ISSN 2532-1218
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n. 43, ottobre-novembre-dicembre 2023
Abbondanza
Eden di Giorgia Antonioli Bassorilievo della volta della Sala a Fogliami di Palazzo Grimani, Giorgia Antonioli 2021. Eden: immagine dell’abbondanza di meraviglia, trasferisce l’ideale nel reale. Potenza invisibile, simbolica che si manifesta nell’apparire di tutte le cose. Oggi l’abbondanza passa attraverso uno specchio deforme, incapace di coglierne il senso profondo: l’ideale è intriso nel cuore del reale.
Stefania Mangini
Un’abbondanza di cellule cerebrali Rispetto agli altri animali noi esseri umani abbiamo un cervello dimensionalmente molto più sviluppato. Nella sua ricerca per capire cosa voglia dire essere Umani, Edoardo Boncinelli (Umano, il Mulino, 2022) ci spiega che per vivere sarebbe sufficiente circa mezzo chilo di cervello, ossia un terzo di quello che mediamente possediamo. Tuttavia, nostra caratteristica peculiare non è solo avere un cervello più grande rispetto agli altri animali ma anche averne una porzione qualitativamente differente, denominata corteccia cerebrale. Sebbene non sia ancora del tutto nota la funzione di tale parte del nostro sistema nervoso è ormai confermato che essa sia utilizzata per svolgere tutte quelle funzioni che Boncinelli definisce “gratuite”, ossia non necessarie per la sopravvivenza, come ascoltare la musica, leggere un romanzo o più in generale fruire dell’arte, ecc. Tutte queste sono funzioni “astratte” che possono essere collegate al pensiero simbolico, essendo svincolate da necessità biologiche. Questa è una delle caratteristiche che ci rende Umani. Tra tutte le entità simboliche che il nostro cervello è in grado di generare una assume un ruolo particolarmente rilevante nella nostra vita: il denaro. Privi di qualunque funzione biologica essenziale, i soldi sono il motore della nostra esistenza, dell’economia e della struttura sociale che abbiamo costruito. La loro abbondanza ci spinge a “gettarli via” per acquistare cose inutili e superflue, ma la loro scarsità rende il denaro desiderabile, anzi indispensabile per la nostra sopravvivenza. I soldi, in quanto quantificazione del potere materiale di un individuo, possono essere la radice di tutti i mali, ma anche la fonte di ogni possibile salvezza, la loro abbondanza o scarsità può fare la differenza tra una vita di miseria e sofferenza e una vita agiata, ma i soldi possono anche influire sulla percezione che abbiamo delle persone e del mondo che ci circonda creando disuguaglianze e disparità. Eppure tutto ciò è solo nella nostra testa, in quella sovrabbondanza di cellule cerebrali che ci rende così diversi dagli altri animali, ma non per questo necessariamente migliori. Emilio Antoniol
Direttore editoriale Emilio Antoniol Direttore artistico Margherita Ferrari Comitato editoriale Letizia Goretti, Stefania Mangini, Rosaria Revellini Comitato scientifico Federica Angelucci, Stefanos Antoniadis, Sebastiano Baggio, Matteo Basso, Eduardo Bassolino, MariaAntonia Barucco, Martina Belmonte, Viola Bertini, Giacomo Biagi, Paolo Borin, Alessandra Bosco, Laura Calcagnini, Federico Camerin, Piero Campalani, Fabio Cian, Sara Codarin, Silvio Cristiano, Federico Dallo, Doriana Dal Palù, Francesco Ferrari, Paolo Franzo, Jacopo Galli, Silvia Gasparotto, Gian Andrea Giacobone, Giovanni Graziani, Francesca Guidolin, Beatrice Lerma, Elena Longhin, Antonio Magarò, Filippo Magni, Michele Manigrasso, Michele Marchi, Patrizio Martinelli, Cristiana Mattioli, Fabiano Micocci, Mickeal Milocco Borlini, Magda Minguzzi, Massimo Mucci, Maicol Negrello, Corinna Nicosia, Maurizia Onori, Valerio Palma, Damiana Paternò, Elisa Pegorin, Laura Pujia, Silvia Santato, Roberto Sega, Gerardo Semprebon, Chiara Scanagatta, Chiara Scarpitti, Giulia Setti, Francesca Talevi, Oana Tiganea, Ianira Vassallo, Luca Velo, Alberto Verde, Barbara Villa, Paola Zanotto, Elisa Zatta Redazione Davide Baggio, Luca Ballarin, Giulia Conti, Martina Belmonte, Silvia Micali, Arianna Mion, Libreria Marco Polo, Sofia Portinari, Marta Possiedi, Tommaso Maria Vezzosi Web Emilio Antoniol Progetto grafico Margherita Ferrari
OFFICINA* “Officina mi piace molto, consideratemi pure dei vostri” Italo Calvino, lettera a Francesco Leonetti, 1953
Trimestrale di architettura, tecnologia e ambiente N.43 ottobre-novembre-dicembre 2023
Abbondanza
Proprietario Associazione Culturale OFFICINA* e-mail officina.rivista@gmail.com Editore anteferma edizioni S.r.l. Sede legale via Asolo 12, Conegliano, Treviso e-mail edizioni@anteferma.it Stampa AZEROprint, Marostica (VI) Tiratura 150 copie Chiuso in redazione il 7 novembre 2023, con castagne e marroni, e il sole che scalda ancora Copyright opera distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale L’editore si solleva da ogni responsabilità in merito a violazioni da parte degli autori dei diritti di proprietà intelletuale relativi a testi e immagini pubblicati.
Direttore responsabile Emilio Antoniol Registrazione Tribunale di Treviso n. 245 del 16 marzo 2017 Pubblicazione a stampa ISSN 2532-1218 Pubblicazione online ISSN 2384-9029 Accessibilità dei contenuti online www.officinajournal.it Prezzo di copertina 10,00 € Prezzo abbonamento 2023 32,00 € | 4 numeri Per informazioni e curiosità www.anteferma.it edizioni@anteferma.it
Il dossier di OFFICINA*43 – Abbondanza è a cura di Gian Andrea Giacobone e Sara Codarin. Hanno collaborato a OFFICINA* 43: Francesca Ambrogio, Giorgia Antonioli, Davide Baggio, Roshan Borsato, Alessandra M.L. Bosco, Massimo Brignoni, Francesco Busca, Massimo Candela, Alberto Cervesato, Sara Codarin, Niccolò Colafemmina, Tania Contardo, Giorgio Dall’Osso, Vanessa Deotto, Anna Dordolin, Chiara Fonsdituri, Gian Andrea Giacobone, Roberta Ingaramo, Paola Limoncin, Tommaso Lucinato, Francesco Mancuso, Marco Manfra, Ludovica Masia, Eugenia Morpurgo, Maicol Negrello, Davide Paciotti, Filippo Petrocchi, Barbara Pollini, Enrico Polloni, Claudia Ricciardi, Massimo Triches, Riccardo Varini.
OFFICINA* è un progetto editoriale che racconta la ricerca. Tutti gli articoli di OFFICINA* sono sottoposti a valutazione mediante procedura di double blind review da parte del comitato scientifico della rivista. Ogni numero racconta un tema, ogni numero è una ricerca. OFFICINA* è inserita nell’elenco ANVUR delle riviste scientifiche per l’Area 08.
Abbondanza Abundance n•43•ott•nov•dic•2023
Eden Giorgia Antonioli
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INTRODUZIONE
Abbondanza di sapere e risorse Abundance of Knowledge and Resources
30
Gian Andrea Giacobone, Sara Codarin
10 20 4 80
Generative and Bioreceptive Design Barbara Pollini, Tania Contardo, Davide Paciotti
3.5D Printing Massimo Brignoni, Giorgio Dall’Osso, Tommaso Lucinato, Francesco Mancuso, Riccardo Varini
ESPLORARE a cura di Davide Baggio
PORTFOLIO
Fotografare Le Corbusier Photographing Le Corbusier Alberto Cervesato
86
Eugenia Morpurgo
90
Maicol Negrello, Chiara Fonsdituri, Francesco Busca, Roberta Ingaramo
40 50 94 96
Ambiente, Abitudine, Abitare Environment, Habits, Living Alessandra M.L. Bosco, Francesca Ambrogio
Tracking the Landscape Massimo Triches
Fluido e istantaneo MaaS Fluid and Instant MaaS
98 100
60 70 78
La casa SENSHome The SENSHome House Paola Limoncin, Anna Dordolin
Memoria digitale Digital Memory Claudia Ricciardi INFONDO
Ecoinvaders Stefania Mangini
Filippo Petrocchi
I CORTI
Open data per attuare la circolarità Open Data to Implement Circularity
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Marco Manfra
Macchine creative per il Centaur Design Creative Machines for Centaur Design Niccolò Colafemmina
L’IMMERSIONE
Biomasse bioregionali: verso un’abbondanza di biodiversità Bioregional Biomasses: towards an Abundance of Biodiversity
Nature-based Solutions per il progetto urbano Nature-based Solutions for Urban Design
di Letizia Goretti TESI
Verso una nuova ruralità alpina Towards a new Alpine Rurality Vanessa Deotto
L’evoluzione dell’I4.0: una tecnologia humancentered The Evolution of I4.0: a Human-centered Technology Roshan Borsato, Enrico Polloni
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AL MICROFONO
L’avventura di Torri Superiore The Adventure of Torri Superiore con Massimo Candela
SOUVENIR
L’Uomo di Cartapesta The Paper-Mache Man
IN PRODUZIONE
110 111
CELLULOSA
Un sacco di tempo a cura dei Librai della Marco Polo (S)COMPOSIZIONE
Soldi
Emilio Antoniol
Para para, sara sara, guru guru, suke suke… sono alcune delle tredici onomatopee proposte da Kengo Kuma per declinare i capitoli della mostra a lui dedicata e da lui curata insieme ad ACP (Art Capital Partners). Nell’inebriante quinta scenica di Palazzo Franchetti ha infatti luogo una riflessione sul rapporto tra l’essere umano e l’architettura, le sue regole e il suo potenziale spaziale, realizzata attraverso l’opera di uno dei principali protagonisti della scena architettonica contemporanea. L’interesse per questo allestimento monografico riguarda la ricerca incessante di Kuma su un possibile equilibrio fra tradizione e innovazione, fra materiali e tecniche costruttive della storia e loro reinterpretazione in chiave contemporanea, con una spiccata attenzione ai temi ambientali e al rapporto percettivo, sensibile, tattile, esperienziale che l’uomo intrattiene con lo spazio. La mostra espone una ricerca sul fare architettura, nel tentativo di capire come un architetto possa declinare operativamente il rapporto fra la Terra e un’umanità nella sua accezione fisica, sensibile, corporale. Inoltre, la vocazione alla ricucitura di tradizione e contemporaneità, due aspetti della nostra realtà apparentemente inconciliabili, si pone in antitesi rispetto a un atteggiamento non infrequente nell’architettura contemporanea di astensione dal maneggiare e reinterpretare i materiali della storia. Si tratta, nel caso dell’architettura giapponese, di una storia fatta di materiali e tecniche costruttive che celano dietro al loro oggettivizzarsi un profondo significato etico e filosofico; Kuma lo interiorizza e lo reinterpreta attraverso una lunga e articolata sperimentazione fatta di materia, tecnica e concetto. Questo non può, nell’animo dell’architetto occidentale consapevole, non evocare la nozione rogersiana di “continuità”, o la successiva riflessione di Gregotti sul ruolo della storia come materia di progetto (Gregotti, 1966). Sono disquisizioni anacronistiche solo se le si pensa come figlie sterili di un preciso istante della storia europea; esse diventano però prolifiche quando si ricorda di quanto ci sia bisogno, oggi, di una riflessione critica e approfondita sul rapporto tra ciò che si lascia e ciò che si insegue. Una
© Paolo Pellegrin / Magnum Photos
Kengo Kuma: Onomatopoeia architecture 14 maggio – 26 novembre 2023 Palazzo Franchetti, Venezia acp-palazzofranchetti.com
riflessione che diverrebbe fondamento di un agire orientato e consapevole, capace di fugare, anche se solo in parte, il pericolo di ritrovarsi in totale balìa delle onde e delle correnti. La mostra sull’opera di Kengo Kuma si offre come esempio, come un possibile percorso operativo. Davide Baggio
Paolo Pellegrin. L’Orizzonte degli eventi 30 agosto 2023 – 7 gennaio 2024 Venezia, Isola di S. Giorgio Maggiore lestanzedellafotografia.it
Nata da un’iniziativa di Marsilio Arte e Fondazione Giorgio Cini, Le Stanze della Fotografia sono una delle ultime novità nell’offerta espositiva veneziana. Stabilite presso gli ex magazzini della dogana sull’isola di San Giorgio, proseguono in parallelo il percorso iniziato con la Casa dei Tre Oci, dedicandosi completamente alla causa della fotografia, ritenuta dalla direzione artistica di Denis Curti uno dei linguaggi artistici contemporanei più interessanti e meritevoli di residenza stabile a Venezia. Dopo il successo della mostra monografica d’esordio su Ugo Mulas, Le Stanze della Fotografia accendono i riflettori sull’opera di Paolo Pellegrin, fotografo contemporaneo nato a Roma nel 1964, che dedica il più dei suoi sforzi professionali al fotoreportage. La sua è una carriera alla ricerca dei limiti, dei fronti, degli avamposti: è un avanguardista nella nozione militare del termine; il suo è un lavoro sui confini, laddove l’umanità tramonta, scomparendo assorbita dal buio e dall’oblio. I curatori, per passare questo messaggio, mettono a punto il titolo Orizzonte degli eventi: tsunami, inondazioni,
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terremoti, guerre, regimi, muri di confine, scenari di morte e distruzione, migrazioni e sbarchi tragici… laddove c’è un confine del mondo, un’assenza di umanità in presenza dell’uomo, Pellegrin ci va. La mostra offre uno sguardo crudo ma reale su molte di queste tematiche, con particolare presenza delle foto di guerra: Afghanistan, Iraq, Siria, Palestina, Ucraina… Non si tratta di una mostra per tutti, e la scelta di dare voce a tematiche difficilmente digeribili da un pubblico vasto appare decisamente coraggiosa ed encomiabile, dal momento che le mostre si fanno (o si dovrebbero fare) quando c’è qualcosa da dire: nel 2022 l’ONU riporta un numero di conflitti nel mondo pari a 59, con circa due miliardi di persone (un quarto della popolazione mondiale) residenti in territori interessati da guerre. Nonostante il mondo occidentale viva in pace da molti decenni, la guerra costituisce un tema di realtà e di drammatica attualità con il quale è necessario fare i conti, dal momento che anche chi è in pace è coinvolto, con diversi gradi di responsabilità. Il lavoro di Pellegrin si apprezza, dunque, non solo per la raffinata abilità compositiva e per la sensibile capacità di rendere i suoi scatti espressivi e narrativi, ma, come se ciò non bastasse, anche per l’importanza e il peso dei contenuti che sottopone al pubblico. Davide Baggio
Juti Ravenna 1897-1972. Un artista tra Venezia e Treviso 14 ottobre 2023 – 4 febbraio 2024 Museo Bailo, Treviso museicivicitreviso.it
ESPLORARE
ABBONDANZA A cura di Gian Andrea Giacobone e Sara Codarin. Contributi di Massimo Brignoni, Francesco Busca, Tania Contardo, Giorgio Dall’Osso, Anna Dordolin, Chiara Fonsdituri, Roberta Ingaramo, Paola Limoncin, Tommaso Lucinato, Francesco Mancuso, Maicol Negrello, Davide Paciotti, Filippo Petrocchi, Barbara Pollini, Claudia Ricciardi, Massimo Triches, Riccardo Varini.
Gian Andrea Giacobone PhD, Assegnista di ricerca in Design, DA, Università degli studi di Ferrara. gcbgnd@unife.it
Sara Codarin Assistant Professor of Architecture, CoAD, Lawrence Technological University. scodarin@ltu.edu
Abbondanza di sapere e risorse
Abundance of Knowledge and Resources
Da una possibile lettura dell’attuale contesto globalizzato, definito da complessi sistemi di relazioni e contraddizioni, possiamo intravedere un modello sociale ed economico spinto da meccanismi ricorsivi basati sulla logica della scarsità. Tale circostanza è esacerbata nel tempo verso un’ossessione collettiva condizionata da un’insufficienza di risorse e capitale umano – soprattutto in ambito della produzione e automazione di massa – che, paradossalmente, tende ad alimentare un sistema di sviluppo tecno-sociale basato sulla crescita illimitata, caratterizzato, a sua volta, da una condizione economica di preminente abbondanza. Quest’ultimo concetto è oggi spesso associato a un immaginario socioculturale che tende a vedere tale termine sotto una luce negativa. Questo perché le condizioni evolutive dell’uomo contemporaneo, dettate dal progresso scientifico, hanno generato una radicale trasformazione della società ipermoderna e postindustriale la quale si sintetizza nella convergenza, purtroppo discorde, di due grandi accelerazioni antitetiche del nostro secolo, come l’avanzamento tecnologico e il cambiamento climatico. Basti pensare a come fenomeni globali dal 2020 in avanti, tra cui la pandemia di COVID-19 e il pressante riscaldamento globale legato all’antropocene, siano comunemente associate alle forze risultanti di un processo iatrogeno, connesso all’inconsapevole uso dell’abbondanza materiale e immateriale prodotta dall’uomo, allo scopo di perseguire lo sviluppo di una società migliore. In contrasto, è grazie a tale abbondanza prodotta dalla relazione tra contesto antropico ed ecologico che l’uomo ha saputo interpretare la natura e prendere spunto dalla sua biodiversità, per sviluppare nuove forme di conoscenza e risorse, le quali, a loro volta, sono servite ad arricchire l’eredità culturale dell’umanità lungo il suo processo evolutivo e a progettare modelli organizzativi sociali e soluzioni
A potential perspective on the current globalized scenario, studded with complex systems of relationships and contradictions, reveals a social and economic model shaped by recursive mechanisms based on the logic of scarcity. As time progresses, this situation intensifies, fostering a collective fixation driven by the insufficiency of resources and human capital, especially in the fields of mass production and automation. Paradoxically, this obsession inadvertently fuels a techno-social development system centered on unlimited growth, marked by an economic state of prominent abundance. Today, the notion of abundance is frequently linked to a socio-cultural mindset that tends to view it negatively. This perception arises due to the evolutionary conditions of modern humanity dictated by scientific progress, which have generated a profound transformation in hypermodern and post-industrial societies. This transformation can be described as the simultaneous, albeit conflicting, convergence of two major, antithetical accelerations of our century: technology and climate change. Since 2020, we have witnessed how global phenomena, including the COVID-19 pandemic and the pressing global warming linked to the Anthropocene era, are often attributed to the outcome of iatrogenic processes, a result of the unaware utilization of both material and immaterial abundance produced by humans, in pursuit of a better societal development. In contrast, it is precisely this abundance, stemming from the intricate relationship between human activity and the ecological context that has enabled humans to interpret nature and draw inspiration from its biodiversity. This, in turn, has led to the development of new forms of knowledge and resources, enriching humanity’s cultural heritage throughout its evolutionary journey. These developments have also given
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ABBONDANZA
Rilettura. Ludovica Masia
artificiali che sconfinano la dimensione del reale, capaci di definire la complessità del nostro presente. In questa pletora di conoscenza e di risorse l’uomo, attraverso nuove modalità di interpretare e progettare il mondo, è capace di trovare risposte adeguate alle sfide globali odierne che la concezione negativa dell’abbondanza pone alla società postindustriale. A partire da tali considerazioni, il numero 43 di OFFICINA* intende incoraggiare i lettori a guardare il tema dell’“abbondanza” sotto un’accezione positiva del suo significato, permettendosi, allo stesso tempo, di tornare consapevoli, dunque di stupirsi, della ricchezza ecologica che il nostro ambiente terrestre ci mette quotidianamente a disposizione. Allo stesso modo, questo dossier vuole porre l’attenzione sul valore materiale e immateriale che l’uomo, grazie alla relazione con l’ambiente e il suo simile, ha sempre saputo generare, conservare e tramandare nel corso della storia, attraverso il progresso tecnologico e scientifico. Ciò per continuare a innovare ed evolvere la propria specie, grazie alla sperimentazione di nuove e inedite forme di conoscenza, che permettono di offrire alle generazioni future una nuova consapevolezza interpretativa e progettuale, capace di sviluppare un ecosistema maggiormente equo, sostenibile, responsabile e inclusivo rispetto quello passato. In questo senso, il fascicolo 43 apre il confronto sulla concezione di “abbondanza” tramite un’analisi olistica che si estende attorno a tre diverse tematiche riguardanti l’abbondanza ecologica, sociale e artificiale. Tali declinazioni propongono contributi teorici e applicativi che vogliono evidenziare l’abbondanza terreste sia dalla diversa natura teorica e applicativa che contraddistingue i contributi, sia dall’evidente eterogeneità di risorse materiali e immateriali che sono state impiegate e messe in relazione tra loro, in una continua interazione uomo-tecnologia-ambiente, per definire gli esiti e risultati dei contributi proposti.*
rise to innovative models of social organization and artificial solutions that transcend the boundaries of reality, effectively addressing the complexities of our present. Within this vast reservoir of knowledge and resources, humans possess the capacity – through novels methods of interpreting and designing the world – to discover suitable solutions to the current global challenges, which stem from the negative perception of abundance afflicting post-industrial society. Building upon these considerations, OFFICINA* issue no. 43 seeks to encourage readers to reevaluate the concept of “abundance” in a positive light, while simultaneously inspiring a renewed awareness – bringing about a sense of wonder – regarding the ecological wealth our planet offers us each day. Similarly, the dossier aims to focus on the material and immaterial value that humanity has perpetually created, safeguarded, and passed down throughout history due to its interconnectedness with the environment and fellow humans, facilitated by technological and scientific advancements. This ongoing process of innovation and evolution allows our species to explore novel, uncharted realms of knowledge. This, in turn, empowers us to impart a fresh perspective and design awareness to others, notably future generations, fostering a more equitable, sustainable, responsible, and inclusive ecosystem compared to the past. In that sense, issue 43 initiates a discussion on the concept of “abundance” through a comprehensive analysis that ecompasses three distinct themes concerning ecological, social, and artificial abundance. These perspectives offer theoretical and practical insights not only underscore terrestrial abundance but also showcase the inherent diversity in both material and immaterial resources adopted and combined within a perpetual human-technology-environment framework, ultimately defining the outcomes and results of the contributions presented.*
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ABBONDANZA
Seconda rilettura. Ludovica Masia
Barbara Pollini PhD in Design, Dipartimento di Design, Politecnico di Milano. barbara.pollini@polimi.it
Tania Contardo Ricercatrice in Botanica ambientale e applicata, Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale, Architettonica e Matematica, Università di Brescia. tania.contardo@unibs.it
Davide Paciotti Ricercatore in Design, Scuola di Ateneo Architettura e Design E. Vittoria, Università di Camerino. davide.paciotti@unicam.it
Generative and Bioreceptive Design
01. Stampo texture in steriolitografia | Texture mold in steriolithography. Barbara Pollini, Laboratorio LaborA, Politecnico di Milano
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ABBONDANZA
Progettare la bioricettività per il biomonitoraggio e la resilienza urbana ntroduzione Il mondo del design sta diventando sempre più consapevole dei limiti dei modelli di produzione e consumo attuali, ed è quindi alla ricerca di soluzioni sostenibili. Per far fronte alla complessità di una transizione radicale la disciplina del design sta cercando di immaginare nuovi scenari produttivi guardando ai modelli biologici e alla contaminazione con altre discipline, che mirano a una materialità radicalmente sostenibile (Oxman, 2016). A tal fine, si sta consolidando il Biodesign, che combina design e biologia, coinvolgendo organismi viventi nel processo di progettazione (Myers, 2012, p. 288). Questo tipo di approccio potrebbe portare a una maggiore presenza di organismi viventi nell’ambiente costruito grazie all’uso di materiali biologici e allo sviluppo di artefatti bioprogettati. Questa caratteristica consente la creazione di sistemi di progettazione che si basano sulle capacità degli organismi di creare prodotti bio-augmented e ambienti multispecie. Il miglioramento del microclima, la cattura del carbonio, la riduzione del rumore e il fitorisanamento sono solo alcuni dei benefici che la vegetazione può apportare nelle aree urbane (Dadea et al., 2017). Inoltre, le coperture crittogamiche (che comprendono cianobatteri, alghe, funghi, licheni e briofite), hanno un ruolo significativo nella fissazione dell’anidride carbonica e dell’azoto dall’atmosfera (Elbert et al., 2012). Tali organismi, soprattutto licheni e muschi, possono essere utilizzati per il biomonitoraggio ambientale, definito come “l’uso di sistemi biologici (organismi e comunità di organismi) per monitorare i cambiamenti ambientali nello spazio e/o nel tempo” (UNI EN 16413:2014). I licheni e i muschi, grazie alle loro caratteristiche fisiologiche, sono attualmente utilizzati come bioindicatori dei cambiamenti della qualità dell’aria (Contardo et al., 2020). Essendo sensibili all’inquinamento atmosferico, le alterazioni fisiologiche che si verificano negli ambienti inquinati si manifestano a livello individuale e di comunità; d’altra parte, molte specie sono in grado di bioaccumulare un gran numero di contaminanti, fornendo una stima affidabile della presenza e degli effetti biologici di tali sostanze (Bargagli e Mikhailova, 2002).
Generative and Bioreceptive Design The urgency for sustainable solutions is driving many sectors, including design research, towards innovative transdisciplinary approaches. The last decade has been characterised by an increasing interaction between design and scientific disciplines, consolidated in the Biodesign approach. The contribution focuses on the study and prototype development of bioreceptive tiles through computational design to improve the propagation of lichens and mosses for their use as air quality biosensors.* L’urgenza di soluzioni sostenibili sta spingendo molti settori, tra cui la ricerca sul design, verso approcci innovativi transdisciplinari. L’ultimo decennio è stato caratterizzato da una crescente interazione tra design e discipline scientifiche, consolidata nell’approccio del biodesign. Il contributo si concentra sullo studio e lo sviluppo prototipale di piastrelle biorecettive attraverso il computational design per migliorare la propagazione di licheni e muschi per il loro utilizzo come biosensori della qualità dell’aria.*
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02. Modelli generativi | Generative models. Elaborazione degli autori
Obiettivi Per favorire la biodiversità e la biofilia, i prodotti che compongono gli ambienti urbani dovrebbero essere progettati per sostenere la crescita e la rigenerazione spontanea degli organismi viventi, migliorando le relazioni tra più specie e prefigurando ambienti autoregolati e rigenerativi. Questa coesistenza con altri organismi dovrebbe essere favorita da una progettazione adeguata, che riguardi materiali, superfici, texture, spazi e habitat. In questo caso, il ruolo del prodotto come elemento di supporto per gli organismi è fondamentale e può essere progettato per soddisfare al meglio le loro esigenze di crescita. A questo proposito, il Bioreceptive Design (BD) è un approccio che si verifica ogni volta che un artefatto o un materiale è intenzionalmente progettato per essere colonizzato da uno o più gruppi di organismi viventi (Pollini e Rognoli, 2021), con l’obiettivo di sostenere assemblaggi biotici e abiotici autoregolanti, per favorire la biodiversità. Questo contributo descrive il pro-
getto Bioreceptivity for biomonitoring, parte dalla ricerca dottorale Pollini (2023), e ha come obiettivo la valorizzazione della presenza di licheni e muschi negli ambienti urbani attraverso il BD, testando le caratteristiche dei materiali e i trattamenti biologici adatti per una bio-colonizzazione efficace dell’ambiente costruito. L’approccio del computational design consente di gestire dati e modelli di sviluppo naturali per ottimizzare prodotti in grado di favorire un equilibrio simbiotico. La modellazione generativa è una risorsa importante nello sviluppo di prodotti biorecettivi, poiché permette di generare molte soluzioni e valutare le loro proprietà in modo efficiente, accelerando il processo di sviluppo del prodotto. La ricerca adotta un approccio transdisciplinare che mette in relazione la disciplina del design con quella della biologia, concentrandosi sul contesto del biodesign, dove la bioricettività è considerata una caratteristica positiva che offre un supporto significativo alle forme di vita incorporate nel processo di
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ABBONDANZA
03. Prototipo piastrella in stampa 3D a filamento per la realizzazione dello stampo | Prototype tile in filament 3D printing for making the mold. Barbara Pollini, Laboratorio LaborA, Politecnico di Milano
progettazione. Inoltre, l’utilizzo di prodotti biorecettivi per attività di biomonitoraggio è un obiettivo importante della ricerca, al fine di sensibilizzare e di favorire la consapevolezza della qualità ambientale. Ciò potrebbe aprire la strada all’utilizzo di soluzioni biorecettive in ambienti chiusi per il biomonitoraggio della qualità dell’aria e per il suo successivo biorisanamento. Approccio e metodo La ricerca, finalizzata allo sviluppo e alla prototipazione di piastrelle destinate a favorire la colonizzazione biologica, segue la metodologia progettuale del Bioreceptive Design. Questo approccio prevede la progettazione e lo sviluppo di soluzioni che considerano attentamente la composizione del materiale, le proprietà fisiche della superficie e la forma dell’artefatto (Pollini e Rognoli, 2021). La ricerca percorre cinque fasi di sviluppo: (i) Bioreceptive Design, che prevede la selezione delle caratteristiche del materiale per favorire un’adeguata ospitalità per l’orga-
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nismo scelto; (ii) biomimicry, che trae ispirazione dalle forme e texture naturali per migliorare la distribuzione spaziale dell’acqua sulla superficie e aumentare la capacità di autoregolazione; (iii) computational design, che utilizza algoritmi generativi per elaborare forme collegate alla distribuzione dell’acqua; (iv) additive manufacturing, che consente la realizzazione dei prototipi di studio; (v) esposizione e successivo processo di analisi della colonizzazione dei prototipi. Per seguire il processo procedurale del Bioreceptive Design, si deve prima di tutto conoscere il ciclo di vita e le condizioni di vita degli organismi selezionati, in modo da creare manufatti che rispondano alle loro esigenze. Durante la fase preliminare, sono state quindi elaborate due carte d’identità relative a due specie di organismi cosmopoliti: il lichene Xanthoria parietina e il muschio Bryum argenteum, entrambi comuni anche in ambienti fortemente urbanizzati. L’analisi delle caratteristiche degli organismi e delle condizioni di crescita preferite ha permesso di identificare le principali proprietà materiche
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che dovevano essere considerate nello sviluppo del progetto. Per comprendere e validare le proprietà biorecettive, sono state sviluppate due principali tipologie di piastrelle con diverse variabili. Queste si differenziano per la distribuzione della texture, sia introversa che estroversa, su cui studiare la bioricettività. La piastrella è stata considerata come l’unità di misura minima per studiare l’influenza della forma che definisce il supporto, della texture che caratterizza la superficie superiore e del materiale di cui è composta. La distribuzione dell’acqua in superficie è un elemento cruciale per la crescita e lo sviluppo. Sia i licheni che i muschi richiedono un’umidità elevata, ma non tollerano ristagni d’acqua. Ciò implica che il substrato ideale deve favorire il drenaggio dell’acqua e, se possibile, assorbire l’umidità atmosferica senza presentare zone in cui l’acqua possa ristagnare per lungo tempo. La prima tipologia di piastrella è stata configurata come un supporto di base quadrata 50x50 mm ed esagonale 100x50 mm con una texture impressa sulla superficie superiore. Lo sviluppo della texture è stato realizzato attraverso processi di modellazione generativa definendo diverse varianti di pattern attraverso algoritmi bioispirati. Le varianti sono state generate attraverso la simulazione di reticoli dendritici, un archetipo dei modelli di crescita in natura (Miguel, 2014) e spesso associato al percorso che un liquido impiega mentre defluisce sopra una superficie. Il secondo tipo di piastrella si caratterizza attraverso una base quadrata 100x100x40 mm con una superficie superiore convessa con un andamento che decade alla base in prossimità di due spigoli opposti. Al di sopra della superficie si trova un pattern dendritico in rilievo. Assemblando l’una accanto all’altra più piastrelle, si ottiene una superficie ondulata, con un movimento concavo e convesso dove le scanalature definite dal pattern favoriscono la distribuzione dell’acqua su tutta la superficie in modo omogeneo (img. 06). Tra i materiali analizzati sono stati selezionati la terracotta, l’argilla bianca e rossa, la malta e il calcestruzzo. La sperimentazione di materiali diversi ci permette anche di verificare l’effetto dei diversi colori e della porosità del materiale. Il colore è una caratteristica mol-
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04. Piastrelle in terracotta e argilla | Clay tiles. Barbara Pollini
05. Produzione della piastrella in stampa 3D di materiali fluido-densi | Tile production in 3D printing of fluid-dense materials. Davide Paciotti, Laboratorio saadlab Prototype, Scuola di Ateneo Architettura e Design, Università di Camerino
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06. Superficie composta da venticinque piastrelle in cemento | Surface composed of twenty-five concrete tiles. Barbara Pollini
to spesso trascurata nello studio della formazione di biofilm, tuttavia sembra influenzare la crescita dei cianobatteri, preferendo il rosso e il bianco (Sanmartín et al., 2020). La porosità e la rugosità sono invece parametri molto noti e importanti per questo campo di studio (D’Orazio et al., 2014), così come i livelli di pH (Manso et al., 2014). Per la fase di prototipazione, si è deciso di utilizzare tre processi di additive manufacturing per realizzare tre set di piastrelle con caratteristiche differenti. Per la prima tipologia di piastrella, è stata presa in considerazione la tecnologia di stampa 3D della stereolitografia. Grazie all’utilizzo di un fotopolimero e all’elevata precisione della tecnologia, è stato possibile realizzare gli stampi in positivo delle texture da imprimere sulle piastrelle in terracotta e argilla (img.04), realizzati all’interno del Laboratorio LaborA del Politecnico di Milano. Per la realizzazione del secondo tipo di piastrella, sono stati scelti due processi distinti per sfruttare al meglio i materiali scelti e aumentare le varianti. Il primo processo ha utilizzato la stampa 3D per la deposizione di filamento, con lo scopo di realizzare uno stampo per la successiva colata della malta e del calcestruzzo (img. 03). Il secondo processo preso in esame è stato quello della tecnologia di stampa 3D di materiali fluidi densi, che ha permesso di realizzare direttamente la piastrella con l’argilla (img. 05), realizzati all’interno del Laboratorio SaadLab Prototype della Scuola di Architettura e Design dell’Università di Camerino. I prototipi delle piastrelle, una volta realizzati, sono stati esposti all’aria aperta in un ambiente molto colonizzato da muschi e licheni con tre diversi trattamenti. Il primo ha previsto l’esposizione senza trattamento per verificare l’effettiva ospitabilità del manufatto con le relative texture. Il secondo trattamento è stato effettuato attraverso il trapianto di organismi interi e adulti (img. 07). Per il terzo trattamento sono state trapiantate solo le parti riproduttive dei licheni e dei muschi. Da un punto di vista biologico, lo studio confronta le condizioni favorevoli
in diversi scenari, ossia l’assenza di nutrienti, la presenza di individui adulti e la presenza di individui giovani. Risultati e discussione Attualmente le osservazioni sono in corso, considerando i tempi necessari per il processo di colonizzazione e crescita di questi organismi. Nonostante al momento non si siano manifestati risultati visibili, sono emersi alcuni risultati preliminari. Dalle prime piastrelle in cemento e malta esposte nel 2022 è stato possibile notare una prima colonizzazione da parte di alghe verdi e muschi protonemata, primi stadi di sviluppo dei muschi, considerati un buon segno in quanto specie pioniere (img. 08). I risultati iniziali rappresentano un passo importante
L’approccio del computational design consente di gestire dati e modelli di sviluppo naturali per ottimizzare prodotti in grado di favorire un equilibrio simbiotico
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nella verifica dei dati e dei modelli di sviluppo naturali impiegati nel processo di generazione formale delle piastrelle. Questi risultati saranno fondamentali per la fase successiva del progetto di ricerca, che mira a creare prodotti in grado di promuovere un equilibrio simbiotico. Tale colonizzazione, inoltre, ci ha permesso di confermare alcune ipotesi presenti in letteratura, come l’influenza dei substrati porosi e la facilità di adesione della copertura crittogamica offerta dai microsolchi derivati dalla caratteristica di accrescimento layer-by-layer della stampa 3D (Huang et al., 2018; Mustafa et al., 2021). Inoltre, abbiamo potuto constatare che i trapianti danno interessanti risultati. Il muschio trapiantato nel gennaio 2022 su una piastrella di cemento esposto all’esterno è in totale attività vi-
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07. Trapianto di organismi adulti su una piastrella di cemento | Transplantation of adult organisms to a concrete tile. Barbara Pollini e Tania Contardo
tale. Inoltre, il trapianto di lichene avvenuto nel gennaio 2022 sta avendo successo, mantenendo la sua vitalità anche dopo un anno di esposizione in ambiente interno. Ciò apre la strada alla possibilità di utilizzare queste soluzioni biorecettive in ambienti chiusi, con applicazioni per la progettazione biofilica, il biomonitoraggio e il biorisanamento dell’aria interna. Conclusioni Grazie a questa collaborazione multidisciplinare, i possibili risultati del progetto possono essere ampi, contribuendo alla resilienza urbana biofila e influenzando positivamente il design, l’architettura, la lichenologia, la biologia e la citizen science. La selezione di questi organismi si è basata sulla loro capacità di sopravvivere anche in ambienti altamente urbanizzati. La copertura crittogamica, in generale, potrà influenzare positivamente sulla qualità dell’aria, aumentando gli spazi verdi e accelerando l’esposizione delle città al rewilding e alla biofilia. Il progetto prevede cicli di ricerca reiterati, attualmente ancora in corso, orientati a studiare quali siano i mate-
riali e le texture più favorevoli su cui far proliferare le specie selezionate, nonché a definire la quantità minima di superficie necessaria per influenzare positivamente il monitoraggio della qualità dell’area. I prossimi passi seguiranno il percorso di ricerca già delineato. In particolare, il design delle piastrelle sarà ottimizzato in base ai primi risultati di analisi, per selezionare le caratteristiche che stanno favorendo la crescita delle specie prese in esame. Una volta definite le caratteristiche e i modelli migliori del materiale, si potrebbero aggiornare le linee guida per la progettazione di materiali biorecettivi per queste specie. Verranno testati diversi trattamenti prima dell’esposizione e ci si concentrerà sull’utilizzo di un mezzo naturale per favorire il trapianto. Con questo studio, vogliamo quindi evidenziare come il computational design gioca un ruolo chiave nella progettazione di forme bioispirate, rappresentando opportunità di espressione e innovazione, mentre i processi di additive manufacturing supportano la creazione di tali strutture bioispirate complesse. Inoltre, la ricerca vuole sottolineare come il BD possa fornire esperienze materiali
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08. Piastrella in cemento colonizzata da parte di alghe verdi e muschi protonemata | Cement tile colonized by green algae and moss protonemata. Barbara Pollini e Tania Contardo
(Karana et al., 2015) che diventano significative, per comprendere e monitorare la salute ambientale, sfruttando la rigenerazione naturale e l’adattabilità degli ecosistemi. Questa prospettiva ci invita a considerare l’importanza di preservare e valorizzare le aree di transizione, consentendo alla natura di svolgere il suo ruolo rigenerativo (Clément e De Pieri, 2005). Considerando la prospettiva umana, l’esperienza materiale prende vita attraverso la relazione tra il materiale stesso e l’organismo che lo colonizza. In questo contesto, emerge una notevole differenza rispetto ai materiali tradizionali, poiché si manifesta un cambiamento nel tempo e una percezione del materiale come entità vitale. L’organismo vivente non può riportare considerazioni sugli aspetti sensoriali, emotivi, significativi e performativi, ma questi livelli potrebbero essere valutati in base alla qualità della sua crescita. La proposta è quella di inserire nel quadro dell’esperienza materiale un livello temporale trasversale, che possa riportare informazioni su come sensorialità, emozione, performance e significato cambiano nel tempo.*
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Barbara Pollini, Tania Contardo, Davide Paciotti
Generative and Bioreceptive Design
Designing bioremediation for biomonitoring and urban resilience
Introduction The design world is becoming increasingly aware of the limits of current production and consumption models and is therefore looking for sustainable solutions. To cope with the complexity of a radical transition, the design discipline is trying to imagine new production scenarios by looking at biological models and contamination with other disciplines, aiming for a radically sustainable materiality (Oxman, 2016). To this end, Biodesign, which combines design and biology by involving living organisms in the design process, is gaining ground (Myers, 2012, p. 288). This type of approach could lead to a greater presence of living organisms in the built environment using biological materials and the development of bio-designed artefacts. This allows the creation of design systems that rely on the organisms’ abilities to create bio-augmented products and multispecies environments. Improved microclimate, carbon capture, noise reduction and phytoremediation are just some of the benefits that vegetation can provide in urban areas (Dadea et al., 2017). In addition, cryptogamic covers (which include cyanobacteria, algae, fungi, lichens and bryophytes), play a significant role in the fixation of carbon dioxide and nitrogen from the atmosphere (Elbert et al., 2012). Such organisms, especially lichens and mosses, can be used for environmental biomonitoring, defined as ‘the use of biological systems (organisms and communities of organisms) to monitor environmental changes in space and/ or time’ (UNI EN 16413:2014). Lichens and mosses, due to their physiological characteristics, are currently used as bioindicators of air quality changes (Contardo et al., 2020). Being sensitive to air pollution, physiological changes occurring in polluted environments are manifested at the individual and community level; on the other hand, many species can bioaccumulate large numbers of contaminants, providing a reliable esti-
mate of the presence and biological effects of these substances (Bargagli and Mikhailova, 2002). Objectives To foster biodiversity and biophilia, the products that make up urban environments should be designed to support the spontaneous growth and regeneration of living organisms, enhancing the relationships between multiple species and prefiguring self-regulating and regenerative environments. This coexistence with other organisms should be fostered by appropriate design, covering materials, surfaces, textures, spaces and habitats. In this case, the role of the product as a supporting element for organisms is fundamental and can be designed to best meet their growth needs. In this regard, Bioreceptive Design (BD) is an approach that occurs whenever an artefact or material is intentionally designed to be colonised by one or more groups of living organisms (Pollini and Rognoli, 2021), with the aim of sustaining self-regulating biotic and abiotic assemblages to foster biodiversity. This contribution describes the Bioreceptivity for biomonitoring project, which started from Pollini’s doctoral research (2023), and aims to enhance the presence of lichens and mosses in urban environments through BD, testing material characteristics and biological treatments suitable for an effective bio-colonisation of the built environment. The computational design approach enables natural data and development models to optimise products for symbiotic balance. Generative modelling is an important resource in the development of bioreceptive products, as it allows many solutions to be generated and their properties to be evaluated efficiently, accelerating the product development process. The research adopts a transdisciplinary approach that relates the discipline of design with that of biology, focusing on the context of
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biodesign, where bioreceptivity is considered a positive feature that offers significant support for the life forms incorporated in the design process. Furthermore, the use of bioreceptive products for biomonitoring activities is an important research objective to raise awareness of environmental quality. This could pave the way for the use of bioreceptive solutions in indoor environments for biomonitoring of air quality and its subsequent bioremediation. Approach and method The research, aimed at the development and prototyping of tiles intended to promote biological colonisation, follows the Bioreceptive Design methodology. This approach involves the design and development of solutions that carefully consider the composition of the material, the physical properties of the surface and the shape of the artefact (Pollini and Rognoli, 2021). The research goes through five stages of development: (i) Bioreceptive Design, which involves the selection of material characteristics to foster an appropriate host for the chosen organism; (ii) biomimicry, which draws inspiration from natural shapes and textures to improve the spatial distribution of water on the surface and increase the ability to self-regulate; (iii) computational design, which uses generative algorithms to devise shapes related to water distribution; (iv) additive manufacturing, which allows for the creation of study prototypes; (v) display and subsequent process of analysing the colonisation of the prototypes. To follow the procedural process of Bioreceptive Design, one must first know the life cycle and living conditions of the selected organisms to create artefacts that meet their needs. During the preliminary phase, two identity maps were therefore drawn up for two species of cosmopolitan organisms: the lichen Xanthoria parietina and the moss Bryum argenteum, both of which are also common in highly
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urbanised environments. The analysis of the organisms’ characteristics and preferred growth conditions enabled the identification of the main material properties that had to be considered in the development of the project. To understand and validate the bioreceptive properties, two main tile types were developed with different variables. These differ in texture distribution, both introverted and extroverted, on which to study bioreceptivity. The tile was considered as the minimum unit to study the influence of the shape that defines the substrate, the texture that characterises the upper surface and the material of which it is composed. The distribution of water on the surface is a crucial element for growth and development. Both lichens and mosses require high humidity, but do not tolerate water stagnation. This implies that the ideal substrate must promote water drainage and, if possible, absorb atmospheric moisture without having areas where water can stagnate for a long time. The first type of tile was configured as a 50x50 mm square and 100x50 mm hexagonal base with a texture imprinted on the top surface. The development of the texture was realised through generative modelling processes by defining different pattern variants through bio-inspired algorithms. The variants were generated through the simulation of dendritic lattices, an archetype of growth patterns in nature (Miguel, 2014) and often associated with the path a liquid takes as it flows over a surface. The second type of tile is characterised by a 100x100x40 mm square base with a convex upper surface with a pattern that decays at the base near two opposite edges. Above the surface is a raised dendritic pattern. By assembling several tiles next to each other, an undulating surface is obtained, with a concave and convex movement where the grooves defined by the pattern favour the distribution of water evenly over the entire surface (img. 06). Among the materials analysed, terracotta, white and red clay, mortar and concrete were selected. Experimenting with different materials also allows us to test the effect of different colours and porosity of the material. Colour is a characteristic that is often overlooked in the study of biofilm formation, yet it seems to influence the growth of cyanobacteria, preferring red and white (Sanmartín et al., 2020). Porosity and roughness, on the other hand, are well-known and important parameters for this field of study (D’Orazio et al., 2014), as are pH levels (Manso et al., 2014). For the prototyping phase, it was decided to use three additive manufacturing processes to produce three sets of tiles with different characteristics. For the first type of tile, the 3D printing technology of stereolithography was considered. Thanks to the use of a photopolymer and the high precision of the technology, it was possible to create the positive moulds of the textures to be imprinted on the terracotta and clay tiles (img. 04), which were produced in
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the LaborA Laboratory of the Politecnico di Milano. For the realisation of the second type of tile, two separate processes were chosen to make the best use of the chosen materials and increase the variations. The first process used 3D printing for the deposition of filament, with the aim of making a mould for the subsequent casting of mortar and concrete (img. 03). The second process examined was that of 3D printing technology for dense fluid materials, which allowed the tile to be made directly from clay (img. 05), realised within the SaadLab Prototype Laboratory of the School of Architecture and Design of the University of Camerino. The tile prototypes, once made, were exposed in the open air in an environment heavily colonised by mosses and lichens with three different treatments. The first involved exposure without treatment to test the actual hospitable nature of the artefact and its textures. The second treatment was carried out by transplanting whole and adult organisms (img. 07). For the third treatment, only the reproductive parts of lichens and mosses were transplanted. From a biological point of view, the study compares favourable conditions under different scenarios, i.e. the absence of nutrients, the presence of adult individuals and the presence of young individuals. Results and discussion Observations are currently ongoing, considering the time required for the colonisation and growth process of these organisms. Although there are no visible results now, some preliminary results have emerged. From the first cement and mortar tiles exposed in 2022, it was possible to see initial colonisation by green algae and protonemata mosses, early stages of moss development, considered a good sign as pioneer species (img. 08). The initial results represent an important step in verifying the data and natural development models used in the formal tile generation process. These results will be fundamental for the next phase of the research project, which aims to create products capable of promoting a symbiotic balance. Moreover, this colonisation allowed us to confirm some hypotheses in the literature, such as the influence of porous substrates and the ease of adhesion of cryptogamic cover offered by microgrown tiles derived from the layer-by-layer growth feature of 3D printing (Huang et al., 2018; Mustafa et al., 2021). Furthermore, we have been able to see that the transplants give interesting results. The moss transplanted in January 2022 on a concrete tile exposed outdoors is in total viability. In addition, the lichen transplanted in January 2022 is succeeding, maintaining its vitality even after one year of indoor exposure. This paves the way for the possibility of using these bioreceptive solutions indoors, with applications for biophilic design, biomonitoring and indoor air bioremediation.
