La città immateriale

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prospetti veneziani

La città immateriale


Prospetti veneziani Comitato Scientifico della collana Marco Ballarin, Fulvio Caputo, Luisa Flora, Corrado Poli 05 / La città immateriale a cura di Corrado Poli ISBN 9788832050585 ISSN 2704-8632 promosso da Casambi

con il Patrocinio di Collegio Ingegneri Venezia

Progetto grafico Gaetano Cassini / Studio Fluo Coordinamento Editoriale Emilio Antoniol Margherita Ferrari Editore Anteferma Edizioni S.r.l. via Asolo 12, Conegliano, TV edizioni@anteferma.it Copyright

Questo lavoro è distribuito sotto Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale No opere derivate 4.0 Internazionale


Indice

Valore della conoscenza

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Il luogo dei nostri tempi

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Il futuro delle nostre città

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Città postpandemica: l’inutile contrapposizione tra materiale e immateriale

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Comitato scientifico Paride Maimone Sandro Boato

Corrado Poli

– 01. La città e il suo doppio

Strumenti e modelli tra spazio fisico e città virtuale

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Digitalizzazione e interoperatività delle infrastrutture urbane

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Architettura e funzionalità della Smart Control Room di Venezia

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Valerio Palma

Beatrice Gustinetti Marco Bettini

– 02. Cittadini e smart city

Smart city. Come dare un lieto fine alla storia

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Luisa Flora

Il quartiere domestico. Le Social street e la nuova rigenerazione urbana 57

Alessandro Coppola

CommonsHood: strumenti finanziari per le comunità locali

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Guido Boella

– 03. Il futuro informatico della città

La città immateriale. Un ruolo per il progettista

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Il primo tassello di Venezia smart

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Smart e Green: l’Unione europea di fronte al futuro

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Alberto Bulzatti Paolo Bettio

Rossella Rusca

English Summaries Curricula

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Il confine tra “polis” e “natura” è stato cancellato. La città degli uomini... si estende ora alla totalità della natura terrena... La differenza tra l’artificiale e il naturale è sparita. Hans Jonas, 1979


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Valore della conoscenza Comitato scientifico

Da quando il concetto di smart city è divenuto di uso comune, quasi uno slogan, le città hanno iniziato ad essere considerate più per i loro software (i servizi) e meno per l’hardware (strade, piazze, edifici). In questo processo alcune di esse hanno accettato la logica dell’open source mettendo a disposizione di chi può (e vuole) utilizzarli, dati e software con cui far girare nuovi applicativi. Città capaci di arricchire le proprie economie grazie ai settori legati alla conoscenza, alla ricerca e alle nuove professioni, città che abbiamo definito “immateriali” ricordando l’opera di due studiosi che avevano esplorato la trasformazione della conoscenza in “capitale immateriale” nella produzione del valore. Si tratta di Andrè Gorze che nel 2003 pubblicò il testo L’immateriale. Conoscenza, valore e capitale e di Bernarde Paulré che, sul finire degli anni Ottanta nel suo laboratorio alla Sorbonne, avviò una ricerca sull’evoluzione del sistema di produzione postindustriale coniando il termine di “capitalismo cognitivo”. Con “immateriale” quindi intendiamo una città in cui la conoscenza divie-

ne valore economico grazie allo stretto rapporto che intrattiene con la città materiale e i suoi abitanti e alla sua capacità di sviluppare potenti strumenti di conoscenza e di gestione (anche autonoma da parte dei cittadini) della straordinaria complessità sociale, culturale e, non da ultimo, politica dell’ambiente urbano. Per affrontare questi temi, che sono strettamente connessi ai temi della trasformazione del territorio, studiati e divulgati da Prospetti Veneziani, abbiamo organizzato una giornata di studio riunendo un gruppo di ricercatori, di tecnici e di progettisti dotati di competenze ed esperienze diverse (La Città Immateriale. Infrastrutture digitali, algoritmi e stili di vita, giornata di studi a cura di Fulvio Caputo e Corrado Poli, promossa dal Collegio degli Ingegneri della Provincia di Venezia, 28 gennaio 2020). Gli obiettivi erano costituiti dalla descrizione delle relazioni fra infrastrutture digitali e cittadini, dalla valutazione dell’apporto delle nuove tecnologie per la conoscenza più articolata e profonda dell’ambiente urbano e, infine, da una riflessione sul ruolo del progettista.


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L’irruzione del virus e la pandemia che ne è seguita non solo ha reso evidente anche ai più scettici l’importanza della dimensione immateriale, ma ha pure evidenziato una situazione inaspettata: nella drammatica emergenza che ha coinvolto l’intero pianeta, l’immateriale ha dimostrato la capacità di salvaguardare l’essenza stessa della nostra società civile ovvero i legami fra le persone. Così abbiamo chiesto ai partecipanti di quella giornata di studi di rivedere le loro relazioni alla luce dei nuovi eventi e invitato altri studiosi a trattare argomenti nuovi o aspetti in precedenza sottovalutati. Ne è uscito questo volume articolato su tre argomenti principali (le caratteristiche della città immateriale, le sue relazioni con i cittadini e il suo futuro) nell’ambito dei quali gli autori indagano sull’inadeguatezza dei modelli “urbanistici” di lettura e controllo della città materiale, sulla produzione di valore al passaggio dalla rendita fondiaria al “quantum” di connessione, sullo smart working in rapporto al sistema dei trasporti e al diverso uso delle architetture nonché su una serie di nuovi fenomeni, normative e circostanze che nei prossimi anni dovremo affrontare.


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Il luogo dei nostri tempi Paride Maimone

La “città immateriale” è il luogo dei nostri tempi, lo spazio in cui abitanti e visitatori interagiscono con l’ambiente circostante. Oggi, la tecnologia digitale che tutti noi portiamo in tasca nei nostri smartphone e tablet ci rende partecipi di una grande Rete: che comunica, che offre servizi di ogni genere, che rafforza i nostri rapporti sociali, remotizza la nostra postazione di lavoro, monitora l’ambiente. In breve tempo ci siamo convertiti a comunicare attraverso un vetro “touch”, a utilizzarlo come strumento di svago, di utilità, di controllo e di lavoro. Ovunque ci troviamo, siamo connessi con il mondo tramite un cloud. Questo è diventato possibile tagliando il filo che ci teneva ancorati a un sistema chiuso su se stesso, rigido e complesso. Mobilità, flessibilità, scalabilità sono le nuove parole d’ordine dettate dalla velocità con la quale la tecnologia si evolve e dalla crescente e costante richiesta di nuove funzionalità da parte dei suoi utilizzatori. La tecnologia Bluetooth Low Energy (BLE) con rete mesh (maglia), costituita da nodi intelligenti, indipendenti e

interconnessi tra loro, riassume in sé e interpreta queste esigenze nel migliore dei modi. È questa la tecnologia adottata dalla nostra azienda, Casambi, per smaterializzare, ad esempio, una delle tradizionali infrastrutture di una città, l’illuminazione pubblica. Grazie ad essa, siamo in grado di poter usare e controllare la nostra rete ovunque ci troviamo, dentro o fuori di essa (mobilità). Possiamo modificare la rete in qualsiasi momento, con la modalità più semplice e rapida possibile, poiché ogni singolo dispositivo BLE è sostituibile, migliorabile, aggiornabile ed espandibile nelle sue funzionalità senza dover apportare modifiche all’hardware della rete: esso non ha nemmeno la necessità di essere indirizzato all’interno della rete poiché si auto configura avendo una propria identità. L’intelligenza è decentralizzata in ogni nodo della rete, il software è il motore e il cuore pulsante del sistema (flessibilità e scalabilità). Sviluppare la “città immateriale” per noi di Casambi significa offrire una rete intelligente che possa funzionare


