Notiziario dicembre 2015 web

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notiziario

PERIODICO del Comitato Provinciale Associazione Nazionale Partigiani d'Italia di Reggio Emilia

Poste Italiane s.p.a. - Spediz. in abb. post. - codice ROC 25736 d.l. 353/2003/ (conv. in L. 27-02-2004 n. 46) art. 1 - comma 1- DCB - Filiale R.E. - Tassa pagata taxe perçue - Anno XLVI - N. 9 dicembre 2015 - In caso di mancato recapito rinviare all’Ufficio P.T. di Reggio Emilia detentore del conto per restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa.

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sommario Editoriale 03 L’eredità che la Resistenza lascia al Paese è immensa, di G. Notari Politica 04 Allahu Akbar, di S. Morselli 06 Jus soli la nuova cittadinanza: giusta e problematica, di C. Ghiretti 09 Quali equilibri costituzionali?, di G. Bertani Estero 07 L’ombrello aereo di Putin copre la Siria, di B. Bertolaso

La

quinta copertina disegnata dagli autori della Scuola comics di Reggio Emilia

Riassunto episodi precedenti Anita, una ragazza di vent’anni, riceve da un partigiano in fuga un bigliettino con delle frasi in codice. Spaventata, non lo dice a nessuno, ma quando viene rapita dai compagni del patriota la ragazza è costretta a consegnare loro il messaggio. Da quel momento ogni sua mossa sarà controllata da Angelo, il garzone di negozio di alimentari che fa parte della resistenza. Ma Angelo viene ucciso dai fascisti sotto lo sguardo di Anita. La ragazza, sconvolta, cerca invano conforto tra le braccia del padre. n zia i

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Società 09 Coopesette e lo spirito cooperativo, di G. Bertani 10 Sfasci-nation, commento al “Calendario 2016 di Benito Mussolini, di D. Ferrari Lazzarini 11 Il senso della Resistenza negli “stranieri” 4a, di F. Correggi Cultura 14 Partigiani a tavola, di A. Fava 21 Metti un pomeriggio con Nemesio Crotti “Il Ribelle”, di A. Fontanesi

22 Ulteriore luce sul “caso Facio”, di A. Zambonelli 31 Palestra di educazione civile, di A. Parigi 15-18 Anita, 5° episodio “La Paura” 70esimo 25 70° ANPI, il quarto presidente, Giuseppe Carretti di A. Zambonelli Memoria 10 Intervista alla partigiana Giorgia Galassi, di E. Bertani 23 Quando nacque la Comunità europea, di G. Carbonara 30 Pellegrinaggio-trekking della memoria 2015: Cervarolo-Sant’Anna di Stazzema, di A. Magri Avvenimenti 20 Cadelbosco ricorda Giuseppe Carretti, di N. Gibertini 24 Il 70° dell’ANPI in Borgo Venezia 25 Lutti - Anniversari 29 I Sostenitori Auser 08 Auser e Anpi per non dimenticare

Il Notiziario per continuare a ricordare la Resistenza «Ciao Papà! Io, Samanta, Massimo e la Chiara abbiamo visitato il campo di concentramento di Dachau, sapientemente accompagnati da Salvo, collaboratore di Istoreco. Solo recandosi sul posto, ci si rende conto di quanto sia stata disumana la ferocia dell’uomo nei confronti dei propri simili. Non ci voleva questo viaggio per essere orgogliosi di te e dei tuoi compagni per le vostre azioni nel combattere il nemico. Per questo nella ricorrenza del tuo 91° compleanno, sottoscriviamo sostenendo il Notiziario affinché continui a ricordare la Resistenza a pagina 26 I Tuoi familiari»

Spedizione in abbonamento postale - Gruppo III - 70% Periodico del Comitato Provinciale Associazione Nazionale Partigiani d'Italia di Reggio Emilia Via Farini, 1 - Reggio Emilia - Tel. 0522 432991 C.F. 80010450353 e-mail: notiziario@anpireggioemilia.it; presidente@anpireggioemilia.it sito web: www.anpireggioemilia.it Proprietario: Giacomo Notari Direttore: Antonio Zambonelli Caporedattore: Glauco Bertani Collaboratori: Eletta Bertani, Ione Bartoli, Angelo Bariani (fotografo), Massimo Becchi, Bruno Bertolaso, Gemma Bigi, Sandra Campanini, Francesca Correggi, Anna Fava,

Nicoletta Gemmi, Claudio Ghiretti, Saverio Morselli, Scuola Comics Reggio Emilia, Fabrizio Tavernelli Redazione WEB e fb: Gemma Bigi, Anna Ferrari, Anna Parigi Registrazione Tribunale di Reggio Emilia n. 276 del 2-03-1970 Dicembre 2015 Chiuso in tipografia il 23 novembre 2015 Impaginazione e grafica Glauco Bertani Per sostenere il “Notiziario”: “Associazione Nazionale Partigiani d’Italia Comitato Provinciale ANPI” UNICREDIT - IBAN: IT75F0200812834000100280840 Conto Corrente Postale N. 3482109


editoriale

L’eredità che la Resistenza lascia al Paese è immensa

> 2016: PERCHE’ ISCRIVERSI ALL’ANPI <

L’Associazione

di Giacomo Notari

partigiana nel giugno scorso ha

compiuto settant’anni. Bisogna dire con orgoglio che i suoi anni non li dimostra. E’ pur vero che la natura sembra più generosa che nei secoli scorsi, ci fa vivere molto più a lungo. Un numero ancora consistente di partigiani e partigiane vivono e seguono la vita dell’Associazione nella complessa e difficile situazione politica che vive il Paese, l’Europa e il mondo intero. Per questo come nel 1943, seppure in forma diversa da allora c’è bisogno di una nuova Resistenza che ridia speranza ai popoli della terra. Una Resistenza che sia almeno europea, per far fronte alla tragica violenza fondamentalista frutto anche di un mondo ingiusto. Giustizia e Pace sono infatti due termini inscindibili. Noi, grazie alle modifiche apportate allo statuto, oggi al fianco dei vecchi combattenti per la libertà abbiamo migliaia di persone, soprattutto giovani e ragazzi di ogni provincia d’Italia, che fanno vivere e crescere la gloriosa Associazione partigiana. L’eredità che la Resistenza lascia al Paese è immensa. Basti pensare alla cacciata della dittatura ultraventennale del fascismo e della monarchia, alla redazione della Costituzione e alle conquiste sociali: dal diritto alla cultura a quello alla salute e al lavoro. Si tratta di una grande eredità che va difesa ogni giorno dalle

insidie portate avanti da forze conservatrici e reazionarie. L’ANPI nelle molteplici iniziative che porta avanti da sola o con altre organizzazioni democratiche STAMPA UN PROPRIO PERIODICO IL “NOTIZIARIO ANPI”. Si tratta di uno strumento culturale e politico dell’Associazione, non solo perché fa rivivere gli eventi che attengono alla memoria e al ricordo dei tanti che ci hanno lasciati ma anche perché informa sulla vita dell’associazione e affronta temi che riguardano la città e il Paese. In considerazione del fatto che molti associati non sono dotati di strumenti informatici, se è deciso di continuare a stampare il notiziario anche se questo comporta un aggravio di costi per la nostra associazione. Abbiamo comunque a disposizione il formato elettronico per tutti coloro che fossero interessati ad averlo. In questi giorni si è avviata la campagna del tesseramento 2016. Non credo che le nostre famiglie faranno mancare le risorse perché il notiziario possa avere lunga vita. A questo fine alleghiamo il bollettino di c/c postale contando sulla vostra generosità. Colgo l’occasione non solo per ringraziarvi per quanto farete, ma per dirvi anche di recarvi nelle case dei Partigiani meno fortunati di noi per ragioni di salute. Formulo i più sentiti auguri di un sereno 2016.

XVI CONGRESSO PROVINCIALE

ANPI

12-13 MARZO 2016

> S O S TIENI IL NO TIZIARIO <

i congressi di circolo si svolgeranno entro il 1 febbraio 2016 dicembre 2015

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politica >

ALLAHU AKBAR MA LE PRIME VITTIME DEL FONDAMENTALISMO SONO I MUSULMANI STESSI < di Saverio Morselli

E’ intonando questo grido di battaglia (“Allah è il più gran-

de”) che il gruppo di terroristi ha seminato a Parigi morte e orrore nella notte del 13 novembre scorso, riproponendo agli occhi dell’opinione pubblica lo sgomento e l’incredulità provate in occasione dell’11 settembre 2001. Ancora una volta, il mondo occidentale ha sperimentato in casa propria la violenza brutale ed indiscriminata di chi non esita a massacrare i corpi della gente comune in nome di un dio vissuto come misericordioso e vendicativo insieme, votandosi a un martirio foriero di un aldilà pieno di grazia e di bellezza. Il segnale è chiaro: è in questo modo che il cosiddetto Califfato intende rispondere all’ingerenza militare occidentale in medioriente e riaffermare il “sacro” dovere della jihad nei confronti degli infedeli e degli apostati. L’emozione, lo sgomento e il disorientamento ci hanno afferrato mentre le immagini televisive scorrevano e l’angoscia per ciò che stava accadendo si univa alla preoccupazione per ciò che sarebbe accaduto dopo. E ciò che sarebbe accaduto dopo si chiama guerra, ovvero – immaginiamo – un pesante inasprimento di quello che è stato definito con un eufemismo intervento internazionale nella guerra civile siriana e irachena contro lo Stato Islamico in Iraq e in Siria, già in atto da mesi. La strage di Parigi ha generato nell’opinione pubblica da una parte un diffuso sentimento di insicurezza, dall’altra una sorta di desiderio di rivalsa, una reazione sdegnata a quello che in molti hanno definito “un attacco al nostro modo di vivere”, che rischia di tradursi in comportamenti di intolleranza o, quanto meno, di istintiva diffidenza nei confronti di quanti – da immigrati – vivono in Europa e di quanti – profughi e rifugiati – fuggono dall’orrore di cui, ora che ci tocca da vicino, ci rendiamo conto. L’emotività, quella indotta da forze politiche e culturali retrive ma anche quella autenticamente provata, costituisce la più semplice ed efficace autorizzazione all’intervento armato: ci hanno attaccato, occorre reagire. Tuttavia, superato lo shock, la comprensibile ma elementare equazione azione/reazione deve necessariamente lasciare il posto alla volontà di capire, di approfondire, di porsi delle domande. Perché niente nasce dal niente, e cercare di comprendere non significa giustificare. La prima riflessione è una premessa, tanto per sgombra-

re il campo da ipocrite affermazioni a proposito di presunte “guerre di civiltà”, e riguarda il bilancio degli attacchi terroristici: solo quest’anno, sono state 23.000 circa le vittime tra i musulmani, a fronte di 431 occidentali uccisi in Europa o in luoghi turistici. Questo crudo dato si commenta da solo, e ci dice che le prime vittime del fondamentalismo sono i musulmani stessi. La seconda ma fondamentale riflessione riguarda l’origine e l’affermazione dell’ISIS. Chiunque ne abbia voglia può facilmente documentarsi su quanta distruzione abbia provocato e quanto risentimento abbia generato l’intervento militare americano in Iraq nel 2003. Ed è noto come il disfacimento politico-istituzionale di quel Paese abbia portato con sé una feroce contrapposizione religiosa nonché l’emarginazione dalla vita politica e sociale della popolazione di fede sunnita, sino al suo progressivo riorganizzarsi con mire espansionistiche finalizzate alla realizzazione del cosiddetto Stato Islamico. Chiunque può prendere atto della situazione di stallo in cui versa l’Afghanistan a oltre 14 anni dalla guerra. Ed è sotto gli occhi di tutti la clamorosa destabilizzazione della Libia ad opera della “coalizione di volonterosi” promossa dalla Francia, che portò alla caduta di Gheddafi. O lo sconclusionato sostegno all’opposizione che combatte Bashar al-Assad in Siria, sostanziatosi in un fiume di armamenti spesso finiti nelle mani dell’ISIS. Chiunque può prendere atto della disperante persistenza del conflitto israelo-palestinese e della inadeguatezza della diplomazia internazionale nell’imporre soluzioni, in un tripudio di veti e controveti e nella incapacità del mondo occidentale di prendere le distanze dagli eccidi perpetrati da Israele. E chiunque per onestà intellettuale dovrebbe dare atto del frequente appoggio politico e militare dell’Occidente a regimi dittatoriali, corrotti e brutali, salvo scaricarli quando la loro “corsa” è davvero finita. Insomma, il dato incontrovertibile è che il cosiddetto Occidente da sempre è stato autore di incursioni ed interferenze nei confronti dei Paesi Arabi tali da condizionarne il funzionamento istituzionale e persino l’esistenza. Lo fa e lo ha fatto per ovvi interessi politici, strategico-militari ed economici, per descrivere i quali sono stati utilizzati fiumi di inchiostro. Lo fa e lo ha fatto senza particolare attenzione agli “effetti collaterali” che ne possono derivare in termini di


politica

vite umane, valori culturali, fedi religiose. In questo contesto di disgregazione politica e territoriale, integrata da un concentrato spaventoso di povertà e dalla presenza di miriadi di correnti religiose, può sinceramente sorprendere che nascano formazioni di stampo estremista ed integralista che promuovono la violenza religiosa e considerano infedeli coloro che non concordano con la loro interpretazione del Corano, che trovano la propria identità in una ideologia reazionaria che impone regole ferree e reprime la diversità, che si vendica di umiliazioni collettive e individuali? Ma non è tutto. Nel rispetto di alleanze di convenienza economica e strategica, l’Occidente elude la contraddizione più paradossale, che consiste nell’esprimere aperto sostegno a chi combatte i jihdaisti mantenendo proficui rapporti commerciali con quei Paesi – in primis Arabia Saudita, Kuwait, Turchia, Qatar ed Emirati arabi – che in vario modo finanziano i jihadisti stessi in funzione anti sciita, non disdegnando la vendita di ingenti quantità di armamenti che finiscono col passare direttamente nelle mani dei combattenti dello stato islamico! Naturalmente, come sempre accade quando la situazione appare ormai compromessa, il ricorso alla guerra viene presentato come inevitabile. Chi vi si oppone è immediatamente bollato come velleitario idealista, se non complice del mostro di turno. E’ un gioco sporco, che tende a fare terra bruciata intorno alla cultura pacifista per renderla irrilevante. A chi lo propone, a chi vorrebbe far abdicare dalle ragioni della nonviolenza, bisognerebbe ricordare che la lotta al terrorismo di matrice islamica si fa, in Europa, combattendo il disagio sociale e favorendo il processo di integrazione delle giovani generazioni di origine araba, ma a tutti gli effetti cittadini europei, che abbracciano la causa jihadista. Si fa, nei luoghi ove lo Stato islamico spadroneggia, favorendo un reale processo democratico in quell’area geopolitica così complessa e tagliando tassativamente le forniture militari ai Paesi in odore di complicità più o meno diretta con il Califfato, nonché la rete di comprensioni, traffici, finanziamenti e complicità che

lo circondano e lo nutrono. Costituendo una forza di polizia internazionale che faccia da muro alla avanzata dell’ISIS e davvero rappresenti una credibile presa di distanza da ogni connivenza con chi, a parole, si dice di voler combattere. Se si avesse il coraggio, ma soprattutto la volontà politica, di operare in tal senso, quanto tempo ancora durerebbe il cosiddetto Stato islamico? Le foto, scattate a Reggio Emilia il 15 novembre scorso durante la manifestazione dopo i fatti di Parigi, sono di Angelo Bariani

