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ISSN 2421-1923
Soluzioni resilienti per la gestione dell’acqua piovana
05 mag 2022
Supplemento di OFFICINA* ISSN 2421-1923 N.05 maggio 2022
Soluzioni resilienti per la gestione dell’acqua piovana Venezia, 28.05.2022 a cura di MariaAntonia Barucco
Organizzato da: DIPARTIMENTO DI CULTURE DEL PROGETTO
ArTec
Archivio delle Tecniche e dei materiali per l’architettura e il disegno industriale
Con il contributo di:
Con il supporto di:
direttore editoriale Emilio Antoniol progetto grafico Margherita Ferrari redazione Marta Possiedi con la collborazione di Valentina Olivieri proprietario Associazione Culturale OFFICINA* via Asolo 12, 31015, Conegliano, TV info@officina-artec.com e-mail info@officina-artec.com editore Anteferma Edizioni S.r.l. Stampa Pixartprinting, Quarto d’Altino, Venezia Tiratura 200 copie Copyright opera distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale L’editore si solleva da ogni responsabilità in merito a violazioni da parte degli autori dei diritti di proprietà intellettuale relativi a testi e immagini pubblicati.
Pioggia “La fantasia è un posto dove ci piove dentro” afferma Italo Calvino mentre spiega che ciò che gli occhi e l’anima vedono può essere frutto contemporaneamente di ciò che è dentro e fuori di noi. Si può dire che “il progetto è un posto dove ci piove dentro” perché è il luogo definito dalla pioggia del divenire del paesaggio, della storia, delle persone, del lavoro oltre che dalle idee del progettista, la sua fantasia (direbbe Calvino). Certamente “la ricerca è un posto dove ci piove dentro” perché non vi è un luogo migliore per intercettare il passato con il futuro grazie a studio, immaginazione e coraggio, che fondano l’innovazione. Questo Toolbox è ricerca. Questo Toolbox è dedicato alla pioggia e al progetto della pioggia nelle città. Raccoglie riflessioni, dati sperimentali, progetti, obiettivi e esperienze. Confronta casi studio e ricerche. Misura i risultati del lavoro. Progetta traguardi futuri. Ecco gli obiettivi di questo Toolbox, una rivista che vuole essere una cassetta degli attrezzi per cittadini, progettisti e innovatori. Attori locali e stranieri, realtà tra loro molto differenti per dimensione e ambito di interesse, ma tutti condividono un approccio innovativo, tanto rischioso quanto potenzialmente risolutivo, sviluppato attraverso l’interdisciplinarietà.
INDICE toolbox
INTRODUZIONE High Risk, High Gain di MariaAntonia Barucco Paesaggi culturali di Viviana Ferrario, Mauro Marzo e Viola Bertini
Soluzioni resilienti per la gestione dell’acqua piovana ISSN 2421-1923
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N.05 maggio 2022
10 LA RICERCA Verde Hi-Tech Sensori Acqua Bacino di accumulo di Marta Possiedi
20 INTERVISTE DAKU, intervista a Marino Fantin di Emilio Antoniol ATVO, intervista a Stefano Cerchier di MariaAntonia Barucco Cantina Nevio Scala, intervista a Nevio, Claudio e Sacha di Marta Possiedi
26 PROGETTARE CON L’ACQUA Progettare l’idraulica per la rigenerazione urbana di Graziano Paulon, Erika Grigoletto e Edoardo Rigoni Infrastrutture verdi per la regolazione dei deflussi idrici urbani di Carmelo Maucieri, Giampaolo Zanin e Maurizio Borin Rainwater, a resource and a source of recreation di CEBRA
Steve, Flickr
Titolo
High Risk, High Gain
La crisi climatica e la frequenza dei fenomeni atmosferici critici impongono responsabilità progettuali per lo sviluppo di un corretto rapporto tra l’ambiente costruito e quello naturale. Ai progettisti e ai tecnici devono essere forniti gli strumenti e le tecnologie adatti a ripensare i luoghi costruiti come il territorio tutto: le città, in primo luogo, devono riequilibrare il loro rapporto con l’ecosistema e essere in grado di mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici. Grazie a strategie condivise e a sistemi tecnologici avanzati è possibile pensare alla progettazione e alla riqualificazione di spazi pubblici e privati in ambito ur-
co per descrivere questo genere di obiettivi e di lavoro: High Risk - High Gain. High Risk perché affrontare il problema della gestione dell’acqua piovana cominciando dai dettagli è molto rischioso. È difficile reperire e coordinare competenze e fondi per progettare e realizzare qualcosa di nuovo e che non si è certi che funzionerà. High Gain perché, se il lavoro ha successo, offre risultati che possono essere sfruttati subito e da molti (dal cittadino al legislatore, dal progettista al ricercatore): soluzioni concrete, verificate e applicabili in contesti differenti, per le smart cities e per la resilienza delle città storiche. La ricerca POR FESR 2014-201 ha supportato la prototipazione e l’analisi di importanti dettagli tecnologici, è stato messo a sistema un incredibile numero di dati ed è stato verificato come e in che modo queste innovazioni possono influire sul comportamento di parti di città e contribuire a risolvere il problema della gestione delle bombe d’acqua. Il merito più grande va quindi delle aziende che hanno avuto il coraggio di affrontare questo tipo di lavoro. Daku è stato leader di una rete di imprese costituita da MR Energy System, Protolab e dal Dipartimento di
Tutti dobbiamo lavorare affinché siano possibili nuovi equilibri a vantaggio della nostra e delle future generazioni bano. Questi luoghi saranno connessi al ciclo naturale dell’acqua, mitigheranno le piogge, gestiranno questa preziosa risorsa per affrontare i periodi di siccità, ridurranno l’effetto isola di calore, abbatteranno gli inquinanti atmosferici, interagiranno con le persone che li percorrono e ospiteranno una varietà di flora e di fauna. Quando si progetta una ricerca c’è un termine specifi-
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Kevin Spencer, Flickr
di MariaAntonia Barucco agronomia, animali, alimenti, risorse naturali e ambientali dell’Università di Padova (DAFNAE). L’Università Iuav di Venezia ha partecipato a questa ricerca contribuendo al suo coordinamento, alla sua verifica e alla sua comunicazione. Il progetto finanziato è ormai concluso ma l’impegno e il lavoro non finiscono: l’approccioHigh Risk - High Gain sta dando risultati entusiasmanti e la rete di lavoro, ricerca, sperimentazione e applicazione è cresciuta e può crescere ancora. Chi scrive e parla attraverso questa rivista sa che il cambiamento climatico è in atto e che i problemi connessi a questa trasformazione riguardano tutti. Tutti dobbiamo lavorare affinché siano possibili nuovi equilibri a vantaggio della nostra e delle future generazioni. E questa è anche la ragione per cui due Università firmano i contributi presenti in questo Toolbox: solo la condivisione di consapevolezza e impegno in merito ai temi ambientali possono consentire l’avvicinamento di campi di ricerca e di studio anche distanti tra loro. Voci differenti sugli stessi temi, obiettivi condivisi e, soprattutto, il progetto di lavorare a nuove ricerche e agli sviluppi del lavoro che che è stato sin qui condiviso. Le sfide che attendono chi si vuole confrontare con i temi descritti da questo Toolbox sono numerose e si
declinano in molti temi tra i quali l’innalzamento degli standard qualitativi che concernono la gestione dell’acqua piovana, lo studio della vegetazione che meglio può essere integrata nelle tecnologie natur based oggi oggetto di sperimentazione e prototipazione e lo sviluppo di dettagli e soluzioni progettuali. Tutto ciò sempre comprendendo e valorizzando i servizi ecosistemici forniti dal regno vegetale, dall’acqua e dalla terra: risorse preziose delle quali è necessario avere cura in ogni fase del progetto dei luoghi del nostro territorio.
1 - Progetto della regione del veneto – POR FESR 2014-2020, asse 1 “Ricerca, sviluppo tecnologico e innovazione”, azione 1.1.4 – Bando per il sostegno a progetti sviluppati da aggregazioni di imprese (attività collaborative di R&S).
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Titolo
Paesaggi Culturali
Il cluster Paesaggi Culturali (CultLand) è un’aggregazione di ricerca Iuav che coinvolge docenti e ricercatori di varie università e che collabora con enti, imprese e istituzioni impegnandosi nello studio dei valori culturali incorporati in tutti i paesaggi. I paesaggi possiedono una straordinaria diversità bioculturale: è il prodotto delle relazioni stabilite nel tempo tra l’ambiente fisico, le società e i loro sistemi di valori. Il paesaggio è un costrutto culturalmente complesso1, prodotto dall’interazione tra fattori naturali e umani: questa definizione permette di superare la contrapposizione tra Kulturlandschaft (paesaggio dell’uomo) e Naturlandschaft (paesaggio naturale)2. L’espressione “paesaggio culturale” spesso esprime ciò che si distingue per l’elevato valore culturale, riconosciuto e condiviso. Ad esempio, la categoria cultural landscape è impiegata dall’Unesco per definire il terzo tipo di beni della World Heritage List: il valore culturale elevato distingue un paesaggio culturale da un contesto di minor valore, o addirittura portatore di valori negativi. CultLand dà all’espressione “paesaggio culturale” un significato più ampio che guarda a tutti i valori culturali, reali o potenziali, incorporati in ogni paesaggio. Non solo nei paesaggi eccezionali, ma anche in tutti i paesaggi urbani o rurali, centrali o marginali, della vita quotidiana e
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“degradati”, dei quali la Convenzione Europea del Paesaggio3 invita ad occuparsi. Inteso in questo senso, il valore culturale del paesaggio è un elemento decisivo per il benessere delle popolazioni e la qualità del territorio, è un importante driver di sviluppo sociale ed economico, che diventa ambito di indagine scientifica e di azione progettuale a varie scale, con il contributo di diverse discipline, in stretta relazione alla vita delle popolazioni insediate. In tale quadro si intrecciano questioni legate alle trasformazioni territoriali, all’heritage, alla fruizione e alla valorizzazione dei luoghi, alle percezioni e ai valori attribuiti dalle popolazioni. E questi sono i temi generali di indagine di ClutLand. Dal 2016 CultLand è impegnato a riscoprire, rafforzare e sviluppare il valore culturale dei luoghi in compartecipazione con gli attori territoriali. Gli strumenti per raggiungere questi obiettivi sono lo studio della storia, il progetto, la ricerca e la condivisione del lavoro. Il cluster si propone come un laboratorio permanente di riflessione sui modi della fruizione e le forme della conservazione, della modificazione e della valorizzazione dei paesaggi culturali sia nel contesto europeo, che in quello extraeuropeo. Ciò viene fatto anche contribuendo all’assunzione di
Sonia Marmen, Flickr
di Viviana Ferrario, Mauro Marzo e Viola Bertini scelte politiche e di decisioni operative più consapevoli da parte degli attori territoriali, affiancandoli in percorsi di ricerca, in dialoghi con i portatori d’interesse e soprattutto con i giovani e futuri progettisti. CultLand lavora per la definizione di occasioni di ricerca a partire anche dalle esigenze espresse dai partner esterni. Le ricerche affrontano molti temi tra i quali la conoscenza, la comunicazione e la gestione delle trasformazioni della città storica e del paesaggio agrario storico; la progettazione dei paesaggi del turismo culturale e inclusivo; la sensibilizzazione e l’educazione al paesaggio; lo sviluppo di tecnologie e strumenti per rispondere alle trasformazioni imposte dal cambiamento climatico. Questi temi di ricerca e di lavoro hanno in comune la consapevolezza che il benessere delle popolazioni e la qualità del territorio sono la base per uno sviluppo sociale ed economico sostenibile. E la responsabilità della cura dei territori deve essere condivisa tra cittadini, istituzioni, attori economici, professioni: CultLand è prima di tutto un luogo di incontro e di condivisione. Il tempo lungo, l’esperienza e l’interazione sono parole chiave per la conoscenza, la fruizione e la valorizzazione dei luoghi. CultLand supporta le ricerche e i progetti che propongono modelli di relazione con il territorio alternativi a quelli dello sfruttamento e del consumo,
incentiva il lavoro dedicato alla sostenibilità ambientale e all’equilibrio tra i luoghi costruiti e i cicli naturali, che devono essere d’ispirazione per il progetto della gestione di ogni risorsa preziosa. L’acqua, ad esempio, è una risorsa preziosa che definisce i paesaggi culturali del nostro territorio e ad essa sono dedicate le ricerche e i progetti descritti in queste pagine. Un obiettivo molto importante per CultLand è divenire un laboratorio permanente di riflessione analitica e progettuale intorno al rapporto tra modi della fruizione e forme della conservazione, della modificazione e della valorizzazione dei paesaggi culturali. CultLand si propone quindi come un luogo di incontro tra saperi e interessi condivisi e dedicati al paesaggio e alle sue risorse. E ogni persona impegnata in questo cluster si mette a disposizione per sviluppare una rete tra differenti attori territoriali, saperi, luoghi e pensieri: le regioni italiane del nord-est sono il naturale e primo ambito di riferimento, ma non vanno dimenticate le relazioni che il cluster gestisce entro e fuori i confini dell’Unione Europea. 1 - Cosgrove, D. (2004), Realtà sociali e paesaggio simbolico, Milano: Unicopli. 2 - James, P.E, Martin, G. (1981 ), All Possible Worlds: A History of Geographical Ideas, New York: John Wiley & Sons. 3 - www.coe.int (ultima consultazione aprile 2022).
