Vino e dintorni n°7

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mille anni di vini Gli Strozzi Guicciardini

imbottigliano la storia d’Italia

resort da sogno

vino e blues per una vacanza tutta relax chiara, dolce, fresca

toscana speciale

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ISSN 2240-4589

10007

Anno III numero 7 – € 4,90

anteprime toscane

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Chi esporta cresce e occhio ai mercati che verranno

David Taddei

In questo numero che dedichiamo alla Toscana, regina dei grandi rossi, pubblichiamo quasi integralmente la ricerca presentata al Terzo Forum Montepaschi sul vino italiano e realizzata dal centro ricerche della Banca in collaborazione con l’Ismea. Si tratta di dati in alcune parti quasi inediti, considerata la vastità del lavoro che è stato copiosamente ripreso dalla stampa specializzata e no. In particolare, segnalo ai nostri lettori, quelle parti dedicate ai mercati del futuro e sull’andamento dei fatturati delle nostre aziende. La ricerca dimostra un fatto che i produttori italiani più illuminati sanno benissimo: chi esporta cresce. Una diretta conseguenza della contrazione dei consumi interni, causata dalla crisi, che

colpisce prima di tutto i beni voluttuari come, può essere considerata una grande bottiglia o comunque un vino medio che va a costare dai 15 euro in su. Non è, però, solo crisi. Bisogna ammettere che il nostro mercato è evidentemente saturo. Non tanto o non solo per il calo costante dei consumi pro capite – determinato soprattutto dallo sfuso – quanto per un problema, questa è la mia opinione personale, di appannamento della cultura del vino di pregio: non tira fra i giovani, sedotti molto di più dal gioco degli aperitivi, non conquista nuovi wine lovers veramente competenti che sappiano apprezzare il piacere di un grande vino o il carattere di un vino medio, espressione della tipicità di un territorio. I giovani pensano ad altro e gli adulti non aumentano, forse perché la ricerca

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della tipicità, dieci anni fa prerogativa esclusiva del vino, oggi si sta trasferendo ad innumerevoli prodotti agroalimentari e gastronomici italiani creando un regime di concorrenza nel “piacere di degustare”. Allora, nella ricerca dei numeri, invece che investire per rinverdire il “gioco del vino” in italia, dando una spolverata ai linguaggi, ai luoghi, alla commercializzazione interna, si preferisce replicare i soliti cliché su mercati vergini. Ecco lo sbocco verso l’estero e soprattutto verso Paesi esotici dove la nostra formula consueta può funzionare ancora e generare vendite. In più i nuovi mercati, non solo la Cina, rappresentano un mondo di nuovi consumatori potenziali praticamente sconfinato, si parla di miliardi di persone. Chi esporta cresce perché ha il coraggio di andare nelle praterie sconfinate della Frontiera, come avveniva nel vecchio West. Si va un po’ “alla ventura”, ma se non si incontrano banditi o indiani troviamo terre ricche e generose. Più si è organizzati e strutturati, più difficilmente ci si troverà in balia di improbabili guide o di fantomatici esperti di mercati esteri. La ricerca di Bmps ci mostra quali sono i motivi per i quali le nostre aziende non tentano la grande avventura e qui scopriamo i limiti del nostro comparto: mancano le risorse, umane ed economiche, la produzione è troppo piccola per il mondo globalizzato, non si è in grado di affrontare normative e burocrazie complesse e diverse dalle nostre. Anche in questo caso è evidente come il mondo vitivinicolo italiano si stia spaccando in due e chi resta sotto una certa soglia (di produzione e di strutturazione aziendale) dovrà giocoforza inventarsi un modo per crescere con il mercato interno e con l’enoturismo, evitando di sognare l’Eldorado esotico.



Sommario

Agenda 8

Il territorio – Anteprime

10 News

Forum Mps

Il vino italiano 12 continuerà a crescere sui mercati esteri

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Estero, mercato

Fiere

buona la prima

Protagonisti in Cantina

Cinque generazioni dentro i vini di Paolo Leo

Viaggi

Occasioni golose

24 25

26 28

L’intervento

50 anni di Doc

Il territorio – Anteprime

Qualità

in crescita

Il territorio – Anteprime

Cambia il Gallo Nero

36 38

40 42

mille anni di

Vini

Uno scorcio 50

di campagna toscana tutto da scoprire

52

Il territorio

Io, mamma e Mugolone

Abbiamo 53

assaggiato

61

Il territorio

Chi è davvero il Sangiovese

Il territorio

Protagonisti in Cucina

Praga,

città d’oro città DiVino

Cinque territori 63 per raccontare un Toscano

66

Il territorio

Il trionfo

della qualità

Il territorio

Resort da sogno

Vino e blues

Quel mito 69 I 70 La carne delle Crete l territorio

dei poveri

Il territorio

Il territorio

Toscana

46

Il territorio

per una vacanza tutta relax

Chiara, 32 34 dolce, fresca

a nipote per un vero vino di Montalcino

Il territorio

Il territorio

Fiere

di riferimento per Vinitaly

Enoliexpo 20 22 Adriatica,

Da nonno 44

Il territorio – Anteprime

La carica dei 59

Toscana: 72

il bello e il buono dell’Italia

76

Innovazione

Cavalzani Inox,

una storia lunga 50 anni

Oltre Confine

Il territorio – Anteprime

Eccellenza a 5 stelle

Hong Kong 77

78

Macch[in]azione

Il territorio – Anteprime

A vincere è l’export

Anteprime: 79

e se iniziassimo a fare posticipi?

Economia

Vino, l’Italia torna leader per volumi esportati


Agenda

Fine Food Perth Buonvivere

1-3 marzo 2013 Piacenza Expo sta preparando la VI edizione di Buon Vivere: manifestazione dedicata ai prodotti enogastronomici tipici e di qualità. La manifestazione si terrà in contemporanea con le mostre Apimell e Seminat, offrendo al pubblico un percorso incentrato sulla qualità del buon vivere. Buon Vivere ha come “mission” la valorizzazione, diffusione e promozione dei prodotti agroalimentari, tipici locali, “cavati” dalla terra e trasformati in cibi e piatti che meritano di essere conosciuti da tutti. www.buonvivere.info

17-19 marzo 2013

Mo.me.vi

9-11 marzo 2013 Mo.Me.Vi. è la Mostra Specializzata della Meccanizzazione in Vitivinicoltura rivolta agli operatori del settore. Quella faentina è una fiera storica che, con i suoi 75 anni di vita, dimostra che il contatto diretto fra espositore e cliente è ancora un momento importante di relazione commerciale. la mostra è un’occasione per confrontare prodotti, servizi, macchine, innovazioni e prototipi create utilizzando le tecnologie più avanzate ma tenendo conto delle esigenze specifiche del singolo cliente.

Al salone dell’industria alberghiera e prodotti alimentari che si tiene in Australia è possibile gustare piatti e bevande. Al salone sarà possibile vedere il meglio della cucina regionale del Western Australia, partecipare a un ricco programma di seminari gratuiti e frequentare corsi di perfezionamento http://www.finefoodwesternaustralia.com.au/

Prowein

24-26 marzo 2013

Salon des Vins de Brive-la-Gaillarde 2-3 marzo 2013

Salon des Vins d’Auxerre

Nel corso degli anni, la mostra dei vini di Francia a Brive-la-Gaillarde ha conquistato il cuore e il palato di molti buongustai che ogni anno si riuniscono nello spazio delle tre province che ospitano l’evento, che raccoglie coltivatori e artigiani del settore ristorazione. http://www.salon-vindefrance.com

Qualità, genuinità e cordialità sono le caratteristiche di questa edizione. Ad Auxerrexpo ogni anno si ritrovano più di 90 produttori danno ai visitatori l’opportunità di ampliare la propria cultura del vino e discutere con i professionisti per trarre beneficio dalla loro consigli.

15-17 marzo 2013

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Prowein è il Salone internazionale del Vino e delle Bevande Alcoliche, a cui partecipano ogni anno le regioni d’Europa produttrici di vino. A Dusseldorf, in Germania verranno presentate in fiera bevande alcoliche di qualità, prodotti tradizionali. Più di 3700 espositori provenienti da 45 Paesi, presenteranno vini e prodotti propri di fronte ad appassionati di vino ed enologi. L’evento prevede anche mostre speciali, seminari interattivi e una discussione condotta da esperti del settore. http://www.prowein.de/



News A cura di Luca Casamonti

A marzo a Venezia la quinta edizione di Gusto in scena. Si parlerà di vino e di eccellenze gastronomiche, italiane ed estere

Caffè e dolci lasciano il posto all’aperitivo. È la novità di Starbuks, che parte dal Dulles International Airport di Washington

La catena internazionale Starbucks è nota nel mondo come caffetteria. Ma appena cala la sera, le tazzine di caffè si trasformano in calici di vino e boccali di birra. Questo quello che succede al Dulles International Airport di Washington, che da il là ad un mini rivoluzione nel mercato della caffetteria. Si potrà così decidere di fermarsi da Starbucks non solo per i soliti prodotti, ma anche per fare un aperitivo in piena regola. A partire dal tardo pomeriggio, entrano in campo, come detto, birra e vino, ai quali fanno da contorno schiacciatine al rosmarino, pinzimonio di verdure fresche, pane e formaggio di capra.

Nel 2013 la quinta edizione di Gusto in Scena, manifestazione ideata e creata dal giornalista Marcello Coronini, trasformerà Venezia nella capitale mondiale dell’enogastronomia italiana grazie alla prestigiosa collaborazione con la Fondazione Italia Cina. All’evento, in programma il 17, 18 e 19 marzo 2013 presso la Scuola Grande di San Giovanni Evangelista a Venezia, si terrà uno workshop sull’analisi delle nuove frontiere del settore enogastronomico in Cina. Quest’anno Gusto in Scena si confermerà come un laboratorio per l’alta

cucina con tre grandi eventi in parallelo: Chef in Concerto, dove importanti nomi della ristorazione si confronteranno sul palco e condivideranno con la platea lo studio dei loro piatti. Poi i Magnifici Vini a cui parteciperanno un centinaio di cantine e produttori gastronomici e si potranno degustare vini scelti tra le eccellenze italiane ed estere. Ed infine Seduzioni di Gola, una selezione di specialità gastronomiche italiane e europee, basata sulla ricerca di prodotti di grande qualità e sulla valorizzazione del territorio

Della vite non si butta via niente: infatti dagli acini nasce il vino, mentre dai tralci biocarburante. La novità sta nel fatto che adesso anche i semi dei chicchi d’uva possono trovare una seconda vita e un nuovo uso. In California, infatti, i cosiddetti vinaccioli diventano olio. Valentine e Nanette Humer hanno puntato sull’olio di semi d’uva ormai da 15 anni e hanno lanciato qualche anno fa la nuova loro linea di oli varietali denominata “Salute Santé!”. Ogni olio ha le proprie peculiarità ed il proprio bouquet. E se in quelli “a bacca bianca” risaltano le erbe, gli oli da vinaccioli di Merlot e Syrah si rivelano più ricchi e “burrosi”.

“Salute Santé!”, è il nome della linea di oli varietali di semi d’uva californiana. Perché della vite non si butta via niente 10


Opere d’arte racchiuse nello spazio di un’etichetta. Da Braque a Dalì, da Mirò a Chagall, da Picasso a Warhol, sono quelle che compongono la storica “galleria” di Château Mouton Rothschild, la cui prima etichetta d’autore risale al lontano 1924 (la prima fu di Jean Carlu, al quale il barone il Barone Philippe de Rothschild chiese di disegnarla per le bottiglie di quell’annata). E che si è arricchita con l’opera dell’artista statunitense Jeff Koons, che si ispira allo stile kitsch, considerato un’icona neopop, illustratore ironico dell’“american way of life” e del suo “consumism”.

“Vitisdb”: il primo database italiano vinicolo pensato per gli adetti ai lavori e per gli appassionati del mondo del vino

Una galleria d’arte fatta di etichette di bottiglie di vino. Dal 1924, i più grandi artisti le firmano per Mouton Rothschild

L’Università di Pisa, con il finanziamento della “ColleMassari Spa”, Fondazione Bertarelli e “Ager - Agroalimentare e Ricerca”, e la collaborazione di oltre 20 istituzioni nazionali che svolgono attività di ricerca in viticoltura, ha creato “VitisDB” (www.vitisdb.it), il primo database viticolo italiano online, che descrive le varietà di vitigni più diffusi in Italia. È uno strumento pensato per gli addetti ai lavori, ma consultabile anche dagli appassionati del mondo del vino, curiosi di scoprire quali differenze ci

“Vinoutlet”: nasce a Firenze il primo “outlet enologico”. Dieci etichette, tutte Docg saranno in vendita a prezzo scontato 11

siano tra i vari vitigni, conoscere la loro diffusione e storia, districarsi tra i nomi usati per indicare le piante e i vini da loro derivati. Si tratta di una banca dati on line che raccoglie e descrive le varietà di vitigni più diffusi sul territorio nazionale, dove ogni singolo utente può avere la possibilità di poter inserire e gestire nel database i propri dati. Inoltre, “VitisDB” è stato progettato in modo che possa essere implementato con il contributo degli studiosi di università, istituti e centri di ricerca.

Prodotti di stagioni precedenti o rimasti invenduti a basso costo. Questa è la filosofia dei negozi outlet che stanno prendendo sempre più piede. È arrivato il momento anche del primo “outlet enologico”, dove si possono acquistare vini di qualità (rimanenze o bottiglie non distribuite) a prezzo scontato. “Vinoutlet” nasce da un’idea di Amerigo Coli e Carmela Batacchi, sarà a Firenze e ospiterà al massimo 10 etichette italiane tra bianchi, rossi e rosé, tutte Docg. Nella fase iniziale i due imprenditori hanno scelto di offrire etichette di tutta Italia: 5 rossi toscani, 1 rosso del Sud, 1 prosecco veneto, 1 bianco friulano e 1 canavese.


Forum Mps

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Il vino italiano continuerĂ a crescere sui mercati esteri terzo forum montepaschi sul vino italiano: la ricerca realizzata dalla research di bmps e ismea

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Forum Mps

Le prospettive per il comparto vitivinicolo italiano fra mercati tradizionali ed emergenti, i nuovi scenari sui territori che nel futuro potranno aprirsi al consumo di questa grande eccellenza italiana e la presentazione del nuovo Mps Wine Index. Sono stati questi gli argomenti importanti del Forum Montepaschi sul vino Italiano, giunto alla sua terza edizione. Come tradizione, ha visto la presenza delle massime istituzioni italiane, dei maggiori rappresentanti della filiera vitivinicola nazionale e di alcuni fra i più significativi importatori dei mercati internazionali. L’iniziativa è nata nel 2010 per rispondere alle esigenze del comparto vitivinicolo e fornire un supporto di analisi tecnica e finanziaria ad un settore che sta assumendo sempre più importanza nell’economia del nostro Paese ed è considerato uno degli asset principali su cui investire anche in termini di conoscenza. Sono molti gli spunti forniti dal Forum che si è tenuto al Teatro dei Rozzi di Siena e che ha visto la partecipazione di numerosi fra i più importanti produttori italiani. Mps Wine Index Il nuovo “Mps Wine Index” elaborato dalla Research di Banca Monte dei Paschi di Siena, e presentato al Forum, ha confermato per il 2013 la tendenza a crescere del prezzo medio del vino italiano, sulla scia dell’incremento delle quotazioni rilevato nel 2012 e rivelando la tendenza ad una maggiore ricerca della

qualità del vino da esportare. La buona salute del settore, secondo l’Osservatorio di Banca MPS, è confermata anche dal clima di fiducia e dalle aspettative della maggioranza delle aziende produttrici (il 67% del campione) le quali si attendono un aumento del fatturato per il 2013, con prospettive di crescita attorno al 5% nella maggior parte dei casi. Un segno positivo che dovrebbe realizzarsi nonostante il possibile calo dei volumi. Già nel 2012, secondo le stime ISMEA – UIV, la produzione nazionale si è attestata su quantitativi inferiori ai 40 milioni di ettolitri segnando un minimo storico. L’analisi La ricerca realizzata dalla Research di BMps e da Ismea fotografa l’andamento del mercato mondiale del vino, sfuso e imbottigliato, per volume e valore, rilevando come per l’Italia, a fronte della riduzione dei consumi interni, l’export sia il principale driver di sviluppo. L’Italia produce il doppio della domanda interna e il consumo pro capite cala di un litro all’anno (ora si attesta fra i 35 e i 37 litri, negli anni Settanta arrivava a 100). La ricerca mostra come solo il 14% delle aziende che non esportano continua a crescere. Il dato invece quasi triplica (43%) per le imprese che operano sui mercati internazionali. Le aziende italiane che esportano (sono il 70% del campione) raccolgono mediamente fuori dai confini nazionali circa il 37% del proprio fatturato.

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Le tavole rotonde I dati del lavoro della Research di BMps e di Ismea sono stati materia di due tavole rotonde, che hanno animato la mattinata di lavori. Alla prima sessione, dedicata agli scenari futuri del mondo vitivinicolo, hanno preso parte: Fabrizio Viola (amministratore delegato di Banca Monte dei Paschi di Siena), Claudio Galletti (presidente dell’Enoteca Italiana), Beniamino Quintieri (professore dell’Università di Tor Vergata Roma), Federico Castellucci (direttore generale dell’Oiv, l’Organizzazione Internazionale della Vigna e del vino), Stevie Kim (general coordinator Vinitaly International), Lamberto Vallarino Gancia (produttore e presidente di Federvini). Nella seconda sessione di dibattito incentrata sul tema della competizione nel mercato globalizzato, invece, si sono ritrovati Fabrizio Schintu (responsabile area estero di Banca Mps), Fabio Carlesi (segretario generale dell’Enoteca Italiana), Gianni Salvadori (assessore all’Agricoltura della Regione Toscana), Riccardo Illy (Azienda Mastrojanni), Barbara Mottura (Azienda Mottura Vini del Salento), Carlotta Pasqua (Cantine Pasqua e Presidente di Agivi, l’Associazione dei Giovani Imprenditori Vinicoli Italiani), Luigi Rubino (Presidente del Consorzio Puglia Best Wine) e Sen Liu (Presidente Beijing Zhengyuan Youshi Inc Importatore Cina). I mercati di oggi Nonostante l’Italia rischi il sorpasso da parte della Spagna come primo fornitore


mond i a le (in volume), grazie soprattutto agli “sfusi”, non sembra arrestarsi la crescita in valore del vino italiano che nel 2011 era di 4,4 miliardi di euro e che nei primi sette mesi del 2012 è cresciuto dell’8% su base annua. È proprio la crescita in valore il dato più attendibile per valutare la capacità di penetrazione dei nostri vini di pregio (il dato del volume risente dell’incidenza degli sfusi cresciuta fino al 40% del totale). I dati sui paesi importatori nel mondo mostrano come la Cina, pur restando un nuovo mercato, si sia avviata a raggiungere volumi e valori che la mettono alla pari con i principali mercati mondiali consolidati. La Cina sale al quinto posto assoluto in valore, con 1.037 milioni di euro facendo segnare un +71% e superando in un solo anno Giappone, Belgio, Svizzera e Paesi Bassi. A riprova delle enormi potenzialità di questo paese vi è anche la forbice fra crescita di importazioni di vino in valore e in volume. Le quantità crescono “solo” del 27,7% (sesto mercato al mondo) evidenziando una maggiore attenzione per i vini di pregio. Una tendenza che pare consolidarsi nei nuovi mercati visto che anche la Russia fa registrare una forbice netta: cresce in valore (+14,6%) e cala in volume (-6%). I mercati di domani Le maggiori potenzialità si riscontrano nei nuovi mercati dell’Europa dell’Est e in varie zone del mondo fuori dal nostro continente. Ismea ha fatto un’analisi dei dati derivanti da una specifica banca dati sul commercio con l’estero, Gti, proponendo insiemi di Paesi potenzialmente «appetibili» per l’export. Un gruppo importante è quello rappresentato dai Paesi dell’Est europeo, comunitari e non, che negli ultimi cinque anni hanno incrementato notevolmente la propria domanda (Bulgaria, Slovacchia, Ungheria, Estonia, Lituania, Lettonia). A questi si affiancano alcuni Paesi sudamericani, come Brasile, Argentina e Messico, o quelli dell’Estremo Oriente quali India, Corea del Sud e Thailandia. 15

l’“mps wine index”, l’indice di pressione competitiva del vino italiano


Forum Mps

Certo i volumi sono ancora piuttosto limitati e solo in pochi casi superano il milione di ettolitri importati, ma i tassi di crescita sono talvolta travolgenti. L’Italia nei nuovi mercati dell’Europa dell’Est Il nostro Paese è leader in Bulgaria (58% davanti a Spagna e Francia), Slovacchia (36% davanti a Ungheria e Rep. Ceca), Ungheria (88% davanti a Germania e Spagna), secondi in Estonia (14% dietro alla Spagna, davanti alla Francia), Lituania (27% dietro la Francia, prima della Spagna), Romania (15% dietro la Spagna e davanti alla Bulgaria), terzi in Lettonia (20% dietro Francia e Spagna). L’Italia nei nuovi mercati extracontinentali