Alla sezione ANPI di Parigi che ha il suo ritrovo abituale in rue des Vinaigriers, vicino al Canal du Nord Circolo des Garibaldìens Cari amici, abbiamo ancora negli occhi l’orrore per le immagini di violenza e di sangue, di disumana crudeltà che hanno colpito Parigi e la Francia a causa degli spietati attacchi terroristici dell’ISIS nella terribile notte del 13-14 novembre. Vogliamo esprimere a voi, che rappresentate i valori e la limpida storia della Resistenza italiana in una città culla di libertà e di democrazia come Parigi, lo sgomento e il dolore, l’indignazione che proviamo per le tante giovani vite spezzate, per i loro familiari privati degli affetti più cari, per l’offesa a valori che sentiamo profondamente nostri: il diritto alla vita e a viverla pienamente e in sicurezza, il rispetto della dignità di ogni persona, il rifiuto dell’odio e della violenza gratuita, la libertà, la democrazia. Sono gli stessi valori che hanno animato l’antifascismo e la Resistenza nella storia recente della Francia, dell’Italia, dell’Europa. Questi stessi valori ora ci spingono ad andare oltre il dolore e l’indignazione, a reagire e a rispondere rafforzando in noi stessi l’impegno a opporsi, a contrastare e a vincere i fondamentalismi di ogni specie e i nascenti movimenti fascisti e nazisti che in Europa stanno si pericolosamente riproponendo, che vogliono seminare paura e terrore, usano la cieca e insensata violenza, l’odio, la volontà di dividere e contrapporre gli uomini ed i popoli tra di loro, il rifiuto di ogni senso di umana pietà. Per questo migliaia di cittadini hanno partecipato alla manifestazione di solidarietà con la Francia e con Parigi che domenica scorsa 15 novembre si è tenuta nella nostra città, promossa dalle istituzioni e dalla comunità musulmana. L’ANPI c’era e sempre sarà in testa ovunque debbano essere difesi e tutelati e promossi valori di umanità, libertà, giustizia, democrazia. Siamo ben consapevoli dei difficili momenti che state vivendo, ma altrettanto certi della vostra forza d’animo e volontà di reazione, alimentata dallo spirito antifascista e resistente. Siamo idealmente al vostro fianco e a voi abbiamo sentito il bisogno di rivolgerci in questo difficile momento come segno di amicizia, vicinanza, condivisione e sostegno. Con fraterna amicizia, Gli amici dell’ANPI di Reggio Emilia dicembre 2015

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JUS SOLI

LA NUOVA CITTADINANZA: GIUSTA E PROBLEMATICA di Claudio Ghiretti

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opo una forte campagna sostenuta da importanti personalità istituzionali, si pensi all’allora Presidente della Repubblica Napolitano, al Presidente del consiglio Renzi, allo stesso ministro Delrio e alla spinta del mondo cattolico e dei partiti politici di centro-sinistra, nell’ottobre scorso la Camera ha approvato il testo della nuova legge che cambia i requisiti per acquistare la cittadinanza italiana da parte di persone straniere extracomunitarie. E’ il primo passo di una proposta che, se sarà approvata anche dal Senato, diventerà legge. Da quel momento, l’Italia avrà lo Jus soli, diritto, cioè di acquisire la cittadinanza italiana per chiunque nasca in Italia non solo da genitori italiani, ma anche da genitori stranieri, purchè, lo richiedano e almeno uno, sia in possesso del permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo. Non solo. La proposta prevede anche il cosiddetto “jus culturae”, il diritto cioè ad ottenere la cittadinanza anche per il minore straniero che sia nato o entrato in Italia entro il dodicesimo anno di età, che abbia frequentato regolarmente, in Italia, corsi d’istruzione scolastica per almeno cinque anni o corsi professionali anche se quadriennali o triennali. Per l’Italia, si tratta di un vero e proprio cambiamento di paradigma. Fino ad ora la cittadinanza si poteva acquisire perché si nasceva da genitori italiani (anche uno solo) il cosiddetto Jus sanguinis o per domanda, dopo aver risieduto per almeno 10 anni in Italia e altre modalità particolari. Non si tratta, però di una novità in Europa, perché Francia, Regno Unito, Finlandia, Grecia, Portogallo, Irlanda lo hanno adottato da tempo. Men che meno nel mondo. Dagli USA al Canada a quasi tutta l’America latina, da sempre, praticano lo Jus soli senza condizioni. Ma qual è il significato di questa svolta. Prima di tutto, con questa legge si pone fine al triste fenomeno di quegli adolescenti, nati o cresciuti in Italia da genitori stranieri, che vanno a scuola con i nostri figli, che quando diventano maggiorenni, si ritrovano, senza diritti, nel loro paese. Dal punto di vista sociale, significa prendere atto che il futuro della società italiana sarà strutturalmente multietnico, multiculturale e multireligioso. Dal punto di vista politico significa che lo stato, per gli stranieri, che hanno i requisiti per vivere in Italia, intende farsi carico della loro inclusione nella comunità civile e politica nazionale, spingendo tutti ad operare nel rispetto della costituzione. Tuttavia, la questione non è di quelle da prendere a cuor leggero. Dopo le stragi di Parigi da parte di terroristi dell’Isis, cioè del cosiddetto Califfato islamico, il cammino di questa legge potrebbe essere più difficile. Il fatto che diversi terroristi erano musulmani di nazionalità francese e belga ha turbato profondamente l’opinione pubblica europea e italiana. Sta crescendo un sentimento di diffidenza nei confronti degli immigrati arabi che rischia di compromettere il processo d’integrazione, seppur lento e difficile, nella comunità nazionale e di spingere verso l’emarginazione e l’esclusione. Ma c’è una questione di fondo che la nuova legge, non affronta: che fare con i seguaci di religioni, come quella musulmana, che non riconoscono il primato della Costituzione Italiana sul Corano. In altre parole, è giusto riconoscere lo status di cittadino italiano a persone che vogliono la legge coranica a fondamento dello Stato e del governo del paese? Fino ad oggi, si è preferito non 6

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porsi questa domanda. Il problema è risolto in via pratica perché i cittadini italiani di religione musulmana sono una minoranza politicamente trascurabile. Ma la forte immigrazione dall’Africa o dal Pakistan, i ricongiungimenti famigliari, l’alto tasso di natalità, ci dicono che nel giro di pochi anni i cittadini italiani di fede musulmana saranno milioni. La Sharia è incompatibile non solo con i valori tipici della nostra cultura, ma con i pilastri della nostra Costituzione: la laicità dello Stato e la democrazia. E’ questo il problema che la nuova legge sulla cittadinanza non affronta. E’ un problema d’incompatibilità che si affaccia, per la prima volta nella storia, alle frontiere e all’interno del nostro come di tutti i paesi europei e, ad oggi, la soluzione non c’è.

sUCCESSO IN AREA GERMANOFONA DELL’AUTOBIOGRAFIA DI GIACOMO NOTARI Come forse non molti sanno, il libro autobiografico di Giacomo Notari, partigiano a 17 anni e attuale presidente ANPI reggiana, pubblicato a Reggio nel 2010, in questo 2015 è stato èdito in Germania, nella traduzione di Steffen Kreuseler, di Istoreco. Il titolo originale, Hai un cuore forte, puoi correre, nell’edizione berlinese è diventato Ihr Partisanen nehmt mich mit euch (l’equivalente di Oh Partigiano portami via ). Il volume è giunto anche in mano ad un pastore protestante della Svizzera tedesca, Hans Walter Goll, che il 20 settembre u.s. ha scritto a Notari una lettera in cui, dopo apprezzamenti al libro aggiunge: “Essendo pastore protestante, ho persino parlato di Lei in una predica sulle parole buone che permettono di incoraggiare chi ne ha bisogno”. E non solo ne ha parlato, ma ha anche inserito nella locandina in cui si annuncia il “Servizio divino” della domenica 20 settembre, la copertina del libro di Notari accanto al versetto 23, cap. 14, del Vangelo di San Giovanni ( “Gesù rispose dicendogli: chi mi ama, chi ascolterà la mia parola…”). Nella stessa lettera il pastore Hans Goll, cita, ma nel suo italiano travagliato, un Franz Bridel che, da quanto abbiamo poi potuto appurare, nel 2014 pubblicò un libro, in francese, sul padre di Hans, Werner , a sua volta pastore protestante e parroco, in Germania, di Metzels (Turingia), dal 1937 al ’39. Seguace della Chiesa confessante di Dietrich Bonhoeffer, dopo essersi arruolato nella Wehrmacht come furiere, giunto in Italia, a Genova, passò nelle file partigiane a Voltri, come da fotocopia di una dichiarazione dell’ANPI locale datata 9 agosto 1946. Il titolo del libro di Bridel, in italiano, suona: L’irriducibile pastore Goll, combattente della fede sotto il terrore nazista, ed Ampelos). Sul testo di Notari, Hans Goll aggiunge: “Questo libro è molto importante perché insegna a tutti, compresi i tedeschi, qual è stata la Resistenza italiana”. In epoca di molta confusione sotto il cielo, mi sembrava importante segnalare questa relazione simpatetica venutasi a creare tra il partigiano garibaldino Giacomo Notari ed il pastore evangelico Hans Walter Goll, come contributo ad una possibile educazione alla cittadinanza europea basata sui valori della Resistenza. Che fu appunto Resistenza europea ed anche tedesca. Antonio Zambonelli


estero

L’ombrello aereo di Putin copre la Siria di Bruno Bertolaso

Per la Siria Obama ha scelto di non esserci oltre dopo la con-

statazione che nel conflitto siriano il governo americano aveva scelto di entrarci in maniere defilata e dopo avere constatato il fallimento della proposta avanzata alle parti amiche per la creazione di una no flay zone. Tenendo conto, inoltre, che la strategia di intervento di Washington, che prevedeva tra l’altro un programma di addestramento di 5.000 ribelli “moderati”, che dovevano combattere il regime di Bashar el Assad, era inefficace malgrado le previste enormi spese da affrontare, superiori ai 500 milioni di dollari. La decisione conseguente è stata l’abbandono dell’ingaggio e dell’addestramento dei ribelli “amici” in Siria, Giordania, Qatar, Arabia Saudita, e la realizzazione in Turchia di centri molto più ridotti, destinati a preparare i soli leader da assegnare, in seguito, a gruppi di oppositori del governo di Assad. Nella situazione di parziale sganciamento USA emerge chiaramente la brillante tattica offensiva in Siria di Putin, avviata con un forte rafforzamento della base navale russa a Latakia, con la mobilitazione di una forte contingente militare e con l’avvio di intensi raid aerei contro Isis con il lancio, anche, dei nuovi missili a lunga gittata SS-300. I dati ufficiali confermano i successi di Mosca all’atto della sua entrata nel conflitto. I raid aerei hanno comportato l’eliminazione di circa 300 militanti di Isis. L’attacco al quartier generale del gruppo Liwa al-Haqq ha prodotto l’eliminazione di 200 terroristi e di altri 100 in un raid nella regione di Aleppo, ove opera il gruppo ribelle Jabat Al-Nusra. Il distacco dal Pentagono si è reso evidente anche in Iraq con l’attacco, effettuato dalla nuova “war room” creata a Bagdad con Mosca, Teheran e Damasco, contro la carovana di vetture dell’Isis, mentre la stessa attraversava il deserto dell’Anbar in direzione di Karabla ai confini con la Siria. Secondo informazione dell’intelligence la carovana ospitava il Califfo Karabla al-Baghdadi, atteso in un vertice con i capi militari dell’Isis. La colonna motorizzata fu completamente distrutta e secondo fonti locali, citate dalla BBC, nel raid persero la vita almeno 15 leader di Isis. Il corpo di al-Baghdadi non è stato trovato. Secondo alcune testimonianze raccolte in loco al-Baghdadi, dopo l’attacco, sarebbe stato caricato su un’auto e trasportato velocemente lontano dalla zona del raid. In conseguenza di questi particolari avvenimenti, il governo iracheno di Haider al-Ambari si è dichiarato favorevole ad una più stretta cooperazione militare con la Russia, pur con una evidente esitazione ad aprire i cieli dello Stato ai raid anti-Isis del Cremlino. Colpisce il fatto che il governo iracheno abbia tenuto Washington all’oscuro del tentativo di eliminare al-Baghdadi, dimostrazione dell’indebolimento della cooperazione militare tra Iraq e USA. Sul fronte siriano, nel frattempo, i raid di Mosca hanno dato inizio a tutta una serie di conseguenze tattiche e dalle testimonianze, raccolte dall’Osservatorio londinese per i diritti umani in Siria, si parla di una avanzata delle truppe fedeli a Bashar Assad nella provincie di Hama, oggi ancora in mano ai ribelli. Un fatto certo è che la spregiudicatezza militare di Putin mette in

scacco l’eterna irresolutezza di Obama, che continua a ripetere che l’opinione pubblica americana, stordita dall’astiosa campagna elettorale di Donald Trump, vuole solamente che la ripresa economica del Paese si irrobustisca, senza disperdere uomini e capitali in Asia. L’incontro avvenuto il 28 settembre tra Vladimir Putin e Barak Obama, che dopo la reazione avversa, scattata in seguito all’impegno militare dei russi in Siria, è passato a valutazioni politiche più realistiche, in una situazione che ha evidenziato una lucida strategia della Russia e lo sbando delle scelte strategiche degli USA, che hanno visto gli “oppositori moderati”, addestrati dagli Stati Uniti, passare in massa tra le forze del Califfato. Il fallimento strategico ha comportato la perdita del ruolo di preminenza, che Washington godeva nel Medio Oriente, perdita evidenziata, anche, dallo sganciamento di Israele. Non sono valsi i recenti tentativi di Obama di rivedere la strategia militare, rendendola più muscolosa, sotto la pressione dei militari. Putin, che sta conducendo con inalterato successo l’intervento russo, ha compreso perfettamente la necessità degli USA di salvare la faccia e ha cercato, di conseguenza, di evitare l’errore di vincere pesantemente il confronto diplomatico. I risultati dell’incontro al vertice, basati sulla unione delle forze militari contro lo Stato islamico divergono sensibilmente sul futuro della Siria anche se si è manifestata una certa accoglienza americana del punto di vista russo, secondo il quale si eviterebbe una seconda Libia solo se “non si cercasse altra soluzione alla crisi siriana se non nel rafforzamento delle strutture governative legittime, aiutandole nella lotta contro il terrorismo”. In altre parole ciò significa o il passaggio dei poteri ad Assad oppure che questi potrà governare solo su una porzione del Paese, sulla parte della costiera del Mediterraneo, oggi sotto la tutela della Russia. Probabilmente sarà questa la tesi che predominerà dopo la fine della guerra contro l’Isis, tesi che Teheran definisce come la dimostrazione “di chi fa sul serio contro il terrorismo e chi no”.

Una donna siriana mentre bacia un foto di Putin dicembre 2015

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auser

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AUSER e ANPI per non dimenticare

A Milano,

(omaggio N

alle

Donne

il

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settembre scorso, il convegno

Donne Resistenti

resistenti di ieri, di oggi e di domani)<

ei mesi scorsi è stata raggiunta un’intesa tra l’ANPI e l’AUSER (Associazione per l’invecchiamento attivo) per una fattiva collaborazione in tema culturale, sociale, formativo, con particolare attenzione anche al volontariato. Il protocollo di intesa (sottoscritto per l’ANPI dal Presidente Smuraglia e per l’AUSER dal Presidente, Vincenzo Costa) è di particolare interesse in un momento in cui occorre un grande impegno per la partecipazione e per la formazione e informazione dei cittadini. L’AUSER ha sedi in tutta Italia e svolge non solo attività di assistenza ma anche di formazione, occupandosi della Università per la Terza Età e della gestione di servizi sociali per gli anziani e non solo. In seguito a questo accordo l’ANPI di Castelnovo ne’ Monti ha partecipato con la “Partigiana di pianura” Giacomina Castagnetti al convegno “Donne Resistenti (omaggio alle Donne resistenti di ieri, di oggi e di domani)” organizzato, in occasione del 70° anniversario dalla Liberazione dal nazismo, dall’Osservatorio pari opportunità dell’AUSER nazionale, in collaborazione con l’ANPI nazionale e la Fondazione memoria della Deportazione di Milano. Il convegno, svoltosi a Milano il 23 settembre scorso nella sala messa a disposizione dalla Fondazione memoria della Deportazione, è stato aperto dalla lettura da parte di Vilma Nicolini (responsabile Osservatorio Pari Opportunità Auser Nazionale) di un passo in cui si spiegava la nascita della Resistenza delle donne; successivamente è intervento Massimo Castoldi (direttore della Fondazione memoria della deportazione) per ricordare tutte le persone che hanno fatto la Resistenza. Ha presso poi la parola Eleonora Belloni (ricercatrice presso il Dipartimento di Scienze politiche e internazionali dell’Uni-