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Verde Hi-Tech Ricerca, innovazione e cambio di paradigma
di Marta Possiedi Nature based solution L’impiego di soluzioni a verde pensile ha visto nel corso della storia dell’architettura diverse fasi di evoluzione e sviluppo. La prima testimonianza che ne attesta l’uso risale al IX sec a.C., per poi trovare impiego sia in epoca Romana che Rinascimentale con soluzioni e declinazioni differenti. Con il Movimento Moderno1 il “tetto giardino” è una delle massime espressioni del “nuovo” pensiero architettonico novecentesco ed è uno dei 5 principi2 cardine sui quali si è definita e sviluppata tutta l’architettura contemporanea. La vegetazione pone il progetto architettonico in dialogo diretto con ciò che è naturale, vitale e dinamico e contribuisce a ridurre l’impatto ambientale degli edifici e degli ambienti costruiti. I tetti verdi mitigano le temperature superficiali delle coperture, attenuando l’innalzamento delle temperature in ambito urbano, migliorano le prestazioni energetiche degli edifici e permettono di fronteggiare i problemi legati all’inquinamento grazie alla loro capacità di assorbire inquinanti e trattenere le polveri sottili. Soprattutto però, grazie alla capacità di ritardare il deflusso dell’acqua (runoff) nei sistemi fognari, i tetti verdi rientrano tra le
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cosiddette Nature based solutions (NBS) e contribuiscono al miglioramento della gestione dell’acqua in ambiti urbani altamente impermeabilizzati. Se si considera che le coperture in città rappresentano circa il 20-25% (Akbari et al., 2003) della superficie totale urbana, il potenziale progettuale di queste aree è notevole e l’impiego di verde in copertura può avere un impatto rilevante. Dal punto di vista economico, il bilancio è positivo in considerazione del tempo di vita utile dei tetti verdi (che è molto più lungo di quello dei tradizionali manti impermeabili a vista o zavorrati) e del loro comportamento in periodo estivo (che consente il risparmio di energia per il raffrescamento degli edifici). Blue Green Roof Parlare di gestione della risorsa idrica in ambito urbano significa capire quali sono le sfide che i progettisti dovranno affrontare in contesti urbani presenti e futuri. I problemi legati alla disponibilità di acqua, secondo i più recenti report ambientali dell’European Environment Agency (EEA), sono destinati ad aumentare, sia per il crescente fabbisogno di questa risorsa, che per l’impatto dei cambiamenti climatici. La mancanza
di acqua e le siccità prolungate sono un problema difficile da gestire ma anche la condizione opposta è un problema altrettanto considerevole. Le bombe d’acqua sono fenomeni violenti che causano allagamenti in ambito urbano e dissesti o frane nei contesti meno urbanizzati (AA. VV., 2012). Gli attuali sistemi di gestione idrica urbana sono spesso incapaci di fronteggiare l’entità delle forti piogge e nonostante l’acqua sia una risorsa sempre più preziosa, spesso viene mal gestita e dispersa rapidamente, o non viene preservata per fini utili. Affrontare tali fenomeni trattenendo l’acqua piovana e gestendola in modo calibrato, permetterebbe di limitare sia i danni causati dalle bombe d’acqua che le difficoltà imposte dai lunghi periodi di siccità. Per questo e per fronteggiare alcuni dei problemi ambientali più rilevanti legati al ciclo naturale dell’acqua, è stato sviluppato dall’azienda DAKU3 il Blue Green Roof (BGR), un sistema a verde pensile che oltre a garantire tutte le funzionalità e prestazioni tipiche delle coperture a verde pensile, è anche in grado di accumulare, conservare e riutilizzare, a seconda delle necessità, l’acqua piovana. Grazie alla presenza di un bacino di
accumulo posto al di sotto della tradizionale stratigrafia a verde pensile, ogni goccia di pioggia può essere raccolta e conservata. L’acqua piovana raccolta può essere utilizzata per la sussistenza della vegetazione e con l’impiego di un sistema di irrigazione brevettato4 e integrato nella stratigrafia BGR, il consumo idrico è ulteriormente ottimizzato permettendo anche un miglioramento dello stato fitosanitario delle piante5. Il sistema BGR è inoltre integrato a un sistema di sensori per il rilevamento della temperatura, dell’umidità e del livello d’acqua presente nel bacino di accumulo, che rendono il tetto tecnologico ancora più performante e efficace nella gestione dell’acqua. I sensori infatti sono in costante connessione con le centraline di monitoraggio meteo e sono gestiti con sistemi IoT (Internet of Things): se le piogge previste in arrivo sono consistenti, l’eventuale acqua accumulata nel bacino viene rilasciata con sistemi di scarico gestibili da remoto e automatizzati, per fare posto alla pioggia in arrivo. L’integrazione di tale sistema permette di rendere questa soluzione altamente innovativa, specialmente se si immagina il suo utilizzo a vasta scala. In modo particolare, l’uso di sensori di rileva-
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mento dello stato della vegetazione e del contenuto di acqua all’interno della stratigrafia permette la rilevazione di dati ambientali utili per il monitoraggio di vaste aree urbane. POR FESR 2014-20 La tecnologia Blue Green Roof è stata testata grazie ad un progetto di ricerca finanziato della regione Veneto con un finanziamento POR FESR 2014-20 al quale ha partecipato DAKU s.r.l. come azienda capofila del progetto in collaborazione con un’aggregazione di imprese (MR Energy System e Protolab) e il Di-
partimento DAFNAE dell’Università degli studi di Padova. L’Università Iuav di Venezia ha invece preso parte al progetto come partner esterno e si è occupata della raccolta dati e della comunicazione del progetto. La ricerca è stata sviluppata a partire dal lavoro svolto da DAKU per l’individuazione e il test degli elementi costitutivi la stratigrafia di tetti verdi BGR (nuovi pannelli di accumulo e drenaggio, nuovi geotessuti di separazione, ecc), integrati con il nuovo sistema di irrigazione DAKU Irriga; MR Energy System e Protolab hanno invece progettato il sistema di
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Web Services Dati centralina meteo
Centralina ricezione dati
Trasmissione dati dai campi alla piattaforma IoT
CAMPO A Stratigrafia copertura capannone
Ricezione parametri dalla piattaforma IoT
CAMPO A1A2 Stratigrafia tradizionale DAKU Sedum non irrigato
C1
A1
C2
E1
Prato fiorito C1 = 1l/mq C2 = 2l/mq
Sedum B1 = 1l/mq B2 = Non irrigato
A2 B1
E2
CAMPO C Stratigrafia BGR
CAMPO B Stratigrafia BGR
F1
B2
F2
CAMPO E Stratigrafia BGR
Gramigna, macroterme E1 = 1l/mq E2 = 1,5l/mq
CAMPO F Stratigrafia BGR Mix di microterme F1 = 1,5l/mq F2 = 3l/mq
Copertura sede ATVO a San Donà di Piave Impianto di irrigazione Sensori per le rilevazioni di dati dei campi
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acquisizione dati e monitoraggio dei prototipi. Il Dipartimento DAFNAE si è occupato dell’analisi del comportamento di quattro tipologie di vegetazione (Sedum, graminacea macroterma da tappeto erboso, miscuglio di graminacee microterme da tappeto erboso, miscuglio da prato fiorito) in relazione a determinati spessori di substrato e con un determinato bilancio idrico. A inizio estate 2020 sono stati realizzati sei prototipi, da 20 mq ciascuno, sulla copertura dell’edificio sede dell’azienda di trasporti ATVO a San Donà di Piave (VE): ogni cam-
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po prova è stato definito con caratteristiche differenti dagli altri per tipologia di stratigrafia, tipologia di vegetazione e quantità di acqua utilizzata per l’irrigazione (img. 02). Da allora, ogni giorno vengono acquisiti quasi 5000 dati, tra cui dati riguardanti il comportamento dei prototipi e dati meteo provenienti dalla centralina meteorologica appositamente installata sulla copertura dell’edifcio ATVO. Attraverso la lettura di questi dati è stata verificata la capacità della stratigrafia BGR nell’aumentare lo sfasamento termico della copertura, nel dimi-
nuire le temperature superficiali delle coperture e nell’accumulare notevoli quantità di acqua in concomitanza di eventi piovosi consistenti. Lo studio del comportamento dei prototipi è stato anche l’occasione per verificare l’efficacia del sistema di irrigazione brevettato “DAKU Irriga”, grazie al quale si è attestata una significativa diminuzione del fabbisogno idrico della vegetazione anche durante periodi molto caldi. Al gruppo di lavoro e con una specifica collaborazione, si è unito il Consorzio di Bonifica Veneto Orientale (CBVO) che ha garantito la fornitura
Partner di progetto:
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di dati pluviometrici e ha supportato le attività di valutazione degli impatti dei tetti verdi. In particolare il CBVO sta osservando nel dettaglio il comportamento del sistema Blue Green Roof in risposta agli eventi meteorici straordinari. IMMAGINI 01 - Campi prova C, E e F costruiti per il progetto BGR. Foto scattata durante i mesi estivi del 2020. DAKU Italia 02 - Schema rappresentativo della conformazione dei prototipi di BGR costruiti sulla copertura della sede di ATVO. Marta Possiedi 03 - Vista dei campi prova durante in fase di realizzazione. DAKU Italia
04 - Vista della posa dei sensori all’interno della stratigrafia dei prototipi di BGR. DAKU Italia NOTE 1 - Il Movimento Moderno , sviluppatosi attorno agli anni ‘20 del Novecento, rappresenta un periodo di forte cambiamento nel pensiero e nella teoria del progetto architettonico. 2 - Pilotis, pianta libera, facciata libera, finestra a nastro, tetto giardino: principi esposti da Le Corbusier in “Vers une architecture”, 1923. 3 - Azienda leader nel settore del verde pensile da 30 anni con sede in Italia e in Germania. 4 - Daku Irriga. 5 - Si veda il capitolo “Acqua” dedicato all’irrigazione.