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Conclusions Thanks to this multidisciplinary collaboration, the possible outcomes of the project can be extensive, contributing to biophilic urban resilience and positively influencing design, architecture, lichenology, biology and citizen science. The selection of these organisms was based on their ability to survive even in highly urbanised environments. Cryptogamic cover, in general, can positively influence air quality, increasing green spaces and accelerating the exposure of cities to rewilding and biophilicity. The project involves repeated cycles of research, currently still in progress, aimed at investigating which are the most favourable materials and textures on which the selected species can proliferate, as well as defining the minimum amount of surface area required to positively influence the quality monitoring of the area. The next steps will follow the research path already outlined. In particular, the design of the tiles will be optimised based on the first results of the analysis, to select the characteristics that are favouring the growth of the species under consideration. Once the best material characteristics and patterns are defined, guidelines for the design of bioreceptive materials for these species could be updated. Different preexposure treatments will be tested and the focus will be on the use of a natural medium to promote transplantation. With this study, we want to highlight how computational design plays a key role in the design of bioinspired shapes, representing opportunities for expression and innovation, while additive manufacturing processes support the creation of such complex bioinspired structures. Furthermore, the research aims to emphasise how BD can provide material experiences (Karana et al., 2015) that become meaningful, in order to understand and monitor environmental health, exploiting the natural regeneration and adaptability of ecosystems. This perspective invites us to consider the importance of preserving and enhancing transition areas, allowing nature to play its regenerative role (Clément and De Pieri, 2005). Considering the human perspective, the material experience comes to life through the relationship between the material itself and the organism that colonises it. In this context, a significant difference from traditional materials emerges, as there is a change in time and a perception of the material as a living entity. The living organism cannot report on sensory, emotional, meaningful and performative aspects, but these levels could be evaluated according to the quality of its growth. The proposal is to include a transversal temporal level within the framework of material experience, which could report on how sensoriality, emotion, performance and meaning change over time.*
Massimo Brignoni Professore strutturato, Università degli Studi della Repubblica di San Marino. m.brignoni@unirsm.sm
Giorgio Dall’Osso PhD, Ricercatore, Università degli Studi della Repubblica di San Marino. giorgio.dallosso@unirsm.sm
Francesco Mancuso Assegnista di ricerca, Università degli Studi della Repubblica di San Marino. francesco.mancuso@unirsm.sm
Riccardo Varini Professore strutturato, Università degli Studi della Repubblica di San Marino. r.varini@unirsm.sm
Tommaso Lucinato Professore a contratto, Università degli Studi della Repubblica di San Marino. t.lucinato@unirsm.sm
3.5D Printing
01. Stampa 3D su supporto ligneo | 3D printing on wooden support. Francesco Mancuso
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Sperimentazioni per l’ottimizzazione della proprietà dei materiali nel product design 3.5D Printing The research investigates a new construction process for design called “3.5 printing”. The system is related to research on programmable materials and matches FDM technology with the properties of planar substrates in sheet form. The process uses thermoforming of the resulting material and uses limited amounts of energy and resources. The results achieved show the application benefits of the process, particularly the optimization of the characteristics of the materials used and the efficient transportation of the two-dimensional objects put into shape at the final location.* La ricerca esplora un nuovo processo costruttivo per il design denominato “3.5 printing”. Il sistema si inserisce nelle ricerche sui materiali programmabili combinando la tecnologia FDM con le proprietà di supporti planari in forma di foglio. Il processo utilizza la termoformatura del materiale risultante e utilizza quantità minime di calore e risorse. I risultati raggiunti mostrano i vantaggi applicativi della tecnica, in particolare l’ottimizzazione delle qualità dei materiali impiegati e l’efficientamento del trasporto degli oggetti bidimensionali messi in forma nel luogo di destinazione finale.*
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L’
utilizzo della stampa 3D per l’ottimizzazione dei materiali All’interno degli attuali avanzamenti tecnologici legati ai processi produttivi di materie prime, semilavorati e prodotti è evidente il moltiplicarsi esponenziale delle possibilità produttive. Materiali naturali e artificiali sono ora utilizzati con maggiore conoscenza in sistemi integrati capaci di sfruttare le proprietà migliori di ognuno. L’abbondanza di soluzioni consente l’immaginazione di scenari di maggiore equilibrio tra la produzione antropica e l’ecosistema di cui gli umani fanno parte (Escobar, 2018). La ricerca approfondisce un metodo denominato 3.5D printing attraverso il quale è possibile trasformare oggetti planari in oggetti tridimensionali nel luogo in cui sono destinati utilizzando una quantità di energia limitata. La sperimentazione nasce dallo studio bibliografico sui temi dei materiali programmabili e del 4D printing inaugurati in particolare all’interno del “Self-Assembly LAB”, fondato da Skylar Tibbits. Premessa di queste ricerche è che l’azione di trasformazione dei materiali debba impiegare un apporto energetico minimo fra le fonti possibili in uno stato di disponibilità naturale (calore, elettricità, umidità, luce, elasticità, magnetismo). Tali trasformazioni possono comportare modifiche geometriche come riduzione o aumento del volume, modifica della capacità di piegarsi, facilitazione dell’assemblaggio. All’interno di questi processi la dimensione temporale in cui le trasformazioni avvengono risulta determinante, essa è infatti ripresa nel nome che aggiungendo tale dimensione modifica il nome del processo da 3D printing a 4D printing (Tibbits, 2014; 2017; 2018). Nella comunità scientifica l’utilizzo della tecnica di stampa 3D nella progettazione di materiali programmabili è centrale in quanto permette di intervenire con grande facilità sulla variabilità dei fattori che possono indurre modifiche nella forma degli oggetti. La bibliografia mostra infatti come alcuni comportamenti possano essere stimolati dalla variazione dei parametri di stampa (Wang et al., 2022), dalle con-
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02. Dettaglio delle prove di aderenza del PLA | Detail of PLA adhesion testing. Francesco Mancuso
figurazioni geometriche dei pattern (Tahouni et al., 2020) o dalla reazione degli oggetti mono o multi-materici stampati con le caratteristiche ambientali come luce, pH, corrente elettrica, calore, magnetismo (Imrie e Jin, 2022). Nella letteratura emergono di particolare interesse anche le sperimentazioni che vedono la stampa tridimensionale come elemento di caratterizzazione funzionale di supporti materici
mite stampa 3D, è il progetto Aera Fabrica di Roos Meerman di Fillip Studios. In questa ricerca oggetti cavi stampati in plastica vengono immersi in acqua bollente e successivamente soffiati tramite aria compressa. Il processo è simile a un normale processo di soffiature delle bottiglie in PET ma individua la possibilità di gestire in loco la creazione della forma finale. Nei casi studio citati il tempo e la disponibilità naturale di forze non agiscono in modo diretto, viceversa, i materiali subiscono apporti energetici di calore controllati che permettono la termoformatura di materiali pre-lavorati. Essendo questa azione termica eseguibile a temperature controllate da strumenti facilmente reperibili e governabili è possibile concludere il processo produttivo in un tempo e in uno spazio differenti dal luogo di stampa. Il metodo 3.5D printing si pone quindi a metà strada tra la stampa 3D e quella 4D.
La stampa 3D come strumento per la trasformazione dei materiali come le ricerche legate alla stampa su tessuto (Biswas et al., 2021) e infine le azioni sperimentali che indagano la relazione biomimetica del processo di stampa (Cheng et al., 2021). Attraverso l’assemblaggio integrativo tra materiali queste ricerche hanno la finalità di contribuire alle sfide legate all’ottimizzazione delle risorse terrestri esistenti. Nella ricerca qui presentata si è scelto di apportare la trasformazione del materiale tramite l’apporto di calore. Questa energia, diversamente dagli scenari di 4D printing non è disponibile nell’ambiente in cui l’oggetto è collocato ma può essere apportata tramite un’azione semplice di termoformatura. La scelta di adottare una lavorazione termica per deformare puntualmente un oggetto è mossa da una serie di esplorazioni progettuali che utilizzano procedimenti simili per agire sulla fase finale del processo di produzione di un prodotto. In direzione affine si è mosso ad esempio il progetto Joining Bottles di Micaella Pedros (Andriani et al., 2020) dove la relazione fra legno e plastica si esplicita nel mutuo scambio di caratteristiche meccaniche. In questo caso studio tubi di piccole dimensioni in PET diventano elementi di giunzione tra elementi in legno attraverso un processo termico che li porta a restringere il proprio diametro. Un ulteriore caso studio che utilizza proprietà termoformabili del materiale plastico, in questo caso depositato tra-
Obiettivi della tecnica 3.5D printing L’obiettivo della sperimentazione è quello di verificare le potenzialità della tecnica 3.5D printing e la sua applicabilità in contesti di innovazione di prodotto e processo. In particolar modo la ricerca si pone come finalità quella di fornire le basi per innovazioni che possano agire su progettualità aperte alla sostenibilità e compatibilità con l’ambiente naturale (McDonough e Braungart, 2013). Per raggiungere questi obiettivi è stata definita una procedura di sperimentazione in laboratorio atta a valutare la capacità dei campioni di mantenere la forma indotta dalla termoformatura nel tempo e l’ottimizzazione della quantità di materiale plastico utilizzato. Metodologia della sperimentazione sulla 3.5D printing La ricerca è stata sviluppata in quattro fasi consecutive: approfondimento bibliografico, sperimentazione esplorativa, sperimentazione attraverso protocolli, osservazione dei risultati.
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03. Protocollo di sperimentazione della stampa 3D su supporto ligneo | Experimentation protocol for the 3D printing on wooden substrate. Francesco Mancuso
La metodologia utilizzata nella ricerca si basa su prove sperimentali indirizzate a esplorare le potenzialità di termoformatura di un materiale composito risultante dalla stampa 3D polimerica su substrato in forma di foglio (img. 01). Al fine di mantenere un controllo ottimale del disegno della stampa che caratterizza il substrato è stata scelta la tecnologia di stampa 3D a deposito di filamento (FDM). La scelta di questa tecnica è relazionata sia alla facilità di gestione dei parametri che consentono una buona ripetibilità delle prove, sia a sviluppi futuri della tecnica stessa con il possibile aumento della complessità delle geometrie stampate. La scelta del substrato è conseguita ai test su alcuni supporti scelti in base alla capacità di flettersi su sé stessi ritornando alla posizione iniziale; unitamente a questa caratteristica è stata analizzata la reperibilità sul mercato. La scelta è quindi ricaduta su supporti lignei di spessore inferiore al millimetro. Dopo una serie di prove destinate a testare il metodo di stampa su supporto ligneo sono stati definiti i protocolli di test con varianti e invarianti della sperimentazione. I dati emersi dalla sperimentazione sono stati analizzati e hanno fornito elementi per le riflessioni su possibili sviluppi della tecnica e potenziali campi applicativi futuri.
Il compensato è stato lavorato tramite taglio laser per ricavare moduli standard di forma circolare e diametro 150 mm. Questa forma, che non presenta orientamenti primari, è stata preferita in relazione a futuri step che prevedano cambi direzionali nei pattern di stampa. Con il fine di individuare il materiale plastico più adatto per la stampa su legno sono stati testati alcuni materiali plastici (PET, ABS, PLA) rispetto alla capacità di adesione al legno (img. 02). In particolare, da queste prove è emersa una maggiore capacità di adesione al supporto da parte del filamento in PLA quando il tranciato viene pretrattato tramite fissante spray. Sempre con il fine di ottimizzare l’adesione del materiale plastico al supporto ligneo è stata individuata
Sperimentazioni di termoformatura di oggetti stampati
Il processo di sperimentazione Al fine di valutare le potenzialità del processo sono state definite le caratteristiche base dei materiali utilizzati nei test. Rispetto al supporto, alcuni saggi esplorativi hanno orientato la scelta verso tranciati in legno (è stato reperito del tanganica di spessore 0,6 mm) e, successivamente, verso un compensato aeronautico in betulla a tre strati di spessore totale di 0,4 mm. Questo compensato ha ottime proprietà di flessione e omogeneità di comportamento meccanico. I tranciati testati, diversamente, sebbene maggiormente reperibili sul mercato, non consentivano un confronto equo tra i diversi campioni.
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come geometria di deposizione quella di linee parallele con sezione quadrata di lato 2 mm. La stampa sui campioni è stata realizzata attraverso l’utilizzo di una stampante Delta WASP 2040 che è stata impostata con le stesse caratteristiche per tutte le prove1. Dopo avere definito le invarianti che hanno caratterizzato i campioni è stato progettato e messo in atto un protocollo di test ripetuto su un totale di 19 prove. A valle di ogni campionatura sono state effettuate misurazioni e osservazioni in tre momenti distinti, rispettivamente dopo 15 minuti, dopo 12 ore e dopo una settimana. Il protocollo di test prevede il riscaldamento dei campioni tramite l’azione di una pistola termica collocata a 5 cm dal modulo per un totale di 10 secondi. La pistola è sorretta a mano e subisce un movimento oscillatorio che permette la diffusione paritaria del calore su tutta la superficie del campione. Una volta scaldato il campione viene collocato sullo stampo e spinto all’interno della concavità. Il pattern plastico è disposto nello stampo in modo che rimanga nel
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04. Stampo per la termoformatura | Thermofolding mold. Francesco Mancuso
05. Campioni prima della fase di termoformatura | Samples before the thermoforming stage. Francesco Mancuso
lato concavo del campione e quindi interno alla curvatura finale. Infine, ogni test viene lasciato raffreddare all’interno dello stampo per 30 secondi prima di essere estratto (img. 03). La sperimentazione prevede l’utilizzo di quattro stampi concavi a forma di U con curvature di raggio: 50 mm, 30 mm, 20 mm e 10 mm (img. 04). La deposizione del PLA sul supporto è stata eseguita attraverso un pattern di linee rette parallele. Tra una prova e la seguente è stato aumentato l’interasse tra le linee in modo da individuare la minima quantità di plastica necessaria per mantenere la curvatura del supporto nei tempi di osservazione (img. 05). Risultati dei test Si riportano di seguito le principali osservazioni per ogni tipologia di stampo utilizzato per la termoformatura (img. 06). I primi test sono stati realizzati con lo stampo di raggio 50 mm. Il campione con interasse 30 mm (test B-05) ha
mantenuto la forma sia nei 15 minuti successivi all’estrazione dallo stampo sia dopo le 12 ore. Nell’osservazione a distanza di una settimana il pattern che ha mantenuto la forma con la minima quantità di materiale plastico è stato quello con interasse da 20 mm (test B-03) (img. 07). Nei test realizzati con stampo di raggio 30 mm è stata raggiunta la tenuta della forma dopo 15 minuti nella prova con interasse 28 mm (C-04). Il primo campione a mantenere la forma dopo 12 ore è stato quello con interasse 23 mm (C-03). Infine, la prova che ha preservato la geometria dopo una settimana è stata quella con interasse 18 mm (C-01). Nelle prove condotte utilizzando lo stampo con raggio 20 mm, il risultato che ha mantenuto la forma per i primi 15 minuti è stato il test con interasse 22 mm (D-03), il campione con interasse 17 mm (D-02) ha preservato la forma per 12 ore, mentre il pattern con 12 mm di interasse (D-01) ha resistito per una settimana. Infine, nei test realizzati con stampo di raggio 10 mm è stata raggiunta la tenuta della forma dopo 15 minuti nella
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06. Tabella riassuntiva dei test | Summary table of the tests. Francesco Mancuso
prova con interasse 16 mm (E-03), mentre il primo campione a tenere la forma dopo 12 ore è stato quello con interasse 11 mm (E-02). Durante l’osservazione dei test, è risultato di particolare interesse il rapporto in peso tra la quantità di plastica utilizzata e il supporto in compensato, in relazione al tempo di osservazione trascorso. Come da facile deduzione, al diminuire del raggio che si vuole ottenere, bisogna applicare un maggior quantitativo di plastica. Per esempio, nell’osservazione dopo una settimana, nel campione con raggio 50 mm, il rapporto è di 0,64 (4,5 g di plastica e 7 g di compensato), mentre nel test con raggio 10 mm il quantitativo di plastica applicata è aumentata fino a raggiungere lo stesso peso del supporto ligneo. Osservazioni conclusive e sviluppi futuri La sperimentazione effettuata sulla tecnica 3.5D printing ha permesso di verificare efficacia e semplicità nel pro-
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cesso di termoformatura del compensato aeronautico in betulla. I campioni realizzati hanno risposto in modo adeguato alle curvature testate. Il materiale plastico aggiunto al supporto è inferiore rispetto alla quantità di legno del substrato, questo lascia intravedere possibilità applicative attente all’ottimizzazione dei materiali impiegati. In particolare, si evidenzia la possibilità di effettuare la trasformazione tramite un’adeguata geometria e la giusta quantità di materiale depositato. Inoltre, il materiale risultante dall’assemblaggio risulta avere un ottimo grado di disassemblabilità; questo consente di immaginare applicazioni progettuali attente all’intero ciclo di vita dell’oggetto. Piegare in modo permanente un multistrato ligneo di esiguo spessore implica, con sistemi tradizionali, aspetti energetici non trascurabili: termopresse, azionate elettricamente, accoppiate talvolta a sistemi di sottovuoto, agiscono sul foglio tramite calore, per tempi determinati dallo
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07. Test B-03 | B-03 test. Francesco Mancuso
spessore del pannello e dai raggi di curvatura adottati. Diversamente la tecnica analizzata prevede un’azione veloce di riscaldamento dei supporti e una tenuta in forma di pochi secondi. Questa tecnica consente quindi di agire in modo diretto sull’efficientamento energetico sia attraverso il piano della quantità di calore richiesto per la curvatura rispet-
La limitata variabilità dei pattern di deposito sperimentati lascia ampi margini di avanzamento della ricerca sperimentale; a tale fine è risultata ottimale la scelta di utilizzare la stampa 3D a filamento come metodo di applicazione del materiale plastico. Rispetto alle prove effettuate si evidenziano criticità legate alla mancanza di prove meccaniche di sollecitazione che potrebbero fare emergere complessità legate alle qualità di materiali impiegati nell’assemblaggio. Inoltre, il dimensionamento dei campioni, legati primariamente ai limiti della stampante utilizzata, non ha permesso allo stato attuale di sviluppare un approfondimento su superfici più generose. A valle di queste criticità, i risultati raggiunti si ritengono una base sperimentale sufficiente per ampliare la ricerca design-driven legata alla tecnica 3.5D printing che si pensa possa essere inserita all’interno di processi manifatturieri
Ambiti applicativi di oggetti capaci di mutare la propria forma con piccoli apporti di energia to a una tecnica tradizionale sia attraverso l’ottimizzazione dei volumi in fase di trasporto. Infatti, la tecnica consente di immaginare oggetti in stato bidimensionale che assumono tridimensionalità solo al momento del bisogno, o quando arrivano nel loro spazio di utilizzo.
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08. Campionatura di test | Test sampling. Francesco Mancuso
legati a piccole produzioni semi-artigianali. In particolare, la semplicità di gestione della formatura dell’oggetto consente di immaginare progetti che possano seguire personalizzazioni dettate dall’utente finale o che coinvolgano lo stesso in modo diretto (img. 08).* NOTE 1 – Altezza dello strato: 0,2 mm; temperatura primo strato: 210°C; temperatura di stampa: 200°C; velocità primo strato: 8mm/s; velocità di stampa: 50 mm/s; Riempimento: 100%.
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BIBLIOGRAFIA – Andriani, S.R., Isnaeni, H., Kusuma, N.R., Avandra, E. (2020). The Utilizations of Plastic Bottle Waste (PET) in Architecture. IOP Conference Series: Earth and Environmental Science, n.452(1), p. 012026. – Biswas, M.C., Chakraborty, S., Bhattacharjee, A., Mohammed, Z. (2021). 4D Printing of Shape Memory Materials for Textiles: Mechanism, Mathematical Modeling, and Challenges. Advanced Functional Materials, n. 31(19), p. 2100257. – Cheng, T., Thielen, M., Poppinga, S., Tahouni, Y., Wood, D., Steinberg, T., Megens, A., Speck, T. (2021). Bio-Inspired Motion Mechanisms: Computational Design and Design and Material Programming of Self-Adjusting 4D-Printed Wearable Systems. Advanced Science, n. 8(13), p. 2100411. – Escobar, A. (2018). Design for the Pluriverse. Radical Interdependence, Autonomy, and the Making of Worlds. Durham: Duke Univ Pr. – Imrie, P., Jin, J. (2022). Polymer 4D printing: Advanced shape-change and beyond. Journal of Polymer Science, n. 60(2), pp. 149-174. – McDonough, W., Cheng, T., Wood, D., Sachse, R., Thierer, R., Bischoff, M., Menges, A. (2020). Self-shaping Curved Folding: A 4D-printing method for fabrication of self-folding curved crease structures. Symposium on Computational Fabrication (Virtual Event USA: ACM), pp. 1-11. – Tibbits, S. (2014). 4D Printing: Multi-Material Shape Change. Architectural Design, n. 84(1), pp. 116-121. – Tibbits, S. (2017). Active Matter. Cambridge: The MIT Press. – Tibbits, S. (2018). Self-Assembly Lab: Experiments in Programming Matter. Cambridge: The Mit Press. – Wang, F., Luo, F., Huang, Y., Cao, X., Yuan, C. (2022). 4D Printing Via Multispeed Fused Deposition Modeling. Advanced Materials Technologies, p. 2201383.
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Massimo Brignoni, Giorgio Dall’Osso, Tommaso Lucinato, Francesco Mancuso, Riccardo Varini
3.5D Printing
Experients for optimizing material properties in product design
3D printing for materials optimization In current technological developments related to the production processes of raw materials, semi-finished products and products in general, the exponential multiplication of possibilities is evident. In integrated systems, natural and artificial materials are now being used with greater knowledge to harness the best properties of each. The abundance of solutions allows to imagine scenarios where anthropogenic production and the ecosystem where humans are part are more balance (Escobar, 2018). The research explores a process called “3.5D printing”, which enables the transformation of planar objects into three-dimensional objects at their final location using a limited amount of energy. The experimentation stems from a bibliographic study on the topics of “programmable materials” and “4D printing”, particularly pioneered by the Self-Assembly LAB, founded by Skylar Tibbits. The assumption of these researches is that the transformation of materials should employ a minimal energy input from the enviroment (such as heat, electricity, moisture, light, elasticity, and magnetism). Such transformations can involve geometric modifications such as volume reduction or enlargement, bending capacity, and facilitation of assembly. Within these processes, the temporal dimension in which transformations happen is crucial. In fact, by adding this dimension, changes the process from 3D printing to “4D printing” (Tibbits, 2014; 2017; 2018). In the scientific community, the use of the 3D printing technique for designing programmable materials is central because it allows very easy intervention in the variability of factors that can induce changes in the shape of objects. The bibliography indeed shows how certain behaviors can be stimulated by changing printing parameters (Wang et al., 2022), geometric configurations of patterns (Tahouni et al., 2020), or
the response of mono or multi-material printed objects with environmental characteristics such as light, pH, electric current, heat, and magnetism (Imrie and Jin, 2022). Particularly interesting, in the literature, are also the experiments that employ 3D printing as a functional characterization element of supports material, such as research related to fabric printing (Biswas et al., 2021), and finally, the experimental actions that investigate the biomimetic relationship of the printing process (Cheng et al., 2021). Through integrative assembly of materials, these researches aim to contribute to the challenges related to optimizing the available terrestrial resources. In the research presented here, the material transformation has been achieved by applying heat. Unlike in scenarios of “4D printing”, this energy is not available in the environment where the object is placed but can be provided through a simple thermoforming action. The choice to adopt a thermal processing to deform an object is motivated by a series of design explorations that employ similar methods to act on the final phase of a product’s production process. In a similar direction, the project Joining bottles by Micaella Pedros (Andriani et al., 2020) illustrates the relationship between wood and plastic through the mutual exchange of mechanical characteristics. In this case, small-sized PET pipes become joints between wooden components through a thermal process that causes them to shrink their section. Another case study that utilizes the thermoformable properties of plastic material, in this case using 3D printing, is the project Aera Fabrica by Roos Meerman of Fillip Studios. In this research, hollow plastic printed objects are immersed in boiling water and then inflated using compressed air. The process is similar to a standard PET bottle blowing process but identifies the possibility to control the creation of the final shape on-site. In the case studies cited, time and natural
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forces do not act directly; conversely, materials undergo controlled heat energy inputs that allow thermoforming of pre-processed materials. Since this thermal action can be performed at temperatures controlled by easily available and controllable instruments, it is possible to conclude the production process in different time and space from the printing site. The “3.5D printing” method, therefore, stands halfway between 3D printing and “4D printing”. Goals of 3.5D printing technique The goal of the experimentation is to assess the potential of the “3.5D printing” technique and its usability in product and process innovation contexts. In particular, the research aims to provide a foundation for innovations that promote sustainability and compatibility with the natural environment, emphasizing open-ended design possibilities (McDonough and Braungart, 2013). To achieve these goals, a laboratory testing procedure has been defined to evaluate the samples’ ability to maintain the shape induced by thermoforming over time and optimize the amount of plastic material used. Methodology of the experimentation on 3.5D printing The research was conducted in four consecutive phases: literature review, exploratory experimentation, experimentation through protocols, and observation of results. The methodology employed in the research is based on experimental tests aimed at exploring the thermoforming potential of a composite material resulting from polymeric 3D printing on a sheet-like substrate (img. 01). In order to maintain optimal control over print’s design that characterizes the substrate, filament deposition 3D printing technology (FDM) was chosen. The choice of this technique is related to the ease of managing parameters that allow good repeatability of the tests and the potential future develop-
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ments of the technique with the possibility to increase the complexity of printed geometries. The choice of the substrate was based on tests conducted on various materials selected for their ability to flex on themselves and return to their initial position. Along with this characteristic, the market availability of the substrates was also considered for the selection. Therefore, thin wooden supports, with a thickness less than a millimeter, were chosen. After a series of tests to assess the printing method on the wooden support, test protocols with variations and constants in the experiments were defined. The data obtained from the experimentation were analyzed and insights were provided for reflections on possible advancements of the technique and potential future application fields. The experimentation process To evaluate the potential of the process, the basic characteristics of the materials used in the tests were defined. For the support, some exploratory samples directed the choice towards 0,6 mm thick tanganyika wood veneers, and later to a three-layer birch aircraft plywood with a total thickness of 0,4 mm. This plywood has excellent bending properties and mechanical behavior homogeneity. On the other hand, the tested veneers, although more available on the market, did not allow for a fair comparison among the different samples. The plywood was laser-cutted to obtain standard circular modules with a diameter of 150 mm. This shape, which does not have primary orientations, was preferred in relation to future steps involving directional changes in the printing patterns. To identify the most suitable plastic material for printing on wood, several plastic materials (PET, ABS, PLA) were tested for their adhesion to wood (img. 02). These tests revealed a greater adhesion capacity of PLA filament to the support when the veneer was pre-treated with a fixing spray. To optimize the adhesion of the plastic material to the wooden support, the printing geometry of parallel lines with a square cross-section of 2 mm was selected. The printing on the samples was performed using a Delta WASP 2040 printer, which was set with the same parameters for all the tests1. After defining the invariants that characterized the samples, a repeated testing protocol was designed and implemented over a total of 19 trials. After each sampling, measurements and observations were made at three different time points: 15 minutes, 12 hours, and one week later. The test protocol involves heating the samples using an heat gun placed 5 cm away from the module for a total of 10 seconds. The gun was handheld and moved in an oscillatory motion to allow the distribution of heat over the entire surface of the sample. Once heated, the sample was placed on the mold and pressed into the concavity. The
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plastic pattern was arranged in the mold so that it remained on the concave side of the sample, i.e., inside the final curvature. Finally, each test was allowed to cool inside the mold for 30 seconds before being extracted (img. 03). The experimentation involved the use of four concave molds in a U shape with differents radius: 50 mm, 30 mm, 20 mm, and 10 mm (img. 04). PLA was printed on the support in patterns of parallel straight lines. The interline spacing was increased between each test to find the minimum amount of plastic needed to maintain the curvature of the substrate over the observation times (img. 05). Test results The main observations for each type of mold used for thermoforming are presented below (img. 06). The first tests were conducted with the mold of radius 50 mm. The sample with a 30 mm spacing (test B-05) maintained the shape both 15 minutes after being removed from the mold and after 12 hours. In the one-week observation, the pattern that maintained the shape with the least amount of plastic material was the one with 20-mm spacing (test B-03) (img. 07). In tests carried out with a 30-mm radius mold, mold retention after 15 minutes was achieved in the 28-mm spacing test (C-04). The first sample to maintain the shape after 12 hours was the one with a 23 mm spacing (C-03). Finally, the test that preserved the geometry after one week was the one with an 18 mm spacing (C-01). In the tests conducted using a 20 mm radius mold, the result that maintained the shape for the first 15 minutes was the test with a 22 mm spacing (D-03), the sample with a 17 mm spacing (D-02) preserved the shape for 12 hours, while the pattern with a 12 mm spacing (D-01) held up for one week. Lastly, in the tests performed with a 10 mm radius mold, shape retention after 15 minutes was achieved in the sample with a 16 mm spacing (E-03), while the first sample to retain the shape after 12 hours was the one with an 11 mm spacing (E-02). During the observation of the tests, the weight ratio between the amount of plastic used and the plywood, in relation to the elapsed observation time, was of particular interest. As expected, as the bending radius decreases, a greater amount of plastic needs to be applied. For example, in the observation after one week, in the sample with a 50 mm radius, the weight ratio is 0,64 (4,5 g of plastic and 7 g of plywood), while in the test with a 10 mm radius, the amount of applied plastic increased to reach the same weight as the wooden support. Closing remarks and future developments The experimentation conducted on the “3.5D printing” technique made it possible to verify effectiveness and simplicity in the thermoforming process of birch aircraft plywood. The samples made responded adequately to the curvatures tested. The amount of plas-
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tic material added to the support was lower compared to the quantity of wood in the substrate, which suggests possibilities for application oriented to optimize the materials used. In particular, we highlight the possibility of transformation through appropriate geometry and the right amount of printed material. In addition, the material resulting from the assembly turns out to have a very good disassembly capability; this makes it possible to imagine design applications that are aware to the entire life cycle of the object. To permanently bend plywood of a small thickness involves, with traditional systems, non-negligible energy aspects: heat presses, electrically driven, sometimes coupled with vacuum systems, act on the sheet by heat, for times determined by the thickness of the panel and the bending radius adopted. Otherwise, the technique analyzed involves a fast action of heating the supports and holding them in shape for a few seconds. This technique allows for direct action on energy efficiency, both in terms of the amount of heat required for bending wood compared to traditional methods, and in terms of optimizing volumes during transportation. In fact, the technique makes it possible to imagine objects in a two-dimensional state that assume threedimensionality only at the moment of necessity, or when they arrive in their use space. The limited amount of the printed patterns tested leaves room for experimental research to progress; to this purpose, the choice of using filament 3D printing as the method of applying the plastic material was the best one. In conducted tests, critical aspects arise from the lack of mechanical stress tests that could reveal complexities related to the qualities of the materials used in the assembly. Furthermore, the sizing of the samples, limited by the capabilities of the used printer, has not allowed for an in-depth exploration of larger surfaces at the current stage. Despite of these critical issues, the results achieved are believed to be a sufficient experimental base for expanding design-driven research related to the “3.5D printing” technique, which is thought to be able to be included within manufacturing processes related to small-scale semi-craft production. In particular, the simplicity of managing object shaping makes it possible to imagine designs that can follow customizations dictated by the end user or involve the end user directly (img. 08).* Notes 1 – Layer height: 0,2 mm; first layer temperature: 210°C; print temperature: 200°C; first layer speed: 8 mm/s; print speed: 50 mm/s; infill: 100%.