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versità di Siena) che ha relazionato sulla diverse resistenze delle donne. Una resistenza nata durante la prima guerra mondiale per aiutare i figli dei coscritti, per conservare i loro posti di lavoro, ecc. E’ durante questo periodo che si è sviluppata la solidarietà fra le donne. Particolare interesse e commozione ha sollevato la testimonianza di Giacomina, anche lei volontaria AUSER, che ha saputo coinvolgere l’assemblea con racconti della propria vita calati nella realtà del periodo fascista, un’epoca in cui le donne non godevano degli stessi diritti degli uomini. Il ruolo della donna resistente (moglie, madre, fidanzata, lavoratrice, combattente e staffetta) è emerso in tutta la sua completezza sollevando grande commozione nell’assemblea, composta per la maggiore da donne che non hanno vissuto quel periodo. Un giorno – ricordava Giacomina, nata nel 1925 in una famiglia di otto figli – mentre accompagnava una conoscente in stazione, si era stupita nel vedere come i giovani fuggissero dai finestrini dei treni in arrivo per cercare di sfuggire ai tedeschi che li attendevano per portarli in guerra. Secondo la Castagnetti tutte le donne che hanno fatto la resistenza durante le guerre hanno avuto motivazioni diverse: sentimentali, familiari, ecc. Per Giacomina non c’è dubbio che le donne sono le prime partigiane dell’Italia. «Democrazia, pace, libertà di esprimersi sono parole che non dimenticherà mai» sono le parole con cui ha concluso Giacomina la sua testimonianza. Sono seguiti altri interventi sempre sul tema della resistenza delle donne. Al termine del convegno, la segretaria nazionale dell’ANPI Nazionale insieme al presidente nazionale dell’Auser, Enzo Costa, hanno illustrato l’accordo tra l’AUSER e l’ANPI.


politica

qUALI EQUILIBRI COSTITUZIONALI? di Glauco Bertani

Michel

B raun ,

giornalista del

“D ie T ageszeitung ”

quotidiano di sinistra di

nazione fra il nuovo sistema monocamerale e una legge elettorale di maggioranza sarebbe la

« ricetta

( l ’I talicum )

B erlino ,

scrive che la combi -

che prevede un un ampio premio

perfetta per trasformare le elezioni in una lotteria in cui il vincitore

prende praticamente tutto , mentre agli altri

[ resterebbero ] solo le B oschi /I talicum

da , parafrasando l ’ autore : questa combinazione ddl

Su legge elettorale e riforma del Senato la posizione dell’ANPI è netta. Carlo Smuraglia, presidente dell’Associazione partigiani scrive che non si tratta di una semplice modifica di alcune norme della Carta costituzionale «ma di un vero stravolgimento del modello istituzionale e culturale disegnato dal legislatore costituente. Uno stravolgimento tanto più grave in quanto si unisce ad una legge elettorale anticostituzionale e anti democratica». I timori per le sorti della democrazia nascono dal fatto, afferma Smuraglia, che il «pericolo dell’uomo forte è sempre presente. In Europa corrono venti di bufera, in vari paesi appaiono tendenze autoritarie: tutto questo possiamo combatterlo soltanto con più democrazia, più partecipazione, più libertà». La contestazione da sinistra alle riforme, ma anche dal M5S, nasce proprio da queste considerazioni, ribadite anche da Giancarlo Ruggieri, dell’ANPI reggiana, al presidio del 2 ottobre scorso davanti alla prefettura di Reggio Emilia, promosso da diverse sigle sindacali e associazioni, in difesa della Costituzione e contro la legge elettorale «fortemente maggioritaria, a fronte della quale la c.d. “legge truffa” dei primi anni ’50 – afferma Ruggieri – appare un capolavoro di democrazia, e che assomiglia tanto alla famigerata “legge Acerbo”, che spianò la strada al fascismo». L’Italicum, com’è noto, prevede il doppio turno: se al primo turno la lista più votata supera il 40 percento, conquista 340 seggi, ovvero il 55 percento cioè la maggioranza assoluta. Se nessun partito o lista dovesse raggiungere quella percentuale, si andrà al secondo turno tra i partiti più votati, chi vince conquista ugualmente 340 seggi. Gli altri partiti si spartiscono i restanti 290 seggi proporzionalmente ai voti conquistati. La soglia di sbarramento è al 3 percento per tutti i partiti. Rispetto al Porcellum, io credo, si è fatto un passo in avanti, si ha la certezza di chi sarà il vincitore. «Non saranno più possibili – si legge nel sito web <www.polisblog.it> – cambi di schema dell’ultimo minuto come avvenuto nel 2013, dal momento che la lista che vince ha la maggioranza. Certo, quella lista si può sempre spaccare e far venire meno la maggioranza assoluta, a quel punto torna in campo il meccanismo parlamentare della nostra Repubblica e nulla impedisce che risorgano le larghe intese, che questa avvenga, però, è sicuramente più difficile. Se vince una lista di sinistra, governa; se vince una lista di destra, idem. Lo schema insomma sarà molto più chiaro, fatta salva la nascita di un fantapolitico Partito della Nazione [corsivo mio]». I limiti più grossi sono i capilista bloccati nei cento collegi elettorali e le candidature plurime, cioè i capilista potranno candidarsi in dieci collegi contemporaneamente. Un altro problema non secondario che viene evidenziato nel sito web citato è quello dell’affluenza: «Come si è fatto notare, oggi come oggi andrebbe al voto realisticamente il 60% degli italiani. Nel caso di un secondo turno, si parla del 40%. La lista che governerà, quindi, potrebbe essere

briciole del potere ».

Q ui

nasce la doman -

renderà più stabile e affidabile l ’I talia ?

stata eletti dal 20% circa del corpo elettorale. Ma un discorso simile può valere per ogni legge elettorale che vuole garantire la governabilità attraverso un premio di maggioranza». Se questo è a grandi linee l’impianto della nuova legge elettorale, quello che non condivido delle critiche alla legge è il pregiudizio di partenza: non si riconosce alle forze parlamentari (con tutti i loro limiti) di avere uno spirito democratico, ma di essere orientate verso un regime autoritario strisciante. Può essere… ma ricordiamo da dove si è partiti. Il Porcellum non è stato cambiato neppure dal governo Prodi bis che comprendeva un ampio arco di forze di centrosinistra. Questo non giustifica nulla ma sussistendo il suffragio universale nulla osta che cinque anni dopo vada al governo chi prima era all’opposizione. Sulla riforma del Senato, che io invece avrei abolito, mi limito a indicare una criticità ossia un certo sbilanciamento verso il potere esecutivo a scapito di quello legislativo, che certamente rende più semplice la governabilità ma se non si escogitano contrappesi con l’Italicum si può facilmente prevedere, come già accade, quella “tirannide” della maggioranza che bene non fa al dibattito politico. «Per me, quando sento la mano del potere appesantirsi sulla mia fronte, poco m’ importa di sapere chi mi opprime, e non sono maggiormente disposto a infilare la testa sotto il giogo solo perché un milione di braccia me lo porge». (Alexis de Tocqueville)

Insediato il Comitato per il NO al referendum costituzionale Pubblichiamo il sintetico ma puntuale resoconto della prima seduta tenutasi a novembre di Giancarlo Ruggieri In apertura di seduta è stata esaminata la documentazione relativa alla costituzione del Comitato per il NO nel referendum costituzionale costituitosi in Roma con la presidenza onoraria di Gustavo Zagrebelsky ed effettiva di Alessandro Pace, onde trarne ispirazione e modello per il Comitato locale. Poi è stato elaborato il manifesto del presente Comitato, comprendente il simbolo della Repubblica Italiana, il motto “Costituzione, patrimonio del Popolo. Migliorare SI, demolire NO” nonché una pertinente citazione di Gustavo Zagrebelsky. Il Comitato di propone di non proiettarsi nell’ombra nefasta di una aprioristica negazione di ogni riforma costituzionale, ma di manifestarsi nella positività di revisioni migliorative, ponendo in luce la gravissime criticità democratiche di quella in corso di approvazione, contemplante un Senato dalle farraginose competenze, non chiaramente promanante dalla volontà degli elettori, specialmente in corredicembre 2015

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memoria lazione a una legge elettorale per la Camera dei deputati, fortemente maggioritaria e, in gran misura, elusiva delle scelte preferenziali dei cittadini. Sul piano operativo, sarà acquisito un congruo numero di pubblicazioni della Costituzione, da distribuire nel corso dei programma di eventi, dipanantisi attraverso conferenze, dibattiti, pubblici incontri, banchetti e diffusione di volantini illustrativi. A tal fine saranno invitati esperti di diritto costituzionale, allo scopo di illustrare, in modo comprensibile, ogni aspetto della perniciosa riforma costituzionale in atto.

In relazione a tutto ciò, si è reputato necessario istituire un fondo per sopperire alle spese occorrenti ed è stato nominato un tesoriere. Il Comitato provvederà a richiedere alle Associazioni e Formazioni sociali e politiche aderenti un minimo contributo, emulando l’analogo assunto del Comitato Romano. I singoli partecipanti ai lavori del Comitato contribuiranno, da parte loro, in misura volontaria. In occasione degli eventi, verranno istituite cassettine di offerta libera e sarà posta in vendita la consueta minimale e simbolica oggettistica.

“Sono nata da una famiglia di contadini antifascisti…” Intervista a Giorgia Galassi raccolta da Eletta Bertani

Q

uesta testimonianza a Giorgia Galassi, partigiana, si iscrive nel contesto delle Celebrazioni del 70° della Resistenza e del progetto che tenacemente stiamo portando avanti per dare voce e valore alle tante donne che sono state protagoniste di quella straordinaria stagione e che ancora non hanno trovato il giusto riconoscimento e rilievo. Con Giorgia ci siamo accordate, durante la Festa provinciale dell’ANPI, di incontrarla a Cervarezza, dov’è nata il 14 gennaio 1929 e là, in una bella giornata di fine agosto la raggiungiamo, nella sua ospitale casa di montagna, in via Giuseppe Notari (partigiano caduto a 19 anni, fratello del nostro Presidente Giacomo Notari). E’ un appartamento pieno di ricordi, accogliente e caldo non solo per il legno dei mobili e delle travi, il grande camino che sovrasta la stanza, ma anche per la generosa accoglienza di Giorgia e del marito. Giorgia ci colpisce subito per la grande vitalità ed energia, per la memoria nitida e precisa nel citare date, nomi, eventi del lontano passato, ma anche per la vivacità e la efficacia con cui racconta la sua storia di partigiana, intrecciata a quella della sua famiglia e del suo paese. E’ davvero un archivio vivente e ci trascina e coinvolge nella sua narrazione. Ecco dunque la sua storia: «Sono nata da una famiglia di contadini antifascisti, che non si sono mai arresi alle violenze e alle intimidazioni del regime. Mia madre non ha mai voluto prendere la tessera delle massaie rurali e neppure dare al duce la vera d’oro del matrimonio. E’ venuta a chiederla la mia maestra con il brigadiere di Collagna. Lei ha esibito la mano con la fede e gli ha detto: “No, questa non ve la do”. Il Brigadiere si è arreso. Mio padre non lo facevano mai lavorare a causa delle sue idee e così i miei sono stati costretti per vivere a fare gli ambulanti. Io ho fatto la prima elementare con una zia maestra a Frassinedolo, andando e venendo ogni giorno e in seconda elementare sono stata ospitata nell’appartamento di mia zia maestra nella scuola stessa. A Cervarezza durante il fascismo si era costituita una cellula di antifascisti. Mio zio aveva una casetta con sotto la cantina e lì si facevano le riunioni. Vi partecipavano Amedeo Correggi, mio padre, il falegname Guglielmi e altri antifascisti del paese che arrivavano alla spicciolata. Nelle riunioni più importanti era presente il dottor Campanini di Castelnuovo Monti. Io mi intrufolavo e dovevo controllare da fuori, mentre giocavo con le mie amiche, se arrivava qualcuno. Mio zio teneva i collegamenti con gli antifascisti nelle varie località, andava a Busana e mio padre o mia madre andavano a Castagneto a casa dell’avv. Ferdinando Laghi [socialista e consigliere provinciale nel 1920, ndr]. In montagna c’era già nel 1936-37 una rete dei comunisti e degli antifascisti .Penso che ancora non sia stata fatta fino 10

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in fondo la storia dell’antifascismo a Cervarezza, a cui hanno partecipato parecchie persone oltre a quelle che ho citato. Da bambina ero un maschiaccio, mi arrampicavo sugli alberi, ero un po’ la ‘mascotte’ della famiglia. Malgrado tutto è stata una bella infanzia. Il 1° maggio mia zia Lisa ammazzava la gallina, facevamo di nascosto i cappelletti e col gruppo degli antifascisti facevamo festa. Le donne preparavano prima il pranzo, portavano i viveri al luogo prescelto, il monte Campestrino, e il giorno dopo, alla spicciolata, arrivava la comitiva. Si vestivano lassù a festa e il contadino Terigi si metteva sempre una cravatta rossa. Tutti, dopo mangiato, cantavano le canzoni del lavoro. Il tutto avveniva di nascosto sulla montagna. Io a quelle feste c’ero spesso. Questo accadeva negli anni prima della guerra. Spesso passavano alla sera i fascisti a controllare se tutti erano a casa. Quando passavano da Cervarezza sul camion bussavano col fucile sulle finestre per controllare e per intimidire gli antifascisti. Erano così ossessionati che un fascista, mi pare di Case Manari o di Marmoreto, picchiava e distruggeva addirittura i papaveri nei campi perché erano rossi! Mia madre, una notte che sono passati e hanno bussato di nuovo svegliandoci all’improvviso, ha aperto la finestra, ha risposto loro che eravamo in casa e, esasperata da queste incursioni, ha colpito sulla testa uno di loro con un vaso da notte, richiudendo subito la finestra. Il giorno dopo è stata convocata alla tenenza dei carabinieri di Castelnuovo Monti, dove le hanno chiesto conto del suo gesto alla presenza dell’infortunato e hanno minacciato di arrestarla. Lei si è presentata con ma zia Lisa. Mia madre era una donna forte e coraggiosa, non aveva paura di nessuno e aveva prontezza di spirito: richiesta di dire se conosceva quel signore, ha risposto: “Sì, sono stata io a colpirlo, ma perché questo signore mi corteggiava con insistenza e voleva portarmi a letto”. Conclusione: i carabinieri le hanno creduto e i fascisti non sono più tornati. Io ho fatto la terza elementare a Cervarezza e le maestre chiedevano agli alunni di sollecitare le madri a prendere la tessera delle massaie rurali. Io rispondevo che mia madre non la voleva e così fu che, a causa di questo rifiuto, una mattina hanno detto a me e a mia sorella: “Tornate a casa, siete sospese”. Mia madre ci ha visto ritornare e, saputo il motivo, ci ha accompagnato subito di nuovo a scuola, ha chiamato le maestre per conoscere le ragioni della sospensione. Ci ha fatto entrare a scuola e alla direttrice, che ribadiva “Queste sono le direttive” ha risposto: “I diritti di tutte le bambine e i bambini, comprese le mei figlie sono : scuola refezione e libri, al pari di tutti gli altri, tessera o non tessera”. E ci lasciò lì. Da allora non ci sono stati più problemi».


società

Coopsette e lo spirito cooperativo di Glauco Bertani

> Nell’assemblea dei Soci relativa al Bilancio 2013 il Presidente di Coopsette Fabrizio Davoli dichiarò: «E’ sulla tenuta sociale dimostrata in una fase particolarmente difficile, sulla relazione positiva con i nostri stakeholder [cioè i soci prestatori, i clienti, i fornitori, i finanziatori come banche e azionisti] sulla nostra capacità di fare che vogliamo puntare per il rilancio della Cooperativa». E ancora: «I dati di preconsuntivo 2014 ci proiettano ad un fatturato vicino ai 400 milioni di euro e a un risultato economico di sostanziale pareggio. In parallelo continueremo a lavorare per dar vita, insieme a Unieco, a un soggetto imprenditoriale competitivo e all’altezza delle sfide del mercato. Siamo pienamente consapevoli di essere solo all’inizio del percorso e delle difficoltà che dovremo quotidianamente affrontare, ma abbiamo tutte le carte in regola per farcela» <