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in versione standalone (indipendente) o connessa a sistemi di supervisione di terze parti, capace di evolversi e dialogare nel modo più semplice possibile con i vari attori che con essa interagiscono: dal progettista al manutentore, fino ad arrivare al fruitore finale. Una tecnologia per tutti e alla portata di tutti. Questo volume della collana Prospetti Veneziani ospita contenuti di studiosi che operano culturalmente sugli stessi temi che vedono impegnati noi di Casambi sotto il profilo tecnico: riflessioni sul rapporto fra i cittadini e le tecnologie della comunicazione, indagini sulla trasformazione dei rapporti fra ciò che è materiale e immateriale, ipotesi di futuro della smart city e dei suoi legami con i progetti messi in campo dall’Unione Europea. Una delle conclusioni a cui giungono diversi saggi è che non ci sia contrapposizione fra materiale e immateriale: tesi che condividiamo e che ci sforziamo tutti i giorni di rendere “operativa”. Per queste ragioni la Casambi, impresa europea, ma presente in tutto il mondo, ha deciso di collaborare alla re-

alizzazione di questo volume, collaborando al progetto culturale con la propria esperienza e sostenendone la pubblicazione.


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Il futuro della nostra città Sandro Boato, presidente Collegio Ingegneri Venezia

Il tema di questo volume è stato oggetto di una giornata di studi ospitata dal Collegio degli Ingegneri della Provincia di Venezia nel gennaio del 2020 dal titolo La città immateriale: infrastrutture digitali, algoritmi e stili di vita. Peraltro tale giornata ha costituito una tappa di un percorso già iniziato a partire dal 2018 (Presidente Maurizio Pozzato) con sostegno e patrocinio di altre iniziative sul grande tema del futuro delle nostre città e in particolare della nostra amata Venezia. In questo percorso abbiamo affrontato temi cari agli ingegneri, un progetto concreto (noi diremmo “cantierabile”), in tutti i suoi aspetti tecnici soprattutto innovativi, senza peraltro tralasciare gli aspetti di carattere più sociale, in particolare il coinvolgimento e la partecipazione dei cittadini e comunque avendo come obiettivo principale il miglioramento della qualità della vita delle persone, in coerenza con le finalità certamente di tipo professionale, ma anche culturale del Collegio Ingegneri Veneziani. Nel prosieguo del dibattito sul futuro delle nostre città non poteva quindi

mancare il tema della trasformazione generata dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, tema della giornata di studio prima ricordata. L’intelligenza artificiale e tutte le tecnologie oggi a disposizione consentono di rapportarci con l’ambiente in cui viviamo in un modo diverso, attraverso le infinite informazioni messe a disposizione dei dispositivi che utilizziamo, diventati ormai una appendice del nostro corpo. Anche in questo caso il tema è stato affrontato sotto un duplice aspetto: • L’applicazione pratica, cara agli ingegneri, attraverso l’esperienza di tecnici che operano nel campo della così chiamata “città immateriale”, dove ha destato particolare interesse la presentazione in anteprima del nuovo sistema integrato per il controllo e la gestione della sicurezza stradale e della mobilità a scala metropolitana, la così detta Smart Control Room del Comune di Venezia. • L’esperienza di studiosi e ricercatori che approfondiscono queste applicazioni senza rinunciare agli aspetti sociologici che il tema impone, qua-


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li la ricaduta sulla nostra società e sui nostri stili di vita, ma anche senza rinunciare altresì al punto di vista del professionista per le sfide e le opportunità del tema. Le proposte dell’incontro sono state e sono tuttora vivace stimolo alla discussione. Il destino ha voluto che a distanza di poco più di tre settimane dall’evento ci trovassimo immersi in una situazione del tutto impensabile, travolti da una pandemia da cui ancora oggi non riusciamo a liberarci. In questa situazione le infrastrutture digitali sono venute in nostro soccorso dimostrando tutta la loro importanza, sostituendosi al mantenimento dei rapporti tra le persone al posto dei rapporti diretti in presenza, che tutti desideriamo siano al più presto ripristinati, in quanto sono la base della convivenza civile della nostra società. La comunità degli ingegneri veneziani pertanto ritiene utile e necessario continuare a studiare i temi legati al futuro delle nostre città, ancor più alla luce delle recenti ed inaspettate espe-

rienze che stiamo vivendo, e si rende pertanto ulteriormente disponibile a sostenere nel futuro dibattiti di approfondimento per poter offrire un contributo alla conoscenza in questo settore alla comunità scientifica ma anche ad un pubblico allargato.




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Città postpandemica: l’inutile contrapposizione tra materiale e immateriale Corrado Poli

Telecomunicazioni globali e locali Difficile di questi tempi non iniziare a parlare di qualunque cosa senza partire dalla pandemia di COVID-19 (Fantini, Poli, 2020). La crisi sanitaria segnerà un punto di svolta storico, tecnico e forse politico, sicuramente anche economico considerato il radicale cambiamento nelle politiche finanziarie di quasi tutti i Paesi del mondo e soprattutto dell’UE. La liquidità immessa nei mercati dalla Banca Centrale Europea sarà gestita in gran parte dai governi, dalle regioni e dalle amministrazioni locali che dovranno fare scelte nel favorire alcuni settori e definire specifiche politiche sia pure su indicazione europea1. Le politiche sanitarie saranno riviste e l’urbanistica post-pandemia sarà condizionata da quello che si è imparato in questi mesi nonché dal timore che altre emergenze sanitarie o eventi catastrofici richiedano in futuro di ripetere o conservare il distanziamento sociale. Allo stesso tempo, indipendentemente dalla pandemia, emergeranno rilevanti problemi etici che i provvedimenti assunti implicano per la diffusione dei dati per-

sonali e sensibili, e le limitazioni a cui le tecnologie sono tenute a sottoporsi. Il rispetto della privacy implica una particolare attenzione, ma i problemi possono essere risolti e tutte le garanzie di libertà individuale rispettate, purché ci si renda conto del problema e si amplino le conoscenze tecniche di chi si occupa di problemi etici e giuridici. Altrimenti si avranno resistenze irrazionali al cambiamento. Per questo i tecnici dovrebbero essere informati e preparati a elaborare strumenti che non ledono le libertà individuali2. Una delle conseguenze della pandemia è l’opportunità di conservare le relazioni pur rendendole quanto più possibile virtuali o a distanza lasciando a quelle più intime e personali la materialità della prossimità fisica. Anzi, la distanza e la comunicazione formale (per iscritto) possono favorire una maggiore profondità e una riduzione dell’emozionalità. D’altronde, questa situazione ci ha accompagnato per secoli e millenni. Gli antropologi culturali sostengono che l’essere umano ha vissuto per tutta la sua storia e preistoria prevalentemente in comunità di circa un centi-