BIBLIOGRAFIA - AA.VV., (2012). Orientamenti in materia di buone pratiche per limitare, mitigare e compensare, l’impermeabilizzazione del suolo, Lussemburgo: Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea. - Akbari, H., Shea Rose, L., & Taha, H. (2003). Analyzing the land cover of an urban environment using high-resolution orthophotos. Landscape and Urban Planning, 63(1), 1-14. doi: http://dx.doi. org/10.1016/S0169-2046(02)00165-2 - Cohen-Shacham, E., Walters, G., Janzen, C. and Maginnis, S. (eds.) (2016). Nature-based Solutions to address global societal challenges. Gland, Switzerland: IUCN, pp. xii.
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Sensori Per il progetto dello Smart Roof
di Marta Possiedi La relazione tra lo sviluppo dei contesti urbani e il loro impatto sull’ambiente, sull’economia globale e sul benessere dei cittadini, è argomento al centro dei modelli di sviluppo delle attuali città in tutto il mondo. Si lavora al progetto di dinamiche di sviluppo basate sull’innovazione tecnologica, intesa come opportunità per rendere le città socialmente più inclusive, ecologicamente meno impattanti e più resilienti. Le Smart Cities sono città tecnologiche e intelligenti, in grado di fornire servizi utili per semplificare e migliorare la vita dei cittadini, per assicurare uno sviluppo dell’abitato attento all’efficienza economica e all’equità sociale. Integrare l’innovazione tecnologica a sistemi come i tetti verdi, significa migliorare una tecnologia sviluppata da decenni alla ricerca di livelli di efficienza e di qualità più elevati e in linea con il progetto delle Smart Cities. Il Blue Green Roof trasforma la stratigrafia tradizionale dei sistemi a verde pensile attraverso una rete di sensori gestita da una piattaforma IoT (Internet of things) che monitora costantemente il comportamento dei vari layer del pacchetto verde. Soprattutto, l’apparato sensoristico è in grado di gestire attivamente l’acqua presente
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nel sistema di irrigazione e nel bacino di accumulo idrico, permettendo una gestione del pacchetto verde intelligente, programmata e personalizzata a seconda delle necessità. Per la sperimentazione del BGR sono stati utilizzati quattro tipologie di sensori: sensori per il rilevamento delle temperature tra i vari layer della stratigrafia (immagine p. 13), sonde per il rilevamento del contenuto di acqua all’interno del terreno, un sensore ad altissima precisione per la misurazione del livello di acqua all’interno del bacino primario e un sensore per la rilevazione del contenuto di umidità dell’aria. Il sistema di acquisizione dati, che raccoglie dati sia dai campi prova che dalla centralina meteo installata vicino ai prototipi, è stato progettato e messo a punto dall’azienda partner del progetto MR Energy System che ha inoltre affinato l’interfaccia grafica del sito per la consultazione e il download dei dati raccolti. L’azienda Protolab ha invece gestito il sistema di acquisizione dati e la fornitura e calibratura dei sensori impiegati. La raccolta dati ha permesso di osservare il comportamento termico della copertura e ha confermato l’efficacia del BGR nella capacità di ritardare l’onda termica che attra-
versa il solaio di copertura durante il periodo estivo. La massa idrica stoccata nel bacino primario è infatti molto efficace nell’aumentare l’inerzia termica del solaio di copertura. Durante uno dei periodi più caldi dell’estate 2021, sono stati riempiti i bacini primari di tre campi prova BGR (i prototipi B, C e F) con lo stesso quantitativo di acqua (circa 1700 litri per prototipo) mentre il bacino primario di un altro prototipo BGR (prototipo E) è stato lasciato completamente vuoto. In questa condizione, i sensori posti sul manto del solaio (sensore T5) dei prototipi BRG pieni di acqua hanno rilevato picchi di temperature più bassi di 3-4° C rispetto a quanto registrato dallo stesso sensore presente sul prototipo con il bacino primario vuoto, che ha invece registrato temperature molto più simili, anche se inferiori, al prototipo con stratigrafia di verde pensile tradizionale. Inoltre, a seconda della stratigrafia e del contenuto di acqua presente nel bacino primario, è stato attestato uno sfasamento dell’onda termica del pacchetto BGR tra le 10 e le 13 ore (valore riferito al solo pacchetto verde, senza contare l’incidenza della massa del solaio).
STRATIGRAFIA DAKU
COLLOCAZIONE SENSORI
Camino capillare
T1
Substrato DAKU sp. 6-15 cm Filtro DAKU Stabilfilter
T2 T3
Pannello DAKU FSD
T4
bacino di accumulo secondario
Pannello DAKU IRRIGA
U1 U2
LEV
T5
bacino di accumulo primario
Pannello sandwich Isopan
Rilevamento temperature T1 - sensore 2 cm sopra substrato T2 - sensore metà substrato T3 - sensore sotto substrato T4 - sensore sotto DAKU FSD T5 - sensore temp manto T6 - sensore temp sotto solaio T7 - sensore temp 15 cm sotto solaio Rilevamento contenuto di acqua U1 - sensore metà substrato U2 - sensore sotto substrato U3 - sensore 15 cm sotto solaio
T6
Intercapedine per la gestione degli impianti di scarico e manutenzione*
T7
U3
LEV - sensore di rilevamento contenuto di acqua nel bacino primario
Copertura edificio ATVO
img. 01
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TEMP. TIME T aria - 31.6°C 14:00 vegetazione
T1 - 37.3°C 12:00 T3 - 30.3°C 18:00 T4 - 28.4°C 19:00 T5 - 25.9°C 23:00
7°C
6h 9,1°C
su stabilfilter
7h 12,7°C
sotto FSD
11 h
sopra manto img. 03
IMMAGINI 01 - Stratigrafia utilizzata per i campi prova e collocazione del sistema di sensori. Marta Possiedi 02 - Esempio del comportamento delle temperature interne alla stratigrafia del prototipo F1, con bacino pieno di acqua, in riferimento ad un periodo caldo di agosto. Marta Possiedi 03 - Schema in riferimento allo sfasamento dell’onda termica nel prototipo F. Marta Possiedi *Nei normali BGR quest’intercapedine non c’è: è stata voluta solo per i prototipi del progetto POR FESR, per poter effettuare velocemente interventi di manutenzione.
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Acqua Risparmio, valorizzazione e irrigazione
di Marta Possiedi Il progetto Blue Green Roof ha consentito di verificare il funzionamento del sistema DAKU Irriga, un sistema di irrigazione che DAKU ha brevettato prima di lavorare al progetto di gestione dell’acqua piovana e ideato a partire dall’osservazione di alcune delle dinamiche di crescita e sviluppo naturale delle piante. Questo sistema si differenzia dai normali impianti di irrigazione principalmente per tre motivi: è in grado di garantire una crescita e uno sviluppo ottimale dell’apparato radicale delle piante lungo tutta l’altezza del substrato, favorisce le dinamiche di traspirazione delle piante e riduce i consumi idrici
cino di accumulo secondario (immagine p. 13) nel quale sono posizionati anche i “camini capillari” che hanno la funzione di assorbire l’acqua rilasciata dall’impianto e di trasferirla al filtro di separazione posto al di sotto del substrato. In questo modo il substrato assorbe l’acqua dal basso e la distribuisce progressivamente verso l’alto mettendola a disposizione dell’apparato radicale delle piante. Durante le due estati 2020 e 2021 di osservazione e monitoraggio dei campi prova, sono state rilevate tutte le piogge in ingresso (dati forniti dal pluviometro del Consorzio di Bonifica Veneto Orientale), sono stati quantificati i litri di acqua trattenuti dai campi prova in seguito alle precipitazioni e conteggiati i litri impiegati per l’irrigazione dei campi. Nel 2020, in particolare, la vegetazione ha risposto molto bene al nuovo tipo di impianto di irrigazione ed è riuscita a prosperare impiegando solo le quantità di acqua previste da progetto (notevolmente inferiori a quelle normalmente utilizzate con gli impianti a pioggia). Durante l’estate successiva a fronte di un periodo di particolare carenza di acqua piovana
Questa risposta sottolinea la capacità di traspirazione delle piante per l’irrigazione. Sebbene efficaci, i tradizionali sistemi di irrigazione a pioggia non creano le condizioni ottimali di crescita della pianta: aumentano il ristagno dell’acqua in superficie e rendono possibile la formazione di elementi patogeni e la germinazione di piante infestanti in copertura, esponendo inoltre le radici agli shock termici. I tubi per l’irrigazione DAKU Irriga sono allogati all’interno del ba-
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(21,2 mm totali caduti in tutto il mese di giugno) e di temperature molto alte (con picchi tra i 33 e i 35 °C) la vegetazione ha necessitato di un aumento della quantità di acqua per l’irrigazione: nonostante ciò, l’acqua utilizzata è stata comunque minore rispetto alle quantità normalmente utilizzate per l’irrigazione a pioggia (con una media di 2,57 l/mq al giorno per 157 giorni per la metà campo F1, con la vegetazione più esigente dal punto di vista idrico). Ogni attività di ricerca non sarebbe tale se non si spingesse oltre i limiti e le consuetudini e il lavoro di sperimentazione ha voluto testare i campi prova in condizioni estreme: le metà campo coltivate a Sedum (A1, A2 e B2), ad esempio, sono state lasciate senza impianto di irrigazione e hanno sfruttato solo l’acqua piovana come fonte di approvvigionamento idrico. La risposta della vegetazione è stata buona perché la stratigrafia tecnologica ha supportato la sopravvivenza delle piante che hanno rispettato lo stesso gli standard normativi in merito alla copertura della superficie del tetto verde anche se, il confronto con i Sedum della metà campo irrigata ha mostrato delle differenze. Ciò nonostante la metà campo irrigata ha ricevu-
Fase 1
Fase 2
Fase 3
Raccolta dell’acqua piovana
Trasferimento dell’acqua dal bacino di accumulo primario a quello secondario
Distribuzione per capillarità dell’acqua al substrato
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to quantità di acqua molto ridotte: da 1 l/mq a max 1,8 l/mq al giorno. Questo esperimento ha consentito anche di registrare le differenze di temperatura sulla superficie della vegetazione: sul campo irrigato le temperature erano inferiori di oltre 20-25°C rispetto a quanto registrato sui campi di Sedum non irrigati.