Primo appunto: la fusione è stata bocciata, nel maggio scorso, dai soci lavoratori di Unieco che si sono proclamati contrari alla fusione: «in primis per la diffidenza nei confronti della cooperativa di Castelnovo Sotto, per questioni finanziarie e giudiziarie, e in secondo luogo perché il “modello Sicrea” trasforma le attività cooperative in una società di capitali, nella quale i soci perderebbero potere» (24emilia). La loro concretezza diffidente ha trovato prova ulteriore nel verbale degli ispettori di Legacoop, stilato agli inizi del novembre scorso, in cui si rivela che Coopsette negli ultimi venti mesi si è “bevuta” quasi duecento milioni. Scrive Gabriele Franzini: «Se si considera che alla fine del 2013 Coopsette aveva ancora un patrimonio netto consolidato di 121 milioni, ne consegue che dall’inizio dell’anno scorso [2014] ad agosto 2015 l’azienda ha subito perdite per 198 milioni di euro». Coopsette ed exCormo nel 2015, Orion nel 2013 e CMR nel 2012: in quattro anni si è spenta (o quasi) la vita di quattro storiche cooperative del settore delle costruzioni (senza scordare le Latterie cooperative riunite). Sembra davvero finito, o in drammatica crisi, quello spirito che ha animato la terra di Prampolini, come ben emerge dalla intervista che Anna Fava ha rivolto, nel numero scorso del “Notiziario”, a Marcella Bertani, rappresentante della RSU ex Cormo di San Martino in Rio. O come sembrerebbe stigamtizzare la presa di posizione del PD reggiano che sul caso Coopsette dichiara: «Le imprese cooperative, di qualsiasi dimensione siano, non sono imprese private, non possono avere un solo ‘padrone’ e non devono dimenticarsi la solidarietà e il mutuo coordinamento all’interno dei luoghi di rappresentanza. Non possono vivere come un ‘fastidio’ i luoghi di confronto. Crediamo che per troppo tempo in certe imprese cooperative si sia peccato di un eccesso di autonomia: dai luoghi di rappresentanza, dalle istituzioni, dal territorio, dai soci

lavoratori». Però una domanda ci «sorge spontanea»: ma prima dov’era il PD? In Coopsette, per tornare al concreto, il prestito sociale di pensionati e lavoratori – scrive Jacopo della Porta sulla “Gazzetta di Reggio” del 25 ottobre: «ammonta a circa 8 milioni di euro, cui vanno aggiunti altri 4 di investimenti di varia natura. Anche qui i prestatori risultano distribuiti nel Reggiano in misura abbastanza ampia e dunque non c’è una concentrazione eccessiva in un solo Comune. Complessivamente i pensionati sovventori sono 241, mentre i lavoratori sovventori 111, per un totale di 352». L’articolo, a cui rimandiamo, fornisce altri dati quali il numero complessivo dei lavoratori di Coopsette e della loro distribuzione nei comuni della provincia e in altre parti d’Italia. Un altro articolo del 24 ottobre dal titolo Coopsette, ecco la mappa delle liquidazioni con una semplice tabella evidenzia le «proporzioni del disastro economico nella nostra provincia». Non intendiamo, qui, seguire tutta la vicenda perché già ampiamente raccontata in questi mesi sui massmedia reggiani, ma registrare, per concludere, le domande che si sono poste alcune persone direttamente coinvolte dal crac della cooperativa di Castelnuovo Sotto.Si domandavano: «Come mai il presidente aveva pochi spiccioli depositati e molti dirigenti avevano ritirato il loro denaro?», «E ora?»; «Io ho firmato, come tanti altri soci, per non ritirare il mio deposito: non volevo contribuire al fallimento della cooperativa»; «Il presidente non è neppure socio…». Per non parlare delle speculazioni finanziarie o «l’ingaggio di costosissimi architetti» per arredare il villaggio turistico (da 100 milioni di euro) di Campione del Garda, finito, tra l’altro, nel 2014, sotto sequestro per opere abusive e rischio idrogeologico con un’ordinanza del tribunale del riesame di Brescia. «Io ci ho lasciati i risparmi da quando ci siamo sposati, 25 anni fa». Noi non abbiamo prove, abbiamo fatto cronaca.

70° della Resistenza

Premiati 5 partigiani di Albinea Il sindaco di Albinea Nico Giberti e il presidente della locale sezione ANPI Simone Varini, il 26 ottobre scorso, nella sala del Consiglio comunale, hanno consegnato ai cinque partigiani albinetani ancora viventi (nella foto da destra) Bruna Guidetti, Severino Gatti, Leo Montanari, Albertina Rocchi e Adriano Torelli l’attestato di riconoscimento di partecipazione, nel 70° della Resistenza, alla lotta di liberazione dal nazifascismo. (foto comune di Albinea) dicembre 2015

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SFASCI-NATION

> Commento al “Calendario 2016 Benito Mussolini” < di Dario Ferrari Lazzarini (studente)

In periodi di crisi è normale evocare tempi in cui le cose andavano meglio: tempi in cui c’era pane per tutti, lavoro per tutti e speranza per tutti. Mi domando però come mai oggi si continui a pensare ciò in riferimento al regime fascista che offriva questi benefici unicamente a chi, per convinzione o per mero opportunismo, aveva la tessera! Forse la puntualità dei treni su cui viaggiò Hitler (o che, qualche anno più tardi, partivano da Fossoli in direzione Nord) era davvero ammirevole all’epoca, ma non credo che in fondo sia per questo che agli italiani piaccia ricordare il Ventennio. Quella dell’alleanza nazista, tra tutte le pagine della storia del Regime, è quella più scomoda: solo un pazzo potrebbe oggi affermare che «Hitler, in fondo, era una brava persona». Eppure questo medesimo ragionamento, per inspiegabili motivi, non viene fatto nei confronti del duce, che storicamente fu l’ispiratore culturale dello stesso Hitler. Mi sembra di osservare una tendenza mistificatrice totale nei confronti del Regime, a partire da quelle pagine online che inseriscono baloons sulle foto del duce fino ad iniziative come il “Calendario 2016 Benito Mussolini”. Parlando di questo calendario mi concedo un unico giudizio: lo trovo ripugnante. È una creatura frutto del più malato fanatismo, quello che continua a negare l’evidenza e a propugnare tesi false giustificate solo da meri intenti politici. Nessuno che creda nella libertà dovrebbe avere a cuore ciò che fu il fascismo, inteso come movimento politico che ebbe come guida Benito Mussolini. Perché i benefici, oltre alla ormai famosa puntualità dei treni, per molti furono ben pochi! Mi permetto di ricordare quegli aerei italiani che, sotto il comando del generale Graziani, bombardarono deliberatamente gli ospedali della Croce Rossa in Abissinia. Mi permetto di ricordare i manganelli e l’olio di ricino utilizzati nei confronti degli oppositori politici. Mi permetto di ricordare le stragi perpetrate ai danni dei civili. Mi permetto di ricordare le leggi fascistissime, che prevedevano lo scioglimento di tutti i partiti oppositori del fascismo e l’eliminazione del diritto di sciopero. Questi argomenti, a detta dei negazionisti, sarebbero frutto di falsificazioni post-belliche, mentre il regime sarebbe stato “ben altro”. Avrebbe infatti promosso lo sviluppo economico dell’Italia… come se le disastrate condizioni economiche del dopoguerra fossero state unicamente causate dai bombardamenti alleati. È dunque evidente, e forse non c’era nemmeno bisogno di spiegarlo, che il regime non fu una cosa positiva per l’Italia. Ma questo, se mi è permesso dirlo, gli italiani medi non l’hanno mai voluto capire. La gente che non è stata manganellata, che non è stata torturata, che partecipò alle adunate oceaniche alzando il braccio destro, che scelse la tranquillità pagandola al prezzo della propria libertà,… non ha voluto tramandare questi aspetti negativi 12

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di quell’epoca. Quello che contava, per queste persone, era l’interpretazione fascista dell’antico motto romano per cui, per governare, bastava dare alla gente “panem et circenses” (pane e divertimenti). In un ambiente di ignoranza storica, sempre maggiormente, le generazioni di oggi plaudono il Mussolini dittatore e tiranno cui si deve riconoscere una grandissima capacità di auto-promozione. L’Italia di oggi dimostra dunque di non avere memoria se un prodotto come il calendario del duce può essere tranquillamente venduto in un supermercato. E, mi duole doverlo pensare, dimostrano grande ignoranza (o, peggio, grande inumanità) coloro che hanno permesso questo scempio: il duce fu infatti promotore di idee razziste e anti libertarie, fu un manipolatore politico, fece del “me ne frego” un messaggio sociale. Ma la cosa più grottesca di tutta questa situazione è che questa iniziativa è oggi possibile usufruendo di un diritto, quello della libertà di pensiero, conquistato proprio da chi combatté contro il regime! In definitiva, se la gente non si è indignata quando fino a poco tempo fa c’era qualcuno che scriveva “auguri Priebke” sui muri di Roma, non mi aspetto che lo faccia per un calendario del Duce… solo ci rimango male! Ci rimango male perché non è la prima volta che episodi del genere rimangono impuniti… Ci rimango male perché sono nipote di un partigiano e credo nei valori della Costituzione… Ci rimango male perché i razzisti ritengono i Paesi Arabi fermi al Medioevo, mentre allo stesso tempo per questo nostro “paese civile” è ancora calzante la descrizione che ne fece Dante nella Divina Commedia: “Ahi serva Italia, di dolore ostello, / nave sanza nocchier in gran tempesta, / non donna di provincie, ma bordello!”

PErlE Manuel Negri, capo gruppo in consiglio comunale di Reggiolo per “ Ricostruiamo Reggiolo” nonché “Coordinatore di Progetto nazionale per Reggio Emila” in un’intervista rilasciata a “Reggionelweb” alla domanda “Cosa pensa del fascismo?” risponde cosi: «Ritengo il Fascismo una geniale intuizione politica sfociata dalla sintesi tra il nazionalismo e il socialismo [il nazionalsocialismo per l’appunto detto anche nazismo, ndr], che ha trovato la sua concretizzazione storico-politica nel secolo scorso. Oggi possiamo valorizzarne ed attualizzarne i postulati dottrinari sul piano sociale, ma soprattutto quale esempio di primato della politica sull’economia, dell’etica del valore e dell’essere rispetto a quella dell’apparire e dell’avere. (sotto trovate il link con l’articolo per intero). <http://reggionelweb.it/2015/11/il-fascismo-geniale-intuizione-politica-gli-stranieri-occorre-distinguere-salvini-miglior-polizza-per-renzi-intervista-a-manuel-negri-coordinatore-di-progetto-nazionale/>


società

IL SENSO DELLA RESISTENZA NEGLI “STRANIERI” di Francesca Correggi

>

In

occasione del

70°

anniversario della

Liberazione,

abbiamo voluto parlare della

Resistenza Quelli

da questa parte di storia sono arrivati a oggi con chi l’ha conosciuta solo recentemente.

“stranieri”

o

“di

origine straniera”, che non hanno incontrato i fatti di allora attraverso la propria famiglia, con

i racconti dei nonni oppure tramite la scuola.

Un

punto di vista, forse, più libero e che ci restituisce spesso una

visione non scontata di ciò che il nostro passato ha lasciato nel nostro presente.

In

e dei valori che

che noi chiamiamo

questo numero ne parliamo con

ria all’Università di

Modena

e

Rose,

Reggio,

ventisettenne camerunense, arrivata quattro anni fa.

Laureata

in agra-

oggi si occupa di profughi con una cooperativa sociale reggiana, lavora in

un’osteria del centro storico cittadino e porta avanti una collaborazione con la segreteria universitaria

«Sono arrivata in Italia nel 2011, qui viveva già mia sorella

– ci racconta – L’obiettivo era venire qui a studiare, per questo ho dovuto presentare appositi e complessi documenti e passare un colloquio con l’ambasciata. Ho anche frequentato un corso di italiano in Camerun, per ottenere il certificato di lingua necessario per accedere all’università, e depositare una cauzione di alcune migliaia di euro a garanzia del mio mantenimento in Italia. All’inizio non è stato per nulla facile, il primo anno non ho avuto la borsa di studio di cui avrei avuto bisogno e non ho nemmeno ottenuto da subito l’alloggio che mi spettava. I primi tempi è stato per me fondamentale l’aiuto di una parrocchia di Modena, poi sono riuscita ad avere un alloggio a Reggio Emilia tramite Ergo ed ho potuto stabilirmi in città, dove ho frequentato la facoltà di agraria, sempre lavorando per mantenermi negli studi». Inizialmente, il sogno, coltivato fin da bambina, era quello di studiare infermieristica. Non avendo passato il test di ingresso, Rose si è poi iscritta e laureata in agraria. «Pur essendo stata la mia seconda scelta, sono contenta di questo percorso che, anziché curare le persone malate da infermiera, permette di lavorare affinché le persone vivano meglio e si ammalino meno, attraverso il cibo e la sana alimentazione». Una ragazza determinata, che non si ferma di certo al primo ostacolo e trae quanto di più positivo da ogni esperienza. Ma come mai proprio l’Italia? «In Francia è diventato complicato entrare per motivi di studio, la Germania invece era per me troppo cara, quindi ho seguito mia sorella in Italia, rispondendo in realtà al sogno di mia madre di vedermi in Europa. Una scelta, però, che non ho mai condiviso del tutto, ad essere sincera. Avrei forse preferito rimanere in Africa e spendere lì le mie competenze, cosa che ora mi è difficile perché nel frattempo le mie esperienze mi hanno cambiata molto». Alla nostra domanda sulla propria identità, Rose risponde francamente: «Non mi sento, ne’ forse mi sentirò mai, italiana. Non mi sento, però, nemmeno più camerunense e non credo di poter tornare a lavorare nel mio paese, dal quale mi sento ormai troppo distante. Diverse mie coetanee sono andate a studiare in altri paesi africani e mi pare abbiano avuto paradossalmente più fortuna. Ora sono tornate in Camerun, lì hanno potuto sviluppare la

<

propria professionalità coerentemente con i propri studi ed oggi vivono una vita molto agiata. Io oggi lavoro, ma diversamente da loro, non ho ancora avuto modo di portare avanti una carriera da agronomo. Difficile spiegare che, forse, se fossi rimasta là, la mia carriera avrebbe avuto un percorso diverso e che in Italia le cose sono meno facili di quello che possono sembrare. E’ un messaggio che vorrei esser capace di portare ai giovani che sono là e vorrebbero venire in Europa, ma è un discorso molto complicato, che non è semplice far comprendere». Anche se dici di non sentirti italiana, immagini di poter prendere prima o poi la cittadinanza? «No, al momento non credo, anche perché perderei la cittadinanza camerunense e questo mi dispiacerebbe. Pensando al futuro, poi, vorrei che i miei figli potessero scegliere liberamente in quale paese vivere e che nazionalità avere, senza vincoli rispetto alla nazionalità che possiedo io». Dici di non sentirti cittadina italiana, ma contemporaneamente percepisci il tuo paese di origine come distante da quella che tu sei oggi. Qui vivi una vita molto attiva: studio, lavoro, associazionismo… cosa significa, per te, essere un cittadino? «Essere cittadino significa vivere in modo attivo e consapevole la vita di una comunità. Non si tratta semplicemente di votare, ma di impegnarsi con coscienza, non solo in politica, ma anche nelle associazioni. In effetti, da questo punto di vista, ora sono più cittadina italiana che camerunense! Partecipo attivamente a gruppi e movimenti, in particolare negli ambiti della nonviolenza, ho partecipato a diverse manifestazioni per la pace e a Reggio faccio parte dell’associazione GA3*». E in questa tua partecipazione a gruppi e associazioni italiane, com’è stato il tuo incontro con la storia e la Resistenza? «Non molto dopo il mio arrivo in Italia, sono stata a una manifestazione per il 25 aprile, ma devo ammettere che lì per lì non ho realizzato veramente di cosa si trattasse. Istintivamente, ho collegato quella ricorrenza alla nostra festa per l’indipendenza e ho sentito che potesse essere qualcosa di simile. Poi, come volontaria del servizio civile, ho partecipato a una formazione a Marzabotto e lì ho potuto incontrare per la prima volta i testimoni diretti di quanto accaduto: parlare con le persone, farmi guidare da loro a vedere i luoghi, ascoltare i loro racconti, mi ha aiutata dicembre 2015