Siamo primi in Thailandia (24% davanti ad Australia e Francia), terzi in Brasile (17% dietro Cile e Argentina), Messico (dietro Spagna e Cile), Corea del Sud (dietro Cile e Spagna), India (dietro Francia e Australia), Australia (dietro Nuova Zelanda e Francia), Argentina (1% dietro a Cile con 87%, Spagna e a pari quota con la Francia). Chi esporta cresce L’indagine ISMEA, svolta nel giugno 2012 e focalizzata sull’internazionalizzazione delle imprese agroalimentari, evidenzia l’indiscutibile orientamento all’export delle imprese vitivinicole, rispetto a quelle dell’intero comparto agroalimentare: il 70% delle imprese vitivinicole intervistate esporta contro il 35% del totale agroalimentare (dati Panel ISMEA). Tra le imprese esportatrici, quelle con fatturato in crescita (2011 versus 2010) risultano essere il 23% per il comparto agroalimentare e il 43% per il solo settore vitivinicolo, mentre quelle con fatturato in flessione il 12% per l’intero panel ed il 27% del settore vitivinicolo. Tra le imprese non esportatrici, invece, quelle in crescita rappresentano il 22% nell’aggregato del totale agroalimentare ed il 14% nel settore del vino; tra quelle con fatturato in flessione, il 43% appartengono al panel complessivo ed il 16% al settore del vino. L’incidenza dell’export sul fatturato. L’orientamento all’export e il successo oltre confine dei vini italiani rispetto ai prodotti dell’intero comparto agroalimentare, emerge anche osservando i risultati relativi all’incidenza del fatturato estero

tra i due aggregati, quello del totale agroalimentare e quello del settore vitivinicolo. Tra le imprese che esportano, infatti, l’incidenza media del fatturato estero su quello totale si attesta al 37% per il settore del vino, mentre risulta pari al 24% per l’intero panel. Le maggiori difficoltà incontrate dalle aziende che esportano

Le risposte indicano una molteplicità di fattori che si possono riassumere in alcuni concetti base: nei mercati consolidati c’è forte competizione, scarseggiano importatori disponibili; nei mercati nuovi c’è maggiore rischio di insolvenze e mancano dati aggiornati su cosa si consuma, in quale fascia di reddito, in quale area del Paese. Le accise sono molto elevate in alcuni paesi come Regno Unito, Irlanda, Paesi Scandinavi. Alla domanda sul perché alcune imprese scelgono di non esportare sono state date queste risposte: prezzi troppo bassi, serve un prodotto particolare per i mercati esteri, non sono disponibili le certificazioni richieste, mancano le risorse finanziarie necessarie, mancano le risorse umane qualificate, soddisfazione per le vendite sul mercato italiano, produzione troppo bassa. Canali di commercializzazione Dai risultati dell’indagine è emerso che l’89% delle imprese esportatrici, sia per l’intero panel, sia per le sole imprese vitivinicole, si avvale di un solo canale di commercializzazione all’estero, il resto, invece, utilizza una combinazione di soluzioni. Tra le modalità più utilizzate emerge il ricorso a importatori/esportatori, soluzione scelta dal 76% delle imprese del panel complessivo e dall’80% di quelle vitivinicole. Prezzo sinonimo di qualità Un prezzo di vendita più elevato non deve semplicemente riflettere un incremento dei costi fissi all’origine (compresi i costi burocratici), ma divenire sinonimo di qualità. Essenziale a tal fine risulta l’investimento sulla diffusione del brand ed adeguate strategie di marketing per educare i consumatori sulle reali qualità del vino italiano anche di fascia di prezzo inferiore. I prossimi anni risulteranno decisivi per capire se e con quale decisione tale strada è stata intrapresa e quali siano le reali potenzialità in termini di margini, oppure se l’incremento odierno dei prezzi ha riflettuto in gran parte l’aumento dei costi fissi intervenuto negli ultimi anni. 16


balzo della cina fra i paesi importatori: in un anno sale al quinto posto. europa dell’est, sud america, india, corea del sud e thailandia si candidano ad essere i prossimi nuovi mercati


Fiere

Estero, mercato di riferimento per Vinitaly 18


Veduta di Verona Fiere

Promozione, ma anche affari. Il Vinitaly (7-10 aprile), giunto alla 47esima edizione, ha acquisito nel tempo la doppia valenza di vetrina promozionale e di piazza d’affari per l’incontro tra offerta e domanda internazionale. Quest’anno potenzia ulteriormente l’attività di incoming grazie al lavoro dei suoi delegati in 60 Paesi e a un accordo con Ice. Si tratta di un impegno necessario per mantenere alto il grado di soddisfazione espresso da espositori e operatori esteri nel sondaggio realizzato da Veronafiere a consuntivo dell’edizione 2012. La partecipazione consente di consolidare la propria immagine (97%), verificare l’interesse per i propri prodotti (98%), valutare il mercato e la concorrenza (95%). Export, elemento contro la crisi I dati dell’esportazione lo confermano, la ricetta anticrisi per il vino italiano è vendere all’estero. Un’opportunità che Veronafiere propone da oltre 15 anni, da quando cioè ha fatto di Vinitaly e di Vinitaly International strumenti per l’internazionalizzazione delle imprese enologiche italiane. La presenza straniera L’importanza di partecipare vale anche per gli operatori stranieri. In un sondaggio sui visitatori esteri dello scorso anno, l’86% ha affermato di partecipare a Vinitaly per trovare nuovi contatti, capire le nuove tendenze e finalizzare contratti di acquisto. Per la prossima edizione verrà ulteriormente incrementata la presenza di buyer stranieri. Questo permetterà di aumentare le possibilità di contatti b2b per le aziende espositrici. Punto di riferimento per il vino italiano Vinitaly, che si impone ogni anno come il più grande salone internazionale dedicato al vino, offre a trader e operatori internazionali l’unico punto di riferimento completo dell’offerta italiana. Offerta che, non bisogna dimenticarlo, rappresenta il meglio dell’enologia mondiale, in termini di qualità e di originalità grazie al suo patrimonio di vitigni autoctoni, con prezzi concorrenziali in relazione anche all’appeal del made in Italy e della cultura che il nostro vino rappresenta nel mondo. Vivit, Vigne Vignaioli Terroir Vivit, dopo il grande successo del marzo scorso, torna rinnovato, per ampliare l’offerta e rispondere all’interesse manifestato dagli operatori e dal pubblico che nel marzo scorso hanno apprezzato, in numero e qualità, l’area che ha ospitato più di 120 espositori, alcuni dei quali provenienti dall’estero. Nuovo lo spazio messo a disposizione. Si tratta dell’ampliamento del padiglione 11 di Veronafiere, che verrà inaugurato proprio durante il prossimo Vinitaly. «Ci piace poi segnalare l’anteprima di Vinitaly: Opera Wine – spiega Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere – evento realizzato sabato 6 aprile, presso la Gran Guardia di Verona, in collaborazione con Wine Spectator, che anticipa di un giorno l’inizio ufficiale della rassegna. È un grande momento di promozione del vino italiano negli USA e nel mondo, la cui eco si protrae lungo tutto il periodo dell’anno. Oltre 100 produttori selezionati dalla rivista, in rappresentanza di tutte le regioni vinicole italiane, Opera Wine coniuga business e glamour nella migliore tradizione dei wine tasting walking around di stampo internazionale.


Fiere

Straordinaria la partecipazione di operatori professionali da tutta Italia e dall’estero

Enoliexpo Adriatica, buona la prima

Claudia Gasparri

L’EnoliExpo Adriatica di Fermo – prima fiera dedicata ai produttori delle filiere del vino e dell’olio – è andata in archivio con uno straordinario successo di pubblico, un generale consenso degli espositori presenti e la consapevolezza che il centro-sud Italia aveva bisogno di una manifestazione professionale di alto livello, destinata esclusivamente ai produttori, ed orientata su innovazione e qualità. Emblematico a riguardo il commento di Alberto Mazzoni, direttore dell’Istituto Marchigiano di Tutela Vini (1.200 produttori associati) e vicepresidente nazionale di Assoenologi: «Dopo anni di fiere espositive più goliardiche che tecniche, si è riusciti a creare, in una località forse poco conosciuta come il quartiere Girola di Fermo, un evento espositivo molto interessante perché finalizzato a coprire le esigenze del piccolo, medio e grande produttore di vino e di olio che si riconosce nella filiera corta. La presenza di primari espositori ha richiamato moltissimi produttori che, con entusiasmo, si sono confrontati con il mondo della ricerca e della tecnologia». Organizzato dalla Globe Trotter di Ferrara con il sostegno, tra gli altri, dei Consorzi di Tutela Vini di tre regioni, EnoliExpo Adriatica ha visto la partecipazione di numerosi espositori, in rappresentanza di un centinaio di case produttrici che hanno avuto modo di presentare macchinari, attrezzature, prodotti e servizi per la vitivinicoltura, l’olivicoltura, l’industria enologica ed olearia, riscontrando l’interesse dei visitatori, giunti da ogni regione d’Italia anche con pullman appositamente organizzati, ma anche da una cinquantina di operatori professionali stranieri pro-

mettere assieme tutte le eccezionalità e le proprietà di un territorio per poter creare un’immagine di insieme forte venienti dai paesi balcanici e da Israele, selezionati in collaborazione con l’azienda speciale per l’internazionalizzazione della Camera di Commercio di Ancona. L’Istituto Marchigiano di Tutela Vini ha organizzato durante la manifestazione fieristica il convegno dal tema I nostri vini nel mondo: strategie ed opportunità con la partecipazione, tra gli altri, di Gabriele Micozzi, docente di marketing alla facoltà di Economia dell’Università Politecnica delle Marche, Denis Pantini. responsabile Area Agricoltura e Industria Alimentare della Nomisma ed Anna Maria Di Ciolla del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali. Nei vari interventi che si sono susseguiti, c’è stata una costante importante: il concetto di rete,

quello di mettere assieme tutte le eccezionalità e le proprietà di un territorio, per poter creare un’immagine di insieme forte, in grado di attrarre turisti, investitori, consumatori. Di grande interesse anche l’altro incontro rivolto al mondo del vino, promosso dall’Ordine degli agronomi, che ha messo in luce le migliori soluzioni nei vigneti ed in cantina per una produzione sostenibile che possa favorire un bere consapevole. La seconda edizione di EnoliExpo Adriatica si terrà a gennaio 2015. Ma la Globe Trotter è già al lavoro, consapevole che, dopo il successo iniziale, sarà importante compiere un ulteriore salto di qualità in una prospettiva sempre più internazionale.

Numeroso pubblico per Enoliexpo

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il buon vivere italiano

Il vino per conoscere e scoprire i territori italiani

vino

territorio

prodotti tipici

gastronomia

tradizioni

viaggio

Strumenti integrati di comunicazione per promuovere e tutelare il bello e il buono dell’Italia

la rivista – il sito web – consulenze per la comunicazione

vinitaly 2013 galleria 4-5 / stand 5

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L’intervento

50 anni di Doc Donatella Cinelli Colombini

le denominazioni sono la risposta perfetta alle aspettative dei consumatori del futuro. c’è un solo punto interrogativo sull’ipotesi di una prospettiva di successo: la scarsa capacità di giocare in squadra

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La cantina di Fattoria del Colle

Nel 1963 arriva la prima Doc italiana. Oggi ci sono 334 vini Doc e 73 Docg. Ma la filosofia di legare i vini al loro territorio di origine vale ancora? A rispondere alla domanda è Donatella Cinelli Colombini. Secondo me sì, perché le denominazioni sono esattamente quello che oggi vuole il mercato: caratteri distintivi, storia, amore per la terra, alti livelli qualitativi… Un mix di tradizione e innovazione, di naturalezza e tecnologia, di passione e creatività, l’unione di grandi realtà produttive e microaziende familiari. Ma ci sono profonde differenze rispetto a 50 anni fa, perché la sfida si è spostata dalla produzione alla commercializzazione. Insomma, se prima dovevamo imparare a fare buoni o ottimi vini, ora bisogna imparare a venderli. La mia riflessione sulle Doc verte proprio su questo. Parto da lontano, dai Paesi dove si concentrerà il consumo di vino che, nei prossimi anni, è previsto in crescita con percentuali del 5,3% l’anno. Fra 5 anni le nazioni consumatrici saranno nell’ordine: USA, Germania, poi la coppia storica Francia-Italia, quindi la Cina, seguita da un Regno Unito in contrazione e una Russia in espansione. Andiamo ora a vedere chi consuma vino nel colosso americano che già adesso compra 2,5 milioni di ettolitri dall’Italia. Va ricordato che questa nazione è tradizionalmente in anticipo sulle tendenze dello stile di vita e che spesso le diffonde nel resto del mondo. Ebbene, nel paese a stelle e strisce consumano vino soprattutto le persone della generazione nata nel dopoguerra cioè i boomer (1945-1964), ma sono i millennials, che hanno oggi fra i 20 e i 30 anni, quelli che comprano le bottiglie di prezzo superiore ai 20$ con frequenza doppia degli altri. Sono loro i consumatori del futuro e quindi è utile andare a vedere cosa li attrae. Questi gio-

vani wine lovers cercano naturalezza, autenticità, diversità, piccole dimensioni produttive… ciò che viene chiamato “European style”. Tutto l’opposto del gusto omologato Cabernet-Merlot-Chardonnay che dominava i consumi fino a 5 anni fa. Potremmo anzi azzardare l’ipotesi del superamento dello strapotere commerciale dei vitigni. Anche la crisi del modello Yellow Tail sembrerebbe farlo pensare. Ed eccoci a chiudere il cerchio sulle denominazioni italiane. Cosa c’è di più adatto delle nostre Docg-Doc per soddisfare le esigenze di nuovi consumatori come i millennials? Brand territoriali, basate sulla diversità di ogni suolo, clima, tradizioni colturali e, spesso, con vitigni autoctoni. Va ricordato, a tale proposito, che fra le 5.916 varietà d’uva presenti nel mondo, l’Italia è la nazione che ne ha di più, cioè ben 453 contro le 342 francesi. Insomma le Doc sono brand collettivi che comprendono le produzioni di tante medie, piccole e piccolissime cantine che usano un immenso patrimonio “genetico”. Le denominazioni sono la risposta perfetta alle aspettative dei consumatori del futuro. C’è un solo punto interrogativo sull’ipotesi di una prospettiva di successo: la scarsa capacità di giocare in squadra delle imprese italiane e la mancanza di registi in grado di organizzare l’azione promozionale e commerciale secondo un piano unitario. Concludo rispondendo alla domanda iniziale. Il sistema delle denominazioni è un’arma vincente nei mercati del futuro e quindi deve avere lunga vita, ma c’è bisogno di una cabina di regia che dia ai nostri splendidi vini il successo commerciale che meritano. Esperienze come Buonitalia, come la soppressione e poi la resurrezione dell’ICE non sono molto incoraggianti, ma non disperiamo.

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Protagonisti in cantina

Cinque generazioni dentro i vini di Paolo Leo Se è vero che dietro ogni bottiglia di vino c’è sempre una storia da raccontare, quella dei vini Paolo Leo è una storia semplice e bella, come tutte le storie di famiglia. Cinque generazioni di viticoltori, uniti da una passione ereditaria per il vino, senza mai allontanarsi dalla propria terra, hanno costruito ciascuno un pezzo di storia di una cantina che sorge, oggi come allora, a sud di Brindisi, nella cittadina di San Donaci, e porta ancora il loro nome. Paolo Leo, 52 anni, ha ereditato la cantina dal nonno Paolo e l’ha saputa ampliare e rinnovare, attraverso un’attenta e incessante opera di ammodernamento tecnologico dei processi produttivi dell’azienda. Sposato con Roberta D’Arpa, ha quattro figli; i due maggiori, Nicola e Stefano, sono già impegnati in azienda. Socio del Movimento del turismo del Vino Puglia, ha una passione “innata” per il vino e per il suo lavoro: è grazie al suo impegno in vigna e in cantina che è riuscito, attraverso i suoi vini, a far conoscere ed apprezzare l’eccellenza del “made in Puglia” nel mondo. Oggi più del 70% dei vini Paololeo viene esportato oltre confine. Paololeo è oggi un’azienda moderna, ma il “cuore” di tutta l’attuale superficie vitata sono ancora quei 25 ettari dove il bisavolo cominciò, agli inizi del Novecento, a vinificare le sue uve nella Masseria Monticello. Oggi è ancora un erede a guidare la cantina, l’omonimo Paolo Leo che, grazie

Paolo Leo

a ulteriori acquisti di terreno e a nuovi investimenti, è riuscito a costruire in pochi anni un’azienda al passo con i tempi. L’azienda produce 35mila quintali di vino l’anno, con fatturati in forte crescita e riconoscimenti in Italia e all’estero. È passata da un fatturato che sfiorava i 500mila euro del 2005 agli oltre 5 milioni di euro del 2011, generati in buona parte dalle vendite oltre confine (70%). Primitivo, Negroamaro, Malvasia bianca di Lecce e Doc Salice Salentina sono i principali vitigni autoctoni coltivati, seguiti dallo Chardonnay e dal Fiano di Puglia. L’orfeo, un negramaro 100%, è il vino di punta insieme al Fiore di Vigna, Primitivo Salento Igt, orgoglio della cantina.

quella dei vini paolo leo è una storia semplice e bella, come tutte le storie di famiglia

L’esterno dell’azienda

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Protagonisti in cucina

Praga, città d’oro città DiVino

Martina Cenni

È capitato a tutti di sentire un pizzico di calorosa consuetudine, in terra straniera, colpiti d’improvviso dalle chiacchiere in italiano di qualche sconosciuto. Almeno prima di diventare apolidi, cosmopoliti cittadini del mondo. È da provinciali? Forse un po’, ma i sentimenti non si giudicano. Come non si giudica chi si mischia ai profumi e ai sapori dell’esotico lido, ma a crisi di astinenza periodiche risponde con ritorni alle origini. Mi spiego. Siamo a Praga, nel cuore di Praga. Proprio alle spalle della Chiesa di Santa Maria di Týn e della più bella piazza della città: Piazza della Città Vecchia. Qui, al 18 di via Štupartská si trova la zona franca di VINOdiVINO. Stato indipendente, piccola repubblica italica, oasi di profumi e sapori mediterranei. Difficile resistere, impossibile non scoprirsi con la mente già seduti ad un tavolo della splendida sala.

VINOdiVINO è tutto, locale di cultura enogastronomica autenticamente italiana, ristorante, winebar, enoteca e splendido punto vendita di prodotti tipici. Per le sue qualità rappresenta un posto unico a Praga. Gli amanti della buona cucina e del vino possono trovare un’eccellente ristorazione e la più ampia offerta di vini, superiore alle 500 etichette, nonché distillati di altissima qualità provenienti da tutte le regioni d’Italia e del mondo. Vi è poi anche uno spazio dedicato alla migliore gastronomia italiana, con prodotti originali e selezionati tra il miglior made in Italy. Il tutto in una splendida ambientazione, calda ed accogliente, dove la cucina a vista si affaccia direttamente sul ristorante. Il clima familiare che si respira nel locale mette da subito il cliente a proprio agio e lo fa sentire amorevolmente curato dall’intero staff giovane e multilingue. I menu proposti e cu-

Lo chef Mario D’Innocenzo

rati personalmente dallo chef Mario D’Innocenzo esprimono quanto di meglio si possa trovare nella ristorazione della città, improntati ai gusti e ai sapori tipicamente mediterranei, freschi e leggeri variano ad ogni stagione rinnovati e/o reinventati e accontentano ogni tipo di palato. Se non fosse abbastanza, qui si organizzano mensilmente eventi ed incontri condotti da esperti sommelier e corsi di cucina personalizzati o per piccoli gruppi, su iniziativa dello staff della cucina. Momenti coinvolgenti per i clienti buongustai che si trovano in questo modo totalmente immersi nella storia e nella cultura enogastronomica italiana.

L’interno VinoDiVino

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Viaggi

Claudio Zeni

Occasioni golose le vestigia del mundo maya

Viaggio in Belize all’insegna del sole, del mare e delle suggestive vestigia del Mundo Maya. Questo piccolo paese del Centro America offre fino a maggio il meglio di sé. Clima caldo secco, sole a volontà, mare stupendo. La proposta di Tour 2000 Go Centroamerica (Tel. 011.5172748 www. gocentroamerica.it) prevede la partenza dall’Italia per Belize City e nella prima parte del viaggio visite a riserve naturali ed alcuni siti Maya. Poi in aereo a Ambergris Caye, la più grande delle isole, con mare di struggente bellezza, spiagge bianchissime ed immersioni d’obbligo nel “Great Blu Hole” di Lighthouse Reef. Costo del pacchetto fino a maggio di 11 giorni/9 notti a partire da 1.590 euro: trasferimenti, hotel, prima colazione ed alcuni pranzi. A parte il prezzo del passaggio aereo dall’Italia secondo le migliori tariffe (circa 780 euro più tasse).

vanuatu: i saltatori dell’isola di pentecoste La Repubblica di Vanuatu, chiamata l’Austrialia del Espiritu Santo e successivamente Nuove Ibridi rappresentano un mondo a parte ove i riti tribali delle popolazioni melanesiane ancora sopravvivono alla civilizzazione. GoAustralia (Tel. 011.5187245; www.goaustralia.it) propone un viaggio attraverso le piccole isole di questo arcipelago e la vita della capitale Port Vila. Partenza dall’Italia alla volta di Sidney, trasferimento in pullman al Grace Hotel Sydney**** Sup. Nella giornata successiva volo per Port Vila; a seguire, trasferimento a Tanna e ritorno a Port Vila da dove si volerà verso l’Isola della Pentecoste. A seguire, visita della città di Malekula, e arrivo al Tam Tam Bungalow**, con visite ai villaggi Nambas, le tribù locali delle isole Vanuatu. Tutti i voli internazionali e i trasferimenti da e per gli aeroporti sono inclusi nella quota a partire da euro 3.390, incluso pernottamenti e prima colazione. La quota non comprende le tasse aeroportuali di circa euro 690, soggette a variazione.

thailandia: la terra del sorriso «Muoviti nel mondo celebrando, danzando, cantando, simile a un’ape; va da fiore a fiore, soltanto attraversando tutte le esperienze diventi maturo». (Buddha). E quale modo migliore di muoversi se non viaggiando, attraversando la Thailandia, da nord a sud, dalle antiche capitali al famoso Khao Sok National Park. Antico e magico regno del Siam – nome conservato fino al 1939 – che ancora oggi richiama alla mente l’esotico, l’Oriente, le avventure e le bellezze di una terra leggendaria. Il tour 13 giorni/9 notti proposto da www.hotelplan.it (Tel. 02.721367239) ha quote a partire da 2.060 euro a persona e prevede 3 notti a Bangkok, 3 notti. “Tour Classico” e 4 notti Tour Templi e Foreste con trattamento di pensione completa durante il tour e pernottamento e prima colazione a Bangkok.