Questa risposta sottolinea la capacità di traspirazione delle piante, in questo caso efficacissimo, anche con un’irrigazione ridotta. Ne consegue un evidente abbassamento delle temperature superficiali, e una conferma del forte impatto della vegetazione nel mitigare effetti di surriscaldamento urbano.
IMMAGINI 01 - Schemi rappresentativi della collaborazione tra bacino primario e bacino secondario e irrigazione per risalita capillare. Marta Possiedi 02 - Diagramma riguardante l’andamento delle temperature superficiali T1 in riferimento alle metà campo B1 e B2 a confronto (si veda p. 12). Il grafico si riferisce ad un periodo caldo dell’estate 2021. Marta Possiedi
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Bacino di accumulo Per la gestione di una risorsa preziosa
di Marta Possiedi L’impermeabilizzazione del suolo è causa di gravi e crescenti problemi nella gestione dell’acqua piovana. Per affrontare questo tipo di problematiche sono stati promossi standard a livello internazionale e nel contesto normativo italiano questi sono stati tradotti con regole precise per gli interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione. Spesso per ottemperare a queste indicazioni normative vengono installate vasche di laminazione sotterranee che hanno il compito di trattenere l’acqua durante gli eventi piovosi più consistenti per poi rilasciarla, dopo un determinato intervallo di tempo, in corpi idrici superficiali. Questa logica, anche se efficace e necessaria per evitare la concentrazione di quantità eccessive di pioggia negli impianti di smaltimento, non contempla la possibilità di riutilizzare l’acqua, che viene quindi sempre eliminata. La ricerca ha però il compito di andare oltre gli standard normativi e il lavoro di sperimentazione tecnologica si è fatto carico di capire in che modo i manti verdi possano contribuire alla riduzione dei danni dovuti al cambiamento climatico e possano al contempo aiutare a sfruttare ogni goccia di acqua per il bene
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delle città e dell’ambiente naturale. Introducendo il concetto di bacini di laminazione gestiti, i Blue Green Roof sono concepiti come una rete di piccoli bacini di laminazione connessi tra loro. A differenza dei normali bacini di laminazione, il BGR riesce a gestire e a conservare l’acqua contenuta nel bacino primario consentendone un utilizzo progettato e programmato. Il BGR è dotato infatti di uno scarico dell’acqua automatizzato e gestibile da remoto anche attraverso un sistema di monitoraggio IoT: l’acqua può essere trattenuta in copertura o scaricata in caso di necessità. Ad esempio, quando le previsioni meteo avvertono la centralina IoT che pioverà, il bacino di accumulo idrico può essere svuotato preventivamente per lasciare posto all’acqua in arrivo. Se invece non sono previste ulteriori piogge, l’acqua accumulata può essere trattenuta e impiegata dall’impianto di irrigazione. L’acqua che viene accumulata nel bacino primario è sempre gestita in relazione anche al funzionamento del bacino secondario in cui sono alloggiati i tubi per l’irrigazione del manto verde. In questo modo è possibile impiegare l’acqua piovana per irrigare la vegetazione, senza attingere all’acqua della rete idrica.
Durante il progetto BGR è stata verificata l’effettiva capacità di accumulo dei prototipi in seguito a determinati eventi piovosi. In particolare a settembre 2020 è stata registrata una pioggia piuttosto consistente della durata di circa 8 giorni: sono caduti circa 141 mm di pioggia, pari a 141 l/mq. Per verificare la capacità di accumulo dei campi prova, una volta concluso il periodo di piogge, l’acqua accumulata nel bacino primario è stata scaricata: sono stati conteggiati tra i 1900 e i 2300 litri di acqua per prototipo, una quantità non indifferente considerando che una quota parte è stata anche trattenuta dal substrato e dal pannello FSD (bacino secondario). Questa operazione è stata effettuata in occasione di tutti gli eventi piovosi che si sono verificati durante i mesi di sperimentazione. In riferimento ai mesi di agosto e settembre 2020, grazie anche all’evento piovoso appena descritto, l’equilibrio tra le quantità conteggiate dagli scarichi dei BGR e l’acqua utilizzata per l’irrigazione (registrate dai contatori in ingresso ad ogni campo prova), ha permesso di verificare che l’acqua trattenuta dai campi sarebbe stata sufficiente per soddisfare il fabbisogno di irrigazione durante questi due mesi estivi.
141 l/ mq
180 litri
+
Totale acqua caduta in circa una settimana di piogge
Totale acqua impiegata per l’irrigazione della parcella durante il periodo di piogge
RESTANTE ACQUA > Trattenuta dal substrato > Trattenuta dal bacino secondario > Evaporata
CAMPO C > 12 cm di substrato > Prato fiorito
ACQUA RACCOLTA 1926 litri = 96,3 l/mq su 20 mq di superficie
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IMMAGINI 01 - Esempio dell’equilibrio tra acqua in ingresso (irrigazione + acqua piovana) e acqua accumulata dal prototipo C (quantificata attraverso la lettura degli scarichi del bacino primario) durante uno dei periodi di pioggia più consistenti rilevati. Questa verifica è stata effettuata per conteggiare con esattezza la quantità di acqua accumulabile in determinate condizioni di pioggia e per un determinato periodo di tempo. I prototipi sono stati tutti scaricati prima della pioggia in arrivo in modo tale da permettere di accogliere la totalità di acqua prevista con le precipitazioni. Dopo i giorni di pioggia, i bacini di accumulo sono stati svuotati ed è stata definita la capacità di accumulo idrico dei prototipi. In condizioni non sperimentali, il bacino primario non viene scaricato e l’acqua accumulata durante gli eventi piovosi viene trattenuta nel bacino e utilizzata per l’irrigazione (l’unico protoripo con questo funzionamento è il campo F). L’idea è che nei BGR il bacino primario venga scaricato in automatico solo in caso di pioggia eccezionale in arrivo. Marta Possiedi 02 - Foto dei contatori di scarico del bacino primario del prototipo C prima e dopo lo scarico dell’evento piovoso a settembre 2020. DAKU Italia 03 - Esempio del riempimento del contenuto di acqua all’interno del bacino primario, in questo caso il livello massimo accumulabile nel prototipo B. Il pozzetto che si vede in foto è più profondo rispetto al livello di posa della stratigrafia verde. DAKU Italia
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DAKU Intervista a Marino Fantin
di Emilio Antoniol Sostenibilità profonda Infrastrutture tecnlogiche Responsabilità collettiva
DAKU Italia nasce all’inizio degli anni Novanta, quando Marino Fantin, l’attuale amministratore dell’azienda, incuriosito e affascinato dalle tecnologie a verde pensile sviluppate in Germania da DAKU, decide di fondare l’azienda DAKU Italia in collaborazione con l’azienda tedesca. Dopo una prima fase di lavoro condiviso, l’azienda italiana si rende indipendente, sviluppando prodotti maggiormente adatti alle richieste del mercato italiano. Dal 2016 DAKU ha cominciato un percorso di innovazione volto alla ricerca e sviluppo di tecnologie sempre più adatte ad affrontare i problemi legati alla sostenibilità del comparto dell’edilizia. Da allora DAKU ha registrato un brevetto per un sistema di irrigazione altamente efficiente (DAKU IRRIGA), ha ottenuto lo status di PMI innovativa (nel 2020) e la certificazione EPD sui propri prodotti.
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Verde: Quando le persone pensano ai tetti verdi immaginano manti di copertura perfetti, realizzati interamente con l’impiego di microterme (tappeti erbosi costituiti da graminacee adatte a crescere in climi a carattere freddo-umido). Ma non è così, non è più così. La stratigrafia di un tetto verde viene progettata da DAKU per rispondere a specifiche esigenze e anche la vegetazione concorre alla definizione delle performance ambientali. D’ora in avanti un tetto verde per essere bello, deve fare bene all’ambiente, perché è uno strumento per la naturalizzazione dello spazio costruito. Acqua: L’acqua è un bene prezioso, significa vita e energia. Non dimentichiamo che l’acqua è un vettore energetico, è il più importante fattore di termoregolazione planetario. L’idea di gestire l’acqua mandandola in fognatura, interrompendo il suo ciclo naturale, è uno spreco incomprensibile, soprattutto in un contesto di risparmio energetico. L’acqua va gestita e riutilizzata. In Germania il verde pensile è stato impiegato sin dagli anni ʼ80 per gestire l’invarianza idraulica, era un modo per gestire la crescita di aree industriali molto dense e quindi fortemente cemen-
tificate. Con il Blu Green Roof (BGR) siamo oggi in gradi di gestire non solo il carico delle bombe d’acqua ma anche di lavorare ad altri temi come la qualità dell’aria, la temperatura e la gestione dell’acqua nel tempo, in caso di siccità. Aria: Il BGR abbatte l’effetto isola di calore e i dati che attestano questo risultato sono così strepitosi che anche noi ne siamo rimasti stupiti. E ci avviciniamo a rilevare i dati per la terza estate, per affinare ancora di più la ricerca in questa direzione. Inoltre, un prato di 3 cm di altezza ha circa 6 mq di superficie fogliare a contatto con l’aria ogni mq di superficie calpestabile. Un prato che ha erbe alte 60 cm ha fino a 225 mq superficie fogliare ogni mq calpestabile. Anche gli alberi abbattono le polveri sottili, ma hanno bisogno di tempo e di spazio per crescere. La riduzione dell’inquinamento dell’aria invece è un’urgenza, è una cosa che deve essere affrontata nel più rapido tempo possibile. Nei paesi nordici sono molto più avanti di noi nell’affrontare la questione: impiegano le graminacee per la realizzazione di tetti verdi, ma anche a terra come piante ornamentali perché sono piante robuste, a rapido sviluppo e che corrispondono a questa esigenza.