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cultura a capire meglio e a percepire come più tangibile quel pezzo di storia». Da allora hai più incontrato un partigiano? Se dovessi incontrarne uno, cosa vorresti chiedergli? «Al di là delle motivazioni politiche che hanno guidato le sue scelte, gli chiederei come ha vissuto personalmente gli anni della guerra, se sia stato mai ferito o quanti cari abbia perso. Sarei interessata a capire come quell’esperienza l’abbia segnato a livello umano, che è la dimensione che più accomuna le vittime di tutte le guerre». Cosa vuol dire, secondo te, allora come oggi, Resistere? «E’ un termine difficile. Per me può voler dire fissarsi degli obiettivi ed avere chiare le azioni per raggiungerli. Resistere per me significa saper cogliere un’occasione concreta di cambiamento e portarla avanti fino in fondo». Quale pensi che sia il modo migliore per dare un contributo utile alla propria comunità? «Credo che l’importante sia sviluppare una propria coscienza, avere chiari i valori che ci guidano nelle nostre azioni e farsi una propria idea sulle cose. Non bisogna sprecare fiato in parole inutili, ma impegnarsi in fatti e azioni concrete. Io non sono una che parla molto, ma anche quando taccio, ho ben chiaro quello che penso. Di certo, quan-

do serve e so che ho la possibilità di cambiare le cose, lì non perdo l’occasione di dire la mia». E il diritto che oggi tu ritieni più importante? «La possibilità per le persone di muoversi liberamente senza restrizioni e, con questo, di perseguire i propri sogni e le proprie aspirazioni». Rose, pensi che l’Italia sia un paese razzista? «La mia risposta forse ti stupirà, ma no. Credo che l’Italia non sia un paese razzista. Forse le persone più anziane, che hanno vissuto nel loro tempo e non hanno avuto la possibilità di studiare o di viaggiare, in un qualche modo sono razziste, magari senza volerlo. I giovani, invece, possiedono più strumenti, ma hanno paura di andare verso l’altro, di conoscere veramente. Si fidano più di quello che leggono su internet o sui social che di quello che potrebbero conoscere e vivere direttamente. Loro, più che razzisti, li definirei ignoranti. Alla fine, il razzismo è solo una scusa per chiamare l’ignoranza con un altro nome». * “Generazione Articolo 3”: <https://www.facebook.com/GA3Generazione-Articolo-3-367635702687/>

PARTIGIANI A TAVOLA Un libro di Lorena Carrara ed Elisabetta salvini di Anna Fava

Pastasciutta

al burro. Tanta. Tanta quanta ne serviva per festeggiare la caduta del fascismo. I Cervi, la caduta del fascismo, all’indomani del 25 luglio, l’hanno festeggiata con 380 chilogrammi di pasta condita col burro, per tutti. Nella piazza del paese. Perché era un giorno di festa. Di speranza. Di gioia. Nonostante la guerra. E si doveva condividere. Burro. Alimento nutriente, panetti preziosi. Che nascondono armi e munizioni. Agata lo sa, ma spera che in nessun posto di blocco un tedesco si accorga che il peso del contenuto è di molto superiore a quello di panetto di burro. Quelle armi sono per i partigiani in montagna. E Agata è una staffetta. Lasagne. Quelle che Teresa, rinchiusa nel campo di concentramento di Ravensbruck sogna. Ne immagina il profumo. Ed il sapore. Lasagne, che l’aiuteranno a superare la prigionia così terribile e disumana. Lasagne, che gusterà all’indomani della liberazione. Nel suo piccolo ufficio. Lasagne dalle quali nasce un progetto di accoglienza. Dei bambini. Deboli e denutriti. Le prime vittime della guerra.Sono solo alcune delle storie raccontate nel libro Partigiani a tavola. Storie di cibo resistente e ricette in libertà (Fausto Repetti Editore) scritto a quattro mani da Lorena Carrara ed Elisabetta Salvini e presentato proprio in occasione della Pastasciutta Antifascista ai Campi Rossi lo scorso 25 luglio. Si parte proprio da lì. Luogo perfetto per questo rito di condivisione di cibo e di idee. Cibo che diventa sinonimo di libertà, di gioia e di speranza. Che 14

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nasconde le armi. Cibo scarso e sempre lo stesso. Cibo che, cucinato e mangiato in un unico recipiente, diventa laboratorio di democrazia e di uguaglianza: donne e uomini, giovani e meno giovani, contadini e professori, in cerchio intorno alla pentola, uguali. Cibo che diventerà accoglienza. L’Agnese, Johnny, Pin, Enne2 e i “piccoli maestri”, presi in prestito dalla letteratura del Novecento, fanno “da companatico” a questo racconto un po’ inusuale ma estremamente interessante sulla Resistenza. Una lettura diversa di questo periodo storico che si allontana sempre di più da noi, dai nostri figli, dai nostri nipoti e per questo necessita di un esercizio di memoria costante e vivo. Memoria che si trasmette anche con le ricette che Lorena ed Elisabetta hanno trascritto attingendole in parte dalle memorie dei protagonisti ed in parte dalla tradizione gastronomica dei luoghi della Resistenza. “Cibo e resistere. Cibo ed esistere. Cibo e sacrificio. Cibo e comunione” scrive Vinicio Capossela nella prefazione. Cucinare non è solo alimentarsi, ma è anche “esprimere una cultura, una umanità, tanto più necessaria, quanto più rischia di essere negata”. La Resistenza è stata tutto questo. Fame e sacrificio. Sacrificio e comunione. Comunione fra compagni. Compagno, che, al di là di qualsiasi lettura politica, qui assume un significato più profondo e bellissimo: condividere “il pane”. Pane, che ha il sapore della libertà e dell’uguaglianza e della democrazia.


ANITA - 5°episodio: “La paura”




Coordinamento: Scuola Internazionale di Comics di Reggio Emilia


70esimo

70° ANPI. Il quarto presidente Giuseppe Carretti (dal 1976 al 2001) G

di Antonio Zambonelli

iuseppe Carretti ebbe a presiedere l’ANPI reggiana per un quarto di secolo, dal 1976 al 2001. Furono gli anni del terrorismo, di Gladio, del crollo del Muro di Berlino, della campagna antiresistenziale che fece seguito, 1990, alla confusa glasnost storiografica del “chi sa parli”, del berlusconismo; tutti eventi e situazioni a cui l’ANPI reggiana, e Carretti in prima persona, seppero far fronte con razionalità e passione. Ma furono anche gli anni delle grandi campagne di solidarietà internazionale, difesa della pace e dell’amicizia fra i popoli, che ebbero nell’ANPI reggiana un protagonista di primo piano: si pensi soltanto agli epici viaggi delle navi che dall’Italia portarono aiuti straordinari al popolo mozambicano liberatosi dalla dominazione coloniale, dopo una lotta sanguinosa, nel 1975: due anni di mobilitazione dell’ANPI reggiana fecero sì che nell’agosto 1990 la nave “Nuova Europa” sbarcasse a Maputo con un carico eccezionale; non solo le 45.000 zappe, ma medicinali, attrezzature sanitarie, materiali di consumo; si pensi al centro di raccolta di Via Premuda, gestito per mesi da decine di volontari dell’ANPI, dove, tra le altre cose, si accumularono e si sistemarono centinaia di biciclette. Carretti animatore instancabile di questo prolungato ed eccezionale impegno, fino alla svolta fatidica del cambio di secolo ed alle nuove sfide di un mondo in profondo rivolgimento. Il 26 novembre 1976 il Comitato provinciale eletto dal Congresso nominava Carretti Presidente. La sua presidenza è caratterizzata, oltre che dagli eventi ricordati, da alcuni precisi elementi distintivi: lo sviluppo del rapporto con la scuola, con tante iniziative ben documentate sulle annate di questa rivista; il coinvolgimento di tanti giovani studenti, di intellettuali, di artisti, di persone impegnate nel sociale, anche proprio attorno a quel “Notiziario” che, da modesto bollettino ciclostilato diventò una rivista stampata, rinnovata nell’impaginazione e nei contenuti, luogo d’incontro, di confronto e dibattito tra personalità, giovani e non, di vario orientamento culturale e politico. E Carretti personalmente, da direttore e da autore costante di interventi su vari temi, dava il la ad una impresa anche giornalistica che oggi, lo confessiamo, fatica a reggere soprattutto in ragione dei costi economici. E proprio da giornalista, da analizzatore dei fenomeni politici e di costume, Carretti ha dato un contributo costante, con la sua limpida scrittura, su ogni numero di questa rivista. Continuando anche dopo il 2001, non più presidente e anche dopo la rinuncia alla direzione, fino a che la salute glielo ha permesso. Il suo ultimo scritto, mentre era in vita, è apparso su queste pagine nel settembre 2005, pochi mesi prima della morte. E’ un appassionato e argomentato appello per una mobilitazione unitaria tale da raggiungere la vittoria del centro sinistra alle elezioni politiche della primavera 2006. Nella circostanza formulava anche una profezia: “i crescenti pericoli di attacchi terroristici sono anche la conseguenza della presenza militare italiana nella sanguinosa guerra irachena”.

Da

servitore contadino a intellettuale di tipo nuovo (1923-2005)

Carretti è nato a Villa Cella (RE) il 25 gennaio 1923 in una famiglia di “casanti” poveri, famiglia che poi si trasferì a Villa

20 luglio 1977 inaugurazione sede ANPI. Da sinistra Gismondo Veroni, sul margine destro Aldo Magnani

Seta di Cadelbosco, dove Peppo (come veniva chiamato in famiglia) trascorse l’infanzia e la giovinezza. In quella frazione ebbe modo di frequentare soltanto quattro classi delle scuole elementari. Proprio come Didimo Ferrari (e come tanti altri figli di famiglie proletarie all’epoca) a 11 anni, fu già messo al lavoro per aiutare la famiglia (aveva 4 sorelle e un fratello minore) come servitore presso una famiglia contadina. Vi rimase per cinque anni. “Non potrò mai perdonare al fascismo – ebbe più volte a dire – di avermi privato della cultura costringendomi, ancora bambino, ad un duro lavoro”. A 16 anni Giuseppe passò al mestiere di garzone muratore: ecco allora le lunghe pedalate da Villa Seta a Reggio come addetto alla costruzione di nuovi capannoni alle OMI Reggiane, in espansione per le esigenze della produzione bellica. Nel suo bel libro sulla storia di Cadelbosco (I giorni della grande prova, 1964) Carretti rievoca un drammatico episodio del 1941, relativo alla guerra mondiale in atto: “L’8 ottobre, quando rientrai dal lavoro, trovai le mie quattro sorelle ed il fratello che piangevano per l’arresto di nostra madre. In casa non avevamo un soldo e per soffriggere una fetta di lardo con la quale condire la minestra facemmo fuoco con degli steli di granoturco (malghét). Dalla questura, alla quale mi rivolsi per avere il nulla osta onde entrare nelle carceri di San Tommaso, ebbi questa risposta: ‘Se lei fosse un vero italiano, dovrebbe vergognarsi di essere figlio di una sovversiva’”. Sua madre, Santa Arduini, e altre nove donne, erano state arrestate per aver partecipato, con decine di altre compagne, ad una manifestazione per la pace e per il pane davanti al municipio di Cadelbosco. Rimasero in carcere per 56 giorni. “Mia madre – ha ricordato una volta Peppo – mi ha insegnato, più coi gesti che con le parole, a ribellarmi alle ingiustizie”. Ad una società ingiusta, alla violenza della dittatura fascista, alla guerra, all’occupazione nazista, Carretti rispose infatti, diciannovenne, salendo in montagna nelle file partigiane. Vi salì a piedi con una quarantina di compagni, tra cui Mirko Marmiroli, dicembre 2015

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avvenimenti lungo il sentiero dalla pedecollinare alla casa Roma, nei pressi di Grassano. Erano in gran parte disarmati, disponendo in tutto di cinque o sei moschetti e un fucile da caccia. Salirono poi fino a Ròvolo, dove vennero assegnati ai vari distaccamenti appena costituiti: il Piccinini, il Bedeschi... Con loro c’erano anche Frigio (Guerrino Franzini), Otello Salsi, Luigi (Pio Montermini) , Walter Tarasconi. Capo nucleo nella 26a Garibaldi, poi capo squadra e comandante di distaccamento. Dario sarà infine vice com.te di battaglione nella 145a. Dopo il 25 aprile ’45, Carretti è subito impegnato come militante nel PCI e protagonista della Ricostruzione. Cerchertà anche sùbito, e con successo, di recuperare cio’ che

il fascismo gli aveva negato sul piano culturale frequentando un corso serale con cui riuscì a conquistare la licenza di terza media. Tra i suoi insegnanti anche Ezio Comparoni (noto come scrittore con lo pseudònimo di Silvio D’Arzo), grazie al quale – affermava – scoprì la bellezza della letteratura, della poesia, dell’arte.Quella vera e propria “rivelazione” lo segnerà per sempre, facendo dell’ex braciànt ed la Sèda, come amava definirsi con qualche civetteria, un intellettuale di tipo nuovo. Per decenni, e quasi fino all’ultimo, gli scritti, l’oratoria, le funzioni pubbliche (fu anche Sindaco di Cadelbosco dal 1960 al 1977) e il tratto umano di Carretti hanno manifestato quell’impronta.

2 ottobre 2005-2ottobre 2015 Cadelbosco ricorda Giuseppe Carretti di Nadia Gibertini

Sono trascorsi dieci anni dalla scomparsa di Giuseppe Carretti, ma l’affetto e la stima nei suoi confronti non sono diminuiti. Lo scorso 2 ottobre a Cadelbosco Sopra si è ricordato il partigiano “Dario”, il Sindaco, il presidente provinciale dell’ANPI e l’uomo. La commemorazione, organizzata dall’Amministrazione comunale di Cadelbosco in collaborazione con ANPI e SPI-CGIL, ha visto la partecipazione di molti cittadini, familiari, sindaci e assessori dell’Unione Terra di Mezzo, soci ANPI, iscritti SPI-CGIL, politici. Alle ore 15.00 si è inaugurato il restauro di una lapide voluta da Carretti sindaco, quella che ricorda i dieci partigiani fucilati il 28-02-1945 nei pressi di via Nuova a Cadelbosco Sotto. Il ripristino del monumento è stato offerto dallo SPI-CGIL di Cadelbosco Sopra, e testimonia la volontà di valorizzare il patrimonio morale della Resistenza, attraverso la conservazione dei cippi dei caduti. Sono intervenuti il sindaco di Cadelbosco Sopra Tania Tellini e Marzia Dall’Aglio della segreteria SPI-CGIL di Reggio Emilia. La commemorazione è continuata al cimitero di Cadelbosco Sopra con l’omaggio floreale davanti alla lapide, alla presenza della moglie Maria Montanari, la staffetta “Miscia”. Dopo il saluto della Sindaca è intervenuto il presidente di ANPI Cadelbosco Ivano Manicardi, il quale ha ricordato che per tutta la vita le scelte di Carretti sono state coerenti con gli ideali di giustizia e libertà che l’avevano portato ad aderire alla Resistenza, diventando vice comandante di battaglione della 145a Brigata Garibaldi “Franco Casoli” e dal 1976 Presidente dell’ANPI provinciale di Reggio Emilia. La sera, “l’Altro Teatro” di Cadelbosco era gremito di pubblico: in prima fila la moglie Maria e la figlia Ileana con gli altri familiari, le Autorità locali, il gonfalone di Cadelbosco e le bandiere delle sezioni ANPI. Molti iscritti ANPI provenienti da tutta la provincia hanno infatti voluto onorare il “Presidente Carretti” con un unico intento: lo merita. Il sindaco Tania Tellini e il presidente della Provincia Giammaria Manghi hanno aperto il momento istituzionale ricordando il Sindaco Carretti che non hanno conosciuto personalmente, ma che hanno apprezzato nella gestione del territorio, delle scuole, dei servizi. E’ seguita l’intervista di Mattia Mariani di Telereggio a quattro persone che hanno ben conosciuto “Peppo”. Il primo testimone è stato Giacomo Notari, Presidente ANPI Provinciale, l’amico di una vita conosciuto durante la Resistenza che ha raccontato episodi di vita partigiana e di come sia “passato il testimone” alla guida dell’ANPI reggiana. Il nipote Alberto Pioppi ha ricordato il nonno, che divideva tempo e attenzioni fra l’impegno politico e la famiglia. 20

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L’intervista successiva è stata con Luciano Gozzi, con il quale Carretti ha condiviso la passione politica, le idee e gli impegni come amministratore. Nell’ultimo incontro la signora Bruna Ganapini, vedova di Giuseppe Soncini, ha ricordato i progetti di solidarietà internazionale che il marito e Carretti hanno gestito, portando aiuti concreti e riconoscimenti ai movimenti di liberazione dell’Africa australe. La serata si è conclusa con uno spettacolo teatrale biografico intitolato L’uomo e i valori della Libertà scritto e interpretato da Antonietta Centoducati e Gianni Binelli, accompagnati al pianoforte da Ovidio Bigi. Nella commemorazione del 2 ottobre Giuseppe Carretti è stato celebrato da molte persone nei tanti ruoli che ha ricoperto, sempre con grande rettitudine, correttezza, intelligenza, determinazione, attenzione al sociale e soprattutto all’infanzia… ma è con le sue parole che ci piace ricordarlo «mi sarei sentito un vigliacco se non fossi diventato un partigiano».