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Resort da sogno

Vino e blues per una vacanza tutta relax Rodolfo Turchi

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e ci sono i dolci suoni delle campane a vento che ti avvolgono e iniziano a rilassarti mentre sali le scale del fienile trasformato in alloggi curati in ogni dettaglio

Il giardino di Palazzetto Ardi

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Resort da sogno

Note di Blues dal vivo ti accolgono fin prima del vialetto di accesso. La passione per la musica di Carlo Sitzia arriva da lontano, lui che ha suonato con Eugenio Finardi. E la musica è adesso il filo conduttore della sua attività in campagna, blues per gli ospiti, campane a vento per rilassare la vigna. Palazzetto Ardi è una sorta di luogo magico nelle Terre Perse dalla Serenissima Repubblica di Venezia, Torri di Confine a Gambellara (Vi). Una magia che si prova quando si arriva dopo aver percorso la strada che separa l’agriturismo dalla statale, che dalla A4 Milano-Venezia porta verso Verona. Ad accoglierti ci sono i profumi dell’orto, vero orgoglio di Carlo Sitzia, che insieme alla moglie Michela Cariolaro conducono Palazzetto Ardi. C’è la fragranza che arriva dalla cucina, regno di Michela. E ci sono i dolci suoni delle campane a vento che ti avvolgono e iniziano a rilassarti mentre sali le scale del fienile, trasformato in alloggi curati in ogni dettaglio. Se le note dei legnetti e del metallo mossi dal vento aiutano i visitatori a stare meglio, il suono delle campane a vento è stato scelto come tecnica per “rilassare” vigne e frutteti. «Tutto nasce da un’idea di Michael Barbot che ha messo a punto la genodica che si basa sullo studio degli effetti delle frequenze sulle piante. È stato scoperto che attraverso i suoni si sviluppa la sensibilità delle piante e che, ad una determinata frequenza, una pianta si cura da sola. Sono rimasto affascinato da tutto questo ed ecco la scelta delle campane a vento», spiega Carlo mentre seduto davanti ad un bicchiere del suo Entusiasmo ci racconta dell’azienda. «Abbiamo valutato anche altre esperienze, come quella che a Montalcino ha visto un’azienda installare altoparlanti tutti attorno alla vigna per trasmettere Mozart. E le piante rispondono». «Noi – continua – abbiamo pensato alle campane, accordate in re maggiore, con i tubi che creano un’atmosfera esotica. In oriente tengono lontano i cattivi auspici, qui accompagnano e avvolgono chi gira per la nostra azienda. È un’emozione per chi assaggia vino o fa una passeggiata nell’orto e viene cullato da suono accordati». Le campane, una trentina in tutto, sembrano davvero giovare alle viti, che vivono meglio e fanno sembrare l’erba attorno più verde, oltre che far parte di una filosofia che accompagna tutte le scelte dell’azienda.

Per gli ospiti, ci sono le note della musica blues. «Wine n’ blues store house è un’esperienza che dura tutto l’anno. Il vino va benissimo con il blues. La sera arrivano i ragazzi a bere vino e a suonare dal vivo come in osteria. Ci piace così tanto la musica che siamo sponsor di Blues Made in Italy a Cerea (Vr), organizzato da Lorenz Zadro, e con le nostre bottiglie di vino Entusiasmo andremo a Tolosa per l’European blues challenge. Ci rivolgiamo ai turisti in maniera alternativa, con il blues, con la musica».

Le camere Sono tre le suite in style country house che l’agriturismo mette a disposizione. Tre unità indipendenti, dalla camera della musica, un vero e proprio appartamento, la Suite della “Cucina Verde” con il camino padronale e la stufa in ghisa e le prestigiose “Studio Suites” del fienile, restaurate secondo i più avanzati concetti di bio edilizia, tutte su due piani. Per rigenerarsi, una macchina completa per body fitness si trova nella camera dei Galli.

La stanza della musica

«wine n’ blues store è un’esperienza che dura tutto l’anno. il vino va benissimo con il blues. la sera arrivano i ragazzi a bere vino e a suonare dal vivo

Matteo Sansonetto e Carlo Sitzia

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Il vino Entusiamo Palazzetto Ardi è un agriturismo a tutto tondo. Si inizia con il vino, Entusiasmo, un taglio bordolese prodotto senza l’uso di chimica, senza il ricorso al legno, che ha bassi residui di metalli e scarsissima solforosa. «Entusiasmo è un vino delle grandi fragranze, degli aromi, dei ricordi. È il vino della memoria, di quando ero bambino, come mi ha detto un cliente, che non dà alla testa e che ti consente di tornare a lavorare dopo averlo bevuto». Pane, marmellate, salumi L’azienda comprende tre ettari di terreno tenuti ad orto, frutteto e vigna, presenta l’allevamento all’aperto di animali da cortile (polli, capponi, tacchinelle, faraone, anatre, oche e germani) e siamo un’azienda che produce frutta, vino, ortaggi e prodotti da forno che sono lievitati con lievito di pasta madre rinfrescato e pasta fresca. E poi c’è una piccola parte di seminativo per coltivare frumento “Piave” e “Bologna” per fare il pane e quest’anno anche il farro monococco. Tutti prodotti che finiscono nel menù, rigorosamente dettato dalle stagioni, che si può apprezzare durante una cena o una colazione preparate da Michela. O che possono essere acquistati sia in azienda, sia nei mercatini biologici della provincia di Vicenza.

La qualità, nell’accoglienza e nei prodotti

La ricerca della qualità, di vita e di gusto nel mangiare e bere, è alla base della scelta che ha portato Michela e Carlo ad una decisione fondamentale: «Perché non lasciamo tutte le incombenze cittadine, con tutti gli stress annessi e non ci ritiriamo in campagna alla ricerca del buono fatto con le nostre mani da dove comunicare i giusti valori di base alle nuove generazioni?» Nascono così i piatti dal sapore di una volta, preparati con le tecniche moderne, le marmellate, il burro, gli insaccati. Un’azienda, che produce

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frutta e vino, che è anche fattoria didattica per le scuole e dove Carlo si è inventato il “Vieni a prenderti la tua frutta e la tua verdura”, per richiamare l’attenzione dei bambini e dei genitori che li accompagnano. In pieno spirito di agriturismo vero, Palazzetto Ardi offre in tavola solo quello che produce. O, come nel caso dei bovini per il formaggio e la carne di manzo e vitello, si affidano ai produttori della zona per formare una rete in nome della qualità. I vini della cantina (Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon e Garganego) sono tutti con certificazione biologica sotto la denominazione Vicenza Doc.


Il territorio

Toscana e vino. Troppo facile. Connubio quasi scontato, addirittura demodé. O forse semplicemente ed elegantemente classico, anzi storico. Possiamo ben dire visto che furono gli Etruschi, a partire dal VIII secolo a. C., i primi a coltivare la vite nell’Etruria, poi Tuscia e infine Toscana. Utilizzavano come tutori della vite gli alberi vivi, e ancora oggi, in alcune zone della regione, si possono scorgere tracce di questa forma aerea di allevamento. Fu poi con l’Impero Romano che i vini toscani iniziarono ad acquisire quella fama che non li ha più abbandonati e che ne ha fatto il brand toscano per eccellenza. Ma non l’unico. Se fosse un brainstorming sarebbero molte le parole collegate ad intuizione al nome Toscana. Certamente il verde dei suoi paesaggi, le colline dolci su cui si arrampicano strade sinuose incorniciate da cipressi, i casolari in pietra da cartolina, Dante e il suo naso gobbuto, il mare azzurro delle isole, le foreste potenti dell’Appennino, le città d’arte, tra le più belle al mondo. Potremmo continuare perché la ricchezza di questa regione è tale da farla considerare da alcuni una vera e propria nazione. Grazie alla sua storia e alla sua forte unità culturale e linguistica, è infatti una delle regioni italiane con la più antica e definita identità. E certamente quella dove la cultura del vino vanta le più antiche tradizioni. Qui semplici agricoltori e famiglie blasonate si dedicano da secoli alla coltivazione della vite e il risultato di questo lavo-

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ro ammirato e invidiato sono le 7 DOCG e le 13 DOC che la regione può vantare. Un paesaggio viticolo movimentato che abbraccia un’ampia fascia con rilievi irregolarmente disposti fra l’Appennino e le pianure costiere. Una morfologia variegata che va dalle zone agganciate alle Alpi Apuane, alle colline del Chianti, d’origine più recente, dalle Colline Metallifere al Monte Amiata più a sud, per finire ai dolci rilievi della Maremma. La Toscana è senza dubbio la regione italiana che ha saputo meglio coniugare il turismo con l’enologia, merito anche della bellezza dei suoi paesaggi e dei tesori culturali delle sue città e dei suoi borghi. C’è tutto. La Toscana è un mondo. Un universo dai colori intensi e dai sapori decisi, come quelli della sua cucina. Tradizionale, fortemente ancorata al territorio, alle attività primarie come la caccia e l’allevamento del bestiame. Genuina, vera e poco snob. Come i “bischeri” che la abitano, forse un po’ presi a guardare al proprio orticello, ma fieri della loro terra che coccolano, conservano e custodiscono da millenni e che da millenni il mondo ci invidia

Chiara, fresca, dolce

Toscana Martina Cenni

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Il territorio

Anteprime

Chianti Docg – Palazzo Borghese di Firenze

La carica dei 59

a cura di Rocco Lettieri

L’anteprima del Chianti Docg tenutosi a Firenze sabato 16 febbraio, ha aperto ufficialmente le anteprime dei vini toscani. L’evento si è svolto per il secondo anno consecutivo all’interno della splendida ed affascinante cornice di Palazzo Borghese, nobile residenza del 1400. L’ingresso era riservato strettamente alla stampa di settore, con una presenza giornalistica di rilievo. Il Presidente del Consorzio Chianti, Giovanni Busi, ha aperto la conferenza stampa affermando: «Per questa seconda edizione, abbiamo la presenza di 59 aziende e ciò non ci può che render fieri e consapevoli del fatto che iniziative di questo genere siano un utilissimo strumento di comunicazione tra i produttori e gli operatori, che conosceranno da vicino l’estesa realtà del Chianti Docg. Vorrei ricordare che, anche dal punto di vista di prodotto sul mercato, il Chianti sarà presente sullo scaffale dal 1° di marzo e si parla quindi di un vino pronto al consumo. Quando si parla di Chianti, infatti, si vuole comunicare un vino fresco, profumato, accattivante che ben si abbina a moltissime delle nostre tipicità toscane e della tradizione culinaria della nostra penisola. L’Anteprima ci permette quindi di far degustare vini pressoché pronti, certamente un vantaggio per le aziende che si presentano e per chi lo assaggia. Parlare di Chianti sta a significare parlare di un territorio, con la sua storia e la sua cultura enogastronomica e proprio in virtù di ciò, abbiamo svecchiato la nostra immagine, con un nuovo logo, una grande “C” . Tra i nostri principali obiettivi di oggi, c’è, infatti, l’idea di un prodotto che faccia tendenza attraverso l’attività di promozione, sia in Italia che all’estero. L’Anteprima è tra gli appuntamenti che il Consorzio vuole consolidare nei confronti degli operatori del settore; vi sono poi gli eventi all’estero, i cosiddetti road show (Usa, Russia, Cina), e le iniziative con un approccio più culturale e quindi trasversale per raggiungere il vasto pubblico che vogliamo conquistare, creando così una sorta di comunità del vivere il Chianti, moderno, accessibile, con uno stile elegante ma contemporaneo. Tutti questi elementi li ritroviamo nell’impegno che il Consorzio sta portando avanti in maniera massiccia, al fine di diffondere la cultura (e la storia) che sta (dentro e fuori) il bicchiere. Un concetto di territorio e di una denominazione che vuole tornare ad esprimere qualità e al contempo emozioni forti e vere, durature». Per la verità un discorso, quello di Busi, che è stata la fotocopia di quanto annunciato lo scorso anno e dalla platea non sono mancate critiche proprio per la mancanza di novità, fatto salvo una richiesta di ritorno al fiasco che per il momento ha fatto… “fiasco”…tra i promotori. Origine del Consorzio Il Consorzio Vino Chianti si è costituito nel 1927, ad opera, di un gruppo di viticoltori delle province di Firenze, Siena, Arezzo 34


e Pistoia, allargando successivamente la sua operatività a tutta la zona di produzione, riconosciuta dal Disciplinare del 1967, poi recepita nella Denominazione di Origine Controllata e Garantita riconosciuta nel 1984 e aggiornata, per ultimo, con decreto del 19 giugno 2009. Oltre duemilacinquecento produttori, che interessano più di 10.500 ettari di vigneto per oltre 600.000 ettolitri di Chianti delle varie zone e tipologie, sono tutelati dal Consorzio che, per la sua rappresentatività, ha ottenuto il riconoscimento e l’incarico per la valorizzazione, promo­zione e vigilanza sulla denominazione Chianti con Decreto del Ministero delle Politiche Agrico­le Alimentari e Forestali del 3 settembre 2012. La zona di produzione del Chianti è costituita da territori delimitati per legge, che si trovano nelle province di Arezzo, Firenze, Pisa, Pistoia, Prato e Siena. Questo ambiente è caratterizzato da un sistema collinare a grandi terrazze con vallate attraversate da fiumi. Sempre con Decreto del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali del 3 settembre 2012 è stato concesso il riconoscimento e l’incarico per la valorizzazione, promozione e vigilanza sulle denominazioni Vin Santo del Chianti e Colli dell’Etruria Centrale. La denominazione “Colli dell’Etruria Centrale” si pone in affiancamento alla Docg Chianti consentendo la produzione nella stessa zona di vini di qualità diversi dal Chianti prevedendo oltre alla tipologia rosso, il bianco, il rosato, il novello e il Vin Santo. Il riconoscimento della deno-

iniziative di questo genere sono un utilissimo strumento di comunicazione tra i produttori e gli operatori che conosceranno questa realtà

minazione “Vin Santo del Chianti”, con la possibilità di usare le varie sottozone, segna un’importante tappa per la valorizzazione di questo prodotto, che tanto rappresenta per le tradizioni e le capacità produttive nella zona del Chianti e per il quale il Con­sorzio si è a lungo battuto. I vitigni fondamentali che concorrono alla formazione del vigneto Chianti sono i seguenti: Sangiovese minimo 70%, complementari fino al 30%, con un massimo per i vitigni bianchi del 10% e del 15% per i vitigni Cabernet. La resa massima di uva per ettaro è di 90 quintali per il Chianti, 80 quintali per Colli Aretini, Colli Fiorentini, Colli Senesi, Colline Pisane, Montalbano, Rufina e Montespertoli, 75 quintali per il Chianti Superiore. La “personale” degustazione ai tavoli: 59 le aziende del Consorzio del Chianti che hanno presentato in degustazione le loro bottiglie di Chianti 2012 (10 in più dello scorso anno). Impensabile, come è stata organizzata la manifestazione, poter assaggiare tutti i vini nelle due ore e mezzo concesse per la degustazione. Viene facile ripetere quanto detto lo scorso anno: impossibile fare un quadro generale sull’anteprima. Mi limito a segnalare alcune case vinicole dove ho potuto intavolare un discorso per un minimo di informazioni. Tra queste Case ho buoni ricordi e buone riconferme di assaggi per: Azienda Agricola Casale di Giglioli (azienda biologica); Badia di Morrona; Casa di Monte di Matteo Simoncini di Montespertoli; Castello di Poppiano – Guicciardini di Montespertoli; 35

Castelvecchio di San Casciano Val di Pesa (enologo Luca D’Attoma); Fattoria di Piazzano di Empoli (enologo Emiliano Falsini); Fattoria di Poggio Capponi (enologo Fabio Signorini); Fattoria Il Paganello Tuscany (enologo Marco Chellin); Fattoria Lavacchio di Pontassieve (azienda Biologica) con Dimitri Sidorinko (enologo Stefano Di Blasi); Fattoria Le Sorgenti di Bagno a Ripoli con Elisabetta Ferrari (enologo Paolo Caciorgna interessante il loro Malbek in purezza); Pieve de Pitti di Terricciola; San Gervasio di Luca Tommasini di Pontedera (enologo Luca D’Attoma); Streda Belvedere; Vini Etici di Filippo Ferrari & Cristian Giorni di Pontassieve. Piacevole la degustazione di alcuni, ottimi, Vin Santo, ritrovati anche a cena: Casa di Monte 2002; Castello di Oliveto 2002; Chiacchierata Notturna 2003 di Castelvecchio; Sacrosanto 2008 Fattoria Il Paganello; Fattoria Lavacchio 2007; Vin Santo Montespertoli doc Riserva 2000 Tenuta Il Monte Fattorie Parri; Vin Santo del Chianti Occhio di Pernice Società Tacinaia e Vin Santo Malmantico 2006 Tenuta San Vito. In chiusura una critica va fatta: se per noi italiani è già difficile inquadrare i confini del Chianti DOCG non parliamo di cosa possano capire gli stranieri che dopo pochi giorni si trovano a degustare il Chianti Classico DOCG Gallo Nero. Consorzio Vino Chianti Viale Belfiore, 9, 50144 Firenze info@consorziovinochianti.it www.consorziovinochianti.it


Il territorio

Anteprime

Vernaccia di San Gimignano 2013

Qualità in crescita

a cura di Rocco Lettieri

Il Consorzio della Denominazione San Gimignano, insieme ai produttori associati, ha presentato nei giorni 17 e 18 febbraio, a giornalisti, operatori e pubblico le nuove annate di Vernaccia di San Gimignano che usciranno sul mercato nel corso del 2013: l’annata 2012 (in anteprima) per la tipologia “base” ed alcune Selezioni sempre del 2012, a seguire le Riserve 2011, ma anche annate precedenti, a seconda delle scelte commerciali dei produttori. L’annata 2012, come primo dato da sottolineare ha visto un calo di produzione pari all’11% rispetto al 2011. La degustazione dei giornalisti professionisti si è tenuta già domenica 17, nel pomeriggio, nelle sale del Museo di Arte Moderna e Contemporanea De Grada, con servizio di bravi sommelier (in particolare donne). Domenica 18 Febbraio, invece, com’è ormai tradizione, da ben otto anni, si è svolto l’incontro “Il vino bianco ed i suoi territori” che vede ogni anno la Vernaccia

incontrare, nella splendida Sala Dante, un vino bianco straniero: non una sfida, ma un momento di riflessione sull’universo dei vini bianchi, un confronto diretto tra produttori provenienti da zone spesso molto diverse tra loro per territorio, tradizione e cultura. E dopo molti anni di vini francesi, questa volta la scelta è andata sui vini della Slovenia. Giancarlo Gariglio, curatore della guida dei vini Slow Wine, incaricato per questa edizione, ha scelto un vitigno per certi aspetti simile a quello della Vernaccia, la Ribolla dalla vicina Slovenia, della denominazione Goriska Brda. «Ribolla e Vernaccia di San Gimignano – ha spiegato Giancarlo Gariglio – sono due vitigni bianchi rari, presi in un panorama mondiale molto ampio, frutto di territori unici, molto belli e integri dal punto di vista ambientale. Una cosa su tutte che accomuna questi due vitigni è il fatto di non essere aromatici e di esprimere sensazioni

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olfattive austere». Nel corso della degustazione, condotta alla presenza dei produttori sia sloveni che di casa, sono stati degustati undici vini, sei italiani e cinque sloveni. La Slovenia è un piccolo Stato di circa 20.000 km2, situato tra le Alpi, il Mediterraneo, le Alpi Dinariche e la Pianura Pannonica, con clima continentale. Grazie al fondersi di disparati fattori climatici, alla varietà della struttura morfologica del territorio e alle diverse composizioni del suolo (dalle più giovani pietre calcaree alle più antiche pietre magmatiche, sino al terreno argilloso) si sono create diversità climatiche e di vegetazione, che hanno contribuito al fiorire della produzione di numerose qualità di vino, difficili da trovare in qualsiasi altro Paese. La Slovenia è uno dei pochi paesi dell’UE che documenta la propria produzione vinicola dal vigneto al prodotto finito. Con l’approvazione del piano per lo sviluppo rurale si sono poste le basi per la


percentuali alte di altre uve, comunque contenute nel limite di 85% di Vernaccia e 15% di altre uve autorizzate. A mio parere un’annata ottima che ha dato segnali di positività e anche qualche novità in particolare nel prezzo di acquisto in cantina. Tra le mie preferenze delle “Vernaccia 2012”: Cantine Guidi, Cesani, Abbazia di Monte Oliveto, Colombaio di Santa Chiara, Hydra de Il Palagione, La Mormoraia, Macinatico, Pietrafitta, Poderi del Paradiso, Rubicini, San Quirico, Tenute Le Calcinaie, Torre Prima, Tropie de Il Lebio, Borghetto di Pietrafitta e Titolato delle Tenute Guicciardini Strozzi. Di grande armonia e complessità alcune Selezioni 2010 (Sanice di Cesani, Tradizionale di Montenidoli, Crocus di Casa alle Vacche, I Mocali di Vagnoni e L’Albereta de Il Colombaio di Santa Chiara). Consorzio della Denominazione San Gimignano Tel. 0577 940108 info@vernaccia.it www.vernaccia.it ripresa dei vitigni sloveni autoctoni (pinela, zelen, klarnica, malocrn, ranina, zametovka, pergolin) e tradizionali (furmint, rumeni plavec, kraljevina, malvasia, ribolla, refosco, vitovska, cipro, ecc). La “personale” degustazione a confronto

I vini sloveni degustati, a parte il costo decisamente abbordabile, hanno messo in luce grande frutta fresca e sentori citrini con presenza minerale e spezie dolci, con anice nel finale. In bocca si presentavano con un buon equilibrio acido/sapido, con bella permanenza in bocca di salinità; bella la presenza agrumata con presenza grassa/ burrosa e mineralità decisa nel retrogola. Per la mia piacevolezza Jancovic (91/100), Sirk (90/100), Blazic (89/100), Quercus (87/100) e Kristancic (83/100 – presenza di solforosa e disarmonia in bocca). Le “Vernaccia”, direi ottime tutte, fine ed eleganti, con piacevolezza e notevole armonia agrumata (pompelmo rosa, cedro) e anice stellato. Sopra le righe il Fiore di Montenidoli (92/100), il Sanice (90/100), Il Campo della Pieve (89/100 – una bella scoperta), Riserva Ori (88/100), Vigna Casanuova (86/100) e Biscondola (85/100).