Sicurezza: I nostri tetti BGR sono i primi tetti verdi con bacini di accumulo dell’acqua piovana e tecnologia IoT per la gestione dei periodi di siccità prolungata e dei forti acquazzoni. L’acqua è gestita con sistemi automatizzati sia da remoto sia sfruttando il collegamento con le centraline meteorologiche e quindi tramite tecnologie IoT. Inoltre, abbiamo progettato i tetti BGR in modo tale che sia possibile scaricare l’acqua intervenendo in modo manuale. Per sicurezza, ovviamente, esiste sempre il sistema di troppo pieno che tutti i tetti verdi DAKU impiegano. Stiamo spingendo ancora oltre la ricerca in merito alla sicurezza del funzionamento dei nostri sistemi attraverso lo studio del comportamento dei tetti verdi realizzati all’inizio della nostra storia e indagando quali nuove tecnologie esistono per combattere le possibili infiltrazioni d’acqua nei tetti, non solo in quelli verdi.
Ricerca: DAKU investe molto in sperimentazione e ricerca, cerca contatti con università e centri di studio in Italia e all’estero. DAKU mette a disposizione degli studiosi il proprio knowhow, i campi prova e le coperture realizzate e in corso di realizzazione. Attraverso la lettura dei dati rilevati dai sensori, dalle centraline metereologiche e osservando il comportamento delle piante e delle stratigrafie tecnologie si scoprono sempre nuovi temi da approfondire. Credo nell’effetto trainante della ricerca e nell’acceleratore della buona concorrenza. È necessario che pubblico e privato collaborino tra di loro. Ogni dialogo può, potenzialmente, aprire nuove porte per sviluppare nuovi ambiti di lavoro e di studio. Servono sensibilità diverse per sviluppare nuovi approcci al problema. DAKU: DAKU Italia è una PMI innovativa e pensa al verde pensile come un’infrastruttura tecnica.
Sono troppo a lungo mancati i dati per affrontare con efficacia questa nuova definizione del verde pensile ma oggi li abbiamo grazie al progetto POR FESR del quale siamo stati capofila. È stato fatto un grande lavoro e siamo anche stati segnalati dalla Regione Veneto e selezionati tra i progetti più innovativi. Per questa ragione possiamo affermare che facciamo infrastrutture tecnologiche per rispondere alle problematiche che il cambiamento climatico ha estremizzato: ad esempio le temperature sempre più alte, i lunghi periodi di siccità e il fenomeno delle bombe d’acqua. Questa è la strada che DAKU ha intrapreso e che definirà il nostro business in futuro.
IMMAGINE Tetto Blue Green Roof realizzato da DAKU per la parte di ampliamento della Cantina Nevio Scala. DAKU Italia
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ATVO Intervista a Stefano Cerchier
di MariaAntonia Barucco Consapevolezza Responsabilità sociale Trasferimento delle conoscenze
ATVO (Azienda Trasporti Veneto Orientale) è una società per azioni a prevalente capitale pubblico che gestisce servizi di trasporto pubblico di persone sul territorio del Veneto Orientale e nelle aree limitrofe. ATVO conta 441 dipendenti in servizio e 307 autobus in esercizio, l’ing. Stefano Cerchier è il direttore generale. I valori di ATVO sono la centralità della persona, la sostenibilità, la coerenza, la trasparenza, l’efficienza e l’uguaglianza. ATVO è certificata UNI EN ISO 9001, 13816, 45001, 39001 e 14001 e si impegna per raggiungere più alti livelli di sostenibilità ambientale presso le sedi dell’azienda e attraverso il rinnovo del parco mezzi. Inoltre, ATVO appoggia e sostiene le attività, le ricerche e le azioni che interessano lo sviluppo sostenibile del territorio e la diffusione di informazioni e buone pratiche presso la popolazione.
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ATVO e, in particolare, il tetto della stazione dei bus di San Donà di Piave, è stato coinvolto nella ricerca BGR. Perchè? ATVO è una società a partecipazione pubblica e sente forte la responsabilità di una corretta relazione con la popolazione e quindi è sempre più desiderosa di intraprendere progetti nuovi, vantaggiosi per il territorio e sostenibili, utili a promuovere la cultura ambientale. Per questo motivo ATVO è lieta di poter ospitare i campi prova della ricerca BGR: per noi affrontare le tematiche del cambiamento climatico e dello sviluppo delle smart cities non è una questione legata solo al funzionamento dei mezzi di trasporto perché ci rendiamo conto che un tema così ampio deve essere affrontato da più punti di vista e per fare questo lavorando in team con realtà differenti dalla nostra. ATVO considera la certificazione ISO 14001 come una mission per combattere il riscaldamento globale. ATVO è fortemente consapevole di dover intervenire e di poter avere un ruolo per contrastare il consumo indiscriminato di acqua, per proteggere il territorio dagli eventi atmosferici che vedono grandi quantità di pioggia cadere in perio-
di di tempo molto brevi. ATVO vuole contenere il consumo di energia per raffrescare gli ambienti e combattere l’inquinamento atmosferico, soprattutto lavorando all’abbattimento del PM10 che è sempre più presente nell’aria. Autobus e sostenibilità, cosa può raccontarci in merito ai progetti di ATVO? ATVO ha investito molto nell’innovazione del proprio parco autobus: sono stati acquistati autobus elettrici che copriranno principalmente la tratta tra San Donà e Jesolo, dove sono state anche realizzate colonnine di ricarica in grado di sostenere il funzionamento di questi nuovi mezzi. Per ATVO questa operazione non si conclude con l’acquisto dei bus ma significa un forte investimento anche in infrastrutture e nella crescita del personale: i meccanici, la manutenzione, gli stalli e lo stazionamento. Tutto deve essere progettato e adeguatamente organizzato considerando le caratteristiche e le prestazioni di questi nuovi mezzi. La nuova stazione degli autobus è ora in costruzione, fa parte di un grande progetto con nuovi spazi per una nuova logistica del traffico. Che peso hanno avuto gli studi dell’invarianza idraulica e della ge-
stione delle acque piovane? La nuova stazione ATVO si sviluppa su due ettari. Ha un tetto largo 14 metri e lungo 70, sono poco meno di 1000 metri quadrati di copertura. Poi c’è da calcolare il piazzale e gli spazi annessi, che sono in grande parte superfici asfaltate. Per ottemperare gli obblighi normativi è stata realizzata una vasca di laminazione profonda 2,5 metri, larga 14 e lunga 75 metri supportata nel suo funzionamento da condotte e disoleatori. Un’opera davvero imponente, necessaria perché l’impatto degli spazi necessari al buon funzionamento dei bus sia compensato. Ci siamo confrontati con le norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, con il tema della compatibilità idraulica e quello della qualità delle acque. Abbiamo affrontato spese importanti. Questo fa capire l’importanza delle buone sperimentazioni, delle innovazioni e delle soluzioni: c’è molto lavoro da fare e l’impatto delle innovazioni tecnologiche in questo ambito può essere davvero rilevante. Trovare soluzioni perché il ciclo dell’acqua non venga interrotto e per far sì che l’acqua venga utilizzata sempre come una risorsa sono questioni molto importanti.
ATVO è interessata a sviluppare progettualità sperimentali, alla ricerca, all’innovazione in questo ambito? A ATVO piace collaborare con l’università. Negli anni ha accolto con interesse queste fondamentali collaborazioni e, in particolare, mi piace vedere al lavoro gli studenti: le tesi di laurea che sono state redatte su ATVO o sugli spazi di ATVO sono tutte conservate nel mio ufficio e si sono un riferimento importante durante lo sviluppo dei progetti che vi ho descritto. Mi hanno consentito di guardare oltre l’immediata contingenza, sono uno strumento per progettare il futuro. Ci attendono numerose sfide: i mezzi elettrici, quelli a metano o a idrogeno, l’abbattimento dell’effetto isola di calore, l’ammodernamento delle stazioni, ecc. Certamente ATVO accoglierà ogni nuovo pro-
getto di tesi e di ricerca, mettendo a disposizione delle università le esperienze maturate e proponendo di ragionare sulle prossime fasi di sviluppo e organizzazione della logistica di ATVO. I temi della sostenibilità, della qualità dell’aria e del risparmio idrico sono di primaria importanza per la comunità e ATVO è un’azienda dinamica e alla continua risposta alle tematiche ambientali e sociali del nostro tempo che vuole trasferire nella pratica le conoscenze acquisite e che supporta in questo percorso gli studenti e i ricercatori che lavorano sui temi cari a ATVO.
IMMAGINE Vista della copertura della sede dell’azienda di trasporti ATVO a San Donà di Piave (Ve) durante l’installazione dei campi prova di Blue Green Roof, giugno 2020. DAKU Italia
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Cantina Nevio Scala Intervista a Nevio, Claudio e Sacha
di Marta Possiedi Cura del territorio Vino naturale Responsabilità d’impresa
La Cantina Nevio Scala è certificata biologica dal 2019 e adotta pratiche agronomiche per la produzione di vino naturale che non prevede l’utilizzo di prodotti di sintesi chimica. Suolo, acqua e aria sono considerate risorse preziose per un modello di sviluppo sostenibile duraturo nel tempo, economicamente, biologicamente, ma anche socialmente e come parte della responsabilità d’impresa. Lavorano in cantina: Nevio Scala, ex calciatore e allenatore, da sempre legato al mondo dell’agricoltura grazie alla lunga tradizione famigliare; Claudio Scala, pedagogista di formazione, dopo vent’anni di insegnamento universitario si sta dedicando alla cantina; Elisa Meneghini, responsabile della comunicazione e delle certificazioni dell’azienda. Sacha Scala, architetto, ha gestito il restauro perseguendo i più alti standard di sostenibilità e inclusività.