Maicol Negrello Assegnista post-doc di ricerca in Progettazione architettonica e urbana, DAD, Politecnico di Torino. maicol.negrello@polito.it
Chiara Fonsdituri Architetto. chiara.fonsdituri@gmail.com
Francesco Busca Assegnista di Ricerca post-doc, Dipartimento di Ingegneria dell’Ambiente, del Territorio e delle Infrastrutture (DIATI), Politecnico di Torino. francesco.busca@polito.it
Roberta Ingaramo Professore associato di Progettazione architettonica e urbana, DAD, Politecnico di Torino. roberta.ingaramo@polito.it
Nature-based Solutions per il progetto urbano
01. Vista interna di progetto area pubblica e spazi didattici | Internal View – Didactic and public spaces. Chiara Fonsdituri
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Il caso di Torino: dalla obsolescenza alla produttività resiliente delle aree industriali Nature-based Solutions for Urban Design Urban areas are strongly affected by climate change, due to high emissions of greenhouse gases. The European Union, through the New Green Deal, aims to achieve climate neutrality by 2050, also harnessing nature-based solutions. This study identifies potential ecosystemic and productive opportunities in abandoned industrial areas, proposing hybrid regeneration strategies that combine nature with innovative technologies. Finally, the ecosystem services resulting from these holistic design choices, applied to architecture and urban design, are evaluated.* Le aree urbane sono soggette agli impatti dei cambiamenti climatici, dovuti alle elevate emissioni di gas climalteranti. L’Unione Europea, attraverso il New Green Deal, mira alla neutralità climatica entro il 2050, sfruttando anche le soluzioni basate sulla natura. Il presente studio individua nelle aree industriali dismesse un potenziale ecosistemico e produttivo, proponendo strategie di rigenerazione ibride che combinano la natura con innovative tecnologie. Infine, vengono valutati i servizi ecosistemici di queste scelte progettuali olistiche, applicate all’architettura e all’urban design.*
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ntroduzione In Europa, le aree urbane ospitano il 75,2%1 della popolazione e nel mondo esse rappresentano i principali centri di crescita, contribuendo per circa il 60%2 al PIL mondiale (UN, 2022). Tuttavia, secondo Wolfrum (2020), l’85% di queste realtà urbane mostra una forte vulnerabilità agli effetti dei cambiamenti climatici, dei quali è in gran parte responsabile con oltre il 70% delle emissioni di gas climalteranti (GHG) (Gurney et al., 2019). Inoltre, le città si configurano come cluster energivori e in parte improduttivi in termini energetici ed ecosistemici. Al fine di affrontare l’emergenza climatica, l’Unione europea (UE) ha delineato obiettivi ambiziosi all’interno del Green Deal Europeo (EGD), ovvero la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 e la neutralità climatica entro il 2050 attraverso strategie europee condivise. Nell’ambito delle direttive e delle azioni strategiche promosse da EGD, sono stati introdotti programmi che incentivano approcci che includano la natura (Nature-based Solutions – NBS) all’interno della progettazione architettonica e urbana per sostenere la biodiversità (il Nuovo Patto per gli Impollinatori), il benessere dei cittadini e le energie rinnovabili (ad esempio, il Clean Energy Package). La sfida per le aree urbane consiste nello svilupparsi in accordo agli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) azzerando le emissioni. A questo proposito, l’UE ha selezionato 100 città per il progetto Climate-neutral and smart cities volto a raggiungere l’obiettivo di zero emissioni entro il 2030. Tale iniziativa sostiene la visione di una città più ecologica e, richiamando le teorie di Jacobs3, di un hub che fornisce risorse come energia, cibo e servizi ecosistemici, incentivando nuove interazioni tra progetto urbano ed ecologia, concetto poi ripreso anche da Guallart (2014) con la proposta di Self-sufficient City. In questo contesto, le aree industriali dismesse, che occupano significative porzioni delle città industriali italiane (come Torino) e concorrono negativamente a incrementare gli effetti dei cambiamenti climatici, rappresentano un
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02. Planimetrie di confronto tra lo stato di fatto e di progetto dell’area oggetto di intervento | Comparison between actual site plan and project site plan. Chiara Fonsdituri, Maicol Negrello
ambiente dove sperimentare in modo interscalare l’integrazione di soluzioni architettoniche e urbane basate sulla natura, insieme a nuove tecnologie, volte al raggiungimento degli obiettivi europei. Obiettivi Il report dell’IPCC4 riporta che solo ripensando a nuovi modi di progettazione e sperimentando soluzioni innovative si potranno ottenere esiti diversi da quelli attuali, che non integrano le NBS. Ne emerge la necessità di un cambio di paradigma: “l’intento di governare i fenomeni naturali, modellarli e assoggettarli a esigenze contingenti di breve periodo, oggi lascia il posto a un’azione che invece punta ad assecondare le dinamiche dei sistemi naturali, ne assicura il funzionamento, li accudisce e se ne prende cura” (Antonini, 2019). L’obiettivo dello studio è dimostrare come l’adozione di una progettualità olistica che integra tecnologia (low/high) e natura (NBS) ai tessuti industriali dismessi possa contribu-
ire alla riconfigurazione di scenari più resilienti e produttivi. Le aree industriali, date le loro dimensioni e materialicità, sono strategiche per concorrere agli obiettivi dell’Agenda 2030: da elementi negativamente impattanti possono essere riconvertite in bacini di risorse rinnovabili, contribuendo all’adattamento e mitigazione degli effetti del cambiamento climatico e incrementando la produttività urbana e la biodiversità. È fondamentale considerare il concetto di produttività nella sua accezione più ampia, che contempla sia la produzione di beni materiali sia immateriali, i quali possono generare benefici economici diretti e indiretti. In particolare, gli effetti economici delle NBS si manifestano solo in parte sotto forma di guadagni diretti, come ad esempio la vendita di energia, prodotti agricoli, legname, crediti di carbonio, mentre in altre occasioni si presentano indirettamente, ad esempio, attraverso la riduzione dei consumi energetici, del rischio ambientale, così come anche un’educazione indiretta (Nudging), e altri servizi ecosistemici.
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03. Tabella delle strategie NBS analizzate | NBS Strategies. Chiara Fonsdituri, Maicol Negrello
Approccio e metodi La ricerca si compone di tre step principali: analisi del caso studio, applicazione delle NBS e tecnologie innovative (ad esempio agrivoltaico e l’agricoltura fuori suolo) e valutazione post-intervento. Step 1: Lo studio è stato condotto a Torino, città selezionata per 100 climate-neutral cities by 2030 della Mission Board for Climate Neutral and Smart Cities. Secondo Ellena (2022), la città presenta notevoli criticità ambientali e una scarsa capacità di adattamento ai cambiamenti climatici. Legambiente (2023) riporta che Torino è una delle aree urbane europee con la peggiore qualità dell’aria e livelli elevati di CO2. Inoltre, il 46%5 del territorio comunale è a rischio medio/alto per l’isola di calore, soprattutto nelle aree pianeggianti più densamente edificate e impermeabilizzate, come quelle industriali. Infatti, le aree industriali, come la dismessa FAMI Centro Vendite Dirette Fiat, rappresentano punti critici a causa della mancanza di infrastrutture verdi e
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di superfici drenanti. Il lotto in questione, situato nel comparto Stellantis Mirafiori, è un tassello urbano totalmente impermeabile prospiciente lo svincolo autostradale, dal quale è separato da un corridoio verde disconnesso dalle trame di natura circostanti. Considerata la possibilità di localizzare innovative produzioni leggere e servizi, l’accesso all’autostrada rappresenta un elemento strategico di connessione con il centro e l’area metropolitana. Inoltre, questo lotto offre la possibilità di sperimentare diverse soluzioni NBS applicate sia all’edificio sia allo spazio circostante. Step 2: Il progetto prevede due azioni principali: la rigenerazione dello spazio urbano e la riqualificazione e riattivazione economica e sociale dell’edificio (img. 02). Le soluzioni NBS selezionate6 vengono raccolte in un toolbox progettuale che indica le diverse possibilità di applicazione rispetto agli obiettivi e alla scala di intervento (da interventi architettonici puntuali, urbani fino a quelli applicabili a scala vasta/territoriale) (img. 03). L’approccio per il proget-
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04. Fasi progettuali | Planning Phases. Fonsdituri Chiara
to dello spazio aperto incorpora il concetto di Continuous Productive Urban Landscape7 (Viljoen e Howe, 2014) e lo adatta anche alla scala dell’edificio, trattato secondo la logica del riuso adattivo. Infatti, data la crescita esponenziale delle richieste di beni ed energia e le mutevoli condizioni climatiche, sono proposte forme innovative di produzioni: agricoltura fuorisuolo (Negrello et al., 2022) all’interno dell’edificio, all’esterno l’agrivoltaico, che converte i terreni circostanti sia in campi fotovoltaici sia in NBS per la biodiversità e l’agricoltura in suolo (Semeraro et al., 2022). Il progetto è stato diviso in 4 fasi, ognuna delle quali è legata a SDG differenti (img. 04). Il primo intervento (fase 1) prevede la demolizione di 1.825 m2 di superficie edificata (esterna al corpo di fabbrica principale) e la depavimentazione dell’area (22.335 m2) (fase 2), poi convertita a verde e, per il 30%, a pavimentazione drenante ad alto albedo (fase
La seconda azione prevede la riqualificazione, l’efficientamento edilizio e la creazione di spazi modulari flessibili (fase 4). La copertura, caratterizzata da pannelli fotovoltaici, partecipa alla decarbonizzazione del lotto grazie alla produzione di energia rinnovabile (SDG 7) e alla presenza di verde estensivo, che incrementa l’isolamento e permette l’accumulo di acqua piovana stoccata in cisterne interrate. La doppia pelle con verde pensile (img. 06), invece, riduce il surriscaldamento delle facciate e offre nuovi ambienti immersivi per gli utenti e per la biodiversità. La mixitè funzionale caratterizza gli ambienti interni al fine di ampliare il ventaglio di SDG raggiungibili. Infatti, sono presenti settori dedicati all’agricoltura fuori suolo indoor (SDG 11, 12, 2), alle startup e alle imprese (SDG 9) (img. 07), all’educazione (SDG 4) e allo sport. Gli interni sono disegnati con elementi modulari componibili, adattabili alle esigenze dei tenants in base alla loro evoluzione (img. 01). Step 3: La progettazione dello spazio esterno ha un ruolo principale nella fornitura di servizi ecosistemici. È stato possibile quantificare i benefici ambientali dell’intervento attraverso i-Tree Eco tool, una raccolta di software per l’analisi forestale e la quantificazione dei benefici urbani e rurali. È stata progettata e sviluppata dal Servizio forestale degli Stati Uniti per valutare i servizi ecosistemici specificamente forniti dalla vegetazione. Sull’area di studio è stato implementato il tool Eco, specifico per l’analisi della struttura della verde urbano e dei suoi effetti ambientali ed economici sull’ambiente circostante. Esso utilizza i seguenti dati di input: (i) località (città, popolazione, densità abitativa); (ii) dati meteorologici orari (precipitazione, temperatura, concentrazioni di inquinanti atmosferici) registrati nella stazione meteo più idonea tra quelle già implementate nel programma, e riferiti a un intero anno (nel caso specifico, il 2015 è risultato essere l’anno più recente per completezza di informazioni); (iii) dati di campo relativi
L’approccio individua strategie NBS e applicabili in tutti quegli spazi informi o “junk spaces” 3) per ridurre l’effetto isola di calore (Morini et al., 2016). L’area rinaturalizzata contribuisce ad aumentare la produttività energetica ed ecosistemica grazie ad aree boscate e frutteti agrivoltaici. Infatti, sono stati inseriti 1.033 alberi, di cui le specie prevalenti sono Paulownia (12%), Quercus robur (oltre il 10%), il Tillia platyphyllos e Robinia pseudoacacia (rispettivamente, entrambe oltre l’8%). Le specie sono state selezionate per la loro resistenza agli stress idrici e l’elevata capacità di stoccaggio di CO2, oltre alla capacità di fitodepurare il terreno e assorbire gli inquinanti. Alcune specie sono state scelte per la produzione di legname da biomassa (come il Quercus robur), mentre altre sia per le loro qualità mellifere sia per favorire gli impollinatori (Paulownia e Tillia platyphyllos e Robinia pseudoacacia).
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ABBONDANZA
Servizi ecosistemici prodotti dall’area verde considerata, da i-Tree Eco. Servizio Ecosistemico
Rimozione annua di inquinante atmosferico
Quantità media
UdM
Valore economico medio [€]
CO
86,13
kg
95
NO2
127,45
kg
408
O3
332,24
kg
7.112
PM2.5
16,94
kg
12.586
PM10
110,06
kg
454
SO2
33,93
kg
40
1.520,61
t
147.012
Stoccaggio di Carbonio Sequestro netto annuo di Carbonio
18,94
t
1.831
Riduzione annua di deflusso superficiale
914,30*
m3
1.739
Produzione annua di O2
55,68
t
-
*considerando una precipitazione di 746 mm (situazione di siccità, sotto la media annua di Torino)
Prezzi unitari di beneficio Categoria
Prezzo
UdM
Carbonio**
96,68
€/t
Deflusso idrico evitato
1,902
€/m3
Monossido di Carbonio (CO)***
997,49
€/t
Biossido di Azoto (NO2)***
2.900,54
€/t
Ozono (O3)***
19.419,58
€/t
Particolato 2.5 (PM2.5)***
674.096,64
€/t
Particolato 10 (PM10)***
3.738,17
€/t
Biossido di Zolfo (SO2)***
1.056,75
€/t
**Il prezzo unitario del carbonio è stato l’unico valore modificato rispetto ai valori di default del programma, con riferimento a EU Emissions Trading System. ***Riferimenti: van Essen et al. (2011) e Nowak et al. (2014).
05. Tabella riassuntiva elaborazione i-Tree Eco | i-Tree Eco result scheme. Francesco Busca
alla popolazione arborea (specie, DBH – diameter at breast height, altezza media) che, in assenza di sopralluogo essendo una valutazione anterealizzazione, sono stati definiti in funzione dei valori medi per albero maturo per ciascuna specie. Nella prima tabella (img. 05) ogni servizio ecosistemico è caratterizzato dalla propria unità di misura (UdM) e dal rispettivo valore economico medio stimato annualmente. La popolazione arborea selezionata di circa 1.000 individui, raggiunta la fase adulta, produrrà ogni anno oltre 55 t di ossigeno attraverso la fotosintesi clorofilliana ed eliminerà annualmente oltre 700 kg di inquinanti atmosferici: circa metà di tale riduzione sarà composta da O3, dannoso per la salute umana. La stima di NO2 rimosso corrisponde all’emissione annua di 20 automobili, o di 9 case monofamiliari mentre la rimozione di SO2 è equivalente alla produzione annua di 402 automobili (Energy Information Administration, 2013). La soluzione adottata consentirà, inoltre, di ridurre il rischio idrogeologico associato all’area: attraverso i processi idrologici di inter-
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cettazione, evapotraspirazione e infiltrazione operati dagli alberi e/o dal suolo, quasi 1.000 m3 di deflusso idrico superficiale verrà evitato. Infine, i risultati relativi al carbonio: lo stoccaggio nell’area verde sarà di circa 1.500 t a pieno regime, con quasi 19 t di carbonio netto sequestrato ogni anno. In termini economici, il carbonio stoccato nella biomassa dell’area verde ha un valore di circa 147.000 euro, mentre la stima monetaria su base annua, che considera rimozione di inquinanti atmosferici, deflusso idrico superficiale e sequestro di carbonio, è di oltre 24.000 euro. Si sottolinea che non viene conferito un valore economico all’ossigeno in quanto presente abbondantemente in atmosfera e che la stima monetaria basata su assunzioni di prezzo unitario si riferisce esclusivamente ai servizi ecosistemici analizzati e non tiene conto dei costi di costruzione e manutenzione dell’area verde. Nello specifico, la seconda tabella (img. 05) mostra i riferimenti bibliografici utilizzati per la definizione di ciascun prezzo unitario di beneficio.
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06. Sezione applicazione strategie NBS spazio esterno e in facciata | Exterior Section with NBS Strategies. Chiara Fonsdituri
Risultati e discussione La stima dei servizi ecosistemici che il progetto potrà fornire all’ambiente circostante interessa tre principali sfere di valore: ambientale, economico e sociale. Innanzitutto, si è dimostrato come l’adozione di strategie NBS offra benefici ambientali rispetto a scelte progettuali che non considerano l’integrazione di elementi verdi, come descritto nei risultati. Inoltre, i benefici quantificati tramite lo strumento i-Tree Eco sono stati monetizzati in funzione dei costi di
be a ridurre la dipendenza energetica dell’edificio dalle fonti esterne. Per quanto concerne le scelte architettoniche degli interni, la proposta di utilizzare moduli prefabbricati in materiali a basso impatto ambientale, incrementa la flessibilità degli usi e risponde alle esigenze di espansione nel tempo. Conclusioni Lo studio presenta l’applicazione di un approccio interdisciplinare che integra soluzioni architettoniche NBS e nuove tecnologie, con l’obiettivo di riattivare aree urbane industriali e convertire il loro potenziale produttivo in un contributo concreto alla transizione ecologica. In particolare, la valutazione preventiva dei benefici delle NBS dimostra come le soluzioni architettoniche e urbane prese in considerazione contribuiscano alla riduzione di inquinanti e CO2, nonché all’assorbimento delle acque meteoriche. Tali scelte non solo migliorano la qualità degli spazi urbani, favorendo la biodiversità, ma anche esprimono e promuovono i valori del New European Bauhaus, rispondendo ai principali obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG). L’approccio individua strategie replicabili – in modo site-specific – anche per quei luoghi considerati “non luoghi” o “junk spaces”, citando Koolhaas, che possono diventare nuovi nodi in una rete ecologica resiliente e interconnessa. L’innovazione di questa sperimentazione risiede anche nel processo proposto. Oltre all’introduzione di soluzioni innovative applicate all’architettura e agli spazi aperti, viene proposta una valutazione preliminare per illustrare i benefici derivanti dall’adozione delle NBS. In questo modo,
Tra i principali limiti si riscontrano ostacoli di natura economica, come i potenziali costi di bonifica che scoraggiano gli interventi di recupero delle aree industriali mercato relativamente al contesto europeo (carbonio), agli effetti sulla salute umana (inquinanti atmosferici) e ai costi di intervento post-evento (riduzione del rischio idrogeologico). Per quanto riguarda gli impatti sul microclima urbano, l’adozione di una cortina boschiva intorno all’edificio e la creazione di una copertura verde, riducono il surriscaldamento del lotto, aumentando la capacità di adattamento e riduzione del rischio di “isola di calore”. Questa strategia rientra anche tra le azioni di mitigazione, poiché comporterebbe una riduzione dei consumi energetici per riscaldamento e raffrescamento, e di conseguenza delle emissioni. Inoltre, l’installazione di pannelli fotovoltaici contribuireb-
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07. Sezione Interna dell’edificio con applicazione strategie NBS | Internal section with NBS strategies. Chiara Fonsdituri
si dimostra che l’integrazione della natura nel progetto di rigenerazione non rappresenta solo un beneficio ambientale per gli utenti e la biodiversità, ma anche un’opportunità economica per lo sviluppatore o il proprietario (sia esso privato o pubblico), ad esempio attraverso la possibilità di ottenere crediti di carbonio. Il toolbox illustrato può rappresentare un elemento utile per potenziare gli strumenti attuativi dei piani di resilienza, adattamento e mitigazione, ancora carenti e poco efficaci, come nel caso del Piano di Resilienza di Torino. Tuttavia, la ricerca evidenzia alcune limitazioni che non sono state approfondite nello studio presentato. Tra i principali limiti si riscontrano ostacoli di natura economica, come i potenziali costi di bonifica che scoraggiano gli interventi di recupero delle aree industriali, e barriere normative, come la mancanza di regolamentazioni che promuovano la valorizzazione e la monetizzazione dei benefici a lungo termine dei servizi ecosistemici delle NBS, nonché la mancanza di prescrizioni che impongano l’adozione di soluzioni basate sulla natura, ove possibile. Inoltre, in Italia, gli attuali strumenti di pianificazione urbanistica non risultano spesso aggiornati alle criticità attuali e alle direttive europee in materia di resilienza ed ecologia urbana, configurandosi come un limite alla sperimentazione e all’innovazione per le soluzioni basate sulla natura.* NOTE 1 – Dato individuato da UN – United Nations Population Division (2018). 2 – Secondo i dati raccolti da UN – United Nations (2022) nel report relativo al “Goal 11 – Make cities inclusive, safe, resilient and sustainable” 3 – In questo caso ci si riferisce allo storico testo del 1961, The Death and Life of Great American Cities. 4 – Si fa riferimento al report Climate Change 2022 – Mitigation of Climate Change prodotto da IPCC – Intergovernmental Panel on Climate Change.
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5 – Dati presenti nel Piano di Resilienza ai Cambiamenti Climatici di Torino, 2020. 6 – Si fa riferimento alle soluzioni individuate ufficialmente dalla Commissione europea con la pubblicazione “Evaluating the impact of nature-based solutions – A handbook for practitioners” del 2021. 7 – Il concetto di paesaggio urbano produttivo continuo rappresenta un’infrastruttura verde produttiva che connette in modo continuo spazi urbani e architettura a tasselli periurbani verdi. Questi tasselli sono spazi potenzialmente produttivi in termini agricoli ed ecosistemici.
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Maicol Negrello, Chiara Fonsdituri, Francesco Busca, Roberta Ingaramo
Nature-based Solutions for Urban Design The case of Turin: from obsolescence to resilient productivity in industrial areas
Introduction In Europe, urban areas host 75.2%1 of the population and globally they are the main centres of growth, contributing to approximately 60%2 of the world’s GDP (UN, 2022). However, according to Wolfrum (2020), 85% of these urban realities exhibit high vulnerability to the effects of climate change, for which they are largely responsible, accounting for over 70% of greenhouse gas (GHG) emissions (Gurney et al., 2019). Furthermore, cities are characterized as energy-intensive clusters and partially unproductive in terms of energy and ecosystems. To address the climate emergency, the European Union has outlined ambitious goals within the European Green Deal (EGD), including a reduction of at least 55% in greenhouse gas emissions by 2030 and climate neutrality by 2050 through shared European strategies. Within the directives and strategic actions promoted by the EGD, programs have been introduced to incentivize approaches that incorporate nature-based solutions (NBS) in architectural and urban design to support biodiversity (such as the New Pact for Pollinators), citizen well-being, and renewable energies (e.g., the Clean Energy Package). The challenge for urban areas lies in developing in line with the sustainable development goals (SDGs) and achieving zero emissions. In this regard, the European Union has selected 100 cities for the Climate-neutral and Smart Cities project, aiming to achieve the goal of zero emissions by 2030. This initiative supports the vision of a greener city and, drawing on Jacobs’ 3 theories, an urban hub that provides resources such as energy, food, and ecosystem services, encouraging new interactions between urban design and ecology, a concept also echoed by Guallart (2014) with the proposal of the Self-sufficient City. In this context, disused industrial areas, which occupy significant portions of Italian industrial cities like Turin and contribute negatively to the effects of climate change, represent an environment where the integration of nature-based architectural and urban solutions, together with new technologies, can be experimentally implemented, aiming to achieve European objectives.
Targets The IPCC4 report states that only by rethinking new design approaches and experimenting with innovative solutions we can achieve outcomes different from the current ones, that do not integrate NBS. This affirmation highlights the need for a paradigm shift: “The intention to govern natural phenomena, mould them, and subject them to short-term contingencies now gives way to an action that aims to align with the dynamics of natural systems, ensuring their functioning, caring for them, and nurturing them” (Antonini, 2019). The research aims to demonstrate how a holistic approach that integrates technology (low/high) and nature-based solutions into disused industrial areas can contribute to reconfiguring more resilient and productive scenarios. Industrial areas, given their size and materiality, are strategic in achieving the goals of 2030 Agenda: from being negatively impactful elements, they can be transformed into reservoirs of renewable resources, contributing to the adaptation and mitigation of the effects of climate change while enhancing urban productivity and biodiversity. It is essential to consider a broader concept of productivity, encompassing both the production of material and immaterial goods, which can generate direct and indirect economic benefits. In particular, the economic effects of NBS are manifested partially through direct gains, such as the sale of energy, agricultural products, timber, and carbon credits, while in other instances, they occur indirectly, for example, through the reduction of energy consumption, environmental risk, as well as indirect education (nudging), and other ecosystem services. Approach and methods The research consists of three main steps: case study analysis, application of nature-based solutions (NBS) and innovative technologies (such as agrivoltaics and soilless agriculture), and post-intervention evaluation. Step 1: The study was conducted in Turin, a city selected for the “100 climate-neutral cities by 2030” initiative by the Mission Board for
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Climate-Neutral and Smart Cities. According to Ellena (2022), the city faces significant environmental challenges and has a limited capacity to adapt to climate change. Legambiente (2023) reports that Turin is one of the European urban areas with the worst air quality and high levels of CO2. Moreover, 46%5 of the municipal territory is at medium/high risk for heat islands, especially in densely built and impermeable flat areas, such as industrial areas. The FAMI Centro Vendite Dirette Fiat represent a case study for its characteristics: lack of green infrastructure and draining surfaces. The plot in question, located in the Stellantis Mirafiori district, is an impermeable urban segment facing the highway junction, separated from the surrounding natural areas by a disconnected green corridor. Considering the possibility of locating innovative light industries and services, highway access is a strategic element for connectivity with the city centre and the metropolitan area. Furthermore, this plot offers the opportunity to experiment with various NBS solutions applied to the building and the surrounding space. Step 2: The project involves two main actions: urban space regeneration and the refurbishment of the building for economic and social purposes (img. 02). The selected nature-based solutions (NBS)6 are collected within a design toolbox that outlines the various possibilities of application concerning objectives and the scale of intervention (ranging from specific architectural interventions, urban interventions, to those applicable at a large/territorial scale) (img. 03). The approach for the open space design incorporates the concept of a Continuous Productive Urban Landscape7 (Viljoen and Howe, 2014) and adapts it to the scale of the building, according to an adaptive reuse approach. In fact, given the exponential growth in demand for goods and energy and the changing climatic conditions, innovative forms of production are proposed: soilless agriculture (Negrello et al., 2022) within the building and agrivoltaics outside, which converts the surrounding land into both photovoltaic fields and NBS for biodiversity and
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soil-based agriculture (Semeraro et al., 2022). The project is composed of four phases, each linked to different Sustainable Development Goals (SDGs) (img. 04). The first intervention (Phase 1) involves the demolition of 1,825 m2 of built area (external to the main building) and the removal of pavement from the area (22,335 m2) (Phase 2), which is then converted into green space, for 30% of it, into high-albedo permeable pavement (Phase 3) to reduce the heat island effect (Morini et al., 2016). The renaturalized area contributes to increased energy and ecosystem productivity through wooded areas and agrivoltaic orchards. In fact, 1033 trees have been planted, with the predominant species being Paulownia (12%), Quercus robur (over 10%), Tillia platyphyllos, and Robinia pseudoacacia (both over 8%). The species have been selected for their resistance to water stress, high CO2 storage capacity, phytodepuration ability, and pollutant absorption. Some species were chosen for biomass timber production (such as Quercus robur), while others for their nectar-producing qualities and to support pollinators (Paulownia and Tillia platyphyllos, and Robinia pseudoacacia). The second action involves the refurbishment, energy efficiency improvements, and creation of flexible modular spaces (Phase 4). The roof, characterized by photovoltaic panels, contributes to the decarbonization of the site through renewable energy production (SDG 7) and the presence of extensive greenery, which enhances insulation and allows the storage of rainwater in underground tanks. The double-skin façade with green roofs (img. 06), on the other hand, reduces the overheating of the building and provides immersive environments for users and biodiversity. Functional mixed characterizes the indoor spaces to broaden the range of achievable SDGs. Dedicated sectors include indoor soilless agriculture (SDGs 11, 12, 2), start-ups and businesses (SDG 9) (img. 07), education (SDG 4), and sports. The interiors are designed with modular and adaptable elements to meet the evolving needs of tenants (img. 01). Step 3: The landscape design plays an important role in providing ecosystem services. It was possible to quantify the environmental benefits of the intervention through i-Tree Eco, a collection of software for forestry analysis and quantification of urban and rural benefits. It was designed and developed by the US Forest Service to assess the ecosystem services provided by vegetation. The i-Tree Eco tool has been implemented in the study area, specifically for analysing the structure of urban greenery and its environmental and economic effects on the surrounding environment. It uses the following input data: (i) location (city, population, population density); (ii) hourly meteorological data (precipitation, temperature, air pollutant concentrations) recorded in the most suitable weather station among those already implemented in the programme, and referring to a whole year (in this specific case, 2015 turned out to be the most recent year for completeness of information); (iii) field data relating to the tree population (species, DBH – diameter at breast height,
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average height) which, in the absence of a site visit as it is an ante-realisation assessment, were defined according to the average values per mature tree for each species. In the first table (img. 05), each ecosystem service has its unit of measurement (UoM) and the respective average annual estimated economic value. The selected tree population of about 1,000 individuals, having reached the adult stage, will produce more than 55 tonnes of oxygen annually through photosynthesis and remove more than 700 kg of air pollutants: about half of this reduction will be O3, which is harmful to human health. The estimated NO2 removed corresponds to the annual emission of 20 cars, or 9 single-family homes, while the removal of SO2 is equivalent to the yearly production of 402 cars (Energy Information Administration, 2013). The adopted solution will also reduce the hydrogeological risk associated with the area: through the hydrological processes of interception, evapotranspiration and infiltration operated by trees and soil, will be avoided almost 1,000 m3 of surface water runoff. Finally, the carbon results: storage in the green area will be about 1,500 t at full capacity, with about 19 t of net carbon sequestered annually. In economic terms, the carbon stored in the biomass of the green area has a value of approximately €147,000, while the monetary estimate on an annual basis, which considers air pollutant removal, surface water runoff and carbon sequestration, is over €24,000. It should be noted that no economic value is placed on oxygen as it is abundantly present in the atmosphere and that the monetary estimate based on unit price assumptions refers only to the ecosystem services analysed and does not consider the construction and maintenance costs of the green area. Specifically, the second table (img. 05) shows the bibliographic references used to define each unit price of benefit. Results and discussion The estimation of ecosystem services the project can provide to the surrounding environment concerns three main spheres of value: environmental, economic, and social. Firstly, the nature-based solutions (NBS) offer environmental benefits compared to design choices that do not consider green elements integration, as described in the results. Furthermore, the quantified benefits using the i-Tree Eco tool have been monetized based on market costs relative to the European context (carbon), effects on human health (air pollutants), and post-event intervention costs (reduction of hydrogeological risk). Regarding the impacts on the urban microclimate, the choice of a wood belt around the building and the green roof reduces the overheating of the site, increasing its adaptive capacity and reducing the risk of the “heat island” effect. This strategy also falls within the mitigation actions, as it would result in a reduction in energy consumption for heating and cooling and emissions. Additionally, the photovoltaic panels reduce the building’s dependence on external energy sources. Whereas for the architectural choices for the interiors, the proposal to use prefabricated modules made from low-impact materials enhances the flexibility of use and meets the needs for future expansion of the tenants.
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Conclusions The study presents the application of an interdisciplinary approach that integrates NBS architectural solutions and new technologies aimed at revitalizing industrial urban areas and harnessing their productive potential for concrete contributions to the ecological transition. Specifically, the preliminary assessment of NBS benefits demonstrates how the considered architectural and urban solutions contribute to reducing pollutants, CO2, and the absorption of rainwater. These choices enhance the quality of urban spaces, promote biodiversity, and embody the values of the New European Bauhaus, aligning with the key Sustainable Development Goals (SDGs). The approach identifies replicable sitespecific strategies, even for those spaces considered “non-places” or “junk spaces,” as referenced by Koolhaas, which can become new nodes in a resilient and interconnected ecological network. The innovation of this experimentation also lies in the proposed process. In addition to introducing innovative solutions in architecture and open spaces, a preliminary evaluation illustrates the benefits of adopting NBS. Integrating nature into the regeneration project provides environmental benefits for users and biodiversity and presents an economic opportunity for developers or owners (private and public), such as the possibility of obtaining carbon credits. The presented toolbox can be a valuable resource for enhancing the implementation tools of resilience, adaptation, and mitigation plans, which are currently lacking and ineffective, as exemplified by the Turin Resilience Plan. However, the research highlights some limitations not evaluated in the presented study. The research identified economic obstacles, including potential remediation costs that discourage interventions in industrial areas, and regulatory barriers, such as the absence of regulations that promote the valorisation and monetization of the longterm benefits of NBS ecosystem services, as well as the lack of mandates requiring the adoption of nature-based solutions where feasible. Furthermore, in Italy, current urban planning instruments often fail to adequately address current challenges and European directives on resilience and urban ecology, thus impeding experimentation and innovation in nature-based solutions.* Notes 1 – Data identified by UN – United Nations Population Division (2018). 2 – According to data collected by UN – United Nations (2022) related to “Goal 11 – Make cities inclusive, safe, resilient and sustainable”. 3 – In this case, we refer to the historic 1961 text, “The Death and Life of Great American Cities”. 4 – According to the report Climate Change 2022 – Mitigation of Climate Change by IPCC – Intergovernmental Panel on Climate Change. 5 – Data in the Turin Climate Change Resilience Plan, 2020. 6 – Reference is made to the solutions officially identified by the European Commission through the publication “Evaluating the impact of nature-based solutions – A handbook for practitioners” from 2021. 7 – The concept of a continuous productive urban landscape represents a productive green infrastructure that continuously connects urban spaces and architecture to peri-urban green building blocks. These building blocks are potentially productive spaces in agricultural and ecosystem terms.
Massimo Triches Architetto, PhD in Composizione architettonica, Università Iuav di Venezia. massimotriches@iuav.it
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La cura del paesaggio e delle comunità che lo abitano Tracking the Landscape Constant data collection is a fundamental tool for the analysis and strategic planning of territorial transformations and community management. The availability of information is increasing every day, and it’s enriched by the equally increasing and continuous monitoring of people through new technological devices. The great abundance of information often requires significant filtering and verification work on the ground through direct, individual/collective experience. Tracking the landscape shows how active land use is a fundamental tool for landscape care, defining environments capable of fostering and encouraging healthy lifestyles, individual health and collective wellbeing.* La raccolta costante di dati è uno strumento fondamentale per l’analisi e la progettazione strategica delle trasformazioni dei territori e per la gestione delle comunità. La disponibilità di informazioni è ogni giorno maggiore e si unisce all’altrettanto crescente e continuo monitoraggio delle persone attraverso i nuovi dispositivi tecnologici. Tuttavia la grande abbondanza di informazioni spesso necessita di un importante lavoro di filtro e di verifica in loco attraverso l’esperienza diretta, individuale/collettiva. Tracking the landscape mostra come la fruizione attiva del territorio sia uno strumento fondamentale per la cura del paesaggio, determinando ambienti in grado di favorire e incentivare stili di vita sani, salute individuale e benessere collettivo.*
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piani e le strategie di trasformazione urbana che si stanno sviluppando negli ultimi anni, in maniera particolare per fronteggiare le sempre più frequenti emergenze ambientali e sanitarie, richiedono un’attenta riflessione in merito alle relazioni tra la salute/benessere delle popolazioni e la cura/manutenzione degli habitat che le ospitano1. Le politiche di amministrazione del territorio sono oggi costrette ad affrontare questioni che interconnettono reciprocamente il progetto urbano, la qualità ambientale, la salute (individuale e collettiva), la vivibilità delle città, la gestione dei trasporti, l’uso delle risorse, il ruolo degli spazi pubblici e la riscoperta di valori come accessibilità e prossimità dei servizi (Barton, 2017). Si pensi a iniziative e proposte locali che si sono sperimentate in città quali Barcellona, Milano e Parigi (Rueda, 2007), oppure alle strategie comunitarie per lo sviluppo sostenibile che, attraverso l’abbondante ricorso a schemi, diagrammi, tabelle e dati, definiscono obiettivi, risultati, performance da confrontare, raggiungere e/o soddisfare2. A questo scopo negli ultimi decenni si sono moltiplicati studi e analisi che affrontano queste tematiche fornendo, a seconda dei diversi campi di osservazione e dei differenti indicatori utilizzati, molteplici rappresentazioni dello stato di salute dei territori e, in più particolare, delle città3. Tali ricerche da un lato forniscono delle tabelle sintetiche utili a letture parallele o alla stesura di particolari classifiche, dall’altro però non sono in grado di descrivere in maniera completa le qualità, in particolare quelle spaziali, e le complessità che caratterizzano le città e i paesaggi urbani4 (img. 02). Obiettivi La grande abbondanza di dati, indicatori, diagrammi, tabelle e schemi che ci vengono presentati dai numerosi studi e classifiche in ambito urbano5 riducono dunque il paesaggio a un’immagine, prevalentemente definita da metadati quantitativi, difficilmente relazionabile in maniera diretta alla dimensione fisica dell’essere umano e alla capacità del
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02. Report Qualità della Vita. Confronto dell’andamento della classifica finale per le città di Venezia, Napoli e Roma nel periodo 2010-2019 e variazione della classifica finale per la città di Venezia nel periodo 2010-2019 | Quality of Life Report. Comparison between the performance of the final ranking for the cities of Venice, Naples and Rome in the period 2010-2019 and change in the final ranking for the city of Venice in the period 2010-2019. Il Sole24Ore, Massimo Triches
03. Monitoraggio dell’attività fisica (via terra e via acqua) nella laguna | Monitoring of physical activity (by land and water) in the lagoon. StravaHeatmap, Massimo Triches
corpo di essere strumento/filtro/medium in grado di riconoscere e percepire, attraverso i sensi, la natura e le qualità spaziali del territorio (Vanore e Triches, 2019). Cifre e percentuali come i chilometri di piste ciclabili, i metri quadrati delle isole pedonali, il numero di alberi in città, la superficie di verde urbano fruibile, la disponibilità di servizi sanitari, culturali, sportivi e per il tempo libero, non possono rimanere semplici elementi di valutazione e confronto tra diverse realtà (Damiano e Triches, 2020). La raccolta costante di dati relativi ai territori e agli organismi che li popolano è uno strumento fondamentale per l’analisi e la progettazione strategica delle trasformazioni dei territori e per l’amministrazione delle comunità, tuttavia la grande abbondanza di informazioni spesso necessita di un importante lavoro di filtro e di verifica in loco attraverso l’esperienza diretta, individuale e/o collettiva (Gehl, 2010). Al fine di ottenere una più completa rappresentazione della qualità ambientale e della salute urbana di un luogo speci-
fico così come del benessere delle comunità che lo abitano è necessario intrecciare questi dati con altre informazioni raccolte direttamente nel territorio e frutto dell’esperienza diretta sul sito; attraverso azioni fisiche che pongono il corpo umano al centro delle relazioni spaziali, ambientali, sociali, culturali, e che possano innescare momenti di condivisione e strategie di cura reciproca tra territorio e comunità. Inoltre grazie allo sviluppo delle nuove tecnologie e delle intelligenze artificiali, oggi ogni cittadino, attraverso il proprio corpo e i propri dispositivi tecnologici – quali orologi gps, navigatori satellitari, applicazioni, ecc. – diviene allo stesso tempo dato acquisito e strumento di monitoraggio6 (img 03). In che modo dunque l’esperienza attiva del corpo nel paesaggio, in particolare quello urbano, può determinare nuove metodologie di analisi/raccolta dati e inedite prospettive di rielaborazione/lettura delle informazioni? In che misura valori quali l’accessibilità, la percorribilità e l’abitabilità degli spazi della condivisione possono influenzare i progetti di tra-
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04. Lo sviluppo della ricerca Tracking the Landscape secondo le prospettive dell’Integral Design Approach | The development of Tracking the Landscape research according to the perspectives of the Integral Design Approach. Massimo Triches
sformazione, le politiche di gestione e le strategie di manutenzione dei territori? Questi interrogativi e queste tesi hanno alimentato Tracking the landscape, un progetto di ricerca sviluppato all’interno del laboratorio di progettazione PRIDE dell’Università Iuav di Venezia con lo scopo di mostrare come la fruizione attiva del territorio sia alla base del benessere fisico, ambientale, sociale, economico e culturale del paesaggio e di chi lo abita. Tracking the landscape ha inoltre approfondito tematiche e paradigmi progettuali propri dell’Active Design e delle reti per la mobilità sostenibile, restituendo al progetto (urbano e di paesaggio) un ruolo centrale come strumento di indirizzo e di verifica delle trasformazioni territoriali. Approccio e metodi A partire da un approccio metodologico proprio delle teorie della progettazione integrale (Wilber, 2000) gli studi hanno preso in considerazione i territori che vanno dalla Riviera del Brenta alla laguna di Venezia, concentrandosi in particolare sulla mappatura delle infrastrutture d’acqua e sulla loro relazione con il sistema dei nuclei urbani e con le reti dei principali servizi locali (come ad esempio le strutture educative) (img 01). La ricerca ha intrecciato le metodologie proprie delle diverse prospettive/ principi dell’Integral Design Approach articolandosi in numerosi momenti di sopralluogo in situ e altrettanti periodi dedicati allo studio cartografico e bibliografico. La progettazione integrale infatti prevede di mantenere simultaneamente molteplici prospettive di ricerca che affrontano diversi livelli di indagine, coinvolgendo in questo modo numerose sfere di consapevolezza e percezione umana. Si tratta dei quattro quadranti dell’approccio integrale, “esperienze/comportamenti/culture/sistemi”, che non si devono considerare come fenomeni separati o indipendenti bensì come quattro prospettive simultanee di ogni evento (DeKay, 2011).