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naio di persone con cui teneva rapporti “materiali” di prossimità fisica (Morris, 1967-1969), ma con il progresso delle civiltà, le informazioni (immateriali) circolavano perché esistevano altre comunità “mobili” che diffondevano e creavano reti di conoscenza sostanzialmente non molto diverse da quelle attuali. È noto come il filosofo Kant, il quale ha influenzano la cultura di tutto il mondo, non abbia mai lasciato la sua città natale di Königsberg! Il fatto che la stragran-

Da almeno un quarto di secolo usiamo le e-mail e da dieci anni facciamo quasi tutto su Internet. Però la struttura delle nostre città e il modo vivere, per non parlare dell’organizzazione del lavoro, non sono cambiati con pari intensità de maggioranza degli esseri umani sia vissuta in villaggi, e non in città, fino a un secolo fa non ha impedito l’acquisizione di informazioni e ha favorito contestualmente la proliferazione di varietà culturali e di idee nuove. Il cambiamento, peraltro già in corso senza bisogno del COVID-19, suscita qualche perplessità e resistenza psicologica di adattamento; di conseguenza subentra il tentativo di ostacolarlo e rallentarlo mettendone in evidenza i pericoli. Nulla di nuovo e nemmeno di particolarmente dannoso per la società né di intralcio al mutamento sociale: le resistenze serviranno da stimolo agli innovatori seri e a eliminare le proposte velleitarie. Da almeno un quarto di secolo usiamo le e-mail e da die-

ci anni facciamo quasi tutto su Internet. Però la struttura delle nostre città e il modo vivere, per non parlare dell’organizzazione del lavoro, non sono cambiati con pari intensità. È normale che in un primo momento le nuove tecnologie si sovrappongano alla vecchia mentalità individuale e alla società esistente. Il processo di cambiamento indotto dalle tecnologie è lento per la resistenza psicologica alla novità e perché i mercati sono controllati da gruppi strutturati intrinsecamente conservatori. Tuttavia, il percorso è segnato: le tecnologie cambiano mentalità, modificano i mercati e prima lo fanno meglio è. Nel 2004 si era solo ai primordi della telematica: non esistevano ancora gli smart-phone e la connessione non era ubiqua come ora. Eppure, due geografi americani (Storper, Venables, 2004), già si spaventavano per l’arrivo delle telecomunicazioni rispolverando la vecchia idea di Jane Jacobs (1961, 1969; Moroni, 2016) sull’economia di prossimità e sull’esigenza dei contatti personali per la conservazione dell’economia urbana. Era la scoperta dell’acqua calda poiché sappiamo tutti anche troppo bene che noi essere umani sentiamo il bisogno di riunirci e alla vicinanza fisica non vogliamo rinunciare. Infatti, anche con i progressi fatti nella connettività negli ultimi quindici anni, ci siamo resi conto di quanto la città viva di prossimità e quanto forte sia il desiderio di stare vicini. Non di meno, poiché il trend è verso uno sviluppo ulteriore delle telecomunicazioni, l’accelerazione delle relazioni a distanza, indotta dalla pandemia, richiede di riflettere


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su come si evolverà la città immateriale e quale parte della materialità tradizionale sarà conservata e in che modo ripensata3. Ma teniamo conto anche di un altro aspetto: continuiamo giustamente a impressionarci quando annulliamo le distanze partecipando a videoconferenze con relatori e pubblico collegati da Venezia, Sidney o Los Angeles. Ma molto più spesso usiamo la chat per mandarci messaggi anche da una camera all’altra nello stesso ufficio o a casa. La tecnologia consente un aumento della comunicazione in assoluto, e non annulla la distanza se non in particolari contesti. Allo stesso tempo, la comunicazione ha un limite nella capacità di ciascuno di assorbire le informazioni e quindi richiede un processo di selezione di esse4. Solo una nuova cultura, e la cultura in generale, possono consentire di selezionare le informazioni significative mediante la tecnica, sia da parte di chi le assorbe sia da parte di chi le produce. I tempi e il valore Partiamo da una considerazione ampia. La tecnologia degli ultimi secoli ha perseguito due obiettivi che influiscono sul tema che stiamo trattando: (a) sollevare i lavoratori dalla fatica fisica e (b) consentire alle persone di muoversi con facilità su territori sempre più ampi. Inoltre, a causa della facilità di movimento, le economie di scala, anche nella distribuzione al dettaglio, hanno favorito l’accentramento dei posti di vendita e la crisi della piccola distribuzione. L’affrancamento dalla fatica fisica

è stato possibile grazie alle macchine così che riusciamo a produrre i beni di prima necessità e quelli voluttuari lavorando molto meno di un tempo. Ora ci siamo talmente affrancati dalla pena della fatica che andiamo in palestra per poterci stancare a dovere. Abbiamo anche la possibilità di farlo poiché lavoriamo meno e molte incombenze quotidiane richiedono meno tempo. Il desiderio di viaggiare e muoverci a buon mercato è visto come una libertà acquisita e un ampliamento delle opportunità. Per altro verso, oggi ci si sottopone a gravosi spostamenti in auto o con il trasporto collettivo per recarsi al lavoro o a fare le compere in luoghi sempre più lontani. Fino a meno di mezzo secolo fa, per gran parte dei cittadini, l’automobile era uno strumento di svago mentre oggi – sebbene la pubblicità continui a proporlo ancora in parte come tale – è uno strumento indispensabile nella vita quotidiana dei più. Il COVID-19 ha messo in rilievo come nelle città le infrastrutture di trasporto pubblico non possono essere la soluzione ai problemi ambientali di cui era accusata ideologicamente la sola automobile. E teniamo conto che la diffusione delle informazioni va di pari passo con il passaggio dai motori endotermici a quelli elettrici che presume una rilevante riconversione energetica e industriale (ERTRAC, 2017). La città materiale rimane ancorata ai vecchi modelli di una società che non c’è più. I cittadini ne vivono il disagio, ma non lo sanno ancora esprimere per mancanza di schemi interpretativi. Esiste anche un aspetto geografico-territoriale