La degustazione delle “Vernaccia 2012” La “Vernaccia 2012” si è presentata profumata, più fine ed elegante rispetto alle ultime annate, con il solito problema di alcuni campioni con solforosa, profumi floreali scarsi e frutta verde fresca e fiori di campo con punte di citronella e agrumi. Meglio l’assaggio in bocca con sostanziale equilibrio acido/sapido. Le Riserve del 2011 hanno mostrato più spalla e maggiore complessità con ricchezza ed equilibrio. La presentazione (46 case) e degustazione dell’annata 2012, in anteprima, si è svolto alla presenza dei produttori: 30 i vini base del 2012, 15 le Selezioni del 2012, 8 le Selezioni del 2011, 2 del 2010, 5 le Riserve dal 2011 e 10 le riserve dal 2010 al 2006, per un totale di 70 vini presenti in degustazione. L’Anteprima, lo continuiamo a scrivere, è un momento fuori luogo per degustare questi vini per diversi motivi. Dare giudizi complessivi è sempre azzardato, ma possiamo affermare che i vini presentati erano di certo migliori dell’annata presentata lo scorso anno con più frutta, floreali, non pronti ma con basi acidule decise che fanno ben sperare. Molti i vini vinificati al 100% con Vernaccia (bene così), ma ancora molti i vini che avevano

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DARE GIUDIZI COMPLESSIVI è SEMPRE AZZARDATO, MA POSSIAMO AFFERMARE CHE I VINI PRESENTATI ERANO DI CERTO MIGLIORI DELL’ANNATA DELLO SCORSO ANNO, CON PIù FRUTTA, FLOREALI, NON PRONTI MA CON BASI ACIDULE DECISE


Il territorio

Anteprime

Vino Nobile di Montepulciano

Eccellenza a 5 stelle

a cura di Rocco Lettieri

L’Anteprima del Vino Nobile di Montepulciano rappresenta l’evento più importante per la città della Val di Chiana senese, in quanto sintesi dei suoi profili più significativi, quello economico, quello sociale e quello culturale. Queste le prime parole espresse alla conferenza stampa dal Presidente Federico Carletti. I giornalisti, provenienti per la maggior parte da Firenze, sono stati accolti in strutture alberghiere di Montepulciano e hanno partecipato alla cena di benvenuto, allestita nelle sale della Fortezza, accompagnata da un omaggio musicale offerto dalla Fondazione Cantiere Internazionale d’Arte. Anche per l’edizione 2013 l’organizzazione è stata affidata al Consorzio, che riunisce i produttori di Vino Nobile e che cura la manifestazione insieme alla Fondazione Cantiere Internazionale d’Arte ed alla Strada del Vino Nobile di Montepulciano, in assoluta sintonia con il Comune. Le tradizionali giornate riservate agli operatori si sono svolte da sabato 16 a lunedì 18 febbraio mentre la stampa internazionale è giunta a Montepulciano mercoledì 20 febbraio e si è trattenuta sino a giovedì sera, con le cene offerte dalle case vinicole nelle proprie cantine appositamente attrezzate. L’Anteprima del Vino Nobile si traduce dunque per Montepulciano in un’intera settimana di appuntamenti. L’apertura è scattata alle 14 di sabato 16 febbraio quando gli operatori del settore hanno potuto incontrare le 36 aziende aderenti all’evento. I professionisti del settore (commercianti,

per quasi una settimana su montepulciano si È riversata l’attenzione di migliaia di persone interessate a vario titolo al vino e per il territorio si tratta di un’eccellente opportunità

ristoratori, enotecari) hanno degustato il Vino Nobile di Montepulciano 2010 (annata che vanta 4 stelle, su un massimo di 5), destinato ad essere immesso sul mercato nella primavera prossima, la Riserva 2009, il Rosso di Montepulciano DOC 2011, il Vin Santo di Montepulciano DOC e gli altri vini di qualità del territorio. Gli incontri con le aziende, nella suggestiva location della Fortezza, sono proseguiti anche nella giornata di domenica, quella più tradizionalmente dedicata anche alle visite degli enoappassionati ed enduristi, e per tutto lunedì 18 febbraio. L’Anteprima e le attività collaterali Per quasi una settimana su Montepulciano si è riversata l’attenzione di migliaia di persone interessate a vario titolo al vino e per il territorio si è trattato di un’eccellente opportunità di promozione, non solo vinicola. 38

Numerose sono state le iniziative che collegavano l’Anteprima al territorio, a cominciare dal concorso “Le belle vetrine”, che ha visto i commercianti di Montepulciano impegnati nell’allestimento delle migliori mostre sul tema vinicolo. Spettava poi ad una giuria popolare e ad una tecnica, designare il vincitore. L’Anteprima del Nobile Giovedì 22 Febbraio, una giornata piovosa e fredda ci ha accolti al mattino in Fortezza per la presentazione dell’anteprima dell’ultima vendemmia: i prototipi del vino più giovane, frutto del raccolto più recente e destinato a diventare “Nobile”, dopo il periodo di invecchiamento previsto dal disciplinare di produzione, sono stati sottoposti al giudizio della stampa internazionale. Gli inviati speciali già seduti nelle loro postazioni, hanno ricevuto il saluto da Federico


Carletti e del Sindaco di Montepulciano Andrea Rossi. L’annata 2012 è stata presentata con un video da Riccardo Cotarella, che ha intervistato alcuni produttori e lo stesso Presidente del Consorzio del Vino Nobile, Federico Carletti. L’annata in questione è stata designata a 5 Stelle. Al termine delle degustazioni, i giornalisti si sono distribuiti sul territorio, andando a conoscere le realtà delle singole aziende. La presentazione e la degustazione Trentasei le aziende presenti (7 delle 33 dello scorso anno si sono perse per strada sostituite da altre sette, buon segno, comunque) con i propri banchi di assaggio dislocati nelle sale dell’antico edificio rimesso a nuovo. Annata in anteprima la 2010 (34 vini di cui 13 “campione da botte” e quindi siamo alle solite… si assaggiano con più attenzione i campioni già in bottiglia, lasciando meno attenzione agli altri vini, per non incappare nelle solite problematiche di cui non stiamo a raccontare). Altri 29 sono i vini in degustazione che ci servono i bravi sommelier tra “selezione 2009” e “riserva 2009”. E se nel Chianti il Sangiovese non ha fatto la sua bella figura, qui il Prugnolo Gentile ha fatto bene il suo dovere presentando al naso sentori floreali, eleganti speziature e modeste balsamicità. In bocca belle acidità sostenevano tannini non ruvidi; nel retrogusto alcune presenze tanniche amare rendevano la persistenza ruvida. Un’annata da salvare lasciandola ancora in bottiglia in affinamento. E veniamo anche a qualche

punto critico: chi si avvicina a questi vini, pur se buoni ottimi, perde la trebisonda, nel senso che non c’è una linearità territoriale che ti faccia capire di star degustando un vino dal nome Nobile di Montepulciano. Vini ancora troppo legnosi, impegnativi, caldi, dopati, muscolosi, senza finezza e piacevolezza di beva. Molti i passi avanti ma si può ancora qualcosa: alleggeriamo le bottiglie e diamo al prodotto bevibilità e piacevolezza, finezza ed eleganza, e se si perde un pò di tannicità ben venga, al fine di poter vedere il bicchiere vuoto, gustato e giustamente pagato. Le mie preferenze, ma sono solo questioni di lana caprina, pochi, infatti, i punti

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di differenza, sono andate con punteggi superiori a 88/100 ai vini 2010 delle aziende: Avignonesi, Boscarelli, Canneto, Casale Daviddi, Dei, Fattoria del Cerro, Icario, La Braccesca, Le Bertille, Poliziano, Salcheto e Tenuta di Gracciano della Seta. Tra i vini “campione da botte” 2010 ho apprezzato: Bindella, Cantina del Giusto, Casa Vinicola Triacca, Cavalierino Organic Winery, Montemercurio, Talosa e Villa S. Anna. Avranno bisogno di tempo e di bottiglia. Consorzio Vino Nobile info@consorziovinonobile.it www.consorziovinonobile.it


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Anteprime

Chianti Classico Collection 2013

Cambia il Gallo Nero

a cura di Rocco Lettieri

Dal 18 al 20 febbraio è andata in scena alla Stazione Leopolda di Firenze la 20esima edizione della “Chianti Classico Collection”. In degustazione circa 500 etichette tra le ultime annate appena entrate in commercio di Chianti Classico, Chianti Classico Riserva, Anteprime da botte 2012 e IGT prodotti nel territorio del Gallo Nero. Sono passati vent’anni dalla prima edizione dell’Anteprima del Chianti Classico. Nel 1993 i giornalisti iscritti alla manifestazione si contavano in poche decine; oggi l’Anteprima, ribattezzata da qualche anno “Chianti Classico Collection”, registra per la sua ventesima edizione numeri che confermano come questa manifestazione sia diventata uno degli appuntamenti più importanti dell’agenda vitivinicola internazionale. Il secondo giorno le porte della Stazione Leopolda, anche quest’anno allestita secondo un progetto concordato con il Consorzio e firmato dall’architetto Alessandro Moradei, si sono aperte per gli ospiti della stampa, che in due giorni hanno avuto la possibilità di assaggiare tra circa 500 etichette le ultime annate appena entrate in commercio di Chianti Classico Annata, Chianti Classico Riserva, Anteprime da botte 2012 e IGT prodotti nel territorio del Gallo Nero. La “Collection” è sempre stata un’importante occasione per presentare le novità della DOCG Chianti Classico ma, in particolare

quest’anno, per le ultime modifiche al disciplinare di produzione previste dal “riassetto” della denominazione recentemente approvato dall’Assemblea generale dei Soci.

la gran selezione si affiancherà alla riserva e all’annata base, ponendosi al top di gamma della qualità

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Tra le novità più importanti, la nascita di una nuova tipologia di Chianti Classico e un restyling del famoso logo del Gallo Nero, presentato nel corso della conferenza stampa e in diretta streaming. E come si diceva il Gallo Nero si è rifatto il look con il restyling dello storico marchio simbolo della storica “Lega del Chianti”, ritratto dal Vasari nel Salone dei ‘500 a Firenze. A rifare il look è stato lo studio italiano di strategic design Robilant & Associati per un «nuovo e più pimpante gallo nero». Infatti, qui il Gallo Nero si propone con una immagine più accattivante, semplice e simbolica concentrandosi sugli elementi identitari del Gallo che ora ha la testa alta e il becco aperto, la coda più folta di piume e il petto più prominente e anche più fermo sulle gambe più allungate e belle robuste. La seconda importante novità riguarda l’introduzione di una nuova tipologia di vino Chianti Classico, al vertice della piramide qualitativa della denominazione, la Gran Selezione, che si affiancherà alla Riserva e all’annata base, ponendosi al top di gamma della qualità espressa da una delle DOCG


più prestigiose del panorama enologico italiano, fino a oggi presente sul mercato soltanto con le tipologie “Annata” e “Riserva”. Terzo punto fondamentale della “Chianti Classico devolution” è rappresentato da una serie di misure finalizzate a una maggiore valorizzazione della tipologia Riserva, che vale ad oggi il 40% del fatturato dell’intera denominazione, tra cui la regola per cui un vino Chianti Classico potrà diventare Riserva solo se il produttore dichiarerà la destinazione del prodotto al momento della richiesta di idoneità. La

degustazione

personale

ai

tavoli con i sommeliers

Di turno il Chianti Classico DOCG annata 2011 e riserva 2010; a seguire altri vini fino al 2006. Per i vini in degustazione questa la proposta: 37 Chianti Classico DOCG 2011; 95 Chianti Classico DOCG 2010; 27 Chianti Classico DOCG 2009; 5 Chianti Classico DOCG 2008; 1 Chianti Classico DOCG 2007; 23 Chianti Classico DOCG Riserva 2010; 65 Chianti Classico DOCG Riserva 2009; 27 Chianti Classico DOCG Riserva 2008; 8 Chianti Classico DOCG Riserva 2007, 2 Chianti Classico

DOCG Riserva 2006, per un totale di 290 vini. Alcune prove di degustazione dell’annata 2012 sono state servite dai produttori direttamente ai banchetti loro riservati. C hianti C lassico DOCG 2011 Sono stati 37 i campioni presentati, di cui ben 17 come “campione da botte”. Come al solito ho dato precedenza ai vini in bottiglia per capire come si delineava l’annata. Il 2011 di certo non sarà ricordata tra le grandi annate, però i profili aromatici e fruttati, molto in linea con il vitigno (in particolare nei colori) c’erano tutti e i legni erano presenti ma molto discreti. Sapidità e freschezza andavano d’accordo come pure una bella balsamicità finale. Gustosi, quasi vinosi, caldi con tannini arrotondati e speziature poco pronunciate. Pochi vini minerali ma bella persistenza nel retrogola. Un’annata tra il buono e l’ottimo, di certo migliore della precedente. Vini che possono anche ben sperare di poter stare per qualche anno in cantina. Tra i migliori assaggi: Bibbiano; Castellare di Castellina; Fonterutoli; Felsina; Isole&Olena; Luiano; Monteraponi; Rocca di Castagnoli; Rocca di Montegrossi; Ricasoli Brolio; San Giusto a Rentennano.

C hianti C lassico DOCG 2010 95 campioni (8 campione da botte), tutti degustati per un bel bere noioso e omogeneo. Molte le presenze verdi e astringenti, pochi i vini equilibrati e/o interessanti. Una lettura dell’annata ci porta a considerare questo millesimo tra i più inquietanti di quelli valutati a 4 Stelle. Difficile andare a cercare il territorio. Troppe le differenze tra un vino e l’altro, tra uno stile e un altro, tra un modo di interpretare un vino da bersi e un vino futuribile. C’è però da dire che chi è riuscito a far buona scelta di uve, sane, integre e ben mature, ha portato in bottiglia eleganza e armonia. I tannini spigolosi sono stati smussati con il legno e l’acidità ha mantenuto freschezza e piacevolezza di beva con buona balsamicità. Mi permetto di suggerire quelle Case che hanno superato il punteggio di 90/100: Borgo Scopeto; Casa Sola; Castello di Ama; Castello di Fonterutoli; Castello di Meleto, Castello di Volpaia; Cerbaia; Fietri; Fontodi; Il Barlettaio; I Massi de Il Colombaio di Cenci; Isole & Olena; Istine; La Porta di Vertine; Lornano; Mannucci Droardi; Panzanello; Querciabella; San Fabiano Calcinaia; Setriolo; Tenuta di Alceno e Villa Calcinaia. Consorzio Vino Chianti Classico Tel: +39. 055. 82285 www.chianticlassicocollection.com


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Anteprime

Benvenuto Brunello di Montalcino 2013

A vincere è l’export

a cura di Rocco Lettieri

il made in italy è qualità, ricerca, eccellenza e volontà di produrre

Il 22 febbraio scorso, Montalcino sarà ricordato per una mattinata fredda, nebbiosa con umidità e pioggia. Ultimo degli incontri previsti per le Anteprime dei vini toscani, ha visto giornalisti stanchi e infreddoliti, che hanno trovato la forza di continuare grazie agli organizzatori che ci hanno messo al caldo e comodamente seduti per essere serviti da valenti e servizievoli sommelier. Davvero bravi. E veniamo alle prime parole del Presidente Fabrizio Bindocci: «Vendiamo in tutto il mondo perché il Brunello è un vino unico, immediatamente riconoscibile. In controtendenza rispetto agli altri mercati, il nostro grande rosso toscano non conosce crisi e l’export fa da traino all’economia del territorio. Gli USA sono sempre in testa nella lista dei paesi esteri per le esportazioni, e in 5 anni è raddoppiato il numero di bottiglie vendute. È un vino che non conosce crisi, soprattutto all’estero, quello che viene oggi viene presentato a Benvenuto Brunello». La manifestazione ogni anno riunisce nel Chiostro del Museo di Montalcino i produttori (135 in questa edizione) che presentano le annate appena lanciate sul mercato (Brunello Docg 2008, Brunello Riserva Docg 2007, Rosso Doc

2011, Moscadello Doc e Sant’Antimo Doc) e quella appena vendemmiata (2012), fregiata con 5 Stelle, a ben 117 giornalisti italiani e 99 dai paesi esteri. Un vero record di presenze. La mattonella e Il Leccio d’Oro Sabato mattina, con un freddo davvero invernale, con il Teatro degli Astrusi strapieno come non mai (forse anche per il freddo fuori, ma io non ci credo!!) alla presenza delle massime autorità locali, è stata presentata la “mattonella 2012 – 5 Stelle” realizzata da una grande griffe della moda italiana: il marchio Cruciani, del gruppo tessile Arnaldo Caprai. «Cruciani ed il Brunello di Montalcino sono legati dall’amore per il territorio, la tradizione e la cultura, uniti al savoir-faire tutto italiano – ha dichiarato Luca Caprai, patron del marchio Cruciani. È questo il segno distintivo dei nostri prodotti e del successo che li contraddistingue in tutto il mondo. Il made in Italy è, infatti, qualità, ricerca, eccellenza e volontà di produrre al meglio che si possa fare ed il Brunello di Montalcino e Cruciani sono proprio questo». Per quanto riguarda l’assegnazione dei premi Brunello Leccio d’Oro 2013, con-

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feriti dal Consorzio ai locali che hanno la Carta dei Vini con una gamma ampia e rappresentativa di vino Brunello e degli altri vini di Montalcino, quest’anno il riconoscimento è andato all’Osteria Mozza di Los Angeles per la categoria ristoranti, all’Enoteca Cortina di Cortina D’Ampezzo per quella enoteche e all’Osteria Brunello di Milano per la categoria osterie. La degustazione dei vini Montalcino ha proposto in anteprima i vini che stanno per essere lanciati sul mercato: l’annata 2008 per il Brunello, la 2007 per la Riserva e l’annata 2011 per il Rosso. I numeri, innanzitutto: 135 i “Brunello di Montalcino DOCG 2008” + altri 9 campioni “Preferenze”; 12 le “Selezioni 2008; 19 le “Riserve di varie annate”; 127 i “Rosso di Montalcino 2011” e 36 i “Rosso di Montalcino 2009”; 7 i vini dolci “Moscadello” e 2 “Vin Santo” e, infine, 13 rosso di Sant’Antimo DOC. Partiamo dagli assaggi dei Rosso di Montalcino 2011 per ribadire come lo scorso anno, che finalmente i colori sono quelli giusti, ricercati, del Sangiovese vero: tonalità


rosso/rubino con riflessi appena aranciati. Al naso interessanti note floreali, sentori fruttati sempre presenti con una scala che partiva dal frutto fresco al frutto più maturo, mai troppo spinti verso sentori cotti, con finali balsamici (liquirizia, menta, lippia, eucalipto) con punte di legno solo appena marcate. In bocca partenza acidula contenuta con giusto equilibrio con i tannini, non ruvidi, né spigolosi; la piacevolezza si soffermava in gola con buona persistenza di tostature appena “boisé”. Buoni gli spunti minerali. Su 127 campioni ne ho degustato solo un terzo e di questi mi hanno fatto ottima impressione quasi tutti. Segnalare le migliori “memorie degustative” è un’arroganza che non ci dovrebbe competere (un’offesa a chi non appare in questo elenco, ma fors’anche perché non degustato): Agostina Pieri; Campogiovanni; Citille di Sopra; Collelceto; Fattoi; Gianni Brunelli; La Fortuna; La Gerla; La Poderina; Le Potazzine; La Rasina; Paradiso di Manfredi; Le Ragnaie; Lisini; Loacher; Mastrojanni; Pacenti Canalicchio; Poggio Antico; Salvioni; Sesti di Sopra; Siro Pacenti; Solaria; Talenti; Tenuta di Sesta e Uccelliera.