Nel caso di Tracking the landscape, i sopralluoghi hanno consentito la raccolta di dati quantitativi riferiti sia al territorio sia al corpo umano, attraverso rilevazioni con strumenti GPS in grado di restituire le tracce plani-altimetriche dei percorsi effettuati e le reazioni del corpo in termini di battito cardiaco, sforzo percepito, consumo calorico, ed altri ancora7. Dunque sono state raccolte informazioni quantitative specifiche per ogni singolo itinerario che descrivono, in termini grafico/numerici, tanto il paesaggio attraversato quanto il medium corpo che lo attraversava (quadrante UR dei “comportamenti”). Durante le uscite in situ sono state inoltre effettuate delle rilevazioni più personali, connesse all’esperienza diretta del soggetto umano in relazione al luogo attraversato. Si tratta di schizzi, fotografie, video o altre elaborazioni grafiche che rientrano nella sfera artistica/percettiva non restituibili attraverso dati numerici oggettivi bensì riconducibili alla sfera emotiva/mentale/ spirituale (quadrante UL delle “esperienze”).
Le azioni fisiche pongono il corpo umano al centro delle relazioni spaziali, ambientali, sociali e culturali
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Contemporaneamente la ricerca ha analizzato mappe, cartografie e progetti che insistono su questo territorio, al fine di comprendere le dinamiche di connessione reciproca tra le parti e analizzare il valore sistemico del complesso sistema di infrastrutture d’acqua che disegna il paesaggio tra il Brenta e la Laguna. Si tratta di un lavoro che prevede la raccolta di informazioni grafiche e numeriche utili alla descrizione dei luoghi oggetto della ricerca e delle loro trasformazioni nel tempo (quadrante BR dei “sistemi”). Infine, attraverso la ricerca d’archivio (bibliografico, iconografico,
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05. Tracking the landscape. Mappatura dei servizi scolastici (in rosso) in relazione alle infrastrutture d’acqua (sulla sinistra in blu) e viarie (sulla destra in nero) | Tracking the landscape. Mapping of school services (in red) in relation to water (in blue on the left) and road infrastructure (in black on the right). Massimo Triches
filmografico), il confronto con le amministrazioni pubbliche, le imprese private e gli enti locali così come attraverso interviste e incontri con gruppi di lavoro, associazioni, collettivi che operano nel territorio, si è cercato di definire una narrativa dei luoghi e capire il valore sociale delle infrastrutture per le comunità che vivono questi territori (quadrante BL delle “culture”) (img 04). Risultati e discussione La ricerca in questo modo ha cercato di dimostrare il ruolo fondamentale delle infrastrutture d’acqua e quelle per la mobilità sostenibile all’interno delle dinamiche di cura reciproca del territorio e delle comunità. Si tratta di una rete relazionale e connettiva che, potenzialmente, è in grado di: monitorare il territorio e favorirne la manutenzione e trasformazione sostenibile attraverso la progettazione integrale; sostenere, valorizzare e comunicare le specificità territoriali, culturali, economiche e sociali innescando nuove dinamiche di pros-
simità e nuove relazioni, alla scala locale e territoriale; promuovere e incentivare l’attività fisica, in particolare tra i soggetti e le fasce di popolazione più critiche, favorendo stili di vita salutari, la salute e il benessere collettivo8. Nel territorio preso in analisi è stato osservato come la rete delle infrastrutture d’acqua sia molto più sviluppata di quella carrabile (570 km contro i 350 km circa) (img 05). Tale sistema, almeno potenzialmente, può svilupparsi in maniera capillare su tutto il territorio fungendo da collegamento, tanto ideale quanto fisico, tra i diversi centri urbani e i loro servizi. I numerosi sopralluoghi in situ così come quelli organizzati da diverse associazioni locali (come Legambiente e il Comitato Brenta Sicuro) hanno messo in evidenza il ruolo fondamentale delle infrastrutture d’acqua per questi territori e per le comunità che li abitano. La rete delle infrastrutture d’acqua che disegna questi territori in prima istanza diviene spazio urbano condiviso che favorisce il benessere della comunità e stili di vita salu-
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06. Tracking the landscape. Mappatura dei cammini e sopralluoghi organizzati da associazioni ed enti locali quali Legambiente e Comitato Brenta Sicuro | Tracking the landscape. Mapping of the paths and inspections organized by associations and local groups such as Legambiente and the Brenta Sicuro Committee. Massimo Triches
tari. Essa infatti costituisce il supporto ideale per la pratica sportiva outdoor – in particolare per quanto riguarda gli sport che non richiedono particolari strutture quali la camminata, l’escursionismo, la corsa, il ciclismo, che si stanno diffondendo e allargando in numero di utenti molto velocemente – sia per quanto riguarda piccole o grandi manifestazioni organizzate, con forti ricadute sullo sviluppo del territorio (turismo sportivo, eventi culturali, sponsorizzazioni, partenariati), sia per l’attività fisica quotidiana individuale, favorendone la pratica specialmente tra gli utenti più fragili che non praticano regolarmente sport (andando dunque a incidere in quelle fasce di popolazione maggiormente soggette a sedentarietà con benefici diretti per il loro benessere psicofisico)9. Questa rete infrastrutturale permette di introdurre nel territorio nuovi sistemi di attraversamento, di collegamento, di accessibilità e di prossimità, tanto alla scala urbana – quella del pedone che si misura in numero di passi e in
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distanze in minuti – quanto alla scala territoriale – quella della bicicletta che consente spostamenti anche di decine di chilometri. In questo senso la grande diffusione di nuovi mezzi per la mobilità sostenibile – come le biciclette elettriche o a pedalata assistita – che riducono le limitazioni legate alle caratteristiche del territorio (distanze da coprire e pendenze da superare) e quelle connesse alle capacità fisiche individuali (età o stato di forma) permette di allargare il bacino di utenti che decidono di lasciare i tradizionali mezzi di trasporto (spesso l’auto per gli spostamenti individuali) e le principali arterie viarie carrabili, in favore di strade/ sentieri secondari che garantiscono una nuova accessibilità diffusa; favoriscono il raggiungimento in sicurezza dei servizi locali; consentono la sistematizzazione e la valorizzazione delle attrattività territoriali. Il crescente utilizzo di questi luoghi, il numero sempre maggiore di persone che li attraversano occasionalmente o che li frequentano quotidianamente, favorisce una costante
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07. Mappatura fotografica dei sopralluoghi svolti nel 2021 | Photographic mapping of the inspections carried out in 2021. Massimo Triches
azione di osservazione e di monitoraggio. In questo senso, soprattutto grazie alle attività di comitati e associazioni locali ma anche attraverso le iniziative e le segnalazioni individuali, è possibile individuare le criticità (geologiche, idrauliche, biologiche e ambientali) di questi luoghi; stabilire le adeguate azioni di difesa e/o trasformazione; valutarne gli esiti nel tempo (img 06).
In questo contesto la ricerca ha cercato di dimostrare come sia necessario intrecciare la grande abbondanza di informazioni e dati a disposizione con una raccolta di esperienze e sensazioni date dalla conoscenza diretta, in un’ottica di approccio integrale capace di intrecciare costantemente le quattro prospettive di analisi. La ricerca ha inoltre sperimentato l’utilizzo di nuove tecnologie per la raccolta e rielaborazione dei dati come i dispositivi (portatili e wearables) e le applicazioni di monitoraggio, tracciamento e programmazione dei percorsi e delle attività. Questi strumenti da un lato sono stati utili alla raccolta dati (fisici, morfologici, sanitari, ambientali) e alla rielaborazione di nuove mappe e rappresentazioni (di comunità e utenti, di territori e ambienti);dall’altro hanno determinato nuove relazioni tra il corpo umano e l’ambiente contribuendo alla costruzione di nuovi paradigmi, immaginari e narrazioni – in continuità con le esperienze walkabout11: di fruizione, racconto e trasformazione del territorio (Chatwin, 1987; Wu Ming 2, 2015).*
La fruizione attiva del territorio è uno strumento fondamentale per la cura del paesaggio attraverso il monitoraggio, la tutela e la valorizzazione È stato infine osservato come questi luoghi siano in grado, se accompagnati da narrazioni e letture storico/analitiche e supportati da adeguati progetti di manutenzione/ trasformazione, di costruire nel tempo l’identità dei territori e delle comunità che li abitano, favorendone così la cura reciproca. Conclusione Il lavoro di ricerca ha dunque cercato di dimostrare quanto la fruizione attiva del territorio – l’accessibilità, la percorribilità e l’abitabilità – possa rappresentare uno strumento fondamentale per la cura – attraverso il monitoraggio, la tutela e la valorizzazione – del paesaggio, determinando ambienti in grado di favorire e incentivare stili di vita sani, salute individuale e benessere collettivo. In Tracking the landscape la fruizione attiva del territorio si traduce nella pratica del viverlo e dunque nella sua cura10.
NOTE 1 – I concetti di salute e di benessere sono da sempre strettamente legati alle qualità degli habitat che ospitano la vita delle comunità. L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce infatti il termine salute non solamente come l’assenza di malattie bensì come una condizione di completo equilibrio psicofisico di un individuo rispetto al contesto ambientale, sociale ed economico nel quale vive (WHO, 1948). Si tratta di un approccio/visione ecologica che non è nuova alla disciplina medica e già dai tempi di Ippocrate gli uomini erano a conoscenza delle connessioni tra la salute fisica e l’ambiente (McCally 2002). Inoltre anche posizioni molto critiche nei riguardi dell’istituzione medica, come quelle espresse dal filosofo Ivan Illich, riconoscono il ruolo primario degli ambienti di vita nei confronti della salute delle popolazioni (Illich, 1976). 2 – Si tratta di esempi di pianificazione territoriale e di trasformazione urbana quali le Superilles di Barcellona; l’iniziativa Milano 2020 Strategia di adattamento o la proposta per Parigi Ville duquart d’heure. Vi sono inoltre strumenti di valutazione e programmazione territoriale
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di enti certificatori come l’International Well Building Institute o programmi per lo sviluppo sostenibile come Agenda 2030 (Vanore e Triches, 2021). 3 – A titolo esemplificativo si riportano le seguenti ricerche, studi e classifiche pubblicate in ambito nazionale: il Rapporto Qualità dell’ambiente urbano a cura di ISPRA – Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca; il Dossier Qualità della Vita 2017 de Il Sole24ore; l’indagine Ecosistema urbano. Rapporto sulle performance ambientali delle città a cura di LEGAMBIENTE; l’ICityRank redatto da ForumPA (Vanore e Triches, 2019). 4 – Come avviene per la fotografia, queste rappresentazioni sono influenzate sia da un fattore temporale – dal momento che la qualità della vita non è una condizione statica esse devono necessariamente essere sempre riferite a un preciso momento storico – sia dall’inquadratura e dall’ampiezza di campo scelte per l’osservazione. Spesso infatti i limiti del campo di studio riflettono i confini amministrativi di un territorio quindi i risultati e i dati raccolti non individuano le reali caratteristiche di un luogo specifico, bensì sono il risultato di una media ponderata dei valori presenti all’interno delle diverse aree o dei diversi quartieri che costituiscono la città. Si tratta dunque di istantanee che fotografano un soggetto specifico in un momento e in un contesto determinato. Risulta dunque evidente come queste rappresentazioni siano originate da uno “sguardo ipovedente”, a causa della scala di riferimento che ne allarga la visione a un contesto troppo ampio, oppure a causa di una specificità disciplinare troppo marcata che ne restringe la visione a unico campo (Vanore e Triches, 2019). 5 – In ambito nazionale, ad esempio, si fa riferimento alle ricerche riportate nella nota 3: Rapporto Qualità dell’ambiente urbano, Dossier Qualità della Vita. Questi studi pubblicano ogni anno classifiche e report basati su famiglie di indicatori (in genere dalle sei alle dieci) quali: ricchezza, sicurezza, servizi, ambiente, mobilità, ecc. A loro volta, questi indicatori raccolgono dati eterogenei e di diversa natura – qualità dell’aria, qualità e gestione delle acque, offerta e uso del trasporto pubblico, chilometri di piste ciclabili, ecc. – che variano dai trenta agli oltre cento indicatori (Vanore e Triches, 2019). 6 – A titolo esemplificativo si vedano portali/piattaforme online quali Google Maps o StravaHeatmap attraverso i quali è possibile ottenere informazioni, anche in tempo reale, in merito a itinerari, tempi di percorrenza, traffico, accessibilità, frequentazione, possibili soste, servizi disponibili, e molte altre ancora. Tali piattaforme si basano sulla continua raccolta dati, e la loro istantanea rielaborazione, forniti dagli stessi utenti attraverso i loro dispositivi privati/individuali. I dispositivi di navigazione satellitare delle automobili, così come i telefoni cellulari, consentono di trasmettere informazioni relative alla percorrenza di un certo tratto stradale (come ad esempio la presenza di rallentamenti, code o incidenti). I dispositivi wearables, come orologi e fasce fitness, permettono il tracciamento dei percorsi effettuati, raccogliendo le tracce plani-altimetriche gpx, i tempi di percorrenza, il battito cardiaco e altri ancora. I dati raccolti vengono rielaborati attraverso le diverse piattaforme digitali che li traducono in mappe e planimetrie, in sezioni altimetriche, in grafici e diagrammi rappresentativi del percorso effettuato e delle sensazioni/risposte fisiche di chi indossava il dispositivo. A seconda del grado di privacy associato possono essere resi disponibili a utenti terzi. 7 – Tutti i sopralluoghi effettuati si sono svolti all’interno dei territori di riferimento (tra la riviera del Brenta e la Laguna di Venezia) cercando di percorrere in gran parte strade bianche e/o percorsi direttamente connessi alle infrastruttura d’acqua. L’insieme di questi collegamenti definisce un importante sistema connettivo e di interdipendenza reciproca tra diverse aree del territorio in analisi. 8 – Si pensi ad esempio ai numerosi progetti di manutenzione e gestione delle acque coordinati dai Consorzi di Bonifica e alle opere di consolidamento e trasformazione degli argini al fine di conservare o ricreare dei sistemi di collegamento ciclo-pedonale sicuri e ac-
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cessibili a tutti. Questi luoghi, nel tempo, hanno progressivamente assunto e/o riscoperto una valenza sociale all’interno della comunità consentendo di ospitare iniziative pubbliche ludico-ricreative, culturali e sportive oltre che a supportare le attività individuali o di piccoli gruppi di persone. 9 – In ambito nazionale, studi e ricerche condotte dal CONI (come ad esempio il Rapporto Sport & Società pubblicato per la prima volta nel 2008) analizzano il comportamento della popolazione italiana in termini di pratica sportiva regolare, attività fisica quotidiana e sedentarietà evidenziando la loro incidenza in base a diverse caratteristiche quali fasce d’età, luogo di residenza e altri ancora. Vengono inoltre riportati i principali fattori che causano l’inattività fisica o che favoriscono la pratica sportiva negli individui. A tal proposito si ricorda che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha individuato nell’inattività fisica il quarto fattore di rischio mortalità al mondo e per questo motivo ha stabilito delle linee guida che suggeriscono frequenza, durata, intensità, tipo e quantità totale di attività fisica necessaria a seconda delle diverse fasce d’età̀: 5-17 anni, 18-64 anni e oltre 65 anni. 10 – In questo senso si considera “l’abitare” come l’azione primaria e determinante rispetto alla cura del territorio. Abitare significa costruire, coltivare, avere cura del proprio habitat (Heidegger, 1976; Illich, 1976). 11 – Per walkabout si intende un sistema di storie/narrazioni/canti e percorsi/geografie attraverso il quale le popolazioni aborigene australiane hanno mappato il loro vasto territorio (le vie dei canti). Ad ogni percorso è collegato un canto che lo descrive come una sorta di guida cantata; il loro intreccio configura la storia del territorio. Le popolazioni erranti si muovevano, senza una vera meta, all’interno di uno spazio vuoto non ancora mappato cui unico segno “architettonico” era il percorso. Lo spazio, il tempo e la storia venivano organizzati e ritualizzati, attraverso l’azione del camminare (Careri, 2006). BIBLIOGRAFIA – Barton, H. (2017). City of wellbeing: a radical guide to planning. Abingdon: Routledge. – Careri, F. (2006). Walkscapes: camminare come praticaestetica. Torino: Einaudi. – Chatwin, B. (1987). The songlines. London: Jonathan Cape. – Damiano, S., Triches M. (2020). Salute e città sane in dati. In Toppetti, F., Ferretti, L.V. (a cura di), La cura delle città. Politiche e progetti. Macerata: Quodlibet, pp. 233-239. – DeKay, M. (2011). Integral Sustainable Design: Transformative Perspectives. Abingdon: Taylor& Francis Ltd. – Gehl, J. (2010). Cities for People. Washington-Corvelo-London: Island Press. – Heidegger, M. (1976). Costruire pensare abitare. In Vattimo, G. (a cura di), Martin Heidegger. Saggi e discorsi. Milano: Mursia, pp. 97-105. – Illich, I. (1976). Medical Nemesis. The espropriation of Health. New York: Pantheon Books. – McCally, M. (2002). Life support: The environment and human health. Cambridge: MA MIT Press. – Rueda, S. (2007). Barcelona, ciudadmediterránea, compacta y compleja: una visión de futuro mássostenible. Barcelona: Ayuntamiento de Barcelona – Vanore, M., Triches, M. (2019). Del prendersi cura. Abitare la città-paesaggio. Macerata: Quodlibet. – Vanore, M., Triches, M. (2021). #CURACITTÀ VENEZIA vs Marghera e la città-paesaggio. Macerata: Quodlibet. – WHO, (1948). Official Records of the World Health Organization n.2. Geneve. – Wilber, K. (2000). A Theory of Everything: An integral vision for business, politics, science, and spirituality. Boston: Shambhala. – Wu Ming 2 (2015). Il sentiero degli dei. Portogruaro: Ediciclo.
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Massimo Triches
Tracking the Landscape
The care of the landscape and the communities inhabiting it
Plans and strategies for urban transformation, that have been developing in recent years especially to deal with the increasingly frequent environmental and health emergencies, require careful reflection on the relationship between the health/wellbeing of populations and the care/maintenance of the inhabitants that host them1. Today, land administration policies are forced to deal with issues that mutually interconnect: urban design, environmental quality, health (individual and collective), city liveability, transport management, resource use, the role of public spaces and the rediscovery of values such as accessibility and proximity of services (Barton, 2017). Consider for example local initiatives and proposals that have been tried out in cities such as Barcelona, Milan and Paris (Rueda, 2007); or EU strategies for sustainable development that, through the plentiful use of diagrams, graphs, tables and data, define target, results, performance to be compared, achieved and/or accomplished2. For this purpose, in recent decades there has been a proliferation of studies and analyses that approach these issues providing multiple representations concerning the state of health of territories and cities, depending on different fields of observation and different indicators they use.3 Although such research provides summary tables useful for parallel readings or the drawing up of particular ranking, they are unable to fully describe the spatial qualities and complexities that characterise cities and urban landscapes4. Targets The great amount of data, indicators, diagrams, tables, and schemes presented by the numerous urban studies and/or classifications5, therefore reduces the landscape to an image mainly defined by quantitative metadata. It’s difficult to directly relate this representation to the physical dimension of the human being and to the capacity of our bodies to be an instrument/filter/medium capable of recognising and perceiving, through the senses, nature
and spatial qualities of the territory (Vanore and Triches, 2019). Numbers and percentages such as kilometres of bicycle lanes, square metres of pedestrian islands, the number of trees in the city, the area of accessible urban green space, the availability of health, cultural, sports and leisure services cannot remain mere elements of evaluation and comparison between different realities (Damiano and Triches, 2020). The constant data collection on territories and organisms that populate them is a fundamental tool for the analysis and the planning of territories and for the community administration, but the great amount of information often requires important filtering and verification work in situ through direct, individual and/or collective experience (Gehl, 2010). In order to obtain a more complete representation of the environmental quality and urban health of a specific place, as well as the wellbeing of the communities inhabiting it, it is necessary to combine these data with other information collected directly in the territory. These information are the result of direct experience in situ, through physical actions that place the human body at the centre of spatial, environmental, social and cultural relations, and that can generate moments of sharing and strategies of mutual care between territory and community. Moreover, thanks to the development of new technologies and artificial intelligence, nowadays every citizen, through their body and technological devices such as gps watches, satellite navigators, applications, etc., becomes both an acquired data and a monitoring tool6. Therefore, how can the active experience of the body in the landscape, in particular the urban context, determine new methods of analysis/ data collection and original perspectives on the processing/reading of information? In which way can values such as accessibility, walkability and habitability of shared spaces influence transformation projects, management policies and maintenance strategies for territories? These questions and thesis have driven Tracking the landscape, a research project developed within the PRIDE design laboratory of the Iuav University of Venice with the aim of showing how the active use of the territory is the basis of the physical, environmental, social, economic and cultural wellbeing of the landscape and its inhabitants. Tracking the landscape also explored design themes and paradigms of Active Design and sustainable mobility networks, giving back to urban and landscape project its central role as a tool for direction and verification of territorial transformations. Approach and methods
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Based on a methodological approach typical of integral design theories (Wilber, 2000), the studies have considered the territories from the Riviera del Brenta to the Venice lagoon, focusing in particular on mapping water infrastructures and their relationship with the urban areas and with the networks of main local services (such as educational facilities). The research weaved together the methodologies of the different perspectives/principles of the Integral Design Approach, with numerous on-site visits and an equal number of occasions dedicated to desk-based cartographic and bibliographic study. In fact Integral design, requires the simultaneous maintenance of multiple research perspectives that address different levels of investigation, therefore involving numerous spheres of human awareness and perception. These are the four quadrants of the integral approach (experiences; behaviours; cultures; systems), which are not to be considered as separate or independent phenomena but as four simultaneous perspectives of each event (DeKay, 2011). In the case of Tracking the landscape, the surveys allowed the collection of quantitative data referring both to the territory and to the human body, through surveys with GPS instruments capable of returning plan/altimetric traces of the routes taken and the body reactions in terms of heartbeat, perceived exertion, caloric consumption, and others7. Therefore, quantitative information specific to each individual itinerary describes, in graphical/numerical terms, both the crossed landscape and the medium/body that walked through it. During the surveys, more personal observations were also made related to the direct experience of the human subject in connection with the place crossed. These are sketches, photographs, videos or other graphic elaborations that belong to the artistic/perceptual sphere and that cannot be represented by means of objective numerical data, but rather can be traced back to the emotional, mental, spiritual sphere. Simultaneously, the research analysed maps, cartographies and projects affecting this territory, in order to understand the dynamics of mutual connection between the parts and to examine the systemic value of the complex system of water infrastructures that shapes the landscape between the Brenta and the Lagoon. This work involves the collection of graphical and numerical information useful for describing the studied places and their transformations over time. Finally, through bibliographic-iconographic-cinematographic archive research; discussions with public administrations, private companies and local authorities; as well as
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through interviews and meetings with working groups, associations, collectives operating in the area, it was made an attempt to define a narrative of the places and to understand the social value of these infrastructures for the communities living in these territories. Results and discussion The research therefore tried to demonstrate the fundamental role of water infrastructures and those for sustainable mobility within the dynamics of reciprocal care between the territory and communities. This is a relational and connective network potentially capable of monitoring the territory and promoting its maintenance and sustainable transformation through integral design; supporting, enhancing and communicating territorial, cultural, economic and social specificities by activating new proximity dynamics and new relationships, both at local and territorial scale. It also encourages physical activity, particularly among the most critical subjects and population groups, supporting healthy lifestyles, health and collective wellbeing8. In the analysed territory, it was observed that the water infrastructure network is much more developed than the road network (570 Km against about 350 Km). Such a system, at least potentially, can develop in a capillary manner throughout the territory, acting as a link, both ideal and physical, between the different urban centres and their services. The many site inspections, as well as those organised by various local associations (such as Legambiente and the Comitato Brenta Sicuro) have highlighted the fundamental role of water infrastructures for these territories and the communities that inhabit them. The network of water infrastructures that draws these lands in the first instance becomes a shared urban space that promotes community wellbeing and healthy lifestyles. Indeed, it represents the ideal support for the practice of outdoor sports – particularly sports that do not require special facilities such as walking, hiking, running, cycling, which are spreading and expanding in number of users very quickly – both in terms of small or large organised events. Therefore, it has strong repercussions on the development of the territory (sports tourism, cultural events, sponsorships, partnerships), as well as for individual daily physical activity, favouring its practice especially among the most fragile users who do not regularly practise sport (affecting those sections of the population most susceptible to sedentariness with direct benefits for their psychophysical wellbeing)9. This infrastructure network makes it possible to introduce new systems of crossing, connection, accessibility and proximity into the territory, both on the urban scale, that of the pedestrian measured in number of steps and distances in minutes, and on the extra-urban scale, that of the bicycle, which allows movements of even tens of kilometres. Therefore, the large diffusion of new tools for sustainable mobility – such as electric bicycles or pedal-assisted bicycles – which reduce the limitations related to the characteristics of the territory (distances to be covered and slopes to be overcome) and those related to individual physical capacities (age or
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state of fitness) makes it possible to expand the number of users who decide to leave traditional means of transport (often the car for individual travel) and the main carriageable roads, in favour of secondary roads that guarantee a new widespread accessibility; favour safe access to local services; enable the systematization and enhancement of territorial attractions. The growing utilisation of these places, the everincreasing number of people occasionally passing through or frequenting them on a daily basis, encourages constant observation and monitoring. Accordingly, mainly thanks to the activities of local committees and associations, but also through individual initiatives and reports, it is possible to identify the criticalities (geological, hydraulic, biological and environmental) of these places, to establish appropriate protection and/ or transformation actions; and to assess their outcomes over time. Finally, it was observed how these places are capable, if accompanied by historical/analytical/ descriptive narratives and supported by appropriate maintenance/transformation projects, of building over time the identity of the territories and communities that inhabit them, therefore encouraging their mutual care. Conclusions The research work therefore sought to demonstrate how active use of the territory – accessibility, walkability and habitability – can represent a fundamental tool for the care – through monitoring, protection and valorisation – of the landscape, determining environments capable of promoting and encouraging healthy lifestyles, individual health and collective wellbeing. In Tracking the landscape, the active use of the territory is expressed in the practice of living/ habiting it and therefore in its care10. Given this context, the research aimed to demonstrate how it is important to combine the great abundance of information and data available with a collection of experiences and sensations provided by direct perception, in an integral approach capable of constantly interweaving the four perspectives of analysis. The research also experimented with the use of new technologies for collecting and processing data such as devices (handhelds and wearables) and applications for monitoring, tracking and scheduling routes and activities. On the one hand, these tools have been useful in the collection of data (physical/morphological, health/ environmental) and in the elaboration of new maps and representations (of communities/ users and of territories/environments); on the other hand, they have determined new relationships between the human body and the environment, contributing to the construction of new paradigms, imaginaries and narratives – in continuity with the “walkabout” experiences11 – of use, narration and transformation of the territory (Chatwin, 1987; Wu Ming 2, 2015).* Notes 1 – The concepts of health and wellbeing have always been closely linked to the qualities of the habitats in which communities live. The World Health Organisation defines the term “health” not only as the absence of disease but as a condition
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of complete psychophysical balance of an individual in relation to the environmental, social and economic context in which they live (WHO, 1948). This is an ecological approach/view that is not new to the medical discipline and since the time of Hippocrates men were already aware of the connections between physical health and the environment (McCally 2002). Furthermore, even positions that are highly critical of the medical institution, such as those expressed by the philosopher Ivan Illich, recognise the primary role of living environments in the health of populations (Illich, 1976). 2 – These are examples of spatial planning and urban transformation such as the Barcelona Superilles; the Milano 2020 Strategia di adattamento or the proposal for Paris Ville du quart d’heure. There are also spatial assessment and planning tools from certifying bodies such as the International Well Building or sustainable development programmes such as Agenda 2030 (Vanore and Triches, 2021). 3 – As an example, here are the following researches, studies and rankings published nationally: the Rapporto Qualità dell’ambiente urbano by ISPRA; the Dossier Qualità della Vita 2017 by Il Sole24ore; the Ecosistema urbano. Rapporto sulle performance ambientali delle città by LEGAMBIENTE; the ICity Rank compiled by ForumPA. 4 – As is the case with photography, these representations are influenced both by a temporal factor and by the framing and field width chosen for observation. In fact, the limits of the field of study often reflect the administrative boundaries of an area, so the results and data collected do not identify the real characteristics of a specific place, but are the result of a weighted average of the values present within the different areas or neighbourhoods that make up the city. They are therefore snapshots that photograph a specific subject at a specific time and in a specific context. (Vanore and Triches, 2019). 5 – At a national level, for example, we refer to the studies listed in footnote 3. These studies publish yearly rankings and reports based on families of indicators (generally 6 to 10) such as wealth, safety, services, environment, mobility, etc., which in turn collect heterogeneous data of a different nature such as air quality, water quality and management, public transport supply and use, kilometres of bicycle lanes, etc. (Vanore and Triches, 2019). 6 – For example, online portals/platforms such as Google Maps or Strava Heatmap, through which it is possible to obtain information, also in real time, on routes, travel times, traffic, accessibility, attendance, possible stops, available services, and many others. These platforms are based on continuous data collection, and their instantaneous reprocessing, provided by the users themselves through their private/individual devices. 7 – All the surveys were carried out within the area of reference (between the Riviera del Brenta and the Lagoon of Venice), mostly along “white roads” and/or routes directly connected to the water infrastructure. The set of these connections defines an important connective system and mutual interdependence between different areas of the territory under analysis. 8 – For instance, the numerous water maintenance and management projects coordinated by the Consorzi di Bonifica and of the consolidation or transformation of embankments in order to preserve or recreate safe and accessible cycle and pedestrian connection systems for all. Over time, these places have progressively assumed and/or rediscovered a social value for the community, allowing them to host public recreational, cultural and sports initiatives as well as to support individual activities or those of small groups of people. 9 – In a national context, studies and researches conducted by CONI analyse the behaviour of the Italian population in terms of regular sports practice, daily physical activity and sedentariness, highlighting their incidence according to different characteristics such as age group, place of residence and others. 10 – Here “inhabiting” is considered to be the primary and determining action with respect to the care of the land. “Inhabiting” means building, cultivating, caring for the habitat (Heidegger, 1976; Illich, 1976). 11 – “Walkabout” refers to a system of stories/narratives/songs and routes/geographies through which the Australian Aboriginal peoples have mapped their vast territory. Attached to each route is a song that describes it as a kind of sung guide; their interweaving configures the history of the territory. The wandering peoples moved, without a real destination, within an empty, unmapped space whose only ‘architectural’ sign was the route. Space, time and history were organised, and were ritualised, through the action of walking (Careri, 2006).
Filippo Petrocchi
PhD in Inclusive and Sustainable Design, Università degli studi di Ferrara. ptrfpp@unife.it
Fluido e istantaneo MaaS
01. Stazione di Schiedam, Olanda | Schiedam railway station, Netherlands. Filippo Petrocchi
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Benefici e criticità del MaaS, dalla teoria alla pratica nella prospettiva dell’inclusione, della sostenibilità e della cosapevolezza Fluid and Instant MaaS In the age of digital abundance and fluid society, the mobility sector faces numerous challenges including the transition from vehicle ownership-based mobility to service-based mobility (MaaS). After a brief introduction, three case studies are analysed and discussed by reflections and conclusions considering economic benefits, sustainability, social inclusion and user awareness. Finally, a possible research scenario on this type of mobility is suggested.* Nell’era dell’abbondanza digitale e della società fluida il settore della mobilità si trova ad affrontare numerose sfide, tra cui la transizione da mobilità basata sulla proprietà del veicolo a una mobilità basata sul servizio (MaaS). Dopo una breve introduzione vengono qui analizzati tre casi studio particolarmente significativi di promettenti realtà MaaS nazionali e internazionali. Seguono riflessioni e conclusioni con particolare riferimento ai benefici economici, sostenibilità, inclusione sociale e consapevolezza dell’utente. Infine, viene suggerito un possibile scenario per le future ricerche sia in ambito accademico che professionale.*
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ntroduzione Viviamo nell’era dell’abbondanza digitale. Dai primi sviluppi dell’elettronica degli anni Settanta sino ai giorni nostri, il mondo si è progressivamente evoluto verso un contesto sempre più tecnologico, plasmando una nuova contemporaneità più fluida e accelerata in cui lo strumento predominante è sicuramente quello digitale (Bauman, 2011; Baricco, 2018; Manzini, 2018). Se nel passato le attività venivano svolte da persone o da dispositivi analogici, oggi, nel nostro quotidiano, quasi ogni attività può essere svolta con strumenti digitali: ad esempio, la gestione del nostro conto corrente, la lettura di un articolo di giornale o la prenotazione di un biglietto aereo ecc. Considerando dunque questo contesto di abbondanza digitale, il presente contributo si focalizza sulla mobilità e sulla sua trasformazione in seguito a quella che viene definita dagli esperti come quarta rivoluzione industriale: la rivoluzione digitale (Loureiro, 2018; Troitiño, 2022). La mobilità, da sempre contraddistinta per un’elevata vocazione all’innovazione, è sicuramente uno dei settori che sta subendo i più profondi e radicali cambiamenti. Cambiamenti caratterizzati dalla crescente richiesta di flessibilità nelle soluzioni, dalla digitalizzazione dei mezzi di trasporto, dalla evoluzione dei collaudi per la tecnologia della guida autonoma nonché dalla transizione verso mezzi sempre più ecologici, in particolare a propulsione elettrica (Anfia e Roland Berger, 2019). Fra le varie innovazioni, una delle più interessanti riguarda la ricerca di nuovi sistemi di mobilità e in particolare, le sperimentazioni volte al superamento dell’attuale modello legato alla proprietà individuale del veicolo, in favore di un modello alternativo, basato sull’utilizzo di un servizio a pagamento. In altri termini, mobilità vista come servizio, MaaS (acronimo inglese di Mobility as a Service). Obiettivo di questo articolo è verificare lo stato di evoluzione di questo nuovo modello, figlio del contesto dell’abbondanza digitale, con particolare attenzione agli aspetti di inclusione sociale, consapevolezza dell’utente e sostenibilità ambientale (TTS Italia, 2021).
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02. Rappresentazione grafica delle differenze tra l’attuale sistema di mobilità e il MaaS | Graphical representation of differences between the current mobility system and MaaS. Fonte TTS, 2021
Premessa una breve introduzione, volta a illustrare la definizione del MaaS, le relative tipologie di possibili utenti nonché i diversi benefici e opportunità che potrebbe generare, verranno poi presentati tre casi studio particolarmente signi-
naturali e principali, almeno nella prima fase di diffusione del servizio, le nuove generazioni (i cosiddetti nativi digitali); a questi vanno aggiunti tutti quelli che già attualmente hanno la necessità di utilizzare più mezzi di trasporto per proprie routine personali (ad esempio, i pendolari) e che dunque sono maggiormente disponibili ad apprendere e giovarsi dello strumento digitale che li agevola. Tuttavia, data la limitata sperimentazione, dovuta alla scarsa presenza di servizi MaaS operativi in tutto il mondo, non si può stabilire con precisione quali potranno essere le categorie più propense all’utilizzo di questo tipo di servizio. È utile sottolineare i vantaggi che questo tipo di mobilità comporta, soprattutto nei grandi centri urbanizzati. Per quello che concerne l’utente, i benefici di adozione del MaaS sono multipli. La logica della mobilità come servizio non può che promuovere un’offerta più ampia e varia e, di conseguenza, una maggiore concorrenza e riduzione dei relativi costi oltre a eliminare tutti i costi dell’acquisto e gestione del veicolo di proprietà. L’offerta più ampia implica inoltre una migliore programmazione dei servizi e della coordinazione e connessione fra le varie tipologie di mezzi disponibili, favorendo la fluidità degli spostamenti. Per quello che riguarda i benefici degli stakeholder, il MaaS si propone come agente rinforzante del contesto specifico in cui viene implementato, nell’arco di un tempo relativamente breve. Attuare efficienti politiche di Mobilità/Servizio comporta l’effetto di disincentivare l’utilizzo dell’auto privata che, consolidandosi, permette di ridurre i parcheggi e gli altri spazi pubblici necessari a quell’uso; con conseguente possibilità di ampliamento delle aree verdi e complessivo miglioramento della qualità dell’aria e della vivibilità del contesto cittadino. Per le sue caratteristiche di servizio collettivo, flessibile e personalizzabile, il MaaS presenta inoltre ottime potenzialità per includere, nell’ambito della mobilità autonoma, una larga fascia di categorie che attualmente ne è invece esclusa: basti pensare ai ragazzi
Una più veloce, affidabile, flessibile mobilità migliora la competitività del territorio ficativi quali realtà nazionali e internazionali emergenti nel contesto MaaS. Verranno poi svolte riflessioni e conclusioni relative alla loro inclusività sostenibilità e consapevolezza. MaaS Pensato per contesti densamente abitati e provvisti di buona copertura internet, il MaaS è un nuovo concetto di mobilità che consiste nell’integrazione di varie forme di servizi di trasporto pubblico e privato in un unico articolato servizio di mobilità, interamente governato con lo strumento digitale. Come rappresentato nell’immagine 02, la principale differenza con i servizi di mobilità attualmente esistenti sta proprio nell’aggregare diverse proposte di mobilità in un unico dispositivo, lo smartphone, ed effettuare il pagamento attraverso un’unica modalità, quella digitale. Il MaaS può presentare diversi livelli di implementazione che dipendono dal grado di integrazione fra i vari servizi offerti. Secondo la classificazione riportata dall’Associazione Italiana della Telematica per i Trasporti e la Sicurezza, al “livello 0” non esiste alcun grado di integrazione, al “livello 1” l’integrazione è limitata alle informazioni, al “livello 2” è possibile un pagamento condiviso, al “livello 3” si può effettuare un abbonamento e, infine, al “livello 4”, ultimo e più elevato, assieme a informazioni, pagamenti e abbonamenti, è possibile anche la realizzazione di obiettivi sociali (TTS Italia, 2021). Data la sua natura digitale, il MaaS vede come utenti
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03. Alcune schermate dell’applicazione Whim | Some screenshots of the Whim application. Whim
sotto ai quattordici anni che, ovviamente, non possono ancora guidare un’auto privata, o agli anziani o disabili che non sono più in grado di farlo in maniera sicura (TTS Italia, 2021). Di seguito, infine, si illustrano tre distinti casi studio di concreta sperimentazione della “mobilità come servizio”, evidenziandone le principali caratteristiche. Case study 1 – Whim Uno dei primi e più famosi esperimenti di MaaS si chiama Whim ed è stato realizzato recentemente, nel 2016, nella capitale della Finlandia, Helsinki. Non è casuale che la mobilità come servizio abbia trovato terreno fertile per il suo sviluppo proprio nella capitale finlandese. Helsinki, infatti, ha un modello di mobilità prevalentemente sviluppato sull’uso dei mezzi di trasporto pubblici, a causa della sua rarità di spazio per i mezzi privati dovuta alla conformazione del suo territorio, circondato su tre lati dal mar Baltico (Audouin e Finger, 2018).