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che ha conseguenze sull’amministrazione e la politica. Oltre alla rivoluzione del tempo, abbiamo avuto una rivoluzione degli spazi. Nel 1950, secondo una ricerca francese (Viard, 2012), la distanza media percorsa da una persona era di cinque chilometri al giorno, vale a dire che rimaneva sempre nel villaggio, nel quartiere attorno alla fabbrica o nella parrocchia. Oggi le città sono cambiate: da luoghi di residenza sono diventati aree in cui ci si muove continuamente. Dio sa – ma noi no – quanti confini amministrativi attraversiamo ogni giorno; alla fine votiamo dove dormiamo, cioè dove svolgiamo l’attività socialmente meno rilevante5. Per necessità o per scelta, sono in molti che adottano stili di vita diversi in cui l’accumulazione di ricchezza e i consumi materiali non costi-

Oggi le città sono cambiate: da luoghi di residenza sono diventati aree in cui ci si muove continuamente. Dio sa – ma noi no – quanti confini amministrativi attraversiamo ogni giorno tuiscono un obiettivo prioritario. La domanda di beni e (soprattutto) di servizi è diventata molto più variegata e consente di classificare diversi gruppi sociali per stili diversi di vita. Materiale/immateriale: una falsa dicotomia Le cose cambiano e, risolto un problema, ce ne creiamo un altro. Oggi, emergono margini enormi di cambiamento poiché le tecnologie sono disponi-

bili – come ha dimostrato il convegno a cui sono stati portati i contributi qui raccolti – ma per potere essere del tutto utilizzate e svolgere appieno le proprie potenzialità, manca ancora l’organizzazione – che potremmo chiamare “immateriale” – e alcune strutture di supporto, vale a dire la città materiale. Non esiste una contrapposizione tra città materiale e immateriale poiché ciascuna ha bisogno dell’altra per esistere: da sempre la città è stata immateriale e un luogo di sviluppo di cultura e un hub di informazioni. Eppure, l’enfasi posta sull’immaterialità ha una valenza ecologica importante: consente di adottare un atteggiamento inteso a divorare meno spazio per le costruzioni sottraendolo alla natura. Questo risparmio di spazio agisce anche sulla riduzione della rendita fondiaria la qualcosa pone non irrilevanti problemi economici poiché riduce una parte della ricchezza sia pure solo finanziaria. Le leggi che limitano il consumo di suolo, vanno in questa direzione, ma si scontrano con un’economia tradizionalmente trainata da rendita fondiaria, costruzioni e indotto materiale. Visto dal punto di vista dei costruttori, la domanda diventa: dove si può investire il risparmio conseguito dal non dovere acquisire i suoli? La risposta è ovvia: nella tecnologia e nella qualità del costruito. La tecnologia diventa parte della qualità del costruito assieme ai mattoni, ai marmi, agli infissi cosicché una casa è “bella” se “connessa”, ecologica e realizzata con l’idea di durare nel tempo in spazi piacevoli per natura e socialità. All’aumentare dell’indifferenza rispetto alla localizzazione di un’attività,


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grazie alle telecomunicazioni e a un’informazione facilmente disponibile che consentono anche micro-azioni, diminuisce l’esigenza di spostarla a seconda delle necessità. Le speculazioni fondiarie ed edilizie, in parte responsabili della “bolla immobiliare” e della crisi del

La tecnologia diventa parte della qualità del costruito assieme ai mattoni, ai marmi, agli infissi cosicché una casa è “bella” se “connessa”, ecologica e realizzata con l’idea di durare nel tempo in spazi piacevoli per natura e socialità 2008 possono essere ridotte se si investe in stabilità anziché in conquista di sempre nuove aree. Una casa in periferia o in un’area suburbana costa molto meno che nei centri, ma dal valore occorre scontare i costi (socializzati) del trasporto, del consumo di suolo, del tempo perso muovendosi, del disagio ecc. Lungi da me l’idea che questa riconversione possa essere pianificata nei minimi particolari. Tutt’altro. Il cambiamento può solo essere seguito poiché sta nell’ordine delle cose e al più, conoscendo questo ordine, lo si può appena incoraggiare. In quest’ottica ha operato il sistema della disintermediazione adottato nel Piano degli interventi del Comune di Venezia a cui questa Collana ha dedicato un volume (Caputo, Gerotto, 2020). I possibili cambiamenti che la tecnologia permette sono intervenuti finora lentamente e si è continuato a costruire separando i luoghi di lavoro da quelli di residenza e continuando a fare affida-

mento sui trasporti (individuali e collettivi) anziché sulla comunicazione. Poiché i luoghi delle diverse attività svolte nella vita quotidiana oggi sono molto diversi e lontani tra loro a causa di uno zoning spontaneo e talora persino pianificato, questi luoghi sono abitati per alcune ore al giorno e restano deserti e abbandonati per altre6. Lo sono i quartieri dormitorio, sia quelli poveri che i ricchi sobborghi. Sono abbandonati i grandi edifici e gli spazi circostanti che raccolgono uffici e milioni di persone che vi accedono con treni, metropolitane e trasporti pubblici e privati veloci provenienti da aree vaste. Lo sono le scuole e le università che – anche per ragioni sindacali e di sicurezza – chiudono a una certa ora e rimangono deserte per molto tempo. Il pendolarismo degli studenti è aumentato nel corso dei decenni e, invece di fare affidamento sulla residenza e (oggi) sull’istruzione da remoto, s’è investito esageratamente sui trasporti (materiali) anziché sulla comunicazione. A parte che il trasporto non è l’unica soluzione organizzativa possibile e probabilmente è quella a maggiore impatto ambientale, questa esagerata mobilità materiale risulta in una utilizzazione inefficiente dello spazio costruito la cui produttività reale si deve calcolare sulle sole ore di effettivo uso. Poiché questi spazi sono usati poco, non vale nemmeno la pena spendere molto per la loro costruzione. La bassa qualità del costruito è direttamente proporzionale allo scarso uso che se ne fa e alla radicata sensazione di precarietà. Il vero contenuto umano ed economico – quindi il valore – di un edificio dipende da quanto è utilizza-


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Figura 01. In the bus. Iggyshoot, Flickr

to, dalla manutenzione quotidiana e dal valore aggiunto che produce per il fatto di essere stato realizzato. Può succedere di avere una bella casa e non usarla mai, ma se si usa con intensità uno spazio o una casa, si è disposti a investire in essa. Come si fa a trasformare questi “non luoghi” (secondo la ormai usurata definizione di Augé, 1995) in luoghi vitali e quindi con prospettiva di investimenti e di un uso costante? La risposta viene di

conseguenza: con una migliore organizzazione dei tempi di ciascuno, del lavoro e degli spazi del vivere quotidiano, dalla distribuzione al dettaglio all’istruzione. Il recupero delle aree urbane Gli effetti della tecnologia e la diffusione del COVID-19 generano due effetti sulla mobilità e sulla forma urbana. Sono maturi i tempi per muoversi nel-