La degustazione dei “Brunello 2008”: L’annata 2008 presentata come ottima annata (4 stelle) non è stata così facile da degustare. Certamente la finezza e l’ampiezza aromatica al naso potevano rispecchiare un grande prodotto con piccola frutta rossa matura e speziature decisamente dolci con finali balsamici. In bocca molti vini si presentavano ancora spigolosi, con acidità accentuate e con tannini slegati, non di certo armonici. Ma come sempre su 135 campioni di cui più della metà degustati, alcuni fuoriclasse ne sono usciti a testa alta confermando che se si opera ben in vigna è indispensabile operare bene anche in cantina. E dove la mano felice dell’uomo ha fatto la sua parte abbiamo trovato grande armonia e tannini quasi vellutati, con una piacevolezza di beva che ci si chiedeva se non fosse un altro vino. Riuscire a fare grandi vini in annate più scarse è il lavoro dei maestri francesi, e qui ne sono certo, in molti sanno fare il loro lavoro. Per quel che mi pare di aver intuito l’annata ha manifestato le straordinarie caratteristiche del Sangiovese, sia sotto il profilo organoletti-

co sia sotto quello dei parametri compositivi, e i vini, oltre ad avere una gradazione alcolica di ottimo livello e in alcuni casi anche piuttosto alta, presentavano valori di polifenoli e di antociani molto elevati e raramente riscontrabili in questo vitigno. Infine, le mie preferenze de gustative sono andate a: Campogiovanni; Capanna; Caprili; Castello Romitorio; Cupano; Gianni Brunelli; Il Marroneto; Il Palazzone; Il Poggione; La Fiorita; La Fortuna; La Gerla; La Rasina; La Togata; Lisini; Molino di Sant’Antimo; Pian delle Querci; Poggio Antico e Altero di Poggio Antico; Salvioni; San Polo; Scopone; Siro Pacenti; Solaria; Talenti; Tassi e Villa I Cipressi. Poche le Riserve 2007 presentate ma quelle che ho ritenuto interessanti sono di grande livello: Ugolaia di Mastrojanni; Phenomena di Sesti; Vigna Soccorso di Tiezzi; Zebras di Villa I Cipressi e Spuntali di Val di Suga. Consorzio del Vino Brunello di Montalcino Tel: +39 0577 848246 - cell. 347 1027152 www.consorziobrunellodimontalcino.it brunelli@consorziobrunellodimontalcino.it

I giovani produttori di Brunello

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Anteprime

I vini di Lucia e Marco Lazzeretti

Da nonno a nipote per un vero vino di Montalcino Dalla passione del nonno alla modernità dei nipoti. Il cambio generazionale ha portato due giovani Marco Lazzeretti, 36 anni, e la sorella Lucia, 29 anni, a gestire l’azienda che il nonno materno acquistò negli anni cinquanta. Marco e la chiave. «All’inizio del servizio militare mio nonno mi propose di rilevare la sua azienda», spiega Lazzeretti. «Era il 1998. Ho sempre amato la vita di campagna, il contatto con la natura, la tranquillità della campagna senese. Ma i dubbi erano molti, una vigna comporta un impegno importante, il vino richiede cura e amore. Ho rilevato l’azienda e durante la ristrutturazione trovai una vecchia chiave che è diventata il mio portafortuna». I vini che nascono dall’avventura di Marco Lazzeretti raccontano la storia e la cultura per il vino del territorio di Montalcino. «Continuiamo la tradizione in un connubio fra storia e modernità. Con il fine di produrre un vino particolare e di qualità proseguo in questa affascinante avventura». In 15 anni Lazzeretti ha creduto molto nella propria attività. «All’inizio ho ristrutturato la vecchia cantina del nonno, poi ho continuato e nel 2011 ho costruito l’ultima cantina. Anche i vigneti sono cresciuti. Nel 2000 ho piantato altri 4 ettari di vigna e al momento siamo a 5,5 ettari iscritti a Brunello». Produzione . Le vigne sono collocate sul versante senese e la prima venne piantata dal nonno di Marco nel 1981.

La raccolta media annua di uva è di 65 quintali per ettaro. La prima produzione di Brunello, vendemmia 2001, porta con sé un aneddoto dai risvolti magici. Il 14 aprile del 2001 ci fu una gelata, le viti erano già in vegetazione e le gemme si seccarono. Ma nel giro di pochi giorni le piante produssero nuove gemme. Alla fine, pur essendoci stata una grande perdita, quella che maturò fu di eccellente qualità. L a filosofia . Quella di Marco Lazzeretti è una piccola impresa, a conduzione familiare. «Quello che ci differenzia è che siamo ilcinesi, non siamo venuti a investire ma abbiamo ereditato dal nonno la sua stessa passione, lui che ancora dà una mano. Sentiamo nostra l’azienda e sentiamo nostro il Brunello» L e vendite . Dal 2004 ad affiancare Marco Lazzeretti nella conduzione dell’azienda c’è anche la sorella, Lucia. «Cura l’aspetto delle pubbliche relazioni, delle degustazioni, lei parla inglese. Oltre alla possibilità di assaggiare i nostri vini in cantina, abbiamo un punto vendita a Montalcino, che è un buon punto di ritrovo per chi già ci conosce, ma anche per chi ci scopre». In media la produzione dei vini si aggira sulle 8.000 bottiglie di Rosso e 12.000 di Brunello. «Per scelta aziendale la Riserva invece, la facciamo soltanto nelle annate a 5 stelle e mediamente arriviamo a 1500 bottiglie. Abbiamo

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anche u n a produzione di olio extravergine di oliva che arriva dalle nostre 400 piante». Il mercato del vino di Lazzeretti «è prevalentemente all’estero, con una percentuale maggiore in Ue e nel Nord America mentre l’Italia rappresenta soltanto una piccola fetta». A more per l ’arte . Marco Lazzereretti ha anche una grande passione e un grande amore per l’arte contemporanea. Un amore e una passione che lo hanno portato a realizzare una serie di Magnum con etichette particolari realizzate da un artista locale. Il progetto prevede la realizzazione di ulteriori etichette, sempre realizzate da artisti contemporanei scelti tra le varie discipline artistiche, anno dopo anno. Per il primo anno è stato scelto Ghesio, un grafico di Montalcino che si ispirato al peridio del Futurismo. Azienda Agricola Lazzeretti Podere Canchi 84 Montalcino (Si) Telefono 0577848475 Enoteca Via Ricasoli 14 Montalcino (Si) Telefono 0577848475 Email: info@ vinilazzeretti.it www.vinilazzeretti.it


quello che ci differenzia è che siamo ilcinesi, non siamo venuti a investire, ma abbiamo ereditato dal nonno la sua stessa passione

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mille anni di Vini Gli Strozzi Guicciardini imbottigliano la storia d’Italia 46


Ci sono più di mille anni di tradizione e cultura dentro ogni bottiglia, dentro ogni sorso di vino. Il primo documento ufficiale che attesta l’esistenza di Cusona risale al 994. Ed è dal 1200 che l’azienda Guicciardini Strozzi segna la storia del vino italiano in parallelo con quella dell’Italia. A guidare oggi l’impresa, da sempre a conduzione familiare, è Girolamo Strozzi affiancato dalle due splendide figlie, Natalia e Irina Jr, e dalla moglie Irina Reine. Ad aprire le porte di Villa Cusona, poco distante da San Gimignano, in origine torre di guardia lungo la via Francigena, è Natalia, che tra l’altro, insieme alla sorella Irina sarebbe la discendente diretta di Lisa Gherardini meglio conosciuta come Monna Lisa, la celebre Gioconda di Leonardo da Vinci. «Mia nonna ci diceva che eravamo la 15esima generazione in discendenza per linea diretta da Lisa Gherardini. Addirittura in una collezione privata di famiglia, poi venduta a fine Ottocento, esisteva un secondo ritratto di donna Lisa, anche questo attribuito a Leonardo». Natalia Strozzi si occupa di export. Prima

di dedicarsi al vino era stata per 17 anni ballerina classica, allieva di Rudolf Nureyev. «Quando 12 anni fa ho smesso di ballare ho preso a fare teatro. Per interesse personale ho fatto un corso Ais per sommelier, che anno dopo ho messo a frutto quando ho iniziato ad occuparmi dell’azienda insieme a mia sorella Irina». Villa Cusona da sempre è la sede storica dell’azienda che oggi ha tenute anche in Maremma, a Bolgheri, Scansano e Montemassi, e a Pantelleria. «È un luogo che parla di vino e vite dal 1200. La vinificazione e l’affinamento avvengono nella storica cantina, mentre l’imbottigliamento e lo stoccaggio vengono effettuati nella nuova», spiega Natalia. A curare la produzione ci sono Ivaldo Volpini, enologo in azienda da 38 anni e l’attuale consulente Franco Bernabei. Vengono prodotti rossi storici come il Sòdole, il primo vino che raffigura Francesco Guicciardini del 1500 dal quale Niccolò Machiavelli iniziò la carriera come segretario, e il Millanni, un supertuscan nato nel 1994 per celebrare i mille anni di Cusona. Ma la storia enologica di Cusona è legata alla Vernaccia. «La fama del-

ci sono più di mille anni di tradizione e cultura dentro ogni bottiglia, dentro ogni sorso di vino

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La famiglia Strozzi: Girolamo, Natalia, Irina Jr. e Irina

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Il territorio

L’impostazione attuale di villa cusona come azienda orientata al vino la si deve a francesco guicciardini, sulla fine dell’ottocento

La prima bottiglia di Vernaccia

la Vernaccia di San Gimignano è testimoniata da personalità come Michelangelo Buonarroti, che scrisse un poema per suggellare le sue impressioni sulla Vernaccia o da Dante Alighieri che la cita nel Purgatorio. Ma la Vernaccia era bevuta e apprezzata anche dai nostri “nemici”, i Medici. Alla Corte di Cosimo de’ Medici veniva usata come rimedio contro la sazietà di stomaco e la nausea. E poi ci sono tracce nella contabilità di Cusona come documenti dove si trova scritto “…per porto di venti fiaschi di Vernaccia si mandò a donare a Lorenzo de Medici, il Magnifico” e poi “Se quel saggio di Vernaccia che vi mandai sarà piaciuto a Nostro Signore, manderò questo resto o per le poste o per un vecturale”, scriveva Lorenzo il Magnifico all’ambasciatore fiorentino a Roma, riferendosi al Papa». La Vernaccia di San Gimignano è stata la prima Doc italiana e la prima Docg toscana. Primo presidente del Consorzio, che nel 2012 ha festeggiato i 40 anni dalla nascita, è stato Girolamo Strozzi che ne era stato uno dei fondatori. «La storia della Vernaccia di San Gimignano

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è strettamente legata a quella della nostra famiglia. Nel 1933 mio nonno, per festeggiare la nascita del primogenito, fu il primo ad imbottigliare la Vernaccia in una bordolese, che era satinata, e non esistendo ancora etichette “classiche”, ci adattò quella di un fiasco. Mio padre, poi, è stato uno dei pionieri dell’export. Negli anni sessanta iniziò la conquista del mercato Usa e da allora le esportazioni sono state sempre un crescendo. Fino ad arrivare ad oggi che l’export vale il 60% del nostro fatturato e che nel 2012 è cresciuto del 39% in valore e del 60% in volume».

L’impostazione attuale di Villa Cusona come azienda orientata al vino la si deve a Francesco Guicciardini, sulla fine dell’Ottocento. «Ministro dell’Agricultura, dopo la devastazione della fillossera aveva fatto di Cusona un’azienda sperimentale a livello nazionale per il reimpianto dei vigneti anche in Toscana. La Fiat ci regalò un trattore per supportare queste sperimentazioni. Francesco, sposato con Luisa Strozzi, fu il primo a fare di Cusona un’azienda al passo con i tempi». Girolamo Strozzi con Ted Kennedy

Tenuta Villa Cusona

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Il territorio

Uno scorcio di campagna toscana tutto da scoprire

Luca Casamonti

Il Castello di Meleto

Immerso nel paesaggio chiantigiano, al termine di un piacevole viale accompagnato da un filare di cipressi e ginepri, in mezzo ai campi e alle vigne baciate dal sole, si trova il Castello di Meleto, situato in mezzo ad un angolo tanto sperduto quanto stupendo della campagna toscana. Quella di Meleto è una storia che parte da lontano, con testimonianze che raccontano la maestosità del castello, eretto in posizione dominante su tutta la valle sottostante e che negli anni è stato conteso tra Siena e Firenze. Una volta possedimento dei monaci benedettini, oggi il Castello di Meleto è sede dell’omonima azienda agricola specializzata nella produzione di vino. Il castello ha dalla sua una posizione invidiabile essendo vicino a città come Siena e Firenze, oltre che completamente immerso nelle colline del Chianti. Azienda che produce vini, ma non solo: Meleto può essere infatti il luogo ideale per un soggiorno o la

location per matrimoni o eventi di vario genere L’ azienda La Viticola Toscana è una società per azioni costituita nel 1968 per iniziativa del Comm. Gianni Mazzocchi, Presidente dell’Editoriale Domus e all’epoca, editore di Quattrosoldi e Quattroruote. La società, dopo aver acquisito una fattoria in Maremma, grazie ad alcune sottoscrizioni decise di acquistare anche la Fattoria di Meleto, in quel momento in vendita nel Chianti. Iniziò quindi, fra il 1968 ed il 1972, un periodo dove la Viticola Toscana impiantò nel Chianti 180 ettari di vigneto, costruì poi una grande cantina di vinificazione ed iniziò la produzione di vino Chianti Classico Docg. Negli anni la Viticola Toscana ha profondamente cambiato il territorio di questa zona del Chianti, andando a prendere il posto dei mezzadri che col tempo avevano abbandonato queste terre, creando un’azienda ristrut50

turando i casali e trasformandoli, quelli intorno al Castello, in agriturismo. I vini Nelle cantine del Castello di Meleto si produce una gamma di vini davvero notevole: un Chianti Classico Docg, un Chianti Classico Docg Riserva, tre Igt rossi (il “Borgaio”, il “Fiore” ed il “Rainero”) e un rosato, quest’ultimo in vendita solo dalla scorsa estate. Inoltre, entrerà in commercio a


breve, “Castello di Meleto”, una nuova etichetta che sarà venduta in esclusiva solo ai migliori clienti e che sarà presentata alla stampa e al trade con un evento di grande charme all’interno del castello. Un vino di altissima qualità con l’anima del sangiovese e i profumi della Toscana. La regia in cantina è stata recentemente affidata a Emiliano Falsini – uno dei maggiori talenti della nuova generazione di enologi italiani – per cercare di esprimere al meglio l’unicità che caratterizza il territorio di Gaiole in Chianti. Vacanze La Toscana è una delle mete più ambite a livello turistico. Da ogni angolo del mondo sono sempre più i turisti che vanno alla scoperta di questa regione, fatta di bellezze uniche. Chi sceglierà Meleto per un soggiorno, potrà immergersi nella cultura del Chianti, dal pernottamento nelle originali camere del Castello, al pranzo nel Ristorante La Fornace di Meleto, agli eventi nei locali affrescati, alla visita nelle cantine, arricchite da poco dall’apertura delle segrete, per proseguire con le degustazioni dei vini nell’enoteca o dei prodotti tipici. Ed infine la possibilità di partecipare ad una

serata Medioevale con musiche e canti dal vivo, dove sarà illuminato tutto solo con fiaccole, torce, ceri e candele, creando un’atmosfera suggestiva. Matrimoni La storia del Castello è anche una storia di matrimoni, come quello fra Lucrezia, figlia di Alberto Firidolfi o quello di Elisabetta, nel 1852, figlia del Barone Bettino. In una location unica, al Castello di Meleto è oggi possibile organizzare ricevimenti di nozze, dove gli sposi e i loro invitati avranno a disposizione l’intero Piano Nobile del Castello (una serie di sale arredate ed affrescate), il giardino, che si affaccia sul panorama delle colline del Chianti, e la Scuderia, dove rilassarsi o scatenarsi nel ballo. Una piccola cappella privata, che si affaccia sul piazzale di fronte al Castello, sarà disponibile per matrimoni religiosi simbolici o qualora il numero di invitati fosse corposo, a soli 2 km dal Castello è situata la Pieve romanica di Santa Maria a Spaltenna. In alternativa nelle vicinanze si trovano altre Chiese romaniche, fra cui la Pieve di San Giusto in Salcio, la Pieve di San Leonino e la Commenda di Sant’Eufrosino a Panzano in Chianti.

il castello ha dalla sua una posizione invidiabile essendo vicino a città come siena e firenze, oltre che completamente immerso nelle colline del chianti

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Il territorio

Io, mamma e Mugolone

Guido Gammicchia

Federico Natale è un ventottenne senese, chef, piccolo imprenditore, più semplicemente ristoratore. Si è preso un bell’impegno rilevando il celebre Mugolone e continuando la tradizione, davvero storica, del ristorante situato in via dei Pellegrini. Mugolone ha avuto prima di lui un’unica gestione, dagli anni 50 al 2012, quando Federico è diventato proprietario del locale e ha dato il là al nuovo corso del ristorante. Ancorato alla tradizione, ai gusti e ai sapori locali della memoria, la sua cucina ripropone e reinventa, ma non tradisce. È giovane, ma ha esperienza. Quella acquisita della mamma, prima di tutto, cuoca da sempre, per le cene importanti nelle belle ville del Chianti. E la sua, nata a soli 14 anni e cresciuta alla scuola alberghiera di Pescara e nelle cucine dei ristoranti di tutta Italia, come stagionale, aiuto cuoco e poi chef a soli 22 anni. Una coppia vincente. Federico lavora bene con la mamma e ha sempre cercato di collaborare con lei nelle cucine che ha sporcato in tutti gli anni della sua gavetta. «Sa come voglio i miei piatti, – dice Federico – come desidero che siano presentati. È più semplice lavorare con lei». È con Rita, infatti, che lo chef sperimenta i suoi piatti, gestisce il Mugolone e rinnova il menù, almeno una volta ogni due mesi. La ricerca del gusto guarda sempre e comunque alla semplicità, all’esaltazione della materia prima e della stagionalità dei prodotti. Alcuni i must della sua cucina: il collo ripieno, per

Lo chef Federico Natale

la ricerca del gusto guarda sempre e comunque alla semplicità, all’esaltazione della materia prima e della stagionalità dei prodotti esempio, tipico della tradizione casereccia toscana e per questo difficile da scovare nel menù di un ristorante prestigioso; il peposo, il cinghiale in dolce e forte, i fuori di zucca ripieni di ricotta ed erbette, il risotto al vin santo e pepe verde, il pollo all’uva Sangiovese, i maremmani e tutti gli altri tagli di pasta, fatti nella cucina del ristorante e quindi garanzia di genuinità. Infine i dolci, freschi, unici e sfornati ogni giorno dalla cucina…compresi i cantucci. Oltre a questo in Toscana si beve, si sa e lo sa anche Federico che seleziona personalmente le etichette della sua cantina, circa 100. La carta dei vini parla così, inevitabilmente, dei migliori rossi del territorio come Brunello, Chianti e Nobile, ma non mancano anche selezioni di Barolo, Amarone e altre importanti etichette. Presente anche un’interessante selezione di bollicine che va dal Franciacorta allo Champagne e un’apprezzata proposta di “prodotti da meditazione”, Rhum, Cognac o il Calvados (distillato di mele). Detto questo la storia di Mugolone continua e continua con Federico, con la mamma Rita e con il coraggio di chi sa portare avanti tradizione e innovazione, anche in cucina. 52


Abbiamo assaggiato


VOTO

VOTO

Il territorio

6

8

Villa Cerna 2010

Chianti Classico 2011

Cecchi

Castellare di Castellina

Tipologia: Rosso Gradazione: 13 Commento: rubino intenso,

Tipologia: Rosso Gradazione: 13,5 Commento: colore rubino

naso non molto espresso, in bocca l’acidità è dominante. Un vino dal buon rapporto qualità prezzo.

molto intenso quasi porpora, naso fruttato, ampio di ciliegia e cassis, in bocca, fresco molto equilibrato, chianti classico di grande beva. Un vero Chianti Classico da potersi bere a tavola.

75,

VOTO

VOTO

85,

Casanova di Nittardi 2010

Chianti Classico 2009 Casasola

Nittardi

Tipologia: Rosso Gradazione: 14 Commento: Rubino molto

Tipologia: Rosso Gradazione: 14 Commento: Colore rubino,

intenso, al naso note floreali, vegetali e in seguito di frutta rossa. In bocca buona potenza, freschezza. tannini morbidi e di buona lunghezza. Una bella espressione di Chianti Classico.

profumi dal vegetale alla frutta. Vino che si basa molto più sulla potenza che non sulla freschezza, un buon vino.

65,

VOTO

VOTO

85,

Chianti Classico Valiano 2009

Chianti Classico Riserva 2009

Fattoria Valiano

Monteraponi

Tipologia: Rosso Gradazione: 14 Commento: Buon uso del legno,

Tipologia: Rosso Gradazione: 13 Commento: Indubbiamente un

ottimo il sangiovese, complesso e armonico, da conservarsi per anni ma da poter godere anche subito.

Chianti Classico piacevole dal gusto internazionale. Magari lo avremmo apprezzato con un po’ più di struttura.

54


65,

VOTO

VOTO

75,

Chianti Classico di Lamole Le Stinche 2009

Chianti Classico 2009 Castello di Radda

Fattoria di Lamole

Tipologia: Rosso Gradazione: 14 Commento: un vino immediato,

Tipologia: Rosso Gradazione: 13 Commento: una bella espressione

già pronto da bersi con i suoi tre anni. Colore rubino, note equilibrate ma non potenti.

del territorio di Lamole, fresco piacevole, tannini equilibrati, potrà invecchiare per diversi anni.

65,

VOTO

VOTO

7

Chianti Classico La Madonnina Riserva 2009

Chianti Classico Le Corti 2009 Principe Corsini

Triacca

Tipologia: Rosso Gradazione: 14 Commento: naso complesso

Tipologia: Rosso Gradazione: 14,5 Commento: vino molto

con note che vanno dal peperone alla frutta matura. Una riserva non potentissima ma equilibrata.

moderno, piacevole, equilibrato, tannino ancora giovane, un buon Chianti Classico.

7

VOTO

VOTO

75,

Chianti Classico Riserva Cinquentenario 2008

Chianti Classico Rancia Riserva 2008

Castello di Monsanto

Fèlsina

Tipologia: Rosso Gradazione: 13,5 Commento: naso non ancora

Tipologia: Rosso Gradazione: 14 Commento: naso con belle note

molto espresso, in bocca è pieno, molto potente e promette quello che sicuramente darà nei prossimi anni. Un Sangiovese di alto livello.

fruttate e di buona intensità, bocca giocata sulla freschezza e potente. Ha bisogno di almeno altri tre anni.