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In questo contesto la startup Whim è sicuramente un esempio calzante di come si possa utilizzare l’abbondanza artificiale dei dati per offrire un servizio di mobilità tagliato su misura delle richieste di spostamento del territorio. Whim di fatto propone un servizio basato su app per cui, attraverso un abbonamento, è possibile usufruire di un ecosistema di mezzi di trasporto sia pubblici che privati (Whim Helsinki, 2023). È importante sottolineare che l’applicazione Whim propone, fra i filtri per la scelta del percorso, non solo la soluzione più veloce ma anche quella ambientalmente più sostenibile (Whim Helsinki, 2023). Case study 2 – URBI Un altro caso interessante è quello dell’azienda URBI che si propone come una delle più grandi realtà esistenti sul territorio italiano per il MaaS. Fondata nel 2014 a Chiasso (Svizzera) da Emiliano Saurin e Serena Schimd e acquistata
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04. Alcune schermate dell’applicazione URBI | Some screenshots of the URBI application. URBI
al 70% da Telepass nel 2017, Urbi propone un’unica omonima applicazione da smartphone per prenotare diversi servizi di mobilità, quali car, scooter e bike sharing, taxi, ride sharing e trasporto pubblico (Bandirali, 2022). La particolarità di URBI è quella di rendere visibile l’abbondanza dei servizi di mobilità, di proporsi come soluzione per lo spostamento e di aggregare e connettere i servizi di mobilità già esistenti sia pubblici che privati. Case study 3 – Openmove Openmove è una startup fondata nel 2014 a Rovereto da un team di giovani trentini. Presente in undici paesi tra Europa e Medio Oriente, l’azienda gestisce attualmente nove milioni di viaggi su base annua e si va sempre più specializzando in servizi di ITS (Intelligent Transportation Systems), con particolare attenzione alla Mobility as a Service. Fra i vari progetti, quello qui prescelto è la omonima applicazio-
ne (Openmove) realizzata per la mobilità nella regione Trentino Alto Adige. La particolarità di Openmove Trentino è quella di aver integrato sei distinti fornitori di trasporti del territorio (Trentino Trasporti, Trenitalia, APT Campiglio, Hotel Lago di Braies, Provincia di Trento e Provincia di Bolzano), coordinando in tal modo, varie tipologie di trasporto diverse, quali bus urbani ed extraurbani, treni, funivie, ski bus, bike e car sharing nonché gli accessi delle auto private ad aree e parcheggi riservati (Openmove, 2022). L’aspetto saliente di Openmove è quello di essere un integratore di mobilità esistenti in un determinato territorio che senza internet non sarebbero in grado di interagire in maniera efficiente. Discussione La menzionata transizione da una mobilità di tipo tradizionale – multilivello ma divisa – a una mobilità più nuova e ve-
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05. Esempio di schermata dell’applicazione Openmove | A screenshot of the Openmove application. Openmove
loce – multilivello e connessa ma standardizzata – presenta una pluralità di aspetti e questioni che meritano di essere segnalati, con riferimento ai casi studio presentati e prendendo in considerazione parametri quali i benefici economici, la sostenibilità, l’inclusione sociale e la consapevolezza dell’utente. Benefici economici Dal punto di vista economico, una mobilità più veloce, affidabile e flessibile migliora la competitività del territorio: non solo generando nuovi business ma rafforzando anche quelli già esistenti. Una mobilità più legata al servizio e meno alla proprietà del veicolo può sicuramente portare dei benefici in termini di riduzione dell’inquinamento aereo e sonoro e una maggiore fruibilità delle strade e degli spazi pubblici da parte dei cittadini. I casi studio citati – Whim, Urbi e Openmove – propongono tutti un modello di business che ha come obietti-
vo quello di creare un ecosistema di mobilità, connesso e capillare, in collaborazione con i principali attori del trasporto nel territorio coinvolto. Le principali differenze sono invece costituite dalla dimensione del servizio e dalla tipologia del territorio coinvolto. Whim, è un abilitatore di infrastruttura e servizi front-end (come, ad esempio, la
Il MaaS può definirsi come un’evoluzione del “sistema mobilità”
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app) ed è operativa in contesti metropolitani. Openmove è un operatore di servizi che basa il suo business sia sui biglietti venduti tramite app che sui servizi per le pubbliche amministrazioni di comuni e regioni. Infine, Urbi è un operatore di servizio che svolge sia la funzione di servizio, sia la funzione di integratore con altre catene di mezzi mobili; i suoi guadagni provengono principalmente da percentuali
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sui biglietti e dalle quote di iscrizione degli utenti della piattaforma (Bipformaas, 2023). Sostenibilità Almeno in questa prima fase (Hietanen, 2014), il MaaS assomiglia più a uno strumento di ottimizzazione gestionale in funzione del profitto, piuttosto che ad un facilitatore di mobilità green, più attento al miglioramento dell’ambiente e della vita dei cittadini. Fra le varie applicazioni analizzate e quelle qui presentate, solamente Whim possiede un criterio di scelta per percorsi più sostenibili mentre la maggior parte delle applicazioni, fra cui anche URBI e Openmove, dedica la loro principale attenzione alla presentazione di più servizi possibili all’interno di una sola mappa. Inclusione sociale
luppo dei servizi digitali MaaS. Questo rischio di esclusione riguarda non soltanto i paradigmi di scelta, ma anche la velocità di utilizzo attesa, calibrata su performance più adatte a un nativo digitale piuttosto che a persone con deficit naturali o artificiali. Consapevolezza L’abbondanza digitale di servizi di mobilità, se da un lato rappresenta una sicura opportunità di rendere più organizzato e personalizzato lo spostamento in un determinato contesto, dall’altro ci pone di fronte a nuove problematiche relative alla gestione dei dati e della loro visibilità. Problematiche relative ai criteri di scelta e priorità con cui le informazioni vengono mostrate e al livello di consapevolezza fornito all’utente sulla sostenibilità ambientale. Conclusioni Non è certo un caso che un modello di mobilità come il MaaS nasca in questo periodo storico-tecnologico; l’abbondanza di crisi e l’abbondanza digitale offrono opportunità per sperimentazioni che, in questo ambito, presentino la istantaneità e la flessibilità quali caratteristiche predominanti. Il MaaS può definirsi come un’evoluzione del “sistema mobilità” che, facendo leva sui dati di internet, è in grado di offrire soluzioni e rispondere ad esigenze sempre più rapide, personalizzate e flessibili (e quindi “liquide”), tipiche dell’attualità. Come far convivere dunque il MaaS con la sostenibilità economica, ambientale, l’inclusione sociale e la consapevolezza nell’era dell’abbondanza digitale? Sicuramente l’abbondanza artificiale, e in particolare quella dei dati condivisi con internet, può essere una chiave per poter misurare con maggiore precisione le necessità e i flussi di movimento delle persone all’interno di un
Quale sarà il livello di consapevolezza dell’utente sui suoi dati e sui servizi di mobilità effettivamente disponibili nel territorio? Offrire la possibilità di consultare una mappa in cui siano indicate tutte le fermate dei mezzi pubblici e l’orario in cui sono disponibili è sicuramente utile per il miglior funzionamento del sistema pubblico. Tuttavia, in alcuni casi, la troppa aggregazione di dati e di proposte di mobilità potrebbe costituire un ostacolo, soprattutto per una utenza fragile come quella anziana; utenza che, fra l’altro, è data in aumento nei prossimi anni in tutto il globo terrestre (WHO, 2022; Li et al., 2020). L’inclusione sociale di categorie fragili è dunque poco compresa nei criteri di svi-
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territorio, favorendo in tal modo miglioramenti economici, ambientali, sociali e politici. I miglioramenti economici derivanti da una mobilità come servizio potrebbero essere relativi soprattutto alla realizzazione di una mobilità più connessa e veloce e quindi più attrattiva per tutte le aziende del territorio interessato. Attraverso la creazione di un servizio di mobilità connesso è inoltre possibile gestire in maniera molto più efficiente grosse quantità di persone in movimento. I benefici ambientali sono invece relativi alla rivalutazione in chiave digitale dei servizi esistenti, valorizzando il complessivo sistema di mobilità piuttosto che il singolo prodotto. Si potrà inoltre rendere l’utente più consapevole sull’impatto ambientale del viaggio prescelto, attraverso filtri che evidenzino soluzioni di viaggio più sostenibili. Il livello più avanzato della mobilità come servizio partecipa anche alla realizzazione di intenti e obiettivi eticosociali, volti a rendere la mobilità un diritto per tutti gli abitanti e visitatori di un determinato territorio. Principale obiettivo è quello di rendere la mobilità accessibile alla maggior parte della popolazione di un determinato territorio, minimizzando l’esclusione sociale. Una ultima conclusione va effettuata sull’importanza della consapevolezza dell’utente nell’era dell’abbondanza artificiale dei dati. Ci si riferisce, in particolare, alla necessità di rendere più visibili i dati scambiati e acquisiti nell’utilizzo di tutti i servizi e in particolare dei servizi di mobilità. Tale prospettiva risulta particolarmente importante non solo per avere dei benefici a livello sostenibile, sociale ed economico ma anche per affrontare in maniera più umana le decisioni sempre più complesse che l’attuale situazione fluida ci presenta anche nel contesto della mobilità. Per acquisire, cioè, maggiore controllo e consapevolezza riguardo i nostri pensieri, le nostre azioni e il nostro territorio.*
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Filippo Petrocchi
Fluid and Instant MaaS
Benefits and critical issues of MaaS, from theory to practice, and from the perspective of inclusion, sustainability and awareness
Introduction We live in the era of digital abundance. From the first developments in electronics in the 1970s up today, the world has progressively evolved towards an increasingly technological context contributing to a new, increasingly fluid and accelerated contemporaneity where digital is the predominant tool (Bauman, 2011; Baricco, 2018; Manzini, 2018). Whereas in the past activities were carried out by people or analogue devices, today, in our daily lives, almost every activity can be carried out with digital tools: for example, managing our bank account, reading a newspaper article or booking an airline ticket, etc. Considering this context, the following contribution illustrates the current mobility scenario and its transformation related to what, as defined by experts, is the fourth industrial revolution: the digital revolution (Loureiro, 2018; Troitiño, 2022). Mobility, which has always been characterised by a high vocation for innovation, is certainly one of the sectors undergoing the most profound and radical changes. Changes characterised by the growing demand for flexible solutions, the digitalisation of means of transport, the evolution of testing for autonomous driving technology as well as the transition towards increasingly green vehicles, in particular electrically powered (Anfia and Roland Berger, 2019). Among the various innovations, one of the most interesting concerns the search for new mobility systems and in particular, experiments aimed at overcoming the current model linked to individual vehicle ownership, in favour of an alternative model, based on the use of a paid service. In other words, mobility seen as a service, MaaS (acronym for Mobility as a Service). The aim of this article is to verify the state of evolution of this new model, son of the context of digital abundance, with particular attention to the aspects of social inclusion, user awareness and environmental sustainability. After a brief introduction, aimed at illustrating the definition of MaaS, the relative types of
possible users as well as the various benefits and opportunities it could generate, three particularly significant case studies will then be presented. Reflections and conclusions will then be made regarding their inclusiveness, sustainability and awareness. MaaS Designed for densely populated contexts with high Internet coverage, MaaS is a new mobility concept that consists of the integration of various forms of public and private transport services into a single articulated mobility service, entirely governed by the digital tool. As depicted in image 1, the main difference with currently existing mobility services lies in the aggregation of different mobility offers into a single device, the smartphone, and payment through a single way, the digital one. MaaS may present different levels of implementation depending on the degree of integration between the various services offered. According to the classification reported by the Italian Association of Telematics for Transport and Security, at “level 0” there is no degree of integration, at “level 1” integration is limited to information, at “level 2” shared payment is possible, at “level 3” subscription is possible and, finally, at “level 4”, the last and highest level, together with information, payment and subscription, the realisation of social objectives is also possible (TTS Italy, 2021). Given its digital nature, MaaS first users come from the new generations (the digital natives), at least in the first phase of service deployment. In addition to them all those who need to use several means of transport for their personal routines (e.g. commuters) and are willing to learn the opportunity and benefits of the digital tool must be added. However, given the limited experimentation, due to the scarce presence of operational MaaS services worldwide, it cannot be ascertained which categories will be most likely to use this type of mobility service. It is worth emphasising that MaaS advantages
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are especially related to large urban centres. In fact, the logic of MaaS can promote a wider and better urban mobility resulting in an increase of mobility competition and a cost reduction for the user together with the benefit of not paying all the expenses related to the ownership of a vehicle. The wider offer also implies a better planning of services and coordination and connection between the various types of vehicles available within the city journeys. Regarding the stakeholder benefits, MaaS can reinforce the specific context where it is implemented in a short period of time. Furthermore, implementing MaaS service policies can disincentivize private vehicle usage and consolidate the reduction of parking and public spaces required for vehicles. As a consequence, MaaS can enhance the urban environment with more green areas, better air quality resulting in an improved livability of the city context. Considering its characteristics of flexible, shareable and customisable service, MaaS presents a high potential to increase the accessibility to transportation for users who are normally excluded. For instance, users like children under 18-16 years old, which cannot use vehicles for their too young age, or elderly people who do not feel safe anymore to use a vehicle for their own routines (TTS Italia, 2021). Three distinct case studies of concrete experimentation with “mobility as a service” are illustrated below, highlighting their main characteristics. Case study 1 – Whim One of the earliest and most famous MaaS experiments is called Whim and was implemented in Finland’s capital Helsinki in 2016. It is no coincidence that mobility as a service has developed in the Finnish capital. Helsinki has a mobility infrastructure predominantly developed on the use of public transport, since it is surrounded on three sides by the Baltic Sea and consequently the space for private vehicles is quite limited (Audouin and Finger, 2018). The startup Whim is certainly a good example
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of how data abundance can be used to offer a mobility service tailored to the travel demands of local people. Whim actually proposes an app-based service where, through a subscription, it is possible to use an ecosystem of both public and private means of transport (Whim Helsinki, 2023). Furthermore, it is important to emphasise that the Whim app proposes a filter to choose not only the fastest solution but also the most environmentally sustainable one (Whim Helsinki, 2023). Case study 2 – URBI Another interesting case is that of the company URBI, which presents itself as one of the largest companies in Italy for MaaS. Founded in 2014 in Chiasso (Switzerland) by Emiliano Saurin and Serena Schimd and 70% acquired by Telepass in 2017, Urbi proposes a single smartphone application to book different mobility services, such as cars, scooters and bike sharing, taxis, ride sharing and public transports (Bandirali, 2022). The particularity of URBI is to make visible the abundance of mobility services and to propose itself as mobility aggregator to connect the newest with existing mobility services both public and private. Case study 3 – Openmove Openmove is a startup founded in 2014 in Rovereto by a team of young people from Trentino. With offices spread out in eleven countries between Europe and the Middle East, the company currently manages nine million trips on an annual basis and is increasingly specialising in ITS (Intelligent Transportation Systems) services, with a focus on Mobility as a Service. Among the various projects, the one chosen here is the application of the same name (Openmove) developed for mobility in the Trentino Alto Adige region. The special feature of Openmove is that it has integrated six different transport providers in the region such as Trentino Trasporti, Trenitalia, APT Campiglio, Hotel Lago di Braies, Province of Trento and Province of Bolzano. The role of Openmove was to coordinate several types of transport, such as urban and extraurban buses, trains, cable cars, ski buses, bike and car sharing as well as private car access to reserved areas and parking spaces (Openmove, 2022). The peculiarity of this case study is the fact that Openmove is an integrator of existing mobilities in a specific territory which takes advantage of the internet to find efficient and cost-effective solutions. Discussion The aforementioned transition from a traditional type of mobility – multilevel but divided – to a newer and faster type of mobility – multilevel connected and standardised – presents a plurality of aspects and issues that deserve to be pointed out. Within the boundaries of this paper the MaaS will be discussed referring each time to the case studies presented and taking into consideration parameters such as economic benefits, sustainability, social inclusion and user awareness.
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Economic benefits On the economic side a mobility which is faster, more reliable, and more flexible improves the territory competitiveness. This economic improvement comes not only from generating new business around mobility but also from strengthening existing ones. Mobility that is more service-based like MaaS and less based on vehicle ownership can certainly bring benefits in terms of reduced air and noise pollution and greater usability of streets and public spaces by citizens. The case studies cited – Whim, Urbi and Openmove – all propose a business model that aims to create a mobility ecosystem, connected and capillary, in collaboration with the main transport players in the territory involved. The main differences lie in the size of the service and the type of territory involved. Whim, is an enabler of infrastructure and front-end services (such as the app) that operates in metropolitan contexts. Openmove is a service operator that bases its business both on tickets sold via apps and on services for the public administrations of municipalities and regions. Finally, Urbi is a service operator that performs both the service function and the integrator function with other mobile chains; its revenues come mainly from ticket percentages and from the membership fees of the platform users (Bipformaas, 2023). Sustainability At this early stage, MaaS resembles more a profit-driven tool than a facilitator of green mobility, and seems more concerned to increase business than to improve the environment and the citizens lives. Among the various applications analysed, only Whim has a parameter for choosing more sustainable routes, while most applications, including URBI and Openmove, devote their main attention to presenting as many services as possible within a single map. Social Inclusion The consultation of the transportation map where all the timetables are written is certainly useful to enhance the public mobility system. However, in some cases, too many data and mobility proposals at the same time could be an obstacle, especially for fragile users such as the elderly who are expected to increase in the coming years all over the globe (WHO, 2022) (Li, Cook, et al., 2020). Social inclusion is therefore lightly integrated in the development criteria of MaaS digital services. Exclusion which concerns not only the paradigms of choice, but also the expected speed of use, which is calibrated on performance more suited to a digital native than to people with natural or artificial deficits. User Awareness On the one hand the digital abundance of mobility services, it represents a sure opportunity to enhance travelling by a more organised and personalised offer in a given context. On the other hand it poses new issues concerning the data management and the data visualisation from the user visibility: which service will
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the user see first on the map and which last? On the basis of which criteria will priorities be indicated? And above all, what level of awareness will be left to the end user and which will instead be delegated to the service manager or the territory? Summarising in one sentence: what will be the level of user awareness of its data and of the mobility services actually available in the territory? Conclusions It is not certain by chance that MaaS is born in this technological era; an era where the abundance of crisis and technology are facilitating experimentations regarding Instantaneity and flexibility. MaaS can be defined as the evolution of the “mobility system” which takes advantage of the internet data to offer new mobility solutions characterised by fastness, customizability and flexibility. All features which are typical of the current situation. How then can MaaS coexist with economic and environmental sustainability, social inclusion and awareness in the age of digital abundance? Certainly, artificial abundance, and internet data sharing, can be tools to accurately measure the needs and movement flows of large numbers of people within a limited area. Consequently, these accurate measures can result in improvements on the economic, environmental and social sectors. The economic improvements of MaaS are mainly related to the realisation of a more connected and faster mobility making the area more attractive for all companies. Furthermore, the creation of a connected mobility service enables the possibility to manage large numbers of people in a more efficient and flexible manner. The environmental benefits are related to the digital revaluation of existing services, enhancing the overall usage of the mobility system rather than driving vehicles. In addition, it will also be possible to make the user more aware of the environmental impact of the chosen journey, through filters highlighting more sustainable travel solutions. The most advanced level of mobility as a service also participates in the realisation of social-ethical intentions and objectives, aimed at making mobility a right for all inhabitants and visitors of a given territory. The main objective is to make mobility accessible to the majority of the population of a given territory, minimising social exclusion. Finally, it is important to highlight the impact of user awareness in the age of artificial data abundance. It refers, in particular, to the need to make exchanged and acquired data more visible in the use of all services and, in particular, mobility services. This perspective is particularly significant not only to have sustainable, social and economic benefits but also to use a human centred approach to face increasingly complex decisions that the current fluid situation presents us with in the context of mobility. This is with the aim of gaining more control and awareness over our thoughts, our actions and our territory.*
Paola Limoncin
Assegnista di ricerca in Composizione architettonica, DIA, Università degi Studi di Trieste. paola.limoncin@dia.units.it
Anna Dordolin
Dottoranda in Architettura, DIA, Università degi Studi di Trieste. anna.dordolin@phd.units.it
La casa SENSHome
01. Vista dell’allestimento dimostrativo del sistema SENSHome all’interno dei laboratori del NOI Techpark, Bolzano | View of the demonstration set-up of the SENSHome system inside the laboratories of the NOI Techpark, Bozen. Schirra/Giraldi
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Abbondanza artificiale e neurodiversità The SENSHome House Considering the body in its multiple being is the approach adopted in the SENSHome research project, aimed at studying an integrated furnituretechnology system that can increase the level of safety and usability of homes for autistic adults. The abundance of human variability and technological availability have come to mean a wealth of diversity upon which to build an architectural project that can depart from the normal/abnormal dichotomy and develop alternative solutions that guarantee a full realization for each individual.* Considerare il corpo nel suo essere molteplice è l’approccio adottato nel progetto di ricerca SENSHome, rivolto allo studio di un sistema integrato arredi-tecnologia in grado di aumentare il livello di sicurezza e fruibilità delle abitazioni per persone autistiche adulte. L’abbondanza di variabilità umana e di disponibilità tecnologica ha assunto il significato di ricchezza di diversità sulla quale costruire il progetto di architettura per uscire dalla dicotomia normale/anormale e sviluppare soluzioni alternative che garantiscano la piena realizzazione di ogni persona.*
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a grande varietà di soluzioni tecnologiche odierne, frutto di esperienze progettuali e di disponibilità di risorse digitali, permette di supportare le capacità cognitive, fisiche e sensoriali delle persone, con particolare attenzione a quelle con abilità non conformi alle aspettative dell’uomo “standard”. Diventano quindi più facilmente realizzabili oggetti, sistemi e ambienti che sostengano la pluralità e complessità dell’essenza umana e che consentano a tutti gli individui, anche a quelli con caratteristiche neurologiche e profili sensoriali meno prevalenti, di identificarsi e sentirsi sicuri e liberi di esprimere le proprie peculiarità e capacità. Nel caso di disabilità motoria o di singoli deficit sensoriali, le soluzioni progettate si configurano spesso come dispositivi protesici supportivi che rendono i corpi “abili” nell’esplorazione degli spazi: carrozzine elettriche, bracci elettronici, apparecchi auricolari e così via. Meno visibili invece sono le caratteristiche dei soggetti neurodivergenti e i loro bisogni e desideri. Nelle persone autistiche, ad esempio, l’incapacità di filtrare le informazioni irrilevanti o sovrabbondanti, l’elaborazione ritardata, la ricettività a singolo canale o la percezione distorta o frammentaria possono generare sovraccarichi sensoriali e stati d’ansia che influiscono sulla capacità relazionale (Bogdashina, 2011, p. 86). La diversa percezione del proprio corpo in rapporto allo spazio e alle altre persone (propriocezione) può portare al desiderio di sentirsi contenuti in uno spazio avvolgente e protettivo o, al contrario, può procurare il bisogno di mantenere una certa distanza dall’altro. I cambiamenti inaspettati delle condizioni ambientali (luminosità, rumore, temperatura), dovuti ad esempio al passaggio da un ambiente all’altro, possono essere motivo di forte stress e richiedere un certo tempo per l’adattamento fisico e mentale; questo avviene perché nell’autismo alcuni sensi possono essere alterati, si parla infatti di ipo o iper reattività agli stimoli sensoriali (APA, 2013). Per molto tempo l’autismo è stato visto come una patologia da curare o trattare, anziché essere intesa come un modello percettivo alternativo, ma altrettanto valido, del mondo che ci
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02. Strategia di progetto, obiettivi e funzionalità del sistema tecnologico e degli arredi sviluppati per l’ambiente SENSHome. Le funzionalità sono state definite sulla base dei requisiti emersi durante la fase di analisi | Project strategy, objectives and functionalities of the technological system and furnishings developed for the SENSHome environment. The functionalities were defined based on the requirements that emerged during the analysis phase. SENSHome partners
circonda (Mostafa, 2021, p. 66). Considerare i punti di forza di tipi neurologici differenti può portare, invece, a nuovi modi di pensare agli ambienti. L’integrazione tra architettura, design e tecnologia può fornire soluzioni innovative che facciano leva sulle facoltà cognitive e manuali della persona, e non solo sui suoi deficit, innescando “mutazioni” possibili che alterano i confini fisici, digitali e anche biologici (Braidotti, 2022, p. 8). Queste trasformazioni richiedono progettualità complesse che non devono ridursi alla sola elaborazione di dati e applicazione di soluzioni, ma devono prevedere sempre una riflessione etica e un utilizzo consapevole delle innovazioni tecnologiche affinché la dignità umana sia sempre al primo posto. SENSHome. Progetto come sintesi tra saperi ed etiche Le riflessioni sulla relazione tra architettura, tecnologia e neurodivergenze sono state alla base del progetto di ricerca SENSHome1, una collaborazione interdisciplinare transfrontaliera (programma Interreg
V-A Italia-Austria 2014-2020) finalizzata allo sviluppo di soluzioni intelligenti per la casa con lo scopo di aumentare il livello di sicurezza e fruibilità delle abitazioni. La definizione di “condizioni dello spettro autistico” indica l’ampia gamma di atipicità cognitive e comportamentali che caratterizzano le persone con questa diagnosi (Wing e Gould, 1979), comprendendo individui che vivono e lavorano in autonomia e persone che hanno bisogno di aiuto continuo. Il ruolo di supporto dell’ambiente abitativo è determinante per consentire alla persona autistica di vivere in modo indipendente (Nguyen et al., 2020), ma spesso fattori sociali e ambientali non le consentono di intraprendere in sicurezza questa scelta – desiderata – di vita autonoma. Anche nei casi in cui il supporto alla persona debba invece essere continuo, famiglie e operatori non possono contare su soluzioni spaziali e tecnologiche che alleggeriscano il carico, sia fisico che economico, dell’assistenza. Tenendo conto di questi aspetti, l’obiettivo del progetto di ricerca è stato quello di sviluppare e realizzare un sistema
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03. Concept arredi/sensori dell’ambiente dimostrativo SENSHome. Le apparecchiature del sistema tecnologico sono integrate negli arredi per ottimizzare il funzionamento dei sensori e al contempo non creare disturbo visivo | Furniture/sensor concept of the SENSHome demonstration environment. The equipment of the technological system is integrated into the furniture to optimize the operation of the sensors and at the same time avoid creating visual disturbance. SENSHome partners
integrato arredi-tecnologia per gli ambienti domestici – definito “ambiente SENSHome” – che supportasse le specificità di ognuno durante le azioni quotidiane, in un’ottica di vita indipendente il più possibile autonoma. Il target di riferimento è stato individuato nelle persone autistiche a medio-alto funzionamento, il cui livello di autonomia e grado di necessità di affiancamento di un caregiver sono stati considerati rappresentativi per verificare la possibilità di miglioramento del comfort e della sicurezza delle persone grazie al sistema integrato SENSHome. Gli arredi, il sistema tecnologico e l’interfaccia utente sono stati sviluppati secondo la metodologia Human-centred design (HCD) mettendo al primo posto i bisogni, le abilità e i comportamenti umani2. Il processo iterativo di raccolta dei dati e definizione delle esigenze e del contesto di applicazione ha interessato le associazioni che
operano nel campo dell’autismo all’interno dell’area Interreg Italia-Austria e ha coinvolto quasi duecento tra persone nello spettro, operatori e familiari attraverso questionari, interviste e workshop. Sono state così individuate preferenze e sensibilità più ricorrenti in relazione a determinati fattori ambientali, possibili eventi pericolosi correlati
Il sistema arredi-tecnologia SENSHome è pensato per assumere la funzione di “protesi” dell’ambiente
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ad attività tipiche svolte in un contesto domestico (per il target di utenti scelto) e preferenze sull’interfaccia utente del sistema tecnologico (Wohofsky et al., 2023). Le informa-
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04. Pictolight. Disegni di progetto (fronte, retro e sezione) | Pictolight. Project drawings (front, back and section). SENSHome partners
zioni raccolte sono state confrontate con gli studi sullo stato dell’arte, condotti parallelamente, che hanno riguardato l’analisi comparativa di linee guida per la progettazione di abitazioni autism friendly e di progetti significativi di spazi residenziali per l’autismo. Gli esiti di queste analisi hanno evidenziato un quadro esigenziale complesso: la molteplicità di bisogni e desideri, a volte anche contrastanti, ha confermato la necessità di proporre un sistema altamente flessibile e personalizzabile che potesse sostenere attività da svolgere in autonomia (implementando la connessione tra sistema early warning system e caregiver) attraverso un’adeguata progettazione di ambienti e arredi accessibili in modo sicuro e intuitivo. Una volta definiti i requisiti e le caratteristiche principali da includere nell’ambiente SENSHome è stato realizzato un prototipo all’interno del Building Physics Laboratory del NOI Techpark di Bolzano (img. 01). L’allestimento in scala 1:1 di alcuni ambienti domestici ha permesso di svolgere le valutazioni della parte tecnologica, sensoristica e architettonica (gradimento arredi, integrazione e funzionamento dei sensori, verifica comfort ambientale) e di validare l’intero sistema direttamente con gli utenti. Il risultato finale è stato ottenuto grazie alla mediazione tra diversi metodi, principi e obiettivi delle varie discipline coinvolte: architettura, fisica tecnica, scienze applicate, automazione. L’unità di ricerca dell’Università degli Studi di Trieste ha progettato l’allestimento dell’ambiente dimostrativo e l’ar-
ze Applicate della Carinzia ha coordinato l’applicazione del Human Centred Design e l’azienda Eureka System srl ha sviluppato il sistema di automazione. In questo senso l’abbondanza di input raccolti durante il processo partecipato direttamente con gli utenti e il contributo dato dal partenariato hanno ampliato la prospettiva del progetto, che è diventato elemento di congiunzione tra diversi saperi e le loro rispettive etiche, come dovrebbe essere la “vera architettura” nella concezione filosofica di Nicola Emery (Emery, 2007, p. 38). Arredi e tecnologia per l’autonomia L’ambiente SENSHome si basa sull’interconnessione tra dispositivi intelligenti – che agiscono a livello virtuale – e oggetti spazio-funzionali – che agiscono a livello reale (Scavuzzo et al., 2023). La tecnologia è stata sviluppata in collaborazione con i partner esperti in Industrial Internet of Things (IoT) e Ambient Assisted Living (AAL). Il sistema è in grado di monitorare il comfort ambientale e la sua eventuale alterazione, di rilevare il verificarsi di eventi pericolosi (es. cadute a terra) e di supportare la persona durante alcune azioni quotidiane (img. 02). Le singole funzionalità sono selezionabili e modificabili per adattarsi a ogni individuo o all’evolversi delle sue esigenze. Le funzioni di rilevamento avvengono attraverso la lettura incrociata di una notevole quantità di dati, raccolti attraverso una rete di sensori distribuiti in vari punti dell’ambiente (img. 03). Sulla base dei parametri impostati dall’utente il sistema notifica messaggi informativi o di allerta. In questo modo si facilita la persona che vive in quell’ambiente a svolgere le proprie attività in autonomia e si garantisce la sua sicurezza anche se il caregiver non è presente. Il design non medicalizzato degli interni della casa SENSHome è stato studiato appositamente per consentire agli utenti di vivere in ambienti che non dichiarino apertamente la necessità di un supporto tecnologico per la disabilità e in cui la loro privacy sia garan-
Abbondanza di variabilità umana e di disponibilità tecnologica come ricchezza di diversità chitettura di interni della casa SENSHome; la Libera Università di Bolzano ha approfondito gli aspetti legati al comfort ambientale e all’early warning system; l’Università di Scien-
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05. Pictolight. Pittogrammi luminosi integrati nell’arredo che diventano visibili solo al bisogno. Le tessere sono intercambiabili e possono essere integrate su ante di armadi, mobili cucina, pannelli informativi o in corrispondenza delle porte delle stanze | Pictolight. Backlit pictograms integrated into the furniture that become visible only when needed. The tiles are interchangeable and can be integrated with cupboard doors, kitchen furniture, information panels, or room doors. Schirra/Giraldi
tita. Gli arredi sono stati sviluppati partendo dai concetti di bellezza, sicurezza, comfort e adattabilità (Wohofsky et al., 2023). Ogni oggetto svolge non solo la funzione di “contenitore” delle apparecchiature tecnologiche, mascherandole, ma anche quella di “facilitatore” del suo uso e di “interfaccia” tangibile del sistema digitale. Il sistema così composto amplifica le possibilità di interazione persona-ambiente utilizzando sia canali reali che virtuali e integrando quanto più possibile la tecnologia IoT nell’arredo tradizionale. Tra gli elementi progettati e realizzati, i pittogrammi luminosi, l’agenda visiva e la lampada a sospensione esprimono al meglio l’ottimizzazione di architettura e tecnologia digitale in una concezione completamente integrata. Pictolight è un pittogramma integrato nell’arredo, percepibile solo al bisogno, che amplifica il potenziale comunicativo dell’ambiente (imgg. 04-05). Questo dispositivo asseconda la propensione, frequente nelle persone autistiche e confermata dai molti utenti consultati, per una co-
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municazione di tipo visivo piuttosto che verbale, e abbina funzionalità interattive alle immagini statiche dei comuni pittogrammi (che aiutano a ricordare determinate azioni o sequenze da compiere). Pictolight funziona attraverso la retroilluminazione di una tessera in legno in cui è inciso un disegno riempito con resina trasparente. Quando il sistema di retroilluminazione è spento il pittogramma non è visibile e quindi l’ambiente è privo di segnaletiche evidenti. L’accensione può avvenire avvicinando la mano alla tessera o anche su comando da remoto. Un altro dispositivo che mira a rafforzare l’autonomia nelle routine quotidiane di chi ha difficoltà a ricordare attività anche semplici, ma ha una buona memoria visiva, è l’agenda interattiva SENSHome (img. 06). Questo dispositivo, collegato ai pittogrammi luminosi, permette di impostare sequenze da svolgere più complesse, che spesso le persone autistiche non riescono a compiere in autonomia, come ad esempio preparare la tavola. Con questo sistema è possibile programmare
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06. Agenda visiva integrata. Il sistema permette di gestire la domotica SENSHome e di programmare delle sequenze di azioni da svolgere abbinando l’accensione dei pittogrammi luminosi secondo un ordine e una durata stabiliti | Integrated Visual Agenda. The system makes it possible to manage SENSHome automation and to program sequences of actions to be carried out by combining the switching of the backlit pictograms according to a set order and duration. Schirra/Giraldi
l’accensione delle tessere dei pittogrammi in sequenza, in corrispondenza dell’oggetto che in quel momento deve essere preso. L’agenda è costituita da un touchscreen, inserito nell’anta di un armadio, attraverso cui gestire la domotica SENSHome e pianificare il calendario attività, oppure da utilizzarsi come lavagna per appunti. Il monitor può essere maschera-
i sensori microfonici indispensabili al funzionamento dell’early warning system. Si tratta di una lampada che integra in un unico oggetto funzioni in genere svolte da elementi tecnologici distinti: racchiude i sensori microfonici e di fumo per collocarli nei punti più opportuni della stanza, riduce le riflessioni sonore per un ottimale funzionamento del microfono integrato e modula l’illuminazione artificiale (imgg. 07-08). In questo modo permette di migliorare il comfort acustico e visivo sulla base delle esigenze individuali. Gli arredi descritti si combinano con gli altri progettati per il sistema SENSHome (un tavolo, una poltrona, un mobile tv e una scatola tecnologica per l’integrazione su mobili esistenti), configurandosi come un apparato di possibili “estensioni architettoniche” dello spazio della casa, che dilatano le opportunità di relazione reciproca uomo-ambiente, sia da un punto di vista
Uscire dalla dicotomia normale/ anormale per la piena realizzazione di ogni persona to mostrando immagini e fotografie come fosse un quadro a parete, richiesta emersa dagli utenti durante il confronto sul progetto preliminare degli arredi. Infine, la Overhearing Lamp è il dispositivo che ha il compito di “ascolto” nell’ambiente SENSHome perché contiene
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07. Overhearing Lamp. Disegni di progetto (sezione) | Overhearing Lamp. Project drawings (section). SENSHome partners
tangibile ‒ legato all’interazione corpo-spazio ‒ sia da un punto di vista immateriale ‒ legato alla raccolta e utilizzo di dati digitali. Abbondanza come ricchezza di diversità Secondo Marc Wigley (1991), teorico e professore alla Columbia University, l’architettura possiede un’intrinseca vocazione protesica, intesa come condizione di addizione a un corpo esistente, sia esso oggetto architettonico o spazio della città, e nel configurarsi come “protesi” riesce a estendere, amplificare, le capacità di un dato ambiente. Partendo da questo presupposto, il sistema arredi-tecnologia SENSHome è stato pensato per assumere la funzione di “protesi” dell’ambiente, rendendo lo spazio stesso capace di innescare, nella persona che lo abita, processi di autonomia e autodeterminazione. L’approccio innovativo è rappresentato dall’aver realizzato un progetto che potesse adattarsi alle esigenze di tutti coloro che vivono quotidianamente con l’autismo: non solo le persone autistiche, ma anche chi se ne prende cura, in un concetto di egualitarismo dove nessuno deve più omologarsi all’altro, ma tutti possono avere la stessa possibilità di scelta. L’eterogeneità dei giudizi ricevuti ha rafforzato il concetto di flessibilità su cui si basa un sistema di questo tipo. Le funzionalità digitali e artificiali sviluppate hanno reso il sistema modulabile quanto più possibile sulle necessità e caratteristiche del singolo individuo, in una reciprocità di ricchezza di diversità e di tecnologia. Volendo uscire dalla dicotomia normale/anormale, i differenti modi di percepire, di relazionarsi, di comportarsi sono stati assunti come occasione da cogliere anziché problema da risolvere. In questo modo “le differenze possono essere intese come ‘frammenti di universali’ che, una volta uniti, sono in grado di restituire il senso dell’umanità; l’universalità di volta in volta raggiunta, allora, non è ottenuta per astrazione, ma attraverso l’attenzione alle diverse specificità” (Bernardini, 2017, p. 15).
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08. Overhearing Lamp. Schirra/Giraldi
Lo spazio inteso come bene comune che offre coesione e solidarietà per “mescolare in modo proporzionale i diversi” (Emery, 2007, p. 23) oggi viene pervaso dal tecnologico. In un momento in cui l’uso intensivo di scienza e tecnologia sembra ridurre l’uomo alla estraniazione e all’anonimato, rendendolo capace solo di “click”, SENSHome ha cercato di proporre soluzioni alternative che garantiscano invece l’accrescimento e la realizzazione della persona, in modo che a ogni soggettività sia permesso di trovare la propria dimensione relazionale nella casa in cui abita.*
NOTE 1 – Le autrici hanno fatto parte del gruppo di ricerca del Dipartimento di Ingegneria e Architettura dell’Università degli Studi di Trieste insieme all’ing. PhD Federica Bettarello e alla Prof.ssa Giuseppina Scavuzzo, coordinatrice scientifica dell’unità di ricerca. Altri partner di progetto: Libera Università di Bolzano, Università di Scienze Applicate della Carinzia, Eureka System Srl. 2 – Come previsto dalla norma ISO 9241-210: 2019 Ergonomics of human-system interaction — Part 210: Human-centred design for interactive systems. BIBLIOGRAFIA – APA American Psychiatric Association (2022). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders: DSM-5-TR. Arlington: American Psychiatric Association. – Bernardini, M.G. (2017). Universal design, for example. Diritto, architettura e il soggetto A-Vitruviano. The Cardozo Electronic Law Bulletin, vol. 23, n. 2, pp. 1-15. – Braidotti, R. (2022). Il Postumano. Vol. II: Saperi e soggettività. Roma: DeriveApprodi. – Bogdashina, O. (2011). Le percezioni sensoriali nell’autismo e nella sindrome di Asperger. Milano: Uovonero. – Emery, N. (2007). Progettare, costruire, curare. Per una deontologia dell’architettura. Bellinzona: Casagrande. – Mostafa, M. (2021). Architettura per tutti. Inside Quality Design, October/December, pp. 63-71. – Phuong, N., d’Auria, V., Heylighen, A. (2020). Understanding independent living with autism: the role of the housing environment in the experiences of two autistic men. European Journal of Creative Practices in Cities and Landscapes (CPCL), vol. 3, n. 2, pp. 9-32. – Scavuzzo, G., Limoncin, P., Dordolin, A., Bettarello, F. (2023). Senshome. Architettura e Sensibilità Atipiche / Architecture And Atypical Sensitivities. Siracusa: LetteraVentidue. – Wigley, M. (1991). Prosthetic Theory: The Disciplining of Architecture, Assemblage, n. 15, pp. 6-29. – Wing, L., Gould, J. (1979). Severe impairments of social interaction and associated abnormalities in children: Epidemiology and classification. Journal of Autism and Developmental Disorders, n. 9, pp. 11-29. – Wohofsky, L. et al. (2023). Requirements of a Supportive Environment for People on the Autism Spectrum: A Human-Centered Design Story, Applied Sciences, vol. 13, n.3.