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la direzione di una riduzione della mobilità inutile e che non crea ricchezza. Di questo, oltre a chi scrive, se ne sono occupati altri studiosi, esperti di traffico e ricercatori (Poli, 2011; Urry, 2007; Engwitch, 1989; Richmond, 2005; Gottlieb, 2007). La pandemia potrebbe costituire l’occasione per una riconversione che le tecnologie presentate al Convegno sono già pronte a sostenere. La riduzione della mobilità, determinata

La riduzione della mobilità, determinata dai provvedimenti dei vari livelli di governo e in parte anche dalla libera scelta dei cittadini che non volevano correre rischi di contagio, ci ha consentito di renderci conto che una parte della mobilità che pratichiamo non è del tutto necessaria dai provvedimenti dei vari livelli di governo e in parte anche dalla libera scelta dei cittadini che non volevano correre rischi di contagio, ci ha consentito di renderci conto che una parte della mobilità che pratichiamo non è del tutto necessaria. Oltre alle tecnologie dell’informazione e delle telecomunicazioni, è in corso un’altra rivoluzione tecnologica: il passaggio dai motori endotermici a quelli elettrici e in generale lo sviluppo della capacità di immagazzinare energia. La mobilità elettrica, infatti, si associa a numerosi sistemi che consentono o richiedono la diffusione delle informazioni e una diversa struttura della proprietà e del possesso delle auto la

qualcosa influenza anche l’urbanistica e l’architettura degli edifici. Non tutto questo avverrà nell’immediato, ma già esistono quartieri senza auto – o senza auto di proprietà – stabiliti per legge. Una maggiore stabilità nel quotidiano della popolazione, la diffusione delle attività da “remoto” e la disponibilità di informazioni in entrata e in uscita – con tutti i problemi etici che comportano – produrranno anche una modifica della vita di prossimità nei quartieri. Durante il primo lockdown la vita di vicinato è ripresa in molte zone delle città, dove erano disponibili spazi verdi e la densità non troppo elevata. Alcuni spazi urbani che erano inutilizzati, quali giardini, piccoli parchi, percorsi pedonali di prossimità si sono improvvisamente ripopolati sia pure tenendo le distanze. Questi spazi erano diventati solo “citazioni postmoderne” nelle architetture degli ultimi quarant’anni, privi di una vera funzione. Con la necessità di restare a casa dei residenti, si sono ripopolati e hanno trovato quella funzione che non avevano mai svolto. Si è invertito così il processo: anziché essere il disegno a prevedere una funzione, ci si è trovati nella situazione opposta, vale a dire che esigenze dimenticate hanno dato significato a un disegno solamente evocativo. Questa osservazione non è irrilevante per quanto riguarda il disegno urbano. Infatti, ci porta a pensare che il costruito, la città materiale, è molto più duttile di quanto sembri a prima vista e sono le funzioni che danno significato alle forme materiali piuttosto che il contrario. Naturalmente, fino a un certo punto.


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Conclusione Da una parte quelle che chiamiamo ancora nuove tecnologie sono in realtà già ben consolidate. Ci sono ampi margini di miglioramento e progresso tecnico, ma il cambiamento è avviato. Le strutture sociali sono più lente ad adattarsi e giustamente poiché la tecnologia non è mai eticamente e politicamente neutrale per cui le resistenze sono giustificate e utili a indurre a ripensamenti, ma soprattutto a fare in modo che sia il pensiero creativo a indirizzare le tecniche e non il contrario. Per lo meno che ci sia uno scambio tra tecnica e sensibilità umane per evitare che l’uomo si assoggetti alle macchine. Ma una volta fatte queste premesse ed espressi questi timori, l’appello è a lasciare quanto più possibile i cittadini e le amministrazioni locali liberi operare senza troppi vincoli poiché il cambiamento avviene attraverso prove ed errori. Se non si consente di commettere qualche errore, anche lo sviluppo sarà rallentato e modesto. Poiché le tecniche che oggi si applicano esercitano poderosi impatti sociali, politici e psichici, nonché economici, la questione della dimensione diventa cruciale. Se è vero che le economie di scala spesso consentono progressi, è altresì concreto il rischio della standardizzazione e dell’unico grande errore irreversibile. Per questo diventa critica la questione delle autonomie e dei governi locali, del rapporto tra area e amministrazione. Unità di decisione alla scala più piccola possibile (regione, provincia, comune) possono contenere la tendenza

alla standardizzazione assoluta inevitabile nelle grandi reti di comunicazione e dell’inquietante sistema dei big data. Sebbene le reti di comunicazione siano comunque gestite in condizioni di oligopolio a livello mondiale, esistono margini per la specificazione locale o nazionale. Questo volume, che riporta una rielaborazione delle relazioni tenute al Convegno omonimo del gennaio 2020, vuole essere un momento di riflessione tra il tecnico e l’umanistico per favorire ulteriori riflessioni e per presentare i primi passi concreti realizzati nell’applicazione di tecniche che stanno facendo transitare la città moderna, dove l’elemento materiale dominava, in quella immateriale che apre la nuova era dell’urbanistica, dell’architettura e dell’ingegneria. Naturalmente, anche della società.


21 / Città postpandemica: l’inutile contrapposizione tra materiale e immateriale

Note 1 / Al proposito, si veda in questo volume il saggio di Rusca sulle future politiche europee. 2 / Nel suo contributo qui pubblicato, Bulzatti rileva come agli ingegneri si aprano nuove prospettive professionali e allo stesso tempo l’attività di progettazione dovrà essere svolta insieme ai lavoratori, agli utenti, agli stakeholders condividendo obiettivi di sostenibilità, di qualità della vita e naturalmente di produttività. 3 / Per un approfondimento si veda il saggio di Palma in questo volume. 4 / Il saggio di Flora tratta del problema della comunicazione e dei mezzi e delle modalità più idonei a renderla efficace nonché della capacità di apprendimento individuale e sociale delle tecniche adottate. 5 / Il Comune di Venezia si sta attrezzando per coordinare anche queste informazioni oltre a quelle relative all’insieme dei servizi pubblici. Al proposito si vedano il saggio di Bettio e la scheda tecnica allegata, pubblicate di seguito in questo volume, dove si descrivono sia gli aspetti teorici sia le realizzazioni pratiche dell’applicazione della tecnologia nell’amministrazione della città. La Smart Control Room descritta consente, non solo di coordinare i dati, ma di strutturarli anche a fini di programmazione. Il saggio di Gustinetti descrive come opera una specifica tecnologia e sistema elaborato da un’impresa che opera nel settore, il cui modello può essere applicato a varie situazioni. 6 / Vedi il saggio di Coppola inserito in questo volume sui piani di rigenerazione urbana che