55


VOTO

VOTO

Il territorio

55,

8

Chianti Rufina 2010

Chianti Classico Millennio 2007

I Veroni

Castello di Cacchiano

Tipologia: Rosso Gradazione: 13,5 Commento: vino molto chiuso

Tipologia: Rosso Gradazione: 15 Commento: come sempre il

al naso e ancora scomposta in bocca. Speriamo che il tempo gli dia ragione.

Millennio è all’altezza del nome. Profumatissimo e molto bevibile già adesso. Magari non reggerà mille anni, ma neppure noi…

65,

VOTO

VOTO

6 Chianti Rufina Cedro 2009

Chianti Guarniente 2011

Tipologia: Rosso Gradazione: 13,5 Commento: la classica freschezza

Tipologia: Rosso Gradazione: 14 Commento: vino molto

Buccia Nera

Fattoria Lavacchio

immediato, rotondo con sentori di frutta matura, di buona struttura, da tutto pasto.

del Chianti Rufina declinata in un vino con note fruttate non potenti e corpo certo non esagerato. Il consiglio è tenerlo in cantina per un altro anno.

7

VOTO

VOTO

65,

Da Vinci Chianti Riserva 2009

Morellino di Scansano Roggiano 2011

Cantine Leonardo Da Vinci

Vignaioli del Morellino di Scansano

Tipologia: Rosso Gradazione: 13,5 Commento: una riserva

Tipologia: Rosso Gradazione: 13,5 Commento: morellino con

di Chianti improntata all’immediatezza e alla piacevolezza, buona struttura in bocca e al naso.

belle note ampie di frutta al naso, piacevole in bocca, caratteristiche facilmente riscontrabili nei Morellino moderni.

56


VOTO

VOTO

7

Morellino di Scansano Riserva 2010

65, Morellino di Scansano Riserva 2009 Grillesino

Morris Farm

Tipologia: Rosso Gradazione: 13,5 Commento: una riserva che deve

Tipologia: Rosso Gradazione: 14,9 Commento: vino già molto

ancora sviluppare ma che mostra già buone note al naso e in bocca. Da tenere in cantina ancora un paio d’anni.

maturo, ma ancora rotondo e piacevole in bocca dove è molto caldo e alcolico.

55,

VOTO

VOTO

6

Nobile di Montepulciano I Quadri 2009

Morellino di Scansano 070707 2008 Casavyc

Bindella

Tipologia: Rosso Gradazione: 13 Commento: vino molto giocato

Tipologia: Rosso Gradazione: 14,5 Commento: naso non molto

sull’alcolcità, non grande equilibrio in bocca.

espresso, scomposto in bocca per un Nobile che deve ancora svilupparsi soprattutto in bocca, dove tannino e acidità non sono ben amalgamati.

6

VOTO

VOTO

6

Nobile di Montepulciano Maestro 2008

Nobile di Montepulciano Messaggero 2007

Palazzo Vecchio

Montemercurio

Tipologia: Rosso Gradazione: 14 Commento: naso alcolico,

Tipologia: Rosso Gradazione: 14,5 Commento: vino che basa molto

intenso anche se non molto fine, bocca ancora molto scomposta anche se con buona struttura.

la bocca sulla tanninicità, ancora molto eccessiva. Naso ancora inespresso ma con tonalità di legno piccolo.

57


VOTO

VOTO

Nobile di Montepulciano Riserva Bossona 2008

6

Nobile di Montepulciano Filai Lughi 2007

Dei

Talosa

Tipologia: Rosso Gradazione: 14 Commento: nota predominante

Tipologia: Rosso Gradazione: 14,5 Commento: vino che si dimostra

di legno al naso seppur non coprente, fresco in bocca anche se ancora disarmonico.

figlio di un’annata molto calda e abbastanza squilibrata, difficile e scomposta.

6

VOTO

VOTO

65,

Igt Toscana Centrale Rosso Green Label 2011

Igt Toscana Rosso Castiglione 2011 Cacciagrande

I Balzini

Tipologia: Rosso Gradazione: 14 Commento: vino molto piacevole,

Tipologia: Rosso Gradazione: 13 Commento: piacevole,

immediato, da tutto pasto, con tannino ancora molto ruvido, senza grande struttura che chiude dolce.

equilibrato, di buona struttura. Un vino da tutto pasto.

6

6

VOTO

VOTO

Il territorio

7

La Regola

Igt Rosso Maremma Toscana Poggio Bestiale 2010

Tipologia: Rosso Gradazione: 13,5 Commento: un naso piuttosto

Tipologia: Rosso Gradazione: 14 Commento: naso piuttosto fine

chiuso e un colore impressionante sono le prime impressione. Vino di buona struttura e alcolicitĂ , ma ancora scomposto.

anche se con forte componente alcolica, bocca ancora scomposta ma di buona lunghezza.

Igt Costa Toscana Syrah 2011

Fattoria di Magliano

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VOTO

VOTO

55,

Igt Maremma Toscana Amaranto 2010

65, Igt Rosso Toscana Tre 2010 Brancaia

Podere San Cristoforo

Tipologia: Rosso Gradazione: 13 Commento: un vino che dovrà

Tipologia: Rosso Gradazione: 13,5 Commento: buon equilibrio

maturare anche se, in bocca, non dimostra di avere grandi caratteristiche di durata.

generale per questo vino che rispetto al passato denota anche buona bevibilità.

6

VOTO

VOTO

75,

Igt Toscana Tinata 2009

Igt Toscana 10° Annata 2008

Monteverro

Il Borro

Tipologia: Rosso Gradazione: 14,5 Commento: ancora leggermente

Tipologia: Rosso Gradazione: 14,5 Commento: come al solito

marcato dal legno al naso, ha una discreta rotondità al palato.

grande eleganza e morbidezza, grande complessità al naso e in bocca la 10° annata è di ottimo livello.

55,

VOTO

VOTO

65, Brunello di Montalcino 2008

Brunello di Montalcino 2008

Tipologia: Rosso Gradazione: 14,5 Commento: un Brunello

Tipologia: Rosso Gradazione: 14 Commento: ancora inespresso al

indubbiamente ben fatto ma non di particolare potenza e intensità.

naso ancora piuttosto scomposta. Aspettate qualche anno prima di berlo.

Fattoi

Banfi

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VOTO

VOTO

7 Bolgheri Superiore 2009

Brunello di Montalcino 2007

Argentiera

Fattoria dei Barbi

Tipologia: Rosso Gradazione: 14 Commento: naso leggermente

Tipologia: Rosso Gradazione: 14,5 Commento: un vino ancora

maturo ma fine, bocca equilibrata con tannino vellutato. Un buon Brunello per l’annata 2007.

molto chiuso, ma con buona eleganza in bocca, belle note tostate e di frutta al naso, tannino di ottimo livello da armonizzare.

65,

VOTO

VOTO

55,

Igt Toscana Il Paleo 2009

Bolgheri Superiore Sapaio 2009

Tipologia: Rosso Gradazione: 14,5 Commento: paleo di grande

Tipologia: Rosso Gradazione: 14,5 Commento: naso non ben

Le Macchiole

Podere Sapaio

struttura, tannino fitto e compatto, naso adesso dominato da note di peperone, vaniglia e alcool. Da lasciare in cantina ancora per parecchi anni.

definito, tannino importante ma ancora da armonizzare. Colore porpora come sempre di grande intensitĂ .

6

65,

VOTO

VOTO

Il territorio

75,

Bolgheri Superiore Levia Grevia 2008

Bolgheri Superiore Arnione 2008

Tipologia: Rosso Gradazione: 14,5 Commento: molto alcolico, vino

Tipologia: Rosso Gradazione: 14 Commento: naso molto marcato

ancora molto marcato dal legno sia al naso che in bocca.

dal legno, bocca piuttosto lunga, di buona freschezza, con tannino ammorbidito e dolce.

Caccia al Piano 1868

Campo alla Sughera

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Chi è davvero il Sangiovese

Veronica Grandetti

Ecco il Romanzo del Sangiovese. Ma che cos’è davvero? Che cosa rappresenta? Quali le origini di questo vitigno? A raccontare la sua vera essenza è il diretto interessato. Svelandosi, in prima persona, conduce il lettore in un viaggio alla scoperta della sua autenticità piena, lontana dal globalismo che ha sbiadito, ingiallito e annacquato la sua vera natura. La narrazione scorre fluida, tra i filari, là dove sboccia la sapidità. Dall’origine incerta del nome, alle prime attestazioni in cui compare, si arriva alle terre che lo hanno accolto, fra Toscana e Romagna. Diverse le cornici paesaggistiche che lo ospitano. Nella calda Maremma, tra le verdi colline, i lussureggianti vigneti che salgono in alto, inebriati dalla salsedine che si propaga dal mare, si trasformano in Morellino, Montecucco o Monteregio. A Montalcino è Brunello, protetto dal tempio, in cima alla collina dei ciliegi, caratterizzata da un’infinità di morfologie dei terreni, ha combattuto contro il diritto di omologazione, che l’avrebbe piegato agli interessi di mercato. Per sua fortuna c’è chi, in suo nome, ha cambiato vita, modificando i propri obiettivi, ampliando i propri orizzonti pur di accompagnarlo nel pieno rispetto. A Montepulciano la sua storia si intreccia con quella cittadina. Cullato da campi di grano e contornato dalla «mole possente del Monte Amiata che s’innalza verso il cielo e sovrasta un fiabesco paesaggio tinto di colori, così tenui che sembrano acquarelli capaci di creare atmosfere antiche», è il Nobile di Montepulciano, titolato per essere stato il protagonista delle tavole delle più importanti regge d’Europa. Tra il verde della vite e del bosco, travestito da Chianti, o meglio dai Chianti, raggiunge la consapevolezza di essere il comune denominatore in questo territorio geografico. Insegnando ai vignaioli l’attenzione verso la dovuta tempistica, che ponga al centro il rapporto pacificatore con la natura.

A Castellina in Chianti domina il rosso purpureo, vivo. Profuma di marasca, prugne, more e ciliegia in confettura, note che si mischiano a profumi di viola, di spezie e di Cassis unite ad erbe officinali. A Gaiole, Radda e Greve il profumo ricco di frutti rossi del sottobosco, di viola, spezie, erbe aromatiche, liquirizia e cacao si amplia di note balsamiche, ricco di tannini nobili e suadenti, stile deciso, chiuso da nuances minerali che lo rendono affascinante, lungo e persistente. Maestoso, passa da Firenze, dove odora d’arte, di conversazioni all’ombra del David di Michelangelo. Ed eccolo in Romagna, terra che lo rende ul61

teriormente diverso, asciutto, armonico e leggermente tannico, con retrogusto gradevolmente amarognolo, franco schietto e allo stesso tempo ruvido e sincero. Un vitigno che accoglie in sé la storia di uomini, tradizioni e culture che nulla hanno a che vedere con la massificazione gretta a cui negli ultimi anni troppe volte è stato associato. L’opera, scritta da Andrea Zanfi, in collaborazione con giornalisti, enologi ed esperti del settore e delle aziende coinvolte si pone un unico obiettivo comune: ripulire il Sangiovese da tutti gli orpelli che nel tempo si sono stratificati, intorbidendo la sua vera anima.



Cinque territori per raccontare un Toscano Edizione limitata dei Toscanello Scelto Monorigine, un piacere da gustare con i migliori vini e distillati italiani

Il primo viene dal Veneto, il secondo dalla Valdichiana in Toscana, il terzo dalla Valtiberina in Umbria, il quarto dalla zona di Pontecorvo nel Lazio, il quinto e ultimo dalla Campania. Un successo per i tanti appassionati del fumo lento da degustare in abbinamento con i migliori vini e grappe italiane. Sono i Toscanello Scelto Monorigine, un’edizione limitata mai realizzata prima, composta da cinque nuovi ammezzati con tabacco della singola regione sia per la fascia che per il ripieno. Cinque nuovi sigari nati per celebrare i territori di coltivatori del tabacco Kentucky. Queste piccole aziende agri-

cole, parte di una filiera che in Italia dà lavoro a più di 200.000 persone, sono l’espressione della capacità produttiva dei nostri territori. Campi in cui si ritrova un mosaico unico di tradizioni, cultura e impegno, che si concretizza in una filiera agricola di eccellenza, una produzione che è “volano economico” in Veneto, nella Valdichiana e Valtiberina, nel Frosinate e nel Beneventano. La coltura del tabacco Kentucky ha portato in queste aree una forte professionalizzazione degli agricoltori e degli operatori dell’indotto. Sono quasi 200 aziende agricole, che fanno dell’Italia il primo paese produttore di tabacco per sigari

Foglie ad essiccare

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in Europa: famiglie che possiedono un sapere materiale e immateriale, che si crea nei secoli sul campo e che si tramanda di padre in figlio, attraverso racconti e testimonianze di uomini e donne che hanno dedicato la loro vita e i loro sforzi alla crescita della propria azienda. Per celebrare questi coltivatori, dallo scorso autunno sono in tabaccheria cinque sigari Toscano realizzati con tabacco della sola area d’origine: Valdichiana, Valtiberina, Veneto, Lazio e Campania. Un’edizione in pezzi limitati, mai fatta prima, ancora disponibile in tabaccheria per poche settimane. Cinque ammezzati che hanno subito incontrato l’apprezzamento degli appassionati Sono frutto di nuove ricette espressione di un connubio perfetto tra le tradizioni dei coltivatori, legate al loro territorio e accumulate per generazioni e la maestria di chi riesce successivamente a tradurre tale passione ed esperienza in un prodotto per il pubblico. La definizione delle miscele e del gusto hanno trovato origine nelle tradizioni dei coltivatori, sviluppando modalità di coltivazione dececennali: non si tratta semplicemente di sigari realizzati con il miglior tabacco delle singole zone, ma di prodotti costruiti ciascuno con una ricetta composta da diverse coltivazioni e diverse parti della pianta, per ottenere in ogni sigaro un gusto armonico ed equilibrato, tipico di ciascuna zona. Un’occasione per fare a tappe una serie di abbinamenti, unendo le più gustose specialità delle regioni coinvolte, scegliendo ognuno il suo bicchiere preferito, che sia un bianco strutturato o un’acquavite, un vino da meditazione o una grappa, un vino rosso od una birra luppolata.


Il territorio

Come si conserva Il Toscano è un sigaro dal carattere deciso, forte, per certi aspetti aggressivo, i cui aromi sono corposi e tipici. Dalla corretta conservazione del sigaro Toscano dipenderà la riuscita della fumata. Affinché il Toscano riesca ad esprimere tutto il suo aroma e l’incomparabile retrogusto dovrebbe essere conservato a temperatura di 22°C e con un grado di umidità di circa il 65-70%. Questa condizione non è facilmente riscontrabile ed ecco che ci viene in soccorso l’humidors, speciale contenitore realizzato con legni di buona qualità (il mogano è il più adatto a mantenere inalterato il naturale aroma dei sigari). Se ben conservato il sigaro Toscano può mantenersi a lungo senza avvertire problemi di combustione, tiraggio, aroma e gusto. Per tempi più brevi è necessario riporre i sigari all’interno di scatole di legno di cedro, di erica o di ciliegio.

Com’è fatto Il tabacco utilizzato è del tipo Kentucky coltivato principalmente in Toscana, Campania, Lazio, Umbria e Veneto, con la zona del beneventano per i sigari dal sapore più dolce. Il sigaro Toscano è formato da una fascia esterna che racchiude il ripieno o battuto. Le foglie di tabacco raccolte vengono stivate in appositi locali per la stagionatura che avviene grazie a continue variazioni di temperatura e umidità. In seguito le foglie, che avranno assunto il caratteristico colore marrone, verranno selezionate e suddivise tra foglie di fascia e di ripieno, e avviate verso la produzione vera e propria. Le modalità di lavorazione applicate sono due, a seconda che si voglia ottenere un prodotto di elevato pregio a tiratura limitata o sigari di grande tiratura pur sempre di ottima qualità. Nel primo caso spetterà alle esperte mani delle sigaraie assemblare il pregiato sigaro, nel secondo si procederà con macchine in cui il lavoro dell’uomo è ancora prevalente a garanzia della qualità. Tutti i sigari ottenuti vengono fatti asciugare e poi, dopo la selezione che porterà allo scarto dei pezzi difettosi e il susseguente confezionamento, vengono lasciati stagionare in locali ben umidificati e ventilati, per un periodo variabile a seconda del tipo di sigaro.

Morfologia Ha una forma biconica con le estremità di diametro inferiore della pancia; la superficie è irregolare, da qui il vezzeggiativo “stortignaccolo”, con presenza delle nervature delle foglie che costituiscono la fascia esterna. Il colore varia dal marrone classico chiaro dei sigari Garibaldi, al marrone scuro delle varianti Antico Toscano e Toscano Originale.

Come si fuma Il sigaro Toscano è l’espressione del proprio tempo, dello spazio di relax che ci si vuole dedicare. Va fumato lentamente, con brevi e regolari boccate, due/tre al minuto, mantenendo il fumo all’interno del cavo orale per qualche secondo senza aspirarlo. Lo stortignaccolo può essere fumato in tre diversi tagli: alla maremmana, con il sigaro che viene acceso e fumato intero per goderne di tutti i profumi e gli aromi; ammezzato, cioè tagliato nel mezzo, ovvero un modo di fumare meno lungo ma che, partendo dal centro del sigaro, permette di assaporarne immediatamente e integralmente il gusto e la forza; con il taglio aureo, praticato a due terzi della lunghezza, che permette di ottenere due parti, una più lunga che consente una fumata tipo maremmana, ma meno prolungata e pur intesa, e una parte più corta ideale per una fumata più veloce. Per il taglio dei sigari Toscano è indispensabile un buon tagliasigari, il cui elemento più importante è costituito dalla lama, che deve essere fabbricata con acciaio di buona qualità, in modo da consentire un taglio netto e deciso. Il taglio può essere effettuato con tre diverse famiglie di strumenti: ghigliottina, coltello o forbice.

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I Monorigine

Come si accende Fumare il sigaro Toscano non è solo il completamento del proprio stile di vita, ma un rito che prevede tanti passaggi e che coinvolge tutti i sensi. Il primo approccio è visivo e precede l’auscultazione della “voce” del sigaro, quella che viene emessa quando lo facciamo roteare tra il pollice e l’indice della mano, per chiudere con l’olfatto che determinerà la scelta definitiva. A questo punto il prescelto dovrà essere acceso. Per l’ignizione del sigaro Toscano si devono utilizzare mezzi a basso potere calorifico come i fiammiferi di legno, possibilmente lunghi, per dare il giusto trattamento al piede del sigaro. Il sigaro dovrà essere tenuto in posizione orizzontale, facendolo ruotare lentamente tra le dita, consentendo così alla fiamma di lambire l’intera circonferenza del piede che inizierà a bruciare coinvolgendo, uniformemente, sia la fascia che il ripieno. Quando l’ignizione è partita si aspira lentamente mantenendo la fiamma in posizione obliqua a una distanza di circa due centimetri. Il sigaro verrà surriscaldato progressivamente evitando che si annerisca. Appena acceso il sigaro, soffiare leggermente sulla brace per controllare la corretta combustione.

Veneto Il tabacco utilizzato è ricco di sfumature con note dolci, equilibrio e combustione eccellente. La fascia selezionata e i lotti scelti senza utilizzo dei ritagli del ripieno ne fanno un sigaro molto docile. È un sigaro Toscano unico nel suo genere che compendia le più autentiche peculiarità della tradizione veneta. Intensità: 2 (da 1 a 5) Gusto: Leggermente dolce, acido - Aroma: Pepato e sentori di legno Come gustarlo: Con acqueviti e vini bianchi strutturati Valdichiana È stata utilizzata una selezione delle foglie più gentili della produzione della Valdichiana; la lunga fermentazione riduce lentamente le asperità del tabacco, sviluppando le sue caratteristiche organolettiche e l’evoluzione di gusti e aromi caratteristici. È un sigaro molto caratteristico in linea con la tradizione toscana. Intensità: 3 (da 1 a 5) Gusto: amaro e leggermente sapido. Aroma: Malto e sentori di tostatura Come gustarlo: Distillati e vini da meditazione Valtiberina È un viaggio nel tempo, nella tradizione e nel territorio. Un sigaro, pieno, saziante, gustoso. Il tabacco utilizzato è maturo, corposo, ricco di resine e oli essenziali. La fascia, i lotti senza utilizzo dei ritagli del ripieno, la selezione del tabacco soltanto dei migliori coltivatori della valle, creano nel Toscanello Scelto Valtiberina un equilibrio che dona al sigaro una tipicità assoluta. Intensità: 4 (da 1 a 5) Gusto: Sapido amaro - Aroma: Legno, cuoio, tostatura Come gustarlo: Con distillati e vini da meditazione Lazio Il tabacco utilizzato è frutto di un seme unico e specifico caratterizzato da una notevole forza. La fermentazione lunga arrotonda e attenua le asperità, mantenendo la sua intensità. Un sigaro ricco di corpo e con una combustione eccellente che compendia le più autentiche peculiarità della tradizione laziale. Intensità: 3 (da 1 a 5) Gusto: amaro e leggermente sapido - Aroma: Noci Come gustarlo: Con vino rosso, con vini da meditazione Campania Ammezzato che rispecchia le più autentiche peculiarità della cultura agricola campana. Il tabacco utilizzato è molto equilibrato e armonico con note aromatiche molto intense dovute ad una fermentazione in massa del tabacco unica nel suo genere e tipica del territorio campano. La fascia è selezionata per colore e solo quelle più chiare sono quelle scelte. Intensità: 2 (da 1 a 5) Gusto: leggermente amaro, con punte sapide - Aroma: Pepato, sentori di legno Come gustarlo: Con liquori, birre luppolate

Come si spegne Per spengere un sigaro Toscano è necessario adagiarlo semplicemente nel posacenere, schiacciare la punta servirebbe solo ad aprire i canali del fumo e ottenere l’effetto contrario. Basta lasciarlo spegnere da solo, lentamente. Può capitare di dover spegnere il sigaro riaccenderlo un poco di tempo dopo, in questo caso è consigliabile tagliarlo, ancora acceso, con un tagliasigari, mezzo centimetro sotto la cenere, in modo da impedire la formazione dei cristalli salini che renderebbero amara la riaccensione.