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La cura dell’ambiente e il rispetto per l’acqua come per ogni risorsa preziosa che la natura ci offre. Come declina questo tema nel suo lavoro? Nevio Scala: Nonostante la lunga tradizione famigliare e l’esperienza ereditata da mio padre e di mio nonno, stiamo cambiando approccio al mestiere del contadino; questo grazie ai miei figli. Ero un tradizionalista ma quando, nel 2013, mio figlio Claudio mi ha proposto di piantare viti e produrre vino in modo naturale, mi sono bastati 5 minuti per capire che era una buona idea e ora ne sono profondamente convinto. Abbiamo cominciato a lavorare la terra senza diserbanti e concimi, e non utilizziamo additivi nel processo di lavorazione delle uve. Mi sono emozionato quando, un giorno, prendendo in mano una manciata di terra, ho visto un lombrico: la terra aveva ricominciato a vivere. Prima la terra era arida, mentre adesso è sana: è un risultato meraviglioso, perché questa è la terra che lasceremo ai nostri figli e nipoti. Una buona squadra non è fatta di giocatori che eccellono in tutto, ma di persone che ascoltano e conoscono i limiti dei propri compagni di squadra: così è anche lavoro in questa campagna. Non c’è un ettaro o una parte della nostra terra che può
funzionare senza l’altro. Abbiamo piantato 10.000 alberi nel nostro terreno e creeremo delle aree per accogliere le api; abbiamo sviluppato quattro ettari di zona umida con un laghetto per il ripopolamento di micro-, meso- e macrofauna. Le terre in cui sorge la cantina (ai piedi dei Colli Euganei) sono ricche di acqua, ma vogliamo essere attenti al suo utilizzo all’interno della vigna. Soprattutto per questo motivo abbiamo installato il tetto verde Blue Green Roof sull’edificio che amplia la fattoria preesistente, oggi adibita a cantina. Claudio Scala: Negli anni ʼ70 tutto ciò che era di intralcio ai trattori veniva tagliato perché impediva un certo tipo di efficienza e quindi di guadagno. La sostenibilità, nel suo significato reale, non dà vantaggi immediati ma a lungo termine. Nel nostro caso i risultati si sono visti pian piano, e ora abbiamo un prodotto eccellente senza depauperare la qualità della terra da cui nasce. L’agricoltura in questo senso è “agri-cultura” e per questo cerchiamo di mettere in pratica il nostro lavoro con una visione più consapevole delle cose, di orizzonte. Pensiamo che la nostra azienda debba essere come un organismo, in cui ogni parte concorre al
funzionamento delle altre: una zona umida, boschi e siepi, un certo tipo di vegetazione per i campi e la coltivazione di vitigni scomparsi fanno vivere questo territorio e danno prodotti unici. Fa parte di questo organismo anche il lavoro di divulgazione della nostra filosofia e per questo la cantina è anche il luogo di ritrovo e accoglienza di studenti e giovani con i quali svolgere attività culturali e didattiche. Vogliamo capire cosa serve alle persone e cerchiamo di valorizzare l’ambiente e il territorio anche da un punto di vista sociale; vogliamo investire in ricerca, essere di supporto e collaborare a progetti innovativi. L’innovazione, nel nostro mestiere e secondo la nostra visione, consiste nel rispetto delle origini e nell’eliminazione di ogni pratica di sfruttamento della natura. Per la coltivazione delle viti utilizziamo pratiche agronomiche che non prevedono l’uso di prodotti di sintesi chimica e ci assumiamo tutti i rischi di questa scelta: ci vuole ancora più attenzione alla lavorazione della materia prima, ma il prodotto finale è migliore e più salutare, sia per l’ambiente che per i consumatori. Sacha Scala: Il lavoro dell’architetto è fortunatamente sempre più legato alla necessità di rispettare l’ambien-
te e il territorio. Ritengo che questa direzione debba essere intrapresa con rispetto per il passato, dal quale c’è sempre da imparare, ma con un forte spirito innovativo. Il progetto architettonico per la nuova cantina è consistito nella ristrutturazione della vecchia stalla: ne abbiamo mantenuto la tipologia recuperando tutto ciò che è stato possibile riutilizzare come, ad esempio, le arcate in laterizio del porticato o le caratteristiche pavimentazioni in trachite dei Colli Euganei. Per l’ampliamento ex novo invece, necessario per gli uffici e i magazzini, abbiamo scelto di utilizzare una copertura Blue Green Roof che ci permette di accumulare acqua piovana per l’irrigazione del tetto verde. L’acqua è simbolo di vita nel mondo dell’agricoltura e avere una soluzione che la conserva e la usa in modo calibrato è una condizione del tutto in linea con la nostra filosofia aziendale. Ci stiamo allon-
tanando da una visione statica del mondo dell’agricoltura e della cantina vinicola in sé: si pensa sempre di dover “fare come si è sempre fatto” e le nuove proposte non sono sempre ben accette. Noi vogliamo produrre vino naturale e abbiamo recuperato un luogo pronto ad accogliere le persone interessate a conoscere da vicino non solo il nostro prodotto ma anche i nostri metodi di coltivazione e di produzione. Vogliamo che la cantina sia aperta e visitabile da tutti e per questo abbiamo pensato ad un edificio senza alcuna barriera architettonica. La sua realizzazione è quasi conclusa e stiamo programmando fasi successive di sviluppo di questa architettura, sempre nel pieno rispetto della sostenibilità ambientale, sociale ed economica. IMMAGINE Vista di alcune cassette con le uve all’interno della nuova cantina Nevio Scala. Cantina Nevio Scala
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Progettare l’idraulica per la rigenerazione urbana di Graziano Paulon, Erika Grigoletto e Edoardo Rigoni Sicurezza idraulica Tetti verdi Resilienza urbana
Il Consorzio di bonifica del Veneto Orientale (CBVO) svolge le sue funzioni in un’area di 114.600 ha, di cui oltre il 70% localizzati sotto il livello del mare, nell’arco litoraneo nord del Mare Adriatico, coinvolgendo 30 comuni, nei quali vivono 220.000 abitanti e che ogni anno ospitano circa 20 milioni di presenze turistiche. Il CBVO assume compiti assegnati dalle leggi nazionali e regionali (L.R. n.12/2009), legati al drenaggio idraulico, all’irrigazione, alla difesa del suolo e del territorio, alla gestione del rischio idraulico e alla conservazione dell’ambiente di bonifica. Tali attività comprendono l’esercizio delle opere di bonifica (2.000 km di canali, 500 km di argini e 81 idrovore) e la distribuzione irrigua, finalizzata anche al contrasto dell’intrusione di acque marine e al mantenimento dell’ambiente.
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Quello che si prospetta oggi nel rapporto tra sicurezza idraulica e trasformazioni urbanistiche è un cambio di paradigma, che vede i tecnici impegnati a progettare uno sviluppo urbano e una riqualificazione dell’edilizia esistente con l’obiettivo non solo di non aggravare le condizioni di rischio idraulico ma anche, ove possibile, di prevederne un miglioramento. Ad avviare il cambiamento e a sostenerlo su grande scala, è intervenuta la normativa sull’invarianza idraulica. Per il Veneto, la DGR n. 2948/2009 garantisce che le trasformazioni del territorio, oltre a essere progettate per garantire sicurezza idraulica a sé stesse, siano anche tali da non determinare un peggioramento delle condizioni idrauliche per i territori contermini, evitando aumenti di portata scaricata rispetto allo status ante-intervento. L’obiettivo è davvero ambizioso se si considera che, passando da un terreno agricolo arato a un terreno completamente impermeabile (tetti, piazzali o strade), la portata di pioggia scaricata a parità di evento meteo aumenta di quasi 10 volte (da DGR il coefficiente di deflusso passa da 0,10 a 0,90). Tali dati sono confermati da misurazioni dirette condotte in campo: se per aree agri-
cole arate e pianeggianti e dotate di scoline, Pasini misurava agli inizi del ʼ900 portate scaricate dell’ordine dei 5 l/s per ogni ettaro agricolo, è oggi ordinario misurare nelle condotte in uscita dai quartieri più densamente urbanizzati picchi tra i 70 e i 100 l/s per ogni ettaro di città. Questo aumento di portata scaricata è conseguenza di più fattori di scala ambientale, sociale e culturale. Da un lato il boom economico del secolo scorso ha portato alla rapida urbanizzazione con aumento delle superfici impermeabili, dall’altro constatiamo oggi il peso del cambiamento climatico con eventi piovosi di intensità crescente: tale trend trova conferma nel netto aumento dell’indice di concentrazione degli eventi piovosi registrato in anni recenti (img. 02). In questo contesto, caratterizzato da un clima che cambia e da un territorio che mostra esigenze di sviluppo crescenti, il ruolo dei tecnici trova il proprio valore, a maggior ragione se l’ambiente in cui si opera è quello della bonifica idraulica come in Veneto Orientale, dove le aree che si trovano a una quota più bassa rispetto al livello del mare hanno come unico possibile sistema di prosciugamento un articolato sistema
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artificiale fatto di canali, arginature e impianti idrovori. Per garantire che le nuove trasformazioni territoriali siano “invarianti” dal punto di vista idraulico la strategia è quella del trattenimento temporaneo delle portate mediante opere compensative: aree verdi con depressioni utilizzate come invaso a cielo aperto, condotte sovradimensionate e dotate di strozzatura prima dello scarico e vasche di accumulo interrate sono gli esempi più diffusi, ma in contesti geologici favorevoli si adottano anche soluzioni che massimizzano l’infiltrazione nel terreno con trincee drenanti o finiture superficiali semi-permeabili. L’abilità del progettista sta nel coordinare la distribuzione degli spazi, la fruibilità delle aree, l’aspetto idraulico e funzionale, quello economico e non ultimo quello estetico. Gestire quotidianamente i sistemi idraulici locali, progettare e realizzare lavori di adeguamento e potenziamento delle opere idrauliche, garantire il rispetto dell’invarianza idraulica: queste sono alcune delle attività istituzionali del Consorzio di Bonifica Veneto Orientale. Ma per lo sviluppo sostenibile è stato fatto un passo in avanti: d’intesa con 24 Comuni e con la Città Metropolitana
di Venezia, il Consorzio ha avviato la predisposizione di progetti di fattibilità tecnico-economica dedicati alla resilienza idraulica dei centri abitati per un importo complessivo di 107.000.000 €. Resilienza e rigenerazione urbana per migliorare la qualità dell’abitare: spazi verdi, percorsi ciclabili, aree a uso pubblico incideranno soprattutto in contesti dal tessuto edilizio o sociale frammentato. Questi interventi avranno come obiettivo principale la riduzione del rischio idraulico grazie, ad esempio, alla realizzazione di fasce verdi per la riduzione dei picchi di piena e delle isole
di calore in città, alla realizzazione di pacchetti drenanti su parcheggi e viali, alla creazione di invasi lineari inseriti nel contesto cittadino, con attenzione alle specie da insediare per favorire lo sviluppo di piccoli ecosistemi. Le opere dedicate al contenimento delle portate di pioggia saranno integrate nel contesto generando miglioramenti estetici e fruitivi: alcune aree di laminazione ospiteranno sali-scendi e piste ciclo-cross, i risezionamenti di corsi d’acqua saranno abbinati a percorsi didattici, interi piazzali pubblici saranno riqualificati con cementi porosi drenanti e