spesso pretendono di definire a priori l’evoluzione dei quartieri con piani rigidi. Bibliografia Augé, M. (1995), Non-Places. Introduction to an Anthropolgy of Supermodernity, London-New York, Verso (Original French edition 1992). Caputo, F., Gerotto, D. (a cura di) (2020), Un piano per Venezia: i cittadini e il territorio, Anterferma, Conegliano. Engwicht, D. (1989), Traffic Calming: The Solution to Route 20 and a New Vision for Brisbane, CART, Ashgrove. ERTRAC et al. (2017), European Roadmap. Electrification of Road Transport, Report by ERTRAC, EPoSS, ETIP-SNET, III edizione, Belgio. Fantini, B., Poli, C. (a cura di) (2020), Globalizzazione e salute, in Arco di Giano, n. 140. Gottlieb, R. (2007), Reinventing Los Angeles: Nature and Community in the Global City, MIT University Press, Cambridge. Jacobs, J. (1961), The Death and Life of Great American Cities, Random House, New York. Jacobs, J. (1969), The Economy of Cities, Random House, New York. Moroni, S. (2016), Urban density after Jane Jacobs: the crucial role of diversity and emergence, in City, Territory and Architecture, 3:13. Morris, D. (1967–1969), The Naked Ape: A Zoologist’s Study of the Human Animal, Jonathan Cape, London.

Poli, C. (2011), Mobility and Environment. Humanists vs. Engineers in Urban Policy and Professional Education, Springer, New York-London. Poli, C. (2020), Dalla pianificazione all’innovazione, in Caputo, F., Gerotto, D. (a cura di) Un piano per Venezia: i cittadini e il territorio, Anteferma, Conegliano, pp. 83-91. Richmond, J. (2005), Transport of Delight. The Mythical Conception of Rail Transit in Los Angeles, The University of Akron Press, Akron. Storper, M., Venables, A. (2004), Face to face contact and the urban economy, in Journal of Economic Geography, Volume 4, Issue 4, August 2004, pp. 351–37. Urry, J. (2007), Mobilities, Polity Press, Cambridge. Viard, J. (2011), Nouveau portrait de la France. La societé des modes de vie. Nouvelles éditions de l’Aube, Avignon.


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English Summaries

The intangible city and lifestyles Corrado Poli

COVID pandemic will likely be a historical, technological and possibly political cornerstone in city planning. It is severely affecting economy since the pandemic compelled every country in the world to review its financial policies. Governments are investing a huge amount of money into recovery plans. This is innovative especially in the EU whose monetary policy in the latest decades has been inspired by an austere containment of liquidity. The current dramatic change and the ensuing policies are going to remodel the city form and urban functions. Nonetheless, this unavoidable process will confront psychological and systemic opposition. It is time to accept that old organizations and conventional infrastructures no longer fit in the contemporary society and in the business as usual. One of the major issues is physical mobility. The soft economy and interactions, made possible by the diffusion of ICT, imply a rethinking of mobility organization and infrastructures. Physical infrastructures are still necessary, but they need to be substituted, remodeled and adapted to the new technologies. What we still call “new technologies” have long been well-established and their development is slowing down. On the contrary, urban form and organization are about to enter into a great transformation phase which COVID emergency will hasten.


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01. The city and its double

Digitisation and interoperability of urban infrastructures

Tools and models between physical space and virtual city

Beatrice Gustinetti

Valerio Palma

The digital transformation of cities, as well as processes, cannot fail to include the digitisation of urban infrastructures. Indeed, infrastructures are the urban skeleton on which a city is built and through which public services are provided. Digitising infrastructures means making them able to interact with the context and with each other, to communicate and receive information, and to undergo improvements according to different needs. If the skeleton is the infrastructures, the brain that allows them to be governed in a coordinated, effective and efficient way is a single digital urban platform. Acting as a “hypervisor”, it is able to create a single visualisation map of the infrastructures and data which are sent by these in real time, to monitor specific KPIs and create historical trends, to manage infrastructures according to the processing of their data and those coming from other infrastructures in the area, and to create scenarios for timely and targeted future planning. Livin’, the ENGIE “Smart City Platform” was developed precisely for these purposes, as a software platform that connects city infrastructures dedicated to improving energy consumption, traffic, safety, air quality and mobility. It connects and integrates all supplied urban infrastructures and management software to operate services in real time and plan improvement and management scenarios. It is the most effective way to create real value from data aggregation and interoperability between verticals to make public services increasingly efficient and smarter for citizens.

Today we produce and archive an unrestrained amount of data. This gives rise to radically contrasting ideas on the possibility of getting to understand the city. On the one hand, an increasingly differentiated, polymorphic, unspeakable urban environment emerges and questions long-used city conceptualizations. On the other hand, a strong optimism is investing the possibility of describing and representing in detail the phenomena of which the city is composed, trusting that the increasing flow of digital information could meet the most complex challenges of associated life. This ambiguity requires reflection on how we build and use the virtual city and how we live and acknowledge the real one. The research activity carried out at FULL | The Future Urban Legacy Lab of the Politecnico di Torino, carries out experiments on the devices we employ to automate the processes of visualization, classification, and analysis of urban elements and phenomena. The goal is to investigate how artificial intelligence and augmented reality – along with other technologies that presuppose spatial information models – affect our understanding of the urban environment and our ways of representing it, and whether these tools can be used differently, building new interpretations and clarifying the purposes of the intangible city.


96 / La città immateriale

02. Citizens and Smart cities Architecture and functionality of the Smart Control Room in Venice

Smart city. How to give a happy ending to the story

Marco Bettini

Luisa Flora

Since 2017, Venis SpA, an in-house company that is part of the Municipality of Venice, has been developing the SCR - Smart Control Room, a data processing system based on the largest public Data Centre in the Veneto Region. Today, the SCR makes it possible to understand the situation in the city in real time, to monitor it, to measure performance indicators and, above all, to carry out predictive analyses of traffic (including pedestrian), accessible areas and navigable bridges according to weather conditions and tidal flows, and marine weather conditions. From a technical point of view, the SCR consists of a software platform composed of Open Source services and tools; each of its components is easily replaceable with components of the same type, with a view to future improvements. The IT infrastructure is based on cloud technology and uses IaaS (Infrastructure as a Service) services. The SCR is connected with the IT systems of the Municipality of Venice and other organisations in the area, such as the local public transport company and that of urban hygiene. It draws on data from its technological partner TIM to monitor the amounts of people present in the Metropolitan City, and from traffic control systems (including water traffic), analysis of water flows and monitoring of local public transport. It also makes it possible to view the infrastructures, the “slow” roadways (cycle paths, pedestrian paths, etc.), points of interest and cultural events in the cartography of the city.