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Il territorio

Il trionfo della qualità Nicola Natili

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La gastronomia toscana ha ormai conquistato l’Italia e il mondo, ma come tutte le “griffe” che si rispettino, ha subito trovato qualcuno che tenta di trasformare in toscano ciò che non è. Non basta un fiasco di vino e una bruschetta per parlare di cucina toscana, che come è noto non si basa su apparenze ma ha radici molte profonde e lontane. Questa è una terra di grandi e tramandate tradizioni agricole, grazie alle quali, sulle nostre tavole, arrivano prodotti di grande qualità. Non è una forzatura, quindi, affermare che i primi caratteri della gastronomia toscana sono stati indirizzati dal lavoro che l’uomo svolgeva nei campi, dai prodotti ad esso legati. Non è un caso che la vera cucina toscana tende a valorizzare al meglio le qualità del prodotto da cucinare, a farne apprezzare in pieno i sapori e i profumi, senza mascherarli ricorrendo a combinazioni azzardate e del tutto arbitrarie. Chi ricorre alle tante preparazioni classiche della gastronomia toscana deve accettare i principi della salvaguardia del sapore originale, della semplicità di esecuzione e della genuinità degli ingredienti. In un momento storico in cui, per tanti motivi e non tutti negativi, si sta affievolendo l’identità territoriale, diventa una missione salvaguardare le tradizioni enogastronomiche e, in tutta sincerità mal accettiamo quelle “rivisitazioni” tanto di moda tra alcuni chef, per lo più televisivi. Stravolgere un piatto che ha alle spalle una storia vera, scritta da uomini e tramandata negli anni è un atteggiamento che mai condivideremo. Finora abbiamo parlato di gastronomia toscana in senso generale tralasciando che, in realtà, con questo termine si intende un immaginario contenitore in cui affluiscono le tradizioni agroalimentari delle decine di territori in cui è suddivisa la regione. Ogni provincia ha una sua connotazione gastronomica ben precisa e presenta ulteriori suddivisioni derivanti dalle caratteristiche morfologiche del territorio, dal microclima e, ovviamente, dalla storia passata. In questo senso ha svolto e sta svolgendo un ruolo determinante la Ragione Toscana che, grazie ad un lavoro certosino e qualificato, ha catalogato, affiancandole a tutti quei prodotti che possono vantare il riconoscimento DOP e IGP,


non basta un fiasco di vino e una bruschetta per parlare di cucina toscana che, come è noto, non si basa su apparenze, ma ha radici molto profonde e lontane

Prosciutto del Casentino, senza dimenticare la Finocchiona di Firenze, il Lombino di Siena, la Mortadella di Prato e il Salame toscano in tutte le sue varianti. A questi salumi si abbinano egregiamente i Carciofi della costa tirrenica sott’olio e i famosi Crostini neri senesi a base di milza di vitello, fegatini di pollo e capperi. Assolutamente consigliati e da assggiare sono il Buristo di Siena, un insaccato a base di sangue di maiale e il suo parente stretto lucchese, il Biroldo. Chi volesse indirizzarsi verso una offerta diversa, può virare decisamente sulle classiche bruschette, rigidamente con pane toscano condito con uno dei tanti oli prodotti nella regione, sul Pecorino di Pienza, fresco o appassito secondo i gusti e magari dell’Arista sott’olio alla maniera pistoiese. Primi piatti L’onore di aprire la rassegna dei primi piatti non può che essere assegnato alla Ribollita, una zuppa di fagioli, verdure e pane raffermo tipica del fiorentino ma ormai diffusa in tutta la regione. Rimanendo sulle zuppe segnaliamo la Minestra di Farro alla lucche-

tutte quelle Preparazioni Agroalimentari Tradizionali (PAT), che direttamente o grazie a successive elaborazioni costituiscono la grande gastronomia toscana. Nel presentare alcuni dei prelibati e unici prodotti compresi nell’elenco regionale, che sono alla base della gastronomia regionale, andremo a pescare nei grandi panieri territoriali, cercando di allestire un menù ricco e variegato che possa in qualche maniera rappresentare l’intero comprensorio regionale. Antipasti In alcune zone della Toscana si chiamano “principi di tavola” e il termine è oltremodo esplicativo. Affettati, crostini e ortaggi sottolio sono immancabili in un antipasto tradizionale. Ottimi sono il Prosciutto Toscano DOP, il superbo Prosciutto di Cinta e il

se e l’economica, ma eccellente, Acquacotta alla Maremmana. Rimanendo in questa parte della Toscana troviamo i Tortelli Maremmani, spinaci e ricotta racchiusi in un velo di pasta all’uovo e conditi con burro e salvia o con il classico ragù toscano. Antichi e, ahimè, violentati da condimenti assolutamente improponibili sono i Pici della Val d’Orcia, degli spaghetti fatti a mano che la tradizione vuole conditi con un sugo con le briciole di pane, pepe, olio e pecorino senese o con un ragù di nana muta così come vengono cucinati in Valdichiana. Tutti gli altri condimenti sono arbitrari, totalmente al di fuori della tradizione e di discutibile gusto. Per chi ama i sapori forti della caccia troverà soddisfazione davanti ad un fumante piatto di Papardelle sulla Lepre o sul cinghiale alla maniera Chiantigiana. Ci sono ancora due zuppe particolari, ma di grande gusto. A Pistoia posiamo gustare il Carcerato, una zuppa di pane ammollato nel brodo di interiora bovine a cui vengono aggiunte odori dell’orto, pepe e pecorino toscano; a Lucca, invece, la Garmugia, una minestra a base di carne di

Zuppa di fagioli

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Il territorio

all’olio, cotti al fiasco, trasformati in cui il saporitissimo pesce purea e tante altre preparazioni. Molto di scoglio, viene cotto utilizzati per accompagnare piatti di in un delicato sugo di carne, anche i Carciofi della Costa Tirrenica, pomodoro a cui conferiil Carciofo di Empoli e lo sconosciuto, ma sce un gusto inimitabile. eccellente Carciofo di Chiusure, coltivato Ultima, ma non ultima solo in un un piccolo borgo nel comuin ordine di diffusione di Asciano. Molto utilizzati anche il ne, è la Trippa di cui si cavolfiore, il cavolo nero, gli spinaci, le hanno decine di versiocima di rapa, “i rapi” alla toscana e la ni. Possiamo dire che zucca lardaia. ogni città della Toscana I dolci ha una sua ricetta, ma Da un rapido conto che abbiamo fatto quello che potrete troi dolci tipici della Toscana sono abbonvare solo a Firenze e dantemente più di cento. Tra questi ce ne che rappresenta un vero sono molti la cui fama ha varcato i confini e proprio cult, da assagTortello maremmano regionali. È così per il Panforte di Siena, per giare assolutamente, è i Ricciarelli di Siena IGP, per il Buccellato il Panino col Lampredotto di Lucca e per i Cantuccini di Prato che, che viene venduto lungo inzuppati nel Vin Santo, rappresentano le strade cittadine. maiale, di Contorni il degno epilogo di un pranzo all’insegna vitellone, piselli, carciofi, asparagi e fagioli Potremo della cucina Toscana. che copre delle fette di pane raffermo e dedicaabbrustolito. Non possiamo, infine, dimenre questa ticare l’offerta che ci arriva dalla costa, il sezione Cacciucco livornese, piatto simbolo della toscaprevalenna che si affaccia sul mare. temente ai Secondi Piatti fagioli, un Se non è il simbolo della gastronomia toscalegume che, na, poco ci manca. Parliamo della Bistecca alla per poliedriciFiorentina, che non può prescindere dall’està di utilizsere cotta al sangue e sulla brace. Chi ama la zo “fa da carne ben cotta, ne faccia a meno, sarebbe mamma e un peccato stravolgere un piatto conosciuto da babbo”, in tutto il mondo e di antichissima tradicome dicezione. Sempre ricorrendo alla cottura sulla vano i vecchi griglia, metodo molto utilizzato in questa delle campagne parte d’Italia, possiamo gustare un bel Pollo toscane. del Valdarno, aperto a libro e arrostito; il Pappardelle sul cinghiale Tanti tipi di fagioli e delicato Agnello di Zeri, un ovino autoctono altrettanti le modalità delle Apuane dalla carne saporita e succudi utilizzo: all’uccelletlenta e l’invitante arrosto misto alla griglia to con o senza salsicce, in cui fanno bella mostra di se le salsicce, il costoleccio, le bistecchine di maiale, possibilmente di Cinta Senese, accompagnate dai fegatelli conditi con semi di finocchio, sale e pepe. In maremma si prepara la Scottiglia, ogni città della toscana un insieme di carni miste, portate a cottura ha una sua ricetta, con pomodoro e servite con crostini di pane, mentre sulla tavola dei pratesi non possono ma quello che potrete mancare i Sedani alla Pratese, un saporito trovare solo a firenze, impasto di carne, fegatini di pollo, uovo e spezie racchiuso nelle coste di sedano, fritto e che rappresenta e poi ripassato in abbondante sugo di carne. un vero e proprio cult, A Livorno, invece, preparano un piatto di pesce conosciuto ormai, anche questo, è il panino con il lampredotto in tutta Italia, le Triglie alla Livornese, in

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Quel mito delle Crete

Il borgo di Chiusure domina le Crete

Nicola Natili

Il turista che, in qualsiasi stagione dell’anno, arriva nelle Crete Senesi, viene colpito da un paesaggio unico, un territorio che per forme e colori, colpisce tanto gli occhi quanto l’anima. Il paesaggio cambia con il mutare delle stagioni e con lui i colori che lo ravvivano. Un tempo qui c’era il mare e lo testimoniano i tanti reperti fossili che ancora emergono dal terreno al passaggio del vomere o per quel processo di erosione che sembra non arrestarsi mai. Depositi di argilla e sedimenti che si sono formati sotto le acque e che, al loro ritiro, sono emersi andando a creare un paesaggio quasi lunare, ma intensamente affascinante.

L’azione dei venti ha scolpito questo paesaggio collinare, quasi modellato, creando i “calanchi”, profonde insenature e le “biancane”, piccole alture tondeggianti che, grazie alla presenza del solfato di sodio e l’azione su di esso dei raggi solari, assumono una caratteristica ed unica variabilità cromatica in cui il grigio dell’argilla si alterna con il giallo del solfato e dove il verde di un cipresso o di un campo di grano rivelano la vitalità di un territorio apparentemente immobile, ma profondamente vivo, essenziale, armonico. In questo paesaggio mozzafiato, adagiato su una collina c’è il piccolo borgo di Chiusure, centoquindici abitanti impegnati a tenere in vita la produzione dell’omonimo carciofo. Di questo tipico prodotto ne parlavano già alcune cronache del 1600 e per anni ha rappresentato una vera risorsa per il territorio e ancora oggi esistono alcune piantagioni di Carciofo di Chiusure, condotte secondo l’antico metodo rurale e manuale. Utilizzato principalmente per il consumo alimentare trovava impiego anche

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nella pastorizia per cardare la lana delle pecore e per trasformare il latte in caglio grazie alle sue proprietà chimiche. Il Carciofo di Chiusure è un ecotipo autoctono dalla forma affusolata, colore moro con venature color vinaccia ed è particolarmente apprezzato per la sua compattezza e per il sapore molto particolare. In un passato non molto lontano veniva coltivato in grandi quantità, ma attualmente la produzione è molto limitata, appena sufficiente per il consumo locale. A determinare in modo deciso le qualità organolettiche del Carciofo di Chiusure sono sostanzialmente due fattori, la composizione del terreno di coltura e il microclima che, per la particolare conformazione morfologica delle Crete, presenta un basso tasso di umidità. Questo prodotto viene festeggiato alla fine di aprile con una caratteristica fiera che anima il piccolo borgo. Chiusure si anima e il carciofo recita una parte insostituibile in tante preparazioni gastronomiche che vengono offerte ai visitatori, dai crostini di carciofo e pecorino, alla frittata, dall’involtino con il lardo alla zuppa, per chiudere in un inarrestabile crescendo, con il risotto ai carciofi e un succulento fritto misto di pollo, coniglio e, ovviamente, carciofi.


Il territorio

La carne dei poveri

Nicola Natili

Uno degli alimenti che compaiono in tante ricette tipiche della cucina Toscana sono i fagioli, questo economico legume che per secoli ha rappresentato una fonte di alimentazione insostituibile nel mondo contadino. I fagioli, oltre che vitamine e sali minerali contengono molta fibra e, soprattutto, alcune proteine che, pur essendo diverse, possono sostituire in gran parte quelle di origine animale. Sulle tavole dove si consuma la vera cucina toscana, non mancano mai e questo spiega i ben trentatre ecotipi diversi che possono fregiarsi la denominazione PAT e che vengono coltivati nella regione. Nella terra dei mille campanili, non poteva essere che così. Questo importante legume è conosciuto in Toscana fin dal 1500 quando Carlo V, imperatore della Spagna, li portò in dono a Giulio de’ Medici, papa Clemente VII. La diffusione sul territorio fu immediata e ben presto, sia per l’apprezzamento che per la facilità di coltivazione andarono ad occupare un ruolo pressoché insostituibile nell’alimentazione delle popolazioni. Negli anni, il Phaseulus Vulgaris si è adattato alle caratteristiche del suolo e ai microclimi territoriali, tanto diversi tra loro quanto fondamentali per la selezione di fenotipi diversi. Una caratteristica comune, più o meno, a tutti gli ecotipi coltivati in Toscana e che li differenzia dalle produzioni del resto del paese è nelle proprietà organolettiche.

Ovviamente il riferimento è per i fagioli cosiddetti da sgranare, quelli che verranno conservati dopo un processo di essiccazione naturale e consumati previo ammollo in acqua. Il fagiolo della Toscana è un prodotto dalla buccia molto sottile, dal sapore delicato, consistente dopo la cottura e, dato non trascurabile, di alta digeribilità. Ma non possiamo attribuire connotazioni generiche e poco specifiche ad una produzione così vasta e diversificata. Ogni cultivar ha caratteristiche specifiche e una sua storia che merita di essere conosciuta considerando che grazie alle eccellenti qualità, la fama di molti fagioli coltivati in Toscana ha varcato i confini regionali. Una grande parte della produzione è legata alla Lucchesia, al Casentino e alla Maremma, ma tutta la Toscana dedica buona parte dell’attività agricola a questo legume. Fagiolo di Sorana IGP Coltivato su terreni sabbiosi lungo il torrente Pescia, in Valdinievole, è un fagiolo di color bianco, dalla forma leggermente arcuata, con una buccia sottilissima che, dopo cottura, si confonde con la pastosa consistenza del seme. Ideale per la cottura al fiasco o per essere lessato. Fagiolo Zolfino È anche detto “fagiolo del cento” perché viene seminato il centesimo

Fagioli di Sorana

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giorno dell’anno. Questo ecotipo è coltivato in Casentino, nel Pratomagno, e produce semi piccoli, tozzi, di colore giallo tenue, con una consistenza, dopo cottura, quasi cremosa. La buccia è quasi inavvertibile e se ne consiglia l’uso come contorno. Borlotto di Maremma È un cultivar autoctono della Maremma, molto utilizzato per preparare zuppe o come contorno insieme a cipolle e altri ortaggi. Si tratta di una pianta robusta che produce semi di colore bianco con macule porpora, di consistenza ben definita e sapore deciso. Cannellino del San Ginese e Sant’Alessio Viene coltivato nella Piana di Lucca, nei comuni di Lucca e Capannori. Il seme è piccolo, allungato e di colore bianco, quasi privo di buccia presenta una pasta delicata e morbida che lo fanno preferire per preparare delle vellutate, come contorno a piatti dal sapore non troppo deciso e con salvia, aglio e pomodoro nella famosa ricetta Fagioli all’uccelletto. Scritto di Lucca Questo fagiolo che dall’aspetto, pur se di dimensioni ridotte, ricorda il borlotto,


33 ecotipi di fagioli coltivati in Toscana

Rosso di Lucca

viene prodotto nei terreni di Capannori, nella Piana di Lucca. Di colore rosa scuro con striature rosse, ha una forma ovale e una buccia piuttosto consistente che racchiude una pasta farinosa e di intenso sapore. È eccellente lessato e come ingrediente per zuppe. Rosso di Lucca Il sapore e il profumo intenso consigliano questo fagiolo per preparare soprattutto delle vellutate, delle minestre, ma anche all’uccelletto. Di colore marrone tendente al rosso, ha una buccia molto consistente e una consistenza morbida e delicata. Si coltiva nei comuni di Lucca e Capannori. Giallorino della Lucchesia Di colore giallo carico ha una forma ovale e presenta un occhio ben evidente. La buccia è marcata e la pasta molto delicata e viene utilizzato come contorno al baccalà o nelle tradizionali minestre. Si produce prevalentemente nel comune di Camporgiano e la pianta, durante la crescita, non richiede il ricorso a sostegni essendo di tipo nano. Fagioli di Bigliolo Di questo fagiolo vengono coltivate più varietà: il tondino, il borlotto, il bianchetto e il due facce. La forma e il colore variano ma quello che resta costante è il sapore intenso e la delicatezza della pasta che lo fa preferire per la preparazione di minestroni o lessato e condito con olio d’oliva. Viene coltivato in Lunigiana, a Bigliolo un piccolo borgo nel comune di Aulla. Coco Nano Pianta delicatissima, di tipologia nana, deve essere coltivata con molte cure per la sua scarsa resistenza agli attacchi fitopatologici. Di forma ovale e colore bianco, la pasta è farinosa e racchiusa da una sottile buccia, caratteristica che consente di ridurre i tempi di cottura. Si coltiva nella zona del Valdarno e del Pratomagno e viene utilizzato per la tradizionale tecnica della cottura al fiasco e nella zuppa di fagioli. Fagiolo Cannellino di Sorano Quando parliamo di fagioli all’uccelletto il pensiero non può non andare al Cannellino di Sorano. Questo fagiolo di colore bianco e forma allungata, ha una polpa pastosa e una buccia molto fine che ben si presta per questa e altre ricette. È un cultivar autoctono che si produce a Sorano e nei terreni limitrofi, molto ricchi di potassio.