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colorati per abbassare i deflussi e dare al contempo una nuova immagine allo spazio pubblico. Questo programma sarà sviluppato grazie al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), ma il progetto è stato delineato anni fa, quando i Piani Comunali delle Acque hanno messo in evidenza che il sistema urbano di prima raccolta non è sempre adeguato al nuovo tasso di urbanizzazione e alle nuove piogge, mostrando che le strategie di aumento delle portate in uscita di centri urbani traslano il problema verso valle e inducono al potenziamento dei sistemi ricettori,
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approccio a volte inevitabile ma ormai poco sostenibile. Il Consorzio di Bonifica segue inoltre attività sperimentali e di ricerca e sviluppa così interazioni con le amministrazioni comunali, i professionisti e le aziende specializzate. L’obiettivo è che le esperienze di maggior successo possano essere applicate a grande scala per produrre effetti significativi. Presso l’azienda agricola sperimentale di San Donà di Piave in località Fiorentina sono in corso analisi per misurare la capacità di immagazzinamento d’acqua dei terreni in
relazione all’aumento di sostanza organica, con lo scopo di sviluppare indicazioni operative da trasporre alla scala comprensoriale. Altra attività di sperimentazione riguarda la collaborazione con DAKU srl, dove viene esaminata la capacità dei tetti verdi di mitigare gli eventi meteorici straordinari. Il Consorzio garantisce supporto tecnico per l’elaborazione e la verifica dei dati raccolti e dà accesso ai dati pluviometrici e meteorologici raccolti dalla rete Radar Meteo. In particolare, la soluzione denominata Blue Green Roof (BGR) impiega
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Pioggia cumulata
A - Testimone senza copertura verde
A1/A2 - Green roof senza bacino primario
E - B.G.R. Con substrato spessore 12 cm
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F - B.G.R. con substrato spessore 15 cm
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sensori per la gestione e il monitoraggio di coperture a verde che integrano i vantaggi del green roof con quelli dei blue roof e trasforma il tradizionale pacchetto costruttivo di verde pensile in un sistema funzionale per l’innalzamento della qualità della vita in ambito urbano. Il Consorzio ne analizza il comportamento per valutare la reale efficienza del sistema rispetto ai limiti dell’invarianza idraulica in aree urbane, costruendo una procedura di gestione degli impianti di copertura verde utile a massimizzare gli effetti sulla laminazione delle portate. Nel BGR l’apporto idrico proveniente dalle precipitazioni è in parte trattenuto dal substrato e in parte raccolto nel serbatoio sottostante per poi essere riutilizzato a scopo irriguo: soluzione estremamente preziosa in un contesto climatico che alterna intensi scrosci a lunghi periodi siccitosi. Solamente quando il serbatoio risulta pieno o in previsione di nuovi eventi piovosi avviene lo scarico controllato dell’acqua. La siccitosa stagione invernale 20212022 non ha ancora dato modo di testare uno scroscio intenso, ma i primi risultati riferiti ad eventi meteo di media entità fanno ben sperare: con pioggia cumulata di 34 mm cir-
ca in 9 ore la portata scaricata dal modulo BGR installato sul tetto con substrato dello spessore di 15 cm è stata nulla. A partire dai singoli edifici, per arrivare alle lottizzazioni e in generale alle scelte urbanistiche, l’acqua è pronta a riacquistare un ruolo da protagonista, non come causa di danno ma come risorsa preziosa ed elemento di tessitura del paesaggio. Lo sguardo, inevitabilmente, è rivolto ai famosi esempi nel nord-Europa dove “piazze d’acqua” muti-funzionali sono integrate nel tessuto cittadino e la funzionalità idraulica contribuisce al valore architettonico dello spazio. Tecnici e progettisti hanno oggi l’occasione di lavorare perché l’idraulica urbana possa trovare la sua giusta collocazione anche alla piccola scala, cercando il giusto equilibrio tra adattamento e azione, sfruttando al massimo le tecnologie che sono in grado di offrire risposte a molteplici problemi grazie all’impiego di nuovi materiali da costruzione, sensoristica, monitoraggi e tecnologie costruttive a supporto del buon progetto.
IMMAGINI 01 - Caorle (VE), Esempio di valorizzazione architettonica di un parco urbano da utilizzare come laminazione per trattenimento dei picchi di piena. Studio architettura Ferialdi Zanovello 02 - Indice di concentrazione delle precipitazioni giornaliere C Index - Evidente trend in aumento di eventi ad alta intensità. ARPAV, 2022 03 - Vigonza (PD), Esempio di sistemazione degli spazi esterni con fasce di infiltrazione e aree verdi per la laminazione ben integrate nel contesto. Progettazione ARCHPIU’DUE et al., 2016. 04 - Elaborazione evento meteo del 5/6 gennaio 2022. Il grafico rappresenta la cumulata della precipitazione rapportata alle cumulate degli scarichi dei campi prova. Per il riferimento alla nomenclatura dei campi prova vedere capitolo dedicato alla descrizione del progetto. Consorzio di Bonifica Veneto Orientale BIBLIOGRAFIA - Pasini, P. (1910). Coefficienti udometrici desunti dal lavoro delle macchine nelle bonifiche meccaniche. Roma: Giornale del Genio Civile. - Bixio, V. (1980). Indagine statistica sui rapporti tra afflussi e deflussi in un comprensorio di bonifica. Istituto di idraulica dell’Università di Padova: Studi e Ricerche. N. 340. - ARPAV (2009). Mappatura C-Index; - Miotto P. (2016). Progettazione integrata di bacini di laminazione per la difesa dagli allagamenti, in Atti del convegno del 13/05/2016. - Consorzio di Bonifica Veneto Orientale (2006). Criteri e procedure per il rilascio di concessioni. - Regione Veneto (2009). D.G.R. n. 2948 del 06/10/2009.
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Infrastrutture verdi per la regolazione dei deflussi idrici urbani di Carmelo Maucieri, Giampaolo Zanin e Maurizio Borin Infrastrutture verdi Resilienza Gestione dei flussi idrici
Il Dipartimento di Agronomia Animali Alimenti Risorse naturali e Ambiente (DAFNAE) promuove la qualità della vita, la competitività del settore agroalimentare e l’uso sostenibile delle risorse naturali, biotiche e abiotiche. DAFNAE lavora alla produzione e alla disseminazione di conoscenza relativa a piante, animali, terreno e microrganismi, per l’ottenimento di alimenti di qualità e di biomasse, garantendo la conservazione dei sistemi ecologici, la difesa delle piante e la valorizzazione dell’ambiente coltivato e della biodiversità. Viene perseguito un approccio globale, in modo da considerare e valorizzare le interconnessioni che esistono all’interno delle singole filiere e tra le diverse filiere produttive.
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Le infrastrutture verdi possono essere definite come una rete interconnessa di elementi naturali e seminaturali che esplicano molteplici funzioni e forniscono numerosi servizi ecosistemici. Uno degli aspetti di maggiore interesse, legato all’impiego di questa tipologia di infrastrutture in ambiente urbano, è il loro ruolo nella gestione quantitativa e qualitativa dei deflussi idrici. Ciò è ancor più evidente in un contesto di cambiamento climatico che impone un approccio territoriale diffuso per aumentare la resilienza degli insediamenti urbani. Infatti, eventi meteorici estremi sempre più frequenti (es. piogge intense) evidenziano tutte le criticità dei sistemi di raccolta e smaltimento delle acque di deflusso che sono stati progettati avendo come riferimento un contesto climatico non più attuale. Il problema è inoltre acuito da una crescente impermeabilizzazione dei territori a seguito della costruzione di nuovi insediamenti abitativi e produttivi. Numerose attività di ricerca e applicazioni reali delle infrastrutture verdi hanno dimostrato che queste ultime possono mitigare efficacemente i problemi legati all’idrologia urbana, fornendo al contempo be-
nefici ambientali, sociali ed economici a comunità, aziende e cittadini. In aggiunta, l’analisi dei costi legati alla loro realizzazione e manutenzione indica che l’implementazione è meno costosa rispetto agli approcci convenzionali. Pertanto, le infrastrutture verdi possono essere una valida soluzione in sostituzione e/o in aggiunta ai tradizionali elementi di controllo dei deflussi idrici per preservare o ripristinare le funzioni idrologiche ed ecologiche di un ecosistema urbano. Sebbene queste infrastrutture siano dei sistemi concettualmente semplici, la loro progettazione e realizzazione non lo è altrettanto. Infatti, la realizzazione di una infrastruttura verde che esplichi al massimo le sue funzioni è frutto dell’interazione e integrazione di più competenze già dalla fase progettuale. Il Dipartimento di Agronomia, Animali, Alimenti, Risorse naturali e Ambiente (DAFNAE) dell’Università degli Studi di Padova conduce attività di ricerca su infrastrutture verdi per la gestione quanti-qualitativa dei deflussi idrici sia nel contesto agricolo che in quello urbano da circa 25 anni. Con particolare riguardo a quelle utilizzabili in ambiente urbano negli anni sono state testate: tetti verdi,
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giardini pluviali, bacini di detenzione e pareti verdi fitodepuranti. Tetti verdi - green roofs I tetti verdi sono definibili come dei tetti sui quali è presente un substrato che permette la presenza di vegetazione. Un tetto verde è tipicamente costituito da diversi componenti, tra cui vegetazione, substrato, strato filtrante, materiale drenante, isolamento, barriera antiradice e membrane impermeabili. La selezione ottimale di ogni componente è molto importante per ottenere i migliori risultati. Sono comunemente divisi in due categorie: estensivi o intensivi, a seconda dello spessore del substrato, che rendono possibile la crescita di sistemi vegetati semplificati (es. miscuglio di specie del genere Sedum) o più complessi (es. specie erbacee a foglia larga, graminacee e anche arbustive). I tetti verdi estensivi sono realizzati
con substrato in genere inferiore ai 15 cm mentre i tetti verdi intensivi con substrato profondo più di 15 cm. Generalmente, i tetti verdi estensivi sono maggiormente impiegati in quanto determinano un minor carico della struttura, sono quindi più economici e richiedono una scarsa manutenzione. Tra le infrastrutture verdi per la gestione dei deflussi di pioggia, i tetti verdi rappresentano i nodi iniziali della rete. Dal punto di vista idrologico essi accumulano l’acqua di pioggia e riducono i volumi del deflusso ritardandone il picco rispetto ad un tetto tradizionale. Riemettono inoltre parte della precipitazione nell’atmosfera sotto forma di evapotraspirazione. I processi attraverso i quali i tetti verdi esplica-
no la loro funzione di regolazione dei deflussi dell’acqua di pioggia sono: la ritenzione e la detenzione. La ritenzione rappresenta il volume di pioggia stoccato nel sistema substrato-vegetazione che verrà successivamente riemesso in atmosfera attraverso l’evapotraspirazione. La detenzione rappresenta invece il volume di pioggia temporaneamente trattenuto dal sistema substrato-vegetazione durante l’evento piovoso e successivamente restituito sotto forma di deflusso. In considerazione di ciò, alla ritenzione è legato il volume di deflusso mentre alla detenzione il ritardo del picco.
