Istituto Silvio d’Arzo; Dirigenti degli Istituti delle Scuole Paritarie di Montecchio e Bibbiano; Anna Roncada, responsabile Coordinamento scuole Val d’Enza; Sindaci e Assessori; Associazioni; Segretaria del sindaco di Reggio Emilia Pamela Ferrari; Prof.Franco Bolondi Direttore Scuola Fism “Mamma Mara” S.Polo d’Enza; Luca Boni, Consigliere Comunale, Presidente Comitato Genitori, Presidente Consiglio d’Istituto S.Polo d’Enza; Presidente dell’ANPI provinciale Giacomo Notari e collaboratori in sede .[…] W LA RESISTENZA ITALIANA, W LA COSTITUZIONE ITALIANA le scriviamo sul tricolore… Ivo Mareggini dell’ANPI di San Polo mentre regge il manifesto dell’iniziativa; sotto studenti, insegnati e autorità (foto di A. Bariani)


OPINIONI ANTAGONISTICHE E PERCEZIONI RELATIVE di Anna Ferrari

Ai Chiostri di San Domenico (ex Stalloni), Via Dante Alighie-

ri , si concluderà il 25 aprile 2015 la mostra Resistenza e Arte: “Pittura partigiana”. L’idea della mostra è nata in ANPI promotrice insieme a ISTORECO e A.R.S. (Art Resistance Shoah), nell’ambito delle iniziative tese a commemorare il 70° della Liberazione, per raccontare chi riesce a sopravvivere e chi porta una testimonianza di ciò che ha vissuto con il proprio linguaggio, con la propria visione della libertà. Una libertà per la quale molti artisti hanno dato la vita, hanno combattuto, costretti all’esilio o imprigionati. Sono esposte opere realizzate nel vivo della guerriglia partigiana da parte di protagonisti o rielaborazioni successive costruite sul filo della memoria o sulla base di interpretazioni personali. La Resistenza italiana ha scritto le pagine più belle della nostra storia e questa esposizione è un ulteriore occasione per una riflessione sul rapporto tra memoria e storia a partire da un ambito fatto di immagini oltre che di parole, per offrire una scena simbolicamente pregnante a una pluralità di voci creative nel segno di una comune coscienza civile. La riappropriazione della memoria è una tappa fondamentale per definire la nostra identità e le nostre origini sia politiche che sociali e quindi per dare nuova linfa al nostro presente e alle nostre prospettive di analisi e lotta. Nella società odierna nessuno sembra più ricordare quello che è successo il giorno prima, grazie ai processi economici, politici e sociali, sempre più veloci e autoritari, che disgregano continuamente culture, collettività e individui, senza dare il tempo di rielaborare e conservare il vero significato di ciascuna di essa,

assillati dall’imperativo del presente. Questa esposizione è avvenuta esattamente alla distanza di 70 anni, non solo dalla Liberazione, ma anche dalla prima mostra analoga tenutasi a Reggio nell’atrio del Teatro municipale nell’autunno 1945. Quella del 1945 (15-31 dicembre) fu il risultato di un concorso a premi, indetto dall’ANPI, per dipinti e sculture. Vi parteciparono numerosi artisti che col suggestivo linguaggio delle forme e dei colori espressero il loro pensiero sulla lotta di resistenza. Tre delle opere premiate nel 1945 sono presenti nella esposizione attuale: Vivaldo Poli, Armando Giuffredi, Guerrino Franzini. Sono documenti storici importanti al pari di lettere originali, diari e interviste. Sono testimonianze di un vissuto, oltre che opere d’arte. Un ringraziamento ai curatori della mostra Salvatore Trapani e Elisabetta Del Monte, ai numerosi volontari che si sono giorno dopo giorno resi disponibili, agli Enti e ai numerosi privati che ci hanno dato la possibilità di allestire la mostra con loro opere. Ci scusiamo se molte di queste non sono state esposte, ma proporremo questa positiva esperienza in modo itinerante nei comuni della nostra provincia e prossimamente alla Festa Nazionale dell’ANPI che si svolgerà a Carpi dal 30 maggio al 2 giugno.In continuità a Correggio Palazzo dei Principi dal 25 aprile al 25 maggio 2015 Resistenzza e Arte “Eredità e Contemporaneità” sarà un percorso di fotografia contemporanea e audiovisiva che, dal mito della lotta partigiana dialogherà con il concetto di Resistenza nel tempo presente



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aprile 03 l© editoriale 70 anni fa... Antonio Zambonelli 05 l© 70esimo Finalmente liberi! Francesca Correggi 09 l© 70esimo Il Volontario della Libertà Glauco Bertani 13 l© politica Una società senza mafie Giancarlo Ruggieri

Disegno di Tommaso Ronda, Scuola Comics Reggio Emilia


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