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Paola Limoncin, Anna Dordolin
The SENSHome House Artificial abundance and neurodiversity
The broad range of technological solutions, resulting from design experiences and the availability of digital resources, makes it possible to support people’s cognitive, physical and sensory abilities, with special attention to those with abilities that do not conform to the expectations of “standard” humans. Thus, objects, systems and environments that support the plurality and complexity of the human essence and that enable all individuals, even those with less prevalent neurological characteristics and sensory profiles, to identify themselves and feel safe and free to express their peculiarities and abilities, become more easily realizable. In the case of motor disability or individual sensory deficits, the designed solutions are often arranged as supportive prosthetic devices that can make bodies “skilful” in the exploration of spaces: electric wheelchairs, electronic arms, earphones, and so forth. The characteristics of neurodivergent subjects, and their needs and desires, are less perceptible. In autistic people, for example, the inability to filter out irrelevant or overabundant information, delayed processing, single-channel receptivity or distorted or fragmentary perception can generate sensory overloads and anxiety states that affect their relational capacity (Bogdashina, 2011, p. 86). The different perception of one’s body in relation to space and other people (proprioception) can lead to a need of feeling enclosed in an enveloping protective space or, on the contrary, to a desire of maintaining a certain distance from others. Unexpected changes in environmental conditions (brightness, noise, temperature), due, for example, to moving from one room to another, can cause great distress, and require some time for physical and mental adaptation; this happens because in autism some senses can be altered, circumstances in which we speak of hypo- or hyper-reactivity to sensory stimuli (APA 2013). For a long time, autism was seen as a pathology to be cured or treated, rather than to be understood as an alternative, but equally valid, perceptual model of the world around us (Mo-
stafa, 2021, p. 66). Considering the strengths of different neurological types can lead, instead, to new ways of thinking about environments. The integration between architecture, design and technology can provide innovative solutions that leverage the cognitive and manual faculties of the individual, and not only his or her deficits, triggering possible “mutations” that can alter physical, digital and even biological boundaries (Braidotti, 2022, p. 8). These transformations require complex projects which must not be reduced to the mere processing of data and the application of solutions but must always include an ethical reflection and a conscious use of technological innovations, so that human dignity always takes pride of place. SENSHome. The project as a synthesis of knowledge and ethics Reflections on the relationship between architecture, technology and neurodivergence were at the basis of the SENSHome research project1, an interdisciplinary cross-border collaboration within the 2014-2020 Interreg V-A Italy-Austria programme aimed at developing home-related smart solutions for increasing the safety and usability levels. The definition of “autism spectrum conditions” indicates the wide range of cognitive and behavioural atypicalities that characterize people with this diagnosis (Wing and Gould, 1979), including individuals who are able to live and work independently and others who need constant help. The supporting role of the living environment is crucial to allow an autistic person to live independently (Nguyen et al., 2020), but social and environmental factors do not often allow them to safely undertake this desirable choice of autonomous living. Even in cases where personal support must be continuous, families and operators cannot count on spatial and technological solutions to lighten the burden of such assistance, either physically or economically. Taking these aspects into account, aim of the research project was to develop and implement an integrated furniture-technology system for
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domestic environments – defined SENSHome environment – that would support as much as possible the specific needs of each individual during their daily activities, with a view to an independent living as autonomous as possible. The target audience was identified in autistic people with medium-high functioning. In fact, their level of autonomy and degree of home care need were considered representative to verify the possibility of improving the comfort and safety individuals thanks to the integrated SENSHome system. The developed furnishings, technological system, and user interface have been developed through a human-centred design methodology, putting human needs, skills and behaviour first2. The iterative process of data collection and the definition of the needs and application context included associations operating in the field of autism within the Interreg Italy-Austria area, and involved almost two hundred people on the spectrum, operators, and family members, by means of questionnaires, interviews and workshops. The most recurrent preferences and sensibilities were thus identified in relation to certain environmental factors, potentially hazardous events (for the chosen target users) related to typical activities carried out in a domestic context, and preferences on the user interface of the technological system (Wohofsky et al., 2023). The information obtained were compared with the ones of simultaneous studies, which concerned a comparative analysis of guidelines for the design of autism-friendly housing and an analysis of significant projects of residential spaces for autism. The results highlighted a complex, demanding framework: the multiplicity of needs and desires, occasionally even conflicting, confirmed the need to devise a highly flexible and customizable system that could support activities to be carried out independently (by implementing a connection between an early warning system and a caregiver) via an adequate design of the environments and furnishings (intuitive and safe-to-use devices).
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Once the requirements and the main features to be included in the SENSHome environment had been defined, a prototype was created in the Building Physics Laboratory at the NOI Techpark in Bolzano (img. 01). The creation in a 1:1 scale of a part of a domestic environment made it possible to evaluate the technological, sensing and architectural parts (appreciation of furnishings, effective integration and operation of the sensors, verification of environmental comfort) and to validate the entire system directly with end-users. The final result was obtained by mediating between different methods, principles and objectives of the various disciplines involved (architecture, technical physics, applied sciences, automation): the research unit of the University of Trieste designed the layout of the demonstration environment and the interior architecture of the SENSHome house; the Free University of Bozen – investigated the aspects related to environmental comfort and the early warning system; the Carinthia University of Applied Sciences coordinated the application of Human Centred Design (HCD) while the company Eureka System Srl developed the automation system. Consequently, the abundant inputs collected during the participatory process derived directly from the users, while the contribution from the partnership broadened the overall perspective of the project, which became an element of conjunction between different branches of knowledge and their respective ethics, as “true architecture” should be in the philosophical conception of Nicola Emery (Emery, 2007, p. 38). Furniture and technology for autonomy The SENSHome environment is based on an interconnection between smart devices – which act at the virtual level – and space-functional objects – which act at the real level (Scavuzzo et al., 2023). The technology was developed in collaboration with partners with expertise in Industrial Internet of Things (IoT) and Ambient Assisted Living (AAL). The system is capable of monitoring environmental comfort and any alterations in it, to detect the occurrence of hazardous events (e.g., falls to the floor) and to aid the person during certain daily activities (img. 02). The individual features can be selected and modified to adapt to each individual or to the evolution of his or her needs. The detection functions operate through the cross-reading of a considerable amount of data, collected by a network of sensors distributed in various points of the environment (img. 03). Based on parameters set by the user, the system produces informative or warning messages. In this way, the person living in that environment is facilitated in carrying out their activities independently, and his or her safety is guaranteed even if the caregiver is not present. The non-medicalized interior design of the SENSHome home has been specifically designed to allow users to live in environments that do not openly state their need for technological support due to disability, and where their privacy is ensured. The furnishings have been developed starting from the concepts of
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beauty, safety, comfort and adaptability (Wohofsky et al., 2023). Each object performs not only the function of a “container” of technological equipment, but also that of a “facilitator” of its own use and tangible “interface” of the digital system. The system thus composed amplifies the possibilities of a person-environment interaction by using both real and virtual channels and integrating IoT technology as far as possible into traditional furniture. Among the furnishing elements designed and built, the backlit pictograms, the visual agenda, and the hanging lamp best express the optimization of architecture and digital technology within a fully integrated concept. The Pictolight is a pictogram integrated into the furniture, visible only when needed, which expands the communicative potential of the environment (imgg. 04-05). This device follows the predilection, frequent in autistic people and confirmed by the many users consulted, for visual rather than verbal communications, and combines interactive features with static images of common pictograms (which help to remember certain actions or sequences to be performed). The Pictolight works through the backlighting of a wooden tile in which a design filled with a transparent resin has been hollowed out. When the backlighting system is switched off, the pictogram is invisible and therefore the environment is devoid of obvious signs. It can be turned on by bringing the hand close to the tile, or even be controlled remotely. Another device which aims to strengthen autonomy in the daily routines of those who have difficulty remembering even the simplest activities, but have a good visual memory, is the SENSHome Interactive Agenda (img. 06). This device, connected to the backlit pictograms, makes it possible to set more complex sequences to be carried out, which autistic people often cannot do independently, such as laying the table. With this system it is possible to program the lighting of the pictogram tiles in sequence, corresponding to the object to be taken at that moment. The agenda consists of a touchscreen, inserted in the door of a cupboard, through which to manage the SENSHome home automation and plan the activity calendar, or to be used as a memo board. The monitor can be masked by showing images and photographs as if it were a wall-hung picture, a request which emerged from users during a meeting on the preliminary design of the furnishings. Finally, the Overhearing Lamp is the device that has the task of “listening” in the SENSHome environment because it contains the microphone sensors that are essential for the operation of the early warning system. It is a lamp that integrates functions usually performed by separate technological elements into a single object: it encloses the microphone and smoke sensors in order to place them in the most opportune points of the room, it reduces sound reflections for optimal operation of the integrated microphone and modulates the artificial lighting (imgg. 07-08). In this way, acoustic and visual comfort can be improved based on individual requirements. The described furnishings are combined with
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others – also designed for the SENSHome system (a table, an armchair, a TV cabinet and a technological box to be integrated in existing furniture), acting as apparati of potential “architectural extensions” of the house space, to expand the opportunities for mutual relationship between a person and the environment, from both a tangible point of view (body-space interaction) and an immaterial point of view (collection and use of digital data). Abundance as a wealth of diversity According to Marc Wigley, theorist and professor at Columbia University, architecture has an intrinsic prosthetic vocation, when understood as a condition of addition to an existing body, be it an architectural object or a city space, and in acting as a “prosthesis” it manages to extend and amplify the capabilities of a given environment (Wigley, 1991). Starting from this assumption, the SENSHome furniture-technology system was designed to assume the function of a “prosthesis” of the environment, making the space itself capable of triggering processes of autonomy and self-determination in the dweller. The real innovation is the creation of a project that can be adapted to the needs of all those who live daily with autism: not only autistic people, but also those who take care of them, in a concept of egalitarianism where no one has to adapt to the other, but everyone can have the same choice. The feedbacks heterogeneity has only reinforced the concept of flexibility on which such a system is based. The digital and artificial functionalities developed allowed the system to be as much adaptable as possible to the needs and characteristics of the individual, in a reciprocal richness of diversity and technology. With the aim to depart from the normal/ abnormal dichotomy, the different ways of perceiving, relating, and behaving have been taken as an opportunity to be seized, rather than a problem to be solved. In this way “differences can be understood as ‘fragments of universals’ which, once united, are able to restore the sense of humanity; the universality achieved from time to time, then, is not obtained by abstraction, but through attention to different specific issues” (Bernardini, 2017, p. 15). A space understood as a common good that offers cohesion and solidarity to “mix the different in a proportional way” (Emery, 2007, p. 23), is today pervaded by technology. At a time when the intensive use of science and technology seems to have relegated humans to estrangement and anonymity, making them capable only of clicking, SENSHome has tried to propose alternative solutions which guarantee the growth and realization of the person instead, so that each subjectivity is allowed to find its own relational dimension in the house inhabited.* NOTES 1 – The authors were part of the research group of the University of Trieste together with the engineer F. Bettarello PhD, and Professor G. Scavuzzo, scientific coordinator of the research unit. Other partners: Free University of Bozen-Bolzano, Carinthia University of Applied Sciences, Eureka System Srl. 2 – As envisaged by ISO 9241-210: 2019 Ergonomics of human-system interaction — Part 210: Human-centred design for interactive systems.
Claudia Ricciardi Architetto, PhD in Architettura, teorie e progetto, Sapienza Università di Roma. claudia.ricciardi@uniroma1.it
Memoria digitale
01. La colata artistica di Burri sigilla le macerie della vecchia Gibellina facendone memoria eterna sullo sfondo della Valle del Belice | Burri’s artistic casting seals the rubbles of the old Gibellina city turning them into an eternal memory on the background of the Belice Valley. Alberto Burri, Grande Cretto, Gibellina, 1984-89. Courtesy of Marco Tanzilli, 2015
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L’ombra di Funes tra registrazione e dimenticanza Digital Memory There are 1.7 Megabytes of data per second that each human being creates, for a total of about 2.5 quintillion bytes produced every day. The human need to “leave traces” (Ferraris, 2014) today meets a growing ease of recording and archiving that challenges the very condition of existence of memory: its being finite. The Data Center collects a very precious content becoming the contemporary and most technologically advanced transposition of the archive, refusing the selectivity of the recording. It is, in fact, a deposit capable of accumulating everything.* Sono 1,7 i Megabyte di dati al secondo che ciascun essere umano crea, per un totale di circa 2,5 quintilioni di byte prodotti ogni giorno. Il bisogno umano di “lasciar tracce” (Ferraris, 2014) incontra, oggi, una crescente facilità di registrazione e archiviazione che sfida la condizione stessa di esistenza della memoria: il suo essere finita. Il Data Center raccoglie un contenuto preziosissimo divenendo la contemporanea e più tecnologicamente avanzata trasposizione dell’archivio, rifiutando la selettività della registrazione. Esso è, di fatto, un deposito atto ad accumulare tutto.*
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ntroduzione Il rapporto imperfetto tra essere umano e macchina ha ispirato, nel corso del Novecento, visioni immaginifiche o ineluttabili distopie, muovendosi tra l’assoluta collaborazione o il totale asservimento dell’uno all’altro. La New Babylon di Constant Nieuwenhuys1 in cui l’essere umano vive libero, sollevato dal lavoro, e la società meccanizzata e divisa in caste che abita il Mondo Nuovo descritto da Aldous Huxley2 ne sono prefigurazioni antitetiche. L’irreversibile processo di automazione che segna la nostra epoca, modifica profondamente il ruolo dell’essere umano che passa dall’essere produttore attivo di merci a consumatore di beni e produttore di documenti su di sé. Sono 1,7 i Megabyte di dati al secondo che ciascun essere umano crea, per un totale di circa 2,5 quintilioni di byte prodotti ogni giorno3. Appare evidente che il concetto stesso di abbondanza di dati abbracci una condizione di smisurata dimensione, di eccesso disumano, reso possibile da supporti tecnologici sempre più performanti e avanzati. Il bisogno umano di “lasciar tracce” (Ferraris, 2014) incontra, infatti, una crescente facilità di registrazione e archiviazione che tuttavia sfida la condizione stessa di esistenza della memoria: il suo essere necessariamente finita. Il rifiuto dell’oblio, inteso in questo caso come consapevole cancellazione di tracce non importanti, come filtraggio, tende a una trascrizione indistinta che rifiuta l’inarchiviabile. Del resto, lo spazio di separazione tra semplice dato e conoscenza sta nel setacciare la sovrabbondanza attraverso la nostra mente con, parafrasando Umberto Eco, un processo non di sola ritenzione ma anche di repulsione. Proprio la mente umana, tabula per eccellenza su cui trascrivere esperienze, si rivela un supporto imperfetto, incapace di registrare la crescente accumulazione di informazioni a differenza dello spazio di archiviazione virtuale, pressoché infinito. Il Cloud storage si conforma come trasposizione digitale di una mente illimitata che tuttavia ci condanna a un’accumulazione spasmodica e non conoscitiva.
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02. Foto della Time Capsule 44 in cui oggetti d’uso quotidiano raccolti diventano testimonianza di un preciso momento del passato, la cui custodia diventa essa stessa operazione artistica | Photo of the Time Capsule 44 in which collected everyday objects bear witness to a precise moment of the past, whose custody itself becomes an artistic operation. Andy Warhol, Time Capsule 44, 1890-1973, courtesy of The Andy Warhol Museum, Pittsburgh; Founding Collection, Contribution The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts, Inc.
Il personaggio di Funes raccontato da Jorge Luis Borges (1944) personifica un archivio eccezionale, molto più vicino alle prestazioni della macchina piuttosto che all’intelletto umano, in grado di registrare l’abbondanza di immagini, dettagli, nozioni perdendo, al contempo, l’abilità di articolare pensieri. I dati, dunque, e non la conoscenza pervadono la mente del personaggio d’invenzione, rac-
numero di dati prodotti determini una sempre minore conoscenza degli stessi. Proprio come el memorioso, il Cloud immagazzina lo scibile umano facendosi trasposizione digitale del Mundaneum, uno spazio d’archivio sito nella città belga di Mons, fondato da Henri La Fontaine e Paul Otlet nel 1918 per a raccogliere tutto lo scibile, assurgendo, di fatto, ad un réseau mondial4. L’idea che l’archivio si sostanzi proprio nel “luogo di debolezza originaria e strutturale della […] memoria” (Derrida, 1991, p. 18) introduce il concetto di “archivio archiviante” indagato dal filosofo francese Jacques Derrida. A partire dal contributo The Concept of Archive: A Freudian Impression del 1994 in occasione della conferenza tenutasi presso il Museo Freud di Londra sul tema Memory: The Question of Archives, poi raccolta l’anno successivo nel celebre Mal d’Archivio, Derrida riconosce all’archivio il ruolo duplice di spazio contenitore volto a custodire eventi per perpetuarli e farne memoria collettiva, e processo di registrazione che setaccia questi stessi eventi accogliendone la cancellazione come condizione di esistenza. In quanto supporto tangibile di accumulazione, l’archive non è avulso dal metodo stesso di trascrizione e ordinazione dei dati che ne permette la leggibilità. Il processo di accumulazione e di selezione dei documenti, nell’accezione più ampia del termine, ha storicamente identificato diversi tipi di supporti in grado di tramandare la memoria umana. Biblioteche, depositi ma anche rituali e trascrizioni sono dispositivi di registrazione e trasmissione fondativi della nostra civiltà. La stessa operazione artistica di Alberto Burri nella Valle del Belice di sigillare i resti della città di Gibellina distrutta dal terremoto del 1968, fa di fatto del Grande Cretto (img. 01) un archivio di memorie che eterna un tracciato urbano che non potrà più essere vivificato. O ancora, l’accumulazione di oggetti d’uso quotidiano che Andy Warhol ha raccolto in 621 Time Capsules (img. 02), selezionandoli con cura dal 1974 fino alla sua morte e oggi
Il Data Center è, al contrario, un deposito atto ad accumulare tutto contando, di fatto, una storia molto simile alla condizione contemporanea dell’essere umano. A questo proposito, nel 1989 Richard Saul Wurman definisce l’information anxiety come “il prodotto del sempre più ampio divario tra ciò che capiamo e quello che pensiamo di capire” (Wurman, 1991), chiarendo come la crescita smisurata del
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03. La No-Stop City rappresenta un’analisi critica del processo urbano come “accumulazione quantitativa” avulsa da qualsiasi codice figurativo | No-Stop City represents a critical analysis of the urban process as a “quantitative accumulation” detached from any figurative code. Archizoom Associati, No-Stop City. Per una architettura non figurativa, 1970, courtesy of Studio Branzi
04. Immagine aerea del più grande parco industriale tecnologico degli Stati Uniti d’America | Aerial image of the largest technological industrial park in the United States of America. Tahoe Reno Industrial Center, USA courtesy of Planet.com, CCO, Wikimedia Commons
conservate al Warhol Museum di Pittsburgh. Contando circa mezzo milione di oggetti, l’apparato di capsule funge da contrappunto documentale della collezione d’arte in mostra nel museo, raccogliendo materiali utilizzati dall’artista, registrazioni audio, foto, poster, interviste e parrucche. Egli stesso chiarisce che “la cosa che si dovrebbe fare è tenere una scatola per un mese, e mollare tutto in essa e alla fine del blocco mese gettarla. Si dovrebbe cercare di lasciare una sua traccia, ma se non si può e si perde, va bene lo stesso, perché è una cosa in meno a cui pensare, un altro carico in meno fuori dalla mente” (Warhol, 2008). Se la registrazione filtrata esiste a partire da un processo di rimozione, la trascrizione digitale odierna definisce uno spazio atipico di custodia delle memorie che abbraccia la dimensione eccessiva e indefinita della produzione di documenti. Il Cloud storage, contrariamente a quanto di etereo il nome possa evocare, consiste in enormi fortezze apparentemente inaccessibili in cui, facendo riferimento all’idea
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foucaultiana di eterotopia, “il tempo non smette di accumularsi e raccogliersi in sé stesso” (Foucault, 2010, p. 25). Il Data Center (img. 05), che raccoglie un contenuto preziosissimo, non può che essere considerato la contemporanea e più tecnologicamente avanzata trasposizione dell’archivio, poiché rifiuta la selettività della registrazione. Esso è, al contrario, un deposito atto ad accumulare tutto. Disseminati nel paesaggio extra-urbano per ragioni prettamente economiche (aree a minore tassazione) ed energetiche (vicini a fonti reperibili di energia), i Data Center si configurano come contenitori ipertecnologici e gerarchicamente dominanti. Si tratta di depositi generici, smisurati ma paradossalmente invisibili, estromessi dalla pianificazione urbana e dall’indagine architettonica contemporanee, ma assolutamente necessari alla nostra vita. Riprendendo l’indagine critica che gli Archizoom propongono del processo urbano attraverso No-Stop City (Archizoom, 1970) (img. 03),
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05. Bracci robotici trascrivono dati sui nastri del Google Data Center nella Contea di Berkeley | Robotic arms assist in loading and unloading tapes at Google’s Data Center, Berkeley County. Google Data Center, Berkeley County, USA, Source: Google
inteso come “accumulazione quantitativa” avulsa da qualsiasi codice figurativo, appare evidente che il paesaggio costruito viene oggi sormontato da una rete immateriale di flussi, relazioni e scambi che trova proprio negli enormi contenitori di dati (img. 04) l’infrastruttura operativa di funzionamento. Obiettivi È possibile immaginare un’interazione diversa con il Cloud in cui l’essere umano non venga sopraffatto ma sia in grado di filtrare le informazioni, facendone conoscenza? Può lo spazio contemporaneo di accumulazione di dati, oggi fortezza inaccessibile pensata per mera ottimizzazione funzionale, aprirsi a una esperibilità anche umana? È, dunque, il Data Center un fatto architettonico? Approccio Il progresso tecnologico permette una sempre maggiore efficienza di registrazione di dati, che vengono trascritti su sup-
strazione in prima istanza perché consentiva l’accesso ai dati in tempo reale e in secondo luogo perché, essendo composti di piatti suddivisi in anelli concentrici e settori, i dischi rigidi permettevano la reperibilità del dato archiviato secondo un preciso sistema di riferimento. Oggi, le migliaia di rack ordinatamente disposte all’interno del Data Center raccolgono circa un extrabyte di dati del Cloud, pari a 500mila Hard Disk da due Terabyte e nove milioni di miliardi di schede perforate. L’evoluzione dei supporti e di conseguenza dello spazio di archiviazione dei dati ne dimostra l’assoluta centralità, svelandone al contempo alcuni caratteri precipui che lo significano figurativamente, divenendone vere e proprie invarianti. La misura degli enormi contenitori stabilisce un rapporto disequilibrato con il contesto che occupano, determinando una completa indifferenza. La fascinosa dismisura, che rimanda all’idea più profonda di “sublime”, ne stabilisce tuttavia una completa estraneazione dell’essere umano, che diventa osservatore, al pari dell’ammirazione verso un’opera di pittura o scultura. Se Rem Koolhaas accosta gli enormi e silenti contenitori di dati a opere di Land Art, proprio nel rapporto che essi stabiliscono con il paesaggio che occupano, è l’inaccessibilità del Data Center a farne uno “spazio disumano”, conformato unicamente sull’ottimizzazione funzionale e del tutto inospitale verso un’abitabilità anche dell’essere umano. Apparentemente silenti ed inespugnabili, queste fortezze contemporanee sono assolutamente introverse, accogliendo uno o pochissimi punti di accesso attraverso cui raggiungere solo alcuni degli spazi interni. Lo spazio per l’uomo è stretto, segnalato. Il tempo di permanenza dell’essere umano all’interno è limitato e permesso per fini strettamente manutentivi, facendo del Data Center un vero e proprio simulacro del contenuto immateriale che esso stesso conserva. Se quanto sopra esposto indicherebbe una ormai consolidata separazione tra gli spazi d’accumulazione di dati e i luoghi della loro effettiva fruizione, cioè tra la collocazione tradizionale
In quanto supporto tangibile di accumulazione, l’archive non è avulso dal metodo stesso di trascrizione e ordinazione dei dati che ne permette la leggibilità porti sempre più piccoli. La registrazione in codice su schede perforate degli anni Venti e Quaranta viene sostituita a metà dello scorso secolo dalla trascrizione per elettromagnetismo su apposite bobine che permette l’archiviazione di 225 Kb di dati (equivalenti a 1.920 schede perforate). Nel 1956 viene realizzato il primo disco rigido della storia, il Disk File IBM 350, unità minima degli odierni Data Center, con una capacità di archiviazione di 3,75 Mb. Si tratta di un punto di svolta nel processo di regi-
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06. Progetto pilota per la Power City in cui il Data Center è parte integrante dell’insediamento | Pilot project for the Power City in which the Data Center is an integral part of the settlement. Snøhetta, The Spark, 2018, courtesy of Snøhetta/Plompmozes (Design: Snohetta Image: Plomp)
dei Data Center e il centro città e la vita dell’uomo, preservandone intatta tuttavia la profonda necessità, alcune tendenze contemporanee sembrerebbero sovvertire questa logica. Caso emblematico in questo senso è il progetto The Spark (img. 06) dello studio norvegese Snohetta che dal 2018 lavora all’implementazione della Power City, un insediamento urbano capace di produrre più energia di quanto sia in grado di consumarne. L’iconico spazio di custodia degli oltre 200 racks collocati diviene l’epicentro del nuovo insediamento, attorno al quale si dispongono attività collettive e spazi pubblici. La copertura del nuovo sistema accoglie orti, gradonate e piazze, mentre la copertura del cuore minerale che custodisce l’accumulazione di dati si fa accessibile, proponendo un nuovo sistema che mira ad abbattere del 40% i consumi energetici di un tradizionale Data Center. Risultati Accertata la vocazione precipuamente utilitaristica del contenitore di dati, appare evidente che il contenuto che questo custodisce sia indispensabile alla vita dell’essere umano, determinando il Data Center come spazio assolutamente necessario. L’ipotesi di includere nel tessuto urbano e più in generale nei nuovi insediamenti la presenza del Data Center anche in termini energetici rende, di fatto, questi spazi disumani assolutamente disponibili. Aperti non semplicemente all’accesso da parte dell’essere umano, ma aperti ad accogliere nuove significazioni. Lo spazio di custodia e di consultazione viene ridotto potendo contribuire all’individuazione di una dimensione di convivenza in cui il filtraggio e la selezione di informazioni appaiono possibili, facendo idealmente del deposito di dati, un contenitore di memorie. Conclusioni Il Data Center è al centro di indagini critiche che ne propongono la lettura critica multidisciplinare dalle implicazioni etiche, sociali, compositive ed economiche. Viene soprattutto inteso come uno spazio tangibile e concreto dell’etereo Cloud
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che se da un lato ne rappresenta in maniera tangibile il “peso” in termini anche ambientali ed economici, dall’altro diventa dimensione coincidente tra lo “spazio dei flussi” (Castells, 2009) e quello tradizionalmente inteso. È possibile affermare che la differenza tra accumulazione e memoria sta nella distanza tra la semplice registrazione di dati e la loro selezione e stratificazione fino a farne memoria collettiva. Se il perfezionamento dei supporti di registrazione, dalle schede perforate al Cloud storage, ha reso democratico l’accesso ai dati, la sovrabbondanza della loro trascrizione ne ha impedito un corretto filtraggio. Utopie e distopie novecentesche si contaminano in una contemporaneità in precario equilibrio tra progresso tecnologico e capacità d’uso dell’essere umano. Appare evidente che la sfida da affrontare, in un mondo datocentrico, non sia l’acquisizione di informazioni quanto piuttosto la nostra capacità di selezionarle. Se la memoria, soprattutto quella collettiva, costituisce la civiltà stessa, occorre filtrare le informazioni che stratificandosi la compongono per non rischiare di fermarsi allo strato più superficiale della contemporaneità, trasformandoci in una inumanità digitale.* NOTE 1 – A partire dal 1956 Constant Nieuwenhuys lavora al progetto di “una città per l’homo ludens” e “un modello sociale in cui l’idea di libertà diventasse la vera pratica della libertà”. 2 – Si fa riferimento al romanzo distopico Brave New World scritto da Aldous Huxley nel 1932. 3 – Secondo la ricerca condotta da IBM nel 2017, ogni giorno vengono prodotti circa 2,5 quintilioni ed il 90% dei dati disponibili è stato prodotto negli ultimi due anni. 4 – Paul Otlet descrisse il Mundaneum come una “rete globale” in cui registrare qualunque cosa nel momento esatto in cui essa viene prodotta rendendola accessibile da qualsiasi luogo. BIBLIOGRAFIA – Archizoom (1970). Città, catena di montaggio del sociale: ideologia e teoria della metropoli. Casabella, n. 350/351, pp. 43-52. – Baricco, A. (2018). The Game. Torino: Einaudi. – Blum, A. (2012). Tubes. A journey to the center of the internet. New York: Ecco, HarperCollins. – Branzi, A. (2006). Modernità debole e diffusa. Il mondo del progetto all’inizio del XXI secolo. Milano: Skira. – Borges, J.L. (2015). Finzioni. Milano: Adelphi. – Castells, M. (2009). The Rise of the Network society. Hoboken: John Wiley & Sons. – Derrida, J. (1995). Mal d’archive: Une impression freudienne. Parigi: Editions Galilée. – Ferraris, M. (2014). Documentalità. Perché è necessario lasciar tracce. Bari Roma: Laterza. – Ferraris, M. (2021). Documanità. Bari-Roma: Laterza. – Foucault, M. (2011). Spazi altri. I luoghi delle eterotopie. Milano-Udine: Mimesis. – Han, B. (2022). Le non cose. Come abbiamo smesso di vivere il reale. Torino: Einaudi. – Huxley, A. (1932). Brave New World. Londra: Chatto & Windus. – Wurman, R.S. (1991). Information Anxiety. Londra: Pan Books.
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Digital Memory
On Funes’ fallancy between the art of registration and forgetfulness
Introduction Throughout the twentieth Century, imaginative visions or inescapable dystopias have been inspired by the flawed relationship between human beings and machines, moving between an absolute collaboration or a total prevarication of one to the other. In this sense, Constant Nieuwenhuys’ New Babylon1 in which human beings live freerly and the mechanized and caste-divided society that inhabits the Brave New World described by Aldous Huxley2 represent antithetical prefigurations. The irreversible process of automation that characterizes our era profoundly modifies the role of the human being from an active producer of goods to a consumer of goods and a producer of documents about himself. There are 1.7 Megabytes of data per second that each human being creates, for a total of about 2.5 quintillion bytes produced every day3. In this sense, the idea of abundance of data embraces a condition of immeasurable size, of inhuman excess, thanks to more performing and advanced technological supports. The human urge of “leaving traces” (Ferraris, 2014) meets, in fact, a growing ease of recording and archiving which however challenges the very condition of existence of memory: its finite being. The refusal of oblivion, intended as the conscious cancellation of unimportant traces, such as filtering, tends towards an indistinct transcription that rejects the idea of unarchivable. In this sense, the difference between simple data and knowledge lies in sieving the overabundance through our mind through, using Umberto Eco’s words, a process not only of retention but also of repulsion. Precisely the human mind, the tabula par excellence on which to transcribe experiences, turns out to be an imperfect support, unable to record the growing accumulation of information unlike the virtually infinite virtual storage space. Cloud storage conforms as a digital transposition of an unlimited mind
which nevertheless condemns us to a spasmodic and non-cognitive accumulation. The character of Funes described by Jorge Luis Borges (1944) personifies an exceptional archive, much closer to the ideal performance of the machine than to the human intellect, capable of recording an abundance of images, details, notions while losing the ability to articulate thoughts. Informations, therefore, instead of the knowledge pervade the mind of the fictional character, critically resembling the condition of our era. In this regard, in 1989 Richard Saul Wurman defined information anxiety as “the product of the ever-widening gap between what we understand and what we think we understand” (Wurman, 1991), clarifying how the enormous growth in the number of data produced leads to less and less knowledge of them. As for el memorioso, the Cloud stores knowledge by making itself an immaterial transposition of the Mundaneum (P. Otlet and H.M. Le Fontaine) capable of collecting everything known in a systematized and above all digitally accessible space4. The idea that the archive substantiates itself precisely in the “place of original and structural weakness of [...] memory” (Derrida, 1991, p. 18) introduces the concept of “archiving archive” investigated by the French philosopher Jacques Derrida. Starting from the contribution The Concept of Archive: A Freudian Impression, 1994, for the Memory: The Question of Archives conference, then collected in the famous Mal d’Archive, Derrida recognizes all the archive has the dual role of container space aimed at preserving events to perpetuate them and make them collective memory, and a recording process that sifts through these same events, accepting their cancellation as a condition of existence. As a tangible means of accumulation, the archive is not detached from the very method of transcription and ordering of the data which allows its readability.
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The process of accumulation and selection of documents has historically identified different types of media capable of handing down human memory. Libraries, deposits but also rituals and transcriptions are fundamental recording and transmission devices of our civilization. The same artistic operation by Alberto Burri in the Belice Valley of sealing the remains of the city of Gibellina destroyed by the earthquake of 1968, in fact makes the Grande Cretto (img. 01) an archive of memories that eternalizes an urban layout that can no longer be revitalized. Or again, the accumulation of everyday objects that Andy Warhol collected in 621 Time Capsules (img. 02), carefully selecting them from 1974 until his death and now conserved at the Warhol Museum in Pittsburgh. Counting around half a million objects, the capsule apparatus serves as a documentary counterpoint to the art collection on display in the museum, gathering materials used by the artist, audio recordings, photos, posters, interviews and wigs. He himself clarifies that “the thing you should do is keep a box for a month, and drop everything in it and at the end of the month throw it away. You should try to leave a trace of it, but if you can’t and it gets lost, that’s okay, because it’s one less thing to think about, one less load off your mind” (Warhol, 2008). If filtered recording exists starting from a process of removal, today’s digital transcription defines an atypical space for storing memories that embraces the excessive and indefinite dimension of document production. Cloud storage, contrary to how ethereal the name may evoke, consists of huge and apparently inaccessible fortresses in which, referring to the Foucaultian idea of heterotopia, “time never ceases to accumulate and collect itself” (Foucault, 2010, p. 25). The Data Center, which collects extremely precious content, can only be considered
ABBONDANZA
the contemporary and most technologically advanced transposition of the archive, since it rejects the selectivity of registration. On the contrary, it is a deposit capable of accumulating everything. Scattered in the extra-urban landscape for purely economic reasons (areas with lower taxation) and energy reasons (close to available sources of energy), Data Centers are configured as hyper-technological and hierarchically dominant containers. These are generic deposits, immeasurable but paradoxically invisible, excluded from contemporary urban planning and architectural investigation, but absolutely necessary for our lives. Taking up the critical investigation that Archizoom propose of the urban process through No-Stop City (Archizoom, 1970) (img. 03), understood as a “quantitative accumulation” detached from any figurative code, it becomes clear that the built landscape is today surmounted by an immaterial network of flows, relationships and exchanges that finds its operating infrastructure right in the huge data containers (img. 04). Targets Is it possible to imagine a different interaction with the Cloud in which the human being is not overwhelmed but is able to filter information, making it known? Can the contemporary space of data accumulation, today an inaccessible fortress designed for mere functional optimization, open up to human experience as well? So is the Data Center an architectural fact? Approach Technological progress allows ever greater efficiency in recording data, which is transcribed on ever smaller physical support. The coded recording on punched cards of the 1920s and 1940s was replaced in the middle of the last century by transcription by electromagnetism on special reels which allows for the archiving of 225 Kb of data (equivalent to 1,920 punched cards). In 1956 the first hard disk in history was created, the IBM 350 Disk File, the minimum unit of today’s Data Centers, with a storage capacity of 3.75 Mb. It is a turning point in the recording process in the first instance because it allowed access to data in real time and secondly because, being composed of platters divided into concentric rings and sectors, hard disks allowed the archived data to be found according to a specific reference system. Today, the thousands of racks neatly arranged inside the Data Center collect about one extrabyte of Cloud data, equal to 500 thousand two-Terabyte hard disks and nine millions od billions punch cards. The evolution of the supports and consequently of the data storage space demonstrates its absolute centrality, at the same time revealing some of its main characteristics, becoming proper figurative invariants. The size of the huge containers establishes an unbalanced relationship with the context
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they are placed into, resulting in complete disregard. The fascinating excess, which refers to the deepest idea of the sublime, nevertheless establishes a complete estrangement from the human being, who becomes an observer, like admiration for a work of painting or sculpture. If Rem Koolhaas compares the huge and silent data containers to Land Art works, precisely in the relationship they establish with the landscape they occupy, it is the inaccessibility of the Data Center that makes it an “inhuman space”, shaped solely on functional optimization and completely inhospitable to even human habitability. Seemingly silent and impregnable, these contemporary fortresses are utterly introverted, welcoming one or very few access points through which to reach some of the interior spaces. The space for man is narrow, signposted. The permanence time of the human being inside is limited and allowed for strictly maintenance purposes, making the Data Center a real simulacrum of the immaterial content it preserves. If it would indicate a clear separation between the spaces of accumulation of data and the places of their effective use, that is between the traditional location of the Data Centers and the city center and human life, some contemporary trends would seem to subvert this logic. An emblematic case in this sense is the project The Spark (img. 07) by the Norwegian studio Snohetta which since 2018 has been working on the implementation of the Power City, an urban settlement capable of producing more energy than it is able to consume. The iconic storage space of the over 200 racks located becomes the epicenter of the new settlement, around which collective activities and public spaces are arranged. The roof of the new system includes vegetable gardens, steps and squares, while the roof of the mineral core that houses the accumulation of data becomes accessible, proposing a new system that aims to reduce the energy consumption of a traditional Data Center by 40%. Results and discussion Once the mainly utilitarian vocation of the data container has been proven, it appears evident that the content it holds is indispensable to the life of the human being, determining the Data Center as an absolutely necessary space. The hypothesis of including the presence of the Data Center in the urban fabric and more generally in the new settlements, also in terms of energy, makes these inhuman spaces absolutely open not simply to the human access, but in welcoming new meanings. The space for custody and consultation is reduced, being able to contribute to the identification of a dimension of coexistence in which the filtering and selection of information appear possible, ideally making the deposit of data a container of memories.
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Conclusions Data Center is fully included in analytical researches which look forward a multidisciplinary critical reading of it with ethical, social, compositional and economic implications. Above all, it is understood as a tangible and concrete space of the ethereal Cloud which, if on the one hand represents its “weight” in a tangible way, also in environmental and economic terms, on the other it becomes a dimension coinciding between the “space of flows” (Castells, 2009) and the traditional meaning of place. It is possible to state that the difference between accumulation and memory lies in the distance between the simple recording of data and their selection and stratification until they become collective memory. If the improvement of recording media, from punch cards to Cloud storage, has made access to data democratic, the overabundance of their transcription has prevented correct filtering. Twentieth-century utopias and dystopias contaminate each other in a contemporaneity in a precarious balance between technological progress and the human being’s ability to use. It seems clear that the challenge to face, in a data-centric world, is not the acquisition of information but rather our ability to select it. If memory, especially collective memory, constitutes civilization itself, it is necessary to filter the information that stratifies it in order not to risk stopping at the most superficial layer of contemporaneity, transforming us into a digital inhumanity.* Notes 1 – Since 1956, Constant Nieuwenhuys has been working on the project of “a city for homo ludens” and “a social model in which the idea of freedom becomes the true practice of freedom”. 2 – Reference is made to the dystopian novel Brave New World written by Aldous Huxley in 1932. 3 – According to research conducted by IBM in 2017, approximately 2.5 quintillion are produced every day and 90% of the available data was produced in the last two years. 4 – Paul Otlet described the Mundaneum as a “global network” in which anything can be recorded at the exact moment it is produced, making it accessible from anywhere.