The Smart city was first described as a set of digital tools for conveying the data collected on the urban environment to a centralised platform, with which they are then displayed and analysed. The process of transferring the physical infrastructures of cities into the world of terabytes has developed in parallel with the digitisation of the Public Administration, encouraged by the European Community. Subsequently, smart cities have been assigned the ambition of improving the lives of city users (i.e. all those who make use of the city for work or leisure), both by allowing them to access data via apps, and by seeking digital engagement solutions. Today, the narrative on smart cities connects technological tools with economic objectives (competitiveness, innovation, creative business, entrepreneurship) and social results (safety, health, cultural unrest, environmental sustainability, happiness). It is difficult to imagine the first group of tools leading to the objectives of the third group without the active intervention of the human component of the city: the smart city must absolutely be accompanied by smart citizenship. However, national and European analyses show that digital tools are little used and Italians have poor technological skills. We could be on the threshold of a revolution in terms of the tools with which we manage our democracy, but we don’t have the basic skills to master this process. This is the real challenge of the smart city.


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Social street and urban regeneration Alessandro Coppola

The article focuses on “urban regeneration” processes, understood as processes activating certain social groups from below, in particular the new urban middle classes. After examining the characteristics of regeneration since the 1980s, the text describes new processes whose implementation depends on a variety of figures and which involve processes of “gentrification”. The new regenerations are based on forms of self-organisation on the part of inhabitants at the neighbourhood scale, which are very different from both the traditionally “demanding” ones of the past and from the more recent ones implemented by urban regeneration policies since the 1990s, and their essential platforms are social media. An example of these new dynamics is the Nolo Social District (NSD), a “social street” created in Milan as a social media group that boasts two positive characteristics: having provided an opportunity to relate to subjects who had a strong motivation to find these relationships at the local level; and having helped “remutualise” social reproduction activities, which are generally entrusted to the state or to the market. The article closes by examining three risks: that “regeneration” may result in the progressive expulsion of previous uses and populations; that “extended domesticity” may lead many individuals to mistake urban space for an extension of their own living spheres; and that these processes may disengage public stakeholders by delegating government to “active” citizens, whose preferences do not always coincide with the “collective” or “public interest”.

Financial tools for local communities Guido Boella

Blockchain technology is increasingly being used as a tool for financial inclusion and for support to local economies, but with some limits related to the fragmented nature of the initiatives and the only partial control over the tools by people that are not technology experts. The University of Turin is developing some tools that bring back the disruptiveness of Blockchain to the local communities. CommonsHood is a Blockchain based Wallet app aiming to provide citizens in the local communities with the tools to not only use, but also create new kinds of cryptographic tokens representing instruments for financial inclusion and for supporting the sustainability of the local economy: local marketing and loyalty tools for retailers, purpose-driven tokens to incentivize virtuous behaviors or to innovate welfare services; prepaid cards, crowdfunding, complementary currencies. These instruments are also promising for re-vitalizing the local economic and social activities after the COVID-19 emergency. The use of Blockchain allows to construct an open decentralized and disintermediated infrastructure to avoid the fees and data control of services such as group-buying or crowdfunding websites, and to have a general-purpose single app, rather than different ones for different associations and retailers. The structure is replicable in other communities without the need for a trusted party there.


98 / La città immateriale

The first piece of smart Venice Paolo Bettio

03. The computer future of the cities The intangible city. A role for the designer Alberto Bulzatti

We live in an age characterised by profound changes. It is undeniable that new technologies, the internet and the digitisation of every socio-economic context and sphere have triggered a new industrial and social revolution. This digital revolution is characterised by the speed, pervasiveness and transversality with which digital technologies spread in society, impacting the quality of life of citizens, businesses, public administrations and professionals. Moreover, digital technologies will also have an impact on the labour market, bringing about profound changes, such as the development of new skills and the decline of others. The engineering sector will also be heavily involved in this process. Engineers are facing historic opportunities and challenges. Engineers, and especially designers, will rank among the protagonists of this digital transformation and they will be entrusted with the task of guiding society into the new world, contributing to the overall growth of the country system. In other words, we will experience a real revolution characterised by new technologies that requires good industrial, public and educational policies, and the enhancement of work and people, transforming the potential risks of digitisation into design challenges and opportunities.

The article aims to describe the salient features of the Smart Control Room (SCR), a control centre created by the Municipality of Venice to integrate all the data sets deriving from the control centres of organisations and entities operating throughout the municipal area. The SCR software platform makes it possible to bring together the data and information from the vertical systems of the entities and organisations operating in the Municipality of Venice’s security and mobility services, exploiting the potential offered by innovative technologies (Artificial Intelligence, Machine Learning, etc.) and the development of Business Intelligence algorithms. Transport, safety, waste collection, tourism, urban sub-services, environmental monitoring, production activities and industry are just some of the systems that comprise the “material city”, and each of these, in turn, is a system of systems that the SCR represents on a virtual dashboard where the state of the city is visualised, in summary, giving life to the “immaterial city”. The article offers many “practical” examples of the applications that outline the path that Venice is following to become a smart city. Starting from these examples, the author reflects on the potentiality and developments of a platform that will make it possible to evaluate the functioning of the urban environment not on the basis of theoretical information, but rather on data and knowledge paradigms that can be transformed into interventions capable of improving the lives of citizens in the social, cultural, economic and even political spheres. The Smart Control Room responds to the dynamics required by innovative governance that will be able to develop original solutions. In turn, the solutions will become measurable events and starting points for even more effective interventions in a continuous logic of fine tuning that is increasingly evolved and precise.


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Smart and green: the European Union facing the future Rossella Rusca

The European Union has adopted ambitious goals and strategies that promote greener, smarter, more cohesive development. Cities are asked to take the lead in this scenario by transforming themselves into “green and smart” cities as quickly as possible. A green and smart city goes beyond the use of information and communication technologies and the reduction of emissions: it is a dynamic but inclusive city that uses the most advanced technologies to promote sustainable growth of the economy, increase resilience capacity and offer high quality of life. The new European Green Deal, which commits the European Commission and Member States to making Europe the first zero-emission continent by 2050, is the general reference framework, of which Digital Europe is a crucial dimension. Innovation and research are at the heart of this process: the European research programme 2021-2027, Horizon Europe, includes a “mission for smart and climateneutral cities”. Cities are asked to adopt a strategy that introduces innovation to all sectors, including governance, transport, energy, construction and recycling, with the support of effective digital technologies, overcoming existing schemes and fully involving citizens. Synergies and complementarity are the indispensable corollary for the success of this strategy: with the European structural funds 2021-2027, with the National Plan for recovery and resilience, between public and private bodies and with appropriate financial instruments.