Alcuni momento della giornata in memoria di Giuseppe Carretti (foto di N. Gibertini)


Metti un pomeriggio con Nemesio Crotti “il ribelle”

cultura

Novant’anni combattente per la libertà di Alessandro Fontanesi

Passo a trovare Nemesio

nella sua casa di Ventoso immersa nel verde, che costruì il suo babbo Luigi, uno dei primi antifascisti scandianesi, un comunista come non ce ne sono più. E’ un pomeriggio burrascoso di fine agosto (mercoledì 19 agosto), viene ad accogliermi la dolcissima moglie Vittoria, “la grande compagna della mia vita” come cita Nemesio, che è ormai fermo in casa da quasi due anni, in seguito ad un vaccino influenzale forse più “ribelle” di lui. Lo trovo bene, certo segnato da un mese trascorso in ospedale e da sei mesi fermo nel suo letto di casa, tuttavia novant’anni non sono uno scherzetto. Tuttavia Nemesio è un combattente per la libertà di 90 anni che ancora resiste, deluso profondamente dalla politica e dai politici, in virtù proprio dell’impegno nella sua vita per la libertà del popolo italiano e per il bene collettivo. Infatti, fu tra i primi a salire in montagna col nome di battaglia “Iside”, protagonista col suo distaccamento “Piccinini” nelle battaglie a Villa Minozzo, sul ponte del torrente Secchiello, allo Sparavalle e sul monte Ventasso. Ma questo è Nemesio, carattere forte, volontà ancor più forte, dopo il fascismo e “compagni” di partito non sempre “corretti e onesti” nei suoi confronti dopo la Liberazione, non era certo l’iniezione di un vaccino che lo avrebbe potuto fermare, soprattutto con accanto una donna come Vittoria, un pilastro, la certezza della sua vita. Sapevo che mi avrebbe donato il suo ultimo lavoro di scrittore, con tanto di dedica molto gradita (ne allego qui la paginetta), ne avevamo parlato al telefono e sapevo che ci stava lavorando, ma non immaginavo però che il suo libro non avesse trovato eco e recensioni a così tanti mesi dalla stampa. Nemesio oltre che partigiano prima e cooperatore poi, è un artista, un pittore straordinario, che ha ricevuto riconoscimenti in ogni angolo d’Italia, dagli Stati Uniti d’America, a Mosca e nel 1983 persino il trofeo internazionale “Leone di San Marco” alla Biennale di Venezia. L’amore per la pittura nasce nei dieci anni vissuti in Sardegna, terra dai colori forti, dove Nemesio va a lavorare nel 1960 perché a Scandiano la sua è una presenza troppo “ingombrante”. In Sardegna diventerà amico di Cossiga e dell’ex presidente Segni, che avranno sempre un occhio di riguardo per quel comunista fuori dal comune, un comunista vero come fu il padre e di cui sempre si fideranno ciecamente. Sull’isola, infatti, fonderà la Cooperativa edile sarda, da cui

però dovrà andarsene a malincuore a causa di “ingerenze” locali. Tornato a Scandiano, è il 1970, senza una lira e per di più senza lavoro per lui e per la moglie, senza le tasche piene come tanti dirigenti della cooperazione attuale, Nemesio decide allora che il suo lavoro è quello di pittore, spinto da Vittoria che ne accompagna e condivide i passi da ben 63 anni. Perché Nemesio non riesce a star fermo, non lo ha mai saputo fare e mai decisione fu tanto azzeccata. Infatti, la casa che accoglie i compagni, gli amici e i visitatori che quotidianamente passano a trovarlo è piena dei suoi lavori e delle centinaia di trofei ricevuti per questa sua passione nata guardando dalla finestra i colori della Sardegna. La condotta morale e politica del partigiano e dell’uomo Nemesio Crotti, figura di provata rettitudine riconosciuta da chiunque, dovrà persino sopportare la falsa e infamante accusa di essere l’ispiratore dell’omicidio di don Carlo Terenziani, avanzata in uno dei tanti libri che vanno di moda ultimamente, a opera di certi finti e faziosi storici, che hanno il solo scopo di denigrare la Resistenza, con particolare “attenzione” ai partigiani comunisti a cui dopo settant’anni si può imputare di tutto. Ma al tempo dell’omicidio del prete, Nemesio si trovava in Garfagnana, inviato dal comando della 26a Brigata per ostacolare la ritirata tedesca, mentre la provincia di Reggio era già liberata e da tale subdola e infondata accusa verrà riconosciuto estraneo il 27 febbraio 2013. Da tutto ciò nasce probabilmente il titolo di quest’ultimo libro Partigiano, Imprenditore, Pittore, Scrittore, sempre nel segno

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di Nemesio Crotti Il Ribelle e Il Ribelle 2 come i due precedenti libri, ma questa volta il tratto distintivo non è la sola Resistenza, perché, forse consapevole che sarà forse l’ultimo, in questo lavoro c’è tutta la sua vita, un riassunto dalla Resistenza alla malattia che lo avrebbe portato via prematuramente nel 2013, se non fosse stato sempre per la presenza costante e forte di quella donna straordinaria che è la cara Vittoria. Oltre ai dipinti dai colori e dal tratto personale e inconfondibile, che Nemesio realizza all’ultimo piano della sua casa di Ventoso, oltre ai trofei, alle fotografie, agli attestati di stima di sindaci, politici, persino di Papa Francesco, nel libro c’è una intera sezione dedicata alla moglie, con giusto merito, a riconoscere la presenza di una donna senza la quale Nemesio non sarebbe Nemesio. Tuttavia Nemesio non sa stare fermo, dopo un libro scritto alla soglia dei novant’anni, sente di non essere definitivo,

un “Ribelle” rimane per sempre e già per la testa gli gira il pensiero di una nuova fatica, ispirata alle lotte operaie ed ai sacrifici dei lavoratori della sua Ventoso e di Cà de Caroli, stavolta Vittoria non è proprio così convinta, oltre alla pittura però, scrivere è l’altra passione di Nemesio e c’è da scommetterci che presto qualcosa saprà riservarcelo ancora.

Ulteriore luce sul “caso facio” Da

alcuni decenni si cerca di far circolare l’idea che i soliti “gendarmi della memoria” (copyright GP. Pansa) vogliano nascondere o negare la verità sulla morte di Facio, quel Dante Castellucci che fu con i Fratelli Cervi, poi valoroso comandante del battaglione garibaldino Picelli, sull’Appennino parmense, e infine fatto fucilare nel luglio ’44 dall’ambiguo Antonio Cabrelli, comunista in odore di spia dell’OVRA già al tempo del suo esilio in Francia. In realtà fin dal 1960 il libro di Renato Jacopini, Canta il gallo, ed. Avanti!, raccontava (pp. 70-74) la fucilazione di Facio, ad Adelano di Zeri, in seguito a sentenza di un tribunale partigiano della Divisione Liguria. E Jacopini, Ispettore di zona del Pci spezzino, componente di quel “tribunale”, dunque protagonsta e testimone della drammatica vicenda, non nasconde il ruolo da lui medesimo avuto condividendo la posizione del Cabrelli e nel contempo manifestando ammirazione per la eroica figura del giovane comandante “Facio”. Nonostante ciò, tre anni dopo la pubblicazione del libro di Jacopini, nel 1963, venne conferita la medaglia d’argento al v.m., a “Facio” dandolo per “caduto combattendo contro il nemico nazifascista”. La versione autentica della sua morte rimase per decenni sottotraccia fino a quando il libro di Capogreco (Il piombo e l’argento) nel 2007, la fece emergere a livello nazionale contribuendo anche ad una più approfondita conoscenza delle figure di Dante Castellucci e del suo antagonista Cabrelli. A contribuire ad ulteriori approfondimenti della drammatica vicenda giunge ora il libro di Luca Madrignani, frutto di un pluriennale scavo del giovane ricercatore tra fonti a stampa e carte inedite o comunque “rivisitate”. Uno scavo condotto “facendo luce sul complesso sfondo entro cui si volse. L’emigrazione, l’antifascismo, la militanza, la prigionia, la Resistenza”.In conclusione l’A. sostiene che la storia travagliata delle varie fonti ha “alimentato l’impressione di una strategia di occultamento, orchestrata da una parte del Pci e delle associazioni partigiane”. Strategia che viene correttamente messa in discussione da Madrignani, il quale sostiene (p. 207) che “non c’è stata alcu22

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na ‘vulgata’ resistenziale, ma solo memorie contrapposte. Da un lato quella dei tanti compagni di Facio (a cominciare da Laura Seghettini), che, nel tempo, non hanno mai smesso di ricordare le qualità del comandante calabrese; dall’altro la memoria che ha ricalcato la versione della vicenda data dal suo antagonista Cabrelli”. Quanto all’appello sottoscritto da un gruppo di varie personalità (compresa la Compianta Maria Cervi) proprio a partire dall’uscita del libro di Capogreco, per una nuova e corretta motivazione della medaglia a “Facio”, è anche nostro parere, già dichiarato su queste pagine (sett-ott 2007) che “diventi d’oro o rimanga d’argento la medaglia, l’importante è che sia ripristinata, nei documenti e nei cippi commemorativi, la verità sulla sua tragica morte”. Quanto alla falsa motivazione, “La prima falsificazione avviene proprio in un documento freddo e istituzionale come il foglio matricolare nel quale “viene riportata la notizia della morte in battaglia per mano nemica”, precisa l’A. (p. 207). Grazie a Madrignani, e al suo tenace lavoro di scavo, le pluridecennali speculazioni antiresistenziali hanno trovato ulteriori e importanti risposte accostandoci con una ricca e persuasiva documentazione non tanto alla “verità” quanto piuttosto alla complessità del caso “Facio”. Un caso drammatico e tragico che nulla toglie al valore della Resistenza, valore che viene anzi vieppiù evidenziato andando oltre le voghe contrapposte della mitizzazione acritica e di un “revisionismo” demolitore (a.z.).

LUCA MADRIGNANI, Il caso Facio. Eroi e traditori della Resistenza, Il Mulino, 2014, pp.227, Euro 18


memoria

Quando nacque la Comunità europea

di Giovanni Carbonara > omincia da questo numero la collaborazione al Notiziario del dott. Giovanni Carbonara, napoletano di origine e reggiano di adozione, formatosi alla scuola di maestri come gli economisti Giuseppe Palomba e Claudio Napoleoni e lo storico Giuseppe Galasso . Dopo avere svolto, tra l’altro, ruoli dirigenziali nella Regione Campania, Giovanni vive attualmente, da pensionato, nella nostra città, in forza di una scelta che ha a che fare con le sue radici antifasciste <

C

Mussolini non avrebbe mai potuto immaginare che la sua dura repressione avrebbe reso famosi insignificanti angoli, posti ai confini del suo impero, per avervi rinchiuso e fatto soffrire tra i più validi dei suoi oppositori. Se occorresse dimostrare che l’Europa sia oramai parte integrante del comune sentire basta recarsi a Ventotene, piccola isola dell’arcipelago pontino, dove la maggiore attrazione turistica è rappresentata dai ruderi del carcere di Santo Stefano dove furono rinchiusi, per lunghi anni, oltre 900 confinati tra i più fieri oppositori del regime fascista: la struttura era stata inaugurata nel 1797 come ergastolo per crimini comuni. Successivamente vi furono rinchiusi i martiri della Repubblica partenopea del 1799, del Risorgimento (fra cui Silvio Spaventa e Salvatore Fucitano), gli anarchici Pietro Acciarito e Gaetano Bresci (il primo per avere attentato alla vita di Umberto I, l’altro per averlo ucciso) e per ultimi gli oppositori del fascismo. Il luogo conserva ancora un suo macabro fascino legato alla conformazione della sua struttura. Esso fu infatti progettato da Antonio Winspeare e Francesco Carpi in modo speculare rispetto al teatro di S. Carlo. Le guardie potevano agevolmente controllare gli ergastolani poiché le celle erano state poste di fronte a loro, in una struttura semicircolare come palchi di un teatro. Fino alla caduta del fascismo vi furono rinchiusi, in tempi successivi, Sandro Pertini ed Umberto Terracini, rispettivamente futuro Presidente della Repubblica italiana e dell’Assemblea Costituente, Giuseppe Di Vittorio, segretario generale della CGIL e deputato alla Costituente, Carlo Rosselli, Alberto Iacometti, Mauro Scoccimarro, Camilla Ravera ed altri nomi famosi dell’antifascismo militante. In questi stessi luoghi prese forma “Il Manifesto”, frutto di un sogno giovanile di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni, Ursula Hirschmann, moglie prima di Eugenio e poi di Altiero e cugina di Emilio Sereni, Dino Roberto, Enrico Giussani, Giorgio Braccialarghe, Arturo Buleghin e Milos Lokar. Il testo fu pubblicato clandestinamente in Svizzera e poi a Roma con la prefazione di Eugenio Colorni, che fu poco dopo barbaramente assassinato da elementi della banda Koch. Avrebbero mai potuto immaginare Spinelli e i

suoi amici che la loro presenza nel carcere di Ventotene sarebbe potuta divenire un giorno fonte di attrazione turistica? E che dalle sue pietre sarebbe risorta come Fenice l’idea di una Europa federata, considerata dalle forze politiche, allora dominanti, una utopia non concretamente realizzabile ma piuttosto come punto di arrivo dei movimenti innovatori in un giorno lontano? Nell’isola non vi sono grandi attrazioni turistiche. Sono oramai rimaste solo un ricordo le botteghe artigiane che fabbricavano vasellame, vestiario e oggettistica realizzati con colori mediterranei sobri ed intensi. È rimasta, invece, pervicacemente legata al territorio, come edera infestante “L’ultimo approdo”, una libreria, punto di ritrovo di intellettuali e di curiosi, luogo di discussione e di ricerca, dove è possibile trovare una ricca bibliografia sui maggiori eventi che coinvolsero l’isola nel corso della sua lunga storia. Gli autori de Il Manifesto ritenevano che il Federalismo potesse essere l’unica politica da perseguire per raggiungere una pace duratura in un Continente gestito da un dispotismo imperante dei singoli Stati che aveva generato solo lutti e distruzioni. Del resto il Federalismo, quale strumento di pace fra gli Stati, era stato il pensiero fondante della Costituzione degli Stati Uniti d’America, dei mazziniani risorgimentali e dello stesso pensiero socialista che, sulla spinta di Carlo Marx, vedeva nell’Internazionale l’unico strumento capace di gestire la lotta di classe per liberare l’uomo dal bisogno e conseguire una pace duratura fra i popoli. Sebbene siano stati raggiunti gli obiettivi della moneta unica e della libera circolazione di uomini e beni ancora non si è realizzato appieno il sogno di Spinelli che voleva un governo europeo capace di sfuggire alle pressioni degli egoismi dei singoli Stati capace di porre al centro del suo intervento la piena occupazione e il benessere delle rispettive popolazioni.

Una veduta parziale dell’interno del carcere di Santo Stefano

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avvenimenti IL 70° DELL’ANPI IN BORGO VENEZIA

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omenica 25 ottobre in tanti a tavola nel circolo ARCI di Borgo Venezia (Villa San Maurizio), per ricordare insieme il 70° compleanno dell’ANPI reggiana. L’iniziativa, organizzata in collaborazione tra ANPI cittadina e SPI CGIL - Lega 6a, si è svolta, come ha ricordato Antonio Zambonelli portando il saluto dell’ANPI, in uno dei borghi proletari della storica cintura rossa di Reggio, luoghi di insediamento, a inizio secolo XX, di quel socialismo prampoliniano che fu anche “attesa di futuro”. Luoghi che furono oggetto della bestiale violenza squadrista negli anni Venti ma anche di un perdurante antifascismo esploso in pieno nella Resistenza. E nel circolo ARCI di Borgo Venezia, come in tanti altri, rivive oggi lo spirito delle storiche Case del Popolo. Nella foto (di Angelo Bariani) uno scorcio della sala. Ai convenuti ha portato il saluto dello Spi Angiolino Vecchi, che ha sottolineato il valore della memoria della Resistenza e dei suoi valori in una fase come l’attuale, in cui dobbiamo rigorosamente vigilare a difesa della Costituzione e dei diritti dei lavoratori. Di particolare interesse, in una sala del circolo, la esposizione permanente di foto d’epoca relative alla condizione del borgo e dei suoi abitanti da inizio secolo XX (quando ancora subiva gli allagamenti che ne determinarono il nome) ai nostri giorni.

commemorazioni Marzabotto 2015

Le sezioni ANPI di Castelnovo ne’ Monti, della città, di Poviglio e Campegine hanno partecipato alla commemorazione dell’eccidio di Marzabotto tenutasi il giorno 4 ottobre u.s. È sempre commovente e coinvolgente partecipare a questo evento, dove la condanna della guerra e delle sue efferatezze traspare sia dalle orazioni ufficiali che dagli astanti. Grande partecipazione da parte delle Amministrazioni con gonfaloni e stendardi. Quest’anno l’orazione ufficiale è stata affidata ad Amnesty international. Nel pomeriggio alla Scuola di Pace di Montesole è stato proiettato in anteprima il dvd“ Cari compagni“ . È il racconto dei tragici eventi effettuato dai sopravvissuti a quel tempo “compagni di scuola”.