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fagiola garfagnina fagiola schiacciona fagiolo aquila fagiolo borlotto di maremma fagiolo borlotto nano di sorano fagiolo borlotto nostrale toscano fagiolo burro toscano fagiolo cannellino (fagiolo cannellino del S. Ginesecompitese) fagiolo cannellino di sorano fagiolo cappone fagiolo coro nano (fagiolo cocco) fagiolo dall’occhio (fagiolo gentile, fagiolo cornetto) fagiolo decimino fagiolo della montagna (fagiolo bastardone, della nodola, dell’amiata) fagiolo di bigliolo fagiolo decimino, fagiolo scritto rampicante fagiolo di Zeri (fagiolo con il grembiule «fasgiulain dau scuside», fagioline «fasgiuline») fagiolo fico di Gallicano fagiolo giallorino della Garfagnana (giallorino) fagiolo malato, malatino, fagiolo verdone, fagiolo giallino, fagiolo di S. Giuseppe fagiolo marconi a seme nero fagiolo mascherino fagiolo massese fagiolo pievarino fagiolo romano (fagiolo romanello) fagiolo rosso di Lucca fagiolo schiaccione fagiolo scritto della Garfagnana fagiolo scritto di Lucca fagiolo serpente toscano (stringa) fagiolo stortino di Lucca, anellino giallo di Lucca fagiolo stringa di Lucca, fagiolo serpente fagiolo turco di castello fagiolo zolfino

Fagioli zolfini


Il territorio

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toscana: il bello e il buono dell’italia Nicola Natili

Il “corallo” di San Gimignano: lo zafferano

La vetrina di un grande gioielliere dove preziosi monili si alternano ordinati, in una continuità che ne esalta luminosità, vivacità e bellezza. Questa è la Toscana, la regione del bel vivere. Colline fasciate di vigneti e contorti olivi, vicoli che si rincorrono intrecciandosi nei borghi e nelle città storiche tra palazzi e musei, isole e coste incantevoli che appagano ed esaltano la voglia di bello. Ma la Toscana non è un presepio statico, questa è terra di grandi valori, dove l’uomo ha lasciato il segno del suo passaggio e lo rinfresca, giorno dopo giorno, ricorrendo alle antiche tradizioni e quindi alle radici, riuscendo così a ricostruire l’identità di un territorio. Ed ecco che la vetrina del gioielliere si arricchisce di altri preziosi oggetti, altrettanto luminosi come, la bottiglia di vino, l’ampolla di olio, i salumi, i formaggi, le carni e le verdure. La loro unicità dipende da un insieme di fattori storici e quindi strettamente legati alla manualità dell’uomo e geografici, in cui recita una parte importante la qualità del suolo e i differenti ecosistemi locali. La produzione agroalimentare della regione Toscana è di primissimo piano, più di 450 accreditamenti, un vero e proprio giacimento, in cui spiccano i 18 prodotti esclusivamente toscani che hanno ottenuto il marchio DOP o IGP e i 10 quelli in attesa di ottenerlo. Quando si dice Toscana è immediato l’abbinamento con i grandi vini e con gli eccellenti oli che vengono prodotti. E sono proprio gli oli quelli maggiormente rappresentati in questa specie di hit parade della qualità: Olio extravergine di oliva Chianti Classico DOP, Olio extravergine di oliva Lucca Pollo DOP, Olio extravergine di oliva del Valdarno Terre di Siena DOP, Olio extra-

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Vitellone bianco dell’Appennino Centrale, razza Chianina

vergine di oliva Toscano IGP, Olio extravergine di oliva Seggiano DOP. Lasciando le colline e andando verso le montagne della regione veniamo a contatto con una realtà boschiva variegata, in cui spicca il castagno e i suoi prelibati frutti. La castagna è stata per secoli l’alimento principale degli abitanti della montagna, un alimento insostituibile a cui sono state dedicate molte attenzioni. E grazie a questa cura costante dei castagneti che la regione può vantare ben cinque eccellenze: Castagna del Monte Amiata IGP, Farina di castagne della Lunigiana DOP, Farina di Neccio della Garfagnana DOP, Marrone del Mugello IGP, Marrone di Caprese Michelangelo DOP. Nonostante che le metodologie di coltivazione abbiano subito profondi cambiamenti, orientati prevalentemen-

te verso la meccanizzazione, il prodotto tradizionale riesce ancora ad essere apprezzato; i tanti fattori che determinano il successo delle coltivazioni e degli allevamenti si sottraggono decisamente alla regola della quantità a discapito della qualità, con un risultato finale ineguagliabile. È il caso del Fagiolo di Sorana IGP, del Farro della Garfagnana IGP, dello Zafferano di San Gimignano DOP e del Miele della Lunigiana DOP che, insieme al Miele Toscano IGP in attesa di riconoscimento, ci introduce nell’affascinante mondo dell’allevamento di razze da carne e dei manufatti derivati. Su tutte, è inevitabile, il Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP, una razza che comprende le razze Chianina, Marchigiana e Romagnola, allevata in più regioni dell’Italia centrale, ma che trova la sua massima

Orci per la conservazione dell’olio

La Cinta Sensew

questa è terra di grandi valori, dove l’uomo ha lasciato il segno e lo rinfresca giorno dopo giorno ricorrendo alle antiche tradizioni

esaltazione in Toscana. Grande vigore ha subito in questi ultimi anni la Cinta Senese DOP, un suino di antichissime origini riscoperto e ritornato al centro di molti progetti dopo aver rischiato l’estinzione. Un altro elemento di tipicità che determina le eccellenze sono le tecniche di lavorazione, un insieme di abilità, ingredienti, esperienza, tempi e metodi che, abilmente concertati dall’uomo, creano prodotti unici. Tra i più conosciuti il Prosciutto Toscano Dop, il Lardo di Colonnata IGP e la lunga serie di manufatti tradizionali in attesa di approvazione: Finocchiona Toscana IGP, Mortadella di Prato IGP e Salame


Toscano IGP. Non da meno sono il latte, vaccino e ovino, e i formaggi con esso prodotti. Un territorio collinoso, verdeggiante e ricco di pascoli, come quello della Toscana, favorisce indubbiamente una produzione di latte di qualità e di derivati gustosissimi come il Pecorino Toscano Dop, prodotto anche in regioni limitrofe, il Pecorino a latte crudo delle Montagne e Valli pistoiesi DOP e il Pecorino delle Balze Volterrane DOP che a breve riceveranno l’approvazione europea. E infine i dolci, con il territorio senese che sale sugli scudi con i Ricciarelli di Siena IGP e il Panforte di Siena IGP che è in fase di approvazione, senza dimenticare il Pane Toscano DOP, preparato senza il sale e perfetto per accompagnare i tanti piatti della gastronomia toscana. Se finora abbiamo parlato dei prodotti DOP e IGP tanto famosi quanto apprezzati, meno conosciuto, ma non per questo di minor qualità, è il grande mondo delle piccole produzioni, ancor più legate a piccoli territori e a tradizionali pratiche che spesso si perdono nella notte dei tempi. La Toscana è la regione con il più alto numero di Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT), più o meno equamente suddivisi tra le dieci provincie, produzioni spesso limitate al consumo locale, che rappresentano la storia affascinante e le tradizioni profonde della cultura contadina di questa terra che non finisce mai di stupire. Dieci province, dieci territori diversi, ma un’unica vocazione per la produzione di qualità.

Non è possibile ricordarli tutti, ci vorrebbe un volume e forse non basterebbe, ma non possiamo non ricordarne alcuni. Tra le produzioni di carni segnaliamo il Pollo del Valdarno, i bovini di Razza Maremmana e di Razza Calvana, l’agnello di Zeri e l’incomparabile Prosciutto di Cinta Senese ottenuto con l’omonima razza suina. Buona anche l’offerta tra i derivati del Pecorino toscano latte ovino e bovino tra cui la Pastorella del Cerreto di Sorano, il Pecorino della Garfagnana e delle Colline Lucchesi, la Caciotta Vacchino dolce di Pistoia e il Pecorino di Pienza. Ortaggi e frutta non sono da meno, dal Carciofo di Empoli e quello di Chisure alla Cipolla di Certaldo, il Gobbo della Val di Cornia, la Patata di Zeri, il Pomodoro Pesciatino e tra la frutta la Mela Rugginosa della Val di Chiana, la Pesca di Londa, la Mela Casciana e la Susina Amoscina Nera di San Miniato e la Pera Picciola di Abbadia San Salvatore. E chiudiamo con un consiglio, un invito a tutti coloro che vogliono soddisfare la loro voglia di conoscere il bello e il buono del nostro Paese: la Toscana vi aspetta, da molti secoli!

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Innovazione

Cavalzani Inox, una storia lunga 50 anni Essere una azienda moderna non vuol dire, solo rispondere alla domanda del mercato con prodotti di alta qualità, ma anche avanzare proposte innovative che sappiano stimolare il settore produttivo per il conseguimento di nuovi obiettivi. Ogni cliente in effetti è diverso dall’altro, ma nessuno di questi ha esigenze che non possono essere comprese e soddisfatte con cura, con attenzione e con una relazione diretta e personalizzata. È questo lo spirito che anima da cinquant’anni l’attività svolta da “Cavalzani Inox”, azienda storica del comparto metalmeccanico toscano, situata alle porte di Firenze nell’area industriale di Calenzano ed operante nella progettazione, realizzazione ed installazione

54 bottiglie tutte di qualità

di serbatoi di stoccaggio ed impiantistica in genere per innumerevoli settori produttivi. Nei 4.000 mq. di superficie coperta e nei circa 8.000 mq. di piazzali esterni, opera una struttura agile, ma allo stesso tempo efficiente e ben organizzata, composta da impiegati tecnici, amministrativi ed operai specializzati, sotto la direzione di Osvaldo ed Assuero Cavalzani. L’attività di “Cavalzani Inox” oggi si suddivide in tre aree di interesse ben definite: Food - Wine and Beverages, Green Energy, Heavy Industry. Food - Wine and Beverages è la divisione che sin dal 1963 si è specializzata nella realizzazione di serbatoi, fermentini, autoclavi ed impianti di refrigerazione per il settore agro-alimentare, enologico e delle bevande in genere. In tutti questi anni “Cavalzani Inox” ha profuso impegno ed energie nel settore, con una serie di prodotti per il contenimento e per la lavorazione di generi alimentari, progettati e costruiti su misura per permettere agli utilizzatori di massimizzare al contempo efficienza produttiva e qualità. L’esperienza maturata durante gli anni, unita alla voglia di ricercare soluzioni innovative, ha portato “Cavalzani Inox”a sviluppare molti brevetti, soprattutto nel settore enologia. L’ultimo brevetto riguarda la produzione dei vini spumanti di qualità e nasce dall’esigenza di far convivere in un unico prodotto la qualità del metodo classico e la praticità del metodo “charmat”. Il mercato dei vini oggi manifesta sempre maggiore attenzione nei confronti delle 76

“bollicine”, richiesta alla quale i produttori cercano di rispondere con adeguamenti di filiera che non sono sempre semplici da risolvere: spesso l’unica risposta è quella di rivolgersi a terzi produttori specializzati. Sia il metodo classico che il metodo charmat richiedono importanti adeguamenti strutturali e di know-how non sempre affrontabili. La necessità di offrire una possibile alternativa è stata lo stimolo che ha focalizzato la ricerca per la realizzazione di Spark®. L’idea base del metodo Spark® consiste in uno “spumantizzatore” di acciaio inox della capacità di 45 litri, con una valvola che consente agevolmente le operazioni di sboccatura e successiva immissione della liqueur d’expedition tipiche del metodo tradizionale. La capienza del contenitore è quella ideale per ottenere una maggiore uniformità di prodotto e una qualità più che soddisfacente anche con l’impiego di vitigni meno nobili. Inoltre, l’acciaio inox consente la maturazione del prodotto anche in ambienti illuminati facilitandone quindi la lavorazione senza la necessità di manodopera specializzata. La dimensione, la maneggevolezza e la struttura dei contenitori permette inoltre l’esecuzione delle operazioni di remouage (movimento assiale – una sola persona). Questo metodo pertanto si propone come incentivo alla produzione degli spumanti a tutto il mercato dei vini bianchi ed anche in quelle zone dove tale tradizione non fosse presente, ma dove esiste la necessità di proporre al mercato il risultato di un indirizzo produttivo più facilmente accolto.


Oltre confine

HONG KONG Sebastiano Ramello

i nostri grandi vini italiani, anche se da anni inseriti nel mercato, non hanno ancora conquistato una grande fetta, in quanto il 60% delle importazioni sono francesi e subito dopo australiani Hong Kong porta della Cina ma anche dell’intero Sud Est Asiatico, città dalle mille luci, dagli hotel e ristoranti di lusso, ma anche dei tanti ristoranti di strada dove ancor oggi la maggior parte degli Xiangangren (abitanti di Hong Kong) si ferma per compiere i propri pasti, ma dove tutt’ora si possono vedere poche etichette, e per lo più francesi. Questo significa che c’è ancora tanto spazio e molto da fare nell’educare questo popolo, al dolce nettare dei nostri grandi territori. Uno dei fattori che rende Hong Kong la porta della Cina e del Sud Est Asiatico è sicuramente la possibilità di importare a tasse zero prodotti con contenuti alcolici fino al 20%, senza bisogno di una licenza di importazione. Questo significa che chiunque in questa grande città può improvvisarsi importatore, ma non commerciante, in quanto per commercializzare il vino, come in tutti i paesi del mondo, ci vuole una licenza. I nostri grandi vini italiani, anche se da anni inseriti nel mercato, non hanno ancora conquistato una grande fetta, in quanto oggi il 60% dei vini importati sono francesi e subito dopo australiani. I vini italiani si possono degustare per lo più in ristoranti occidentali, mentre nella maggior parte dei ristoranti cinesi, come anche nella media e grande distribuzione locale, sono presenti soltanto al 3% in quanto difficili da competere con vini entry level australiani. Proprio per questo motivo, le aziende vinicole che vogliono entrare in questo grande mercato, devono sempre più mettersi come obbiettivo, la produzione di alta qualità e l’unicità dei propri prodotti legati ai propri territori,

oltre che concentrarsi nell’educare i propri potenziali buyer al consumo dei vini italiani abbinati a piatti locali o ricette internazionali. Sempre di più, durante i miei tanti viaggi in questa stupenda città, sia wine lovers che media, importatori e distributori mi chiedono di educarli nel come abbinare la loro cucina e la cucina internazionale ai nostri vini. In collaborazione con miei partner Royal Best, abbiamo tenuto a gennaio e febbraio 2013, diversi symposium, dove davanti a media e ristoratori, ho potuto abbinare grandi vini piemontesi e toscani a cibi locali ed occidentali. Uno degli eventi più interessanti, è stato quello di abbinare, insieme ad un esperto di Iberian prosciutti (prosciutto crudo spagnolo), prosciutti “Bellota” accompagnato da Barolo docg “La Collina

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Dei RE” e Roero docg “F.lli Massucco”; Iberian prosciutto “Cebo” aggraziato con un bicchiere di Barbaresco docg 2008 F.lli Massucco e Chianti docg Pietro Beconcini. La sensazione di equilibrio di sapori è riuscito a stupire i presenti con l’abbinamento in chiusura di Iberian formaggio abbinato al Birbet, vino dolce frizzante.vNel mese di Marzo insieme a media e ristoratori del sud della Cina proporremo un grande match: Barbera D’Alba, Nebbiolo, Amarone e Brunello di Montalcino abbinati a piatti della cucina cantonese. Si possono seguire le degustazioni sulla pagina facebook: Wine Selection Sebastiano Ramello. Per ulteriori informazioni: piemontewine@yahoo.it.


Economia

Vino, l’Italia torna leader per volumi esportati Andrea Settefonti In un 2012 tra luci e ombre per il commercio, il vino italiano sopravvive solo grazie al valore delle esportazioni dove invece calano le quantità. Le elaborazioni Ismea dei dati Istat attestano il giro d’affari dell’export pari a 3,8 miliardi di euro nei primi 10 mesi del 2012, +8,2% sul 2011. Ma i volumi scendono attorno ai 17 milioni di ettolitri (-8,4%), a causa degli alti prezzi unitari e del crollo produttivo, con l’export di vini sfusi, in particolare, che ha fatto segnare in un anno una flessione del 22% (+9,3% in valore), subendo uno stop soprattutto in Germania. «Nonostante la battuta d’arresto - rileva l’Ismea - l’Italia torna leader mondiale per quantitativi esportati, recuperando un primato ceduto solo per qualche mese alla Spagna». Contrariamente agli sfusi, le vendite all’estero di imbottigliati si sono ridotte nei volumi di appena lo 0,4%, segnando un più 7% circa in termini monetari. Positivo il contribuito del mercato Nordamericano (Usa e Canada), con progressi tuttavia decisamente più consistenti nel Far East, in particolare in Cina e Giappone, dove le spedizioni di vini confezionati hanno messo a segno incrementi a due cifre. Arretra al contrario l’export in Regno Unito, mentre in Germania cresce solo il fatturato (+5%), ma si riducono del 3% i volumi. «In generale - conclude l’Ismea - le esportazioni, limitandosi al dato quantitativo, hanno sostanzialmente tenuto per le Doc-Docg, subendo invece una pesante flessione nel segmento dei vini comuni (-20% rispetto al gennaio-ottobre 2011). In lieve aumento le vendite all’estero di spumanti (+2%), grazie all’ottima performance osservata dal terzo trimestre 2012».

Esportazioni italiane di vini e mosti per segmento gennaio-ottobre 2012 Ettolitri

Migliaia di euro gen-ott. 2012

var. %

conf > 2 litri

gen-ott. 2011 gen-ott. 2012 var. % gen-ott. 2011 6.818.736

5.317.406

-22,0

313.984

343.272

9,3

comuni

5.516.584

4.119.118

-25,3

191.707

209.636

9,4

297.988

311.971

4,7

31.622

36.661

15,9

dop varietali

71.577

47561

-33,6

10.001

6.515

-34,9

Altri Dop+Igp*

31.597

10.546

-66,6

5.008

2.784

-44,4

confezioni < 21

8.915.620

8.884.219

-0,4

2.471.960

2.651.548

7,3

781.158

908.900

16,4

105.273

132.882

26,2

dop

3.683.993

3.665.406

-0,5

1.350.417

1.444.849

7,0

Igp

3.900.427

3.825.925

-1,9

894.083

961.807

7,6

96.570

117.668

21,8

24.975

28.383

13,6

comuni

varietali

453.471

366.319

-19,2

97.212

83.627

-14,0

Frizzanti

Altri Dop+Igp*

1.621.610

1.544.564

-4,8

292.388

304.788

4,2

Spumanti

1.399.611

1.424.094

1,7

415.902

483.476

16,2

Mosti

226.581

218.333

-3,6

31.035

29.575

-4,7

Totale

18.982.158

17.388.615

-8,4

3.525.269

3.812.659

8,2

* vini non prodotti nella comunità a denominazione d’origine protetta (dop) o vini a indicazione geografica protetta (Igp) (escl. vini spumanti e vini frizzanti) Fonte: elaborazione Ismea di dati Istat

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Macch[in]azione

Anteprime:

e se iniziassimo a fare i posticipi?

Carlo Macchi

Wineterprise, diario di bordo del giornalista-comandante Mackirk, data astrale 14 agosto 2055. Oggi 14 agosto 2055, dopo aver appena terminato l’anteprima dell’annata 2056 (in assoluta primeur..) dello Strabianco Ferragostano DOC a Canicola di Sotto, ci stiamo dirigendo, grazie alla mia navicella spaziale (e sennò come avrei fatto mai ad arrivarci) all’anteprima del Bianco Alpinot 2055, che si svolgerà al Passo del Muflone in Amore e Piuttosto Arrapato

E come il mio pronipote comandante Mackirk mi sento mancare anch’io perché va bene partecipare ad un’anteprima ma oramai, tra anteprime, eventi imperdibili, manifestazioni di presentazione, tour enogastronomici e chi più ne ha più ne metta l’unica soluzione è diventare “di-vino” cioè uno e trino. Sembra infatti che la febbre delle anteprime stia oramai contagiando tutte le denominazioni (last but not least il Montepulciano d’Abruzzo) anche se oramai una buona fetta dei vini “anteprimizzati” sono sempre più campioni da botte. Colpa del produttore che ritarda ad imbottigliare? Colpa delle anteprime che vengono fatte troppo presto? Colpa del mercato che non smaltisce l’annata precedente e rende sconsigliabile imbottigliare la nuova? Colpa dei giornalisti che a caccia di

(che posti che nomi ) sulle Alpi Cozzie. Già che siamo in zona, approfitterò per fare un salto alla manifestazione “Cozzio Bianco, un vino per le Cozzie” che si terrà dalle 03.30 alle 06.30 di domani 15 agosto. Speriamo che la colazione di lavoro non si protragga troppo a lungo, altrimenti arriverò tardi alla presentazione del Catamarone bianco, il famoso vino dei Marchesi de Marinarettibus. Anche loro però potevamo anche scegliere un altro giorno per la presentazione e magari un posto leggermente più a portata di mano dell’Isola di Pasqua.

Ma non tutti i mali vengon per nuocere: dall’Isola di Pasqua a Sant’Elena è uno sputo e quindi per la prima volta ce la farò ad essere presente alla premiazione del “Il sole di Austerlitz” la famosa manifestazione sui vini passiti. Caro diario, come vedi questo è un periodo abbastanza tranquillo e quindi potrò forse tornare 12 ore a casa per riposarmi un po’. Se penso invece ai tour de force che dovrò sobbarcarmi tra gennaio, febbraio e marzo, con tutte le anteprime dei vini rossi, mi sento mancare.

notizie vogliono mangiare la gallina nell’uovo, a sua volta nel sedere della gallina madre? E come è possibile dare un parere serio su vini che non sono minimamente pronti anche se viene strombazzato il contrario? Possiamo dare un parere, certo, ma visto che i vini di solito hanno nome e cognome, come possiamo parlare del vino X ben sapendo che magari è imbottigliato da 10 giorni, oppure campione da botte? Come possiamo essere credibili in condizioni del genere? Va a finire che in molte “anteprime”, anche se non ne viene fatto ufficialmente cenno, ci sono più vini di annate precedenti che non dell’annata ufficiale. Capisco che l’anteprima alla fine è un modo per invitare la stampa (non solo di settore) a parlare del proprio vino e del proprio territorio, però con la struttura di

adesso il “vino nuovo” è solo una scusa e come tale andrebbe evidenziata. Butto là un consiglio: dal momento che un vino entra in commercio a quello in cui lo si può trovare sugli scaffali in commercio (specie se si parla di estero e di vini importanti) passano come minimo 6-10, anche 12 mesi, perché allora non organizzare dei veri e propri “Posticipi” dove, a fianco degli ultimi nati, si assaggia VERAMENTE l’annata che si può trovare in commercio e VERAMENTE si danno delle valutazioni valide su vini oramai in vetro da tempo? Il giorno che un evento si chiamerà “Vino X: assaggio posticipato e ragionato dell’annata 00 e presentazione della 01” mi metterò in coda per partecipare. Forse così si riusciremmo tutti a fare bene il nostro mestiere.

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e dintorni

Anno III - Numero 7 Registrazione Tribunale di Siena numero 12 del 29/10/2011 www.vinoedintorni.org Direttore responsabile David Taddei Vicedirettore Andrea Settefonti In redazione Luca Casamonti, Martina Cenni, Guido Gammicchia, Claudia Gasparri, Veronica Grandetti, Rodolfo Turchi Hanno collaborato a questo numero Donatella Cinelli Colombini, Rocco Lettieri, Carlo Macchi, Nicola Natili, Sebastiano Ramello, Claudio Zeni Progetto grafico e impaginazione Claudia Gasparri

Responsabile commerciale Sergio Guerrini +39 393 3304710 sergio.guerrini@vinoedintorni.org

Stampa Modulgrafica Forlivese srl In copertina La cantina di Villa Cusona con Natalia e Irina Jr. Strozzi

Casa Editrice Salvietti & Barabuffi Editori Z.I. Belvedere, ingresso 2 53034 Colle Val d’Elsa (Si) www.salviettiebarabuffieditori.com Amministratore Unico Milena Galli Direttore Editoriale Leo Salvietti

Tutti i diritti sono riservati. Manoscrittti, dattiloscritti, articoli, fotografie, disegni non si restituiscono anche se non pubblicati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta in alcun modo senza l’autorizzazione scritta preventiva da parte dell’Editore, a eccezione di brevi passaggi per recensioni. Gli Autori e l’Editore non potranno in alcun caso essere responsabili per incidenti o conseguenti danni che derivino o siano causati dall’uso improprio delle informazioni contenute. Prezzo di questo numero è € 4,90. L’Editore si riserva la facoltà di modificare il prezzo nel corso della pubblicazione, se costretto da mutate condizioni di mercato. Per questa pubblicazione l’IVA è assolta dall’Editore ai sensi dell’art. 74 - 1° comma Lettera “c” del D.P.R. n. 633/72 e successive modificazioni.


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