30% CONTAMINANTE
36% FUGA
6% RILASCIO
7% CORRIDOI
6% DISPERSIONE SECONDARIA
Il granchio blu (Callinectes sapidus) è solo l’ultimo arrivato tra i tanti ospiti che si sono acclimatati nel bacino del Mediterraneo, dopo che l’uomo li ha portati con sé durante viaggi e migrazioni. Con la globalizzazione e, complice il cambiamento climatico, la diffusione di specie aliene, frutto di introduzioni volontarie o involontarie, è un fenomeno ancora sottostimato che secondo l’ultimo rapporto dell’IPBES sta raggiungendo l’entità di un’autentica invasione. Le specie aliene già identificate sono oltre 37 mila in tutto il mondo (il 37% solo negli ultimi 50 anni) e circa 200 nuove si stabiliscono ogni anno. E se molte sono specie animali o vegetali tutto sommato innocue, 3.500 delle specie aliene documentate nel rapporto sono catalogate come specie aliene dannose e invasive, capaci cioè di provocare forti danni alla biodiversità e all’equilibrio degli ecosistemi. Oltre ad essere oggi, uno dei principali rischi per la natura, la sicurezza alimentare e la salute umana, le specie aliene invasive costano al mondo 423 miliardi di dollari 7% l’anno: un prezzo che sta aumentando del 400% AFRICA ogni decennio dal 1970, superando così anche gli effetti economici imputabili ai disastri naturali. L’Europa, come il 17% dei Paesi del mondo, ha adottato norme specifiche per affrontare il problema, ma oltre il 45% non investe minimamente nella gestione delle specie aliene e nella prevenzione, che risulta essere lo strumento più efficace. Pare allora che quella di servire abbondanti porzioni di granchio blu nelle nostre cene di Natale non possa ritenersi una soluzione definitiva e sufficiente. Stefania Mangini
15% AUTOSTOPPISTA
Ecoinvaders
25% ASIA
34% 31% EUROPA AMERICA
$ 423 MILIARDI
60% EV 1.2 ENTI DI ESTINZIONIVIETÀ DI 00 CA SI TT DI ESTIZIONE RICONDUCIBILI ALL’A 218 SPECIE ALIENE INVASIVE
1
6
% P0 6 1 IANT E
461
14% VERT EBRATI
141
11% MICROBI
1852 BRATI
22% INVERTE
27
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16
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0 190 0 9 1 1
0 191 0 9 1 2
0 192 0 9 1 3
0 193 0 9 1 4
0 194 0 9 1 5
36 0 195 0 196
PATHWAY VOLONTARIE E INVOLONTARIE DELLE SPECIE ALIENE IN ITALIA FONTE: ISPRA, 2020
PERCENTUALE DI SEGNALAZIONI DI SPECIE INVASIVE FONTE: IPBES, 2023
COSTO MONDIALE ANNUO DOVUTO ALLE SPECIE ALIENE INVASIVE FONTE: IPBES, 2023
PERCENTUALE DI CASI DI ESTINZIONE IN CUI LE SPECIE ALIENE INVASIVE HANNO RAPPRESENTATO UN FATTORE DI PRIMO PIANO FONTE: IPBES, 2023
NUMERO DI SPECIE INTRODOTTE IN ITALIA A PARTIRE DAL 1900, FONTE: ISPRA, 2019
LIVELLO DI DISTRIBUZIONE DELLE SPECIE ESOTICHE INVASIVE DI RILEVANZA UNIONALE PRESENTI IN ITALIA, DA 0 A 12, CELLE 10X10 KM2 FONTE: ISPRA, 2019
38 0 196 0 197
71 0 197 0 9 1 8
90 0 198 0 199
92 0 199 0 0 2 0
111 0 200 0 0 2 1
133 0 201 0 202
Alberto Cervesato Assegnista di ricerca in Composizione Architettonica e Urbana, DPIA, Università degli Studi di Udine. alberto.cervesato@uniud.it
l pensiero narrativo assume un valore determinante per comunicare il progetto architettonico (inteso nella sua estensione alle diverse scale, dal dettaglio alla dimensione urbana), in quanto rappresenta la capacità, essenziale, di formulare delle storie e di attribuire un senso ai fatti metodologici, analitico-strutturali, compositivi e progettuali che compongono il progetto stesso. La fotografia (dal francese photographie), intesa come arte visiva, rappresenta una delle possibili forme esplicative di una narrazione silenziosa che può offrire un contributo rilevante nella trasmissione dei valori che caratterizzano i manufatti architettonici. Con l’obbiettivo di definire un possibile storytelling fotografico nasce la mostra Fotografare Le Corbusier (a cura di Alberto Cervesato) che si inserisce all’interno delle attività organizzate in occasione del Ventennale dall’avvio del corso di laurea in Scienze dell’architettura, presso l’Università degli Studi di Udine ed è stata realizzata nello spazio espositivo di Architettura, presso il Polo Scientifico dei Rizzi. Nel mese di maggio 2023 si è svolto un viaggio a Parigi dedicato principalmente allo studio dell’opera di Le Corbusier. Gli studenti coinvolti, ripartiti tra i cinque anni di studio del corso di laurea triennale in Scienze dell’architettura e magistrale in Architettura, seguiti dal Professor Alberto Sdegno (coordinatore dei due corsi di laurea e supervisore scientifico della mostra), dalla Professoressa Alessandra Biasi, dalla Dott.ssa Veronica Riavis e dal Dott. Alberto Cervesato, hanno potuto fare esperienza diretta di alcune tra le più importanti realizzazioni parigine del grande architetto del Novecento, tra cui la Maison Ozenfant, il Padiglione svizzero e la Maison du Brésil nella città universitaria, la Maison La Ro-
che-Jeanneret, sede della Fondation Le Corbusier, per finire con Villa Savoye a Poissy. Il viaggio di studio costituisce un’esperienza conoscitiva prioritaria nella formazione dell’architetto, in quanto permette di entrare in contatto diretto con la realtà, sperimentando dal vivo alcuni degli aspetti teorici affrontati in aula. La mostra, partendo dalla tematizzazione dei cinque punti dell’architettura di Le Corbusier, cerca di organizzare l’esperienza conoscitiva, narrando le emozioni e cercando di cogliere gli aspetti di rilevante originalità, che scaturiscono dalle architetture fotografate dagli studenti. L’esito è costituito da una serie di ventuno pannelli, uno per ciascuno dei partecipanti, che raccolgono per ogni autore una selezione di tre scatti, stampati in formati diversi, secondo una scala gerarchica definita dal curatore. La realizzazione della mostra ha cercato di dimostrare come la fotografia di architettura, rappresenti una metodologia per la didattica del progetto. Quelli esposti sono scatti non professionali, che presentano però il potenziale per giungere, attraverso lo studio della disciplina, al definitivo superamento della fotografia di maniera, favorendo la realizzazione di prodotti portatori di una sempre più elevata originalità. L’esposizione e la presente pubblicazione includono gli scatti fotografici realizzati dal curatore Alberto Cervesato e dagli studenti: Francesca Baraldo, Margherita Berto, Camilla Ceretelli, Letizia Criscuolo, Jacopo De Zaiacomo, Camilla Del Negro, Martina Deotto, Serena Dorigo, Lisa Gabbana, Lisa Leghissa, Darija Maric, Margherita Molaro, Daniel Monte, Virginia Muneretto, Giotto Nicolini, Alberto Petrosino, Elisa Pilutti, Sara Sant, Liberata Somma, Rocco Taglialegne, Giorgio Valentini.*
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Photographing Le Corbusier Photography represents one of the possible explanatory forms of a silent narrative that can make a contribution to communicating architectural design. The exhibition Photographing Le Corbusier defines a photographic storytelling of some of Le Corbusier’s most important Parisian achievements, seeking to enhance the aspects of relevant originality that emerge from the shots taken by some students during a study trip in Paris. It is intended to demonstrate how photography of Architecture, can represent a methodology for teaching design.*
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Fotografare Le Corbusier
Maison La Roche-Jeanneret, Le Corbusier, Parigi. Alberto Cervesato
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Spazio espositivo Architettura, Polo Scientifico dei Rizzi, Udine.
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Il viaggio di studio costituisce un’esperienza conoscitiva prioritaria nella formazione dell’architetto
Inaugurazione della mostra il 18 ottobre 2023.
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La fotografia di architettura rappresenta una metodologia per la didattica del progetto
Foto degli studenti selezionate.
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Eugenia Morpurgo Dottoranda di ricerca in Scienze del Design, Università Iuav di Venezia. emorpurgo@iuav.it
Bioregional Biomasses: towards an Abundance of Biodiversity Contemporary production processes, whether based on circular economy principles or on the rediscovery of traditions, are increasingly linked to the biological specificities of the territories in which they take place. Presenting an analysis of five fiberboards, made from five different plants in Italy, this article wishes to present how this phenomenon gives space to an abundance of biological diversity. Inviting to reflect on the actual ecological impact that biomaterial production has or potentially can have upstream the supply chains.* ntroduzione Gli approcci progettuali derivati dai principi di economia circolare e di bioeconomia, una volta applicati alla progettazione di materiali prodotti a partire da biomassa animale o vegetale, hanno spinto le filiere produttive a cercare di utilizzare risorse provenienti da contesti sempre più locali (Philp e Winickoff, 2018). Spesso utilizzando gli scarti di sistemi agricoli e industriali locali, i quali coltivano, allevano e trasformano piante e animali appartenenti a contesti climatici e geografici specifici. Questo processo ha, da un lato riportato in auge l’utilizzo di alcune specie
usate in passato, e dall’altro ha trovato applicazione per biomasse che finora erano considerate rifiuti (Santolini et al., 2021). Introducendo nei processi produttivi un’ampia diversità biologica ed aprendoli a ciò che V. Shiva chiama “un’economia dell’abbondanza”: circolare, rinnovabile, resiliente e biodiversa. Dato questo contesto, l’articolo prende in analisi come caso studio quattro pannelli in fibra, non lignea, prodotti sul territorio italiano, a partire da risorse coltivate localmente. Si è scelto di concentrarsi su pannelli in fibra non lignea perché, nonostante queste componenti siano tipicamente prodotte con cippato, negli ultimi anni vengono sempre più realizzate a partire da scarti agricoli,
costituendo la biomassa utilizzata tra il 30 e il 40% del costo di produzione del materiale e costando lo scarto agricolo il 50% in meno del cippato. Si è scelto di concentrarsi sul territorio italiano, percorrendolo da nord a sud, e sui pannelli in fibra per evidenziare come anche all’interno di un territorio relativamente limitato e facendo riferimento ad un’unica tipologia di materiale, la ricerca ed innovazione nel settore dei materiali naturali dia spazio all’utilizzo di risorse molto varie. Gli studi svolti finora su questo tema si sono concentrati su un’analisi di ciclo di vita o di performance dei materiali (Lee et al., 2022; Paridah et al., 2015). Questo contributo vuole invece portare l’attenzione sul legame fra
01. Una quercia da sughero | A cork oak. Dan Noyes, 2011
Biomasse bioregionali: verso un’abbondanza di biodiversità Il caso studio dei pannelli in fibra prodotti in Italia 86
L’IMMERSIONE
Progettare materiali per un’economia dell’abbondanza: circolare, resiliente e biodiversa
innovazione delle filiere produttive e biodiversità bioregionali, attraverso una mappatura dei luoghi di produzione, messa a confronto con un’analisi della presenza delle piante utilizzate nel territorio italiano. Con l’obiettivo di dimostrare come l’innovazione dei processi di produzione sia strettamente legata alle specifità ecologiche bioregionali e stia aprendo ad un’abbondanza di risorse nella quale si può individuare un’abbondanza di diversità biologica. Cinque piante per cinque pannelli in fibra Riso – Oryza sativa (img. 02) Il primo esempio nasce dal territorio Biellese in Piemonte, centro italiano della produzione risicola, dove viene coltivato il 50% del riso italiano. Il materiale in analisi è un pannello isolante, chiamato RH50, realizzato al 92% da fibre di paglia di riso unite tra loro da un 8% di fibre termofusibili. L’azienda produttrice, Ricehouse, fondata nel 2016, si occupa di sviluppo e produzione di prodotti per l’edilizia realizzati con gli scarti della lavorazione agricola ed industriale del riso. Il progetto nasce dalla volontà di progettare soluzioni per una bioedilizia locale e cercare di trovare un’alternativa alla pratica tradizionale di bruciare in campo gli
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02. Distribuzione sul territorio italiano delle coltivazioni di riso | Italian distribution of rice fields. Eugenia Morpurgo
03. Distribuzione sul territorio italiano della quercia da sughero | Italian distribution of cork oak trees. Eugenia Morpurgo
scarti della pianta del riso. Pratica responsabile di grandi emissioni di CO2 ma tradizionalmente utilizzata, anche nel Biellese, per limitare la crescita di infestanti nel campo, limitando quindi l’uso di erbicidi, ed ancora oggi al centro di accese discussioni tra agricoltori e responsabili delle politiche agricole sul territorio (Turra, 2023).
zionale: un paesaggio produttivo che, non prevedendo il taglio degli alberi, permette lo sviluppo di ecosistemi ad alta biodiversità e che svolge funzioni di carattere ambientale come la protezione del suolo dall’erosione (Salizzoni et al., 2021).
Sughero – Quercus suber (img. 03) Il secondo materiale analizzato è Edisughero Made Cork, pannello isolante termico ed acustico composto al 100% di granulato di sughero coltivato in Sardegna, riciclabile e compostabile. Edisughero, azienda specializzata in soluzioni per la bioedilizia in sughero, si trova a Guspini nella provincia del Sud Sardegna e fa parte del gruppo Edizero Architecture for Peace. Impresa fondata nel 2010 che ha presentato negli ultimi 13 anni più di 150 prodotti per la bioedilizia realizzati a partire da risorse di scarto o rinnovabili. Edisughero non a caso nasce in Sardegna dove si trova l’80% della superficie destinata a boschi di quercia da sughero in Italia, con 140.000 ettari dei 168.602 ettari complessivi presenti sul territorio. A differenza delle risaie del Biellese, caratterizzate da un paesaggio agricolo industriale monoculturale, le sugherete rappresentano quello che viene definito un paesaggio multifun-
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Canapa – Cannabis sativa (img. 04) Scendendo in Puglia a Conversano, in provincia di Bari, troviamo Canapuglia, nata nel 2011 dalla volontà di reintrodurre in quel territorio la filiera della coltivazione e lavorazione delle canapa, abbandonata da 50 anni. Infatti solo ad inizio 1900 l’Italia risultava essere la seconda nazione al mondo produttrice di canapa dopo la Russia, prima per qualità della fibra (Capassio, 2001). Grazie ad un finanziamento regionale Canapuglia in breve tempo è riuscita a riattivare la coltivazione della canapa su 120 ettari e a proporre diversi prodotti a partire dalla lavorazione della pianta. Tra questi un pannello isolante composto per l’85% da fibra di canapa e per il 15% da fibre tessili riciclate. Canapuglia ha deciso di investire nella filiera produttiva della bioedilizia perché le tecnologie di trasformazione necessarie richiedevano un investimento nettamente inferiore a quello richiesto per la riattivazione di una filiera tessile locale. Inoltre nel 2015, insieme al CNR e CREA, l’azienda si è anche impegnata
Biodiversità ed innovazione delle filiere di biomateriali nel territorio italiano
04. Illustrazione botanica Cannabis sativa | Hemp botanical illustration Cannabis sativa. Prof. Dr. Otto Wilhelm Thomé ‘’Flora von Deutschland, Österreich und der Schweiz”
per il recupero di una varietà antica, l’Eletta Campana, di cui restavano solo alcuni chili di semi. Questa varietà, oltre ad essere famosa per una fibra più bionda, si adatta particolarmente alle caratteristiche climatiche locali, facendo così emergere anche il tema della conservazione e riscoperta della diversità genetica nei materiali. Ginestra – Genisteae (img. 05) L’ultimo caso preso in esame ci porta in Calabria dove viene realizzato, al momento in forma sperimentale, un pannello in fibra di ginestra all’interno del progetto SMAFINEC, portato avanti dall’Unical insieme alla società Sirianni, azienda produttrice di arredo e la so-
cietà Sunfil specializzata in fibre tessili. Il pannello è realizzato con il materiale di scarto dell’estrazione della fibra di ginestra, possibile grazie ad un piccolo impianto pilota progettato e gestito dall’Unical (Greco et al., 2015). La ginestra è una pianta tipica del bacino del Mediterraneo dove cresce spontanea; in Italia prima della Seconda Guerra Mondiale veniva usata come risorsa per la produzione di filati, con più di 100 ginestrifici presenti sul territorio nazionale (Santoro, 2014). Verso un’abbondanza di biodiversità Vandana Shiva, in un’intervista pubblicata su MOLD Magazine nel 2021 (Shiva e Yuan, 2021), riferendosi alle
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colture e culture alimentari, parla di come tradizionalmente, fino all’avvento della Green Revolution, ci si sia basati su un’economia dell’abbondanza, basata sulla ricchezza di biodiversità che popolava la nostra cucina e gli ecosistemi in cui si coltivavano le risorse alimentari. Un’abbondanza rintracciabile anche in una cultura materiale del passato, che per secoli è stata strettamente legata alle pratiche agricole, e che era caratterizzata dall’utilizzo di un’ampia diversità biologica (Materials Cultures, 2022). Tracce di questa ricchezza passata si possono osservare in molte delle soluzioni prese in esame: materiali strettamente legati a tradizioni agricole ed artigianali
L’IMMERSIONE
REGIONI
GINESTRIFICI Piccolissimi
Piccoli
Medi
Liguria
1
Emilia
3
Toscana
7
Marche
3
Umbria
4
4
Lazio
3
1
Abruzzo e Molise
3
1
Grandi
Totale 1 3
2
9 8 8 2
6 4
Campania
3
4
Lucania
1
2
1
4
Calabria
11
3
1
15
15
34
10
Sardegna TOTALE
7
1
1 2
61
05. Numero di ginestrifici esistenti per regione nel 1941 | Number of “ginestrifici” per region in 1941. Eugenia Morpurgo
presenti sul territorio in un periodo precedente all’utilizzo diffuso di materiali plastici. Riconoscere questa specificità può suggerire nuove linee di ricerca per lo sviluppo di materiali sostenibili che guardino alla storia come fonte d’ispirazione. Non con nostalgia ma come potenziale per nuova innovazione, come nel caso dei pannelli in ginestra o canapa dove vengono progettate nuove applicazioni e tecnologie per piante appartenenti ad una cultura materiale e agricola passata. Conclusioni Dal confronto dei casi studio emerge la necessità di comprendere in maniera approfondita il contesto agricolo in cui queste risorse vengono prodotte, evitando generalizzazioni, e approfondendo le specificità di ogni ecosistema produttivo, consapevoli che, per esempio, l’impatto ambientale di un sistema agricolo monoculturale industriale è drammaticamente diverso da quello di una foresta multifunzionale. Comprendere le tipologie di agricoltura impiegata per la produzione delle biomasse, può da un lato portare ad una riflessione sull’effettivo impatto ecologico che filiere produttive di biomateriali hanno o potenzialmente
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possono avere a monte filiera, dall’altro può dare nuovi spunti per lo sviluppo di nuovi materiali, aprendo un nuovo terreno di indagine al confine tra innovazione delle filiere dei biomateriali e sistemi agro-ecologici ad alta biodiversità Il confronto tra le diverse discipline che si occupano di queste tematiche, dal design alle scienze dei materiali, dall’agro-ecologia alla botanica, è reso sempre più necessario anche considerando le strategie per una transizione agro-ecologica delle filiere agroalimentari e della produzione di biomassa per bioeconomie, incentivate dalla Commissione Europea attraverso Horizon Europe, con le quali si stanno confrontando oggi i nostri territori. Imparando dalle esperienze analizzate, che vedono materiali realizzati a partire da biomasse fortemente legate alla produttività biologica del territorio, questa auspicata transizione può diventare l’opportunità per ampliare maggiormente il range di diversità biologica presa in considerazione per la produzione di materiali, con l’obbiettivo di generare economie appropriate ai contesti ecologici ed identificabili con l’economia dell’abbondanza di cui parla Shiva (2021).*
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Alessandra M.L. Bosco PhD, ricercatrice in Design, Università Iuav di Venezia. amlbosco@iuav.it
Environment, Habits, Living The ecosystem, in the sense of collective umwelt, is a rich, complex and articulated system, responsive and resilient at the same time. Current ecological transition focuses on values and development models that aim to rehabilitate the environment and people in a multidisciplinary dialogic system. The contribution intends to investigate this issue within the nautical and naval sector that faces the transition by working on design solutions at multiple scales, from the choice of materials, to the reconsideration of hull geometries, to the supporting infrastructure network.*
per relazionarsi in modo che ciascuno possa essere riconosciuto, riconoscersi e agire in sinergia verso obiettivi comuni. L’attuale transizione ecologica – dopo un periodo caratterizzato da un forte antropocentrismo dove l’uomo, i suoi interessi e le sue esigenze hanno trainato progresso scientifico e crescita indiscriminata – pone al centro valori e modelli di sviluppo che intendono riabilitare ambiente e persone in un sistema multidisciplinare dialogante. Se infatti anche l’ecologia fin dagli anni Sessanta ha posto al centro del dibattito la supremazia dell’uomo, finalizzando anche l’azione di tutela dell’ambiente al benessere degli esseri umani, ai ricercatori e ai progettisti di
erso un sistema dialogante I significativi cambiamenti socio-economici assieme alle sfide contemporanee di natura ambientale hanno dichiarato l’urgenza di riflettere e di interrogarsi al fine di promuovere, con un avanzamento di conoscenza, modifiche di comportamenti e interventi reali sul territorio. L’ecosistema nell’accezione di umwelt collettivo1, dove ogni parte di un organismo è indissolubilmente relazionata alle altre come al tutto, è un sistema ricco, complesso e articolato, reattivo e resiliente al medesimo tempo (Antonelli e Tannir, 2019). In un ecosistema, persone, comunità e ambiente fisico trovano modalità
01. Render di Argo | Argo’s render. Boundary Layer Technologies, 2022
Francesca Ambrogio Dottoranda di ricerca, Scienze del design, Università Iuav di Venezia. fambrogio@iuav.it
oggi si presenta l’opportunità e l’impegno di riparare, ricostituire e ricostruire differenziando le omologazioni e promuovendo con maggiore consapevolezza azioni concrete (Antonelli e Tannir, 2019). Il mare. Progetti e strategie Perseguendo i medesimi intenti, ONU con i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) dell’Agenda 2030 (ONU, 2021) e Unione Europea con il Green Deal (EU, 2021) hanno ritenuto strategico promuovere progetti e programmi in grado di influire positivamente sull’ampia relazione uomoambiente. Uno degli ambiti interessati e coinvolti nei processi di transizione,
Ambiente, Abitudine, Abitare Dall’antropologia i fondamenti per un design nautico integrale
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L’IMMERSIONE
La transizione ecologica pone al centro valori che intendono riabilitare sistemi multidisciplinari dialoganti
è il sistema marino all’interno del quale le opportunità per riabilitare la struttura di mutue relazioni tra ambiente e persone sono diverse e articolate. Riferibili almeno in parte all’azione di recepimento della Direttiva 2014/89/ UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 luglio 2014 che istituisce un quadro per la pianificazione dello spazio marittimo, promuovendo la sostenibilità nella crescita delle economie marittime, nello sviluppo delle zone marine e nell’uso delle risorse marine, i programmi integrano la domanda di sviluppo economico con la necessità di tutelare gli ecosistemi marini considerandoli parte di un complessivo sistema sociale e ambientale. Leggere e interpretare gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, indagando connessioni e intersezioni con il sistema marino, può far emergere come sia possibile contribuire, a differenti livelli, alla riduzione dell’inquinamento negli oceani, nei porti e nelle regioni costiere, SDG 3; come, promuovendo investimenti nelle infrastrutture energetiche e nelle tecnologie per l’energia pulita, si riesca a facilitare l’accesso alla ricerca, all’innovazione e alla cooperazione internazionale, SDG 7; come, migliorando le capacità tecniche di gestione delle acque reflue a bordo delle navi e nei porti, si possa contribuire a promuovere riciclaggio e uso di tecnologie di produzione più pulite e modelli di consumo più soste-
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nibili, SDG 12; come, azioni strategiche mirate alla riduzione delle emissioni di gas serra del trasporto marittimo internazionale possano rispondere all’urgenza dei cambiamenti climatici in atto, SDG 13; o, ancora, come, migliorando la sicurezza del trasporto marittimo internazionale per prevenire l’inquinamento causato dalle navi, si possa contribuire alla conservazione di oceani, mari e risorse marine, SDG 14 (ONU, 2021). Alle più generali direttive di strategia politica economica per lo sviluppo sostenibile si affiancano quelle erogate negli anni da istituzioni che, operando nel settore marittimo e marino come International Maritime Organization (IMO, 2012) delle Nazioni Unite ed European Maritime Safety Agency dell’Unione Europea (EMSA, 2023), hanno promosso linee guida e programmi specifici a partire da variazioni dell’organizzazione interna del sistema marino. Ne sono un esempio le convenzioni MARPOL di IMO che regolamentano, a partire dal 1973, la prevenzione dell’inquinamento marino e atmosferico derivanti dalle grandi navi e le modalità di smaltimento dei rifiuti in mare (MARPOL, 2011; IMO, 2023). O piuttosto, la strategia quinquennale EMSA’s 5-year strategy 2020-2024 che nel 2019 ha proposto linee guida e azioni congiunte finalizzate al perseguimento di miglioramenti significativi all’interno di cinque aree ritenute prioritarie: so-
stenibilità, sicurezza, protezione, semplificazione della navigazione e sorveglianza (EMSA, 2019). Progettare interazioni La dimensione sistemica della progettualità, che coinvolge l’ambiente marino nella sua complessità, sfrutta il progresso scientifico nel campo ingegneristico e ambientale e l’adozione di tecnologie sviluppate in molteplici campi di ricerca. Agendo su più scale, dalla scala macro della pianificazione territoriale-marina alla scala micro della biologia ambientale con la ricerca di agenti inquinanti; lavorando sul campo liminale dell’interazione terramare, conciliando problematiche terrestri a questioni marine e cercando di rendere meno evidenti i confini di interesse, si dichiara la volontà di dialogo tra differenti interlocutori e ambiti disciplinari (Musco et al., 2014). Nei programmi internazionali, aspetti economici, sociali e ambientali supportano sinergie e promuovono convergenze verso obiettivi comuni di medio e lungo periodo. Così la strategia progettuale relativa alla transizione in ambito marino, combinando prestazioni fornite dall’evoluzione tecnologica e interesse verso l’ecosistema, prefigura una gestione di attività marine e marittime integrate con quelle a terra, garantendo con la compatibilità delle azioni una risposta coordinata e continuativa alla necessità di riflessione
02. Infografica rappresentativa del processo di funzionamento dell’infrastruttura | Infographics of the infrastructure operation process. Aqua superPower, 2022
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03.Render rappresentativo delle forze idrodinamiche e areodinamiche del Baltic 142 Canova | Representative rendering of the hydrodynamic and areodynamic forces of Baltic 142 Canova. Micheletti & Partners, 2019
critica e alla proposta di soluzioni nei confronti delle emergenze climatiche e ambientali (Coronato, 2018). Lavorano su questo duplice registro, tra innovazione e interesse ambientale, sulla soglia tra terra e acqua progetti di infrastruttura come quello sviluppato da Aqua superPower (img. 02). Il sistema di stazioni di ricarica elettrica proposto è in grado di affiancare il cambiamento verso una mobilità più responsabile che coniuga l’efficienza e la soddisfazione di un mercato globale in espansione con un limitato impatto ambientale. Si rivolgono all’espansione del turismo in aree protette progetti di ebus come il modello 1030 di GardaSolar. Grazie alla propulsione elettrica, al tetto che integra pannelli solari per ridurre i consumi e aumentare l’autonomia di navigazione e al disegno dello scafo, il veicolo permette una navigazione tipica dello slow-tourism che, limitando il moto ondoso, propone il pieno rispetto delle specie marine e dell’intero ecosistema terra-acqua. L’attenta e specifica progettazione della morfologia dello scafo di barche a vela per competizioni o per crociere a lungo raggio, mediante l’applicazione di hydrofoils, introduce fattori signifi-
cativi sia per la navigazione sia per il contenimento dell’impatto ambientale. Può essere un esempio di questa ricerca il Baltic 142 Canova progettato da Lucio Micheletti dove l’ulteriore introduzione del Dynamic Stability System (img. 03), un foil trasversale, consente la riduzione dell’angolo di sbandamento e permette di aumentare la velocità, di smorzare il beccheggio migliorando il comfort degli ospiti. Le soluzioni sperimentate nell’ambito della vela, se opportunamente scalate e customizzate sui differenti settori di mercato – come racing, trasporto passeggeri e gestione cargo delle merci – permettono di sviluppare nuove tipologie di veicoli e di mercati. Ne sono un esempio i progetti a propulsione elettrica sviluppati da Boundary Layer Technologies che, grazie all’adozione di hydrofoils e alla conseguente riduzione dell’attrito dell’acqua, raggiungono maggiori prestazioni, efficienza e autonomia proponendo, con un’impronta ecologica minima, un contributo alla decarbonizzazione e fornendo significative alternative al trasporto. Con Argo, sistema alimentato a idrogeno, viene introdotto nel trasporto marittimo un nuovo segmento di mercato, un
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cargo in grado di confrontarsi con l’efficienza del trasporto aereo, abbattendo il livello di emissione di CO2 (img. 01). L’area di progetto così delineata si distingue per essere caratterizzata da una rilevante componente tecnologica e per tendere, a partire dalle prefigurazioni di visioni e di obiettivi specifici, verso un’innovazione che necessita di competenze settoriali diversificate e avanzate. L’impatto dei progetti, per le significative ricadute sull’intero ecosistema, necessita l’azione collaborativa di aziende, investitori, persone e comunità, richiedendo in molti casi, con cambi di paradigma, cambiamenti di visione e di comportamento.
Ai progettisti l’opportunità di recuperare e ricostituire promuovendo consapevolezza L’IMMERSIONE
Specifici approcci di design sistemico e pratiche di design collaborativo possono contribuire a informare, formare e educare tutti gli interlocutori in relazione ai valori di una progettazione rivolta all’innovazione sostenibile, capace di coniugare in sé i valori e la necessità della tutela dell’ambiente con l’adozione delle tecnologie più avanzate. Opportunamente supportato da strategie di comunicazione volte alla divulgazione della complessità, il progetto nella sua natura di prefiguratore e facilitatore, può attivare processi in grado di soddisfare allo stesso tempo il benessere individuale, collettivo e dell’intero ecosistema ambientale che, nella complessità del quadro prefigurato, propone numerose opportunità di intervento concrete e diffuse. Habitus. Per un cambiamento Le strategie progettuali relative alla transizione ecologica in ambito marino, combinando l’interesse verso la tutela ambientale con il perseguimento delle prestazioni proprie del prodotto industriale derivato dall’evoluzione tecnologica, portano al centro della riflessione il progetto come attivatore di cambiamento. Il concetto, se portato alla scala dell’uomo, sia esso individuo o collettività, trova importanti riferimenti nella dimensione antropologica. Bourdieu (2001) in Ambiente – Abitudine – Abitare identifica, da un punto di vista socio-antropologico, il trinomio dialettico che rende evidente la mutua relazione tra uomo e contesto attraverso la consuetudine. L’abitudine è una delle articolazioni dell’habitus, che derivando dal latino ha-
bito, frequentativo di habeo, vede i suoi significati più prossimi in avere, abitare, dimorare (Remotti, 1993). L’habitus, abitudine e consuetudine identifica quindi un processo di iterazione. Forma di stabilità l’iterazione, grazie alla regolarità, rende possibile la prevedibilità dell’agire umano, dei suoi comportamenti individuali e collettivi tracciando i presupposti per l’innesco di processi di attivazione del cambiamento. Le iterazioni sono parti costituenti, costanti del vivere quotidiano (La Cecla e Zanini, 2012), in cui abitudini dell’uomo concorrono alla definizione di comportamenti sinergici, volti a esplicitare la relazione con il contesto. L’iterazione informa, sul piano del significato, il concetto del vivere quotidiano che nel ripetersi delle azioni crea, con flusso di esperienza e conoscenza, coscienza e consapevolezza del singolo nei confronti del sistema, abilitando nuovi dialoghi tra persone e ambiente. La sinergia tra uomo e ambiente diviene soggetto attivatore per la generazione e ri-generazione di progetti, e lavorando su comportamenti e pratiche di educazione e apprendimento coinvolge nuovi pubblici, contribuisce alla diffusione della cultura rigenerativa dell’ambiente attivando pratiche di cambiamento di comportamento (Oxman, 2020). Conclusioni Sulla disponibilità al cambiamento individuale e collettiva trova dunque fondamento un nuovo dialogo responsabile tra uomo e ambiente. In questo contesto si inserisce il progetto per il
04.Schema di sintesi dei temi e degli obiettivi trattati nell’articolo | Diagram overview of the themes and goals explored in the article. Francesca Ambrogio e Alessandra M.L. Bosco, 2023
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settore nautico e navale che richiede specificità di conoscenze e competenze di natura teorica e tecnica, in grado di prefigurare elementi di innovazione a partire da un’attenta osservazione e dall’analisi sinergica delle condizioni economiche e ambientali. In questa logica anche i veicoli continueranno la propria evoluzione in prodotti industriali sempre più performativi, spazi dell’ospitalità in grado di dialogare, ma forse ancor più di mettersi in ascolto, dell’ecosistema (img. 04).*
NOTE 1 – Nella lingua tedesca il termine umwelt è composto dal prefisso um e il sostantivo welt (mondo), e indica “ciò che sta intorno”. Il termine designa quindi “ciò che circonda” il soggetto (De Luca Picione, 2015). In tal senso l’utilizzo della costruzione umwelt collettivo, all’interno di questo contesto, fa riferimento al grado di cooperazione insito nell’ecosistema naturale, dove ogni organismo opera in un circolo funzionale e, per sopravvivere, ogni parte deve co-lavorare e co-funzionare insieme alle altre. BIBLIOGRAFIA – Antonelli, P., Tannir, A. (2019). Broken Nature, XXII Triennale di Milano. Milano: La Triennale di Milano Electa. – Bourdieu, P. (2001). La distinzione: critica sociale del gusto. Bologna: Il Mulino (ed. or. 1979). – Coronato, M. (2018). Blue economy nella pianificazione terra-mare: un approccio sistemico intersettoriale green oriented. Bollettino dell’associazione italiana di cartografia, 2018 (164). pp. 34-44. DOI: 10.13137/2282-572X/24403. – De Luca Picione, R. (2015). La mente come Forma. La mente come Testo. Una indagine semiotico-psicologica dei processi di significazione. Sesto San Giovanni: Mimesis. – EMSA (2019). EMSA’s 5-year strategy 2020-2024 (online). In emsa.europa.eu/publications/corporate-publications (ultima consultazione settembre 2023). – EMSA (2023). European Maritime Safety Agency Outlook 2023 (online). In emsa.europa.eu/publications/ (ultima consultazione settembre 2023). – EU (2021). Comunicazione della commissione al parlamento europeo, al consiglio, al comitato economico e sociale europeo e al comitato delle regioni su un nuovo approccio per un’economia blu sostenibile nell’UE. Trasformare l’economia blu dell’UE per un futuro sostenibile. Bruxelles: European Commission. – IMO (2012). International Maritime Organization. United Nation: International Maritime Organization. – IMO (2023). List of conventions (online). In imo.org/en/ About/Conventions/Pages/International-Convention-forthe-Prevention-of-Pollution-from-Ships-(MARPOL).aspx (ultima consultazione settembre 2023). – La Cecla, F., Zanini, P. (2012). Una morale per la vita di tutti i giorni. Milano: Elèuthera. – MARPOL (2011). Leggi 462/80 e 438/82 (online). Roma: Senato della Repubblica Italiana (ultima consultazione giugno 2023). – Musco, F., Gissi, E., Appiotti, F., Bianchi, I., Innocenti, A., Maragno, D. (2014). Introduzione al Maritime Spatial Planning: l’approccio ecosistemico per la pianificazione spaziale del mare. Franco Angeli: Milano. – ONU (2015). Trasformare il nostro mondo: l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile. A/RES/70/1. – Oxman, N. (2020). Material Ecology Catalogue. New York: Museum of Modern Art. – Remotti, F. (1993). Luoghi e corpi. Antropologia dello spazio, del tempo e del potere. Torino: Bollati Boringhieri.