E’ uscita la ristampa per Consulta

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notiziario anpi

Sopra il gruppo di Reggio Emilia, Campegine e Poviglio con il medagliere dell’ANPI. Sotto il gonfalone del Comune e la storica bandiera ANPI di Castelnovo ne’ Monti


GINO COCCONI

GIOVANNI LUGLI

22-01-1925/25-05-2015

13-03-1926/16-09-2015

A sette mesi dalla scomparsa del partigiano Gino Cocconi, appartenente alla 26a BGT Garibaldi, avvenuta il 25 maggio 2015, i figli ne rinnovano la memoria con la toccante poesia del loro amato padre. Il fuoco della libertà Stremati dal freddo / stavamo vivendo la notte più lunga della vita / Un agricoltore ci accese un fuoco, il fuoco della libertà Gino Cocconi

Il 16 settembre scorso è deceduto il Partigiano Giovanni Lugli, appartenente alla 27a BGT Garibaldi “Bigi” operante delle zone di Cerredolo, Toano e val Dolo di Montefiorino.

MARCO MARASTONI

Alla Famiglia Lugli Regigno di Carpineti «Carissimi, la repentina dipartita del vostro caro Giovanni Lugli, ha causato dolore e costernazione in tanti cittadini e amici che hanno avuto la gioia di conoscerlo e apprezzarlo anche per l’impegno profuso negli anni del dopoguerra e in tutte le iniziative che avessero come obiettivo le conquiste sociali ed economiche e per l’emancipazione dei lavoratori. Lo ricordiamo come ex combattente delle libertà, come caro amico e come persona onesta e di rettitudine esemplare dando esempio con la parola e con l’impegno partecipando attivamente alla vita sociale e politica. A nome anche del gruppo dell’ANPI inviamo le più sentite condoglianze e la partecipazione al lutto della famiglia. Bruno Valcavi»

43° ANNIVERSARIO

Laila e Lucia Grossi in memoria di Marco Marastoni offrono pro Notiziario

Lutti

NINO VACONDIO (JAMES)

29-05-1922/05-10-2015

In memoria del Partigiano Nino Vacondio “James”, appartenente alla 26a BGT “Garibaldi”, deceduto il 5 ottobre 2015, il figlio James sottoscrive a sostegno del Notiziario.

SISTO CASTAGNETTISARACENI (VISCO)

16/02/1926-27/06/2015

Il 27 giugno scorso è scomparso il partigiano Sisto Castagnetti-Saraceni “Visco” della BGT “Bigi” di Modena. Lo ricordano la moglie Franca, le figlie Giuliana e Mirella, i fratelli Alfredo e Primo e i cognati Claudio e Bruna sottoscrivendo a sostegno del Notiziario.

Anniversari CARLO PORTA

8° ANNIVERSARIO

Il 26 novembre scorso ricorreva l’8° anniversario della scomparsa di Carlo Porta, presidente dell’ANPPIA di Reggio Emilia. Lo ricordano con affetto la moglie Lea e la figlia Vanna sottoscrivendo pro Notiziario. dicembre 2015

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Anniversari

2° ANNIVERSARIO

DOMENICO BAISI (RENZO)

Il 24 giugno scorso ricorreva il 2° anniversario della scomparsa del partigiano Domenico Baisi “Renzo”. Per noi però non sei mai “scomparso”, fra gli alberi dei tuoi monti si “sente” la tua forte presenza; quegli alberi che tu stesso hai piantato, con cura e determinazione, ora sono più forti che mai e svettano verso il cielo, liberi come quella libertà che tu hai sempre voluto per tutti noi ! Rimarrai sempre nei nostri cuori. Giovanna, Luisa e Alessia

11° ANNIVERSARIO

WALTER CERVI (JAGO)

Il 28 novembre ricorreva l’11° anniversario della scomparsa del partigiano Walter Cervi “Jago” di Campegine. Nel ricordarlo con immutato affetto, la moglie Eletta, i figli Catia e Roberto, gli adorati nipoti Simone, Alice e Giorgia insieme alla pronipote Matilde, sottoscrivono in sua memoria.

4° ANNIVERSARIO

BRUNO LODESANI (JOSE’)

5° ANNIVERSARIO

MARIO CATELLANI (GIORGIO)

Il 28 gennaio p.v. ricorrerà il 5° anniversario della scomparsa del partigiano, nostro collaboratore per tanti anni, Mario Catellani. I Familiari lo ricordano con queste toccanti parole: «Eccoci a te in questa triste ricorrenza. Si dice che il tempo sia una terapia per attenuare il dolore. Per noi non è così. Quando si ha la fortuna di condividere, per 48 anni, ideali, valori e rispetto reciproco, è difficile superarne la mancanza! In questi mesi ci hanno lasciato due carissimi amici: Erio Paterlini (Giorgio) e Nero Fontanesi (Blek). Ti ricordi le sane risate che ci siamo fatti in tante vacanze trascorse insieme? Tutti noi vi siamo grati per quello che ci avete donato: il poter esprimerci in e, con, “Libertà”. Grazie di cuore! Speriamo che la scuola si impegni sempre di più sul valore della Resistenza. Vi ricorderemo sempre con affetto, insieme a zio Ferdinando , ai cugini Ulderico e Remo Miselli e Sergio Davoli, uccisi barbaramente dai nazifascisti! Annamaria, Lorenza, Chiara»

ARRIGO RIVI (ASKAR)

IN MEMORIA

Arrigo, il Partigiano “Askar”, avrebbe compiuto 92 anni il 9 dicembre 2015, ma nonostante fosse un combattente, ha perduto la sua battaglia il 22 giugno 2013. Uomo onesto, generoso, dedicò la sua vita alla famiglia e all’impegno civile. La moglie Giuseppina e la sua Famiglia lo ricordano nel modo in cui Lui avrebbe voluto, sostenendo il Notiziario. «Ciao Papà! Io, Samanta, Massimo e la Chiara abbiamo visitato il campo di concentramento di Dachau, sapientemente accompagnati da Salvo, collaboratore di Istoreco. Solo recandosi sul posto, ci si rende conto di quanto sia stata disumana la ferocia dell’uomo nei confronti dei propri simili. Non ci voleva questo viaggio per essere orgogliosi di te e dei tuoi compagni per le vostre azioni nel combattere il nemico. Nella ricorrenza del tuo 91° compleanno, sottoscriviamo sostenendo il Notiziario affinché continui a ricordare la Resistenza. I Tuoi familiari 26

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Il 20 dicembre ricorre il 4° anniversario della scomparsa di Bruno Lodesani “Josè”. La moglie Franca, i figli Ivan e Anna Maria lo ricordano a quanti apprezzarono le qualità di uomo, di partigiano e di antifascista con un offerta al Notiziario.

15° ANNIVERSARIO

ARTURO LUSETTI (LUPO)

Il 3 dicembre 2000 è venuto a mancare il Partigiano più giovane dell’Emilia Romagna. Caro Lupo, più passa il tempo e più ci manchi. Sei stato un marito meraviglioso, un bravo papà e nonno, per questo è impossibile dimenticarti e per noi sarai sempre presente.Tua moglie Edda, i figli Vanni e Rossana, i nipoti Davide, Vanessa e Beatrice. Per onorare la sua memoria la Famiglia sottoscrive a favore del Notiziario.

GUIDO TORRI (BOSCO)

10° ANNIVERSARIO

Il 19 settembre ricorreva il 10° anniversario della scomparsa del Partigiano Guido Torri “Bosco”, presidente dell’ANPI di Casina e per anni consigliere comunale a Ramiseto. Nato a Succiso nel 1923, fu chiamato alle armi nella seconda guerra mondiale; dopo l’8 settembre entrò nelle fila della Resistenza, partecipando alla battaglia dello Sparavalle (giugno 1944). Fu comandante di distaccamento della 285a SAP della Montagna. Dopo la guerra si iscrisse al partito comunista di cui divenne segretario della sezione prima di Ramiseto e poi di Albinea, dove si trasferì per motivi legati al suo lavoro di cantoniere. Juri Torri e famiglia in sua memoria sottoscrivono a sostegno del Notiziario.


Anniversari

ALICE SACCANI RENATO GIACHETTI

ANNIVERSARI

Una vita insieme di amore e di lotta per un mondo migliore. I figli Giancarlo e Giuliana, unitamente ai nipoti, nel ricordare i genitori partigiani Alice Saccani (8/7/1918-2/11/2000) e Renato Giachetti (2/7/1903-24/8/1964),

15° ANNIVERSARIO

ANGIOLINO MARGINI (TEMPESTA)

Il 15 novembre ricorreva il 15° anniversario della scomparsa del Partigiano Angiolino Margini “Tempesta” della 143a BGT Garibaldi, attiva nel parmense. Lo ricordano con immutato affetto la moglie Adolfina Bussei, la figlia Luciana, il genero, la nuora, i nipoti e i parenti tutti. Per onorare la sua memoria sottoscrivono pro Notiziario.

RICCARDO SONCINI

14° ANNIVERSARIO

sottoscrivono a sostegno del Notiziario.

ANNIVERSARI

ANGELO GIARONI (DARTAGNAN) DOLORES GEMMI

Il 18 novembre ricorreva il 41° anniversario della morte di Angelo Giaroni “Dartagnan”, bracciante, ispettore di battaglione nella 76a Bgt. SAP “Angelo Zanti”. Giovane socialista, a 15 anni (nel 1916), nel 1921 fu fra i fondatori della FGCI. Arrestato nel 1932 per appartenenza al PCd’I, seppe resistere a pesanti interrogatori. Potè così usufruire della “amnistia del decennale” concessa da Mussolini, e continuare la sua attività clandestina. Arrestato ancora nel 1938 nella grande retata contro gli antifascisti reggiani, venne condannato a sette anni di reclusione dal tribunale speciale. Liberato dopo la caduta di Mussolini, all’indomani dell’otto settembre fu tra quella sessantina di reggiani ex carcerati ed ex confinati che costituirono il nerbo del nascente movimento di Resistenza. Nel dopoguerra, sempre impegnato nel PCI oltre che nell’ANPI, raggiunse la pensione come operaio del Comune di Reggio Emilia. Lo ricordano, assieme alla moglie Dolores Gemmi deceduta il 21 settembre 1982, dirigente dell’UDI nel post Liberazione, il figlio Gianni e la famiglia offrendo pro Notiziario.

ESTER BEDOGNI BRENNO GALLONI

IN MEMORIA

Il 31 agosto ricorreva il 14° anniversario della scomparsa del Patriota Riccardo Soncini di Poviglio. Nel ricordarlo sempre con tanto affetto, la moglie Maria Frigeri e la figlia Marina, in sua memoria, sottoscrivono pro Notiziario.

CARLO SONCINI

6° ANNIVERSARIO

La nipote Marina, in occasione del 6° anniversario della scomparsa dello zio Carlo, sottoscrive in suo onore a sostegno del Notiziario.

19° ANNIVERSARIO

PIERO ALEOTTI (PAOLO)

Sono passati tanti anni ma non ti toglierai mai dalla Nostra memoria. La moglie Rina e la tua famiglia onorarti offrono a sostegno del Notiziario.

14° ANNIVERSARIO

ALDO BALLABENI (ALDINO)

Per onorare la memoria della madre Ester Bedogni e del fratello Brenno, Marisa Galloni offre pro Notiziario.

Il 17 novembre ricorreva il 14° anniversario della scomparsa del Partigiano Aldo Ballabeni “Aldino”. Lo ricordano la moglie Norma Catellani e la figlia Fulvia che sottoscrivono pro Notiziario. dicembre 2015

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Anniversari

ELIO TROLLI (SERGIO)

18° ANNIVERSARIO

Sono passati 18 anni dalla scomparsa del Partigiano Elio Trolli “Sergio”, avvenuta il 20 dicembre 1997, ma il ricordo di lui, della sua passione, del suo impegno per il turismo amatoriale sono più vivi che mai in coloro che hanno avuto la possibilità di verificare la sua instancabile opera organizzativa in occasione dei tornei e dei raduni sui sentieri partigiani. Per onorane la memoria, le figlie Laila e Lilia, il genero e i nipoti, nel ricordarlo sempre con affetto e nostalgia, sottoscrivono pro Notiziario.

ERCOLE SANTINI

9° ANNIVERSARIO

Il 9 dicembre scorso ricorreva il 9° anniversario della scomparsa di Ercole Santini. Nel ricordarlo con immutato affetto, la moglie Bruna “Carla” e il figlio Paride sottoscrivono a sostegno del Notiziario.

10° ANNIVERSARIO

SENNO RICCO’ (MISCIA) IVO SPAGGIARI (TELL)

GINO SACCANI

Nel 10° anniversario della scomparsa dei Partigiani Senno Riccò e Ivo Spaggiari della 76a BGT SAP, la Staffetta Ida Adis, rispettivamente moglie e sorella dei Defunti, li ricorda insieme alle famiglie, con immutato affetto e sottoscrive a favore del Notiziario.

ANNIVERSARI

ODOARDO BULGARELLI (MODENA) SEVERINA BISI

Nel 30° anniversario della scomparsa del Partigiano Odoardo Bulgarelli “Modena”, avvenuta il 30 novembre 1985, lo ricordano con immutato affetto insieme alla moglie Severina Bisi, Staffetta partigiana, deceduta il 15 marzo 2009, i figli Paris e Sirte, i nipoti, i pronipoti e i famigliari sottoscrivendo pro Notiziario.

1° ANNIVERSARIO

LIDIA VALERIANI (AURORA)

La nipote Federica insieme al compagno Luca e alla piccola Aurora, i figli Mauro e Silvano e la nuora Deanna ricordano con immutato affetto la partigiana “Aurora”, Segretaria e Staffetta della 65a Brigata Walter Tabacchi, scomparsa il 17 dicembre 2014. 28

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12° ANNIVERSARIO

Il 2 agosto scorso ricorreva il 12° anniversario della scomparsa di Gino Saccani, era nato 20 luglio 1920. Sempre coerente con le sue idee di libertà e giustizia, da partigiano e nellavita civile, è tuttora esempio per familiari e parenti e per chi lo ha conosciuto e apprezzato in vita. La figlia Viviana Saccani

WERTER BIZZARRI

17° ANNIVERSARIO

Il 5 gennaio prossimo ricorre il 17° anniversario della morte di Werter Bizzarri, ex internato militare in Germania. Lo ricordano sempre con affetto la moglie Valentina Rinaldi e la nipote Annusca e in suo onore sottoscrivono pro Notiziario.

AGIDE VERONI (NINO)

2° ANNIVERSARIO

Nel 2° anniversario della scomparsa di Adige Veroni, la moglie Dafne Albarelli con i figli Cinzia e Angelo ricordano la sua figura di partigiano e di uomo di grandi principi. Il suo esempio resta nei cuori di chi l’ha conosciuto e stimato. I familiari nel suo nome sottoscrivono per il Notiziario.


Anniversari

RENZO BARAZZONI

1° ANNIVERSARIO

Il 1° dicembre u.s. ricorreva il primo anniversario della scomparsa del prof. Renzo Barazzoni. Lo ricordano con profondo rimpianto la moglie Luisa e le figlie Paola e Fiorenza con un’offerta al “Notiziario”, di cui Renzo fu per anni collaboratore.