La progettazione di infrastrutture verdi è frutto dell’interazione e dell’integrazione di più competenze
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Questi due parametri sono fortemente condizionati dal tipo e dallo spessore del substrato, dall’intensità e dalla distribuzione temporale degli eventi piovosi, dal tipo di vegetazione e dalla sua fase fenologica. In sperimentazioni condotte presso le strutture del Dipartimento DAFNAE (img. 01), combinando differenti profondità di substrato con differente vegetazione sono stati osservati valori di ritenzione compresi fra il 60% e 90% del volume di pioggia. Giardini pluviali - rain garden I giardini pluviali sono piccoli baci-
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ni di ritenzione con valenza ornamentale (img. 02) che consentono di accumulare e infiltrare nel terreno i deflussi di pioggia, favorendo la percolazione verso la falda e la rimozione delle sostanze inquinanti mediante processi di adsorbimento, decomposizione, scambio ionico e volatilizzazione. Queste infrastrutture verdi permettono di gestire il deflusso delle acque piovane proveniente da superfici impermeabili, come tetti, marciapiedi, strade e parcheggi. La loro realizzazione (img. 04) prevede lo scavo di una fossa profonda da 40 a
100 cm che viene successivamente riempita con un substrato fortemente permeabile realizzato mescolando sabbia (40-60%), compost (20-30%) e terreno ottenuto con lo scavo (20-30%). La superficie viene quindi modellata a catino con una profondità intorno ai 15 cm, valore che rappresenta un buon compromesso tra il volume di invaso e il mantenimento di condizioni ottimali per lo sviluppo della vegetazione. Sperimentazioni condotte presso le strutture del Dipartimento DAFNAE hanno permesso di determinare come superfice ottimale del giardino pluviale il 10-20% della superfice impermeabilizzata servita. Questa tipologia di infrastruttura verde è molto impiegata ed è stata testata in varie condizioni ambientali ottenendo spesso una riduzione dei deflussi di pioggia prossima al 100%. Bacini di bioritenzione Un bacino di bioritenzione è una depressione progettata per ricevere il deflusso dell’acqua piovana da superfici impermeabili. Questa infrastruttura verde è caratterizzata dalla presenza di vegetazione tipica delle zone umide che, oltre ad esplicare un effetto sui volumi di deflus-
so, permette l’instaurarsi di processi fisici, chimici e biologici in grado di determinare un effetto fitodepurante utile alla rimozione degli inquinanti da deflusso urbano. L’impiego di piante ornamentali ne accresce la possibilità di inserimento in aree residenziali e commerciali. Questo tipo di infrastruttura verde è ad oggi poco diffusa. Pareti verdi fitodepuranti Le pareti verdi sono un’infrastruttura verde principalmente utilizzata per l’isolamento termico degli edifici. Infatti, il loro effetto ombreggiante e il processo di evapotraspirazione delle piante in esse presenti determinano un minor riscaldamento delle pareti dell’edificio con conseguente isolamento termico e risparmio energetico. Tuttavia, la sempre maggiore competizione per l’accesso alla risorsa idrica può fortemente ridurre i volumi di acqua disponibili per il mantenimento di questi sistemi, soprattutto durante la stagione secca negli ambienti mediterranei. In questo contesto, le pareti verdi alimentate con acque reflue sono state proposte come innovativi sistemi salvaspazio in grado di combinare i benefici derivanti dal processo evapotraspirativo delle
piante con la capacità fitodepurante della vegetazione. Le sperimentazioni condotte dal dipartimento DAFNAE presso il Campus di Agripolis (img. 03) hanno testato un sistema fitodepurante verticale come metodo di trattamento delle acque reflue della mensa presente nel Campus. I risultati mostrato che questi sistemi sono altamente performanti con una capacità di rimozione di COD1 e BOD2 superiore all’80% e una rimozione delle forme azotate (organica ed ammoniacale) mediamente del 50%.
IMMAGINI 01 - Dispositivo sperimentale con microcosmi di tetto verde installato presso l’azienda agraria sperimentale “L. Toniolo” dell’Università di Padova. 02 - Vista dall’altro di due giardini pluviali. 03 - Impianto di fitodepurazione verticale a cascata realizzato presso il Campus di Agripolis - Università di Padova. 04 - Fasi realizzative di un giardino pluviale. NOTE 1 - Domanda chimica di ossigeno, indica il fabbisogno di ossigeno necessario per ossidare chimicamente le sostanze organiche e inorganiche ossidabili presenti in un campione di acqua. 2 - Domanda biochimica di ossigeno, indica il fabbisogno di ossigeno necessario ai microrganismi aerobi per ossidare le sostanze organiche degradabili presenti in un campione di acqua.
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Rainwater A resource and a source of recreation
di CEBRA Rainwater Biodiversity Urban Development
CEBRA is a Danish architecture and design practice, founded in 2001 by architects Mikkel Frost, Carsten Primdahl and Kolja Nielsen. In 2017, architect Mikkel Hallundbæk Schlesinger entered the group of partners, and four Associate partners were appointed to consolidate the company’s management and business development. CEBRA is owned by the company’s four partners, who are always heading our creative work and strategic development. CEBRA currently employs a multidisciplinary international staff of more than 65 architects, constructing architects, urban planners, landscape architects, academics, and administrative personnel. Our head office is in Aarhus, Denmark, with branch office in Copenhagen, DK, and Abu Dhabi, UAE.
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Working with visible solutions for rainwater management comes with several benefits. The new Danish city, Nye, north of Aarhus is the case that proves that the development of a new city can combine climate-proofing, an increase in biodiversity, and the reuse of rainwater as both a resource and a recreational element. Within the next 25 years, the number of inhabitants in the Danish city, Aarhus, will increase by approximately 75,000 people. To meet the increasing urbanization, the development of new suburbs and urban districts is, therefore, a necessity. Nye (meaning ‘New’ in Danish) is a brand-new suburb north of Aarhus, which will house up to 15,000 people when completed around 2050. Over the last 15 years, the Danish architecture and design practice CEBRA has worked to convert the visions of the Danish developer, Tækker, into a masterplan for the entire city, that is developed on a 150 hectare site which up until today has been laid out as conventional farmland. The creation of a new city takes time and thorough planning when the main idea concern sustainabil-
ity in all its forms. The masterplan for Nye aims to create a new type of city that combines urban life with nature in new ways and that pushes the boundaries for urban development. One of the most important and fundamental aspects of the development is the approach used in dealing with the site and the surrounding environment. Nature is present everywhere in Nye with special emphasis on water as a value-creating, visible element. Water is, therefore, incorporated into the overall planning of the city through a comprehensive strategy for rainwater management. Developed on the paths of nature In Nye, rainwater is considered a positive value, and to incorporate nature in the development of the suburb rainwater is managed, collected, and recycled as a sustainable resource primarily handled visibly on terrain. The approach utilizes the inherent water paths in the area and creates natural cloudburst mitigation to future-proof the city for a climate with more frequent precipitation. This has proven to be an effective way to minimize damage from
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cloudbursts as the main natural flow paths will also be the preferred running direction of the surface water in case of heavy rain. In addition, the future drainage systems in Nye are planned according to the natural flow paths. Large parts of the area are drained via terrain-based solutions that ensure that the surface water in case of heavy rain events is handled in the same system as everyday rain. Everyday rain is handled in open ditches, canals, and rainwater lakes. In the event of heavy rainfall, the water will also flow on terrain via
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low-lying water paths, which in combination with several climate basins in the critical crossings will delay the rainwater. Reusing rainwater in local households Finding new solutions for water supply is also one of the focal points in the development of Nye with an aim of preserving the amount of water underground. Nye is the first city in Denmark where surface water from roofs, roads, and the surrounding green areas is reused as a resource. In
a collaboration between Tækker, Aarhus Vand, COWI, and Silhorko a completely new method for the reuse of rainwater was developed. In Nye rainwater is collected and led to the local treatment plant that operates through a special ultrafilter and a UV disinfection system. At the treatment plant, the surface water is purified and channelled through gutters and canals into a lake, from where the water is conveyed through separate pipes to the toilets and washing machines of the local households. The average amount of water used
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in Danish homes daily amounts to 105 litres. With the new method, approximately 40 % of Nye’s water consumption is covered by purified rainwater, which otherwise would have been covered by the groundwater resource. Increasing biodiversity Handling surface water and rainwater visibly on terrain comes with several benefits, and in addition to creating a resilient city, the blue landscape rooms in Nye have also increased the area’s biodiversity. Since the development of the city
began, several red-listed animals have been searching back to Nye. The overall strategy for water management – where water holes and ditches have both functional and recreational value – has created new natural habitats for several animals. For example, Nye is once again home to the northern crested newt, which has not been present in the area for several years. Today, the newt lives in one of the rainwater lakes. The planning and realization of Nye are divided into six stages with a time span from 2006 to 2050. The
first stage of the city is almost completed, and stage 2 is under development. Nye is owned and developed by the Danish developer Tækker.
IMAGES 01 - Rainwater is used as both a resource and recreational element in Nye. Illustration: CEBRA. 02 - Site plan for Stage 2 of Nye showing the blue landscape rooms in the suburb. Illustration: CEBRA and LABLAND. 03 - Part of the site plan that shows the natural water paths in detail. Illustration: CEBRA and LABLAND. 04 - Illustrations showing the recreational use of rainwater in both urban and more natural context. Illustration: LABLAND.
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OFFICINA*
ASSOCIAZIONE CULTURALE OFFICINA* L’associazione OFFICINA* è stata fondata nel gennaio del 2015. Il progetto culturale nasce nel 2013 sulla spinta dei tre soci fondatori, dottorandi in Nuove tecnologie per il territorio, la città e l’ambiente (ambito della Tecnologia dell’Architettura) dell’Università Iuav di Venezia, che hanno dato avvio alle prime iniziative del gruppo all’interno del laboratorio ArTec (Archivio delle Tecniche e dei materiali per l’architettura e il design industriale). Nel corso del primo anno di attività il gruppo di OFFICINA* è cresciuto con la partecipazione di nuovi dottorandi e assegnisti di ricerca, andando così a dare consistenza al progetto che nei primi mesi del 2015 è stato trasformato in un’associazione culturale. Questa ha come intento primario quello di mettere in comunicazione il mondo della ricerca con quello dell’azienda, della professione e più in generale della collettività, al fine di instaurare e promuovere un dialogo e un confronto su temi legati all’architettura e alla tecnologia dell’edilizia. I principali ambiti in cui opera sono la riqualificazione dell’esistente, la sostenibilità ambientale, economica e sociale, la valorizzazione del territorio e l’innovazione tecnologica, con particolare attenzione alle questioni legate all’efficienza energetica e all’uso appropriato dei materiali e delle tecnologie costruttive. Per informazioni: www.officina-artec.com info@officina-artec.com