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Curricula

Marco Bettini È direttore generale di Venis SpA, azienda strumentale della Città di Venezia per l’Informatica e le Telecomunicazioni. Laureato in Lingue e Letterature Straniere presso l’Università di Ca’ Foscari, si è poi dedicato ai linguaggi di programmazione IT, divenendo esperto in sistemi e servizi ICT per la Pubblica Amministrazione, e ha conseguito un master in “Cultura d’Impresa” presso il CUOA e uno in “Gestione Etica d’Azienda” dell’Università degli Studi di Ca’ Foscari e SDA Bocconi. Nelle sue attuali funzioni dirigenziali coordina un gruppo di lavoro di circa settanta specialisti ICT con l’obiettivo di creare un ecosistema digitale rivolto alla sostenibilità umana, sociale e ambientale.


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Paolo Bettio Ha iniziato a operare nell’ambito dell’information technology all’inizio degli anni Ottanta per poi proseguire nell’attività in ambito informatico specializzandosi nella consulenza di settore. Nel 1996 ha fondato la società Attiva Multimedia srl di cui attualmente è presidente. Nell’ambito societario segue l’evoluzione del mondo internet, sviluppando applicazioni multimediali connotate da una efficace interfaccia comunicativa basata su solide strutture software. Dal 2006 è direttore marketing della società di basket SSD Reyer Venezia Mestre spa e dal 2015 è Amministratore Unico di Venis spa, la società in house del Comune di Venezia e della Città Metropolitana di Venezia.

Guido Boella È Direttore del Dipartimento di Informatica dell’Università di Torino. La sua attività di ricerca riguarda i campi dell’intelligenza artificiale, dell’informatica giuridica, della geoinformatica e della blockchain. Ha realizzato software come il social network FirstLife e la wallet app blockchain Commonshood. Ha partecipato a progetti di trasferimento tecnologico verso le imprese. Ha fondato lo spinoff universitario Nomotika ed è vicepresidente del Competence Center CIM4.0. È o è stato coordinatore di vari progetti regionali ed europei (ICT4LAW, EUCases, CANP, WeGovNow, Co-city, CO3, PININ) e del dottorato internazionale in Law, Science and Technology LAST-JD.

Alberto Bulzatti Ingegnere elettronico, libero professionista nell’ambito della protezione dei dati e la sicurezza informatica. Iscritto all’ Albo dei Periti e all’ Albo dei CTU del Tribunale di Venezia, svolge l’attività di Consulente Tecnico d’Ufficio, Consulente Tecnico di Parte e Perito del Giudice in ambito informatico. Ricopre il ruolo di Data Protection Officer presso numerose aziende private ed enti pubblici. Membro delle Commissioni Ingegneria Forense e dell’Informazione e della Comunicazione dell’Ordine degli Ingegneri di Venezia. Relatore di numerosi convegni in materia di privacy, di informatica e di cybersecurity.


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Alessandro Coppola E’ ricercatore presso il Dipartimento di Architettura e studi urbani del PoliMi possiede l’abilitazione scientifica nazionale come professore per Pianificazione e progettazione urbanistica e territoriale. Svolge attualmente attività di docenza presso il PoliMi ed ha al suo attivo qualificate attività di ricerca presso istituti universitari d’Italia, Stati Uniti, Francia e Danimarca. Ha svolto attività di consulenza e coordinamento per progetti di trasformazione urbana e ha al suo attivo numerose pubblicazioni sul tema. Fra le sue pubblicazioni va ricordato “Apocalypse Town. Cronache dalla fine della civiltà urbana”, Laterza, Roma-Bari, 2012.

Luisa Flora

Beatrice Gustinetti

Laureata in Lettere, ha seguito corsi di specializzazione in multimedia, comunicazione digitale, relazioni pubbliche. È Socia professionista della Federazione Relazioni Pubbliche Italiana e dal 1998 ha sviluppato strategie di comunicazione on e offline per numerosi clienti privati. Nel settore del marketing della cultura si occupa di progettazione, pianificazione di marketing e comunicazione, rapporti con gli sponsor e con i media. Ha fondato due società di progettazione e organizzazione di eventi artistici. Dal 2004 al 2015 ha tenuto seminari e lezioni presso Università degli Studi di Urbino, IULM e SISSA.

Laureata in Ingegneria gestionale indirizzo energetico, fra il 2007 e il 2015 ha ricoperto ruoli di responsabile per lo sviluppo del business nel settore delle energie rinnovabili e del Cleantech quindi di responsabile delle attività di sviluppo del business in aziende che operano nell’ambito della Pubblica Amministrazione per l’efficienza energetica e smart cities. Attualmente dirige un’area della Direzione Commerciale BtoT di ENGIE Servizi S.p.A. per lo sviluppo di servizi e soluzioni smart cities con la responsabilità di definire strategia e roadmap del business smart city. Svolge attività di M&A e di marketing strategico.


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Valerio Palma Valerio Palma è dottorando in Architettura, Storia e Progetto e ricercatore del Centro Interdipartimentale FULL | The Future Urban Legacy Lab al Politecnico di Torino. Laureato in Architettura - Progettazione Urbana all’Università di Roma Tre, è stato assegnista di ricerca presso il ReLOAD Research Lab of ArchitectURban Design dell’Università di Padova. Nel suo lavoro di ricerca, ha sviluppato applicazioni di machine learning e realtà aumentata per l’interazione di dispositivi mobili con lo spazio costruito e si occupa di modelli quantitativi e strumenti digitali rivolti all’urban design e all’analisi delle trasformazioni urbane.

Corrado Poli Studioso di geografia urbana, abilitato all’insegnamento universitario di Geografia, ha insegnato in università italiane e straniere fra cui la Johns Hopkins University (Baltimora), la Queensland University of Technology di Brisbane e l’Università di Bergamo. Editorialista e giornalista, ha diretto enti pubblici e privati in Italia e all’estero. Fra le sue pubblicazioni scientifiche Le Città Flessibili (2009), Mobility and Environment (2011), Environmental Politics (2015) e Il nome della Città (2017). Le sue teorie innovative sul futuro urbano sono esposte in Politica e Natura. L’inganno della sostenibilità (2017).

Rossella Rusca Architetto, esperto di politica di sviluppo regionale e urbana. Ha maturato un’ampia esperienza, a livello UE e nazionale, prima in ambito accademico e di ricerca, poi nella Pubblica Amministrazione. E’ stata attaché per la politica di coesione nella Rappresentanza permanente d’Italia presso la UE e ha seguito i negoziati europei sui fondi strutturali per il 2007-2013, 2014-2020, 2021-2027. Si è occupata delle strategie di sviluppo regionale e urbano europee, dei programmi di cooperazione territoriale europea Interreg, delle Iniziative Urbane, delle strategie macroregionali UE.


Non esiste una contrapposizione tra città materiale e immateriale poiché ciascuna ha bisogno dell’altra per esistere. La città, oltre al costruito, è sempre stata cultura e informazione. Questo volume rivisita il rapporto tra materiale e virtuale alla luce delle nuove tecnologie riportando considerazioni teoriche ed esperienze sul campo.

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