Open data per attuare la circolarità Open Data to Implement Circularity
Marco Manfra Dottorando di ricerca, Architecture, design and planning, Università degli Studi di Camerino. marco.manfra@unicam.it
Cuffia stereo come Servizio. Headphones as a service. Repeat Audio + Gerrard Street
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Le azioni antropiche innescano catene di “causaeffetto” capaci di perdurare a lungo, facendo emergere un allontanamento tra l’esistenza momentanea dei beni tangibili e le conseguenze, ambientalmente permanenti, del nostro modo di produrre e di consumare. È all’interno di questo “complesso dicotomico” che appare una duplice realtà: da un lato, l’evidente scarsità e anonimità degli stock materiali, dall’altro, un’abbondanza di tecnologie digitali, informazioni e dati fruibili. Nondimeno, nell’alveo dell’ideazione degli artefatti ambientalmente preferibili, è proprio grazie all’abbondanza di questi ultimi – infrastrutture digitali e dati – che oggi si fa concreta la possibilità di “catturare il mondo fisico” (Rau e Oberhuber, 2019), per mappare, organizzare e ottimizzare l’uso di ciò che oggi è risorsa limitata, al fine di farla rimanere quanto più possibile disponibile e “abbondante” nel tempo, accordando così la qualità del vivere dell’uomo alla salvaguardia dell’ambiente. Questa opportunità si traspone, di fatto, nella “servitizzazione” dell’oggetto, intesa come passaggio dalla vendita di un prodotto alla fornitura di un “prodottoservizio”, attraverso cui, l’azienda fabbricante, conservando la proprietà del bene e mantenendo digitalmente traccia dei materiali che lo compongono, ne vende i benefici in base a un modello di servizio, che restituisce nelle mani di chi produce la responsabilità della manutenzione dello stesso e del suo trattamento a fine utilizzo (Manfra e Colafemmina, 2022). È in questo modello di business che un prodotto può essere usato – e non consumato – da uno o più fruitori in base a un accordo di pay-per-performance (Stahel, 2010). Questo approccio, dunque, accompagna il produttore a conferire priorità non più al volume e alla quantità, cioè alla vendita degli “oggetti”, con conseguente e continuativo depauperamento delle risorse naturali e crescita di rifiuti, ma alle prestazioni e alla qualità, ovvero alla vendita della sola funzione di tali “oggetti”, agevolando ogni pratica di manutenzione, riparazione, ripristino e riciclo a ciclo chiuso (Lacy et al., 2021). L’idea secondo cui il prodotto è un servizio, nonché una miniera di componenti e di materia seconda, non può prescindere dallo stabilire un passaporto digitale dello stesso (Digital Product Passaport – DPP), capace di fungere da inventario per tutti i materiali e i compo-
BIBLIOGRAFIA – Heinrich, M., Lang, W. (2019). Materials Passaports. Best Practice. Munich: BAMB Publisher. – Lacy, P., Long, J., Spindler, W., Orneli, S. (2021). Il manuale della circular economy: realizzare il vantaggio circolare. Milano: Egea. – Manfra, M., Colafemmina, N. (2022). Produzione leggera e responsabile. Un’opportunità per la sopravvivenza del pianeta in chiave eco-sociale. MD Journal. Design for Survival, n. 14 (2), pp. 50-61. – Rau, T., Oberhuber, S. (2019). Material matters. L’importanza della materia: un’alternativa al sovrasfruttamento. Milano: Edizioni Ambiente.
nenti utilizzati nel dato prodotto, al fine di perpetuarne il valore. Seppur attualmente lontani da applicazioni su larga scala, a causa degli scenari di mercato ancora fortemente radicati nelle logiche competitive, il DPP è idoneo a condividere in maniera trasparente informazioni circa: - alcune documentazioni del produttore, come ad esempio material safety data sheets (MSDS), technical data sheets (TDS), declaration of performance (DoP), corporate social responsability (CSR) e varie certificazioni ambientali; - la distinta componenti, completa delle proprietà dei materiali e della provenienza degli stessi, dei processi produttivi, delle operazioni di assemblaggio, manutenzione e disassemblaggio, dell’analisi del flusso di materiali (MFA) e dei dati sul ciclo di vita (LCA, LCC, LCI). Questa importante mole di dati, resa aperta e facilmente accessibile a utenti finali e altri eventuali stakeholder, consente di aumentare la possibilità di riuso e ricondizionamento dei prodotti e, eventualmente, garantire il corretto instradamento verso le strutture di riciclo. I settori e i prodotti per cui il DPP è pensato, e in cui dovrà necessariamente essere implementato, sono l’edilizia, l’elettronica di consumo, le batterie, l’ICT, la moda e l’arredamento (Heinrich e Lang, 2019). Per una transizione ecologica e digitale, pensare al prodotto come una concretizzazione di nuove idee e strategie, configurandolo entro un più ampio sistema integrato di dati e relazioni, permane l’eco-innovazione più robusta e radicale, al contempo abile a cautelare gli stock planetari.*
Macchine creative per il Centaur Design Creative Machines for Centaur Design
Niccolò Colafemmina Dottorando di ricerca, Innovation design, Università degli Studi di Camerino. niccolo.colafemmina@unicam.it
Design centauro. Centaur Design. Niccolò Colafemmina, Midjourney
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L’atto del progettare – inteso come “pre-visione” – costituisce l’unico strumento utile per il progresso e l’integrazione tra ambiente e società. Abbondanza, accessibilità e pervasività delle tecnologie di intelligenza artificiale (IA) stanno probabilmente conducendo l’umanità verso il culmine di una delle più grandi rivoluzioni culturali che abbia mai vissuto (Norman, 2023). Sin dagli anni ‘50 il loro potenziale è stato chiaro: le IA hanno potuto progressivamente sostituire le risorse umane nelle professioni legali, finanziarie e sanitarie. Solo di recente, invece, l’abbondante diffusione di queste nuove tecnologie sta interessando anche il design, attraverso l’integrazione di nuovi strumenti nei processi progettuali e ricoprendo sempre più un ruolo riconosciuto. In passato, si è sempre pensato che non si dovesse cadere nella trappola dell’umanizzazione delle macchine: si sosteneva che queste potessero eseguire solo i compiti per cui sono state programmate, che i software siano progettabili per dare delle risposte specifiche in contesti limitati e che, dunque, le IA non possano essere creative (Minsky, 1967; Boden, 2009). Oggi il dibattito sulla relazione tra creatività e IA è molto acceso. In molti sostengono che le IA non sono creative, ma semplicemente imitano i processi decisionali umani. Di fatto, però, se si intende la creatività come formalizzazione di una progressione di pensieri utili che porta alla soluzione di un problema, e l’intelligenza come consapevolezza, intenzionalità e coscienza, sarebbe forse più corretto considerare le IA “creative” piuttosto che “intelligenti”. Nei processi decisionali si traggono inferenze sul mondo che ci circonda con tempi e conoscenze limitate (Gigerenzer e Goldstein, 1996). Posta la creatività come gestione dell’irresolutezza del risultato, proprio le IA, potrebbero essere lo strumento in grado di colmare, quanto meno parzialmente, le lacune dovute alla “razionalità limitata” caratteristica dell’umano, ristretta dalle risorse di memoria e quantità di informazioni che un individuo è in grado di elaborare (Simon, 1956; Engelbart, 1962). Le fasi di problem setting e problem solving avvengono attraverso una badiale semplificazione del problema e delle scelte disponibili, per cui la risoluzione dei quesiti progettuali è generata per mezzo di logiche di satisficing, qui inteso come portmanteau per soluzione sufficientemente soddisfacente. In questo aspetto, le tecnologie di IA essendo potenzialmente in grado di superare la razionalità limitata attraverso l’ab-
BIBLIOGRAFIA – Boden, M. A. (2009). Computer Models of Creativity. AI Magazine, n. 30 (3), pp. 23-34. – Engelbart, D. C. (1962). Augmenting Human Intellect: A Conceptual Framework. Menlo Park: Stanford Research Institute. – Gigerenzer, G., Goldstein, D. G. (1996). Reasoning the Fast and Frugal Way: Models of Bounded Rationality. Psychological Review, n. 103 (4), pp. 650-669. – Koch, J., Lucero, A., Hegemann, L., Oulasvirta, A. (2019). May AI?: Design Ideation with Cooperative Contextual Bandits. Proceedings of the 2019 CHI Conference on Human Factors in Computing Systems, CHI ’19, pp. 1-12. – Norman, D. A. (2023). Design for a better world. Meaningful, Sustainable, Humanity Centered. Cambridge: MIT Press. – Simon, H. A. (1956). Rational choice and the structure of the environment. Psychological Review, n. 63 (2), pp. 129-138. – Stefik, M. (2017). Half-Human, Half-Computer? Meet the Modern Centaur, in www.parc.com/blog/half-human-half-computer-meetthe-modern-centaur/ (ultima consultazione agosto 2023).
bondanza di potenza computazionale utile all’analisi di grandi quantità di dati sembrano essere promettenti, sebbene spesso le loro risposte sprofondino in una ammaliante “poetica della meraviglia”. Il dialogo progettuale è interazione continua tra uomo e macchina nello svolgimento di compiti di varia complessità permettendo che, sempre in contesti ben limitati, queste possano intervenire con un loro ruolo autonomo nell’atto progettuale sia – come ormai consolidato – per mansioni a scarso valore aggiunto, sia come partecipante alla pari nel dibattito di idee e soluzioni tecniche. Le IA creative capaci di rielaborare una grande mole di dati, siano essi scientifici o umanistici, offrono risposte progettuali decontestualizzate dalle esperienze personali del singolo progettista costituendo una materia di confronto eccezionale. Numerosi studi si concentrano sulla sfida del possibile superamento delle capacità umane da parte dell’intelligenza artificiale, ma ancora in pochi si soffermano sul grande valore aggiunto espresso da modelli “centauri” (Stefik, 2017) di intelligenza umana e artificiale per il design (Koch et al., 2019). Sebbene le IA creative vanno acquisendo un ruolo viepiù integrato nei processi progettuali, è bene ribadire che il progettista ha, e auspicabilmente continuerà ad avere, la progettazione nelle proprie mani come atto libero e cosciente, espressione della propria integrità e unicità di individuo umano all’interno del tessuto sociale.*
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SOUVENIR
Letizia Goretti PhD Cultura visuale, ricercatrice associata BnF–site Arsenal. letizia.goretti@yahoo.it
L’Uomo di Cartapesta Asta-Performance, MetaTeatro e Ex-Asilo Filangieri, Venezia, Campo San Giacomo dell’Orio, 2019.
È meglio abbondare che scarseggiare (Melius est abundare quam deficere) dicevano i latini. Ma sembra che sia il motto – in eccesso – anche dell’uomo contemporaneo: avido di cibo, di terra, di oggetti, di tecnologia, di soldi, di potere, ecc. vuole sempre di più, tutto deve abbondare. Il fuoco della possessione arde… forse non sa che è solo un uomo di cartapesta.*
The Paper-Mache Man Auction-Performance, MetaTeatro and Ex-Asilo Filangieri, Venezina, Campo San Giacomo dell’Orio, 2019
It is better to abound than to lack (Melius est abundare quam deficere) the Latins said. But it seems to be the motto – in excess – of contemporary Man too: greedy for food, land, objects, technology, money, power, etc. he always wants more, everything must abound. The fire of possession burns… maybe he doesn’t know that he is just a papermache man.*
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Vanessa Deotto Eco-social designer e assegnista di ricerca, Montagna, DI4A, Università degli Studi di Udine. vanessa.deotto@gmail.com
Towards a new Alpine Rurality In a world in constant movement, staying is what remains to be done to save the abandoned mountain territories. Tiera Viva – Archivio Vivente della Carnia, is an Eco-Social Design project designed to counter depopulation by promoting permanence in Carnia’s territories through the re-evaluation of what is present and the creation of free, equal space, able to become a catalyst of new alpine rural narratives.* egli ultimi trent’anni, i progressi dell’urbanizzazione hanno rappresentato una seria minaccia per i territori periferici. L’attrazione per il mondo urbano, infatti, ha portato grandi masse di persone ad abbandonare i propri luoghi alla ricerca di una nuova vita, lontano dalla terra. Nel Nord-Est d’Italia, situato nelle Alpi Carniche orientali, esiste un territorio che a stento resiste ancora alle incombenti minacce dell’abbandono, il suo nome è Carnia. I suoi boschi e i suoi promontori lo hanno sempre caratterizzato come un territorio severo e ostile, dove per secoli la vita dell’essere umano e le mutazioni della natura si sono assorbite vicendevolmente. Lo stesso essere umano, infine, ha ben presto comin-
01. La parete delle risorse naturali | Natural resources wall. Vanessa Deotto
Verso una nuova ruralità alpina
Il progetto Tiera Viva – Archivio Vivente come catalizzatore di nuove ruralità della Carnia 100
TESI
Ridefinire i valori della terra e delle risorse presenti nel territorio, dando vita a nuove ruralità
ciato a disinteressarsi delle terre, preferendo abbandonarle verso lontani orizzonti. Una possibile soluzione per rilanciare questi territori salvandoli dall’abbandono è restare (Teti, 2011), decidendo di non partire o di arrivare credendo nelle potenzialità che il territorio offre. Ma come indurre le persone a restare? Come ridare valore a ciò che è stato perso e dimenticato dai più? Come creare nuove realtà rurali? Il progetto di tesi1 si pone come obiettivo quello di ridefinire i valori della terra e delle risorse presenti sul territorio, dando vita a nuove ruralità in grado di scardinare anacronistici modi di vedere e abbracciando nuove possibilità di vivere il mondo rurale. Per farlo è neces-
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sario attuare un processo di riconsiderazione dei margini e di rafforzamento delle comunità che ancora vivono i luoghi in abbandono. I margini, definiti come i luoghi posti a notevole distanza dai contesti urbanizzati, spesso considerati provinciali, retrogradi, marginali, in disallineamento con il mondo sviluppato e industrializzato delle città. Questi territori sono un residuo di una cultura in declino, di un vivere lento che evolve naturalmente, come affermava Clemént (2005) “verso un paesaggio secondario” che a sua volta apre nuove possibilità di vita, o come ha sottolineato Varotto (2020), secondo cui una montagna spopolata può diventare una risorsa preziosa perché rappresenta un “bene collettivo”, l’ab-
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bandono di persone e istituzioni danno vita a un luogo libero da ogni vincolo dove è necessario cooperare. Le relazioni, infatti, sono al centro della vita comunitaria di un villaggio e non solo lo scambio tra le persone dà potere alla comunità e alle proprie prospettive, ma lo sforzo di rendere un luogo, terreno fertile per nuovi e concreti incontri, è fondamentale per risollevare i territori abbandonati. Mentre un tempo la cooperazione era necessaria per la sopravvivenza del singolo, oltre che della collettività, oggi è necessario creare i modi e i luoghi più adatti a innescare processi di condivisione e cooperazione. Le comunità, infatti, devono riconsiderare il proprio potere re-identificandosi con
il proprio luogo, divenendo un unicum propositivo in grado di garantire stabilità e persistenza. L’approccio utilizzato durante l’ideazione e la realizzazione del progetto si può definire come un approccio multidisciplinare. In seguito all’inquadramento delle varie problematiche attraverso un’ampia analisi desk, si è presentata la necessità di incontrare le persone. La realizzazione di una mappa degli stakeholder ha aiutato nell’organizzare le varie interviste, in seguito effettuate utilizzando un approccio etnografico. Questo ha permesso di conoscere le diverse realtà della Carnia, definendo un’immagine quanto più accurata della situazione odierna dell’area presa in analisi. Nonostante il territorio sia vasto e diversificato, la porzione di comunità intervistata ha dimostrato di avere un pensiero allineato, dove le preoccupazioni, le volontà, i desideri, le storie sono intrinsecamente legate tra loro. Le interviste realizzate hanno portato alla luce diversi argomenti principali,
i quali ripresentandosi nella maggior parte delle conversazioni, si sono delineati come essenziali per la vita nei territori della Carnia, divenendo il punto di partenza per la creazione dell’archivio. Tra gli argomenti più emblematici troviamo la coesistenza e convivenza in un mondo “più che umano” (Haraway, 2016; Puig de la Bellacasa, 2017), il frazionamento fondiario, l’agricoltura e la biodiversità conservata, le ostilità comuni e le risorse naturali caratterizzanti la storia sociale, culturale ed economica del territorio della Carnia. Le diverse riflessioni emerse dalle interviste rappresentano ad oggi preoccupazioni anacronistiche, le quali col tempo si sono radicate nel territorio impedendo, di fatto, il progresso e favorendo abbandono e isolamento. È dunque evidente come sia necessario ripartire dalla rivalutazione del presente e dalla creazione di nuovi possibili futuri in grado, non solo di discostarsi dalle narrazioni attuali, ma di crearne di inedite, verso un nuovo
modo di concepire i territori rurali. Per farlo è stato necessario ideare un luogo in forma di archivio vivente capace, da un lato, di costudire quanto di più prezioso appartenente al territorio, dall’altro di innescare il processo di rivalutazione e riconsiderazione. Gli archivi, infatti, sono definiti come le case delle memorie collettive in cui diversi materiali vengono conservati con l’obiettivo di prolungarne la vita e impedire che vengano persi e distrutti. Ma mentre gli archivi, come i musei, hanno lo scopo primario di “proteggere” il passato rendendolo fruibile nel presente, gli archivi viventi rispondono a quello che rappresenta un concetto rivoluzionario che mette in discussione gli archivi stessi.
Un viaggio temporale tra passato, presente e futuro
02. L’archivio vivente e i suoi oggetti interattivi in esposizione | Exposition of the living archive and its interactive objects. Vanessa Deotto
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TESI
03. La mappa del percorso dell’archivio | Archive’s path map. Vanessa Deotto
Essi infatti non sono più definiti come luoghi di conservazione del passato ma l’insieme di “pratiche e ambienti che collegano l’organizzazione, la cura e la trasmissione della memoria con processi creativi, performativi e partecipativi legati al presente” (Sabiescu, 2020, p. 497). Il progetto Tiera Viva – Archivio Vivente della Carnia, dal dialetto friulano terra viva, è un elogio alla terra in forma di archivio interattivo realizzato con e per la comunità. Lo scopo del progetto è in primo luogo quello di raccogliere materiale intrinsecamente legato al territorio e alla terra come sementi locali, materiali naturali e derivati, storie, testimonianze, visioni e prospettive riguardo la percezione attuale del territorio e il futuro, legati ai temi citati precedentemente. Dall’altro, mediante la raccolta di materiale tangibile e intangibile appartenente alla comunità, intende diventare uno spazio di aggregazione dove è possibile incontrare persone allo scopo di favorire il dialogo e lo scambio su temi affini, rafforzando il senso di appartenenza al territorio e alla comunità. In particolare, l’archivio vivente di Tiera Viva è composto da più
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elementi interattivi, i quali hanno lo scopo di informare, ispirare, richiedere opinioni e visioni e innescare riflessioni sui temi più controversi, portando il visitatore in un viaggio temporale tra passato, presente e futuro. Portare al centro di una discussione un elemento come la terra, spesso associato a fatica e povertà, è fondamentale ed estremamente urgente per prendere coscienza dell’importanza che riveste la conservazione della terra. Il lavoro di sensibilizzazione, che l’archivio si propone di svolgere, ha quindi un impatto eco-sociale diretto sulla comunità coinvolta, la quale è invitata a riflettere attivamente sulle potenzialità del proprio territorio portandola a ridefinire i propri valori e il senso di appartenenza verso la Carnia. Questo ha l’obiettivo di innescare nelle persone dei sentimenti e delle azioni di cura delle proprie terre, rendendole parte attiva del processo. La comunità, infatti, dovrebbe sentirsi responsabile delle proprie azioni e decisioni, sentirsi chiamata a prenderle e ad agire attivamente verso la creazione di nuovi possibili futuri (Phillips, 2015). Allo stesso tempo, l’archivio è apparen-
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temente l’unico luogo, oltre alle sedi istituzionali e governative, dove parlare di temi ad oggi controversi. Infine, dare un luogo e più voci ai diversi temi citati, è certamente un punto di partenza per valorizzare il cambiamento, il quale per essere efficace dovrà inevitabilmente espandersi e prendere forza dal basso, dalle persone che vivono i territori marginali, dalla terra.*
NOTE 1 – Tiera Viva – Carnia’s Living Archive è un progetto di tesi magistrale del corso di Eco-Social Design della Libera Università di Bolzano (a.a. 2020/21), ideato da Vanessa Deotto e supervisionato da Amy Franceschini e Roberta Raffaetà. BIBLIOGRAFIA – Clément, G. (2005). Manifesto del Terzo paesaggio. Macerata: Quodlibet. – Haraway, J.D. (2016). Staying with the trouble. Making Kin in the Chthulucene. Durham; London: Duke University Press. – Phillips, R. (2015). Black Quantum Futurism: Theory & Practice, vol. I. Philadelphia: The Afrofuturist Affair. – Puig de la Bellacasa, M. (2017). Matters of Care. Speculative Ethics in More Than Human Worlds. Minneapolis: University of Minnesota Press. – Sabiescu, A.G. (2020). Living Archives and the social transmission of memory. Curator: The Museum Journal, n. 63(4), pp. 497–510. – Teti, V. (2011). Pietre di pane. Un’antropologia del restare. Macerata: Quodlibet Studio. – Varotto, M. (2020). Montagne di mezzo. Una nuova geografia. Torino: Einaudi.
Roshan Borsato
Università Ca’ Foscari.
Enrico Polloni
Università Ca’ Foscari.
The Evolution of I4.0: a Human-centered Technology The adoption of the enabling technologies of Industry 4.0 in smart factories has brought with it major changes to the daily work of operators, bringing with it new needs and new issues. This paper aims to describe the main characteristics of Industry 4.0 by referring mainly to the human-centred side of the paradigm, to provide an overview of its social sustainability. The methodology used is based on an analysis of the main international and national scientific journals related to the topic.* ormai pacifico come il tema dell’Industria 4.0 (I4.0) sia un modello di impresa che promette grandi vantaggi economici e di mercato. La letteratura in questo senso è quasi unanime. Tuttavia, di fronte al rischio di percepire la robotica e la digitalizzazione tecnologica dei prodotti e dei processi aziendali come dei competitors delle risorse umane si sta affermando la necessità di introdurre il concetto di Industria 4.0 human-centered. Si sta, in particolare, affermando una nuova nozione di I4.0 che introduce la necessità che la robotica e la tecnologia in generale siano a servizio dei bisogni dell’uomo ribadendo l’opportunità di una visione antropocentrica dello sviluppo economico. Il modello di innovazione tecnologica deve, in poche parole, essere di
tipo collaborativo: è fondamentale che le aziende puntino alla cooperazione tra macchine ed esseri umani. Qual è il fine ultimo di tutto questo? Dare un valore aggiunto alla produzione creando prodotti personalizzati che rispettino sia le esigenze dei consumatori sia le esigenze dei lavoratori. In questo senso l’Unione Europea accoglie questa nuova visione di industria affermando l’Industria 5.0 vista come un’industria sostenibile humancentric e resiliente. La sostenibilità sociale dell’I4.0 L’Industria 4.0 è associata a nuove tecnologie digitali, tra le quali rientrano ad esempio l’Internet delle cose, la realtà aumentata e virtuale, i big data e la produzione additiva, e per le quali il mercato europeo nel 2020 è stato valutato in 24,5 miliardi di dollari, con un tasso di crescita annuo previsto del 16,4% nel periodo 2020-2030. Contemporaneamente a questa forte spinta economica, tramite l’implementazione dell’I4.0 gli operatori umani nelle aziende hanno sperimentato una maggiore complessità dei loro compiti quotidiani, in quanto viene loro richiesto di essere profondamente flessibili e di dimostrare capacità di adattamento in un ambiente di lavoro estremamente dinamico. Ciò richiede strumenti e approcci che possano essere facilmente incorporati nelle pratiche quotidiane e che siano in grado di combinare metodologie complesse con requisiti di alta usabilità (Kadir e Broberg, 2021). Queste richieste di flessibilità e di capacità di adattamento finiscono ine-
vitabilmente per condizionare la sostenibilità e il well-being aziendale, in particolar modo incidono sul pilastro della sostenibilità legato alla sfera sociale. Per abbracciare con successo il paradigma dell’I4.0 in modo socialmente sostenibile, le imprese manifatturiere devono quindi accompagnare le trasformazioni tecnologiche con programmi di formazione e sviluppo per la loro forza lavoro. Inoltre, bisogna tenere conto che i nuovi ambienti di lavoro influenzano direttamente l’operatore e la natura del lavoro, creando nuove interazioni non solo tra uomini e macchine, ma anche tra mondo digitale e fisico. Pertanto, la trasformazione socio-tecnica verso la fabbrica del futuro richiederà di porre l’operatore al proprio centro. L’automazione, la robotica e altre tecnologie di produzione avanzate sono viste come possibilità per l’ulteriore potenziamento e l’aumento delle capacità fisiche, sensoriali e cognitive dell’uomo; tuttavia, per consolidare un ambiente lavorativo incentrato sulla sostenibilità queste tecnologie devono dimostrarsi profondamente human-centered. Pertanto, una fabbrica socialmente sostenibile nell’ambito dell’I4.0 è un luogo di lavoro in cui la progettazione e l’ingegneria dei sistemi di lavoro utilizzano le nuove tecnologie per migliorare le conoscenze e le capacità degli operatori. In questo senso, un sistema di produzione incentrato sull’uomo si caratterizza per consentire l’unificazione della pianificazione e dell’attuazione, prevedendo che l’operatore abbia il controllo del processo di lavoro e della tecnologia e
L’evoluzione dell’I4.0: una tecnologia human-centered 104
IN PRODUZIONE
promuovendo l’utilizzo delle competenze umane (Romero et al., 2016). L’operatore dell’I4.0 Nonostante questi sviluppi tecnologici, i lavoratori umani continueranno a svolgere un ruolo centrale nella fabbrica intelligente e nella produzione del futuro. L’obiettivo a lungo termine dell’I4.0 non è la completa sostituzione del lavoratore verso una produzione totalmente automatizzata, ma di influenzare profondamente e in meglio il suo lavoro in fabbrica. Di conseguenza, gli operatori devono acquisire nuove competenze e capacità, e i profili di competenza e le esigenze di qualificazione della forza lavoro cambieranno in modo significativo (Bretz et al., 2022). La migrazione verso la fabbrica del futuro richiede pertanto un approccio strutturato guidato da una visione organica in cui il prodotto intelligente, la macchina intelligente e l’operatore aumentato siano paradigmi centrali. Con l’affermarsi dell’I4.0, infatti, gli operatori umani sperimentano una maggiore complessità dei loro compiti quotidiani, ma il capitale umano rimarrà al centro di tutti gli sforzi di implementazione (Longo et al., 2017). Questi lavoratori operanti in un contesto dove risultano implementati i principi e le tecnologie proprie dell’Industria 4.0, vengono definiti in letteratura come Operatori 4.0. Tuttavia, l’I4.0 contempla nel suo insieme molteplici ed eterogenee tecnologie, e a ognuna di esse corrisponde dunque una diversa tipologia di Operatore 4.0. Ad esempio, un lavoratore che opera con la realtà aumentata (AR) viene definito un Augmented Operator. Allo stesso tempo, queste tipologie di Operatori 4.0 possono esistere all’interno dei luoghi di lavoro sia come tipi singoli che come tipologie ibride (Romero et al., 2016). Proseguendo con l’esempio, la realtà aumentata è una tecnologia importante per l’approccio all’Industria 4.0 perché consente agli esseri umani di accedere al mondo digitale attraverso uno strato di informazioni posizionato sopra il mondo fisico. La tecnologia AR può offrire vantaggi significativi, come tempi di ciclo più rapidi, affidabilità, riduzione del tasso di guasti e tracciabilità, per suppor-
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tare l’operatore in tempo reale durante le operazioni manuali, diventando un sistema di assistenza digitale per ridurre gli errori umani e, allo stesso tempo, riducendo la dipendenza dalle istruzioni di lavoro stampate, dagli schermi dei computer e dalla memoria dell’operatore. (Masood e Egger, 2019). Un Augmented Operator deve quindi apprendere le conoscenze necessarie per interagire con questa e con altre tecnologie affinché esse possano aiutarlo significativamente nel suo lavoro. Allo stesso tempo bisogna comprendere le necessità che un’implementazione sostenibile delle tecnologie abilitanti dell’Industria 4.0 richiede per garantire il benessere dei lavoratori. I cambiamenti e le sfide Questa implementazione dell’Industria 4.0 risulta particolarmente significativa per le piccole-medie imprese. Un report pre-covid del Ministero per lo sviluppo economico mostrava come solamente il 6% delle microimprese aveva introdotto tecnologie I4.0, seguite dal 18,4% delle piccole imprese, dal 35,5% delle medie e dal 47,1% delle grandi (MET-MISE, 2018). Queste percentuali pongono alcune indeterminatezze sulla capacità delle PMI di garantire una transizione sociale sostenibile, in quanto la loro esperienza limitata sulla transizione all’I4.0 può portare a trascurare i lavoratori e il loro wellbeing (Lepore et al., 2021). Dalla letteratura emergono infatti molteplici problematiche concernenti il well-being aziendale degli operatori con riferimento a stress e burnout causati dalla riduzione dell’autonomia e dall’aumento delle richieste di lavoro, dai nuovi requisiti di abilità e competenza e dal sovraccarico di informazioni. In aggiunta, vi è anche la sicurezza dei lavoratori quando lavorano con tecnologie di automazione tangibili, ad esempio robot autonomi e veicoli autonomi, e la frustrazione causata dalla paura della disoccupazione e dalle limitate opportunità di lavoro. Per superare queste sfide e garantire una transizione di successo verso l’I4.0, diverse pubblicazioni suggeriscono che sarà necessario applicare nuove filosofie di progettazione e ingegneria incentrate sull’uomo che tengano conto delle ca-
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pacità fisiche, cognitive e sensoriali dei lavoratori (Kadir e Broberg, 2021). Le capacità degli operatori che devono essere quindi potenziate, tuttavia per realizzare una perfetta integrazione di capacità produttive avanzate con infrastrutture digitali non bisogna tralasciare l’aspetto umano e socialmente sostenibile. Qualsiasi nuova tecnologia non può essere sviluppata come applicazione a sé stante ma, nella corretta prospettiva dell’I4.0, deve essere completamente integrata con i sistemi e le soluzioni esistenti. Allo stesso tempo, nella corretta prospettiva dell’I4.0, qualsiasi tecnologia deve venire sviluppata e implementata nella previsione di realizzare una fabbrica che sia certamente smart, ma che sia anche e soprattutto human-centered. Conclusione In conclusione, qualsiasi sia la nozione che abbiamo in testa di innovazione tecnologica e qualsiasi definizione vogliamo dare al tema della digitalizzazione dei prodotti di processi non dobbiamo mai dimenticare come il fine ultimo dell’economia sia il benessere dell’uomo. Pertanto, al centro delle nostre riflessioni deve esserci sempre l’essere umano con i suoi bisogni: la tecnologia deve essere vista come strumento e non come fine. La tecnologia stessa, pertanto, deve essere concepita come un partner e non come un fattore di competizione con l’essere umano: in gioco, infatti, c’è il futuro della stessa nostra umanità.* BIBLIOGRAFIA – Bretz, L. et al. (2022). The ECO Maturity Model – A humancentered Industry 4.0 maturity model. 9th CIRP Conference on Assembly Technology and Systems. Procedia CIRP, n. 106, pp. 90-95. – Kadir, B.A., Broberg, O. (2021). Human-centered design of work systems in the transition to industry 4.0. Applied Ergonomics, n. 92, p. 103334. – Lepore, D. et al. (2021). Industry 4.0 Accelerating Sustainable Manufacturing in the COVID-19 Era: Assessing the Readiness and Responsiveness of Italian Regions. Sustainability, n. 13, p. 2670. – Longo, F. et al. (2017). Smart operators in industry 4.0: A human-centered approach to enhance operators’ capabilities and competencies within the new smart factory context. Computers & Industrial Engineering, n. 113, pp. 144-159. – Masood, T., Egger, J. (2019). Augmented Reality in support of Industry 4.0 – Implementation Challenges and Success Factors. Robotics and Computer-Integrated Manufacturing, n. 58, pp. 181-195. – MET-MISE (2018). La Diffusione Delle Imprese 4.0 e le Politiche. Evidenze 2017. – Romero, D. et al. (2016). Towards an Operator 4.0 typology: a human-centric perspective on the fourth industrial revolution technologies. CIE46 Proceedings, 29-31 October 2016, Tianjin, China.
L’avventura di Torri Superiore Recupero, comunità, permacultura e una forte identità territoriale Massimo Candela Residente dell’ecovillaggio Torri Superiore, tra i fondatori della Accademia Italiana di Permacultura. massimo@torri-superiore.org
The adventure of Torri Superiore The territory of the extreme western Liguria was inhabited and colonized more for historical and climatic reasons than for its productive riches. The local populations, with patient collective work, learned to take advantage of the favorable climate by resolving the criticality of the soils with an agricultural and pastoral production of twelve months a year. The ecovillage of Torri Superiore is the son of this story: a small group moved to abandoned marginal lands and looked for a new way to live there. Once again the creation of abundance is resolved and based on the strength of a community.*
01. Lucilla e Massimo, insieme a Torri dal 1990. Sposati dal ’96 | Lucilla and Massimo, together in Torri since 1990. Married since ’96. Archivio Torri Superiore
Il territorio dell’estremo ponente ligure fu abitato e colonizzato più per ragioni storiche e climatiche che non per le sue ricchezze produttive. Le popolazioni locali, con un paziente lavoro collettivo, impararono a sfruttare il clima favorevole risolvendo la criticità dei suoli con una produzione agricola e pastorale di dodici mesi all’anno. L’ecovillaggio di Torri Superiore è figlio di questa storia: un piccolo gruppo si trasferisce in terre marginali in abbandono e cerca un nuovo modo per viverci. Ancora una volta la creazione di abbondanza è risolta e basata sulla forza di una comunità. Un progetto che funziona e perdura negli anni ha raggiunto sostenibilità e maturità. In che modo avete applicato i principi di permacultura? Avete ricercato e raggiunto l’abbondanza? L’ecovillaggio di Torri Superiore ha incontrato la permacultura dieci anni dopo la sua nascita: gran parte della progettazione generale era già stata fatta e messa in pratica. La permacultura ci ha fornito nuovi strumenti di analisi e tanta voglia di metterci in gioco in nuove progettazioni. Da subito fu chiaro che la parte meglio progettata e più sostenibile di Torri Superiore era la struttura sociale, mentre la parte ecologica era presente, importante ma non altrettanto sviluppata. Il recupero di un paese abbandonato è un atto di riciclo urbanistico, con pietra trovata in loco, e ampio uso di calce nella muratura, intonaci, finiture e tinte. I cicli energetici non erano chiusi: la borgata era collegata alle fogne, alla rete elettrica e idrica ed era dipendente dall’esterno anche per gli acquisti di cibo. Fu allora scelto il percorso dei piccoli passi: riduzione della dipendenza energetica con l’installazione di efficienti impianti di solare termico e i con primi 7 kW di solare fotovoltaico oltre al potenziamento della produzione agricola. Ancora oggi Torri dipende da acquisti esterni di cibo bio e dalle filiere per la ristorazione, ma l’autoproduzione è più forte di un tempo e copre in alcuni periodi la richiesta interna di olio, verdure orticole, uova e in piccola parte frutta. Recentemente è partito per la seconda volta un progetto di inserimento delle capre. La progettazione sociale è sempre stata molto forte: equilibrio tra spazi comuni e privati, tra mensa comune e angoli cottura individuali, tra economie private e casse di comunità, tra soci residenti e soci non residenti. In questo contesto i principi di progettazione in permacultura erano facilmente riscontrabili: ogni persona del nostro staff ha imparato a fare più di un mestiere (ufficio, cuoco, ortolano) e quindi siamo tutti “rimpiazzabili” da altri ogni qualvolta non siamo presenti al lavoro.
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AL MICROFONO
02. Vista frontale Torri Superiore | Frontal view of the Torri Superiore. Archivio Torri Superiore
La mensa comune, condivisa dalla comunità e dagli ospiti, è un esempio di applicazione dell’effetto margine. Le case private creano dei confini, ma i bambini di comunità, trovando tutte le porte aperte, hanno sempre potuto attraversarli, più facilmente che gli adulti, fungendo da “traportatori di informazioni” come gli insetti che attraversano i confini naturali tra differenti sistemi. Il posizionamento relativo decide, da sempre, il successo o meno delle nostre progettazioni, con la case abitate a pochi metri dal luogo di lavoro e il luogo di lavoro che è passaggio di ospiti e anche vetrina per prodotti locali. Il luogo di lavoro è anche la nostra casa, per cui ogni investimento sul luogo di lavoro è un investimento sulla nostra casa. Come funziona la gestione dell’economia? Negli ultimi 20 anni hanno chiuso tutte le attività commerciali della valle in cui viviamo: bar, ristoranti, alimentari e sono sopravvissute poche aziende agrofloricole. La nostra cooperativa da vent’anni gestisce la parte comune del borgo e lavora ancora. Vive di turismo e formazione. Ad oggi la parte agricola è rimasta esterna alla cooperativa e gestita da residenti come coltivatori diretti, ma recentemente si è rifondata come cooperativa sociale di comunità e ha inserito i lavori agricoli. Siamo ancora in attività semplicemente perché lavoriamo all’interno di una solida rete di relazioni alla quale partecipano associazioni no-profit interne ed esterne, residenti, vicini e cooperative del territorio. A tutti gli effetti è un’economia a servizio di una comunità e non un’azienda lasciata da sola a combattere sul mercato. In permacultura le definiamo relazioni utili, a livello sociale la chiamiamo rete di comunità.
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L’economia agricola è sempre stata integrata con la comunità residente e l’attività turistica. I produttori di olio vendono direttamente alla nostra cucina e agli ospiti senza dover andare ai mercati o aprire sistemi di vendita online. Oltre agli orti storici vicino al villaggio, oggi partecipiamo con una cooperativa sociale a un progetto di produzione di verdure in ex serre floricole. Un nuovo recupero, un nuovo riciclo, questa volta di strutture produttive. La produzione serve ogni settimana tre mense e un GAS Whatsapp con più di 200 membri tra Ventimiglia e Sanremo. Le poche volte che abbiamo avuto picchi di produzione superiori alle capacità del sistema siamo stati in grado di conferirli a cooperative più grosse, a mense scolastiche, a organizzazioni come la mensa Caritas. Quali sono alcune buone pratiche per preservare la fertilità del suolo e ricercare abbondanza? Le azioni migliori sono sempre la copertura del suolo e la riattivazione della vita microbica. Semplici dosi di compost esposte al sole della Liguria vengono mineralizzate velocemente. Anticamente i letami venivano interrati profondamente per proteggerli dal sole: un lavoro manuale sfiancante che ha mantenuto oliveti e vigneti in produzione nei secoli. Le strategie più funzionali oggi sono le pacciamature. Noi non abbiamo campi e seminativi intorno, per cui la paglia arriva dal Piemonte. Gli orti più grandi e vicino alla strada sono pacciamati con trucioli di falegnameria, usati come lettiera da un maneggio locale. Non è l’ideale, ma Richard Wade ci insegnò: “Prima di tutto la biomassa, poi vengono le altre considerazioni”. Facciamo fertirrigazioni azotate per contrastare la fame di azoto data dalla decomposizione della lignina e aggiungiamo saltuariamente additivi calcarei. Potremo abbandonare le fertirrigazioni azotate quando saremo in grado di compostare preventivamente le lettiere di trucioli, ma le ingenti quantità richiedono spazi e macchinari che non siamo ancora stati in grado di organizzare. Il terreno è veramente vivo, le piante sono sane e riusciamo a contenere i patogeni essenzialmente attraverso trattamenti con polvere di roccia e argille, EM (Effective Microorganisms) e fermentati autoprodotti. Il fermentato più “famoso” della nostra produzione è preparato a partire da consolida, ortica e equiseto. Altre volte abbiamo provato a inserire le “erbacce” spontanee che colonizzano il no-
03. Piazzetta in festa | Festive square. Archivio Torri Superiore
04. “Le Vasche”, torrente Bevera | “Le Vasche”, Bevera stream. Archivio Torri Superiore
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AL MICROFONO
stro coltivato, riconoscendo nella loro presenza una sapiente azione della natura che cerca di riequilibrare nostri eventuali errori: uno dei principi della permacultura “lavora con e non contro” aleggia sopra i fusti in fermentazione! Dove non arriviamo con queste semplici pratiche aggiungiamo trattamenti con bacillus thurigensis. Se ancora non funziona significa che abbiamo creato un ambiente fuori equilibrio e provvediamo a rimuovere i filari malati. Nel piccolo frutteto produco il pacciame in loco, perché in Liguria tutto è lontano dalle strade e viene trasportato in spalla, sia esso concime, raccolto, balla di paglia o sacco di lettiera del maneggio. Le piante accompagnatrici che funzionano meglio sui cigli dei muretti a secco sono erba medica arborea, coronilla e vetiver, e poco più arretrati alberelli come piccole acacie, gelsi e piccoli alberi forestali che tengo potati. Tutta la potatura era anche cibo per i miei asini quando li avevo, ma al momento viene tutta passata nel biotrituratore e usata come pacciamatura.
05. Orto di Antonella, Torri Superiore | Antonella’s garden, Torri Superiore. Archivio Torri Superiore
Un’ultima domanda: ritieni quindi di avere raggiunto un sistema che produce abbondanza? L’abbondanza è un qualcosa che dobbiamo imparare a vedere: potremmo trovarci in un mare di abbondanza e sentirci poveri. Va considerata come la somma di tutti i raccolti, e non di un unico raccolto. A volte va ricreata, quando il lavoro dell’uomo è stato nei decenni distruttivo, creando sistemi più complessi e trame di relazioni. In altre circostanze va solo lasciata esprimersi senza comprimerla in inutili 06. Sovescio nel frutteto | Green manure in the orchard. Archivio Torri Superiore e distruttive semplificazioni dell’ambiente. L’abbondanza richiede anche la capacità pragmatica di assicurarsi un raccolto, analizzando le risorse possibili e accettando i fattori limitanti. Dobbiamo essere un po’ meno politici e un po’ più contadini, perché in natura il bello è anche produttivo. Tutto è cibo, tutto è scambio, tutto è relazione. Se questa è l’abbondanza, direi che siamo sulla buona strada.*
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Un sacco di tempo
a cura di
Il volume del tempo di Solvej Balle NNE 2023
o sento dai suoni. È lo stesso giorno. Ancora una volata mi sono svegliata nella stanza degli ospiti, e ancora una volta Thomas ha seguito il suo schema mattutino, la tubatura ha mormorato, il fornello e il frigorifero hanno emesso i loro suoni. Fra un attimo Thomas uscirà e presto ritornerà con i suoi sacchetti, e mentre è via io andrò in cucina a prendere un pacco di biscotti o di fette biscottate, o quel che riuscirò a trovare, perché sto per restare a corto di viveri. Lo sento prepararsi per la pioggia novembrina. C’è un debole tintinnio quando tira fuori le chiavi, e un sofffice suono di stoffa contro la carta da parati nell’ingresso, quando tira giù il cappotto dal gancio.
Ho contato i giorni. È il mio diciotto novembre #122. Mi sono allontanata di parecchio dal diciassette, e non so se vedrò mail il diciannove. Il diciotto, invece, torna all’infinito. Torna e riempie la casa di suoni. Del suono di un essere umano. Lui gira per la casa, e adesso esce. Per questo ho cominciato a scrivere. Perché lo sento nella casa, Perché il tempo si è rotto. Perché ho trovato un pacco di carta nello scaffale. Perché cerco di ricordare. Perché la carta ricorda. [...] Ma il giorno è sempre lo stesso [...]. Me ne sono accorta già a colazione. Mi ero svegliata nella mia stanza all’Hôtel du Lison poco prima delle sette e mezza con un asciugamano bagnato accanto e una scottatura che non mi
faceva più tanto male. Ho fatto una doccia veloce e sono scesa a fare colazione. Ho ordinato il caffè, sono andata a prendere da mangiare al buffet e mi sono portata un quotidiano al tavolo, ma già mentre scorrevo la prima pagina ho visto che era lo stesso che avevo letto il giorno prima. Sono andata alla reception e ho chiesto il quotidiano di oggi, e mi hanno risposto che era quello che avevo in mano [...]. Solo quando un altro ospite dell’albergo ha fatto cadere un pezzo di pane per terra, ho avuto paura. Non perché non sapessi che eventi del genere capitano in continuazione negli alberghi di tutto il mondo, bensì perché anche il giorno prima quello stesso ospite aveva fatto cadere un pezzo di pane nello stesso punto.*
Il ladro di piume di Kirk Wallace Johnson Nutrimenti, 2023
Bluets di Maggie Nelson Nottetempo, 2023
sullo scaffale
Essere pietra di Federico Luisetti Wetlands Books, 2023
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CELLULOSA
Soldi “Money, it’s a crime Share it fairly but don’t take a slice of my pie” Pink Floyd, Money, The Dark Side Of The Moon, 1973. Immagine di Emilio Antoniol
(S)COMPOSIZIONE