16° ANNIVERSARIO

ENZO POLI

Il 1° dicembre scorso ricorreva il 16° anniversario della scomparsa di Enzo Poli. La moglie Francia Virginia e figli in suo onore offrono a sostegno al Notiziario.

not z ario

I sostenitori euro - FAM. Bussei – in memoria di Angiolino Margini ........................ 50,00 - FAM. LODESANI – in ricordo di Bruno Lodesani ...................... 100,00 - Sez.. ANPI di Carpineti – in ricordo di Lugli Giovanni ................ 20,00 - Sez. ANPI di Correggio – in ricordo di Mario Cavallini e Antonio Tirelli .......................................................................... 75,00 - LINA CATELLANI – in ricordo di Catellani Cesarino ................... 50,00 - IAMES VACONDIO – in ricordo del padre Nino “Iames” ............ 50,00 - GIULIANA e GIANCARLO GIACHETTI – in ricordo dei genitori Renato e Alice Saccani .............................................................. 400,00 - BRUNO MENOZZI – in ricordo della moglie bruna Mammi ........ 50,00 - OLIMPIO COSTI – a sostegno .................................................... 10,00 - IRIA ALBERTI – a sostegno ....................................................... 20,00 - PIERO da VAGLIE – Ligonchio ................................................... 10,00 - LEO GIARONI - in ricordo dei genitori Angelo e Dolores Gemmi ......................................................................... 200,00 - A.MARIA PATERLINI e LORENZA CATELLANI – in ricordo di Mario Catellani .......................................................................... 150,00 - JURI TORRI – in ricordo del nonno Guido ................................ 250,00 - ANTONIO CANOVI – a sostegno in ricordo del compagno Giuseppe Carretti “Dario” .......................................................... 20,00 - MARISA GALLONI – in ricordo del fratello Brenno e della madre Ester Bedogni ......................................................... 20,00 - EDDA TAGLIAVINI e fam. – in ricordo del marito Arturo Lusetti “Lupo” ................................................................. 80,00 - FAM.ALEOTTI – in ricordo di Piero Aleotti .................................100,00 - FAM. RIVI – in ricordo di Arrigo Rivi ......................................... 50,00 - LAILA GROSSI – in ricordo di Marco Marastoni ........................ 50,00 - IDA SPAGGIARI – in ricordo di Riccò Senno e Ivo Spaggiari .... 50,00 - DAVIDE ZAMBONI – a sostegno del Notiziario ........................... 30,00

euro - ADELE CARONI - in ricordo del marito Leonildo “Nebbia” ......... 10,00 - VALENTINA RINALDI – in ricordo del marito Bizzarri Werter ..... 50,00 - MARIA ZAMBONINI – a sostegno .............................................. 30,00 - PARIS BULGARELLI – in ricordo del padre Odoardo e Severina Bisi ............................................................................. 100,00 - LUISA e FIORENZA BARAZZONI – in ricordo di Renzo Barazzoni 100,00 - FRANCA MESSORI – a sostegno .............................................. 100,00 - FULVIA BALLABENI – in ricordo di Aldo Ballabeni .................... 100,00 - FONTANILI ADRIANO (doppia tessera a Felina) – a sostegno .... 15,00 - BRUNA E PARIDE SANTINI – in ricordo di Ercole Santini .......... 50,00 - MARIA FRIGGERI E MARINA SONCINI – in ricordo di Riccardo e Carlo Soncini .......................................................................... 50,00 - MAURIZIA COCCONI – in ricordo di Gino Cocconi ................... 50,00 - ENZO RABITTI, Scandiano – a sostegno ................................... 60,00 - SPI CGIL pranzo San Maurizio – a sostegno 70° ...................... 100,00 Bollettino sostitutivo da Veggia – a sostegno ............................ 25,00 - LAILA e LILIA TROLLI – in ricordo di Elio Trolli ........................ 100,00 - GIORGIA GALASSI e RUFFINO GHINOI – a sostegno ................ 20,00 - GIOVANNA BIANCHI – in ricordo di Domenico Baisi ................. 15,00 - ENNIO PISTONI – a sostegno .................................................... 30,00 - IVANA CAMELLINI – a sostegno ................................................ 15,00 - FEDERICA VIANI – in ricordo di Lidia Valeriani ......................... 100,00 - CINZIA VERONI – a sostegno ................................................... 100,00 - FAM. SACCANI – in ricordo di Gino Saccani .............................. 50,00 - FRANCIA VIRGINIA E FIGLI – in ricordo di Enzo Poli ................. 50,00 -LAILA GROSSI – in ricordo del padre Emilio e di tutta la famiglia ..................................................................... 50,00 - VANNA PORTA – in ricordo del padre Carlo Porta ..................... 50,00

il sostegno delle sezioni ANPI al Notiziario


PELLEGRINAGGIO-TREKKING DELLA MEMORIA 2015 CERVAROLO-SANT’ANNA DI STAZZEMA

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di Annalisa Magri 13 partecipanti al trekking sono partiti alle ore 6.30 dalla sede siamo ripartiti per l’ultima tappa su un sentiero in quota che ci del CAI Bismantova, a Castelnovo ne’ Monti, per recarsi a Cer- ha condotto a San Rocchino, dopo averci regalato alcuni scorci varolo. L’aia in cui sono state uccise 24 persone nel marzo del sulla piana tra Viareggio e Lucca, con al centro il Lago di Mas1944 era il punto di partenza reggiano del Trekking della Me- saciuccoli. Da quest’ultima località siamo scesi a Farnocchia, moria, senza dimenticare anche gli altri luoghi dell’Appennino, su un sentiero sconvolto dal forte vento del marzo 2015 che Civago, Susano, Castrignano e Monchio e gli eccidi in essi per- ha fatto molti danni tra il litorale tirrenico e la Garfagnana più petrati. Per problemi di lunghezza della tappa siamo poi partiti interna (Parco deIl’Orecchiella), risalendo poi alla omonima a piedi da La Romita, per passare dalle Maccherie e, dopo avere foce. La mattina del 12 agosto del 1944 da Ruosina, passando attraversato il Bosco Reale, arrivare al Passo delle Radici e a per Farnocchia e la Foce di Farnocchia, un plotone italo-tedesco San Pellegrino. Dopo avere reso omaggio ai Santi da veri pelle- iniziò a catturare o uccidere le persone, insieme ai gruppi saliti grini e pranzato, siamo scesi lungo i sentieri che portano a Val- dal litorale, per stringere a tenaglia la zona di Sant.Anna. Circa bona, ricalcando alcuni tratti della vecchia Via Vandelli. Passato 130 donne, bambini e anziani furono uccise davanti alla chiesa il borgo storico di Castiglione, siamo arrivati al Mulino di Sotto e poi bruciate, le altre (300-430, non è ancora certo il numero di Pieve Fosciana. Il mugnaio, sig. Regoli, ci ha fato visitare il dei morti) furono trucidate nelle case sparse e piccole borgamulino, edificato nel 1410 e ristrutturato in parte nel 1721, e te che circondano Sant’Anna (Sennari, Moco, Pero, Le Case, ha macinato un po’ di mais per farci vedere il funzionamento Vaccareccia, Colletti). Abbiamo visitato la chiesa e assistito ad delle macine. A Castelnuovo abbiamo preso alloggio nell’al- una commemorazione con un altro gruppo organizzato, salutato bergo Da Carlino, perché l’ostello della Fortezza di Monte Al- e portato la nostra testimonianza al sig. Pieri, uno dei sopravfonso era occupato vissuti allora bambie abbiamo cenato e no. Finito il nostro trascorso la serata con pranzo al sacco il Sig. gli amici della sezioMarco Piccolino, mene del CAI locale. I dico e scrittore, che nostri soci garfagnini ha pubblicato da poco ci hanno dato alcuni un libro sull’eccidio buoni consigli per il nazi-fascista di Sant’ proseguimento del Anna, si è offerto di trekking e mostrato accompagnarci fino a un video girato da Capriglia, lungo la via Fosco Maraini (Predi accesso seguita dal sidente onorario della plotone tedesco che Sezione CAI di Caannoverava tra le sue stelnuovo Garfagnafila i “militari più dena) in occasione della cisi”, quelli delle unisalita al G4 nel 1954. tà speciali delle WafAl mattino ci siamo fen SS, Totenkopf, recati con un bus nei 16° Panzergrenadier pressi dell’Alpe di o della Hermann GoSant’ Antonio ed abering, che avevano biamo reso omaggio l’incarico di punire le alla tomba del Maraipopolazioni nelle aree ni, poi, salendo sul sentiero che porta a Piglionico, siamo pas- partigiane e di seminare il terrore quando ritenuto “necessario”. sati da Pasquigliora, dove abitava l’etnologo-scrittore-alpinista. I tedeschi erano accompagnati da italiani arruolati in queste uniDopo avere fatto sosta e chiacchierato con alcuni abitanti delle tà o da militi della GNR, della X MAS o da camicie nere, che case di Colle Panestra, siamo saliti a Piglionico. In questa zona, spesso avevano il volto coperto da una rete per non rischiare di sul Monte Rovaio, si svolse una delle più importanti battaglie essere identificati, ma che conoscevano bene il territorio e parlatra nazi-fascisti e partigiani del gruppo Valanga, che lasciaro- vano italiano con accento locale. Seguendo il Sig. Piccolino e il no morti 19 dei loro compagni. Proseguendo su un bel sentiero suo racconto dei fatti avvenuti lungo quel percorso e nei dintorapuano siamo arrivati al Rifugio Rossi, dove abbiamo pranzato ni, siamo scesi a Capriglia e poi alla stazione di Pietrasanta. In sotto un bel sole. Dal rifugio inizia la parte più impegnativa del treno siamo rientrati ad Aulla e, poi, al Passo del Cerreto, dove, trekking, sotto l’aspetto fisico, la salita al Passo degli Uomini dopo tre giornate intense e con tempo bello, abbiamo chiuso il della Neve e la discesa lungo Costa Pulita hanno messo a dura trekking cenando in compagnia. Tutti i partecipanti al Trekking prova tutti noi. Tra la Foce di Valli e il Monte Forato si posso- della Memoria devono un ringraziamento al CAI Sezione Bismantova e a chi ha collaborato e allietato il pellegrinaggio, tra i no ancora osservare degli scavi di postazioni militari risalenti tanti, gli autisti Giuseppe Magnani e Rino Paoli, il CAI Sezione alla seconda guerra mondiale ed un paesaggio unico che va dali’ di Castelnovo Garfagnana ed in particolare i Sig ri Luciano TurAppennino alle isole dell’ Arcipelago Toscano e al Golfo di La riani, Sergio Dini, Andrea Pierotti e Cyndi Francesconi, l’ANPI Spezia. Anche l’arco del Monte Forato offre sempre un grande di Vezzano Sul Crostolo, il Sig. Marco Piccolino, autore di libri spettacolo. Il sentiero prosegue fino alla Foce di Petrosciana per sull’eccidio di Sant’ Anna e la famiglia Regoli del Mulino di poi diventare più facilmente percorribile. Giunti nei pressi del Sotto di Pieve Fosciana. Procinto e del Nona, non si può fare a meno di alzare lo sguardo I TPT (trekkers pellegrini testimoni): Roberto Barbantini, Angeverso le pareti verticali di queste montagne, ben visibili anche lo Manfredini, Luca Bertolini, Giorgio Simonazzi, Silvia Dalla dal Rifugio Forte dei Marmi, molto accogliente e ubicato in po- Porta, Sebastiano Vinci, Anna Gazzotti, Alessandra Bedeschi, sizione veramente bella, con il mare di fronte e le pareti rocciose Stefania Castagnalli, Beatrice Corradini, Simone Sassi, Gilbersul retro. Dopo la cena, il pernottamento ed una buona colazione to Franchini e Carlo Pagliani.

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PALESTRA DI EDUCAZIONE CIVILE

Un progetto didattico delle sezioni ANPI di San Pellegrino e Cittadina Dorina Storchi all’Istituto Superiore “Iodi-Galvani” di Anna Parigi

Palestra di educazione civile, così si chiama il progetto che

per il secondo anno consecutivo impegna le sezioni ANPI di San Pellegrino e Cittadina Dorina Storchi “Lina” all’Istituto superiore “Iodi-Galvani”. Una collaborazione tra ANPI, SPI-CGIL Via Bismantova e Istituto Iodi-Galvani, possibile grazie al prezioso contributo della Cooperativa educatori reggiana ed Officina educativa del Comune di Reggio Emilia. Come lo scorso anno, un gruppo di circa venti studenti delle classi terze e quarte, volontariamente e al di fuori dell’orario curriculare, si trova con le educatrici Patrizia e Daniela per discutere ed approfondire meglio il percorso che dall’antifascismo ha portato alla cittadinanza attiva, passando per la Liberazione dal nazifascismo ai temi odierni legati alla criminalirà organizzata come la mafia, la camorra e la ’ndrangheta. Proprio per trattare il tema della Resistenza, la nostra Associazione ha portato il suo contributo, lo scorso 13 novembre. Con i ragazzi abbiamo ripercorso i passaggi che portarono al grandioso e vittorioso 25 aprile 1945. Questi i temi trattati:

Le

prime violenze fasciste degli anni

‘20;

Alcuni momenti della giornata (foto Angelo Bariani)

la cosiddetta

zona grigia; la presa di coscienza di tanti giovani, donne e uomini, le rappresaglie nazifasciste; la scelta di impegnarsi e darsi alla macchia; la

Resistenza civile e armata; la Famiglia Cervi come esempio di estremo sacrificio e il tanto desiderato giorno della Liberazione. Temi affrontati però non in modo convenzionale, ma tramite l’utilizzo di supporti multimediali e con la fondamentale collaborazione di Giovanni Gilli, cantante che con la sua chitarra ha caratterizzato anche con la musica i diversi stadi che dalla nascita dal fascismo portarono alla Liberazione. L’incontro, durato circa due ore, si è concluso con un arrivederci, poiché a febbraio l’ANPI sarà nuovamente impegnata con la Palestra di Educazione Civile, per parlare con i ragazzi della stagione della ricostruzione che seguì cronologicamente la Liberazione, e che nel nostro territorio reggiano fu particolarmente brillante e feconda. dicembre 2015

notiziario anpi

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ARTISTI REGGIANI PER L’ANPI Durante il percorso espositivo che celebra la produzione artistica di ex partigiani e artisti impegnati nella narrazione d’impresa che hanno portato la nascita di un’iconografia memoriale, abbiamo ricevuto offerte di opere da artisti Reggiani. Le opere sono documenti storici importanti al pari di lettere originali, diari e interviste. Sono testimonianze di un vissuto, oltre che opere d’arte. Ringraziamo in questo numero Vando Fontanesi che ci ha donato una sua opera L’opera che dono volentieri all’ANPI, risale al 2006. Il titolo è: Resistenza Verde, omaggio a Paride Allegri “Sirio”. E’ stata esposta in una mia personale che ha avuto luogo nel medesimo anno presso la Galleria Primo Stato di Reggio Emilia. Il mio lavoro vuole essere un riconoscimento ad un uomo retto e onesto, al comandante partigiano, all’eretico capace di sognare. Per realizzarlo, ho utilizzato la tecnica mista, olio, acrilico, collage di materiali vari su di una tela 50x50. Si tratta di una pittoscultura, perché appunto la sua iconografia coniuga questi due linguaggi semantici. L’opera ha un significato simbolico, e va letta ed interpretata in questa ottica. Il colore predominante è ovviamente il verde, le foglie racchiuse nei due vetri circolari, e sospese sono foglie di olmo, la forma circolare rappresenta anche il tempo che passa, che azzera i valori nel suo riproporsi ciclico. Le foglie restano sospese come ogni ente, cioè come tutto ciò che è o può essere anche in senso immaginario. Sono sospese di fronte al mistero dell’esistenza. Nella mitologia greca ,l’olmo era l’albero di Oneiros, figlio della notte, dio dei sogni e di Morfeo, dio del sonno e delle chimere. Il triangolo rappresenta, fra l’altro: Amore, Verità, Saggezza, Giovinezza, Maturità e Vecchiaia. Con la punta rivolta verso l’alto, simboleggia il potere generativo del Sole e il mondo spirituale. Il vertice rivolto verso il basso, diviene segno e simbolo lunare. Rappresenta il principio femminile, la matrice di ogni cosa. La piccola resistenza, vera, reale, è un richiamo ironico al titolo dell’opera. (Vando Fontanesi)

P.s.: “Sirio” non ha mai avuto l’opportunità di vedere il lavoro a lui dedicato.


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